gy
1.2 noir
Quando Grissom vide gli occhi lucidi di Brass, non era ancora
riuscito a capire cosa fosse successo. Diceva qualcosa riguardo ad un suicidio,
una donna…era emotivamente turbato quindi il capo della scientifica aveva
pensato di scatto che fosse successo qualcosa ad Ellie, la figliastra del
capitano. Cos’altro poteva suscitare le sue lacrime? Cos’altro poteva scuotere
quell’uomo?
Si era limitato a fissarlo con uno sguardo incuriosito, ma anche
spaventato, chiedendosi cosa potesse essere accaduto.
Ma dopo aver visto l’indirizzo del luogo del ritrovamento, un
gelido sospetto gli aveva attanagliato il cuore.
Guidando come un pazzo, lasciando che la prudenza non agisse su
di lui, si ritrovò subito nel luogo in cui era stato chiamato.
La strada bloccata da macchine della polizia, un’ambulanza, poi
Nick, che con passo pesante e il viso rigato da lacrime gli veniva
incontro.
E parlava Nick…diceva qualcosa fra le lacrime e i singhiozzi,
strattonandogli la giacca, ma Grissom non udiva…non capiva…solo i suoi occhi che
cercavano quel corpo, e i suoi passi che senza pietà lo portavano lentamente a
quella macchia di sangue che si allargava sull’asfalto.
Come….
Oh…la nera signora…
Non far si che mi prenda, Gil…no!
Nemmeno si accorgeva di camminare, sembrava quasi
fluttuare…vivere nell’irrealtà di quel crudele attimo che sperava si rivelasse
soltanto un sogno, un orribile incubo e non…non la realtà.
Una realtà che non sarebbe riuscito a sostenere.
Troppo debole per vedere, per udire, per percepire, per
continuare…a…
La prima cosa che riconobbe furono le gambe, quelle gambe che
non aveva mai visto nude, ma che aveva così spesso guardato, alcune volte da
lontano, di sfuggita…o sognato…sognato di vederle ballare, di poterle
accarezzare un giorno, una notte, prima dell’alba, nel buio, nella sua casa, o
nella sua, o su un prato, in mezzo ad un campo di grano, dovunque, dovunque…ma
comunque…
Poi la sua vita estremamente sottile, la sua schiena scomposta,
rotta, spezzata, le sue spalle e il suo viso simile ad un cristallo di ghiaccio
per l’eccessivo ed innaturale candore…
Oh…il suo viso…
Quando la distanza fra lui e Sara si annullò, tutti gli altri si
allontanarono, lasciando che quell’uomo potesse fare ciò che mai aveva fatto,
rispettando la terribile sacralità di quell’attimo.
Erano tutti lì, tutti quanti. Tutta la scientifica, non uno che
non ci fosse, non uno che non fosse in lacrime…tutto il dipartimento di Las
Vegas era lì, tutte le persone che erano diventate la sua famiglia, la sua
vita.
Grissom si fermò, ad un passo dal corpo, e si volse indietro,
senza vedere chiaramente nessuno.
Riuscì solamente a scorgere un viso e si sorprese rabbioso nel
ritrovarlo lì: Hank Peddigrew.
Gli occhi a malapena arrossati, i capelli biondo cenere mossi
dal vento…accanto a lui, la sua ragazza, mentre gli stringeva la mano. Perfetta
nel suo ruolo di fidanzata, coinvolta emotivamente anche se non avrebbe dovuto
esserlo.
Lei ha sofferto per te sai?
Ma mai…sarebbe arrivato a tanto, purtroppo, non l’ha fatto per
te.
Un altro passo, e ormai era lì.
Lui davanti a lei, inginocchiato.
Come sempre avrebbe dovuto, solo un piccolo principe davanti ad
una graziosa, ma così effimera, regina…
E lei, adesso, era lì.
Come una bambola di porcellana a cui viene regalato il soffio di
vita.
Vivere era diventato troppo pesante per te?
Nei suoi occhi chiari, era scritta tutta la terribile
verità.
Per me?
Tutta quanta, come mai, nel suo cuore si era rivelata.
Solo…troppo, troppo tardi….adesso quella verità non sarebbe servita più a
nessuno.
Solo alla notte forse…a chi lo racconterai?
La guardò ancora, lasciando che come mai prima d’ora, il suo
sguardo vagasse, si riempisse si lei, sognando un futuro che sarebbe rimasto
solo una fantasia.
Quale futuro ci potrà mai essere?
Sara si è gettata e lui lo ha fatto insieme a lei.
Ed ora che lei è andata via, lui non ha più
niente.
Niente.
Quando si soffermò sul suo volto candido non poté fare a meno di
credere che fosse semplicemente addormentata…non una macchia di sangue, non un
capello in disordine…e che forse avrebbe potuto risvegliarla, proprio come il
principe aveva fatto con la bella Rosaspina.
Ma lui non era un principe, e lei era molto più bella di tutte
le Rosaspine.
E il sangue…lui sapeva che il sangue stava dietro…dietro…dove
l’impatto le aveva fracassato il cranio…
…dove l’immagine gli aveva fracassato il cuore…
La prese tra le braccia, lasciando che il suo viso cadesse
pesantemente sulla sua spalla, la abbracciò piano, poi più intensamente, e la
baciò.
Baciò quelle labbra che credeva sarebbero state solo, solo di
sua proprietà…quelle labbra così vive, così rosee…
…così morte…
Come hai potuto…?
