Alien: Outbreak

di Marco1989
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Extincion? ***
Capitolo 2: *** The Anomaly ***
Capitolo 3: *** Danger? ***
Capitolo 4: *** Nightmare ***
Capitolo 5: *** Human Madness ***



Capitolo 1
*** Extincion? ***


Salve a tutti! Questa è la prima volta che mi cimento in una fanfiction tratta da un film, e ho voluto scegliere, per questo esordio, la mia saga preferita, cioè quella di “Alien”. Questa fiction sarà un sequel  di “Alien 3” alternativo ad “Alien: Resurrection”, e inizia quattro anni dopo gli eventi narrati nel terzo film.
Avverto chi leggerà questa storia che, pur avendo messo rating arancione poiché il rosso mi sembrava eccessivo, vi sarà qualche scena abbastanza pesante, quindi se non apprezzate l’horror vi consiglio di non leggerla (non scappate tutti per favore!).
Non voglio dare altre anticipazioni, quindi vi dirò solo…buona lettura!
 
 
 
 
EXTINCION?
 
Il maggiore John Redder, del dipartimento scientifico delle Forze Armate degli Stati Uniti, si tolse gli occhiali e si passò una mano sugli occhi; era stanco, incredibilmente stanco: erano quattro giorni che lui e la sua squadra  lavoravano quasi ininterrottamente, con pochissime pause per mangiare e dormire.

Era un ritmo forsennato, al quale non erano abituati. Facevano barte della sezione “XENOBIOLOGIA”, si occupavano di studiare l’anatomia degli organismi viventi extraterrestri. Era un compito importante, ma normalmente non prevedeva scadenze. In quel caso, però, le cose erano diverse: era stato ordinato loro di mettere ordine in un confuso insieme di dati, sequestrati nei computer della Weyland-Yutani, la compagnia che costruiva e gestiva le colonie umane sui pianeti abitabili. Quei dati erano stati utilizzati nel Grande Processo, iniziato quattro anni prima e conclusosi da pochi giorni, che aveva portato alla condanna e al fallimento della compagnia.

Redder da una parte era dispiaciuto: la compagnia aveva fatto molto per favorire la colonizzazione umana dello spazio, e moltissime persone, sia sulla terra che su altri pianeti, erano rimaste senza lavoro dopo la sua chiusura. In ogni caso, però, tutti, fin dall’inizio del processo, avevano avuto chiero che, pur con tutti gli appoggi politici di cui disponeva, la condanna della Compagnia era inevitabile, e lo stesso Redder, pensando ai crimini che avevano portato a quel processo, non poteva fare a meno di avvertire una fitta di rabbia.

Quattro anni prima, nel 2179, una compagnia di Marines Coloniali era stata inviata, su richiesta della Weyland-Yutani, a controllare cosa fosse accaduto in una loro colonia su un piccolo pianeta orbitante intorno alla stella Zeta 2 Reticuli, chiamato semplicemente LV-426, o “Acheron”. Nessuno di quegli uomini era tornato: erano scomparsi nel nulla. La spedizione di soccorso aveva trovato il pianeta devastato da una esplosione nucleare, e nessuna traccia che permettesse di capire cosa fosse successo. La nave che aveva trasportato i Marines, la U.S.S. Sulaco, era a sua volta scomparsa, ma seguendo il segnale automatico di soccorso emesso dal suo computer, ne era stato ritrovato il relitto alla deriva. Era vuota, ma nella memoria del computer erano stati ritrovati ati sufficienti per capire ciò che la Compagnia aveva fatto. Altri dati erano stati ritrovati nella da poco chiusa prigione situata sul pianeta Fiorina "Fury" 161, dove, secondo il computer della Sulaco, era stata sganciata automaticamente una navetta di salvataggio con quattro superstiti. Non c'era traccia di sopravvissuti, ma nella colonia penale erano stati trovati indizi inequivocabili, che dimostravano che in quel luogo doveva essere accaduto qualcosa di orribile, ai quali si aggiungevano i filmati delle poche telecamere di sorveglianza ancora funzionanti. Conferme ulteriori erano state estratte dalla memoria di un malandato droide modello “Bishop” trovato nel deposito rottami e identificato come l’automa di bordo della Sulaco.

Tutti quei dati portavano ad una sola conclusione: la Compagnia aveva manipolato con l’inganno e il tradimento l’esercito, aveva mandato a morire oltre una ventina di militari e i quasi centosessanta civili della colonia Hadley’s Hope su LV-426, tutto per recuperare un esemplare di una letale razza aliena parassita. Una volta incriminata la Weyland-Yutani, era stato scoperto che questa era a conoscenza dell’esistenza di quella terribile specie fin da quasi sessant’anni prima, quando aveva sacrificato l’equipaggio di un suo mercantile nel tentativo di catturare un esemplare. Era stato inoltre possibile interrogare l’unico prigioniero sopravvissuto della colonia penale di Fiorina 161, che aveva dato conferme alla ricostruzione della storia, e aveva, soprattutto, fornito una particolareggiata descrizione della creatura per la quale la Compagnia aveva commesso tanti reati.

Ridder aveva quarantadue anni, era nell’esercito da ventidue, si era laureato da militare in xenobiologia e biologia evolutiva, aveva studiato dozzine di razze aliene scoperte su vari pianeti; tra queste vi erano diversi predatori, anche molto feroci. Nulla però poteva essere paragonato a quegli esseri. In quel momento aveva davanti a sé le poche immagini rimaste di quella razza: alcune provenivano dai computer della Sulaco, e semravano essere state riprese dalle headcam dei soldati, le altre erano state estratte dai video di sorveglianza di Fiorina 161. Erano sfocate, di bassa qualità, ma mostravano abbastanza da far rizzare i capelli a Ridder: creature nere, vagamente umanoidi, dalla testa allungata priva di occhi e armata di terribili mascelle, dotati di inquietanti protuberanze sulla schiena e di una lunga coda terminante in una lama. Sembravano un incrocio tra un insetto e un demonio. Creature che, stando ai dati confiscati alla Compagnia, erano dotate di una ferocia indescrivibile, erano capaci di camminare sui muri, arrampicarsi su pareti verticali, sfonare porte d’acciaio. Avevano in bocca una lingua munita di un secondo paio di mascelle, che potevano scagliare in avanti con la violenza di un colpo di fucile, e nelle loro vene scorreva un sangue corrosivo come l’acido molecolare.

Ridder non poté reprimere un brivido: vedere quelle creature faceva pensare che, se esisteva un Dio, dovessere avere un lato sadico piuttosto pronunciato per maledire la sua creazione con un simile flagello. E il sistema con il quale sembrava si riproducessero…non voleva neanche pensarci. Un essere orrendo dalla forma di un grosso ragno usciva da un uovo e si attaccava al volto o al muso di qualsiasi creatura vivente di dimensioni sufficienti che si trovasse nelle sue vicinanze, mettendola in coma e inserendo nel suo corpo un embrione, per poi staccarsi e morire. La creatura si sviluppava nel corpo dell’ospite, che ignaro di tutto usciva dal coma e tornava alla sua vita. Ridder aveva visto una radiografia, recuperata dal computer della navetta di salvataggio della Sulaco. Aveva visto la forma larvale di quegli esseri, annidata nel torace di un essere umano, quasi pronta a sfondarlo per uscire. Nel giro di veniquattro ore dalla morte dell’ospite, l’alieno cresceva fino a diventare alto oltre due metri e pericoloso come cento leoni.

