A volte la vita ti fa cambiare idea

di SoRomantic
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** She couldn't be more changed than this ***
Capitolo 2: *** Un articolo perfetto ***



Capitolo 1
*** She couldn't be more changed than this ***


Anita si svegliò di soprassalto, il cuore che batteva forte nel petto, le gambe tremanti nonostante i quaranta gradi che rendevano l'aria insopportabilmente afosa all'infuori di quella sfera di ghiaccio in cui volontariantamente si era rinchiusa in quei trentotto anni di vita. Non ricordava più l'ultima volta che aveva fatto un sogno del genere, forse quando era ancora bambina, forse mai. Niente mostri, niente assassini, niente urla, niente. Semplicemente niente. Il buio più accecante, la solitudine priva di alcun conforto, il nulla,come lo definiva Foscolo, il nulla eterno. Mai nessun incubo le aveva messo addosso una tal voglia di piangere, una sensazione così sgradevole, una tristezza così incurabile. Forse quel buio rappresentava la sua vita così come le sembrava, così come le era sempre sembrata, a dispetto di quello che dicevano e credevano gli altri. Quando si arriva alla soglia dei quarant'anni,tutti trascorsi nel vano tentativo di realizzare i propri sogni, che col tempo sono diventati solo piccoli e lontani vaneggiamenti, e ci si accorge che niente in questa vita vale la pena di essere vissuto, ci si arrende alla monotona e triste realtà e le illusioni di una volta vengono brutalmente spazzate via da quella che ora è diventata la tua esistenza. Anita non aveva mai creduto che questo potesse essere il suo destino, ma, dopo tanto tempo, aveva imparato a mettere da parte l'ingombrante valigia che conteneva i ricordi e le fantasticherie di quand'era bambina per fare spazio a ciò che la vita aveva in serbo per lei, niente insomma di quello che s'era mmaginata: un lavoro che non le dava alcuna soddisfazione, un ragazzo che, troppo preso dalle mille attività che conduceva, non si era accorta del suo disagio nel ritrovarsi a quell'età senza una casa da condividere, senza un documento che accertava che loro si amavano (cosa di cui non era affatto certa) e soprattutto senza figli. Quel giorno non sarebbe stato diverso da tutti gli altri, forse anzi se lo aspettava peggiore. Perchè se il buongiorno si vede dal mattino, di sicuro quello di quel giorno non era stato dei migliori. Ma che altro poteva fare? Piangere? Non aveva più lacrime. Cambiare? Non ne aveva la forza. Arrendersi? Forse lo aveva già fatto.
Si alzò come tutte le mattine, andò a fare colazione e sorseggiò quel caffè che, invece di darle la forza per affrontare l'impresa eroica che la sua vita era diventata, le ricordò quella sensazione amara che ormai non la abbandonava più.
L'autobus delle otto era appena apparso sull'asfalto nero come la pece e lei lo guardò con gli occhi sbarrati dal sesto piano del suo appartamento; come aveva potuto fare così tardi? Era spettinata, senza trucco, con solo le mutandine a ricoprirle la pelle chiara, ma se avesse potuto sarebbe corsa di sotto in quelle condizioni pur di non perdere l'autobus e dover correre a lavoro a piedi. Cosa la tratteneva dal farlo? Aveva circa quarant'anni, cavolo, non poteva ancora pensare a certe cose. Era ormai passato il tempo delle marachelle, si doveva rassegnare.

"Anita!! Non uscirai per tre settimane e se ti azzardi a disubbidire anche questa volta, l'unico modo per farti ritornare sulla retta via sarà mandarti in collegio. Quindi pensaci bene prima di fare un altro passo falso."
Gridava furente suo padre quel giorno di metà Agosto. Aveva esagerato, come al solito. Era forse la quarta volta nel giro di un mese che la minacciava dicendole che prima o poi l'avrebbe mandata in collegio, ma ormai aveva smesso di crederci. Cosa pensava, che era davvero così sciocca da credere che si sarebbe separato dall'unica sua figlia, dall'unico legame che gli rimaneva con la famiglia? Con questi pensieri per la mente, Anita aveva sbattuto la porta della sua stanza, dopo averci appeso un cartello con su scritto a caratteri cubitali ''NESSUNO DISTURBI IL MIO SONNO'', aveva stropicciato un po' le coperte infilandoci sotto due cuscini e, con la musica a palla nelle orecchie, era corsa alla finestra ed era saltata giù.