Le accarezzò con un dito, e poi si portò la sua mano pallida
alle labbra, sfiorando dolcemente quella dita che aveva sognato di adornare con
un solo, unico anello, in un solo, unico, speciale giorno.
E Grissom poteva sentire quel corpo, quel cadavere, abbandonato
su di lui, e la cullava…dolcemente, dolcemente…una sposa, la sua sposa…che
aspettava, impaziente e sussurrante che il suo uomo la raggiungesse…
Quella sera Gil Grissom pianse lacrime amare, pianse tutte
quelle lacrime che non aveva mai versato per nessuno e che mai s’augurava di
fare, tantomeno per lei che amava così tanto. Quella notte Grissom si rese conto
che la vita era terribilmente breve, e che troppo spesso gli uomini perdono di
vista la cosa più importante, lasciando che voli via, come il fazzoletto di una
signora, pieno delle sue lacrime di gioia e di dolore.
Quella sera Grissom si era reso conto di non avere più nessuna
possibilità.
Come può il dolore essere così profondo nell’animo umano? E
perché hai fatto solo adesso quello che avresti dovuto fare quando l’occasione
ti si è presentata la prima volta? Ora che lei è….
Rimase un’ora intera abbracciato al corpo di Sara Sidle,
mostrando a tutti quanti la verità, a se stesso, al cielo, alla
notte.
A Sara che era accanto a lui.
Al corpo, all’anima.
Nessuno avrebbe osato dirgli di lasciarla andare e nessuno lo
fece, solo Cathrine gli andò accanto, mettendogli una mano sulla
spalla.
Allorché, dopo minuti interminabili lui si alzò, tenendola in
braccio e lasciando che le sue lacrime cadessero delicatamente sul viso di lei.
Camminò fino all’ambulanza dove lui stesso l’adagiò.
L’ultima cosa che fece fu posarle un delicatissimo bacio sulla
fronte…poi…
….poi più nulla.
Il giorno dopo non si era presentato in ufficio ma nessuno
credeva che lo avrebbe fatto.
Cathrine per prima…ma mai, avrebbe pensato che sarebbe stata
costretta a forzare la porta della sua casa…mai.
Ne avrebbe mai pensato di trovarlo penzolante, appeso ad una
trave del soffitto, fra le sue farfalle.
Lui, che volava senza ali a mezzo metro dal
pavimento.
"Quando Sara si è gettata di sotto, con lei l’ho fatto anch’io.
Pensi che avrei potuto vivere ancora senza vedere quegli occhi che sempre
chiedevano, in silenzio, una amore sempre negato? Non sono riuscito a seguirla
mentre era in vita, uccidermi è l’unica soluzione. Questo è l’unico modo per
poterla rivedere. Statemi bene tutti quanti. Non fate i miei stessi errori.
Amate finché ne avrete la possibilità.Io mi sono accorto di quanto avevo perso,
ormai troppo tardi. Troppo tardi."
Cathrine strinse quel biglietto fra le mani, poi cadde in
ginocchio e, senza più forze, pianse.
***FINE***
Al giorno d’oggi le persone sono difficili, complicate.
Stabilire una relazione, d’amicizia o amore che sia, impone sempre troppo rischi
e ormai si pensa che il premio non valga il tempo del dubbio e
dell’angoscia.
Sara si è lanciata perché non era riuscita a vedere oltre le
infinite e invincibili maschere dell’uomo che amava, si era arresa, aveva
mollato. Si era lasciata andare, decidendo di lasciar perdere tutto. Lei ha
scelto l’unica via che i suoi occhi e il suo cuore le mostravano.
Gil, da parte sua, non si era mai deciso ad amarla, la paura poi
di perderla, di combinare qualche guaio, di riscoprirsi solo, dopo averle donato
tutto se stesso, lo aveva fermato in un eterno bozzolo di stasi impedendogli di
fare alcunché, se non stare a guardarla, sempre o mai, di continuare a farla
crescere, essere il bastone attorno a cui lei, giovane pianta, avrebbe potuto
crescere ritta. Lui non poteva fare altro che amarla disperatamente in silenzio
e di nascosto, negando sempre, sia a se stesso che agli altri.
Come un ladro.
Se soltanto uno dei due avesse rischiato, avesse deciso di
parlare, di smettere di farsi del male, loro due sarebbero ancora vivi nella mia
storia. E adesso, entrambi si amerebbero, scambierebbero i primi timidi e
paurosi baci con la certezza che la loro unione sarebbe stata eterna. Ma ora, la
loro eternità e solo un sogno durante un sonno che viene chiamato da sempre
morte.
Spesso crediamo che siano gli altri a non capire noi, o noi a
non capire gli altri. Ma la realtà è che siamo noi stessi, per primi, a non
capirci.
Ciò che vorrei è solo la verità, la sincerità…e non le menzogne
della notte. Le verità che la Nera Signora trasforma a suo
piacimento.
La notte dilata i pensieri, li cambia. I pensieri della notte
sono perversi e pericolosi.
La notte ci fa pensare per vie oblique, distorte, straniere. La
notte ci illude, ci droga, proprio come ha fatto con Sara e ci spinge a fare
cose che la luce del giorno scopre sbagliate.
La notte ci fa sentire ebbri e cechi, lei stilla in noi quel po’
di follia che il giorno ci toglie.
Uccide e spinge all’assassinio i pazzi, culla gli amanti, dona
riposo a chi ha lavorato duramente durante il dì, inspira i poeti e poi colora
di nero.
La notte colora di nero un po’ tutte le cose, non
trovate?
Grazie per aver letto fin qui, sai.
Lunghi giorni e piacevoli
notti.
|