Mostruoso era la sola parola che gli veniva in mente per descrivere quelle cose. E la compagnia avrebbe voluto portarle sulla Terra…follia allo stato puro! L’ergastolo a cui era stato condannato il suo presidente, Michael Bishop, e i cinquanta miliardi di dollari che aveva dovuto pagare tra multe e rimborsi alle famiglie dei morti, gli sembravano persino troppo poco. Se quegli esseri fossero giunti sulla Terra avrebbero potuto estinguere l’intera razza umana.

Per fortuna, analizzando i dati della Compagnia, Ridder e la sua squadra erano giunti ad una conclusione: la specie sembrava estinta. Il misterioso relitto alieno pieno di uova presente su Acheron era stato distrutto dall’esplosione nucleare, e il tenente Ellen Ripley, unica sopravvissuta alla spedizione sul pianeta, accortasi di essere stata infettata, aveva scelto di suicidarsi per steminare la specie. Le era stata assegnata una medaglia, e Ridder riteneva che se la fosse meritiata per aver eliminato dall’universo una simile pestilenza.
Tutti i sistemi conosciuti erano stati scandagliati attentamente in cerca di tracce di quella razza, ma non ne erano state trovate. Probabilmente non c’era più nessun pericolo.

Ridder si accinse a concludere: salvò i dati, li inviò alla banca dati centrale del Nuovo Pentagono e fece per alzarsi dalla sua scrivania; prima però, come colto da una ultima, morbosa curiosità, tornò alla prima pagina del suo rapporto, al centro della quale faceva mostra di se la foto sbiadita di un incubo. Sotto l’immagine, vi era la stringata e incompleta classificazione della specie, incluso il nome che lui stesso le aveva assegnato:

NOME SCIENTIFICO: Linguafoeda Acheronensis (Ridder, 2183)

REGNO: Animalia

PHYLUM: sconosciuto

CLASSE: sconosciuta

ORDINE: sconosciuto

FAMIGLIA: sconosciuta

STATUS DELLA SPECIE: Estinta f.p.c. (fino a prova contraria)

Ridder sperava che quella prova non fosse mai trovata.










So che questo primo capitolo può sembrare noioso, ma era una indispensabile introduzione. Dal prossimo inizierà l'azione.

Commentate per favore! A presto!

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Capitolo 2
*** The Anomaly ***


Va beh, anche se per il momento nessuno commenta, metterò anche il capitolo due. Spero però che qualcuno commenti!!!
 
 
 
 
CAPITOLO DUE: THE ANOMALY

L’astronave Stonewall, di classe “Conestoga”, viaggiava nello spazio avvolta dal silenzio più assoluto. La sua strana forma, con il muso irto di tubi e di antenne, si stagliava contro le stelle. Persa nel vuoto, poteva sembrare diretta verso il nulla.

A bordo, i corridoi erano completamente deserti. Le luci, smorzate, illuminavano boccaporti chiusi e consolle spente, se si escludevano pochi led. La nave sembrava quasi morta, o per lo meno, a stento viva. In una delle grandi stanze della nave, congelati nelle capsule criogeniche, dormivano i membri dell’equipaggio. Erano una quarantina, tra uomini e donne, tutti in attesa dell’arrivo a destinazione.

Accadde all’improvviso: un trillo, proveniente da uno dei monitor, e le luci si accesero di colpo, le consolle tornarono in vita. Il computer che controllava la nave, nel giro di pochi secondi, spense le celle criogeniche, avviando la procedura di risveglio. La temperatura interna dei membri dell’equipaggio iniziò ad aumentare, il ritmo delle loro funzioni vitali aumentò, i loro corpi tornarono a vivere. Nel giro di pochi minuti i coperchi delle capsule si aprirono, e i loro occupanti, ancora un po’ frastornati per il lungo sonno, uscirono. Erano tutti piuttosto allegri, convinti che il loro viaggio fosse giunto alla fine.

Benché fossero tutti in biancheria, sarebbe stato possibile possibile comprendere i differenti ruoli che rivestivano; la maggior parte di loro portava al collo delle piastrine di riconoscimento, il ché li identificava come militari, ma dal differente taglio di capelli e dai colori della stessa biancheria si capiva che, mentre otto di loro appartenevano alla Flotta, e formavano probabilmente  l’equipaggio della nave, gli altri, ventinove in tutto, facevano parte dei Marines Coloniali. Gli altri sei uomini a bordo erano privi di piastrine, ed erano anche quelli che sembravano aver subito di più gli effetti del risveglio dal sonno criogenico, cose che li identificavano come civili.

Tutti gli uomini sembravano estremamente rilassati, non c’era alcuna tensione nell’aria, niente faceva pensare che quegli uomini fossero sul punto di entrare in azione. In effetti, quello della Stonewall era un semplice viaggio di trasferimento. La sua destinazione era Elysian, un pianeta colonizzato a circa 56 anni luce dalla Terra. Due anni prima l’esercito era subentrato alla compagnia Weyland-Yutani nella gestione dei pianeti colonizzati, perciò era la flotta militare a trasportare i complementi richiesti dalle colonie.

I marines dovevano entrare a far parte della guarnigione fissa del pianeta; i civili erano tutti professionisti, con un contratto di lavoro con l’esercito, ed erano atesi su Elysian da impieghi di vario tipo; quattro, tre uomini e una donna, erano scienziati: due biologi, un biochimico e un geologo. Gli altri due erano un ingegnere delle telecomunicazioni e un architetto. Tutti si erano offerti volontari per abbandonare la terra ed iniziare una nuova vita su Elysian.

Pochi minuti dopo il risveglio, l’equipaggio era già ai propri posti, e stava preparando la nave all’attracco. Il capitano e il suo vice si portarono nella cabina di pilotaggio, pronti ad escludere il pilota automatico e a guidare manualmente la nave nell’ultimo tratto di viaggio. Il capitano John Freeman era un veterano, che aveva passato venticinque dei suoi quarantacinque anni nella flotta; alto e grosso, con la pelle nera come l’ebano e le braccia dotate di muscoli possenti, sembrava in grado di uccidere un orso a mani nude.

Brett Gearing non avrebbe potuto essere più diverso dal suo comandante: piccolo e sottile, era tutto nervi, ed aveva il viso pallido tipico degli uomini della Flotta, che raramente vedevano la luce naturale del sole. I suoi occhi trasmettevano un lampo di furbizia. Fu lui il primo ad accorgersi che qualcosa non andava: - Capo, qualcosa non torna. Secondo il computer, non siamo in prossimità di Elysian.

