Il Prescelto

di Averyn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Limbo ***
Capitolo 2: *** Il Binario Nove e Tre Quarti ***
Capitolo 3: *** Arrivo Ad Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Dei Denti Di Troppo ***
Capitolo 5: *** Cani e Mantelli ***
Capitolo 6: *** Il Racconto Di Lily ***
Capitolo 7: *** L' Harry Nello Specchio ***
Capitolo 8: *** Sussurri Oltre La Soglia ***
Capitolo 9: *** Nicolas Flamel ***
Capitolo 10: *** La Botola ***
Capitolo 11: *** Due Chiacchiere Con Silente ***



Capitolo 1
*** Limbo ***


PROLOGO

IL LIMBO

 
“Devo tornare indietro, vero?” chiese Harry, seduto sulla panca di King’s Cross, accanto a Silente. Il Mago sollevò gli occhi su di lui; se fosse stato vivo, probabilmente lo sguardo avrebbe brillato. Ma adesso c’era solo una fantasma del volto del saggio che era stato.
 
“Dipende da te” rispose semplicemente. Nel giovane mago sorse il dubbio. “Posso scegliere?” chiese Harry. Silente sorrise. “Ah, certo. Sei a King’s Cross, no?” e si guardò intorno, come per accertarsi che fosse vero. “Credo che, se scegliessi di non tornare, potresti, diciamo… prendere un treno”.
“E dove mi porterebbe?” chiese Harry, mentre un misto di emozioni prendevano forma in lui: era incuriosito, spaventato e allo stesso tempo allettato da quella prospettiva.
Silente sembrò riflettere per un momento. “Avanti”.
Di nuovo silenzio. “Voldemort ha la Bacchetta di Sambuco” affermò Harry, come se il dirlo rendesse più concreta la verità.
“Oh, sì” assentì Silente, “Voldemort ce l’ha”.
“Ma lei vuole che torni indietro?” chiese Harry, sollevando lo sguardo sul vecchio mago.
“Ritengo” rispose Silente “ che se tu scegliessi di tornare ci sarebbe la possibilità che lui venga battuto per sempre. Non posso garantirlo. Ma so questo, Harry, che se dovessi tornare qui avresti meno da temere di lui”.
Harry guardò di nuovo l’essere scorticato che tremava e tossiva sotto la sedia lontana.
“Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro  che vivono senza amore. Tornando, potresti fare in modo che meno anime vengano ferite, meno famiglie distrutte. Se questo ti sembra degno, allora per il momento diciamoci addio”.
Harry annuì e sospirò. Lasciare quel luogo non era neanche lontanamente difficile quanto era stato entrare nella Foresta, ma lì c’era caldo, luce e pace e sapeva di dover tornare al dolore e alle perdite. Si alzò e Silente fece lo stesso, e per un lungo istante si guardarono.
 “Mi dica un’ultima cosa” chiese Harry. “E’ vero? O sta succedendo dentro la mia testa?”
Silente gli sorrise e la sua voce risuonò forte nelle orecchie di Harry, anche se la nebbiolina luminosa stava calando di nuovo e nascondeva la sua sagoma.
“Certo che sta succedendo dentro la tua testa, Harry, ma perché diavolo dovrebbe voler dire che non è vero?”
 Poi la sirena della locomotiva, il rumore del treno sulle traversine dei binari…. Ed eccolo lì, fermarsi proprio davanti a lui. “Signore, ora ho capito cosa vuole dire ‘prendere un treno’!” esclamò, ma si girò intorno, e vide che Silente non c’era più. Si sentì disorientato.
“Signore…” fece, ma il professore non era da nessuna parte. Beh, non che avesse molta scelta.
 Ma lui non aveva paura della morte: era pronto per una nuova, fantastica avventura nell’aldilà.
L’ultima cosa che Harry fece fu salire sul treno, e poi via, lontano dal mondo terreno.


NOTE DELL'AUTRICE: ALLOOOORA COME TROVATE QUESTO PRIMO PROLOGO... PRESTO SPERO DI PUBBLICARE, INSIEME AI CAPITOLI DELLE ALTRE STORIE, ANCHE IL PRIMO CAPITOLO... INTANTO GUSTATEVI QUESTO...
P.S. HO RIPRESO LA SCENA DI KING'S CROSS ALLA FINE DEL CAPITOLO KING'S CROSS DEL SETTIMO LIBRO... MA CON UN FINALE DIFFERENTE. SPERO VI DIVERTIATE A LEGGERLA E VI INCURIOSISCA :) SALUTE!

 

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Capitolo 2
*** Il Binario Nove e Tre Quarti ***


CAPITOLO I


IL BINARIO NOVE E TRE QUARTI


“Harry? Harry!” qualcuno lo scosse. Una fitta corrente fredda gli penetrò dentro le ossa, facendolo rabbrividire: qualcuno doveva aver spalancato la finestra. Seconda cosa, la sua testa era posata su un cuscino. Forse tanti cuscini. Ed era sdraiato. Aveva il corpo completamente rilassato. Harry sollevò le palpebre leggermente e intravide la sagoma di una donna dai capelli rosso scuro e gli occhi brillanti che l'osservava accigliata: sua madre Lily. Trovarla lì gli fece uno strano effetto, simile alla nostalgia. Ebbe come la sensazione che fosse passato molto tempo dal loro ultimo incontro. Non riusciva a coglierne il motivo: dopotutto, era normale che lo stesse svegliando.
Harry si stiracchiò e si mise a sedere sul letto, e Lily gli alzò i cuscini per appoggiarsi. “Grazie mamma” ringraziò, sorridendole. La donna rispose con uno sguardo gentile e gli porse un piatto di uova strapazzate e pancetta che emanavano un invitante profumo di soffritto: lo stomaco brontolò, e Harry si rese conto di avere una gran fame. Inforcati gli occhiali, si sistemò il vassoio sulle gambe. “Sbrigati” ordinò la madre, ficcandogli con forza le posate nelle mani .
Harry s'aggiustò le lenti, ora scivolate sulla pendice del naso, e spostò lo sguardo da sua madre, bella e luminosa come sempre, alla stanza circolare che era camera sua. Alla sua sinistra vi era l’anta della finestra mezza spalancata; alla destra di questo vi era la sua scrivania, sempre disordinata e sulla parete opposta un largo armadio marrone scuro. Accanto a questo, succeduto subito dall’uscita della stanza, vi era un lungo specchio rettangolare. Al centro dell’ambiente, proprio ai piedi del letto di Harry, vi era un tappetino ovale, schiacciato in parte dalla sedia di legno della scrivania. Subito alla destra del letto, vi era invece il comò con la lampada a olio, una piccola libreria e le pareti erano decorate di vecchie foto, da dove salutavano amici e parenti in bianco e nero. Non c’era nulla di strano; allora perché era tutto così…inusuale? “Mangia” gli ordinò la madre con tono autoritario, sfiorando la punta del naso del figlio. Questo gesto riportò Harry alla realtà.
“Oggi è il tuo primo giorno a Hogwarts. Il treno parte alle undici. Finisci la colazione in fretta e poi fila in bagno a lavarti!”
“Sì mamma!” assentì lui, anche se suonava strano sapere che sarebbe andato per la prima volta a Hogwarts. Sentiva, in qualche modo, di esserci già stato. Non ebbe tempo di arrovellarsi oltre che suo padre James si affacciò nella camera, i capelli scompigliati e le lenti tonde proprio come le sue. “Buongiorno, eroe!” salutò, allegro, e poi si appoggiò a bordo letto.
“Ciao, papà” replicò Harry, scoprendosi ancora assonnato. James pose una mano sul capo di Harry, amorevole. “Emozionato per la partenza?” domandò eccitato, come se fosse stato lui a dover andare a scuola al posto suo.
“In realtà, “ confessò Harry, sperando che il padre lo capisse, “non mi ci sento neanche un po’. È…è normale?” A James sfuggì una risatina , spettinando la testa del figlio. “Certo che lo è!” rispose.
“Pensa, il primo giorno in cui sono salito sull’Espresso di Hogwarts, non ero emozionato dalla prospettiva di andare nel castello.”
Harry s’accigliò. “Davvero?”
James ammiccò. “Diciamo che ero più orgoglioso… e poi, sapevo già in che Casa sarei stato smistato. La stessa in cui finirai tu, naturalmente”.
Gli occhi di Harry s'ingrandirono ancora di più, il pezzo di uova e bacon infilzati nella forchetta, tenuta verso l’alto. “E quale, papà?” L'altro sorrise, si alzò e gli diede un bacio sulla fronte.
“Grifondoro, naturalmente”.
Poi s’allontanò, fece per uscire, ma sembrò ripensarci e si voltò verso il figlio, sereno.
“Tranquillo, il senso di vuoto è solo un modo di essere emozionati. Ora sbrigati, Sirius e Remus ci aspettano davanti alla stazione con Frank e Louise!”
Harry sentì una scarica di gioia pervadergli le membra: Frank, il figlio del suo padrino Sirius e della moglie, ormai defunta, e Louise, la nipote di Remus, erano le persone con cui aveva trascorso la maggior parte della sua vita. Rivolse ancora una volta lo sguardo alla parete disseminata di fotografie, abbandonandosi a un sorriso divertito. Per tutta l’estate li aveva ammirati lì, il ricordo intrappolato in quelle immagini. Sarebbe stato bello incontrarli di nuovo.
Quando suo padre pronunciò i loro nomi, però, ebbe come l’impressione che non fossero mai… esistiti. Sempre per colpa di quel brutto sogno, pensò. E poi gli venne un dubbio, dovuto sempre alla nottataccia.
S’alzò. Doveva controllare. Si rivolse allo specchio, e camminò lentamente verso di esso, quasi con il timore di scoprire qualcosa di sconvolgente. Aveva il fiato corto e il cuore gli batteva forte. Si ammirò con attenzione: eccolo lì un ragazzino di undici anni, piccolo e magrolino, che dimostrava molto meno della sua età. Però…per qualche ragione mancava qualcosa al suo aspetto. Un segno distintivo che l’aveva accompagnato da sempre….così sollevò l' unico ciuffo ribelle che cadeva sulla fronte.
Non c’era nulla, su di essa: era lucida e intatta, senza neanche un’imperfezione. Stranamente, si aspettava che coprisse…?
“Harry, tesoro, finito di mangiare?” Lily s’affacciò nella stanza e stava per uscire quando notò il figlio in piedi di fronte allo specchio, la mano premuta sui capelli.
“Harry, tesoro, che stai facendo?” chiese, un po’ allarmata.
“Mamma,” le si avvicinò Harry, indicando con la mano libera la fronte. “Mamma, non avevo una cicatrice?”
La madre esitò titubante. “Una cicatrice, Harry?”
“Sì, mamma” incalzò lui, sicuro. “Non ho mai sbattuto da nessuna parte? Ricordavo di avere un segno, proprio qui, che la copriva completa…”
“Non che io ricordi, amore”.
“Sei proprio….?”
“Sì, sono sicura, Harry, e ora smettila e preparati!”
Harry s’afflosciò, arreso; Eppure ne era assolutamente certo… “Oh,” fece, deluso. “Peccato. Devo averlo sognato…”
Lily assottigliò le labbra in una decisa linea rossa. “Sì, è probabile” osservò, ragionevole. “Per favore, adesso vuoi prepararti? Stiamo facendo tardi!”

“Possiamo evitare la Smaterializzazione… sai, Harry, King’s Cross è piena di babbani… non è il caso di dare nell’occhio!” spiegò James allegro, seguito da Harry e Lily che chiudeva la porta, valigie pronte. Attraversarono il cortile della loro casa a Godric’s Hollow, e giunsero all’ automobile, che si aprì con un clic. Harry aprì lo sportello ed entrò, trascinando il bagaglio con sé.
“Aspetta, ti aiuto io!” si offrì Lily, ridendo e spingendo il baule all’interno dell’auto.
Il ragazzino sorrise, sollevato che qualcuno gli avesse dato una mano. “Grazie mamma!”
“Figurati caro!” replicò lei, cordiale. “Anche se da come ti comporti sembra che nessuno ti abbia mai aiutato in dieci anni della tua vita!”
Harry s’immobilizzò a quella frase, senza sapere perché.
“Tutti pronti?” chiese il padre, sedendosi al posto guida. “Si spera di sì, James!” rispose la moglie, accomodandosi accanto a lui. Lily e James si voltarono verso Harry. “E tu?” squittirono all’unisono.
Harry annuì e si appoggiò sullo schienale; troppo sconvolto per parlare.

*

“Non capisco cos’abbia, James” parlottò Lily fitta al marito, credendo Harry addormentato. “Oggi si è svegliato piuttosto strano, e ha cominciato a blaterare la storia della cicatrice…”
James girò senza controllo a destra, andando quasi a sbattere contro un’altra automobile.
“E per l’amor del cielo, stai attento!”
James virò più delicatamente a sinistra, per poi grattarsi la nuca, imbarazzato. “La storia.. la storia di cosa, mia cara?”
“Della cicatrice” ripeté lei, anche se evidentemente le scocciava farlo.
Seguì un silenzio di riflessione.
“E’ evidente che è emozionato per il suo primo giorno a scuola, Lily. E probabilmente, per provare più adrenalina, vuole sentirsi come il Ragazzo che è sopravvissuto…” azzardò James, l’attenzione tutta sulla guida.
Lily grugnì. “La cosa non mi piace per niente, tesoro. Non vorrei che si convincesse….”
“Amore, ma di cosa ti preoccupi?” la rassicurò lui. “Tanto lo sappiamo benissimo che lui non è Paciock, insomma…. E poi credi che si sentirebbe meglio, a vivere senza due genitori fantastici come noi?”
James tirò fuori un braccio dal finestrino, agitandolo in direzione di quattro persone, due ragazzi e due adulti. Harry spalancò completamente gli occhi: erano arrivati davanti alla stazione. Senza pensare, suo padre mise il freno e uscì dallo sportello, abbandonando la macchina in mezzo al parcheggio e raggiunse i suoi vecchi amici.
Lily scalò al posto di guida e s'affacciò al finestrino, pigiando violentemente il clacson ed emettendo un ringhio rancoroso.
“James! Vuoi parcheggiare questa diavolo di macchina?” Il marito sobbalzò. “Subito, mia dolce pupilla!” e, mentre Sirius Black e Remus Lupin si rotolavano dalle risate, James ritornò all’auto e la posteggiò… in modo storto.
Del resto, non si poteva pretendere molto dal padre di Harry: non aveva molta dimestichezza con queste cose.
Harry scese dall’auto, seguito dal baule e dal gufo candido, puntellato sulle ali di macchioline nere: si chiamava Arnold, e gliel’avevano regalato i suoi genitori per il suo undicesimo compleanno. Lily aprì il bagagliaio e tirò fuori quello che assomigliava a un carrello spiaccicato che, una volta maneggiato, raggiunse le dimensioni di uno di quelli per la spesa. “Puoi mettere le cose qui, caro,” indicò lei a Harry. Aiutato dalla madre, Harry sistemò Arnold e il baule e insieme si unirono ai loro amici, intrattenuti da James. Harry non fece in tempo a salutarli che fu avvistato da Louise, la nipote di Remus; quando gli corse incontro, i boccoli dorati e svolazzanti furono l’unica cosa che riuscì a vedere, perché l’amica si precipitò fra le sue braccia per stringerlo forte. “Harry, Harry Harry che bello!” esclamò Louise, baciandolo sulla guancia.
“A-anche a me fa piacere vederti…” replicò Harry un po’ imbarazzato, paralizzato dalla forte presa. In quel momento, si avvicinò a loro Frank.
Era incredibile quanto fosse straordinariamente bello. Molto di più di Harry, questo era fuori discussione: era sempre stato caratterizzato da quel fascino arrogante che aveva ereditato dal padre, i capelli scuri, tenuti un po’ più lunghi del normale, che gli incorniciavano il volto donandogli un aspetto molto affascinante.
Sirius, la versione adulta di Frank, si avvicinò a Harry, insieme a Remus.
“Louise, lascia in pace il ragazzo, altrimenti non metterà mai piede su quel dannatissimo treno!” la riprese Remus.
Louise, sbattendo le ciglia degli occhioni azzurro verdognoli, fece un passo indietro, a disagio per aver mostrato quel palese affetto nei suoi confronti. “Scusa, Harry…”
“Nessun problema!” la rassicurò lui, anche se come lei aveva le guance in fiamme.
“Amico, come stai?” esordì Frank, dandogli una pacca sulla spalla. Era semplicemente meraviglioso riunirsi con il suo migliore amico, dopo la lontananza dell’estate. Frank aveva soggiornato un mese in Irlanda e, per quanto potessero aver scambiato una fitta corrispondenza, gli mancavano le partite di Quidditch con lui.
Sirius osservò l’orologio da polso, intensamente. “Beh, direi che è ora di muoverci!” annunciò gioviale, e così tutti e sette s’incamminarono verso la stazione.
“Allora, passata una bella estate, Louise?” chiese Harry ai suoi amici, spingendo il suo carrello dietro i genitori.
“Oh, beh, diciamo di sì…anche se non ho girato molto, quest’anno…” ammise lei con un’alzata di spalle.
Harry allora si rivolse a Frank. “E tu? Com’è l’Irlanda?”
Il ragazzo roteò annoiato gli occhi celesti, per poi posarli sugli amici. “Carina”.
Carina?” sbottò Louise, aggrottando la fronte. “Non ti accontenti mai. Io ho cercato in tutti i modi di convincere zio Remus a portarmici: dev’essere favolosa, da quello che ho sentito! E tu la definisci solo carina?”
Louise aveva passato le vacanze con Remus, perché i genitori avevano deciso di andare a fare un viaggio romantico alle Maldive. Harry non aveva mai passato un’estate senza genitori, ma capiva la frustrazione dell'amica.
Frank le sorrise maliziosamente. “Ho visto posti esotici molto più intriganti… soprattutto per noi due, Louise…”
Lei grugnì. “Diamine, Frank, hai così tanto bisogno di qualcuno al tuo fianco?”
Frank la ignorò, mettendo un braccio attorno alle spalle sue e di Harry.
“Ragazzi, preparatevi a fare baldoria sul treno!”
Harry si limitò a sorridere. Non sapeva il motivo, ma si sentiva già stanco, ancora prima di partire.

In breve, il gruppo arrivò davanti al muro tra i binari nove e dieci. Lily si chinò accanto a Harry per infondergli coraggio.
“Tesoro, ora devi passarci attraverso. Non ti preoccupare, ci saremo io e papà a fianco a te!” Harry annuì, sicuro. Prima passò Frank con Sirius. Poi Louise, seguita da suo zio. Harry prese un respiro e, senza pensarci troppo, decise di voler sfondare il muro.
Prese la rincorsa, e proprio quando pensava che avrebbe sbattuto la testa, si trovò dall’altra parte. Quello che vide lo lasciò a bocca aperta: un treno laccato rosso scarlatto si stagliava sui binari, proprio davanti a lui, e sulla banchina affollata vi erano mille altri studenti, accompagnati dai propri genitori e parenti che li salutavano o li aiutavano a sistemare le proprie cose sul treno .
Harry si emozionò. Fremeva di sapere cosa sarebbe successo una volta lasciata la stazione. Qualcosa però continuava a sussurrargli che in qualche modo era già salito sull'Espresso di Hogwarts, aveva…
James gli mise una mano sulla spalla, solidale. “Non vedi l’ora, eh, figliolo?”
“Già…” rispose lui, addrizzandosi gli occhiali sul naso. E tornando bruscamente al presente.
“Andiamo, Harry!” incitò la madre, avanzando verso Louise e Frank. Sirius sembrava coinvolta in una profonda conversazione con il figlio ma quando vide arrivare i tre si rivolse a Harry, James e Lily.
“Ci siamo quasi” sentenziò, osservando Harry che si affiancava ai suoi due amici.
“Cavolo, James!” Il tono di voce si ammorbì insieme alla sua espressione. “Non sembrano proprio noi all’età di undici anni?”
“Assolutamente, Sirius!” convenne James, e sul viso comparve un sorriso beffardo, un fantasma dell'adolescente che era stato. “Ma noi non eravamo spaventati quanto loro!”
“Io, perlomeno, non lo ero per nulla!” s’unì Remus. Il treno fischiò. Harry lanciò un’occhiata elettrizzata all’orologio, fissato sull’insegna che partiva dal muro magico: erano le undici meno cinque. “Credo che voi tre dobbiate proprio andare!” constatò Lily, sbiancando di colpo. James prese per le spalle Harry, costringendolo a guardarlo. “Harry” iniziò, con un insolito tono serio, “andrà tutto bene. Vedrai. Sarà fantastico. Voglio che tu ti diverta…” “…oltre che a studiare!” rimbeccò Lily dietro la schiena del marito.
“Sì, oltre che a studiare” e ammiccò in direzione di Harry, in modo che Lily non potesse vederlo.
“Stai tranquillo. I tuoi genitori ti amano. E potrai scriverci tutte le volte che vorrai…”
Harry abbracciò il padre stretto stretto, e a James sfuggì una risatina. “… anche se so che non ne avrai bisogno!”
Poi Harry salutò la madre nello stesso modo, e lei ricambiò. “Vai tesoro, è tardi!”
“Sì, mamma!” ubbidì lui, e s’affrettò a salire sul treno dietro a Louise e Frank.
“Ciao, ragazzi!” salutarono all’unisono Sirius e Remus, e Harry agitò una mano nella loro direzione.
“Bene” esordì Frank, strofinandosi le mani, una volta saliti sul treno. Si guardò intorno. “Ora dobbiamo solo cercare gli altri: John e Richard si sono già sistemati… basterà affacciarci agli scompartimenti per vedere dove sono finiti!”
Harry e Louise concordarono. John e Richard erano figli di altri due amici dei loro genitori, che erano stati membri dell’Ordine della Fenice e con cui tutti e tre avevano stretto subito amicizia.
Così, trascinando i loro bauli, si misero a cercare i loro compagni in ogni scompartimento: era incredibile quanto fossero affollati, e non c'era nessuna traccia di loro.
Poi aprirono un’altra porta scorrevole, imbattendosi in due persone, ma non erano né John né Richard: una ragazza dai folti capelli bruni, molto mossi e un po’ crespi, la divisa di Hogwarts già appuntata sul petto, e cianciava in fretta con la sua bocca dai denti molto sporgenti al suo amico, un tipo dall’aria timida e impacciata con una ranocchia in mano.
Harry, così come gli altri due amici, balzarono sul posto quando si resero conto di chi fosse: il Ragazzo che è sopravvissuto, Neville Paciock, proprio davanti a loro.
Nel momento in cui i due li notarono, Harry si sentì torcere lo stomaco.
Quella ragazza aveva qualcosa a che fare con lui… sì, come se… se l’avesse già conosciuta. E non appena gli occhi di Neville incontrarono i suoi, Harry si portò automaticamente la mano alla fronte. Che strano, pensò, è lui ad avere la cicatrice, non io. Dev’essere la soggezione, per forza!
Entrambi, sia la ragazza dai denti sporgenti che Paciock, con l'aria di averli riconosciuti, rivolsero loro un’occhiataccia. “Desideravate?” domandò lei, con tono altezzoso. “N-no, noi…” Frank impallidì. “Noi ce ne andiamo.” E chiuse la porta scorrevole di scatto. Poi guardò gli altri due, senza fiato.
“Avete visto chi frequenta scuola con noi? Neville Paciock!” “Eh già!” ammise Louise, colpita.
“Per essere sopravvissuto all’Anatema che Uccide, però, non ha l’aria molto sveglia…”
Frank alzò le spalle. “A quanto pare non serve per scampare alle Maledizioni… e poi vive con la nonna, cosa ti aspettavi?”
Harry, ancora stranito dall’incontro con Paciock, si riscosse dai suoi pensieri.
“Con la nonna?” domandò.
L'amico annuì. “Sì. I suoi genitori facevano parte dell’Ordine… papà e i vostri li conoscevano molto bene. Sono stati loro ad affidarlo a sua nonna; piuttosto rigida da quello che ho sentito”.
“Bene, non mi importa” tagliò corto Louise, con un improvviso tono da diplomatico, “ vuoi spiegarmi perché ci guardavano con tanto odio?”
“La risposta è semplice” spiegò Frank. “Noi…siamo ricchi. Papà ha la sua eredità dei Black, anche se preferirebbe venderla a Dung…e, beh…” “I miei sopravvivono con l’eredità dei miei nonni” tagliò corto Harry, tristemente. “A quanto pare, siamo le persone più odiate dopo i Malfoy!” sospirò Frank.
Harry storse il naso; non voleva minimamente sentirsi paragonato a simile gente.


NOTE: VI PIACE? NON VI PIACE? COME TROVATE QUESTO SCONVOGLIMENTO DELLA STORIA? ED E' SOLO L'INIZIO, PENSATE UN PO'! SPERO DI AVERVI DIVERTITO, ALLA PROSSIMA.. :)
P.S. GRAZIE PER LE PRIME RECENSIONI E PER AVER MESSO LA STORIA FRA LE PREFERITE E SEGUITE!

