Amici d'infanzia.

di _Katniss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di tutto. ***
Capitolo 2: *** Dopo tanto tempo. ***
Capitolo 3: *** Finalmente ***
Capitolo 4: *** Anime complementari-Coincidenze ***
Capitolo 5: *** Notte. ***
Capitolo 6: *** Risveglio ***
Capitolo 7: *** Quando tocchi il fondo. ***
Capitolo 8: *** Cuore infranto - Bionda come il grano ***



Capitolo 1
*** L'inizio di tutto. ***


Erano quasi le nove del mattino, ero in piedi da poco, non sono mai stata una persona molto puntuale. Mi ero infilata
il mio solito vestito rosso di cotone, ai piedi avevo sempre gli stessi tacchi alti color magenta di sempre. Era 
settembre, l'inizio dell'anno. Era il primo giorno di scuola, sia per me che per mia figlia, Rachel; che doveva essere
ancora al letto. Era tardi, quindi mi limitai a gettarle un urlo autoritario. Rach! Muoviti, o faremo tardi! Intanto mi 
precipitai in cucina a prepararle la colazione, io avrei preso la mia solita cioccolata calda una volta arrivata in sala
professori. Mentre aspettavo Rachel che si preparava, mi soffermai su quello che stava succedendo. Era il secondo anno di
mia figlia, non ero preoccupata per il suo rendimento scolastico, quanto più per me stessa. L'estate precedente, Will mi
aveva detto di voler lasciare Terri, ma per i tre mesi delle vacanze avevamo perso ogni contatto, e non sapevo cosa avesse
deciso di fare, o fatto realmente. Ero seduta al tavolo rotondo della cucina a pensare, quando mia figlia uscì dalla sua 
stanza vestita e pettinata, afferrò uno dei tost appena sfornati e si diresse verso la porta. La seguii sorridendo. Sei
emozionata? Insomma, in fondo questo è il tuo vero primo giorno di liceo, il primo anno non conta... Sorrisi. Lei si
limitò a rispondermi con uno sguardo felice. Aprii la porta e mi diressi verso il mio maggiolone bianco pieno di adesivi:
avevo ancora l'auto di quando ero giovane, non era cambiata di una virgola. Aprii la portiera a Rachel e mi sedetti al
posto del guidatore. Certo, io ero inglese, mi dava un po' fastidio sedermi a sinistra per guidare, ma dopo tanti anni ci 
avevo fatto l'abitudine, ad abbracciare la cultura americana. Dopo qualche minuto di traffico arrivammo a scuola. 

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Capitolo 2
*** Dopo tanto tempo. ***


Arrivate a scuola, Rach scese dall'auto quasi immediatamente, salutandomi con un veloce bacio sulla guancia e lasciandomi 
in auto da sola. Sospirai quando chiuse la sua portiera e si incamminò verso la scuola. Mi fissai per qualche secondo
nello specchietto retrovisore. Sembravo così diversa, rispetto a quando avevo diciassette anni. La mia adolescenza era
stata costretta a finire prematuramente, visto che prima ancora di essere diventata maggiorenne ero stata costretta ad
adottare la bambina di mia cugina Shelby, era anche quello forse, un motivo per cui io e Will ci eravamo allontanati. 
In fondo, non gli davo alcuna colpa, aveva messo incinta Terri, solo perchè avevo rifiutato la sua risposta di convivenza:
Rachel era troppo piccola, non volevo traumatizzarla. Quindi in realtà, non era giusto fosse il solo a portare il peso
della nostra rottura. Da quando Terri aveva perso il bambino, Will aveva deciso di restarle vicino, per aiutarla: era entrata
in depressione dopo l'aborto spontaneo. Forse però, nonostante avesse attraversato tanto dolore per la morte di suo figlio
solo al terzo mese di gravidanza, la invidiavo. Anche io ero stata costretta ad attraversare i problemi di una figlia, la
sua adolescenza, la scuola, le cotte, e tutto il resto... ma almeno lei aveva qualcuno che potesse aiutarla.
Dal suo matrimonio, invece, io non avevo neanche più Will ad appoggiarmi. Non avevo nessuno, se non mia figlia sedicenne.
Mi dispiaceva un po' per Terri, ma non era neanche giusto che Will continuasse a fingere di amarla: doveva lasciarla.
Non pretendevo lo facesse per me, anche se molto probabilmente era la ragione principale; ma per se stesso, e anche per
Terri, per smettere di ingannarla e di rovinare la sua stessa vita. Fissai un'ultima volta i miei occhi castano-chiaro
nello specchietto. Sorrisi leggermente, mi ricordai di non aver messo il rossetto quella mattina, quindi lo cercai nella
borsetta e passai il tubetto oro sulle labbra colorandole di rosso. Feci scorrere lo sguardo sul giardino della scuola
dal quale si accedeva all'edificio. Aprii la portiera e toccai il terreno con il tacco sinistro. Presi la borsa e mi
avviai verso l'edificio.

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Capitolo 3
*** Finalmente ***