Quei momenti di pura follia erano ormai solo lontani ricordi e presto anche quelli sarebbero svaniti, così come l'autobus che s'era ormai allontanato, portando altri passeggeri alla meta che anche lei tanto agognava.
Saltellando con poca grazia e senza quella leggerezza che solitamente accompagna quel movimento, Anita si ritrovò a fronteggiare lo specchio che ritraeva la sua figura fedelmente. La sua immagine era l'unica cosa che la rendeva felice, l'unico argomento che, a parlarne con un estraneo o con un'amica, non le creava imbarazzo e a cui non associava sentimenti negativi. Più si guardava più si piaceva così com'era, non avrebbe cambiato un centimetro della sua pelle: gli occhi verdi così scuri che in assenza di luce potevano sembrare neri, la bocca piccola ma carnosa, un nasino all'insù su cui erano sparse poche ma graziose lentiggini, un fisico asciutto ma con qualche curva, un seno sodo nonostante l'età. Ma la cosa che più le piaceva erano i capelli: bruni, con qualche ciocca più chiara, lunghi, leggermente scalati, che terminavano ordinatamente in boccoli larghi che aveva l'abitudine di attorcigliare tra le mani lunghe e affilate. Il suo metro e settanta le permetteva inoltre di apparire più magra di quant'era in realtà, nascondendo inoltre quei pochi chili che aveva acquistato con gli anni.
Il suo sguardo si era incatenato nel suo riflesso e i ricordi la sommersero così violentemente che non ebbe il tempo di impedirglielo.

Il corridoio della scuola era invaso da ragazzi più piccoli e da pochi suoi coetanei, ma al suo ingresso aleggiava per tutto quell'enorme spazio un silenzio che esprimeva rispetto. Tutti in quella scuola la conoscevano, i più ne erano attratti, pochi erano degni della sua considerazione, quasi nessuno del suo affetto. Si spinse fino alla sua classe con passi leggeri e i suoi occhi si posarono immediatamente sulla cattedra in uno sguardo fugace: il prof. non era ancora arrivato. Posò la borsa sul terzo banco accanto alla finestra, si passò la lingua sulle labbra in un gesto che a molti sarebbe apparso sensuale, che per lei invece era abituale,che faceva spesso senza alcuna malizia.
"Mmh.. che fascino Suriani! Quanti ragazzini hai fatto eccitare quest'estate?" Si voltò di scatto, ad un centimetro dal suo collo incontrò gli occhi blu oceano di Marco, il suo sorriso sghembo, il sopracciglio alzato.
"Direi una trentina, compreso te." Gli fece l'occhiolino e si voltò, avvicinandosi con passo felino alla porta. Cosa poteva farci? Amava guardare di sottecchi, mentre si allontava, i ragazzi che lasciava senza parole e con una bella visuale sul suo di dietro, lasciandoli illudere, forse, che una possibilità con lei l'avrebbero avuta.

Anita scosse la testa e si ridestò da quei pensieri che la portavano indietro di circa vent'anni. Com'era potuta cambiare tanto? Il suo sorriso era rimasto lo stesso,sì, ma non le impreziosiva quasi mai il viso; i suoi occhi erano sempre di un verde accattivante ma non possedevano più quella lucentezza e quella vivacità che li rendevano così speciali; il carattere forte e indipendente, che aveva fatto cadere ai suoi piedi tanti ragazzi in gioventù, era ancora lì ma riposto talmente in profondità nel suo animo che, quelle poche volte che usciva fuori, non aveva la forza per farlo davanti agli altri.
Si vestì velocemente, il trucco appena accennato, e uscì di casa senza ricordare che quello era il giorno del suo compleanno.

