Il Cavaliere smarrito

di Dayne
(/viewuser.php?uid=169923)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4° ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25° ***



Capitolo 1
*** Capitolo1 ***


Cap. 1°

Dayne Amidala uscì sul terrazzo della sua camera. Respirò profondamente l’aria profumata di fiori e chiuse gli occhi.
Se chiudeva gli occhi e si concentrava, poteva vedere se stessa a due anni, davanti alla culla di sua cugina Padme.
Quello era il primo ricordo della sua capacità di usare la Forza.
Oh, certo, c’erano stati diversi episodi precedenti, sua madre, un tempo, glieli aveva rammentati di continuo, ma quelli erano troppo vaghi, dispersi nella profondità della sua coscienza di bimba piccolissima o, addirittura, di neonata.
Quel ricordo, invece, era lucido, nitido, fermo nella memoria e...sempre identico, simile ad un ologramma.
Lei, in piedi, davanti a quella culla e sua cugina, Padme, che dormiva.
C’erano le voci di sua madre e della zia, ovviamente. Forse le dicevano qualcosa, ma non era importante.
Importante era il suo sguardo che saliva, dal viso paffuto e sereno della piccola neonata, alla giostrina di campanelle appesa sopra la culla.
La giostrina cominciava a girare, lentamente, da sola. Le campanelle tintinnavano gioiose...vorticavano, poi, sempre più veloci, in una specie di sarabanda, quasi minacciando di staccarsi e di franare pericolosamente sull’ignara neonata che dormiva.
La spinta di sua madre era stata molto meno dolorosa del suo sguardo e della voce gelida che le aveva ferito le orecchie e il cuore:
“Smettila, stupida!”
La giostrina si era fermata di colpo.
Non seppe mai se sua zia si fosse accorta o meno che lei non aveva sfiorato il gioco con le mani. Ricordava come avesse ascoltato con tollerante comprensione le scuse di sua madre e come, poi, le avesse rivolto un sorriso.
Quel giorno, comunque, aveva imparato una cosa importante: era meglio non far sapere in giro che lei, Dayne Amidala, aveva strani poteri. Almeno se intendeva essere considerata una bambina come le altre.
 
Fu un episodio decisamente più drammatico e doloroso, però, a rafforzare in lei questa convinzione.
Sua madre era improvvisamente morta. Le avevano detto che era malata da tempo, ma lei, sebbene avesse all’epoca solo otto anni, sapeva benissimo che non era vero.
Tutti, pietosamente, le avevano nascosto che si era tolta la vita. Tutti, compreso suo padre.
Ma lei, Dayne Amidala, non era affatto stupida: aveva trovato e letto il diario di sua madre.
Sua madre era stata un cavaliere Jedi. Questo lo sapeva: era da lì che venivano i loro poteri, quelli che lei era costretta a nascondere come qualcosa di vergognoso.
Anni prima, sul pianeta Couruscant, si era innamorata di colui che sarebbe diventato suo marito. Ma i Jedi non potevano sposarsi.
Non i Jedi dell’Accademia, almeno. Non coloro che giuravano fedeltà alle regole monastiche del Tempio, che sceglievano una vita di rinuncia per seguire gli ideali di giustizia, amore e pace universali.
Sua madre si era invece sposata.
Aveva seguito il principe Mowdee Amidala fino al suo pianeta, Naboo, e lì era nata la loro bambina.
L’Accademia Jedi l’aveva espulsa. Era diventata una dei Venti Perduti: i cavalieri Jedi che avevano lasciato l’Ordine e che venivano ricordati tutte le mattine, con preghiere, dai Jedi fedeli alla Regola.
“Un po’ come essere morti.” Le aveva detto sua madre una volta.
Nel diario c’era dell’altro, però.
“Quando si è cavalieri Jedi, lo si è per sempre. Non si possono dare le dimissioni.
La Regola, talvolta è ingiusta, è assurdo aver paura dei sentimenti. Ma non è questo che mi tormenta. Io l’ho voluto, io ho scelto! E’ lei che mi preoccupa, e lei che...”
Quelle erano state le ultime parole che sua madre aveva scritto, il diario terminava così.
Qualche mese dopo, suo padre, incapace di rimanere a Naboo dopo la tragica scomparsa della moglie, era partito per una missione diplomatica sul bellicoso pianeta Ansean. Nella capitale erano scoppiati violenti disordini fra i rappresentanti degli abitanti del Sud del pianeta e quelli del Nord. e lui, coinvolto, era rimasto mortalmente ferito.
Dayne rimproverava ancora adesso i suoi genitori per aver anteposto i loro problemi a lei e per averla lasciata sola con un’infinità di domande senza risposta.
Dopo la perdita era stata affidata allo zio Ruwee, il fratello di suo padre, e alla zia Jobal.
Circondata d’affetto, era cresciuta con le sue cugine: Sola, che aveva la sua età, e Padme.
Aveva comunque continuato gli esercizi di meditazione e di levitazione che sua madre le aveva insegnato. Lo faceva in segreto, nella sua camera. Ma, soprattutto, aveva studiato seriamente, duramente: filosofie comparate, antiche religioni, archeologia per mondi...
Poi, verso i quattordici anni, osservando con attenzione la spada laser di sua madre, se ne era costruita una propria e, con questa, aveva sempre più perfezionato lo stile di combattimento.
Provava e riprovava le mosse e le posizioni, ispirandosi alle tecniche più classiche perché erano quelle che sua madre le aveva mostrato. Movimenti fluidi, lenti ed eleganti , caratteristici dello stile Makashi.
Ricordava ancora le lezioni materne; da un lato quei momenti erano stati piacevoli perché permettevano a lei ed a sua madre di condividere qualcosa che nessuno, in quel luogo, possedeva, ma, dall’altro, aveva ben viva nella memoria l’espressione di rabbia che, ogni tanto, compariva negli occhi di sua madre.
Era una delle domande che erano rimaste senza risposta: perché mi alleni se detesti che io abbia questi poteri?
Ora erano passati altri due anni, la spada le pendeva dalla cintura che le stringeva l’ampio abito a tunica.
Certo, nessuno poteva immaginare che nella piccola, elegante custodia agganciata alla cintura ci fosse un’arma così micidiale.
 
Dayne sospirò. Posò le mani sulla balaustra del balcone e riaprì gli occhi.
I ricordi svanirono in un attimo e la sua mente ritornò attiva al momento presente, al “qui” ed “ora”.
Le acque del lago si frangevano sugli scogli, sotto di lei. Dayne lasciò vagare lo sguardo attorno.
Il profilo scuro delle montagne si stagliava contro il cielo, infiammato dal tramonto, e il loro riflesso tremolava nelle acque profonde.
Lentamente, una alla volta, le lune argentee di Naboo sorgevano nel cielo che, gradatamente, diventava color indaco. Poi fu tutto un tripudio di stelle.
“Meraviglioso” mormorò la ragazza e inspirò ancora, profondamente, l’aria, mentre raccoglieva con le mani i lunghi capelli biondi che portava sciolti sulle spalle.
“Dayne, tau das posar atta!”
La domestica ansiatica era comparsa sulla soglia della porta-finestra e la stava osservando preoccupata, le lunghe orecchie verdi vibravano, tradendo una certa irritazione.
“Ora vengo Mo. Hai ragione, devo riposare. Domani sarà una giornata pesante, temo.”
Mo si rilassò un poco e le orecchie si ripiegarono leggermente sulle spalle.
Dayne lanciò un’ultima occhiata al lago, alle sponde lontane, punteggiate dalle luci dei paesi. Poi si staccò dalla balaustra e, giratasi, seguì la sua domestica in casa.
Più tardi, distesa sul letto, Dayne pensò al Consiglio, a Sio Bible ed ai rappresentanti del popolo di Naboo.
Avrebbe dovuto spiegare loro perché non era il caso che scegliessero lei come regina e perché sua cugina Padme avesse sicuramente migliori requisiti per ricoprire quella carica.
Ce n’era abbastanza per passare una notte insonne...
Ma Dayne Amidala sapeva lasciarsi cadere nella Forza e sapeva abbandonarsi ad essa.
Dieci minuti dopo era già addormentata.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Cap. 2°

 
Sio Bible, al centro del grande tavolo a ferro di cavallo, guardava stupito la ragazzina che gli stava davanti.
Attorno a lui, lungo i due lati, i rappresentanti del popolo facevano altrettanto.
Snella, con il volto pallido e il nasino capriccioso, spruzzato di efelidi, Dayne era in piedi, di fronte a loro. I folti capelli, di un intenso biondo ramato, erano intrecciati a corona attorno al capo.
Nessun ornamento sul suo lungo e severo abito blu, se non l’elegante cintura dorata che le cingeva la vita.
Ora la ragazza abbassava gli occhi, in segno di rispettosa umiltà, e si portava la mano destra al cuore.
“Nulla potrebbe onorarmi di più della vostra scelta, nobile Sio ed illustri rappresentanti del popolo di Naboo. Nulla, ve l’assicuro,”stava dicendo con tono appassionato e sincero “e se io fossi la persona adatta, accetterei con gioia il titolo di regina che mi state offrendo! Ma voi stessi, proprio poco fa, mi avete detto che, a lungo, siete stati indecisi fra me e la mia cara cugina Padme...”
“L’indecisione era relativa all’età” Fece notare un uomo anziano alla destra di Bible.
“Esatto.” disse quest’ultimo “Vostra cugina ha solo quattordici anni...”
Dayne alzò lo sguardo verso di lui e, poi, chinò il capo brevemente, in segno di assenso.
“E’ vero, onorevoli signori; ma se quattordici anni sono pochi, sedici sono solo due in più. Cosa può valere la differenza di due anni di fronte a proficui studi per Allievi Legislatori e ad un’esperienza di tre anni come Consigliere Senatoriale? Il mio campo non è la politica, lo sapete bene. Io mi sono dedicata di più alla filosofia, alla storia, all’archeologia...” Mosse  graziosamente una mano e accompagnò il gesto con un sorriso.
“La mia mente è più...speculativa, teoretica. Per quanto mio padre fosse un diplomatico di grande rispetto,” attese un attimo, come per far assimilare bene al Consiglio il concetto, “io so poco di diplomazia ed ho uno spirito...come dire, forse un po’ troppo ribelle. Per una regina, intendo. Mia cugina Padme è molto più adatta di me!”
Di nuovo chinò il capo in segno di umiltà e abbassò la voce.
“Perdonatemi, onorevoli signori, se, in qualche modo, vi ho deluso.”
Quando sollevò lo sguardo i suoi occhi verdi incrociarono quelli limpidi di Bible.
L’uomo sorrideva maliziosamente e Dayne si rese conto che anche gli altri membri del Consiglio lo stavano imitando.
“Delusi no, giovane Dayne! Ci avete detto esattamente quello che ci aspettavamo di sentirci dire. Questo, semmai, dimostrerebbe che avete abbastanza saggezza per essere regina...  Ma non temete,” aggiunse Bible, notando l’improvviso sussulto della ragazza, “anche noi ci siamo posti il problema della preparazione, e Padme è sicuramente più adatta. Tuttavia ci sembrava troppo giovane.”
“ Ma Naboo ha avuto anche regine più giovani.” Ribatté  Dayne
“E’ vero, ma in tempi meno oscuri di questi!”
Dayne sospirò, poi allargò le braccia in segno di scusa.
“Ma io non sono meglio di lei nell’affrontare questi problemi, anzi...”
“Noi pensiamo” disse un altro rappresentante del popolo, una donna di mezz’età, dal bel volto deciso e volitivo “che Padme possa essere un’ottima regina se, al suo fianco, ci sarà sua cugina Dayne.”
“Oh, questo sì, onorevoli signori!” Proruppe con passione la giovane “Questo sicuramente sì! Offrirò tutto il mio aiuto a Padme e la mia vita a Naboo, se sarà necessario!”
“ Probabilmente la cosa non servirà, almeno, lo speriamo.” Rispose commosso Sio Bible “Comunque il Consiglio ritiene che la scelta sia stata fatta...” Si fermò e fece scorrere lo sguardo attorno, in attesa del cenno d’assenso degli altri, poi proseguì “La corona andrà a Padme, per i prossimi quattro anni:”
Dayne s’inchinò profondamente, prendendo congedo.
“Il Consiglio ti saluta, nobile, saggia e coraggiosa Dayne.”
“Nobile non è merito mio, mi viene dalla nascita. Saggia e coraggiosa...non so ancora. Spero di riuscire a dimostrarlo!”
Con un  ultimo cenno di saluto, la giovane uscì dalla sala.
 