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Capitolo 3
*** Arrivo Ad Hogwarts ***


CAPITOLO 2 - L'ARRIVO AD HOGWARTS
 
Si trovavano nello scompartimento con i ritrovati John e Richard; avevano giocato a spara schiocco, a scacchi dei maghi e avevano chiacchierato di Quidditch – Louise a quel punto si era fiondata nella lettura di un giornale, isolandosi dal mondo come suo solito; tuttavia vagava lo sguardo nervosamente sui suoi amici, in cerca di una qualche risposta.
“Io però ancora non capisco!” borbottò.
“Cos’è che non capisci, con esattezza?” chiese Frank.
Gli occhioni azzurri di Louise si posarono su di lui. “Io…” fece, titubante. “Io non capisco proprio. Noi siamo ricchi, è vero, ma…ma cosa significa? Insomma, molti studenti qui ad Hogwarts…”
Frank sospirò, mettendosi le mani dietro la nuca. “Li ascolti mai i discorsi che fanno i nostri genitori, oppure stai tutto il tempo rinchiusa in camera tua a leggere?”
Louise arrossì di colpo. “E tu invece stai tutto il tempo a origliare?” ribatté acidamente lei.
Frank incrociò lo sguardo di Harry, che dovette trattenersi dal ridere.
Richard sospirò, prima di ordinare al suo cavallo di spostarsi in f3.
“ E’ piuttosto semplice” spiegò questi, senza staccare gli occhi dalla scacchiera, concentrato a battere il fratello.
“Gira la voce che siamo amici molto stretti del professor Silente…”
“E questo è vero…” lo interruppe Louise, ma Richard le fece segno di tacere.
“… e che essendo amici del preside, diciamo, ci siamo comprati anche l’iscrizione. Di conseguenza….”
“Ma questo non è possibile!” s'intromise ancora Louise scandalizzata. “Tutti i Maghi hanno diritto di andare ad Hogwarts!”
“Già,” riprese Richard con tono un po’ più irritato per via delle continue intromissioni della ragazza, “Ma la voce che gira è che siamo Magonò. Che non ci sia arrivata mai la lettera di Hogwarts. Ma essendo i nostri genitori amici del preside, l’hanno convinto a… diciamo… chiudere un occhio”.
Louise s’alzò in piedi con fare elegantemente arrogante, come se volesse andare a sistemare la situazione seduta stante. Se non fossero stati sul treno, in quel momento Harry l'avrebbe scambiata per un'attrice di teatro.
“Ma… ma…” balbettò ancora lei, indignata, “come può essere?... Anche…anche se fosse, ci espellerebbero da Hogwarts  dopo un giorno! Insomma… chi… chi ha messo in giro queste voci?”
Harry sollevò lo sguardo verso Frank, incontrando anche quello di John e Richard.
Tutti e tre sapevano fin troppo bene la risposta. “I Malfoy” dissero all’unisono.
Un ringhio furioso uscì dalla bocca di Louise, che poi sembrò sgonfiarsi.
Con lo stesso atteggiamento teatrale, Louise si accasciò sul sedile, affranta.
“Lo sapevo… non potevano essere altri che loro…la concorrenza…”
I Malfoy e i Potter non avevano mai avuto di che spartire a scuola, anche per via della notevole differenza d’età.
Tuttavia, da quando James e Lily erano entrati a far parte dell’Ordine, si erano scontrati più volte con i Malfoy nei vari duelli contro Voldemort (Harry aveva imparato, dai suoi genitori e da Sirius e Remus a non temere quel nome).
Quando poi Paciock era sopravvissuto alla Maledizione Senza Perdono, i Malfoy avevano finto, secondo il padre di Harry, di pentirsi di ciò che aveva fatto.
James non si risparmiò dal dirlo al nonno di Harry, che aveva contatti col Ministro e i Malfoy, venuti a sapere della notizia, si sentirono scoperti, e si difesero attaccando i Potter di avere ricchezze che non gli appartenevano e che i figli loro e dei loro amici erano Magonò.
Le prove di un tesoro non denunciato, che secondo i folletti era di loro proprietà, fu trovato nel giardino dei Potter, dando di conseguenza credito a tutto ciò che era stato detto sui figli de Potter e dei Black, nonostante la pessima fonte di quelle voci, e il nome Malfoy fu riabilitato; James non fu per poco imprigionato ad Azkaban, perché ripagò la somma del furto.
Harry sapeva che erano stati i Malfoy ad aver rubato quel tesoro e ad averlo sotterrato nel giardino di casa sua; perché quando era piccolo, aveva sempre scavato buche nel terreno, e non aveva trovato mai niente di luccicante. Tuttavia le voci ormai si erano talmente diffuse che nessuno aveva avuto la pazienza di smentirle, facendo sentire il gruppo d’amici in imbarazzo.
 
 
Ben presto arrivarono alla stazione di Hogsmeade; i tre si cambiarono e poi scesero dalle carrozze con tutti gli altri studenti.
Louise, unica ragazza del gruppo, tremava accanto a Harry per l’eccitazione. Frank le lanciò un’occhiata nervosa: non voleva ammetterlo, ma anche lui non aspettava altro che arrivare a Hogwarts, così come John e Richard. John, in particolare, non faceva altro che parlare della scuola. Sarebbe andato molto d’accordo, pensò Harry, con quella ragazza bruna dai denti sporgenti che avevano incontrato sul treno, sempre appiccicata a Neville Paciock, che aveva individuato più avanti fra la folla.
Nei pressi, c’era un ragazzo, più alto dei suoi coetanei, dal collo lentigginoso e i capelli rossi. C’era qualcosa di familiare in lui… quando questo si guardò le spalle, e Harry lo vide dritto in faccia, gli occhi azzurri e il naso lungo, le guance e la fronte coperta di altrettante lentiggini.  Quando notò che Harry lo guardava, si girò immediatamente.
Era un Weasley; anche loro avevano fatto parte dell’Ordine della Fenice, ma da quando Voldemort era caduto, i membri si erano disgregati e ognuno era andato per la sua strada.
Ma c’era qualcos’altro in lui più che l’ennesimo figlio dei Weasley; c’era… era….
“Ehi, si può sapere cosa guardi?” chiese Frank, dandogli una spallata e Harry si riscosse.
“No io…nulla…” fece, cercando di scacciare i pensieri dal ragazzo Weasley, che si era improvvisamente volatilizzato.
“Dalla tua faccia non si direbbe!” osservò Frank.
Louise gli lanciò un’occhiata interrogativa, e aveva aperto la bocca per parlare, quando un omone gigantesco si stagliò dinanzi a loro, portando con sé un lume.
“Primo anno, Primo anno! Da questa parte!” annuciò. Solo in quel momento Harry lo riconobbe: era Hagrid, il mezzo gigante, nonché custode delle chiavi di Hogwarts… ricordava di averlo visto in qualche foto sul mobile del soggiorno di casa , che lo raffigurava presente al matrimonio dei suoi genitori e teneva  Harry bebè sulla manona enorme.
Louise sospirò e si scrollò dall’agitazione. “Beh,” disse, cercando di trovare un cipiglio serio “è ora”.
Harry avrebbe tanto voluto sapere perchè si erano separati dagli studenti che arrivavano al castello sulle carrozze incantate, ma la risposta giunse prima che potesse finire di formulare mentalmente la domanda.
Il gruppo giunse alla banchina che dava su un lago, da cui si intravedeva, da lontano, il castello di Hogwarts. Al molo vi erano legate molte scialuppe.
“Bene” iniziò il mezzo gigante a spiegare, rivolto al gruppo. “ Ora dovete salirci sopra… non più di cinque a barchetta, eh!”
Harry avrebbe voluto veramente stare con Louise, Frank e Richard e John, ma la folla li divise, fiondandosi a capo fitto sulle scialuppe, tutti intenti a prendersi quelle meglio armeggiate.
Così si trovò seduto con Paciock, la ragazza zannuta e il Weasley che evitava il suo sguardo.  Harry avrebbe voluto dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì nulla.
Al contrario di lui, l’unica femmina presente sulla barchetta non stava zitta un secondo!
Neville Paciock, per quanto sofferente a quella parlantina, pendeva letteralmente dalle sue labbra riguardo la scuola e la magia, come se potesse trarne qualche consiglio di sopravvivenza.
Ma Harry non era l’unico su quella barca a patire il continuo parlottio: anche Weasley ruotò gli occhi azzurri, guardando in tralice la futura compagna di scuola.
“Ma tu stai mai un attimo zitta?” borbottò in tono sommesso, ma perfettamente udibile; tuttavia l’unica a ignorare quelle parole fu proprio lei. Persino un ragazzino biondo, nella barca accanto, si era girato verso di loro, guardandoli malignamente.
“Detto da te, Weasley” osservà questo a voce molto alta, attirando l'attenzione delle persone attorno, “è un consiglio d’oro”.
Era Draco Malfoy, che ghignava beffardamente. E il suo sorriso divenne ancora più ampio quando incrociò lo sguardo duro di Harry, cui non era sfuggito il marcamento di Malfoy della parola oro.
“Oh, ci sei anche tu, Potter?” chiese, con finta noncuranza. “Anche tu nella scialuppa riservata agli sfigati? Beh, non che ci sia da stupirsi” aggiunse, squadrando gli altri accanto a Harry, “una dentona brutta e chiacchierona, un ragazzino stupido con una non si sa come cicatrice sulla fronte, un tizio così povero da indossare sempre le stesse paia di mutande e un Magonò!”
I suoi amici risero, mentre le facce dei compagni di Harry si rattristavano.
 Gli occhi di Malfoy brillarono di una soddisfatta cattiveria infantile.
“Beh, che bel gruppetto, non c’è che dire… Paciock, adesso hai un tuo fan club!”
Questa osservazione suscitò risate ancora più forti da parte dei suoi amici, mentre la rabbia ribolliva nel sangue di Harry.
Avrebbe voluto ribattere, ma la voce di Hagrid gli tolse quella possibilità.
“Tutti pronti?” chiese il mezzogigante. “Andiamo!”
Le barche presero a veleggiare sull’acqua per magia , e presto Hogwarts si stagliò davanti a loro, sempre più grande e luminoso nella notte; era come essere in un sogno.
 
Quando le scialuppe attraccarono al molo del castello, i quattro compagni si divisero senza dire una parola e Harry si ricongiunse ai suoi amici, che lo guardavano da lontano preoccupati.
“Ehi, che succede amico?” chiese Frank con espressione grave. Harry raccontò brevemente ciò che era avvenuto al molo prima della partenza. Louise era infuriata, ma decise di non rovinarsi l’entrata a Hogwarts solo per uno stupido ragazzino viziato; Frank, più solidale, ricoprì Malfoy di insulti a voce molto alta, senza curarsi se era o meno sentito da questi;  Richard si ripromise di spaccargli il naso una volta che l'avesse avvistato e John cominciò a fare discorsi morali sulla povertà, sdegnato degli insulti riguardanti Weasley.
Ben presto Minerva McGrannitt, la vicepreside della scuola, venne loro incontro e, dopo averli condotti in una stanzetta accanto alla sala grande, descrisse loro le Case e il sistema scolastico.
Non che a Harry, Frank e gli altri servisse a molto: i loro genitori avevano raccontato per filo e per segno tutto ciò che avrebbero dovuto sapere e come si sarebbe svolto lo smistamento.
Solo in quel momento Harry ebbe paura; e se fosse stato mandato nella Casa sbagliata, che non fosse piaciuta ai suoi genitori?
Questi pensieri lo tormentarono fino a che la professoressa non li ebbe lasciati soli, e a quel punto udì una voce alle sue spalle che lo costrinse a voltarsi: apparteneva a Malfoy, che stava aggredendo la ragazzina chiacchierona e Paciock.
Senza pensarci due volte, si diresse a grandi passi verso di loro.
“Harry, dove…?” chiese John, seguendolo. Harry lo ignorò, parandosi davanti ai due, un po’ torvi nel vederlo di nuovo tra i piedi.
“Lasciali in pace, Malfoy!” .
 “Oh, ma guarda” lo provocò Malfoy, sarcastico, con le braccia conserte e l’espressione spavalda. “Potteruccio difende i suoi nuovi amicucci? Oppure vuoi dimostrare a tutti che non sei un Magonò? Tanto falliresti!” 
“Per me non è un problema!” dichiarò Harry, con più coraggio di quanto avesse in corpo; difendere le mire di Malfoy era un modo per vendicare tutte le frustrazioni che la sua famiglia aveva dovuto sopportare da quella del rivale.
“Sarei anche in grado di batterti. Stanotte!”
“Harry!” lo riprese Louise, severa. “Ma che fai? Sei impazzito? Non abbiamo ancora imparato a fare magie e già vuoi combattere?”
Draco Malfoy le lanciò un’occhiata, e amplò il suo ghigno.
Ora il silenzio dominava e, a parte qualche mormorio, non vi era nessuno che cercava di intervenire; gli occhi erano puntati su Harry e Malfoy, il fiato sospeso.
“Lupin ha ragione” rise maliziosamente quest'ultimo, “non vorrai farti male…”
Improvvisamente qualcosa lo fece inciampare; fra le gambe emerse qualcosa di verde: era la ranocchia di Paciock, che quest’ultimo cercò di rincorrere. “Oscar!” gridò, non curandosi di Malfoy che, barcollando, finiva di nuovo faccia a terra, suscitando le risate dei compagni.
In quel preciso istante, la McGrannitt entrò nella stanza. “Ora potete venire!” annunciò.
Il gruppo prese ad uscire in fila ordinata. Harry stava raggiundendo Richard, quando qualcuno lo bloccò per un braccio.
“Potter, giusto?” chiese la ragazza dai capelli crespi. Lui annuì; si sentì inspiegabilmente strano quando lo afferrò.
“Io…” fece lei, ma Harry fu distratto dalla voce di Frank che lo chiamava dall'altra parte della stanza: “Forza amico muoviti!”
Harry tornò sulla compagna per scusarsi e per chiederle di sospendere quella conversazione, ma lei non c’era più.
Facendo spallucce, si unì ai suoi amici. John gli mise un braccio attorno alla spalla.
“Sei stato molto bravo!” si complimentò, e Richard convenne vigorosamente con la testa.
“Assolutamente, Harry. Direi che hai appena dimostrato di appartenere degnamente alla casa di Grifondoro!”
Harry accennò a un sorriso, ma in realtà la battaglia imperava ancora dentro di lui: non era certo di voler finire a Grifondoro… né sapeva se il Cappello Parlante avrebbe mai deciso di smistarlo lì.
La Sala Grande era, appunto, enorme e magnifica: la più vasta che Harry avesse mai visto.
Il soffitto era un cielo stellato, anche se sapeva benissimo che era solo un incantesimo.
Il gruppo del primo anno si radunò davanti al tavolo dei professori, al cui centro, su uno scranno dorato, era seduto Silente, che osservava tutti con i suoi occhi brillanti oltre le lenti a mezzaluna. La vicepreside portò uno sgabello e un cappello da mago piuttosto malandato. Quando l'indumento fu posato sullo sgabello, il cappello parlante si animò improvvisamente e cominciò a narrare la storia di Hogwarts e i suoi fondatori, che Harry aveva sentito svariate volte. Si stava addormentando sulla spalla di Frank, quando Louise gli diede una bottarella, e il ragazzo notò che la McGrannitt era tornata con un rotolo di pergamena in mano. 
Una volta srotolata la lista, cominciò a recitare i nomi che vi erano scritti, e uno per uno i ragazzi si sedettero sullo sgabello e si misero il cappello sul capo per essere assegnati ciascuno alla propria Casa.
Malfoy fu il primo, e finì a Serpeverde; il cappello gli aveva appena sfiorato il cranio. Harry tremava all'idea dello smistamento, mentre "Ron Weasley" veniva assegnato a "GRIFONDORO!".
Poi la McGrannitt chiamò: “Frank Black!”
E Frank, incoraggiato da Harry, andò incontro al suo destino. Il cappello gli calò fino agli occhi, e subito gridò: “GRIFONDORO!”, applaudito da tutti i presenti.
“Hermione Granger!” chiamò ancora la McGrannitt. La ragazza dai capelli crespi emerse dalla folla, e un po’ rigida si sottopose alla prova del cappello. Trascorse qualche attimo di tempo in più rispetto agli altri, ma alla fine fu annunciato: "CORVONERO!"
Granger s'unì allegramente ai suoi compagni di Casata, seduti al tavolo dopo quello dei grifondoro. Harry notò lo sguardo deluso di Neville Paciock. “Louise Lupin!” disse la vicepreside.
Harry vide i boccoli dell'amica allontanarsi da lui, per poi finire anch'essi dritti al tavolo di Corvonero; come Paciock, Harry fu pervaso da un senso di abbandono.
Poi toccò a John e Richard, che finirono entrambi al tavolo di grifondoro.
Ci mise molto, invece, Neville Paciock: come era successo con Hermione Granger, il cappello sembrava piuttosto indeciso su di lui. Passarono lunghi minuti di attesa e ansia; qualcuno si scambiò delle occhiate perplesse. “GRIFONDORO!” dichiarò alla fine il Cappello Parlante, e l’insicuro Neville si unì finalmente e con la gioia di tutti al tavolo della Casata.
Poi fu il turno di Harry, che si ritrovò testato sotto il Cappello Parlante, un po’ intimorito e un po’ emozionato.
Fu più breve di quanto pensasse: cenò sereno in compagnia dei suoi amici, a fianco a Neville che, di tanto in tanto, gli sorrideva ammirato e di sfuggita, grato che l'avesse difeso da Malfoy nella stanza accanto alla Sala Grande.
Dopo i vari annunci di Silente, Harry, Frank, John e Richard salutarono velocemente Louise e s’incamminarono per la scalinata del settimo piano con gli altri studenti del grifondoro.
Non seppe perché, Harry cercò con lo sguardo Ron Weasley; poi, non capendo il motivo per cui volesse tanto parlargli, si distrasse con i suoi amici.
“E qui inizia l’avventura, vero, Harry?” sorrise Frank, mentre seguivano il loro prefetto con gli occhiali di corno ( a giudicare dai capelli e le lentiggini, un altro Weasley) per il settimo piano.
Sì, pensò Harry, sorridendo fra se e sé, adesso iniziava l’avventura.
 
NOTE DELL' AUTRICE: CHE NE DITE DEI NUOVI SVILUPPI??? VOLEVO FAR FINIRE HERMIONE A CORVONERO, VOLEVO TOGLIERMI QUESTO SFIZIO... E HARRY CHE LA DIFENDE SEMPRE... HIHIHI (RIDE COME UNA SCEMA) SECONDO ME QUESTO CAPITOLO E' SCRITTO MENO BENE DEGLI ALTRI, MA E' VERO ANCHE CHE HO POTUTO DEDICARCI MENO TEMPO... PERIODO DI CACCA QUESTO... SPERO TANTO DI POSTARE GLI ALTRI SUCCESSIVAMENTE, LA STORIA MI STIMOLA... DITEMI VOI SE VI SONO PIACIUTE LE MIE IDEE... E POI NULLA... VABBE' :) COMUNQUE SIA, AL BANCHETTO NON HO DATO MOLTO SPAZIO A SILLY PERCHE' I MIEI OBIETTIVI SONO ALTRI MA STATENE CERTI CHE DIVENTERA' IMPORTANTE IN SEGUITO, COME SEMPRE.. PER IL RESTO BAH... RINGRAZIO CHI HA MESSO LA STORIA FRA LE PREFERITE, E TRA LE SEGUITE E A XANDERXVII CHE HA RECENSITO L'ALTRO CAPITOLO... E A LINS CHE L'HA MESSA FRA LE SEGUITE... SPERO CHE GLI SVILUPPI VI SODDISFINO :) VABBè UN BACIO AI PROSSIMI CHAPTER!

 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Dei Denti Di Troppo ***


CAPITOLO 3

DEI DENTI DI TROPPO

“Beh” rispose Hermione, “io ho pensato che somigliasse un po’ a te”.
“A me?”
“Sì, quando ci hai raccontato com’è stato affrontare Voldemort. Hai detto che non era solo imparare a memoria un mucchio di formule, hai detto che eri solo tu con il tuo cervello e la pancia….beh, non è lo stesso che ha detto Piton? Che in fondo si tratta solo di essere coraggiosi e mentalmente pronti?”

Harry sbarrò gli occhi nell’oscurità. Stava sudando e aveva cacciato le coperte dal letto, che giacevano arrotolate sul pavimento. I ricordi del sogno erano ancora freschi nella sua mente, vividi come se fossero stati appena vissuti. Era possibile…? Era la terza notte che si ripeteva lo stesso sogno… che sognava Hermione Granger, ma non poteva essere di certo lei: prima di tutto, il viso era molto più adulto – senza tralasciare che fosse più carina di quella della realtà- entrambi erano più grandi di qualche anno e facenti parte di grifondoro, e ciò non era possibile dato che Hermione era di corvonero! Poi, ancora più incredibile, erano appena usciti da una lezione di Difesa contro le Arti Oscure e Piton era il professore...visto che insegnava Pozioni!
Harry rimase impietrito a riflettere; il battito del suo cuore frenetico era l'unico rumore udibile insieme al russare di Neville.
Tutto d'un tratto ebbe l'impressione che qualcuno lo stesse osservando e alla luce della luna notò che Ron Weasley si era svegliato e lo studiava con aria di riprovero, gli occhi cisposi.
“Hai finito di frignare, oppure ne hai ancora per un po’?” brontolò impastando le parole.
Harry si tirò su e si mise a sedere a bordo letto massaggiandosi le tempie.
Era talmente assonnato che elaborò tardi le parole di Ron.
“Frignare?” domandò, ripetendo le parole del compagno. “Stavo…Stavo parlando nel sonno?”
“Eccome” rispose Ron con enfasi, guardando fuori dalla finestra distrattamente. “Ed eri anche molto serio. Credimi, stavi parlando, e se mi sveglio io, che non lo faccio mai, allora vuol dire che hai un problema, amico”.
Il fatto che avesse sottolineato l’ultima parola con quella pesantezza lo colpì, anche se non seppe il motivo.
“Io…cosa ho detto, esattamente?” domandò ancora, incuriosito.
Ron strinse le spalle. “In realtà non ho capito bene” confessò “erano più dei mormorii…Ma alla fine, che t’importa? Era solo un sogno, no?”
“Già…” ammise Harry, ancora poco convinto.
Il fatto che sognasse sempre le stesse immagini lo tormentava. Non ricordava mai i sogni che faceva, se non erano particolarmente traumatici.
Ron lo fissò intensamente. “Bene” annunciò. “Credo che cercherò di dormire… sempre che non ricominci con i tuoi vaneggiamenti”. E un attimo dopo era di nuovo sotto le coperte.
Nonostante sapesse che non sarebbe mai riuscito a prendere sonno, Harry si trascinò le coperte sul dorso e tentò di riaddormentarsi, ovviamente senza successo.
Si ritrovò così in piedi a versarsi un bicchiere d’acqua dalla brocca sul comodino, con lo sguardo perso nel cielo stellato fuori dalla finestra. Qualcosa si mosse alla sua sinistra. Ron era di nuovo sveglio e lo studiava con i suoi assonnati occhi azzurri. “Non riesci proprio a dormire, eh?” osservò.

Harry e Ron scesero in sala comune e occuparono il tavolo più vicino al camino.
Ron aveva portato con sé una scacchiera: aveva intenzione di insegnargli il suo gioco preferito: scacchi dei maghi, nel quale era imbattuto persino dai suoi stessi fratelli.
Harry non aveva mai imparato, perché né suo padre né sua madre erano troppo bravi.
Lo ascoltò quindi incuriosito anche se, doveva ammetterlo, lo fece più per stare in compagnia che per puro interesse. Chissà perché avvertiva così tanto l'affinità con quel ragazzo…? E chissà per quale motivo Ron non gli aveva mai parlato fino a quel momento!
Mille dubbi riempirono la testa di Harry, ma preferì allontanarli; stava passando la serata più felice della sua vita, anche se ancora una volta non sapeva il motivo.
Harry e Ron parlarono tutta la notte: andarono da argomenti come il primo giorno di scuola alle varie vendette su Piton, dal Quidditch alle vite delle loro famiglie. Ron non sembrava giudicare Harry e Harry provava una gran simpatia per Ron, tanto da ritenere che, se Frank e gli altri non fossero esistiti, loro due sarebbero diventati migliori amici sull’Espresso di Hogwarts. Quando giunsero le prime ore del mattino e decisero di tornare a dormire Harry aveva dimenticato gli strani sogni.