- Cosa? Deve esserci uno sbaglio, il computer era programmato per svegliarci all’ingresso nel sistema planetario.

- Guarda tu stesso.- rispose Gearing, mostrando al comandante lo schermo del radar - Non c’è nessun pianeta nelle nostre vicinanze. Anzi, secondo il computer siamo ancora nello spazio aperto.

- Impossibile. Fammi vedere.- e prese il posto del suo vice. In effetti, secondo il sistema di posizionamento, la Stonewall era fuori da ogni sistema planetario. Nelle vicinanze non vi erano pianeti o stelle, e l’analisi spettrografica non rilevava neanche stelle nane, planetoidi, comete, asteroidi o buchi neri, niente che potesse aver fatto scattare una segnalazione di pericolo da parte del computer. Non aveva senso.

- Non c’è niente.- borbottò Freeman - Perché siamo stati svegliati? Il computer deve essere guasto.

- Anche il sistema di backup?- chiese Gearing, dubbioso - Piuttosto improbabile direi… aspetta un secondo!- e indicò un angolo dello schermo radar - Che cos’è questo? C’è un’anomalia.
Freeman controllò la zona indicata: era al limite dell’area coperta dai sensori della Stonewall, e in effetti il computer segnalava un’anomalia gravitazionale:- E’ vero, c’è qualcosa. Fai un rilevamento con il magnetometro.

Gearing premette alcuni pulsanti su una consolle, e pochi secondi dopo disse:- Rilevamento zero. Qualsiasi cosa sia, non ha alcuna emissione magnetica.

- Assurdo. Qualsiasi tipo di corpo celeste conosciuto ha un qualche tipo di emissione magnetica.

- E non può essere neanche artificiale, altrimenti questo arnese ne avrebbe individuato il metallo. Faccio una scansione.- premette di nuovo alcuni pulsanti, poi disse:- Il rilevamento è confuso, forse per la distanza. Comunque segnala una lunghezza di circa ottocento metri, con uno scarto di circa cento metri in più o in meno. Massa impossibile da valutare, forma irregolare.

- Non ha alcun senso. Un oggetto delle misure di una piccola luna non può avere una emissione magnetica uguale a zero.


- Non può essere naturale… e non può essere artificiale. Cosa diavolo è?- mormorò Gearing dubbioso.
Freeman non aveva risposte; rimase pensieroso per qualche minuto, fissando lo schermo, poi disse:- Attiva i motori sub luce. Ci avviciniamo.- attese un istante poi aggiunse:- Sistemi di armamento in stand-by.

Gearing lo fissò con aria sorpresa:- Sistemi di armamento in stand-by? Di cosa hai paura?

- Non ne ho idea. Di questo ho paura.



Dai, vorrei vedere qualche commento!

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Capitolo 3
*** Danger? ***


Freeman e Gearing erano due veterani, addestrati ed esperti; in quasi vent’anni di servizio credevano di aver visto di tutto; nulla però avrebbe mai potuto prepararli a ciò che si trovarono di fronte. Non c’era addestramento per una situazione come quella.

L’astronave era immensa, più grande di qualsiasi mezzo umano che avesse mai solcato i cieli. Aveva la forma di un ferro di cavallo, butterato e interrotto da strane protuberanze e forme simili a pinne; era lunga oltre novecento metri e larga quasi duecento, da una punta all’altra. Non c’era segno di nessuna attività, la nave sembrava alla deriva.

I due militari erano allibiti: mai nella loro vita avrebbero pensato di vedere una cosa simile, e stentavano ancora a credere a ciò che i monitor stavano mostrando loro.

- Impossibile…- mormorò Gearing, - Quella cosa non può essere una nave!

- Non può essere nient’altro…- rispose Freeman, altrettanto esterrefatto – Non può essere un corpo celeste naturale. E’ per forza artificiale…ma…

- Ma non esiste una nave umana di quelle dimensioni. E di quell’aspetto. E che abbia emissioni magnetiche uguali a zero!- sbottòGearing – Significa che quella nave non è fatta di metallo, e le navi terrestri SONO fatte di metallo!

Comprendendo quello che il suo vice stava cercando di dire, Freeman intervenne:- Non saltiamo a conclusioni affrettate. Potrebbe esserci una spiegazione razionale…

Gearing scosse la testa:- No, non può esserci, capo. La verità è che noi abbiamo di fronte la prima prova mai individuata della presenza, nell’universo, di un’altra razza inteligente oltre all’uomo.

Freeman rimase in silenzio per alcuni secondi, poi disse:- Fai un’analisi termografica, vediamo se ci dice qualcosa.

Gearing si mise ad una delle consolle, premette alcuni pulsanti, poi disse:- Emissioni termiche pari a zero. E’ fredda quanto lo spazio che le sta intorno. A bordo non c’è niente che emetta la minima traccia di calore.

- Anche se avesse motori che non producono calore, dovrebbero vedersi per lo meno le tracce termiche dei membri dell’equipaggio…qualsiasi cosa siano.- riflettè Freeman – Una nave morta, alla deriva.

Gearing schioccò la lingua un paio di volte, pensieroso, poi chiese:- Non c’è nel manuale tattico una procedura per situazioni come questa, vero?

Freeman scosse la testa, poi disse:- Va bene, escludiamo definitivamente che possa essere umana, magari un progetto sperimentale di qualche tipo. Inserisci nel computer tutti i dati che stiamo rilevando su quella nave e le immagini che abbiamo, e ordinagli di cercare in tutte le banche dati delle Forze Armate qualcosa di corrispondente.- dal suo tono di voce si capiva che non ci contava molto.

Gearing impostò la ricerca; il computer rimase inerte per quasi un minuto, mentre elaborava i milioni di file presenti nella banca dati del Nuovo Pentagono, cercando qualcosa che potesse essere paragonato alla strana nave che era apparsa davanti alla “Stonewall”. Alla fine, Gearing vide lo schermo illuminarsi di verde.

- Ehi, è incredibile! C’è una corrispondenza!- si avvicinò per leggere meglio – “File FO0032117//LV-426//Unidentified*Spaceship*Wrek”. E’ un file riservato.-

- Inserisci il nostro codice di sicurezza.- rispose Freeman avvicinandosi.

Gearing digitò alcuni numeri, e finalmente il file si aprì.

Immediatamente apparve una immagine: non era una foto, era lo schema riprodotto di una nave, dalla forma a ferro di cavallo, apparentemente schiantata su un pianeta; seguiva un breve testo:

 
Il presente schema, elaborato seguendo la descrizione fatta dal tenente di vascalleo Ellen Ripley, della Compagnia Weyland-Yutani, riproduce l’aspetto del relitto di una nave, di provenienza ignota, rinvenuta dall’astronave “Nostromo” sul planetoide LV-426, del sistema Zeta Reticuli, nell’anno 2122. Le scarse informazioni conosciute rivelano che la nave, schiantata sul pianeta da un numero imprecisato, ma probabilmente elevato di anni, non mostrava alcun segno che permettesse di ricondurla a tecnologie di origine umana.