Sentimenti contrastanti agitavano il suo cuore: sollievo, orgoglio e timore. Si portò la mano al petto e prese respiro...chiamò a sé la Forza per riprendere il controllo delle emozioni, poi, a passo deciso, si diresse verso la casa degli zii.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3°

 
 
 
Dayne sorseggiò rapidamente un po’ di tè di naris dalla tazza; poi tornò a fissare, con espressione sgomenta, il capitano Panaka.
L’uomo, alto e dalla pelle scura, stava in piedi di fronte a lei, quasi sull’attenti. La divisa di comandante della guardia personale della regina valorizzava il suo fisico atletico.
“Mi ripeta tutto da capo, per favore. Vede, capitano, alle quattro del mattino il mio cervello fa molta fatica a connettere con il resto del corpo.”
Dayne si portò la mano sinistra alla fronte ed una spiacevole fitta le trafisse, per un attimo, la testa.
“Mylady, una delle nostre navi, un cargo commerciale, la Bay of Steel, ha mandato un segnale d’allarme. Sono stati attaccati due ore fa!”
“Attaccati, ma da chi?”
“Non lo sanno, Mylady. Il problema è che il cargo non è in grado di difendersi...”
“Non è in grado di...”
“Difendersi, Mylady. Un cargo è una nave mercantile, non militare!”
“Ho capito, ma chi potrebbe...Pirati, forse?”
“Loro sono sicuri che non si tratti di corelliani. Non hanno usato una tattica d’arrembaggio. Gli è stato intimato di arrendersi, non di consegnare la merce. Sono stati affiancati da una grossa nave da battaglia, ma il comandante, a questo proposito, è stato poco chiaro sui particolari...” Panaka tossì imbarazzato “Temo fossero nel panico completo.”
Dayne si portò nuovamente la mano alla fronte: il dolore lancinante era ricominciato.
“Bisogna avvertire immediatamente la regina!”
“Sono certo che lei, Mylady, saprà farlo in maniera...come dire...meno traumatica.”
Dayne si alzò dalla scrivania. Indossava ancora la camicia da notte e portava una lunga ed elegante vestaglia, buttata in tutta fretta sulle spalle.
La giovane si accomodò meglio la vestaglia ed arrossì, lievemente imbarazzata. Poi si diresse verso la porta, mentre il capitano Panaka scattava immediatamente sull’attenti.
“Venite con me, capitano. Io sveglierò la regina, ma sarà meglio che spieghiate voi la situazione, ne sapete sicuramente di più.”
L’uomo assentì con un lieve cenno del capo e seguì Dayne fuori dall’ufficio.
 
 
“L’ultimo comunicato della Bay of Steel è arrivato pochi minuti fa. Si sono arresi all’ammiraglio War...” La voce concitata di Panaka fece sussultare le dame di compagnia della regina, sedute attorno al trono, e Sio Bible, in piedi dietro di lei.
Padme, invece, si era limitata a sollevare impercettibilmente il mento ed a posare lo sguardo interrogativo su sua cugina.
Dayne, appoggiata ad una colonna, poco distante dal trono, e con le braccia conserte, tradusse quello sguardo.
“Ammiraglio War...mai sentito nominare! Certo che il nome è già un programma...”
“I nostri servizi segreti riferiscono si tratti di un fedelissimo del Viceré neimodiano Gunray.”
“ Questo, invece, lo conosco benissimo, purtroppo! Dunque si tratta di quei ladri della Federazione dei Mercanti...”
Padme levò la mano, come per placare l’impeto verbale della cugina.
“ Cosa vuole da noi la Federazione dei Mercanti?”
“ Non hanno ancora avanzato delle richieste precise, vostra maestà. Per ora hanno fatto sapere che terranno in ostaggio l’equipaggio della nave. Ma presto si faranno vivi nuovamente.”
Dayne fece per ribattere vivacemente, ma, poi, sembrò ripensarci e si limitò ad accennare, con un gesto della mano, al trasmettitore olografico che stava nel centro della stanza.
“ Sì, si metteranno in contatto qui” aggiunse Panaka “...almeno, così hanno detto!”
Padme si voltò verso Sio Bible.
“ Vorranno bloccare il nostro commercio finché noi non concederemo loro qualcosa.”
Sio Bible fece per rispondere, ma venne interrotto da Dayne
“ Sicuro: il pianeta e tutte le sue lune!”
“ Non sarà così facile, Dayne; Naboo fa parte dell’Alleanza della Repubblica...”
“ Prima che l’Alleanza faccia in tempo ad intervenire, la Federazione ci avrà attaccato!”
Padme si girò verso Panaka
“Possono farlo?”
“In effetti possiedono un notevole esercito di droidi. Noi, però, possiamo resistere...per un po’.”
“Non vorrei arrivare alla guerra. Preferirei risparmiare al mio popolo sofferenze e drammi. Bisogna trattare ad ogni costo!”
“Sarà difficile intavolare una discussione con quei bast...scusi, maestà...con delinquenti di quel calibro!” Dayne rispose con un sorriso allo sguardo severo di Padme, poi aggiunse, a mezza voce, “Comunque, per me, restano dei bastardi!”
Ora anche le dame la stavano osservando con rimprovero, mentre il capitano Panaka e Sio Bible sembravano ansiosi di una risposta decisa da parte della regina.
Dayne sollevò leggermente le spalle, poi si voltò verso Padme.
“Per quanto possiamo essere piuttosto sicuri di cosa voglia la Federazione, sarà comunque meglio attendere il loro prossimo contatto. Poi potremmo lavorare su due fronti: da un lato trattiamo...almeno, ci proviamo, con la Federazione, dall’altro prendiamo subito collegamento con i vertici della Repubblica.”
“E’ quello che pensavo di fare!” Padme alzò lo sguardo verso Bible “Il nostro rappresentante a Coruscant potrà esserci utile in questo senso.”
“Il senatore Palpatine renderà nota, in senato, la nostra situazione. Sono certo che la Repubblica ci aiuterà!” Rispose il consigliere.
“Intanto potremmo rafforzare i nostri sistemi di difesa.” Aggiunse Panaka.
In quel momento il trasmettitore si accese e, dopo una serie di scariche, l’immagine olografica del  Viceré Gunray comparve, leggermente distorta, al centro della stanza.
Dayne trattenne il respiro, mentre la voce sarcastica diceva:
“Buona giornata a voi, regina Amidala. Abbiamo un piccolo affare da proporvi.”
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4° ***


Capitolo 4°
 

 
“Due giorni, ci hanno dato solo due giorni! Così poco...” Padme guardava preoccupata Sio Bible, Panaka e sua cugina che stavano seduti attorno alla scrivania del suo studio privato.
La regina aveva abbandonato i sontuosi abiti, che era solita portare, per un semplice completo bianco formato da camicia e pantaloni. Dalla cintura le pendeva un fulminatore.
Dayne era vestita in modo identico, se si escludeva la preziosa custodia che le cingeva la vita.
Sia le due donne che gli uomini avevano gli occhi cerchiati, come se non avessero dormito per nulla.
“Ti aspettavi qualcosa di meglio da uno come Gunray, cugina?”
“No, in effetti, ma speravo...”
Dayne scrollò il capo
“E’ da anni che tiene gli occhi sulle nostre miniere, sulle piantagioni e sul commercio delle spezie. Ora è riuscito a mettere insieme un esercito e non gli par vero di poterci attaccare!”
La regina sospirò, quindi lasciò vagare lo sguardo per la stanza, sulle pareti ornate da stucchi, sui tendaggi, color oro, tirati, sui severi mobili in mogano. Sembrava riflettere. La pelle delle guance livida, tirata sugli zigomi, le labbra, non più tinte di carminio, esangui.
Dayne fissò sua cugina e provò pena per lei: quattordici anni erano veramente pochi per affrontare una simile prova.
“Capitano,” la voce di Padme riscosse il piccolo gruppo dalle tristi riflessioni personali “ammettiamo che io...rifiuti di firmare il trattato capestro che ci ha proposto il Viceré. Quanto potremmo resistere?”
“ Per una mobilitazione generale non basterebbero due settimane, figuriamoci due giorni!”
“ Ma, allora, non abbiamo speranze...”
“Francamente, maestà, i due giorni che ci ha dato il Viceré sono una vera e propria presa in giro! Sa benissimo che non potremo organizzare una valida difesa!”
Padme si voltò verso Bible, come se si aspettasse, dall’uomo più anziano del gruppo, una soluzione.
Sio, invece, si morse le labbra e si torse le mani, esprimendo, così, la propria angoscia. Poi, con voce incrinata dall’emozione, disse:
“Maestà, tutti sanno che accettare l’ultimatum del Viceré vorrebbe dire precipitare nella schiavitù. Se rifiuterete, il vostro popolo vi seguirà. Difenderanno la loro libertà battendosi con coraggio!”
“Battersi...” replicò, con amarezza, Padme “appunto questo volevo evitare: la guerra!”
Dayne lanciò un’occhiata al capitano Panaka e, questi, allargò le braccia in modo significativo.
La ragazza, allora, si avvicinò alla cugina e le posò una mano sulla spalla.
“Temo non ci sia via d’uscita. Però possiamo fare ancora qualcosa...Bisogna avvertire il Senato a Coruscant. Questo prima che la Federazione blocchi tutte le comunicazioni e ci isoli.
Poi sarà necessario organizzare la difesa della capitale, del palazzo e dei porti. Saranno i primi obiettivi dell’attacco...Dico bene, capitano?”
“Sono assolutamente d’accordo, Milady. Sarà meglio mettere in allarme rosso l’esercito e la marina. Contemporaneamente diremo ai civili di lasciare la capitale...”
“Ho paura che, con il poco tempo che abbiamo, l’evacuazione si trasformerà in un caos totale.” Intervenne Dayne alquanto preoccupata.
“Non se io cercherò di rassicurarli!” Ribatté decisa Padme “Come Capo di Stato e come comandante generale delle forze di difesa di Naboo terrò un comunicato al mio popolo. Dirò che, comunque, noi siamo già in contatto con Coruscant, che abbiamo preparato i mercantili che porteranno i profughi in luoghi più sicuri, lontani dalla capitale. Dirò anche che, probabilmente...no, sicuramente, quando la Federazione saprà che il governo centrale della Repubblica manderà degli emissari per risolvere il problema, l’attacco verrà sospeso...”
“Allora sarà meglio accertarsi che gli emissari arrivino.” disse Dayne “Mettiamoci immediatamente in contatto con Palpatine.”
Sio Bible, senza commentare, si avvicinò al trasmettitore, che si trovava in mezzo alla stanza, e lo mise in funzione.
Pochi istanti dopo, a diversi parsec di distanza, nell’ufficio personale del senatore Palpatine, l’immagine della regina Amicala che, con volto sconvolto, chiedeva aiuto, gelò rapidamente i rappresentanti di Naboo che erano in riunione 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5°