“Che hai fatto a quella faccia, si può sapere?” esclamò Louise preoccupata la mattina successiva, mentre scendevano le scale che avrebbero portato al salone d'Ingresso. Harry non si sentiva ancora pronto a parlare delle sue notti turbolente, così decise di non rispondere facendo uso della nobile arte del silenzio. Louise non insisté.
Scesero la gradinata principale e entrarono di filato in Sala Grande.
La prima persona che Harry avvistò seduta al tavolo dei grifondoro fu Ron, che mangiava in compagnia di Dean Thomas e Seamus Finnigan. Ron sollevò lo sguardo verso di lui, speranzoso; probabilmente avrebbe desiderato chiacchierare con lui come quella notte. Harry esitò.
“Harry, Louise! Accomodatevi qui!” chiamò qualcuno, un po' più in là: Frank stava sventolando una mano e lo faceva con tanta energia da sembrare un tergicristallo.
Louise scambiò un’occhiataccia con Harry. Il ragazzo sapeva cosa stava pensando: odiava l’atteggiamento di Frank anche nel sorpassare una regola come quella.
Tuttavia Harry sapeva che, se Louise si fosse accomodata con loro per colazione, non ci sarebbero state gravi conseguenze: a volte la ragazza era troppo rigida.
“Sempre questa mania di trasgredire le regole, eh, Frank?” lo rimproverò acidamente Louise una volta raggiunto l'amico. Frank la guardò di traverso, ma non disse nulla.
Harry osservò la scena, ridendo sotto i baffi: erano così diversi, quei due!
Prima che se ne accorgesse, l'amico sembrò fissarlo con attenzione e Harry non poté fare a meno di sentirsi scocciato; la sua stanchezza era così evidente?
“Che hai fatto?” domandò con tono grave Frank. Harry lo ignorò e sbirciò sopra le teste degli altri studenti. La testa rosso fiamma di Ron si era di nuovo abbassata, immedesimandosi con il mare di compagni di casata riuniti a colazione. Abbandonando ogni fantasia riguardanti l’abbandono di Frank e Louise e l'unirsi a Ron perché gli mancava il coraggio, s'accomodò accantoa Louise senza dire una parola.
Avvertiva ancora lo sguardo indagatore di Frank. “Harry?” insistè, dimentico del porridge. “Harry, stai bene?”
“Io…” esitò l'altro. “ sì sto bene. Alla grande. Ho dormito… solo male, tutto qui”.
Anche Louise gli rivolse uno sguardo ansioso, molto da lei. Harry sapeva benissimo che avevano capito di non voler discutere; nonostante questo Frank continuava a fissarlo così intensamente da dare l’impressione di volerlo disintegrare.
“Sto bene, okey? Sono solo stanco!” ripeté di nuovo, stizzito dal loro atteggiamento.
“Da quella faccia non si direbbe!” commentò John apparendo accanto a Frank con lo zaino pieno di libri.
Harry rimase a fissarlo mentre con aria gioviale si serviva la colazione, come se non vedesse l'ora di assistere alle lezioni. Lo invidiava: quella prima settimana non gli aveva giovato alcun sollievo. Sogni inquietanti a parte, il suo rendimento scolastico non si preannunciava dei migliori e aveva considerato, in quei primi giorni di scuola, la possibilità di essere davvero un Magonò.
Invece John era andato bene da subito, suscitando parecchia ammirazione fra i grifondoro del loro anno.
Si chiese perché non l’avessero messo tra i corvonero: dopotutto Louise non era stata collocata lì per il suo gran cervello?
In quel momento fu attratto dall'entrata di Neville in Sala Grande scortato ( ovviamente )da Hermione Granger, che sembrava volerlo far morire a suon di chiacchiere.
Harry sentì un forte bruciore alla fronte, e si portò le dita esattamente nel punto in cui gli doleva. Neville saluò la Granger che si diresse al tavolo di Corvonero.
“Spocchiosa e odiosa ragazza!” mormorò Louise alle sue spalle, avendo seguito l'attenzione focalizzatrice del compagno.
Colto di sorpresa, Harry tolse automaticamente la mano dalla fronte.
Il dolore, così come era venuto, scomparve.
“Spocchiosa e odiosa ragazza, dici?” domandò, decidendo di rimandare la congetture su quello strano fenomeno al pomeriggio.
Louise tirò su con il naso con fare altezzoso, scatenando in Frank una risata di cuore che contagiò Harry; come Sirius, riusciva a mettere allegria nel prossimo.
Louise gli rivolse un’occhiataccia permalosa, ma rimase impettita e con l’espressione teatrale.
“Sì, è esattamente quello che ho detto, Harry!” affermò con fervore. “Se devo condividere anche i pasti con lei, preferisco di gran lunga starmene qui!”
“Ma insomma, si può sapeve che ti 'a 'atto questa 'Ermione Granger?” domandò innocentemente John, masticando una sardina grigliata.
“Cosa mi ha fatto?” reagì Louise battendo un pugno sul tavolo con violenza; un po' del succo di zucca di Harry sporcò la tovaglia e John sputò mezza sardina. Harry avrebbe trovato la scena molto divertente se la sua testa non fosse stata sempre piena di pensieri. Aveva seguito con lo sguardo smarrito la Granger al tavolo dei corvonero; possibile che gli risultasse ancora così strano che fosse stata smistata lì? Come….?
“E’ antipatica, saccente, so-tutto-io! Non fa altro che intervenire ovunque e, per di più, mette bocca con i suoi enormi dentoni sui compiti degli altri e bacchetta tutti e…” Louise avrebbe continuato con la lista d'insulti se Frank non le avesse riso in faccia facendola infervorare ancora di più.
“Davvero, dici?” la canzonò lui, fingendosi stupito. “Io penso che tu la invidi tanto perché le somigli, dopotutto!” Louise scattò in piedi, facendo saltare sul posto Harry, che si riprese dalle fantasticherie. “Ah, vedrai come si comporterà a Incantesimi! La prima lezione l’abbiamo insieme!” si scaldò, risentita.


Harry si sentiva in colpa per non essersi fermato a fare colazione con Ron: era evidente che, alla luce della notte passata a scambiarsi confidenze, aveva presupposto che si fosse creato un legame tra di loro. Questo sollevava, in un certo senso, il morale di Harry, perché capiva, finalmente, di non essere così folle come pensava riguardante le strane sensazioni avvertite il giorno del loro arrivo a Hogwarts su di lui.
I conti però ancora non tornavano. Sentiva un legame forte con Ron, esattamente come con Hermione Granger; tuttavia, Hermione infestava sempre i suoi sogni – Harry non ricordava molto, ma riguardavano per lo più il dispendio di saggi consigli- e Ron invece no.
C’era una spiegazione, a tutto questo?
In ogni caso, sarebbe stato contento se durante l'ora di Incantesimi Vitious l'avesse messo in coppia con lui: magari sarebbe riuscito a recuperare il rapporto stabilito.
Invece le cose non andarono così. Per quanto Louise avesse provato a fare coppia con Harry –John la innervosiva quanto Hermione Granger se si parlava di bravura scolastica, e si teneva lontana da Frank, per qualche altra ragione misteriosa- alla fine il professor Vitiuos la collocò con Ron e Harry finì insieme a Hermione Granger. La pelle gli si accapponò, mentre la ragazza s’avvicinava con i libri stretti al petto, i capelli cespugliosi e i denti da castoro che sporgevano dal sorriso saccente e soddisfatto; rammentando i racconti di Louise, Harry si preparò a un’ intera lezione di tortura psicologica e una dura prova di tempra morale.
“Ciao, Potter” esordì lei con il tono altezzoso, prendendo in mano la sua bacchetta e posizionando la sua piuma sul tavolo. “Allora, sei pronto?”

Harry aveva preso finalmente una decisione: non sarebbe mai e poi mai diventato amico della Granger. Aveva avuto una bruttissima, bruttissima, delusione.
Non sapeva perché continuasse a sognarla ma, in ogni caso, non era quella vera, non era lei, e doveva smetterla di paragonarla continuamente a dei tormenti notturni.
Louise aveva ragione: era saccente, so tutto, secchiona e anche acida! Non si sarebbe avvicinato a lei neanche di un millimetro.
Se i capelli di Harry erano già spettinati di loro, ora erano elettrici; si chiese se Granger avesse mai fatto questo effetto a tutti quelli che incontrava.
In breve, aveva passato l’ora intera a fermarlo nell’atto in cui alzava la bacchetta in aria per agitarla: si lamentava continuamente che il movimento era scorretto, che avrebbe dovuto piegare leggermente il polso verso sinistra…!
Basta. Già non ne poteva più!
Usciti dall'aula, Frank si avvicinò a Harry con fare solidale. “Ti ha fatto vedere i sorci verdi, non è così?” domandò tentando di rimanere serio.
“E’ così” replicò Harry con fervore, scorgendo con la coda dell'occhio Hermione e Neville che sfrecciavano accanto a loro, immersi nelle loro conversazioni. “Non mi avvicinerò mai più a quella ragazza, dovesse cadere il mondo!”.
“Peccato” commentò una voce femminile, che fece sobbalzare Frank sul posto; Louise comparve improvvisamente alle loro spalle. “Pensavo che ti piacesse, Harry” commentò derisoria. “Come la guardavi…il modo in cui sei arrossito quando ti si è seduta vicino…”
Frank gli lanciò un’occhiata ammiccante, ma Harry storse il naso. se qualcuno gli piaceva, di certo non era Hermione…e, in ogni caso, loro non sapevano in che modo infestasse i suoi sogni…
“Proprio no” ribatté risoluto, non riusciendo a immaginarsi un quadro romantico con la Granger.
I tre si divisero successivamente per le lezioni che seguirono, dandosi appuntamento nel cortile di pietra a ricreazione.
Harry avrebbe voluto tanto parlare con Ron, ma le circostanze non glielo permisero: stava sempre con John e Richard e Frank, e Ron lo ignorava comunque.
“Allora, come sono state queste due ore senza di noi e in compagnia dei cervelloni di corvonero?” chiese spavaldo Frank a Louise, seduto su una delle panchine del cortile interno del quinto piano, durante l'intervallo.
Louise, in piedi dietro di lui e appoggiata al muro, le braccia conserte, storse la bocca.
“Solo una parola: orribili”.
Richard ridacchiò e indicò due persone dall’aspetto familiare, seduti anche loro su una delle panche, poco distanti. “Come quella laggiù?” scherzò l'amico, divertito.
Louise annuì con vigore. “Ti prego!” sussultò con tono lagnoso, “sembrano il magnifico duo … Penso che finiranno per sposarsi!”
Tutti e cinque risero e anche a Harry sfuggì un sorriso, per quanto gli sembrasse assurda quell' idea.
Fece il suo ingresso in cortile Draco Malfoy seguito dai suoi scagnozzi Tiger e Goyle. L’odio ribollì nel cuore di Harry: la poca frequentazione che c’era stata fra lui e Malfoy, che riguardava più specificatamente le lezioni, era bastata a determinare il sentimento che Harry provava per il compagno.
La sua fantasia stava galoppando per trovare i modi più orribili per ucciderlo, quando i tre serpeverde virarono verso Neville e Hermione e si piazzarono davanti a loro con aria tronfia. Hermione sollevò leggermente il testone e, come notò Malfoy di fronte a lei, arrossì timidamente e si nascose dietro il libro che teneva sulle ginocchia, senza ottenere molti risultati.
Quell’atteggiamento diede molto fastidio a Harry. Si sarebbe alzato e andato ad aiutarli ma qualcosa improvvisamente lo trattenne; non voleva dare l’impressione d’intromettersi, come era avvenuto altre volte nei giorni precedenti: non era la prima volta che Malfoy prendeva di mira quei due e, spinto da senso del dovere, Harry era sempre intervenuto.
Guardò i suoi amici: tutti e quattro osservavano la scena, indecisi come lui se intervenire o meno.
“Come va, testoni, eh?” provocò Malfoy, la voce strascicata e la risata squillante che penetrava i timpani di Harry. “Sai, stavo pensando, Paciock, che potresti anche non essere il Ragazzo che è sopravvissuto: quella cicatrice che hai sulla fronte non ti dona proprio, e potresti essertela fatta benissimo da solo, vista la tua agilità. Anzi,” fece finta di stupirsi, grattandosi il mento con fare arrogante, “sono convinto che tu te la sia disegnata per darti importanza. Vediamo!” Malfoy si piegò su di lui, e cominciò a strofinargli la fronte.
Hermione se ne stava lì, paralizzata, senza avere sotto controllo la situazione.
Louise emise un ringhio di disapprovazione. “Ma quella Granger non fa niente? È così dannatamente inutile?”
Il suo commento arrivò a Harry lontano e ovattato, perché nello stesso istante in cui Malfoy aveva cominciato a premere la mano sulla fronte di Neville, la sua aveva ricominciato a fargli male. E la testa gli premeva… come se…
Si ritrovò a puntare la bacchetta alla schiena di Malfoy . Quello s’irrigidì. Hermione, ancora livida in volto, spostò lo sguardo nervosamente da Malfoy a Harry. Il ragazzo capì subito che stava facendo una follia, ma non poteva tirarsi indietro proprio adesso.
“Sei tu, Potter?” chiese canzonatorio Malfoy.
“Lasciali in pace!” gli intimò Harry, con tutto il coraggio che riuscì a trovare.
“ Perché altrimenti che fai, Potter?” lo stuzzicò l’altro. Il cuore di Harry prese a battere velocemente; stava cercando di farsi venire in mente qualche incantesimo che suo padre aveva tentato di insegnargli, contro la volontà di sua madre…
Fu un attimo: Malfoy tirò fuori la bacchetta, Harry sentì il gridolino di Hermione e l’unica cosa che vide fu il fascio di luce azzurrognola che veniva verso di lui;rotolò per terra da un lato,schivandolo. Aveva le ginocchia sbucciate, ma non importava: Malfoy stava lanciando una quantità d’incantesimi contro di lui e Harry continuò a evitarli, non riuscendo a pensare a un' idea migliore che rotolarsi per terra.
Eppure doveva ricordare qualche sortilegio!
Vide Frank, tra uno spostamento e l’altro, che si precipitava ad aiutarlo, ma era troppo tardi, ormai. Malfoy, il ghigno maligno dipinto sulla faccia, alzò la bacchetta in alto per il colpo finale. Il sangue si gelò nelle vene di Harry. Si era nascosto dietro una panca vacante, e Malfoy l’aveva inseguito a suon di scintille. Ora sentiva di non poter più scappare.
“Desa….” “Protego!” gridò Harry automaticamente. Malfoy, spaventato, s’accasciò da un lato, mancando l'incantesimo. Harry s'immobilizzò per il terrore. Chi aveva colpito, se non lui?
Un grido lacerante giunse da poco lontano. Harry allungò lo sguardo e si sentì sciogliere: l'incanto era rimbalzato su Hermione, e, tra le lacrime di vergogna e dolore, alimentate da un Malfoy vittorioso, i suoi denti già molto grandi cominiciarono a crescere e allungarsi in modo esagerato.
Il senso di colpa s'avventò su Harry si precipitò sulla scena in preda al panico. Era impossibile evitare di pentirsi per aver scagliato l’unico incantesimo che gli era venuto in mente; perché non aveva semplicemente evitato il colpo, come aveva fatto per i precedenti attacchi?
Neville mise un braccio attorno alle spalle di Hermione, e fece per entrare con lei nel castello, quando vide Harry appropinquarsi a loro e lo fulminò con lo sguardo. “Non so cosa tu voglia da noi, ma devi smetterla d’intervenire quando ci vedi nei guai. Tu ti fai gli affari tuoi e noi i nostri. Sappiamo cavarcela benissimo da soli. Lasciaci in pace. Vieni,” esortò poi con un tono più morbido a Hermione, che tentava di coprirsi i denti davanti inutilmente, perché già arrivavano al petto, “andiamo in infermeria.”
Poi i suoi occhi risoluti incontrarono di nuovo quelli di Harry.
“E non venire a cercarci” aggiunse.
Harry non si mosse, accorgendosi ricoperto di vergogna della moltitudine di gente che aveva assistito a quella penosa scenata. Le risate di Malfoy si facevano sempre più forti in sottofondo.


SAAAALVEEE PERDONATEMI CHIEDO PERDONOOOO.... HO FATTO TANTO TANTO RITARDO PORQUE CAUSA SCUOLA E STO PORTANDO AVANTI ANCHE UNA STORIA, QUINDI PRIMA PUBBLICO UN CAPITOLO DI QUESTA E POI DI QUELLA...MA NON E' FACILE VISTI ANCHE GLI ALTRI IMPEGNI CHE SUBENTRANO SEMPRE... QUINDI SPERO COMUNQUE CHE IL CAP VI SIA PIACIUTO E CHE, SE VOLETE, ME LO FACCIATE SAPERE... GRAZIE COMUNQUE DELLA PAZIENZA E SPERO CHE CONTINUATE A SEGUIRMI! UN BACIO ENORME AL PROSSIMO CAPITOLO!


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Capitolo 5
*** Cani e Mantelli ***


CAPITOLO 4

CANI E MANTELLI

Nei giorni seguenti, Harry provò più volte a far visita a Hermione Granger, sentendosi sinceramente dispiaciuto dell’incidente; tuttavia tra gli impegni della scuola e i continui sogni che infestavano le sue notti, facendolo sentire più male che mai ( l’ultima volta aveva visto un basilisco venire verso di lui in un tunnel oscuro) Harry dimenticò di andare a trovarla e non era decisamente incoraggiato dalle continue occhiate sospettose di Neville.
Una mattina dei primi di ottobre, quindi, decise di confidare a Frank di volerci finalmente provare, saltando la lezione di volo di quella mattina. La reazione dell’amico fu, comunque, prevedibile.
“Tu cosa…?” chiese perplesso. “Tu….tu molleresti lezione di volo…”
“Per andare a trovare Granger, esatto” affermò Harry, tagliando corto. Frank sembrò valutare quell’intenzione seriamente. “Beh…capisco che tu ti senta in colpa, ma addirittura saltare una lezione per lei…”
“Certo che mi sento in colpa” lo interruppe Harry, versandosi un po’ di succo di zucca nel boccale, deciso a non guardare in faccia Frank. Si vergognava di quell’incidente e cercava di pensarci il meno possibile, perché il solo pensiero lo faceva stare male.
“Non è stata colpa tua, comunque” lo rincuorò l'amico, evidentemente notando quanto si fosse adombrato. “Malfoy ha schivato il colpo, è finito per sbaglio…oh, guarda, la posta!”
Si udì uno stridio sopra le loro teste, ed Harry alzò lo sguardo verso il soffitto; i gufi stavano arrivando in volo verso gli studenti con lettere e copie della Gazzetta del Profeta fra le zampe. Harry intravide fra loro il suo, Arnold, bianco e dalle piume puntellate di macchioline nere. Con molta grazia, l’uccello atterrarò sul tavolo accanto al boccale di Harry. Un attimo dopo fu affiancato da un barbagianni, appartenete a Sirius. Entrambi tenevano legati alla zampa una lettera.
I due ragazzi si guardarono. “I nostri genitori” dissero all’unisono, per poi slegare il laccio tenuto alla zampa di ciascun gufo e srotolare la pergamena. “Cosa dice tuo padre?” chiese Harry, incuriosito.
L’espressione di Frank si concentrò nella lettura, poi arrotolò la pergamena e si rivolse di nuovo all'amico. “Tutto bene” disse “niente di speciale…vuole solo sapere come è stato questo primo mese a Hogwarts. Genitori” aggiunse, facendo roteare gli occhi azzurri con un sorriso sornione. “E i tuoi, cosa raccontano invece?” Harry esitò; non aveva ancora letto la sua. Facendosi un po’ di coraggio, si dedicò anche lui alla sua corrispondenza. L'autrice della missiva era sua madre, più abituata a tenere relazioni via gufo di suo padre:

Caro Harry,
come stai? Spero che ti sia ambientato a Hogwarts in questo primo mese e e che non ti sia cacciato nei guai ( cosa che tuo padre fece fin da subito).
Ho saputo da Silente che hai avuto non poche difficoltà a socializzare per via della voce messa in giro dai Malfoy. Il mio consiglio è, Harry, di non farci troppo caso, dopotutto sono solo pettegolezzi e tu sai chi sei. In ogni caso, puoi contare su amici fedeli come Frank e come Louise.
Non curarti degli altri; se non hanno capito quanto vali, nonostante tu gliel’abbia dimostrato, è meglio che lasci perdere. Ricorda, i veri amici non giudicano dall’apparenza.
Bene, spero che tu te la passi bene. Salutami Frank, Louise, John e Richard ( i loro genitori sono in pensiero, sono più di due settimane che non hanno loro notizie!)
Un grande bacio,
tua mamma Lily.
P.S. per qualsiasi problema puoi rivolgerti a me, lo sai.


Harry rilesse più volte l’ultima riga, scritta con un corsivo così perfetto, valutando seriamente la sua proposta nella nota finale.
Mille idee erano partite come razzi dal cervello di Harry: avrebbe potuto raccontarle degli strani sogni, delle nuove amicizie, dello strano rapporto con Ron…
Poi si riscosse dai suoi pensieri, accorgendosi che Frank lo stava osservando con ansia e s’affettò a rispondere: “Oh, niente di speciale anche da me. Vogliono solo sapere come sto, tutto qui”.
Frank gli lanciò un’occhiata dubbiosa. Harry sapeva che i suoi amici erano preoccupati per lui e la sua salute, ma li aveva rassicurati moltissime volte al riguardo.
Frank sollevò lo sguardo sul resto della sala, quel giorno ampiamente illuminata dal bel tempo che si prospettava fuori. Il suo volto, però, si fece subito scuro.
“Non credo che ci sia bisogno che tu vada a trovare la Granger, comunque” disse, serio, tornando con lo sguardo al suo porridge, “ lei è qui.”
Harry seguì lo sguardo dell’amico verso l’entrata. Hermione Granger sembrava tornata perfettamente in salute, saltellando allegramente con i suoi capelli crespi e la solita aria saccente. Tuttavia il suo viso era cambiato : qualcosa che trovò familiare. Harry guardò Hermione unirsi al tavolo dei corvonero, dove vide Louise impallidire tutta d’un colpo e, come se avesse visto qualcosa d’assolutamente orripilante sedersi vicino a lei, scattare dal tavolo e correre via verso lui e Frank.
“Santo cielo, ma l’avete vista?” si lagnò, sedendosi accanto a Harry e gettando continuamente occhiate all'indietro; i suoi due amici si scambiarono due occhiate tra lo stupefatto e il divertito.
“Cos’ha che non va quella?” chiese Frank, assecondando in parte il disprezzo dell’amica ma con il suo tono canzonatorio. Come al solito, il viso di Louise s’infiammò.
“Volevo che restasse incollata a quel letto per sempre!” ringhiò.
“Andiamo, non sei un po’ esagerata?” chiese Harry. “Dopotutto, è stato solo…”
“Oh, Harry, adesso non incominciare di nuovo con questa storia!” lo interruppe l’altra, che probabilmente seguiva il suo filone di pensieri e non l’ascoltava. Louise si morse il labbro e guardò indietro al suo tavolo, come se fosse impaurita che il professor Vitious, il direttore della sua casata, potesse comparire da un momento all’altro e punirla. Harry pensava che quel tipo di ansia fosse esagerata…esattamente come quell’antipatia per Hermione Granger.
Sì, Frank aveva ragione quando aveva detto che lei e Louise si somigliavano.
Harry era talmente perso nei suoi pensieri, come ad esempio quello di decidere cosa rispondere a sua madre, che fece un balzo nel momento in cui si accorse che Louise lo stava fissando. “Comunque, Harry, non devi sentirti tanto in colpa, lo sai” fece, versandosi un po’ di succo di zucca nel boccale vuoto.
“E perché mai?” chiese lui, incuriosito. Louise strinse le labbra, rivolgendo un’ altra occhiata veloce al suo tavolo di casata. “Perché i denti di Granger non sono mai stati così perfetti come adesso”.
Harry si volse di spalle e cercò Hermione con lo sguardo. Quando la trovò, fu incredibile quello che vide, e gli venne quasi un colpo al cuore quando lo notò.
Quello che aveva notato Louise era vero. E i denti non erano stati l’unica conseguenza: a parte i soliti capelli crespi e molto mossi che le circondavano il viso, la ragazza sembrava molto più armoniosa nei lineamenti, così che…
Il boccale di Harry cadde sulla tovaglia con una gomitata, inavvertitamente, ma non ci badò. Hermione era straordinariamente simile alla ragazza che aveva sognato. Questo lo rese incapace di fare qualsiasi altra cosa….i conti non tornavano….
“Devo andare” annunciò, alzandosi, gli sguardi di Louise e di Frank che lo seguivano come se fosse impazzito. “Harry, che hai?” chiese Frank.
“Devo andare” fece Harry, sentendosi un po’ strano.
“Ma le lezioni iniziano fra cinque minuti!” osservò Louise, scandalizzata dalla strana reazione del ragazzo.
Harry la ignorò. Stretta la lettera in pugno – si rese conto solo in quel momento di averla ancora in mano- uscì di filato dalla sala grande, corse su per la gradinata della sala d’ingresso, imboccò lungo i vari corridoi e salì le scale fino ad arrivare al corridoio del settimo piano, e poi via, verso il quadro della signora grassa: non gli importava di perdere una lezione a cui neanche teneva, dopotutto, perché suo padre gli aveva già insegnato a volare su un manico di scopa. Attraversò il buco del ritratto ed entrò nella sala comune, accasciandosi su una delle poltrone.
Si sforzò di ricordare esattamente quello che aveva visto…. Ma ben presto Harry si rese conto che non si può sognare a comando e, decidendo che era troppo tardi per scendere a lezione, prese carta e inchiostro, si poggiò sul tavolino accanto al camino e, intinta la piuma, cominciò a scrivere:

Cara mamma,
qui tutto bene a Hogwarts. Io…

Era sul punto di raccontare i suoi sogni, ma non lo fece; sentiva che era una cosa del tutto personale. Così riprese:

seguirò sicuramente i tuoi consigli, anche se in realtà di quello che dicono gli altri non m’importa un granché…

Vorrei solo che non mi trattassero male, pensò, ma evitò di scriverlo.