Ero in ritardo ancora una volta, e il primo giorno di scuola, per giunta. No, non era possibile. Non era possibile: Se
il preside Figgins mi avesse sorpreso in ritardo il primo giorno di settembre, avrei potuto anche dire addio alla 
cattedra d'inglese. Entrai nell'atrio della scuola e correndo mi diressi verso la mia aula, sperando che i miei studenti
della prima ora non stessero aspettando da molto. Tirai fuori dalla borsa di tela nera il solito libro su Shakespeare per
gli studenti del terzo anno, aprii la porta della classe di corsa. I ragazzi si alzarono in piedi e mi salutarono con un
cenno. Buon inizio anno, ragazzi Dissi sedendomi velocemente dietro alla cattedra. Allora, non ricordo bene dove
c'eravamo fermati l'anno scorso... Proseguii così la mia lezione in tranquillità fino all'ora di pranzo. Quando la 
campanella dell'ultima ora della mattina suonò, congedai il mio gruppo di ragazzi e mi diressi in sala professori, con
la mia cioccolata calda (che per il ritardo non avevo potuto consumare a colazione) e il cestino del pranzo, con dentro
due tramezzini al burro d'arachidi. Mi sovvenne che, nonostante fossi a scuola già da cinque ore, non avessi ancora
incontrato nè il preside, fortunatamente, nè Will, cosa di cui ero molto più preoccupata. Aprii la porta della sala
professori e seduto al tavolo accanto alla finestra, ovviamente, ci trovai lui (con la sua immancabile porzione di 
biscotti al cioccolato). Lo guardai per qualche minuto, forzando un sorriso quando i suoi occhi incontrarono i miei.
Appena mi vide, di fretta e quasi imbarazzato, posò quello che era rimasto dell'ultimo biscotto della confezione nel suo
cestino, si alzò dalla sua postazione, e mi venne incontro. Sono, così felice di rivederti! Insomma, lo so che lavoriamo
insieme e tutto il resto, ma tu resti sempre e comunque la bambina inglese di cinque anni che ho conosciuto in prima
elementare. Non posso stare troppo tempo senza di te Mi abbracciò forte e io ricambiai per qualche istante, per poi 
allontanarmi e guardarlo in viso. Dillo con parole normali Shuester! Dissi ridendo. Notando che continuava a fissarmi,
mi affrettai a rispondere. Sì, mi sei mancato anche tu... Continuai sorridendo. In un certo senso, anche io 
continuavo a vedere il bimbo di sei anni che il primo giorno di scuola mi aveva salutata, perchè mi vedeva da sola.
Era stato difficile per me ambientarmi all'inizio; insomma, ero straniera e timida, inoltre ero anche più piccola degli
altri alunni. Will e April mi avevano aiutato molto, entrambi. Eravamo molto legati, da ragazzi. Pultroppo dopo il liceo
i rapporti con April si sono interrotti, non la vedevo da sedici anni: da quando avevo adottato Rachel e Shelby era
andata a Broadway. Non sapevo che fine avesse fatto la bambina bionda che rideva come una papera e portava sempre le
treccine, ma in cuor mio speravo stesse bene, che fosse felice. Almeno una di noi tre, almeno così, ce l'avrebbe fatta.
Quando eravamo piccoli sognavamo sempre di diventare famosi. Io e Will ovviamente non ci eravamo riusciti, un po' per
Rachel e un po' per Terri; speravo che April fosse stata più forte di noi, di me soprattutto; che avesse continuato a 
sperare senza abbandonare la sua più grande aspirazione: uno spettacolo tutto suo, sul più famoso palco Newyorkese.
Mi limitai ad archiviare ricordi misti tra rimpianti e nostalgie, scuotendo leggermente la testa e ritornando al 
presente. Alzai il viso, notai che Will aveva cominciato a guardarmi, allora cercai di introdurre un argomento 
interessante. Allora, come è andata la tua estate? Mi stavo solo prendendo in giro. Insomma, un argomento 
interessante? Io sono inglese! Io e la mia famiglia parlavamo soprattutto del tempo surante le nostre telefonate, altro
che argomento interessante. La conversazione non era proprio il mio forte. Ma per fortuna Will mi conosceva da sempre, era
il mio migliore amico, capiva quando ero in difficoltà, mi capiva sempre. Era questo quello che mi aveva fatta
innamorare di lui. Questo e la sua pronuncia in spagnolo, ovvio. Oh, bene. Abbiamo passato due interi mesi a casa dei
genitori di Terri, in campagna. Ti dico solo, che durante le spedizioni di caccia, mi mettevo davanti alle volpi per
farmi sparare io. E' stato molto divertente. Risi alle sue parole. E tu, invece? Sempre nella tua vecchia casa in
Inghilterra con i tuoi e Rach? Annuii piano, un po' malinconica. Will, April e io, passavamo tutte le estati nella mia
villa a Sud di Londra, immersa nel verde, che dava su un lago. Il posto ideale dove trascorrere l'infanzia con gli 
amici, insomma. Mi mancavano così tanto quelle corse nei prati, le prove di canto nello scantinato (con quel costante
odore acre di vino che puntualmente interrompeva le prove di qualsiasi canzone dei Journey o dei Beatles), e le 
battaglie all'ultimo sangue tra moschettieri, improvvisate con qualche vecchio bastoncino di legno pieno di 
formiche. La cosa che più mi mancava forse, non era quello che facevamo, ma come lo facevamo: tutti e tre insieme.
Quelli erano ancora gli anni felici, quando eravamo tanto uniti. Durante il liceo avevamo iniziato a separarci, noi due
da April. Non solo perchè stavamo insieme ed eravamo follemente innamorati, ma perchè (facevamo tutti e tre parte del
Glee club del liceo McKinley di allora) April era diventata una Cheer Leader, e cominciò a trattarci in modo diverso.
La riappadificazione finale avvenne con il viaggio estivo dell'ultimo anno di liceo, prima che io adottassi Rachel e 
mi specializzassi in insegnamento inglese. E' stata l'esperienza più bella di tutta la mia vita, tutta l'Europa:
Germania, Russia, l'allora Iugoslavia, l'Olanda... dopo essere stati ad Amsterdam April ci salutò definitivamente, fu 
l'ultima volta in cui la vedemmo, si fermò da un suo cugino olandese (ovviamente amava l'Olanda, essendo lei un po'
troppo libertina), mentre Will ed io passammo un mese intero a Parigi. Forse la sosta in Francia fu la parte
migliore della vacanza. Ovviamente, essere insieme nella città dell'amore fu, appunto, romanticissimo. Scossi di nuovo
la testa, allontanandomi dal passato. Emh, si. Passo lì tutte le estati. Ovviamente Will sapeva dove volevo arrivare
con le mie domande indirette. E Terri? Lei come sta? Chiesi facendomi un po' cupa e alzando il tono di voce, 
strozzando le parole in gola. Lui mi guardò ancora. Mi invitò a sedermi accanto a lui e così feci. Eravamo al tavolo
rotondo, uno di fronte all'altro. Mi prese la mano e mi guardò negli occhi. Lei sta... Tossii schiarendosi la voce.
Terri sta bene. Insomma, tu la conosci. Lei non sta mai bene. Perfetto. Pensai. ''Terri non sta mai bene'',
equivaleva a ''Terri ha ancora bisogno di me''. Abbassai lo scguardo. Will però, evidentemente, capii quello che
avevo colto dalle sue parole, allora si affrettò ad aggiungere una specificazione, sorridendo; come se si sentisse
sollevato, libero da un enorme peso. Ma questo non è più un problema mio. Disse alzandomi il viso basso con la mano,
prendendomi per il mento e costringendormi a guardarlo negli occhi, cosa che, dopo aver sentito le sue parole, feci ben
volentieri. Cosa? Dissi io, aggrottando le sopracciglia. Ho deciso di lasciare mia moglie. Ma che dico, mia moglie.
Io in realtà non ho mai amato Terri, sono stato costretto a sposarla. Quindi, ora che sta un po' meglio, è finita.
La lascerò. La lascerò per te. Perchè è te che amo. E' te che ho sempre amato. E continuerò a farlo per sempre, amore
mio. 

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Capitolo 4
*** Anime complementari-Coincidenze ***