Il testo proseguiva, descrivendo le gigantesche dimensioni e lo strano aspetto della nave, il misterioso materiale, apparentemente più biologico che sintetico, di cui sembrava essere composta, l’inquietante essere fossilizzato, una gigantesca creatura dall’aspetto vagamente umanoide, trovato seduto a quello che sembrava essere il posto di pilotaggio. La conclusione era piuttosto inquietante:

 
Non fu possibile, per l’equipaggio della “Nostromo” effettuare rilevamenti più dettagliati, a causa delle proibitive condizioni atmosferiche del pianeta. Nel 2179 una esplosione atomica ha devastato LV-426, distruggendo anche il relitto; è quindi impossibile compiere una nuova esplorazione. In nessun’altra occasione è stata rilevata la presenza di artefatti analoghi.
In caso di incontro con un mezzo dotato di tecnologia paragonabile, si consiglia di interagire con esso solo osservando la MASSIMA cautela. E’ segnalata la possibile presenza di un carico ESTREMAMENTE pericoloso.

Freeman finì di leggere, poi borbottò, allibito:- Quindi è vero… abbiamo di fronte un’astronave aliena!

- Mi sembra ancora impossibile… e hai visto le date? Lo sanno da più di sessant’anni!

Freeman, benché ancora stupefatto, rilesse di nuovo il paragrafo finale:- Carico estremamente pericoloso? Non è che diano informazioni molto precise.

- Forse non sanno neanche loro di cosa stanno parlando esattamente.- ribatté Gearing, - Tutto questo rapporto mi sembra piuttosto ipotetico…ehi, aspetta un attimo!- e indicò un punto dello schermo – C’è il rimando ad un altro file…strano, è della sezione “Xenobiologia”… hanno già parlato del pilota, perché questo secondo file?

- Prova ad aprirlo.- disse il capitano, e il secondo aprì il file “AC15229//LV-426(?)//Linguafoeda*Acheronsis”. La prima cosa che videro fu l’immagine sbiadita di una creatura nera, che sembrava uscita dal peggiore degli incubi.


I due membri dell’equipaggio impiegarono quasi quindici minuti per leggere tutta la descrizione di quelle creature: le loro mortali caratteristiche, il loro atroce ciclo riproduttivo, i resoconti dei pochissimi e letali incontri avvenuti tra loro e la specie umana, a partire dalle uova ritrovate nella stiva del relitto alieno rinvenuto su LV-426. Alla fine erano sotto shock.

Rimasero in silenzio per un tempo che parve infinito, poi alla fine Freeman disse:- Chiama il comandante dei Marines, il tenente Adams. E’ meglio che veda anche lui questa roba.




Il tenente Adams aveva trentacinque anni, ed il suo aspetto era esattamente quello che ci si sarebbe potuto aspettare da un ufficiale dei Marines Coloniali: alto, muscoloso, con lo sguardo fermo e i capelli castani tagliati cortissimi. Era un soldato esperto, che aveva partecipato a decine di azioni. Stava finendo di indossare la sua uniforme migliore, in attesa dello sbarco, quando sentì l’altoparlante della nave gracchiare: “Tenente Adams immediatamente nella cabina di pilotaggio”.

Non apprezzava essere agli ordini di quelli della Flotta, ma sapeva che sulla nave erano loro a comandare, quindi si mosse subito. Oltretutto era incuriosito: per quale motivo lui poteva servire in cabina di pilotaggio subito prima dell’arrivo su Elysian?




Freeman e Gearing occorsero venti minuti per spiegare tutto al tenente, e altri cinque servirono a quest’ultimo per digerire la situazione. Nel suo addestramento non c’era nulla che potesse prepararlo ad una situazione simile: era di fronte al relitto di una astronave appartenente ad una razza aliena sconosciuta, che forse aveva a bordo le uova della più letale creatura che gli uomini avessero mai trovato nell’universo. Cosa bisognava fare in un caso del genere? Una goccia di sudore scorse passò sulla sua fronte. Alla fine prese una decisione, e chiese:- Siete sicuri che quel relitto sia abbandonato?

Gearing scosse la testa:- Abbiamo controllato: quella nave non emette alcun segnale radio, non mostra tracce di emissioni di calore, neanche minimi. I sensori di movimento penetrano con difficoltà il materiale di cui è composta, ma posso dire quasi certamente che su quel relitto non c’è nulla di vivo, non nel sento che intendiamo sulla terra.

Non del tutto rassicurato, il tenente insistette:- Secondo voi è possibile salire a bordo?

- Beh, non abbiamo rilevato tracce di aperture o falle; dovremmo avvicinarci con una navetta, collegare un corridoio alla sua fiancata, adesivo visto che non è magnetica, e aprire un passaggio con…- Freeman si interruppe di colpo – Salire a bordo? Ma è impazzito? Ha visto cosa potremmo trovare?

- L’ho visto, ed è proprio per questo che voglio salire a bordo. – continuò il Marine, ostentando una sicurezza che non aveva – Chiamate quei due biologi civili e spiegate loro la situazione; cercate di convincerli a prendere parte alla spedizione, le loro conoscenze potrebbero esserci utili. Io vado a spiegare cosa sta succedendo ai miei uomini e a selezionare un gruppo che mi segua su quel relitto. Se lì ci sono creature come quelle,- e indicò l’essere nero sulla consolle – voglio saperlo.-

- E se veramente ci fossero, cosa pensa di fare?- chiese Freeman, a metà tra il beffardo e lo spaventato.

Pur con tutto il suo addestramento, Adams non fu in grado di rispondere a quella domanda.

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Capitolo 4
*** Nightmare ***


Allora, chiedo scusa a quelli che hanno seguito l'inizio di questa storia per averla interrotta, ma quando smisi, sembrava che a nessuno interessasse!
Adesso ci sono tornato sopra casualmente, e vedendo che, invece, ad alcuni piaceva, ho deciso di metterci nuovamente le mani, sperando che ancora interessi! Procediamo perciò con il quarto capitolo! A partire dal prossimo, inizierò a rispondere alle recensioni!
 
 
NIGHTMARE
 
 
Agganciarsi alla nave sconosciuta fu un’impresa tutt’altro che facile: il comandante Freeman fu costretto a prendere personalmente il comando di una delle navette da sbarco, e, con estrema attenzione, riuscì a portarla a pochi metri dal relitto. Fu lì che iniziarono i guai: il normale condotto di salvataggio magnetico era inutile, e nessuna delle sostanze adesive presenti sulla “Stonewall” riuscì a far presa sulla fiancata della nave. Fu perciò necessario far lavorare gli uomini nello spazio aperto, con le tute.
 