 
A Theed, la bianca capitale di Naboo, la città dai mille palazzi di marmo e dai mille giardini di betulle, nessuno aveva dormito nel proprio letto, quella notte.
Dopo il comunicato della regina, la maggioranza delle famiglie aveva preferito allontanarsi dalla città.
Non c’era stato, però, il caos tanto paventato da Dayne.
Chi disponeva di mezzi propri e di case da villeggiatura, aveva raccolto pochi bagagli e se n’era andato.
Il lavoro di controllo, effettuato dagli uomini della guardia civile sulle autostrade e nelle stazioni, aveva funzionato a meraviglia.
Inoltre la regina, nel comunicato, aveva assicurato che erano in corso i negoziati, che il Senato avrebbe votato contro la Federazione dei Mercanti e che tutto si sarebbe risolto molto presto.
Dayne, che aveva passato la notte su un divano, nella sala del trono, completamente vestita ed armata, non ne era così sicura.
Nute Gunray era stato molto chiaro nel suo messaggio: la Federazione aveva deciso di “prendere in ostaggio” il pianeta Naboo fino a quando il Senato non avesse ritirato la nuova legge sulla tassazione delle rotte commerciali interstellari.
Dayne sapeva benissimo che il Senato della Repubblica non avrebbe mai ritirato quella legge. I mercanti si arricchivano fino all’inverosimile con i loro commerci: era giusto che pagassero delle tasse alla Repubblica.
Quel denaro sarebbe stato utilizzato per opere sociali e per aiutare i pianeti più poveri in via di sviluppo...
Certo che, fino a quel momento, la Federazione dei Mercanti si era limitata a protestare, contro le tasse...un simile atto di forza non era previsto.
Sul perché, fra tanti pianeti, avessero scelto Naboo, Dayne non aveva dubbi: sebbene piccolo, il pianeta aveva ottime risorse economiche.
Il motivo, però, che le aveva fatto passare la notte insonne era un altro.
La regina Amidala, Sio Bible, le dame, il capitano Panaka e tutti gli altri non avevano dormito pensando alla possibilità di un attacco imminente. Lei no, o, almeno, non solo per quello.
Lei aveva pensato, soprattutto, al fatto che il Senato aveva mandato, come emissari della Repubblica, due cavalieri Jedi dell’Accademia.
Naturalmente sapeva molte cose sui cavalieri Jedi, tutte quelle che le aveva insegnato sua madre e tutte quelle che aveva imparato lei, studiando.
Sapeva com’erano vestiti, che nelle pieghe del mantello, portavano dei respiratori portatili, un piccolo kit di pronto soccorso e che, alla cintura, pendeva la loro micidiale spada laser.
Sapeva che erano dei combattenti straordinari, temuti ed ammirati in tutta la galassia.
Ma...come si muovevano, come parlavano? Erano davvero seri e severi come se li era sempre immaginati?
L’unico Jedi che avesse mai visto era stata sua madre, che, però, avevano espulso dall’Accademia.
Espulsa perché aveva voluto amare un uomo e non solo l’umanità, in generale. Espulsa perché aveva voluto avere una figlia:lei.
“Loro” erano quelli che avevano aderito rigidamente alla Regola, che ogni mattina, prima di fare colazione, pregavano per i Venti Perduti, per coloro che, dalla Regola, erano usciti, per sua madre...anche.
Dayne strinse le labbra e sollevò fieramente il capo.
Quei due Jedi si sarebbero limitati a fare il loro mestiere e non avrebbero detto nulla contro sua madre! Non avrebbero osato, lei non glielo avrebbe permesso!
L’alba del nuovo giorno stava scivolando nella stanza, illuminando, lentamente, le pareti, i tendaggi, il trono, il volto fermo, ma teso, della regina e, via via, tutti i presenti.
Ognuno vedeva rispecchiata, negli occhi dell’altro, la propria preoccupazione.
Padme strinse i braccioli del trono e si rivolse alle proprie dame,
“Aiutatemi a prepararmi. Fra un’ora voglio una comunicazione diretta con il Viceré.”
Le dame si alzarono all’unisono, con un lieve frusciare degl’abiti, e accompagnarono Padme fuori dalla sala.
“Bene,” disse Dayne “dobbiamo farci belle per la rappresentazione!”
Quindi, con piglio deciso, uscì dalla porta, per raggiungere il proprio appartamento.
Salì rapidamente la prima rampa dell’imponente scalone che portava ai piani superiori, ma, giunta a metà, si fermò bruscamente.
Un brivido improvviso le aveva attraversato il corpo. Stava sudando freddo, ed il respiro le si era fatto affannoso.
La ragazza si appoggiò alla balaustra di marmo. Aveva avuto una visione: decine di astronavi; minacciose erano apparse nel cielo della capitale.
Subito dopo, l’immagine era stata sostituita da un’altra: Padme che veniva portata via, da un gruppo di droidi, attraverso le strade della città!
Rovine fumanti, corpi riversi sul selciato, giardini distrutti. Questo era lo sfondo della scena.
Dayne sapeva benissimo che quelle immagini erano avvertimenti di qualcosa che poteva avverarsi, premonizioni di un futuro che poteva anche essere reale.
Ne aveva avute diverse, nel corso della sua vita, alcune si erano, poi, puntualmente verificate, altre no.
Apparentemente ciò avveniva senza una logica particolare.
Comunque Dayne non poteva correre rischi ed ignorare ciò che aveva appena visto. Se quelle visioni si avveravano, volevano dire una sola cosa: l’Alleanza stava per invadere Naboo.
Certo, non avrebbe dovuto essere così; il Viceré aveva dato due giorni di tempo e i due giorni non erano ancora passati. Ma pochi, a palazzo, erano disposti a dare anche un solo credito di fiducia al Viceré, e Dayne, sicuramente, era la meno disposta di tutti.
La giovane cercò di regolare la respirazione, lentamente il senso di nausea sparì.
Riprese a salire le scale e giunse alla porta del suo appartamento.
“Che veni attà? Che veni?”
Mo, la sua domestica, nativa del pianeta Ansion, le era corsa incontro, con i tondi occhi azzurri dilatati dalla paura.
Dayne accennò ad un forzato sorriso, poi fece un gesto, come per tranquillizzarla, quindi le disse:
“Devo mettermi l’abito a tunica blu. Ho...un appuntamento con il Viceré. Smettila!” aggiunse subito, perché l’ansiatica aveva ricominciato a piagnucolare, torcendosi le mani e scuotendo le lunghe orecchie che le ricadevano sulle spalle.
“L’appuntamento è per via trasmettitore. Io, poi, non dovrò neanche parlargli...farà tutto la regina Amidala! Almeno...credo” Concluse con un lieve sorriso.
Mo borbottò qualcosa nella sua lingua. Sembrava ancora preoccupata ma, almeno, non piangeva più.
“Teniamo, comunque, pronti gli abiti da battaglia.” Mormorò Dayne, poi, ad alta voce, aggiunse “Mo, sulla tunica voglio mettere la mia cintura!”
 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6°

Mentre scendeva rapida la scalinata di marmo, con il cuore e la mente in tumulto, Dayne Amidala non sapeva che il Viceré neimodiano, Nute Gunray, e il suo secondo, Rune Haako, non stavano molto meglio di lei.
Avevano avuto da poco un “incontro ravvicinato” con i due Jedi mandati dal Senato e non ne erano usciti troppo gloriosamente.
Il Viceré aveva cercato di farli assassinare dai suoi droidi distruttori, ma i due Jedi erano...scomparsi.
Non solo erano scomparsi, volatilizzati, svaniti nel nulla, ma avevano anche distrutto almeno un centinaio di droidi e fuso, con le spade laser, cinque porte a prova di scoppio in duracemento!
Mentre la nave pullulava di droidi, alla ricerca dei fuggiaschi, Nute Gunray, sulla plancia, imprecava contro di loro, anzi, contro tutta l’Accademia Jedi, contro il Senato, contro il Signore dei Sith, che gli aveva ordinato di eliminarli senza averlo avvertito di quanto potessero essere pericolosi, contro quella “piccola stupida” della regina Amidala che non si era ancora messa in contatto con lui!
Nute sembrava scoppiare di rabbia; sotto la sua pelle coriacea le vene, entro le quali scorreva la linfa, pulsavano violentemente ed egli, camminando avanti indietro, giurava che tutti l’avrebbero pagata cara.
 
“Avanti, accendete il trasmettitore!” Ordinò la regina, dopo essersi seduta sul trono riccamente ornato.
Le sue cinque dame di compagnia, tutte avvolte nei loro mantelli rosso cupo, l’attorniavano. Dietro di lei, appoggiata con teatrale noncuranza alla spalliera del trono e con un ironico sorriso che le aleggiava sulle labbra, c’era Dayne.
Le dame avevano aiutato la regina a drappeggiare con grazia i lunghi e sontuosi abiti e le avevano fissato sui capelli il ricco copricapo in oro.
Dayne sorrideva pensando all’impressione che avrebbero fatto loro, sette giovanissime donne, quando si fosse acceso lo schermo sulla plancia della nave ammiraglia di Gunray.
S’aggiustò una ciocca di capelli dorati sulla fronte e, con la mano, sfiorò la lunga treccia con cui aveva raccolto la sua capigliatura. Poi lasciò scivolare il braccio lungo il fianco e attese.
Lo schermo s’illuminò con un guizzo e, per un attimo, tutto quello che riuscirono a vedere fu la parete metallica della nave. D’improvviso ecco apparire lo sgradevole viso rugoso del Viceré.
“La Federazione dei Mercanti è lieta che abbiate deciso di comparire davanti a noi, altezza” Esordì Nute Gunray.
“ Sono certa che sarà molto meno lieta quando sentirà ciò che abbiamo da dirle!” Replicò la regina con voce fredda e tagliente.
“Temo di non capire...”
“Allora glielo spiego subito. Il vostro boicottaggio sta per finire!”
“Continuo a...”
“Il Senato si è riunito per votare sulla questione” Continuò la regina, ignorando le interruzioni di Gunray
“Oh,” disse questi, cercando di riprendersi dallo choc “e mi pare di capire, vostra Altezza, che voi siate già al corrente dei risultati delle votazioni. Chissà perché si disturbano a votare, visto che voi...”
“Viceré, smettiamola con tutte queste stupidaggini! State recitando una farsa. So per certo che il Senato ha inviato due ambasciatori per raggiungere un accordo e che voi sarete obbligato a rispettarlo. Quello che voglio sapere è a che punto sono le trattative!”
“Veramente io non so nulla di ambasciatori...”replicò Gunray, fingendosi stupito.
Lo stupore che, invece, apparve sul volto della regina era assolutamente autentico.
“Viceré, non so a che gioco stiate giocando, ma vi assicuro che state superando il limite!”
“Maestà,” disse il neimodiano che, nel frattempo, aveva recuperato sicurezza “noi non faremmo mai nulla contro il volere del Senato!”
“Staremo a vedere.” disse piano, con tono minaccioso, la regina.
Poi, con un gesto, ordinò di chiudere la trasmissione.
Appena la luce azzurrina si spense, Dayne si staccò dal trono e, apparentemente rivolta alla regina, ma con lo sguardo che vagava tra le dame, disse: “Mente. I Jedi sono arrivati e lui lo sa benissimo!”
“Come puoi esserne certa?” Chiese la regina.
“Loro sono qui, lo sento.”
“In che senso lo...sentite?” Intervenne, incerto, Sio Bible
Dayne sospirò, poi fece un vago gesto “E’ qualcosa che c’è in me, è più che intuito, è...Insomma, ci sono cose che io posso sentire e gli altri...no.”
Si rese immediatamente conto dell’incredulità di chi le stava attorno.
Il capitano Panaka si schiarì la voce
“Milady, perdonatemi, ma sinceramente preferirei che questa certezza sull’arrivo dei Jedi si basasse su qualcosa di più che una sensazione.”
“Bene.” Rispose freddamente Dayne “Ricordatemelo quando saremo attaccati e circondati dai droidi  della Confederazione e i due Jedi si batteranno al nostro fianco!”
“Dove andate...cugina?” Chiese la regina, perché Dayne, senza domandare permesso, stava uscendo dalla sala del trono.
“A mettermi qualcosa di più adatto; anzi, consiglierei a voi di fare la stessa cosa.”
Ancora, stranamente, il suo sguardo sembrava fisso sulle dame
“L’invasione inizierà fra poco...se non è già iniziata.”
“Non capisco perché voglia far credere di predire il futuro...” Iniziò Sio Bible, dopo che Dayne era uscita.
“Oh, che sciocchezze!” Intervenne bruscamente la regina “Certo che non sa predire il futuro! Non ha mai fatto niente del genere. E’ solo che vuole essere sempre originale, e, poi, c’è quella sua fissazione sui Jedi. Ricordo che anche a scuola...”
In quel momento una sirena ululò lamentosamente. Contemporaneamente, dal dittafono sulla scrivania della regina, una voce metallica disse:
“Allarme rosso, allarme rosso! Navi nemiche in avvicinamento!”
 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7°

 
La resistenza era durata meno di un giorno: Naboo era un pianeta pacifico.
Solo attorno e all’interno del palazzo reale i combattimenti erano continuati fino all’alba.
Mentre la popolazione veniva deportata in campi d’internamento, allestiti in tempi record dai droidi da battaglia, gli unici colpi di fulminatore provenivano dal fondo di un corridoio del primo piano del palazzo.
Qui una giovane donna, che indossava una tuta bianca da pilota, sparava contro un gruppetto di droidi che continuavano ad avanzare verso di lei.
Dayne, poiché di lei si trattava, cercava di schiacciarsi il più possibile contro il muro, riparandosi dietro una sporgenza.
“Che situazione da schifo!” Disse tra i denti, ed esplose ancora alcuni colpi contro il gruppo di droidi.
Non esporsi inutilmente. E’ solo un’unità. Previsto arrivo rinforzi dal lato opposto fra meno di due minuti.”
La voce metallica le aveva tolto ogni illusione.
“Fantastico! Ho meno di due minuti di vita.” Pensò la ragazza. La mano libera sfiorò la custodia della cintura.
“Voglio che lo sappiano! Se devo morire, voglio farlo con la spada laser in mano. Così sapranno che cosa sono...” Stava per sganciare la custodia, la spada le sarebbe volata in mano da sola e si sarebbe accesa con un sottile ronzio...
Sentì il rumore dei passi metallici: i rinforzi stavano arrivando. Un minuto...mezzo minuto....doveva bilanciarsi bene sulle gambe. Forse l’avrebbero colpita nello stesso istante in cui, con una splendida mossa Makasi, ne avrebbe decapitati una decina...forse.
“Non farlo! Non ora! Non mostrarti per ciò che sei! Fatti prendere con indosso una cintura che, per loro sia solo una cintura!” La voce sconosciuta le era esplosa nella testa all’improvviso, spaventandola.
Dayne ritirò rapidamente la mano dalla custodia e, contemporaneamente, urlò.
Il fulminatore era caduto a terra e, dinnanzi a lei, una ventina di droidi la stavano minacciando con le armi spianate.
 