 

 

 

E finalmente ci siamo! *Tira un sospiro di sollievo* Sono finalmente riuscita a scrivere qualcosa (se è decente, me lo dovete dire voi) ma almeno ce l'ho fatta. Ho scritto di getto credendo che, come altre volte, mi sarei fermata dopo le prime tre righe in assenza di idee. Invece devo dire che,questa volta, dopo le prime tre righe, so già in che direzione far continuare la storia. E quindi vi dico che:

1. La storia, come avete potuto intuire da questo capitolo d'introduzione, si svolgerà su due fronti diversi: il primo è quello attuale, con una protagonista delusa e ormai adulta; il secondo ha luogo circa vent'anni prima, dove troviamo un' Anita molto diversa da quella di adesso

2. Niente di quello che ho inserito, sia in un fronte che in un altro, l'ho scritto casualmente, quindi fate attenzione anche ai più piccoli particolari

3. Spero che recensiate e che mi diciate ciò che pensate della protagonista (questo mi aiuterà anche ad andare avanti meglio) a cui ancora non riesco ad abbinare il volto di qualche attrice/cantante/altro personaggio famoso, quindi mi farebbe piacere sapere se voi avete già pensato a qualcuno

4. Non c'è un punto quattro, bastano e avanzano i primi tre :)

 

Penso di aver detto tutto, alla prossima!

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Capitolo 2
*** Un articolo perfetto ***


Si ritrovò quasi subito davanti al palazzo in cui trascorreva più dei tre quarti delle sue giornate, in perpetua attesa di una promozione che non arrivava mai. Aveva sperato di riceverla fin da quando era iniziata la sua carriera; si era laureata in lettere con il massimo dei voti, aveva ottenuto subito un posto nel giornale più in vista della sua città. Aveva solo vent'anni e lavorava già per un quotidiano che aveva successo in tutta Italia ed era molto stimato; poco le importava se occupava solo il posto di segretaria. Col tempo,credeva, avrebbe fatto carriera e anche lei avrebbe avuto l'opportunità di scrivere un articolo che molti italiani avrebbero letto. Le brillavano gli occhi al solo pensiero che avrebbe potuto incontrare un conoscente per strada che le avrebbe fatto i complimenti o l'avrebbe criticata per qualche pensiero fin troppo estremista. Purtroppo gli ideali erano svaniti insieme alle illusioni che sarebbe riuscita anche lei, un giorno e con molta fatica, a vedere a fine articolo il suo nome. Aveva capito che più il tempo sfuggiva senza che lei se ne rendesse conto più la possibilità di vedere il suo sogno realizzarsi si allontanava con esso.
Spinse il portoncino di metallo e si chiuse alle spalle l'entrata di servizio.
Raggiunse la sua scrivania e, dopo aver dato sfogo all'inquietudine che la opprimeva da quando aveva aperto gli occhi spillando tutti quei fogli che erano sparsi disordinatamente sul tavolinetto di vetro, accese il PC. Guidata dall'abitudine sfiorò il mouse e posizionò il puntatore sull'icona dell'e-mail. Individuò subito con occhio esperto quello che doveva essere l'articolo che le toccava mandare in stampa quel giorno: lo lesse velocemente, dopo aver dato uno sguardo veloce alla sua lunghezza. Pensò che doveva essere uno degli articoli migliori che avesse letto sin dalla sua entrata al giornale; la persona che lo aveva scritto aveva una buona proprietà di linguaggio e, nonostante non fosse d'accordo con gran parte delle idee che lo scrittore voleva diffondere attraverso quelle pagine, si accorse che, attraverso l'argomentazione persuasiva ed efficace, era riuscito a risvegliare in lei molti ideali sopiti, gli stessi che l'avevano spinta a credere che potesse diventare un'affermata giornalista.