Avevo lasciato la sala professori un po' sconvolta, dopo quello che era successo. Il ciuffo castano continuava a
sballonzolarmi da una parte all'altra della fronte, mentre camminavo. Avevo terminato anche il mio turno pomeridiano, e
volevo solo tornare a casa, fare un bagno caldo, e provare a riorganizzare tutti i rumorosi casini che avevo in testa,
per riuscire ad ascoltare in silenzio i miei pensieri, e riflettere sul da farsi. Avevo appena finito di correggere 
le verifiche e i test d'ingresso dei ragazzi nuovi, dovevo andare a prendere Rachel. In macchina, durante il tregitto, 
aveva accennato ad un nuovo corso pomeridiano, ma non mi aveva detto quale. Ricordavo solo avesse parlato dell'auditorium.
Affrettai il passo e mi bloccai di scatto quando mi ritrovai di fronte alla porta della vecchia sede del Glee. 
Mi rattristava un po',vedere il mio vecchio auditorium, luogo delle mie innumerevoli esibizioni, del mio primo duetto,
della mia prima gara di ballo. Sorrisi leggermente e mi morsi un labbro. Aprii lentamente la porta blu a due ante, 
spingendola davanti a me.Feci un paio di passi avanti, poi mi voltai su me stessa, e chiusi il portone alle mie spalle. 
Le luci che si riflettevano sul palco nero lucido, erano quasi magiche. Era da sedici anni che non provavo quella sensazione. Erano 
sedici anni che non mi sentivo protagonista della mia vita, quella su cui dovevano essere puntati i riflettori, non la
spettatrice che strizza gli occhi cercando di vedere la star dello spettacolo. Ero rimasta in fondo all'auditorium,
non riuscivo a vedere molto, con quelle luci che invadevano le mura, ci sbattevano contro, e violentemente si
rigettavano nei miei occhi. Presi i miei occhiali da sole rossi dalla tasca del cappotto violaceo (fin da quand'ero
giovane usavo sempre avere aportata di mano i miei occhiali) e li misi sul naso curvandomi per vedere meglio.
Mi mossi leggermente e i miei tacchi fecero rumore sul pavimento di parquet lucido. Abbassandomi e togliendomi dalla
traiettoria dei riflettori malefici, riuscii a vedere un gruppo di persone sedute sulle poltroncine della prima fila,
subito prima del palco. Continuai a tacchettare rumorosamente per la discesina blu scura, fino ad arrivare alla terzultima
fila di poltroncine. Riuscii a distinguere meglio le figure che avevo davanti, c'erano sia ragazzi che ragazze. Piuttosto
strano, visto che mi figlia di solito, partecipava a dei corsi alquanto noiosi che interessavano unicamente a lei, e al 
professore o professoressa che insegnava. Alzai gli occhialoni scuri sulla testa, incastrandomi tra i capelli e mi avvicinai
ancora. Emh, salve. Dissi rivolgendomi agli studenti, muovendo leggermente la mano in segno di saluto, aprendola e 
richiudendola velocemente. Rachel mi vide, era seduta in una delle poltroncine nel mezzo, accanto ad un ragazzo
decisamente più alto di lei. Si alzò velocemente, stirandosi la gonnellina grigia e abbassandosi la felpa con sopra
stampata una civetta. Quanto odiavo quelle sue dannate felpe con gli animali gliele avrei bruciate tutte. Mi sorrise e 
si avvicinò a me. Ciao mamma. Si limitò a dire, uscendo dalla fila di poltrone e venendo verso di me. Com'è andata
oggi? Mi prese per le braccia e mi abbracciò, stringendomi forte e continuando a sorridermi. Mmh, bene, Chellie.
A quanto pare è andata bene anche per te, sembri così... felice! Dissi ridendo e guardandola confusa. Lei mi sorrise
ancora una volta, mordendosi il labbro inferiore e guardandomi negli occhi, rivolgendomi poi una breve spiegazione,
gesticolando e curvandosi leggermente sulle ginocchia, con una mano dentro l'altra e spostando lo sguardo verso il basso.
Bé, sono tanto felice perchè, sono riuscita a ricostituire un gruppo Calcò con violenza questa parola, sembrava quasi
infastidendo il resto dei suoi compagni. Ma mia figlia era un po' come me in questo, si emozionava. Non aveva molti amici,
ma a differenza di me, aveva la faccia tosta. Che tanto tempo fa era considerato stupido, insensato e perdente ma che
con me riuscirà a tornare in auge! Proseguì forzando le parole, dandogli quasi un'interpretazione drammatica e seria.
In realtà ero contenta che si appassionasse a qualcosa, ma era anche tanto divertente prenderla in giro. Sembrava l'unica
a cui davvero interessasse quello che diceva, o quello che si faceva nel cosidetto ''gruppo''. Risi divertita.
Oh, sono.. sono contenta che tu abbia ricostituito il ''Club del Cucito'', Rachel. Devi andarne molto fiera. Scoppiai
di nuovo a ridere, e con me, stavolta, anche il resto dei ragazzi che, visibilmente, stavano ascoltando la nostra
conversazione con molto più interesse, rispetto a quanto stessero seguendo le parole di Rach prima del mio arrivo.
Lei mi fulminò con lo sguardo. Il Glee Club non è una cosa su cui scherzare! Disse alzando la voce, per farsi
sentire anche dal resto dei suoi amici che stava origliando. Che cosa? Dissi io arrestando le mie risate, e facendo
arrestare anche quelle dei ragazzi, che ora erano in piedi, e mi avevano salutato con un cenno, dopo aver capito che ero
una professoressa. Il Glee Club? Sul... sul serio, Rach? Esiste ancora? Dissi sbalordita, fissando Rachel ad occhi
sbarrati. Rachel mi rispose più confusa di me. Emh, si, mamma. Perchè? Non dirmi che sai che cos'è? Chiese quasi
certa che la mia risposta sarebbe stata negativa, o vaga forse. Invece le risposi annuendo; mentre lei aggrottava le
sopracciglia, io le incurvavo, sempre più stupita. Mentre i ragazzi mi guardavano rintronati. E tu, Rach... tu sai
cantare? Chiesi rendendomi, evidentemente, pubblicamente ridicola, perchè scatenai le fragorose risate de tutto il
gruppo di ragazzi, mia figlia compresa. Questa volta fu il ragazzo alto a rispondermi, quello che indossava la divisa
sportiva, e si teneva mano nella mano con la Cheer Leader bionda, con la coda di cavallo: Bé, si, signora Aggrottai
un po' il naso, quando disse Signora: Sembravo veramente tanto vecchia? Noncurante della mia espressione infastidita,
il ragazzo proseguii ad elogiare Rach. E' di sicuro la voce migliore di tutto il Glee, è davvero... Si fermò per un
attimo, misurando le parole, e rivolgendo uno sguardo dolce a Rachel, che fece arrossire lei, visibilmente arrabbiare
la Cheer Leader bionda, e sorridere me. Fantastica. Disse alla fine, in un sussurro sorridendo debolmente e 
continuando a fissare mia figlia. La ragazza con la coda di cavallo, allora, lasciò la sua mano e gli diede un pugno,
per niente leggiadro ed elegante, sulla spalla. Lui spostò velocemente lo sguardo dolce da Rach alla biondina,
passandosi la mano su e giù sul braccio palesemente dolorante. Rachel smise di guardare il ragazzo alto e spostò
nuovamente gli occhi su di me, con un sorriso soddisfatto e un'espressione fiera ed orgogliosa. Io la guardai stupita.
Congratulazioni, piccola. Hai anche già un ammiratore. Le dissi ridendo e guardandola divertita (per l'evidente atto di
gelosia della ragazza magra e con il naso perfetto, che doveva essere la fidanzata di quello che avevo etichettato,