Nella sala del trono Sio Bible protestava violentemente contro Nute Gunray e Rune Haako. I due neimodiani lo osservavano mantenendo un’espressione distaccata.
“...lo sbarco di un esercito intero sul nostro pianeta e questa occupazione sono una cosa inammissibile, un vero oltraggio alle...”
Gunray, totalmente indifferente allo sdegno dell’anziano ministro, girò lo sguardo attorno. Il capitano Panaka e quattro guardie della regina erano tenuti sotto controllo da una decina di droidi armati. Altri due droidi erano impegnati a tenere ferma un’insopportabile ragazzina, vestita da pilota, che non faceva che vomitare, contro di loro, insulti.
La regina, con espressione impassibile, stava seduta sul trono, il volto tinto di bianco, le labbra d’un rosso vermiglio. Indossava lunghi ed eleganti abiti neri. Era, come sempre, circondata dalle sue dame.
Gunray sorrise pensando a quanto sarebbe stata scomoda, in un campo di concentramento, con tutta quella roba addosso.
Per fortuna la ragazza nevrotica si era calmata. Probabilmente sfinita, si era seduta a terra, con le spalle appoggiate al muro.
“Come intende spiegare al Senato questa invasione?” Stava chiedendo Sio Bible
Il Viceré fece una smorfia
“Naboo e la Federazione stenderanno un trattato che renderà legittima la nostra occupazione della capitale. Il Senato non potrà far altro che prendere atto della cosa.”
“Non firmeremo nessun trattato!” Disse freddamente la regina, alzandosi.
Per un attimo sembrò che Gunray volesse scagliarsi contro di lei, poi riprese controllo e, con voce sarcastica, disse:”Vedremo ciò che farà dopo aver assistito alle sofferenze del suo popolo, Altezza! Portateli via!” L’ultima frase era rivolta alle sue guardie.
Poco dopo Gunray vide con soddisfazione i suoi droidi scortare i prigionieri fuori dalla porta.
L’ultima ad uscire era stata la ragazza in tuta bianca. Gli era passata davanti lanciandogli uno sguardo di odio puro.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8°

Il comandante e una dozzina di droidi scortarono i prigionieri all’esterno del palazzo. Scesero le gradinate esterne ed iniziarono ad attraversare la grande piazza.
Non v’era anima viva; gli abitanti di Theed o erano fuggiti o erano finiti nei campi di concentramento.
I droidi marciavano decisi, seguendo il loro comandante e tenendo in mezzo i prigionieri.
Eppure, con tutta la loro “meccanica” efficienza, non si erano accorti che uno dei prigionieri era fuggito.
Era successo in un attimo: in fondo alla scalinata del palazzo, Dayne, che era l’ultima della fila ed aveva un solo droide al fianco, era scivolata dietro una colonna. Il gruppetto, guardie e prigionieri, l’aveva rapidamente distanziata e lei era rimasta lì, sotto l’ampio porticato, a forma circolare, che abbracciava tutta la piazza.
Dopo un attimo di smarrimento, Dayne aveva deciso di seguirli.
Poteva, grazie alla Forza, rendersi quasi invisibile, muovendosi come un’ombra fra le colonne. Teneva la mano destra sulla custodia della spada e cercava di non perdere di vista il gruppo.
In cielo, simili a minacciosi uccelli predatori, ronzavano gli Stap della Federazione, ma Dayne non vi badava. Concentrata, pensava a cosa avrebbe potuto fare per liberare la regina e gli altri.
I droidi avevano appena fatto svoltare i prigionieri in una piccola e silenziosa vietta laterale.
Questo era un bel problema! Non ci sarebbero state altre colonne a proteggerla...Dayne si morse le labbra e fece un passo verso il muro del primo edificio. Se si fosse appiattita contro...il muro era bianco, il suo abito pure...forse...
Proprio in quell’istante il comandante si fermò di colpo.
Due uomini, apparsi dal nulla, gli avevano tagliato la strada.
Indossavano ampi mantelli marroni sopra una tunica, legata con una cintura. Uno dei due era molto alto e portava lunghi capelli ondulati, di un bel castano chiaro, sciolti sulle spalle. L’altro, leggermente più basso e decisamente più giovane, aveva cortissimi capelli biondi ed un codino legato di lato.
Dayne retrocesse rapidamente dietro una colonna trattenendo il fiato: i Jedi!
Quindi non si era sbagliata: erano vivi ed erano lì.
Quando il più alto dei due si fece avanti e cominciò a parlare alla regina come se l’avesse incontrata per caso ad un ricevimento, Dayne provò un brivido: era la stessa voce che aveva sentito poco prima nel corridoio del palazzo, quando stava per essere catturata.
“Lei è la regina Amidala, immagino.” Stava dicendo il Jedi
“E voi chi siete?”
“Qui Gon Jinn e Obi Wan Kenobi, in veste di ambasciatori del Cancelliere supremo.” Rispose il maestro Jedi “Le chiediamo udienza, maestà.”
Il comandante dei droidi, che fino a quel momento era rimasto immobile, decise che era venuta l’ora di far sentire la sua autorità.
“Toglietemi di mezzo queste unità umane!”
I droidi puntarono le armi, ma non fecero neppure in tempo ad usarle: i Jedi avevano attivato le spade laser e li avevano tagliati in due.
Il comandante e tre droidi superstiti si voltarono per darsi alla fuga.
Dayne, con un balzo, uscì dal suo nascondiglio, la spada laser, accesa, in mano.
“Spiacente, ma da questo lato, la strada è senza uscita!”
Pochi istanti dopo anche i quattro droidi fuggitivi erano ridotti a mucchi di metallo fumante sul selciato.
A quel punto partì una raffica di esclamazioni che incominciarono ad accavallarsi le une sulle altre.
“Dayne!” L’urlo proveniva da una delle dame
“Cugina, voi mi spiegherete...” Aveva cominciato la regina
“Allora eri tu!” Questa era la voce calma e profonda di Qui Gon
“Non posso crederci! Un attacco semirotatorio in perfetto stile makashi!” La voce meno calma e più squillante di Obi Wan.
“Ma quello è un Gungan!” gridò Dayne puntando il dito verso un’alta e dinoccolata figura che era apparsa, con espressione impaurita, alle spalle dei Jedi.
“I vostri negoziati sono falliti.” Intervenne Sio Bible, rivolgendosi a Qui Gon.
“ Per la verità i negoziati non sono mai iniziati.” Rispose quest’ultimo senza staccare gli occhi da Dayne.
“Beh, in effetti è proprio un Gungan” Stava dicendo, in quel momento Obi Wan, che si era avvicinato alla ragazza “Ci è piombato letteralmente addosso e non siamo più riusciti a sbarazzarcene. Io credo che abbia dei...problemi” Si portò in modo significativo un dito alla fronte “Non fa che combinare guai!”
Il Gungan sembrò seccato “Me non essere stupido! Yo soy multo y multo...”
“Scemo!” Concluse allegramente Obi Wan strizzando l’occhio a Dayne.
“Ma perché diamine stiamo in mezzo alla strada a chiacchierare mentre l’intero esercito della Federazione ci sta cercando?” Disse severamente Qui Gon, prendendo in mano la situazione. Poi, voltandosi verso la regina “Altezza, dobbiamo immediatamente metterci in contatto con la Repubblica.”
“Non è possibile” Intervenne Dayne “La prima cosa che il Viceré ha fatto, dopo il nostro ultimo colloquio, è stata quella di bloccare tutte le nostre comunicazioni.”
“Avete dei trasporti?”
“Sì” Disse il capitano Panaka che, nel frattempo, aveva raccolto, assieme ai suoi uomini, le armi cadute ai droidi “Abbiamo delle navi nell’hangar principale. Non è lontano.”
Tutti si misero in moto rapidamente.
“Le navi saranno sorvegliatissime.” Osservò Dayne
“Oh, a questo ci pensiamo noi.” Replicò con allegra baldanza Obi Wan
“Voi?” Ripetè un po’ ironicamente Dayne “Intendete dire voi due da soli?”
“E’ il nostro lavoro.” Disse Obi Wan, procedendo a passo di corsa.
“Obi Wan!”
“Sì, scusa, maestro.”
“Il mio giovane padawan, a volte, pecca di presunzione...Solo a volte, però.” Aggiunse sorridendo Qui Gon.
Intanto il gruppo era giunto in prossimità di una serie di palazzi a cupola, collegati tutti fra loro da gallerie trasparenti.
“Gli hangar.” Disse Dayne puntando il dito in direzione degli edifici. “Ma, come potete vedere, è pieno di droidi”
“Ho notato.” Rispose con calma Qui Gon. Poi, volgendosi verso Panaka “Dobbiamo trovare assolutamente una via d’accesso all’hangar principale, senza...senza farci troppa pubblicità.”
Il capitano fece un cenno d’assenso, prese il comando e, con estrema cautela, condusse il gruppo in direzione di una piccola via, posta tra due palazzi adiacenti.
Tutti si fermarono d’innanzi ad una porta.
“E’ un ingresso laterale per l’hangar principale.” Sussurrò il capitano Panaka “Non viene mai usato perché è un’uscita di sicurezza per il personale.” Con una leggera spinta aprì la porta e tutti entrarono tenendosi piegati, per ripararsi dietro le navi che erano posteggiate all’interno.
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9°

“La nave della regina” Disse Panaka in un sussurro, mostrando a Qui Gon una nave lunga e bassa, fornita di potenti motori Headon-5.
“Andrà bene.”
“Ma ci sono troppi droidi” Fece Panaka guardando preoccupato l’hangar.
“Questo non sarà un problema.” Rispose il maestro Jedi; poi si rivolse alla regina “Altezza, date le circostanze, le consiglio vivamente di venire con me a Coruscant. E, sempre per le medesime circostanze, direi che con noi deve venire anche lei!” Qui Gon puntò il dito verso Dayne.
La regina scosse il capo con espressione ferma.
“Grazie ambasciatore, ma non posso. Il mio posto è qui, con il mio popolo. Naturalmente mia cugina potrà seguirvi...”
“Non ci penso nemmeno!” Ribatté indispettita Dayne “ Maestro, sono d’accordo con voi che la vita della regina sia in pericolo, ma se lei...” e calcò particolarmente sulla parola “lei”, mentre lo sguardo si spostava verso le dame che si erano chiuse a riccio attorno alla regina, “...se lei intende restare, io rimango al suo fianco, per rendere più difficile il lavoro al Viceré!”
“ Ma il Viceré non può uccidere la regina, le serve per firmare il Trattato!” Intervenne Panaka.
Qui Gon scosse il capo.
“La situazione è più grave di quanto sembri. Io ho il presentimento che la uccideranno, se resterà.”
Dayne si avvicinò al Jedi e posò la mano sul suo avambraccio.
“Maestro, purtroppo anch’io ho lo stesso presentimento.” Stava per aggiungere altro, quando Sio Bible intervenne con tono di supplica.
“Maestà, partite, vi prego!”
La regina sembrava improvvisamente indecisa sul da farsi e continuava a guardare con ansia le sue dame. Alla fine una di esse, con voce ferma, disse: “Non abbiate timori, regina. Noi saremo coraggiose!”
In quell’istante cominciarono a suonare gli allarmi.
“Se dobbiamo partire occorre farlo subito!” Incalzò Qui Gon “Ormai sanno che ci sono degli intrusi!”
“Va bene, porterò il nostro caso di fronte al Senato.” Acconsentì la regina.
“ Altezza, io devo rimanere per forza, o non ci sarà nessuno a tenere in piedi il Consiglio dei Governatori del pianeta.” Disse Sio Bible “Ma non temete,” aggiunse subito, notando una nuova espressione d’incertezza sul volto della regina, “Non è la mia testa che vogliono.”
“Siate prudente Governatore!” Disse Amidala, con voce commossa. Poi, abbracciate le dame, ne scelse tre perché l’accompagnassero. Fra di esse v’era quella che poco prima aveva parlato.
Dayne si guardò attorno, con espressione angosciata.
“Dunque dovremo dividerci, Governatore. Sei mesi fa ho giurato, davanti al Consiglio, che sarei sempre rimasta al fianco della regina. Ma se volete, se avete bisogno di me...”
“No,” intervenne con una certa asprezza Qui Gon “voi dovete assolutamente venire con noi lady Dayne!”
La ragazza si asciugò rapidamente, col dorso della mano, una lacrima. Poi, levando fieramente il capo rispose “Sono pronta!”
Qui Gon e Obi Wan entrarono nell’hangar, precedendo la regina, Dayne, le tre dame, il capitano Panaka, due guardie e il Gungan.
“Ci serve un pilota.” Disse Panaka indicando un gruppo di prigionieri, con divise da pilota, che stavano seduti a terra sotto il controllo armato di un gruppetto di droidi.
“Me ne occupo io!” Dichiarò Obi Wan
“Chiedo il permesso di poterlo aiutare” Intervenne Dayne, senza specificare se il permesso lo chiedeva al maestro Jedi o alla regina Amidala
“Permesso accordato.” Rispose Qui Gon, mentre un vago sorriso gli aleggiava sulle labbra.
Se Obi Wan avesse obiezioni da fare, non lo diede a vedere.
Così, qualche istante dopo, il giovane padawan e la ragazza marciavano decisi verso i droidi, sotto lo sguardo stupito e confuso dei prigionieri che li avevano visti arrivare.
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10°