Vorrei saperne di più sulla famiglia Weasley. Da quando sono arrivato a Hogwarts, ho provato ad essere amico del loro fratello più piccolo, Ron, che è del mio stesso anno, ma mi ha sempre trattato con indifferenza. Non capsico perché.
Con gli studi va tutto bene, mamma, sono il primo della classe.

Sapeva di aver mentito, tuttavia era sempre meglio rassicurarla.

Non ci sono particolari novità; Frank sta bene, John e Richard anche, persino Louise che, come al solito, vorrebbe essere la prima in tutto!
Un abbraccio,

Harry

Dopo aver posato la piuma sul tavolo, Harry rilesse la lettera attentamente: non era molto, ma almeno era una risposta.
Arrotolando la pergamena e stringendola in un pugno, decise di andare in Guferia per spedire la missiva; ma aveva appena fatto in tempo ad alzarsi che il passaggio si aprì e capitolarono uno dopo l’altro Dean Thomas, Seamus Finnigan, Ron Weasley (che lo evitò accuratamente) seguiti da Frank, John e Richard, tutti e tre con l’aria di divertirsi parecchio.
Harry si chiese cosa fosse successo a lezione anche se non era sicuro che sarebbe riuscito a saperlo da Frank, che continuava a tenersi la pancia per le risate. Anche Richard ridacchiava. Harry li guardò, basito. “Ma insomma, si può sapere cosa succede, qui?”
John, l’unico dei tre ad avere un’espressione seria e preoccupata, si sedette accanto a Harry . “Beh, Paciock ha combinato un vero disastro a lezione”.
“E questo vi sconvolge?”
Harry non era per nulla sorpreso: non c’era lezione in cui Paciock non ne combinasse una.
Continuava a pensare che Tu-sai-chi avesse fatto la scelta sbagliata quella notte di Halloween di tanti anni prima.
“Beh, ma questo è stato un vero disastro!” ribatté John sedendosi davanti a lui, affiancato da Frank.
Harry passò lo sguardo in rassegna di tutti i suoi amici. “Ditemi tutto”.
“Beh,” iniziò John, con fare divertito "eravamo tutti fuori nei giardini, in riga uno di fronte all’altro, le nostre scope al fianco. Avremmo dovuto ordinare ‘su’ e al suono di Madama Bumb inforcare la scopa e sollevarci in aria….”
“Ma la scopa di Neville l’ha fatto prima del tempo,” continuò Frank, mimando con le mani la scena, “e…beh, ha cominciato a volare ovunque, senza avere il controllo, come al solito…”
“Ma la cosa ancora più terribile” lo interruppe a sua volta Richard con tono più teatrale, “è stato che, mentre Neville urlava e schiamazzava, la sua Ricordella è cascata dalla tasca e Malfoy l’ha afferrata. Neville ovviamente se ne è accorto ed ha virato –almeno, ci ha provato- con la scopa verso di lui, puntandolo volutamente, mentre continuava a urlare e schiamazzare… beh, insomma, è finito proprio raso terra davanti a Malfoy che aveva la palla stretta in mano e se la rideva come un matto. Gli ha anche detto una cosa come: ‘vediamo se riuscirai a riprenderla’ se l’è messa in tasca e Madama Bumb ha terminato prima la lezione, portando Neville in infermeria.”
Harry si chinò verso di loro, sbalordito. Non poteva credere alle sue orecchie.
“Insomma” osservò in un sussurro, “ Malfoy ha sfidato Neville?”
Frank scosse il capo. “Non ne ho idea” disse, “ma se è così, non credo dicesse seriamente. Pensi davvero che Neville sarebbe in grado di sostenere un duello magico?”
Anche se Harry si rese conto in quel momento che nessuno di loro sarebbe stato in grado di farlo, scosse la testa, perché Neville era talmente goffo che, probabilmente, non ci avrebbe neanche provato.

*

Harry si rigirò fra le coperte, tormentato. Stava di nuovo sognando…

Si trovava in una stanza grande e scarsamente illuminata, dove vi erano dei divani in pelle nera davanti al camino, uno di fronte all’altro. L’intera sala era ricoperta di pareti verde argento, così come i tappeti, le tovaglie, le mura, l’argenteria. Harry stava seduto accanto a Tiger, mentre Malfoy, seduto di fronte a loro, era tutto intento a leggere con voce alta e strascicata un articolo su Arthur Weasley dal Profeta, il tono piuttosto divertito.
Tiger, accanto a Harry, s’irrigidì.
“Beh?” chiese Malfoy con impazienza, quando Harry gli ebbe restituito il foglio. “Non è buffo?”
“Molto buffo” rispose Harry, tetro.
“Arthur Weasley ama talmente tanto i Babbani che dovrebbe buttare alle ortiche la sua bacchetta magica e andarsene a vivere con loro” disse Malfoy con tono sprezzante. “Da come si comportano, non si direbbe mai che i Weasley siano dei purosangue”.
La faccia di Tiger era contratta per la rabbia e Harry si chiese perché.
“Che cosa ti prende, Tiger?” sbottò Malfoy.
“Mal di stomaco” grugnì lui.
“Beh, vattene in infermeria e dai un calcio da parte mia a tutti quei mezzosangue” disse Malfoy con un ghigno. “Strano che che la Gazzetta del Profetanon abbia dato notizia di tutti questi attentati” proseguì pensieroso. “Immagino che Silente….”

Ma Harry non seppe mai cosa Malfoy immaginava di Silente, perché si trovò faccia a terra sul pavimento, arrotolato fra le coperte.
Aprì gli occhi, il volto dolorante. Si alzò, rimise assonnato le coperte ammucchiate sul letto e cercò di sdraiarsi e prendere sonno. Inutile dire che non ci riuscì.
Così si alzò di nuovo e andò ai piedi del letto, e aprì il suo baule, deciso a portarsi qualcosa da fare in sala comune. Mentre tastava nel buio più totale gli oggetti, arrivò a sfiorare con le dita qualcosa di morbido e setoso in fondo al baule. Harry lo estrasse incuriosito e, andando incontro alla luce della luna, lo studiò. Sembrava un telo al tatto… ma era trasparente, sottile, tanto che a malapena riusciva a capire di averlo fra le mani.
Il cuore di Harry fece un balzo. Che fosse…un mantello invisibile?
Si chiese se insieme a quel regalo inaspettato c’era qualche biglietto, così ritornò al suo baule e lo cercò; trovò il pezzo di carta e, emozionato, scese a grandi passi nella sala comune.
Si sedette su una delle poltrone e, poggiando il mantello ai suoi piedi, aprì la lettera e lesse il messaggio.

MANTELLO DELL’INVISIBILITA’. TUA MADRE NON VOLEVA CHE TE LO DESSI, MA IO L’HO NASCOSTO SOTTO A TUTTE LE TUE NUOVE CIANFRUSAGLIE. APPARTIENE A NOI DA SECOLI, IO MI CI SONO DIVERTITO MOLTISSIMO A SCUOLA! SPERO CHE FACCIA LO STESSO ANCHE TU.
TI VOGLIO BENE,

PAPA’


A Harry non poté non sfuggire un sorriso; suo padre era sempre lo stesso. Arrotolando il pezzo di carta nella tasca, prese il mantello e attraversò il buco del ritratto; forse una passeggiata per i corridoi di Hogwarts gli avrebbe fatto bene – anche perché Pix non l’avrebbe visto, e il suo cuore si rasserenò a quel pensiero.
Ma non aveva fatto in tempo ad attraversare il passaggio, che una figura che doveva essere piuttosto maldestra cadde su di lui, facendo sbattere Harry a terra e sfilandogli di dosso il mantello. Sentì un piccolo urlo spaventato e Harry si girò per vedere chi fosse: era Neville che, quando lo riconobbe, sobbalzò.
“Harry?” chiese, sbalordito. “Neville?” chiese a sua volta Harry. “Che ci fai qui fuori?”
“Potrei domandarti la stessa cosa” ribatté l’altro, cercando di darsi un tono coraggioso.
“Non riuscivo a dormire” rispose il ragazzo, anche perché era vero.
Neville apparve improvvisamente agitato, gli occhi che saettavano da destra e a sinistra, come se avesse avuto fretta.
“Bene” disse lui, “allora rientra dentro. Io…devo andare….” E fece per allontanarsi, ma Harry lo bloccò per un braccio, facendolo quasi inciampare. Era sempre più insospettito : non avrebbe mai immaginato Neville a gozzovigliare per i corridoi!
“E dove andresti?” gli chiese indagatorio, forzando il compagno a voltarsi verso di lui
Sulle prime Neville esitò ma, spaventato dallo sguardo minaccioso di Harry, si sentì costretto a confessare, facendo agitare le sopracciglia di Harry tra lo stupito e il rassegnato: dopo essere uscito dall’infermeria, era stato incoraggiato da Dean e Seamus a puntare i piedi contro Malfoy, facendosi così rispettare. Così Neville era andato da Malfoy e gli aveva proposto un duello in modo che, se avesse vinto, sarebbe rientrato in possesso della sua Ricordella e Malfoy umiliato. Malfoy, con grande stupore di Harry, aveva accettato di battersi con Neville, dandosi appuntamento a mezzanotte nella sala trofei.
Alla fine del racconto, Harry era ben poco convinto delle buone intenzioni di Malfoy.
“Bene” disse con un sospiro, “per me c’è la fregatura, ma se vogliamo arrivare in tempo alla sala trofei, ci conviene sbrigarci!”
Neville scosse ancora una volta il capo, nervoso, mentre Harry sollevava da terra il mantello e lo metteva sulla testa del ragazzo. “N-no…davvero, Harry…torna in sala comune, lì sarai più al sicuro!” Harry grugnì; ogni tentativo di Neville di fare lo spavaldo con lui non funzionava. E poi, non aveva la minima intenzione di ritornare a letto. Voleva provare il nuovo mantello.
“Non raggiungerai mai la sala trofei senza di me” insisté risoluto, e Neville fece un’espressione rassegnata. “Ora, andiamo.”
I due ragazzi si avviarono per il corridoio, cercando di non fare troppo rumore. Dovevano muoversi con la massima circospezione, anche al buio.
Finalmente, quando giunsero alla scalinata di marmo, Harry chiese in un sussurro a Neville: “Dove ci aspetta Hermione?” Neville gli lanciò uno sguardo interrogativo, ma Harry lo ignorò.
“E’ la prima persona che mi è venuta in mente” confessò con un’alzata di spalle, “e poi è la migliore negli incantesimi, giusto?” “Giusto” tremò Neville, e Harry capì dal suo volto spaventato che si era reso conto del terribile errore che aveva commesso nel proporre il duello magico.
Harry trovava Neville stupido, ma in un certo senso comprendeva la sua volontà di sentirsi considerato e appagato, pari agli altri, se vogliamo. Harry non era mai cresciuto senza genitori, né voleva sapere come sarebbe stato, poiché gli unici parenti reali che gli sarebbero rimasti sarebbero stati i Dursely, i parenti di sua madre, Babbani che non aveva mai visto in vita sua (forse perché non andavano molto d’accordo con la sua famiglia). Probabilmente sarebbe vissuto con Sirius e Frank…e se Sirius non avesse avuto figli e fosse stato altrove?
Come sarebbe stato se fosse stato costretto a vivere con quei terribili parenti Babbani che, a giudicare dai racconti di sua madre, erano persone tanto cattive?
Probabilmente avrebbe passato l’intera vita a cercare di essere come gli altri, esattamente come stava facendo Neville in quel momento. Cercò di allontanare quei brutti pensieri. La realtà era diversa, e ora si era cacciato volutamente nei guai.
Diede una gomitata a Neville. “Vieni” disse al compagno, “mio padre mi ha indicato un paio di scorciatoie per arrivare al terzo piano più in fretta” e si avvicinò ad uno stendardo, seguito dall'amico, tremante. Harry lo sollevò leggermente e gettò un’occhiata; vi era una porta nascosta.
Senza timore sollevò l’anello e lo tirò e la porta si aprì con un cigolio. Al suo interno vi era una stanza buia, che dava l’aria di essere una vecchia biblioteca impolverata, ma non aveva paura, perché lì dentro non poteva esserci nessuno, dato che era un passaggio segreto.
“Forza andiamo!” incitò a Neville e, presolo sotto braccio, lo trascinò dentro.
Evidentemente Neville si rese conto che non c’era possibilità di tornare indietro, e insieme attraversarono la grande sala oscura. Era una stanza magica, molto più vecchia delle altre.
Harry sapeva dal padre che c’erano nella scuola stanze che apparivano e scomparivano a loro piacimento nel castello, esattamente come le scale o i piani o le aule.
“Sei sicuro che sia la strada giusta?” fu l’unica cosa che Harry sentì dire da Neville.
“Sicurissimo” rassicurò Harry, avvicinandosi sempre di più all’anello di metallo.
Una volta spalancata la porta, Harry e Neville si avviarono per il corridoio del terzo piano; ora bastava solo trovare la sala trofei e aspettare che Malfoy li raggiungesse – cosa di cui Harry dubitava fortemente.
Mentre camminavano per il corridoio, si affacciavano a turno sulle aule o le stanze, speranzosi di vedere la sala trofei, invano. Fu Neville, dopo qualche tempo, a trovarla. “E’ questa!” esclamò, trionfante. Harry sospirò e strinse la bacchetta in tasca, pronto a usare tutti gli incantesimi che sarebbero serviti per difendere quel carciofo di Neville.
Non c’era nessuno dentro la sala. Scrutarono dietro ogni vetrina, finché Neville non inciampò nel piede di Harry e sarebbe caduto, se quest’ultimo non l’avesse sostenuto per le spalle.
Tanto baccano avrebbe attirato l’attenzione di chiunque ma per fortuna fu solo il testone di Hermione, la secchiona con i nuovi denti, che fece capolino, incuriosita, dal suo nascondiglio. “Neville!” esclamò, venendo loro incontro con il suo soprabito rosa pallido, illuminato dalla luce della bacchetta. Rimase colpita di vedere Harry con lui. “Harry…che ci fai qui?”
“Do una mano” rispose secco, tenendo ferma la spalla di Neville, temendo che inciampasse di nuovo. Hermione però non sembrava prestare attenzione alla scena; anzi, puntò la bacchetta proprio su una cosa ai piedi di Harry. Troppo tardi questo scoprì che si trattava del mantello dell’invisibilità e tentò di nasconderlo, ma la ragazza aveva già visto tutto.
“Quello….?” Fece, tra lo stupito e il meravigliato, mentre sul suo viso si faceva largo un sorriso, “è un mantello invisibile?”
“Oh, beh, io…”
“Sì, è con quello che siamo venuti qui! Harry è uscito dalla sala comune e mi ha trovato che ti stavo raggiungendo e si è offerto di aiutarmi! ” disse Neville, parlando in fretta. “Io ho insistito che no, non mi serviva il suo aiuto, ma l’ha voluto lui..”
Hermione ancora una volta era concentrata sul viso di Harry. O meglio, Harry non sapeva se stesse esattamente guardando lui o se fosse solo il centro dei pensieri di Hermione. “
Dove hai preso uno di quelli? Sono piuttosto rari!”
Harry sentì le guance leggermente calde e ringraziò il buio per non averlo dato a vedere.
Si sarebbe dovuto sperticare in mille racconti e spiegazioni, cosa che non gli andava affatto….
Per questo benedì un rumore che venne direttamente dal corridoio, facendo voltare i tre ragazzi. “Chi c’è?” chiese una voce gracchiante. I tre ragazzi s’affrettarono a nascondersi dietro una teca, Harry trascinando il mantello con sé. Nello stesso momento in cui la porta si apriva, strinse gli occhi dalla paura e Hermione mormorava “ nox” e tutto si faceva buio.
Harry non poté fare a meno di chiedersi dove avesse imparato quegli incantesimi nonostante fosse nata babbana.
Entrò una figura bassa e curva, illuminata soltanto da una parte dal lume che portava in mano- dandogli un aspetto più che mai spettrale- il sorriso ridotto a un ghigno. “Dove siete?” disse Gazza, il guardiano. “So che non siete nei vostri lettini…è inutile che vi nascondete…”
Harry sentì il trattenere di un respiro alla sua destra. Hermione si era messa una mano sulla bocca e teneva un pezzo di pergamena in mano. Harry si sporse per leggerlo, ma con quella poca luce non riusciva a distinguere le parole.
“C’è scritto fregati, è di Malfoy, Harry!”, bisbigliò la compagna, agitata .
“E adesso che facciamo?” pianse Neville, controllando continuamente che Gazza non si stesse avvicinando.
Harry rifletté un secondo, poi tirò fuori dalla tasca il suo mantello dell’invisibilità.
“Harry, ma cosa…?” iniziò Hermione con tono polemico, ma plui la zittì. “E’ l’unica soluzione che abbiamo, quindi poche chiacchiere!” Hermione annuì, un po’ impaurita.
Neville cercava di mantenere anche lui la calma perché aveva capito che, se non l’avesse fatto, sarebbero finiti tutti nei guai.
“Bene” disse agli amici, “ quando arrivo al tre, ci alziamo e ci allontaniamo…uno… due…”
Un miagolio. Il sangue di Harry si gelò, e fu con terrore che vide Hermione girare lo sguardo e e vedere che una gatta, anzi la gatta, Ms. Purr, li fissava, anche da sotto il mantello.
Hermione si voltò di nuovo verso di Harry. “Ma non doveva….?”
“Penso di no. Non credo che abbia effetto sugli animali” rispose Harry pietrificato, rendendosene conto solo in quel momento. Neville era quello più impaurito, il piede pronto per scattare via dal nascondiglio.
Poi dei passi. Gazza si stava avvicinando. Neville e Hermione lo guardavano, in attesa che Harry si facesse venire un’idea…. Ma quale? E perché proprio lui doveva avere l’iniziativa?
“Via!” disse Harry, e i tre scattarono alla velocità della luce da dietro la teca, intenti a correre verso la porta. Peccato che proprio in quel momento Neville inciampò nel mantello, rivelandoli agli occhi di Gazza, che si voltò immediatamente, correndo verso di loro inferocito.
Sperando di trovarsi in un bruttissimo sogno, Harry recuperò il mantello da terra e s’affrettò verso l’uscita seguito da Hermione e Neville che, con un colpo magistrale del piede destro, riuscì a sbattere la porta in faccia al guardiano. I tre continuarono a correre per il corridoio del terzo piano, senza parlare.
“Beh, direi che li abbiamo seminati, no?” ansimò Neville quando si fermarono. Hermione, non si risparmiò dal lanciare all’amico un’occhiataccia torva. “Noi non dovremmo essere qui” rincarò. “E Malfoy lo sapeva, per questo non ci è venuto. Questo è il corridoio del terzo piano, è proibito!”
“Non sarebbe venuto comunque” constatò Harry, guardandosi intorno, in cerca di nuove minacce da cui fuggire.
“Già” convenne Neville, con un’espressione improvvisamente triste, “e chi si batterebbe con un incapace come me?”
Non seppe perché, ma improvvisamente Neville fece tenerezza a Harry; per quanto fosse buffo e completamente anti eroico, Harry capì che la sua goffaggine veniva soprattutto dalla sua poca autostima. Così si avvicinò al compagno e gli pose la mano sulla spalla.
“Sai,” disse Harry, “io penso che ci sia un motivo per cui sei finito a grifondoro. Non sei affatto un incapace. E poi, una volta, qualcuno mi disse che sono le nostre scelte che comportano ciò che siamo, e non le nostre capacità”. Harry si bloccò; cosa aveva detto?
Lo sguardo di Neville sembrò illuminarsi d’un colpo. “Tu…tu pensi davvero?”
Harry esitò, ma non per la domanda di Neville... sentiva che quello che aveva appena detto non veniva direttamente da lui, ma da qualcun altro, come se avesse riutilizzato una frase già sentita. Chi poteva mai avergliela detta? Più tentava di ricordare, più i ricordi si facevano sfocati…
“Più che sicuro” affermò, stavolta rivolto a Neville. “E ora andiamocene da questo posto e torniamo nel nostro dormitorio, va bene?”
Miao. I tre si voltarono. Ms. Purr era proprio dietro di loro. Ancora una volta.
Eppure Harry aveva ricordato perfettamente che la gatta era rimasta con il suo padrone, all’interno della sala trofei…
“Deve averci seguito fin qui!” esclamò Hermione, di nuovo nervosa. “Oh, cosa facciamo adesso?”
“Correte!” gridò Harry, e prese a correre velocemente, seguito da Neville e Hermione, senza sapere neanche loro dove erano diretti.
Giunsero davanti a una porta bloccata e Hermione si parò davanti a loro, gridando: “Alohomora!” facendo entrare i tre ragazzi e richiudendo la porta con uno scatto.
Ma una sorpresa ancora più pericolosa e spaventosa di Gazza li attendeva lì dentro, tanto da lasciarli senza neanche il coraggio di urlare: un cane a tre teste, grosso come una stanza, sbavava e abbaiava minaccioso verso di loro. Hermione trovò il coraggio di emettere un urlo, Neville si riparò dietro di lei. Ma Harry no. Dopo essersi sorpreso, Harry si rese conto di non aveva paura di quella creatura, anzi, più si avvicinava a lei, più gli risultava familiare…. si sorprese quando Neville lo tirò per un braccio, gridando: “Harry, Harry che fai? Sbrigati, andiamo via!”
Fu solo grazie alla volontà di Neville che Harry si ritrovò fuori dalla stanza minacciosa.
Si sentiva improvvisamente spossato.
Intanto, Neville aveva sfilato il mantello dell’invisibilità dalla tasca di Harry e l’aveva gettato sulla testa dei tre, imboccando la via per il settimo piano mentre Harry, pian piano, si riprendeva da quelle strane sensazioni.
Una volta evitata la stanza in cui Pix faceva tutto quel baccano, i tre ragazzi, stremati, si trovarono nel corridoio che avrebbe portato alla sala comune dei grifondoro.
“Aspettate!” disse Hemione, preoccupata., fermandosi in mezzo al corridoio. “Io non sono grifondoro… come posso entrare nella sala comune?”
Harry e Neville si guardarono: in effetti, era un problema che non avevano neanche tenuto in considerazione. Harry non sapeva cosa pensasse Neville, ma credeva che, in casi di emergenza come quello, la signora grassa facesse passare chiunque conoscesse la parola d’ordine.
“Resti con noi per stanotte” sentenziò Neville, sorprendendo Harry per l’insolita risolutezza nella voce. “Pensi che ti avessimo lasciato andare da sola fino alla torre di corvonero, in balia di mostri a tre teste e gatti e custodi?”
A Hermione sfuggì un sorriso, ma si ricompose subito. “Beh, naturalmente no.” Disse lei. “Ma…va bene”.

Così poco dopo i tre si trovarono davanti al camino a scaldarsi, seduti sul tappeto ricamato di oro e rosso. Harry doveva ammettere di essere stanchissimo e a giudicare dai visi dei compagni loro non erano da meno.
Per un po’ regnò il silenzio. “Non è strano?” disse Neville, lo sguardo incantato dalle fiamme del camino. I due lo fissarono. “Cosa è strano, Neville?” chiese Harry, curioso di starlo a sentire.
“Beh,” spiegò Neville, “è strano il fatto che ci sia un cane a tre teste in una stanza di Hogwarts, no? Sarà per questo che il corridoio è proibito… mi chiedo per quale motivo ce l’abbiano messo…”
Harry vide lo sguardo di Hermione, accanto a lui, infittirsi di pensieri. Doveva ammettere che, a dispetto di quei due, non gli risultava affatto strano che un cane mostruoso fosse stato piantato nel corridoio del terzo piano…si chiese nuovamente il motivo, che doveva avere una spiegazione assurda quanto la presenza di quella creatura.
Hermione si mise un dito sulle labbra, pensante.
“Beh, ricordo di aver letto in Storia di Hogwarts che la scuola nasconde molti segreti…ma non di un cane a tre teste che, sempre secondo quello che è detto, è uno degli animali magici proibiti…ma aspettate!” fece poi, più che rivolta ai ragazzi a se stessa.
“Il cane giaceva sopra una botola….”
“E questo cosa vorrebbe dire?” la interruppe Harry senza sapere dove volesse arrivare. Hermione gli rivolse l’occhiata più saccente che avesse.
“Ma ovvio, no? Insomma… è chiaro che…che il cane fa la guardia a qualcosa!” fece la ragazza, tirando su col naso.
Fu solo in quel momento che anche Harry ricordò: la zampa sinistra dell’animale poggiava proprio su una botola.
“Comunque, “ sospirò Hermione, “per oggi ne ho davvero abbastanza. Sono successe così tante cose che non voglio più pensare! Devo dormire!”
Neville annuì, e si alzò. Harry lo seguì, mentre Hermione sprofondava in una di quelle grandi e comode poltrone rosse. “Sapete” commentò, tastando i braccioli, “questa sala comune non è così diversa dalla mia….” Harry e Neville si diressero verso le scalinate dei loro dormitori, quando Hermione li fermò con la voce e loro due si voltarono.
“Harry,” disse la ragazza, sporgendosi dalla poltrona. “Grazie. Senza di te, chissà cosa sarebbe successo!” Harry sorrise leggermente, un po’ imbarazzato. “Grazie al mantello, vorrai dire” la corresse lui. A Hermione scappò un risolino.


