Home Sweet Home. di Kodamy (/viewuser.php?uid=1106)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** If you still believe. [Prologo] ***
Capitolo 2: *** I - The Ghost of You and Me. [Sakura] ***
Capitolo 3: *** II - Replica. [Sasuke] ***
Capitolo 4: *** III - Because of You. [Sakura] ***
Capitolo 5: *** IV - By My Side [Sasuke] ***
Capitolo 6: *** V - Just a Little Girl. [Sakura] ***
Capitolo 7: *** VI - Pale. [Sasuke] ***
Capitolo 8: *** VII - Just Call my Name. ( I'll be There ) [ Sakura.] ***
Capitolo 9: *** VIII - Stand my Ground. [Sasuke] ***
Capitolo 10: *** IX - Nightmare. [Sakura] ***
Capitolo 11: *** X - Hide. [Sasuke] ***
Capitolo 12: *** XI - It ends tonight. [Sakura] ***
Capitolo 13: *** XII - Let me go. [Sasuke] ***
Capitolo 14: *** XIII - Path. [Sakura] ***
Capitolo 15: *** Epilogo: Home Sweet Home. ***
Capitolo 1 *** If you still believe. [Prologo] ***
I had a dream that I could fly
I had a dream that I could fly
I can feel each moment as time goes by.
We'd never be too far away,
You would always be here, I heard you say.
Un
raggio di sole, pigro, filtrava dalle tende della finestra, rifrangendosi sul
suo viso. La ragazza corrugò lievemente la fronte, serrando gli occhi e
volgendosi dall’altro lato. Era sicura d’aver tirato le tende, la sera prima. Ne
era quasi certa.
A dire il vero non ricordava bene, ma solitamente la chiudeva.
La coperta non c’era più. Un attimo prima era lì, però, di questo era
sicura. Allungò una mano sottile, a tentoni, cercando di riprenderla per
coprirsi. L’estate andava finendo, ormai, cominciava ad avere freddo con il
cotone leggero.
Non trovò la coperta, tuttavia trovò una mano.
”Sakura?”
Sakura?
Scosse
il capo, quasi volesse scuoter via le reliquie del sogno. Cos’aveva sognato? Non
riusciva a ricordarlo bene, ma poco importava. La voce insisteva nel chiamarla.
”Sakura, svegliati.”
Era una voce assonnata, un po’ ovattata dall’età. Sua madre.
Cosa ci faceva sua madre in piedi a quell’ora? Era appena l’alba. Di solito era
lei, Sakura, ad abbandonare per prima il rifugio delle lenzuola, per andare
dalla Godaime.
Si costrinse a voltarsi verso di lei, tirando appena su con il naso. Ora doveva
solo trovar la forza di volontà per schiudere gli occhi.
Scoprì di non averla, ora come ora.
”… cosa?” l’unico mormorio che riuscì a cacciar fuori dalle labbra.
”Non hai sentito suonare, giù? C’è Ino che ti aspetta, di sotto. Pare piuttosto
agitata.”
Ino?
Si
costrinse a sollevare le palpebre, cacciando via il lieve mal di testa.
Cos’aveva fatto la sera prima? Era andata a dormire tardi, comunque. Il volto di
sua madre sembrava piuttosto preoccupato, alla flebile luce del sole nascente.
”E’ successo qualcosa, Sakura?”
Lei si limitò a mugugnare un “nonloso” ben poco convincente, e a
sollevarsi seduta fra le lenzuola fresche. Riluttante poggiò i piedi sul
pavimento.
Freddo…
Battendo
ciglio. Quasi senza pensare, mente completamente svuotata di tutto, si levò in
piedi, muovendo passi assonnati verso lo specchio a figura intera addossato alla
parete. L’armadio poco più in là.
La sua immagine ricambiò lo stesso sguardo inebetito, prima che aprisse le ante
di legno leggero.
”Sakura?”
”Mh?”
”Sembrava piuttosto urgente.”
”Oh, quella scrofa potrà aspettare cinque minuti.”
No, non
era di buon umore se svegliata prima del previsto. Contando soprattutto che il
previsto era comunque fin troppo presto. Sua madre mormorò un “Se lo dici tu”,
facendo spallucce, e chiudendo la porta alle sue spalle.
Sakura tirò giù il vestito, con un sospiro di rammarico.
Non ricordava cosa stesse sognando, ma era sicura fosse un bel sogno.
I
never thought
Thought that it
would be our last goodbye.
Erano passati quasi tre anni da quando lui aveva rotto ogni legame con il villaggio della Foglia.
E quasi un anno dall’ultima
volta in cui l’aveva visto, vivo. Si era ripromessa di fare un bel po’ di cose in quell’occasione - suonargliele era una di
queste.
Certo, chi voleva prendere in giro?
Non aveva fatto niente, come al solito.
Ancora si malediva, per quel comportamento. Ma oltretutto, non poteva fare altro.
Quell’unico incontro aveva aperto una ferita da poco – se mai – rimarginata. Se aveva creduto di poter affrontare la
faccenda a sangue freddo, si era sbagliata. Se pensava di poter andare avanti senza indugiare in mille “se”,
si era sbagliata.
Era tornata al villaggio sconvolta. E si era persa in fantasie che la seguivano ovunque, notte e giorno, sonno e veglia.
Mentre raccoglieva le erbe mediche per le lezioni con Tsunade. Mentre mangiava il ramen di Ichiraku in compagnia di
Naruto. Mentre attendeva, alcune mattine, l’arrivo di Kakashi-sensei per quegli incontri che li riunivano, di tanto in tanto,
ma sempre più sporadici.
Era Naruto, quello che si allenava con Kakashi. Non lei. Mai lei.
Un tempo era Sasuke. Oh, se la cosa faceva imbestialire Naruto. Era così geloso, che Kakashi-sensei avesse insegnato a
lui il Chidori.
Forse avrebbe fatto meglio a non farlo, considerando com’era andata a finire.
Naruto e Sasuke erano speciali, ognuno a modo suo. Lei…
Lei era soltanto una persona molto normale, capitata lì per caso fra persone molto speciali. Tuttavia, una volta, il loro
maestro le aveva detto che era lei a tenerli uniti.
Beh, il tempo aveva dimostrato quanto lui si fosse sbagliato.
Non era riuscita a tenerli uniti, affatto: e persino quell’unico compito per cui Kakashi-sensei pareva contare su di lei,
quell’unico compito l’aveva fallito.
Lui se n’era andato, questo è tutto. Ed ormai s’era rassegnata a credere che, a Konoha, ci sarebbe ritornato da morto.
E soltanto da morto.
Forse è per questo motivo che, quando seppe il motivo della sveglia inaspettata da Ino, aveva sentito la terra mancarle
da sotto i piedi, ed era riuscita a sorreggersi a malapena.
”L’hanno trovato, Sakura.”
I
still can dream
That one day love will fall out from the sky.
Certamente, era
inutile chiedere chi avessero trovato. L’espressione della sua
amica/rivale di sempre era fin troppo facile da interpretare.
Pensare che c’era voluto il suo abbandono per farle riavvicinare, a volte la
faceva sorridere amaramente. Che senso aveva continuare a litigare per qualcosa
che non c’era più? Qualcosa che non si poteva avere?
Sarebbe cambiato tutto di nuovo? Era tornato.
No, sarebbe stato troppo bello crederci. Si sarebbe illusa, per poi venir a
sapere che la notizia era sbagliata, che Ino si era sbagliata e che era tutto
sbagliato.
Fece l’unica cosa plausibile.
Scoppiò a ridere.
”Ino, lo sai che non è possibile.”
”Ah, no? L’ho visto, Sakura. L’ho visto con i miei occhi. Shikamaru l’ha visto
con i suoi occhi! Era con Asuma, per quella faccenda dell’Akatsuki, e…”
”E cosa? Magari l’hanno trovato lì che si stava facendo una passeggiata, e
l’hanno accompagnato a casa? Si, una bella favola, Ino!”
”Non sta bene, Sakura! Ti mentirei mai su una cosa del genere?”
Sakura fece qualche passo indietro, prima di ricadere contro il muro, le mani
giunte in grembo. Scostò lo sguardo, rifiutandosi di guardare con quanto ardore
l’altra ragazza pronunciava quelle parole. Era sincera.
Ma in fondo, lei lo sapeva.
Ma come credere ad una verità tanto opportuna? Sapeva troppo di bugia, alla fin
fine.
Non potevano distruggere quella convinzione che aveva costruito così
amorevolmente, dopotutto.
”Sakura, è qui, ed è ancora vivo. Vuoi fartelo entrate in quella fronte
gigantesca che ti ritrovi? Svegliati. Naruto e Kakashi sono già dalla Godaime.”
”… cosa?”
Questo parve scuoterla dal suo torpore, facendole riportare lo sguardo
sull’altra ragazza. Batté ciglio, quasi fosse certa d’aver sentito male.
”Beh, non hanno perso tempo a convincersi che fosse tutta una farsa ben
architettata, loro.”
Quando non ottenne alcuna risposta da Sakura, si limitò a sporgersi in avanti, e
tirarla per un braccio, energicamente.
Lei non pensò minimamente d’opporsi, ed Ino si lasciò sfuggire un sospiro,
tirandola fuori dalla porta.
”Ve la riporto intera più tardi, signora Haruno.” Chiamò distrattamente, prima
di chiudere la porta alle sue spalle. Non si curò d’attendere la risposta.
Non era neppure sicura che avessero sentito, ma che importava? Prese a correre
per la via impolverata, tirando dietro l’amica di una vita. Né l’una né l’altra
si lasciarono sfuggire una parola di più.
Sakura probabilmente, era ancora lontana dal capire il vero significato di
quella notizia.
Do
you still remember all the time that has gone by?
(do you believe?)
Do you still believe that love can fall out from the sky?
Sakura non
voleva andare all’ufficio di Tsunade-sama. Perché doveva perdere tempo a quel
modo? Ino non le aveva detto che lui era lì? Lui… lui non stava male?
E allora perché non andavano all’ospedale? Perché Kakashi-sensei e Naruto non
erano all’ospedale? Non gli importava più niente?
La Godaime voleva vederli, per qualche motivo. Ma lei non voleva vedere la sua
maestra.
Lei voleva vedere il suo Sasuke-kun, i suoi capelli scuri, i suoi occhi nei
quali poteva perdersi. Perché non poteva?
Ino, tuttavia, la stava trascinando su per le scale, e Sakura non riusciva a dar
voce a quelle sue lamentele. Sarebbe stato inutile, quella scrofa non l’avrebbe
ascoltata comunque.
Si sentiva assonnata, confusa, perplessa, svuotata. Non sapeva cosa pensare, o
cosa gli altri supponevano dovesse pensare. Cosa sarebbe stato giusto provare in
quel momento.
Non era sicura neanche di crederci, prima di tutto. Non era sicura neppure di
essersi già svegliata quella mattina, e per quel che le riguardava, tutto questo
sarebbe potuto essere un sogno.
Sarebbe stato bello credere fosse vero, comunque. Chi era per negarlo? Giunsero
davanti alla porta dell’ufficio dell’Hokage, che stranamente era già aperta.
Incrociarono sulla soglia Shikamaru e Asuma, che bisbigliò qualcosa ad Ino
passandole accanto. Lei si fermò a guardarlo, annuì silenziosa, prima di far
cenno a Sakura di entrare.
Come in un sogno, lei lo fece, e chiuse la porta alle sue spalle.
If from where you're standing, you can see the sky above
I'll be waiting for you, if you still believe in love
(do you still
believe?)
Naruto non si
girò a guardarla, e sembrava piuttosto imbronciato. Non quell’imbronciato
infantile che lo aveva caratterizzato anni prima, quell’espressione quasi di
ripicca.
No, era… era arrabbiato. Era furioso, e Sakura poteva vedere i suoi pugni
tremare lungo i fianchi.
Kakashi-sensei era semplicemente Kakashi-sensei. Se ne stava lì, fermo, poggiato
contro lo stipite della porta, quell’espressione totalmente neutrale sul viso.
Sakura non era mai riuscita a leggere quell’unico occhio che lui mostrava al
mondo.
La Godaime era seduta dietro la sua scrivania, espressione grave sul volto,
gomiti poggiati sul legno, mento poggiato sul dorso della mano. La guardava, e a
Sakura parve di scorgere un po’ di riluttanza in quello sguardo.
Nessuno parlava, e le sembrò giusto rompere il silenzio.
Le stavano rubando tempo, Sasuke-kun stava male e …
E probabilmente
tutto questo aveva a che fare con Sasuke, vero?
”Cosa…?”
Come suonava sbagliata la sua voce, così fioca e debole nel silenzio della
stanza. Vide Naruto mordersi il labbro, e rifiutarsi di guardarla.
Kakashi-sensei spostò lo sguardo su di lei.
Tsunade lasciò sfuggire un sospiro. “Il consiglio non vuole che Uchiha Sasuke si
svegli, Sakura.” Asserì infine, espressione stanca sul volto.
Sakura batté ciglio una volta. E ancora. Prima di sussurrare un semplice:
“…Perché?”
L’ultimo Uchiha era tornato a Konoha. E’ vero, meritava di esser punito ma… era
tremendamente assurdo. Addirittura… lasciarlo morire, così… come se fosse un…
”Per quel che li riguarda, potrebbe benissimo essere Orochimaru.”
Find a way to bring back yesterday
Find a way to love
I
hope we stay
When tomorrow becomes today
Love will find a way
“E’
impossibile.” Eppure lei stessa l’aveva detto un po’ troppo velocemente.
”Sakura, non lo sapremo finché non si sveglia. E forse neppure allora potremo
esserne certi. E’ un rischio che il consiglio non vuole correre.”
”Non possono!”
”Da una parte, Sakura, non posso fare altro che dar loro ragione. Sono passati
quasi tre anni, e lo scopo di Orochimaru è sempre stato quello. Sempre, da
quando ha posato lo sguardo su di lui. Non possiamo sapere se lo scambio sia già
avvenuto o meno. Tuttavia…”
”…Cosa!?”
Cercò lo sguardo di Kakashi-sensei, ma lui stava guardando l’Hokage. Cercò
quello di Naruto, ma lui era impegnato a guardare il pavimento. E dal modo in
cui pareva tremare tutto, Sakura intuiva che provasse qualcosa di simile a ciò
che lei stava sentendo in quel momento.
Assoluta indignazione.
”Eppure hai… hai permesso che continuassimo a cercarlo, ha lasciato… hai
lasciato che...”
Hai lasciato che mi illudessi. Dai, dillo. Perché non riesci a dirlo?
La voce le si smorzò in gola, e non aggiunse altro. Morse il labbro, scostò
lo sguardo. Sentì la sua maestra sospirare, e quasi la vide scuotere il capo.
”Tuttavia” riprese, con quel tono di chi, ormai, è fin troppo stanco della sua
posizione “E’ pur sempre l’ultimo del clan degli Uchiha che potrebbe riportare
in vita uno dei clan più prestigiosi del villaggio. Niente è sicuro, ora come
ora, Sakura. Ma dato che era comunque vostro compagno, ho preferito avvertirvi
di questa possibilità. Ho un incontro con il consiglio, e si prenderà una
decisione. Sicuramente, in un modo o nell’altro, si prenderanno provvedimenti.
Ha pur sempre tradito il villaggio, e di solito costa la morte. Lo sapete
benissimo.”
”Col cavolo che ve lo faccio ammazzare, dopo tutta la fatica per cercarlo.”
Borbottò Naruto, poco più d’un ringhio, prima di voltare le spalle e dirigersi
verso la porta. La aprì, un movimento brusco.
”Naruto… dove…?” mormorò Sakura, voltandosi appena.
”All’ospedale da quel bastardo. Dove sennò? Mica ho aspettato tutto questo
tempo, e alla fine non posso neanche guardarlo in faccia, Sakura-chan. Oh,
vedranno se mi faranno passare.”
Ostinato fino alla fine, sebbene sembrasse più serio, privo di quel tono solare
che accompagnava spesso la sua voce. Sakura non se lo fece ripetere due volte.
Neppure si voltò a guardare Tsunade, seguendolo all’esterno e lasciando che la
porta si chiudesse alle sue spalle.
Passò davanti ad Ino, la vide mentre la guardava con cipiglio preoccupato. Non
ricambiò lo sguardo, non disse nulla. Si precipitò per le scale, raggiungendo
Naruto, e lasciando che il suo sguardo si posasse sul sole del mattino.
Era una mattina come tante, al villaggio. I civili si erano svegliati e andavano
avanti come nulla fosse.
Il mondo andava avanti come nulla fosse.
Con che diritto, poi. Il suo Sasuke-kun era tornato a casa, era tornato da lei,
aveva bisogno di lei.
E loro volevano… semplicemente lasciarlo alle spalle.
Il mondo sarebbe andato avanti. Il sole sarebbe sorto di nuovo.
Non per lui, però.
Non per lei.
Affondando il canino nel labbro inferiore – non doveva piangere, non ne aveva
alcun diritto – si portò al fianco di Naruto sulla strada polverosa, fin troppo
familiare, che portava all’ospedale.
In silenzio, nessuno dei due disse una parola.
Nessuno dei due sapeva cosa dire.
I’ve been waiting for you, in my heart you were the one.
If
I cannot find you, I will look up to the sun.
La canzone
per questo capitolo è "If you still believe", dell'OST di Legend of Dragoon. La
cantante è Elsa Raven.
E questo è il Sequel di "You are My Sunshine", ma che può essere tranquillamente
letto a parte. A dire il vero è la mia prima fanfic a capitoli, quindi si tratta
solo del prologo, ora come ora.
Ho scelto anche uno stile più leggero per la narrazione in generale, anche se
qalche capitolo sarà sicuramente nel mio stile più confusionario, quando ci
vuole ci vuole *_*
Non saranno tantissimi capitoli, quelli che bastano. Ogni capitolo stile
Song-fic, che alla fine è lo stile che mi piace di più *_* A Bientot °.°
Trovassi l'accento circonflesso lo scriverei anche bene. u.ù
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** I - The Ghost of You and Me. [Sakura] ***
Nuova pagina 1
A/N:
Facendo un rapido calcolo, secondo il quale l'esame Chuunin inizia il primo
luglio, Sasuke che va via dovrebbe essere inizi di settembre, circa. Almeno, qui
è così u.u Tecnicamente la storia è ambientata alla fine dell'agosto di tre anni
dopo. Viva la matematica >.< [sè u.ù]
La canzone per questo capitolo è "The Ghost of You and Me", di BBMak.
Aveva sempre pensato che
quello sarebbe stato il suo destino, a dire il vero.
Che sarebbe andato tutto come aveva immaginato, che le sue mani sarebbero state
sporche di sangue, il suo sangue, e che lui sarebbe stato finalmente libero,
libero di…
Libero di far cosa? Libero di morire?
La corteccia dell’albero era ruvida contro la sua spalla nuda, ma non gli
importava. Non era neppure tanto sicuro di
sentirla sfregare contro la pelle, non era neppure sicuro di sapere da dove
esattamente venisse tutto quel sangue.
Dato che non sentiva alcun dolore. Non che non vi avesse fatto l’abitudine,
ormai. Non sentiva assolutamente nulla.
Ed era soltanto vagamente consapevole dei capelli che gli ricadevano davanti
agli occhi, dell’erba bagnata sotto di lui.
Anche il suo volto era bagnato, poiché il vento era più gelido del solito.
Sudore? Pioggia? Sangue? Oppure…?
Mentre il respiro si condensava in una nuvola di vapore, prova visibile che era
ancora vivo, pensò semplicemente che il destino è qualcosa che l’uomo ha
inventato per non affrontare un’altra verità, di gran lunga peggiore:
tutto accade in modo totalmente casuale.
E le certezze, oh, le certezze non esistono.
I – The Ghost of You and
Me.
Era accaduto tutto in modo
piuttosto casuale.
L’ultimo avvistamento dei membri dell’Akatsuki era stato nella periferia del
Villaggio della Cascata. In quanto membro del Niju Shotai, Asuma Sarutobi era
partito con Kotetsu e Izumo, e trascinando dietro di sé un riluttante Shikamaru,
sorbendosi la solita vecchia dichiarazione: “Sai che voglia.”
Nonostante tutto, il gruppo di Ninja del villaggio della Foglia si era
mobilitato verso il confine del Paese del Fuoco, sotto insistenza della Godaime
stessa. Nessuno sperava di trovare “veramente” alcun membro dell’Akatsuki. Non
ci speravano nemmeno, le voci erano tante, e comunque abbastanza vecchie.
Tuttavia, ogni piccola probabilità non andava sottovaluta.
Il viaggio di per sé era stato tranquillo, una missione di routine. Arrivati nei
pressi del Villaggio della Cascata, si erano divisi: Asuma e Shikamaru avrebbero
sondato la parte ad Est del villaggio; Izumo e Kotetsu la parte ad Ovest.
Come già detto, nessuno si aspettava di trovare nulla.
Tantomeno si aspettavano di trovare il corpo del ninja traditore Sasuke Uchiha,
coperto di sangue – che sarebbe o non sarebbe potuto essere suo.
What am I supposed to do
With all these blues?
Haunting me, everywhere, no matter what I do.
Avrebbero
dovuto immaginarlo.
Era fin troppo intuibile che la stanza fosse sorvegliata dalla squadra di ANBU.
Il consiglio non credeva forse che si trattasse di Orochimaru, uno dei tre
Sannin? Era del tutto giustificabile, era del tutto prevedibile.
Ciò non impediva a Sakura di essere letteralmente furiosa.
Sasuke-kun era Sasuke-kun. Orochimaru era Orochimaru.
La sua mente assonnata s'aggrappava a quell'unica convinzione, senza riuscire a
concepire quasliasi altra verità, se non quella che il suo amore era tornato a
casa, da lei.
Nella sua mente non v'era motivo per gli ANBU di essere lì. Perchè non la
facevano passare?
Rimase ferma, muta, mentre a malapena registrava il fiume di parole che sgorgava
dalle labbra di Naruto, copiose come sangue da una ferita appena riaperta.
Perchè era quello che era, no? Una semplice ferita. Ma se solo avesse potuto
vederlo, se solo avessero potuto...
Categoricamente, non li fecero passare. Stavano zitti, maschere sul volto in
grottesche imitazioni animali, e li fissavano. Non reagivano alle parole di lui,
sembravano non sentirle: ma Sakura non poteva biasimarli. Non le sentiva neanche
lei.
Sarebbe potuto essere tutto come un tempo, pensava. Loro tre nella stanza
dell'ospedale, bianca, asettica, così impersonale. Lui sdraiato nel letto,
Naruto contro il muro, lei che accomodava un fiore in un vaso, perchè non
sopportava quel candore così innaturale. E sapeva che non piaceva neanche a lui.
Una mano le si posò sulla spalla, scuotendola da quei pensieri, solo per
accorgersi che Naruto aveva smesso di parlare, e guardava dietro di lei.
La mano era di Shizune, che la strinse appena, in un gesto quasi
compassionevole. "Non potete stare qui, ora."
Mormorò, poco più d'un sussurro, quel sussurro che si usa per parlare ai
funerali, per non disturbare i morti. Al pensiero la ragazza rabbrividì e scosse
il capo, serrando le labbra. "Certo che possiamo. Lui è qui e probabilmente..."
"Non potete, Sakura. Scendete giù, uscite, riposati un po'. Suppongo ti sia
svegliata abbastanza presto, oggi."
Naruto non si mosse, piuttosto incrociò le braccia al petto, corrucciato,
poggiando la schiena contro la parete opposta alla porta. Non aveva intenzione
di muoversi di lì. Tuttavia, dentro Sakura, le parole di Shizune avevano
risvegliato un diverso filo di pensieri. Pensava ai fiori. Non aveva preso i
fiori, quella mattina. Ma importava poco, ora l'avrebbe visto, sarebbe venuta di
nuovo a trovarlo, e poi... poi glieli avrebbe riportati, e lui si sarebbe
svegliato, e li avrebbe visti, e avrebbe saputo d'essere a casa, l'avrebbe
salutata e poi...
Sentì la mano di Shizune premerle contro la spalla, tirarla via d'un lato,
scostarla. Davanti a lei non c'erano più gli ANBU, ma il viso dell'assistente di
Tsunade-sama. Batté ciglio, corrugò appena la fronte. "Hai bisogno di aria,
Sakura. Sei pallida. Vieni."
Non vide Naruto seguirla con lo sguardo, mentre si lasciava guidare fino alla
sala d'attesa.
Watching
the candle flicker out in the evening glow...
I can't let go.
When will this night be over?
Seduta, si guardava le mani. Quelle mani compitamente giunte in grembo, sulla
stoffa scarlatta. Immobile dove Shizune l'aveva lasciata, sulle sedie della sala
d'attesa, dove le gambe avevano mancato il loro sostegno. Sasuke-kun stava male,
lei poteva farlo stare meglio, perchè non la lasciavano passare?
Tutta la giornata le sembrava così strana, e non sapeva cosa fare. Cosa pensare.
Sollevò lo sguardo quando vide comparire di fronte a lei delle gambe fasciate
sotto un corto tessuto indaco. I suoi occhi verde foglia (quegli occhi che
sanno di casa) incontrarono, senza timore, quelli azzurri dell'amica.
Soffermandosi a metà strada, per un attimo, sulle cosmee che portava strette al
petto.
I fiori. Li aveva lei, e li stringeva quasi rassegnata, espressione comprensiva
sul volto.
Un sorriso distratto affiorò sulle labbra di Sakura, un timido fantasma dei
sorrisi più usuali. Accanto ad Ino, c'era Kakashi-sensei, che le faceva cenno di
alzarsi.
"Non me ne vado di qui, Kakashi-sensei. Devo vederlo. Anche Naruto sta
aspettando, è davanti alla sua porta. Anzi, ecco, devo raggiungerlo. Puoi darmi
quei fiori, Ino? Sai, per la stanza."
"Li ho portati apposta." Fece spallucce lei, consegnandoglieli. Erano pochi, nel
pieno della fioritura, tipici di quel periodo. Sakura li accolse con un sorriso,
prima di lanciar uno sguardo poco lusinghiero verso il suo maestro. "E tu, tu
non hai niente da dire, Kakashi-sensei? Potresti almeno vedere come sta."
Kakashi sospirò, e il suo occhio sorrise. "Ah, cosa posso farci. Così tanta
malafede nei miei confronti. Va' pure, non ti fermerò di certo. Mi era parso di
veder Tsunade andare da quella parte..." Si strinse nelle spalle, prima di
lasciarsi cader seduto su una sedia poco distante sulla sua stessa fila,
sollevando la pupilla al soffitto asettico. E quando la mano andò a frugare
nella tasca, con la solita (ed in questo momento detestabile) nonchalance in
quel gesto così familiare, Sakura gli voltò le spalle. Non si voltò a guardare
Ino, per sapere che non la stava seguendo. La sua amica rimase lì, e si accasciò
con un sospiro rassegnato sulla sedia. Sentì la sua voce rispondere alla domanda
esasperata della voce di Shizune. Non prestò attenzione alle parole scambiate.
Solo allora quell'allusione a Tsunade le parve un indizio buttato lì,
casualmente, dal maestro. La Godaime l'avrebbe lasciata entrare, ecco cosa
significava quell’accenno. Glielo doveva.
I didn't
mean to fall in love with you...
Le cosmee non riposavano nel loro vaso, bensì per terra. Per terra ai piedi di
lei, troppo distratta dalla realtà per curarsi di loro.
V'era un che di morboso nel modo in cui i suoi occhi si soffermarono su quel
viso scavato, pallido, ammaccato ma che tuttavia era il viso del suo Sasuke-kun,
con le sopracciglia corrucciate persino nel sonno. Il viso di Sasuke come
l’aveva visto tre anni prima, mentre poneva sulla sua fronte quelle pezze
bagnate, dopo l’incontro che avrebbe sconvolto tutto il loro mondo.
V’era un che di morboso nel modo in cui annotava, quasi inconsciamente, le sue
ferite – il braccio destro è sicuramente rotto, la ferita sulla spalla
sanguina ancora, potrebbe essersi infettata, la gamba deve fargli male, quel
taglio sulla fronte è stato pericoloso, e il braccio sinistro… dio, il braccio
sinistro… - quasi lui fosse un paziente qualunque, e lei un medico
qualunque, come se non fossero Sasuke e Sakura, come se non ne avessero passate
mille insieme e poi…
V’era un qualcosa di morboso nel modo in cui le pupille si dilatarono, posandosi
sul braccio sinistro – completamente bruciato, la pelle bianca bianchissima
consumata fino al muscolo, annerita, lucida come se… - che Tsunade stava
medicando con espressione neutrale, appena contrita, avvolgendolo nelle bende
bianche, asettiche e anonime, spaventose.
Smise di guardare ancora prima di accorgersi che Naruto era accanto all’Hokage,
un’espressione smarrita sul viso abbronzato, e divenuto un po’ più maturo col
passare del tempo. Ma lui si era sicuramente accorto di lei, perché riuscì ad
abbozzare un sorriso affabile, che non si estese agli occhi.
”Vedrai che andrà tutto bene, Sakura-chan.”
Era un sorriso così falso che le faceva venir voglia di piangere.
Si precipitò al fianco del letto, dimentica delle cosmee che giacevano sul
pavimento freddo e pulito. Pensò Naruto a raccoglierle da terra, e sistemarle
nell’apposito vaso, occhi azzurri velati d’una lieve preoccupazione.
Per
Sasuke… o per lei?
And baby
there's a name for what you put me through:
it isn't love, it's robbery.
I’m sleeping with
the ghost of you and me.
Non v’era stato verso di
smuoverla di lì, anche ore dopo. Era lì, seduta sulla sedia che poco prima aveva
occupato Tsunade, mani che si tormentavano fra loro sul grembo, sguardo fisso
sul volto di lui, tentando di ignorare quella paura ancestrale, che la rendeva
così tesa.
Se avesse aperto gli occhi, e quegli occhi fossero stati d’oro, invece dei
soliti pozzi di buio che da piccola l’avevan sempre ammaliata… Se fossero stati
gli occhi del serpente che l’aveva portato via da lei…
Non aveva paura che le potesse far del male. Non era sola in quella stanza, non
era sola con lui. Due ANBU, silenziosi nelle loro maschere, osservavano senza
giudicare ai due lati della porta. Fuori, altri due facevano loro la guardia.
Kakashi-sensei poco prima aveva trascinato via Naruto, non senza una battaglia
che aveva attirato i borbottii esasperati di Shizune.
Il sole era salito, e ora tornava a calare sull’orizzonte. I resti del “pranzo”
– cibo da ospedale, che solitamente mette tristezza solo a guardarlo – erano
lì, dimenticati accanto al vaso di cosmee. Il vassoio l’aveva portato Shizune
stessa, ore prima.
La trattavano tutti con troppa accondiscendenza: non era lei a star male. Era
Sasuke-kun.
Sembravano tutti convinti del contrario.
Sollevò una mano titubante, prima di posarla sulla guancia di lui.
Lui non parve accorgersene, crucciando ancor più le sopracciglia come unico
segnale.
Ricordò il sorriso di Naruto. Si, le veniva da piangere.
Il giorno prima era rassegnata all’idea che Sasuke-kun sarebbe morto, e aveva
difficoltà ad accettarlo. Quella mattina Ino l’aveva illusa dicendo che era
ancora vivo. Sempre quella mattina, Tsunade aveva troncato le speranze sul
nascere.
Quanto può succedere in una manciata di ore.
Sapeva di aver dormito pochissimo. Sapeva di non pensare razionalmente, non ora.
Lo sapeva, mentre lentamente scivolava nel torpore dell’oblio, in un sonno
esausto e privo di sogni.
Seen a lot of broken hearts go sailing by
Phantom ships, lost at sea
And one of them is mine.
Venne
svegliata qualche ora dopo, quando ormai fuori era buio, da passi che non si
curavano troppo d’esser silenziosi.
Sollevò il capo, essendo caduta sul materasso candido davanti a lei, ed incrociò
lo sguardo di Naruto. Lui parve sorpreso, per un attimo, di averla svegliata.
Tuttavia si riprese presto, donandole uno di quei sorrisi un po’ sfacciati, che
spesso per lui sostituivano le scuse. “Scusami, Sakura-chan. Kakashi-sensei mi
ha tenuto fino ad ora per l’ allenamento.”
Si, l’aveva sospettato. Scostò lo sguardo sul suo Sasuke-kun, sul letto, sulle
cosmee che avrebbero dovuto rendere l’atmosfera meno disperata.
”Diceva qualcosa tipo…” e qui abbassò un lembo della fascia di Konoha, come era
solito fare ogni qualvolta s’apprestava a tentare un’imitazione del loro maestro
“Sei arrabbiato, perché volevi riportarcelo tu. Ma non devi reprimere la tua
rabbia, sfogala pure mentre io rimango qui a leggere il mio fidato giornaletto
porno.”
Era un’imitazione pessima, e Sakura era sicura che Kakashi-sensei aveva detto
ben altre parole. Ma non poteva negare che il contenuto era piuttosto
plausibile.
Riuscì ad accennare un sorriso quando Naruto risistemò la fascia sulla fronte, e
si lasciò cadere sul bordo del letto, con uno sbuffo. Per un attimo
l’espressione tornò quella da cucciolo abbandonato, rara, ma che le stringeva il
cuore.
Ma non appena notò che lei lo stava ancora guardando, sollevò lo sguardo, e
ritentò quel sorriso, falso fino al midollo, che avrebbe dovuto consolarla.
Raising my glass, I sing a toast to the midnight sky
I wonder why
The stars don't seem to guide me...
”Ti prego,
smettila.” Mormorò Sakura, riportando lo sguardo sul corpo di Sasuke. Indugiò
sul braccio sinistro – sempre che sia lui, sarà capace di riutilizzarlo
ancora…? – poi sul viso, così rovinato, ma di cui i lineamenti tradivano
ancora l’antica delicatezza che aveva incantato tutte le ragazze del villaggio.
Non eravamo abbastanza per te, vero? Ti davamo solo fastidio.
Un vago senso di amarezza decise di stabilirsi nel petto, all’altezza del
cuore. Sakura deglutì, scostando una ciocca corvina dal viso di Sasuke, con un
lieve sospiro. Si costrinse a distogliere lo sguardo, portandolo sulla piccola
finestra che lasciava filtrare le luce delle stelle fra le nuvole dell’autunno
incombente.
Non ero abbastanza… non lo sono mai stata, vero? Fa nulla. Non importa…
Perché doveva continuare ad amarlo, nonostante tutto? Nonostante Naruto e
Lee le fossero vicini, più di quanto avrebbe mai potuto sperare… perché doveva
continuare ad amarlo? Per lui il suo amore non era mai stato importante.
Naruto parve indovinare il filo dei suoi pensieri, perché prese a raccontare
di un’incursione di Gai durante il suo allenamento con Kakashi. Non voleva
vederla giù. Sakura si costrinse a ridere al momento opportuno.
La notte passò fra falsi sorrisi, per darsi coraggio e consolarsi a vicenda.
I didn't mean to fall in love with you...
And baby there's a name for what you put me through:
It isn't love, it's robbery.
I'm
sleeping with the ghost of you and me.
La mattina
dopo, quando il sole era già alto, Ino la trascinò a casa. Sakura protestò
piuttosto ardentemente, ma l’amica non volle sentire ragioni.
”Avevo promesso a tua madre che ti avrei riportata a casa sana e salva, scema.
Ho cercato di spiegarle la situazione, prima, ma non sembrava capire la
necessità del tuo star via, nonostante non fossi in missione. Si è presa un
bello spavento, sai? Cosa ti è venuto in mente, non tornare a casa, ieri? Avrà
pensato che ti avevo rapito o qualcosa del genere. Non ha più l’età per certe
cose.”
”Non sono affari tuoi, scrofa. Dovevo stargli vicino, ha bisogno di me, e tu lo
sai. Ha bisogno di me, non di…”
”Non di chi? Dei medici? Della Godaime? Di Naruto? Di me?” Ino schioccò
la lingua, finalmente lasciandole andare il polso, per voltarsi a guardarla.
”… già.” Mormorò Sakura di tutta risposta, scostando lo sguardo e superandola.
“In questo momento non puoi far nulla, Sakura. Sta al consiglio decidere. Non a
te. Non a Naruto. Non a me. Al consiglio.”
”Ma lui non ha bisogno di loro. Lui ha bisogno di me, e per l’amor del
cielo, io ho bisogno di lui!” Quant’era vera quella frase. Perché
aveva cercato di convincersi del contrario, in quei tre anni passati? Ammetterlo
le tolse un peso dal cuore, ma la sensazione durò poco. Ino la guardava con un
misto di rimprovero, e di malinconia.
”Avrei preferito che non fosse mai tornato.” La sentì mormorare. Sakura non
replicò, corrugando la fronte. Non erano quelle le parole che s’era aspettata.
“Non farai cambiar tutto di nuovo, vero Sakura? A me lui non interessa più, lo
sai. Lui si interessa solo di sé stesso, ed io almeno l’ho capito. Non devi
pensare che tutto ciò che dico sia per allontanarti da lui.”
Ancora una volta, Sakura rimase in silenzio.
”Non sono più una bambina, Sakura. Sei mia amica, e lo dico per te. Mi preoccupa
vederti così. E’ da ieri che non ragioni più. Hai a malapena mangiato. Ora fammi
un favore e torna a casa. Dormi, dì a tua madre che va tutto bene, mangia come
si deve. Se succederà qualcosa, lo verrai a sapere. Tsunade-sama non vi ha già
dimostrato di tener a mente i vostri sentimenti in quanto squadra? Non c’è
bisogno di reagire così. “
”Scusami. E’ solo che…”
Ino la interruppe, vestendosi d’un sorriso più affabile. “Non ti preoccupare.
Ricordati solo che non devi buttar via tutto quello che hai costruito in questi
tre anni, per lui. Non lo merita. Ora va’ a casa, prima che tua madre decida di
lapidarmi per averti rapita. Su.”
Suo malgrado Sakura ricambiò il sorriso, amarezza che pian piano tornava. Ino
aveva ragione, e forse era maturata molto più di quanto non lo fosse lei. La
loro amicizia aveva piano cominciato a risanarsi con l’assenza di Sasuke,
obiettivo delle loro liti. Ma ciò non significava che, con il suo ritorno, si
dovesse tornare anche ai vecchi tempi. Non significava dover ignorare il fatto
che Naruto le era stato vicino, ignorare ora quel legame più stretto che
permetteva loro di parlare civilmente. Accennò qualche passo, e sentì Ino fare
lo stesso alle sue spalle.
Tuttavia, un pensiero le si affacciò alla mente, e si voltò ancora. “Ino?”
La bionda si fermò allo stesso modo, braccia incrociate dietro la nuca, battendo
ciglio.
”Grazie per le cosmee.”
La vide sorridere.
”Più tardi vedrò di portare anche qualche eupatorio, per la composizione.”
Non poté fare a meno di sorridere a sua volta, con un pizzico di nostalgia.
The ghost of you and me
When will it set me free?
Non parlò
molto con sua madre, si limitò ad assicurarla di star bene, per poi rifugiarsi
nella sua tana, al piano di sopra. Distrattamente si ritrovò a sfogliare tutte
le vecchie foto, soffermandosi su quella più familiare, e probabilmente più
cara, della settima squadra. Era stato un pomeriggio duro, quando l’avevano
scattata, e Naruto e Sasuke non avevano fatto altro che battibeccare per tutto
il tempo. Alla fine, lei aveva “intimato” a Naruto di piantarla di saltare
sempre davanti all’obiettivo, rovinando tutti i tentativi di fotografia.
Naruto aveva cominciato a lamentarsi su quanto ingiustificatamente crudele fosse
Sakura, e Sasuke aveva borbottato un “Piagnucolone” perfettamente udibile.
Il risultato nella foto fu quello di una ragazzina tutta sorridente fra due
ragazzi fin troppo imbronciati. E un Kakashi-sensei stranamente entusiasta.
Lasciò scorrere l’indice sulla superficie lucida della foto, prima di riporla
fra le altre, e chiudere il cassetto.
Non poteva certo illudersi che sarebbe stato tutto come prima. Non era così
infantile. Ma nulla le vietava di sperare, e provare a far diventare quella
speranza realtà.
Nulla glielo vietava, eccetto il Consiglio stesso.
Nulla le aveva impedito di tornare, quel pomeriggio. Nonostante le mille
raccomandazioni di sua madre, una madre preoccupata che neppure comprendeva
quello che era appena cambiato nella vita di sua figlia.
sua madre non aveva mai perso il suo amore. Il suo amore era stato sempre lì, di
fianco a lei.
Per questo le rimproverava la sua smania di stargli vicino. Solo per questo, si
ripeteva Sakura.
Solo per questo.
”Sakura! Sakura, vieni!”
La voce di Ino, allarmata come di rado l’aveva sentita. Lei era lì, aveva appena
svoltato l’angolo della stradina polverosa che portava all’ospedale, e non
appena l’aveva vista il suo volto s’era illuminato. Quasi stesse cercando lei.
Quanto la cercava, ultimamente. Quasi volesse averla sempre sotto controllo.
Tuttavia era affannata. Troppo affannata.
”Che c’è?”
”Lui… lui sta male, Sakura. Molto male.”
Mente di nuovo svuotata, lo stesso fenomeno della sera prima, la kunoichi prese
a correre di fianco all’amica/rivale di una vita. “Si… si è… svegliato?”
Ino scosse il capo, serrando le labbra. Sakura non capiva, ma non aggiunse
altro. Ridusse anche le sue stesse labbra in una linea esangue, labbra tirate… e
continuò a correre.
I hear the voices call
Following footsteps down the hall
Trying to save what's left of my heart and soul
Sapeva che
Tsunade-hime la stava guardando, oh se lo sapeva. Sentiva il suo sguardo bucarle
la schiena, mentre le voltava le spalle, rivolta verso il letto asettico
dell’ospedale. Sapeva che la fissava, come sapeva che non stava cercando di far
nulla.
”Sasuke-kun… Sasuke-kun, svegliati. Io… io ho imparato tanto, lo sai, sono
diventata brava, ti farò stare meglio, te lo prometto, ma tu… tu svegliati
soltanto, apri gli occhi, fai vedere che sei ancora tu , che non… che si
sbagliano, allora sarà tutto più facile, lo sai…”
Sapeva che la fissava, come sapeva che non stava cercando di far nulla.
Il volto pallido davanti a lei era sudato, le sopracciglia corrugate, il respiro
affannato fatto di singhiozzi veloci. Li conosceva, i sintomi, li conosceva,
doveva stare calma, perché non riusciva a pensare.
Serrò gli occhi, lasciando sfuggire l’unica lacrima che si sarebbe concessa
quella sera. E stava per schiudere le labbra di bocciolo, stava per prendere in
mano la situazione, quando…
”Sakura, nella vetrinetta dovrebbero esserci delle erbe, quelle nel barattolo
rosso, a destra. Prendile, e nell’anta in basso c’è il bollitore. Riempilo
d’acqua. Sarà una lunga nottata.”
Tsunade-sama.
Infatti, la notte fu una delle peggiori che Sakura avesse mai affrontato. Se la
sua mente, ancora stanca dagli avvenimenti, none ra riuscita a capire cosa
avesse il ragazzo, la Godaime non aveva avuto dubbi: infezione.
La ferita alla spalla, quella voragine che pareva trapassarlo da una parte
all’altra, si era infettata. Era troppo estesa, e si era infettata.
Ma lei, Sakura, non l’aveva sospettato la prima volta che l’aveva vista? A cosa
stava pensando…?
Mentre Tsunade disinfettava la ferita, e preparava la medicazione – con
un’espressione che a Sakura non piacque affatto, per niente, perché sembrava
dubitare che funzionasse : non lo avrebbe accettato, lei era una dei tre Sannin,
non poteva non funzionare, non glielo avrebbe permesso – Sakura si limitò a
passargli la notte accanto, cambiargli la pezza imbevuta d’acqua sulla fronte,
come tanti anni prima. E pregava ogni divinità che conosceva, nell’ordine in cui
le sovveniva nella mente concitata, pregò la Vita stessa affinché gli desse
l’opportunità di riaprire gli occhi.
Non importa per quanto tempo. Bastava anche un attimo, per quanto egoista
potesse sembrare.
Solo…
Fammi esser certa che sia lui. Che c’è speranza, o che c’è stata. Che il suo
corpo è stato suo fino alla fine. Te ne prego…
Naruto le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, cercando di
confortarla. Suo malgrado, Sakura sorrise.
Dio solo sapeva quanto era costato a Naruto quel sorriso.
Watching the candle flicker out in the evening glow
I can't let go...
When will this night be over?
Sebbene la febbre
si fosse abbastanza, il corpo di Sasuke non aveva smesso un attimo di tremare.
Non un solo istante.
Sakura aveva abbandonato la sedia per sedersi accanto a lui, sul letto stesso.
La mano sinistra teneva la sua, la destra dimenticata sul panno bagnato.
Tsunade-sama aveva asserito che tutto sarebbe stato tranquillo. Lo aveva
promesso. Aveva promesso di parlare con il consiglio… aveva promesso tante cose.
Dal candore del lenzuolo spuntavano le bende avvolte attorno alla spalla e al
collo, già macchiate nuovamente di carminio.
”Sono passati due giorni e già mi sembra una vita. E’ incredibile come riesca a
crear problemi anche quando dorme.” Borbottava Naruto, seduto all’estremità più
bassa del materasso, mani giunte dietro la nuca abbronzata. Sakura alzò lo
sguardo, battendo ciglio. “Oh, non dire così, dai.”
”Ma è vero, dai, lo sai anche tu! Non solo ha il coraggio di farsi trovare mezzo
morto – quando dovevo ridurlo io mezzo morto, e riportarlo a casa a calci
nel…”
”Naruto…”
”…Non solo questo, ma ha pure il coraggio di rischiare di morirci sotto
al naso! Se non è egocentrismo e maleducazione questa…”
”… che paroloni. Il fatto che Jiraiya sia uno scrittore ha i suoi pro, a quanto
pare.”
”Sakura-chaaan~”
A quel tono da cagnolino col coda fra le gambe, Sakura permise ad un sorriso
condiscendente di tornar sulle labbra. Scosse il capo, schioccò la lingua, prima
di riportar l’attenzione sulla stoffa, e tornar ad intingerla nell’acqua.
Sentì Naruto sospirare, e con la coda dell’occhio lo vide sollevare il mento,
quasi l’avesse offeso. “Quell’ero-sennin non mi insegna proprio niente. Scrive
come un bambino, davvero. Sai che una volta ho scritto qualcosa al posto
suo, e non se ne sono neanche accorti? Ecco come scrive, quello lì.” Indignato.
”Tu… hai scritto cosa…?!”
”Oh… Ehm… cioè, non di quel tipo, davvero. Cioè… è noiosa quella
roba… non mi è piaciuta per niente.”
La stava prendendo in giro. Era grata di quei tentativi di tirarla su, davvero.
Lo dimostrò stando al gioco, crucciando le sopracciglia e sporgendosi sul
materasso. Usando la mano sinistra per poggiarsi, e tenersi su, stringendola a
pugno vicino al fianco di Sasuke. Salì con un ginocchio sul letto, l’altra gambe
distesa col piede poggiato per terra, il braccio destro disteso per minacciarlo
con lo straccio grondante acqua. “Sei diventato soltanto un pervertito!”
Lo agitò, gocciolando dappertutto, poi fece per lanciarglielo addosso. In quel
gesto perse l’equilibrio già precario, e cadde sul letto.
Ovviamente, Naruto scansò il proiettile bagnato, e cominciò a ridere. La sua
solita risata chiassosa, e chiaramente stava ridendo di lei. “Oh, la grazia
dell’elefante, lei…”
”Naruto…” un ringhio, niente più. Strinse i pugni, s’allungò appena per
riprendere la pezza… troppo lontana. Fece per schiudere di nuovo le labbra…
Ma fu la mente a fermarsi per prima.
Un gemito, seguito da un sussurro impastato, da una voce irriconoscibile eppure
dalla sfumatura familiare. Rauca, non usata da tempo.
Nonostante la muta protesta, Sakura non si spostò di un millimetro. Voltò solo
il viso, scostò solo lo sguardo verso di lui.
Il cuore le si fermò in gola.
I didn't mean to fall in love with you...
And baby there's a name for what you put me through:
It isn't love, it's robbery.
I'm sleeping with the ghost of you and me.
A/N: Mi sento in dovere di precisare che per qualche arcano motivo odio Sakura, ma adoro scrivere di lei. Per qualche arcano motivo. Comunque sia sono una fan dello yaoi NaruSasu, ma non riuscirei a scriverlo neanche mi pagassero. E scriverlo non mi piace. Mi piace scrivere di Sakura e Sasuke, punto. ò_ò
C'è chi dice che son strana. Non posso dargli torto °.°
Chi è vede Sakura? Chissà ~ °.° Son malefica -.-" Non badate a me, prego. E' stata una pena scrivere sto capitolo, sopratutto l'ultima parte e il discorso fra Ino e Sakura. Suppongo che in tre anni cambino molte cose. Semplicemente le faccio cambiare a modo mio XD
Penso che non avrebbe più modo di litigare con Ino, una volta scomparso il motivo principale della loro lite. E penso che senza Sasuke, andrebbe anche più daccordo con Naruto, che comunque s'è fatto in quattro per lei o.ò
Ho odiato Sakura per il modo in cui ha interrotto la sua amicizia con Ino. Suppongo che Ino le fosse davvero affezionata. Mah. E' l'una e dieci, quindi e meglio che vada a riposare. Domani mi attendono le versioni di latino.
P.S. Non riesco a scrivere Kakashi e Tsunade, ma neanche se mi pagano -.- Spero non siano troppo OOC.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** II - Replica. [Sasuke] ***
Nuova pagina 2
A/N:
si, di solito
neanche a me piacciono i Sequel delle One Shot. Appunto questa si può leggere
anche a parte XD Sebbene nella mia mente bacata, questo sia il Sequel u.u
Ovvero, tutto ciò che è scritto lì vale qui. Ammetto che ho solo una vaga idea
di dove questa fic andrà a finire, ma per come la vedo, comincio a pensare che
sarà lunghetta. Inoltre chiedo scusa per il ritardo, ma questo capitolo è
stato una pena da scrivere. A cominciare dalla canzone, giacché ero indecisa fra
due o.o Quindi…
Non vi aspettate troppo zucchero prima della fine, però u.u Avviso.
Canzone per questo capitolo: “Replica”, Sonata Artica. Bella bella bella *_*
Quasi otto anni vissuti
nella certezza che un giorno avrebbe realizzato il suo so… no, no, la sua
ambizione.
Non ci sono certezze.
Non ci sono.
Il mondo si era tinto di rosso, e lui era affogato in quel sangue.
Piano poteva sentire anche l’ultimo barlume di pensiero coerente che lo
abbandonava, la mente che lentamente si svuotava da ogni pensiero, troppo
stanca, troppo…
Non era sicuro d’aver gli
occhi aperti o meno, ma avrebbe potuto giurare di vedere gli occhi di Itachi
giudicarlo, dall’alto, come aveva sempre fatto, come avrebbe sempre fatto.
Perché è a questo che servono i fratelli maggiori…
… no?
II – Replica.
L’urlo
che era seguito a quell’impercettibile gemito aveva attirato l’attenzione degli
ANBU appostati all’esterno della stanza.
Inutile dirlo.
I'm home
again, I won the war,
and now I am behind your door.
I tried so hard to obey the law,
and see the meaning of this all.
Eppure lui
continuava a digrignare i denti, a soffocare quel grido – dolore, dolore
puro, dolore che
non aveva il diritto di tormentarlo a quel modo, dolore e solo quello – quel grido che nonostante tutto riusciva a
sfuggirgli dalle labbra serrate, mentre tentava d’afferrarsi il braccio sinistro
– brucia, brucia! – con una mano che non rispondeva più ai suoi ordini.
Una mano che, nel tentar di muoverla, causava solo altro dolore.
Sentiva la gola secca, dolorante, la mente fin troppo consapevole del suo corpo,
così come non la sentiva da troppo tempo. Lui era il suo corpo e il suo
corpo non era solo un contenitore per ciò che lui era….
Il suo corpo faceva male in modi che ormai temeva d’aver dimenticato.
Dov’è Kabuto? Lui…
Basta, fatelo smettere. E’ insopportabile!
Il peso che lo premeva verso il basso scomparve fin troppo velocemente, e fu
assalito da un’ondata di nausea. Tossì, una, due volte. Ma il suo stomaco era
vuoto, completamente vuoto, e sentì solo il sapore amaro della bile.
Le voci accanto a lui erano troppe, gli occhi scorsero un lampo di rosa pallido,
prima di venir serrati.
Scoppia, scoppia, la testa scoppia… dove diavolo è Kabuto? Proprio ora che ho
bisogno…
Dio, fallo venire ora!
Ancora una volta tentò di sollevare il braccio destro, ottenendo solo una
fitta che gli fece sfuggire un gemito. Una mano si serrò sul polso malridotto, e
lui affondò i canini nel labbro inferiore. Sapore metallico.
Altro dolore.
”Sasuke-kun…?”
Quella voce… quella voce non appartiene lì, non appartiene dov’è lui, quella
voce appartiene a casa…
Dov’è Kabuto?
Perché Kabuto non viene? Sto male.
Non posso morire… non può lasciarmi morire… Orochimaru…
Lui non
appartiene dove appartiene quella voce. Perché quella voce è lì? Non è
possibile, è del tutto impossibile… è…
Ti prego, ti prego… fallo smettere…
Uno dei due era fuori posto. Lei, lei non poteva essere lì.
Lei doveva essere nei suoi sogni, perseguitarli, affacciarvisi, stuzzicarli,
essere l’eterna ammonizione di ciò che aveva perso, ricordargli ciò che aveva
fatto, strappargli ogni orgoglio quando si svegliava con le lacrime agli occhi.
Perché era qui?
Dove era qui?
Posso cercarlo io… dov’è che lo tiene? Dov’è che tiene il preparato? E’
facile. Posso…
Basta, brucia…
La stretta sul polso aumentò, sentì piccole gocce d’acqua scorrergli lungo il
viso, stoffa fredda, mente confusa.
Schiuse gli occhi, ma non riuscì a mettere a fuoco l’ombra di ragazza che si
stava chinando su di lui.
L’ondata di nausea non tardò a tornare, ma l’amaro della bile sfumò nel
metallico del sangue.
Le voci piano si spensero. E l’ombra d’angelo che tentava di tranquillizzarlo
scomparve.
Remember me?
Before the war.
I'm the man who lived next door.
Long ago...
Kabuto sapeva
sistemare le ossa.
Kabuto sapeva uccidere e salvare una persona con la medesima esperienza e con la
medesima facilità.
Kabuto sapeva preparare quelle erbe affinché non fossero più velenose. Lui
sapeva usarle per far andare via il dolore, mandarlo via, sapeva dividere corpo
e mente, sapeva farne due entità distinte, fare in modo che l’una non soffrisse
per via dell’altra…
Muovi il culo e vieni, bastardo. Ti prego.
Fa male…
Era stato utile, durante quegli allenamenti. Era stato utile, quando aveva
affrontato lui.
Patetico… patetico.
Qualcosa l’aveva svegliato, riscuotendolo dal più magnanimo oblio.
Si sentiva come se il cervello stesse premendo contro le tempie, stesse
cercando di esplodere, di fuggire dalla sua prigione d’osso. Fuggire dal dolore.
Tre anni… tre anni di dolori ovattati, soffocati. Questo dolore, invece, gridava
a squarciagola e non sembrava aver intenzione di smetterla.
Per inciso, aveva la gola secca. E l’amaro della bile e il metallico del sangue
sul palato.
Il dolore piano gli stava schiarendo la mente. Quand’era l’ultima volta in cui
era stato in grado di seguire il filo dei suoi pensieri?
La sensazione non gli piaceva. Non riusciva ad ignorarli, lo trascinavano da una
parte all’altra, e non poteva reagire.
Sentì la nausea risalire, ma questa volta riuscì a domarla. Non aveva più niente
da svuotare, ormai.
Galleggiava sotto il velo della coscienza, vagamente consapevole delle voci che
lo circondavano. Di nuovo. Fitta di dolore al braccio, pungente, e si lasciò
sfuggire un gemito.
Dolore, dolore, dolore…
Qualche attimo di pura, pura tortura per la sua mente stanca.
Era il dolore a schiarirgli la mente? Ma il dolore lo stava abbandonando.
Lentamente, fin troppo lentamente - deliziosa tortura, via… - il suo
corpo si stava addormentando, mentre la sua mente sveglia ne era grata, perché
piano il dolore sfumava in una più sottile apatia, benedizione, pure, sublime
benedizione.
Sei arrivato, Kabuto. Sei arrivato.
Senza il rumore del dolore ad offuscargli le percezioni, però, divenne
sempre più consapevole delle voci lì attorno. Le voci nella stanza.
La stanza odorava di… aria. Strano. Aria e disinfettante.
E poi… un odore che non riusciva a piazzare bene. Era profumo?
Kabuto non metteva il profumo. Mai.
Orochimaru forse si. Non ne era sicuro. Orochimaru era lì?
Doveva esser stato via tanto… che vergogna. Aveva miseramente fallito.
Prenditelo, questo corpo, se ci tieni proprio. Tanto a me non serve a nulla.
Però lascia che rimanga un po’ così.
silenzio. Il mio corpo sta zitto.
E’ così che dovrebbe essere.
As you can
see, when you look at me,
I'm pieces of what I used to be.
“Sei sicura
fossero neri, Sakura-san?”
”Te l’ho già detto, te l’ho già detto!”
”Avresti potuto benissimo aver visto ciò che desideravi vedere.”
…
Sakura?
Si, la sua voce era lì prima. Ma prima non stava bene. Prima aveva il
diritto di richiamare il suo ricordo.
”Può chiederlo anche a Naruto, eh. Sono sicura che l’ha visto anche lui. Vero
Naruto?”
Dio, no.
”Ah-ah. Dice la verità. Le dico che erano nerissimi e poi… Cosa sta
facendo?”
”Antidolorifico. Non ti preoccupare, non sto tentando di avvelenarlo nel sonno.”
”Ma…”
”La Godaime me lo impedirebbe comunque. Per quel che ne so, lo vuole vivo.”
…Il Villaggio della Foglia?