Obi Wan Kenobi aveva calato con determinazione la sua spada sui droidi da battaglia, distruggendone molti. Dayne, nel frattempo, si era portata al suo fianco e, mentre deviava colpi di fulminatore e colpiva braccia e teste meccaniche, urlò: “In piedi soldati di Naboo, la regina ha bisogno di voi!”
I piloti non se lo fecero ripetere due volte e, qualche istante dopo, correvano seguendo il giovane Jedi e la ragazza verso la nave reale.
Alle loro spalle partì una raffica di raggi laser, ma Obi Wan aveva compiuto un acrobatico salto laterale e, con la spada, aveva deviato i colpi, permettendo al gruppetto di piloti di raggiungere la rampa d’accesso alla nave reale.
Dayne, che l’aveva visto cambiare bruscamente direzione, si era gettata dal lato opposto e, riparata dietro una serie di casse d’acciaio, aveva estratto un fulminatore ed aveva iniziato a sparare contro i droidi inseguitori.
“Vai alla nave, Obi Wan! Ti copro io!”
“Non prima di aver fermato questi seccatori!” Le aveva risposto il giovane Jedi, manovrando con incredibile rapidità la spada e ricacciando al mittente i colpi partiti dalle armi nemiche.
In meno di un minuto, sul pavimento, rimasero solo le carcasse dei droidi.
“Ora andiamo!” Disse Obi Wan, che aveva raggiunto la ragazza.
“Mi devi assolutamente insegnare quel giochetto che fai col polso per deviare i colpi.” Gli gridò Dayne, correndo al suo fianco.
“D’accordo! Però tu mi devi spiegare come hai imparato l’attacco semirotatorio Makashi.”
“E’ una storia lunga...” Rispose Dayne saltando sulla rampa della nave reale.
La porta d’accesso si chiuse alle loro spalle. Obi Wan spense con un ronzio la spada laser e l’appese alla cintura.
“Troverò il tempo per ascoltarla.”
La voce di Qui Gon urlò ad Obi Wan di far decollare la nave, ed egli, dopo aver allargato le braccia e alzato gli occhi al cielo, in segno di rassegnazione, si precipitò nella sala di comando.
Sorridendo, Dayne lo seguì e si andò a sedere su una delle poltroncine poste alle spalle della consolle dei piloti.
“Cosa sorridi?” Chiese, a denti stretti, la donna seduta al suo fianco.
Dayne sussultò girandosi.
“Padme!” Mormorò, con lo stesso tono, alla cugina, coperta dal mantello vermiglio delle dame della sovrana “Non dovresti rivolgermi la parola, quando sei in incognito...e poi non sorridevo!”
“Spiritosa! E cosa diavolo era quell’espressione che avevi poco fa?”
“Non so di cosa tu stia parlando...Accidenti!” L’ultima parola era stata detta ad alta voce e si era mescolata alle esclamazioni allarmate degli altri passeggeri. Raffiche di laser erano rimbalzate sui fianchi della nave.
Il pilota però, un naboo di nome Ric Oliè, aveva manovrato abilmente il veicolo, portandolo fuori dall’hangar, ed aveva puntato diretto verso il cielo.
Qui Gon si era avvicinato al pilota e ad Obi Wan, entrambi seduti ai comandi
“Dobbiamo superare quelle navi.”
Il pilota sudava copiosamente mentre manovrava con frenesia le mani su pulsanti e leve.
Obi Wan alzò lo sguardo e, tranquillamente, disse
“Possiamo farlo, si tratterà di ballare un po’...”
Qui Gon sorrise, guardando i limpidi occhi azzurri del proprio allievo, e pensò, con un certo orgoglio, che aveva fatto un buon lavoro nell’addestrarlo.
“Vai a controllare che tutti siano ai propri posti, poi mettiamoci al lavoro!”
Obi Wan si mosse. Passando di fianco a Dayne notò che la ragazza stava fissando le cinture di sicurezza alla poltrona e lesse determinazione nel suo sguardo.
Mentre Obi Wan afferrava, senza tanti complimenti, il Gungan Jar Jar, lo schiaffava dentro lo stanzino di deposito delle unità R2 e tornava al suo posto, di fianco al pilota, Dayne si perdeva dietro a strane fantasie.
Aveva chiaramente sentito lo scambio di parole fra Qui Gon e l’allievo, si era resa conto che avrebbero dovuto passare in mezzo ad un gruppo di navi nemiche senza poter utilizzare armi, perché non ne avevano, e sapeva che le possibilità di cavarsela erano tutte nelle mani di chi pilotava.
Aveva tratto un profondo respiro e, poi, si era fissata bene la cintura di sicurezza.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo11 ***


Capitolo 11°

 
 
Fino a quel momento il pensiero dominante, per Dayne, era stato “Speriamo di farcela...” Ad un certo punto, però, senza nemmeno rendersene conto, aveva cominciato a confrontare il blu degli occhi di Obi Wan con quello del lago che circondava la sua villa, e, poi ancora, con l’azzurro intenso di certe preziose maioliche che la zia teneva su una mensola in cucina...
“Ancora sorridi?! Cos’è, hai preso una botta in testa mentre eri nell’hangar?”
La voce di sua cugina Padme la fece nuovamente sussultare.
“Sante stelle! Smettila di chiedermi se sorrido! Che motivo ne avrei? Data la situazione non mi sembra proprio il caso!”
“Appunto, non sembra neanche a me!”
Proprio in quel momento una serie di esplosioni sconquassò la nave e fece gridare le dame della regina.
Padme afferrò il braccio destro della cugina e lo strinse forte. Dayne s’irrigidì e serrò le labbra, poi imprecò sotto voce perché, dall’oblò, aveva visto una nave da battaglia della Federazione dei Mercanti che puntava minacciosa verso loro.
Una detonazione ancora più forte quasi strappò le poltroncine inchiodate al pavimento. Le cinture di sicurezza affondarono nelle carni dei passeggeri provocando gemiti di dolore.
Ric Oliè si girò verso Obi Wan gridando “Stiamo andando fuori rotta e i nostri scudi stanno cedendo!”
“Dov’è il dispositivo di occultamento?” domandò il giovane Jedi
“Quale dispositivo di occultamento?” Intervenne il capitano Panaka “Questa non è una nave da guerra!”
“Fantastico!” Replicò Qui Gon “Niente armi!” Il tono era calmo, ma Dayne notò negli occhi del maestro una viva preoccupazione.
Obi Wan sorrise al pilota e gli disse “ La Federazione usa, di norma, armi a puntamento ad impulsi. Se facciamo scendere la nave in avvitamento, faranno molta più fatica a rilevarci.”
“Grande!” Pensò Dayne e posò la mano sinistra su quella che Padme teneva ancora avvinghiata al suo braccio.
“Possiamo farcela...”Sussurrò con tono incoraggiante “Balleremo un po’, ma possiamo uscirne!”
“Chissà perché mi sembra di aver già sentito questa frase.” Sospirò Padme, poi chiuse gli occhi preparandosi al violento senso di vertigine che l’avvitamento avrebbe loro provocato.
La nave scese lentamente a vite lungo lo scafo da battaglia della Confederazione.
Ora il fuoco dei nemici sembrava andare a caso.
Padme teneva gli occhi chiusi, Dayne, invece, guardava fuori dal grande oblò centrale, cercando di compensare, con un lento respiro, la nausea che le attanagliava lo stomaco.
Poi, d’improvviso, una forte esplosione provocò un corto circuito ai comandi.
“Non va! Gli scudi sono saltati!” Gridò Ric Olié “Fuori la squadra di riparazione!” Il pilota premette un pulsante e una squadra di piccoli droidi uscì per controllare i danni e porvi riparo.
“Là, guardate!” Urlò Dayne, indicando l’oblò. Dalla nave della Federazione erano partiti una decina di caccia, armati con cannoni laser
In pochi secondi giunsero a tiro della nave reale e cominciarono ad aprire il fuoco.
Equipaggio e passeggeri videro alcune unità R2 volare via, spazzate dai colpi nemici. Se tutti i droidi riparatori fossero stati distrutti non ci sarebbero state più speranze.
In mezzo all’inferno solo un’unità resisteva imperterrita sotto il fuoco e continuava il proprio lavoro...
D’improvviso sul quadro dei comandi qualcosa cambiò. Obi Wan si girò di scatto sorridendo:”Gli scudi funzionano!”
Un grido di gioia liberatorio esplose a bordo.
“Evviva! Il piccoletto ce l’ha fatta!” Esultò Ric Olié. Poi spinse una leva e la nave reale schizzò in avanti, lasciandosi alle spalle la flotta della Federazione ed il pianeta Naboo.
L’unità R2 era già rientrata nello stanzino di deposito, i passeggeri potevano staccare le cinture di sicurezza.
Dayne scoccò un’occhiata a Padme, travestita da dama, e poi si rivolse alla donna che impersonava la regina.
“Chiedo il permesso di rimanere sul ponte.”
“Fa come ti pare!” Disse sottovoce Padme, passandole di fianco “Ma guarda che, comunque, voglio diverse spiegazioni.”
“Permesso accordato.” Tradusse la finta regina e, poi, si ritirò negli alloggi reali.
Dayne si avvicinò alla consolle. Ric Olié sembrava nuovamente preoccupato”Temo che non potremo andare molto lontano: l’iperguida sta perdendo energia. Dev’essere stata danneggiata seriamente!”
Qui Gon annuì “Dobbiamo atterrare da qualche parte per far riparare la nave. C’è qualcosa qui vicino?”
Ric Olié accese un ologramma di una mappa stellare e tutti i presenti si chinarono per osservarla.
Dayne disse “Noi siamo qui, in questo settore. Non mi sembra che ci sia molto...”
“Ecco!”Intervenne Obi Wan, che doveva avere una vista molto acuta, “Questo piccolo pianeta...Tatooine, potrebbe andare bene. Non è controllato dalla Federazione.”
Panaka, stupito, guardò Dayne “E lui come fa ad esserne sicuro?”
La ragazza si strinse le spalle, ma Qui Gon rispose “Perché è controllato dagli Hutt”
“Dagli Hutt?” Replicò scandalizzato Panaka “Allora non se ne parla nemmeno! Sono dei banditi, se scoprissero che la regina è a bordo...No, impossibile, è troppo pericoloso!”
“Ma gli Hutt non ci stanno cercando, al momento, la Federazione sì.” Disse Dayne.
“Giusto!” Tagliò corto Qui Gon “Non abbiamo alternative.”
Dayne posò la mano sulla spalla di Ric Olié “Facciamo rotta su Tatooine” Poi si volse verso Panaka “Mi prendo io la responsabilità, anche di fronte alla regina.”
Il capitano scrollò il capo con espressione piuttosto depressa e, poi, si allontanò
Dayne guardò Qui Gon, che la stava osservando con attenzione, e poi, sospirando, disse “Suppongo che vorrete qualche spiegazione su...” S’interruppe notando che anche Obi Wan, ora, la stava fissando “...su questa.” Posò la mano sulla custodia della spada laser.
“Penso che anche la regina vorrà averne.” Replicò Qui Gon.
Dayne fece una breve risatina nervosa.
“Oh, beh, con la regina posso cavarmela abbastanza rapidamente. Non credo sarà così con due cavalieri Jedi.”
Senza rendersene conto aveva accompagnato le ultime parole con un inchino appena accennato.
 
 