Lo strano materiale di cui era composta la nave sembrava un incrocio tra plastica, gomma e un qualche tipo di resina, ma probabilmente non aveva alcun punto di contatto con nessuna di queste sostanze; aveva l’aspetto di qualcosa di biologico, ma si dimostrò incredibilmente resistente, più di qualsiasi metallo. Quando i tecnici della “Stonewall” tentarono di aprire un passaggio con i saldatori a plasma, risultò evidente che era praticamente ignifugo: il plasma a 2000 gradi non scalfì neanche la fiancata. Furono costretti a usare i laser ad anidride carbonica, ma lo strano composto cedette comunque soltanto ad una temperatura quadrupla rispetto a quella di fusione dell’acciaio.
 
Inizialmente fu aperto solo un varco di pochi centimetri, sufficiente per inserire una sonda che analizzasse la composizione dell’aria all’interno della nave. Il risultato fu pessimo: c’era solo il 6% di ossigeno, e una miscela di vari gas, tra i quali anidride carbonica e idrogeno, più diversi altri sconosciuti. La nave non aveva perso atmosfera, ma la miscela era comunque irrespirabile per l’uomo. L’esplorazione sarebbe dovuta avvenire con le tute spaziali.
 
Finalmente fu aperto un varco di due metri e mezzo di altezza per due di larghezza. Il condotto venne inserito direttamente nell’apertura. La squadra da sbarco era già a bordo della navetta; il primo a scendere fu il tenente Adams: indossava una tuta USMC SS-X, una attrezzatura di nuova concezione, poco più ingombrante di una muta da sub, che permetteva una notevole facilità di movimento. Era quanto di meglio possibile per azioni militari in assenza di aria respirabile. In mano il tenente stringeva un fucile d’assalto USCM M41-A, e si guardava in giro con circospezione assoluta; sembrava pronto a scattare al minimo imprevisto.
 
Lo seguirono il comandante Freeman e due degli scienziati, tutti e tre vestiti con le tute SS-X. Uno dei due biologi non se l’era sentita di prendere parte alla spedizione, ma era stato sostituito dalla biochimica, incuriosita dalla strana composizione della nave. Il biologo, Michael Barras, quarantenne laureato in biologia ad Harward, sembrava a dir poco spaventato: non era mai stato tipo da ricerca sul campo, e l’idea di dare la caccia a una creatura come quella che aveva visto sui computer. Totalmente diverso era invece l’atteggiamento della sinuosa dottoressa Simone Xanders, che più che spaventata sembrava affascinata. Per quando riguardava il capitano, era un fascio di nervi: sembrava volersi trovare in qualsiasi altro posto dell’universo. Fissava insistentemente il rilevatore di movimento che teneva in mano.
 
Infine, salirono sul relitto cinque soldati, quattro uomini e una donna, marines del reparto di Adams. Tre stringevano tra le mani i fucili d’assalto, mentre gli altri due portavano dei lanciafiamme. Tutti sembravano molto nervosi: non avevano capito perfettamente con cosa avevano a che fare, ma da quello che il tenente aveva raccontato loro, sembrava che in quella nave morta fosse annidato il diavolo.
 
Il gruppo era entrato in un corridoio; le luci poste sui caschi delle tute non riuscivano a mostrarne la fine. Sembrava quasi una caverna, ma il suo aspetto era inquietante: le travature sembravano quasi delle costole; i rilevatori delle tute indicavano una umidità prossima al 100%. Gli uomini del gruppo di esplorazione avevano la sensazione di essere nell’organismo di un immenso animale.
 
Il tenente Adams, di fronte a quello spettacolo, rimase immobile per alcuni secondi; poi ingoiò un blocco di saliva che sembrava intenzionato a cementargli la gola, accese la radio della tuta e, rivolto alla sua squadra, disse:- Va bene, dobbiamo darci un assetto. Reese e De Rosa, in testa alla formazione; io starò subito dietro di voi - i due soldati con i lanciafiamme, un uomo e una donna, si portarono davanti a tutti gli altri - Il capitano e gli scienziati staranno al centro. Novacek e Britt, ai loro fianchi. Il sergente Aaronson chiuderà la formazione.- tutti si disposero nelle posizioni assegnate. Il tenente concluse:- Ok, proviamo ad andare a destra. Occhi aperti e dito sul grilletto.- prese fiato - Muoviamoci.
 
Il gruppo si mosse, con i soldati che prendevano di mira ogni angolo buio, aspettandosi di veder uscire qualcosa di orrendo. Il corridoio era lunghissimo, e si intersecava con diversi altri. Il soffitto si alzava fino ad almeno sette metri. Ogni tanto sbucavano in stanze simili a piccole caverne, dalle quali si dipartivano nuovi corridoi. Ovunque imperava il buio più assoluto. Benché la nave fosse evidentemente priva di energia, e il freddo dovesse aver gelato qualsiasi liquido, i muri sembravano impregnati di una sostanza viscosa, una sorta di lubrificante. Secondo la dottoressa Xanders, se quella che componeva le pareti era realmente, come sembrava, una materia biologica, quella sostanza poteva servire a impedirne l’essiccamento. Nessuno però era realmente interessato a questo.
 
Il dottor Barras, in particolare, sembrava stare camminando sui chiodi: ogni pochi secondi il suo sguardo passava dalle pareti al soffitto, e poi al rilevatore di movimento del capitano Freeman, che continuava a rstare muto. – State ben attenti ai muri e al soffitto.- disse alla fine con voce tremante – Se veramente si tratta di quelle creature, sono in grado di camminare su superfici verticali e addirittura a testa in giù, e possono mimetizzarsi perfettamente nell’oscurità. Secondo i rapporti, ti arrivano addosso senza che tu li veda, ti attaccano e ti uccidono prima che tu capisca cosa ti ha colpito; questo se sei fortunato.
 
- Ricevuto, ragazzi?- chiese il tenente Adams, - Se vedete muoversi qualcosa, prima sparate e poi controllate di cosa si tratta.- nella sua voce serpeggiava una vena di paura.
 
 
 
Il gruppo stava camminando da circa dieci minuti quando si trovò di fronte lo scheletro. Tutti gli uomini si bloccarono di colpo, allibiti di fronte alla creatura morta da chissà quanti anni.
 
- Oh, mio Dio…- mormorò la dottoressa Xanders, allibita – E’ enorme!
 
In effetti, lo scheletro era gigantesco: era alto almeno cinque metri, e dalle dimensioni doveva essere appartenuto ad una creatura molto possente. Aveva un aspetto vagamente umanoide, nel senso che era dotato di una testa, un tronco, due braccia e due gambe; le somiglianze però finivano lì: la testa dell’essere mostrava una protuberanza simile ad una proboscide ossea, che sembrava quasi fusa con la parte alta del tronco. Impossibile capire bene quale aspetto potesse aver avuto: sulle ossa non era rimasta la minima traccia di carne o pelle. Alcune erano spezzate.
 