”Cosa?”
”Beh, la sorpresa era più o meno questa... Il Consiglio pensa che potrebbe
essere utile prima un interrogatorio. E io… penso sia sveglio, sapete?”
… perché?
Non vi fu risposta. Alcuna.
Ne’ alla domanda posta ad alta voce, né in quella che risuonava, come un’eco
nella sua mente. Perché era lì? Non doveva essere lì. Non in quelle condizioni.
Serrò le palpebre, con fin troppa concentrazione.
”Puoi smetterla di tener gli occhi chiusi. Ignorarci non ci farà scomparire..”
La voce di donna – sconosciuta, chi è? quanto esattamente è cambiato, qui?
– scemò in un sospiro, ma lui non mosse un muscolo. L’antidolorifico doveva
ancora prendere del tutto effetto, e stranamente si stava facendo prendere dal
panico.
Non di nuovo qui.
Loro non hanno niente. Loro non sanno niente.
”Mah. Gli ANBU sono qui fuori se ne avete bisogno, voi due. Anche se dubito
che in quelle condizioni potrà tentare qualche scherzo. Vado a riferire a
Tsunade-hime che si è svegliato.”
Ancora una volta la donna non ottenne alcuna risposta, ma non attese oltre.
Sentì la porta chiudersi, per poi lasciar spazio, ancora una volta, al silenzio.
It's easier if
you don't see me
standing on my own two feet
Sakura era
sicura che tutti loro avevano immaginato almeno una volta questo momento.
Lei, perlomeno, aveva passato gran parte degli anni trascorsi a pensare alle
parole da dire, ai gesti da fare… Era del tutto diverso. Del tutto diverso.
Il suo Sasuke-kun era sveglio, ma li stava ostinatamente ignorando.
Questo non se l’era aspettato.
”Ci stai odiando in questo momento, ne, Sasuke?”
Fu così che la voce di Naruto ruppe il silenzio, e sebbene avesse accennato una
risata, il tono era fin troppo serio perché Sakura potesse ignorarlo.
”L’ero-sennin me l’aveva detto, sai? Che ti saresti arrabbiato, perché hai
scelto tu di andarci. Ma se tu hai il cervello piccolo e non ragioni,
qualcuno dovrà pur ragionare per te! Cosa diavolo credevi di fare, mh?”
Sakura deglutì, ma non aggiunse altro. Scostò lo sguardo sul vaso, piccola
composizione di cosmee ed eupatori. Sasuke non aveva ancora aperto ancora gli
occhi. Sasuke non aveva ancora visto di essere a casa.
Naruto era arrabbiato.
”Lo sappiamo che sei sveglio, bastardo che non sei altro.”
Sakura si era immaginata più qualcosa come un abbraccio collettivo. Lacrime,
tante. Qualche sorriso, ma non da Sasuke. Lui… lui si sarebbe scusato, loro lo
avrebbero perdonato.
Ecco.
Una bella favola.
Tuttavia, Sasuke dischiuse le palpebre lentamente, quasi di malavoglia, posando
due pupille dilatate su di loro. Sakura si sorprese nell’averle notate.
Le iridi non erano più color pece, inchiostro scuro. Erano come sbiadite.
Cosa diavolo hai fatto, questi tre anni, tu?
Condivise la rabbia di Naruto, tutta. Non credeva che Sasuke avrebbe
risposto, invece lui schiuse le labbra secche, palpebre pesanti.
Fece per parlare, Sakura lo intuì.
Tuttavia, non appena costrinse un filo di voce roca fuori dalla gola, voltò di
scatto la testa per nascondere loro il volto. Prese a tossire, espressione
pallida deformata in un conato. Tralasciando ogni sentimento d’astio che aveva
potuto coglierla pochi attimi prima, Sakura si alzò diligentemente dalla sua
sedia, dirigendosi verso l’armadio a mensole.
Con la coda dell’occhio scorse una piccola traccia di sangue sulle lenzuola
candide, dove lui tentava di liberarsi di qualcosa che apparentemente nello
stomaco non c’era.
Scosse il capo, costringendosi a guardare fra i contenitori. Un po’ di nausea
non era difficile da sistemare, e di solito i rimedi eran già chiusi nei loro
barattoli, senza bisogno di star lì a prepararli sul momento.
”Sei arrabbiato, no? Potessi, ci attaccheresti e fuggiresti di nuovo, suppongo.
Mi hanno detto che ero un’idiota a pensare che saresti tornato di tua volontà.
Sei davvero così stupido da accettare che quello lì ti freghi il corpo, o avevi
paura di tornare a Konoha?”
Ancora una volta, Sakura non aggiunse nulla.
Sii un medico, Sakura. Pensa alla sua salute, prima. Poi a te stessa.
Prese il barattolo di pastiglie, richiuse le ante, e aprendo il barattolo,
si riavvicinò al letto. Si accorse che Sasuke la stava fissando, con
quell’espressione quasi apatica sul viso, piccola striatura bagnata
all’angolo della bocca. Lei deglutì ancora, prendendo una pastiglia e
lasciandola cadere nel bicchiere vuoto poggiato su comodino. Versando l’acqua
dalla brocca posata accanto.
I'm taller
when I sit here still,
you ask are all my dreams fulfilled...
Sasuke
poteva sentire la pasticca sciogliersi in uno sfrigolio nell’acqua limpida,
lieve schiuma biancastra che minacciava di oltrepassare l’orlo del bicchiere.
Batté ciglio, quando lo sguardo incrociò il vaso di vetro posto dietro il
bicchiere, fiori rosa.
Rosa.
Sakura… è così… femminile.
Non stava pensando chiaramente. Perché non stava pensando chiaramente? Man
mano che il dolore si affievoliva, la mente sembrava circondarsi d’ovatta,
ovatta soffice che attutiva ogni pensiero.
Però Naruto – chi altri sennò? – continuava a buttar giù parole, parole che
rimbalzavano contro questo strato di magnanima bambagia, rimbombavano nelle
tempie.
Non gli piaceva. Con gli accorgimenti di Kabuto non era mai successo.
”Oh ecco. Avevi paura. Comprensibile, sei sempre stato un codardo, tu. In fondo
in fondo, l’hai sempre saputo che ero io il migliore. Sei un codardo, davvero.”
“’arli
troppo… e a voce troppo alta. Mal di testa, idiota - lasciami in pace.”
La sua voce. Come
suonava debole la sua voce, alle sue orecchie. Eppure, quella stessa voce fece
accelerare di poco i battiti del cuore di Sakura.
Era quella la sua voce, solo lievemente più roca, lievemente più stanca, più
bassa. Ma il tono, il timbro di voce... Con una morsa al cuore, ma ancora non
fidandosi di parlare, dal catino d’acqua poggiato sul comodino d’ospedale,
raccolse il panno bagnato, asciugando quel rivolo di sangue diluito a saliva.
”Oh, si, lasciami in pace, dice lui!” Sbottò Naruto, alzando la voce e
corrucciando le sopracciglia in espressione ostinata “Credi che Tsunade-baa-chan
ti lascerà in pace? Lo sai che il consiglio non vuole altro che la tua testa? Te
ne rendi vagamente conto?”
Sasuke crucciò appena le sopracciglia sulla fronte: la voce di Naruto
riecheggiava nella testa, rimbalzava sull’ovatta, si ripeteva all’infinito.
Piano piano, anche l’effetto dell’antidolorifico sembrava esser cacciato via da
quella voce accusatoria.
”Per me… L’Hokage può fare quel… tutto quel che vuole. Non m’importa.”
Soltanto silenzio seguì questa sua affermazione.
In questo silenzio la mente diventava via via più lucida, il dolore la
svegliava, lo sapeva: non si usava forse il dolore per schiarire la mente dal
panico? Ma piano, a cominciare dalla punta delle dita del braccio sinistro, il
braccio bruciava.
Quant’erano durate le loro medicazioni?
”… troppo poco…”
Brucia!
Naruto sembrò quasi ringhiare.
”Che significa? Non…”
”… ‘orse che quella donna non sa fare il suo lavo--” Non terminò comunque la
frase, digrignando i denti e sopprimendo un gemito. Sakura, fronte appena
corrucciata, si limitò a sollevare il bicchiere di medicinale, avvicinandoglielo
alle labbra. Muta esortazione a bere.
”Andrà meglio.” Poco più d’un sussurro, accondiscendente. Le prime parole
pronunciate da lei. Ma lui teneva le labbra ben serrate, quasi temesse di far
sfuggire qualche suono.
Sakura non aggiunse altro, posando ancora il bicchiere sulla superficie di legno
laccato. Un lieve sospiro le sfuggì dalle labbra, mentre si sedeva al bordo del
lettino. Mente critica, preoccupata, allenata dagli insegnamenti della sua
maestra, tentava di capire la causa di quel dolore stampato sul volto.
Shizune aveva iniettato una dose di antidolorifico tale da durare almeno per un
paio d’ore.
Non erano passati nemmeno venti minuti.
”No, no, no! Cosa significa che non ti importa?!”
”Cosa… cosa ti sembra che significhi…?”
Non erano passati neanche venti minuti. Deglutì, scosse il capo, caricando la
siringa con la fiala che Shizune aveva lasciato sul carrello. Sentì lo sguardo
si Sasuke trapassarle la schiena, e un vago rossore la assalì in viso.
Perché il dolore era ancora lì?
Sasuke sussultò appena quando l’ago trapassò la pelle dell’avambraccio destro, e
serrò gli occhi. Non le dedicò neppure una parola.
”Ti ucciderei!”
Perché, dopo tutto questo tempo, l’unica cosa che erano capaci di fare era
litigare?
”Non puoi, vero?”
Era un ghigno, quello sulle labbra pallide?
Perché tutto quello di cui Sasuke sembrava essere capace, era ignorarla?
”Ma neanche tu ne sei stato in grado, no?”
Lei era lì, e lui si era limitato a fissarla, a degnarla della sua attenzione
per qualche secondo.
”E’ stato solo un capriccio!”
Ancora una volta, Sakura si ritrovò a condividere la rabbia di Naruto.
”Tutto, tutto per te è stato un capriccio! Sei stato felice, mh? Hai ottenuto
quello che hai voluto?”
Rabbia che aumentò nel vedere i lineamenti di Sasuke indurirsi, sguardo
assottigliarsi. Perché…?
Era tutto sbagliato.
”L’hai ucciso?”
Vide gli occhi di lui mutare da nero sbiadito a rosso sangue. La sua bocca si
deformò in una smorfia adirata, quasi provasse la sua stessa rabbia, furia, ira
cieca.
Era tutto sbagliato.
Tutto!
”Basta.
Smettetela. Siete solo due bambini!”
Sakura si stupì di come ferma e severa era riuscita a suonare la sua stessa
voce. Probabilmente anche Naruto e Sasuke ne rimasero stupiti, dato che il primo
si limitò a rivolgerle uno sguardo vacuo, e gli occhi di fuoco del secondo si
estinsero.
Ora entrambi la guardavano.
”Naruto, per quanto tu possa essere impaziente, avrai tutto il tempo del mondo
per litigarci, per minacciarlo di morte, per pestarlo, quello che ti pare.
Quindi, per ora ti prego di lasciarlo in pace, è evidente che non sta bene.”
Gli occhi di Naruto si limitarono a sembrare più grandi e increduli del solito.
“…eh?”
”In quanto a te…”
Qui si interruppe. Gli occhi del suo Sasuke-kun avevano già cominciato ad
annebbiarsi, di nuovo. Colpa dell’antidolorifico. Era rivolto verso di lei, ma
non la stava guardando davvero.
Affondò il canino nel labbro, soffocando l’istinto di fargli male – molto male.
Mani strette in due pugni lungo i fianchi, lasciò che la voce scemasse in gola,
prima di scuotere il capo e incamminarsi verso la porta.
”… Naruto, andrò da Tsunade-sama. Devo parlarle, gli antidolorifici sembrano non
avere grande effetto, e non è del tutto normale. Per favore, va’ via anche tu.”
Meglio aspettare. Aspettare. Deve sbollire quella rabbia istintiva, deve
sbollire quell’impulso ai limiti del sadico.
Sasuke-kun non sta bene, è per quello che non mi ha vista…
Ma ha visto Naruto.
Ho voglia di pestarlo.
Probabilmente mi odia.
Non mi ha mai vista davvero.
Mi sono preoccupata per nulla.
Lui la ignora. Come sempre. Come sempre?
Delusa. Era delusa. Cosa si era aspettata? Cosa si era aspettata, passando quei
due giorni mangiando e dormendo a malapena, standogli accanto quando lui non
sapeva, non poteva sapere…?
Aspettare. Doveva aspettare.
Lasciò che la porta si chiudesse alle sue spalle, senza preoccuparsi
minimamente del rumore. Superò i due ANBU posizionati ai fianchi dell’entrata
della camera, senza degnarli di uno sguardo.
I loro occhi la seguirono, discreti, da dietro le grottesche imitazioni di
animali.
They made me a
heart of steel,
the kind the bullets cannot see.
”Mah. Spero tu sia contento.”
Sbuffando, fu l’ultima cosa che Naruto si degnò di dire, prima di seguire la
kunoichi fuori dalla porta. La chiuse con un po’ più di garbo, forse per la
presenza degli ANBU all’esterno.
La camera era vuota, e lui era rimasto solo. Solo rinchiuso in una camera
d’ospedale nel Villaggio che aveva tradito, controllato notte e giorno da ANBU,
senza riuscire a muovere un muscolo.
Era la fine, no? A meno che qualcuno del Suono non venisse a recuperarlo…
Difficile. Che cosa potevano saperne di dove si trovava in quel momento? L’unica
cosa che aveva detto a Kabuto, prima di andar via, era stata: “So dov’è. Devo
andare.”
Non aveva neppure detto dove. A malapena riusciva a scorgere i contorni
del mondo. Il suo mondo era sfocato. Spostò lo sguardo sul vaso di cosmee, sul
bicchiere di medicina, ormai diventato di un sospetto color giallo canarino.
Quella non era la Sakura che ricordava. Come la ricordava?
Logorroica, inutile, dalla lacrima facile…
Ingenua, un po’ infantile, fondamentalmente buona.
Si preoccupava per lui, nonostante tutto.
Ed eccola, reagire come se nulla fosse successo.
Come poteva? Avrebbe preferito essere stato accolto da lei come lo aveva accolto
Naruto.
Possibilmente gridando..
Invece, no. Lei si era limitata a stare in silenzio, a pensare alle medicazioni.
A dire di lasciarlo in pace, con una maturità che non ricordava le appartenesse.
Era cambiata. Come era cambiata?
Quanto era cambiata?
Ricordava ancora vagamente le parole di lei, quando era andato via. Non era più
la stessa, vero? Le persone cambiano. Un anno, due, tre. Quanti ne erano
passati? Si sforzò di compiere un rapido calcolo, fallendo miseramente.
Non aveva la concentrazione adatta per pensare.
Nothing’s what it seems to be
I’m a replica, I’m a replica.
Empty shell inside of me
I’m not myself, I’m a replica of me.
Eppure il litigio
con Naruto era stato molto più naturale di quanto avesse potuto immaginare,
lontano da casa. Cioè, lontano da Konoha.
Era stato così facile attaccar briga con lui, prenderlo in giro come fosse
niente – nonostante Naruto fosse sicuramente messo meglio di quanto non lo fosse
lui.
Però… non era riuscito a trattar lei come l’avrebbe trattata anni prima. Non
ora.
Non dopo averla sognata ogni singola notte, non dopo aver rimpianto giorno dopo
giorno d’averla lasciata indietro, pensando a quello che sarebbe potuto essere
se fosse rimasto. Ma era stato giusto così.
Aveva bisogno di qualcuno da lasciare indietro, di qualcuno che arrivasse ad
odiarlo, e a fargliela pagare. Perché sapeva che eticamente era stato tutto
sbagliato. Era stato tutto un errore.
Sakura e Naruto avrebbero dovuto ricordarglielo.
Incredibile, come alla fine, avesse cominciato a pensare come suo fratello.
Incredibilmente ridicolo.
Ho bisogno di qualcuno che mi ricordi che ho peccato. Che ho tradito.
La sua copia sputata.
Non posso giustificarmi, comunque. Non ho concluso nulla, alla fine.
Serrò gli occhi, cercando di cacciare via quel viso, quel pensiero dalla
testa. A cos’è che stava pensando, prima?
Il filo logico delle sue riflessioni sembrava aver preso vita propria,
trascinandolo avanti e indietro, senza alcun nesso visibile.
Quante volte, quand’era stato più bambino, aveva sperato che Itachi tornasse a
Konoha, come se nulla fosse accaduto. Sarebbe stato disposto persino a
perdonarlo, a quel tempo. Subito dopo l’accaduto.
Disposto a perdonarlo, davvero, a condizione che non lo lasciasse solo.
Anche Itachi aveva avuto paura di tornare a Konoha, dopo quello che aveva fatto?
No, impossibile. Lui non ha paura di niente.
E’ questa la vera differenza, pensò. A suo fratello non interessava
tornare al villaggio della Foglia. Non aveva più niente, lì, che lo
interessasse.
Assolutamente niente.
Patetico. Davvero.
Solo io avevo paura di tornare qui.
E lei… lei fa finta di niente. Come può far finta di niente, dopo avermi
tormentato così ogni notte?
Non è giusto. Non è affatto giusto.
The light is green, my slate is clean.
New life to fill the hole in me.
I had no name, last December
Christmas Eve I can’t remember.
Si
accorse che a svegliarlo, quando ormai l’atmosfera di fuori era diventata di
quel rossiccio che precede il crepuscolo, non fu il dolore.
Bensì fu una voce fin troppo cristallina, con una sottilissima venatura di
arroganza.
”Sarà bene mettere qualcosa in chiaro, Sasuke-kun”
Una voce che sorrideva.
Avrebbe dovuto riconoscerla? No, affatto. E non riusciva neppure a sollevare le
palpebre, pesanti com’erano. Sentì la porta chiudersi, discretamente, e i passi
avvicinarsi al lettino dell’ospedale.
”Su, su, sveglia.” Intransigente. Irritante.
Crucciò le sopracciglia sulla fronte, mugolò qualcosa, e voltò il viso
dall’altro lato.
Tutto quello che sentì di rimando, fu uno sbuffo seccato. Nient’altro. Tuttavia
la ragazza si stava muovendo nella camera, senza dir nulla. La sentì fare il
giro del letto asettico, fermarsi vicina al comodino di legno laccato.
rumore di vetro.
Seccato, e non poco, sbirciò da un occhio.
Una ragazza bionda, capelli lunghi – non li aveva corti, prima? - , occhi
assurdamente azzurri.
Yamanaka Ino.
Oh certo. Non c’è limite al peggio.
Nel vaso, dove prima c’erano solo quei fiori rosa, ora erano accomodati
anche alcuni steli di minuscoli fiori bianchi a grappolo. Ino batté ciglio,
squadrò la composizione dall’alto verso il basso, mani poggiate sui fianchi.
Poi, apparentemente soddisfatta, volse la sua attenzione a ricambiare lo sguardo
seccato di Sasuke.
Si sedette quindi sulla sedia, accavallando le gambe.
”Eri sveglio allora. Lo presumevo. Ho sentito da Naruto che ti sei divertito ad
ignorarli per un bel po’. Con me non funziona, bellino.”
Avesse avuto la prontezza di spirito, avrebbe inarcato un sopracciglio. Si
limitò tuttavia ad alzare gli occhi al soffitto, e sospirare. Al contrario di
Sakura, Ino non gli aveva mai dato motivo di piacergli, tantomeno di risultare
appena meno seccante. Mai.
”Inutile che ti faccia il discorsetto, l’Hokage sarà più che lieta di farlo.
Però, ho solo un consiglio.”
Consiglio?
”Da quando sei … tornato – volente o nolente, non è quello il punto - Sakura
ha a malapena dormito e mangiato. Se solo osi farla tornare quell’ombra
di sé che è stata per mesi dopo il tuo tradimento, Sasuke-kun… Beh, sono sicura
che ridotto così, non potrai opporre troppa resistenza se decidessi di fartela
pagare, no?”
Oh.
La gente cambia eh? Che cambiamento interessante. Non devo evitare la saliva,
almeno.
Sentì un lieve sorriso farsi strada sulle labbra, divertito. Troppo stanco,
a dire il vero, per provare altro.
”Come avrai intuito, hai perso tutto il mio rispetto – e va bene, va bene,
chiamiamo le cose con il loro nome: la mia infatuazione - con quella
decisione. Purtroppo Sakura non ha capito come salvaguardarsi da certi bastardi,
sebbene io abbia tentato di spiegarglielo. Non vuole capire, le piace vedere
quello che vuole vedere lei. Il resto non esiste, suppongo tu lo sappia.”
Altro suono irrisorio soffocato in gola.
I was in a constant pain,
I saw your shadow in the rain.
I painted all your pictures red,
I wish I had stayed home instead...
”Quindi ho
sperato che almeno tu, per quanto ottuso possa essere a volte, capirai.
Se hai almeno un po’ a cuore Sakura, capirai di non farle ancora del male. E se
non ce l’hai a cuore… non illuderla.”
”…Non l’ho mai illusa.”
”Oh, certo. Era l’unico essere femminile con cui ti degnavi di parlare! Se non è
illudere, quello.”
Erano in squadra insieme, era normale. Ma come poteva pretendere di capire il
funzionamento della mente femminile? Non poteva, semplicemente.
Quando erano all’accademia, lui la odiava. Semplicemente questo, né più né meno.
La trovava irritante, infantile con quella sua infatuazione - fotocopia di mille
infatuazioni già viste, già sentite.
Avvertì una lieve fitta al petto, lieve formicolio al braccio sinistro, e serrò
i denti.
Allora, se era solo un’infatuazione da nulla, perché…
… soltanto, perché aveva dovuto pronunciare quelle parole, quella sera?
“… mi hai
insegnato tu che essere soli fa male! Lo capisco così bene, ora. Io ho una
famiglia, e ho molti amici, ma… se tu non sei accanto a me, per me… sarà come
essere sola…”
Quelle parole avevano avuto lo stesso effetto di una pugnalata al cuore.
Quella sera lei glielo aveva strappato, e l’aveva tenuto con sé, a Konoha.
Da quella sera, il pensiero di lei si era affiancato a quello di Itachi,
egemonizzando ogni minima parte della sua mente, della sua ragione. Giorno dopo
giorno, al villaggio del Suono…
Nonostante tutto, lei… lei mi…
Cercò di trovare una parola diversa da amore, senza riuscirci. Il pensiero
morì lì, e lui serrò le labbra, sguardo ostinato puntato al soffitto bianco.
”Non sei affatto bravo con le persone, tu, vero?” la sentì ridere, e si limitò
ad arricciare il naso. Ne aveva abbastanza, la nausea stava cominciando
prepotentemente a farsi sentire.
”Va’ via.” Fu tutto quel che sibilò, chiudendo gli occhi, corrugando la fronte.
Con sua grande sorpresa, la ragazza non fece storie, bensì si alzò dalla sedia
vicina al comodino. Per un attimo rimase lì, ferma.
”Ecco, appunto.” Mosse qualche passo, tono divertito nella voce. Prima di
andarsene, lo guardò con la coda dell’occhio, prima di sorridere. “Non so cosa
intenda fare il Consiglio, ma spero non sbagli decisione. Tenterai ancora di
andar via?”
Sasuke non rispose. Lei tuttavia attese, qualche attimo, finché non parve
rassegnarsi alla mancata risposta.
Ino Yamanaka chiuse la porta alle sue spalle, mentre lui posava lo sguardo
pensieroso sulla composizione nel vaso. Attacco di nausea, più violento, e si
ritrovò a tentare di svuotare lo stomaco.
Non essendoci nulla dentro, sentì solo il sapore amaro della bile, e quello, più
inquietante ma altrettanto familiare, del sangue.
Nothing’s what it seems to be
I’m a replica, I’m a replica.
Empty shell inside of me
I’m not myself, I’m a replica of me
“I sintomi dell’astinenza vanno da depressione, irritabilità, astenia,
rallentamento dei riflessi, tremori, nausea, disturbi del sonno, appetito
vorace.”
”E’ sempre stato irritabile, non credo che conti come sintomo…”
”Naruto, se devi stare qui, sta’ zitto. Dicevi, Shizune?”
”Anche l’appetito – ha letteralmente divorato il pranzo, poco fa, e si è
lamentato della sua scarsa quantità – è perfettamente spiegabile. Non ha
mangiato nulla in due giorni.”
”E certo, lo volevate far agonizzare…”
”Naruto!”
”Mpf. Ed è anche sempre depresso, neanche avesse un bastone su per il…”
”Comunque, Sakura ha detto di aver notato dei tremori, al
risveglio. Ma pare si siano arrestati dopo l’iniezione dell’antidolorifico.”
”Quante fiale finora?”
”Sette.”
”Quante?!”
”Va bene, va bene, Sasuke è un maledetto tossicodipendente. Appurato questo,
e allora?”
”I conati però non sono affatto normali, forse si è danneggiato il…”
”E allora?!”
Entrambe le donne, Shizune e Tsunade, si voltarono verso Naruto, che le
osservava da parte, braccia incrociate al petto, piede che batteva impaziente
sul pavimento. Espressione annoiata, era fermo davanti alla porta dell’ufficio.
”Cosa vuoi esattamente, Naruto? Temo mi sia sfuggito.” Domandò la
Godaime, sorrisino chiaramente forzato sulle labbra carnose, mani strette l’una
sull’altra come unico sfogo di nervi, ormai logori dal troppo lavoro in così
poco tempo.
”Stai diventando senile, Baa-chan. Dovresti andare in pensione. Perché non ti
riposi, e dai a me il titolo di Hokage? Sono giovane e prestante, me ne
occuperei benone!” Cantilenò il biondino, ghigno a trentadue denti sulle labbra
stiracchiate, nonostante l’aria stanca. Tsunade roteò gli occhi alle parole,
comunque. Il troppo tempo passato con Jiraiya aveva fatto di Naruto uno strano
esemplare. “Ho chiesto, ed io me lo ricordo, se avete finalmente deciso,
con la morra cinese o con il tocco, se Sasuke deve vivere o morire. Sai, penso
che a Sakura-chan tra poco verrà una crisi epilettica.”
”Isterica, Naruto. Si dice crisi isterica, le crisi epilettiche sono
un’altra cosa.”
”Oh, è uguale. Non è quello il punto. Avete deciso si o no?”
“Naruto…” l’hokage
sbuffò, prima di poggiare il mento sul dorso della mano. “… ti ho detto che farò
del mio meglio, no? Non ho alcuna intenzione di arrivare a tanto, dato che
abbiamo appurato che non si tratta di Orochimaru. Tuttavia, non puoi aspettarti
che tutto il villaggio ignori l’accaduto. E’ un nukenin, lo sai, e ci si aspetta
venga trattato come tale.”
”Però…”
”Però, non voglio neanche che Orochimaru attacchi nuovamente Konoha, per
venirselo a riprendere. Bisogna ragionare, è una cosa seria. Ovviamente tu non
lo puoi capire, no?”
Naruto fece per protestare ardentemente, ma Tsunade lo interruppe ancora.
”E’ il suo braccio che mi preoccupa, ora come ora. Sembra bruciato dall’interno.
Se i canali del chakra sono rovinati, non c’è da preoccuparsi. Orochimaru non se
ne fa nulla di un corpo rovinato, e Sasuke dovrà pure capirlo.”
Are you gonna leave me now?
When it’s all over...
Are you gonna leave me now?
Is my world now over?
Raising from the place I’ve been
I try to keep my home base clean.
Now I’m here and won’t go back, believe.
Sasuke cotninuava
a guardare, con attenzione fin troppo morbosa forse, le cosmee nel vaso di
vetro. Le fissava, quasi sperasse di coglierle nel lento processo
dell’avvizzire. Difficile, dato che neppure riusciva ad avere una visione messa
bene a fuoco dell’intera stanza.
L’iniezione di poco prima l’aveva stordito, risprofondato in quel benedetto
stato di grazia, sospeso fra coscienza ed incoscienza. Quello stato di grazia in
cui il suo corpo non gli apparteneva, ed in cui la mente non pensava
assolutamente a nulla.
Solo un’eco vaga di immagini, confuse, richiamate dalle parole della donna che
gli stava bendando il braccio sinistro, quello che bruciava, che non riusciva
assolutamente a muovere.
”Come diavolo hai fatto a ridurti a questo modo?”
Patetico.
Vago ricordo di uno scontro, dalla rabbia cieca che lo assaliva alla vista di
quell’unica persona.
Non rispose: non riuscì a costringersi a farlo.
”Quando Shikamaru e Asuma sono tornati con te come souvenir, a Tsunade-hime è
preso un colpo, davvero. Cioè, tutti al villaggio pensavano sarebbe stato Naruto
a riportare almeno la tua testa al villaggio.”
Shikamaru? Di nuovo lui?
Strano pensare come poco avesse avuto influenza nella sua vita, e come tanto si
trovava sempre tra i piedi, in un modo o nell’altro.
Ancora una volta non rispose.
”E poi, dannazione… sono otto fiale in neanche un giorno!”
Fiale?
Non è colpa mia, eh. E’ la vostra roba che non funziona. Quella di Kabuto
dura molto più a lungo, non scaricate la responsabilità della vostra ignoranza
su di me.
Non disse nulla, e si limitò a schioccare la lingua.
”Il tuo corpo ormai sembra essersi abituato all’effetto degli anti-dolorifici,
sembra ignorarli del tutto. E’ quasi totalmente immune e non è affatto
normale.”
E’ l’iniezione che è debole, idiota. Dammene di più, e vedi come funziona.
”Comunque sia, pace. Questa è l’ultima dose che ci azzardiamo a darti,
comunque. Ma con chi parlo se nemmeno mi stai ad ascoltare?”
… ultima?
Il mio braccio sta bruciando, per carità. Nel caso tu non l’avessi
notato, Genio.
”E’ pericoloso assumerne troppo, ma ovviamente non ti è mai passato per la
mente. A lungo andare ti logora i nervi, quella roba.”
Certo, a lungo andare. Naturale. Lo so, si. Che importa? Tanto sono solo in
affitto qui dentro, io. Non sono veramente miei, i nervi che sto rovinando.
Sentì vagamente un
lievissimo pizzico all’avambraccio, quello destro dove ugualmente poco prima era
stato iniettato l’antidolorifico.
Un’altra iniezione?
”Farai meglio a riposare, comunque. Tsunade più tardi vedrà di parlarti
comunque. E non è felice, stanne certo.”
Aveva ormai già smesso di ascoltarla.
I fall asleep, I dream a dream
I’m floating in a silent stream.
No-one places blame on me:
but nothing’s what it seems to be.
Gli parve, in quel
dormiveglia semicosciente, di udire di tanto in tanto la voce di Sakura.
Era quasi sicuro che lei fosse lì, gli sembrò di scorgere la sua ombra femminile
di fianco al letto, ad un certo punto. Ma non riusciva a distinguere esattamente
cosa lei stesse dicendo.
Parlava così sommessamente che sembrava stesse parlando da sola. Forse era
davvero così.
Di tanto in tanto, coglieva involontariamente un “andrà tutto bene”
bisbigliato, dolcemente, quasi con timore che qualcun altro potesse udire quelle
parole.
E quel tono sommesso si disperdeva in rassicurazioni, miste a minacce vuote,
prive di quel tono autorevole che la ragazza aveva dimostrato più volte di
possedere.
Era confusa, le parole si scavalcavano l’una con l’altra, e quel fiume in piena
confondeva anche lui, con i suoi toni instabili.
Gli parve anche di sentire le sue dita – sottili, lisce nonostante gli anni di
allenamento – posarsi sulla sua mano, fantasma di una carezza sulla pelle.
Voleva aprire gli occhi, vedere se era davvero lì, davvero reale, e non frutto
della sua mente, come lo erano stati i sogni più crudeli di quegli anni: ma le
palpebre erano troppo pesanti, e non ci riuscì.
Nothing’s what it seems to be,
I’m a replica.
Empty shell inside of me,
I’m a replica of me.
Il cuore di Sakura
saltò un battito quando la mano di Sasuke strinse appena, involontariamente, la
sua. Lui sembrava dormire, il labbro inferiore, pallido, gli tremava appena.
La sua mano fredda e sudata contro la sua.
Le si strinse il cuore, ma sforzò un sorriso che lui, ovviamente, non poteva
vedere.
”Andrà tutto bene, Sasuke-kun.”
”Stai cercando di convincere lui, o te stessa?”
La ragazza sobbalzò appena, colta di sprovvista, spostando lo sguardo sulla
porta. Kakashi, sulla soglia, levò tranquillamente una mano in cenno di saluto.
“Yo!”
”Oh, qualcuno ha deciso di farsi vivo, a quanto pare.” Sbottò la kunoichi,
scostando lo sguardo e levando il mento verso l’alto, apparentemente indignata.
Il maestro sospirò, stringendosi nelle spalle. L’unico occhio mostrato al mondo
si soffermò sulle mani intrecciate, ma come sempre la sua espressione rimase
assolutamente indecifrabile.
Sakura tentò di mantenere quel cipiglio seccato, ma dopo un po’ rinunciò: con
Kakashi-sensei non aveva mai avuto veramente effetto.
Lui se ne accorse,
e sorrise – almeno, per quel che Sakura intuì – da sotto la maschera.
”Pensi che possa scambiare quattro chiacchiere da solo con questa testa vuota?”
”Sta dormendo, Kakashi-sensei.” Replicò la ragazza, fin troppo
accondiscendente, lasciando con riluttanza la mano di lui. Le dita indugiarono
un attimo sulla pelle, prima che la ritraesse del tutto. Si alzò, sistemando
distrattamente uno stelo nel vaso. Poi, notando l’assenza di una qualunque
risposta da parte di Kakashi, riportò su di lui l’attenzione.
Lui era ancora fermo sulla soglia, e la stava fissando. “Uhm, si, vedo.”
”Se vedi, non chiedere.”
”Non stai tanto bene, eh?”
La risata tranquilla di lui non le piacque affatto, ma si limitò a crucciare le
sopracciglia, e fare il giro del letto.
”Sto benone.”
”Sei sempre chiusa in ospedale.”
”Beh, sto studiando pur sempre per diventare medico, no?”
”Oh, si, certo.”
”Mah, io vado. Shizune aveva detto di cercarla, per dirle le condizioni.”
”E come sono?”
”Esattamente come prima, né meno né peggio.”
Ancora una volta, Kakashi non rispose, ma si limitò ad un sospiro. Con un
sopracciglio che faticava a non inarcarsi, Sakura si diresse verso la porta.
Riluttante, forse un po’ malinconico, lo sguardo indugiò sulla figura del suo
Sasuke-kun nel lettino asettico. Si costrinse a distogliere lo sguardo, e a
chiudere la porta alle spalle.
Agli ANBU posizionati vicino all’entrata, ormai non fece più caso.
Kakashi si limitò a osservarla andar via, braccia incrociate al petto. Poi, con
un sospiro quasi rassegnato, si andò a sedere sulla sedia lasciata libera dalla
sua allieva.
”Alla fine non hai proprio voluto ascoltarmi, mh?”
Lo sguardo si soffermò sul braccio bendato, domandandosi distrattamente se, in
qualche modo, la colpa fosse stata anche sua.
I’m home again, I won the war.
And now I am behind your door.
I tried so hard, to obey the law
and see the meaning of this all.
Remember me, before the war?
I’m the man who lived.
A/N: Un parto x_x. Continuavo a cambiare idee, ad impappinarmi nelle scene è_é
Comunque, eccolo qui. Trovo che Ino sia un personaggio abbastanza malleabile, nel suo ruolo di amica/rivale. Mi è sempre piaciuto come personaggio, forse anche più di Sakura. Mah vabbeh. u_u
Piccola riflessione: secondo me Sasuke è tremendamente infantile in alcuni suoi atteggiamenti di vittimismo. Vabbene che ha tutto il diritto di esserlo, per carità [a me piace così com'è XD], ma penso che infine Sakura sia la più mentalmente normale fra i tre. Si, nonostante il neuroncino pazzo, che raramente fa capolino fra le righe XD
Le canzoni si alternano per i personaggi. Sakura/Sasuke/Sakura/Sasuke e così via ^_^"
Che altro dovevo dire? Oltre che è stato un parto, questo capitolo, ovviamente. Beh, nient'altro. La Mediaset ha ucciso Naruto x_X
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** III - Because of You. [Sakura] ***
Nuova pagina 1
A/N:
L’idea del braccio
tecnicamente bruciato è ispirata da Yu Yu Hakusho, sebbene con effetti e cause
differenti. Il giorno prima avevo guardato la puntata del Torneo del primo
combattimento di Hiei u.u
Ora non so come funziona, ma l’ispirazione è venuta da lì. O.o
Si,
l’ispirazione di tutta la storia, unita al fatto che volevo fare una sorta di
Sequel per “You Are My Sunshine” XD
Spero di aver reso la confusione un po’ addormentata e rassegnata di Sasuke
nello scorso capitolo XD. Alcuni pensieri non avevano senso, però mi sono
divertita un mondo. Come il commento del profumo di Orochimaru. Povera Sakura,
ci manca soltanto che oltre al profumo di Pakkun, usi anche quello di Orochimaru
°_°” [rabbrividisce]
Naruto è diventato un po’ volgare, mh O.ò Penso che passare tempo a leggere i
libri di Jiraiya gli faccia quell’effetto u.u Sono stati una cattiva influenza
ecco.
Canzone
per questo capitolo, è decisamente più conosciuta °_°
[Because of You – Kelly Clarkson ]
Semplicemente perché sta bene con l’atmosfera di questo capitolo, che è
abbastanza malinconico con qualche dose di zucchero. Nell’ultimo capitolo sono
stata un po’ cattiva con Sakura, mi rifarò ^.^
“Ti odio.”
”Perché ti ho detto io di farlo.”
”Non è vero.”
“Come ti sei ridotto.”
”Per te.”
”Pensi che sia questa la forza di cui tu hai bisogno? Forza prestata da qualcuno
più forte di te?”
”Non importa. Finchè potrò ucciderti, non importa.”
”Hai sempre voluto essere come me. E’ per questo che te ne sei andato da quel
villaggio.”
”Io non sono affatto come te. Io non ho ucciso il mio…”
”L’avresti fatto, se non avessi voluto dimostrarmi il contrario.”
”Itachi…”
”Tu vivi per me. Fai tutto ciò che ti dico di fare, alla fine.”
”…”
”Sei debole, fino alla fine.”
”… sei morto.”
III – Because of You.
I will not
make the same mistakes that you did.
Sakura
chiuse la porta alle sue spalle, silenziosa come un fantasma. Bugia, una piccola
bugia che non intendeva essere tale.
Aveva intenzione di andare da Shizune, davvero. Aveva avuto intenzione di dirle
le condizioni di Sasuke-kun.
Davvero.
Aveva senso dire a Shizune che non era cambiato nulla? Sapeva che Tsunade poteva
farlo ritornare come nuovo. I medici di Konoha avevano fatto miracoli.
Ma lui è Uchiha Sasuke.
Straniero nel villaggio di Konoha.
Un prezzo così caro da pagare. Ne era davvero valsa la pena?
Fosse stata al suo posto, non avrebbe avuto il coraggio di prendere quella
decisione. Ci aveva pensato spesso. Eppure, quando si era trattato di lui, non
aveva esitato a pregarlo, supplicarlo di prenderla con sé. Come sarebbe stata la
sua vita, in quel caso?
Si sarebbero rifiutati di curare anche lei, se l’avessero trovata a quel modo?
Lo sguardo silvano si posò distrattamente sui due ANBU ai lati della porta. Non
la stavano guardando. Erano lì, fermi come statue, fermi come sempre. Non sapeva
se fossero gli stessi del giorno prima. O del giorno prima ancora.
Non aveva mai fatto veramente caso alle loro maschere, notò. Mai si era
soffermata a pensare: questa è una scimmia, questo è un gatto, questo è un
corvo.
Questa volta, distrattamente, lo fece. Gatto e Aquila.
Bene. Ignorò Gatto e Aquila, poggiando la schiena contro la porta chiusa. In
quella stessa stanza, Kakashi era con Sasuke. Si era degnato di venire, infine.
Strinse la cartella clinica al petto, abbracciandola quasi le fosse cara – c’era
il suo nome, sopra. Distrattamente scorse le varie voci, soffermandosi di tanto
in tanto su quelle più preoccupanti.
Si lasciò, alla fine, sfuggire un sospiro.
”Alla fine non hai proprio voluto ascoltarmi, mh?”
La voce di Kakashi-sensei la colse lievemente di sprovvista. Sasuke-kun…
Sasuke-kun si era svegliato? Tuttavia il maestro, da dentro la stanza, non parve
ottenere alcuna risposta.
”Incredibile come non mi hai ascoltato fino alla fine. Questo non fa di te il
migliore degli allievi, davvero.”
Stavolta, le parve di udire un minuscolo sbuffo. Ma intenta com’era nel
cercarlo, avrebbe potuto benissimo averlo immaginato. Kakashi rimase in
silenzio, per qualche attimo.
Non si era svegliato.
Il cuore tornò al suo posto, ed un vago senso di ineluttabilità la colse sul
posto. La presa sulla cartella clinica si fece appena più debole. Ricordò
vagamente le parole di Ino.
Ricordati solo che non devi buttar via tutto
quello che hai costruito in questi tre anni, per lui. Non lo merita.
Eppure eccola lì, come quando era piccola. In attesa di ogni suo più piccolo
gesto che potesse esser rivolto a lei. In attesa che il suo sguardo incrociasse
il suo. Che la sua mano sfiorasse, anche accidentalmente, la sua.
La sensazione del cuore che ti sale in gola…
Alla fine, ci sono ricascata. E’ tutta colpa tua, tua. Perché sei tornato?
Mi ero rassegnata a non vederti più.
Non è giusto.
Scosse il capo, morse il labbro, e distaccò la schiena dalla superficie
lignea e laccata della porta. Guardò Gatto ed Aquila. Non si erano mossi di un
centimetro.
Non li salutò – non li conosceva, eppure erano lì, a fare la guardia a ciò che
di più importante aveva nella vita. Poteva fidarsi di loro, di lasciare alle
loro mani qualcosa di così importante?
Girò sui tacchi, e predispose l’animo per andar a cercare Shizune.
I will not let
myself cause my heart so much misery.
“Quindi,
non è affatto migliorato, mh?”
”Senza iniezioni, direi che sta peggiorando. I tremori diventano via via più
frequenti, ma fortunatamente non ha più tentato di rimettere nulla.”
”Mh.”
Ormai
Sakura era arrivata molto vicina ad odiare quei mugugni di Shizune: quei mugugni
che non danno di niente, che non ti dicono nulla.
Non ti dicono “Va tutto bene”, ma non ti dicono neppure “La vita è uno schifo.”
Ti lasciano sospesa sull’incertezza, il cuore in gola che lotta per saltar
fuori, per esplodere, in attesa del verdetto.
In trepidante attesa.
”Aah, non so proprio cosa dire.”
In trepidante attesa non di questo verdetto.
Shizune sorrise, quel cenno a mo’ di scusa, prima di fare spallucce.
Probabilmente avendo intuito l’espressione sul volto della ragazza.
Semplicemente priva di parole, e alquanto innervosita.
“Voglio solo sapere se starà bene.” Precisò Sakura, con un fil di voce,
poggiando la cartella clinica sulla scrivania, e sollevando lo sguardo.
”Potremmo anche farlo stare bene. Ma se il consiglio non si dà una mossa…”
”Che noia, ‘sto consiglio. Sai che me ne importa! Possiamo farlo stare bene, no?
Che razza di medico sei?”
”… ma lui vuole stare bene, si? Pur sapendo che ormai è qui?”
Non ottenne risposta.
I will not
break
the way you did, you fell so hard.
Il viaggio di ritorno verso la stanza controllata dagli ANBU fu più lungo
dell’andata. Senza pensieri ottimisti a distrarla dall’amara ironia di tutta la
situazione.
Konoha non lo vuole vivo, la Godaime non lo vuole vivo, il Consiglio non lo
vuole vivo.
E lui non si vuole vivo.
Insomma, alla fine ci sono solo io?
Non era un bel pensiero. Avrebbe potuto addolcirlo pensando a Naruto e
Kakashi. Ma le parole del primo, la sottile vena irrisoria del secondo…
No, non pensò a loro.
“Ah, sono proprio fortunato che tu stia così. Non sei certo il tipo da star
seduto ad ascoltare le paternali, no?”
A qualche passo dalla porta, mano già protesa verso la maniglia, si fermò. I due
ANBU, Gatto e Aquila, rimasero immobili alle loro postazioni. Soltanto il felino
parve voltare appena lo sguardo verso di lei. Ma con la maschera, difficile
dirlo.
”Ch. ‘trana sensazione di dejà-vu.”
Non era la voce di Sasuke quella?
Stanca, debole, e tremendamente seccata?
”Ti avevo detto di lasciar perdere la vendetta, di metterla da parte. Che ne ho
visti un sacco di tipi come te. E che quelli come te sono quelli della peggior
specie, vivendo per puro desiderio di vendetta. Sentiamo, a distanza di tre
anni: hai qualcosa da dirmi che dimostri che io sia nel torto… Sasuke-kun?”
Ritrasse la mano accanto al fianco, battendo ciglio. Rilasciando il respiro che
aveva trattenuto. Kakashi-sensei stava parlando con Sasuke-kun.
Per parlare bisogna essere svegli… vero?
Sasuke-kun era sveglio. Si, era quello il motivo. Trattenne il respiro. In
attesa che la voce di lui tornasse, rispondesse a quella del maestro come aveva
fatto prima.
Non accadde.
”Hai finito solo per farti del male, non è vero? Comincio a pensare che ti
piaccia davvero soffrire. Cosa hai concluso, sentiamo. Sono genuinamente
curioso.”
Eppure Kakashi continuava a parlare, con quel tono accondiscente venato di
quella sfumatura severa. Vagamente irrisoria.
Kakashi-sensei, anche Kakashi-sensei era arrabbiato. Ne aveva il diritto,
probabilmente.
E Sasuke-kun, Sasuke-kun ancora rimaneva in silenzio. Provò ad immaginare la sua
espressione in questo momento. La stessa espressione rabbiosa, piena di rancore
che aveva avuto con Naruto.
Sulla difensiva, l’avrebbe definita un tempo. La stessa espressione quando si
insinuava che lui non fosse all’altezza del nome del suo Clan. Sulla difensiva.
”Ci sei riuscito, alla fine? In tal caso potrai confermare la mia teoria. Cosa
hai guadagnato? Ti sei sentito meglio, mh?”
Sta male, sensei. Perché lo devi tormentare così? Perché tutti lo devono
tormentare così?
Perché…
perché sto aspettando solo io che torni tutto come prima?
Perché loro sanno che non sarà
mai tutto come prima, vero?
“Tutto
ciò è rimasto, è il rimpianto. E il vuoto. Vero?”
”… no.”
”Ah, no?”
”… non ci sono riuscito. Alla fine.”
Fu il turno di Kakashi: non rispose.
I’ve learned
the hard way
to never let it get that far.
Non
dissero più nulla, ma poté sentire il sospiro quasi sollevato di Kakashi,
ovattato dall’ostacolo della porta fra lei e loro. Un paio di parole che non
colse. Deglutì, una prima, una seconda volta. Il rumore della sua stessa gola
coprì e confuse la replica. Avevano abbassato la voce, entrambi.
Quasi sapessero che lei era lì, e non volessero farla sentire. Strinse le labbra
in una linea sottile.
Poi protese la mano verso quella stessa maniglia, la serrò sul metallo freddo…
La porta si aprì senza che la tirasse verso di sé. Kakashi-sensei la stava
guardando, espressione di pigra perplessità sul volto.
”Oh, Sakura. Già di ritorno?” abbozzò quel sorriso distratto, prima di far
spallucce. Fedele la copia di Icha Icha Paradise nella mano sinistra.
Non mi dire che la stava leggendo. E’ semplicemente… disgustoso, ecco.
Concluse, in mancanza di termine migliore. Sollevò leggermente il mento,
lieve atteggiamento di contegno e di professionalità che aveva visto più volte
sul volto di Shizune.
”Dovresti lasciare la stanza, devo lavorare.”
Non riusciva a capire cosa la indisponesse così tanto contro il suo maestro.
Forse la sua espressione, sempre così… menefreghista di tutto.
Probabilmente era quello, si convinse la ragazza. Non poteva biasimargli la
colpa d’aver lasciato che Sasuke scappasse. Se qualcuno doveva essere biasimato,
quel qualcuno era lei stessa. No?
Sbirciò all’interno della stanza. Sasuke aveva il viso voltato dall’altra parte,
occhi fissi sul vaso di cosmee.
“Stavo
giusto andando via.”
”Mh, bene.”
Because of
you,
I never stray too far from the sidewalk.
Chiuse la
porta alla sue spalle, una pigra malinconia insediatasi subdolamente fra i suoi
pensieri, minando l’umore instabile degli ultimi giorni.
Alla fine, ci
sono ricascata. E’ tutta colpa tua, tua. Perché sei tornato?
Mi ero rassegnata a non vederti più.
Non è giusto.
No,
non lo era. Arrancò qualche passo verso il letto, sbattendo rumorosamente la
cartellina clinica su un angolo del materasso del lettino.
Sasuke ebbe il coraggio di non guardarla, piuttosto che il contrario. Si
limitò a crucciare le sopracciglia, lo sguardo ancora fisso sulla composizione
di cosmee e eupatori.
”… non credo… mi siano mai piaciuti...” Mormorò distrattamente lui, sguardo
appena crucciato. Mai posò quegli occhi neri su di lei, ma in quel momento ne fu
lieta.
Le prime parole che le rivolgeva. Le prime parole, e dovevano essere quelle.
Non voleva vedesse come quelle parole avessero sortito più o meno lo stesso
effetto di uno schiaffo. Non voleva quello sguardo adirato puntato su di lei.
Sono l’unica qui che vuole starti vicino, Sasuke-kun.
Ingrato.
“…
crescono solo a Konoha.” Replicò lei. Fu poco più d’un sussurro, ma non passò
inosservato. Piuttosto, trasse un suono mestamente divertito dalla gola del
ragazzo, che ancora non alzava lo sguardo.
”Volevo sapessi che sei tornato a casa. Che stupido da parte mia.”
Questa volta, non rispose. Fosse stata meglio, fossero ancora fermi a tre anni
prima, avrebbe pensato semplicemente che Sasuke era di pessimo umore. Per via di
Kakashi, per via della sua situazione.
Ma in quel momento, tutto ciò che riuscì a pensare fu: Come osa non guardarmi
neppure?
Come può dire…
come può far solo intendere…
che non ha bisogno di me?
Dopo tutto… dopo tutto…
Because of you
I learned to
play on the safe side
so I don’t get
hurt.
Alla fine, ci sono ricascata eh?
”Mi hai rovinato
la vita, Sasuke-kun. A volte penso proprio di essere una sciocca, come molte
volte mi hai fatto gentilmente notare.”
[Non
mi guarda.]
E’ tutta colpa tua, tua!
“Per
colpa tua ho perso l’unica persona che abbia visto in me qualcosa di buono,
quando ero piccola. L’unica che mi aveva donato fiducia. Per uno a cui neanche
importava del numero dei cuori infranti che seminava a destra e a manca.”
[N o n
m i g u a r d a .]
Perché sei tornato?
”Poi, mi hai fatto credere che di me ti importasse qualcosa. Quando
è… successo tutto… durante gli esami, ti sono stata vicina, e tu mi hai
permesso di starti accanto. Tremendamente egoista…”
[Non
mi guarda.]
Io mi ero rassegnata a non vederti più.
“E
quando ti ho offerto il mio cuore su un piatto d’argento, quando ti ho offerto
me stessa su un piatto d’argento… Tu non lo sai, tu non lo sai quanto è stato
difficile per me! Per me, dire quelle cose… con la paura che non te ne fregasse
assolutamente niente!”
[Non
mi guarda!]
Non
è giusto!
”Avevo ragione,
vero?”
Silenzio. La voce, che era stata tutta un crescendo, si spense e si smorzò nella
gola, provata, stanca. Sentì gli occhi pizzicarle appena, le guance arrossarsi,
diventare più calde. Il respiro farsi più affannato, mentre l’istinto le
intimava di trattenerlo, o si sarebbe ben presto trasformato in singhiozzi.
”Avevo ragione.” Un sibilo, un sussurro, incrinato dalla voce del pianto.
Lui…
… lui ancora non la guardava.
Because of you
I find it hard to trust not only me,
but everyone around me.
“Spero
tu ti sia divertito, allora, per quanto mi duole ammettere che tu avessi
ragione. Sono una stupida, un’illusa, una sciocca, una visionaria, perché ho
visto affetto dove probabilmente non c’era. E sono una stupida, un’illusa, una
sciocca, una benemerita cretina, perché nonostante tutto questi anni non
ho fatto altro che pensare a te, soltanto a te, a quello che stavi facendo, se
stavi bene, se eri vivo e se non eri pentito. Se pensavi a me, almeno qualche
volta, per sbaglio.”
Non fare scendere le lacrime. Non dargli questa soddisfazione.
”Ho continuato ad aspettare te, te, te, te, sempre te e mai nessun
altro, m a i, il bastardo che si era preso il mio cuore me l’aveva
strappato e l’aveva portato con sé da quell’uomo talmente viscido da
approfittare della disperazione di un ragazzino con promesse contro le
quali non potevo assolutamente competere!”
Non ho mai avuto speranza.
“E
Naruto che mi è stato sempre vicino, sempre, non ha mai detto nulla, quando
chiaramente pensavo a te e lui mi stava vicino e mi guardava e con quegli occhi
lui stava male perché a lui importa, a lui è sempre importato, e avrei anche
potuto amarlo, per l’amor del cielo, se non ci fossi stato tu,
sempre tu, sempre e lui lo ha sempre saputo e non me lo ha mai rinfacciato… mai…
mai…”
Avrei anche potuto amarlo, avrei potuto essere felice con qualcuno che mi
teneva stretta quando avevo voglia di piangere.
Ma tu…
”E persino Lee, mi è stato vicino sempre, da sempre, pur avendo sempre
saputo di non avere alcuna speranza perché purtroppo il mio cuore è solo uno, e
purtroppo è sempre stato tuo, persino ora, persino adesso io…”
Persino adesso io…
”… e tu…”
… e tu…
”… tu non mi guardi nemmeno.” Ancora una volta, un sibilo.
Ma stavolta, rotto da un singhiozzo. Voce pericolosamente vicina all’essere
isterica.
Because of
you.
I am afraid.
I lose my way
and it’s not so long before you point it out.
I cannot cry.
Because I know that’s weakness in your eyes.
Non
tentò neppure, questa volta di trattenere le lacrime. Lasciò che le scorressero
lungo il viso, le bagnassero le guance bollenti, le guance arrossate, le guance
furenti.
Per un attimo si sentì troppo debole per trattenerle oltre. Un singhiozzo, due.
Tre.
Prima che si lasciasse cadere seduta sulla sedia accanto al lettino, mani
serrate in due pugni, stretti, nocche bianche.
Sollevando lo sguardo appannato dalle lacrime, si accorse che lui, ora, la stava
fissando.
Ma non smise di piangere. Non smise.
L’intera figura minuta, sottile, certamente non provvista delle stesse curve di
Ino, era scossa dai singulti.
Non fare scendere le lacrime. Non dargli questa soddisfazione.
Chinò il capo, lasciando che le ciocche rosa pallido le cadessero sulla
volte, le nascondessero il viso. Era stato così facile, quand’era piccola,
nascondersi dietro quelle tende che la separavano dal mondo.
Corti, capelli corti.
E’ tutta colpa tua, tua, tua, tua, tua…
Non
mi guardare così.
Sono debole, debole, è come hai sempre detto tu.
Debole.
[ N o n m i g
u a r d a r e c o s ì . . .]
I’m forced to
fake a smile, a laugh
everyday of my life.
“ …
n-non hai mai pensato a nessun altro. Solo… solo a te stesso – a tuo fratello e
a te ste-stesso, ossessione, eri ossessivo… e non… Non capivi che eri fortunato
comunque, t-tu, perchè non eri solo anche se ti piaceva fin troppo pensarlo…”
Ecco, continua così. Sorridi, o sii arrabbiata, sii amareggiata,
accondiscendente, seccata, sarcastica, metti su quel sorriso distorto, o la
maschera arrabbiata…
Fa di tutto, ma non piangere…
Non piangere…
” … E io… io a far finta d-di essere felice e Na… Naruto a far finta di
essere felice e tutti a far finta di essere felici così l’altro non doveva esser
triste nel saperci tristi e alla fine non facevamo che… non facevamo che
mentirci a vicenda e non ce ne rendevamo neanche conto, ed era così difficile…”
Così difficile e non ce ne rendevamo conto, e tornavo a casa e piangevo e
loro non capivano perché di giorno ero così felice…
Non riesco ad avere un cuore che sia libero dalle lacrime, ed è così sbagliato…
Così…
My heart can’t
possibly break
when it wasn’t even whole to start with.
La grottesca
maschera di imitazioni di emozioni crollò, si infranse, fragile com’era stata
creata. Rotta ed incrinata dal peso delle lacrime, che dopo la magnanima pausa
erano riprese a scorrere lungo il viso.
La voce si chiuse su sé stessa, in rigido silenzio, imposto dalle lacrime.
E lui, lui ancora la fissava.
Because of you
I never stray too far from the sidewalk.
Ancora
la fissava, come se, per la prima volta, si fosse accorto che era vera.
Reale.
Aveva gli occhi vagamente annebbiati dai medicinali, ma quegli occhi, nonostante
tutto e per la prima volta, stavano guardando veramente lei.
Lei soffocò un singhiozzo, osservandolo mentre l’espressione di lui mutava da
stranamente assorta ad una smorfia di dolore.
Stava sollevando il braccio, quel braccio dal polso rotto che, seppur
adeguatamente medicato, non era ancora guarito.