 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo12°

Raccontare la storia di sua madre e delle ore passate ad allenarsi in segreto fu una sorta di liberazione. Le parole, che in principio uscivano con difficoltà, via via cominciarono a prorompere dalla bocca e dal cuore come un torrente in piena troppo tempo trattenuto dagl’argini.
Davanti a quei due cavalieri, rappresentanti di un ordine temuto e, nello stesso tempo, tanto ammirato, Dayne sentiva di essere finalmente compresa.
Tutte le sue emozioni, le sue doti intuitive, le sue sensazioni ora erano lì, esposte senza timori e condivise con altri che le potevano capire.
“Cosa sono io, ora?” Concluse Dayne guardando alternativamente Qui Gon e Obi Wan. “Non sono un cavaliere Jedi, perché non ho frequentato l’Accademia e non ho prestato giuramento davanti all’Ordine, ma questi poteri...”
“Molto forti.” Intervenne pensieroso Qui Gon “Ho percepito la tua presenza appena ci siamo avvicinati a Theed. Hai detto che tua madre si chiamava...”
“Leia Sunset.”
“Sunset, certo...Bravissima allieva di uno dei più grandi maestri...”
“Il Maestro Dooku!” Irruppe vivacemente Obi Wan “Ecco da dove veniva quello splendido attacco semirotatorio in stile Makashi!”
“Il Maestro Dooku è stato il Maestro di tua madre” Spiegò Qui Gon “...e anche il mio.”
Un’improvvisa commozione sembrò sopraffare Dayne che, d’impulso, prese la mano di Qui Gon.
“Aiutatemi a capire, Maestro!”
“Vedi, Dayne,” Disse pacatamente l’uomo “Tua madre ha scelto di andarsene, ma non c’è stata alcuna condanna nei suoi confronti, così come non c’è stata alcuna...maldicenza. L’Ordine non è esattamente un gruppo di vecchie comari che spettegolano sul comportamento altrui e, tanto meno, è una sorta di setta che punisce con severità chi decide d’andarsene. Noi tutti seguiamo il volere della Forza...se tua madre se n’è andata, vuol dire che il suo destino non era quello di restare con l’Ordine.”
“Ma lei diceva di essere stata espulsa, di essere una dei Venti Perduti...”
Qui Gon sorrise “Espulsa nel senso che non poteva più essere un cavaliereJedi nell’Accademia, un Maestro...se n’era andata. Come avrebbe potuto insegnare agli allievi che è necessario abbandonare il Particolare per l’Universale visto che lei aveva scelto di amare un uomo e di avere una famiglia?
Questo non significa che avesse sbagliato, semplicemente che aveva cambiato strada.”
“E i Venti Perduti?”
“Oh, li rimpiangiamo e li ricordiamo tutte le mattine, ma non come se fossero morti. Riteniamo che avrebbero potuto fare grandi cose, se fossero rimasti con noi, e solo il destino sa quanto ne avremmo avuto bisogno!”
Dayne aveva chinato il capo, pensierosa. Una ruga le si era formata fra le sopracciglia. Sembrava ripensare rapidamente a tutta la sua vita. Poi il ricordo doloroso le morse il cuore.
“Ma lei si è uccisa...” Mormorò, levando gl’occhi su Qui Gon.
“Sì, questo non lo capisco. Lei aveva fatto la sua scelta, amava tuo padre e aveva una figlia. La sua morte, quel tipo di morte...intendo, non ha senso!”
“Io...credevo fosse colpa vostra.”
“Nostra? E perché?” Chiese stupito Obi Wan
Qui Gon posò una mano sul braccio del proprio allievo, poi si rivolse alla ragazza
“Tu pensavi che fosse schiacciata dalla vergogna, che l’Ordine l’avesse espulsa con una cerimonia pubblica, con disonore. E’ vero?”
“Sì, qualcosa del genere.” Le guance ora le scottavano: forse, per tanti anni, aveva accusato ingiustamente i Jedi, forse...
“Non esiste una simile usanza fra noi. Quando una se ne va, se ne va. Né gli corriamo dietro, né lo insultiamo.”
“Ma, allora, perché? Se amava mio padre e desiderava me...Gli zii mi hanno detto che lei era così felice di avere una figlia. Perché?”
“Non so darti una risposta, ora. Forse un giorno la troverai da sola...ma non so se augurartelo o meno.”
“Cosa sarà di me? Dovrò presentarmi al Tempio?”
“Quella sarà una decisione che potrai prendere solo tu. Certo, visto che ti abbiamo trovato, sarebbe meglio avvertire il Consiglio. Per il resto...è un po’ complicato. Vedi, di solito, i bambini con poteri vengono individuati entro il primo anno di vita. Sono richiesti alle famiglie e portati in Accademia per l’addestramento. Essere un cavaliere Jedi implica una scelta di vita e un addestramento severo e lungo...” Qui Gon si fermò, come per riflettere. Dayne annuì
“Sì, so come succede. L’ho letto, mi sono informata, e...non so, io non credo...No, non importa.” Concluse imbarazzata.
“Al contrario” Disse il Maestro “parla pure liberamente. E’ necessario chiarirci. E’ necessario per te e per noi!”
“Io vorrei essere utile per l’Ordine, quando sostiene di essere il garante della pace. Lo desidero profondamente. Tuttavia non mi convincono alcune cose.”
“Credo di capire” Sorrise incoraggiante Qui Gon
“Quel discorso sull’Universale ed il Particolare che facevi prima...Come si può amare tutti senza aver fatto l’esperienza di amare qualcuno?” Dayne arrossì ed evitò accuratamente di guardare nella direzione di Obi Wan. “Voglio dire, voi prendete quei bambini molto piccoli e li portate via alle loro famiglie. Quei bambini non hanno ancora imparato a vivere circondati dall’amore della loro famiglia e non potranno mai amare le loro madri e i loro padri, non li conoscono nemmeno...”
“Credi che non ci sia amore nel Tempio?”
“Non dico che non ci sia affetto per loro, lì, ma non è la stessa cosa.”
Ora Dayne si sentiva più sicura. Finalmente poteva esporre i propri dubbi, le proprie opinioni su un argomento che le stava particolarmente a cuore, ma non solo, il suo interlocutore la lasciava parlare liberamente.
“Guarda che i bambini non vengono rapiti alle loro famiglie. E’ che spesso...quasi sempre, direi, le famiglie stesse ci chiedono...ci chiedono di prenderli.”
“Ma, non capisco...”
Obi Wan rise piano e poi intervenne con una leggera venatura d’amarezza nella voce.
“Sai cosa significa crescere un bambino diverso?”
Un lampo attraversò la mente di Dayne, mentre Obi Wan, con lo stesso tono continuava “ Un bambino che, già nella culla, fa levitare il suo orsacchiotto, un bambino di cui cominci ad aver paura perché, quando ti guarda, forse ti sta leggendo nella mente, un bambino che è in grado, senza usare le mani...”
No, non poteva essere vero! Con voce tremante Dayne concluse la frase “di far ruotare una giostrina di campanelle sul capo della propria cugina neonata.”
Ci fu un attimo di silenzio. Tutti e tre si guardarono, poi la ragazza, mordendosi le labbra riprese
“Non li vogliono, quei figli, perché per loro sono...mostri!”
Qui Gon le posò le mani sulle spalle
“Non è proprio così, però...per loro è difficile da capire.”
“Certo,”Gridò lei “è difficile perché non è normale e, quindi, fa paura! Oh, sì, lo so bene cosa vuol dire essere un bambino diverso e cercare di nasconderlo!”
Ora l’amarezza le stringeva il cuore e sentiva di essere sul punto di piangere.
Qui Gon riprese a parlare con tono pacato
“All’Accademia condividiamo tutti gli stessi poteri, impariamo ad usarli, studiamo parecchio e, alla fine, diventiamo i tanto rispettati cavalieri Jedi.”
Dayne sospirò
“Ma io sono ancora più diversa, perché mai potrò entrare nell’Accademia, anche se lo volessi, e, contemporaneamente, ho svelato il mio segreto.”
“Non la vedo così drammatica” Disse Qui Gon “Chi ti conosce continuerà a rispettarti per ciò che sei. In quanto all’Accademia c’è la possibilità...”
In quel momento la voce di Ric Oliè risuonò nell’interfono
“Tatooine in vista. Mi preparo a chiedere il permesso d’atterraggio.”
“Sarà meglio avvertire la Regina” Disse Dayne, preparandosi ad uscire
“Sì,” rispose Qui Gon “ e...Dayne” La ragazza si girò. “Non preoccuparti troppo. Riprenderemo il discorso. Inoltre sono certo che farai la scelta giusta.”
 

 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Cap. 13

Sebbene fosse mattino presto, la luce dei due soli di Tatoooine era già accecante e il calore dava un senso di soffocamento a chi, come Dayne, veniva da un pianeta fresco e ricco di piante e di laghi.
La ragazza camminava pensierosa davanti alla nave; di tanto in tanto si fermava ad osservare la sabbia rossastra e, con la punta dello stivale, provava a disegnare spirali sempre più strette.
Aveva scelto dei comodi pantaloni beige e una camicia leggera, a maniche corte, ma non aveva potuto rinunciare al mantello, a causa della spada laser.
Sapeva già che, con quel caldo, il mantello le avrebbe creato dei problemi. Anzi, a pensarci bene, tutto quanto in quello schifoso pianeta sarebbe stato un problema!
Innanzi tutto Obi Wan sarebbe rimasto sulla nave e lei no!
Era una cosa che la irritava molto, ripensandoci.
Lei non avrebbe dovuto provare alcun fastidio per quella “separazione”, conosceva Obi Wan da solo due giorni, inoltre era uno Jedi, quindi, a ben vedere, non avrebbe dovuto provare proprio nulla. Ma, siccome non era così, si sentiva furiosa con se stessa ed anche con lui!
Poi era irritata con Padme che, la sera prima, aveva ascoltato il racconto che lei aveva fatto di fronte alla “regina” e non aveva detto nulla.
Certo, era normale che non avesse parlato alla presenza di Qui Gon, ma, quando il Jedi se n’era andato e lei aveva potuto rientrare nei suoi panni di sovrana, aveva continuato a non dire nulla. Nulla di decisivo, comunque.
“Vai pure a riposarti, Dayne. Tutti noi ne abbiamo un gran bisogno.”
Riposarsi! Bella scoperta, certo che avrebbe voluto riposarsi ma, con tutto quello che era successo...
E poi, perché diavolo Padme non si era arrabbiata o, almeno, non le aveva chiesto ulteriori spiegazioni?
“Voglio diverse spiegazioni!” le aveva detto, fra i denti, prima di lasciare la sala comandi della nave. E poi, quando il momento era venuto, si era limitata ad ascoltare in silenzio e, infine, le aveva consigliato di dormirci sopra. Roba da pazzi!
Ma lì erano tutti pazzi, ormai, compreso Obi Wan, che continuava a trafficare con le apparecchiature, trovando un guasto dopo l’altro, con il sorriso sulle labbra.
Compreso quello “svitato” di un Gungan (come si chiamava? A sì, Jar Jar), che ora le veniva incontro con le orecchie a ciondoloni e l’aria sconsolata.
Dayne si morse le labbra, diede una pedata alla sabbia e imprecò sottovoce.
“Me non voglio andare con Qui Gon. Yo detto a Jedi ragazzo, ma Jedi ragazzo me odia multo...”
“Come, scusa?” Dayne aveva colto soltanto qualche parola qua e là nello strano pigolio del Gungan. Sollevò incuriosita lo sguardo e vide Jar Jar scuotere furiosamente la testa, con le lunghe orecchie che svolazzavano in ogni direzione.
Per un attimo il Gungan le ricordò la sua domestica Mo; anche lei, quando era preoccupata, muoveva le orecchie in modo buffo.
Pensare a Mo la rese triste. Non poteva neppure essere sicura che fosse ancora viva...
Mo, che proveniva da uno degli stati più poveri del pianeta Ansino, lo stesso in cui era morto suo padre.
Istintivamente si sentì più vicina al Gungan, gli sorrise incoraggiante e fece un passo verso di lui.
Jar Jar si fermò di colpo, poi decise che la ragazza aveva un aspetto abbastanza amichevole.
“Salve.” disse
“Salve” rispose Dayne “Così sei un Gungan...Mio padre ne aveva visti alcuni, parlo di diversi anni fa...”
“Davvero? Tu padre es Naboo importante?”
“Mio padre è morto.”
Il Gungan parve estremamente imbarazzato
“Me dispiace multo, me non sapere...”
“Non importa, certo che non potevi saperlo. Piuttosto, come sei finito qui con noi?”
Jar Jar scosse il capo
“Me non sapere esattamente. Era bella giornata. Yo mangiare tranquillo molluschi...poi arrivate macchine che sparano buuummm. Yo paura...arriva Jedi Qui Gon, me salva vita e corre. Yo corre con lui, poi arriva Jedi ragazzo (lui me odia) e andiamo in lago da Boss. Boss da noi bongo e poi...eccomi qua!”
Dayne rise, divertita da quel buffo e pittoresco linguaggio
“Non sono certa di aver capito bene tutto. Per esempio...cos’è un bongo, esattamente?”
“Un bongo? Un bongo es un bongo!” Rispose stupito Jar Jar, accompagnando le parole con un movimento della mano, aperta, diretta verso l’alto.
“Oh, quindi è una specie di nave! Tu e i due Jedi avete viaggiato su quella...”
“Bongo!” disse soddisfatto Jar Jar, poi corrugò la fronte e, d’impeto, si gettò ai piedi di Dayne.
“Ma tu, signora, deve aiutare me! Qui Gon dice che yo venire con voi, e Jedi giovane dice che è meglio perché, in spazio-porto, yo do meno in occhio perché tanto tutti strani...Yo non voglio venire, ho tanta paura!”
Dayne sospirò, tese la mano e aiutò il Gungan ad alzarsi.
“Ti capisco, sai. Anch’io ho spesso paura, ultimamente. Viviamo in tempi difficili. E’ inevitabile.”
In quel momento Qui Gon apparve sulla scaletta della nave, vestito da contadino ed accompagnato da R2, il piccolo droide che li aveva salvati, là, nello spazio.
Un po’ più dietro veniva Obi Wan. Teneva tra le mani una specie di disegno e lo osservava con espressione preoccupata.
Qui Gon si fermò e fece un piccolo gesto in direzione di Dayne. La ragazza si avvicinò.
Nello stesso istante Obi Wan levò lo sguardo e disse:”L’iperguida non può funzionare: il governatore è fuori uso. Ne occorre uno nuovo”
“L’immaginavo” replicò il Maestro “Potremmo chiedere aiuto a Coruscant, ma rischieremmo di farci intercettare. Dobbiamo cavarcela da soli. Dayne conosce un po’ la lingua degli Hutt, verrà con me.” Poi abbassò la voce “Non usare per nessun motivo il comunicatore e stai attento...Sento una perturbazione nella Forza. Non mi piace.”
Obi Wan assentì “La sento anch’io, Maestro.” Poi lanciò una rapida occhiata a Dayne “La Forza sia con voi.”
Si voltò e fece per tornare alla nave.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo14 ***


Capitolo 14°
 

Il capitano Panaka arrivò correndo, al suo fianco v’era Padme, vestita da contadina.
“Guai in vista!” mormorò Dayne, mentre Qui Gon assumeva un’espressione severa.
L’ufficiale si fermò davanti a loro.
“La regina desidera che questa sua ancella venga con voi, al seguito di sua cugina.”
Qui Gon lanciò un’occhiata a Dayne
“Sono assolutamente contrario! Dayne conosce l’arte dei Jedi, ma la ragazza sarebbe...”
“È un ordine della regina!” replicò stizzito Panaka, mentre le guance gli si arrossavano lievemente.
Padme fece un passo avanti con decisione. “Sono stata addestrata alla difesa personale ed anch’io conosco diverse lingue!”
Qui Gon sembrava profondamente contrariato. Si volse verso Dayne, per chiederne l’appoggio. La ragazza sorrise ed allargò le braccia.
“Meglio non discutere con la regina: è testarda ed ha un così brutto carattere...” ignorò lo sguardo sdegnato di Padme e proseguì “Comunque garantisco io per la dama. È stata ben addestrata.”
Qui Gon sembrò esitare, ma, poi, rivolgendosi a Panaka, disse: “Abbiamo già perso troppo tempo. Non ho voglia di discutere. Andiamo. E lei...” aggiunse guardando Padme “mi stia vicino!”
“Ecco, stai vicino e non combinare guai!” disse a mezza voce Dayne alla cugina.
Padme le lanciò un’occhiataccia offesa.
“Pensa, piuttosto, a non combinarne tu!”
Il piccolo gruppo si mosse alla volta del centro di Mos Espa.
 