come il Quaterback della squadra di Football del McKinley. Lei mi guardò e rise con me. Poi mi chiese spiegazioni.
Come mai sai cos'è il Glee, ma? Esisteva anche quando venivi a scuola qui? Mi chiese curiosa. Io le risposi con un cenno.
Eh, si. Certo che adesso sembra tanto tempo fa, ma infondo questa scuola non è cambiata molto, da quando ci studiavo io.
Certo, erano altri tempi... ma forse non così lontani quanto pensavo. E poi, sembra quasi fatto a posta, che tu sia la
voce solista. Tale madre, tale figlia. Rachel iniziò a fissarmi sconvolta, ad occhi sbarrati e bocca aperta. Dopo
qualche secondo, vedendomi calma e indifferente alle mie parole, ritrovò il coraggio di parlare. Facevi parte del Glee,
anche tu? La guardai tranquilla, limitandomi ad annuirle. Ma cosa significa, ''anche tu''? Feci segno delle
vorgolette con le mani, guardando Rach con le sopracciglia aggrottate. Intanto i ragazzi si erano riseduti, e il
quaterback mi lanciò un urlo da una delle ultime poltroncine, lontane da me e Rachel (dove la sua fidanzata, l'aveva
fatto gentilmente accomodare.): Si signora! Di nuovo con quel Signora che mi faceva arricciare il naso. Lei non
è l'unico membro del vecchio Glee che conosciamo Proseguii ridendo. Poi parlò una ragazza vestita di nero, con i tratti
asiatici, seduta accanto ad un ragazzino con la sedia a rotelle. Lei aveva i capelli neri e lunghi, un vestito scuro e delle
ciocche colorate di blu che le spuntavano da dietro le orecchie: Il nostro professore, faceva parte del Glee al liceo,
proprio come lei A quel punto Rachel spostò lo sguardo dalla ragazza, che si era voltata verso di noi, a me, ancora una
volta. Deve avere su per giù la tua stessa età... Disse sollevando le spalle. Potresti conoscerlo Mi disse gesticolando.
Non so. Risposi io. Mi ricordai di essere in ritardo per il mio bagno caldo. Diedi un'occhiata all'orologio. Erano le
cinque del pomeriggio. Mi sovvenne il perchè della mia visita all'auditorium, che aveva involontariamente scatenato un
dibattito con degli adolescenti sui miei anni del liceo. Chellie, mi fa piacere che abbiate ricostruito il Glee Club;
ciononostante, è davvero molto tardi, e io ero venuta qui per chiederti di tornare a casa. Potresti sbrigarti per favore?
Oggi è stata una giornata molto...stancante. Lei annuii, comprendendo la mia situazione. Prese velocemente la giacca
di velluto, che aveva lasciato sulla poltroncina dove era rimasta seduta fino a pochi minuti prima. Salutò con un cenno
il ragazzo alto, la sua fidanzata bionda, la ragazza tutta in nero, il ragazzo sulla sedia a rotelle e altri che non avevo
mai notato a scuola. Apetta mamma. Disse Rachel, notando che mi stavo già incamminando verso la porta, come sempre,
tacchettando. Voglio presentarti il professore. Per vedere se ti ricordi di lui. E' andato a prendere degli spartiti
dietro le quinte, vieni con me. Mi sorrise e mi prese per un braccio. Entrambe rivolgemmo un ultimo cenno ai ragazzi
seduti sulle poltrone e ci dirigemmo dietro le quinte, salendo velocemente sul palco lucido, e inoltrandoci sulla sinistra,
in un vicolo buio e breve, dalle pareti di sughero. La seguii fino ad una saletta con degli scatoloni di cartone. Quando
ero giovane e frequentavo io il Glee, quella era la stanza dove ci preparavamo per le esibizioni. Ci avevamo piazzato
anche un paio di armadi per i costumi di scena, un piano di riserva, una batteria, delle chitarre, un tavolo con delle
sedie e un frigo-bar per le bibite. Ovviamente quando il Club è fallito, Figgins ha pensato bene di vendere tutto, per
ricavarci fondi da investire per le Cheerios. Il vecchio divano viola era l'unica cosa rimasta, questo unicamente perchè
era talmente tanto vecchio e rovinato, che sarebbe stato impossibile venderlo; lo stesso valeva per la poltroncina verde
e la scala di legno chiaro (talmente piena di tarli da fare lo stesso rumore di una vecchia radio sulla frequesza sbagliata).
Rimasi ferma per un po' a guardarmi intorno. Rachel mi lasciò il braccio e si infilò dietro ad una porticina grigia, 
rovinata anche quella, dalla quale provenivano dei rumori, come se qualcuno stesse rovistando tra mucchi di carta straccia
e spostando gli scatoloni dentro cui erano contenuti. Dopo un paio di minuti, venne fuori sorridendo, si mise accanto a me
e aspettò che la persona che era dentro il ripostiglio, aprisse nuovamente la porta grigia e venisse fuori.
Vedrai, ti piacerà. E' una di quelle persone che si troverebbe molto bene con te. Disse lei guardandomi. Vidi spuntare
dallo stanzino un uomo, che a prima vista non riconobbi, tutto impolverato. Quando alzò il viso e mi vide, capii chi era.
Will mi guardò per qualche istante, poi sorrise, e dal sorriso passò velocemente ad una risata. Lo stesso feci io.
Rachel, non mi avevi detto che la persona che volevi farmi conoscere era tua madre Disse ancora ridendo. Mi si 
precipitò incontro, mi prese il viso tra le mani, e mi diede un bacio in fronte, tra i capelli. Emh... Dissi io,
spingendolo un po' più indietro, malvolentieri, indicando con il pollice mia figlia, che era rimasta dietro di me.
Mi voltai, e vidi il suo viso completamente confuso. Voi... voi due vi conoscete? Disse Rachel facendo la testa indietro
e sgranando gli occhi. Da un po' di tempo... Dissi io ironica, voltandomi ancora una volta verso Will. Poi fu lui a
perlare, sempre scherzando. Si, da quasi trent'anni, che vuoi che siano... Scherzò sorridendo. Rachel ci guardò
entrambi. Stavolta non riuscii ad interpretare il suo sguardo. Era contemporaneamente confuso e consapevole; felice e 
sopettoso; sorpreso e indulgente. Comunque noi stavamo per andare via. Dissi io, interrompendo quel momento di silenzio,
fatto solo di sguardi. Passando dal braccio di Will a quello di Rachel. Emh, si. Si, allora. Ci vediamo domani. Ah, e a
proposito... se non ti avesse portato qui Rachel, ti avrei chiamata io. Come puoi ben immaginare, ho preso io la direzione
del Glee Club, ma avrei bisogno di una mano. E tu, sei la persona perfetta! Mi guardò speranzoso, e Rachel assunse la
stessa espressione. Dai... Continuò Will. Poi fu Rach ad aggiungere qualcosa: Dai mamma! Sarà divertente! Dì di siii!
Mi guardò supplichevole. Va bene Gridai io. Sorridendo felice. Sarà divertente... Ora però, è davvero tardi. Dissi
indicando Rachel a Will. Lui mi capì, annuendomi. Allora ci vediamo domani! Mi urlò mentre io e mia figlia ci stavamo
già incamminando verso la porta dell'auditorium. Lui era uscito sul palco, e lui e gli altri ragazzi ci stavano salutando,
muovendo le mani. Ricambiammo e uscimmo nel corridoio della scuola. Allora, mamma? Ho visto il professor Shuester molto
felice di vederti. C'è qualcosa che dovresti dirmi? Chiese Rachel, una volta fuori dall'edificio, mentre ci avviavamo 
all'auto. Aprii la portiera e mi sedetti sul sedile, impugnando il volante. Oh, no Dissi io, in falsetto. Mi schiarii
la voce. Assolutamente niente, tesoro. E adesso andiamo a casa, che è meglio