NOTE: SONO TORNATAAAA SCUSATE SE NON PUBBLICO SPESSO (IN EFFETTI NON HO NEANCHE TRASCRITTO L'ALTRO CAPITOLO DELL'ALTRA MIA STORIA) MA STO STUDIANDO MOLTISSIMO E QUINDI E' RARO CHE RIESCO A POSTARE QUALCOSA! SONO SICURA CHE RIUSCIRO' A PUBBLICARE DI PIU' DA GIUGNO IN POI... TUTTO :) INTANTO GODETEVI QUESTO CAPITOLO E FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE ( IGNORATE GLI EVENTUALI ERRORI DI BATTITURA E SCUSATEMI MA HO AVUTO POCO TEMPO PER CORREGGERLO!) UN ABBRACCIO, AVERYN :)









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Capitolo 6
*** Il Racconto Di Lily ***






CAPITOLO  5

IL RACCONTO DI LILY


Harry quella mattina si svegliò con un gran mal di testa; era strano, per lui, in ogni caso, che quella notte non avesse sognato nulla che l’avesse tenuto sveglio – forse perché aveva vissuto fin troppe emozioni.
Era comunque molto presto: le prime luci del sole illuminavano i giardini di Hogwarts e si poggiavano leggeri  sugli alberi della Foresta Proibita. Sentendosi completamente  sveglio, Harry si vestì e scese in sala comune, sperando di scambiare quattro chiacchiere con Hermione sull’avventura condivisa quella notte. Mille congetture erano affiorate nella testa di Harry, mille pensieri, possibili nuove, fantastiche avventure che non vedeva l’ora di condividere con qualcuno.
Impossibili, doveva essere sincero. Perché Harry, Hermione e Neville non erano esattamente amici, e le compagnie che il ragazzo frequentava non avevano esattamente lo spirito per l’avventura. Si sentì strano quando per la prima volta pensò i suoi amici d’infanzia come una minaccia per nuove esperienze e nuove elettriche sensazioni, come quella di girovagare per il castello di notte sotto il mantello dell’invisibilità, magari a far visita al cane a tre teste e scoprire cosa  si nascondeva l sotto la botola….
Ma no, si rispose Harry, le sue erano solo stupide fantasie. Quello era stato un singolo episodio, per quanto emozionante e pericoloso assieme. Cosa mai poteva avere a che fare con lui?
Con suo rammarico, notò che la poltrona dove lui e Neville avevano lasciato Hermione la sera precedente era vuota: Harry presuppose che la ragazza avesse abbandonato la sala prima che il sole salisse. E ancora una volta, a pensare Hermione nella sala comune con lui e Neville, non poté fare a meno di sentire che ci fosse qualcosa di strano…. Si sorprese a pensare ancora una volta  Hermione come una perfetta grifondoro…anche se non poteva di certo essere, se il cappello parlante aveva preso una decisione doveva esserci pur una ragione!
Pssst. Harry sentì qualcuno bisbigliare dal camino, ma poi pensò che doveva esserselo immaginato.
Poteva  essere benissimo  scivolato un ceppo sulle poche fiamme rimaste. Senza ragionarci troppo, Harry prese  l’attizzatoio accanto al camino e ravvivò le fiamme. Erano abbastanza calde e confortevoli da far sentire il ragazzo al sicuro.
Pssst.  Successe di nuovo, e stavolta  Harry poté vedere  chiaramente che un volto era apparso,  quello di una donna, che aveva i suoi stessi identici occhi: sua madre, che non poté fare a meno di sorridergli.
“Ciao tesoro!” salutò lei.
“Mamma!” esclamò Harry, sorpreso. “Che ci fai qui?”
“Rispondo alla tua lettera, ovvio” disse, con aria serena, “era il modo più veloce. E poi, da quando hai portato Arnold ad Hogwarts, le  tue risposte ci mettono moltissimo ad arrivare. Pensavo che così fosse più facile” aggiunse in fretta, prima che Harry potesse farle altre domande. Il ragazzo, però, non poté fare a meno di sogghignare: quel tipo di rischi appartenevano più a suo padre che a sua madre, che invece preferiva – essendo molto più preoccupata di Harry e James in  fatto di sicurezza- tenere le relazioni per corrispondenza; per lei quindi la scelta di parlare via camino doveva essere stata estrema.
“Nessuno ci vedrà, a quest’ora del mattino” lo rassicurò ancora la madre, perché Harry si era voltato automaticamente indietro con una stretta allo stomaco; non sapeva perché, ma aveva come la sensazione che qualcuno lo stesse guardando, oppure che Ron o Neville potessero spuntare da un momento all’altro, cosa che sarebbe stata alquanto imbarazzante, visto che nella lettera Harry aveva chiesto della famiglia di Ron.
“Allora” disse sua madre, e Harry non poté fare a meno di sentirsi più tranquillo quando incrociò lo sguardo uguale al suo. “Come stai? Come mai sei sveglio a quest’ora del mattino?”
“Io, beh, ecco…” Harry si sentì di nuovo a disagio, grattandosi automaticamente la nuca. Vividi ricordi riaffiorarono nella sua mente, comprendente un cane a tre teste, le urla di Hermione e la fuga di lei, lui e Neville su per la torre di Grifondoro. “E’ stata una lunga nottata….non sono riuscito a prendere sonno, tutto qui!” disse,  ignorando volutamente i ricordi della sera precedente e il volto di Lily, che con la coda dell’occhio lo vide deformato dalla preoccupazione; ma evidentemente o Harry l’aveva immaginato, o sua madre pensò che non si trattasse di un fatto così grave, perché quando la guardò dritta in viso, la sua espressione era serena.
Si chiese come avrebbe reagito se le avesse raccontato dei sogni, vividi come memorie quasi quanto quelle della sera precedente. Per un momento provò il desiderio selvaggio di confidarsi, ma qualcosa lo bloccò prima che lo facesse. In qualche modo, sentiva di non poterlo dire, o che probabilmente non era il tempo di farlo.
“Sai, pensavo di non trovarti, in effetti” sospirò Lily, “ma in qualche modo sapevo che saresti potuto essere sveglio, e ho voluto correre il rischio. Che ore sono?” chiese poi, pensierosa.
Harry scosse la testa, poi rivolse lo sguardo alle finestre; il sole aveva fatto presto a salire. Probabilmente erano le sette o poco più.
“Saranno le sette e un quarto, minuto prima, minuto meno” riferì Harry, dubbioso.
“Beh, allora dovrò sbrigarmi. Tuo padre si sveglia sempre alle sette e mezza, e tutte le mattine è affamato come un lupo. Harry, caro, sul serio, penso che la tua assenza lo faccia ingrassare…
Ma veniamo a noi” riprese la madre, abbandonando il tono sognante, e Harry si accomodò a terra, a faccia a faccia con le fiamme.
“Vuoi sapere dei Weasley, giusto?”
Il ragazzo annuì; si voleva saperlo. Voleva finalmente capire il loro strano comportamento… in realtà sapeva già una parte della storia, ma non a fondo.
“Beh, è una storia un po’ lunga” spiegò Lily, parlando più velocemente di prima.
“Tutto ha avuto inizio con la morte dei Paciock. I Paciock facevano parte dell’Ordine della Fenice, e quando la loro morte e la sopravvivenza del bambino distrussero Voldemort in tutti noi scaturirono sentimenti contrastanti; eravamo felici che il mago oscuro fosse caduto, ma non potevamo  fare a meno di chiederci come avremmo protetto il bambino dai Mangiamorte che, sapevamo, continuavano a combatterci.  Ma i Mangiamorte che erano rimasti fedeli all’oscurità erano ben pochi, poiché così come l’unione nell’Ordine si allentava, così i Mangiamorte tornavano sotto le gonne del Ministero e dalla nostra parte con ogni scusa possibile.
 “Il problema però rimase. Nessuno sapeva se si erano davvero pentiti o se non avrebbero tentato di uccidere il bambino in qualche modo, così ponemmo sua nonna e il bambino sotto la nostra protezione.
Ma i Mangiamorte, come dicevo, erano sempre di meno; i Lestrange, gli unici ancora fedeli all’oscuro, furono condannati a Azkaban e così apparentemente non c’erano altre  minacce da combattere.
L’unica  era  rimasta dentro il nostro Ordine: si erano creati due controparti, ormai; chi credeva che oramai non sarebbe più valsa la pena di combattere e chi invece pensava che la magia oscura lavorasse in segreto, e dovesse essere tenuta sotto controllo e combattuta.
“I Weasley si schierarono con quest’ultima. Io, James, Sirius e Remus, nonostante fossimo d’accordo in parte sulla faccenda del controllare la magia oscura, non pensavamo ci fosse nulla più da combattere. Litigammo con i Weasley, che ci diedero dei pigri, viziati e nullafacenti, colpevoli di non aiutare il ricordo dei Paciock in questo modo – come sai eravamo molto amici - e non senza buone ragioni: non li avevamo aiutati per nulla nelle ultime battaglie, perché avevamo avuto voi  ragazzi  da proteggere e avevamo, diciamo… allentato la presa  con la faccenda delle forze oscure, sinceramente pensavamo che ormai non ci fosse più nulla da combattere. A noi importava solo che la minaccia fosse regredita, di estirparla fino alla radice non ci preoccupò…
“La storia si concluse che   l’Ordine si disgregò  comunque, con o senza di noi. Forse alla fine anche i rimasti capirono che non c’era più nulla da fare e tornarono tutti alle loro  vite… ma se vediamo un Weasley, tentiamo di non rivolgergli la parola. Anche perché, da quando i Malfoy hanno diffuso la notizia che siamo anche ladri, prendono ogni scusa buona per rinfacciarcelo.
E i Weasley e i Malfoy si odiano.” Lily si girò di scatto dietro di se per poi rivolgersi frettolosamente a Harry: “Ora devo proprio andare, Harry, tuo padre si è svegliato. Ci si sente, Harry” e la madre, dopo avergli donato un veloce sorriso, sparì con un flop fra le fiamme.
 
“Che cosa?” disse Frank, stupito. Harry aveva appena raccontato quello che sua madre gli aveva detto e ora l’aveva riferito a lui, a John e a Richard. “Non avrei mai pensato che mio padre fosse…”
“Un codardo, sì” disse Harry ; quella rivelazione non faceva stare bene neanche lui.
“Hanno dimenticato di raccontarci quella parte della storia…probabilmente perché se ne vergognavano…”
“Ma devi capirli, Harry!” intervenne Richard, lo sguardo basso, “l’hanno fatto unicamente perché avevano paura… se tu avessi avuto dei figli, non avresti cercato in tutti i modi di crescerlo in un mondo sicuro, privo di minacce e battaglie?”
Harry ci pensò per un attimo: non sapeva se l’avrebbe fatto. In quel momento riusciva a provare un solo grosso senso di delusione, che copriva tutto il resto.Gli sfuggì un grugnito. Aveva l’impressione che non avessero compreso a fondo ciò che provava; l’orgoglio ribolliva nelle sue vene come un grosso desiderio di riparare agli errori dei suoi genitori … anche se non capiva perché avessero commesso un errore, dopotutto… Voldemort non c’era più ormai… “Se fossero stati veri amici dei Paciock, avrebbero combattuto i Mangiamorte e l’avrebbero sterminati fino all’ultimo” disse, cercando di giustificare con quella frase le sue paure più profonde. John guardò in basso, come un bambino che è appena stato scoperto a commettere una marachella. “Sì, forse avrebbero potuto, Harry, ma non l’hanno fatto. E comunque questo non ha cambiato nulla….”
“Harry? Harry Potter?” una voce familiare risuonò alle orecchie del ragazzo, costringendolo a girarsi. Hermione Granger era dietro di loro, un’espressione dura dipinta sul volto, come se si trattasse d’una urgenza.”Posso avere una parola?” 
Frank, John e Richard posarono gli occhi su di Harry, in attesa di una risposta. Probabilmente si aspettavano che questi la ignorasse, dato che l’intero gruppo odiava Hermione, ma Harry non ci badò. “Certamente” rispose e, ignorando gli sguardi sorpresi dei suoi amici, s’allontanò con lei nel corridoio.  Nel momento in cui si trovarono da soli, Hermione sembrò esitare.
“Cosa ti serve?”  chiese Harry, in attesa che Hermione parlasse, mentre quella arrossiva sempre più ogni attimo che passava.
 “Oh Harry è che… è così complicato!” s’innervosì lei. “Non so proprio come chiedertelo… ecco vedi…vorrei chiederti un favore….”
“Di che si tratta?” insisté quindi Harry, che cominciava a guardarsi intorno, contagiato dal nervosismo di Hermione. Non capiva proprio cosa volesse tanto da lui e soprattutto se era davvero così importante. Notò che le mani di Hermione cominciavano a tremare.
“Harry, vedi…si tratta del tuo mantello dell’invisibilità… mi chiedevo… se potessi prestarmelo…" disse infine. Harry rimase di sasso.
“Io…a che ti serve?” chiese, un po’ spaventato.  
Ancora una volta, Hermione indugiò. “Per una cosa importante” rispose secca.
“E quale sarebbe?” chiese ancora Harry con cipiglio serio. “Se vuoi che ti presti il mantello, voglio sapere cosa devi farci. È un’eredità di famiglia…”
Hermione sembrò essere colta nel segno. S’irrigidì e scosse il testone, rischiando che il cappello a punta le scivolasse dal capo. “Oh, beh, Harry, non importa, in realtà, adesso che ci ripenso, posso trovare anche un altro modo per…”
“No.” Tagliò corto lui, “ te lo presto, ma voglio sapere… “ 
“Ricerche.”
“Ricerche un po’ particolari, visto che ti serve il mantello…”
All’improvviso qualcuno sembrò  afferrare il braccio di Harry, scuotendolo.
 “Che volevi fare con Harry, eh? Farlo entrare nel gruppo degli sfigati, eh? Ma non funzionerà!”
 Era Louise, Harry ne intravide i boccoli biondi, e riuscì a malapena a vedere il volto ferito di Hermione, mentre Louise lo portava via.
“Andiamo Harry, non perdere tempo con gentaglia del genere! Faremo tardi a lezione!”
Harry rivolse con un nodo allo stomaco un ultimo sguardo a Hermione, che si era ormai confusa fra la folla maledicendo Louise perché, se non fosse arrivata, forse gli avrebbe rivelato quello che stava macchinando.
 
NOTE DELL'AUTRICE: OHIIIII SONO TORNATAAAAA SCUSATE SE NON AGGIORNO SPESSO.....STO FACENDO ADESSO UN PROCESSO DI TRASCRIZIONE DEI CAPITOLI DA FOGLIO A PC E QUINDI NON AGGIORNO SPESSO...SOPRATTUTTO NEL PERIODO SCUOLA.... QUINDI ABBIATE PATIENCE (PURE TROPPA NE AVETE!)
BY THE WAY, TORNERO' PRESTO CON UN ALTRO CAPITOLO VEDRETE, E SARA' TUTTO SULLA BASE DEI SOGNI DI HARRY, SPERO SOLO DI RIUSCIRE A TRASCRIVERLO QUANTO PRIMA... INTANTO SE VOLETE COMMENTATE QUESTOOOO A PRESTOOOO
P.S. GRAZIE A LUNADISTRUGGI PER GLI APPREZZAMENTI, A XANDER PER I PREZIOSI CONSIGLI CHE STO CERCANDO DI PORTARE AVANTI E ANCHE A MANSON E A TUTTI QUELLI CHE L'HANNO MESSA FRA LE PREFERITE E LE SEGUITE :) :) BUONA LETTURA 





 

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Capitolo 7
*** L' Harry Nello Specchio ***


Capitolo 6
 

L' HARRY NELLO SPECCHIO


Un libro….Nicolas Flamel….Hermione intrappolata in una pianta schifosa….uno specchio….uno specchio….era quasi arrivato a toccarne la superficie….ma perché non riusciva a specchiarsi?
“Harry!Harry!” Una voce lo chiamò dall’oscurità. Nell’atto di aprire gli occhi la vista lo bruciò, ma non ci mise molto ad abituarsi, poiché la sala era abbastanza buia. Si rese conto di trovarsi steso su una superficie fredda, con tante forme sfocate attorno a lui, solo che non riusciva a distinguere chi fossero. Harry si portò automaticamente la mano alla superficie del naso, e si accorse di non avere gli occhiali.
Dove si trovava? A giudicare dal mormorio eccitato, doveva essere in classe.
“Che succede?” chiese, dando voce ai suoi pensieri e notando quanto il timbro fosse roco.
“Sei stato male” rispose con un singhiozzo la voce di Frank.
“Sei svenuto.”
Qualcuno infilò sul per il naso di Harry gli occhiali con energia, permettendo a Harry di vederci più chiaramente.
Ora poteva distinguere i visi preoccupati rannicchiati su di lui: erano Frank, Louise, John, Richard e, davanti a tutti, Hermione, che gli sorrideva timidamente. Harry ricambiò l’occhiata senza però sorridere; sospettava che quella fosse l’ennesima mossa per convincerlo a darle il mantello.
Da quando Harry le aveva chiesto il motivo di quel prestito, Hermione aveva tentato in tutti i modi di avvicinarlo, evitando però di rispondere alle insistenze di Harry.
Il suo contributo l’aveva dato anche Neville che, nonostante la sua goffaggine, sembrava più deciso che mai a essere carino con lui e a convincerlo con ogni trucco possibile a donare loro il mantello.
I due, oltretutto, erano ben attenti a non far sentire i loro piani a Harry, poiché il ragazzo era parecchio interessato a quello che stavano visibilmente progettando per i corridoi o in biblioteca, dove Harry li incontrava di solito. Tuttavia una volta li sentì parlare di Piton, che  Harry era certo che avesse a che fare con la botola da ciò che aveva sentito distrattamente borbottare, ma non aveva mai capito quali fossero le loro intenzioni. Da quella volta, comunque, i due fecero più attenzione a non farsi scoprire da Harry, perché quando li incrociava interrompevano la loro conversazione e cercavano in tutti i modi di ottenere il mantello da lui. Allo stesso tempo, comunque, cercavano di evitare le domande di Harry, che era sempre più incuriosito da quello che confabulavano e voleva essere coinvolto: una motivazione in più era, ovviamente, quella di sapere che fine avrebbe fatto il suo mantello, ma anche con quell’espediente i due non lo accettarono.
Harry pensava a questo punto che per loro sarebbe stato meglio rinunciare, ma non demordevano e anzi, il ragazzo aveva cominciato  a vivere quella situazione come un pedinamento; avevano preso l'abitudine di seguirlo ovunque, facendo in modo però che quando li andasse a cercare lui non li trovasse; erano arrivati  quasi al punto di seguirlo fino al letto.
Per questo  Harry non sapeva cosa pensare di Hermione.
“F-forse d-dovresti a-andare in Inf-infermeria P-Potter!” consigliò Raptor, dividendo il gruppo dei suoi amici e guardandolo intensamente, quasi…preoccupato. Harry alzò lo sguardò verso il professore e fu solo in quel momento che capì quanto odio provasse nei suoi confronti.
Non era un odio giustificato: non aveva mai provato quel tipo di sentimenti per il professore prima. Era vero, rideva delle assurde imitazioni di Frank, ma non si era mai sognato di odiarlo.
Detestava semplicemente tutto di lui: da come quel gran turbante  gli avvolgesse la testa, a come teneva la salamandra fra le braccia, a quello sguardo che era tra il preoccupato e l’inorridito, come se stesse guardando un grosso scarafaggio schifoso.
“Sì, forse dovrei professore” assentì Harry, il cui desiderio era quello di allontanarsi il più possibile dall’aula. Come Raptor fece per tornare al suo posto diede le spalle agli studenti, e Harry notò che in quel momento Neville aveva sollevato lo sguardo sulla nuca del professore, e immediatamente si portò le dita sulla cicatrice, contorcendosi in un lamento silenzioso; subito Harry avvertì lo stesso bruciore alla fronte, come se fossero collegati telepaticamente.
Vide di sfuggita Hermione, accanto a lui, lanciare un’occhiata preoccupata a Neville e poi, con sorpresa, a Harry, che però cercò in ogni modo di nascondere il dolore.
Il bruciore, così com’era venuto, sparì, e Harry, spaventato, sentendosi gli sguardi di tutta la classe addosso , in particolare di Neville e Hermione che sembravano sbalorditi quanto lui, uscì dall’aula più in fretta che poté, sempre più confuso.
 
***
Nonostante l’episodio della cicatrice durante Difesa contro le Arti Oscure  – che a quanto pareva era stata notato soltanto da Harry, Neville e Hermione, perché Frank e Louise non davano segni di aver visto nulla se non che il loro amico fosse debole e fosse  svenuto, Harry vide il mese di ottobre volare via veloce come un manico di scopa e  si ritrovò presto in prossimità delle vacanze natalizie, senza sapere come convivere con i suoi dubbi.
Avrebbe voluto, in qualche modo, confessare le sue paure a  Frank e Louise, ma allo stesso tempo pensava che l’avrebbero preso per pazzo, esattamente come lo pensavano di Neville e Hermione.  
Perciò non sapeva se essere felice o meno il giorno in cui fece ritorno a Godric’s Hollow con i suoi genitori, che invece non vedevano l’ora che il loro figlio tornasse a casa.
Harry era sempre stato felice delle vacanze di Natale: ricordava come lui e suo padre si divertissero a giocare a Quidditch nel cortile fuori dal portico, a mangiare gli ottimi biscotti di Natale fatti in casa  e a trascorrere le vacanze con Frank, Sirius e il giorno di Natale con Louise, che veniva tutti gli anni a portare gli auguri.
Invece quel primo anno a Hogwarts l’aveva turbato più di quelli precedenti, che vedeva con invidia. Da quando era entrato in quella scuola, niente era stato come se l’era immaginato.
E ,come se non bastasse, i sogni tornarono alla ribalta di nuovo.
Stavolta, però, v’era qualcosa di diverso:
Harry si trovava davanti allo specchio, ma stavolta poteva toccarlo e lui vi era riflesso!
Gli mostrava comunque una versione migliore dell’Harry che era: gli occhi erano più lucenti, il volto più pulito e rilassato….e, proprio in mezzo alla fronte, vi era una sottile cicatrice lucente a forma di saetta.
L’Harry dello specchio restituì all’Harry in carne e ossa un sorriso tranquillo e rilassato, come se sapesse già tutto.
L’Harry reale, invece, era ancora più confuso.
Improvvisamente, l’Harry con la cicatrice scomparve, e al suo posto comparvero delle immagini.
Vide i visi di Hermione e di Neville che lo convincevano a dargli il mantello, se stesso che scopriva Hermione e Neville a confabulare contro Piton, e poi di nuovo il libro di Nicolas Flamel,  stavolta letto da Hermione, e poi lei, Harry e Neville che entravano nella botola, la pianta che imprigionava Hermione, una scacchiera con grandi pedine…
Uno strano viso, il viso più inquietante che Harry avesse mai visto.
Sembrava la nuca di una persona, ma come poteva essere? Il volto era lì, eppure….
L' Harry con la cicatrice apparì di nuovo, e gli sorrideva soddisfatto. Poi si portò la mano nella tasca della veste. Sembrò cercare qualcosa e tirò fuori una pietra rossa.
Harry non sapeva cosa  significasse quel gesto, finché non avvertì la tasca dei pantaloni del pigiama farsi pesante. Estrasse anche lui la pietra rossa. Non sapeva come poteva esserci riuscito…era semplicemente sbalordito.
Poi, un dolore venne alla fronte, si sentì come scorticare….la stessa cicatrice si stava formando sulla sua fronte…. Era come se stesse bruciando vivo….si piegò in due dal dolore, desiderando di morire lì, in quel momento, non importava come, purché finisse…
E si ritrovò il volto di Neville nello specchio, che lo stava guardando, gli stava sorridendo….