Quella mano era protesa verso il viso di lei, come un girasole si protende verso
il sole che gli è stato negato per troppo tempo. Titubante, quasi timoroso, quel
gesto sofferto. Le sopracciglia di lui erano appena corrugate, sospese a metà
fra i propri pensieri e lei. I suoi occhi, sfocati, erano fissi in quelli di
Sakura, scrutavano quelle due piccole nuvole che in quei minuti avevano lasciato
il via libera alla pioggia, quasi potessero rivelargli qualcosa di diverso dal
fiume di parole che erano sfociate dalla bocca poco più in basso. E la sua mano
indugiava, qualche centimetro dal suo viso, in quella che a lei sembrava
semplicemente una carezza sospesa.
Because of you
I learned to play on the safe side
so I don’t get hurt.
Le dita rovinate
tremavano, mentre le bende asetticamente curate sul polso si macchiarono appena
di rosso. Ma i polpastrelli di lui sfiorarono ugualmente il profilo della sua
guancia, quasi il dolore fosse di gran lunga meno importante che assicurarsi che
lei, - lei, Sakura, lei, l’inutile, lei, la sciocca
– che lei fosse vera.
Che fosse lì.
Lo stesso gesto che, d’istinto, aveva fatto anche lei, sfiorandogli il viso nel
Paese dell’Acqua, quando l’aveva creduto morto.
Sotto le dita, la pelle, reale…
Era reale. Era lì.
(E’ primavera, è casa,
dopotutto)
Vide
gli occhi scuri annebbiarsi, e la sua mano andò a sostegno di quella di Sasuke,
senza sapere cosa dire.
Non fare scendere le lacrime.
La
premette contro i capelli, ne carezzò piano il dorso con il pollice.
Quasi un gesto di conforto, che diceva “sono qui”, mentre la sua voce non
riusciva a trovare le parole adatte per farlo.
Lui sembrava senza parole, occhi sfocati, chiusi al mondo, imperscrutabili.
“Non
puoi…”
Non posso?
La confusero, la confusero, mentre le lacrime s’andavano asciugando in piccole
strisce salate sulle guance.
”… cosa?”
”Non puoi rimproverarmi di averti strappato il cuore…” la voce era un sussurro,
stanco. Ma era per lei. Solo per lei. “… non… non sei l’unica. Ad esser rimasta…
rimasta senza cuore. Questi anni…”
E vide quel fantasma di sorriso assonnato farsi strada sulle labbra di lui – un
minuscolo accenno, l’ombra di un fantasma più che altro. Amaro, agrodolce.
”Io… midispiace.”
Because of you
I find it hard to trust not only me
but everyone around me.
Era poco più d’un
sussurro, la voce si spense sull’ultima sillaba, debole. Ma a lei bastò.
Tirò le labbra in una linea sottile, e sentì le lacrime minacciare ancora una
volta la loro comparsa. La gola farsi secca.
Pianse, pianse e pianse, gettandogli le braccia al collo, dimenticando la sedia,
gli ANBU, l’ospedale, questi tre anni, Naruto, Lee, Kakashi-sensei, il
Consiglio, Konoha ed ogni principio che si era imposta.
Lui non disse nulla, lui non fece nulla. Smise di guardarla, chiuse gli occhi.
Sopracciglia incrinate come in un lieve mal di testa.
Mano
inerte, dimenticata sulla spalla di lei.
Un petalo di cosmea cadde sul comodino laccato ma, ovviamente, non fece alcun
rumore.
Because of
you.
I a m a f r a i d.
I watched you
die
I heard you
cry
Everynight in your sleep.
Quella
sera, forse fin troppo incredibile a dirsi, Sakura tornò a dormire a casa.
Sua madre non fece in tempo ad investirla di domande, che lei si chiuse in
camera sua. Rimase lì, appoggiata alla porta. Al buio. Gli occhi rossi, gonfi di
chi ha pianto.
Di chi ha finalmente pianto.
”Non puoi rimproverarmi di averti strappato il cuore… non… non sei l’unica.
Ad esser rimasta – senza cuore. Questi anni…”
Suonava quasi… suonava quasi come…
una dichiarazione.
Illusa, illusa.
Povera piccola illusa.
I passi si munsero quasi da soli verso il letto, lo sguardo si posò sul
poster rovinato dagli anni.
”Issen ai no jinsei
yo!” recitava questo, come ogni minuto, come ogni ora, come ogni giorno, come
aveva sempre fatto.
”Una vita piena d’amore.” Mormorò lei di rimando, scostando lo sguardo e
lasciandosi cadere sulle coperte di mezza stagione.
Una vita piena d’amore.
Amore.
Una vita piena d’amore.
Chiuse gli occhi al buio della stanza, unici raggi di luna che filtravano
dalla finestra, si perdevano tra le tende tirate.
Una vita. Lo conosco da una vita.
E’ sempre stato così. Fin da quando l’ho conosciuto.
Una vita piena d’amore…
Quand’era piccolo, sembrava sempre sul punto di scoppiare a piangere. Non l’ho
mai visto piangere.
Una vita…
Prima volevo essere sua amica. Poi, quel giorno, mi ha sorriso.
Chissà, forse per pura cortesia.
E’ stata colpa di quel sorriso. Con quel sorriso, volevo essere qualcosa di più
Volevo che quel sorriso fosse dedicato unicamente a me. Volevo essere sempre e
solo io il motivo di quel sorriso su quelle labbra che sembravano sempre sul
punto di piangere.
Quanto ha cambiato la mia vita, un solo sorriso.
Non era amore, allora. Non lo era.
… piena d’amore.
Una vita.
Se non
mi avesse sorriso, io…
Una vita piena d’amore.
Quando l’ho visto rischiare di morire… quando ho pensato: lui non ci sarà più,
niente più Sasuke-kun, niente sorriso, niente… niente Sakura, niente Sakura,
niente…
Lo amavo. Lo amo.
Una vita.
I was so
young,
you should have known better
than to lean on me.
You never thought of anyone else
you just saw your pain.
Serrò gli
occhi, serrò le labbra, serrò i pugni.
Percosse il cuscino, una, due volte.
Non ho scelto io di innamorarmi di lui. E’ stato quel sorriso. Quel sorriso
che non aveva alcun significato per lui, ha cambiato la mia vita. Perché il
pensiero di irrita così tanto?
Per avermi a cuore, ha dovuto abbandonarmi. Non dovrebbe essere così. E’ tutto
sbagliato.
Che importa?
Si è sempre fidato di me. Sempre. Forse per questo quella sera mi sono illusa.
Si fidava di me, lui che non si fidava di nessuno, di fidava di me, di Sakura
Haruno, ragazza inutile, ragazza come tante, banale kunoichi che non sapeva fare
nulla di particolare.
Come potevo capire, allora, che essere l’unica persona di cui una persona
diffidente si fida, è una grandissima responsabilità? Ero felice, felice, f e l
i c e, tutto il resto non importava, non mi interessava.
”Sasuke-kun si fida di me!” quante volte me ne sono vantata con Ino.
Come una stupida.
Si fidava di lei, ma non abbastanza per darle ascolto. Non abbastanza per
chiamarlo amore.
Era una responsabilità così grande. E lei, lei era così piccola.
Lei non poteva capire il vero peso che le gravava sulle spalle. La sua ingenuità
l’aveva sollevato, gliel’aveva fatto sembrare talmente piccolo, quasi
inesistente.
And now I cry
in the middle of the night
for the same *damn* thing!
Ora lo sentiva, il peso. Quel peso la stava schiacciando. Gli occhi con cui
l’aveva guardata… Come poteva aver mentito con quegli occhi? Probabilmente non
si rendeva conto di ciò che stava dicendo, conciato com’era fra medicinali e
dolore. Ma in quello stato non si può mentire.
Non si può.
Si fida di me, si fida di me, ora, di nuovo.
E la
prima volta non sono stata all’altezza. La prima volta è stato tutto sbagliato.
La sua vita è appesa ad un filo, e solo io qui voglio che non sia reciso.
Solo io?
La sua vita è appesa ad un filo, un filo nelle mie mani.
Affondò
il viso nello stesso cuscino, serrando gli occhi, fino a farsi venire mal di
testa. Via quei pensieri, via.
Quella notte non avrebbe dormito, di questo passo.
… nelle mie mani…
Non ne sono in grado.
Eppure lui… si fida. Non devi fidarti di me, Sasuke-kun.
Non ne sono all’altezza. Perché io?
Riprese a
respirare, voltando appena il viso, per lasciare che si riesponesse all’aria che
per qualche minuto si era negata. Il respiro era lievemente affannato, ed il
filo dei pensieri era troppo.
Troppo per una giornata come quella.
Non ne sono in grado… io…
Non poteva lasciarlo in balia del Consiglio. O di Tsunade-sama, per quanto
la donna avesse tutta la sua fiducia. Tsunade-sama non poteva andare contro il
consiglio, sarebbe stato fin troppo anche per lei.
Io…
solo io…
Lo curerò io.
Io posso… questi tre anni… non sono stata senza far nulla, io…
Io posso…
Sarò all’altezza, Sasuke-kun… ti curerò io. Promesso.
Io… ti curerò e sarà tutto…
sarà tutto come prima.
Lanciò il
cuscino contro lo specchio, le labbra serrate. Purtroppo la sua mira da ninja
non la tradì neppure questa volta. Il cuscino rimbalzò sullo specchio a figura
intera, urtò la lampada a fusto alto. Cadde.
Abbassò lo sguardo al rumore, affondò il canino nel labbro. E già sentiva sua
madre salire le scale, con il suo passo allarmato.
”Sakura?”
Fissò i cocci di vetro sparsi per terra, con occhi quasi sbarrati.
”Sakura, tutto bene? Sto entrando.”
La trovò accovacciata sul letto, luce della luna che le illuminava due piccole
strisce bagnate sul volto. Sua figlia la osservò, con aria mortificata,
sillabando un “Mi spiace.”
Non diede spiegazioni per quel gesto totalmente istintivo quanto fuori luogo.
Sua madre non chiese nulla, rispettando le sue lacrime.
Io, ti guarirò io, Sasuke-kun.
E tu… tu mi sorriderai come allora. Solo per me.
Fidati, fidati, fidati… solo di me, te ne prego.
…
Una vita piena d’amore.
Because of you
I never stray too far from the sidewalk.
Because of you
I learned to play on the safe side so I don’t get hurt.
Because of you
I tried my hardest just to forget everything.
Because of you
I don’t know how to let anyone else in.
Because of you I’m ashamed of my life, because it’s empty.
Because of you,
I am afraid.
B e c a u s e o f y o u.
A/N:
ecco, con la
scuola ci metto molto di più a postare i capitoli. E a scriverli. Ancora una
volta, scusatemi XD Che dire di questo capitolo?
Forse ci sono andata un po’ troppo giù con lo zucchero. Ultimamente sono in vena
puccettosa, non è colpa mia. Ho bisogno di coccole ç__ç [e di una vita u.u]
Era un capitolo necessario, comunque. Sakura prende la sua decisione, e Sasuke
dovrebbe mettere un po’ di ordine nella sua testa, perché di problemi ne ha. Per
il prossimo? Avremo un “verdetto”, mi sa XD.
La canzone è stupenda, e so dove andrà a finire questa ficcy! Dite grazie ad una
canzone di Loveless, ecco. La musica è la mia musa ispiratrice XD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** IV - By My Side [Sasuke] ***
Nuova pagina 2
A/N:
Questo capitolo è corto, perché è previsto che lo sia.
Comunque si, ho una vaga idea di quanti capitoli saranno.
Oltre questo
ne avrò altri 6-7. [Eeeeeeh?!? O_O] Beh si, secondo una stima approssimata,
dovrebbe andare così.
Poi sono incerta se metterci un epilogo o meno, si vedrà.
Più si che no, mi diverte fare epiloghi XD Quindi, in tutto, saranno più o meno
13 capitoli… [O_O nonsonoio nonsonoio nonsonoioooo. Passo dalle oneshot ai
papiri °_° Sparatemiii! °_°].
Ehm… suppongo sia un mio record personale, a questo punto o_o Vedrò di unirne un
paio, ma penso lascerò così. Meno carichi sono, più li scrivo in fretta. Spero
di finirla entro l’anno XD
… Itachi… lui non dorme maaaai °_°” La faccenda verrà approfondita in questo
capitolo. In cui si può dire che Itachi ha un ruolo abbastanza importante.
Insomma, devo pur chiarire la faccenda da qualche parte XD
Canzone per oggi: “By my side” – Three Doors Down.
Ho notato che nei capitoli di Sakura ci sono canzoni dolciose, per Sasuke scelgo
sempre qualcosa di più duro.
Scelta a
livello intuitivo, suppongo. Ehm siii. Quello insomma.
Per finire, penso che
Itachi sia semplicemente psicopatico. Quel ragazzo ha un serio problema. >_>
Deve essere un problema che scorre nella famiglia Uchiha, presumo. La
psicopatia, intendo. Cioè, se Sasuke è normale… l’unica normale là in mezzo è
Sakura, davvero.
Suppongo abbia un certo fascino proprio perché normale tra gli anormali. [Masashi
Kishimoto scrisse in un data book che Sakura e Lee dovevano rappresentare la
“debolezza umana”, i limiti dell’uomo. Ehm, sinceramente Lee non mi è mai
sembrato rispondente a tale definizione >_>]
Bruciava.
Il braccio bruciava, e l’odore della carne che bruciava avrebbe dovuto
asfissiarlo, soffocarlo, disgustarlo.
Invece...
invece no. Non gli
importava che odore avesse. Non gli importava che aspetto avesse.
Gli importava che funzionasse – ed in quel momento funzionava. Male, ma
funzionava.
Dolore, dolore nel più piccolo movimento. Ma poteva muovere la mano, poteva
piegarlo. Faceva male.
Ma
l’altra era rotta, ormai. L’altra era inutile.
Ed in quella mano ormai mezza bruciata, quindi, teneva
stretto il kunai.
Gli occhi rosso sangue fissi in quelli dell’uomo per terra.
L’uomo con lo squarcio all’altezza della spalla, l’uomo a cui per poco non
mancava una gamba,
l’uomo che grondava sangue.
Non
pensava in quel momento. Non pensava.
Guardava gli occhi di quello uomo, occhi neri, che
per la prima volta lo guardavano dal basso.
Poi, lo vide sorridere. Quasi fosse contento di quell’epilogo per la sua vita.
Quasi fosse soddisfatto del suo fratellino minore.
[ridammi
mio fratello perché tu non sei lui non lo sei, sei entrato nel suo corpo e
finirai per morire al posto suo]
Non il sorriso di un assassino. Il sorriso di suo fratello.
”Hai paura?” gli domandò Itachi, poco più d’un sussurro.
La mano
di Sasuke tremava. Cercò di convincersi fosse rabbia.
Non lo era.
Perchè per un attimo, in quello sguardo pacato, saccente, tranquillo, aveva
visto suo fratello.
Non l’uomo che aveva giurato di uccidere. Non l’uomo che aveva sterminato la sua
stessa famiglia.
Suo
fratello, che non manteneva mai le promesse. Suo fratello…
Ma suo fratello era... era morto, no? Perchè era lì?
Perchè doveva
ucciderlo di nuovo?
Lui voleva solo uccidere l’assassino del suo clan... e di
suo fratello.
Quello che aveva preso il suo posto in quel corpo.
[ridammi
mio fratello perché tu non sei lui non lo sei, sei entrato nel suo corpo e
finirai per morire al posto suo]
Strinse le labbra, strinse il pugno. Era davvero… suo fratello, quello?
Dietro quella maschera di sangue, alla fine, lo aveva visto.
E mentre il suo mondo crollava, non Itachi, ma suo fratello, lo guardava.
Ferito gravemente, di poco scampato alla morte, e tuttavia impassibile.
”Che delusione.”
IV – By my
Side.
They blazed a trail I dared to run.
They built this world and I have come.
Sasuke cominciava
a ricordare bene ciò che aveva provato nel sentire quelle voci circa l’Akatsuki.
A ricordare bene l’adrenalina che aveva cominciato a scorrergli nelle vene, la
rabbia che aveva accecato i suoi occhi con lo Sharingan.
Ricordava bene anche come quella rabbia si era spenta, improvvisamente come si
era accesa.
Panico, si era fatto prendere dal panico. Nella sua testa, incredibilmente,
tentava di rassicurarsi con quel pensiero.
Uchiha Sasuke avrebbe preferito credere di aver avuto un attacco di panico,
piuttosto che credere alla realtà.
Realtà che conosceva fin troppo bene, e che non voleva accettare.
Ora, nel lettino dell’ospedale, quegli occhi neri – neri, e non rossi, non più
rossi – lo perseguitavano. Quel sorriso era lì, stampato indelebile sul fondo
degli occhi.
E se ne sentiva irriso, più di quanto mai se ne fosse sentito con tutti i
commenti di Itachi. Quel sorriso lo prendeva in giro.
I need another, like a brother
For a cryin' shoulder...
Quel sorriso lo
stava prendendo in giro.
[“Sorpreeesa!
Indovina chi è? Ciao, sono tuo fratello – ti ricordi? Quello che ti ha fatto il
lavaggio del cervello facendoti vedere la gente morta. Sono ancora un essere
umano, e non un demone purtroppo per te - ci hai provato a convincerti, lode al
merito - nonostante abbia ammazzato a sangue freddo la mamma, il papà, gli zii e
qualche cugino di terzo e quarto grado. Prima di farmi fuori e diventare quindi
come me – assassino di famiglia, insomma - ti va di raccontarmi come ti è andata
la vita in questi anni? Ce l’hai la fidanzata, uhm?”]
Gli piaceva
pensare fosse stato il panico, a spegnere la rabbia. Il panico, a fargli cadere
il kunai, a paralizzarlo a quel modo. La sua mente poteva concepire un attacco
di panico – per quanto umiliante fosse ammettere un attacco di panico di fronte
ad una persona ormai indifesa.
Ho imparato ad odiare il mostro che mio fratello era diventato. Poi, ho
imparato ad odiare semplicemente il mostro. Infine, l’idea del mostro, ciò che
rappresentava… - per colpa sua, sono solo.
Mio fratello, mio fratello che prometteva cielo e stelle, e non manteneva mai
alcuna promessa… mio fratello, che mi aveva portato sulle spalle, che teneva a
me più di quanto non facesse mio padre [illuso, quanto mi sono illuso]…
Mio fratello ormai non rientrava più nell’idea del mostro. Mio fratello era
morto quella notte, con il clan.
Mio fratello era morto, questo è tutto.
Così… così era molto più facile. Vivere.
Respirare.
Andare avanti.
Era più facile, così. I demoni fanno certe cose.
Non gli uomini. Mai i fratelli.
Mai.
Quel sorriso
aleggiava davanti agli occhi, più chiaro e messo a fuoco del mondo reale che lo
circondava, mondo sfocato dal dolore e dai medicinali. Lo derideva, diceva
“ero lì, ero ad un passo da te, e tu non mi hai preso…”.
Debole.
Se lo avessi… se
fossi riuscito a…
Cosa… cosa avrei fatto poi? Cosa…
Non
riuscì a domandarsi cosa ne sarebbe stato di lui. Non si costrinse a farlo, per
paura della risposta.
Panico. Era stato panico.
Le certezze non esistono.
Spostò lo sguardo sull’ombra rosa e bianca della composizione nel vaso.
Poi, sull’ombra d’angelo caritatevole che gli era a fianco.
This could be the
last time,
you will stand by my side.
Era ormai primo
pomeriggio, i rimasugli del pranzo ospedaliero erano accumulati in un angolo del
comodino. Il minimo indispensabile per tenerlo in vita.
Lei aveva la fronte appena crucciata, in compunta concentrazione. Mordicchiava
il tappo della penna, nervosamente, mentre gli occhi silvani scorrevano sulle
parole stampate, fitte fitte e minuscole, sul vecchio libro aperto sul letto, di
fronte a lei. Accanto al libro, un rotolo di pergamena altrettanto vecchio,
pieno di appunti disordinati, un disegno del corpo umano e dei canali del
chakra.
Sasuke aveva provato a guardare cosa c’era scritto, mentre il suo corpo era
addormentato, e la sua mente separata dal dolore per una di quelle poche fiale
che gli concedevano.
Si annoiava, per l’amor del cielo.
Aspettare che coloro che hai tradito decidano la tua vita o la tua morte non
è il massimo, comunque.
Non aveva capito una parola di quelle stampate. Sapeva di non essere stupido
– quello era il compito di Naruto, lo era sempre stato. Ma il linguaggio era
complicato, pieno di abbreviazioni, riferimenti scientifici.
Sakura prendeva appunti su una sua pergamena, piegata sulle ginocchia. La sua
scrittura frettolosa, disordinata, e anch’essa piena di abbreviazioni.
Questo lo irritava, a dire il vero. Come lo irritava poter muovere solo il
collo.
Il suo corpo avrebbe potuto anche essere in procinto di decomporsi, e lui non se
ne sarebbe neppure accorto.
Sakura sembrò in quel momento intuire il suo sguardo, e sollevò gli occhi chiari
su di lui, battendo ciglio.
Sorrise.
Lui scostò
lo sguardo ancora una volta, un po’ troppo velocemente, sulle cosmee. La sentì
ridacchiare, come sentì la penna tornare a graffiare il foglio. Nascose lui
stesso il sorriso, lievemente amaro, che si era andato formando sulle labbra.
Entrambi non avevano ancora detto una parola, dal giorno prima. A lui non
dispiaceva.
La testa gli faceva male anche così, e il dolore stava già tornando.
Ed il silenzio non era il silenzio pesante che era calato quando, per la prima
volta, aveva aperto gli occhi. Era un silenzio tranquillo, sereno.
Da tanto non si era più ritrovato ad amare un silenzio del genere. Lei gli era
accanto.
[Konoha non lo
vuole vivo, la Godaime non lo vuole vivo, il Consiglio non lo vuole vivo.
E lui non si vuole vivo.
Insomma, alla fine ci sono solo io?]
Probabilmente
l’unica, che, fino alla fine, non l’aveva abbandonato.
Oh, no, non lo avrebbe mai detto ad alta voce. L’aveva
già
ringraziata
una volta, tre anni prima.
Lei sa.
Lei non ha
bisogno di parole inutili. Non ha bisogno che lo ripeta.
E poi queste cose… questo genere di cose a Sasuke non piacciono. Non c’è bisogno
di dirle.
E’ una
cosa stupida.
Nel silenzio…
nel silenzio si sta molto meglio.
E non si rischia di sbagliare. Parlare è cos’ difficile.
Lei è accanto a lui, e con lui sta abbastanza bene da star bene anche senza
bisogno di parole.
I can feel my soul it's bleeding,
will you fly with me this evening?
“E’ per te,
Sasuke-kun.”
Come non detto. Forse il troppo silenzio a lei non era mai piaciuto davvero.
Chiuse gli occhi, qualche attimo, prima di voltarsi verso di lei. Lentamente,
battendo ciglio.
”… mh?”
”Questo.”
Sorrise lei, raggiante, sebbene dietro quel sorriso si poteva intuire
preoccupazione.
Tanta preoccupazione.
Sasuke,
essendo il solito Sasuke incapace dal lato emotivamente umano della vita, non la
notò.
Non è mai stato bravo con le persone, lui.
Si limitò a ricambiare lo sguardo, vacuo, senza comprendere esattamente di cosa
lei stesse parlando.
Lei parve capire questa sua confusione e, con un sorriso accondiscendente,
sollevò la pergamena che aveva sulle gambe. Incomprensibile, e sfocata, per di
più. Sasuke inarcò un sopracciglio, altalenando lo sguardo fra lei ed il foglio.
E viceversa.
”…mh?”
”Insomma…” la ragazza sospirò, indicando gli appunti. “Per te.”
”… non capisco una parola di quella roba.”
Borbottò lui, chiudendo gli occhi, riposando la
vista.
”No, non in quel senso. E’ linguaggio medico, Sasuke-kun. Non si suppone tu lo
debba capire. Ci ho messo mesi, io.”
Seguì qualche attimo di silenzio, in cui Sasuke non si degnò si sollevare le
palpebre. Sakura, in qualche modo, sembrò interpretarlo come un incoraggiamento
a proseguire.
”E’ per il tuo braccio. La Godaime e Shizune si stanno trastullando con le loro
burocrazie, ma io non ne posso più di vederti così, davvero. Ti guarirò io.”
Questa affermazione gli fece aprire gli occhi, di nuovo. Per incontrare quelli
della ragazza. Per un attimo da quelle finestre oscurate dell’anima fece
capolino una vaga incredulità. Ma da esperto qual era, ed essendo il dolore non
troppo acuto, riuscì a ricacciarla da dove era venuta.
… per me? Lei?
”Insomma, non guardarmi così! Sono una Chuunin, se non lo sai. So
fare qualcosa, ora.”
Una Chuu… no, un attimo…
Aspetta. Io sono ancora…
Un attimo. Mi sono perso qualcosa.
”… cos’è quella faccia…?”
Non rispose.
”Puoi fidarti di me ora, Sasuke-kun. Non ti deluderò più. Mi spiace averti
deluso, in passato. Non accadrà più. Ho capito, ora.”
…lei…
”Per favore, Sasuke-kun. Non permetterò che ti accada più nulla.”
Concluse la kunoichi, con un sorriso tranquillo, prima di voltare pagina al
libro. L’indice scorse sulla pagina, soffermandosi su un disegno appuntato. A
Sasuke sembrò orribilmente simile alla maledizione sigillata che portava sul
collo. Quel sigillo posto da Kakashi-sensei per evitare che gli divorasse il
corpo intero. Rabbrividì appena, se possibile più confuso di prima.
”Puoi fidarti di me ora, Sasuke-kun. Non ti deluderò più.”
Deglutì ancora una volta, prima di smettere. La gola era secca, ma non aveva
voglia di disturbare ancora una volta la ragazza. La ragazza che, lasciata da
sola a se stessa, era ormai diventata una donna.
Senza che lui avesse avuto l’opportunità di accorgersene.
Più tardi, non la
udì andar via. Quando Sakura si era ricordata di sua madre, la mente di Sasuke
si era già arresa al dolore che aveva ripreso a serpeggiare nel suo corpo,
optando per un più magnanimo sonno.
Se ne fosse accorto prima, l’avrebbe salutata. Almeno quello glielo doveva.
Ma non se n’era accorto. Non si era accorto neppure di star dormendo.
Sober mind, time now is gone.
They carved my body not of stone.
In quei giorni che
seguirono, non accadde assolutamente nulla. Naruto non si fece sentire, ed una
strana sensazione aveva piantato le tende all’altezza del petto, dei polmoni.
Sakura gli aveva spiegato che Kakashi-sensei gli impediva di venire in ospedale,
costringendolo in allenamenti estenuanti. Per timore che si venisse a sfogare
lì.
La notizia e la mancanza di cambiamenti non aiutarono l’amara rassegnazione che
in quei giorni aveva colto il traditore di Konoha. La sua vita appesa ad un
filo, e neanche nel migliore dei modi. Faceva male, tutto il suo corpo faceva
male, e i medici non si sbilanciavano nella cure.
Quel tanto che bastava a tenerlo lì, in attesa. A dire il vero, si era stufato
di attendere. Quasi due settimane da quando si era risvegliato lì, e le ferite
più gravi si stavano rimarginando da sole. Ma il braccio sinistro, il braccio
sinistro continuava, da due settimane, a bruciare.
Si era stancato di aspettare. Per lui avrebbero potuto farla benissimo finita
lì.
Ma lei…
”Puoi fidarti di
me ora, Sasuke-kun. Non ti deluderò più.”
”Ti guarirò io.”
Aspettava.
Nonostante tutto, continuava ad
aspettare. Sakura ogni giorno entrava nella stanza ospedaliera, si sedeva
accanto al letto, e studiava quel testo incomprensibile. Ogni tanto gli scopriva
il braccio fasciato, vi tracciava sopra linee immaginarie con l’indice.
Quel tocco, lui non lo sentiva. Totalmente insensibile.
Lei sorrideva, e ripeteva che sarebbe andato tutto bene, perché lei era un
medico e lui sarebbe stato il suo primo vero paziente. Lei sembrava esserne
raggiante, ed in quei momenti Sasuke rivedeva in lei il fantasma della ragazzina
di un tempo, cacciata via malamente dalla donna che era diventata.
Solitamente, Sakura lasciava l’ospedale verso l’ora di cena, quando andava ad
assicurare sua madre di essere ancora viva.
Quella madre di cui tanto si è lamentata, sempre, arrivando ad invidiare chi
la mamma non ce l’ha.
Povera madre, deve
essere l’inferno, per lei. Avere una figlia che rischia volontariamente la vita
ogni giorno. Non deve essere bello. Gli Haruno non sono una famiglia di Ninja,
purtroppo.
Anche quella sera,
Sakura era andata via da poco. Neanche dieci minuti prima che sentisse passi
riavvicinarsi alla porta, la maniglia girare.
Si guardò attorno per quel che il collo poteva permettergli, pensando avesse
dimenticato qualcosa. Gli occhi sfocati vagarono per la stanza, senza trovare
nulla che confermasse quell’ipotesi.
Il battito accelerò appena.
Dallo
spiraglio fece capolino la nobile testa bionda della Godaime, che fissò gli
occhi color nocciola su di lui.
Mancò un battito, due, prima di tornare a respirare normalmente.
Chiuse gli occhi, volse il capo verso le cosmee, tirando appena le labbra.
L’ho salutata, oggi. Vero?
A pretty maze of emptiness,
I've said the hell with all the rest.
Sentì i passi
spostarsi dal corridoio dell’ospedale all’interno della stanza, la porta
chiudersi alle sue spalle. Il rumore di passi di in un solo paio di piedi. La
Godaime era sola.
Quando si sedette al posto solitamente occupato dalla sua ex compagna di
squadra, Sasuke sentì un lieve moto di irritazione. Nulla più. Sollevo lo
sguardo dalla sedia al volto di donna, saltando cerimoniosamente tutto ciò che
v’era in mezzo. La vide sorridere dello stesso sorriso sfacciato di Naruto.
”Come si sono ridotti, i grandi.” Cantilenò tranquilla, poggiando i gomiti sulle
ginocchia, il mento sui palmi delle mani. Protesa appena in avanti, qualche
ciocca bionda ricadeva sulla fronte.
Sasuke concluse che aveva preferito di gran lunga il Sandaime.
Il volti di lei
diventò appena più serio, mentre tornava con il busto eretto sulla sedia laccata
di bianco. Restò qualche attimo in silenzio, espressione vagamente inquisitoria
sul viso.
”Hai da dirmi nulla?”
”Non ho nulla da dire.”
”Sasuke Uchiha, ninja traditore del Villaggio della Foglia. Ha abbandonato il
villaggio per unirsi a quello del Suono, sotto previo invito del nostro caro
Orochimaru. Ha ferito malamente un genin di Konoha che era stato spedito per
riportarlo indietro. Ha privato il Villaggio dell’unica speranza che il Clan
Uchiha ritornasse all’antico splendore, mettendo lo Sharingan a disposizione di
un nemico giurato dello stesso Villaggio.”
Tsunade si interruppe, sorriso lieve sulle labbra. “Sasuke Uchiha. Sei tu, no?”
“… fino a prova contraria.”
”Prova
contraria che abbiamo atteso, e non abbiamo ottenuto.
Ergo, sei tu.”
”Lo sapevo anche da solo.
Ci sono altre cose che non so. E che mi piacerebbe sapere,
piuttosto.”
”Sei tu, eppure non hai nulla da dire, Uchiha?”
”E lei? Lei non ha niente da dire? Sta solo sprecando il mio tempo, davvero.
O è un si,
o è un no. Ecco una cosa che odio, di Konoha. “ La voce del ragazzo rimase a
poco più di un sussurro, il solito timbro lievemente basso che lo
caratterizzava.
”Uchiha Sasuke, condannato inizialmente alla morte per aver divulgato segreti di
Konoha…”
Il cuore salì in gola. Allora è fatta. Bravo, alla fine ci sei riuscito, mh?
Ti sei annientato da solo.
”…
finchè, dopo strenue dibattito iniziato dalla Godaime… non morirai, Uchiha.”
Mh?
”I tuoi occhi sono stati l’orgoglio del Villaggio nelle guerre passate.
E io so quanto Orochimaru possa essere convincente. E posso immaginare quanto la
rabbia sia priva di raziocinio.
E quanto la vendetta sia sbagliata in un
ragazzino. Il Villaggio non può permettersi di perdere il Clan Uchiha per un
errore d’infanzia, per quanto grave esso possa essere.”
”Lei…”
”Il
Consiglio non è d’accordo con me, tuttavia. Ma non possono opporsi troppo al mio
volere, non in questo caso. Sono certa che saprai sfruttare al meglio i favori
che i capi Clan devono a tuo padre, Uchiha. Sono tanti, te lo posso assicurare.
Il Clan dello Sharingan era il più prestigioso del villaggio, e ve ne sono di
favori.
Sono documentati, soprattutto quelli finanziari. Se li saprai cercare, li
troverai.
Serviranno a non far discutere troppo su questa situazione, sulla mia
decisione.” Commentò semplicemente l’Hokage, con tanta naturalezza da far
sembrar tutto così semplice. Sasuke era sicuro che questo, un tempo, si
chiamasse ricatto.
”La condanna è stata diminuita, quindi, Uchiha.”
”Ha intenzione di girarci troppo attorno?”
”I canali del chakra nel tuo braccio sono bruciati dall’interno, ed ho una vaga
idea di cosa l’ha procurato. Chidori, vero? In questo stato non saresti in grado
di usare alcun ninjutsu, non potendo formare i sigilli. Da oggi, Sasuke Uchiha,
non potrai più fregiarti del titolo di ninja. Perché il corpo medico di Konoha
non ha intenzione di far nulla. Ha l’ordine di non far nulla. Così ha deciso il
consiglio, così ha concordato l’Hokage. Sarà questa la tua punizione, e mi
sembra appropriata. Forse un po’ dura, ma appropriata.”
Il ragazzo non si accorse di star lievemente boccheggiando, senza riuscire a
mettere insieme le parole che lottavano per uscire fuori. La fissava, mente
momentaneamente andata in tilt.
… una vita così…?
Davvero… non era meglio morire?
”Usala bene, la tua vita, Uchiha. Ti è stata concessa, vedi di non
sprecarla.”
Infine, si limitò ad annuire, serrando le labbra. Voleva staccarle la testa, a
lei, a il consiglio. E quell’astio per Konoha fomentava, piano, dentro al cuore.
Continuava ad annuire, quasi volesse affrettarla verso alla porta, farla andare
via.
Ma la Godaime lo osservava.
”Da oggi, Sasuke Uchiha, non potrai più fregiarti del titolo di ninja. Perché
il corpo medico di Konoha non ha intenzione di far nulla. Ha l’ordine di non far
nulla.”
”Puoi fidarti di
me ora, Sasuke-kun. Non ti deluderò più.”
”Ti guarirò io.”
This could be the last time,
you will stand by my side.
I can feel my soul it's bleeding,
will you fly with me this evening?
In quel momento Sakura, sdraiata sul
letto, copiava gli ultimi segni sulla pergamena. Sollevando di tanto in tanto lo
sguardo chiaro sui raggi di luna che filtravano dalla tenda. Sulle labbra, lieve
sorriso di speranza.
A/N:
capitolo corto, ma fa da ponte tra la prima parte della fic e la
seconda. Finalmente la prima “medica” è finita. Sasuke torna a Konoha, si
riavvicina a Sakura – ma non a Naruto. Sakura decide che si è stufata di
aspettare il consiglio, e di curarlo lei studiando la tecnica medica. Il
consiglio risparmia Sasuke, ma emette la sua condanna.
Il prossimo capitolo è la seconda parte del “ponte” verso la seconda parte della
fic XD
Er... poca Sakura in questo capitolo, anche. Ed ha un atmosfera lievemente diversa dagli altri. Non riesco a capire cosa sia diverso a dire il vero. Mah.
Ah, si, e chiedo scusa per la piccola parentesi dell'ipotetico discorso di irrisione del "sorriso". Dovevo scriverlo. Dovevo *_*. Me invasata.
Sinceramente
Sakura nella seconda parte di Naruto, cresciuta, sta cominciando a piacermi.
Chissà che la superforza non torni utile.
Solo io ho trovato vagamente divertente che la prima a diventare Chuunin fra
Sasuke, Sakura e Naruto, sia stata proprio Sakura? XD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** V - Just a Little Girl. [Sakura] ***
Nuova pagina 2
A/N:
Ehm, la tizia con
cui parlava Sasuke era Tsunade. Sono sicura di averlo scritto almeno una volta
°_° Credo. [ho la brutta abitudine di ripetere poco i nomi effettivi e
parafrasarli.] L’unico vero problema di Naruto è che non riesco a scriverlo ma
neanche se mi pagano. Ci provo davvero, ma mi sembra sempre OOC. Eppure a
guardarlo si direbbe il più semplice da scrivere, superficialmente. Che pizza!
Indi chiedo perdono per ooc-vismo su questo fronte.
Come avrete già capito, le cose scritte in corsivo ad inizio capitolo non sono
in ordine cronologico fra loro. ^^” Diciamo che se le mettessi in ordine a
parte, formerebbero una sorta di capitolo a sé stante con la spiegazione di ciò
che è successo prima che Shika trovasse quel deficiente XD Questa volta è
lunghetto, ma mi sono divertita.
Inoltre, Kaito è un ipotetico ninja del villaggio del suono, inventato da me,
che avrebbe potuto chiamarsi anche Genoveffo, per quel che mi riguarda. Non è
importante, ma mi serviva °_°
E dato che mi piace contraddirmi, sono arrivata alla conclusione che saranno 15
i capitoli. Ma si, non diamolo per scontato, dato che cambio idea fin troppo
facilmente~ .
Oggi è : “Just a Little Girl” – Amy Studt.
Putroppo
Itachi è peggio dei protagonisti di Beautiful. Ghghghgh… Ehm si. Personalmente
non mi piace, anche se di solito quelli come lui han su di me un certo fascino.
Misteri della vita.
E, tra parentesi, sono commossa dai commenti ç_ç Davvero ç__ç Assie mille ç__ç
C'era qualcosa che non
andava, a dire il vero.
Inconsciamente, Kaito sapeva che doveva essere ancora buio. Sentiva i gufi, lì,
sui pochi alberi della piccola radura spoglia; ognuno al proprio appostamento,
pronti ad aggredire il primo ignaro topolino che avesse osato abbandonare la sua
tana sottoterra. Kabuto, poco più in là, dormiva tranquillamente.
Con quell’aria tranquilla che aveva sempre, e che tradiva poco la sua principale
essenza di traditore.
Essenza di tutti i ninja presenti in quella radura ai confini del Paese della
Terra.
Tutti quei ninja traditori, ormai ninja del Suono, che avevano accettato la
missione loro assegnata.
Kabuto russava leggermente, a dire il vero.
Ma c'era qualcos'altro, qualcosa a cui non riusciva a dare un nome. Un suono
metallico, costante, che si ripeteva uguale e monotono. Logorante. Metallo
contro metallo.
Arricciò il naso,
alzandosi e poggiando entrambe le mani dietro la schiena per mantenere
l'equilibrio. Un forte odore acre gli aggredì le narici: l'ormai familiare odore
della morte, l'odore che un ninja arrivava a conoscere bene.
Sangue. Era fresco: qualcuno era appena stato ucciso.
La prima cosa che vide fu una testa. La testa di un uomo, di mezza età, lasciata
lì davanti a lui, al centro del piccolo accampamento, mozzata. Una pozza di
sangue s'era formata attorno al capo, pelle squartata, ormai preso d'assalto da
insetti e vermi di vario genere. La vista di quella grottesca scultura bastò a
fargli passare il sonno, a seppellirlo da qualche parte dentro di lui.
Non erano al sicuro lì; doveva svegliare gli altri, dovevano andare via al più
presto. Non potevano rischiare, una volta portata a termine la missione. Lasciò
correre lo sguardo ancora una volta su Kabuto: dormiva e non sembrava ferito.
Quel che rimaneva del corpo dell’uomo era sparso per tutta l'arida pianura,
ormai tinta di rosso - quasi fosse rimasta vittima dell'opera di un pittore
folle.
E poi c'era Sasuke, il
nuovo contenitore di Orochimaru-sama, scelto per la guardia notturna e seduto
tranquillamente fra le radici di uno di quegli alberi. In quel buio Kaito
riusciva a scorgere appena ciò che il ragazzo stava facendo: ma non aveva dubbi
che quel fastidioso rumore metallico fosse causato da lui. Esausto per i postumi
del viaggio e della missione del giorno ormai trascorso, si alzò
silenziosamente: non voleva svegliare Kabuto, per esperienza sapeva che non era
una buona idea; voleva solo che quell'ombra di ragazzo la smettesse. Quel
graffiare lo faceva rabbrividire, gli faceva rimbombare la testa.
Cauto lo raggiunse alle
spalle, portando entrambe le mani ai fianchi. Il ninja traditore di Konoha stava
semplicemente affilando due kunai, uno contro l’altro. Di tanto in tanto, una
scintilla si levava dallo sfregare dei due metalli.
"Uchiha."
Lui si voltò appena,
guardandolo con freddezza da sopra la spalla. "Cosa?" sbottò con voce bassa,
tono vagamente minaccioso. Kaito non voleva farlo arrabbiare, davvero. Per lo
stesso motivo per il quale svegliare Kabuto non gli era sembrata un’ottima idea.
"Potresti gentilmente
evitare di affilare le lame nel bel mezzo della notte?” sbottò di tutta
risposta. "Il rumore mi impedisce di dormire. E se non dormo, sono piuttosto
irritabile. Non vuoi vedermi quando sono irritabile, te lo assicuro."
"Oh, intendi questo
rumore?" di proposito, il ragazzo lasciò scorrere ancora una volta il coltello
sulla roccia, emettendo un lungo stridio metallico.
"Si. Quello." Replicò il
ninja del Suono, piegandosi leggermente in avanti, assottigliando gli occhi.
"Gradirei la smettesti; sarei portato a dire che ti piace vedere la gente
soffrire."
"Oh, non è che mi piaccia.
Lo adoro. Soprattutto quando sono di cattivo umore e ho sonno."
"Abbiamo una lunga scalata,
domani. Quindi, piantala, o sveglierai anche gli altri."
"Ma io non dormirò,
stanotte. Perchè dovrei preoccuparmi che voi dormiate?" concluse il ragazzino,
arrogante, tornando tranquillamente ad affilare il metallo contro la roccia. Era
nervoso, i movimenti che si susseguivano uno scatto dopo l’altro. Non era del
tutto normale.
Forse avrebbe dovuto svegliare Kabuto. Ma, come già detto…
"Allora dormi. Non credo
che dopo questa bella ed artistica dimostrazione di forza qualcuno vorrà
attaccarci, questa notte."
Per qualche minuto, regnò il silenzio. Probabilmente, era stato ignorato.
"… Sapresti dirmi per quale
motivo si vive, se non per cambiare ciò che non ti piace?" domandò invece il
ragazzo, poco più d’un sussurro risentito di quella voce, così profonda per la
sua età.
”Stai deliberatamente cambiando discorso. Suppongo che, data la tua
affermazione, sia perché il discorso di prima non ti piaceva. Cambiare, dici? Il
tuo villaggio ti piaceva, ovviamente. O non l’avresti cambiato.” replicò Kaito,
trattenendo a stento uno sbadiglio. Lo sguardo scorse su Kabuto, che
imperterrito continuava a dormire.
"Oh, no, lo trovavo
fantastico. Un po' noioso, forse.” Ironia. “ E’ chi ci abita, il vero problema."
riprese, a capo chino. "Ci sono solo pochi validi elementi lì. Il più è
gentaglia patetica, e inutile. Ecco, inutile è il termine esatto. E poi, ricordi
ovunque. Ricordi… inutili appunto."
“Adesso non c’entra nulla.
Smettila con quel rumore, che voglio dormire. O farai svegliare Kabuto.”
"Vuoi farmi smettere? Che sciocchezza."
"Senti, Uchiha. Questa missione mi piace non più di quanto piaccia a te. Ti
sopporto solo perchè sono ordini di Orochimaru. C'è davvero bisogno di discutere
in questo modo? Ti stai comportando in maniera infantile."
"Infantile? Peccato..." il
ragazzino chiuse gli occhi, traendo dai kunai uno stridio ancor più lungo e
acuto. "E io che cercavo di comportarmi civilmente. Forse dovrei farti star
zitto con un semplice taglio alla gola." concluse, sollevando la sinistra a
rimirare il kunai. Dopo quest'ultima affermazione, Sasuke rimase qualche attimo
in silenzio, prima di riprendere con quello stridio.
Anche la pazienza di Kaito aveva un limite, dopotutto.
"Senti…"
"... Ma non far preoccupare
quel tuo povero cervello, Kaito. Orochimaru non sarebbe contento se ti
uccidessi."
Il puzzo del sangue e della morte diventava sempre più acre, e cominciava a
dargli la nausea.
”Non dovresti parlare così.”
"Non sei altro che un verme, Kaito, lo sai? Cibo per vermi, alla fine. Finisce
sempre così." concluse con tono tranquillo, quasi per ripicca. Kaito dedusse che
era ancora nella fase d’inizio dipendenza, e che quel viaggio era durato troppo.
Era veramente il caso di svegliare Kabuto, dopotutto.
Il giorno dopo avrebbero dovuto far in fretta, a tornare al Suono.
"E se io fossi un verme,
Uchiha-kun..." rispose, appena annoiato, poggiando la schiena contro la
corteccia dell’albero
"... questo cosa farebbe di te?"
Il ragazzo parve pensarci
su, per poi scuotere il capo, lo stesso sorriso arrogante stampato sul viso
magro.
"Non lo so. Davvero."
arricciò appena il naso.
"Io non sono meno umano di
quanto lo sia tu, Uchiha. Nato dalla carne e dal sangue dei miei genitori."
"Anche i vermi hanno dei
genitori, idiota."
"Anche tu hai dei genitori,
Uchiha."
"..."
Il ragazzo arricciò appena
il naso, quasi non avesse mai visto l'intera faccenda da quel punto di vista. Ma
subito si riprese dall'attacco. "Heh. Nessuno può raggiungere la perfezione,
dopotutto. I miei genitori hanno dato vita ad un mostro, dopotutto. Uno o due,
qual è la differenza?"
"Mh … lo hanno visto, sai?"
Kaito, però, sapeva farsi ascoltare. A quell’affermazione, il ragazzino sollevò
il capo, corrugando le sopracciglia.
”… no, non so. Chi avrebbero visto?”
“L’altro Uchiha. Vicino al
confine tra il Paese della Terra e il territorio del villaggio della Cascata.”
Il ragazzino ora lo guardava con occhi sgranati, labbra lievemente dischiuse in
una “o”.
”Va’, se ti preme tanto, Uchiha. Ma lasciami dormire in pace.”
V – Just a Little Girl.
Sometimes, I
feel you’re not listening.
Sometimes, I feel you don’t understand.
La prima cosa che Sakura notò, il giorno dopo, fu la mancanza di Aquila e Gatto.
Questo particolare la fece soffermare a qualche metro dalla porta, e guardarsi
alle spalle, incerta sull’aver preso il corridoio esatto.
Ma la stanza era quella. Piccola ruga formata fra le sopracciglia, riprese a
camminare verso la porta. Il mucchio di libri e rotoli di pergamena racchiusi
nella sacca beige stretta al petto da entrambe le braccia.
Ne distaccò una, in un movimento vagamente perplesso, per posare la destra sulla
maniglia.
La tirò.
Il letto era vuoto.
Il letto era vuoto, e il cuore era vicino ad un attacco di panico –l’hanno
portato via, non mi ha detto nulla, Tsunade, bugiarda… - ma i suoi occhi la
rassicurarono. Sasuke-kun era in piedi, poco più in là. Peso spostato sulla
gamba sinistra, aiutato da una stampella di legno. La gamba destra strettamente
bendata, e le bende si potevano scorgere fra l’orlo dei pantaloni scuri e la
scarpa. Lo stesso braccio sinistro era interamente fasciato, apparentemente
privo di vita, così come il polso destro. Qualche ciocca bruna, più lunga di
come le ricordava, ricadeva sulla medicazione alla fronte, mentre guardava con
aria assente i movimenti di Shizune.
Una puntura. L’ultima, probabilmente.
Quando la porta si aprì, Shizune sollevò lo sguardo su di lei e sorrise, con un
vago accenno di vittoria. Sasuke-kun continuava a fissare il braccio bendato,
con lo sguardo ostile di un tempo.
Lo sguardo ostile di un tempo. Cos’era accaduto?
”Vieni, vieni, Sakura. Entra, capiti nel momento giusto. Pensi di poterlo
accompagnare a casa sua?”
”Posso benissimo andare da so…”
”Non è per te, Uchiha. Gli abitanti del villaggio saranno più tranquilli nel
vederti assieme ad una persona che gode della perfetta fiducia dell’Hokage.”
”Casa sua? Shizune, che sta succedendo?” Sakura rimase ferma sull’ingresso,
stringendo contro il petto i vecchi tomi racchiusi nella sacca, serrando le
labbra. Una vaga agitazione che le scorreva nelle vene, sottile.
Credo… credo di essermi persa qualcosa di importante. Fra ieri ed
oggi… è successo qualcosa.
”Il Consiglio ha deciso contro la condanna a morte. Quindi… Beh, allora può
tornare a casa.”
”Ma non è ancora guari…”
”Non importa. Ciò che deve guarire guarirà da solo, comunque. Si tratta di
fratture, e di un paio di ferite che erano piuttosto profonde, ma che si sono
quasi rimarginate. Non c’è motivo che rimanga qui, dopotutto. Per il dolore,
dovrà imparare a conviverci comunque. Gli ultimi giorni eravamo arrivati a sole
due siringhe, no? Sono tre settimane che è in ospedale, Sakura. Non possiamo
continuare all’infinito.”
”Ma il suo braccio…”
”Ciò che deve guarire guarirà da solo.” Ripeté la donna, facendo spallucce.
Sakura incrociò per un attimo lo sguardo di Sasuke, che si limitò a serrare le
labbra, e a seguire Shizune con gli occhi, carichi di astio.
Cosa è successo…?
But I think
I’ve got the answer...
Already know what you’re gonna say.
Sasuke-kun non
avrebbe dovuto lasciare l’ospedale. Sakura ne era fermamente convinta ormai.
Soprattutto nel vederlo arrancare per le scale che portavano nell’atrio della
struttura, con quella stampella che sapeva usare a malapena, e fin troppo
faticosamente.
Una fastidiosa appendice del corpo. Umiliante, per chi era orgoglioso come lui.
Umiliante come lo era quel braccio sinistro che, apparentemente privo di vita,
ricadeva lungo il fianco.
Le ricordava vagamente Lee, dopo l’intervento. Ma vedendo camminare Lee,
vedendolo arrancare nonostante tutto sulle stampelle, lo aveva ammirato la sua
forza d’animo. Non si era arreso, aveva pensato.
Vedere Sasuke-kun in quello stesso stato, la faceva star male.
Shizune era dietro di loro, e camminava compunta.
”Mi raccomando, Sakura, dritti a casa.”
”Ah, ho ancora una casa?” sbottò il ragazzo, con uno sbuffo a metà fra lo
stanchezza dello sforzo e l’amarezza.
”Teoricamente, tutte le case della zona appartenuta agli Uchiha sono tue in
quanto ultimo erede, o no? Teoricamente, logico. Ne hai perso ogni diritto
quando sei andato via.” Commentò Shizune, con un sospiro.
Pensavi di non averne più una?
Noi sapevamo che saresti tornato Sasuke-kun. Lo abbiamo sempre saputo.
”Certo, Sasuke-kun.” Sorrise Sakura, tranquilla, accondiscendente. Avrebbe
voluto parlare del braccio, di ciò che era successo. Ma la risposta di Shizune
le faceva presupporre non si trattasse di nulla di buono. “A dire il vero… ti
chiedo scusa. Io e Naruto l’abbiamo tenuta in ordine per te. Cioè, soprattutto
io, figurati. Sebbene l’idea fosse di Naruto ecco. L’abbiamo fatto senza il tuo
permesso però… è che non volevamo tu tornassi e trovassi tutto abbandonato.”
”E’ già tutto abbandonato comunque.” Rispose seccamente il ragazzo, e Sakura
aggiunse un’altra informazione alle tante accumulate durante quei pochi minuti.
Sasuke-kun era di pessimo, pessimo umore. Era furioso, e faticava a trattenersi
dal mostrarlo.
La ragazza si morse il labbro. Non provò neppure ad offrirgli il suo aiuto.
Non avrebbe che peggiorato le cose. Ricordava bene l’orgoglio del ragazzo.
”Puoi fidarti di me ora, Sasuke-kun. Non ti deluderò più.”
”Ti guarirò io.”
Forse… forse ho promesso troppo. Speravo di poterlo fare in ospedale… ma come…?
La tecnica… la sto imparando, ce la sto mettendo tutta. Giorno e notte, notte e
giorno.
Con mia madre che mi ripete di dormire. “Dormi, Sakura. E’ tardi. Ti sveglierai
presto.”
Ma la condanna a morte non c’è più. Perché non può farlo Tsunade-sama?
Verso l’uscita dell’ospedale, gli sguardi li seguivano. Bisbigli si levavano nel
vederli passare. Nel veder passare lui.
Tutti parevano aver interrotto ciò che stavano facendo, spinti dalla morbosa
curiosità tipica di vedere chi era l’ospite della stanza controllata notte e
giorno dagli ANBU, per tre settimane.
A testa alta, Sasuke si trascinava fino alla porta. Orgoglioso e tutto d’un
pezzo, fino alla fine.
Apparentemente ignaro di tutti gli altri che lo fissavano.
Solo a qualche passo dall’entrata in ante di vetro, lui la guardò da sopra la
spalla. Non disse nulla, ma arrestò il passo. Lei, di tutta risposta, affrettò
il suo.
Ed insieme, si lasciarono alle spalle gli sguardi e le parole indiscrete.
‘Cause I’m
just a little girl you see.
But there’s a hell of a lot more to me.
“Sasuke-kun…”
Nulla.
“Aspetta, Sasuke-kun.”
Non rispose.
”Aspetta un attimo, insomma!”
Con uno sbuffo fin troppo udibile, lui piantò la punta della stampella sulla
strada, usandola come perno per voltarsi appena. Esattamente di fronte a lei,
che si fermò nello stesso momento. Accanto a loro, la vita continuava a scorrere
come se nulla fosse.
”…Cos’è successo?”
”Non fare promesse a quel modo. Se non riesci a mantenerle, sarà soltanto
peggio.” Commentò distrattamente lui, scostando lo sguardo crucciato sulla
strada. “Lascia perdere.”
”… non è che poi non la manterrò, Sasuke-kun. Mi hai vista, no? Sto studiando.
Non è certo semplice, potresti essere grato invece che così impaziente.”
Protestò lei, risentita, stringendo la sacca al petto.
”Non la manterrai, Sakura. Per favore, voglio andare a casa.” Tentò di far
cadere bruscamente il discorso lì, voltandole di nuovo le spalle. Azzardò ancora
qualche passo scoordinato, espressione contrita e concentrata sul viso. Quasi
quei passi gli costassero tutta l’attenzione di cui era capace.
Ma lei, lei non mosse un passo. “Pensi che io non sia degna della tua fiducia,
allora? Non ci credi, che ne sono capace? Non ti mentirei mai su una cosa del
genere.”
”L’Hokage ha impedito all’equipe medica di fare qualsiasi cosa per questo
fottutissimo braccio, Sakura. Quindi, per favore, non ti intromettere oltre. Sei
fastidiosa quando fai così. Non hai voce in capitolo, su questa questione.”
Mi stai chiedendo di non darti false speranze? Come sei egoista, Sasuke-kun.
Io voglio vederti star bene.
Solo in quel modo potrà tornare tutto come prima.
E tutto deve tornare come prima.
Fu la volta per lei di serrare le labbra, per fermare il fiume di parole che
minacciava di uscirne violentemente. Non ne era proprio il caso. E non era
neppure il caso che Sasuke la trattasse a quel modo.
”Non ti sto illudendo, Sasuke-kun. Io sono certa di potercela fare.”
”Andando contro il consiglio? Fatti un po’ di affari tuoi, o finirai per finire
in chissà che guaio. Ora, vorrei tornare a casa. L’avevo detto, che ce la facevo
da solo.”
Si era fermato, ma aveva il capo chino. La voce dura, ma ormai lei sapeva
leggere fra le righe. O almeno, era sicura di saperlo fare, di saper
parafrasare. Ciò che lui, chiaramente, non riusciva a dire.
Ti preoccupi per me, ora?
Sei di pessimo umore, ne va della tua vita, e ti preoccupi per me?
Don’t ever
underestimate what I can do...
”Non puoi
impedirmi di fare quello che voglio, Sasuke-kun. Non sono più una bambina.
Fidati di me, ti curerò io. Non puoi vivere così, ti costerebbe troppo. Io…”
Troppo, troppo per una persona orgogliosa come te, Sasuke-kun. Perdere il
proprio obiettivo di vita, vivere una vita senza scopo, una vita senza pericolo,
monotona… Una vita monotona e priva di scopo non fa per te.
Tsunade dovrebbe saperlo.
Dannazione, lei dovrebbe saperlo!
”… io voglio solo che tu sia felice. Dovresti saperlo.”
A dire il vero, è bugia.
Voglio essere felice nel vederti felice. Sono una grande egoista.
Gli si fermò a fianco, chinando appena il capo d’un lato, in un sorriso affabile
che voleva rassicurarlo. Lui sollevò lo sguardo, battendo ciglio con quegli
occhi nero sbiadito. Poi, scosse il capo. Amaramente.
”Non vogliono che Orochimaru torni per lo Sharingan. Di questo corpo… del mio…
non se ne fa niente, in questo stato. Dello Sharingan, ora, non se ne può far
niente. E’ giusto, alla fine… E’ giusto così.”
”No, no che non è giusto così! Insomma, chi sei? Dimmelo. Perché certamente il
mio Sasuke-kun non parlerebbe a questo modo! Orochimaru vuole lo Sharingan? Che
venisse a prenderselo. Stavolta gli daremo il benservito, stanne certo. Abbiamo
due Sannin, per l’amor di Dio, a Konoha. Due contro uno, e non sono in grado di
farlo fuori, volendo?”
Sasuke non rispose, ma riprese a camminare. Stavolta, però, più che arrabbiato
le sembrò pensieroso. Occhi fissi sulla strada, senza vederla davvero. Lei
affrettò qualche passo per raggiungerlo in quella sua andatura instabile.