Nel primo pomeriggio la comitiva era giunta nei pressi dello spazioporto. Dayne e Padme ascoltavano con attenzione Qui Gon che spiegava loro come veniva governato il pianeta.
“Praticamente è tutto in mano a Jabba de Hutt, una specie di gangster che gestisce il mercato del contrabbando, dello spaccio di droga ed...altro ancora, credo.”
Per quanto cercassero in ogni modo di passare inosservati, mescolandosi tra l’eterogenea folla dello spazioporto, Dayne non aveva potuto fare a meno di notare che la sua presenza e quella di Padme attiravano la curiosità di persone indesiderate.
Inizialmente, di fronte allo sguardo insistente e sfrontato di qualche brutto ceffo, la ragazza aveva faticato molto a frenare la propria irritazione.
Tuttavia si era accorta di una cosa: quando qualcuno sembrava interessarsi un po’ troppo a loro, Qui Gon mormorava qualcosa e muoveva la mano, come volesse accarezzare l’aria. Ecco allora che, d’improvviso, il personaggio indesiderato sembrava ricordarsi di avere qualcos’altro da fare e si allontanava.
“Usa la Forza, il potere mentale di persuasione.” concluse Dayne, dopo aver visto un rodiano, dal volto sfregiato, avvicinarsi con espressione impudente a Padme e allontanarsi, subito dopo, con sguardo vacuo, mormorando:”Credo di non aver chiuso bene la porta di casa...Con tutti i delinquenti che ci sono in questo posto...”
Oltre a tener d’occhio eventuali indesiderati, Dayne doveva controllare Jar Jar. Il gungan sembrava avere la brutta abitudine di andare a sbattere contro i passanti, anzi, più avevano facce poco raccomandabili, e più lui rischiava di urtarli. La ragazza, più di una volta, aveva dovuto afferrarlo per un braccio e correggerne bruscamente la traiettoria di cammino.
Fu quindi con un certo sollievo che Dayne vide che erano giunti alla meta. Una viuzza colma di botteghe di articoli d’ogni genere e di materiali di recupero s’apriva dinnanzi loro.
“Cerchiamo in uno dei negozi più piccoli” stava dicendo Qui Gon. Il piccolo R2 si era messo a fischiettare allegramente, mentre Jar Jar si guardava attorno incuriosito.
Padme si era avvicinata e le stava dicendo qualcosa...
Dayne, però, non prestava attenzione a nessuno di loro. Improvvisamente si era sentita chiamare. Meglio, aveva sentito che qualcosa l’attirava verso una malandata bottega in fondo alla via.
La creatura che stava sulla soglia, muovendo freneticamente le ali per restare a mezz’aria, non la interessò più di tanto. Era un toydorian, presumibilmente il padrone della bottega, visto il modo con cui li stava osservando per valutare se erano possibili clienti.
“Hi chubba da nago?” chiese con voce un po’ stridula.
Dayne abbassò il cappuccio e, con voce calma, in un huttese quasi perfetto, disse: “Ci servono  alcuni pezzi di ricambio per un Nubian 327 tipo J.” Intanto il suo sguardo correva veloce alle spalle del negoziante, per cercare, fra la luce incerta della bottega, la fonte del suo interesse.
“È qui” pensò la ragazza “Qualsiasi cosa sia è qui, ma non riesco a vederla.”
Dovette fare un gesto d’impazienza, perché sentì la mano di Qui Gon posarsi sulla sua spalla.
“Allora, avete quello che cerchiamo?” ripetè lo Jedi fissando il negoziante e stringendo, contemporaneamente, la spalla di Dayne come per infonderle sicurezza e calma.
“Naturalmente!” rispose il toydorian; poi,indicando Jar Jar, “Che cos’è?”
“Non è importante, ora” replicò Qui Gon “La nostra domanda è: quando possiamo avere la merce?”
Il verso gracchiante che fece il toydorian avrebbe dovuto essere una risata.”No,no…non è questa la mia. Mia domanda è: avete soldi?”
Dayne intervenne “Possiamo pagare … prima vediamo!”
Il negoziante voltò il capo verso il retrobottega e chiamò qualcuno, poi si girò verso di loro
“Vi mostro il materiale, è di là. Ma voi dovete descrivermi con precisione cosa vi serve.”
“Il mio droide potrà mostrarti un ologramma dei pezzi di ricambio che vogliamo. Vengo io con te, le donne resteranno qua.”
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo15

 
Appena Dayne vide entrare nel negozio il bambino, tutto rosso, sudato e spettinato, comprese immediatamente che era “lui”.
Era lui che l’aveva attirata in quel luogo. Solo non sapeva né come né perché.
Il bambino rispose con un’alzata di spalle e qualche breve scusa agli aspri rimproveri che, dal retrobottega, venivano dal proprietario, poi si portò davanti a loro.
Dayne lo stava fissando, stupita che un bambino assolutamente sconosciuto potesse avere su di lei il potere di sconvolgerla. D’altra parte non aveva dubbi: era lui che l’aveva chiamata, perché era come lei, emanava forza.
Avrebbe voluto condividere i suoi pensieri con Qui Gon, ma, quando si girò, si accorse che il Jedi era già sparito nel retrobottega con il toydorian.
Fece per rivolgere la parola al piccolo, ma notò che questi stava  fissando con stupore, misto ad ammirazione, sua cugina Padme.
Ora lui si era spostato in un angolo sgombro del banco e fingeva di pulire qualcosa, ma, in realtà, continuava a guardare Padme.
Dayne vide che muoveva appena le labbra e, avvicinandosi, lo sentì mormorare:
“È un angelo!”
“Oh, non credo proprio.” Disse, allora, la ragazza sorridendo.
Lui la guardò come se fosse appena uscito da un sogno e, con lo stesso tono, le chiese:
“Sei un angelo anche tu?”
Dayne non rispose subito. Restò a guardare i riccioli biondi del bambino mentre un’ondata di commozione le stringeva la gola. Era profondamente turbata: lo sentiva straordinariamente vicino a lei, così simile…
Lui era… il fratello che non aveva mai avuto.
“Come ti chiami?” disse, sforzandosi di mantenere un tono di voce controllato.
“Anakin Skywalker”
“Io sono Dayne Amidala e lei è Padme… Naberrie.”
Anche Padme, nel frattempo, si era avvicinata.
“Sei nato qui?” chiese.
“Non so” rispose il bambino scrollando le spalle “Però ci vivo da quando avevo tre anni. Cioè da quando Watto ci vinse (io e mia madre, intendo) al nostro precedente padrone: Gardulla de ‘Hutt”
“Sei uno schiavo!” replicò sconvolta Padme
Anakin ebbe un lampo d’orgoglio negli occhi
“Sono una persona!”
“Scusaci,” intervenne Dayne “noi veniamo da lontano e non capiamo bene le usanze del tuo pianeta”
Anakin le guardò entrambe pensieroso. Un’espressione adulta gli comparve sul viso.
“Anche voi mi sembrate strane.”
Un fracasso incredibile li fece sussultare tutti e tre. Il Gungan aveva allungato una mano verso un piccolo droide che, ora, si era aperto da tutte le parti facendo spenzolare arti ed attrezzi.
“Premigli il naso” disse Anakin
Il Gungan obbedì e tutto tornò a posto.
Nel frattempo Qui Gon e il toydorian uscirono dal retrobottega discutendo animatamente.
“Non voglio crediti della Repubblica! Qui non valgono niente, Oro, gioielli… questo va bene!”
Qui Gon sembrava seccato.
“Mi metterò in contatto con la mia nave e poi ti darò una risposta!”
Erano appena usciti dal negozio. Dayne continuava a voltare il capo, come per prolungare il contatto misterioso che la legava ad Anakin.
Improvvisamente sentì dei passi frettolosi sulla sabbia ed un richiamo. Dayne si fermò e, con la mano, bloccò la cugina.
“Io…” cominciò Anakin senza fiato “io me ne andrò di qui, signora! Ti seguirò fra le stelle e sarò un pilota, forse il tuo…”
Dayne lo guardò trattenendo il respiro. Il cuore le batteva all’impazzata.
“Ti proteggerò e ti vorrò bene, ma…sposerò lei!” E puntò il dito verso Padme.
Questa sorrise. “Non puoi sposarmi, sei troppo piccolo:”
“Ho dieci anni, e non sarà così per sempre!”
Padme rise, ma Dayne, ancora sconvolta, le posò una mano sulla spalla.
Mentre si allontanavano, consapevole dello sguardo di lui che le stava seguendo, sussurrò:
“Crescerai, fratello, crescerai anche troppo presto.”
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

 
Qui Gon camminava avvolto nel mantello; una ruga fra le sopraciglia indicava la sua preoccupazione. R2 scivolava al suo fianco.
Silenziose, Dayne e Padme, li seguivano. Chiudeva il piccolo gruppo Jar Jar.
Dayne avrebbe voluto confidare a Qui Gon la confusione ed il tumulto che aveva nella testa e nel cuore, ma si rendeva conto che il maestro Jedi era preoccupato per la faccenda del pagamento.
L’uomo si fermò di scatto e si girò verso di lei.
“Ci sono cose preziose sull’astronave? Utili per uno scambio?”
Dayne guardò per un attimo Padme e poi gli rispose.
“Mi spiace. Qualche gioiello della regina…i miei sono rimasti tutti a Naboo. Abbiamo parecchi crediti, ma qui…”
“No, qui non li vogliono. Ehi, dov’è Jar Jar?”
Tutti si voltarono, rendendosi conto che il Gungan era scomparso.
Stavano per tornare indietro, quando lo videro arrivare di corsa, accompagnato da Anakin che rideva.
“Il vostro amico ha avuto qualche problemino con un tipaccio che vende rane… Voleva farsi un assaggio gratis, ma ho sistemato tutto io, non preoccupatevi!” Si affrettò ad aggiungere vedendo che Qui Gon si stava preparando a strangolare il Gungan.
“Me non fatto nada!” disse con voce piagnucolosa Jar Jar.
“Avevo detto niente guai con i locali…” sibilò furioso Qui Gon.
“Se avete fame,”disse allegramente il bambino, con l’intenzione di alleggerire il clima pesante che si era creato, “posso prendere dei pally da Jira. “È una mia amica. “ Con passo deciso si avviò verso una bancarella di frutta, tenuta da un’anziana donna che lo salutò subito amichevolmente.
Tornò portando dei frutti succosi che offrì a loro senza nemmeno prendere in considerazione le scuse ed i rifiuti di Qui Gon.
“Jira sostiene che verrà una tremenda tempesta di sabbia. Lo dicono i suoi reumatismi alle mani e, quelli, non mentono mai. Non vi conviene tornare alla vostra nave. Venite a casa mia, la mamma sarà contenta di ospitarvi.”
“Non possiamo darti altri disturbi, dopo Jar Jar e la frutta che ci hai offerto.” Rispose Qui Gon.
“Nessun disturbo! Voi venite da lontano, non sapete  cosa significhi da noi una tempesta di sabbia! Casa mia è qui vicino, appena girato l’angolo…” disse, sempre con tono allegro. Poi mostrò le casupole del quartiere degli schiavi, che si distinguevano appena attraverso i mulinelli di sabbia sollevati da un vento sempre più forte.
Anakin sembrava al settimo cielo per averli ospiti in casa sua. Era evidente che l’idea di restare vicino a Padme lo rendeva felice come, forse, non era stato mai.
Aveva preso per mano sia lei che Dayne e le aveva condotte in camera sua per mostrare loro un droide che stava costruendo.
“È un droide protocollare, però ho fatto in modo che sappia fare un po’ di tutto.” Disse orgoglioso “Quando sarà finito aiuterà la mia mamma! Ma so creare altre cose… Per esempio sto cercando di costruire uno scanner speciale; mi servirà per trovare i trasmettitori che hanno inserito nel mio corpo e in quello della mamma quando siamo diventati schiavi.”
“Trasmettitori?” chiese stupita Padme
“Sì, vengono inseriti nel corpo di ogni schiavo e solo il proprietario può disattivarli. Se lo schiavo tenta la fuga… bang!”disse, accompagnando l’esclamazione con un gesto fin troppo chiaro.
“È orribile!” gridò Padme
Dayne strinse i pugni e ricacciò le lacrime di rabbia che stavano salendo.
“La Repubblica proibisce la schiavitù con pene severissime…”
“Tatooine  è lontana dalla Repubblica: questo è il regno degli ‘Hutt!” l’interruppe una voce ferma e decisa alle sue spalle.
Dayne si girò di scatto.
“Sono  Shmi Skywalker, la mamma di Anakin.” Spiegò la giovane donna che era apparsa sulla porta.
Aveva i capelli castani, raccolti sulla nuca. Era sui trent’anni, bella, ma di una bellezza sfiorita precocemente, come se troppi dolori e troppe preoccupazioni le pesassero sulle spalle.
“Perdoni la nostra intrusione, signora.” Si scusò Dayne “Mi chiamo Dayne Amidala e la mia  amica è Padme. Cercavamo di acquistare pezzi di ricambio per la nostra nave, quando siamo stati sorpresi dalla tempesta e…”
La donna stava sorridendo
“L’uomo che vi accompagna mi ha già spiegato tutto, ed io … beh, sono abituata alle sorprese di Anakin”
Lo sguardo si posò sul figlio e Dayne provò una stretta d’invidia vedendo quanto quella donna traboccasse amore.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17

 
Pur essendo stata circondata dall’affetto dei suoi zii, Dayne sapeva che nessuno l’aveva mai guardata così.
Non suo padre, sempre impegnato col suo lavoro d’ambasciatore e incapace di sopportare troppo a lungo la vista di una figlia che gli ricordava l’amatissima moglie, non sua madre, che…
Anzi, in quel momento, le venne in mente uno dei rari ricordi che aveva di lei.
Era stato poco prima del suicidio.  Forse qualche mese prima.
Nella sua cameretta stava provando alcuni movimenti in stile Makashi, con un bastone in mano. Aveva gli occhi bendati, perché si esercitava a compiere i gesti di attacco e di difesa in assoluta oscurità, senza colpire per sbaglio alcun oggetto.
Aveva lasciato che la Forza scorresse in lei e, ora, si sentiva sicura.
Per quanto avesse appeso al soffitto diversi fili, terminanti con campanelle, non aveva commesso alcun errore.
Improvvisamente aveva sentito uno sguardo trafiggerle la nuca. Uno sguardo colmo d’astio, di disperazione e, forse, anche di disprezzo …
Si era bloccata di colpo, aveva tolto frettolosamente la benda e si era girata.
Sua madre era là, sulla porta, sorrideva e le stava dicendo:
“Brava, molto bene, neppure uno sbaglio!”
Il tono di voce era dolce, ma c’era qualcosa  che non andava: non era stata abbastanza rapida a cambiare l’espressione del suo sguardo… non completamente, almeno.
 