Il dottor Barras si chinò sulle ginocchia accanto allo scheletro, affascinato e per la prima volta dimentico della paura:- Incredibile, mai nella mia vita avrei pensato di vedere una cosa simile. La prima creatura extraterrestre evidentemente dotata di intelligenza che la razza umana abbia mai scoperto.- passò la mano sulle enormi ossa, fino a fermarsi su quelle del torace, paralizzato, il terrore che tornava a montare come un fiume in piena: le gigantesche costole dell’essere erano spezzate, dalla seconda fino alla sesta coppia. L’equivalente dello sterno sembrava essere scomparso, e i pezzi delle costole sembravano essersi aperti verso l’esterno, come un macabro fiore.
 
- Guardate qui…- riuscì a mormorare.
 
Gli altri si avvicinarono, osservando l’enorme buco nello scheletro. Il tenente Adams chiese:- Quale arma può aver provocato un simile disastro?
 
- Non è stata un’arma…- balbettò ancora il biologo – Le costole sono aperte verso l’esterno, e la rottura è troppo netta; qualcosa è uscito dal corpo di questo essere.
 
Un gelido terrore calò sul gruppo: le loro peggiori paure sembravano essere confermate.
 
 
 
La definitiva prova giunse pochi minuti dopo; il gruppo aveva attraversato altri corridoi, trovando altri cinque scheletri di giganti; due avevano il petto devastato come il primo, gli altri, semplicemente, erano stati fatti a pezzi. Avevano trovato segni di bruciature sia sul pavimento che sui muri: inizialmente avevano pensato al sangue acido delle creature, ma alla fine le avevano accostate a degli strani oggetti a forma di tubo, con una parte posteriore che ricordava una impugnatura, alcuni oggetti simili a pulsanti e una parte anteriore che andava a sfinarsi. Nonostante i tentativi dei soldati Reese e Britt, non fu possibile ottenere alcuna reazione da quegli oggetti, ma il tenente suppose che fossero le armi di quegli esseri.
 
- Deve esserci stata una battaglia.- affermò Adams.
 
Ne ebbe la conferma quando il gruppo entrò in una stanza gigantesca, simile ad una immensa caverna; le pareti mostravano strane e inquietanti protuberanze, simili a tubi, o piuttosto a vasi sanguigni; al centro, sopra una sorta di piattaforma, era posto uno strano oggetto, del quale Freeman e il tenente Adams avevano letto sul rapporto della nave ritrovata su LV-426: una sorta di gigantesca sedia, simile ad un trono, con lo “schienale” quasi disteso, posta davanti ad una apparecchiatura scura simile ad un telescopio. Freeman non poté che concordare con lo sfortunato equipaggio della “Nostromo”, che aveva ipotizzato che quella fosse la postazione del pilota, ma degnò quella interessante apparecchiatura soltanto di uno sguardo: la sua attenzione era concentrata su qualcos’altro, così come quello del resto del gruppo.
 
Il pavimento intorno alla piattaforma sembrava un cimitero, o meglio, un ossario: c’erano i resti di almeno una dozzina di giganti, e nessuno di loro sembrava essere morto in pace: le loro ossa erano spezzate, divelte, sparpagliate per tutta l’immensa sala. Nessuno di loro mostrava aperture particolare all’altezza del torace, ma non vi era alcun dubbio su chi – o meglio, che cosa – li avesse uccisi.
 
Perché in mezzo ai loro scheletri c’erano i resti di altre creature, esseri che sembravano usciti dall’inferno. Il tempo era riuscito ad intaccare il duro esoscheletro degli xenomorfi: in molti posti aveva ceduto, portando alla decomposizione della carne sottostante e mettendo a nudo il secondo scheletro, quello interno. Le ossa esposte erano di un malsano colore giallastro, le strutture tubolari si levavano dalla colonna vertebrale come rami secchi, le orbite vestigiali poste sui crani fissavano il niente, i denti sembravano atteggiati a sadici sorrisi. Nei punti dove l’esoscheletro aveva resistito, aveva assunto un colore verde marcio, ed aveva la consistenza del cuoio invecchiato.
 
Il capitano, Adams e i due scienziati, che avevano visto le immagini sul computer, non faticarono a riconoscere in quegli esseri i Linguafoeda Acheronsis, le mostruose creature trovate su LV-426.
 
- In nome della Creazione Divina…- mormorò terrorizzato il soldato Novacek.
 
La dottoressa Xanders scosse la testa:- Non vedo la mano di Dio in queste creature.
 
C’era una sostanziale differenza con gli esseri scoperti su LV-426: le dimensioni.
 
- Perché sono così grandi?- chiese il tenente Adams, inginocchiandosi accanto ad uno degli scheletri – Secondo i rapporti, dovrebbero essere tra i due metri e i due metri e mezzo. Questi devono arrivare quasi a quattro e mezzo.
 
- Quelli erano nati da esseri umani.- rispose il dottor Barras - Evidentemente le dimensioni dell’ospite influiscono su quelle della creatura.
 
Freeman si guardò in giro: tutti i giganti avevano accanto gli strani oggetti a forma di tubo, e c’erano dozzine di segni di bruciature in giro per l’enorme stanza; dagli scheletri degli xenomorfi sembravano mancare alcuni pezzi, e attorno alle pari mancanti si vedevano segni di bruciature; alla fine asserì:- Qui deve esserci stata la resistenza finale. L’ultima battaglia. Però qualcosa non mi torna: nessuno di questi sembra essere morto perché infettato; abbiamo trovato solo due o tre di questi giganti con il petto sfondato, e soltanto qui ci sono i cadaveri di almeno sei di quelle creature. Da dove arrivano gli altri?
 
Adams si guardò in giro: c’era un altro tunnel che usciva dalla stanza:- Credo che lo scopriremo presto. Continuiamo.
 
 
 
Lo spettacolo era terribile, la scena più orrenda e inquietante che quegli uomini avessero mai visto. Tutte le pareti della stanza, apparentemente grande meno della metà della precedente, erano coperte da una sorta di resina nera, che si mostrava con forme astratte e impressionanti. Una intera parete era occupata da una serie di formazioni simili a bozzoli; ce n’erano per lo meno una ventina, forse di più; all’interno di ognuno c’era lo scheletro di un gigante, con il petto sfondato, e davanti a ciascuno c’era uno strano oggetto, alto circa ottanta centimetri, di forma quasi ovale, con la parte superiore aperta come un fiore, con tre “petali” spalancati.
 
- Uova… questo è il loro nido - borbottò Freeman, spaventato; immediatamente buttò un occhio al rilevatore di movimento, e il fatto di non vedere nulla non lo rassicurò. Perché c’era ben altro, in quella stanza, oltre alle uova. Il pavimento era praticamente coperto di ossa e pezzi di esoscheletro. Ci dovevano essere i resti di almeno quindici xenomorfi enormi. Non c’era neanche uno scheletro intatto: tutti sembravano essere stati fatti a pezzi con violenza. In un angolo, però, c’era un corpo intatto, con l’esoscheletro perfettamente conservato, benché coperto di segni e cicatrici. L’alieno era raggomitolato in posizione fetale, e sembrava essere morto serenamente, se una simile parola significava qualcosa riferita a quegli esseri.
 