“Buon Natale, Harry!” lo svegliò una voce, la voce più melodiosa che Harry avesse mai sentito, la più bella di tutte: sua madre.
Aprì gli occhi: si sentiva salvo, e allo stesso tempo con una grande consapevolezza nel cuore. Tuttavia era contento che lei l’avesse svegliato, riportandolo vivo da quei sogni orribili.
Lily gli inforcò gli occhiali, e Harry poté così restituire il sorriso a sua madre, così felice di vederlo.
“Forza, andiamo Harry” disse lei, “Frank è già sveglio e ti sta aspettando per fare la colazione e spacchettare i regali.
Louise viene tra due ore, quindi sbrigati!”
Mentre si infilava le pantofole e seguiva sua madre al piano di sotto, Harry si sentì per un momento felice di tornare alla normalità, almeno finché  i ricordi, così vivi della nottata appena passata, tornarono in mente come un pranzo digerito male, e tentò di scacciare ogni pensiero malevolo in ogni modo. Era Natale, e l’unica cosa che doveva fare era rilassarsi e godersi la giornata e i regali.
Trovò Frank che mangiava l’ultimo biscotto – fatto ovviamente in casa da Lily- seduto davanti a una tazza vuota di the. Aveva l’espressione vacua, ma quando Harry entrò nella cucina s’illuminò, lasciò andare il biscotto nella tazza di the e gli venne incontro; tutto felice, tirò Harry per un braccio e lo portò nel salone, proprio sotto l’albero, nonostante Harry avesse l’aria il più lontano possibile dall’essere sveglia.
Il ragazzo quindi si ritrovò a scartare i regali molto prima che si rendesse conto in cosa consistessero: la famiglia Lupin gli aveva donato un grosso libro di incantesimi, i suoi genitori un mantello nero con sopra ricamati molti boccini d’oro e argento e, con sua grande sorpresa, Frank e Sirius una scacchiera dei maghi.
“Sarebbe ora che imparassi a giocare” gli fece Sirius.
“Se diventi bravo, puoi sfidare le altre Case e acquistare punti per la tua.”
Ma Harry non era rimasto sorpreso perché non vedeva l’ora di entrare a far parte del Club di scacchi del Grifondoro, bensì perché, una volta preso fra le mani, una veloce immagine gli passò per la mente, come un ricordo.
“Tu sai giocare?” chiese al padrino automaticamente, mentre nella sua testa vedeva tante pedine più grandi di lui che lo sfidavano a duello.
Una parte delle immagini che il se stesso con la cicatrice gli aveva mostrato quella notte.
Ma con sua grande delusione, Sirius scosse il capo.
“Non sono un gran giocatore” rispose. “A dire la verità, prima lo ero, ma…ho perso la stoffa, Harry!”
“Non importa” insisté determinato Harry, prendendo la scatola e posandoli sul tavolo, mentre prendeva posto accanto a Sirius con aria sicura. “Voglio che mi insegni.”
Frank lo guardava stupito, con la stessa identica espressione di suo padre, e sembrò in un primo momento quasi sconvolto da quell’improvvisa reazione di Harry; in effetti, il ragazzo stesso non aveva mai ricordato di voler giocare a scacchi dei maghi prima d’allora, ma stavolta era importante.
“Oh, beh…d’accordo!” fece Sirius, ammirato dall’ostinazione del figlioccio. “Tu non mi hai mai voluto insegnare!” borbottò simpaticamente Frank , sedendosi e assistendo alle loro sfide.
Harry e Sirius giocarono per tutta la mattina fino all’arrivo di Louise e di Remus, che prese il posto di Sirius come sfidante.
Anche Louise tentò di giocare – Remus era molto meglio di Sirius, e lo zio aveva avuto cura di insegnarle questo gioco- e batté Harry in due partite su tre.  Harry ne uscì abbastanza scoraggiato:  Sirius aveva vinto tutte le partite, Remus aveva vinto le sue e quelle contro Louise….insomma, Harry non aveva proprio la stoffa del giocatore.
Eppure doveva imparare. Sapeva, in qualche modo, che gli scacchi dipendevano da quella pietra rossa del sogno…e doveva essere così, ovviamente, poiché l’Harry con la cicatrice aveva mostrato la pietra correlata a tutte quelle immagini…. E quindi, di conseguenza, Hermione e Neville cercavano la pietra rossa, aveva capito bene?
Quei pensieri lo tormentarono tutto il giorno, facendolo diventare più taciturno e chiuso che mai. Non avrebbe mai smesso di ammirare le fiamme del camino, ma allo stesso tempo odiava i borbottii di Frank e Louise che s’interrompevano ogni qual volta Harry si girava nella loro direzione!
“Harry” disse Frank a un certo punto con tono timido. “Ti possiamo parlare un secondo? Magari….in camera tua?”
Harry si guardò le spalle, chiedendosi di cosa mai dovessero parlare di tanto segreto. “Certo” disse però e li seguì al piano di sopra.
Frank aprì la porta e si sedette sul letto con noncuranza, ma Harry non ci badò; del resto lo faceva da dodici anni, e non era il caso di riprenderlo adesso.
Louise, nervosa, si sedette accanto a Frank.
“Allora?” chiese Harry, non rassicurato dallo scambio di sguardi di Frank e Louise. “Cosa dovevate dirmi?”
Louise fece un sospiro. “Harry, pensi che non l’abbiamo notato?”
“Notato?” fece Harry, senza capire. “Notato cosa?”
“Beh…pensavamo…” fece Frank, indugiando. “E’ da un po’ che tu….insomma….non stai molto bene. E….stai spesso con Neville e Hermione Granger…cosa vogliono da te? “
“Ti sta usando, Harry? Ti sta convincendo a fare qualcosa che non va?
Sono, insomma, mesi che non dormi o ti svegli durante la notte.
Pensavamo che fosse tutto collegato.”
Con il ti sta usando Harry, Harry capì che Louise doveva riferirsi in special modo a Hermione.
Avrebbe riso, in un altro momento, ma in quel momento l’intera situazione gli infondeva una grande tristezza e capì che era arrivato il momento di dire loro il motivo di quei tormenti. Niente più segreti, nonostante i rischi che comprendevano.
“Le cose non sono collegate. È vero, è un periodo che Hermione Granger  e Neville mi pedinano…”
“Lo vedi Frank? Lo vedi? Lo sapevo! Ci avrei scommesso tutto l’oro….” Sbraitò Louise, che faceva su e giù dal letto, eccitata.
“Ma no, non c’entra nulla. E comunque, solo di recente Hermione e Neville mi parlano, ma è semplicemente perché vogliono il mantello dell’invisibilità da me.” Rispose Harry con semplicità.
Frank e Louise si guardarono di stucco. “Il mantello….? Ma non l’aveva tuo padre?” osservò Louise, sorpresa.
Harry donò loro un sorriso soddisfatto, il primo in quegli ultimi giorni.
“No…è ereditario.”
“Posso vederlo?” chiese Frank con tono avaro. Harry si precipitò al baule (aveva lasciato lì il mantello in modo che non se lo scordasse al suo ritorno a Hogwarts) e lo mostrò ai due amici, a cui sfuggì un ‘ooooo’ di  meraviglia.
“Tuttavia non è di questo che vi volevo parlare. È… il motivo è un altro!”
Nonostante l’attenzione di Louise e Frank fosse focalizzata ancora sul mantello dell’invisibilità, lasciato cadere candidamente a terra, i loro volti fecero lo sforzo di tornare su Harry.
Questo fece un bel respiro e cominciò a raccontare loro tutto dall’inizio: dalla prima notte ai sogni più strani alla continua insonnia (evitando di parlare di Ron a Frank e Louise).
Si bloccò a raccontare del sogno che lo tormentava da giorni, ma con un po’ di sforzò fece anche quello.
Alla fine, Harry si chiese se avesse confessato il tutto in modo sbagliato, o se l’insieme di eventi risultasse comunque assurdo, perché Frank  rise; una risata pura, allegra e genuina che fece ribollire il sangue nelle vene al poveretto; il ragazzo si sentiva ridicolo e impotente. Sapeva di non aver detto forse delle cose credibili, ma sperava che almeno i suoi amici gli fossero stati accanto, soprattutto dopo aver visto Louise lasciarsi andare a degli sghignazzamenti.
“Bella storia, Harry!” disse Frank, fra una risata e l’altra. “Davvero davvero divertente…raccontamene un’altra ti prego….”
“Non mi credi?” ringhiò Harry, ferito.
Rivolse la sua attenzione a Louise per trovare
un po’ di supporto, anche se lei, come Frank, non seppe darglielo. Era sollevato, comunque,  che non stesse ridendo nel modo sguaiato dell’amico; le sue labbra si erano contenute in una linea sottile.
“Beh, ammetti che è strano….insomma…..sognare te addirittura con la cicatrice….” Tentennò dubbiosa lei.
Frank rise ancora più forte. “Ti immagini Harry prescelto?”
Questo era il colmo per Harry: si sentì come mai prima d’ora, con una nuova energia nel corpo, quasi ribelle, come se una belva si fosse risvegliata in lui.
“Benissimo” affermò lui, cercando rimanere calmo.
“Io sto male, ho dei problemi, sogno queste cose strane… e voi ridete! Stupendo, perfetto! Ora so con chi devo parlare…”
Louise cambiò subito espressione ma non ci fu modo di fermare Harry: se i suoi amici non potevano dargli il sostegno morale che cercava, allora l’avrebbe trovato altrove, esattamente dove ce n’era bisogno.



OHIIII SONO IOOO SALVE... ALLORA VOLEVO RINGRAZIARE ANCHE MARTY_ CHICK_ 99 PER AVER MESSO LA STORIA FRA LE PREFERITE, SEGUITE E RICORDATE E ANCHE A TUTTI GLI ALTRI CHE STANNO LEGGENDO LA STORIA E L'HANNO RECENSITA... HO APPENA FINITO DI TRASCRIVERE IL CAPITOLO E L'HO PUBBLICATO FRESCO FRESCO... L'UNICA COSA E' CHE NON HO CORRETTO MOLTO GLI ERRORI, QUINDI SE CI SONO PUNTI CHE NON VI SONO CHIARI O CHE NELLA STORIA (NON BADATE A QUELLI DI GRAMMATICA, SONO LE 3 DI NOTTE E A QUEST'ORA IL CERVELLO E' FUSO...) MANDATEMI UNA RECENSIONE ( O MANDATEMELA COMUNUNQUE SE VE LA SENTITE...) UN BACIONE :) TORNERO' PRESTO CON UN ALTRO CAPITOLO, QUESTA PRIMA STORIA STA GIUNGENDO ALLA FINE... :D P.S NON SO SE CAMBIARE IL TITOLO DEL CAPITOLO CON PRESCELTO, ME LO POTETE DIRE PER FAVORE SE E' MIGLIORE? GRAZIE :D

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Capitolo 8
*** Sussurri Oltre La Soglia ***


Capitolo 7
 
SUSSURRI OLTRE LA SOGLIA
 
 
Harry rientrò a scuola con la speranza che Neville avesse ricevuto la lettera.
Tuttavia non ebbe modo di parlare con lui né con Hermione, poiché Frank e Louise sembravano trascinarlo ovunque e lo ricoprivano di complimenti come se volessero scusarsi con lui per non averlo preso sul serio. Harry però non li aveva perdonati; anzi era sempre più arrabbiato con loro. Sicuramente se volevano scusarsi, quella non era la maniera adatta.  Erano diventati peggiori di Neville e Hermione prima delle vacanze!
Una mattina di un mercoledì, quando si ritrovò da solo in sala grande, fu Neville a comparire e a sedersi accanto a lui con aria furtiva.
“Se ti stai chiedendo se ho ricevuto il tuo gufo durante le vacanze sì, l’ho fatto e ho già informato Hermione. Ma non ho potuto risponderti perché mia nonna fa storie con la posta” riferì sbrigativo, prima che Harry potesse fare qualsiasi domanda.
“Bene” sospirò sollevato il ragazzo. “E tu personalmente cosa ne pensi?”
Neville strinse le labbra e posò gli occhi su di lui, studiandolo.
“Non lo so. E’ strano quello che hai sognato. Tu sei strano, Harry Potter” rispose e  Harry non capì se era ironico o meno.
 “Ne parliamo in biblioteca dopo le lezioni, va bene? C’è anche Hermione” aggiunse Neville e, ancora prima che Harry potesse accorgersene,  si era materializzato in piedi al fianco di Ron Weasley, che si stava  dirigendo fuori dalla Sala Grande per andare a lezione.
Harry non ci mise molto a capire il perché: Louise e Frank avevano fatto il loro ingresso, lo sguardo indagatore che andava fino al tavolo degli insegnanti alla ricerca di lui, Harry.
Provando un desiderio selvaggio di scappare – perché non si era unito a Neville e Ron per andare a lezione? – si alzò dal tavolo senza aver finito di mangiare e cercò di confondersi fra la moltitudine di divise nere e cappelli a punta.
Mentre tentava di nascondersi dietro la schiena di qualche studente più grande, Harry ripensò all’idea di non  riuscire a perdonare Frank e Louise.  Per qualche strana ragione, sentiva di essersela presa più del dovuto.
No, forse non più del dovuto….però, insomma, erano solo sogni, no?  Tuttavia erano sogni importanti. Si chiese perché due amici come Frank e Louise non gli avessero creduto al contrario di persone come Neville o Hermione – e lei, ammise a se stesso, era molto simile a Louise- che invece sembravano farlo abbastanza da organizzare un incontro in biblioteca!
“Harry, dove vai?” chiese il tono indagatorio di Louise, e il ragazzo capì di non essere riuscito a scappare inosservato.
“Io... andavo a finire il tema per Piton!” mentì, sbrigativo.
Frank lo guardò sbalordito; che sospettasse che la sua bugia fosse bell’e buona?
“Ma è per lunedì prossimo!” esclamò il ragazzo.
Harry sentì le guance calde e sperò con tutto il cuore di non essere arrossito.
“Già, ma è sempre meglio tenersi al passo, no?” disse velocemente, e fece per uscire dall’aula, quando il viso di Louise s’illuminò.
“Benissimo, Harry, ti aiuto io!” si propose allegra lei.
Harry seppe solo allora di aver usato la scusa sbagliata: Louise non perdeva occasione di sfoggiare le sue capacità, e questa era una di quelle.
 
Quel pomeriggio, subito dopo l’ora di Trasfigurazione con i tassorosso, Harry si unì a Neville, dopo aver rifiutato l’invito di Frank di andare ad assistere gli allenamenti di Quidditch del Grifondoro, con la scusa di una ricerca da fare per il giorno dopo.
Mentre percorrevano il terzo piano per raggiungere la biblioteca, Harry sentì delle voci provenire da una delle aule vuote del piano. Incuriosito, s’avvicinò alla porta.
“Cosa fai?” urlò quasi Neville, ma Harry lo zittì  e Neville arrossì dalla vergogna prima di appiattirsi contro la porta di legno per mettersi in ascolto.
Il cuore di Harry prese a battere forte, mentre  riconosceva sempre di più quella voce….Era…. Raptor?
“Mio….Mio signore….è quasi pronta” disse Raptor, con un tono di devozione che Harry non avrebbe mai creduto gli appartenesse; con chi stava parlando?
Come lui, anche Neville sembrava tentare di capire.
Non c’è più tempo. dobbiamo agire domani sera, Raptor.
Se non adempierai il compito come si deve, sai cosa ti aspetta…”
Il sangue di Harry si gelò nelle vene nell’udire quel suono così innaturale; quella voce era serpeggiante, simile a un sussurro malefico. Cosa stava facendo Raptor e soprattutto con chi stava parlando?
Fu solo in quel momento che Harry sentì un grosso bruciore alla fronte, lo stesso che aveva avuto in aula  nell’attimo in cui l’aveva avuto Neville.… e  notò Neville  che si teneva la mano sulla cicatrice; Harry capì che si tratteneva dall’ urlare, e che il dolore era troppo forte, troppo intenso…esattamente come il suo.
“Che cosa?” chiese confuso a Harry, ma prima che questo potesse rispondere, qualcuno li scansò da un lato e una figura vestita di nero entrò nella stanza, gridando: “Ficcanasi, levatevi di torno!”
Era Piton, ma ancor prima che Neville o Harry potessero rendersene conto, il professore era già sparito dentro la stanza e il dolore così com’era venuto sparì.
I due ragazzi, con un cenno del capo, si rimisero in ascolto, ma non sentirono più nulla.
Con la paura che qualcun altro potesse sentirli o che Piton potesse riaffacciarsi, pensarono fosse meglio raggiungere Hermione in biblioteca. Entrambi decisero, di comune accordo, di non raccontare il particolare della cicatrice a Hermione, perché lei si sarebbe preoccupata troppo;
neanche Neville , in ogni caso, sembrava volerne parlare.
Il fatto che Harry provasse lo stesso dolore del compagno sembrava troppo assurdo da realizzare.
 Quando arrivarono, la ragazzina aveva l’aria di aver ingannato il tempo dell’attesa immergendosi nella lettura di qualche grosso libro ; se questa non avesse sporto la testa dal cumulo, con molta probabilità Harry sarebbe passato oltre senza vederla.
“Siete in ritardo” osservò, infastidita.
“Lo so” disse Neville, sedendosi davanti a lei o, meglio, davanti al muro di libri che la circondava.
“Ma non puoi capire cosa abbiamo sentito venendo qui….”
Neville –aiutato da Harry- raccontò tutto quello che era successo prima del loro arrivo, saltando il piccolo dettaglio della cicatrice.
Al termine del racconto, Hermione guardò entrambi con un’aria piuttosto preoccupata.
“Quindi voi credete che Piton e Raptor stiano collaborando?” chiese lei, infine, colpita.
“Non ne ho idea” rispose Harry, con un sospiro.  La voce sibillina risuonava ancora nella sue orecchie in modo inquietante.
“So solo che è strano. Insomma, Raptor che parla da solo, piuttosto insolito non vi pare? Secondo me è lui che progetta qualcosa con Voldemort magari, e Piton aveva tutta l’aria di volerlo fermare.”
Neville e Hermione si soffermarono sul suo viso per qualche secondo, probabilmente valutando la sua ipotesi.
“O magari la vogliono entrambi” suggerì Neville, con un po’ di eccitazione nella voce; il suo sguardo andava da Hermione a Harry, in cerca di approvazione.
“Potrebbe essere che tutti e due desiderino la pietra, e cercano di fermarsi a vicenda prima che uno dei due la ottenga.”
“E quella voce serpentesca?” chiese Harry, confuso.
“Problemi di personalità?” abbozzò Neville arrossendo leggermente.
Hermione lo guardò dubbiosa, così fece Harry.
Non era una teoria da scartare, ma sentiva che non era la pista giusta.
“ Forse. Piuttosto,” aggiunse minacciosa Hermione, stavolta rivolta a Harry. “Come facciamo a sapere che i tuoi sogni sono reali?”
Harry fece spallucce. “Beh, semplice, non avete scelta; e comunque, come facevo a sapere del vostro piano se voi avete fatto in modo che io non lo sentissi? Ad ogni modo, se non mi credi, puoi provare a cercare in qualche libro chi è Nicolas Flamel, è nel mio sogno sai?” suggerì in tono di sfida.
Ripensando a ciò che aveva detto ebbe l'impressione che quella frase non fosse uscita dalla sua bocca, ma piuttosto da quella dell’altro Harry, quello dello specchio.
Neville e Hermione si guardarono l’un l’altro, spiazzati.
Harry capì da quello scambio di occhiate che non sapevano di chi stesse parlando.
In preda alla curiosità e ai dubbi, Hermione cominciò a cercare in tutti i libri l’identità di Nicolas Flamel e, anche se  Neville e Harry diedero il loro contributo, Madama Pince, la bibliotecaria, li cacciò via all’orario di chiusura e se ne andarono a mani vuote. Harry aveva detto loro che dopotutto non importava sapere chi fosse quel mago, perché Raptor aveva intenzione di agire l’indomani sera, e avrebbero dovuto organizzare un piano; ma Hermione era irremovibile.
“Vediamoci comunque domani, è impossibile che in una scuola del genere non ci sia scritto nulla riguardo quest’uomo! Potrebbe essere la chiave di tutto, ragazzi!" si lagnò, prima di separarsi.
“ Non le capita mai che la sua biblioteca la tradisca in questo modo. Sai, che non ci sia quello che sta cercando. Sta solo controllando che tu dica la verità. Sai, è cresciuta fra i babbani”  rassicurò Neville a Harry, mentre si dirigevano alla torre di grifondoro. “Ma ti crede. Lo so che ti crede.”
 
Quella sera, Harry non riusciva proprio a dormire.
E a quanto pare, non ci riusciva neanche Ron.
Erano rimasti solo loro due nella sala comune; Harry non si era quasi accorto della sua presenza perché era troppo assorto nei ricordi di quel pomeriggio.
Fu solo quando Ron si alzò dal tavolo per andare a dormire che Harry si voltò verso di lui, e quando i loro sguardi si incrociarono, gli venne improvvisamente un’idea.
“Ron” gli chiese, “Stai andando a letto?”
“E a te che importa?” sbottò acido l’altro, l’espressione corrugata sul volto.
Harry si alzò e gli venne incontro, senza sapere veramente quello che stava facendo.
“Beh, sai, “ esitò  “mi aspettavo che tu, insomma….mi serve che mi insegni a giocare a scacchi dei maghi.”
Ron sbarrò gli occhi, attonito. Harry immaginò cosa stava pensando: l’unica volta che lui aveva giocato con Ron a scacchi magici non aveva mostrato un grande interesse.
“E perché lo vorresti?” chiese Ron, sempre dubbioso.
“Perché voglio sfidare un mio amico a scacchi,” inventò Harry sbrigativo, “e devo assolutamente imparare a farlo bene. “
Ron gli lanciò un’ altra occhiata scettica.
 “Sarà per un’altra volta, ora devo andare…”  rispose evasivo, e fece per incamminarsi verso la scalinata del dormitorio maschile.
“E’ una questione di vita o di morte!” insisté Harry, con la voce più alta di un’ottava, pestando un piede a terra.
Ron si voltò lentamente verso di lui, sorpreso; in quell’istante, Harry sperò fortemente che accettasse.
“E’ una sfida molto importante?” chiese il compagno, inarcando il sopracciglio, sempre il tono scettico.
“Importantissima” rispose Harry, sicuro. “E’ domani sera.”
Ron fece un sospiro e continuò a fissare Harry con cipiglio indagatorio. La diffidenza della famiglia Weasley per quella Potter era stata appresa anche dai suoi figli, constatò Harry con tristezza. Sapeva che cosa pensava di lui, ma Ron era il miglior giocatore di scacchi magici che conoscesse ed era la sua unica speranza.
“Sicuro che non mi prendi in giro?” chiese Ron, e stavolta il tono indagatorio e scettico vacillò.
“Sicurissimo” rispose Harry, controllato e deciso.
Vide Ron sospirare di nuovo e avvicinarsi di qualche passo a lui. “E va bene!” si arrese.
Fu così che Harry si ritrovò seduto al tavolo con Ron Weasley a giocare a scacchi magici.
Forse non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma Ron era veramente forte a scacchi, e Harry era deciso a imparare il più possibile da lui finché non fosse diventato bravissimo.
Smisero solo quando Harry non si sentì  abbastanza sicuro, ed erano le cinque del mattino.
Ron non aveva fatto altro che sbadigliare tutto il tempo, vincendo partite su partite. Harry era più che convinto che gli avesse concesso la vittoria dell'ultima.
“Basta, Harry, abbiamo giocato abbastanza direi” disse il compagni con un grande sbadiglio, e con questo Harry capì che era arrivata ora di smettere.
Per un folle momento, mentre Ron riordinava le pedine, pensò di coinvolgerlo nell’intero piano, ma poi allontanò l’idea.
“Grazie” disse improvvisamente, quando Ron stava chiudendo la scatola degli scacchi e si stava alzando dal tavolo. Il ragazzo si fermò a guardarlo, sorpreso ancora una volta.
“Scusa?” chiese, fingendo di non aver sentito.
“Grazie per aver avuto pazienza con me. E, Ron, non credo che dovremmo essere nemici solo perchè i nostri genitori si stanno antipatici ” aggiunse Harry, lasciando Ron ancora più attonito.
“Credimi, se fossi stato al posto loro, sarei stato dalla vostra parte”  continuò, e si sentì più libero ora che gliel’aveva rivelato.
Il volto di Ron sembrò addolcirsi per un momento, ma poi tornò rigido come prima; sembrava indeciso su cosa pensare, ed evidentemente non si sarebbe mai aspettato che Harry potesse dirgli una cosa del genere.
“Figurati” fu tutto quello che disse, e si avviò velocemente verso la gradinata che portava al dormitorio maschile.
 
 ECCOCI DI NUOVO QUIIIII CHE DIRE DI QUESTO CAPITOLO?? CI STIAMO AVVICINANDO LENTAMENTE VERSO LA FINE, EH SI...ORA MI TOCCA TRASCRIVERE L'8, IL 9 E IL 10 E POI DOPO UNA PAUSA ATTACCHERO' CON LA SECONDA STORIA DI 'CICATRICE'. SPERO CHE QUESTO CAPITOLO VI SIA PIACIUTO E CHE SIA CHIARO E COMPRENSIBILE. LINS E MARTY_CHICK_ 99 AVETE VISTO? ALLA FINE RON E' COMPARSO! GUARDA CASO ME L'AVEVATE CHIESTO PROPRIO QUANDO DOVEVA COMPARIRE... DEL TIPO PARLI DEL DIAVOLO E SPUNTANO LE CORNA AHAHAH :) COMUNQUE SIA, VEDRETE CHE RON SARA' SEMPRE PIU' PRESENTE...
GRAZIE A LUNADISTRUGGI PER LA RECENSIONE, SEMPRE FEDELISSIMA ANCHE TU E GRAZIE E UN BACIONE A TUTTI COLORO CHE SEGUONO, RICORDANO E PREFERISCONO QUESTA STORIA!
SPERO CHE IL CAPITOLO SIA COMPRENSIBILE, L'HO RILETTO E CORRETTO ALMENO 10 VOLTE, MA SAPETE IO MI FACCIO I MEGAPIPPONI PENTALI CHE NON SIA MAI ABBASTANZA.... BEH CHE DIRE :) AL PROSSIMO CAPITOLO!