Qualche attimo di silenzio.
”… e così, tu saresti stata capace di uccidermi, dopotutto.” Mormorò
distrattamente il ragazzo, con tono così debole che a malapena lei lo colse. Si
limitò a cercarne lo sguardo con i suoi occhi confusi.
Lui non diede spiegazioni.
Don’t ever tell me how I’m meant to be.
Lui
categoricamente non aveva voluto essere accompagnato oltre i cancelli del
quartiere Uchiha.
Erano chiusi, non come un tempo: quando lei e le altre bambine passavano di lì,
ed i cancelli indicavano che il Clan era aperto. Sasuke era rimasto lì, a
guardare assentemente i ventagli rossi e bianchi, insegna degli Uchiha.
Poi…
Poi l’aveva “cortesemente” mandata via, sapendo che lei lo conosceva troppo bene
per prendersela davvero.
Aveva bisogno di stare da solo, aveva detto lui. Sakura era sicura del
contrario.
Stare da solo in quel momento lo avrebbe distrutto. Ma lui si era rifiutato di
sentir ragioni.
”L’ero-sennin me
l’aveva detto, sai? Che ti saresti arrabbiato, perché hai scelto tu di andarci.
Ma se tu hai il cervello piccolo e non ragioni, qualcuno dovrà pur ragionare per
te! Cosa diavolo credevi di fare, mh?”
Quanto avevi ragione, Naruto.
Ha bisogno di qualcuno che ragioni per lui, sempre. Perché ha un indole
naturalmente autodistruttiva, senza neanche rendersene conto. Non capisce, non
capisce davvero.
Ha il “cervello piccolo”, è come dici tu.
Mi occuperò io di lui. Ne ha bisogno.
Ne ho bisogno.
Per una volta… per una volta che posso far qualcosa, io…
Lei se
ne era andata via, con la coda fra le gambe, ma non sconfitta. Teneva ancora la
speranza stretta al petto: metaforicamente e praticamente, a dire il vero. Tornò
sulla strada di casa, senza pensare affatto ad arrendersi, a dare ascolto a lui,
alle sue parole. Era chiaro che non ragionava bene.
O sono io, quella che non ragiona…?
…
E’ lui. E’ lui, ne sono sicura.
You say I’m
just a little girl, just a little girl...
How can I compare? What do I know?
What have I got to share?
Quel giorno, per tornare a casa di lì, percorse il tragitto più lungo, quello
che passava per casa di Ino, e per il negozio di fiori Yamanaka. La strada che
prendeva il piccolo “fan club” quando era ora di tornare a casa.
Lo fece quasi inconsciamente, senza pensarci. La mente aveva cose ben più
importanti a cui pensare, in quel momento, e aveva dato ai piedi pieno potere
decisionale.
L’insegna del negozio di fiori era proprio lì, a pochi metri da lei.
Istintivamente rallentò il passo, serrando appena le labbra in una linea
sottile. Per un attimo, discusse con sé stessa: cosa avrebbe dovuto fare?
Avrebbe dovuto chiederle consiglio? Forse no. Forse, non poteva fidarsi di dire
a nessuno ciò che aveva intenzione di fare.
E se Ino avesse…
“Non farai cambiar tutto di nuovo, vero Sakura? A me lui non
interessa più, lo sai. Lui si interessa solo di sé stesso, ed io almeno l’ho
capito. Non devi pensare che tutto ciò che dico sia per allontanarti da lui.”
”Non sono più una bambina, Sakura. Sei mia amica, e lo dico per te. Mi preoccupa
vederti così.”
”Faccio il tifo per te.”
No, no.
Ino era una brava scrofa, dopo tutto. Un’ottima scrofa, un’ottima amica.
Davvero.
Deglutì, una, due volte, concedendosi il tempo per cambiare idea.
Inutilmente, dato che ormai aveva deciso. Con un sospiro, un unico sospiro,
riprese a camminare verso la porta del negozio..
”No, no, no, Naruto. Non le piacerebbe mai una cosa del genere! E’ un
pugno nell’occhio!”
”Ma che cosa ne vuoi sapere, tu? Io trovo siano bellissimi, ecco.”
”Naruto, sono arancioni e rossi e gialli e grigi e
azzurri! Non puoi mettere tutti quei colori insieme! E’... è un reato!”
”Però a me l’arancione piace!”
”Oh, guarda, non l’avrei mai detto! A lei non piace, però. E poi sono troppi,
non te li puoi permettere comunque!”
”Ah, perché? Me li vuoi anche far pagare?”
Lo stralcio di discorso la convinse a fermarsi, un’altra volta. Batte ciglio,
corrugò appena le sopracciglia. Con una vaga idea di quel che stava succedendo
all’interno, e dei protagonisti di quella piccola commedia, varcò la soglia.
Naruto si affrettò a nascondere un accozzaglia psichedelica di fiori dietro la
schiena, mentre Ino si voltò di scatto verso la porta.
Ma guarda. Naruto che compra dei fiori per una ragazza. E’ uno spettacolo
raro, davvero.
Di quelli che ti capitano una volta nella vita.
”Buongiorno a voi.” Commentò tranquilla, abbozzando un sorriso sulle labbra.
O meglio, forzandone uno. La vista del suo compagno di squadra le aveva
ricordato che, probabilmente, Naruto non sapeva ancora nulla.
”Bu-b… Ehm, Good Morning, Sakura~chan!” ridacchiò nervosamente lui, chinando il
capo d’un lato.
”Ciao, Sakura. Che sorpresa.” Mormorò Ino, battendo ciglio. Prima di farsi
stranamente sospettosa. “... come mai non sei all’ospedale?”
”Eh, già. Come mai non sei da quello lì, mh?” incalzò Naruto, annuendo
frettolosamente.
Mamma, come si vergogna. Non c’è nulla di male a comprare dei fiori.
”Lui... è stato rilasciato. L’ho riaccompagnato a casa, proprio ora…”
rispose, rabbuiandosi appena in viso. Aggiustò i libri contro il petto, facendo
qualche passo in avanti. Naruto, stranamente, arretrò.
”Rilasciato? Vuoi dire che…?”
”Niente pena di morte.
Naruto...”
”... si?”
”Dovresti parlargli, non pensi?”
But there’s
nothing in this world, nothing in this world
That could hold me down, can’t you hear me?
Don’t you understand?
Seguì un
po’ di silenzio, e i due compagni di squadra si fissavano, senza aggiungere
altro. Naruto sembrava doversi ancora riprendere dallo shock di esser stato
scoperto in tale atto meschino – comprare dei fiori – e Sakura, con aria quasi
severa, sembrava attendere una qualsiasi reazione.
Ino, in silenzio anche lei, lasciava altalenare lo sguardo fra di loro,
sopracciglio inarcato. Finì per alzare le mani in aria di resa, con uno sbuffo
rumoroso. “Mah, io devo aiutare mia madre con le piante, di là. Sakura, se devi
dirmi qualcosa, sai dove trovarmi. Vi lascio soli, sono questioni della squadra
sette, e sarà meglio che rimangano nella squadra sette. Ah, Sakura… qualsiasi
cosa Sasuke ti dica su di me, non è vero! Vi lascio soli. ” canticchiò quasi la
bionda, prima di sparire dietro la porta.
”Qualsiasi cosa Sasuke ti dica su di me, non è vero”?
Ino, scrofa che non sei altro… cosa hai fatto?
Naruto sembrò sobbalzare a quell’ultima affermazione da parte della ragazza, e
la seguì con lo sguardo mentre si allontanava dalla porta del retro. Rimase a
guardare la porta, anche dopo che Ino l’aveva già richiusa.
Non vuoi parlare di Sasuke-kun, Naruto? Va bene, va bene.
Sei ancora arrabbiato? Te la sei presa, perché a salvarlo non sei stato tu?
Non hai potuto dimostrargli nulla?
Va bene.
”Allora, per chi è che fai spese galanti? C’è qualcosa che mi sono persa,
mh?” riprese, con tono vagamente divertito, chinandosi in avanti con fare
inquisitorio. “Certo che con i colori non ti smentisci mai, tu.”
”… sono brutti?”
”Se non sapessi il contrario, direi che li abbia scelti un daltonico.”
”… Ottimo, davvero.”
”Beh, Ino te lo stava dicendo, no?”
”Erano per te.”
Sakura
battè ciglio, e Naruto posò il “mazzo/pugno nell’occhio” sul bancone della
cassa. Un grande sospiro gli sfuggì dalle labbra, e fece spallucce. Sakura si
limitò a rimanere lì, crucciando appena le sopracciglia.
”Per… me?”
”Certo. Stavi sempre chiusa lì, non ti vedo da una vita. Volevo solo… era solo
un pensiero, ecco. Pensavo ti sarebbero piaciuti comunque, dato che ti ostini a
vestirti di rosso nonostante il colore dei tuoi capelli.”
”Naruto, davvero, sto ben… no, un attimo. Cos’hanno che non va i miei vestiti? E
i miei capelli stanno benissimo così co…”
Naruto scoppiò a ridere, in quella sua maniera da bambino, e Sakura impiegò
qualche attimo a capirne il motivo. Era riuscita a distrarla dal punto della
situazione, come sempre. Lei stessa abbozzò un sorriso, facendo qualche passo
verso di lui, uno sbuffo, fermandosi accanto al compagno. Sollevò un fiore rosso
– un papavero, si direbbe – e lo rigirò fra due dita.
”Potevi anche venire a trovarmi senza nulla, lo sai. Mi avrebbe fatto piacere
comunque.”
”Non te li avrei portati io. Te li avrei fatti spedire, ecco. Con un
bigliettino, magari. Scritto da Ino, ovviamente, lei è più brava di me.”
”Perchè non volevi vedere Sasuke-kun, vero?”
Ancora una volta Naruto scostò lo sguardo, imbronciato, mettendo su quella sua
maschera infantilmente ostinata. “Gli spaccherei la faccia.”
”Hai ancora il suo coprifronte, no? Dovresti riportarglielo. E’ a casa sua,
ora.”
”Lo darò a te. Riportaglielo tu, se ci tieni, Sakura-chan.”
”Sasuke-kun ha bisogno di noi, Naruto. Non solo di me. Dovresti dargli un’altra
possibilità, ne ha bisogno. Non puoi lasciarlo solo in un momento del genere.”
”...”
”Non eravate migliori amici, voi?”
Lui si lasciò sfuggire un suono vagamente amareggiato dalla gola, poggiando i
gomiti sul bancone, occhi azzurri persi fra i fiori sparpagliati sul tavolo.
Appena messi in ombra dalle ciocche bionde.
”Promettimi che glielo riporterai, oggi. Va bene?”
”Forse.”
”…Se ti dico una cosa, prometti che non la dirai a nessuno?”
”... Sakura-chan, mi chiedi se so mantenere un segreto?”
”Più o meno.”
”... dipende. Spara.”
”In un certo senso, sto per tradire Konoha e l’Hokage anch’io.” Mormorò lei,
abbozzando un sorriso affabile, fragile, quasi timido sul viso contornato dai
corti capelli rosa.
Triste.
Tanto triste.
That I wanna be myself, wanna be the girl,
wanna be the one that you can rely on...
Naruto si
limitò a ricambiarla con uno sguardo estraniato, assurdamente privo di parole.
“Tu cosa…?”
”Penso che prenderò questo fiore, grazie per il pensiero. Sai…”
”... tradire cosa?” ripeté Naruto, occhi sgranati, sopracciglia inarcate sulla
fronte abbronzata.
”…Sai, penso proprio di volerti bene, io. Riportaglielo, oggi. Te ne prego.”
Tenendo lo stelo stretto fra le dita, e le dita premute sui libri tenuti contro
il petto, la kunoichi gli voltò le spalle, muovendo qualche passo verso
l’uscita.
Naruto, senza troppi convenevoli, le corse dietro, poggiandole una mano sulla
spalla. Lei si fermo, senza guardarlo negli occhi. “… cosa stai per fare,
Sakura?”
”... voglio solo che capisca.... che di me si può fidare, davvero. Tutto qui.
Voglio solo che torniamo tutti quanti ad essere felici come prima. E’ così
sbagliato?”
Lo sguardo di Naruto si addolcì appena, ma il ragazzo non rispose.
Sakura attese, ed attese. Poi, riprese a camminare sulla via di casa.
How I wish
that you could see all there is of me…
How I long to hear that you take me for who I am...
Ancora
una volta, si chiuse in camera sua, portandosi come unica provvista un pacco di
biscotti al cioccolato. Nonostante la dieta. Non aveva voluto parlarne con
Naruto, avrebbe dovuto parlarne con Ino. Ed invece…
Lingua lunga. Lingua dannatamente lunga.
Sdraiata a pancia in su sul letto, guardava il soffitto. Masticando di tanto
in tanto quel piccolo peccato di gola.
I vecchi tomi erano aperti, sparpagliati per terra, sulla scrivania. Un paio di
piatti vuoti accanto ai libri sul comodino.
Vestiti sparpagliati ovunque.
Piano piano, quella camera era diventata sempre meno camera sua. Un mangiatoio,
una libreria.
Dormiva appena. Lasciò scorrere lo sguardo sulla stanza in confusione, in
confusione come le stessa. Lo sguardo si fermò sulla sua figura nello specchio,
sul poster poco più in là. “Una vita piena d’amore.”
Spaziando, si fermò sulle foto della squadra Sette, tirate fuori qualche
giorno prima, attaccate al muro vicino al poster. Le foto di quando era piccola
(e felice).
Che ti piaccia o no, Sasuke-kun…
Io non ti voglio vedere così. Se dovrò andare contro il consiglio… fa nulla.
Davvero, fa nulla.
Si voltò su un fianco, posando gli occhi chiari sulla pergamena accanto.
Chiuse gli occhi, qualche attimo.
Poi…
si rimise al lavoro.
Una vita piena d’amore, è a portata di mano. Tutti e tre, come prima.
Più di prima, se possibile.
C’è tutta una vita, davanti.
‘Cause I’m
just a little girl you see.
But there’s a hell of a lot more to me.
Don’t ever underestimate what I can do.
Don’t ever tell me how I’m meant to be.
A/N:
Sono commossa
davvero per i commenti [e mi è venuto quasi un infarto nel vedere il papiro di
Solarial – adoro la tua fic XD]. Anche io ho qualche teoria sul massacro del
Clan Uchiha, riguardante soprattutto le parole pronunciate da Itachi quando
Sasuke gli chiede il “perché”. Ma avessi inserito anche quelle, alla fine avrei
fatto un casinotto niente male. Chissà che non sia la prossima fic XD
Per FrancescaAkira, le puntate uscite finora sono circa 205, alla fine del mese
inizia “Naruto 2”. Ed era anche ora *_*
Per L.A.D.L. [nome più lungo nu? °.°], anche io penso che Sakura sia veramente
fragile, e che forse la vita del ninja per lei è effettivamente troppo dura.
Essendo la ragazza normale, che non ha né demoni sigillati dentro di lei, né
abilità innate… Tuttavia, una delle poche cose che mi piacciono di lei è che non
si arrende per niente.
Comunque, sono davvero felice, sisi. Ho provato a scrivere Naruto in questo
capitolo, ne sono piuttosto soddisfatta. Wah, ma che fatica >_< Per quanto
riguarda questo capitolo, un Sasuke-kun che si deprime come solo lui è in grado
di fare. La scena dei fiori mi piace tanto com’è venuta fuori – a dire il vero
Sakura doveva parlare con Ino, ma la storia ha preso vita da sola °_°
A tutti, ancora, grazie mille. Voi commuovete questa povera ragazza u.u”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** VI - Pale. [Sasuke] ***
Nuova pagina 1
A/N:
ossa spezzate?
Posso dire che ci saranno ossa spezzate e stiaffi nel resto della fic, a dire il
vero °_°” In questo capitolo non so, ora vediamo se prende vita da solo [ormai
non mi fido più u.u”].
Inoltre, lo so di essere strana XD E so anche che, a furia di scriverla ora, mi
ci sto affezionando. Sarà normale? Ç__ç Probabilmente ho qualche malattia
mentale in stadio terminale. Vero? Vero? Ç__ç
Per oggi, strappo alla regola della canzone tosta per Sasu u.u
”Pale” – Within Temptation.
Semplicemente perché è perfetta XD Ecco tutto. Ho aumentato il Rating nei
prossimi capitoli, seguendo la mia povera testa bacata e le povere idee bacate
che scaturiscono dai poveri neuroni bacati. I’m sorry ^^” Ma credo sarà
veramente necessario alla fine -.-“ Date la colpa a… Parmenide ecco. Sempre
colpa suaaa! °_° Con il suo essere che esiste e non esiste perché non può
esistere. Mi ha fuso il cervello, ecco.
[Scusa bislacca, non funziona, vero? XD]
Per
questo capitolo mi sono dovuta ripescare l’immagine della stanza di Sasuke. Ma
te vedi un po’ come sono premurosa >_< [ehm… chiamasi pignoleria.] Inoltre, non
ho la più pallida idea se in Naruto esistono i telefoni. Ma una sigla originale
fa vedere tutte le ragazze col telefono in mano <_<. Inoltre, in camera di
Sasuke c’è la tv. Avranno anche il telefono, no? I dubbi amletici che mi vengono
ogni tanto o.ò
Purtroppo la Mail, L.A.D.L [il nome continua ad inquietarmi, e sinceramente
sarei curiosa di sapere quale fisima mentale possa portare ad una tale
elucubrazione >_<… Parmenide forse? XD] non mi è arrivata O_O. Non riesco a
capirne il motivo, poi ò_ò”
P.S. Purtroppo ho una sorella ed una mamma patite, ergo mi devo sorbire gente
che muore e resuscita in cliniche private che quasi quasi è peggio di dragonball.
Perché Beautiful non ha una fine. Comincio a temere siano immortali, il
che mi spaventa ç__ç
"Ti odio."
"Sarebbe anche ora."
"Già. Sei un bastardo,
fino alla fine. Poco più di un mostro."
"E tu?"
"Io cosa?"
"Lo sei anche tu. E’
questo il potere che cerchi?
Se pensi che le tue azioni possano essere giustificate allora... sei come me."
"Non paragonarmi a ..."
"...me? Lo sei. Hai
sempre voluto esserlo."
"Sta' zitto."
"Non mi attaccherai?
Cos'hai fatto, in tutti questi anni? Smettila di cercare scuse: non sei
cresciuto affatto."
"Non so cosa ne sarà della tua anima, una volta morto, Itachi. Ammesso che tu ne
abbia una"
[ i demoni non hanno
un’anima.]
"Non accadrà nulla alla
mia anima. Non ci saranno dei a giudicarla."
"Cosa te lo fa pensare?"
"Cosa ti fa pensare che
per gli dei non siamo altro che giocattoli in un mondo che hanno creato per
svago? Dopo la morte non c'è nulla. Quando un giocattolo si rompe, lo si cambia.
Perchè continuare a tenerlo? La mia anima svanirà, e così anche la tua."
"E' quello che ti ripeti, per far finta di nulla."
"Ottenere la redenzione semplicemente con qualche preghiera imparata a memoria è
troppo semplice. Non può essere vero… ottenere la redenzione in quel modo. Non
c’è nessun giudizio, alla fine. E’ stata un'idea degli uomini, che così potevano
continuare a nutrire la falsa speranza di finire in una qualche specie di
paradiso, dopo aver vissuto a metà la vita concessa loro in questo inferno.”
”… non c’entra assolutamente nulla!”
” Non hanno goduto né di questa vita, né godranno di un'altra, perchè non ci
sarà.
Questo mondo è inutile, e altrettanto vale per questa vita.
Nessuno fa nulla per cambiarla, aspettano che siano gli altri a farlo."
[ "… Sapresti dirmi
per quale motivo si vive, se non per cambiare ciò che non ti piace?" ]
[ "... sei come me. La mia copia. E la copia non potrà mai sorpassare
l'originale, dovresti saperlo."]
[Mai? Non potrà superarla mai? Non c'è nessuna probabilità che questo accada?]
[“... Forse potrai diventare come tuo fratello un giorno.”]
[Come tuo fratello...]
[... un giorno.]
[... lo so. L'ho sempre saputo.]
[… Avresti dovuto uccidere anche me quel giorno, ed impedirmi di diventare come
te.]
[Non sei mai stato un buon fratello maggiore, tu.]
[Non dovresti dirmi queste cose. Non dovresti…]
[… Non dovresti esistere.]
[Mostro.]
VI – Pale
The world seems not the same,
Though I know nothing has changed.
Le strade
sembravano quelle di una piccola cittadina fantasma, così come lo erano sembrate
da anni a questa parte. Forse, si sarebbero potute ripopolare di vita, prima o
poi: ma nessuno voleva veramente abitare in luogo dove era stato versato tanto
sangue in così poco tempo.
Neppure Sasuke voleva veramente rimanere lì. Per le tracce di sangue invisibili,
per le voci fantasma di un passato che sembrava essere sempre troppo vicino.
L’albero sotto il quale suo fratello gli aveva insegnato quell’unica tecnica
shuriken, quell’unica volta che si era degnato di mantenere una promessa
fatta.
”La prossima volta, Sasuke.”
Lievemente rovinato dal tempo, era sopravissuto, come monito di un ricordo che
era stato.
La casa della zia Uruchi, migliore amica di sua madre, dove da piccolo aveva
passato tanto di quel tempo, quella casa che odorava di torte alla panna con
sopra le fragole, che lui soleva togliere ad una ad una, per poi mangiarle alla
fine. Rubando spesso quelle dal piatto di Itachi, che le odiava.
Una finestra era rotta, e probabilmente dentro ci abitavano ormai solo gli
insetti.
I muri
coperti dalle insegne dipinte degli Uchiha, e quel ventaglio infranto da quelle
crepe sul muro, quel giorno in cui le crepe avevano infranto anche l’unica
speranza di famiglia. Quell’unico ventaglio, davanti alla porta di casa loro.
Casa sua soltanto, ormai.
Era
sempre lì, lo ammoniva.
E gli ricordava, stranamente, come Itachi si fosse fermato quel giorno, quando
lui glielo aveva domandato.
Fermo davanti a quel muro, poggiato alla stampella, Sasuke si rimproverò.
Perché… mi vengono in mente solo cose piacevoli, ora? L’ho sempre saputo che era
stato lui. No?
E’ peggio. E’ peggio così.
Dovrei pensare che quello è l’angolo in cui gli zii erano a terra…
che quello fu il giorno in cui Itachi era finalmente crollato, aveva ucciso il
suo migliore amico…
che quello era il punto esatto in cui mi fermai, in cui gli chiesi di… di non…
- l’hai fatto perché te l’ho chiesto io, come quella volta?
… invece…
Invece,
pensava alle fragole, e a quell’unica promessa mantenuta, e al primo giorno
all’accademia.
Si lasciò cadere contro la porta di casa, che non era stata casa sua per tre
anni. Giudicato lo stato della gamba, non fu un’ottima idea. Serrò le labbra,
ignorò la fitta, fissando lo sguardo su quella crepa nel muro, guardandola fin
quando non si sfocò a causa degli occhi inumiditi dal dolore..
Il respiro arrivava affannato, e, lentamente, tentò di calmarlo, di regolarlo.
Male. Faceva male.
It's all my
state of mind,
I can't leave it all behind.
Lentamente, riuscì a dare al respiro la parvenza di qualcosa di sano. Serrò gli
occhi, scostò lo sguardo da quel muro.
No, non voleva stare lì. Molte volte aveva pensato di andar via, non mancandogli
certo il denaro. Si sarebbe accontentato di poco, se l’era ripetuto spesso.
Non aveva il coraggio di lasciare casa sua. Non l’aveva mai avuto, nonostante
gli facesse male.
Se uno
nasce codardo, morirà codardo.
Dovrai rassegnarti anche a questo, Sasuke Uchiha.
Prima o poi. A quanto pare hai tutto il tempo del mondo.
Girò su
sé stesso, diede le spalle al muro, mattoni di ricordi. Riaprì gli occhi,
guardando la porta. Rimase lì, incerto sull’accertarsi o meno che fosse aperta
come quel giorno l’aveva lasciata, andando via.
No, non era chiusa a chiave. Probabilmente Naruto e Sakura non avevano la più
pallida idea di dove fossero le chiavi.
Ottimo, anche perché non ce l’aveva neanche lui. Chissà dove le aveva buttate
quel giorno.
Di quel giorno, ricordava davvero poco. Ricordava solo di come fossero passate
in fretta, quelle ultime ore mentre decideva il resto della sua vita.
Deglutì, una due volte. Era incerto anche sul come afferrare la maniglia,
dovendo mantenere una stampella e avendo un braccio – il suo braccio, il suo,
non il loro, non avevano il diritto – ridotto a quel modo.
In fondo, me la sono cercata, è questo che pensate?
E’ la tua vita che sarà così, Uchiha. Abituati.
Forse,
avrebbe preferito davvero, la morte. Sapeva solo che, per nessun motivo al
mondo…
…avrebbe voluto rivedere suo fratello.
Non dopo quello che era successo, non nello stato in cui si trovava in quel
momento.
Crucciò appena le sopracciglia, e poggiandosi con la spalla contro il muro, per
controbilanciare la mancanza del sostegno della stampella, aprì la porta.
Posizione innaturale, del tutto innaturale.
Visto dove ti ha portato la tua ambizione, Uchiha?
Era un’ambizione morbosa. E ora… ora sei patetico, Uchiha.
Un insulto a ciò che è stato il tuo Clan, davvero.
I have to stand up to be stronger.
I have
to try to break free
From the thoughts in my mind.
Dentro
era buio, e non si preoccupò di chiudere la porta alle spalle. Non conosceva più
quel posto, non lo conosceva.
Spostò lo sguardo assente sull’interno della casa, su quella struttura
tradizionale, così cara ai Clan nobili di Konoha.
Non lo conosceva, non la guardava da troppo tempo.
Arrancò ancora all’interno, unico rumore quello sordo della stampella che
cozzava contro il legno del pavimento. Cercò di non posare lo sguardo su nulla,
di tenerlo dritto davanti a sé, su ciò che i suoi piedi – il suo piede – andava
calpestando. Il suo segreto per non pensare, e per una volta fu grato di quel
dolore.
Bravo, Uchiha, non pensare. Ecco, così.
Lo sai fare, se ti impegni.
Ignorò le foto, con
i volti delle figure per sempre impresse su carta, in quei sorrisi eterni –
figure morte, ormai; foto rivolte verso il basso, nascoste al mondo. Si stupì di
ricordare, ancora inconsciamente, la strada per la sua stanza. Il suo corpo la
percorse senza alcun aiuto da parte della mente, troppo impegnata a pensare di
non dover pensare a nulla.
”Stare da solo ora non ti aiuterà affatto, Sasuke-kun.”
”Ti dico che preferisco stare da solo. Va’ via.”
”Ma...”
”Sakura...”
”Va bene, va bene. Però... mh.
Lascia stare. Abbi cura di te,
Sasuke-kun. E, ti prego…
… fidati di me.”
Dopotutto, Sakura era quella che capiva sempre tutto, e sempre prima di tutti.
Sebbene lei stessa, spesso, non se ne rendesse conto.
Use the time that I have,
I can't say goodbye,
Have to make it right.
Anche al
villaggio del Suono aveva un luogo che, col passare del tempo e tanto coraggio,
avrebbe potuto cominciare a chiamare casa. Una stanza tenuta buia – a lui
piacevano le stanze buie, e dubitava di aver mai aperto le finestre in quegli
anni di solitudine, a Konoha. Il buio lo aiutava a chiudere gli occhi, a non
pensare, a riposare la mente.
Da
piccolo il buio non gli piaceva.
Affatto.
“… e non ci sono i mostri,
poi?”
”... i mostri non esistono, non ti preoccupare.”
Bugiardo. Sei sempre stato un
bugiardo.
Il letto
era rifatto, talmente ordinato che lui non ricordava di averlo mai visto in
questo modo, dalla morte di sua madre. Lui, personalmente, non era stato un
maniaco dell’ordine. Ed il suo letto gli piaceva, gli piaceva sdraiarsi lì
quando poteva. Il lenzuolo, tirato a quel modo, gli ricordava i piccoli
rimproveri di Mikoto Uchiha.
”Insomma, Sasuke, l’ho appena rifatto! Potresti almeno aspettare un po’, no?”
”Ma a me così non piace, mamma.”
Scostò lo
sguardo dal letto: fuori dal campo visivo.
Non esiste,
non esiste. Ignoralo.
Le tende erano
tirate, così come le aveva lasciate. Sul piccolo mobile basso, di legno, i libri
stavano prendendo polvere. Accanto, persino il piccolo schermo della vecchia tv
era nella stessa angolazione in cui l’aveva lasciato. Dalla soglia, poteva
vedere un’altra foto che rivolgeva i suoi sorrisi verso il basso, l’unica che
aveva mai tenuto nella sua camera, perché non rischiava di tormentarlo in alcun
modo. La foto della Squadra Sette.
Naruto
e Sakura non l’avevano toccata, allora. Sakura non l’aveva toccata.
Chissà se le ha fatto male... vederla così.
Mh.
Non importa.
Sprazzi di pensieri
di una mente ormai troppo stanca e provata per sostenere un intero dialogo con
sè stessa.
Esistere, vivere, non significa necessariamente pensare.
Prendi Naruto,
ad esempio.
Non pensare. Ci riesce,
lui, o finge fottutamente bene.
Perchè io non dovrei saperlo fare?
Non entrò
nella stanza, piuttosto le voltò le spalle. Poco più in là, dall’altra parte del
muro, la porta che era rimasta chiusa da quasi otto anni.
La stanza di Itachi. Non capì il motivo della vaga delusione che l’aveva colto,
nel vederla. Forse aveva sperato che il tempo lontano da casa l’avesse
cancellata.
Non gli importava controllare se Naruto o Sakura avessero violato anche quel
luogo: quella porta continuò a rimanere chiusa, mentre il superstite del Clan
vagava come i tanti fantasmi di un tempo fra quelle quattro mura, guardando
tutto e negandosi di veder nulla.
Have to fight,
cause I know
In the end it's worthwhile,
That the pain that I feel slowly fades away.
It will be alright.
Non
resistette che poco più di un’ora in quell’ispezione sommaria, servita soltanto
a trarre la conclusione che tutto, tranne il letto, era come prima. Un pensiero
insopportabile, tenendo conto che quel “come prima” poteva risalire benissimo a
tre anni prima, ma anche cinque, o sette. La casa, immutabile, aveva un che di
accusatorio.
Aveva lasciato cadere la stampella da qualche parte nella penombra della casa –
Sasuke Uchiha con una stampella, per l’amor di Dio! - usando piuttosto il
muro come sostegno. Infine, si era lasciato cadere, con non poco dolore, su quel
gradino formato dalla piattaforma che sopraelevava la casa dalla strada
ciottolata.
Lì, seduto, guardava per terra, facendo ciò che ultimamente sembrava saper fare
così bene: cercò di rassegnarsi a quei nuovi limiti – voleva lasciare l’intero
quartiere, per non vedere quei ventagli ovunque – pensando che, dopotutto, la
situazione della gamba era temporanea.
Ch. Magra consolazione, davvero.
Poteva
rassegnarsi a molte cose, ma mai ad un’umiliazione quotidiana. Mai.
Era furioso, era amareggiato, era del tutto inacidito: per il braccio, per
il fallimento, per il ritorno forzato, per il dover rimanere lì, in quella casa,
per quella vita che aveva preso ancora una volta una piega che non poteva
controllare.
Per non poter pensare più, con sollievo, che presto sarebbe finito tutto.
Ho tutto il tempo del mondo. Purtroppo.
Non posso neanche contare su Orochimaru, adesso.
Nonostante tutto… nonostante tutto è stato un buon maestro.
Se non ci sono riuscito, è stata solo colpa mia.
”Puoi fidarti di me ora, Sasuke-kun. Non ti deluderò
più.”
”Ti guarirò io.”
Vorrei tanto che non avesse detto quelle parole. Ha l’orrenda abitudine di dire
le parole giuste nel momento peggiore.
“… mi hai insegnato tu che essere soli
fa male! Lo capisco così bene, ora. Io ho una famiglia, e ho molti amici, ma… se
tu non sei accanto a me, per me… sarà come essere sola…”
Nel momento più sbagliato.
”Stare da solo ora non ti aiuterà affatto, Sasuke-kun.”
E anche se avessi ragione tu, Sakura…
Anche se avessi ragione tu… cosa cambierebbe?
Sorrise, amaramente, e chiuse gli occhi, poggiando la schiena contro il
muro. Gamba distesa, rigida, e il braccio sinistro privo di vita.
I, I know, should realise
Time is precious, it is worthwhile.
“Merda! Oy,
Sas’ke... Sasuke? Ma
dico, non puoi decidere di tirare le cuoia quando Sakura-chan non mi obbliga a
venire qui?”
Aveva il
braccio destro congelato, la gamba destra formicolava sospettosamente. Il vento
sulla fronte sudata non era il massimo, così come non lo era la voce noiosa e
pesante che sembrava non sapere cosa fosse il silenzio.
Cosa
stavo facendo?
”Su, andiamo, apri
gli occhi, dai, sarà furiosa… Qual era il numero dell’ospedale, ora?”
Più
che altro, cosa diavolo…?
La fronte
era poggiata contro qualcosa di freddo. In poche parole, aveva freddo. E non
capiva una parola di ciò che la voce andava blaterando: parlava troppo veloce,
comunque. Non si disturbò di capire.
Sollevò lentamente le palpebre, cercando la fonte di quel rumore di sottofondo
da sotto l’ombra delle ciocche brune.
Non ci volle molto, dopotutto. Non erano molte le persone patite di
quell’arancione.
”Oh, sta’ un po’ zitto…” borbottò, piano salendo con lo sguardo, fino ad
incontrare il viso di Naruto, apparentemente tutto concentrato nel ricordarsi
qualcosa. Ed, in qualche modo, gli apparve agitato.
Chiuse
ancora una volta gli occhi. Li riaprì, guardandosi attorno. Dietro Naruto, il
ventaglio incrinato. Ah, ecco dov’era.
Casa.
Non si
era accorto, a dire il vero, che Naruto aveva smesso di sproloquiare e lo stava
guardando. Non che lo stesse ascoltando, comunque. Se ne accorse solo quando
l’altro ragazzo si accovacciò di fronte a lui, espressione seccata sul volto.
“Bastardo, che facevi? Dormivi? ”
”Secondo te?”
”Ma ti pare il modo di farmi prendere certi infarti? Sei sadico.”
Incredibile come fosse facile battibeccare come un tempo, senza neanche
rendersene conto. Come se non fosse accaduto nulla. Probabilmente se ne
accorsero entrambi, poiché seguì un lungo attimo di silenzio.
Unico rumore, il respiro ed il vento fra le fronde di quell’albero.
Nessuno dei due disse una parola, dopo essersene reso conto. E’ assurdo.
Non può essere giusto, così.
”Tieni.”
Sasuke sollevò lo sguardo, crucciato e vagamente perplesso, sulla mano protesa
di Naruto.
Sul coprifronte di Konoha, con quella foglia graffiata a metà.
Spezzata.
Itachi.
... come lui.
Naruto
interpretò male il suo silenzio.
“Mi ha obbligato quell’altra ossessionata a riportartelo, comunque. Ed io non lo
voglio tenere mica per sempre, ecco.”
”Buttalo via.”
Naruto batté ciglio, ma Sasuke aveva scostato lo sguardo sui ciottoli della
strada.
”Come scusa?”
”Buttalo via.”
Despite how I feel inside,
Have to trust it will be all
right.
Have to stand up to be stronger.
“Col
cavolo che lo butto via.
E’ roba tua.
E la ridò a te.”
Sasuke sollevò ancora una volta lo sguardo, ma questa volta, in quegli occhi,
c’era solo stanchezza.
E noia. Tanta.
Non rispose.
”Se poi lo vuoi buttare, buttalo da solo. No?”
Naruto lanciò il coprifronte verso di lui, ma Sasuke non lo prese al volo.
Cadde per terra, con un lieve rumore metallico. Sasuke si limitò a guardarlo,
per terra, con aria disinteressata.
Come lui.
Per me può continuare a fare ragnatele come il resto del passato.
Tanto, non mi servirà più comunque.
Ancora una volta, calò quel silenzio scomodo, così diverso dai confortanti
silenzi con Sakura: i silenzi di una persona che ha fiducia in te. Naruto
probabilmente era venuto con buone intenzioni – costrette da Sakura, ovviamente.
Mi sa che si sta per arrabbiare.
Perfetto, ci mancherebbe solo quello.
“Sei
sempre stato bravo a deprimerti e fare la vittima, tu. Mah. Fai quello che ti
pare.”
“Faccio
sempre quello che mi pare, stupido. Ormai dovresti saperlo.”
“…Lo
pensavi davvero?”
Quella domanda gli fece batter ciglio, sollevare ancora una volta lo sguardo. I
suoi occhi incontrarono quelli di Naruto per la prima volta, quella sera. “…
cosa?”
”Che mi consideravi più o meno come il tuo migliore amico.”
Il tuo
amico più caro…
Devi
ucciderlo.
“Si.”
Una risposta secca, nulla di più. Data senza la più minima ombra di dubbio.
Perchè mentire? Di amici non ne aveva mai avuti, e Naruto era la cosa più simile
ad un migliore amico che avesse conosciuto.
Quella risposta secca non aiutò certo a sciogliere il silenzio.
”Tu sei pazzo” proclamò infine Naruto, dopo qualche attimo di quiete. Lo disse
quasi solennemente, con quel tono che non gli si addiceva affatto.
Sasuke si lasciò sfuggire un suono divertito. “Oh, grazie. Onorato.”
“Hai il
coraggio di negarlo? Sei pazzo, sei egocentrico, sei potenzialmente distruttivo
e soffri anche di vittimismo. Sei tu il pericolo pubblico, non io. Come
fanno le ragazze a dire che sei perfetto?”
”Chiedilo a loro.”
Era un’atmosfera fin troppo irreale.
Assurdo, totalmente assurdo. Dove sono finiti questi tre
anni?
Ancora una volta, se ne accorsero entrambi. Ancora una volta, ricadde il
silenzio.
I have to try to break free
From the thoughts in my mind.
Ancora
una volta, fu Naruto a romperlo. “… E allora perché non l’hai fatto?”
”Come pretendi che io possa capire delle domande fatte così? Non ho fatto
cosa?”
”Non mi hai ucciso. Quel giorno. Avresti potuto.”
”Te l’ho
detto. In quel momento non mi andava.”
“Seriamente.”
”Non mi andava di farlo.”
”Seriamente.”
”Non avevo voglia di
farlo. Capriccio, già detto. Ora puoi ripetermi che sono un bastardo viziato, e
facciamola finita qui.”
”Seriamente.”
Sasuke sbuffò d’irritazione, assottigliando appena lo sguardo, ricambiando
quello degli occhi chiari di Naruto. Che ostinato, lo guardava con quel broncio
infantile.
“Vuoi
sentirti dire che non ne ho avuto il coraggio?”
”Si. Perchè tu sei un codardo ed io lo so.”
”Non mi andava di farlo e non ne ho avuto il coraggio. Contento? Ora
lasciami in pace.”
A dire il vero, non volevo diventare davvero come lui.
Non credo sia mancanza di coraggio, quella… vero?
“Nah, non
mi accontento del contentino. E poi, in pace non ti lascio. Se Sakura mi chiede
di venire a parlarti con quegli occhioni che ti dicono ‘ vacci, sennò prima
piango e poi ti stronco ’, non posso lasciarti in pace.
Tanto se la
prende sempre con me, poi.
Figurati se muove un dito sul suo Sasuke-kun. O se mi fa
muovere un dito sul suo Sasuke-kun, oltretutto.” Protestò il ragazzino biondo,
raccogliendo di nuovo il coprifronte da terra, come se non sopportasse di
vederlo lì.
Lo poggiò
accanto a Sasuke, sul gradino.
Sasuke lo ignorò.
”Naruto, per quanto tu possa essere impaziente,
avrai tutto il tempo del mondo per litigarci, per minacciarlo di morte, per
pestarlo, quello che ti pare. Quindi, per ora ti prego di lasciarlo in pace, è
evidente che non sta bene. In quanto a te… mh.”
”Tanto se la prende sempre con me, poi. Figurati se muove un dito sul suo
Sasuke-kun.”
Silenzio.
”Non
starai pensando di andar di nuovo via, vero?”
“Forse.”
La
seconda persona che me lo chiede. Non sanno badare ai fatti loro.
”Sakura vuole andare contro gli ordini della Godaime per colpa tua. Per farti
vedere che puoi restare e fidarti di noi. Vuole darti una seconda possibilità.
Non so di cosa si tratti, ma evidentemente lei ti vuole qui.”
”E allora? La vita è la mia. Non voglio restare qui.”
“Stai
scappando, allora.”
”Non sono comunque affari vostri, quello che faccio.”
Non lo vide arrivare, dato che neppure gli stava prestando troppa attenzione.
Quel pugno, dritto in viso, piuttosto lo sentì dall’impatto.
Naruto non si era affatto trattenuto nel darlo, quasi fosse stato per lui uno
sfogo da troppo tempo negato.
Sasuke sbatté la testa contro il muro, sentendo il sapore metallico del sangue
in bocca. Un dolore acuto, insopportabile alla tempia, dove la ferita da poco
rimarginata riprese a sanguinare a causa dell’urto.
Tossì via quella saliva mista a sangue, prima di riaprire gli occhi, incredulo.
Incredulo e furioso.
Naruto era lì, pugno destro serrato.
Ed a quanto pare, era incredulo e furioso anche lui.
Use the time
that I have,
I can't say goodbye,
Have to make it right.
”Non osare più dire una
cosa del genere. L’unico idiota qui sei tu, Sasuke. Sono tremendamente affari
nostri, perché noi eravamo una squadra. Potremmo esserlo ancora, secondo Sakura.
Non ti è mai entrato in quel cervello che ti ritrovi, eppure dicevano che eri un
genio.”
Quello di Naruto era solo un sussurro, eppure poche volte Sasuke aveva potuto
dire di averlo visto più minaccioso di così.
Era furioso?
Ottimo, erano in due,
allora.
”E’ diventata tua abitudine colpire chi è appena uscito dall’ospedale? Suppongo
le vittorie facili rientrino nel tuo stile.”
”Insomma, Sasuke!”
Il moro si pulì la traccia di sangue sul mento con il dorso della mano destra,
con disinteresse, prima di sfiorare con le dita le bende che gli avvolgevano la
fronte. Si era appena inumidita, che fosse a causa del sudore o del sangue. Si
prese tutto il tempo per fare quella lieve ispezione, prima di sollevare lo
sguardo su Naruto, che lo stava guardando dall’alto verso il basso.
Vorrei ricambiarlo quel pugno. Sarebbe più giusto così.
Eppure, non riesco neanche ad alzarmi.
Non è affatto giusto.
”Potresti almeno ascoltarmi, bastardo.” Rimproverò il biondo, con uno sbuffo
contrariato.
”Oh, certo, potrei. Ma dopo aver sbattuto la testa contro un muro, non ho tutta
questa voglia. Poi dubito tu possa dire qualcosa che possa interessarmi.”
”Non mi dire che te la sei presa.”
”Ma non mi dire… Non te lo dico, se proprio ci tieni.”
Rimasero
ancora in silenzio, entrambi. Con gli ultimi colori del crepuscolo che andavano
via via sfumando nel cielo.
Potremmo ancora essere una squadra. Potremmo…
L’emicrania gli
stava tornando, così come quel formicolio, talmente intenso da trasformarsi in
una fitta, al braccio. E così, anche l’effetto dell’ultima iniezione andava
sfumando. La guancia vittima del pugno pulsava. La testa battuta al muro
pulsava.
Ed il
braccio bruciava. Benvenuti all’inferno.
“Hey,
hey, non sentirti male adesso, perchè ti ho dato un pugno… So di essere
fortissimo e tutto, ma davvero, fino ad un certo punto…”
In più, Sakura ti ucciderebbe, non è vero?
”E’ assurdo. Tutto questo è assurdo.” Si limitò a mormorare Sasuke, sorriso
amaro sulle labbra, scuotendo il capo.
Naruto batté ciglio, accovacciandosi ancora una volta davanti a lui. Fece
spallucce, abbozzando un sorriso rassegnato. “L’hai notato anche tu? Si, è vero.
Stai bene?”
”Sempre meglio di te, ricordatelo.”
“Come
sempre.”
”Come sempre.”
”Oy, Sasuke...”
”... cosa?”
”… Rientra dentro, ti lascio in pace.”
”Inizia col lasciarmi in pace, ed andrò dentro.”
Naruto non si mosse di un centimetro, però. Piuttosto assottigliò lo sguardo,
poggiando entrambe le mani sui fianchi.
”Non stai affatto bene, vero?”
”Anche
se fosse? Ci convivo, non mi lamento certo come te.”
”Non è nel tuo stile, mh?”
”Se lo sai, non chiedere. Vai via.”
”Tanto tornerò. Ho lasciato le mie confezioni di Ramen nel mobile della tua
cucina.”
”Tu cosa?”
Naruto si rialzò, eppure aveva ancora quell’espressione impensierita sul volto.
Possibile che li faccia preoccupare fino a questo punto, anche ora…?
Non
si mosse ancora una volta di un centimetro.
“Va’ via.” Incalzò il
moro, chiudendo le palpebre.
”Tu non stai assolutamente bene.” Mormorò il biondo, accentuando
l’assolutamente.
Lo sentì avvicinarsi, e si sentì tirato su dal braccio destro.
”Speravo andassi via. Non ho voglia di sentire la tua voce ora.”
”Ma smettila.” Naruto stava cercando di sostenerlo sulle due gambe, di farlo
rialzare.
”Insomma…”
Va bene, va bene. Poi te ne vai, vero? Almeno sta’ in silenzio. Almeno
quello.
Have to fight, ‘cause I know
In the end it's worthwhile,
That the
pain that I
feel slowly fades away.
It will be alright
Sentì i passi allontanarsi, e dal ritmo dedusse che Naruto stava correndo.
Ogni passo riecheggiava nel dolore della mente.
Non sa essere silenzioso, non lo sa fare proprio.
Chissà perché ho il presentimento che andrà a chiamare lei, ora.
Perché…
… non sanno pensare alla loro vita?
Fra tante persone,
si era dovuto far aiutare da lui per tornare dentro. Da lui.
E’ una cosa che mi rinfaccerà per tutta la vita.
Eppure la situazione era di un’assurdità quasi ridicola. Sdraiato su quel
letto, che finalmente non era più perfetto, ma con il lenzuolo aggrinzito dal
suo peso, aveva gli occhi chiusi.
“…Lo pensavi davvero?”
“… cosa?”
”Che mi consideravi più o meno come il tuo migliore amico.”
“Si.”
Fin da
quando si era svegliato, aveva avuto l’impressione che con Naruto non fosse
cambiato nulla. Si comportavano entrambi come prima – e quel pugno lo avrebbe
volentieri ricambiato. Se solo avesse potuto.
Era stato uno sfogo da parte di Naruto, ma anche una dimostrazione quasi
istintiva di forza.
Va
bene, stupido. Per oggi vinci tu.
Per oggi...
”Ti guarirò io...”
Per oggi.
Non era
cambiato nulla. Non era cambiato assolutamente nulla. Davvero era
giusto, qualcosa del genere? Che loro si comportassero come prima? A lui,
personalmente, non piaceva quel comportamento.
Mi sembra stiano sempre fingendo. Preferirei di gran lunga se mi odiassero.
”Ti guarirò io.”
Davvero voleva che Sakura lo odiasse, dopotutto? Certamente sarebbe stato
più corretto, dopo averla trattata a quel modo prima di abbandonare Konoha.
Basta, basta. Ci rinuncio. Non voglio più saperne niente.
Tentò di chiudere i
pensieri così come aveva fatto per gli occhi, trovandolo leggermente più
difficile della prima operazione. La ferita riaperta pulsava, ed era sicuro che
dove era arrivato quel pugno ci fosse un livido invidiabile.
Ha tecnicamente dato un pugno ad un invalido.
Ed oltre al dolore fisico, c’era anche la vergogna di aver dovuto subire
quel colpo senza fare nulla.
”Sei troppo orgoglioso, Sasuke-kun.”
Si, lo so.
Ma presto finirà tutto, no?
Dovrei dormire.
Il
sonno addormentava anche il dolore, ne era sicuro.
L’unica cosa davvero difficile
era addormentarsi appunto con quel dolore.
Non lo
sopportava. Non lo sopportava.
Presto finirà tutto.
”Fidati di me, Sasuke-kun. Ti guarirò io.”
Oh, this night
is too long.
I have no strength to go on.
No more pain, I'm floating away.
Non so
cosa ho fatto per meritarmelo, Sakura. Spiegamelo.
Spiegamelo, Naruto. Perchè avete cancellato questi ultimi tre anni.
Spiegatemelo, perchè io non lo so.
Si rendeva conto
del respiro che diventava sempre più frammentato, dal dolore e da
quell’emicrania senza pietà. Sentiva la testa come se fosse stata spaccata in
due, ma non aveva nulla da ridire. Era quello che aveva immaginato.
Che fossero almeno un po’ arrabbiati, se l’era aspettato. Si era aspettato anche
di peggio, a dire il vero.
Calmati.
”Anche se fosse? Ci convivo, non mi lamento certo come te.”
Dimostralo, ora. A parole sei sempre stato bravo.
”Lo ucciderò.”
“ L o u c c i d e r ò ”
A
parole sono bravi tutti, dopotutto.
Quindi serrò i denti, serrò gli occhi, serrò le labbra e si passo la mano dal
polso fasciato sulla fronte, scostando le ciocche scure. Tentò di calmare il
respiro, di respirare regolarmente con il naso.
Ho l’orrido presentimento che sia andato da lei.
Non voglio che venga qui.
”Sei troppo orgoglioso, Sasuke-kun.”
Lo so, dannazione. Lo so!
Le bende sulla
fronte diventavano via via più umide, cominciavano ad unire il fastidio al
dolore. Sollevò le palpebre, troppo pesanti, posando lo sguardo sulle tende
tirate della finestra, sul mobile basso, sulla foto rovesciata.
Allungò ingenuamente il braccio, quasi a volerla risollevare, ma si arrese a
metà strada, accorgendosi dell’impresa impossibile.
Era troppo
lontano.
Uchiha, non stai ragionando bene.
Si, lo so.
Non voglio che venga qui.
Riavvicinò il
braccio destro al corpo, posando la mano sulla spalla sinistra, ed iniziando il
secondo tentativo di calmare e schiarire la mente. A dire il vero era stupito di
quanto a lungo fosse durata quell’iniezione. Quella donna di cui non ricordava
il nome gli aveva detto che avrebbe dato una dose più consistente, ma
probabilmente anche il corpo si era disintossicato, in quelle settimane di
dolore.
Il corpo me lo doveva, almeno quello.
Deglutì un po’ di quella saliva mista a sangue che era rimasta in bocca,
rabbrividendo appena al familiare sapore del sangue.
Me la paga.
Giuro che me la paga.
Per oggi... per oggi va bene. Però...
“Ti guarirò io.”
L’ha promesso, no?
L’ha…
Lasciò sfuggire un
piccolo gemito frustrato, prima di riuscire a trattenerlo come avrebbe voluto.
Ed ancora una volta si ritrovò a respirare male, troppo affannosamente.
Perché…
… perché il mio corpo è così difficile da controllare come vorrei?
Perché non lo considero più mio da troppo tempo?
”… ti logora i nervi quella roba.”
”Ma non sono miei quei nervi…”
Aprì lo sguardo, fissando gli occhi neri sul soffitto.
“Si. Dopotutto… me la sono
cercata.” Mormorò, con voce vagamente impastata, quasi assonnata. Un sussurro
nel silenzio fantasma della casa vuota.
Ricordava
di aver provato solo una volta un dolore maggiore di questo. Quando Orochimaru
l’aveva morso e marchiato, quel giorno. Cercò di aggrapparsi a quella
consapevolezza, coprendo gli occhi con il braccio destro, tentando di calmarsi
con quelle poche parole.
Sei sopravissuto a cose peggiori. Se dormi andrà tutto meglio, lo sai anche
tu.
Through the
mist I see the face
Of an angel, who calls my name.
I remember you're the reason I have to stay.
Non udì
la porta aprirsi, non udì la coppia di passi affrettati.
Udì però le
voci, dato che le stava aspettando.
Visto, non sbaglio mai. Merda, Naruto.
Ma non sai stare zitto, per niente?
”Ti guarirò io.”
”Sasuke-kun?”
”Fidati.”
”Sasuke-kun?”
Potrei... potrei anche provarci.
Sollevò appena le
palpebre, voltando lievemente la testa verso la porta, sbirciando da sotto il
braccio piegato contro la fronte. La vide affacciarsi alla soglia, sfocata,
dapprima fare capolino in una timidezza che non le apparteneva, poi correre
verso il letto. La pelle chiara nel buio della stanza.
”Sasuke-kun, te l’ho promesso, no?”
Poggiò qualcosa sul letto, ma non riuscì a capire cosa fosse. Sentì la mano di
lei, fredda sul suo braccio.
E chiuse gli occhi.
Si,
l’hai promesso.
E tu... Non sei bugiarda come lui, vero?
Lo so. L’ho sempre saputo.
I have to try
to break free
From the thoughts in my mind.
Use the time that I have,
I can't say goodbye,
Have to make it right.
Have to fight,
cause I know
In the end it's worthwhile,
That the pain that I feel slowly fades away.
- I t w i l l b e a l r i g h t . -
A/N:
spero che
l’incontro con Naruto non sia stato troppo OOC. Ma, ripeto, Naruto non lo so
scrivere neanche se mi pagano. Io ci provo però ç__ç E azzardo, facendoci interi
capitoli con lui ç__ç
Good luck to me >_<
Vediamo, vediamo, cos’ho da dire? Sasuke alla fine mi è crollato. Beh, penso che
si sia reso conto alla fine in che situazione si trova, e si sia riscosso un
pochino dalla rassegnazione assonnata. Spero di essere riuscita a tenere anche
lui IC. Dio se lo spero, forse mi son fatta prendere un po’ la mano.
Ma a me il dialogo fra lui e Naruto è piaciuto, comunque. Ah, si. L’ultima parte
l’ho scritta ascoltando “Ti vada o No” del film Disney di Hercules. Mi fa uno
strano effetto.
Comunque, per i ricordi di Sasuke circa la casa e le fragole. E’ che mi capitava
di mangiare la torta alle fragole e rubare qualche fragola dal piatto di mia
cugina [che considero come sorella] – unica differenza è che lei le adora, era
un’operazione un pochino pericolosa. Insomma, mi è saltata in mente la scena.
Sono stata troppo melodrammatica? E’ che mi faccio trasportare XD.
Se si, linciatemi. Oyo! °_°
Ah, si. La parte iniziale di oggi. Forse mi sono lasciata prendere la mano nel
discorso che ha sfondato tremendamente il filosofico. Non ne avevo intenzione -.-"
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** VII - Just Call my Name. ( I'll be There ) [ Sakura.] ***
Nuova pagina 1
A/N:
Prende vita da sola
questa fic ç__ç Non è giuuusto, è fuori controllo >_< Mei dei mei deii, ehm si.
Che dire? Con questo capitolo finisce la seconda parte della fic. Poi inizierà
la terza con un’ospite d’eccezione. Anche due. Sperando che riesca a farli IC
°__°” [Soprattutto uno dei due mi preoccupa, dato che lo trovo alquanto
inquietante. Fisicamente parlando, ecco.]
Ehm si. Non avrei mai immaginato che il ristorante cinese potesse essere peggio
di Parmenide.
Mi devo ricredere, il che è inquietante. Credevo che Parmenide fosse il peggio
al mondo, seguito subito dopo dalla Pupa ed il Secchione. Non si smette mai di
imparare, davvero.
Comunque,
Itasaku, io sono contro i rapimenti , decisamente [ Mwah, mi devo sempre
distinguere, io! XD Anche perché scrivendo di Sakura la mia opinione di lei si è
alzata, ecco X°°D] ma era già mia intenzione far fare piccola [beh, insomma
>_>”] apparizione ad Itachi. Con Sakura e Sasuke annessi. Sennò l’avrei fatto
fuori, sisi.
[Cioè, non l’ho fatto fuori perché non mi andava. Se poi torna utile, tutta
fortuna y.y]
Anche
perché con questo capitolo finisce il secondo “arco” della fic, e col prossimo
inizia il terzo. E mi sento parecchio… come dire… sanguinolenta ecco. Date la
colpa a chi vi pare [infatti ho alzato il rating per questo u.ù Amen, sempre
colpa di Itachi, l’ho sempre detto!]
Se si possa poi definire davvero situazione principe salva principessa…
Vedremo! Chissà. Ghghghgh. [Mente, sisi.
Ha già tutta la fic progettata
ù_ù”””]. ... Ultimamente mi piace la Bella e La Bestia. Chi ha orecchie per
intendere intenda XD. Ed ecco nuovo capitolo. Ho il vago sospetto che sarà…
problematico. Ma di solito riesco a scrivere Sakura più velocemente di quanto
non faccia con Sasuke.
Non lo guardava negli occhi.
Lo Sharingan era fisso sui movimenti del corpo del fratello, ed il suo stesso
corpo si muoveva di conseguenza.
[ Ti ho mai visto muoverti così tanto? Preferisci non sporcarti le mani, tu.
]
Perché Sasuke Uchiha impara dai suoi errori, perché Sasuke Uchiha sa che, se lo
guardasse negli occhi,
avrebbe già perso in partenza.
Era difficile resistere a quella tentazione, ed ancora una volta quella
battaglia sembrava già priva di speranza.
[ Soltanto quando ti spiavo, mentre ti allenavi con nostro padre ]
Occhi dello stesso rosso prevedevano gli stessi movimenti, l’uno dell’altro, in
un circolo vizioso senza fine.
[ Non ha fine. Non avrà fine. ]
[ Non potrei sopportarlo. Avrà fine. E la fine sarà oggi. ]
Sul volto del fratello minore, nient’altro che odio. Sul volto del fratello
maggiore, quell’indifferenza che altro non faceva che fomentare quel rancore.