- Ma cosa diavolo è successo qui?- chiese Adams a nessuno in particolare - Sembra che in questa stanza sia passato un tornado.
 
Sul momento non rispose nessuno; la dottoressa Xanders si avvicinò a uno dei muri, prese il coltello dalla fondina cucita nella gamba destra della tuta ed iniziò ad armeggiare per staccare un campione della strana resina che lo copriva; il dottor Barras, intanto, mentre i soldati si guardavano in giro senza comprendere, si inginocchiò e si mise a scavare tra gli scheletri, prendendo in mano le ossa abbastanza piccole da poter essere sollevate. Alla fine ne mostrò uno agli altri:- Ci sono segni di denti. Se volete la mia opinione, uno dei giganti che componevano l’equipaggio è stato infettato casualmente da questi esseri. La prima creatura è nata e ha diffuso l’infestazione; i giganti hanno tentato di difendersi, ma sono stati annientati. Questi mostri hanno mangiato i corpi dei loro ospiti e qualsiasi altra cosa commestibile; poi, spinti dalla fame, hanno cominciato ad uccidersi e mangiarsi tra loro, finché l’ultimo rimasto non è a sua volta morto di fame - si alzò – Deve essere successo decenni, forse secoli fa. Questa nave è sicura.
 
- Io non ci giurerei.- borbottò il tenente.
 
- Perché? Questi esseri sono tutti morti da chissà quanto tempo.
 
Adams indicò un corridoio che usciva dalla sala:- Perché non abbiamo ancora trovato la stiva di carico. Sull’altra nave c’erano centinaia di uova, e qui sono nate solo una ventina di creature. Tremo al pensiero di ciò che troveremo più avanti.
 
 
 
L’ultima caverna assomigliava ad un enorme capannone dalle pareti butterate; al centro la stanza era occupata da una sorta di gigantesca vasca rettangolare, interamente occupata da centinaia di oggetti ovali. Tutto il gruppo d’esplorazione rimase ammutolito di fronte a quell’impressionante spettacolo. Alla fine fu il soldato Britt a sbottare:- Cazzo… saranno un migliaio!- e fece per avvicinarsi.
 
- NO!- urlò il tenente Adams, e il soldato rimase come paralizzato – CHE NESSUNO SI AVVICINI A QUELLE UOVA!
 
Tutti gli uomini del suo reparto si voltarono verso di lui: non avevano mai sentito una simile nota di paura nella voce del loro comandante.
 
- Se vi doveste avvicinare, succederebbe qualcosa di molto brutto. Subito dopo, io sarei costretto a piantarvi una pallottola in testa, e non sarebbe la cosa peggiore che potrebbe accadervi.
 
I soldati non si mossero più. Dopo un paio di minuti il tenente si scosse:- Va bene, abbiamo visto abbastanza. Rientriamo sulla “Stonewall”; dobbiamo preparare un rapporto e inviarlo allo Stato Maggiore sulla Terra. Questa è una situazione troppo grossa per noi, dobbiamo chiedere istruzioni su cosa fare.
 

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Capitolo 5
*** Human Madness ***


CAPITOLO CINQUE: HUMAN MADNESS

Il tenente Adams impiegò circa venti minuti per scrivere il rapporto: inserì tutto quello che avevano visto, le supposizioni degli scienziati, le sue personali considerazioni. Alla fine, venne tutto registrato in una radio-sonda. Le radio-sonde erano state inventate circa un secolo prima, ed erano state la risposta al problema delle comunicazioni radio nello spazio aperto. Poiché, nello spazio, le onde radio si propagano alla velocità della luce, le comunicazioni tra una nave dotata di motori iperluce situata nello spazio profondo e la Terra sarebbero state praticamente impossibili: paradossalmente, la nave avrebbe impiegato molto meno tempo a portare il proprio messaggio da sola piuttosto che inviando un messaggio radio.

Le radio sonde, pur essendo grandi come un grosso cestino delle immondizie, erano dotate di motori FTL potentissimi, ben superiori a quelli delle astronavi; le loro ridotte dimensioni e la mancanza di equipaggio permettevano loro di viaggiare a velocità che sarebbero state insostenibili per un organismo umano, anche in ipersonno. Le più moderne arrivavano a una velocità di quasi 30 anni luce per giorno terrestre. Erano dotate di un computer, sul quale venivano registrati la rotta e il messaggio, e di un apparato di comunicazione, che, una volta a destinazione, lo ritrasmetteva.

Per l’equipaggio della “Stonewall”, questo voleva dire che la radio-sonda sarebbe giunta ai limiti dell’atmosfera terrestre in poco più di un giorno, e che entro una sessantina di ore potevano aspettarsi di avere la risposta. Il comandante Freeman e il suo vice Gearing assistettero di persona al lancio.

- Dopodomani dovremmo ricevere la risposta- disse l’ufficiale di grado più basso.

- Sulla Terra si scatenerà un grosso vespaio quando sapranno cosa abbiamo scoperto.- borbottò l’altro.

Gearing si voltò verso il suo comandante:- Tu come ti comporteresti?

Freeman lo fissò con sguardo cupo:- Se dipendesse da me?

- Sì.

Il capitano rimase per qualche secondo in silenzio, poi sentenziò:- Se fosse per me, io mi allontanerei di qualche migliaio di chilometri da quel relitto; poi attiverei i sistemi di armamento, e gli sparerei contro una intera salva di missili “Long Lance”, così da essere sicuro che di quei maledetti esseri non rimanesse nemmeno il ricordo!

Gearing non rispose: era della stessa opinione del suo comandante, ma sentiva che le cose non sarebbero state così semplici. Trovando quella nave, loro avevano scoperchiato una sorta di vaso di Pandora, e richiuderlo non sarebbe stato facile.



In effetti, l’arrivo sulla Terra delle notizie trasmesse dalla radio-sonda ebbe l’effetto di un tornado, che però scoppiò con un certo ritardo. Inizialmente, al Nuovo Pentagono la notizia che era stata ritrovata una nave aliena fu giudicata molto più importante del fatto che a bordo fossero presenti le uova di una specie chiamata “Linguafoeda Acheronsis”. Già alcuni uomini della sezione “Ricerca e Sviluppo” stavano parlando di una spedizione per studiare il relitto, quando una ricerca nelle banche dati della Difesa rivelò ciò che in realtà rappresentavano le creature presenti sulla nave. A quel punto, i toni della discussione cambiarono molto.