 

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Capitolo 9
*** Nicolas Flamel ***


Capitolo 8
 
NICOLAS FLAMEL
 
 
Giovedì all’ora di pranzo, giunto in sala grande, Harry decise di passare accanto al tavolo dei corvonero per chiedere a Hermione  quando avrebbero dovuto incontrarsi quel pomeriggio.
Harry continuava pensare che la ricerca su Flamel  fosse una perdita di tempo, ma non aveva avuto il coraggio di sottrarsi al volere di Hermione.
Mentre s’affacciava al tavolo dei corvonero, vide Louise immersa nella lettura di qualche strano libro. Doveva ammetterlo, era ancora arrabbiato con lei, ma qualcosa dentro di lui gli disse di fermarsi. E poi notò che Hermione non era ancora arrivata in sala grande, e lo constatò guardando tutta la tavolata.
“Ciao Harry!” salutò Louise, che aveva da sempre avuto la capacità di vedere cosa succedeva intorno a lei oltre le pagine dei libri.
“Ciao Louise!” salutò di rimando Harry, cercando di non apparire contrariato come il solito. “Perché non ti siedi un momento? Frank non è ancora tornato dalla lezione di incantesimi, il professor Vitious gli sta spiegando gli errori del suo tema di Incantesimi.” gli propose lei.
Non vedendo altra scelta, il giovane fece come suggerito. Ora ebbe modo di studiare meglio l’oggetto che la ragazza aveva fra le mani: era un grosso libro dall’aria piuttosto vecchia, con una larga copertina rigida di colore rosso e le pagine ingiallite.; non riusciva però a leggerne il titolo. “Di cosa tratta?” domandò, incuriosito.
La giovane strega esibì un mezzo sorriso saccente e soddisfatto, di quelli mostrava quando  sapeva di aver trovato una cosa introvabile di cui gli altri non sarebbero mai venuti a conoscenza.
“Oh, beh, è un libro interessantissimo, ovviamente” spiegò col suo tono da sapientona.
“Parla di come si forma l’elisir di lunga vita!”
Improvvisamente, qualcosa suonò nella testa di Harry come un campanello, mettendolo in allerta. L’elisir di lunga vita… dove aveva sentito quel nome?
“Che cosa?” domandò, con il tono di qualcuno che si sveglia solo in quel momento.
Louise sospirò, spazientita. “Oh, Harry, la pietra filosofale! È un mito famosissimo! Possibile che tu non ne abbia mai sentito parlare?”
Harry fissò gli occhi azzurro acqua marina di Louise, e lei arrossì un poco, ma il ragazzo non la stava guardando davvero: piuttosto, aveva capito come doveva agire.
“Louise….non è che me lo potresti prestare? E’, sai, per una ricerca…” tentennò Harry.
“Oh, ma quante ricerche ti danno i professori? Sono giorni che non combini nient’altro!” sbottò Louise, e i suoi occhi s’abbassarono in modo nostalgico sul libro sulle sue ginocchia.
“No, beh, ehm…” balbettò Harry, pensando a qualche altra scusa da usare, anche se  per sua disgrazia non glie ne veniva in mente neanche una. “Cioè, io….”
“Oh, ma che importa?” fece Louise senza starlo a sentire e, un po’ rossa in viso, gli porse il grosso libro.
“Prendilo, su!” lo esortò.
“Sei sicura?” indugiò l’altro .
Louise per tutta risposta gli lanciò un’occhiata determinata.
 “Certo. Noi siamo amici” rispose, seria.
Poi il suo sguardo si spostò oltre Harry, e sembrò rabbuiarsi velocemente.
Anche Harry sentì dei passi camminare veloci dietro di lui, e si voltò per vedere chi fosse.
Non che dovesse chiederselo, ovviamente: era Hermione, che molto probabilmente aveva assistito alla scena; sbagliava, o riusciva a intravedere nel suo viso un sorrisetto soddisfatto?
Harry non poté fare a meno di ricambiarlo allo stesso modo, facendo attenzione a non farsi vedere da Louise.
“Di sicuro a lei non lo presto” osservò questa, acida, anche lei troppo occupata a guardare malevolmente la sua rivale scolastica per occuparsi dei sorrisi latenti di Harry.
Al ragazzo sfuggì una risatina; era incredibile quanto due persone così simili si stessero così antipatiche e  doveva ammettere di trovare la situazione piuttosto divertente.
“Non credo che ne abbia bisogno” constatò, mentre Hermione lo guardava allegra nell’attimo in cui Louise si era voltata dall’altra parte.
 
                                                                            
                                                                                  *
 
“D’accordo” sentenziò Hermione, chiudendo il grosso librone che Harry le aveva portato.
“Nicolas Flamel esiste, è l’inventore della pietra filosofale. Ora credo ai tuoi sogni premonitori”. Tuttavia sembrava un po’ delusa. “Purtroppo, non c’è scritto da nessuna parte come distruggere la pietra, o entrarne in possesso….”
“Forse per liberarsene devi solo pestarla con i piedi finché non si disintegra!” suggerì Neville, ottenendo in risposta solo un’occhiataccia da parte di Hermione.
Lei, Harry e Neville si trovavano di nuovo in biblioteca, dove dovevano sussurrare tutto il tempo. Ad ogni modo, oltre che a essere il regno di Hermione, era stato scelto dai tre perché pensavano fosse più sicuro da orecchie indiscrete.
“Avevi dubbi?” la stuzzicò ancora Neville e guardando Harry ammirato. Dal modo in cui leggeva nei suoi occhi, Harry non poté fare a meno di chiedersi se Neville sapesse molto di più di quanto osasse ammettere.
“Ricapitolando” disse Hermione, risvegliando Harry dai suoi pensieri e dandole completa attenzione, mentre la ragazza prendeva carta, piuma e inchiostro, “mi piacerebbe scrivere quello che hai visto nelle tue….visioni. Cos’hai sognato, Harry, in ordine?”
“Una pianta squamosa, una scacchiera, uno specchio, un volto strano” elencò, mentre sentiva degli insoliti brividi strisciare lungo la spina dorsale nel pronunciare l’ultima cosa che aveva visto.
“Un volto strano…che potrebbe essere Raptor o Piton…..” suggerì Hermione, mentre finiva di appuntare.
“No,” rispose Harry e sentì che gli si erano gelate tutte le ossa mentre ne parlava, “assolutamente.  Era come se fosse impiantato dietro il cranio di qualcuno….”
“Ma certo!” se ne uscì Neville urlando, facendo saltare il ragazzo sul posto; molti ragazzi nei tavoli a fianco gli rivolsero uno sguardo interrogativo, e Neville si beccò un'altra occhiataccia da Hermione.
“Harry, ma non ci arrivi?” riprese Neville, abbassando il tono della voce.
“Arrivare a cosa?” chiese Harry, cercando l’appoggio di Hermione che però sembrava confusa quanto lui.
“Harry” fece Neville, e avvicinò il volto ai due, in modo che anche Hermione, seduta davanti a loro, potesse sentirli, “secondo te, perché Raptor si mette il turbante?”
Harry ci ragionò un secondo, e capì cosa intendeva Neville.
“Ma è ovvio. Ieri l’abbiamo sentito parlare da solo, e non poteva essere Piton, quindi…”
“…era  Tu-Sai-Chi dietro la testa di Raptor?” completò Hermione, scettica. “Semplicemente assurdo.”
“No, non lo è” osservò Harry, ripensando a quello cui avevano assistito il pomeriggio precedente. “Neville ha ragione. Tu non l’hai sentito, Hermione. Non hai sentito la voce serpentesca che parlava con Raptor….Era ovvio che doveva esserci un’altra persona, in quella stanza!”
Hermione strinse le labbra e guardò da lui a Neville valutando l’ipotesi, ma non disse nulla per controbattere.
“Bene, allora abbiamo la prova che Raptor lavora per Tu-Sai-Chi. Ma Piton?” ricordò lei.
Harry si fermò a pensare qualche secondo, scambiandosi occhiate con Neville, che però non osò esprimersi.
“Piton o aiuta o è contro Raptor” disse alla fine Harry, non riuscendo a capire neanche lui che ruolo avesse il professore in quella faccenda. “Non penso che a noi interessi, comunque”.
“Sì,” assentì Neville, “è di Raptor  di cui dobbiamo preoccuparci.”
Hermione annuì; nei suoi occhi Harry lesse una certa sicurezza, forse un piano.
“Quando agirà?” domandò la ragazza.
“Stasera” rispose Harry, fissando Hermione.


CI AVVICINAIMO ALLA FINE.... MI RENDO CONTO CHE FORSE IN QUESTO CAPITOLO NON C'E' MOLTA AZIONE, MA ERA NECESSARIO PRIMA DELLO SCONTRO FINALE... INFATTI PENSAVO DI INTITOLARLO ANCHE "PRIMA DELL'AZIONE" O "REALIZZAZIONI" , "CONGETTURE" O "IL LIBRO DI LOUISE" MA POI HO SCELTO QUESTO PERCHE' MI SEMBRAVA PIU' ADATTO ^^
SPERO CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA IN OGNI CASO ^^ GRAZIE ANCORA A TUTTE VOI PER LE VOSTRE FEDELISSIME RECENSIONI (ORMAI SE NON LE TROVO MI MANCA QUALCOSA!) E SPERO DI AVERVI SODDISFATTO ANCORA UNA VOLTA.... -2 CAPITOLI ALLA FINE! ALLA PROSSIMA (CHE, CON QUESTO RITMO, ARRIVERA' MOLTO PRESTO!) AVERYN

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Capitolo 10
*** La Botola ***


Capitolo  9
 
LA BOTOLA
 
Così quella sera Harry, a mezzanotte, sfilò da sotto il cuscino il mantello dell’invisibilità e, insieme a Neville –che l’attedeva nella sala comune, piuttosto agitato, uscirono dal buco del ritratto e trovarono Hermione, che sembrava nervosa quanto Neville.
Harry si chiese il motivo per cui fosse l’unico a rimanere calmo.
Una volta indossato il mantello, i tre ragazzi si avventurarono per i corridoi della scuola sperando di non incappare in nessun incidente.
Per evitare cattivi incontri, Harry portò loro nel passaggio attraverso lo stendardo che lui e Neville avevano usato per raggiungere Hermione nella sala trofei.
Strano a pensarci, ma aveva la sensazione che fosse successo un secolo prima, e non solo qualche mese addietro.
“Oh, Harry, è tutto buio qui!” si lamentò Hermione, mentre attraversavano la stanza.
“Vediamo di fare un po’ di luce…Lumos!” sussurrò, ma nel momento in cui la ragazza ebbe pronunciato l’incantesimo, Harry sentì un piede incappare nel suo e l’urlo di Neville che precipitava a terra, portando con sé anche il mantello e sfilandolo agli altri.
“Bene bene bene, che cosa abbiamo qui?” disse una voce malevola alle loro spalle, una che  conoscevano bene.
“Potter, Paciock e Granger? Che ci fate a quest’ora di notte in piedi?”
I tre ragazzi si guardarono l’un l’altro e Harry capì dai loro volti che provavano lo stesso misto di paura e di stupore che sentiva lui in quel momento. Harry si chinò a raccogliere lentamente il mantello e se lo mise in fretta in tasca, prima che Malfoy potesse vederlo.
Ma il ragazzo fece una sonora risata come incontrò i loro sguardi pieni d’odio; tra i tanti pericoli, anche quell’idiota di Malfoy doveva mettersi fra i piedi!
“E’ inutile che nascondi quello, Potter! L’ho visto, sai? Il tuo prezioso mantello…scommetto che hai lanciato su di esso un incantesimo dell’invisibilità….ma tanto non funziona, Potter, io sono riuscito a scoprirvi lo stesso!” informò quest’ultimo.
“Già Malfoy, come hai fatto a scoprire il nostro piano?” domandò Neville, alzandosi e pulendosi i vestiti dalla polvere.
Malfoy fece una smorfia di soddisfazione e vittoria. “E’ stato facile, vi ho sentiti in  biblioteca, e so tutto sui vostri giretti per la scuola e le scuse che usate per le vostre scampagnate! La pietra filosofale, puah! Roba da bambini! Ma tanto adesso la finirete, perché ho detto a Gazza che siete in giro per la scuola, e sta venendo giusto a prendervi!”
“Che piano geniale, Malfoy, sono colpita, davvero” disse Hermione, anche se pronunciava le parole a fatica. Harry vide colorarsi un tantino le sue gote, ma forse era solo la luce della bacchetta a dare quest’effetto.
“E ci hai seguito? Non è che è un danno, per te, Malfoy? Potresti essere messo in punizione anche tu!” osservò Harry, quasi incuriosito.
Malfoy mantenne la sua espressione furba. “Assolutamente no, io dovrei essere a letto” disse lentamente, lo sguardo fisso su Harry. “Ma ci tornerò con il tuo mantello dell’invisibilità!”
Harry e Neville si lanciarono un’occhiata; Neville aveva già capito tutto.
“Oh, molto bene, Draco, geniale, devo ammetterlo!” fece Harry con un finto tono adulatorio.
“ E visto che sei così bravo a seguirci, vediamo se riesci a farlo adesso!” e, afferrato il braccio di Hermione che sembrava essere rimasta impietrita a guardare Malfoy e  trascinatala sotto il mantello, i tre ragazzi scomparvero e presero a correre.
Tuttavia Neville sbatté contro un mobile, e quindi fu facile per Malfoy seguirli dall’altra parte della stanza, oltre la quale si accedeva al terzo piano.
Harry, Neville e Hermione riuscirono comunque a distanziarsi suffcientemente da affiancarsi a un’armatura e a rimanere l’  in silenzio, mentre udivano dei passi nel corridoio e lasciavano quindi Malfoy ai suoi guai.  Questo aveva contorto il viso in un’espressione spaventata, come se non sapesse dove si trovava, o se lo sapeva non aveva per nulla l’aria di chi era arrivato nel posto che si aspettava.
“Malfoy!” tuonò una voce autoritaria.
“E’ la McGrannitt!” rivelò loro Hermione in un bisbiglio impercettibile.
La strega aveva ragione: la vicepreside, nonché Direttrice della Casa di Grifondoro  e insegnante di Trasfigurazione, fece capolino nella loro visuale con un pigiama a quadrati scozzesi; Draco Malfoy rimase immobile, terrorizzato da quell’improvvisa comparsata.
“Volevi fare una bravata, non è così? Che ci facevi nel corridoio del terzo piano? È proibito a tutti gli studenti!” lo sgridò la McGrannitt, afferrandolo per un orecchio.
“Cinquanta punti in meno a Serpeverde per il tuo comportamento, Malfoy!”
“Ma professoressa, deve credermi!” urlò Malfoy, e la sua voce faceva vibrare anche l’armatura accanto a Harry. “Ci sono Potter, Paciock e Granger in giro per i corridoi! Sono qui anche loro, e Potter, con il suo mantello dell’invisibilità…sono nel corridoio, da qualche parte vogliono …” ma non riuscì a finire la frase, perché lei gli tirò l’orecchio ancora più forte e se lo cominciò a trascinare via.
“Le giuro, la prego professoressa! Potter sta macchinando qualcos…!”
“Basta con le tue lagne, Malfoy! Non so cosa tu stia ciancicando, ma qui non c’è proprio nessuno, e tu sei in giro per il corridoio proibito, di notte!”
“Sto dicendo la verità, Potter ha il mantello dell’invisibilit…”insisté Malfoy.
“Le tue fantasie valgono almeno altri dieci punti in meno a Serpeverde! Nel mio ufficio! Subito!” lo interruppe la vicepreside e, detto questo, si portò via Malfoy.
I tre tirarono un sospiro di sollievo quando li videro scomparire dalla vista.
“Andiamo” esortò loro Neville “tutte queste chiacchiere ci hanno fatto perdere solo tempo!”
Il trio allora s’incamminò verso la porta proibita, e quando vi entrarono li accolse un pensante alito che tolse  loro il mantello di dosso.
“Sta…russando?” chiese Harry, sbalordito.
“A quanto pare  Raptor ha usato una di quelle, ed è l’unico modo per addormentare il cane!”osservò Hermione e indicò un’arpa che stava proprio accanto alla bestia e suonava una dolce melodia simile a una ninna nanna.
Harry si chiese dove mai avesse letto al riguardo; a volte la fonte delle conoscenze di Hermione era ignota.
“Bene” deglutì Neville, lo sguardo che diede la sensazione a Harry di voler superare la paura.
“Ora dobbiamo spostare la zampa del cane dalla botola, giusto? Ed entrarci dentro…”
Ci volle la forza di tutti e tre per riuscire a spostare la zampa dell’animale, che era davvero pesantissima.  Ma proprio quando la stavano allontanando dall’anello della botola, Hermione si irrigidì.
“Hermione, che hai?” chiese Neville, contrariato.
Ma la ragazzina non rispose: il viso era puntato sulla bestia, e Harry si accorse subito che c’era un buon motivo.
Il cane si era svegliato: a uno a uno, i sei occhi dell’animale si aprirono, lasciando i ragazzi immobilizzati e incapaci di reagire.
Quando il cane cominciò a innervosirsi e abbaiare loro contro, Harry, Neville e Hermione mollarono la zampa e indietreggiarono spaventati, senza staccare gli occhi dal cane.
Harry fu il primo a riprendere il senno. “Bene” disse “e ora che facciamo?”
Ma prima che potesse completare la frase, Hermione si trovava davanti all’arpa e sembrava studiarla interessata. Quell’atteggiamento gli diede molto fastidio: l’abbaiare era piuttosto potente, e se qualcuno fosse passato per il corridoio c’erano alte possibilità di essere scoperti!
“Hermione, che fai?” chiese Harry, nervoso.
“Sto cercando di ricordare l’incantesimo che attiva questo strumento! Eppure ero sicura di averlo letto da qualche parte….”
“Fai come vuoi, ma fallo in fretta!” le gridò Neville, che si stava riparando dai latrati del cane; il suo braccio era coperto da uno degli sputi bavosi del cane, che sembravano arrivare molto lontano.
Harry non poté che trovarsi più d’accordo riguardo la situazione; tuttavia l’attesa da parte di Hermione, i lamenti di Neville e il borbottare dell’amica accendevano in lui una certa isteria, che lottava duramente per poter contenere.
“Ma certo!” esclamò Hermione. “Sonoria Harpa!”
L’arpa riprese lentamente a suonare,  e il cane cadde di nuovo nel sonno.
I tre allora si avvicinarono, spostarono la zampa, e si trovarono di nuovo di fronte all’anello della botola.
Harry si girò verso gli amici, sicuro di quello che stava per succedere.
“Ci siamo” annunciò, “vado prima io. Ora dovremmo trovarci su quella pianta schifosa…Troveremo un modo per uscirne, vedrete!” aggiunse per incoraggiarli, perché sui volti degli amici velava l’insicurezza. Doveva ammetterlo, anche lui si sentiva allo stesso modo.
Harry si chinò sull’anello, e lo tirò verso di sé, scoprendo sotto di lui un enorme buco nero .
Il ragazzo si affacciò e notò che non aveva fondo né fine, e deglutì spaventato al pensiero di non sapere per quanto a lungo sarebbe caduto, e soprattutto, se ciò che aveva interpretato nel sogno era corretto.
Improvvisi dubbi gli sorsero in mente, chiedendosi se fossero veramente quelle le prove che dovevano aspettarsi e se lì sotto vi era veramente la pianta squamosa, e non il volto sulla nuca di Raptor che gli faceva venire le palpitazioni.
Nonostante questo Harry si girò verso gli amici, e disse: “ci vediamo di sotto” prima di avventurarsi in quella lunga, infinita, profonda pozza nera d’inchiostro.
Atterrò su qualcosa di morbido, soffice e molliccio.
I suoi amici presto lo raggiunsero con un urlo.
Neville lo guardò con l’espressione pieno di terrore. “Harry….siamo dove dovremmo essere, giusto?”
“Nella pianta squamosa, sì” rispose Harry, guardando nervoso ai lati della sala.
Solo dall’apertura della botola passava un fioco raggio di luna che illuminava in modo sinistro il volto dei compagni. Si aspettava da un momento all’altro che uno di loro venisse incatenato dalla pianta, e l’attesa non durò molto: presto, le braccia, le mani, i piedi furono legati stretti dai rami. Era incredibile la sensazione del tocco che quella pianta orripilante faceva su di Harry: la sentiva viscida e umida come se mille pesci legati fra loro o un lungo serpente lo stesse cingendo per tutto il corpo. Si rese conto che vivere la situazione in forma diretta era diverso dal sognarla semplicemente. Sentiva che prima o poi sarebbe andato nel panico, come Neville, accanto a lui: si muoveva a destra e a sinistra, lanciando grida a squarciagola, come se qualcuno potesse liberarlo!
L’unica a rimanere impassibile era Hermione.
“Conosco questa pianta!” disse. “E’ il Tranello del Diavolo! State fermi, tutti e due! Più vi muovete, più la pianta vi soffocherà velocemente!”
“Davvero, Hermione?” chiese Neville, scettico, mentre un altro ramo gli stava cingendo il collo.
“Voglio proprio vedere!”
La ragazza lo guardò con cipiglio sicuro, poi fu lentamente risucchiata dai rami e sparì.
“Hermione!” gridarono Harry e Neville nello stesso istante.
“State calmi!” rispose la voce della strega sotto di loro. “Sto bene! State immobili, e vedrete che sarete lasciati andare velocemente!”
“Hermione, dove sei?” chiese Harry, mentre un ramo gli cingeva il petto.
“C’è un’altra stanza, qui sotto, un corridoio!”
Harry e Neville si guardarono e, capendo che la loro amica aveva ragione, decisero di stare fermi e, pian piano, furono trascinati in basso e poi i rami li liberarono, facendoli cadere sul pavimento terreno e freddo sotto di loro dove li attendeva Hermione.
Avevano passato l’ostacolo del cane e il Tranello del Diavolo, e già Harry aveva la sensazione di dover vomitare.
“State bene?” domandò loro Hermione, preoccupata, mentre Harry si sfiorava il collo con la mano, ancora la sensazione della pianta sul corpo, e deglutì. Si rimise in piedi a fatica, guardando Neville, che sembrava essere su tutte le furie.
“Non è possibile! Ci mancava giusto questo!” si lagnò. “Se per arrivare alla pietra dobbiamo passare per prove tanto difficili, dubito che riusciremo ad arrivare prima di Raptor!”
I tre amici proseguirono per i vicoli bui, illuminati solo da un paio di torce appese alle mura in pietra degli stretti corridoi – Harry comprese di trovarsi sotto ai sotterranei del castello, nelle segrete più segrete di Hogwarts- e, superato un volta, giunsero in un’ampia sala.
“Cos’è questo rumore?” chiese Neville, stupito.
Il giovane aveva ragione: c’era un rumore strano, come un battere d’ali. Di tante ali.
“Lassù!” notò Hermione, indicando un punto in alto verso il soffitto.
Harry e Neville seguirono il suo sguardo e videro una massa di  strani animali con le ali.
“Che cosa sono? Insetti?” fece Hermione, con un leggero ribrezzo nella voce.
“No” rispose Neville “sono….chiavi!”
Harry abbassò lo sguardo, che andò automaticamente su uno dei tre manici di scopa sospesi a pochi centimetri da terra distanti qualche passo da loro.
“Perché ci sono dei manici di scopa laggiù?” osservò, rivolto più a se stesso che agli altri.
Si avvicinò, seguito dagli altri due, e sfiorò  la superficie di una delle scope sentendo una leggera nostalgia nascere dentro di sé.; era molto tempo che non volava: l’ultima volta che aveva montato una scopa, era stato quando aveva giocato a Quidditch con il padre, che era stato un cercatore nella squadra di Grifondoro a Hogwarts.
“Chissà cosa dobbiamo farci…” si chiese.
“Beh, è ovvio, credo” ragionò Neville, la fronte aggrottata, gli occhi fissi sulla scopa, “credo che tu debba cavalcarla e prendere una di quelle chiavi lassù e conficcarla nella toppa. Hermione,” aggiunse, spostando l’attenzione sull’amica, “vai a controllare la serratura. Dovrebbe dirci come è fatta la chiave e così decidere quale prendere!”
Harry rimase colpito dalla tanta prontezza di Neville, ammettendo ancora una volta che aveva ragione: il caso era evidente. Hermione, colpita quanto lui,  trotterellò fino alla porta chiusa e si chinò per osservare la serratura.
“Quella che ci serve è una chiave vecchio tipo…probabilmente d’argento, come la maniglia…”
“Perfetto, Hermione, grazie. Harry, riesci a vedere quella piccola chiave con l’ala spezzata? Dev’essere quella!” segnalò sicuro Neville.
Harry strinse gli occhi per individuare l’oggetto indicato nel mucchio; dopotutto, c’erano moltissime chiavi volanti, e non era certo facile vedere quella adatta!
Con un po’ di fatica, comunque, la trovò.
Poi posò lo sguardò sul manico, improvvisamente insicuro. “Mi chiedo….se sia adatto…”
Neville gli diede una pacca sulla spalla. “Ah, andiamo, Harry, certo che lo sei! Sbaglio o hai imparato a volare da tuo padre? E poi sei la nostra unica speranza” aggiunse con tono frettoloso  e imbarazzato, “io non sono bravo con i manici di scopa…”
“Io ci proverò, Harry!” si propose Hermione, e montò su una scopa anche lei. “Non sono molto sicura riguardo questo tipo di mezzi di trasporto, ma se è necessario….”
Harry si voltò verso di lei e le sorrise: si sentiva meglio ora che erano almeno in due a cercare di afferrare la chiave. In quel mucchi ve ne erano centinaia, e non sarebbe stato facile.
Dopo aver incrociato lo sguardo di Neville che gli augurava silenziosamente buona fortuna, Harry e Hermione spiccarono lentamente il volo verso l’alto.
“Harry, sono troppe!” disse Hermione, immergendosi nella nube di ali colorate.
Il ragazzo però aveva già individuato la chiave dalle ali azzurrine, una spezzata, l'altra con le piume tutte arruffate da un lato,
e si precipitò nella sua direzione.
“E’ quella!” le gridò. “Hermione, impediscile di scendere, io cercherò di prenderla!”
L’impresa era ardua: la chiave scattava velocemente da tutte le parti, e fu difficile afferrarla.
Con sua grande sorpresa, e grazie anche ai buoni riflessi ereditati da suo padre, Harry riuscì ad impugnarla, e stava per girare il manico verso Hermione, che era atterrata a terra e lo aspettava accanto a Neville...quando le altre chiavi  lo attaccarono, e fu costretto a fuggire da loro volando velocemente, invertendo verso destra, poi verso sinistra, pur di non farsi prendere da loro.
Il veloce battere delle ali arrivava alle sue orecchie come un fastidioso ronzio di vespe.
Svoltò a destra, poi di nuovo a sinistra, poi andava giù con la scopa, sentendosi trascinare verso il basso, l’aria che gli scompigliava i capelli….e poi eccoli lì, Neville e Hermione…
“Harry, dacci la chiave!” gli urlò Hermione, e Harry, planando vicino a loro, lanciò la chiave che cadde dritta fra le mani della ragazza, che si diresse verso la toppa in fretta e furia.
Harry intanto continuava a volare, fuggendo dalle chiavi alate….che cambiarono d’un tratto rotta, tornarono indietro e si rimisero nella loro posizione iniziale.
Harry atterrò con circospezione verso terra, e scese, raggiunto da Neville.
La chiave dall’ala spezzata, una volta aperta la porta, si distanziò dalla serratura e raggiunse, sotto gli occhi dei tre compagni, il gruppo.
“Andiamo!” esortò Hermione, tenendo aperta la porta per loro.
“Non ci avevi detto anche di questa prova, Harry!” lo rimproverò lei, mentre richiudeva la porta dietro di sé dopo aver lasciato passare lui e Neville.
“E’ perché non l’avevo sognato” si difese Harry “il me stesso nello specchio non me l’ha mostrato.”
Hermione grugnì, e dal suo viso il ragazzo capì che non gli credeva ancora completamente.
O meglio, non credeva alla parte di un riflesso di Harry con la cicatrice che gli mostrava quello che sarebbe successo. Ma non importava.
“Dove siamo?” chiese la piccola strega, lanciando un’occhiata a Harry, aspettandosi presumibilmente che questo sapesse a che cosa venivano incontro.
A giudicare dall’ampiezza della sala, dalle ombre strane che capeggiavano dando la sensazione di trovarsi in un cimitero, Harry ci arrivò in un attimo.
“ Siamo alla scacchiera.”  
I tre mossero qualche passo,  e non appena poggiarono i piedi su una superficie piatta e un po’ scivolosa, le torce ai lati della sala s’illuminarono, rivelando la scacchiera dei maghi che Harry aveva indovinato.
Si trovavano affianco ai pezzi neri della scacchiera, e all’estremità opposta vi erano quelli bianchi. A Harry vennero i brividi notando che erano altissimi e privi di volto.
“E adesso cosa facciamo?” sussurrò Neville, nervoso.
“Credo” rispose Harry, “che dovremmo far finta di essere dei pezzi degli scacchi”.
Si diresse verso un cavallo nero, e appena lo toccò questo prese vira e cominciò a scalpitare e a nitrire. “Dobbiamo venire con voi per attraversare?” domandò al cavaliere che montava l’animale, che annuì.
“Dunque….” Disse Harry, voltandosi verso i compagni. “Credo che dovremo prendere il posto dei pezzi neri. Neville, mettiti accanto a quell’alfiere, e tu Hermione, mettiti vicino a lui,  e prendi il posto della torre. Io farò il cavallo”.
Nel momento in cui i due amici si diressero nei posti assegnati, l’alfiere e la torre si animarono e uscirono dalla scacchiera.
“Ora dobbiamo solo aspettare che i bianchi facciano la prima mossa. Sono sempre i primi a giocare.”
Mettendo in pratica tutto quello che Ron gli aveva insegnato, Harry cercò di fare un gioco il più pulito possibile, anche i se i bianchi si mostrarono spietati ogni qual volta che un pezzo nero veniva mangiato. Harry s’accorse solo all’ultimo momento che Neville si trovava nel pericolo di essere messo fuori partita dalla regina bianca a qualche casella di distanza.
E d’un tratto si rese conto del perché aveva voluto imparare a giocare a scacchi.
Tutto sarebbe arrivato a quel punto, e se loro non vincevano la partita, Neville e Hermione non avrebbero mai raggiunto la pietra e Raptor.
Prima che potesse giungere a una conclusione alternativa, la regina bianca si voltò verso Neville, e allora Harry capì di non avere altra scelta.
“Sì, “ disse piano, “devo lasciarmi mangiare.”
“No!” esclamò Hermione. “Harry, deve esserci un altro modo!”
“Sentite, se non vi sbrigate, Raptor potrebbe rubare la pietra con Voldemort, e tutto questo non avrà avuto alcun senso. Capite, è l’unica opzione che abbiamo!”
Gli occhi di Neville si fecero lucidi, e Harry capì che l’insicurezza che cercava continuamente di appianare stava di nuovo rivenendo a galla.
“Neville” lo rassicurò Harry, “sei un grande mago. Lo so che non lo credi, ma lo sei. Sei stato segnato, sei stato scelto. Se fossi un incapace, non avresti quella” e indicò la cicatrice “ quindi smettila. Sei tu che devi prendere la pietra, l’unico che può farlo. Sei stato scelto, capisci? Sei il prescelto, Neville”.
Il ragazzo gli sorrise e annuì e si fece da parte, dando la possibilità ad Harry di agire.
Così dicendo, questo fece un passo in avanti e la regina lo colpì; in un attimo, sentì la testa girare, e poi cadde a terra, mentre tutto attorno a lui si faceva buio.
 