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Capitolo 5
*** Notte. ***


Rachel ed io eravamo tornate a casa intorno alle sei. Mi ero precipitata in bagno, avevo fatto scorrere l'acqua calda,
e finalmente avevo avuto modo di riflettere: considerato che io credevo cecamente alle parole di Will, e che lui mi
aveva detto di amare me e solo me, non ci trovavo nulla di male nel riprovare a costruirmi una vita che ruotasse
intorno a me. Avevo una voglia matta di innamorarmi di nuovo, di riprovare quei sentimente così belli e forti, quelli che
solo l' amore può regalarti. Chiarito tutto ciò, ero uscita dalla vasca bollente e mi eropreparata per dormire. Rachel e 
io avevamo passato la serata a guardare vecchi film, da ''E' nata una stella'' a ''Funny Girl'', di fronte ad un paio
di porzioni di cibo cinese, ciascuno. L'avevo mandata a letto verso le undici e mi ero diretta in camera mia, decisamente
più sollevata di sei ore prima. Avevo discusso con me stessa, mi sentivo molto meglio. Presi sonno quasi 
immediatamente e a mezzanotte, ero nel mondo dei sogni già da un po'. 
Verso l'una, un rumore mi scosse e per evitare di svegliare Rachel, aprii malvolentieri gli occhi e cercai di isolare il
suono per capire cosa fosse.
                                                                                                     DRIIIINNN!!!
 