[ Nonostante tutto, mi ignori? Pensi… che anche oggi, anche oggi fallirò? ]
[ Guardami, Itachi. Perché non sono più quel moccioso che ti ha implorato di
risparmiargli la vita. ]
[ Non lo sono più, dannazione. Ammettilo. ]
[Devi ammetterlo!]
Evitò all’ultimo momento il
calcio di Itachi, mirato dietro le ginocchia, saltando all’indietro con un
movimento fluido, con la velocità acquisita durante quei tre anni di
allenamento, allenamento e null’altro.
Lasciò andare il sospiro che aveva trattenuto senza rendersene conto.
Un momento più tardi, e quelle gambe avrebbero potuto essere rotte, ormai.
Itachi aveva gli occhi posati su di lui.
[Guardami!]
Indifferenza. Ancora indifferenza in quegli occhi del color del sangue.
Entrambi erano ancora illesi.
”... tutto qui?”
Sasuke affondò il canino nel labbro inferiore, senza guardarlo in viso.
[ Lo sta facendo apposta, Uchiha. ]
[ Lo so. ]
”A me sembra solo che tu abbia imparato a scappare.”
Silenzio.
”Sebbene sia un netto miglioramento rispetto alla tua inettitudine, non è
abbastanza.”
”Deve
esserlo. Abbastanza. Lo sarà.”
Nient’altro che un sussurro dalle labbra del superstite al
Massacro del Clan, mentre la mano destra s’andava a posare sull’elsa della
Kusanagi, simile a quella del suo maestro.
Con un movimento del tutto naturale, fluido, la estrasse dall’elsa.
[ Non sono stato senza far niente, Itachi! ]
[ E farai bene a rendertene conto, invece di sottovalutarmi. ]
[ … Perché ho venduto la mia anima in attesa di questo momento. ]
“Spero tu abbia qualche trucco
da mostrarmi. In caso contrario, fratellino…
Non ho tempo da perdere con te.”
[
Ottimo, Itachi. Neanche io.]
Nel richiamare il chakra, sentì la familiare sensazione del
segno maledetto che lo divorava dall’interno, e non ebbe bisogno di guardarsi la
pelle, per sapere che quelle gocce, simili a mille lacrime di inchiostro, si
andavano espandendo su tutto il corpo.
L’espressione di Itachi non mutò affatto.
[Ammettilo!]
”Chidori Nagashi!”
VII – Just Call my Name [I’ll
be There…]
I’ll be there,
close your eyes...
... and you’ll see me.
( Just call my name. )
So many nights
I sat here waiting:
there were times I couldn’t go on.
“...
Sakura?”
”Si, mamma?”
”Quel tipo è di nuovo qui.”
Sakura non aveva mai avuto il bisogno di chiedere chi fosse quel tipo, quando
sua madre usava quelle parole, cauta, quasi avesse paura d’esser davvero
sentita.
Sakura non sapeva perché sua madre sembrava detestare Naruto così tanto. Perché
suo padre sembrava detestarlo allo stesso modo: non aveva mai chiesto.
Da piccola, era stata abituata ad odiarlo anche lei. Quando aveva saputo di
essere in squadra con lui, si era disperata senza neppure conoscerlo davvero. E
si era unita alla scenata di sua madre, ed entrambe erano state di pessimo umore
per tutta la giornata.
Beh, Sakura un po’ meno a dire il vero: considerando il fattore Uchiha, e la
felicità d’essere l’unica kunoichi a potersi vantare di essere in squadra con
lui. A quel tempo, aveva preso la presenza di Naruto come una prova al quale il
suo “amore” era stato sottoposto.
Che stupida che ero.
Ora, in questi anni, più volte Sakura aveva cercato di spiegare che Naruto
aveva il cuore al posto giusto: il suo unico difetto era che il cervello non
fosse lì a fargli compagnia.
Nessuno è perfetto.
Tuttavia, sua madre non lo chiamava mai per nome.
Sua madre aveva sempre quel tono, quando Naruto veniva a trovarla. Con un
sospiro, Sakura sollevò lo sguardo dal foglio scarabocchiato, comprensibile solo
a lei. “Cosa vuole?”
”Non gliel’ho chiesto.”
”Sakura ~ chaaaan!!”
Quel richiamo, fatto probabilmente dalla soglia della porta, raggiunse anche la
sua camera. Vide un sopracciglio sulla fronte di sua madre tremare leggermente.
Con uno sbuffo saltò giù dal letto, facendo slalom fra i piatti e i libri
aperti.
Scalza, corse verso la porta, cipiglio lievemente irritato.
”Naruto! Lo sai che qui non devi far casi…”
Si interruppe a metà della frase, vedendo Naruto spostare il peso da una gamba
all’altra, espressione da cucciolo bastonato in viso.
”… cosa hai fatto?”
”… lui è caduto! Ha battuto la testa e…”
”… cosa?”
”… e ha cominciato a parlare strano e poi…”
” Calmati un attimo! ”
”… e poi ha cominciato a sanguinare e a trattarmi male anche se era
ovviamente colpa sua se è caduto. Cioè era colpa sua non
mia, è lui che va in giro con una gamba rotta ed inciampa, ecco.
Se lui non fosse…”
”Naruto…”
”… si…?”
”… l’hai colpito non è vero?”
”…”
”Naruto…”
”… Mi ha istigato!”
”… Sei morto.”
Ma la ragazza, stranamente, non mantenne sul momento la parola. Gli voltò le
spalle, correndo velocemente verso la sua camera, ed una volta lì raccogliendo
tutti i libri e gli strumenti sparsi per la camera.
Tutto, Sakura, prendi tutto…
E’ la tua occasione Sakura.
Le sue mani non erano del tutto accurate nella fretta, e molte cose le
sfuggivano di mano prima che potesse riporle nell’ormai fidata sacca monospalla.
Ma imperterrita le raccoglieva di nuovo, senza lasciarsi sfuggire neanche la più
minima imprecazione.
Cosa che, in altra occasione, avrebbe fatto tranquillamente. Ignara di sua madre
che, con cipiglio preoccupato, la osservava. Non disse nulla. Si infilò alla
meno peggio i sandali, raccolse la sacca pesante, ed abbandonò la stanza.
Non degnò sua madre di uno sguardo, ma la donna la seguì con gli occhi verde
foglia fino alla porta.
Porta che si chiuse senza neppure un saluto.
Still my heart
was anticipating...
... It made me be strong,
Made me hold on…
“Naruto, come hai potuto soltanto pensare di fare una cosa del
genere?”
”Ah, certo, lo sapevo che avresti dato la colpa solo a me!”
”E di chi altro sarebbe, scusa?”
”Voi due non mi dite mai nulla! Che cavolo ne so io, di quello che ha! Tu parli
soltanto per enigmi, hai preso quell’orrida abitudine a stare fra quegli
strizzacervelli!”
”Sono medici, Naruto!”
”E’ la stessa identica cosa! Io vado a riportargli quel dannato coprifronte, e
lui mi dice di buttarlo via. Io cerco di essere civile, e lui si incazza. Allora
non sono civile, e lui si incazza lo stesso. Gli do’ un pugno, e quasi si mette
a frignare come una bimba! Che cavolo ne so io di quello che ha? Non è la prima
volta che si rompe un braccio o una gamba, no? Se stesse davvero così male,
dovrebbe restarsene in ospedale!”
”Sasuke-kun non frigna, Naruto!”
”Oh, certo. Davanti a te, forse.”
Si concessero quella discussione mentre attraversavano in corsa le strade di
Konoha. Poche battute scambiate, Naruto appena più avanti di lei.
Non devo essere arrabbiata con lui… vero? In fondo gliel’ho detto io di
andare a trovarlo.
Lui non voleva, e Kakashi-sensei glielo stava impedendo.
Credo fosse per questo.
”Dovresti andare a trovarlo.”
”Va’ da lui, ti prego.”
Ma è colpa sua, se ha l’autocontrollo di un neonato!
I cancelli del Clan Uchiha erano socchiusi, e la ragazza rallentò appena la
corsa per spingerli, ed aprirli. Riprendendo appena il fiato.
”Gli hai dato un pugno mentre non poteva fare nulla per evitarlo o ricambiarlo.
Vuoi farmi credere che tu non ti saresti arrabbiato? Sei soltanto un bambino, a
volte!”
”Oh, beh, lo è anche lui! Bisogna essere in due per litigare, sai?”
”Siete sempre stati due bambini, tutti e due!”
La ragazza dai capelli chiari si lasciò alle spalle il cancello aperto, ed un
Naruto piuttosto perplesso.
”… tutti e due?” mormorò incredulo il biondo, inarcando un sopracciglio.
“Sakura, hai appena parlato male di Sasuke, per caso?”
”Sta’ zitto e corri! Idiota.”
… l’ho appena chiamato idiota? Forse sto passando troppo tempo con lui.
Bah, che importa.
Non può essere colpa di un pugno, probabilmente anche l’effetto
dell’antidolorifico si sta affievolendo.
Sasuke-kun… forse… questa sera manterrò la mia promessa.
Fai il tifo per me, okay? Non farmi essere la sola a volerti qui.
Per favore, pensa di voler stare accanto a me. Non ti deluderò più.
Ho aspettato tanto… sono abbastanza forte per starti accanto, ora.
Guardami, Sasuke-kun.
Non pensare che non ce la farò. Non sono più la ragazzina che ti ha implorato di
non andar via.
Guardami. Devi ammetterlo.
Guardami. Guarda solo me, Sasuke-kun. Per favore.
E abbi fiducia. In me.
[ S o n o u n a t a l e
e g o i s t a . . . ]
There were
some calling me crazy.
I’ve been accused of being naïve.
La
porta era aperta, come sempre, anche se Sakura non notò questo piccolo
particolare. La spalancò senza curarsi d’altro, entrando nella penombra della
casa. I suoi piedi non esitarono nel seguire il percorso fino alla stanza di
Sasuke, dopo anni che la teneva per lui, che non permetteva alla natura di
prenderne possesso.
”Sasuke-kun?” chiamò, la prima volta, a metà del corridoio. Non ottenne
risposta. Non si accorse di Naruto, che aveva rallentato appena il passo.
”Sasuke-kun?” chiamò, la seconda volta, sulla soglia. Si affacciò alla porta,
lasciò scorrere lo sguardo silvano all’interno della stanza buia. Si soffermò
sulla figura sul letto, che in quel momento aveva voltato lo sguardo scuro verso
di lei. Il braccio era piegato sulla fronte, quasi a proteggersi da una luce
troppo intensa, ed inesistente.
”Sasuke-kun, te l’ho promesso, no?” corse verso il letto, senza prestare la
minima attenzione a Naruto, che si era fermato sulla soglia, e guardava da lì
entrambi.
Poggiò la sacca in un angolo del letto, cercando a tentoni la pergamena che le
serviva. Gli occhi fissi in quelli di Sasuke-kun, che si chiusero mentre lei
poggiava la mano sul braccio, in un tentativo di conforto.
Le salì il cuore in gola.
Sii un
medico, Sakura. Pensa alla sua salute, prima. Poi a te stessa.
Non ce la faccio. Non ce la faccio!
Sentiva il respiro irregolare di lui, vedeva il suo viso contratto nel dolore.
Ed aveva paura.
Per un orribile, lunghissimo, eterno momento, ebbe paura di fallire.
Di poter peggiorare le cose.
Si è sempre fidato di me. Sempre.
Si fidava di me, lui che non si fidava di nessuno, si fida di me, di Sakura
Haruno, ragazza inutile che non ha mai fatto nulla di buono nella sua vita!
… non ce la faccio…
Ho promesso, dannazione. Ho promesso!
”Non dovresti promettere queste cose…”
“Sakura-chan…”
Naruto,
dietro di lei, poggiato allo stipite della porta, la osservava. Espressione
preoccupata sul volto.
Respira, Sakura. Sii un medico, e respira. E’ nelle tue mani.
Il resto della sua vita, come sarà… è nelle tue mani.
Deglutì, una,
due volte. Raccolse tutto il coraggio che sentiva di avere in corpo –
oggettivamente, in quel momento, era molto poco. Poi, scostò lo sguardo dal
volto di Sasuke, dalla medicazione macchiata di rosso.
Si concentrò su quel braccio.
Medico. Sii un medico.
But I don’t
need no one to save me
’cause I got you, you make me believe.
Liberò quello
che un tempo era stato un braccio, coperto dalla stessa pelle chiara che
ricopriva il corpo del ragazzo, dalle strette garze che lo proteggevano
dall’esterno. Vulnerabile.
Vulnerabile e Sasuke-kun non dovrebbero mai essere nella stessa frase.
Questo braccio, così ridotto… non gli appartiene.
Deglutì ancora, quando le garze asettiche cominciarono a rivelare la pelle
bruciata fino al muscolo, annerita in più punti, priva di vita.
Medico, sii un medico. Ce la fai, Sakura, ce la fai…
l’hai promesso, devi farcela, devi…
hai un’altra possibilità… usala. Usala!
Scostò lo
sguardo da quella vista – ribrezzo, solo ribrezzo, un’altra parola mai da
associare con Sasuke-kun – cercando di regolare il respiro. Con calma quasi
surreale, srotolò la pergamena con i suoi appunti, ed il disegno dei simboli che
lei stessa aveva fatto. Affondò la mano nella sacca, cercando a tentoni il
sottile coltellino di metallo.
Eccolo. Coraggio, Sakura.
Ce la puoi fare.
Era consapevole degli occhi di Naruto, fissi sulla sua schiena. Degli occhi
chiusi di Sasuke.
Portò la lama del coltellino sull’incavo del suo stesso braccio sinistro, poi,
una piccolissima pressione, fino a far comparire le prima gocce di sangue.
Piano. Piano.
Si trattava di un lavoro di precisione, e lei sapeva di non dover esagerare.
Già dover eseguire un’operazione del genere, da sola, era rischioso. Lei non
aveva le riserve di chakra di Naruto. Nemmeno quelle di Sasuke.
Piano, piano…
Il sangue
cominciò a gocciolare, lento, sul lenzuolo. Ma Sakura prestava attenzione
soltanto al disegno.
Sangue, come tramite tra me e te. Ci unisce, ci…
Mi unisce, a te.
Inizia dalla mano. Stai attenta.
Attenta, attenta. Puoi solo peggiorare le cose, se non stai attenta.
La mano le
tremava, mentre posava l’indice su quel piccolo taglio, tingendolo di rosso.
I’ll be there
in the night
when you need me....
( Just call my name )
I’ll be there close your
eyes
and you’ll see me...
( Just call my name )
Quel sangue
andò a colorare il dorso della mano – era ancora la sua mano, nonostante
quell’aspetto… vero? - di Sasuke-kun di rosso, in una piccola striscia che
partiva dall’attaccatura tra l’anulare ed il medio, ed andava a formare un
piccolo triangolo.
Il movimento si fermò, lì, e lo sguardo chiaro di lei si posò sulla pergamena.
Sentiva il respiro di Naruto, il respiro di Sasuke. Il suo stesso respiro.
E riprese, in altrettanti piccoli simboli, iscritti col sangue su quella mano
inerme, in quella che all’occhio inesperto sarebbe apparsa solo come un macabra,
macabrissima forma di body art.
Stai calma. Non tremare.
Se tremi, se tremi rovini tutto.
Ma non riuscì a frenare i tremori, non con la consapevolezza che un suo più
piccolo errore avrebbe distrutto la fiducia rinnovata, avrebbe infranto quella
promessa fin troppo affrettata...
Sasuke-kun non concede la sua fiducia tre volte.
Non commette lo stesso errore tre volte, a prescindere dall’errore… vero?
Spero… spero di no.
“Na-
Naruto…?”
Quella voce scossa, che voleva sembrare sicura a tutti i costi, scosse il biondo
dal suo torpore. Naruto battè ciglio, espressione indecifrabile sul volto che
venne sostituita prontamente da un accenno di sorriso.
”… Si Sakura?”
”Potresti… cucinare un po’ di Ramen, giù? Avrò… avremo fame. Io e Sasuke-kun.
Si, avremo fame.”
Non fissarmi così, Naruto. Non fissarmi come se fossi impazzita.
Non lo sono, sai? Non voglio che tu mi veda esitare.
Voglio che tu veda solo il risultato, non la mia debolezza.
Che tu veda il risultato e dica: “Ce l’hai fatta, Sakura-chan”.
Non vide l’espressione di comprensione sul volto abbronzato del ragazzo:
gli dava le spalle. Non vide quegli occhi velarsi di una lieve rassegnazione per
quel velato invito ad andar via.
Sentì solo quel sorriso, falso –visto così tante volte da riconoscerlo senza
vederlo – e quelle parole pronunciate con la solita disinvoltura, così
sbagliate e pesanti nel silenzio della casa vuota.
”… certo, Sakura-chan.”
”Grazie.”
”Sakura-chan?”
”…si?”
”Buona fortuna. Sta’ tranquilla, sei bravissima così come sei.”
Colse allora un velo di tristezza nella voce, mentre lo sentì allontanarsi per
il corridoio in penombra. Sentì anche le lacrime salirle agli occhi, offuscarle
la vista.
Da sola, nella stanza, le lasciò cadere. Prima di asciugarle con il dorso della
mano sporca, piccole strisce di sangue a dipingere il viso pallido.
Morse il labbro, per evitare di emettere alcun suono. Occhi verdi fissi su
quell’imitazione di braccio, sul rosso del suo sangue, del sangue di Sakura
Haruno che ornava la mano di Sasuke Uchiha in quei disegni macabri.
Cosa credo di fare? E’ sbagliato. E’ tutto sbagliato.
Nel, cuore, fissa la paura, l’ineluttabilità che non ce l’avrebbe fatta.
I don’t need to
know the answers.
I don’t
want to understand.
Questo
non le impedì di continuare a tentare, nonostante tutto.
Di continuare a dipingere quelle piccole gocce di sangue sul suo braccio, con i
canini affondati nel labbro inferiore per frenare le lacrime, per frenare i
singhiozzi dati dalla tensione. In quelle piccole gocce, orribilmente simili a
quelle piccole lacrime nere che lo avevano portato lontano da lei, tre anni
prima.
La sua memoria non la tradì neanche stavolta.
Ricordava perfettamente ciò che in queste due settimane aveva studiato.
Ricordava perfettamente la posizione di quei simboli, dei punti focali situati
in corrispondenza dei canali della circolazione del Chakra.
La teoria era una cosa. La pratica era un’altra.
La mano le tremava, e più volte si ritrovò a sussultare nel sentire Naruto
imprecare qualcosa dai meandri della casa, che ormai sembrava appartenere ad
un’altra dimensione.
Il suo mondo era permeato d’ovatta, il silenzio attutiva ogni rumore che la sua
mente concentrata tentava di cancellare. Dalla mano passò all’avambraccio,
dall’avambraccio al gomito, e via, su, fino alla spalla.
La tensione, il sangue, quel braccio. Le girava la testa.
Non devo… come potrei…
come potrei sperare di diventare un medico, se non riesco salvare nemmeno la
persona a cui tengo di più?
Io…
Quando le
lacrime dell’ansia e dello sconforto minacciavano di sopraffarla, si fermava.
Rimaneva lì, a gocciolare sangue sul lenzuolo. Ad ascoltare il respiro
irregolare di Sasuke-kun, ad osservare il suo viso cereo, quella maschera di
dolore.
Sorridi… sorridimi…
E, con il viso rigato da quelle lacrime involontarie e silenziose,
riprendeva. Nonostante la paura, riprendeva.
Quella vista le stringeva il cuore in una morsa, le dava il coraggio di
andare avanti.
Nella speranza di vedere un sorriso.
Nella speranza di sentire di nuovo quel grazie.
We were born
to take the chances
I know the truth when you hold my hand…
Sentiva la testa leggera, si sentiva leggera e vagamente inebetita. Si sentiva
come se le gambe la reggessero appena.
”E’ una tecnica che è preferibile eseguire con un aiuto esterno.”
Non era così che diceva, il libro?
Non importa. Ormai, non importa davvero.
Qui ci sono solo io.
Mentre l’indice si sollevava dalla pelle bruciata, in quell’ultimo ghirigoro
di spirale sulla spalla, osservò distrattamente la piccola pozza di sangue rosso
– come i suoi occhi, quando bruciano – sul letto. Sulle lenzuola che lei
stessa aveva cambiato.
Le osservò, qualche attimo, con distacco. Come se quel sangue non fosse il suo.
Lungo l’avambraccio, le gocce continuavano a formare quei piccoli rivoli,
cadendo, una dopo l’altra. Senza che lei ne sentisse il rumore.
Deglutì, come se quel gesto potesse calmare i battiti del cuore. Impazziti,
totalmente impazziti.
Ora cosa doveva fare? Doveva fare qualcosa.
Ah, si. La promessa.
Sono stata brava, vero, Sasuke-kun? Non sono più un peso, vero?
Lo so, che sei fiero di me. Lo so…
Non me lo dirai. Ma io…
… sorridimi. Mi sorriderai, vero?
Sulle labbra nascose un sorriso, serafico. Rassegnato.
Mentre andava a piegare le mani nei sigilli, provati così tante volte, fino alla
nausea. Tentò di ignorare le gambe che le tremavano, che rischiavano di smettere
di sorreggerla da un momento all’altro.
Serpente, Tigre, Dragone, Tigre, Serpente, Coniglio…
Ratto, Cavallo, Tigre…
… Cane.
Movimento fluido, quello con cui puntò indice e medio, ancora sporchi di
sangue, al centro del triangolo sul dorso della mano di Sasuke-kun. Era fredda.
La mano di Sasuke-kun era fredda.
Serrò gli occhi, deglutì.
Sorridimi…
Poi, un’unica emissione di fiato, un’unica supplica.
”Chikatsu no Jutsu!”
I’ll be there
in the night
when you need me....
( Just call my name )
I’ll be there close your eyes
and you’ll see me...
( Just call my name )
La
trama creata con il sangue adempì il suo dovere. Poiché, immediatamente, Sakura
potè sentire il chakra quasi venirle tirato fuori dal corpo, abbandonarla con
tanta velocità quanta violenza. Come un fiume in piena.
Risucchiato via da quelle lacrime di sangue, risucchiato via da quel braccio,
risucchiato via da Sasuke-kun. Il lieve bagliore illuminò, sottile, la penombra
della stanza, ma lei aveva gli occhi chiusi.
Sentiva il respiro di Sasuke farsi più affannato di quanto non fosse prima.
Ti prego…
Sentì il suo stesso respiro venire, lentamente, a mancare.
Ti prego…
Sentì il rumore del materasso, quando Sasuke-kun si lasciò sfuggire un
gemito di dolore, corpo contratto in uno spasmo involontario.
Ti prego…
Sentì la forza delle gambe venirle a mancare, le sentì perseverare solo per
pura forza di volontà.
Ti prego…
Apri gli occhi…
Sorridimi…
Sentì quello stesso gemito di dolore abbandonare le sue stesse labbra,
mentre con la mano su quella di Sasuke, le ginocchia cedettero e colpirono il
pavimento.
Non lasciò andare la stretta.
Avido, smanioso, il corpo di Sasuke-kun assorbiva da lei il chakra di cui quel
braccio, quel braccio parassita, aveva bisogno. Quell’energia che quelle
lacrime di sangue, quel tramite, indirizzavano verso i canali del chakra,
bruciati dall’interno, che avrebbero dovuto guarire grazie a lei.
Ti prego… fa che sia forte abbastanza per… per…
ti prego…
Corrugò le sopracciglia, sforzandosi di ritornare in piedi, senza più
preoccuparsi delle lacrime frustrate sul viso. Non sapeva se le sue riserve di
chakra sarebbero state all’altezza.
Non lo sapeva.
”E’ una tecnica che è preferibile eseguire con un aiuto esterno.”
Si rialzò su quelle due gambe tremanti, mentre sentiva la pressione di quel
risucchio farsi sempre meno violenta. Finché il dolore scomparve e venne
sostituito da una totale, riluttante insensibilità.
Finché non scomparve il respiro affannato di Sasuke, e nella camera regnò il
silenzio.
Non si mosse di un millimetro. Affondò i denti nel labbro inferiore, serrò gli
occhi, e non si mosse di un millimetro.
Tremava, soltanto, nel silenzio.
… Sasuke-kun?
Nel silenzio surreale, privo di quel respiro irregolare, tremava.
”Sa…” …suke-kun?
Non mosse la mano da quella del ragazzo, bensì la strinse, come ultima
ancora dove appigliarsi a costo della vita.
”… Sa- Sasuke-kun?”
Con il cuore in gola, stretto da una morsa, aprì gli occhi.
I had waited a
lifetime lost on the open sea,
praying for an angel to be sent to me…
So come to me.
Il
braccio, ancora coperto da quei segni di sangue, aveva un aspetto vagamente più
umano. Certamente non più la pelle chiara di un tempo, piuttosto coperto da una
ragnatela di cicatrici sotto il velo di quelle macabre iscrizioni.
La ragazza serrò le labbra, senza muovere la mano da quella di Sasuke.
Non…
Non ce l’ho…
Non è stato abbastanza?
Non è…
In quell’istante, la mente si svuotò del tutto. Rimase lì, a fissare quel
braccio vagamente più umano, quel braccio mortificato, mentre la sua ferita
continuava a colare sangue sulle lenzuola, sul pavimento.
Lo fissava come se, da un momento all’altro, potesse scomparire, e tornare come
un tempo.
”Sasuke-kun?”
Ricadde in ginocchio, poggiando l’altro braccio sul materasso. Spostò lo sguardo
chiaro sul petto del ragazzo.
Respirava.
Sasuke-kun respirava.
”… Sasuke-kun… perdonami… Io…”
Si interruppe, senza riuscire a tirar fuori le parole, soffocando un singhiozzo.
Poi… Poi si accorse che la mano di Sasuke-kun, quella mano sporca di sangue, era
stretta in un pugno.
Sasuke-kun…
Non avrebbe dovuto essere priva di vita?
Invece… lui l’aveva mossa.
Fra le lacrime, Sakura scoppiò a ridere. Riluttante, venne scossa dai singhiozzi
e da quella flebile risata.
La promessa, Sasuke-kun…
La promessa, io…
Io…
Affondò il viso fra le lenzuola, nascondendo quel sorriso sollevato dal
terrore di non avercela fatta.
Non è perfetto, Sasuke-kun. Mi dispiace, ma…
Io… Ci sono riuscita.
A mantenerla... Sakura Haruno è riuscita a…
Mi sorriderai?
Mi sorriderai, vero?
Now the night
don’t last forever.
Every moment is a song.
Cause we face the night together…
Something so right could never be wrong.
In quel momento, non pensò affatto di aver ignorato gli ordini espliciti della
Godaime.
Non pensò affatto di aver commesso qualcosa di sbagliato. Non c’era spazio nel
suo cuore, nella sua mente, per quello.
Come una bambina, piangeva di sollievo, piangeva per la tensione di quella lunga
nottata.
Non sapeva che ore fossero, non le interessava.
Si alzò, facendo perno con le due mani sul materasso, traballando sulle gambe
deboli. Deboli per il chakra consumato, deboli per il sangue che continuava a
scorrere.
Ricadde sul letto bagnato di rosso e di sudore, senza sapere quale dei due fosse
il suo. Di lì, più vicina al ragazzo, ne osservò il viso.
Per la prima volta, da quando l’aveva rivisto, così calmo e tranquillo.
Così sereno.
Sorrise e lasciò che le lacrime liberatorie scorressero, senza essere interrotte
dai singhiozzi. Si alzò sui gomiti, avvicinandosi appena, poggiando la fronte
contro la sua.
In quella calma venata di pianto, osservava quell’espressione che era tornata
tranquilla per merito suo.
Quell’espressione che avrebbe potuto di nuovo donarle un sorriso, per quanto
vago, per quanto accennato.
Sentiva il respiro di lui, pacato, sfiorarle le labbra.
Rimase così, come incantata, ipnotizzata, la mente che piano piano scivolava via
sotto il velo della coscienza.
Le palpebre calarono sugli occhi verde foglia.
Ricadde su di lui, testa poggiata sul cuscino, quando venne a mancare anche
quella poca forza che la teneva attaccata alla veglia.
I’ll be there in the night
when you need me....
( Just call my name )
I’ll be there close your eyes
and you’ll see me...
( Just call my name )
Naruto non
era stupido. Sebbene tentasse in ogni modo di sembrarlo.
Nonostante il Ramen fosse già pronto da più di un’ora, lui rimaneva lì, con la
sua ciotola vuota davanti. Le altre due raffreddate. Sakura non voleva che lui
fosse lì da lei.
Naruto non era stupido, e lo aveva capito. Lo aveva capito e, a malincuore, lo
aveva accettato.
L’aveva sentita piangere, aveva sentito i suoi singhiozzi.
Ma non si era mosso di lì, da dove Sakura l’aveva confinato con quella sua
richiesta, fatta con quel tono capace di far spezzare il cuore.
Con le bacchette, batteva sul contenitore.
Uno, due. Uno, due.
Poi, il tonfo.
Lo fece sussultare, lo fece spaventare. Lo fece alzare di scatto da quel tavolo
tradizionale, e voltare istintivamente verso la porta.
”Sakura-chan?”
Non ottenne risposta, ma non se n’era aspettata davvero una.
Con un sospiro, corse verso la stanza di quello che, un tempo, poteva chiamare
migliore amico.
E ora, ora non lo so più.
Si fermò sulla soglia, con l’odore metallico ed acre del sangue.
Con la vista di Sakura-chan, priva di sensi e sdraiata sul letto, accanto ad
un Sasuke privo di sensi, e sdraiato sul letto. Sangue sul braccio di lui,
sangue sul braccio di lei. Sangue sulle lenzuola.
”... Sakura-chan, mi chiedi se so mantenere un
segreto?”
”Più o meno.”
”... dipende. Spara.”
”In un certo senso, sto per tradire Konoha e l’Hokage anch’io.”
”Sakura-chan…” nient’altro che un sospiro, malinconico. Chi dei due stava
sanguinando?
Nonostante l’aspetto del braccio del moro, tutto quel sangue proveniva dalla sua
compagna di squadra, dalla sua migliore amica, dalla ragazza che aveva più cara.
Con un sospiro rassegnato,
[per lui daresti anche l’anima]
cercò frettolosamente le garze dalla sacca abbandonata ai piedi del letto.
Le trovò, e intonando distrattamente un motivetto messo a punto sul momento, si
sedette sul letto accanto a lei.
Le sollevò il braccio, e cominciò a tamponarle alla meno peggio la ferita, in un
risultato molto simile a quello di un bambino che gioca ad improvvisarsi
dottore.
”In un certo senso, sto per tradire Konoha e
l’Hokage anch’io.”
Naruto non
voleva pensare, in quel momento, a cosa esattamente aveva fatto la ragazza.
Avevano tutto il tempo del mondo.
Se Sakura e Sasuke non volevano dirgli cosa stava succedendo, andava bene lo
stesso.
Fa niente, davvero.
…
Davvero.
I’ll be there.
(Just call my name).
A/N:
Ed ecco anche
questo, è stato una pena.
Comunque, piccolo appunto. Il nome della tecnica usata da Sakura è ripreso dal
Chikatsu Seisei no Jutsu, utilizzato da Shizune e l’equipe medica su Neji, per
fargli ricrescere la carne, insomma. Quello dove usarono i capelli come tramite.
Diciamo che questa sarebbe una variazione [inventata da me, da principio a fine.
Che mal di testa.]
Mi scuso se il risultato rasenta il macabro.
Ora, finita seconda parte della fic. Towards the third part we gooo~!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** VIII - Stand my Ground. [Sasuke] ***
Nuova pagina 1
A/N:
… descrivere una
parvenza di combattimento. Non pensavo fosse così difficile. Spero di non aver
fatto troppo schifo XD [Indica Incipit di oggi.] Mi ha fatto dannare, e non è
neanche nulla di che.
---- Inizio dello sproloquiare
----
Beh, dire
che Sakura non sembra maturata, mi sembra un pochino ingiusto XD Il mio
pensiero mentre scrivevo era più o meno questo: il rapporto fra Sakura e Naruto
è maturato, perché Naruto e Sakura questi tre anni sono stati sempre insieme. Il
rapporto tra Ino e Sakura è maturato, perché Sakura ed Ino sono state sempre
insieme.
Il rapporto fra Sakura e Sasuke non ha avuto modo di maturare, per via della
lontananza. Forse dalla parte di Sasuke c’è un po’ più di “rassegnazione” alle
presenza di lei. Ma i sentimenti sono rimasti a tre anni prima, grosso modo.
[es. è il litigio con Ino, completamente fuori luogo. Quei litigi privi di senso
di tre anni prima.] Sakura mi sembra un pochino maturata, prendere decisioni a
quel modo per diventare finalmente “utile”.
Per quel che riguarda Sasuke, ti do tutta la ragione del mondo XD : non è
maturato per niente. L’ho detto, per me è il personaggio più infantile della
serie, in certi atteggiamenti da vittimista. [Non dimenticherò mai quella scena
in cui Kakashi gli fa la paternale: S: Come ti sentiresti se uccidessi tutte le
persone a te più care? K: Non puoi, son già morte tutte~ S: ehm. D’oh. ] E’ un
vittimista nato, ha la patente! A parer mio, maturerà solo dopo essersi tolto
dalla testa l’idea di uccidere Itachi. E’ un’idea che fa viaggiare la sua testa
a senso unico, ecco. Non ha tempo per maturare, ma solo per fare scelte
discutibilissime XD [Va a regalare corpi a maniaci di mezza età… tsk.]
Miii,
Helen Lance… Che bello, mi fai scrivere i papiri *_*
Un pochino di pazienza. Diciamo che il mio intento non è di scrivere di loro due
insieme, ma prima di tutto di farli finire insieme. Comunque, dato che la terza
parte è anche l’ultima della fic… Direi che ormai è arrivata, no? Uhm.
[Dio sa quanto ero tentata di mettere un bacio nello scorso capitolo… Ma le mie
mani si rifiutavano di scriverla, e la mia mente era divisa a metà. Nyah XD]
--- Fine dello
sproloquio ---
Canzone : Stand my Ground – Within Temptation.
Posso affermare che
probabilmente la reazione di Sasuke sarà un po’... diversa all’inizio. Di quella
che potreste aver pensato.
Comunque,
per farmi perdonare… eheh.
Come ci si sentiva, a poter
combattere con Itachi ad armi pari?
Doveva essere qualcosa del genere.
Sasuke sapeva di star giocando sporco, di star utilizzando un potere non suo
[ho scelto la strada più facile.]
L’elettricità statica l’unico
rumore, unito a quello dei due respiri affannati.
Rumore di ali che battono, che prendono il volo.
[Via, via. Vai via.]
La lama della Kusanagi mancò
ancora una volta il suo obiettivo, sfiorando appena la spalla di Itachi.
Il Chidori Nagashi non fu altrettanto magnanimo.
La tecnica fece il suo dovere: nell’aria il primo odore di pelle bruciata.
Sasuke sgranò gli occhi, labbra semiaperte in un’inebetita sorpresa.
Bruciata. Era bruciata. In quell’unico attimo, per la prima volta, sollevò lo
sguardo negli occhi del fratello.
[… Semplicemente… così? Bruci così, Itachi?]
Nel momento in cui si accorse
dell’errore commesso…
[Non guardarlo negli occhi…]
… non successe assolutamente nulla.
[Perché?]
L’elettricità emanata dal corpo scomparve, si spense in un unico guizzo.
Itachi aveva quello sguardo tranquillo, come se in quel momento la sua spalla
non stesse sanguinando.
Poi, un fantasma di un sorriso aleggiò su quelle labbra.
Prima che Sasuke potesse realmente comprendere cosa stava accadendo, suo
fratello gli aveva stretto il polso della mano che ancora stringeva la Kusanagi.
Il polso della mano coperta da quelle lacrime nere.
Sentiva l’osso che, sotto quella stretta, reclamava pace e, possibilmente,
pietà.
”… è tutto quello… che sai fare… ogni volta?”
Ansimò il ragazzo, lievi occhiaie sotto gli occhi scuri ed un coraggio,
un’audacia che mai avrebbe pensato di provare in una situazione come quella.
Senza distogliere lo sguardo dal volto del fratello.
Lo vide accennare un barlume di divertimento amaro nello sguardo.
”E’ tutto quello che basta, per fermarti. No?”
Strinse.
La Kusanagi cadde a terra.
Sasuke serrò i denti [dolore], e sorrise.
La mano sinistra, libera da ogni costrizione, estrasse agilmente il kunai dalla
tasca sulla gamba sinistra.
E con uno scatto
[Non sono stato senza far nulla!]
la piantò nella spalla bruciata di Itachi.
La stretta sul polso aumentò.
L’osso si spezzò, in un rumore sordo.
Un lieve gemito di dolore sfuggì dalle labbra di Sasuke, e la maschera composta
di Itachi s’incrinò appena.
Con occhi non più timorosi, Sasuke vide suo fratello portare la mano verso
l’elsa del kunai piantato nella ferita.
Semplicemente sorpreso.
Lasciò andare il polso rotto di Sasuke, con uno strattone. Il ragazzino si piegò
sulle ginocchia, in un attimo di esitazione, prima di prendere le distanze da
quell’uomo [mostro].
Sangue e pelle bruciata.
[ Non sei umano, tu. Vero? Non dovresti… sanguinare.]
”Hai trovato un po’ di coraggio, allora?”
”Sanguini, Itachi Uchiha.”
”Già. Bel trucco, davvero. Ma se è tutto quello che fai, con un trucco..”
Lo vide serrare le labbra, serrare il pugno su quel kunai, per estrarlo dalla
carne con un movimento secco.
”… non te ne basterà solo uno, suppongo.”
VIII – Stand my Ground.
I can see.
When you stay low nothing happens...
... does it feel right?
Era
al caldo.
Sentiva il tessuto
della coperta proteggere il suo corpo. Sentiva anche un leggero dolore alla
spalla, ed una tempia sembrava pulsare di vita propria.
Dormito male?
Nell’immobilità del silenzio nella stanza, tentò di girarsi col busto dall’altro
lato, per evitare quel dolore fastidioso.
Sentì il suo braccio sfiorarne un altro, sotto le coperte. Sentì un lieve
respiro solleticarli la guancia che non era premuta contro il cuscino.
Nell’immobilità del silenzio nella stanza, vagamente perplesso da quel calore
umano ed ancora sospeso tra mondo reale e sogno, aprì gli occhi scuri.
Un viso sereno, dai lineamenti delicati, a qualche centimetro dal suo.
Il cuore saltò un battito, ma lui non batté ciglio. Nella misericordiosa
benedizione del sonno, le labbra socchiuse in una lieve “oh” assorta. Lei
respirava tranquilla, le ciglia curvate leggermente sulle guance pallide,
incorniciate da qualche ciocca chiara, di colore indefinito nella penombra,
troppo corta.
Per un determinato lasso di tempo, rimase in quella silenziosa contemplazione, a
dire il vero troppo stanco
-… perché sono così stanco,
poi?-
per poter
fare altro.
Poi, chiuse gli occhi. All’immagine di quel viso rimasta impressa negli occhi
scuri, si sovrappose quella di un altro viso, altrettanto dolce.
Aveva dimenticato quanto sereno poteva apparire nel sonno un volto così
femminile, che sembrava dissipare dolcezza nel semplicissimo fatto di esistere.
Ha gli stessi lineamenti di lei, non ti pare?
Tranne la fronte, ecco. La riconoscerei tra mille.
Socchiuse gli occhi, assorto; istintivo il gesto della mano sinistra che,
libera dall’ingombro del corpo, voleva scostare qualche ciocca da quel viso
tranquillo…
… La sua mano sinistra era sporca di sangue.
Di
scatto, si alzò seduto sul letto, con un reclamo doloroso da parte della gamba
fasciata, occhi sbarrati su quella che avrebbe dovuto essere la sua mano.
Sembrava che, fatta di vetro, fosse stata rotta e poi rimessa insieme nella foga
di un bambino pieno di sensi di colpa.
Dio, non la dovrei neanche avere più, una mano sinistra.
Il sangue ricopriva tutto il braccio, in segni assurdi, simili a quelle
lacrime nere.
Tentò di strofinarlo via, grattarlo via, senza alcun successo.
Di chi… perché?
Sentiva il suo respiro accelerare, il cuore accelerare, e sapeva di essere
vicino ad un attacco di panico.
Che
novità.
Datti una calmata, Uchiha.
Quella era camera sua, e quella era Sakura, perché non aveva i capelli neri e
poteva essere solo Sakura.
Nel suo letto, Sakura stava dormendo, ed era pallida. E su quel pallore, sotto
gli occhi chiusi, macchie di sangue.
Due piccole strisce di sangue, come diluite da acqua.
Lacrime?
Cosa diavolo ci fa qui, poi…
Seduto, mantenendosi quel braccio sporco di sangue seccato, il labbro
tremava appena.
Seduto, osservava la ragazza dormire, così tranquillamente che avrebbe potuto
essere morta.
Indietreggiò appena fra le lenzuola, più con l’aiuto delle braccia che con
quello delle gambe.
Le lenzuola erano sporche di sangue.
Il suo cervello decretò che, sinceramente, tutto questo era troppo.
Di prima mattina, appena svegliato, tutto questo era veramente troppo.
Indietreggiò, forse un po’ troppo velocemente.
Tanto che le mani non trovarono più il supporto del materasso, e cadde
all’indietro sul pavimento di legno, tirando con sé gran parte delle lenzuola
dipinte di rosso.
Batté la testa e la schiena contro il pavimento, un rumore sordo, e si ritrovò a
guardare il soffitto e a tentare di richiamare un po’ di buonsenso.
Non posso essere stato io. Semplicemente non ha senso…
Quel sangue ovunque, nella sua camera. Sul suo braccio. Su di
lei.
No, no. Non ha senso.
Chiuse gli occhi e strinse a pugno la mano sinistra, sentendo la pelle
tirare appena.
Corrugò le sopracciglia, senza muoversi di un millimetro, a metà fra il
pavimento ed il letto. La gamba dolorante.
Schiuse, lentamente, le palpebre. Sollevando quell’imitazione di braccio che,
nonostante tutto, era vivo.
”Ti guarirò io.”
Sentiva
la testa girare.
Sentiva il lieve respiro di Sakura.
Sentiva dei passi pesanti avvicinarsi alla porta.
“Sakura-chan? Cos’è stato quel...”
Dal suo mondo capovolto, il ragazzo osservò assentemente la faccia di Naruto
affacciarsi alla porta.
Ecco si. Questo dovrebbe essere il motivo per cui mi fa male la testa.
”… Naruto?” un mormorio distratto, di una voce roca per il sonno.
L’ espressione sul volto di Naruto passò da preoccupata a prettamente
terrorizzata.
”No, no, no! Tu ora non ti fai venire un amnesia. Ci
mancherebbe altro! Non con me qui! Alzati da terra, alzati da terra!
Immediatamente!”
Si sentì ancora una volta strattonato, ma questa volta non era assolutamente
dell’umore giusto.
Che dejà-vu.
Qualcuno… Sakura, il letto, i muri, la tv, magari Dio, potrei arrivare ad
accettare persino Naruto… qualcuno…
mi spiega cosa sta succedendo?
Mi fa male la testa. Il mio braccio è sporco di sangue che non va via.
Sembra che qui ci sia stato un massacro.
Ne è bastato uno, davvero. Uno solo, qui.
”Ti guarirò io. Fidati.”
”Potrei anche provarci.”
Perché?
Late at
night...
Things I thought I put behind me
haunt my mind.
”Smettila!” sbottò
verso Naruto, liberandosi da quella stretta che lo sosteneva su due piedi, e
poggiandosi piuttosto sul letto. Lo sguardo tornò su Sakura che, apparentemente
ignara di tutto, continuava a tenere gli occhi chiusi: pallida in quel sangue,
tranquilla nel suo sonno.
”Sakura…?” esordì, poco più d’un sussurro. “Sakura sve…”
”Oy, Sasuke, calmati. Davvero, a volte mi entri nel panico così…”
[gira il coltello nella piaga, eh?]
“…
Lasciala stare. Sta dormendo, no?” commentò il biondo, con un accenno di broncio
risentito sul volto.
L’altro ragazzo poteva ora affermare che il suo cuore era tornato a battere
normalmente, e che il rischio di iperventilazione era, momentaneamente,
scampato.
Si voltò piano verso Naruto, assottigliando lo sguardo.
Poi, serrando le labbra, si poggiò contro il materasso, rilasciando un sospiro
di sollievo.
”Cosa è…?”
”Il tuo braccio era davvero ridotto così male? Eh, Sas’ke?”
”Mh?”
”Si è ridotta così per curartelo. Merda, credevo sarebbe morta sul posto.”
Silenzio. Poi, ancora una volta quel tono distratto.
”… E’ suo, allora.”
”Cosa?”
”Il sangue.”
”Si è fatta un taglio indicibile sul braccio. Il sangue l’ho fermato io,
mentre qualcuno se la dormiva alla grande.”
“Perché non va via?”
”Beh, sta dormendo, no? Vuoi che cammini nel sonno? Che razza di domande fai?
Stai dormendo anche tu, per caso? Eppure hai gli occhi aperti.”
”Il sangue. Di Sakura. Non va’ via.”
”Beh, dovrai fare un po’ di pulizie, penso. Con un po’ di fortuna… in caso
contrario, brucia tutto con quella fantastica tecnica, ed il gioco è fatto. No?”
”Dal braccio, non va’ via.”
Non voglio il sangue di lei sulle mie mani. Non ce lo voglio.
“… non va
via?”
”No.”
Calò di
nuovo quel silenzio pesante, mentre entrambi spostavano lo sguardo sulla
ragazza.
…
perché l’hai mantenuta, la promessa?
Svegliati almeno. Svegliati.
Sakura?
Svegliati.
Il
biondo, dopo qualche attimo, spostò l’attenzione su di lui.
E fu proprio lui che, come sempre, interruppe quel silenzio.
”Oy, Sas’ke…? Lei sta bene, eh. Non c’è bisogno di fare il melodramma, anche se
so che ci provi dannatamente gusto a deprimerti. Sta bene, dorme.”
”… si, lo so.”
”No che non lo sai, idiota.” Mugugnò Naruto, crucciando le sopracciglia, lieve
stizza. Prima di sbuffare. “Sas’ke…?”
”Mh?”
”Hai fame? Ti va un po’ di Ramen per colazione, eh?”
L’altro
ragazzo non rispose, si limitò a sbuffare e scuotere il capo.
Naruto vide un sopracciglio tremare, gesto di stizza.
Lo vide, con espressione vagamente risentita, mentre indugiava nel sollevarsi in
piedi.
Lo vide muovere qualche passo traballante su quei due piedi spaiati.
Lo vide fermarsi di fronte a lui.
Vide arrivare anche il pugno, un pugno affatto convinto, un pugno stanco.
Naruto avrebbe potuto anche evitarlo facilmente, ma non si mosse di un
millimetro.
E quella mano indebolita dalla degenza in ospedale lo colpì dritto sulla
mandibola, abbastanza forte da fagli voltare il capo dall’altra parte.
”Si. Un po’ di Ramen. Mi andrebbe.” Mormorò Sasuke, sorpassandolo in uno
zoppicare instabile, senza degnarlo di uno sguardo. Piuttosto, sbirciò con la
coda dell’occhio la ragazza, che dormiva.
Non mi va per niente. Per niente davvero.
Ho bisogno di parlare con lei. Perché dorme?
Lasciandosi alle spalle un Naruto che, massaggiandosi distrattamente la guancia,
mormorò un semplice.
”Si, va bene. Suppongo di essermelo meritato.”
Voltò le spalle al letto, con un sospiro sconsolato.
Fra le lenzuola, Sakura si girò su un fianco, continuando a respirare sommessa.
I just know
there's no escape now
once it sets its eyes on you.
Sasuke Uchiha non mangiava ramen di prima mattina. Era una cosa improponibile,
davvero.
Ma c’è una prima volta per tutto.
Ed ora, eccolo lì, nella sua cucina, con una ciotola di ramen ormai freddo
davanti al naso. Con le bacchette punzecchiava il cibo, lo rigirava da una parte
all’altra, senza riuscire a convincersi a mandarlo giù.
Seriamente…
Nonostante la fame, non si sentiva ancora così disperato. Credeva di essere più
coraggioso al riguardo.
Naruto, seduto dall’altra parte del tavolo, lo fissava.
”Allora, tu e Sakura avrete mai intenzione di dirmi nulla di quello che
sta succedendo?”
”… Non sono comunque affari tuoi.”
”Certo, ma quando mai. Anche agli esami avete pensato bene di non dirmi nulla di
Orochimaru, certo. Tanto che mi importa? Fate pure, eh.”
Con uno sbuffo distratto, Sasuke sollevò qualche spaghetto all’uovo dalla
ciotola, raccogliendolo con le bacchette. Per poi farlo ricadere, altrettanto
distrattamente, nel brodo.
Lo so
che hai ragione, idiota.
E’ che mi secca dartela. Non voglio sentirti più sproloquiare.
Sta’ zitto…
… per favore?
Spostò lo
sguardo verso la porta, battendo ciglio.
Il braccio sinistro immobile, mentre tentava di far finta che non esistesse.
”Oh, insomma, te lo devi mangiare o no?”sbottò Naruto, poggiando i gomiti sul
tavolo,
”No, credo proprio di no.” Borbottò di tutta replica lui, posando le bacchette e
spingendo via la ciotola.
“Va bene,
va bene.”
Senza farsi troppi problemi, Naruto tirò la ciotola verso di sé, raccogliendo
ancora le sue bacchette dal tavolo.
Sasuke si limitò ad uno sbuffo, prendendo a battere con le bacchette sul tavolo.
”Mi fai venire i nervi.” Commentò il suo compagno di squadra, con la bocca
piena. “Ti ho detto che se la dorme alla grande, e deve riposare. Se fai così,
mi fai venire i nervi.”
”Di cosa stai parlando, mh?”
”Si vede lontano un miglio. E, appunto, mi innervosisce. Sta’ calmo. Sei
preoccupato per lei, no?”
No. Non è vero.
Voglio solo parlarle, voglio solo chiederle spiegazioni, voglio solo…
[Spiegatemelo]
Non lo so.
Però…
Però il pensiero tornava a lei, sdraiata tranquilla su quel letto, a tutte
quelle promesse,
[mantenute, per la prima volta]
a quel viso tranquillo.
Di tutta risposta a quella domanda, Sasuke si alzò dal tavolo, facendo perno su
entrambe le mani. Barcollò, prima di trovare il sostegno del muro. Lo sguardo
incrociò la mano sinistra e battè ciglio, prima di crucciare le sopracciglia.
Seguendo il muro, oltrepassò la soglia della cucina e voltò le spalle a Naruto,
che lo fissava a bocca piena di spaghetti e brodo di pesce.
”Merda se lo odio, quando fa così.” Mugugnò appunto il suddetto, arricciando il
naso. Gli occhi azzurri si posarono sul coprifronte del suo compagno di squadra,
posato la sera prima sul mobile accanto al lavello.
Inghiottì, e si lasciò sfuggire un sospiro.
But I won't
run,
have to stare it in the eye.
Inciampò un paio
di volte, e lo stress applicato sulla gamba non fece altro che aumentarne il
dolore.
E il dolore non fece che aumentare la frustrazione.
E la frustrazione…
… dannazione, è un ciclo senza fine.
La vita fa schifo, ufficialmente.
Svegliati. Stai bene no? Allora dovresti svegliarti.
Dieci minuti prima, si era seduto sul letto. Per dieci minuti, aveva atteso.
Lei ha atteso per tre anni.
Non deve essere così difficile, no?
A quanto
pare, era peggio di quanto non si fosse aspettato. Dopo soli dieci minuti, erano
entrate in azione l’ansia e la paranoia. E, soprattutto, la noia.
Stai bene. No?
Ti pare il momento per dormire? Io…
Dannazione, Sakura, sei insopportabile!
Le tende
erano tirate, e nonostante il sole fosse ormai alto, la stanza era in penombra.
Solo qualche raggio filtrava dalle tende, illuminando il pulviscolo che si
aggirava, invisibile, nell’aria. Filtrava fino al letto, fino alla porta. Sulla
foto che era ancora capovolta.
Aveva
provato a distrarsi in qualche modo, ma la fitta alla gamba fungeva da
repellente per ogni tentativo di alzarsi. E di prendere la stampella – Sasuke
Uchiha con la stampella, ancora? Assolutamente no! – non se ne
parlava neanche.
Alla fine, era rimasto a guardarla respirare, mentre dormiva.
Inspira, espira.
Inspira, espira.
Inspira. Espira.
Ben presto però, si era seccato anche di quel passatempo, e aveva scostato lo
sguardo. Sul braccio che gli era stato donato di nuovo. Da lei.
E’ stata colpa mia, averlo ridotto a quel modo.
Più di un determinato numero di volte, il Chidori non va usato. Lo sapevo, io.
Me l’aveva detto, quell’altro tipo lì.
Ho tirato troppo la corda, perché non volevo ammettere davanti a lui di
avere dei limiti.
E alla
fine… non è servito a nulla comunque.
E lei
arriva, e mi tratta come se non me la fossi cercata.
Ma cos’ha nella testa? Tutto quel sangue.
Non dovrebbe fare certe promesse, non ne vale la pena.
”Si è ridotta così per curartelo. Merda, credevo sarebbe morta sul posto.”
Non provarci mai più, razza di stupida.
Insopportabile, davvero.
Con la
mano destra, dal polso fasciato, seguì quelle iscrizioni sul braccio,
sfiorandole con l’indice. Era orribile, al tatto, quel braccio. Secco, le
cicatrici si potevano sentire sotto pelle.
Ed il sangue non andava via, e restava lì.
Vedi a cosa è arrivata, per colpa tua? Non hai proprio considerazione per gli
altri.
E’ sempre “Sasuke, Sasuke, Sasuke, Sasuke”.
Non esisti solo tu, al mondo, Uchiha.
”Non c’è bisogno di fare il melodramma, anche se so che ci provi
dannatamente gusto a deprimerti.”
Non aveva
più voglia di pensare, a dire il vero. Ben presto, anche quel passatempo lo
aveva stancato. In un momento di ardita esplorazione dell’ignoto, si domandò
vagamente se Orochimaru lo stesse cercando, o se lo avesse dato per morto,
ormai.
Sicuramente quel Kaito lo era. Morto, insomma.
Non potè
fare a meno di abbozzare una parvenza di ghigno sulle labbra pallide.
Non è
tutta questa gran perdita. Era fastidioso, dopotutto.
Dannatamente fastidioso.
In fondo
era colpa sua, no? Se non gli avesse detto di Itachi…
… non
sarebbe tornato a Konoha.
Quel
pensiero lo colse alla sprovvista, e riportò lo sguardo sulla ragazza che,
ignara di tutta quell’attenzione, dormiva.
Non sarei tornato a Konoha.
… a casa.
Un tipo così
fastidioso…
… merito
suo?
Che lei…
Stand my
ground, I won't give in.
…No more denying, I got to face it.
“…
Sasuke-kun?”
A quel filo di voce, il
ragazzo sobbalzò appena, battendo ciglio un paio di volte. I due occhi verdi
erano socchiusi, velati dal telo del sonno. Lui non disse nulla, si limitò a
crucciare la fronte, mentre lei tentava di alzarsi sui gomiti.
”Ah!” un lieve gemito le sfuggì dalle labbra, nel piegare il braccio destro, e
ricadde stesa sul letto.
Sasuke sbuffò, sollevando gli occhi al soffitto.
”Stupida.” Commentò, scuotendo il capo.
Lei sorrise. “Ti sei svegliato, allora.” Mormorò, con voce assonnata.
”Se questo non è un tuo sogno, direi proprio di sì.” Replicò lui, secco.
Ma Sakura si lasciò sfuggire una risata sommessa, stanca. “Te l’ho chiesto,
perché credevo appunto che fosse un sogno. Dovresti saperlo che ti sogno sempre,
no?”
Ancora una volta, Sasuke decise di non risponderle. Ma si limitò a ricambiare il
suo sguardo.
”Come va il braccio? Riesci… a muoverlo, vero?” riprese lei, con tono quasi
timoroso.
Hai paura di non aver mantenuto la promessa?
“… si.”
”Grazie al cielo.” Ma non aggiunse altro. Sakura continuò a guardarlo, con
quella strana luce stanca negli occhi. Quasi si aspettasse qualcosa. Da lui.
Già.
“No… non
grazie al cielo. Grazie a te, Sakura.” Mormorò il ragazzo con tono
piatto, di tutta risposta.
Lei sorrise,e quel sorriso si estese a tutti i lineamenti del viso.
… come negarlo? Quel sorriso.
Come negarlo?
“Ma non
fare più una cosa del genere.” Concluse lui, scostando lo sguardo da quel
sorriso.
Sorriso che in quello stesso istante, a quelle parole, si spense. Lasciando
spazio ad un’espressione confusa.
”Sasuke-kun?”
”Cosa ti passava per la testa? Sei una tale stupida. Se tu non ce l’avessi
fatta? Non voglio il tuo sangue sulla mia coscienza, Sakura…
[ Né tantomeno sul mio braccio ]
… Quando non pensi, sei insopportabile.”
Lei si limitò a battere ciglio, labbra socchiuse, sopracciglia appena crucciate.
”Non ne valeva la pena, rischiare tanto. Dovresti pensare a te stessa.”
”Ma io non sono come te, Sasuke-kun.” Replicò quasi infantilmente lei,
accennando un sorriso.
”E smettila di sorridere così. Sono serio.”
”Anche io.”
Silenzio.
”Io… Non farò vedere a nessuno questo braccio. Non lo sapranno, comunque.”
”Scusami se non è perfetto. Ce la farai?”
”Ti ho già ringraziata.”
Non me lo far ripetere, eh?
Ritornò quel silenzio tranquillo, quasi rassegnato. Lei tentò di rialzarsi a
sedere sul materasso, guardando basita il sangue sulle lenzuola, come se non
fosse il suo. Sembrò ricordarlo qualche attimo dopo, perché scosto lo sguardo
sul braccio fasciato. Fece per aprire le labbra, ma Sasuke la battè sul tempo.
”Non sono stato io. Naruto.”
”Oh.”
Da quel
momento, la ragazza prese a fissarlo. Ma lui non disse nulla, fissando a sua
volta il braccio. Ci sarebbe voluto tempo, per abituarcisi. Davvero.