"Papà, sai, pensavo che,uscita da scuola, prenderò la facoltà di lettere." Attimo di silenzio, rincarò la dose per tentare di convincerlo.
"Mi piacerebbe fare la giornalista, magari scrivere un articolo per il New York Times" Gli disse con un sorriso dipinto sul viso e con l'aria sognante. Sapeva che non sarebbe stato molto d'accordo ma non c'era bisogno di cadere in shock anafilattico!
"Ti rendi conto di quanto potrebbe essere difficile? Ti rendi conto che non c'è lavoro? E poi il New York Times..." E qua i suoi occhi si erano ridotti a due fessure: ''Come ti viene in mente? Pensa a studiare, piuttosto. Non è tutto in discesa come credi tu, sono pochi quelli che riescono a pubblicare un solo articolo in un giornaletto di provincia, figuriamoci ottenere un posto fisso in un giornale dii successo!" Se avessero chiesto ad Anita quale sarebbe stata la reazione di suo padre quando gli avrebbe espresso i dubbi e i sogni che aveva sul suo futuro, avrebbe risposto le stesse parole che quel giorno lui gli disse. Ma non era nel suo carattere arrendersi, era determinata e non avrebbe mollato certamente perché suo padre non era d'accordo con ciò che lei gli proponeva.

Ora, a distanza di anni, si rendeva conto di quanto stupida e insensata fosse stata la sua scelta, di come la sua caparbietà, che una volta riteneva essere una delle sue qualità migliori, l'avesse condotta pian piano verso una vita insoddisfacente. Ma il passato non si può cambiare e il presente per Anita era troppo duro per pensare che potesse migliorarlo.
Ritornò a leggere lo scritto che doveva mandare in stampa e non trovandoci nessun difetto, come se l'autore scrivesse da anni, scorse velocemente verso la fine e vi trovò il nome.
Che strano... quel nome si insinuava nella sua mente lentamente, come un predatore fa con la sua preda, convincendola sempre di più che conoscesse la persona che aveva scritto quell'articolo così interessante. Ma era meglio non indagare troppo: se, come pensava, i suoi dubbi erano fondati, l'uomo si poteva ricordare di lei, di lei ragazza, di lei con una valigia piena di sogni, di lei che guardava tutti con disprezzo, di lei che credeva di essere superiore; di quella lei che non era più. E avrebbe potuto rinfacciarle quanto nel tempo era cambiata, come il destino tanto benevolo nei suoi primi anni di vita le si era pian piano ritorto contro. E lei non voleva questo, assolutamente no. Quindi meglio tenere a bada la propria curiosità e il desiderio ardente che l'aveva pervasa appena finito di leggere l'articolo di conoscerne l'autore.
La mattinata era trascorsa velocemente e, tra un impegno e l'altro, arrivò l'ora di pranzo. Tutte le sue colleghe solitamente mangiavano qualcosa al ristorante che si trovava di rimpetto all'ufficio ma lei, che non aveva mai legato più di tanto con nessuna di esse, si dirigeva verso casa che era poco distante da lì.
Quando era intenta a prendere le sue chiavi per aprire il portone di casa e finalmente sfilare via quei tacchi che erano la sua eterna dannazione, si ritrovò ad essere spettatrice di una scena alquanto pessima e la sua faccia esprimeva tutto il suo sbigottimento. Davanti a lei un uomo che doveva avere all'incirca la sua età e il proprietario del forno da cui era solita andare a comprare il pane stavano intrattenendo un'accesa discussione. Non aveva mai visto quel signore barbuto e di gentile aspetto tanto arrabbiato e Anita, attonita, pensava che mai più avrebbe messo piede in quel negozio e che voleva salire subito a casa, dimenticandosi le facce di quei due e il loro tono troppo alto che le perforava i timpani, ma qualcosa non le consentiva di staccare i piedi dal suolo; così continuava a guardare sempre più sconvolta. La cosa che più la colpiva era che il fornaio era infervorato come non mai e riversava sulla figura dell'uomo che aveva di fronte insulti che Anita non conosceva neanche, mentre l'altro, che avrebbe dovuto aver paura della massa corporea del suo aggressore, si limitava a sfoderare un sorriso particolarmente affascinante e ad ascoltare tutto ciò che gli veniva detto sembrando quasi divertito all'udire quelle parole. Inoltre, cosa che Anita pensò facesse andare ancora più su di giri il proprietario della bottega proprio lì di fronte che, casualmente, si stava svuotando, il suo sguardo non si posava mai su quello del suo interlocutore ma andava vagando per tutta la piazza. Per un momento Anita lo vide anche posarsi su di lei che istantaneamente si voltò, paonazza per l'imbarazzo.
Stava finalmente per infilare la chiave nella toppa ma sentì dei passi dietro di lei e si voltò appena in tempo per vedere ciò che stava succedendo: l'uomo se ne stava andando sibilando tra i denti '' non è colpa mia se con te non è abbastanza appagata '' ma, neanche il tempo di girarsi, gli era arrivato un cazzotto in pieno viso che aveva deformato un po' quel sorrisino strafottente.
Anita fece qualche passo in avanti, non sapendo neanche il perché di quell'avvicinamento,e si chinò accanto all'uomo che era disteso per terra. L'altro, il fornaio, era già ritornato ad occupare il suo posto dietro il banco e se lo immaginò sorridente e cordiale mentre dentro era pervaso dall'ira.
Si concentrò sulla persona ferita accanto a lei: i suoi occhi erano di un blu intenso che quando incrociavano i suoi le ricordavano tanto il mare e per la prima volta pensò che non sarebbe stato tanto male affogarvici dentro, la barba appena accennata era incredibilmente sexy, i capelli castani le ricordavano quelli del suo fidanzato ma quelli dello sconosciuto sembravano morbidi, setosi. La sua mano si stava dirigendo proprio lì, per accarezzare quei capelli che avrebbe tanto voluto sentire tra le sue mani, ma si fermò prima e andò a toccare la ferita che gli aveva procurato l'omone.
"Come stai?" Si affrettò a dire Anita, per prendere un po' di tempo e risvegliarsi da quello stato di confusione che l'aveva portata poco prima a pensare di poter assaporare tra le sue dita i capelli di quello sconosciuto.
"Diciamo che potrebbe andare meglio se tu mi facessi qualche altra coccola". Quello che ormai ad Anita pareva un ragazzo in piena crisi ormonale per il suo comportamento, le ammiccò e in poco tempo le sue gote si colorarono di un rosa appena accennato. Si rimproverò subito per quell'atteggiamento poco consono e si allontanò dal suo corpo disteso sul marciapiede, incredibilmente eccitante in quella posizione.