Il campanello della porta ruppe il silenzio della notte una seconda volta. Mi alzai dal letto, gettando le coperte contro
la pediera. Arrivo! Arrivo! Gridai nel buio completo con voce assonnata. Uscii dalla mia stanza ed un debole fascio di 
luce mi illuminò il cammino. Arrivai arrancando alla porta, afferrai la maniglia fredda e girai il pomello. Aprii gli
occhi ed alzai lo sguardo.
Mi ritrovai davanti Will, a quell'ora era piuttosto strano. Lo fissai confusa, scuotendo la testa. Entra...
Sussurrai all'inizio. Lui mi sorrise abbassando leggermente il capo, prese la porta per il pomello, scostando
delicatamente la mia mano, e la richiuse dietro alle sue spalle. Quando eravamo bambini la differenza d'altezza tra noi
era più marcata: in quel momento notavo fosse alto solo un paio di centimetri in più di me. Arricciai il naso e lo
guardai, notando che lui non si sbrigava a parlare. Che... che cosa ci fai qui di notte? Chiesi suotendo la testa.
Se volevi parlarmi del Glee, non credo che questo sia il momento migliore. Indicai il mio corpo: indossavo solo la
guepiére che usavo per dormire, che mi lasciava completamente scoperte le gambe. Forse quella non era la mise adatta
per avere un colloquio con un uomo, di notte.
Emh, a dire il vero non volevo parlarti... Will deglutii rumorosamente. Fece il solito sorriso sghembo che mi faceva
sciogliere, mi prese per le spalle, e premette le sue labbra contro le mie, molto più forte di quanto potessi
immaginare. Mugugnai debolmente, mi scostai per un attimo, per guardarlo negli occhi. C'è mia figlia di là...
Sussurrai, lanciando uno sguardo al resto della casa buia, a dove si sarebbe dovuta trovare la camera di Rachel.
Lui toccò il mio naso con il suo, tenendomi per il collo. Sshh, non si sveglierà Disse baciandomi le spalle,
costringendomi contro il muro e prendendomi per le gambe, facendole attorcigliare intorno al suo ventre.
Andiamo in camera? Sussurrò prima di mordermi l'orecchio. Io annuii baciandolo forte e mordendogli il labbro inferiore.
Mi prese in braccio e mi portò velocemente nella stanza buia, adagiandomi sul letto in ferro battuto, sulle lenzuola
disfatte. Sei sicuro.. insomma.. Dopo quello che è successo con Terri, e tutto il resto.. Mi guardò accigliato.
Se hai paura di rimanere incinta, io... Abbassò il viso ridendo.
Non è per quello, idiota. Risi e presi il suo viso tra le mani e lo tirai in su, costringendolo a venire sopra di me.
Dico solo che dovresti lasciare tua moglie, prima di... Lui mi interruppe velocemente, baciandomi gli zigomi
delicatamente e sussurrandomi all'orecchio. Amore, se veramente vuoi aspettare, per me non c'è alcun problema...
Sorrise e si sedette su di me. Possiamo guardare un film! Disse sorridendo.
Non importa Mi affrettai a rispondere. Ho aspettato troppo tempo. Una notte prima, una notte dopo... Lo guardai per un
attimo. Ripensai in pochi istanti quanto fosse dannatamente piacevole stare con lui, in ogni senso.
Meglio una notte prima Dissi ridendo, prendendolo per il colletto della camicia e tirandolo sopra di me.
Rise anche lui sfilandomi la guepiére, mentre io gli sbottonavo i pantaloni.
Ti amo Sussurrò baciandomi il collo.
Sorrisi felice e lanciai un grido debole quando mi morse. Ti amo anch'io.

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Capitolo 6
*** Risveglio ***


La luce dell'alba mi svegliò lentamente. Un raggio luminoso mi capitò precisamente sugli occhi, tutto quello che
vedevo, era l'interno delle mie palpebre, passato da nero e buio, a rosso fuoco. Strizzai gli occhi, arricciai il naso
e contorsi le labbra. Mmh... Mi lamentai passandomi una mano sulla fornte e sugli occhi, socchiudendo timidamente
questi ultimi. La mia stanza era sempre la stessa: il grande comò di ciliegio continuava ad essere la prima cosa che
vedevo al mio risveglio, sopra c'erano le stesse fotografie di Rachel da bambina, e quelle di Will ed io il giorno del
diploma. Ero sveglia da qualche minuto, più o meno, ma non mi sentivo il corpo. Smisi di guardare il soffitto e abbassai
lo sguardo. Invece che sul cuscino, la mia testa era comodamente poggiata sul torace di Will, che aveva indossato una
delle vecchie magliette che usava tenere a casa mia, quando eravmo giovani. Mi domandai tra me e me perchè non avesse
rimesso la camicia con cui si era presentato a casa mia la notte prima. Trovai presto la risposta: la indossavo io. Durante la notte dovevo
aver spinto le coperte verso il basso, perchè me le ritrovavo solo sullo stomaco, e non sopra le spalle, come dormivo di
solito; mentre a Will arrivavano appena al ventre. Era voltato verso di me e il suo naso toccava la mia fronte. Mi
ricordai di essere ancora stesa sul suo petto, passai la mano sinistra di fronte a me, passandola dalla sua schiena al suo
sterno. Presi un respiro profondo: era difficile muoversi da quella posizione, perchè avrebbe significato porre fine a
quella situazione, semplicemente perfetta. C'eravamo solo lui ed io, al mattino, a letto. Come quando avevo diciassette
anni. Mi feci coraggio e tirai su la schiena, sedendomi a gambe incrociate nel centro del letto a due piazze, facendo 
piegare la camicia a righine azzurre tra le mie ginocchia. Mi morsi il labbro inferiore, contemplando la plasticità
delle prime luci albeggianti delle sei (orario segnalatomi dalla sveglia elettronica posta sul comò). Will, evidentemente,
doveva aver notato i miei movimenti, poichè quasi immediatamente, aprì gli occhi, li richiuse, e li aprì di nuovo, sta volta
definitivamente. Io mi ero voltata per guardarlo, visto che sedendomi gli avevo dato la schiena. Lui si alzò, 
appoggiandosi a me e abbracciandomi da dietro. Mi morse l'orecchio, poi sussurrò. Buongiorno Disse ridendo. Risi 
anch'io con lui. Assaporai per un'ultima volta il silenzio, poi mi decisi a parlare. Buongiorno amore. Sospirai felice,
senza voltarmi. Will mi strinse ancora più forte, facendo diventare profonde le pieghe della sua-mia camicia. Continuò
a baciarmi l'orecchio sinistro, arrivando fino al collo. Mi decisi a voltarmi e mi ristesi sopra di lui, costringendolo
sul cuscino. Lui mi attrasse a sé prendendomi per entrambe le spalle, facendomi abbassare e ristendermi su di lui. Gli
baciai velocemente il collo. Posso farti una domanda? Gli sussurrai poi, continuando a riempirlo di piccoli baci delicati
sul collo e sulle spalle. Lui smise di baciarmi gli zigomi. Emh, certo... Mi rispose prendendo il mio viso tra le mani,
per guardarmi negli occhi. Respirai di nuovo profondamente, gustando la quiete di quell'attimo. Poi parlai. Ma a Terri, 
che scusa hai raccontato?! Sorrisi, ma non ero felice. Era più un sorriso teso, irritato e preoccupato. Non mi
andava giù di preoccuparmi per la sua ''altra donna'': non volevo che lei ostacolasse il nostro amore. Non potevo
permetterlo. Non potevo permettermi di perdere lui; non un'altra volta. Anche Will mi fissò con uno sguardo amaro, ma
gentile e premuroso. Mi ero sempre preoccupata troppo di Terri, secondo lui. Non era la prima volta che era costretto a
raccontare una balla a sua moglie per passare una notte con me. Ma io mi sentivo quasi una clandestina a stare con lui,
mentre sua moglie era a casa, da sola, ma sicura e felicemente ignara e all'oscuro, credendolo chissà dove, a fare
chissà quale cosa ''estremamente buona, generosa e che non doveva destare alcun sospetto''; ma lui era con me, a casa mia,
nel mio letto, a tradirla spudoratamente, a mentirle consapevolmente. Mi sentivo costantemente come la complice di una
rapina, o roba del genere. Vedendomi pensierosa, Will mi accarezzò la guancia, sfoderandomi uno sguardo dolce, e 
l'ennesimo, irresistibile sorriso sghembo. Mi rispose una volta per tutte: Le ho detto che sono ad un corso di 
aggiornamento , che è iniziato ieri sera alle nove e finito all'una del mattino, e che mi sarei fermato nell'albergo
fuori città dove si teneva il corso per la notte, perchè sarebbe stato troppo tardi per affrontare tre ore di macchina, e
che sarei stato troppo stanco il giorno dopo per andare a lavoro. E, prima che tu me lo chieda: SI. Si, lei ci ha creduto,
ci ha creduto cecamente. E' andato tutto bene, bene come sempre. Dalle parole che diceva doveva sembrare rassicurante, ma
così non era, sembrava sentirsi più in colpa di me. Scosse la testa velocemente, come per togliersi quei brutti pensieri
dalla testa. Poi parlò di nuovo. Le ho detto che sarei tornato a casa alle sette, quindi è meglio che mi prepari...
Fece per alzarsi, mi scostò delicatamente e mi diede un ultimo bacio sulla guancia. Si mise in piedi, di fronte a me, 
raccolse la sua roba e si rimise boxer e pantaloni. Mi guardò ridendo. Emh, Miss Berry, a dire il vero, avrei bisogno
della mia camicia... Disse indicando me che ancora la indossavo. Mi misi a ridere con lui, mentre mi guardava, chino sul
letto, chino su di me. Era questa una delle doti che mi aveva fatta innamorare di lui: riusciva a farmi sorridere anche
quando nessun altro poteva. Lo guardai anch'io con sguardo comprensivo. Me la levo subito, professore. Dissi ridendo e 
avviandomi verso il bagno. Richiusi la porta alle mie spalle e mi fissai nello specchio: avevo due occhiaie gigantesche, ma
nulla che i miei occhiali non potessero coprire. Sorrisi e mi tolsi la camicia, infilandomi un maglione baige a caso.
Uscii dal bagno e gli tirai la camicia. Lui se la infilò e si rimise la giacca. Dopo un paio di minuti eravamo sulla porta
della mia stanza da letto, uno di fronte all'altra. Sei sicuro di non voler mangiare niente? Chiesi io apprensiva.
Mi rispose con un bacio sulla fronte, prendendomi i fianchi. Fece per andare via, verso la porta. Io lo presi per il 
braccio sinistro, lo feci voltare, per guardarlo in viso. Sorrisi debolmente, un po' malicnconica. Allora ci vediamo a
lavoro. Lo salutai baciandolo sulla guancia. Lui mi strinse e mi sussurrò all'orecchio. Non vedo l'ora. Ti amo. Finì
col dire. Io sorrisi e lo lasciai andare, aprii la porta e lui iniziò a scendere le scale del condominio dove si trovava
il mio appartamento. Mentre scendeva, urlai. Promettimi che le parlerai! Lui si arresto quasi immediatamnte, rivolgendomi
l'ultimo sorriso sghembo. Certo amore mio, te lo prometto. Le parlerò oggi stesso. Mi guardò un'ultima volta e mi
fece l'occhiolino. Continuò a scendere le scale in silenzio, mentre io mi richiudevo la porta alle spalle e mi
avviavo verso la stanza di Rachel per svegliarla. Quando fui dentro, seduta ai piedi del suo letto mentre lei si pettinava,
mi sorrise. Poi si voltò verso di me. Mamma, ieri notte mi pare d'aver sentito il campanello della porta. Chi era?
Io sospirai e guardai in terra, i miei tacchi rossi. Nessuno, tesoro. Avrai sognato tutto... Lei mi sorrise di nuovo.
Perchè porti gli occhiali da sole? Domandò poi infine. Io mi sfiorai le occhiaie con un dito e la guardai leccandomi le
labbra secche. Stanno bene col vestito! Risposi ridendo e allargando le braccia, mentre Rach mi guardava sospettosa, si
voltava e si avviava verso la cucina.