Sentiva gli occhi di lei fissi sulla nuca. Con un sospiro, si girò ancora.
”Spiegami perché.”
”Come scusa?”
”Perché hai promesso. Perché ti fidi ancora. Perché sei qui. Spiegamelo. Ci ho
pensato, ma non riesco a capirlo.”
Lei fece spallucce. “… Ti amo e lo sai, Sasuke-kun. L’hai sempre saputo.”
Lui scostò lo sguardo sul pavimento, e schioccò la lingua, gesto di stizza. “Ti
ho già detto che sono serio.”
”Anche io.”
Sasuke scosse il capo, prima di voltarsi verso di lei. Sguardo vagamente
esasperato.
Si che lo so. Come non saperlo?
Sei sempre stata qui, anche quando non ti conoscevo.
Anche quando eri una delle tante facce in una classe di mocciose.
Ma non hai risposto alla mia domanda, tu.
“… perché?”
”Perché sono felice quando mi sorridi.” Rispose lei, tranquillamente, senza
abbassare lo sguardo.
Dov’è la ragazzina che ho lasciato a casa? Quand’è diventata una donna?
Lentamente, un sorriso accennato si fece strada sulle labbra di Sasuke, che
non aggiunse altro.
Won't close my
eyes
and hide the truth inside.
“Esattamente, così.” Mormorò lei, con un fil di voce, seduta ed accucciata fra
le coperte macchiate. Nonostante lui, ancora una volta, non avesse risposto
all’ennesima dichiarazione d’affetto, lei continuava a sorridere.
Attese, in silenzio, una parvenza di risposta. Ma il ragazzo rimase in silenzio.
Alla fine, Sakura sospirò. “… eri preoccupato per me?”
”Si.”
”Mi dispiace.”
”… scusami. Se ho dubitato.”
Sakura sapeva che, quando parlava a monosillabi, era imbarazzato di ciò che
stava dicendo. Sono cose che, con gli anni, si imparano. Quindi si limitò ad
annuire e a sporgersi appena in avanti. Gattonando fino ad arrivare accanto a
lui, sul bordo del letto, e sedersi lì.
Tranquilla, lo fissava. “Non importa, davvero.”
”Lo so. Con te non importa mai.”
”Pensi che qualsiasi cosa cattiva tu mi dica, non importi?”
”Si.”
”… forse hai ragione.”
Commentò la ragazza, prima di soffocare uno sbadiglio e poggiare la testa sulla
sua spalla. Di tutta risposta, il ragazzo passò la mano buona fra i capelli di
lei, in una carezza quasi rassegnata.
Lei, con gli occhi chiuse, sorrise, prima di abbracciarlo piano. Non con
timidezza, piuttosto con timore che lui la cacciasse via. Ma non accadde.
Sei
terribile, Sakura. Non dovresti esistere.
Cosa te ne dà il diritto?
Non volevo chiamarlo amore, io.
Perchè devi dare un nome a tutto? C’era davvero bisogno di dargli un nome?
Non lo voglio il nome, per ciò che mi ha fatto sognare di te, in questi anni.
Non lo voglio un nome, per il mio cuore che è rimasto qui da te.
Mi fa sentire terribilmente idiota, e non lo sono.
… Non credo di esserlo.
Non lo sono.
“Non è
giusto però, così.” Mormorò invece, con un sospiro.
Lei si lasciò sfuggire un suono divertito dalle labbra chiuse. “Lo è mai stato?”
Allora…
… tu questo lo chiami amore.
Dopotutto.
Per
quanto rimasero così, a sentire l’uno il respiro dell’altro, Sasuke non seppe
dirlo.
If I don't
make it…
… someone else will
stand my ground.
It's all
around.
Getting stronger, coming closer
into my world.
“Fa male
se faccio così?”
”Non proprio.”
”O è un si, o è un no, Sasuke-kun.”
Per una settimana, era rimasto chiuso nella casa degli Uchiha. Per una settimana
aveva visto soltanto Naruto e Sakura, ed una sporadica visita da parte di
Kakashi, che gli aveva arditamente proposto di dedicarsi alla lettura per
vincere la noia [gli aveva persino proposto di prestargli “Il Paradiso della
Pomiciata, volume 1”, cosa che aveva – non tanto gentilmente –
rifiutato.]
Figuriamoci.
Ora, con
il sole sorto da poco, Sakura gli stava controllando la gamba: una montagnola di
bende era ammucchiata sulle lenzuola pulite del letto.
”Quindi, te lo chiedo di nuovo. Ti fa male, se faccio così?”
”No.”
”Stai mentendo.”
Sasuke sbuffò, sollevando lo sguardo al soffitto. Già il semplice fatto che le
tende non fossero tirate, e che la piena luce del giorno entrasse nella sua
camera, non predisponeva al meglio l’umore.
Quella notte, inoltre, aveva dormito poco.
Evviva
la vita.
“Sto
bene, Sakura. Smettila di essere così noiosa.”
”Non si mente al proprio medico.”
”Sakura-chan, che noia!” Naruto, poggiato allo stipite della porta, sbuffò.
Espressione crucciata sul viso. “Daai, io e il bastardo lì abbiamo allenamento
da fare!”
Sakura crucciò appena le sopracciglia, voltandosi verso Naruto con cipiglio
severo. “Allora è per questo che insiste nel dire che sta bene?”
”Ma se dice che sta bene, sta bene no? Dai, tesoro, non essere paranoica. Non
vedi che mi sta dimagrendo tutto? Sta perdendo l’allenamento. Il pugno che mi ha
dato una settimana fa non mi ha fatto neanche il livido! Ha bisogno di fare un
po’ di movimento, no?”
Sasuke, di tutta risposta, sbuffò. Probabilmente infastidito da quel commento.
”Ma se va in giro, gli vedono il braccio, Naruto. Possibile che non le capisci,
certe cose?”
”Ma smettila, mica andiamo in piazza a fare allenamento! Ce ne stiamo tranquilli
e buoni. E poi, porta le maniche lunghe. E come se non bastasse, nel gruppo di
case degli Uchiha c’è anche un dojo, ne Sas’ke?”
”Non vorrai andare lì, idiota. E’ pieno di polvere e ragnatele ovunque.”
Borbottò l’altro ragazzo, aggrottando la fronte.
”Come se fosse una questione vitale! Dai, Sakura-chan, la sua gamba sta benone!
E’ una settimana che cammina senza stampelle.”
”E che, puntualmente, cade.”
”E’ perché lo tieni chiuso qui nella teca di vetro. Manco fosse un trofeo.
Mo-vi-men-to! Esercizio! Ecco cosa ci vuole!”
“Non è
che stai parlando troppo con Lee, Naruto?” la ragazza sospirò e scosse il capo,
riportando lo sguardo sul ragazzo seduto sul letto. Sasuke si limitò a guardarla
dal basso, con espressione seccata.
Infine, alzò le mani, in gesto di resa. “Ah, fate come volete! Che mi preoccupo
a fare? Anzi, che parlo a fare? Quando vi mettete, tutti e due, siete così…”
”… bambini?” offrì il suo sostegno Naruto, con un ghigno a trentadue denti.
”Esattamente. Allora, io vado all’ospedale da Shizune. Naruto, se gli rompi solo
un mignolo, sei morto.”
”Ed ovviamente, se Sasuke mi spezza la schiena o mi causa un trauma cranico, non
succede nulla.”
Sakura non rispose, ma si limitò a schioccare la lingua e dirigersi verso la
porta, con aria esasperata. L’Uchiha la seguì con lo sguardo, lieve sorriso di
sollievo sulle labbra.
La ragazzina… non è scomparsa del tutto.
Sakura chiuse la porta alle sue spalle, con un sospiro. Che presto si
trasformò in un sorriso.
I can feel
that it's time for me to face it
can I take it?
”Quando ci si mette, Sakura-chan è terribile, davvero. Su, tu: alza quel culo e
muoviti.” Incitò Naruto, battendo le mani e facendo qualche passo in avanti. Con
un sospiro, Sasuke si alzò dal letto, passando una mano fra le ciocche disuguali
che coprivano appena la ferita sulla fronte, quasi rimarginata: ormai solo un
segno, di cui forse sarebbe rimasta la cicatrice. Ciocche tagliate alla meno
peggio proprio a causa di quella ferita.
Orochimaru non l’avrebbe presa bene, tutta questa faccenda.
Naruto non aveva esitato a ricordargli che sembrava assolutamente ridicolo,
conciato a quel modo. Sasuke gli aveva risposto di farsi una dose di affari
suoi, ed il discorso era caduto lì.
”Terribile, si.” Rispose comunque, forse un po’ troppo in ritardo. Naruto inarcò
un sopracciglio.
”Sakura? Certo che lo è. E’ una despota, mi fa paura, eccetera, eccetera … Ora
muoviti, o qui facciamo la muffa.
Cioè, fai la
muffa. Sono in forma, io.”
”Dacci un taglio.”
Sbottò il moro, massaggiandosi la tempia, e sorpassandolo verso la porta. Naruto
alzò gli occhi al soffitto, prima di seguirlo nel corridoio in penombra. Sasuke,
per puro riflesso, volse lo sguardo verso la camera poco più in là, la cui porta
era chiusa. Come sempre.
”Siete entrati anche lì, voi?” domandò soltanto, senza voltarsi, riprendendo a
camminare.
Naruto battè ciglio una, due volte, prima di capire di cosa stesse parlando.
”Ah, lì lì? Ho solo aperto la porta, ho visto lo stato in cui era
ridotta, e ho pensato che ti piacesse tenerla così. Strani gusti, tu. Anche se
Sakura voleva organizzare una spedizione per disinfestarla.
Perché?”
”Nulla, nulla. Muoviti.”
”Senti chi parla.” Sbuffò Naruto, giungendo le mani dietro la nuca. Sulla soglia
attese che Sasuke si infilasse i sandali.
Ad operazione compiuta,
lo sorpassò, aprendo la porta e guardandosi attorno. Sasuke arricciò il naso,
tirando la manica lunga a coprire il braccio, marchiato dal sangue di Sakura.
Maglietta, effettivamente, due volte più grande del necessario, che gli ricadeva
sulle spalle.
”Vedi di non romperti nulla prima di arrivare al dojo, eh Sas’ke?”
commentò Naruto, con quel sorriso infantile.
”Ti piacerebbe, idiota.”
”A dire il vero, no. Chi la sente Sakura, poi?”
Tuttavia, nonostante la prospettiva di un po’ di movimento, il suo umore non
accennò a migliorare.
[ Though this
might just be the ending
of the life I held so dear:
but I won't run, there's no turning back from here. ]
Si comportano come prima. E’ un bene, no?
In realtà, a Sakura
dava fastidio. Che non fosse più l’unica a tenere a lui. Ma ignorò quel
sentimento infantile.
Lui non lo vuole dire. Ma si preoccupa per me, e mi vuole bene. Ed io lo so.
Potrebbe anche dimostrarlo più apertamente, certo.
Ma non sarebbe più Sasuke-kun, no?
Lui sa
che io so. Ha solo…
… bisogno di tempo, tutto qui.
Non è mai stato bravo con le persone, lui.
Avanzò
sulla strada acciottolata, mani giunte dietro la schiena, occhi verdi rivolti
verso l’alto. Il sole non era caldo, essendo ormai autunno inoltrato. Ma era
luminoso, e c’era un bel vento.
Era una giornata tranquilla, eppure lei non lo era affatto.
Non riusciva a sentirsi in pace con sé stessa, e a dire il vero… era sicura che
Sasuke e Naruto non avrebbero dovuto allenarsi, quel giorno. Era troppo presto
per Sasuke.
Potrebbe farsi di nuovo male.
Ma non è fatto di vetro, Sakura. L’hai visto debole, ma lui non lo è.
Dovresti saperlo.
Deglutì.
Arrestò il passo, e si guardò alle spalle. Ansiosa, stranamente agitata.
Ma Naruto e Sasuke non erano ancora usciti di casa. Con un sospiro rassegnato,
oltrepassò i cancelli del Clan Uchiha, inoltrandosi per le strade di Konoha,
verso l’ospedale.
Il Clan Uchiha si trovava in una zona periferica del Villaggio della Foglia, e
sapeva di dover camminare un bel po’.
Volendo,
avrebbe anche potuto correre.
Ma…
[… ricordi la favola della tartaruga?]
… non si
affrettò affatto, intonando piuttosto qualche nota, in una melodia messa insieme
sul momento. Ancora una volta, i suoi piedi presero inconsciamente il percorso
che, attraverso il parco, passava da casa di Ino, fino all’ospedale.
… non le ho ancora detto nulla…
”Faccio il tifo per te, comunque sia.”
Ed io ancora non le dico nulla. Mah.
Forse
dovrei fermarmi da lei… dovrei?
Ma non era
tranquilla. Non era affatto tranquilla.
Attribuendo la colpa a Sasuke
[… e a Naruto che gli mette strane idee in testa, quel deficiente…]
deglutì,
e continuò a camminare.
Ignara di
due paia di occhi che, con interessato distacco, avevano iniziato a seguirla in
ogni suo movimento.
All I know for sure is I'm
trying…
I will always stand my
ground.
Naruto
parò il primo pugno sinistro [troppo debole], il secondo destro, ma non
fu abbastanza concentrato da evitare anche il calcio che il suo ex-compagno di
squadra mirò al fianco. Spostato dall’urto, frenò la caduta appoggiando la
destra a terra, e ricambiando la cortesia con un altro calcio, questa volta
mirato al petto di Sasuke.
Quest’ultimo lo schivò di un pelo, ma si sbilanciò troppo, esitando
nell’equilibrio.
Il dojo era nelle condizioni previste da Sasuke. Strati su strati di polvere,
sangue che si poteva scorgere fra le fessure di un tassello di legno e l’altro,
ragnatele, una finestra dall’imposta rotta. Una parete, a destra, sembrava
essere stata bruciata, ed aveva intravisto un paio di scarafaggi zampettare
indisturbati nelle loro tane. Ma Naruto aveva fatto spallucce, con la solita
espressione da “Meglio di niente.”
Sasuke si
era adeguato, e l’aveva attaccato.
Ora, si poteva dire stessero più o meno in parità – e l’Uchiha era sicuro che il
compagno di squadra si stesse trattenendo, per via delle minacce di Sakura.
Come può far paura, una ragazza. E’ qualcosa di totalmente irrazionale.
Vide con
la coda dell’occhio Naruto che eseguiva i sigilli per la Kage Bushin no Jutsu,
e poggiò il gomito sinistro a terra, pronto a darsi lo slancio per rialzarsi e
contrattaccare…
… ed era Kakashi-sensei, quello che si era appena affacciato alla porta?
Naruto si bloccò sul segno del Cane, battendo ciglio. Sasuke si bloccò con il
braccio sinistro poggiato per terra, gambe leggermente piegate.
” Yo.”
Merda.
Naruto sembrò
pensare evidentemente la stessa cosa, dato che si fiondò dal maestro, quasi
volesse ostruirli la visuale dell’altro compagno di squadra. Ma, ormai,
era troppo
tardi.
Il braccio. Merda.
Sakura non c’entra niente, niente. Negalo.
Qualunque cosa dica, negalo.
Ma certo che la vita, quando decide di…
”Bel braccio,
Sasuke-kun. Finalmente ci decidiamo a mostrarlo al mondo?” Commentò il maestro,
con la solita espressione serafica sul volto. Sasuke battè ciglio, stavolta
imitando Naruto.
E fu proprio il biondo, qualche attimo dopo, a protestare.
”Ma che, sensei, lo sapeva mica…?”
”Mh, chissà. Sono venuto a trovarti, no?” Mormorò pacato Kakashi, abbassando la
voce sulle ultime sillabe, che sfumarono nella gola. La sua attenzione sul
ragazzo che si era sistemato seduto, in una posizione più comoda, sul pavimento:
ragazzo con un’espressione tremendamente seccata sul viso.
”Ah, non fate altro che sottovalutarmi, voi tre. A me non importa quello che
state combinando, davvero. Finché non fate idiozie. Ed appunto per questo, a
quanto pare, l’Hokage ha fatto bene a mandarmi qui, eh? Quella donna è veramente
inquietante.”
Riprese il
maestro, con un sospiro.
“Dov’è Sakura? Non era con
voi, colei che muove tutte le stringhe nel buio?”
Sasuke sbuffò a quel commento, scostando lo sguardo verso la finestra rotta.
Tanto per un allenamento, eh.
”Sta andando all’ospedale da Shizune.” Replicò invece Naruto, espressione
vagamente perplessa sul volto. “Insomma, chi stai cercando?
Sakura-chan o
questo qui?”
”Tutti e tre, a dire il
vero. Sakura perchè si ritrova, suo malgrado, nella squadra sette, tu
perché in fondo riguarda te, e Sasuke perché potrebbe farsi venire la
felice idea che riguardi lui.”
”Insomma, che c’è?”
”Due individui non identificati, con la divisa dell’Akatsuki, sono stati
avvistati nei pressi di Konoha. E tu, Sasuke, hai l’ordine di non muoverti di
qui. Non ci penserai tu. Probabilmente, stanno cercando te, eh Naruto?”
Si interruppe, osservando entrambi i ragazzi. Naruto con espressione imbronciata
sul viso, Sasuke con gli occhi sbarrati. Il jounin sospirò, scuotendo il capo.
”Ora, vi devo accompagnare mano nella mano dall’Hokage, o fate da soli, cosicché
io possa andare a cercare la ragazza indifesa del gruppo?”
Naruto fece per schiudere le labbra in una risposta, probabilmente non troppo
gentile. Ma fu interrotto da Sasuke che, spingendolo da parte, oltrepassò prima
lui, poi Kakashi.
L’occhio del maestro lo seguì allontanarsi verso l’entrata, con la solita
espressione annoiata.
”Incredibile come
non mi ascolta mai fino alla fine. Questo non fa di lui il migliore degli
allievi, davvero.”
Sbuffò, prima di
corrergli dietro.
Naruto si limitò a seguire i due, più che altro perché pronto ad affrontare la
sfida.
”Devono smetterla, dannazione!”
Sapeva che, ogni giorno, Konoha era in pericolo per via dell’Akatsuki. Poteva
esserci un attacco da un momento all’altro, come al Villaggio della Sabbia. A
causa sua.
”Sarà la volta per farla finita, eh?”
Stand my ground, I won't give
in… (I won't give in!)
I won't give up… (I won't give up!)
… no more
denying, I got to face it.
Won't close my
eyes and hide the truth inside.
If I don’t make it, someone else will…
Era
ancora poco più dell’alba, ed alla voce maschile, la ragazza arrestò il passo.
”Ehy, Itachi…? Quella non è la ragazzina in squadra con la volpe a nove code?”
… stand my
ground.
A/N:
ora, ci chiederemo… è una situazione principe e principessa? Eh, boh. Ripeto che
non mi piacciono, ma chissà [direi che è un "no, non lo sarà". La storia va avanti così, ormai, da sola. Per quel che riguarda le condizioni effettive di Itachi, prossimo capitolo, ne?
Prometto che non sarà clichè, fino alla fine. Spero. Che
cavolo di capitolo lungo!
Kakashi sa, ma finchè non fanno casini, per lui va bene così. Perché? Ricordiamo
le parole di Obito, prese in prestito poi da Kakashi? “Chi non rispetta le
regole è feccia, ma chi abbandona i suoi compagni, è feccia della peggior
specie.”.
In un suo modo del tutto personale, Kakashi è fiero di Sakura, che ha applicato
perfettamente quel piccolo pensiero. E finché Sasuke non fa idiozie – e sappiamo
tutti che ha una certa tendenza al merito – va tutto bene. Spero di essere
riuscita a tenere Kakashi IC, dato che non è che sia così familiare nello
scriverlo. Sakura e Sasuke progrediscono piano, mh. Tutta colpa di Sasuke
suppongo. Sisi, colpa sua. Sempre. Mai mia >_>
Naruto IC? Boh. Questo
capitolo mi ha divertito, soprattutto la prima parte.
Inoltre, chiedo parere sulle scene d’azione. Perché sinceramente è la prima
volta che ne scrivo una, e sapete com’è >_>” Inoltre, mi scuso per il ritardo.
Ma almeno è lungo il capitolo XD
Spero apprezziate! Hola! ^o^ |
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** IX - Nightmare. [Sakura] ***
Nuova pagina 1
A/N:
-
Esattamente,
direi che l’idea di maturare per “riflesso” rende abbastanza bene il concetto.
Se deve avere a che fare con gente che è maturata, non può restare indietro, no?
Nyah! [Sasuke non conta, dopotutto. Mica matura lui, ecco. Speriamo di riuscirlo
a farlo maturare un poco…]
-
La Sakura è
quella del Post-timeskip, l’avevi presa bene XD
-
La dea della
fortuna di Konoha? Oddio… Perché, ne hanno mai avuta una? X°°D Mi limito a
quotare Sasuke: Quando la vita ci si mette… Mai insultare la vita. Mai. Potrebbe
offendersi XD
-
Più che
complesso, direi che Sasuke Uchiha è complessato, ecco. [La bambola gonfiabile
di Itachi la prenoto io o.ò” Insieme ai gatti marci.]
-
Per Miyu ed Ery…
Erica vince un esemplare della bambola gonfiabile di Itachi X°°D O punchingball
stile Sasuke. A sua scelta XD
Uhm.
Allora, tengo a precisare che questo capitolo è abbastanza crudo. Molto crudo.
E’ nominato Orochimaru, il che mi sembra [solo questo dovrebbe essere un warning,
a parere mio. Brr…].
Quindi, tanto sangue e pochi pensieri carucci. Piace? Non piace? Vabbeh, pace.
Possiamo dare il via alla seconda parte del festival del macabro! Si aprano le
danze! [Nessuno ti batterà mai in questo campo, L.A.D.L+ASJSDJETCET
Amora! °_° Io mi diletto, la maestra sei tu *_*]
Song: “ Nightmare – M.S.G. ”
E già il
titolo della canzone usata… Gh. Diamo il libero sfogo alla pazzia!
Mi scuso
per la scena d’azione, che avrebbe potuto essere migliore. Ma non rientra
esattamente nelle mie abilità.
Nella
scena di botte ci sono parti mancanti, causa il punto di vista di Sakura.
Verranno implementate nel prossimo capitolo [purtroppo.] XD
Era tutto ciò di cui aveva
bisogno. Un punto debole.
[Se non ce l’ha, crealo tu.]
Itachi non aveva un punto
debole, non lo aveva mai avuto. Itachi era stato il Dio attorno al quale la sua
vita, da piccolo e fino a quel momento, aveva orbitato.
Itachi, ai suoi occhi, era sempre stato perfetto. Immutabile e perfetto.
Una costante nella sua vita, una costante di cui voleva liberarsi, in qualunque
modo.
Ma Itachi era come Dio…
[Allora perché
sanguini?]
… un Dio che, ora, aveva un
punto debole.
[La tua spalla sanguina, la
tua spalla brucia. Concentrati su quella spalla Uchiha, staccagli il braccio se
è necessario: è un punto aperto. Puoi fargli male.
Perché lui non è un dio. Non lo è mai stato.]
Si rialzò, spostando lo
sguardo dalla Kusanagi a terra fino alla spalla di lui. Il polso destro, come
prevedibile, era slogato. La mano la muoveva appena.
Ma che importava?
Gli Sharingan bruciavano negli
occhi. Il segno bruciava sul collo.
Era vivo. Questo bastava.
[Spalla. Obiettivo. Bersaglio.
Sei mio, oggi.
Oggi sei mio, Itachi.
E sei morto]
Ancora una volta, il chakra si
andò a concentrare in uno sfrigolio nella mano sinistra. Ancora una volta, il
ragazzo partì alla carica, chino in avanti, volto contratto.
Non pensava. Non pensava mai
in questi casi.
Era l’odio, a pensare per lui.
[L’odio? Davvero?]
“Chidori!”
IX – Nightmare.
Nightmare,
lying here in the dark.
… Scared, like my dreams made their mark…
I wonder…
Sasuke-kun le dava le spalle, come aveva sempre fatto fin da quando erano
bambini.
Le
dava le spalle, e lei lo chiamava. Lei, a gran voce, gridava, nell’aria che non
esisteva.
Perché lui era coperto di lacrime nere, lui le dava le spalle e non la sentiva.
C’è
qualcosa di sbagliato.
Sentì
mancarle il respiro, sentì la paura, il panico di quel giorno. Sentì il cuore
accelerare il battito, il respiro affannarsi.
”Perché quello non può essere Sasuke-kun…”
Gli corse incontro, e l’aria era rarefatta, i suoni ovattati e rifranti da
un’eco invisibile.
A
qualche passo di distanza, Sasuke-kun si voltò verso di lei. Come se, dopo tutte
quelle grida, l’avesse sentita solo adesso. “Sasu…”…ke-kun?
Si
fermò. Si zittì. La ragazza si zittì, affondando le unghie nel palmo della mano,
stringendo quel pugno vicino alle labbra, occhi sbarrati, labbra tremanti.
Sasuke-kun?
Due
occhi dorati la fissavano, dietro il viso di Sasuke-kun. Viso che si stava
sciogliendo, come una maschera di cera, su occhi dorati. Occhi dorati da
serpente, che per mesi avevano occupato i suoi incubi. Che recentemente erano
tornati ad occuparli.
Non…
Non può…
La
pelle cadeva a pezzi sul volto scheletrico, contratto in quel sorriso folle che
aveva avuto quel giorno. Quando per la prima volta si era svegliato, dopo che
Orochimaru…
C’è qualcosa di sbagliato…
C’è…
C’è…
Sasuke-kun…? Sasuke-kun?
“Sorpresa, Sakura-chan.”
La voce di Orochimaru, la voce del serpente, una voce che non apparteneva a
Sasuke-kun era appena uscita dalle labbra di cera di Sasuke-kun.
Sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime, l’aria inesistente non arrivare più ai
polmoni. Era paralizzata, respirava a fatica, le sue gambe, l’intero corpo
tremava.
Come quel giorno, dopo averlo guardato negli occhi…
Un
singhiozzo, due, mentre quella… quella cosa si avvicinava a lei.
Due passi lontana. Un passo.
Era lì.
Non
riuscì ad emettere un suono, sentendo le dita fredde di Sasuke-kun – non è
Sasuke-kun! – sulla gola, nel vedere quel sorriso così sbagliato sulle sue
labbra che stavano perdendo forma, quella luce di follia nella pupille da
serpente.
Le
dita della mano le si serrarono sulla gola, tagliandole via la poca aria che era
riuscita a respirare in quell’atmosfera malsana. Boccheggiò, senza emettere
alcun suono, le lacrime mute che solcavano il viso.
Le
gambe cedettero, e non riusciva a respirare, stava affogando…
Affogo, e non sono le
lacrime, è Sasuke-kun…
… non è Sasuke-kun!
Ed io soffoco perché lui non è lui e mi ha ingannata e non respiro e mi dispiace
perché era troppo tardi Sasuke-kun mi sono lasciata ingannare e mi dispiace
perché ormai tu non ci sei più ed io non ci sono più non ci siamo più ed è tutta
colpa mia mia mia miamiamia
Midispiacemidispiacemidispiace
Lui
era sopra di lei, e lei era in ginocchio. Verde nell’oro, le pupille di lei
dilatate, ed i polmoni reclamavano disperatamente aria che non poteva più
arrivare.
Lui continuava a sorridere, mentre la faccia di Sasuke-kun ormai cadeva a
brandelli, a pezzi. Lentamente, si scioglieva e colava su di lei.
E’
tutto sbagliato…
La
stretta si strinse, ed il collo si spezzò con un rumore innaturale.
Lei
continuava a piangere.
Ma era
già morta…
…Sasuke-kun le dava le
spalle, come aveva sempre fatto fin da quando erano bambini.
Le dava le spalle, e lei lo
chiamava. Lei, a gran voce, gridava, nell’aria che non esisteva.
Non esisteva. Non esisteva.
E lei era morta.
Sasuke-kun le dava le spalle, come aveva sempre fatto fin da quando erano
bambini.
Le
dava le spalle, e lei lo chiamava. Lei, a gran voce, gridava, nell’aria che non
esisteva…
… Non…
E’ tutto sbagliato! Lui è…
lui è…
Dreamer… always alone.
Dopo
aver sentito la voce maschile, si era fermata e si era voltata. A quell’unico
richiamo per la sua attenzione: la volpe a nove code.
Istintivamente, nel voltarsi, aveva estratto il kunai dalla cintura dove lo
aveva tenuto stretto fino a quel momento.
Davanti a lei, la prima cosa che aveva notato fu quell’ombra di Sasuke, così
simile ed eppure così diversa. Altrettanto, però, malridotta.
Aveva visto troppe foto nella casa di Sasuke-kun, per non poterlo riconoscere.
“Itachi Uchiha.” Aveva mormorato a quel punto, affondando il canino nelle
labbra, posa sulla difensiva.
… deve essere la fine, mh.
Il
giovane uomo non la stava degnando di uno sguardo – tipico degli Uchiha,
apparentemente – piuttosto gli occhi seccati, neri come la pece, erano fissi
sull’altra persona accanto a lui.
Persona che aveva una carnagione malsana, come se fosse stata immersa
nell’acqua, e lì dimenticata.
“Ne, Sakura-chan, poi c’era
questo tipo che, giuro, sembrava un pesce! Ti dico che è così!”
”Ma smettila…”
Ma
ora, c’era solo silenzio.
”E’ lei, no?” aveva ripetuto l’uomo, mano stretta sull’elsa dello spadone che
portava sulla schiena.
Pesce fuor d’acqua. Cosa
vogliono?
Volpe a nove code… Non possono…
La
ragazza aveva stretto la presa sull’arma a lama corta, ed aveva schiuso le
labbra per parlare. Ma l’Uchiha, l’altro Uchiha l’aveva preceduta, con
tono tranquillo. Forse con un fondo di irritazione – impossibile dirlo.
“… Non
importa. Non siamo qui per lei, Kisame. Non abbiamo tempo da perdere.”
“Il
kyuubi, certo. Sono sicuro che lei lo sa, dov’è. Non è vero?”
“Non
abbiamo certo bisogno di chiederlo a qualcuno come lei. Non
avresti nemmeno dovuto parlare.”
L’Uchiha maggiore aveva a quel punto voltato loro le spalle, con serafica
tranquillità, calandosi appena il copricapo sulla fronte, ad oscurare il viso.
Solo allora Sakura si era accorta della mano. La mano che, dal colorito,
sembrava una cosa morta, pallida, quasi lasciata lì a marcire. Da medico, o
apprendista tale, si era data una sola risposta.
Il sangue non circola bene.
“Non ce l’ho fatta.”
E’ così che ha detto Sasuke-kun. Quello lì il braccio non dovrebbe riuscire a
muoverlo.
Perché ci riesce?
“Ora
l’Hokage saprà di noi. Sempre che non ne sia già a conoscenza.” Un sussurro,
vagamente minaccioso. Sakura era rabbrividita, ma l’altro uomo – Kisame, lui era
scoppiato in una risata. E le aveva donato il profilo grottesco di creatura
marina, mentre con lo sguardo aveva seguito il compagno.
”Tanto vale chiederlo a lei, no? Certamente lo saprà.”
L’altro aveva continuato a camminare, Sakura aveva notato, strascicando appena
la gamba sinistra. Così fieramente, che lei non se n’era quasi accorta.
La ragazza aveva serrato le labbra, nell’osservare quella schiena voltata
allontanarsi.
Come sempre. Basta. Basta!
Lo
sguardo fisso sul punto in cui avrebbe dovuto essere quel braccio, sotto la
cappa nera e rossa.
”Fermi! Credete per caso che vi lascerò vagare così per Konoha? Siete
ricercati.”
L’uomo che le aveva donato il profilo scoppiò a ridere, di nuovo. “E cosa credi
di fare, contro di noi? Scappa via, oggi che puoi.” Aveva accennato a girarsi, a
seguire l’altro.
Sakura aveva sentito il panico mischiarsi ora con la rabbia, con un assurdo
istinto di proteggere il suo compagno di squadra, che sicuramente era più forte
di quando non lo fosse lei.
Le mani le tremavano. L’intero corpo le tremava. Era irritata, era…
Basta, basta, basta! Perché
li tormentate sempre?
Perché ce l’avete con noi, dannazione?!?
Sta tutto tornando come
prima, ora…
Stiamo tornando a tre anni fa, ora…
Dovete smetterla, smetterla…
… perché Kakashi-sensei ha detto che sono io, a tenere unita la squadra…
… voi dovete smetterla…
Basta!
”Non
voltatemi le spalle!” aveva gridato, ed aveva attaccato Itachi Uchiha.
Nel
momento in cui lo aveva visto evitare quell’attacco con un semplice movimento
distaccato, nel momento in cui aveva visto quegli occhi rossi… aveva
saputo di aver commesso un errore.
Un
grosso errore.
Da sola. Forse, uno contro
uno, avrei potuto sperare di farcela – senza riuscirci.
Non
era solo progredita nel campo medico – Naruto le aveva fatto gentilmente notare
che era diventata fin troppo fisicamente forte per i suoi gusti- poteva farcela,
e doveva farcela. Ma Itachi Uchiha, pur in svantaggio, aveva evitato ogni
colpo diretto. Con il kunai era riuscita a sfiorargli il viso, il braccio
malato.
Non c’è alcun onore, in
tutto questo.
Aveva
tratto sangue, ma non l’aveva colpito.
Perché per chi vede ogni
mio movimento, tutto questo è nulla…
Poi,
alle spalle, era stata colpita violentemente alla schiena, un rumore
agghiacciante di ossa che si storcevano. La vista le era mancata, si era
ritrovata a terra prima di sapere come.
Perché lei era sola, loro erano in due. Perché lei si era fatta prendere dal
panico…
… e loro non hanno bisogno
di me che li proteggo.
Si era
sentita sollevare dalla collottola del vestito, aveva sentito qualche parola da
parte dell’uomo simile ad uno squalo, ma non aveva capito nulla. Aveva sentito
la sua risata, ma era ovattata dal rumore sordo del dolore, sulla schiena.
Poi, aveva visto degli occhi rossi in quella foschia di sensi.
Ed era
annegata in quel sangue.
Lost in a part
of myself I can't find anymore.
I wonder… if it's gonna end tonight…?
Ed
ora, aveva la vista sfocata dalle lacrime, la gola le faceva male come se avesse
gridato per ore.
Quando non era neppure riuscita ad emettere un suono.
A chiamarlo per nome – Con che nome? Con che nome? Non era lui, non era lui,
era…
Sasuke-kun, mi dispiace,
Sasuke-kun, era troppo tardi e non eri più tu…
Tutto questo tempo, e non eri più tu…
Sasuke-kun… Mi… mi…
Mi dispiace, mi dispiace…
M i d i s p i a c e . . .
Sapeva
di essere morta, ma non riusciva a frenare le lacrime. Il suo corpo – morto?
– era scosso dai singhiozzi irrazionali, dai singhiozzi spaventati, dai
singhiozzi disperati. La schiena le bruciava, le faceva male. Sanguinava, anche
se il cuore non batteva più. Sapeva che non batteva più.
Non è giusto, non è giusto,
io… Sasuke-kun… io…
Non si
era neppure accorta di essere ancora in piedi, quando si sentì cadere a terra,
erba fresca di rugiada sulla pelle scoperta. Profumo di natura nelle narici,
premute contro la terra umida.
Ma lei doveva essere morta, lo era, ed ignorò tutto.
E’ colpa mia, troppo tardi
io… Noi… troppo tardi, era tutto troppo tardi…
Io… io…
Sentiva il corpo tremare, e non era normale. Aveva gli occhi aperti, e vedeva
sfocati i fili d’erba muoversi sotto il filo di vento, e nulla aveva senso.
Scossa dai singhiozzi, vide la luce oscurarsi davanti a sé. Un ombra nera e
rossa ondeggiarle davanti, quasi irridendola.
Un
piede le spinse la guancia contro la terra umida, graffiando la pelle. Ancora
una volta, sentì l’aria mancarle
Quando ho ripreso a
respirare? Come posso riprendere a respirare?
Nel suo campo
visivo comparvero quei due piedi dalla carnagione malsana, livida.
“Ne, Sakura-chan, poi c’era
questo tipo che, giuro, sembrava un pesce! Ti dico che è così!”
”Ma smettila…”
Li ho già visti, io…
Era
morta, eppure continuava a sentire le voci, a vedere l’erba, a sentire il
profumo di terra bagnata. Quante volte era morta? Quante volte? Si muore una
volta sola…
Sasuke-kun…
“Smettila. Andiamo via.”
”Itachi, non sei di buon umore, oggi.”
”…”
”Ma quando mai. Che crudeltà, l’avevo già sistemata io. Andiamo, si.” Sospirò la
voce più usata delle due.
E lei, per terra, in un tumulto di singhiozzi, tremava.
Perché
le era piaciuto, per un attimo, essersi sentita utile.
… ma lui non c’è ed è tutta
colpa mia…
Il
volto venne premuto più forte contro la terra del parco e lei, nonostante
fosse morta, non riuscì più a respirare. La vista si oscurò fra le lacrime
di stizza e di dolore, di disperazione. Serrò gli occhi.
Sono morta, perché non
posso andar via?
I can't sleep
alone anymore…
I need you here with me.
Even though I
closed all the doors,
there's somethin' holdin' me.
“Sakura-chan? Sakura-chan, rispondimi. Per favore, Sakura…”
Affioro.
Affioro.
Affioro.
A
malapena riuscì a socchiudere gli occhi di quel corpo che si rifiutava di
obbedirle. Ma non vide nulla, se non l’azzurro cielo. L’azzurro cielo batté le
palpebre, e disse qualcosa.
Voleva dire che non capiva, ma dalle labbra non uscì un suono. Le stesse labbra
non si muovevano.
“Sakura-chan? Ti sei svegliata? Cosa…”
Ma lo
sguardo era ricaduto più in basso, assieme al viso, a sfiorare l’erba umida di
rugiada. Respirava.
Affioro e respiro.
Sentì
qualcuno scuoterla, ma non riuscì a dire che stava bene, che non c’era bisogno
di fare così, che così le faceva male. Qualche ciocca le ricadde davanti al
viso, ma non riuscì a sollevare la mano per scostarla.
Muoviti. Muoviti! Parla…
Devi dire che Sasuke-kun…
Che lui…
Poi,
gli occhi fissi scorsero per un attimo la figura di Kakashi-sensei, che più in
là era appena stato colpito al petto da una spada fasciata
L’ho già vista…
… e si
sarebbe lasciata sfuggire un richiamo all’attenzione, lo spavento per il sangue
che sarebbe dovuto scorrere, ma Kakashi-sensei non c’era più. Legno caduto per
terra, al posto del sangue, e lontano dal suo campo visivo.
La voce, vicino a lei, continuava a parlarle.
“Sakura-chan, cazzo, rispondi!”
Ma lui
era lì. Lui le dava le spalle, inginocchiato per terra, lontano. Riusciva a
scorgerne il profilo contratto, lo sguardo quasi folle negli occhi rossi. La sua
mano di lacrime nere teneva stretta quella dell’altro Uchiha
Ma Sasuke-kun non è…
… ed
entrambe formavano un segno che, da quella distanza, lei non riusciva a
scorgere.
… il serpente ha morso
Sasuke-kun. Lui non è Sasuke-kun, ma…
“ E
cosa vorresti fare?”
”… ucciderti, questa volta.”
” Come ogni volta, del resto.”
“ Non
c’è possibilità d’errore, questa volta…”
” E’ difficile crederti, dopo questi anni.”
” … Sōjasōsai no
Ju…”
Il discorso, fatto di sibili soffocati fra i due, venne coperto da un’esplosione
fuori dal suo campo visivo, vampata di fiamme e di calore, la voce indistinta di
Kakashi-sensei, la risata dell’uomo marino.
Naruto le si parò davanti,
e la sua vista fu coperta dalla giacca arancione di lui, che la sollevò per
allontanarla.
Spostati.
Spostati.
SpostatispostatiperchèSasuke-kun…
… stupido, stupido, stupido, perché non vai ad aiutare Sasuke-kun?
Non un
suono uscì dalle sue labbra, nell’aria bollente, che ora era stantia dell’odore
soffocante di foglie bruciate. Voleva tossire, voleva alzarsi, voleva vedere
Sasuke-kun,
che non era Sasuke-kun
aiutarlo, ma non riusciva a muovere un muscolo. Il suo corpo, paralizzato dal
colpo violento dietro la schiena, indebolito da tutte le volte che era
morta, si rifiutava di obbedirle.
Poi, sentì l’urlo di Sasuke-kun, di dolore, di stizza, di rabbia.
Un’imprecazione soffocata.
Never Ending
Nightmare…
Always there instead of you.
Never Ending Nightmare,
no escape this time from you.
Naruto, a
quel grido, e si era
voltato.
Ma ancora, ancora le stava davanti, ancora le impediva di vedere…
Spostati Naruto,
Sasuke-kun, lui…
gridò, ma non uscì un suono
dalle sue labbra, il respiro si fece più affannato nel vedere gli occhi azzurro
cielo di Naruto sbarrati, occhi che vedevano qualcosa che le era negato.
Va’ ad aiutare Sasuke-kun…
Vide
Naruto boccheggiare, sillabare qualcosa di tremendamente simile al nome del loro
ex-compagno di squadra, che avrebbe dovuto ancora esserlo, lo vide voltarsi
verso di lei, con quegli occhi sgranati.
Così,
voltato, vide la schiena di Sasuke più vicina a loro, quasi fosse stato respinto
via, col capo chino, le mani serrate sul viso. Sottili imprecazioni, mentre,
instabilmente, si stava rialzando.
Non lo vedeva in viso. Ma Naruto lo aveva visto.
E lei lo vide schiudere le labbra, esordire “Sakura-chan, qui stai al sicuro, io
vado da…”
”St… Stanne fuori, Naruto. N-non ti allontanare da lei!” arrivò mordace la
risposta dell’altro ragazzo, ansimante, tremante, che le donava la schiena.
Smettila di essere così
stupido, Sasuke-kun… cosa… cosa…?
Naruto
non rispose, ma Sakura vide i suoi pugni stretti, vicino a lei, tremare.
“Merda, Sas’ke…”
”E’… è la mia battaglia... e tu, tu non c’entri niente, lei non c’entra
niente, voi non c’entrate niente, Konoha non c’entra niente. E’ mia. E
basta.”
”Sono… sono anni che lo ripeti. Eri arrivato al suicidio? La conosco
quella tecnica.”
”Sta’ zitto. Sta’ zitto e muori. Cazzo, stai zitto e muori!”
Abbassò le mani, e Sakura vide il sangue
troppo
gocciolare copioso dal palmo macchiato dal segno nero, dal palmo che aveva
tenuto premuto contro il viso.
Ma non si mosse nessuno. Vicinissima, ma ormai ridotta ad un semplice
sottofondo, sentì distrattamente la voce di Kakashi-sensei chiamare il suo
Chidori.
Lo
sfregare dell’elettricità cadde in orecchie sorde. Perché il marchio, quelle
piccole gocce di inchiostro nero, stavano bruciando. Bruciando si espandevano,
come quel giorno, peggio di quel giorno, e voleva alzarsi e corrergli incontro,
ed aiutarlo, perché Naruto le stava accanto e non si muoveva.
Voleva chiamarlo
S a s u k e – k u n . . .
… ma
non mosse un muscolo.
Perché, bruciando, si univano fra di loro, a ricoprire la pelle graffiata, la
pelle chiara, quel braccio inumano – per colpa mia. E Sasuke-kun
ansimava, i pugni stretti ai fianchi. Quando la pelle fu quasi totalmente
adombrata, lo vide chinarsi appena, richiamare il chidori con quel braccio che
avrebbe dovuto essere a riposo.
E i miei occhi non
funzionano perché Sasuke-kun…
Sotto
gli occhi dei suoi due ex-compagni di squadra, Sasuke venne ancora una volta
respinto, bloccato da un colpo dritto allo stomaco, che gli fece tossire sangue.
Ormai sembrava non pensare più, sembrava affrontare suo fratello come Naruto
aveva affrontato i suoi primi nemici: senza pensare. Guidato dalla rabbia, e
senza pensare.
Non come Sasuke-kun…
E
quando cadde a terra, rivolgendole l’espressione serrata, Sakura ne comprese il
motivo.
Dov’è… l’altro occhio?
Il
cuore saltò un battito. Due. Tre, di assoluta paralisi mentale.
Poi, affannato per quella pausa forzata, riprese a battere violentemente,
velocemente, quasi si rifiutasse di rimanere immobile in quel corpo paralizzato,
mentre lui…
Sasuke-kun…
Mentre
nell’altro Sharingan di lui – l’unico – il nero del marchio si stava
estendendo a tutto l’occhio, infettandolo con il suo veleno.
Sasuke-kun…
Ed il
respiro di lui era irregolare, troppo veloce, e le mani si contraevano
Come gli artigli di un
rapace, non come Sasuke-kun…
lui non è più Sasuke-kun, ma io lo sapevo, ed era colpa mia…
[ Lately been
around someone new.
Needed to fill in the space
that once sheltered you. ]
Still I worry, if you're gonna be alright…
Le
mani di Naruto tremavano, e lo sentiva mormorare qualcosa. Non di sorpresa –
come avrebbe dovuto essere.
Sasuke-kun, cosa non mi
avete…
… detto, voi…
Smettila, smettila, lasciati aiutare…
Naruto
le stringeva la mano, ed insieme tremavano, per motivi del tutto diversi.
“Davvero,
Sakura-chan. Loro non sembravano neanche umani.”
”Lo dici solo per
spaventarmi, Naruto.”
”Prova
a chiederlo a Rock Lee, allora, e vedrai!”
”Ma piantala!”
Neanche umani.
Neanche…
… smettila Sasuke-kun…
L’occhio nero, con la pupilla rosso sangue, non era umano. Le unghie che il
ragazzo aveva affondato nel polso del fratello, la cui mano era serrata sul suo
collo… quelle unghie non erano umane.
Graffiavano la carne, affondavano nella carne, traevano sangue. Così come quella
mano fraterna gli traeva il respiro.
E’ colpa miamiamia, se non
l’avessi curato, ora lui sarebbe a casa…
[ S a s u k e - k u n… ]
“… guardati,
cosa sei diventato.”
Il marchio ormai era
sfumato su tutta la pelle, pelle grigia
non umana
ed il
ragazzo aveva quell’occhio spalancato fisso sul fratello, quella cavità vuota
fissa sul nulla, e non emetteva un suono se non il respiro affannato.
Ora lui sarebbe a casa, ed
io sarei con lui…
[S a s u k e – k u n…]
E poi
quel grido, frustrato, quando affondò le unghie nel braccio dell’altro Uchiha,
quel braccio dove il sangue sembrava non circolare affatto, un braccio
attaccato lì – ricucito lì - alla meno peggio…
Dopo qualche attimo, Itachi ritrasse la mano. Lì per lì, sembrò per quelle dita
affondate nel suo braccio – dita che nonostante tutto non lasciavano la presa.
Ma le labbra di Sasuke erano livide, la pelle di Sasuke era livida, infettata
dal Segno.
I capelli di Sasuke-kun non erano i capelli di Sasuke-kun.
Io sarei con lui, e lui
probabilmente sarebbe distrutto, ma io…
[ q u e l l o n o n è S a s u k e – k u n ]
E
quelle… quelle cose che si stavano gonfiando sulla schiena di Sasuke-kun…
non potevano essere sulla schiena di Sasuke-kun.
Rumore sordo di pelle squarciata, rumore sordo di tessuto strappato.
Mentre, prima una, poi l’altra, quelle grottesche imitazioni di ali rapaci si
facevano strada nella pelle,
[ a r t i g l i s u a r t
i g l i ]
… ma io gli starei vicino,
e lui prima o poi si sarebbe ripreso…
[ q u e l l o n o n è S
a s u k e – k u n ]
e
Sakura non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di cosa stava accadendo,
perché ormai non vedeva più Sasuke-kun, ma ciò che Orochimaru aveva plasmato con
il tempo. Non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto che quello era
stato Sasuke-kun minuti – secoli - prima
[I pugni stretti di Naruto
tremavano]
[Quanti anni sono passati?]
ed Itachi Uchiha non ebbe
nemmeno il tempo di accorgersi dove aveva portato suo fratello, in tutti questi
anni, che quella cosa rafforzò la stretta sul braccio
malamente attaccato
e tirò con quanto vigore
aveva in corpo, spiegando quelle ali di pelle sbiadita.
Ed
ancora una volta rumore di carne strappata.
[Di quell’uomo a cui quasi
mancava un braccio, di quell’uomo che aveva lo squarcio sulla spalla,
di quell’uomo che non aveva avuto il tempo di guarire davvero]
Non un
suono sfuggì dalle labbra dell’Uchiha maggiore, che pareva per la prima volta
più colpito da ciò che i suoi occhi vedevano, piuttosto che da ciò che il
suo corpo sentiva.
Il
respiro dei due era irregolare, ma Sakura non riusciva a decifrare l’espressione
di nessuno dei due.
…
si sarebbe ripreso, e
saremmo stati insieme…
... per sempre noi…
[ B a s t a ]
“Muori.
Per una buona
volta, muori, e va’ all’inferno!”
Sakura
vedeva il chakra concentrarsi nella mano di Sasuke-kun, con quello sfrigolio
elettrico familiare…
[Mille falchi prendono il
volo, via, lontani da me.]
[ S m e t t i l a ]
[ B a s t a ]
[ q u e l l o n o n è S a s u k e – k u n ]
… ma
come poteva quella cosa conoscere quella tecnica, quando soltanto lui
e Kakashi, sapevano…?
…
per sempre noi… ma ora…
... lui non c’è…
”Neanche umani, Sakura-chan…”
“Neanche umani, Sakura-chan…”
Neanche…
Il
Chidori impattò con furia cieca contro la spalla già squarciata dell’altro
Uchiha, e muta Sakura vide quel braccio malsano sbilanciarsi, quasi stesse per
cadere da un momento all’altro.
Quel colpo parve scuotere Itachi dal silenzioso, malcelato ribrezzo di fronte a
quella creatura - suo fratello minore – e strinse i denti, unica ruga sul volto
placido.
“… non
è per questo, che ti ho lasciato vivere quel giorno.”
Poco più d’un
sussurro. “Non perché tu ti riducessi a questo. Non sei degno del nome degli
Uchiha, tu. Loro non ne erano degni.”
L’occhio sbarrato di
Sasuke era fisso sulla sua stessa mano, affondata nella spalla di suo fratello,
macchiata del suo sangue
che è anche il suo.
“Loro
non ne erano degni, e tu non lo sei. Tu non vuoi uccidermi, l’hai già
dimostrato. La tua è l’ostinazione di un bambino a cui è stato dato un compito a
casa che non riesce a compiere.”
L’occhio infettato di nero si mosse, freneticamente, dal volto di Itachi alla
sua spalla.
Ancora. Ed
ancora.
Furioso. Confuso. Spaventato?
… non avrei dovuto curarlo,
io…
... volevo farlo per lui…
”Neanche umani…”
… ma ho rovinato tutto, proprio io, alla fine.
La
ragazza soffocò in un singhiozzo silenzioso, senza riuscire a chiamarlo,
riuscendo solo a guardarlo da dietro la foschia delle lacrime.
Se solo potessi
raggiungerlo, io…
I can't sleep
alone anymore;
need someone here with me.
All I ever wanted and more...
My dreams are fighting for.
“Ti ho
chiesto di uccidermi, e tu lo fai perchè lo voglio io. Non tu. Il cuore…”
l’Uchiha maggiore tossì appena, unico segno di debolezza, rivolo di sangue dalle
labbra serafiche “ … il cuore è un po’ più in basso, fratellino.”
Le
mani livide del ragazzo si contrassero, scatto nervoso, prima che sul viso si
delineasse un’espressione meno sperduta, quasi più rincuorata.
Un sorriso
malsano...
“Sono felice quando
sorridi”
N o n c o s ì . . .
[quel sorriso così
sbagliato sulle sue labbra che stavano perdendo forma ]
… ed un unico
sibilo. “Grazie...”
Una
ruga solitaria si formò sulla fronte dell’altro. Un bagliore fugace negli occhi
di sangue.
” ... per l’indicazione.”
“Non
ti servirà.”
Basta…
Fosse
stata più vicina, Sakura avrebbe visto lo Sharingan di Itachi mutare. Ma da
quella distanza, non capì quel che stava succedendo.
Sentì solo un
sibilo da parte dell’altro Uchiha “... Amaterasu.”
Vide quell’ombra di
Sasuke-kun serrare gli artigli all’interno di quello squarcio nella
spalla, affondare le unghie, e graffiare giù…
[un po’ più in basso
perché il cuore è li.]
[Bruci così,
Itachi? Sanguini così?
Allora muori. Muori!
L a s c i a m i i n p a c
e e m u o r i! ]
Never Ending
Nightmare...
Always there instead of you.
Fiamme
nere si levarono attorno ai due, ma questa volta Naruto non tentò di
proteggerla, o di portarla via. Lei non ci fece caso, occhi sbarrati fissi su
quell’inferno.
Niente più Sasuke niente
più Sakura
Lui non c’è più io non ci
sono più, noi non ci siamo più…
Per sempre, io e lui,
avremmo potuto…
“…
neanche umani,
Sakura-chan!”
basta...
”Neanche umani!”
Quella
era la voce di Sasuke, roca, irriconoscibile
Ma è la sua.
Tra le
fiamme nere, ne vedeva l’ombra confusa, con quelle ali grottesche.
Il demone che si erge dalle
fiamme dell’inferno. Non è Sasuke-kun.
Inginocchiata per terra, china, sporta in avanti.
Immobile.
N o n è l u i.
Sentì
la voce di quell’uomo che dava di mare gridare qualcosa. Sentì la voce di
Kakashi-sensei gridare qualcosa. Parole affrettate di fronte a quelle fiamme.
Rumore di carta di pergamena…
”Fuuinjutsu Fuukahouin!”
Ogni
parola cadde in orecchie sorde, per Sakura. Che con occhi sbarrati, osservava
quel fuoco innaturale venire risucchiato via, e tra le fiamme quell’ombra di
Sasuke immobile.
Se solo non l’avessi
curato, noi…
Il
fumo delle foglie bruciate si levava attorno di loro, all’interno del parco,
ormai rovinato. Rumori di passi, lì attorno.
La intossicava, ma non trovava la forza di tossire. Gli occhi lacrimavano, e non
solo per il fumo.
Io non ho fatto nulla.
Naruto,
tu potevi. Perché non hai fatto nulla?
Lui non voleva. Che importa?!
Lui... da solo lui non
pensa.
Non deve stare da solo! Non deve!
Lo
vide, piano, estrarre la mano dal corpo di Itachi Uchiha.
Lo vide guardare con distacco il sangue su quella mano.
Nel fumo, vide quel volto grottesco distendersi in un’espressione perplessa.
Poi
incredula. Poi, confusa.
Sgomento. Smarrimento.
Rabbia. Tanta.
Vide dei canini troppo lunghi affondare nel labbro.
Basta Sasuke-kun.
Lo
vide affondare quegli artigli nel palmo stesso della mano.
Smettila.
E,
come un rapace si fionda sulla preda, lo vide rifondarsi su quel corpo esanime,
graffiando la pelle, artigliando la carne. Incurante del sangue, espressione
disperata sul viso. Furiosa. Smarrita.
Basta…
Le
unghie strappavano la carne, e come predatore dilaniava la preda.
[Perché tutto di lui deve
scomparire, vai via, vai via… ]
[Viaviaviavia…]
Il
braccio malconcio, mantenuto appena a quello squarcio sulla spalla, venne via.
Apparentemente, davvero cucito malamente, affinché potesse guarire.
Sasuke-kun, basta, basta…
Immobile, Sakura osservava quell’inferno privo di fiamme. Osservava quelle
cose piano ridimensionarsi sulla schiena di lui, il Segno ritirarsi
lentamente, la pupilla diventare più chiara, priva di Sharingan, priva di tutto.
Ma
lui, nonostante tutto, continuava ad infierire su quel cadavere, con la
disperazione di un bambino.
Lei
avrebbe voluto corrergli vicino.
Fermarlo.
Nessuno lo
stava facendo. Tutti
stavano osservando.
E’ un dolore privato.
Le
lacrime le impedivano di vedere quelle sul volto di lui. Ma lei sapeva che erano
lì.
Non lo senti il sollievo?
Non è
cambiato niente?
Smettila.
Sasuke-kun, smettila.
Ma
nessuno muoveva un muscolo. Nessuno lo mosse quando Sasuke, di nuovo vagamente
umano, si chinò sul cadavere insanguinato, ed affondò il viso contro la spalla
buona del fratello.
Itachi Uchiha aveva ancora gli occhi spalancati.
Ma il suo cuore giaceva
poco più in là, sull’erba bruciata.
Basta, Sasuke-kun.
B a s t a.
Io... non ti riconosco più.
Sakura soffocò un
singhiozzo, e sentì la mano di Naruto stringersi sulla sua.
Never Ending Nightmare
Punishing me for the things I do.
Never ending Nightmare...
No escape this
time from you.
A/N
: che parto ò_ò
Cristo santo, che parto! La prima scena d’azione della mia vita, con tocco
macabro. Spero non sia troppo… confondente. Alla fine, non ne sono pienamente
soddisfatta. Ma oh, serviva. La prima parte della battaglia starà probabilmente
nell’incipit del prossimo capitolo. Scuso per il ritardo, ma è stata davvero una
pena. Non voleva scriversi. Dal prossimo, tolto Itachi di mezzo ~ SakuSasu al
pieno. Olè. ^_^ a bientot! Solarial, mi fanno piacerissimo i tuoi commentoni,
mettono di buonumore e spronano a dare il meglio, sai? X°D Anche se mi
spaventano, comunque u.u.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** X - Hide. [Sasuke] ***
Nuova pagina 1
A/N :
apparentemente il
capitolo più lungo è stato proprio Nightmare. Quello più corto, escludendo il
prologo, the Ghost of You and Me. Quindi, sembrerebbe che scrivo sempre di più
man mano che vado avanti °_° Fermatemi, mi si fonderà il cervello, prima! >_<
-
Miyu, mi
hai uccisa con tutte le volte che mi hai chiesto se era pronta X°D E ti ripeto
che non se l’è mangiato, ecco ç__ç Non prendere alla lettera ogni mio delirio
>_< Stupida Sakura mezza nu… morta >_>”
-
Per
Darkphoenix, lo so. Quel ragazzo è assurdo, ma lo amiamo anche per questo
u_ù. Non leggere troppo nella mia mente, però. Tutto a tempo debito X°°D Intanto
possiamo affilare i coltelli per la prossima bella idea di suicidio che gli
verrà °_°
-
Mia cara
eraclitea, non rispondi dei tuoi commenti, immagino °_° Cercherò di non
fisimare più per un capitolo – il punto esclamativo rosso l’ho trovato. Mii che
smacco >_>” L’immagine finale del capitolo era quella a cui mi ero tanto
affezionata, piombata nella mia mente durante una lezione non di filosofia, ma
di matematica. Bel cambiamento no? XD Si potrebbe dire che tutto il capitolo è
stato scritto per quella scena, ma mi son tolta la pulce dall’orecchio ora.