Inizialmente i capi di stato maggiore furono concordi sull’idea che quegli esseri fossero un pericolo eccessivo perché si potesse fare altro che distruggerli; concordando senza saperlo con il comandante Freeman, erano intenzionati a mandare alla “Stonewall” l’ordine di far saltare in aria il relitto. A quel punto, però, insorsero i capi della sezione scientifica: per loro eliminare quelle creature sarebbe stato un vero e proprio delitto. Dai dati sequestrati alla compagnia Weyland/Yutani, si evincevano le caratteristiche uniche di quella specie, e si potevano intuire le molte, incredibili scoperte che un loro studio poteva portare, non solo nella ricerca sugli armamenti, ma anche per la biologia, la chimica e perfino per l’ingegneria. La loro idea era, quindi, quella di salvare il relitto e studiare le creature, naturalmente in un ambiente sicuro. Perfino gli scienziati, infatti, concordavano sul fatto che gli alieni dovessero essere trattati come qualcosa di estremamente pericoloso, e chiedevano che le ricerche venissero condotte in un laboratorio dotato di sistemi di sicurezza di livello “Biohazard 4”. Perciò chiedevano che la “Stonewall” rimorchiasse il relitto fino a Elysian, dove era presente un laboratorio biochimico con le necessarie caratteristiche di sicurezza. I militari disapprovarono, e la discussione raggiunse toni molto accesi.

Venne convocato un tavolo di discussione, al quale parteciparono rappresentanti del governo, i capi delle forze armate e dei dipartimenti militari di ricerca scientifica. Venne chiamato a farne parte perfino il Presidente.

Gli scienziati giocarono bene le loro carte, facendo intendere al Presidente e ai politici le immense potenzialità di progresso che lo studio di quella specie poteva rappresentare. Descrissero le probabili scoperte in termini così entusiastici, da far scattare qualcosa nella mente di molti dei presenti: alcuni erano colpiti dalle possibilità di sviluppo del genere umano, altri stimolati dal progresso che si presentava davanti agli Stati Uniti, altri ancora semplicemente avevano avuto stimolata la loro avidità, e pensavano al potenziale economico rappresentato da quella specie. Persino il presidente sembrava colpito. I militari, che inizialmente avevano cercato di ignorare le possibilità di impiego di quella specie in campo militare, iniziarono a vacillare, e molti si convinsero a salvare il relitto.

Tra gli scienziati, la sola voce fuori dal coro fu quella del professor Redder: invitato quale solo, vero esperto di quelle creature, era terrorizzato all’idea che esistessero ancora. Sapeva abbastanza dei “Linguafoeda Acheronsis” da sapere che, qualsiasi fossero le scoperte a cui potevano portare, il pericolo da loro rappresentato era troppo alto. Cercò disperatamente di convincere gli altri presenti, e lo fece con la massima eloquenza possibile, o meglio, con la più assoluta disperazione:- Temo che voi non vi rendiate conto di ciò con cui avete a che fare. Si tratta della specie più letale che sia mai stata scoperta in tutto l’universo: non soltanto questi esseri sono più feroci di qualsiasi altra creatura esistente, ma sono anche capaci di riprodursi come un virus. Perché in realtà di questo si tratta: queste cose, questi… xenomorfi, non sono semplici animali: sono una epidemia, un morbo, una pestilenza! Se dovessero liberarsi su un mondo abitato come Elysian, sarebbe una catastrofe: sarebbero in grado di annientare qualsiasi presenza umana sul pianeta. Ve la sentite di mettere a rischio le vite di centinaia di migliaia di persone innocenti? La vostra coscienza potrà veramente convivere con l’idea di poter causare una simile tragedia?

Per qualche secondo, il silenzio che seguì alle sue parole fece pensare allo scienziato di averli convinti. Poi però alcuni dei presenti cercarono semplicemente di rassicurarlo, mentre gli altri ripresero a discutere le modalità dell’operazione; perfino il presidente sembrava ormai convinto. Sconfitto, Redder abbassò lo sguardo e mormorò:- Dio, perdonali, perché non sanno quello che fanno! E se puoi, abbi pietà di noi, che stiamo portando la morte alla nostra gente con il sorriso sulle labbra!



Dopo cinque giorni passati a giocare a carte e aspettare, gli uomini a bordo della “Stonewall” erano sull’orlo di una crisi nervosa: la nave, mantenuta in posizione dai soli razzi direzionali, incrociava a breve distanza dal relitto.Freeman aveva un pessimo presentimento: una simile attesa, per lui, non significava niente di buono. Era perciò teso come una corda di violino.

Quando finalmente il radar segnalò l’arrivo di un’altra radio-sonda e il sistema di comunicazione della nave iniziò a ricevere una trasmissione, il comandante chiamò immediatamente il tenente Adams e Gearing nella cabina di pilotaggio. I due lo trovarono in preda ad una crisi di rabbia:- Pazzi! Idioti senza cervello!

- Che diavolo è successo?- chiese Gearing.

- Ci ordinano di prendere a rimorchio la nave aliena e di portarla fino nell’orbita di Elysian, dove un reparto scientifico specializzato la prenderà in consegna.

Gearing impiegò solo pochi secondi per capire:- Vogliono quelle creature! Non si rendono conto di quanto siano pericolose?
- Se anche se ne rendono conto, se ne fregano! Maledetto branco di folli! No, non possiamo fare una cosa simile!
- E cosa vorresti fare? Abbiamo ricevuto degli ordini!

- Non me ne importa un accidente! Io dico di tornare su quel maledetto relitto, piazzarci delle cariche e farlo saltare, per poi riprendere il viaggio e raccontare, all’arrivo, che abbiamo perduto la nave durante il rimorchio, e non sappiamo dove sia finita!
Gearing scosse la testa:- Sei impazzito? Rischieremmo di finire davanti alla corte marziale! C’è la pena di morte per chi disobbedisce ad un ordine diretto!

- Credi che portare quei mostri su un pianeta abitato da centinaia di migliaia di civili innocenti sia meglio? No, non possiamo farlo! Non dobbiamo farlo!

- BASTA!- urlò il tenente Adams.

Il silenzio calò nella cabina. L’ufficiale dei marines sembrava furioso:- Non voglio più sentire sciocchezze di questo genere! Noi siamo soldati, cercate di ricordarvelo! Noi non discutiamo gli ordini, obbediamo! Se ci ordinano di saltare, noi chiediamo quanto in alto! E se ci ordinano di portare un relitto fino a Elysian, noi lo prendiamo a rimorchio e ce lo portiamo, senza discussioni! Quindi ora voi e i vostri uomini comincerete a studiare il modo di portare quella nave a destinazione, e io cercherò di dimenticare quello che è stato detto oggi su questa nave!- e si voltò, uscendo dalla cabina.

Freeman sembrava sul punto di esplodere:- Stupido ottuso!- e tirò un pugno sulla consolle.

Gearing non aveva idea di cosa fare, combattuto tra il giuramento prestato e la sua coscienza:- E adesso cosa facciamo?

La voce di Freeman fu molto simile ad un ringhio, ma in essa si sentiva la delusione:- Non abbiamo scelta. Chiama i ragazzi, dobbiamo studiare il modo di prendere a rimorchio quel relitto.

- Tutto qui? Non c’è altro che possiamo fare?

La voce del comandante sembrò uscire da una tomba:- Sì, una cosa puoi farla. Prega che tutto vada bene, perché altrimenti noi avremo sulla coscienza un vero e proprio genocidio.

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