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Capitolo 7
*** Quando tocchi il fondo. ***


Dopo aver preparato la colazione a Rachel ed essere arrivate a scuola, avevo tenuto la lezione regolarmente, cercando di 
non farmi influenzare dalla valanga di pensieri che mi intasava la testa. Will mi aveva promesso di parlare con Terri. 
Non me l'aveva solo detto, o accennato, lui me l'aveva promesso. Questo significava che l'avrebbe fatto sicuramente, senza
alcun dubbio. Forse quando gli avevo gridato sulle scale di lasciarla, non ero stata io, ma il mio inconscio a parlare.
Si, sicuramenta era stato il mio inconscio: a me andava bene quella situazione precaria, riuscivo a sopportarla, non
avevo bisogno di avere tutto e subito; no, non dopo aver aspettato trent'anni, sarebbe stato ipocrita. Ma inconsciamente
non vedevo l'ora di rivederlo, dopo la notte precedente. Volevo averlo tutto per me, non immediatamente, ma quasi...
Mi rifiutavo di concepire che potesse vivere ancora sotto lo stesso tetto con Terri, doveva parlarle.
Doveva riverarle che, anche se avevamo provato ad essere solo amici, non potevamo stare lontani, perchè lui era mio,
ed io ero sua, semplicemente come della droga, non potevamo fare a meno l'uno della altra. Ero aseduta alla cattedra
nella mia aula, l'ultima classe di ragazzi aveva appena varcato la soglia, ed io ero rimasta da sola, ancora nelle orecchie
lo squillo della campanella che segnava la pausa pranzo. Ero impietrita, ferma a pensare, con lo sguardo fisso davanti a me.
Volevo sapere di quello che lui aveva detto a Terri, dovevo saperlo, immediatamente. Annuii da sola in segno di consenso ai 
miei pensieri, sbattei il registro che avevo davanti sulla cattedra, alzandolo e poi facendolo cadere. Mi misi velocemente
in piedi, convinta e fiera di quello che stavo per fare, mi catapultai nell' aula di Spagnolo a pochi passi dalla mia.
Mi ritrovai davanti alla sua porta in pochi istanti, e sicura di quello che mi ero detta poco prima, diedi un forte
strattone alla maniglia, verso il basso. Spinsi la porta di legno davanti a me ed entrai. Di fronte a me ritrovai solo la
finestra spalancata ed alcuni banchi vuoti illuminati dal sole e rinfrescati dal vento. Feci pochi passi verso la fine dell'
aula e mi voltai verso destra. Poco prima del muro c'era la cattedra, con Will seduto dentro, che si reggeva la testa tra le
mani per le tempie, con i polpastrelli, massaggiandosele lievemente. Arricciai il naso: sembrava preoccupato, non mi piaceva
per niente. Mi abbassai gli occhiali da sole rossi che portavo sulla fronte, come ero solita fare quando mi preparavo ad
un lungo pianto, per non far vedere le lacrime. Magari Terri era scoppiata in una crisi isterica appena gliel'aveva detto,
aveva minacciato di accoltellarmi nel sonno, e per impedirlo lui l'aveva strangolata, quindi era ricercato dalla polizia
di tutto l'Ohio. Ma l'ipotesi era alquanto impossibile. Più probabile era invece, che fosse stato cacciato di casa, che
avesse bisogno di un posto per dormire, ed era preoccupato della presunta reazione di Rachel. O forse non c'entravo nulla
io, e non c'entrava nulla Terri: forse Sue Sylvester, la coach delle Cheerios, aveva minacciato per l'ennesima volta di 
far affondare il Glee che con fatica Will e Rachel erano riusciti a ricostruire. Scacciai i pensieri in un attimo e mi 
sedetti, prendendo una sedia dal primo banco a sinistra, di fronte alla cattedra. Una volta davanti al suo viso, notando
che si rifiutava ancora di guardarmi, lo presi per i polsi, costringendolo ad alzare la testa e smettere di mantenersi le
tempie. Lui mi guardò per un attimo, poi delicatamente fece da parte le mie mani, si alzò, senza far ricadere i suoi
occhi nei miei, sedendosi lentamente sul primo banco da cui avevo preso la sedia, costringendomi a voltarmi facendo 
strusciare i piedi di legno della mia poltroncina di plastica sul pavimento. Non riuscivo a capire: Era arrabbiato con me?
Cosa potevo aver fatto di male? Allora non era per il Glee, ma per Terri che Will era ridotto in quello stato, o forse,
per entrambi. Non notando alcuna reazione da parte sua, che continuava ad essere poggiato sul banco con lo sguardo basso,
aggrottai le sopracciglia e parlai. Cosa... che t'è preso?! Insomma, se... se è per Terri... se non le hai ancora parlato
... Io, io posso aspettarti, Will, non è mai stato un problema... e ti assicuro che non lo diventerà adesso... io...
Cercavo di esprimermi gesticolando continuando a lanciargli sguardi non ricambiati. Io ti amo. Dissi poi infine,
stringendomi nelle spalle, come se fosse una cosa ovvia, che lui non doveva assolutamente dimenticare, mai. Io l'
avrei amato sinceramente per sempre, senza riserve e senza rimpianti. Così era stato per trent'anni, e così sarebbe stato
per i futuri trenta, se non di più. Will ed io eravamo una cosa sola, non eravamo mai stati ''Will e Martine'', dal primo
giorno in cui ci siamo visti, siamo sempre stati ''noi'', e nulla sarebbe cambiato. Fidanzati ufficialmente o meno, noi
saremmo stati sempre insieme, sempre per sempre. Lui si decise finalmente ad alzare gli occhi verso di me. Ridendo 
appena alle mie parole. Ti prego, ti prego... non dire così, per favore. Dal riso era velocemente passato ad un'espressione
mesta e rassegnata. Sembrava piangesse, dal suo tono di voce, ma il suo volto era asciutto, era il suo cuore a vomitare
lacrime fino a seccarsi. Nel mio si stava lentamente formando un buco nero, la differenza era che il mio viso era bagnato,
e gli occhi umidi, ben nascosti dalle lenti scure degli occhiali. Mi si ruppe la voce. Che cosa? Mi limitai a dire,
a bocca aperta, incredula e sofferente. Eravamo lui ed io, eravamo noi il per sempre, sembravamo le coppie negli spot
dei cioccolatini. Eravamo perfetti insieme, assolutamente perfetti. Non riuscivo neanche lontanamente ad immaginare
un amore puro come il nostro... non esisteva neanche nelle fiabe. Lui era la mia favola, era il mio principe
azzuro venuto a salvarmi dalla solitudine, per non farmi più provare dolore, o sofferenza, non per procurarmene altra.
Lui respirò profondamente, come se non volesse dire nulla. Dopo un po' si sforzò a parlare. Terri è... Disse 
arrestandosi e deglutendo per un momento. Io cercai di salvare la situazione. La mia situazione perfetta, il mio ''noi'',
il mio ''lui'', il mio ''per sempre''. Perchè doveva essere sempre tutto contro di me? No, dovevo salvare il nostro
amore, a qualunque costo. Terri è matta, Will. Non darle retta, qualsiasi cosa t'abbia detto, è una bugia, non darle
ascolto. Io e te siamo una cosa diversa. Lei non può impedirci di stare insieme, lei... Degluti anch'io per poi
riprendere. Se non le hai detto nulla, amore, non importa, ci penseremo più avanti, e se... se è successa qualunque
altra cosa, non te ne curare, perchè insieme possiamo farcela! Noi... noi ce l'abbiamo sempre fatta, e continueremo,
insieme. Sforzai un sorriso tra le lacrime, mi fermai per un po'. Poi quando i peggiori pensieri mi attraversarono la
mente, i pensieri della mia vita senza di lui, mi alzai dalla mia postazione e feci un gran passo verso Will, chinandomi
sul banco dove era poggiato e prendendogli le mani. Eravamo . Lui ed io, a fissarci. Il preludio della catastrofe. 
Mi leccai velocemente le labbra e ispirai, quando notai che stava per parlare. Lei è... Terri è...  Incinta.
Mi sentii il mondo crollare addosso, le lacrime aumentare e scendere per le guance sotto forma di torrenti in piena.
La vista mi si affuscò, e così fece il mio amore.