-
Helen Lance,
vediam se mi fai fare altro papiro XD Andando per gradi: neanche io penso che
Sasuke riuscirà mai ad uccidere Itachi, a dire il vero. Normalmente. Ma le
condizioni di Itachi non erano al meglio; Sasuke fisicamente stava meglio di
lui, all’inizio. E poi, mi è smattato. Oddio, è tutto fuori controllo, ecco,
respiro, respiro. Phew. Viva. Dicevo… Tsukiyomi. Se hai notato, non l’ho fatto
usare neanche nei “flashback-incipit” di ogni capitolo. Perché? Io penso che sia
un modo di vincere troppo facile. Sasuke era riuscito a ferire Itachi, per la
prima volta. Ha salito uno scalino della considerazione: si può dire che, nella
mia mente bacata, era una sorta di “compenso”. Della serie: “Va bene, fammi
vedere cosa sai fare. Questa volta, non ti stronco sul primo colpo, e vediamo.”
… che fisime mentali >_<”
-
DartStheo:
amore fraterno? Forse nella sua più malsana accezione. XD Io trovo che il
rapporto tra Itachi e Sasuke sia dannatamente morboso, ossessivo dalla parte del
minore, a dire il vero. Ho tutta una mia teoria sul perché Itachi ha massacrato
il clan, e credo sarà la mia prossima long fic. Se dio vuole X°D
-
SasuSaku.
A Sasuke manca un occhio… sarà che sto seguendo troppo Full Metal Alchemist: per
avere qualcosa, devi dare qualcosa X°D Sinceramente, non era nei miei piani, s’è
scritto da solo. Chissà °_°”
-
Jaly Chan:
per Itachi, ti rimando a ciò che ho scritto per Helen XD Per la coppia:
dannazione, si >_<”” Assassina, non avrei mai pensato che mi sarebbe piaciuta
>_<”
Un grazie
mille anche a Artemisia89 [Honey °_° We’ll see. Of course.],
Gryffindor_ery e Francy, prometto che non scompaio più ç__ç
Canzone : “ Hide - Creed. ”
Mentre correva, sapeva che Kakashi e Naruto lo stavano seguendo.
Per questo, aveva corso più che poteva.
Mentre si fermava, sapeva che Kakashi e Naruto si sarebbero fermati con lui.
Per questo, si era fermato solo quando aveva visto lei.
Lei, per terra, con le palpebre pesanti su occhi sfocati.
Lei, per terra, con un rivolo di sangue all’angolo delle labbra.
Lei, per terra, con i vestiti strappati sulla schiena, il sangue sulla schiena.
Lei, per terra.
Aveva visto rosso.
Aveva visto Itachi.
Itachi aveva visto lui, ma questa volta non gli aveva voltato le
spalle.
[ Dopotutto… ora non mi consideri più un bambino. ]
[ La tua vita è stata tra le mie mani, un tempo. ]
Aveva stretto i pugni: il sangue di Sakura ora non era solo sul suo
braccio.
Era sul braccio di entrambi gli Uchiha.
Era assurdo.
Assurdo
E non poteva permetterlo.
“Itachi… non è il tuo fratellino?
Ecco perché corre voce che il Villaggio del Suono si stia mobilitando verso
Konoha.”
Kakashi non provò neppure a colpire Itachi, parandosi dinanzi a Kisame,
con velocità invidiabile.
Ma Naruto era lì, e fremeva quanto lui.
”Naruto…” un sibilo minaccioso dalle labbra di Sasuke.
Il compagno di squadra soffocò un suono stizzito, stringendo i pugni.
”… è una mia battaglia, Naruto. Stanne fuori.”
”Finirai per farti ammazzare e pigliare a calci in culo.”
”Ti piacerebbe. E’ la mia battaglia, e tu ne stai fuori. Non c’entri niente.”
”Sono a Konoha per col…”
”… non c’entri niente!”
Non più un sibilo, ma un vero e proprio grido di battaglia.
[Sakura non c’entrava niente.]
Si era fiondato contro Itachi, che aveva gli occhi solo per lui.
[Per lui ora sono una minaccia. ]
Naruto rimase lì, interdetto. Digrignò i denti, affondò il canino nel labbro.
E corse da lei.
X – Hide.
To what
do I owe this gift my friend?
My life, my love, my soul?
Nella stanza, l’unico rumore era la voce di Tsunade.
Ridotta ad un rumore di sottofondo, giacché nessuno pareva ascoltarla davvero.
Da qualche ora, andava avanti così. La corsa nell’ufficio dell’Hokage, i primi
interventi medici per fermare il sangue, la medicazione che gli avevano stretto
sull’occhio: Sasuke non aveva detto una parola.
Assorto, rigirava fra le dita l’anello dell’Akatsuki, rubato da Itachi.
Perché, anche se era morto, quello non è prendere.
E’ rubare.
Rubato dalla mano destra di Itachi, l’anulare, ad
essere precisi.
Era un particolare che aveva già dimenticato. Rigirava quell’anello dalla pietra
rossa fra le mani, senza vederlo davvero. Si sarebbe potuto pensare che stesse
provando rimorso, che stesse pensando al passato, conoscendolo.
Invece, la sua mente in quel momento era beatamente vuota da qualsiasi cosa.
Semplicemente, rimandava fioca l’immagine che il suo unico
occhio in quel momento vedeva.
Un anello dalla pietra rossa. Nient’altro.
Il resto era sfocato, e la voce di Tsunade-hime era ridotta ad un rumore di
sottofondo.
Sakura, più in là, se ne stava seduta come Shizune l’aveva lasciata. Un po’
curva, per evitare che la schiena ferita, bendata, toccasse qualsiasi cosa.
Aveva gli occhi socchiusi, e guardava lui. Con tutte le sue forze, guardava lui.
Assorta, anche lei.
Sebbene Tsunade avesse smesso da un pezzo di parlare con Kakashi, e stesse
parlando con loro due… i due non la ascoltavano affatto.
”Uchiha, neanche due mesi, ed è la seconda volta che devo chiamare il consiglio
per colpa tua. Sia mai, davvero, ma è assurdo. E tu, Kakashi Hatake, dovevi per
forza dirgli il perché? Perché dovevano venire qui? Sei un idiota.”
Kakashi si limitò a grattarsi la nuca, con la solita disinvoltura, mentre
Shizune stringeva un po’ troppo forte la benda sul braccio, cipiglio seccato sul
viso.
”Sakura… cosa avevo detto io? Mi hai delusa. Mi hai tremendamente delusa. C’è un
motivo, per le cose che faccio. C’è un motivo, non le decido arbitrariamente
facendo il tocco, come pensa quell’altro piccolo idio… mh.”
Tsunade sbuffò, ormai al limite della pazienza necessaria per sostenere quel
monologo. Naruto, in disparte, ciondolava le gambe sulla sedia, spaziando gli
occhi chiari dal soffitto ai compagni.
Dai compagni al soffitto.
Ed intanto, la parole di Tsunade cadevano nel vuoto. La Godaime camminava avanti
e indietro per l’ufficio, nervosamente, la mano destra premuta contro la tempia.
Di tanto in tanto si fermava, nel cercare una
giustificazione da parte della ragazza. Una spiegazione dal maestro, un qualcosa
da chiunque. Che puntualmente, non arrivò.
Fermò quel passeggiare frenetico soltanto quando un ANBU aprì la porta, e fece
un piccolo cenno d’assenso. La donna sollevò lo sguardo, per un attimo
interdetto. Ed annuì.
La porta si richiuse.
”Il corpo di Itachi Uchiha oramai non può più rivelare i segreti di Konoha.”
Annunciò con un fil di voce alla camerata. Ma l’unica reazione che ottenne fu un
plateale “ahi” da parte di Kakashi, quando Shizune strinse le bende.
Il sopracciglio biondo di Tsunade tremò sulla fronte, e lei si lasciò cadere
seduta sulla scrivania.
Ancora una volta silenzio, interrotto di tanto in tanto dalla voce di Kakashi,
da qualche mugugno di Naruto. Da parte dei due diretti interessati, nulla. Non
un cenno di vita.
“Naruto…” esordì la donna, scostando lo sguardo sul
ragazzo. Lui si limitò a ricambiare lo sguardo, battendo ciglio.
”Mh?”
”… fai sparire l’Uchiha dalla mia vista per favore. Che se ne andasse a casa,
non si muoverà di lì. Ho da fare adesso. Con lui me la vedrò dopo. Non lo voglio
tra i piedi.”
”Eh?”
“Shizune, Sakura nell’ospedale. Forza. Con lei parlerò
dopo. Quella… mh. Kakashi, sparisci anche tu. Non è proprio aria. Voi, ANBU…”
qui si interruppe, e la porta s’aprì appena. Maschera di coniglio. “… convocate
il consiglio, per favore. Dio, ho voglia di ammazzare qualcuno…”
Voltò le spalle, fece qualche passo, si interruppe. Si voltò di nuovo,
crucciata.
Nessuno aveva mosso un dito.
“Siete ancora qui?”
I've
been dancing with the devil way too long...
and it's making me grow old.
[ M a k i n g m e g r o w o l d ]
Aveva realizzato di non essere più nell’ufficio della
Godaime a metà strada, quando aveva alzato lo sguardo dall’anello rosso, e aveva
visto un muro di intonaco colorato, scrostato a pezzi.
A quel punto si era fermato, e con lui Naruto. Gli aveva
intimato di lasciarlo in pace, perché a casa sapeva arrivarci da solo.
Incredibile senso di dejà-vu.
E Naruto l’aveva lasciato in pace, non l’aveva seguito più.
Limitandosi ad un “Hai messo Sakura-chan nei guai.”, a cui Sasuke non aveva
neanche provato a rispondere.
Lo so.
“Però… non ti sei fatto ammazzare, ne, Sas’ke?”
Che cosa assurda. Itachi non
muore.
E’ il sogno più infimo che io abbia mai fatto.
Un sogno dove il sogno diventa realtà.
Il ragazzo sfiorò distrattamente le bende che coprivano
l’occhio vuoto, ed accennò un piccolo segno d’assenso, morto a metà gola. Naruto
sembrò cogliere il messaggio, e con un sospiro voltò le spalle.
Ancora una volta…
Uchiha Sasuke vuole stare da solo.
Sei prevedibile, Uchiha.
I piedi fecero il dovere che la testa non aveva la
prontezza di compiere.
La strada scorreva sotto i suoi passi, ed il sole era alto, ed il cielo era
terso, e la brezza autunnale spingeva qui e lì foglie cadute da chissà dove.
Ormai sono cadute, che
importa?
Le strade cominciavano a popolarsi di gente, per lo più
donne, che ridevano e chiacchieravano tranquille, borse della spesa fra le
braccia. Lui, ridotto ad uno straccio, vestiti strappati e bruciacchiati,
bruciacchiato lui stesso qui e lì, avanzava in silenzio. Verso casa.
Indicato, più volte. Fermato più volte. – Stai bene?
Si, ora lasciami in pace.
Alle mura scrostate d’intonaco si susseguirono presto
quelle decorate dai ventagli bianchi e rossi, e lui rallentò il passo
all’interno di quella piccola città fantasma. Posò la mano rovinata dal sangue
di Sakura sul ventaglio incrinato, sottile carezza che presto si strinse in un
pugno.
Colpì forte, gesto di stizza, quell’insegna. Il disegno sbriciolò via, ampliando
l’incrinatura.
Io. L’ho fatta io.
Non Itachi.
Rimase a fissare, assorto, il risultato. Poi, mordendo il
labbro, gli volse le spalle ed entrò in casa.
Aperta, come sempre. Ma casa.
Il sole filtrava, nel piano più basso, nel corridoio, dalle finestre.
“Non puoi vivere al buio, ne,
Sasuke-kun?”
La luce del sole filtrava sulle fotografie riverse,
nascoste al mondo. Lasciò la porta socchiusa, avvicinandosi al mobile basso
vicino all’ingresso, alla fila indiana di foto rivolte verso il basso.
Rimase lì, immobile, per qualche minuto. Poi, allungò una mano, a sollevarne
una.
Sono anni che stanno così,
Uchiha.
Ora non più.
La prese tra entrambe le mani, mani che tremavano. Il volto
bianco di sua madre, sorridente, che lo teneva in braccio. Suo padre, austero
capofamiglia, fiero nel suo portamento. Lui stesso, più piccolo, gracile, che
tendeva le braccia verso…
… verso Itachi, suo fratello. Quando non voleva stare tra le braccia della
madre, ma tra le sue, ed avere un po’ d’attenzione da parte di quella persona
considerata un genio. Persona che era suo fratello.
E’ assurdo.
Strinse i denti, assottigliò quell’unico occhio e gettò la
cornice a terra.
Con un rumore acuto di vetro infranto.
E’ assurdo. Non sento niente.
E’ assurdo, è assurdo…
Sulla seconda foto, c’era solo lui sulle spalle del
fratello.
Cadde per terra anche quella.
Non sento niente.
Dovrei essere felice.
Sulla terza, l’intera famiglia con gli zii.
Fece la stessa fine.
Dovrei essere felice.
E non sento niente del genere.
Voltò le spalle a quel mobile, ignorando le altre foto che
riposavano lì. Attraverso il corridoio, notando assentemente che in cucina, sul
tavolo, c’erano ancora le ciotole vuote del ramen di quella mattina.
Soltanto…
…stamattina.
Il pensiero lo disturbava più di quanto non volesse
ammettere, quindi chiuse la porta con uno scatto e proseguì lungo il corridoio,
trafitto qui e lì da qualche raggio di sole.
Concluse che aveva bisogno di riposare. Perché era una
situazione assurda. Era assurdo che…
… che lei mi abbia visto in
quello stato…
… che lui sia morto…
… che io sia vivo…
… che lei mi abbia visto in quello stato, che lui sia morto, che io…
è assurdo non sento niente ed è assurdo.
Ma, arrivato di fronte alla porta della camera, non si
mosse
Spalla poggiata contro lo stipite, sguardo fisso sul letto sfatto.
Lentamente, si voltò verso la porta chiusa da anni. Lentamente pose qualche
passo.
“Non ci sono i mostri
nii-san?”
”Non esistono.”
Da quella porta non uscirà
certo un mostro, Uchiha.
Non lo sai?
Posò la mano sulla maniglia. Attese qualche attimo.
La ritrasse, scuotendo violentemente il capo mentre muoveva passi incerti verso
la sua camera, verso il suo stesso letto. Si lasciò cadere seduto lì. Si
distese, e lasciò sfuggire il respiro che non si era accorto di trattenere.
Una mano passò distrattamente sulle bende che coprivano l’orbita vuota. Le dita
si strinsero in un pugno, frustrato. Lacrime frustrate.
Non sono felice. Non sento
niente. Se non…
… non sento niente.
Non era questo che volevo.
Non era questo che volevo!
I pugni frustrati che infierì sul materasso non ebbero
alcun effetto.
Let's
leave...oh let's get away.
Get lost in time,
where there's no reason left to hide.
Let's
leave...oh let's get away.
Run in fields of time,
where there's no reason left to hide.
Camera di Itachi era piena di polvere. Non un’orma sul
pavimento.
Il letto era ancora sfatto. Era spoglia, come la ricordava lui. Piegati su una
sedia, i vestiti che aveva indossato anni prima, impolverati. Per terra, in un
angolo, dei rotoli sparsi qui e lì.
Sul mobile accanto al letto, disposti con ordine quasi maniacale, due set di
shuriken, dei kunai. Sul muro, il diploma dell’accademia. Impolverato, anche
lui.
La camera di Itachi, otto anni prima.
Otto anni passati, ed ancora si sentiva quasi colpevole ad entrarci senza il suo
consenso.
Nessun mostro era uscito ad attaccarlo, se non gli acari della polvere. Era
soltanto una camera.
Una stupida, stupidissima camera.
Non era questo che volevo.
Ma lei era lì…
è assurdo.
Sulla scrivania di legno, qualche foglio dalla calligrafia
illeggibile. Sembravano essere appunti di qualcosa.
Non li capiva. Non capendoli, li accartocciò, e li gettò
via.
Appesa al muro, accanto al diploma, c’era una foto. Solo loro due.
Sorridevano entrambi.
Quand’è che hai smesso di
sorridere?
E’ assurdo…
Non era questo che volevo.
Non sento n i e n t e , ma dovrei essere felice.
Era la mia ambizione, ero pronto a darci la vita.
E non sento niente. Niente.
Per quelle lacrime che minacciavano di uscire, diede la
colpa alla polvere.
Per il respiro che diventava via via più frammentato, fece la medesima cosa.
E’ assurdo. Sono assurdo. E’ tutto assurdo.
Si lasciò cadere seduto sulle lenzuola disordinate ed
impolverate, tenendo quella foto tra le mani. Non doveva avere più di tre anni,
lì. Quando le lacrime cominciarono ad essere più consistenti di una vaga
minaccia, lasciò cadere anche quella foto per terra, e si sdraiò sul letto in
una piccola nuvola di polvere.
Tossì, una, due volte. Guardando il vetro infranto sul sorriso discreto di suo
fratello.
Nascose il viso in un cuscino che, nonostante la polvere, aveva ancora il suo
odore.
Non un mostro. Mai.
Non un Dio. Mai.
Cosa cazzo eri?
Dovrei essere al settimo cielo, dovrebbe essere il giorno più bello della mia
vita.
E’ colpa tua, dannazione, è tutta colpa tua!
[ Anche quando tu, tu non c’entri niente.]
Gli occhi gli bruciavano
Anche ridotto così… posso
piangere?
Serrò quell’occhio scuro, nella schiacciante consapevolezza
che non avrebbe mai visto come prima.
Questi occhi…
erano tutto ciò che mi era rimasto.
[Tutto…? E lei?]
Dovevi per forza tentare di portarmi via anche questi, tu.
E lei. Dovevi per forza…
E’ un bene. Che tu sia morto, è un bene.
E’ meglio così.
E allora, perché…?
Strinse quelle lenzuola polverose nella mano sinistra, e se
le tirò da un lato.
Era tutto, troppo, troppo assurdo.
Era troppo. Troppo, e basta.
Stava andando tutto così bene,
eh?
Rintanarsi sotto quelle lenzuola era più freddo di star
fuori, sotto quel vento autunnale.
What are
you going to do with your gift, dear child?
Give life, give love, give soul?
Era buio, fuori. Le tende non erano tirate, ed un unico
spicchio di luna si affacciava sopra i tetti delle case.
Lui era ancora lì, seduto su quel materasso cigolante, avvolto da quelle
lenzuola.
Ramen freddo fra le mani: Naruto era andato via da un po’ ormai.
Lui non lo aveva neppure sentito. Dormiva, pensava… non sapeva dirlo con
certezza.
Ma quando si era accorto di essere vivo, il ramen era poggiato per terra,
accanto a letto.
”Non morire di fame, sceeemo!” recitava solennemente una scritta frettolosa su
un pezzetto di cartone della confezione.
Non lo aveva trovato divertente. Non aveva neanche voglia di mangiare. Era
orrido, era al pesce…
… Nii-san odiava il pesce, se
lo mangio in camera sua si riempirà di puzza e poi…
… oh.
Il pesce non gli piaceva, ed era freddo. Aveva piluccato un
po’, per poi poggiarlo di nuovo a terra dove l’aveva trovato. Cerchio nella
polvere sul pavimento.
Rivoglio il mio occhio
indietro, Itachi. Per piacere?
Guardare fuori dalla finestra non era interessante.
Si era sdraiato sul letto, e aveva cominciato a guardare il soffitto.
Nel pugno
stretto, l’anello rosso.
L’aveva fatto saltare una, due volte.
L’aveva ripreso.
Si era girato da un lato, serrando le labbra, crucciando le sopracciglia.
E’ assurdo.
Basta, qui sto impazzendo.
[“Stare solo non ti farà bene,
Sasuke-kun.”]
Lui è morto,
io sono vivo,
lei è viva,
e lui è morto.
Questo è tutto.
Q u e s t o
è t u t t o .
Ma non era questo che
volevo...
Per quanto tempo era andata avanti così, non era in grado
di dirlo. Barricato in quella camera polverosa, di tanto in tanto sentiva
qualcuno entrare in casa. Di tanto in tanto si svegliava, trovando
saltuariamente cibo, o acqua.
Ramen. Sempre Ramen.
Dopo aver visto che quello al pesce veniva puntualmente lasciato lì, il cuoco
misterioso [ insomma ], si era dedicato alla carne. Di tanto in tanto, al
posto del ramen, c’erano i dango.
Una volta, sushi. Preconfezionato. – Pesce, insomma. Non aveva toccato neanche
quello.
Una settimana, forse, passata a quel modo. Senza che la Godaime si facesse viva.
Senza che Sakura si facesse viva.
Assurdo… a quel modo… lei…
Aspetto te, qui. Saresti
dovuta venire da tempo, ormai.
Tu sei viva, no?
Allora… perché non vieni?
Si sentiva quasi appartenere a quella stanza ormai. Odorava
di suo fratello, non di Itachi, ed a furia di stare lì era diventato una cosa
polverosa e dimenticata anche lui.
Fa nulla. Nii-san non se la
prenderà se uso la sua camera. Non lo saprà m a i.
Divided is the one who dances,
for the soul is so exposed.
S o e x p o s e d .
“Giù all’ingresso ci sono cocci dappertutto.”
”Mh.”
“Sei assurdo, Sasuke-kun”
Odio quando fai finta di
sorridere.
Smettila.
”E’ vivo, e ti
deprimi.”
”…”
”E’ quasi morto, ma ancora vivo… e ti deprimi.”
”…”
”E’ morto, e continui a deprimerti.”
“…”
”… cosa stai
cercando Sasuke-kun? Cosa vuoi?”
”Io volevo solo mio fratello.”
E’ tutto così strano.
Parlava con lei ancora prima di essersi accorto che lei
fosse lì. I passi li aveva sentiti. Fiacchi, deboli, stanchi.
Ma li aveva riconosciuti come suoi. Come un animale che era stato addomesticato,
ormai…
… li aveva riconosciuti come suoi, dopo tutto quel tempo
che li aveva aspettati.
L’aveva sentita fermarsi sulla soglia dell’altra
camera, come era rimasta interdetta nel non vederlo lì, nel vedere la
porta aperta.
Quando era entrata nella vecchia stanza di Itachi, aveva tossito un paio di
volte, a causa della polvere. Aveva scansato le confezioni di Ramen, i cocci di
vetro. Poi, aveva sussurrato. “Sei assurdo, Sasuke-kun.”
Sentì il peso sul materasso spostarsi, e lei si era seduta
fra le lenzuola impolverate, accanto a lui. Aveva sentito la sua mano fredda
passare fra i capelli scuri, disordinati- sicuramente non puliti – in un gesto
quasi materno.
“Non era più lì? … tuo fratello?”
“ Non lo so. No. Penso di no.”
Calò quel silenzio tranquillo, mentre lui le nascondeva il viso.
Lei lo chiamava amore…
… ma lei non avrebbe dovuto
vedere tutto quello.
“Capisco.”
Quella mano fredda si fermò sulla sua spalla, prima di scuoterlo piano. “Hai
intenzione di vegetare così?”
“Penso proprio di si.”
La sentì, suo malgrado, sorridere. Poi, con un sospiro,
quell’espressione tornò malinconica.
”… quella mattina… non eri tu. Vero?”
Silenzio a quella domanda. Sasuke si voltò dall’altra parte, e non rispose.
Let's
leave...oh let's get away...
Get lost in time.
Where there's no reason left to hide...
Let's leave...oh let's get away,
run in fields of time.
Where there's no reason left to hide...
“Non eri tu... vero?” incalzò lei, voce flebile. Non ancora
del tutto rimessa, ma era lì. Il tono tranquillo incrinato appena. Ripeté quella
domanda come se fosse un ultimo, infantile appiglio, l’ultimo che le era
rimasto.
Vuoi sapere se è troppo tardi, per me?
“Come ti sei ridotto…”
”Ero io. Lui…”
Sentì il respiro di lei fermarsi, per un lungo interminabile momento.
” Non aveva il diritto di trattarti così. Non avrei…”
” Tu…”
” … non avrei retto che… anche tu… io… Ero io.”
“… per me, Sasuke-kun?”
Tornò il silenzio, mentre il respiro di lei riprendeva
normalmente.
Mentre la mano di lei riprendeva ad accarezzare distrattamente quella schiena
che le dava le spalle.
Nessuna allusione oltre il semplice bisogno di contatto, di sapere che era lì, e
che stava bene.
Lentamente, lui si voltò verso di lei, sopracciglio appena crucciato.
La vide adombrarsi appena alla vista della medicazione sull’orbita vuota.
”… ormai lui non c’è più, Sasuke. Non dovresti permettergli… di controllare
ancora la tua vita.”
“ Tu non c’entravi niente.”
“ Per te, io non c’entro mai niente.”
” Tu non c’entravi niente! Lui… ”
“ Lui è morto, Sasuke-kun. Devi semplicemente lasciartelo
alle spalle.”
” Ma… è tutto sbagliato. Dovrei essere… ed invece…”
” Invece ti manca il fratello che hai perso. E’ normale, Sasuke-kun. Ma ora è
morto”
” Però…”
” Tutti questi anni hai vissuto per lui, Sasuke-kun. Ora… non puoi…”
La ragazza si interruppe, abbassando la voce. Senza essersi resa conto di averla
alzata, da qualche parte durante quello scambio di parole. “ … non puoi provare,
negli anni che seguiranno… a vivere per me?”
Concluse in un piccolissimo sussurro, quasi timido. “ … per
noi?”
“Sakura…”
“ Andrà tutto bene Sasuke-kun. Ci sono io con te, le
promesse le mantengo, ora. Hai visto no?”
“Ecco perché corre voce
che il Villaggio del Suono si stia mobilitando verso Konoha.”
“ Ma…”
“ Quel tuo sogno non valeva niente, Sasuke-kun….”
Questo bastò a zittirlo, e lui chiuse quell’unico occhio,
serrandolo ostinatamente. Lei, pallida, stanca, accennò l’ombra di un sorriso,
piantando l’indice sulla fronte del ragazzo.
Il gesto, vagamente troppo familiare, lo fece corrucciare appena.
Domani, Sasuke.
“ Non ne avevi due di sogni, tu?”
“ … già.”
Lui scostò lo sguardo, e per un attimo lei giurò d’aver visto una barlume di
qualcosa, in quell’unico occhio scuro. Come se ne avesse bisogno, eppure…
“Corre voce che Orochimaru
si stia mobilitando contro Konoha.”
Per me, vero? Non ci credo.
Per l’ultimo sharingan. Ormai…
Devo restare qui, davvero?
A Konoha? A casa?
“Ci proverai, Sasuke-kun?”
”Hai fatto tanto per me, per un motivo così assurdo...”
” … allora?”
” Per te… posso provare.”
“Ecco perché corre voce
che il Villaggio del Suono si stia mobilitando verso Konoha.”
Posso… posso restare qui?
Anche se non servirà
assolutamente a niente…
Per te posso
provare.
Perché, anche se tu hai visto…
Hai visto come mi sono
ridotto... cado a pezzi ormai.
Ma per te… sembra che non sia cambiato nulla.
E per questo ti ringrazio,
Sakura.
E’ facile fare promesse…
Ed io sono certo di non poterle
mantenere come vorresti tu.
[ Davvero posso restare, in questo modo? ]
Ma per te, posso provare.
[ There
is no reason to hide. ]
A/N :
Minchia se è
stato veloce da scrivere questo capitolo. Solo altri quattro capitoli rimasti,
compreso l’epilogo. Nyaaah. Spero di essere riuscita a mantenere l’IC.
Difficile, ma almeno il livello di depressività di Sasuke mi pare ragionevole.
Mi pare un po’ tutto ragionale.
[ Uccide la vena ItaSasu che scorre in lei ] spero di esser riuscita a tenerla a
bada X°D Mi sento troppo Dottor Jekyll e Mister Hyde! Comunque… non mi piace
tantissimo come capitolo… è uno di quei capitoli di “collegamento”. Parte
l’ultima parte della fic, sioriii >_<” Siamo quasi alla fine del giro *_*
[Qualcuno mi
ucciderà prima che io ci arrivi. Ne sono sicura.] Prossimo capitolo... direi che avremo anche qualcos'altro, oltre che - di nuovo - Tsunade. Avete notato quant'è difficile scrivere quella santissima donna? °_° Beh, approfondimento dell'intera vicenda da parte di Sakura [abbiam visto l'emo-boy, ci manca la fangirl scatenata] ... e poi... segreto! °_°
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** XI - It ends tonight. [Sakura] ***
Nuova pagina 2
A/N :
-
Miyu, Kazuha-chan e SasuSaku :
Ehm… Non capisco perché Sasuke-kun non possa non avere un
occhio. E’ anche vero che nel corso della fic l’ho distrutto fisicamente,
partendo dal braccio, occhio, paio di cicatrici qui e lì… Ma se le è andata
cercando. Trovo ancora più assurdo che abbia sostenuto un combattimento con
Itachi senza risentirne davvero. E’ di Itachi che stiamo parlando °.° E ne è
uscito vittorioso, ma bruciacchiato e senza un occhio. Sono i casi della vita,
no? O.o Sakura lo ama lo stesso, che sia senza occhio o con due occhi, o
bellissimo o ormai fatto a pezzi: lei è passata oltre la fase “superficiale”
dell’amore. Per lei Sasuke-kun rimane Sasuke-kun.
-
DarthSteo :
amore eterno è una parola
grossa XD Penso che Sakura ci sia arrivata da qualche capitolo, Sasuke ci
arriverà a breve. Ha pur sempre bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi e vivere,
no? Non mi sembra qualcuno da vivere senza scopo. O.ò Se si tratta di
aggrapparsi all’amore, che sia quello…. Forse XD
-
Helen Lance :
Sakura ha un po’ sempre fatto piccoli miracoli qui e lì. Tipo
sopravvivere quando era piccola e inutile. Era la più debole, ma anche quella
che ne usciva meno menata -.- Beata pucciosità, è protetta dal WWF… Ehm si u.u
-
RoSs [ ahr!
*_* ] : ti prego, non esaurire amorah! °__° Se ti fa questo effetto, basta, non
voglio più recensioni da te XD Cristo, erano davvero cuoricini quelli? °_° [Va a
controllare: si, sono proprio cuoricini °_° *li evita come Sakura con i
cuoricini di Rock Lee*] Oh no! Dovrò rimediare immediatamente!
Immediatamentissimamente! [Qualunque cosa poco lovelove accada da ora in poi, è
colpa tua XD * scarica la colpa… scheeerzo u.u]. Il nostro caro Naruto cuoco di
fiducia… più che altro, Sakura era in ospedale, fuori gioco. Usciva
dall’ospedale, e sarebbe stata tutta un “Come hai osato far morire Sasuke-kun di
faaame!?!”. Ecco. Non ci ha messo tanto impegno nel cucinare… si tratta solo di
riscaldare le scorte di ramen. Per il sushi e i dango, li compra strada facendo,
figurati se si disturba. [ Sasuke diventerà per caso un Ramen – maniaco? °_°
Sacrilegio!] Tu ed infantile nella stessa frase… mi sembra inconcepibile XD. Io
l’ho sempre pensata come Kakashi… a dire il vero non posso far a meno di vedere
Sasuke come il più infantile, talmente attaccato al passato, ai ricordi del
passato. Si trova senza punto su cui basare l’equilibrio, è normale che cada,
no? Mi sto incasinando. Ti amo lo stesso, però °_°
Un grazie
mille anche a Shuriken e Natsumi90 >.< Vi adoro ò_ò” [Probabile che nella
nota finale risponda ad altri. Dipende da quando arrivano, se prima o dopo che
inizio a scrivere XD]
Canzone
per questo capitolo è : “ It Ends Tonight – The All American Rejects “ Se
state pensando che come titolo non è propiziatorio... ehm. Lieto fineeee, dove
seiii? *_* Ah eccolo. Sisi, è ancora lì. Tutto sotto controllo >.<
Ah si. Tecnicamente ormai gli incipit son diventati Flashback gratuiti. Amen U_U
Di nuovo quella stanza
dell’ospedale. Questa volta, in quel letto asettico, c’era lei.
Ma lui non era seduto su quella sedia, lì accanto.
Avrebbe dovuto essere lì, eppure non c’era.
[ Io ho passato settimane accanto a te, Sasuke-kun. ]
Distesa a pancia in giù su
quel materasso sottile, con l’indice disegnava delicati ghirigori sul cuscino.
All’inizio, non dormiva. Si addormentava, un’oretta scarsa.
Ed erano gli incubi a svegliarla.
[Le facce non sono fatte di cera.]
Avevano iniziato a farla dormire con la forza – “Hai bisogno di riposo.”
Era stato utile, si stava rimettendo più in fretta.
Ma era sola. E star da sola non le piaceva.
[ S e t t i m a n e, Sasuke-kun. ]
Lui non era venuto. Non era
venuto neanche Naruto.
La compagnia, in quei primi giorni, era solo di Ino. ( Anche se Shizune le aveva
detto che Kakashi-sensei era venuto a trovarla mentre dormiva. Si era seduto in
un angolo della camera, e aveva letto “Il Paradiso della Pomiciata – Versione
Deluxe”. Poi si era seccato, ed era andato via prima che lei si svegliasse.
Sapere questi particolari un po’ la rincuorava, le faceva sapere che tutto
andava come prima, lì fuori. Nel mondo reale. )
Ino ogni giorno le portava una
cosmea. Diceva che erano le ultime della stagione, ora che l’inverno si
avvicinava.
[ Sono quasi tre mesi che sei qui, Sasuke-kun. ]
Ino le chiedeva sempre come
andava.
Sakura rispondeva che si stava ammalando di s o l i t u d i n e.
Ino sorrideva, e le scompigliava appena i capelli.
”Guardati, Sakura… sembri un fantasma.”
”…”
”Andrà tutto bene. La tua schiena sta guarendo.”
”Tsunade-hime…?”
” Sta chiusa nel suo ufficio. L’avete messa nei guai con il consiglio, voi due.
Ma dico, cosa diavolo avevate in testa? Non me ne hai neanche parlato…“
”Perché loro non sono qui?”
”Naruto afferma che se lascia Sasuke morire di fame, tu lo uccideresti. E
Kakashi lo sta tenendo sotto con gli allenamenti. Dice che ha bisogno di
sfogarsi, perché quel giorno non ha fatto nulla.”
” … morire di fame?”
” Sta facendo i capricci, come al solito. Naruto dice che lo becca mugugnare il
tuo nome nel sonno, e che ti aspetta. Quando non mugugna quello di Itachi,
beninteso. Credo tu sia salita nella sua scala di considerazione.”
” … “
Sakura sorrideva, e nascondeva quel sorriso fra le coperte candide.
” Ma non è venuto. “
” Credo ti stia aspettando. E’ un tale bambino viziato. Lo hai viziato tu, a
stargli sempre accanto, fronte spaziosa!”
XI – It ends tonight.
“Sakura, ti ho
fatto una domanda, non hai bisogno di fare un intero discorso. Già di tempo ne
ho ben poco, se tu me lo fai perdere a questo modo, sono proprio…”
“Ma Tsunade-hime,
lei mi ha fatto una domanda. Vuole che le risponda, o no?”
“Non alzare il tono a quel modo con me, ho mal di testa.”
“Se aveva mal di
testa, poteva chiamarci anche un’altra volta.”
“Certo, così il
consiglio avrebbe voluto la vostra e la mia, di testa.”
Sakura si era
quasi scordata della presenza di Sasuke, poggiato al muro, in angolo.
Si sarebbe potuto dire che tentava di passare il più inosservato possibile.
Con due personalità come quella di Sakura e quella della Godaime in
disaccordo su qualcosa, era fin troppo facile.
Sakura qualche minuto prima – sembravano passate ore – aveva iniziato un bel
discorso sul perché si era comportata a quel modo. Con voce determinata e
sicura, che nello stato di salute in cui si trovava in quel momento, non le si
addiceva per nulla.
L’abbiamo
preparato io e Naruto ieri, e nonostante questo, non è venuto neanche
tanto male.
Ma se lei non
vuole ascoltare nulla… cosa vuole?
Ma fin dalla sera
prima, dopo quella discussione a cuore aperto, Sasuke-kun le era sembrato ancora
più abbattuto di prima. Dopo i primi sorrisi -
Quanto lo amo
quando sorride…
- si era chiuso
nei suoi pensieri.
Lei sentiva lo sguardo di lui perforarle la nuca, eppure il ragazzo evitava
sempre i suoi occhi.
Quando le parlava, erano discorsi vaghi.
Parlava di tutto e di niente, lasciava che a parlare fosse lei.
Non respingeva alcuna espressione di affetto, ormai : ma sembrava sempre più
riluttante a ricambiarle.
“Sakura. Io avevo dato un’istruzione precisa.
Un ordine preciso. Tu l’hai ignorato.
Vorrei sentire la tua difesa, e non c’è
bisogno di un discorso imparato a memoria. Siamo solo noi, sono la tua maestra.
Ti conosco abbastanza bene da capire se sei spontanea, o se stai cercando di
confondermi con un giro di parole.
Perché?”
“ … ma mi è stato
insegnato così, Tsunade-hime: … nel mondo esistono delle regole e chi le
infrange è considerato feccia. Ma chi non tiene da conto i propri compagni è
feccia della peggiore specie. E’ stata la prima lezione che Kakashi-sensei ci ha
insegnato, e non la dimentico così facilmente, io.”
Se questo vale per
i proprio compagni… vale mille volte di più per la persona amata.
Ne, Kakashi-sensei?
Una piccola ruga si formò fra le sopracciglia corrucciate della Godaime, che si
limitò a sospirare e distogliere, per la prima volta, lo sguardo su Sasuke. Lui
lo teneva fisso sul pavimento, e non disse una parola.
“ Tsunade-hime,
lei lo sapeva che non avrebbe resistito a quel…”
“Avanti.” La interruppe la Godaime, sollevando lo sguardo.
Sakura si voltò accigliata verso la porta, non poco indispettita
dall’essere stata interrotta.
Tsunade, tu non mi
vuoi sentire davvero.
Sai già perché l’ho fatto.
Non sei davvero
arrabbiata con me.
Allora perché
tutta questa pantomima?
Your subtleties
They strangle me
I can't explain myself at all.
Discretamente,
Gatto e Aquila -
Chissà se sono gli
stessi di quei giorni all’ospedale.
- si affacciarono
alla porta dell’ufficio. Imperscrutabili, nelle loro maschere del mondo animale.
Vide con la coda dell’occhio Tsunade che annuiva, ed i due entrarono nella
stanza. Gatto teneva stretta al braccio una piccola pezza blu scuro, tinta di
sangue. Stava sanguinando, ma era composto più che mai.
Ignorando del
tutto lei e Sasuke-kun, si avvicinarono alla Godaime, parlando a voce bassa,
poco più d’un sussurro.
Nella fessura creatasi fra i due, Sakura vedeva la Quinta Hokage annuire, di
tanto in tanto.
Aria grave, sul volto.
Di quello che ho da dire non ti importa niente. Lo sai già, e non sei
arrabbiata.
Per il consiglio, allora? Ma perchè?
Con un sospiro, si
voltò verso Sasuke-kun, che osservava la scena con la fronte aggrottata, da
sotto le medicazioni che gli fasciavano le tempie e l’orbita vuota. Espressione
fin troppo preoccupata.
Sasuke-kun non si
preoccuperebbe mai per un incontro con l’Hokage.
Sasuke-kun è
preoccupato. Tsunade-hime è preoccupata.
Sanno qualcosa che
io non so.
Perché io sto
bene, e di solito, sono quella che si preoccupa più di tutti.
Vide Tsunade
chinare il capo, le ciocche bionde oscurarle il viso. La vide accennare un mesto
cenno di congedo, al quale i due obbedirono quasi all’istante. Posizione esatta
delle mani, e non erano più lì.
Il Gatto va a
leccarsi le ferite…
… cosa c’è che non
va?
“…Tsunade-hime?”
“ … andatevene a casa.
Devo riunire di
nuovo il consiglio. Qui non si finisce mai… ” Mormorò stanca la
donna, senza guardarla. Piuttosto, quegli occhi nocciola si fissarono su
Sasuke-kun. Questa volta, il ragazzo ricambiò lo sguardo.
Fu lui il primo a
voltarsi dall’altra parte.
La Godaime si limitò a scuotere il capo, e spostare le sue attenzioni su Sakura.
“Andate. Cercate di riposare. E di stare in casa, possibilmente.
Uchiha, non c’è bisogno che te lo dica, no? Non puoi uscire da
Konoha.”
Lui schioccò la
lingua, ed aprì la porta con la mano destra.
La sinistra la usi
appena.
Ti fa paura, Sasuke-kun?
Lui indugiò
qualche attimo sulla soglia della porta aperta, prima di voltarsi e posare
quell’occhio nero su di lei.
“ … vieni?” Domandò, quasi dopo un ripensamento.
Sakura accennò un sorriso stanco, prima di annuire e seguirlo fuori dalla porta.
Cos’è più
importante di noi, Tsunade-hime?
Dopo che il
Consiglio si è accanito così tanto…
… cos’è più
importante di noi?
And all the wants
And all the needs
All I don't want to need at all.
Poteva dire che
ormai la vecchia casa di Sasuke era diventata il punto di ritrovo per quella che
era stata la Squadra Sette. Per quanto lui si fosse lamentato, alla fine non
aveva fatto nulla per cacciarli, quando entravano a loro piacimento.
“Ma avete il
minimo concetto di privacy, voi due?”
“Non puoi stare
sempre solo, Sasuke-kun. Poi metti il muso.”
“E poi se ti
suicidi questa qui smatta, Sas’ke. Garantito.”
“Naruto…”
Alla fine, si
limitava a tenere su quel broncio tenebroso ogni volta che qualcuno si
presentava lì ed apriva la porta, senza ormai neanche chiedere il permesso.
Io posso perché lui… beh, si ecco. – una vita piena d’amore.
Naruto… non può,
ma credo che non gli interessi molto.
Ormai Sasuke
usciva di rado di casa, quasi stesse davvero ascoltando le parole di
Tsunade-hime. Infestava quella casa come un fantasma, vagando di stanza in
stanza. Come un’anima in pena.
Sempre di più,
sempre di più.
Cos’è che mi state nascondendo, Sasuke-kun?
Di tanto in tanto
lo coglieva a mormorare qualcosa fra sé e sé – quasi stesse provando un discorso
imparato a memoria, o stesse ripetendo una vecchia lezione imparata
all’accademia. Seduto, da qualche parte, muoveva sommessamente le labbra,
guardando un punto imprecisato davanti a sé.
Si zittiva ogni volta che la sorprendeva a guardarlo.
… che cosa,
Sasuke-kun?
Lei non riusciva ad avere fiducia in lui. Non dopo tutto ciò che aveva fatto.
Però…
per te posso
provare, ne, Sasuke-kun?
Ora, lei era nella
camera di lui – anche se poteva non definirla più così, dato che ultimamente
dormiva in quella di Itachi. Lei, con ordine maniacale, stava sistemando quelle
coperte.
Sono sicura che
lui non ha dormito qui.
Naruto. Oh, se mi
sentirà.
Dopo aver finito
di sterminare anni ed anni di acari proliferati in quell’altra stanza.
Non rientra nei
miei doveri -
[ … e fosse per
Sasuke, farebbe la stessa vita di un acaro della polvere.
Non era così che lo immaginavo il principe azzurro.]
- però… nella
parte di me più infantile, là dove sono ancora una ragazzina innamorata di una
fiaba, tutto questo è come… come una moglie che accudisce il marito, ecco.
Una parte di lei
era ancora immatura, in fondo. Ma la faceva sentire bene.
C’è speranza, per
il futuro.
Posso sperare. Ho sperato quando non c’era speranza.
Ora che c’è… non
mi resta che sperare più forte.
The walls start breathing
My mind's unweaving
Maybe it's
best you leave me alone.
Attraversò il
corridoio in penombra a passo affrettato, per raggiungere Naruto in cucina –
probabile che lo stia ammazzando di parole, in questo momento, la cosa non va
proprio, poi Sasuke-kun sarà di pessimo umore, lo è già – e trascinarlo di
peso alla sessione di allenamento fissata da Kakashi-sensei.
Senza Sasuke-kun.
Perché Sasuke-kun non è più un ninja di Konoha.
Non importa.
Ci sono io.
Ha solo bisogno di me, gliel’ho promesso.
Stranamente, però,
non fu l’accento di Naruto ad arrivarle alle orecchie. Ma fu quello di
Sasuke-kun, sommesso, lievemente inacidito.
“E’ un discorso
che non sta in piedi.”
La ragazza arrestò
il passo a qualche metro dalla porta, sporgendosi appena in avanti.
Stanno litigando.
A n c o r a.
Sai che novità.
“E allora dovresti
smettere di illuderla in questo modo.”
Sakura batté
ciglio, muovendo qualche passo, questa volta più silenzioso. Tutt’un tratto, il
cuore sembrava esserle salito in gola, e poi sprofondato da qualche parte nelle
viscere. Tutto in poco più di un attimo.
… cosa?
Non stanno
parlando di te Sakura, non essere egocentrica.
Ma…
“Non la sto
illudendo.”
“Ah, certo, allora
la ami davvero, ne Sas’ke? E nonostante tutto…”
”Non la sto illudendo. Piantala con questo discorso. E’ assurdo.”
Poggiò piano la
schiena contro il muro, occhi verdi fissi in un punto indeterminato del
pavimento, labbra socchiuse.
… è di me che stanno parlando, vero?
Non dovrebbero. E’ ingiusto.
Se hanno qualcosa da dire... se Sasuke-kun ha
qualcosa da dire, la deve dire a me, non a Naruto.
[ Sasuke-kun non sta bene. Mi sta evitando? Non parla di nulla.
N u l l a.
Evita il mio sguardo. Perchè?]
“Non la illudere.”
Mi sto illudendo, Sasuke-kun?
“Allora ti stai
illudendo da solo, Sas’ke. Sei un maledetto, fottutissimo ipocrita.”
“ Chiamami come ti
pare, idiota. Ma qui non c’entra niente l’illusione.”
“ Cosa devo dirti?
Anche questa volta
l’hai vinta tu. Tu non lo capisci il valore delle cose, tutto ti è dato su un
piatto d’argento. Ho passato anni a cercare di vincere quel suo affetto, mentre
tu te lo sei preso senza motivo. Merda, ho avuto perfino tre anni mentre tu
non c’eri.
Ma niente, vinci sempre tu. Ti è bastato non esserci, per farti amare da lei.
Quindi, va bene. Lo accetto.
Ho avuto tempo per accettarlo, e lo accetto. Non lo capisco, ma lo
accetto. Il suo cuore è sempre stato tuo.”
“Naruto…”
“ Ma guai a te se
lo calpesti un’altra volta, Sas’ke. Quindi, non fare cazzate. E’ il tuo,
di discorso, che non sta in piedi.”
“Naruto…”
”Che vuoi?”
“ ti rendi conto
che stai parlando di ragazze con me?”
Naruto non
rispose, e Sakura chiuse gli occhi, lasciando sfuggire quel respiro che aveva
trattenuto.
Lo so, Naruto,
l’ho sempre saputo.
Ma Sasuke-kun… ha detto che proverà.
E io so che quello è un suo sì. Deve esserlo.
… vero?
D e v e e s s e r
e v e r o .
Non voleva sentire
altro. Aveva paura di sentire altro.
Disegnò un sorriso
tirato sulle labbra, prima di chiudere la distanza con la porta, e far capolino
all’interno, viso rigido in un sorriso. Come una maschera da teatro.
“Naruto, non stare
a perdere tempo. Dobbiamo andare da Kakashi-sensei!”
Naruto, perché
devi sempre rovinare ogni fiaba, tu?
Se vuole
illudermi, lascia che mi illuda.
Basta che io, nella mia illusione, sia felice.
Me lo merito.
Me lo merito.
Entrambi
sollevarono lo sguardo crucciato su di lei. Ma mentre quello di Sasuke rimase
lì, stampato sul viso, Naruto presto si aprì in uno dei suoi classici sorrisi.
“ Ma sentila, è te
che aspettavo, Sakura-chan! Possiamo andare anche subitissimo, per quel che mi
riguarda.”
“ Bene, allora
alza il culo e muoviti, pigrone.”
Grazie di tutto,
Naruto.
Ma ti prego… non fingere quei sorrisi con me.
Fa male, quando lo fai.
Se sei arrabbiato, arrabbiati. Sfogati. Non tenere tutto dentro.
Il ragazzo dai
capelli chiari si alzò dal tavolo, stiracchiandosi alquanto rumorosamente.
Sakura accennò un solo sorriso, questa volta più sincero, facendo cenno con il
capo di seguirla. Lui annuì vigorosamente, mani giunte dietro la nuca. La superò
sulla soglia della cucina, dirigendosi verso la porta.
Sakura lo seguì con lo sguardo, e si voltò per imitarlo.
Tuttavia fu
fermata dalla presa sull’avambraccio di una mano ruvida.
È colpa mia se non
è perfetta, ma a me non importa, Sasuke-kun.
Si voltò, battendo
ciglio, sinceramente perplessa.
[Occhi verdi che
affondano nel nero, e lì si perdono.]
Lui, come sempre,
non dimostrava alcuna espressione in particolare.
Finché tento di abbozzare un sorriso.
Stai provando per
me, Sasuke-kun? Non è un’illusione?
“Aspetta, vengo
con voi.”
“Ma Kakashi-sensei…”
“ Non ho intenzione di partecipare.
Voglio solo un po’
d’aria.”
“ Con noi… ? Non
da solo…?”
“ … sto provando,
Sakura.”
Grazie.
A weight is lifted
On this evening
I give the final blow.
I raggi del sole,
ormai quasi sul punto di calare verso l’orizzonte, filtravano qui e lì dalle
fronde degli alberi, che lasciavano intravedere sprazzi di cielo limpido, che
dal colore dava l’impressione di essere più caldo di quanto non fosse.
L’aria era fredda e secca, immobile. Filtrava nei tessuti, e pungeva la pelle
con i suoi piccoli aghi gelidi.
Sakura avrebbe
giurato fosse arrivato l’inverno. Ma non ancora. Non era ancora arrivato.
Possiamo ancora
rimanere sospesi nell’attesa dell’autunno.
Odiava Naruto,
quando usava quella sua Kage Bunshin. Le faceva perdere un mucchio di tempo a
dare calci all’aria, pugni che alla fine non sarebbero serviti a nulla.
Naruto oggi era
anche più frenetico del solito, più aggressivo del solito. Si stava sfogando di
qualcosa.
Ma che cavolo,
sfogati con qualcun altro, non con me!
“Dacci un taglio,
mi fa impazzire!” sbottò seccata, mirando un pugno al Naruto più vicino. Il
pugno andò a segno, e tutti gli altri Naruto che la circondavano scomparirono.
Rimase solo quello
per terra, che si massaggiava imbronciato una guancia.
“ Sakura~chaaan,
sei crudele…”
“ Concentrati!
E smetti di usare
sempre quella tecnica, è irritante!”
“Ma non vorrei
farti male, Sakura-chan…”
“ Piantala!” lo
colpì con meno veemenza sul capo, e lui masticò un “ouch”.
Sakura sospirò
voltando lo sguardo verso gli alberi che delimitavano la radura. Seduti fra le
radici, c’erano Kakashi-sensei e Sasuke-kun. Non li stavano guardando
Fortunatamente,
sennò Kakashi-sensei mi riprenderebbe e mi direbbe di essere seria.
Non riesco a concentrarmi, però.
Non se parlano
così fra di loro.
Sasuke-kun, perché hai così tanto da dire agli altri, ma a me…
… a me non dici
nulla?
Si asciugò la
fronte imperlata di sudore ghiacciato, prima di voltarsi di nuovo verso Naruto,
che si era rialzato. Anche lui guardava in quella direzione, labbra imbronciate.
“Avete litigato di
nuovo?” accennò lei, incrociando le mani dietro la schiena, chinando appena il
capo d’un lato.
Naruto si voltò di scatto, battendo ciglio, prima di mugugnare un “No no” fin
troppo affrettato.
Tsunade-hime.
Sasuke-kun.
Naruto.
Kakashi-sensei.
Non lo sopporto. Non lo sopporto proprio.
Affondò il canino
nel labbro, dirigendosi verso l’albero alle radici del quale erano seduti i due.
“ … è inutile che
tu venga a chiedermi consigli, se non li seguirai.”
“ Ch.”
“ Non sono tuo
padre, non posso certo dirti cosa fare. Hai già dimostrato che le paternali,
comunque, su di te non hanno alcun effetto. Non mi far perdere tempo.”
Sasuke non
rispose, ma si voltò verso di lei, battendo ciglio con quell’unico occhio scuro.
Kakashi-sensei
sollevò lo sguardo di quell’unico occhio scuro
A guardarli così,
sembra tutto così assurdo
su di lei,
qualche passo lontana. Entrambi quegli unici occhi scuri batterono ciglio,
perplessi.
“ … E
l’allenamento?” Domandò retorico il maestro, tornando pacato anche nel tono.
“ Non ho voglia.
Non mi sento bene e vado a casa.” Rispose laconica lei, con un sospiro,
raccogliendo la sacca da terra, e mettendosela sulle spalle.
Mi sono illusa,
Sasuke-kun?
Vorrei tanto non
avervi sentiti.
“Sakura-chaaan!
Dai, giuro che non lo faccio più. Ti blasterò via con le mie supermosse
speciali! Va bene?”
Ignorò il fatto di
esser sicura che il verbo “blastare” non era compreso nel vocabolario – di
questo era sicura.
Ma Naruto la stava
richiamando, mentre lei voltava le spalle.
Ma non era quella la voce che voleva sentire.
Non era quella.
Sasuke-kun, il bugiardo sei tu.
Sei tu che non stai provando affatto.
Il bugiardo sei
tu.
La voce di lui non
arrivò, e lei si incamminò per il sentiero che riportava alla vita civile.
Sakura non lo
vide, aggrottare appena le sopracciglia, mentre la seguiva con lo sguardo. Non
lo vide sbuffare, quasi frustrato, mentre poggiava la schiena contro la
corteccia ruvida dell’albero.
Non lo vide alzare
pigramente l’occhio al cielo.
When darkness turns to light,
It ends tonight,
It ends tonight.
A falling star
Least I fall alone.
I can't explain what you can't explain.
Lungo la via di
casa si era fermata al negozio di dango, ma neanche quel paio di mitarashi dango
che aveva comprato le avevano sollevato il morale.
Affatto.
Neanche con tutto lo zucchero del mondo.
Sakura, sei stata troppo con lui.
Deprimersi… lo
farebbe lui. Lo fa sempre lui.
Tirò un piccolo
morso, masticando piano, dondolando appena le gambe nel vuoto. Seduta sul ramo.
Alla fine, non era
andata a casa.
Non ci sono
consigli migliori di quelli che dai agli altri.
Rinchiuderti in
casa non servirebbe a nulla. Ho bisogno di aria.
E di convincermi
di non aver sentito nulla.
Lo sguardo perso
in un punto indefinito di quel cielo che s’andava via via scurendo, tingendosi
di rosso, sfumature di porpora che finivano in quel lilla chiaro.
Tra poco sarà
buio.
Che delusione.
Pensavo mi sarebbe
venuto dietro.
Ma sentitemi.
Sembro una ragazzina alla prima cotta.
Pensavo che il mio
amore fosse più nobile di qualcosa del genere.
Sono solo una
ragazza.
Di lì, dondolava
le gambe nel vuoto, masticando lentamente.
Nonostante lo
stomaco avesse da tempo perso l’appetito.
You're finding things that you didn't know...
I look at you with such disdain.
Aveva lasciato
cadere la confezione per terra, senza alcuna considerazione per il parco. Aveva
più considerazione per sé stessa, in quel momento. E ciò che la preoccupava, ciò
che le faceva male, la tormentava, le punzecchiava il cuore senza pietà…
… sanno tutti
qualcosa ed io non so niente.
Lui avrebbe
provato a stare vicino a lei, a vivere per lei… così aveva detto.
Non doveva significare per forza non dirle niente. Non aveva diritto di parlare
con gli altri, e far finta di nulla con lei.
Accennare quei sorrisi sporadici
Lo fai solo per farmi star buona, Sasuke-kun?
Non è così che si
fa.
Il sole era
tramontato ormai da un po’, ed il crepuscolo stava cedendo spazio alla sera.
Forse…
… dovrei tornare a casa.
Domani mi scuserò con Naruto.
Lui non c’entra nulla.
“…Sakura?”
Per poco non cadde
dall’albero con quel piccolo salto sul posto, dettato dalla sorpresa. Non dalla
sorpresa nel richiamo di per sé. Ma dalla voce autrice di quel richiamo.
Si sporse appena dal ramo, da un lato, per guardare giù.
Sasuke-kun.
Lui era lì.
Aveva raccolto la confezione vuota da
terra, la teneva stretta con la mano. Il viso pallido rivolto all’insù, l’occhio
scuro, profondo, fisso su di lei. Le ciocche erano disordinate ormai, quelle che
gli incorniciavano il viso erano tagliate disuguali – ormai lei ci aveva fatto
l’abitudine.
Ciò che la colpì
fu come, in quel momento, lui sostenne il suo sguardo.
“ … Sasuke-kun?” mormorò lei, battendo ciglio.