ECCOMIIIII ALLORA VI AVEVO PROMESSO L'AZIONE....ED ECCOLA QUI.....!!! VI E' PIACIUTO IL CAPITOLO???? VI DO QUALCHE PICCOLA CHICCA: PER CREARE LE SCENE DELLE CHIAVI E DEGLI SCACCHI, HO MISCHIATO LE SCENE DEL LIBRO CON QUELLA DEL FILM! INFATTI IL MODO IN CUI SI SVOLGONO QUESTE AVVENTURE DAL LIBRO AL FILM SONO UN PO' DIVERSE NEI PARTICOLARI: AD ESEMPIO QUANDO HARRY, RON E HERMIONE ENTRANO NELLA STANZA DELLE CHIAVI, TUTTI E TRE SALTANO SUI MANICI DI SCOPA E PRENDONO TUTTI E TRE LA CHIAVE PER APRIRE LA PORTA, MENTRE NEL FILM C'è SOLO UN MANICO DI SCOPA ED E' HARRY CHE PRENDE LA CHIAVE E VIENE POI INSEGUITO DA QUESTE....INOLTRE MI E' PIACIUTO METTERE IL PARTICOLARE DEL LIBRO IN CUI LA CHIAVE, UNA VOLTA GIRATA NELLA TOPPA, SVOLAZZA VIA :) ANCHE NEGLI SCACCHI LA SCENA E' DIFFERENTE: NEL LIBRO, INFATTI, LA SALA SI RIEMPIE APPENA ENTRANO, INVECE NEL FILM LE TORCE SI ACCENDONO SOLO QUANDO METTONO PIEDE SULLA SCACCHIERA: PER QUELLO, MI SONO ISPIRATA MOLTISSIMO AL LIBRO, ANCHE SE OVVIAMENTE HO FATTO DIRE DELLE COSE AD HARRY CHE NON C'ENTRANO NULLA ESSENDO DETTE DA RON....E BEH... PER QUANTO RIGUARDA LE PARTI INVENTATE...MI PIACEVA CHE MALFOY METTESSE I BASTONI FRA LE RUOTE AL NEO TRIO, E POI FOSSE PUNITO DALLA MCGRANNITT (SONO MOLTO SADICA HIHI) VA BENE.... VI HO DETTO QUELO CHE VI VOLEVO DIRE....
COMUNQUE....VI VOLEVO RINGRAZIARE ANCORA UNA VOLTA SOPRATTUTTO A LINUS E A LUNADISTRUGGI SEMPRE FEDELISSIME E OVVIAMENTE A TUTTI GLI ALTRI LETTORI CHE MI SEGUONO E MI RECENSISCONO (E MI HANNO RECENSITO) GRAZIE! IL PROSSIMO CAPITOLO E' QUELLO FINALE...E HARRY INDOVINATE DOVE SI SVEGLIA....? ANYWAY, NEL PROSSIMO CAPITOLO VOGLIO CHIEDERVI UNA COSA...MA LO FARO' SOLO NEL PROSSIMO CAPITOLO :) BACIONI P.S. NON FATE CASO, COME AL SOLITO, AGLI ERRORI DI BATTITURA E SIMILI NON HO AVUTO IL TEMPO MATERIALE DI CORREGGERE :)

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Capitolo 11
*** Due Chiacchiere Con Silente ***


Capitolo 10
 
 
Due Chiacchiere Con Silente

 
Harry sentì di nuovo i muscoli e le dita muoversi mentre sfiorava qualcosa di morbido e soffice e si sentiva coperto da qualcosa di altrettanto caldo e rassicurante: era in un letto.
“Harry? Sei sveglio?” chiese la voce di Hermione, preoccupata.
Harry tastò sul comodino gli occhiali e se li inforcò prima di aprire gli occhi e mettersi seduto con la schiena poggiata sui cuscini per parlare meglio con l’amica.
“Dove sono?” chiese.
“In infermeria” rispose Hermione, guardandolo intensamente. “Da tre giorni.”
Poi la ragazza guardò il letto accanto a quello di Harry, e il suo volto si fece improvvisamente triste. “Lui non si è ancora svegliato”.
Harry seguì il suo sguardo: Neville era immerso in un sonno profondo e, nonostante l’enorme benda che gli circondava la testa, tanto da farlo assomigliare sinistramente a Raptor  il volto era sereno, e aveva tutta l’aria di qualcuno che avesse avuto bisogno di un buon sonno prima di compiere altre fatiche.
“Deve aver dimostrato un grande coraggio con Raptor” osservò Harry, che sentì in quel momento di volere molto bene a Neville.
“Sì,” disse Hermione, senza staccare gli occhi dal volto dell’amico addormentato, “deve averlo fatto”.
Per un po’ tra loro regnò il silenzio: era evidente che ogni parola era inutile.
“Tu non eri con lui quando…quando l’ha affrontato?” domandò ancora Harry.
Con sua grande delusione, Hermione scosse la testa: peccato, il giovane avrebbe voluto saperne qualcosa di più.
“No, l’ho seguito fino alla prova di Piton, ma sono stata costretta a tornare indietro.C’erano due pozioni, sul tavolo, una per tornare indietro e una per andare avanti…volevo che Neville prendesse quella per raggiungere la pietra, lo capisci, no?”
Harry annuì, mentre improvvise immagini cominciarono a venirgli in mente:
era con Hermione, e non c’era nessun Neville con lui, e si trovavano entrambi in una stanza con due fuochi all’entrata e all’uscita, uno blu e uno rosso; al centro della stanza vi era un tavolo con tante pozioni, e Harry e Hermione dovevano cercare quella giusta e risolvere un indovinello…
“Harry mi stai ascoltando?” chiese Hermione, un po’ contrariata.
L’immaginazione di Harry, se così si poteva definire, si frenò, e il ragazzo tornò a vedere chiaramente i capelli cespugliosi di Hermione e i suoi occhi nocciola.
“Sì, io…cosa?”
“Silente è intervenuto” ripeté, anche se Harry capì che non le andava per nulla di farlo.
“Cosa? Silente?” fece Harry, incredulo.
“Esatto. È venuto a prendere te, poi me e poi è andato nella stanza dove Neville stava combattendo con Raptor”.
“E tu sai come è andata?” disse Harry, non potendo credere alle sue orecchie: la notizia aveva dell’incredibile!
Hermione fece spallucce. “Non proprio. Voglio dire, tutti sanno che Neville ha battuto Raptor che aveva un accordo con Tu-Sai-Chi, ma nessuno…beh, sa come l’abbia distrutto”.
“Neville ha distrutto Raptor?” reagì Harry di nuovo, tutto occhioni. Guardò automaticamente Neville, e sentì di ammirarlo moltissimo. Allo stesso tempo, però, aveva la sensazione di una nota stonata in tutta quella vicenda…
“Proprio così. Disintegrato. Nessuno sa come” rispose Hermione, altrettanto colpita.
Poi la sua espressione si addolcì nel momento in cui si rivolse direttamente a Harry.
“A proposito, grazie.”
“Grazie?” ripeté Harry, incredulo. “E per cosa?”
“Beh,” rispose Hermione, arrossendo leggermente, “tu hai incoraggiato Neville ad avere fiducia in se stesso. Se non l’avessi fatto, probabilmente Neville a quest’ora non sarebbe qui”.
“Figurati” rispose l’altro con tono modesto, rilassando completamente la schiena sui cuscini, “non devi ringraziarmi. Penso onestamente che ci sia un potenziale in Neville, e ho detto quelle cose perché credo che sia un grande mago”.
Hermione gli regalò un largo sorriso, e gli occhi le brillarono.
“Anche tu sei un grande mago, Harry” le disse Hermione, e si chinò per dargli un bacio sulla guancia. Quando tornò seduta sul letto, tutti e due erano arrossiti leggermente; Harry si chiese cosa l’avesse portata a farlo, per poi realizzare che probabilmente era per ringraziarlo ancora una volta.
“Anche tu sei una strega fantastica” le disse e sentì che le guance gli erano diventate calde per quello che era appena successo.
“Io?” rise Hermione. “Furbizia e tanti libri, Harry. Ci sono cose più importanti. L’amicizia e il coraggio”.
Harry era felice e allo stesso tempo imbarazzato per quello che aveva detto, anche se quella frase gli tornò alle orecchie come già sentita, come se…
“Harry” le disse lei, determinata, una volta che fu svanito il silenzio fra i due, “devo chiederti di tenermi sempre aggiornata sui sogni che fai. È vero, all’inizio non ti credevo, ma…insomma, sembrava così impossibile! Ma ora so che non è così, e se è successo una volta, può succedere di nuovo, soprattutto se riguarda Neville e Tu-Sai-Chi. Ci siamo capiti?”
“Ci siamo capiti” assentì Harry, che finalmente aveva trovato qualcuno che gli credeva davvero. Altro che Frank e Louise! Loro erano delle buone compagnie con cui passare il tempo, e probabilmente li avrebbe perdonati, si sarebbe inventato qualche scusa per passare per quello che si  era immaginato tutto, ma adesso, a faccia a faccia con Hermione, capì quali erano le amicizie che valevano davvero.
“E se succede qualcosa di grave, andremo da Silente, intesi?” aggiunse lei.
“Intesi” accettò l’altro, anche se con una certa riluttanza; e se non gli avesse creduto? Sarebbe stato spedito al San Mungo o in qualche ospedale per psicopatici?
“Disturbo?” s’affacciò alla scena una figura alta e slanciata, dalla barba e i capelli lunghi e bianchi, il naso aquilino e, dietro le lenti a mezzaluna, due occhi azzurri brillanti: era proprio il professor Silente, il preside.
Harry non aveva mai avuto contatti diretti con lui, tuttavia questo gli sorrise come se fossero vecchi amici; Harry invidiò moltissimo Hermione per la sua serenità nello sciogliersi in un sorriso senza un po’ di timore, cosa che provava lui in quel momento.
Timore? Rispetto? Venerazione? Cosa? Harry non sapeva definirlo bene.
“Buongiorno Signorina Granger, Harry” salutò il professore, allegro.
“Signorina Granger, le dispiacerebbe lasciare me e Harry a scambiare due parole…pochi minuti?”
Hermione scattò subito dal letto, il sorriso quasi di plastica; lanciò un’occhiata a Harry, poi il suo sguardo tornò su Silente.
“Ma certo che no, professore!” squittì lei,  e si allontanò velocemente dalla scena.
“Molto bene, Harry” fece il professore, una volta che si rimasero soli, e si sedette nel posto che aveva lasciato Hermione.
“Prima di tutto, come stai?” chiese.
“Bene,” fece l’altro, senza sapere cosa dire. “Mi sono svegliato solo poco fa, e ho trovato Hermione Granger che mi assisteva, probabilmente aspettando che mi svegliassi”.
Silente gli fece un occhiolino amichevole. “E’ così. Tante persone sono venute a farti visita, Harry. E’ venuto il figlio di Sirius, la nipote di Remus , il signor Weasley e altri amici della tua Casa….ma quella ragazza è stata decisamente la più presente. Madama Chips mi ha informato che è venuta tutti i giorni solo per te”.
Per un momento, al sentire nominare il nome di Ron fra le persone che si preoccupavano per lui, il ragazzo si sentì felice. Tuttavia riteneva che Silente avesse commesso un errore nel considerare le visite di Hermione riservate esclusivamente a lui.
“Non solo per me” rispose Harry, di nuovo imbarazzato e sperando che non si vedesse.
“E’ la migliore amica di Neville, signore”.
Silente annuì con fervore, ma questo non cancellò l’espressione furba che il ragazzo riusciva a leggere oltre i suoi occhiali a mezzaluna.
“Il ragazzo è molto coraggioso, Harry.  Ha dimostrato grande prontezza…. Qualità che gli hai infuso tu, Harry”
“No signore” rispose l’altro, infastidendosi di tutti quei complimenti. Non era merito di Harry se Neville era coraggioso, era merito solo di Neville, erano solo sue qualità!
“Vede, anche Hermione la pensa come lei, ma io non credo sia vero!”
“Invece è così, Harry. Devi capirlo: anche se il cappello parlante l’ha inserito nella tua stessa Casa, non è detto che le qualità per cui è stato selezionato vengano a galla così facilmente. Delle volte hanno bisogno di una…spintarella. E la spintarella sei tu. Neville Paciock è un’altra persona da quando ci sei tu al suo fianco, soprattutto per le cose in comune che avete”.
Harry si accigliò; cosa sapeva Silente… si riferiva alla cicatrice? Non si riferiva alla cicatrice? Cosa intendeva, se non quello, le loro qualità?
“Cosa…vuole dire con questo, professore?” chiese, ma Silente sembrò apparentemente di non averlo sentito.
“Immagino che tu voglia sapere cosa è successo quando Neville è entrato nella stanza con Raptor” disse Silente, e Harry non volle distrarlo per non apparire inopportuno.
“Dunque, iniziamo con il dire che quando intervenni, Raptor si era disintegrato e Neville era privo di sensi; per prima cosa, distrussi la pietra che Neville teneva in mano.
Poi andai dal professor Piton, che si trovava dietro a uno specchio in mezzo alla sala,ed era anche lui svenuto.”
“Piton?” esclamò Harry, sorpreso.
“Il professor Piton, Harry” lo corresse Silente, anche se non sembrava arrabbiato per quella dimenticanza, “e sì, Harry, il professore si trovava lì per mio ordine; sapevo che un membro del mio corpo docente stava tramando qualcosa per rubare la pietra per conto di Voldemort, e Severus era l’unico in grado di poterlo controllare.”
Harry dubitava di questa sentenza, ma continuò comunque ad ascoltare.
“Così andai da lui, e lo risvegliai con la magia. Mi disse tutto, ovviamente: Neville era entrato da solo nella stanza e aveva scoperto Raptor, che l’aveva costretto a specchiarsi e il suo riflesso gli aveva donato la pietra. Poi il professore si è tolto il turbante, così Neville aveva avuto modo di parlare con Voldemort, ma si è dimostrato incorruttibile ai suoi ammaliamenti. Piton è venuto fuori da dietro lo specchio nel momento in cui Raptor ha attaccato Neville, ma è stato schiantato al suolo, privo di vita….”
Mentre il professore raccontava, era come se la mente di Harry mostrasse delle immagini, simili a ricordi, la stessa cosa che era avvenuto quando Hermione aveva raccontato quello che era successo nella sala delle pozioni poco prima: Harry vedeva se stesso, non Neville, entrare nella stanza dello specchio, e parlare con Raptor, ed era lui ad avere la pietra…e aveva la cicatrice, stavolta, non il suo riflesso! Nel momento in cui Raptor lo aveva attaccato, Harry si difese come poteva e il professore, non appena l'aveva sfiorato, si sbriciolava al suolo… e nessun Piton veniva a salvarlo…
Harry guardava fisso Silente, che ricambiava, come se sapesse esattamente cosa gli passava per la testa… era… era possibile una cosa del genere?
“Bene, Harry, penso che abbiamo parlato a sufficienza” annunciò all’improvviso il preside, alzandosi e sorridendogli. Gli strinse la mano, e mentre Harry sentiva che gli infilava qualcosa il professore disse: “ti rimetterai presto. Anche Neville si rimetterà, e vi aspetto entrambi nella sala grande fra un giorno o due !”
Gli fece di nuovo l’occhiolino, e questa volta Harry sorrise mentre vedeva  Silente allontanarsi dall’ infermeria.
Attese che se ne fosse andato definitamente prima di aprire il pugno e scoprire un ruvido pezzo di pergamena e leggere, nella grafia elegante e chiara del preside:
 
Ti aiuterò, Harry.

ALLORA CHICAS COMO ESTAS???? IO TODO BIEEEEN QUESTO PRIMO CAPITOLO DELLA SAGA E' FINITO!!!!!! ALLORA COSA MI DITE? VI E' PIACIUTO? TIRIAMO LE SOMME: PENSATE CHE I PERSONAGGI SIANO DESCRITTI ABBASTANZA BENE E ABBASTANZA FEDELI AL LIBRO? COSA NON VI E' PIAICUTO? COSA VI E' PIACIUTO, INVECE?
ED ESSENDO UNA SAGA DI CINQUE STORIE CON DIECI CAPITOLI A TESTA COME QUESTO, LA CONTINUERESTE A LEGGERE? VI PREGO, RISPONDETE, I VOSTRI SUGGERIMENTI MI AIUTANO SOLO A MIGLIORARE A CAPIRE COSA E' MEGLIO PER RENDERVI ANCORA PIU' CONFUSI E ANCORATI ALLA STORA!
SAPPIATE, A TUTTI VOI, CHE VI VOGLIO MOLTO BENE, E GRAZIE PER AVERLA SEGUITA FINO ALLA FINE E PER AVERLA RECENSITA... SPERO CHE QUESTO ULTIMO EPISODIO VI ABBIA SODDISFATTO COME GLI ALTRI!
PER QUANTO MI RIGUARDA, HO FATTO GIA L'INDICE DEI CAPITOLI DEL SECONDO: DEVO SOLO TERMINARE UN PAIO DI STORIE IN SOSPESO QUEST'ESTATE, E POI MI METTO A SCRIVERE VERSO AGOSTO INOLTRATO QUESTA (SPERANDO DI RIUSCIRE A PUBBLICARE IN TEMPO!) VOI CI SARETE ANCORA??? VI PREGO DITEMI DI SIIIII (PERO' SINCERI, EH!) UN BACIONE, E GRAZIE GRAZIE E GRAZIE PER LE QUATTORDICI PERSONE CHE L'HANNO MESSA FRA LE SEGUITE, PER LE CINQUE FRA LE RICORDATE, PER LE TRE FRA LE PREFERITE, PER LE 27 RECENSIONI, PER AVER CONDIVISO CON VOI (E CON LUI, HARRY) QUESTO PICCOLO VIAGGIO CHE CONTINUERA' TRA UN MESE E MEZZO, MI AVETE FATTO PROVARE CERTE EMOZIONI CHE NON POTETE NEANCHE COMPRENDERE CON LE VOSTRE RECENSIONI E COMMENTI E PARTECIPAZIONI ( IO NON SONO SENTIMENTALE, MA LO STO DIVENTANDO... AHIA!) UN BACIONE, TESORI MIEI, E CI VEDIAMO TRA UN PO' ( INTANTO, SE VI VA E VI PIACCIONO LE MIE STORIE, POTETE DARE UN'OCCHIAT AD ALTRE COSE CHE HO SCRITTO PER TENERVI IMPEGNATI, SENNO' VABBE') CIAOOOOO :) E GRAZIE ANCORA, AVERYN
 
 
 
 

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