Nota dell'autrice:

Un grazie particolare a Mrs_Monteit (la mia fan N°1) e a GleeHead (la mia prima recensione*-*)

Per una che non ha mai scritto un' FF, le vostre parole e i vostri commenti cambiano la giornata :3

Grazie ancora ;)


-Rachel/mattmorrisonaddicted/Martine  :3
E ai miei amici di sempre, che mi sopportano e leggono OGNI mio capitolo :')
Vi adoro :33

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Capitolo 8
*** Cuore infranto - Bionda come il grano ***


Non riuscivo a credere a quello che era appena successo. Ero appoggiata ad uno dei muretti esterni che si trovavano poco prima del parcheggio del McKinley, all'ingresso. Mi ero accesa una sigaretta:
fumavo solo quando ero molto nervosa, e in quel caso, dovevo ammettere di esserlo parecchio. Ero dannatamente confusa, avevo fatto colazione tutta felice e pimpante, il mio cuore era pieno zeppo d'amore
fino all'orlo, ma non ero riuscita a mantenerlo intatto fino all'ora di pranzo. Complimenti, bel colpo. Ma per la prima volta in tutta la mia vita, non ero stata io a mandare tutto all'aria, non era affatto colpa mia.
Io amavo Will con tutta me stessa, ma dopo quello che era successo mi sentivo solo incredibilmente furiosa. Mi aveva giurato di amare me e solo me, di essere stato obbligato a sposarsi, a suo tempo, e di non
aver mai dubitato dell'affetto che provava per me, unicamente per me. Non avrei mai immaginato che sarebbe arrivato così in basso, lui… era come se mi avesse tradita. la cosa senza senso, era che in realtà era
Terri che aveva tradito più di una volta con me, non viceversa. Stava per diventare padre e il suo bambino, o la sua bambina, aveva un immenso bisogno di lui, con la madre che si ritrovava. Dovevo lasciar perdere.
Assolutamente non dovevo fossilizzarmi sull'idea del principe azzurro, dell' amore perfetto, e di tutte le altre bazzecole che avevo ingoiato negli ultimi trent'anni. L'amore era solo una fregatura, un gioco da bambini,
non mi ero mai resa conto che l'unico gioco che fanno gli adulti è quello sporco. Anche Will era cambiato, in realtà. Diceva sempre di essere stato ''incastrato'' da Terri e tutto il resto: perfino io avevo creduto per un
attimo che non fosse stata colpa sua, che forse addirittura, ero stata io a provocare quel dannato litigio la notte di Natale, quando mi aveva chiesto di sposarlo e di andare a vivere con lui; avevo sempre creduto, fino
ad allora, di essere stata io a farmi sfuggire quella situazione perfetta dalle mani, quell'amore perfetto, quell' uomo perfetto. Ma no! Mi sono sempre sbagliata! Non era affatto perfetto quel doppiogiochista meschino,
bugiardo e crudele. Non mi ero mai preoccupata di avere il cuore in pappa: mi sono presentata al suo matrimonio felice e sorridente, fingendo di congratularmi con gli sposi; gli avevo perfino comprato un meraviglioso
regalo di nozze! Durante la luna di miele avevo rispettato le due settimane di vacanza che Will aveva deciso di prendersi per andare con Terri a Bora Bora: d'altronde era da me che lui sicuramente non vedeva l'ora di
tornare, no? Così ho ingoiato la pillola , cercando di non pensare ai giorni e alle notti che passavano insieme. Ovviamente Rachel, la scuola, il lavoro e tutto il resto erano un ottimo diversivo, uno scaccia pensieri
efficacissimo. L'unica cosa che mi dava davvero fastidio erano gli incubi: quelle continue immagini di loro due insieme, magari con un paio di pargoletti, di solito un maschio e una femmina, in braccio; a ridere, divertirsi
e scherzare, praticamente i protagonisti di una pubblicità; una vera famiglia. Ma ovviamente io ero stata sempre felicissima per lui, per la vita che conduceva, tra soddisfazioni sul lavoro e quelle familiari (come la prima
volta che la madre di Terri gli permetteva di chiamarla ''mamma'' e così via…). Sono stata presente perfino alla prima ecografia di Terri e del suo bambino, ma infondo sono tutte uguali! Però no, io non ho fatto neanche
un commentino sgradevole, non ho detto niente di niente, neanche durante le due cene di Natale dei tre anni in cui sono stati sposati, nonostante Terri avesse perso il bambino, illudendomi che Will la stesse solo
aiutando a superare il momento, e nonostante il tacchino e il pesce sapessero di suole di scarpa vecchie. Se questo non è amore, cos'è?! E lui mi ripagava mettendo incinta quella rovina-famiglie bitorzoluta sempre
gravida! Eh no… era l'ultima goccia, non avevo intenzione di sopportare oltre. Il mio cuore non era una diavolo di palla, che ci si poteva giocare a piacimento. Quelle non erano neanche parole mie, io non imprecavo
mai. Invece stavo sputando fuori urla e urla che sembravano battute di soap-opera, quando la protagonista veniva lasciata dal Quaterback della squadra del liceo per una Cheerleader col naso rifatto. Tutto come
da copione.Ero riuscita a fermare le lacrime da un paio di minuti, ma ricominciando a pensare a quell'ipocrita e a come mi aveva illusa, gli occhi si rifecero lucidi e le guance si rigarono di lacrime fredde per l'ennesima
volta. Scivolavano velocissime, e il vento leggero che annunciava l'arrivo del pomeriggio inoltrato, sembrava volesse congelarmele addosso. Arricciai il naso guardando il sole, che era andato a finire poco più in
basso dei miei occhi, ma era sempre color giallo canarino, spezzato qua e là da qualche nuvola grigia. Diedi un altro tiro alla sigaretta asciugandomi velocemente le lacrime con il polso destro. Avevo preso il resto
della giornata libera: subito dopo aver discusso con Will (ed essermi alzata senza dire una parola, delusa e ferita) ero corsa dal preside, ancora con gli occhi rossi ma ben coperti dai miei inseparabili occhiali, per
chiedergli di trovare una supplente d'inglese, solo per quel giorno. Ero lì da un'ora, al massimo. Rachel non ne sapeva niente, ed era giusto così, non doveva sapere nulla. Guardai l'orologio, erano quasi le tre,
mancavano pochi minuti al suono dell'ultima campanella pomeridiana. La lezione del Glee sarebbe cominciata a momenti. Teoricamente non avevo affatto voglia di entrare in quella maledetta aula, o in quel cavolo
di auditorium: anche il Glee Club era stata un'enorme fregatura per me, ci avevo partecipato solo per seguire Will e April, ma io ero una ragazza tanto timida allora… Se non avessi deciso di seguire quello
stramaledetto corso, magari Will ed io non ci saremmo mai fidanzati, saremmo rimasti amici e niente di tutto quello che mi aveva fatto soffrire della nostra storia sarebbe mai accaduto: comodo, no? L'unico motivo
per cui ci sarei andata, quel giorno, era Rachel. Lei non si meritava niente di brutto: era la mia bambina, la mia piccola creaturina perfetta. E anche se non ero io la sua vera madre, ma mia cugina Shelby, mi
sentivo vicina a lei come non mai e mi consideravo qualcosa di più di una semplice zia, o madre adottiva per lei.L'avevo salvata dall'adozione quando avevo diciassette anni. Fui costretta ad anticipare il ritorno
da Parigi per la sua nascita, volevo vederla. Quando Shelby decise di darla via ad una famiglia sconosciuta, che aveva già sei figli e viveva in periferia, io mi impuntai per farle scegliere dei candidati migliori, ma
niente. L'unica soluzione fu offrirmi io stessa per prenderla con me, avrei fatto qualsiasi cosa per poterle assicurare un futuro sereno e pieno di successi. Le avevo promesso che sarei andata a quella lezione, per
stare con lei: non le avevo mai parlato del Glee, di tutte le gare di ballo che avevo vinto, del mio ingaggio alla Lima New Succes Official Records (che poi mia madre mi aveva costretto a rifiutare quando avevo
sedici anni). Avevo un mucchio di cose da raccontarle, cuore infranto o meno. In realtà, il mio ruolo principale, era quello di madre, non quello di amante, e nemmeno quello di fidanzata o moglie. Io ero la madre
di Rachel, la mia felicità assoluta, quindi la mia priorità era svolgere il mio incarico al meglio, come avevo fatto negli anni passati, rifiutando le ben tre proposte di matrimonio di Will. Forse se ne avessi accettata
una, le cose sarebbero andate in modo diverso, ma non potevo rischiare di mettere in condizioni disagevoli Rachel. Quando avevo diciassette anni, non ero proprio sola ad occuparmi di lei: Will mi aiutava
moltissimo, passava ogni minuto a casa mia per aiutarmi, e anche Rachel lo adorava. Man mano che il tempo passava e la piccola cresceva, però,  Will divenne sempre meno abituale a casa mia, tra il lavoro
e il poco tempo libero, passavo molto più tempo io da lui. Per quello rifiutavo ogni sua proposta, Rach neanche si ricordava di lui! (Nonostante fosse stato proprio Will a scegliere il suo nome, ma questa era un'altra
delle tante cose che non le avevo mai raccontato, ecco perché lei non sapeva neanche della sua esistenza…) Purtroppo fu proprio il giorno della terza proposta, il giorno di Natale,  che Will perse le staffe e se ne
andò in giro senza pensare, con un po' troppo champagne in corpo. E BUUM!! Terri è incinta, il padre di Will lo costringe a sposarla, e… non ci fu l'occasione per una quarta proposta, ecco… Ripensandoci, l'avevo
proprio fatto penare, per ben diciassette anni di rifiuti e tira-e-molla. Forse non era stata tutta colpa sua, erano in campagna, loro due da soli, per tre mesi… Era abbastanza comprensibile. Magari, inconsciamente,
la verità era che ero un po' invidiosa. Mi sarebbe piaciuto essere al posto di Terri, essere io incinta di Will. Scossi la testa per un attimo: io ero ancora arrabbiata con lui! Non dovevo lasciarmi condizionare, dovevo
tenere la mia posizione di guerra, non si perdona da un minuto all'altro così, su due piedi. Neanche se si tratta di Will. Diedi un'altra occhiata all'orologio: come sempre in ritardo, ma brava! Mi avviai a passo veloce
verso l'aula del Glee. Mi ci ritrovai davanti prima del previsto, aprii la porta e vidi i ragazzi seduti, piuttosto attenti a quello che avevano davanti. Salutai con un cenno: c'erano tutti quelli che avevo visto in auditorium
il giorno prima. Poi mi voltai, per vedere quello che stavano seguendo con gli occhi, per cui Chellie non si era degnata neanche di dirmi ''ciao''. Vidi Will che parlava con una figura piuttosto bassina, dai capelli
vaporosi, biondi come il grano. Vedendomi si voltarono entrambi. La figura femminile, era impossibile non riconoscerla, anche tra mille, perfino a mille chilometri di distanza. Iniziai a farfugliare come una bambina,
ed ero sull'orlo di piangere per la felicità. Mi ero tolta gli occhiali già da un po', ma stavo quasi per rimettermeli. Era dal liceo che non la vedevo, la mia migliore amica. Tirai su dal naso continuando a fissare quel
quadretto: erano diciassette anni che lei, Will ed io non ci rivedevamo. April!  Dissi con la voce rotta, correndole incontro per abbracciarla.

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