Lui la imitò,
prima di abbassare lo sguardo sulla confezione vuota.
Qualche attimo dopo, rialzò lo sguardo.
“Scendi.”
“Uh?”
“Scendi.”
Lei schiuse le
labbra in una piccola “o” di sorpresa, prima di serrare in un piccolo sorriso,
ed annuire.
Le deve capire
ancora le regole.
In ritardo, ma mi ha seguita. Vedi il lato migliore della situazione, Sakura.
Pensa positivo. Ci
sei sempre riuscita.
Annuendo, più a sé
stessa che alle parole di lui, con un piccolo salto balzò giù dal ramo,
atterrando con uno scricchiolio di foglie secche. Per poco non perse
l’equilibrio, e a giudicare dallo sguardo, Sasuke-kun se n’era accordo.
Aveva quella specie di ghigno saccente sul viso, quello divertito.
… da
“sono migliore di te”, insomma.
Quello non vale, Sasuke-kun. Non è un sorriso.
“… Non sono caduta.”
Precisò piuttosto
ad alta voce, simulando un piccolo broncio. Lui schioccò la lingua, e si strinse
nelle spalle.
“Certo.” Fu la
laconica risposta che ottenne, risposta che sfumò in uno sbuffo. Lui si sedette
alle radici dell’albero, come aveva fatto quel pomeriggio presto.
Dal basso, spostò lo sguardo su di lei.
Sakura non fece domande, né chiese permesso. Gli si sedette accanto, gamba
contro gamba
Ci sei ancora accanto a me, vero?
Non sono paranoica.
Ma ho solo paura che tu svanisca ancora, senza dirmi nulla.
La ragazza poggiò
il capo sulla spalla del ragazzo, e chiuse gli occhi, sospirando appena. Lui
guardava dritto fra i cespugli, ma distrattamente cercò la mano di lei.
“ Di cosa
parlavate oggi tu e Naruto?” domandò infine lei, con un fil di voce.
“ Hai sentito, per
questo eri così strana.
Lo sapevo.”
“ Beh, non è un motivo per vantarsi di saperlo. Rispondi e basta, no?”
“ Nulla, davvero.
Non pensa che tu
ti possa fidare di me, tutto qui.”
“ … e posso?”
“ Cosa?”
“ Fidarmi di te.”
“ Non lo so.”
Calò ancora una
volta il silenzio, mentre entrambi, immobili, l’uno accanto all’altro,
guardavano un punto indefinito del vuoto.
“ … cosa sapete
che io non so?”
“ Penso che se la
sia presa. Lui… forse ti ha più a cuore di quanto ti abbia io.”
“ Ti prego, non
dire così.”
“ Lo sai che è
vero.”
“ Non è vero.”
Un sibilo sottile,
ed ancora una volta Sasuke non rispose, spostando lo sguardo su di lei. La
guardò a lungo con quell’occhio, prima di sollevare lo sguardo allo spicchio di
luna che si era affacciato sul cielo scuro.
L’aria si faceva sempre più fredda, ma lui emanava calore. Sakura si rannicchiò
appena di più vicino al ragazzo, sopracciglia corrucciate.
“ … non è vero, ne, Sasuke-kun?” ripeté, con un
timido, flebile fil di voce.
Dopo una lieve
pausa
Un’eternità, non
qualche attimo, perché non mi dici che è tutto a posto?
lui rispose. “ … ti merita comunque più di me. E’ arrabbiato, tutto qui.”
“ Non mi hai
risposto.”
“ Non so cosa
risponderti, Sakura.
Io…”
“ Tu mi ami.”
“ Non vorrei dare
un nome a ciò che provo.”
“ Però mi ami.” Insistette lei, serrando le labbra.
Quasi fosse una
piccola supplica.
Now I'm on my own side.
[ It's better than being on your side ]
It's my fault when you're blind!
It's better that I see it through your eyes.
E lui, quella
lieve sfumatura nella voce la sentì. La sentì, e chiuse gli occhi.
“ Temo di si.”
“ Allora mi ami?
Perché non me lo dici chiaramente?”
“ Sakura…” quasi
un rimprovero, nella voce di lui.
“ Sasuke-kun, dopo
tutto… penso che io abbia bisogno di sentirlo, non ti pare?” bisbigliò lei,
senza alzare la voce. Quasi temendo che, alzandola, potesse sfociare in un
singhiozzo. A volte…
… a volte sei
impossibile Sasuke-kun.
Lui, ancora una
volta, rimase in silenzio. Quasi stesse pensando.
Lei, ancora una
volta, vide quell’espressione combattuta sul suo volto. Infine, schiuse le
labbra.
E da quelle labbra
uscì un sussurro, appena udibile.
“ Ti amo, si.”
Sakura lo sentì a
malapena, sentì come lui sputò fuori quelle piccole tre parole, quasi fossero
una bestemmia, una maledizione che non avrebbe ripetuto più.
Che non avrebbe
voluto ripetere più.
“ Ma non dovrei. Adesso non dovrei.”
Perchè gridi al
mondo le parole che non vorrei sentire?
Perché hai paura
di quelle di cui ho bisogno, Sasuke-kun?
Sei orribile,
orribile, orribile.
Non è giusto.
Che con un sorriso
tu mi abbia…
… ripetimelo. Ripetimelo, e sorridimi.
“..Sorridimi.”
ripetè ad alta voce lei, accennando quasi un fantasma di sorriso
d’incoraggiamento, sguardo vagamente timoroso, preoccupato.
Lui si voltò verso di lei.
Ma non sorrise. Affatto.
“ Sakura... non
dovrei. Non è affatto giusto.”
“ Non lo è mai
stato.
Sorridimi.
Cosa sapete che io non so? Ti prego, ripetilo e sorridimi… Tutto va bene, no?
Dimmelo e sorridimi allora. Va bene?” La mano sotto quella del ragazzo era
stretta a pugno, e stava tremando.
Non ci stai
provando per niente, Sasuke-kun!
Me l’hai promesso,
il bugiardo sei tu, tu…
Il respiro di lui
era improvvisamente molto più vicino, e lei lo sentiva, fantasma sulle sue
labbra.
All these thoughts locked inside...
Now you're the first to know.
Le labbra di lui
sfiorarono le sue, in un tocco delicato, quasi premuroso, dal retrogusto
dolceamaro. Sakura avrebbe potuto pensare che quello, effettivamente, era il suo
primo bacio
[ … quante ragazze
possono vantarsi di aver condiviso il primo bacio con colui che più amano al
mondo? ]
… ma in quel
momento non ci riuscì.
Fu solo il
fantasma di un tocco, passato ancor prima che lei se ne rendesse conto. Lui
poggiò la fronte contro la sua, occhi chiusi. Serrò le labbra. Ma Sakura si
limitò a batter ciglio, osservando quei lineamenti così vicini, senza riuscire a
dire una parola.
Quando lui schiuse
quell’occhio, quando quel respiro tornò ad accarezzarle le labbra, non fu colta
di nuovo impreparata.
Non sento le
campane dal cielo, non si sono risvegliate lucciole, per noi, nessun canto di
fate.
Eppure…
… è ancora più…
è un sogno che
diviene realtà.
Sasuke-kun… perché devi sempre…
… non riesco a
seguirti, nei tuoi pensieri.
Ma non importa,
finché mi resti accanto.
Non importa. Imparerò.
La mano
di Sakura si strinse appena sulla manica del ragazzo, stringendola in quel
piccolo pugno, senza pensare d’esser delicata. – Non muoverti di un solo
centimetro.
Quel bacio fu
appena più lungo, meno timoroso.
A Sakura apparve
quasi disperato.
Non v’è motivo che
lo sia.
Ritornarono a
respirare, ognuno per sé, nessuno che rubava l’aria dell’altro. Fronte contro
fronte, nasi freddi nell’aria quasi invernale si sfioravano. I respiri si
confondevano.
“ Non è affatto
giusto…” mormorò ancora il ragazzo, e questa volta non v’era alcuna nota dura
nella sua voce.
“Lo è.”
Il silenzio piombò
di nuovo fra i due, più in là il verso di un gufo, un battito d’ali, in
picchiata.
Mille ali che
volano via da me.
“ Ho intenzione di
andar via, Sakura.”
When darkness turns to light,
It ends tonight.
Sasuke è
un ragazzo che ti verrebbe voglia di prendere a pugni, ma sono sicura [almeno,
fino a prova contraria] del lieto fine °_°
-
Artemisia89 :
son contenta che Tsunade sia risultata verosimile. E’ con personaggi
come lei o Kakashi, che mi ritrovo nell’eterno dilemma… è verosimile o no? Me
contenta ^_^ Qualcosa sta cambiando si. Sasuke alla fine si renderà conto di ciò
che conta nella vita… e stare ad inseguire qualcuno che non c’è più, non è una
di queste. Dovrebbe smetterla di guardare più in là, ciò di cui ha bisogno è
vicino a lui u.u [Sto male oggi o.ò]
-
Killkenny :
grazie mille ^_^ Possibile che
ci sia qualche accenno, sebbene non sia del tutto probabile. Dipende ovviamente
da quanto fuori controllo andrà questa fic XD. Essendo anch’io sostenitrice di
quella coppia, direi che dipende tutto dalla tastiera u.u”
-
Darkphoenix :
il “ne”… temo sia residuo delle fansub giapponesi. Lo ripetono in
continuazione, si è infiltrato nella mia lingua parlata e scritta >_< Anche
perché non sono ligure, bensì pugliese DOC u_ù
-
Erica:
Ehm. Niente trapiantino mi sa. Avevo pensato da un trapiantino da Itachi, ma
credo che poi si caverebbe l’occhio da solo, alla fin fine. E cadaveri
disponibili non ci sono, ecco u.u
-
Solarial:
non so perché, ma adoro i tuoi commenti. Capita a volte che l’ispirazione venga
leggendoli, non so se è mai capitato u_u Itachi rimarrà come un’ombra sulle vite
dei nostri eroi [ma quali eroi?!?] perché il passato rimane comunque una parte
di noi, alla fin fine. U_u Povera Sakura, a doversi confrontare sempre con cose
più grandi di lei >_<” Quando lei non c’entra nulla.
-
Jaly-chan:
si, sei persuasiva. Fin
troppo. Lasciarsi sconfiggere, esattamente quello. Non mi veniva appunto il modo
di dire. E’ stato forse un po’ troppo sicuro di sé, lasciandolo fare
all’inizio? Probabile. Anche se Sasuke ha vinto barando: non ha usato il suo, di
potere. XD
Un grazie
mille anche a SoleDincht, Kirjava, Aleptos [benvenuta nella sezione, me onorata
XD] e sora33. Prometto ancora una volta il lieto fine [mantenere la promessa,
poi… Uhm sisi XD].
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** XII - Let me go. [Sasuke] ***
tml>
Nuova pagina 1
A/N:
-
ReiAyanami:
sasuke ha bisogno
di una bella dose di legnate dietro la schiena [ anche se porino, qualche
ragione ce l’ha pure, ecco u_u – indica capitolo-]
-
DarthSteo:
Provo piacere a lasciare in sospeso? Volete la verità? Assolutamente Si! XD sono
contenta che il discorso fra Naruto e Sasuke sia piaciuto, penso che Naruto si
debba sentire parecchio inacidito con tutta la storia – ma lo sappiamo che è
bravo a sorridere, lui. Non biasima Sakura, ma ciò non toglie che pensa sia
masochista u_u”
-
Natsumi90:
vena sadica? Io? Ma
dooove? >_>” Cioè, ecco, si. Posso provarci davvero a fare qualcosa di
semplicemente amoroso romantico, ma sarà che sono una disillusa… nell’amore
facile facile non credo più di tanto XD Soprattutto se uno dei due è Sasuke. E’
Sakura che se le va cercando, altro che poveretta u_u
-
Solarial:
ti prego, non ti
far venire colpi che i soldi per l’avvocato non ce li ho ancora >_<”” Se vuoi un
motivo per cui le tue recensioni mi piacciono, è che mi fanno capire che sono
riuscita ad esprimere bene ciò che volevo esprimere. Mi sprona ad andare avanti,
davvero =^.^= Grazie mille (Y) °_°
-
Helen Lance:
ufficialmente,
Sasuke è un acaro della polvere sisi u_u Il cervello ce l’ha nella suola delle
scarpe [ oppure nell’occhio che ha perso, chissà, in quel caso sarebbe
giustificato. Anche se prima non è che lo usasse tanto >_<] Tsunade-hime resiste
grazie a te, ricordatelo X°D Ci sto provando davvero a scriverla, ma rimane
sempre ostica, hmpf. Quella donna è_é””
-
Miyu92:
non mi uccideeeere
°_° In ordine: a) no, da piccolo erano troppo occupati con lo psichiatra per
Itachi; b) sappiamo tutti che Sakura ha un neuroncino non troppo sano; c) Naruto
è Naruto, ed è sacro ò_ò”.
-
Kazuhachan:
è arrivata anche per Sakura l’ora di essere la sfigata di turno u_U” Il lieto
fine è sicuro al 99,9% [rimane lo 0,01%, ma è una percentuale minima, suvvia
u_U]
-
Nely:
Grazie mille *_* Vedrò di
aggiornare presto sisi [dipende dai capitoli, ecco. Lo scorso capitolo non mi
voleva proprio uscire. Un vero parto.] … ma a che serve dirlo qui che aggiornerò
presto? °_° Leggerai soltanto quando aggiorno -.-“ Me banana.
-
Topy:
… O.ò Si, quoto in toto.
-
Darkphoenix:
[abbraccia Sasuke,
togliendolo davanti] Feeeerma, mi serve per gli altri capitoli °_° Sennò gli
altri capitoli con chi li scrivo, con Willy il Coyote? °_° Non è una valida
controfigura, lui, ha troppi peli e non si fa la ceretta è_é””” Come hai potuto
notare, Sakura ha seguito il tuo consiglio – e il più generico senso comune. A
mio parere avrebbe potuto ucciderlo anche, ma, come già detto, mica posso
continuare la fic con Willy il Coyote °_°” Brr. Lo odio. Comunque sia, davvero
un destino crudele il tuo °.°
-
Gryffindor_ery: il
lieto fine è ancora nei paraggi. Anche volendo, potrei fargli un fischio sisi.
-
Ross [ ahr
*_* ]: Oddio, sono
rotolata dal ridere. Con quella recensione hai ucciso quel mio povero neurone
che mi era rimasto! Cattiva! Crudele! Ma ti amo lo stesso (L) u.u Effettivamente
di normali non ce n’è nessuno. Uhm. Anzi, a questo punto sono tutti normali,
poiché in un mondo dove sono tutti pazzi, i pazzi diventano normali e coloro che
sono normali diventano pazzi. O qualcosa del genere, ho perso il filo. Questo
capitolo è stato un altro parto, ma perché non mi andava di scriverlo, non
perché non ci riuscivo. °_° Sasuke’s a pain in the ass, really è_é”” Ma tanto
non mi piace scrivere troppe robe a lieto fine, va ò_ò Quindi va tutto bene,
tutto sotto controllo, non entriamo nel panico °_°”
-
Francy:
rimando a sopra: il lieto fine è ancora nei paraggi! [frega il binocolo a Ross,
iniziando a guardare freneticamente intorno.] Ecco! Lo vedi? Eh? Eh? [Indica
punto a caso] … mh, io no. Però c’è, ecco u_u
-
Artemisia89:
una richiesta di felicità prima della partenza. Era esattamente quello che
doveva essere. Un assaggio di ciò che si lasciava alle spalle, giusto che così
poteva sapere su cosa deprimersi. Lo conosciamo tutti, Sasu, no? E’ un tale… non
bestemmio che è meglio. Fratelli in Nuova Zelanda? No, no, questa volta lui
pensa di avere motivazioni più nobili. Nella sua testolina bella, carina e…
vuota. >_>”
-
Azusa92:
è lo stesso motivo per cui la coppia piace a me. E per cui sta cominciando a
piacermi Sakura, quando prima la odiavo. Ora… boh o.ò Sto iniziando a vederne i
lati positivi ecco u.u
Ed ora,
via verso la fine. Altri tre capitoli rimasti, o meglio… due capitoli con
epilogo. Questa fic è la mia creatura, davvero. Mai scritto qualcosa di più
lungo °_°”
Per oggi: “
Let me go – Three Doors Down.”
E’ semplicemente stupenda e perfetta *_*
Comincia a piacermi Sakura, ma comincio ad odiare Sasuke -.- E’ una pena da
scrivere.
“Vi ho trovati di nuovo a
dormire nello stesso letto. Ci state prendendo gusto. Ma almeno mettete un segno
sulla porta, che evito di entrare e prendermi infarti. Povera Sakura-chan, me la
stai traviando, razza di pervertito.”
L’altro ragazzo sbuffò,
sollevando con le bacchette qualche spaghetto, colando un po’ di brodo,
ributtandolo giù nella mischia. Crucciò le sopracciglia.
”Il pesce non mi piace.”
”Voglio dire, io vengo, trovo la porta aperta. Salgo a portarti qualcosa da
mangiare, così te non diventi uno scheletro commemorativo sul letto pieno di
acari e robe varie, e ti trovo lì, certo. Con lei tecnicamente appolipata sopra
di te. Che bello spettacolo. Avete rubato la mia povera innocenza, bastardi.”
“ Perché devi insistere nel
cucinare pesce?”
Il biondo abbandonò la testa sul tavolo, con uno sbuffo altrettanto seccato. Poi
spostò lo sguardo dalla superficie di legno al viso dell’altro ragazzo,
crucciato.
“Non dire cazzate. L’hai
mangiato durante il secondo esame Chuunin, quello di sopravvivenza.”
“Appunto. Era un esame di
sopravvivenza.”
“ Che idiozia.”
“ Tieni e mangiatela.”
“Più che volentieri.”
La ciotola passò di mano.
Sasuke poggiò il mento sul palmo della mano, mentre Naruto preferì avventarsi
sul Ramen.
Dopo qualche attimo, entrambi
sospirarono.
“Non sarà mica come prima
vero? Prima avevo qualche speranza no? Ora però ci sei tu. E lei…”
Sasuke non rispose, e dentro
di sé si maledisse d’aver dato via la ciotola: almeno prima aveva avuto un
pretesto per non guardare quegli occhi chiari così… quasi abbandonati.
Durarono poco, e Naruto si
chiuse nel suo solito broncio infantile, prima di sbuffare ancora.
“Voglio dire… se voi iniziate
a fare cose…”
“Idiota, non stiamo facendo
nien…”
“… io poi finirò per fare il
terzo incomodo, fuori dal vostro piccolo mondo. Non mi piace, ecco.”
Calò di nuovo il silenzio, ma
questa volta Naruto non sognò neppure di infrangerlo.
L’unico rumore, per troppo tempo, fu quello del ragazzo biondo che mangiava e
beveva quel brodo.
Dall’altra parte della casa,
si sentì un frastuono di qualcosa di pesante che cadeva a terra.
Le bestemmie non proprio gentili di una voce femminile, frustrata.
Entrambi i ragazzi sussultarono appena.
“… ti sei preso cura di lei,
allora.”
Mormorò infine Sasuke, spostando lo sguardo sulla finestra che lasciava filtrare
il pallido sole autunnale.
“Non che sia servito a molto.
E’ regredita a stato di ameba adorante non appena ti ha visto di nuovo.”
Borbottò di tutta risposta l’altro ragazzo, amarezza e ripicca nella voce.
“… bene, allora.”
“Cosa?”
“Ti prenderai cura di lei
ancora una volta, no?”
Naruto batté ciglio, prima di
stringere un po’ troppo forte la bacchetta di legno. Si spezzò.
Quando parlò, però, la sua
voce era soltanto rassegnata.
“Quindi vai via.”
“E’ in buone mani.”
“Decisamente migliori delle
tue. Ma non sono le mie, che vuole. Non le ha mai volute.”
Sibilò il biondo, scostando lo sguardo sulla ciotola semivuota.
Quasi si stesse domandando come finire di mangiarla, dopo aver rotto la
bacchetta.
“Le vorrà. Ti prenderai cura
di lei e lei sarà felice.”
“Sai, è incredibile vedere il
grande Uchiha che si preoccupa per una ragazza. Il mondo deve essere arrivato
alla fine, se ce l’hai così a cuore da volerle fare così male. Bastardo.” La
voce di Naruto era colma di sarcasmo. “Tu dici che l’idiota sono io. Sei tu il
vero idiota. Non azzardarti ad andar via da Konoha. Non voglio che Sakura-chan
torni quel salice piangente che è stata per due anni, dopo che sei andato via.”
“Non posso restare qui.”
“Perché non puoi?!”
“Orochimaru sta…”
“Vuoi tornare da quello lì? Tu
sei malato dentro, Uchiha!”
“No! Io… Mio fratello è…
ormai, quel sogno è inutile, non c’è motivo di tornare da lui…”
“Allora puoi benissimo restare
qui!”
“Attaccherà Konoha, e Konoha
non merita questo per…”
“Oh, adesso vuoi fare l’eroe?!
Ma piantala. Itachi non era qui per te, se ti va tanto saperlo. Se Sakura c’è
finita di mezzo, è colpa mia, magari. L’Akatsuki attacca Konoha, e lo fa per
me. Non per te, se non ti dispiace condividere le luci della ribalta. Eppure
io non penso di dover andar via, perché so che siamo tutti compagni, nello
stesso villaggio, e si tratta di guardarci le spalle a vicenda… E so che ci
sono, dopotutto, persone che mi guarderanno le spalle, me le sono meritate, e
ora ci sono.”
“Non resterò qui. Ci sono
tropp…”
“Troppe prede facili? Pensi
che quel tipo dalla lingua assurda possa prendersela con Sakura? Posso azzardare
anche un ‘con me’? Per arrivare a te? Oh, certo, fa così eroe tragico andare ad
affrontare il nemico tutto da solo. Oh, quale spirito di sacrificio…! Ma
finiscila. Sas’ke… siamo stati i tuoi compagni di squadra. Sono un tuo
compagno di squadra. E cazzo, sei il mio migliore amico, se questo ti fa
intendere quanto io sia disperato, in questo campo. Non ti permetterò di fare
cazzate. Non esiste. Ho passato questi anni a diventare più forte non per
diventare Hokage, ma per riportarti indietro. Ed ora, tu rimani a casa. E
smettila di fare l’eroe. Tanto ormai non ti crede nessuno.”
“E’ un discorso che non sta in
piedi.”
“E allora dovresti smetterla
di illuderla in questo modo!”
[ Perché sarò io a raccogliere
i cocci di ciò che rimarrà di lei, e finirò in cocci anche io, e tu non ci
sarai.
E via di nuovo, a far finta, giorno per giorno…
… io potrei anche arrivare a
pensare che quello potrebbe essere amore, fra me e lei
– ci prenderemo l’uno cura dell’altra, per evitare che ciascuno finisca a
pezzi –
… ma per lei sarebbe solo una
vita piena di rimpianti, e priva di senso.]
XII – Let me
go.
One more kiss
could be the best thing,
but one more lie could be the worst.
And all these thoughts are never resting...
...and you're not something I deserve.
Fosse
stato un tipo più dedito ad osservazioni di campo poetico, Sasuke avrebbe potuto
giurare d’aver visto il cuore di Sakura cadere in mille pezzi, d’aver sentito il
rumore di quei cocci di vetro che tintinnavano per terra, soltanto guardando
quegli occhi chiari.
Quegli occhi chiari non fecero nulla per nascondere al mondo quel cuore ormai
ridotto ad un puzzle.
[ E ci
vorrà molto più tempo per rimetterlo insieme… Non è vero? ]
Sasuke,
essendo diventato ciò che era diventato
[ troppo sentimentale, non dovrei.
Tch.]
non sopportò
di reggere quello sguardo, e lo spostò sull’erba bagnata d’umidità.
Non sentì, lui, il rumore dei cocci di quel cuore: ma potè immaginarli
fin troppo bene, sentire il suono di ciascun piccolo pezzo che si sgretolava,
via, fino a divenire nulla.
“Dovresti smetterla di illuderla!”
Sei
contento ora?
Sentiva
lo sguardo di lei, quasi sperduto, fisso su di lui. Lo sguardo di Sakura cercava
qualcosa che non riusciva a trovare. Il silenzio sembrò durare ore, ma fu
interrotto dalla flebile e poco convinta risata della ragazza.
“Ne,
Sasuke-kun, ne devi imparare di cose. Questo… non era un momento in cui si
doveva scherzare…” sussurrò la ragazza, gesticolando freneticamente con voce che
voleva essere tranquilla, ma che in verità era fin troppo agitata.
“… però lo apprezzo che tu voglia scherzare, ecco, è raro, non lo fai quasi mai,
quindi suppongo che tu stia meglio, e poi…”
“Non era
uno scherzo.”
Il fiume
di parole smise di sgorgare dalle labbra della ragazza. Nella sua mente, Sasuke
sentì gli ultimi cocci cadere, nel silenzio della notte.
Sto
facendo la cosa giusta.
Come sempre.
Come sempre.
[“Allora ti stai illudendo da solo.”]
Come
sempre.
Come sempre.
Sentì la
stretta di quella mano, all’apparenza delicata, diventare serrata come un
artiglio sul suo braccio.
Le unghie
graffiarlo da sotto il tessuto, ma non si lasciò sfuggire neppure un sospiro.
“No…” fu
l’unica sillaba che sfuggì dalle labbra di lei.
E lei
aveva pensato che forse io avrei provato per sempre e lo avrei anche fatto, e
forse non avrei…
Quelle
labbra, che aveva scoperto morbide come avrebbero dovuto sempre essere, dolci di
zucchero
e
mitarashi dango
ora erano
socchiuse, sillabavano parole che non aveva la forza di dire. I capelli
ondeggiavano mentre lei scuoteva il capo, sempre più velocemente, sempre più
freneticamente, sempre più disperatamente…
Lui, con
quell’unico occhio, la fissava.
Avrei
voluto provare per sempre.
Ma
metterti in pericolo perché io possa provare a fare qualcosa che non verrà mai
come la vuoi tu…
[“Smettila di fare l’eroe. Non ti crede più nessuno.”]
Non so
più cosa voglio.
Non
piangere, dannazione. Non dovresti piangere.
Dovresti arrabbiarti perchè
sono un bastardo.
Ma la
ragazza non potè sentire quel pensiero, e le lacrime si erano già affacciate
agli occhi verde foglia.
Inesorabili.
Dannazione,
Sakura. Sei orribile,
orribile.
Non riesco… così, io…
Vorrei
dirti che andrà tutto bene, ma…
”Dovresti smetterla di illuderla!”
… sei
orribile. Non posso
mentirti, nè fare nulla.
Ti
odio, ti odio, ti odio…
“Allora ti stai illudendo da solo.”
Lui tentò
di scostarsi da quella presa artigliata sul braccio, ma lei non gli permise di
muoversi di un centimetro. L’altra mano si aggrappò a quella stessa manica,
disperatamente. Ultimo appiglio.
[Non andare via.]
Non lo
disse, e lui ne fu grato. Rimase in silenzio, ad osservare quel viso con cui
poco prima aveva condiviso il respiro.
“…
perché?” fu tutto ciò che quella voce flebile riuscì a mormorare, prima
che andasse a serrare le labbra.
In my head
there's only you now,
this world falls on me.
In this world
there's real and make believe...
... and this seems real to me.
“Non sono
affari tuoi.” Mormorò lui di tutta risposta, serrando le labbra a sua volta, e
scostando lo sguardo sull’erba.
La sentì mugolare qualcosa di
talmente patetico, che non riuscì a comprenderla.
“Portamiconte.”
Ripetè la ragazza, con un’unica emissione di fiato.
Poco più d’un
sibilo.
“Mai.”
Sbottò lui, tentando ancora una volta di alzarsi. Ma questa volta, la reazione
di lei fu totalmente inaspettata.
Uno schiaffo, un pugno:non aveva capito bene cosa era stato a colpirlo lì
da dove l’occhio [che non c’era] non poteva più vedere.
E prevedere.
Sentì il
dolore rimbombargli nella tempia fasciata, e la prima cosa che vide fu il volto
di lei. Di lei che gli si era parata davanti, di lei che non gli concedeva
alcuna via di fuga.
Perché
è questo tutto quello che fai: scappare.
Non gli
concedeva via di fuga da quel viso arrossato ed adirato – disperato.
Nessuna
via di fuga da quegli occhi lucidi.
Nessuna via di fuga da quelle labbra arrossate.
“Portami
con te!” ripetè lei, con il respiro affannato, a pezzi, alzando appena la
voce da quel sibilo che era stata.
Smettila, Sakura, smettila…
Lui si
limitò a battere ciglio, espressione impassibile sul volto, capelli spettinati.
“P o r
t a m i c o n t e !” ripetè lei, e ancora, e ancora, alzando la voce,
sempre più veloce, finchè non vi fu più differenza tra queste suppliche
sillabate ed i singhiozzi che infine erano arrivati a scuoterla.
Lo aveva
graffiato, lo aveva abbracciato, lo aveva supplicato fra le lacrime e poi lo
aveva insultato, e di nuovo, di nuovo, di nuovo, sempre più flebile, sempre più
sommessa, finchè non si fermò lì, tenendolo per la maglietta.
Gli occhi nascosti da quella frangia, rivolti verso il basso.
Lui non si era mosso d’un centimetro.
Terribile, terribile…
“Smettila.” Fu ciò che scelse di dire, infine, poco più di un sussurro. Lei
soffocò un singhiozzo, ma resto lì, davanti a lui. Tenendolo ancora per la
maglietta, sollevò gli occhi rossi di pianto, ma che ormai non versavano più
lacrime.
“Portami con
te. Questa volta… portami con te. Perchè devi andare via? Qui
va tutto bene. Siamo io e te. E’ come dovrebbe essere. E’ come avrebbe dovuto
essere sempre, sempre… sempre. Sempre….” Era tornata quella voce flebile, quasi
inquietante, quel sussurro cauto.
Lui sollevò quella mano baroccamente ricostruita, posandola su quella di lei. La
scostò, piano, con gentilezza.
“Orochimaru ha intenzione di attaccare Konoha. Ci sarebbe un’altra guerra, e tu
ne rimarresti coinvolta. Konoha non ha i mezzi per sopportare adesso
un’invasione. E c’è anche l’Akatsuki. Io sarò più difficile da trovare, da solo.
Mi farò vedere all’inizio, lontano di qui. Le voci gireranno, e cambieranno
piano. Lasceranno in pace Konoha, lasceranno in pace te. Perché voi non
c’entrate niente.” Sasuke si attenne al tono della ragazza, regolando la sua
stessa voce profonda su quel sussurro discreto. Ogni parola venne pronunciata
come un discorso imparato a memoria, tono piatto, privo di qualsiasi sfumatura.
[Di
tanto in tanto lo coglieva a mormorare qualcosa fra sé e sé – quasi stesse
provando un discorso imparato a memoria, o stesse ripetendo una vecchia lezione
imparata all’accademia. Seduto, da qualche parte, muoveva sommessamente le
labbra, guardando un punto imprecisato davanti a sé.]
Sakura
pendeva dalle sue labbra, assimilando ogni parola, tentando di comprenderne il
motivo, di comprenderne le sfumature. Ma, alla fine, si limitò a scuotere il
capo.
“Ti odio.
Portami con te.”
“Se mi
odi, non c’è n’è motivo.”
“Ti amo,
e lo sai. Portami con te, questa volta, portami… tu lo sai che io…”
“A
maggior ragione.”
Con la
stessa calma, il ragazzo scostò l’altra mano di lei, che ormai aveva deformato
la manica della maglietta. Lei immobile si lasciò guidare, come una bambola.
Battè ciglio, e fece per schiudere ancora una volta le labbra.
Lui la zittì, piuttosto bruscamente.
“Tornerò,
certo, se non muoio prima. Non ti chiedo di aspettarmi.
Hai…”
“Non
voglio aspettarti. Portami con te.”
“ … hai
miliardi di persone che ti hanno a cuore più di me. Sei cieca e non te ne
accorgi.”
“Non è
vero, tu mi ami e l’hai detto. Ti amo anche io, quindi portami con te, no?
Saremo io e te, insieme ce la faremo, poi torneremo a Konoha e ridaremo vita al
Clan Uchiha lì dove appartiene e sosterremo Naruto che diventerà l’Hokage e poi
io andrò a lavorare all’ospedale ed entrerò nella squadra medica e tu diventerai
ANBU e avremo una vita normale insieme perché è così che dovrebbe essere,
perché…” ormai parlava senza prendere fiato, così sommessamente che Sasuke non
riusciva a distinguere tutte le parole di quel fiume in piena, che sgorgava
dalle labbra di lei come sangue da una ferita.
Che bella
favola, Sakura. Ma questa è la vita reale.
Questi sogni non si avvereranno, e tu lo sai.
You love me,
but you don't know who I am.
I'm torn between this life I lead, and where I stand.
And you love me, but you don't know who I am...
... So let me go,
[Let me go.]
“ Sakura, no.
Vai a casa e dormi.”
“Cazzo,
Sasuke, portami con te!
Adesso.
Ora. Se solo osi lasciarmi
indietro, io… io…”
Sasuke? Non Sasuke-kun?
Per quel
che sembrava, Sakura ormai era scoppiata.
“… tanto tu non hai cervello, per questo stiamo bene io e te, perché io
almeno penso, e da solo tu non sei capace di fare niente, e quindi non fa
nulla, tu non mi vuoi con te? Va bene, perché non importa se lo vuoi o no,
perché io ti seguirò e sarò la tua ombra, dannazione, sarò la tua
ombra fino alla fine dei tuoi giorni, che tu lo voglia o meno, e dormirò nel tuo
stesso letto e ti preparerò da mangiare e sarò io a tirarti su il morale e ti
giuro che fino alla fine ti sarai così abituato a me da non sapere
neanche perché volevi lasciarmi indietro, e non mi importa se non mi vuoi, non
mi importa se mi consideri un peso, non mi importa nulla di nulla, perché
tu sei un cretino e quello che pensi non conta, e se ti lascio da solo tu sei
perso e fai decisioni assurde perché sei l’essere più infantile che
conosca sebbene sembri il contrario, e io non ce la faccio più, perché neanche
tu sai quello che vuoi e come lo vuoi e quando lo
vuoi e ti illudi di saperlo e quando lo ottieni rimani con nulla, e ti arrabbi e
ti deprimi e non sai più cosa farne di te stesso, ed in quei momenti io
sarò lì, la tua ombra fino alla fine dei tuoi giorni, davvero, e ti
riporterò sulla giusta via come una pecorella smarrita, perché è questo quello
che sei ma a me non importa, perché io ti amo lo stesso e tu lo sai, ma tu non
te lo vuoi ficcare in quella cazzo di testa fantastica che ti ritrovi. Mi
porterai con te, che ti piaccia o no!”
Non seppe
capire se quella con cui era stato colpito fosse una maledizione o una
benedizione. Non ebbe la forza di farlo.
Così…
è questo ciò che pensi.
Siamo
una coppia di matti, Sakura.
Io e te.
Sasuke si
limitò a battere ciglio, prima di avvicinarsi e sfiorare piano la fronte
arrossata e accaldata di lei con le labbra fredde. Lei, dopo lo sfogo, non
sapeva più se piangere o ridere.
Nell’indecisione, ansimava, cercando di riprendere il fiato. A quell’accenno di
bacio sulla fronte, non si mosse. Si limitò a continuare a fissarlo, con
qualcosa a metà fra l’astio e l’amore più cieco.
“Vai a
dormire, Sakura.” Le mormorò lui, piano, nell’orecchio, prima di superarla lungo
il sentiero. Non alzò lo sguardo, non si guardò indietro.
“Non hai
capito? Verrò con te!” insistette lei, con voce resa patetica dai
singhiozzi, lievemente isterica. Soltanto a quel punto, lui la guardò da sopra
una spalla.
“No, non
verrai con me. Domani notte andrò via. E tu non verrai con me, o sarebbe
inutile.
Kakashi lo sa.
Naruto lo sa. Fattene
una ragione, e continua a vivere.”
A
malincuore, si lasciò a le spalle quei singulti e quegli occhi verdi, senza
riuscire ad ignorare la morsa che era arrivata ad attanagliargli il cuore.
Sto facendo la cosa giusta.
“Ti
stai illudendo da solo.”
Si.
Ma sto facendo la cosa giusta.
I dream
ahead to what I hope for...
...and I turn my back on loving you.
How can this love be a good thing?
[when I know what I'm goin’ through...]
Alla
fine, non ci ho neanche provato.
Questo il pensiero
che l’aveva tenuto sveglio per tutto quel che rimaneva della notte, mentre si
girava e rigirava nel letto di Itachi, senza riuscire a trovare una posizione
più confortevole che potesse calmare anche il rimorso nel cuore.
Qualunque cosa che faccio, non sembra mai andare bene.
La
vita fa schifo.
Era tutto
indolenzito dalla nottata in bianco, un’occhiaia vistosa sotto l’occhio che non
era coperto dalle medicazioni.
Per
l’ultima volta, quel giorno, aveva aperto le tende di tutta la casa, e aveva
lasciato che il sole pallido della mattina colpisse tutti i mobili.
L’aria pungente del quasi inverno era entrata nella casa. La casa aveva
respirato.
Prendi
quanta aria puoi. Resterai chiusa per parecchio tempo.
Perché
è la cosa giusta.
Non aveva
neppure pensato di mangiare, optando piuttosto di mettere a posto le ultime cose
della vecchia vita. Lo zaino che aveva preparato era ancora lì, ai piedi del
letto, dove l’aveva lasciato.
Ne sparpagliò il contenuto sulle lenzuola, controllando con quell’unico occhio
vigile che ci fosse tutto. Ci mise un po’ a fare mente locale, così intorpidito
dal sonno. Sentiva i soliti rumori di ogni giorno. Il panorama da quella
finestra era il solito di ogni giorno. Niente di particolare nelle condizioni
atmosferiche: un’anonima giornata di fine autunno, che avrebbe potuto essere la
fotocopia di una fotocopia di tutte le giornate di fine autunno che aveva
vissuto fino a quel momento.
Un’anonima giornata di fine autunno.
Controllò
di aver preso almeno il necessario per tirare avanti per almeno una settimana,
prima di raggiungere la città più vicina, calcolando imprevisti ed eventuali.
Decise che tutto quanto era abbastanza, e doveva esserlo, sennò quel bagaglio
sarebbe stato fin troppo pesante, e sarebbe divenuto più che altro una perdita
di tempo.
La cosa giusta.
Ti odio, Sakura, ti odio.
Non
puoi farmi cambiare idea. Sei odiosa quando piangi, non fai altro che piangere,
piangere, piangere…
… per colpa mia.
Smettila, una buona volta.
Con benedetta meccanicità, senza pensare troppo a cosa significassero quei
gesti, ma piuttosto a compierli, richiuse il tutto e lo poggiò sul letto. Restò
lì, qualche attimo, a guardarlo.
Un
anonimo zaino in un’anonima giornata di fine autunno.
Voltò le
spalle al letto, allo zaino, ed uscì dalla stanza, tenendo lo sguardo fisso sul
pavimento. Raggiunse la cucina, che per quel giorno era vuota.
Dovevo
immaginarmelo, dopotutto.
Mi dovrebbe far piacere. Questo non è un circolo di ricreazione.
Però…
Si
avvicinò ai fornelli, battendo ciglio mentre si guardava pigramente attorno.
Sapeva cucinare, era andato avanti da solo per abbastanza tempo. Tuttavia, aveva
il sospetto che in quelle mensole, ormai, ci fosse soltanto ramen.
I sospetti vennero presto confermati. Ne prese una confezione a caso, prima di
metterla a riscaldare.
Io
sarò infantile. Ma tu devi crescere. Devi crescere, e smetterla di piangere per
colpa mia.
Non so
mai cosa fare in quei casi. Tu piangi, e io?
Dovrei piangere con te, per solidarietà?
Dovrei ridere e dirti che tutto va bene?
E’ assurdo.
Non va tutto
bene.
Ti sto lasciando qui.
Ma è la cosa giusta.
Si
sedette al tavolo tradizionale, separò le bacchette, e si augurò silenziosamente
buon appetito.
Con lo sguardo distratto, perso nel vuoto che era il muro di fronte, cominciò a
mangiare.
Quindi, dannazione, smettila di piangere.
Perchè non mi piace poter rimanere soltanto a guardare, e sapere che è colpa
mia.
So che sto facendo la cosa giusta, e lo capirai anche tu.
E’ una cosa talmente logica che la capirai anche tu.
Pensi che mi faccia piacere? Lasciarti qui indietro?
Sei un bersaglio fin troppo facile, ed io non ce la faccio a sopportare che tu
possa essere in pericolo per me.
Sto scappando? Certo. Logico.
Sono un codardo. Lo sono sempre stato.
Cominciò a mangiare.
Senza
accorgersi neanche che quello era ramen al pesce.
In my head there's only you
now...
this
world falls on me.
In this world
there's real and make believe,
and this seems real to me!
Verso il
primo pomeriggio, Sasuke concluse che ventiquattro ore in una sola giornata
erano fin troppe, e chiunque avesse istituito questa convenzione – fosse stato
Dio, o qualche stupido astrologo – dovesse essere adeguatamente punito, poiché
era stato sicuramente ubriaco e non capace di intendere e di volere.
I minuti
passavano inesorabilmente lenti, e lui era inesorabilmente solo.
Come ho sempre
voluto.
Ora, aspetto, no?
Che questo dannato sole vada via, e che mi faccia fuggire per il codardo che
sono, visto da nessuno.
Come
mi sono ridotto. [Come ti sei ridotto…]
Ma è
la cosa giusta.
Il tempo non dovrebbe passare così lento.
Perché esistono, le attese, poi?
Sono inutili.
Per
tentarti, per tentare di farti cambiare idea?
Non cambierò idea.
Anzi, non penserò affatto.
Starò qui.
Aspetterò e basta.
Aspetterò che arrivi l’ora, e basta.
Il rosa
che sfumava dal tramonto gli ricordava i capelli di lei, e chiuse la tenda con
fin troppa fretta. Lo sguardo cadde sulla foto posata lì, sul mobile.
Già
visto.
Già
visto, già fatto.
Questa
volta non abbassò la foto. Piuttosto si limitò a sistemarla più dritta sulla
superficie di legno, espressione quasi serena sul volto. La lasciò lì.
E che il mondo sappia che anche io ho una casa in cui, quando verrà il tempo,
se verrà il tempo, potrò ritornare.
Lei
non sarà qui ad aspettarmi, ma sarà viva e starà bene.
E se non sarà viva, e non starà bene… non è stata colpa mia.
Da
solo posso vivere, checché lei ne dica.
Se tornerò, e lei non sarà più qui…
Se
tornerò e lei…
Voltò le
spalle alla foto, scostando un lembo della tenda pesante. Il bordeaux del
tramonto s’andava sfumando nel viola scuro, nel blu.
Non riusciva a scorgere il sole, ma fu piuttosto un sollievo. Meno tempo per
rimuginare su ciò che avrebbe potuto essere, o non avrebbe potuto essere.
Non
c’è spazio per rimpianti.
Non importa, perché anche se lei crede che non me ne importi niente…
… purtroppo è
il contrario. M’importa
troppo.
E con
lui, con Orochimaru, con l’ultimo Uchiha al mondo…
… non
posso permettermi davvero di starti accanto a questo modo.
Nemmeno io sono tanto egoista.
Spostò lo
zaino e si sedette sul letto, osservando quell’unica fotografia.
Per quanto tempo rimase lì, ad osservare quella fotografia dove c’era quella
ragazzina che un tempo aveva lasciato a casa… per quanto tempo rimase lì, non
seppe dirlo.
Guardò
quella foto, anche quando fu troppo buio per distinguerne le figure.
And you love me but you don't know who I am...
I'm torn between this life I lead and where I stand.
You love me
but you don't know who I am
So let me go
[ Just Let me go... ]
La strada era buia a quell’ora, e semideserta. L’unico cambiamento climatico,
rispetto la mattinata limpida, era la lieve foschia che si era alzata, e che
aleggiava priva di peso nell’aria, trasformando ogni più piccolo respiro in una
nuvoletta di vapore.
Sasuke trovava quelle nuvolette di vapore estremamente irritatati, ma
d’altronde, trovava irritante pressoché tutto.
Nulla
di nuovo su questo fronte.
Lo zaino
pesava sulle spalle, molto più di quanto non fosse pesato tre anni prima, mentre
percorreva quella stessa identica strada.
Siamo
sicuri che sia soltanto lo zaino, a pesare di più, Uchiha?
La mia coscienza è a posto.
La mia coscienza è tremendamente a posto, perché questa è la cosa giusta.
Lo zaino pesa troppo, perché io sono più debole.
Ormai cado a pezzi.
Già adesso,
cado a pezzi.
E’ logico.
E’ logico che lo zaino sia più pesante.
Ergo, è lo zaino. Tutto qui.
Pensare troppo su queste cose fa male.
Di tanto
in tanto, qualche sporadica figura attraversava quella stessa strada, senza
prestargli più attenzione del dovuto. Maniche lunghe, vestito di scuro, capelli
disordinati. Una figura anonima, con uno zaino anonimo in quella notte anonima,
in quel villaggio che ormai cominciava già lentamente a dimenticare gli Uchiha.
Gli sembrò di scorgere, costeggiando il parco, la figura di Ino Yamanaka, seduta
accanto a qualcuno che non riuscì a riconoscere, a causa dei cespugli. Gli
sembrò che lei lo avesse scorto a sua volta.
I loro sguardi per un attimo si incrociarono.
Lui, con
sottile rassegnazione.
Lei, con rassegnata consapevolezza di tutto.
Entrambi
gli sguardi, accuratamente pacati, si incrociarono.
Entrambi gli sguardi, accuratamente pacati, si abbandonarono in un unico
sospiro.
Lei si sporse vicino ai quei cespugli e Sasuke, mentre andava via senza voltarsi
indietro, sentì la sua sottile risata, sommessa ed un po’ civettuola, unirsi a
quella un po’ più profonda di un altro ragazzo.
Kakashi lo sa, e l’ha accettato.
Naruto lo sa, e non riesce ad accettarlo.
Persino quella lì lo sa, e l’ha accettato da tempo.
E lei non c’entra nulla.
Sakura, fattene una ragione. Accettala, e va avanti a vivere.
Lei ti starà vicina. Non ti ho detto neanche che è venuta a farmi la predica.
…
Ed ora
ti parlo mentre tu non ci sei, tanto per non parlare da solo.
[ posso vivere da solo ]
Queste
parole non ti arriveranno mai, sono inutili.
Che
coppia di matti, che siamo.
Nella mente, è sempre tutto più facile.
Proseguì
su quella strada anonima, sapendo che era quella che avrebbe condotto fuori dal
villaggio, e via da casa.
Si fermò soltanto quando scorse i cancelli del villaggio.
Soltanto quando scorse quella figura seduta su uno zaino troppo grande per lei,
esattamente al centro del cancello, che gli dava le spalle.
Soltanto quando scorse quella figura poggiata contro lo stesso cancello, braccia
incrociate ed occhi chiari che guardavano proprio lui.
Si fermò,
con un sospiro, prima d’alzare quell’unico occhio al cielo. E sebbene una
sensazione indefinita si fosse stanziata nel cuore [siete entrambi qui]
non potè fare a meno di sentirsi seccato.
Tremendamente seccato.
Con uno sbuffo, ed un’irritante nuvoletta di vapore correlata, continuò la sua
avanzata verso quell’unica porta che l’avrebbe condotto via da casa.
And no matter how hard I try
I can't escape these things inside I know...
[... I know...]
When all the pieces
fall apart,
you will be the only one who knows...
[... Who knows?]
Arrivato lì davanti, si limitò a ricambiare lo sguardo di Naruto. Sakura ancora
gli dava le spalle, seduta abbarbicata su quello zaino. Nessuno dei due disse
nulla, ma neanche si mosse di un centimetro.
“…
allora?” sbottò alla fine, prima di togliersi lo zaino, per poggiarlo a
terra. Vide Naruto sorridere infantilmente a quel gesto, e capì che il suo
intuito aveva, ancora una volta, ragione.
Sarebbe
stata una lunga, lunga serata.
“Allora
niente. Di qui non si passa.”
“Lo dice…?”
“Io,
ovviamente.”
“E
Tsunade-hime.” Lo interruppe Sakura, voltandosi soltanto in quel momento per
guardarlo da sopra la spalla.
Gli occhi di lei erano ancora rossi, ma sicuramente più determinati di quanto
non lo fossero stati la sera prima.
Sasuke spostò lo sguardo da lei allo zaino. Dallo zaino a lei.
“Lo
sapeva Tsunade, che sarebbe successo.
Toglietevi dai
piedi.”
“Neanche per
sogno. Non ho intenzione di farti andare via, Sas’ke.”
Sbottò Naruto, cogliendo alla sprovvista il moro. Quando, la mattina prima, gli
era sembrato quasi che il compagno di squadra avesse compreso, o perlomeno, si
fosse rassegnato.
“Il motivo?”
“Primo, siamo
una squadra. Ergo,
siamo un’unità composta tra tre persone. Quindi, se si fa qualcosa, la si fa
insieme. Tu da solo non va da nessuna parte. Secondo, se sarà necessario,
Orochimaru lo faccio fuori io con le mie mani, e tu non dovrai più preoccuparti
né per Konoha, né per Sakura, né per me, né per te stesso o qualunque altro
essere vivente presente in questo villaggio. Terzo… se tu vai via, Sakura andrà
via, ed io rimarrò qui da solo, come il solito idiota che sono.
E non voglio.
Non ti bastano come motivi?”
“Decisamente
no. Sakura non verrà con me. Sakura starà qui. Spostati,
Sakura.”
“Neanche
per sogno.” Ribattè la ragazza, con l’ostinazione infantile di una bimba.
Sasuke
sospirò, trascinandosi dietro lo zaino, sorpassandola. Lei, dal basso, lo
osservava con quegli occhi lucidi.
Il ragazzo si fermò a metà fra Naruto e lei, voltando le spalle al primo, per
guardare in quegli occhi verdi.
“Non vale
portare i rinforzi.”
“Io l’ho
solo avvisato che stanotte sarei partita. Mi ha seguita da solo.”
Lui si chinò appena in avanti, finchè non fu a qualche centimetro da lei.
“Tu
stanotte non vai da nessuna parte.”
Sakura corrugò appena la fronte, prima di sollevare le braccia per cingergli il
collo, prima di cercare ancora quel bacio che, inaspettato, era arrivato la sera
prima.
“Non
lasciarmi. Sono brava.
Sono utile per tirarti su il morale.
Quando sei con me, sorridi.
Perché abbandonare una cosa così utile?”
Lui
scansò le sue labbra, prima di sciogliersi gentilmente da quell’abbraccio a
senso unico.
I loro
sguardi si incrociarono di nuovo.
Non guardarmi
così, Sakura.
Non guardarmi e basta.
E’ per te che lo faccio, non sto scappando da te.
E’ diverso.
Non sto scappando da te.
Questa non è soltanto una
scusa.
Non è…
…
soltanto una scusa, vero?
[Ti
stai illudendo da solo]
Non riuscì, ancora
una volta, a sostenere quello sguardo. Si voltò verso Naruto, che lo fissava con
risentimento ostentato, ben diverso della vecchia rivalità che aveva imparato a
conoscere ed apprezzare.
Anche
quello sguardo era difficile da sostenere: ma non impossibile.
Sospirò, scuotendo il capo.
“Naruto…”
“… magari
verrò anche io con voi, no?
Finirei probabilmente per
essere il terzo incomodo.” Mormorò il suo compagno di squadra, che fu anche il
primo a scostare lo sguardo.
Sasuke, ancora
una volta, sospirò.
And you love me but you don't.
[You love me but you don't]
You love me but you don't know who I am...
And you love
me but you don't.
[You love me but you don't]
You love me but you don't know me...
“… non so
cosa di…”
“… Tu non
puoi venire con noi, Naruto.” Lo interruppe Sakura, guardandolo dal basso della
sua postazione, mani giunte compitamente in grembo.
”Non c’è nessun noi, Sakura.”
“Non puoi
gettare tutta la tua vita così.” Insistette la ragazza, usando forse un tono più
duro di quanto fosse sua intenzione.
“E tu
puoi?”
Ancora una volta, l’inacidita replica dell’Uchiha fu ignorata.
“Il tuo
sogno è qui a Konoha, Naruto.” Continuò imperterrita lei, aprendosi in un
affabile sorriso, che non apparve affatto falso. “Sasuke un sogno vero e proprio
non ce l’ha neanche più. Sono io che devo fare in modo che lo realizzi, quel suo
sogno che ha messo in secondo piano, ormai gli è rimasto solo quello. Capisci…?
E’ questo, il mio sogno.”
Naruto non rispose, scostando lo sguardo per terra. Immobile, Sasuke guardava
entrambi.
Domandandosi come aveva potuto non notare il cambiamento nel loro modo di porsi,
l’uno con l’altra.
A modo
loro, sono maturati. Tutti e due.
“Sei l’essere più infantile che io conosca.”
Non è vero. Non è affatto vero.
Vero?
”Il tuo sogno di
diventare Hokage si può realizzare solo qui a Konoha. Il mio sogno invece è con
lui, e se lui va via… Tu lo sai, no? Potrò realizzare il mio sogno, ed il suo.”
[Il sogno di una persona non è
necessariamente quello che la persona dice, Sakura.
Devi capire cosa vuole il suo cuore. Anche se lui lo nega con tutte le sue
forze.
Quello è il suo sogno.]
Scostò lo
sguardo da entrambi, serrando le labbra e sollevando lo zaino. Silenziosamente,
se lo rimise sulle spalle.
Pesante, fin troppo pesante.
“Torneremo, Naruto. Io e Sasuke.”
Non
c’è nessun noi.
“E quando
torneremo tu sarai il Sesto Hokage. Ed il Clan Uchiha tornerà a risplendere,
lentamente, qui a Konoha. E il tuo volto sarà scolpito fra quello dei più grandi
ninja di Konoha. Naruto, il migliore sei tu, e io lo so. Non Sasuke. Non io. Il
migliore, fra di noi, sei sempre stato tu. Non buttare tutto all’aria.
Inseguiamo i nostri sogni. Io inseguirò il mio, lontano di qui. Non è un addio.”
“Ma…”
Naruto, che rideva sempre. Naruto, lo scemo. Nella sua voce, ora, c’era la nota
inesorabile dell’abbandono.
Resta
qui, Sakura. Dannazione.
Affondò il canino
nel labbro inferiore, prima di voltare le spalle a quella scena. Non la
sopportava.
Passando accanto a Naruto, superandolo, gli posò semplicemente una mano sulla
spalla. Una pacca che si sarebbe potuta definire amichevole. La mano indugiò su
quel tessuto freddo. Naruto si voltò verso di lui, ma Sasuke non ne ricambiò lo
sguardo. Ritirando la mano contro il petto.
Dire addio sembrava inutile, dopo che lei aveva detto quelle parole.
Dire
addio… è la cosa peggiore.
Qualche passo dopo, il compagno di squadra, il migliore amico – e forse l’unico
– era fuori dal suo campo visivo.
Non esiste più. E’ la scelta giusta.
“Niente
ma, Naruto. Tu lo sai cosa vuol dire inseguire un sogno. Staremo bene. Questo
non è un addio, ed in fondo tu lo sai. Inoltre… Ti scriverò sempre, no?”
Naruto scosse il capo, ma Sasuke non lo vide.
Non lo vide serrare i pugni, per trattenere quelle lacrime fin troppo amare e
conosciute dell’abbandono.
Le conosceva anche lui.
Non vide la ragazza alzarsi, ed abbracciare il loro compagno di squadra, con
accorgimento quasi materno.
Non la vide pretendere di asciugargli le lacrime, quando in realtà stava
piangendo anche lei.
Quell’unico occhio era troppo poco, per sopportare quella scena.
Sakura, tu rimani qui.
Stringendo la mano sporca ancora del sangue di lei in un pugno, con quegli
ultimi passi varcò la linea sottile fra casa e lontano da casa. Senza
voltarsi indietro, a testa bassa, Sasuke s’incamminò lungo quel sentiero,
illuminato solo a sprazzi dai pochi raggi di luna che filtravano tra le nuvole e
gli alberi.
Ormai le voci dei suoi due compagni di squadra erano diventate un’eco, senza che
riuscisse più a comprendere le parole bisbigliate da lei, quelle stizzite di
lui.
Scosse il capo, e proseguì. Il vociare cessò.
Il cuore di Sasuke saltò un battito, senza alcun motivo apparente.
E’ decisivo, ora.
Via da casa. Via.
In fuga e via da casa.
Codardo, codardo, codardo…
Si
accorse troppo tardi dei passi affrettati, del respiro irregolare che lo stava
raggiungendo.
Quando se ne accorse, non si voltò neppure, accelerando il passo.
Senza trovare, tuttavia, la forza di volontà necessaria a correre.
E, nonostante tutto…
… quando
quella mano fredda si protese in quella corsa, ed intrecciò quelle dita più
sottili fra le sue, rovinate…
Non potè
fare a meno di nascondere un sorriso colpevole.
[Just let me go…]
-Never-
[“Naruto dice che sei un
fottutissimo bastardo, e ci tiene a fartelo sapere.”
“Lo so.”]
-
Jaly-chan:
già rimosso tutto.
Non ho sentito niente, nananananana °_° Uno dei motivi per cui
Itachi non mi attizza così tanto, boh, eppure quelli come lui mi piacciono °_°”
Mbah. Babeh. Chissà che non sia la prossima longfic, la KakaSaku. Chissà °_°”
Sono a zero idee, ma di scrivere ho bisogno. Attendo inspirazione.
-
SoleDincht: chissà
che in questo capitole Sasuke non si sia accorto di tale infantilismo. [Se n’è
accorto, penso. Sakura gliel’ha letteralmente sputato in faccia. XD]
-
Kirjava:
cattivo, si. Al posto di Sakura, l’avrei mandato a…. beeep! Ecco. Va meglio u_u
… oddio.
Io questi capitoli non li riesco più a controllare. E’ normale che una fic
prenda vita da sola?
Mah. Un altro capitolo e l’epilogo. O forse… solo l’epilogo? Sono indecisa. No,
dai. Un altro capitolo e l’epilogo. Che tristezza ç_ç Sopravvivrò. Sopravvivrò.
|
|