"Ciao"
"Mmh... ciao" Anita guardò il ragazzo negli occhi, si passò un dito sulle labbra carnose e in un attimo gli fu addosso. Quello, nonostante la sorpresa, non si ritrasse, anzi approfondì quel contatto che da tanto tempo desiderava. Durante il loro breve ma intenso incontro Anita non fu pervasa da alcuna sensazione, si era divertita, certo, ma niente di più. E ne era contenta. Credeva che chi fosse troppo coinvolto in una relazione, chi si faceva preda dei sentimenti diventava, col tempo, debole. E lei non lo era, non lo sarebbe mai stata. I suoi occhi brillavano per la passione e il desiderio che si facevano strada in lei, ma per nient'altro.

Dopo essersi ripresa, spostò nuovamente il suo sguardo sullo sconosciuto e con tono neutrale disse:
"Se vuoi, puoi salire a casa mia. Ti presto qualcosa per medicare la botta"
"Si, certo" Rispose quello prontamente. Anita lo guardò alzarsi, come se non fosse successo niente. Era incredibile la sua agilità.
Per un attimo dubitò che fosse successo quell'incidente e si rese conto che stava facendo entrare a casa sua una persona di cui non sapeva neanche il nome e senza un valido motivo, se non i suoi occhi magnetici puntati su di lei.

 

 

Ciao a tutti, ecco qui il secondo capitolo di questa storia a cui tengo molto.
Ho ragionato tanto su come farlo finire e poi ho pensato che mi piaceva così com'era.
Quindi, si conclude un po' nell'aria, si, ma confido nella voglia che ho di continuare a scrivere della vita di Anita.
Ed ecco anche la foto del nostro sconosciuto, ditemi come vi sembra!
A fra poco col prossimo capitolo, in cui conosceremo meglio questo seducente personaggio, di cui ancora non sappiamo il nome...

SoRomantic

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