Lei e Padme avevano aiutato Shmi a cucinare per la cena, Poi Dayne, in modo molto riservato, le aveva offerto un cerchietto d’oro che portava all’anulare della mano destra.
Shmi aveva rifiutato, con lo stesso atteggiamento d’orgoglio del figlio.
“La prego, “ aveva sussurrato Dayne “non è una specie di pagamento, voglio che lo tenga in mio ricordo. C’è inciso il mio nome.”
Shmi rigirò pensierosa il cerchietto fra le dita, poi sorrise alla ragazza.
“Sarà un piacere tenerlo, ma sono sicura che avremo altre occasioni per incontrarci ancora.”
Poi Shmi fissò la giovane che, con un certo imbarazzo,  si stava frettolosamente passando il dorso della mano sul volto.
“Cosa c’è che non va?”
Dayne guardò la donna ed abbozzò un sorriso un po’ forzato.
“Pensavo a mia madre…”  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

 
Shmi sembrò capire subito che il ricordo doveva essere doloroso e preferì rimanere in silenzio, attendendo che fosse la ragazza a voler parlare.
“Lei… è morta quando ero più piccola di Anakin. Mi voleva bene, come una madre può amare la propria figlia, pensava fossi speciale…”
Shmi sorrise.
“Sì, noi mamme tendiamo a vedere qualcosa di speciale nei nostri figli.”
Però, a volte, sembrava che non fosse contenta di me… non so come spiegarmi. Avrei voluto chiederle il perché, ma non ne ho avuto il tempo.”
Shmi posò la sua mano su quella che Dayne stringeva convulsamente sulla spalliera di una sedia.
“Anche questa è una caratteristica di noi mamme: non siamo sempre contente di ciò che fanno i nostri figli. È un po’ una contraddizione, non credi? Da un lato li vediamo come speciali, dall’altro vorremmo da loro sempre qualcosa di più… Forse dovremmo semplicemente accettarli per quello che sono.”
Dayne la guardò intensamente: senza rendersene conto, Shmi aveva esattamente intuito il suo problema.
Aprì la bocca, con l’intenzione di confidarsi, ma poi la richiuse. Dopotutto conosceva quella donna da così poco tempo…
Shmi le lasciò la mano e si diresse verso il fornello, su cui bolliva l’acqua che le serviva per lavare i piatti.
“Ci vuole tempo, ma si impara. Amiamo così tanto i nostri figli che, poi, finiamo col comprendere ed amare anche ciò che di… diverso c’è in loro.”
Dayne rimase paralizzata vicino alla sedia.
“Probabilmente, tua madre, quel tempo non l’ha avuto.”
Shmi Skywalker sapeva!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo19

 
La donna aveva rapidamente asciugato i piatti e li aveva riposti in una madia, poi si era girata asciugandosi le mani nel grembiule.
Se avesse notato o meno il pallore sul volto di Dayne non si poteva dire.
“Anakin …” aveva mormorato la ragazza.
Shmi chinò il capo, in segno di assenso.
“Lui è molto speciale! Non è come gli altri bambini della sua età. È molto più maturo ma, nello stesso tempo, ha uno spiccato senso per … mettersi nei guai. Anche se poi riesce ad uscirne in modo del tutto …” la donna fece un gesto con la mano. “Quella sua mania dei podrace, per esempio.” Shmi si fermò un attimo.
“Sai cos’è un podrace?”
“Sì, una specie di veicolo da corsa.”
“Bene, un giorno o l’altro mi farà morire con la sua mania di correre sui podrace!”
“Vuol dire che, alla sua età …”
Shmi sospirò.
“È uno schiavo, quindi deve fare ciò che gli ordina il suo padrone. Watto ha scoperto che lui è un pilota eccezionale e lo fa correre scommettendo denaro. Io muoio di paura ad ogni gara, ma Anakin si diverte come un pazzo.”
“Non avevo mai sentito di umani che partecipassero a gare di podrace. Sono pericolosissime ed occorrono dei riflessi …”
“Eccezionali. È proprio questo che intendevo dirti. Anakin è l’unico umano della zona conosciuta della galassia che partecipi a gare di podrace! È in grado di intuire … No, non voglio dirlo, temo che alla prossima gara possa succedergli qualcosa.”
“Vuol dire che può intuire il pericolo prima ancora di vederlo e riuscire a schivarlo? Solo un cavaliere Jedi sarebbe in grado …”
Dayne si bloccò fissando Shmi e, negli occhi della donna, intuì la risposta.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

 
Padme, dopo cena, aveva dichiarato di sentirsi distrutta e si era ritirata nella stanzetta che Shmi aveva messo a disposizione per loro. Non c’erano letti ma, con alcune coperte, si erano preparati dei giacigli.
Anakin aveva probabilmente deciso che, senza Padme intorno, non valesse la pena rimanere alzati. Aveva salutato con calore Dayne e Jar Jar, si era avvicinato con un’espressione adulta a Qui Gon, gli aveva mormorato qualcosa, poi, con un leggero inchino, si era congedato, andando a dormire.
Dayne si guardò attorno. Shmi era seduta sulla soglia di casa, fissava il cielo stellato. Jar Jar sembrava molto interessato ad una processione di piccoli insetti che procedevano tra la sabbia e i sassi. Qui Gon camminava avanti e indietro. Continuava a portarsi la mano alla cintura, dove c’era la spada laser, ma una profonda ruga di preoccupazione si era formata tra le sopraciglia.
Dayne decise di avvicinarsi a lui.
L’uomo la sentì arrivare e sollevò lo sguardo verso di lei.
“Hai molto da chiedermi, vero?”
Dayne era stupita. Sembrava sempre che lui sapesse tutto …ma del resto era uno Jedi, no? Perché non avrebbe dovuto?
“Il problema è che … non so da cosa cominciare.”
Lui sorrise incoraggiante.
“Il bambino … Anakin. Io l’ho sentito prima ancora di vederlo. Sembrava mi chiamasse. Voglio dire, non per nome, ma con … la Forza.”
Qui Gon chinò il capo in segno di assenso.
“Sì, lui è speciale come te. Anch’io me ne sono accorto, e lui ha capito che sono uno Jedi. Pare che sappia molto sull’Ordine, molto più di quanto ci si aspetterebbe da uno schiavo.”
“Come può essere? Io ho ereditato i poteri da mia madre, ma lui? Forse suo padre …”
Qui Gon scrollò il capo.
“L’ho già chiesto alla donna, lui non ha un padre, non l’ha mai avuto.”
“Ma non è possibile!”
“Invece sì! È raro, molto raro, in verità, ma ci sono stati altri casi. Midi-chlorian che si concentrano e una donna, che pure non ha mai avuto né un marito né un compagno, si accorge di aspettare un bambino, un bambino che, poi, si rivelerà speciale.”
Dayne sembrava incredula.
“Temo di non aver capito, Maestro. I midi-chlorian possono vagare nello spazio?”
Qui Gon strinse le labbra imbarazzato.
“In realtà non è proprio così. I midi-chlorian non se ne vanno in giro sa soli … Generalmente stanno nello Jedi. Però, qualche anno fa … diversi anni fa, c’era stato un progetto, che poi l’Accademia non ha approvato.” Qui Gon si prese una pausa, cercava, evidentemente, di trovare le parole giuste. “Qualcuno sosteneva che era possibile isolare alcuni midi-chlorian, prelevandoli da Jedi potenti, e lasciarli liberi. Se nelle vicinanze ci fosse stata una matrice adatta, voglio dire, una donna, sarebbe stato possibile avere un potenziale Jedi. In questo modo avremmo risolto il problema del calo di cavalieri che, effettivamente, stiamo avendo. Inutile dirti che il Consiglio dei Maestri ha ritenuto il progetto inattuabile per motivi etici.”
Dayne lo guardò confusa.
“Sono d’accordo sulla decisione. Un conto è una nascita spontanea, un altro è lavorare geneticamente per ottenere un individuo speciale, una sorta di razza superiore. Ma Anakin? Avete detto che il progetto risale a diversi anni fa…”
“Diciotto, per la precisione.”
“Bene. Anakin ha solo dieci anni!”
Qui Gon sospirò
“Questo significa solo che qualcuno se n’è infischiato del divieto!”
“Avete detto che la donna non deve essere lontana, quindi, il misterioso Jedi deve essere sceso su questo pianeta.”
“Già, è sceso, ha visto Shmi Skywalker, l’ha ritenuta idonea…”
“E l’ha contattata.”
“Ehm, no. Non l’ha contattata.”
“Volete dire che Shmi non l’ha mai conosciuto e si è ritrovata incinta?”
“Sì”
“Ma è terribile! L’ha usata come una macchina!”
“Il Jedi misterioso, come lo chiami tu, è una persona priva di scrupoli.”
“Quindi lo conoscete?
“Solo uno può aver fatto una cosa simile: il responsabile del progetto.”
“Vale a dire …”
“Il  …No, non posso dirtelo, perdonami So che potrei fare affidamento sulla tua discrezione, ma è meglio che tu non sappia, ed è meglio che non lo sappia nemmeno Anakin!”
Dayne faticò a reprimere un gesto di rabbia.
“Credete che io sia una pettegola? E, poi, sarebbe giusto che Anakin sapesse chi…”
“No Dayne! È che devo parlarne con il Consiglio, prima. Non è una decisione che posso prendere da solo. Inoltre devo avere le prove, non si può accusare nessuno alla cieca! Infine, credo che potrebbe essere pericoloso per te e per Anakin.”
Dayne sollevò le spalle in segno di noncuranza.
“Non ho paura!”
“Non hai paura perché non conosci ancora il Lato Oscuro della Forza!”
“Il cosa?”
“Il Lato Oscuro. La Forza ha anche un Lato Oscuro, ed è facile scivolarci dentro. Un gesto di rabbia inconsulto, una decisione che ci sembra fatta a fin di bene, ma che, poi, provoca la morte di innocenti … sono tutte cose che possono spingerci verso il Lato Oscuro. Un Cavaliere Jedi deve rinunciare a molte cose ed avere un eccellente autocontrollo. Se passa al Lato Oscuro è perduto … per sempre. Da quel momento i suoi poteri saranno al servizio del Male!”
Dayne sembrava sconvolta.
“Pensavo che un Cavaliere Jedi rimanesse comunque votato al bene. Voglio dire, mia madre lasciò l’Accademia, ma, comunque, non ha mai fatto nulla di male …a parte …”
“Lasciare soli te e tuo padre. È questo che intendevi, vero? Sì, quello fu un gesto terribile e che, ancora, trovo inspiegabile. Tuttavia posso affermare che tua madre non era passata al Lato Oscuro.Anzi, sembra quasi … che ne fosse in fuga.”
Dayne lo fissò avidamente, Qui Gon sapeva molto di più: era innegabile.
L’uomo, invece, si limitò a chinare il capo pensieroso, poi lo sollevò e sorrise.
“Ascolta, noi due dobbiamo parlare ancora e molto. Tu vuoi sapere, e ne hai diritto. Tuttavia è meglio rimandare tutto a domani. Ho bisogno anch’io di chiarirmi le idee. Ci vuole un bel sonno.”
Dayne chinò il capo impercettibilmente, poi si voltò verso la casa. Aveva cercato delle risposte e si ritrovava con più domande di prima.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo21 ***


Capitolo21
 

Padme dormiva ancora quando Dayne si alzò. Si era coricata vestita e sentiva il bisogno di rinfrescarsi.
Shmi aveva lasciato nella stanza un brocca piena d’acqua ed un catino.
La ragazza si tolse la camicetta, versò l’acqua nel contenitore e si lavò.
Poi si vestì rapidamente.
Dalla camera accanto provenivano delle voci. I toni erano bassi ma concitati.
Dayne riconobbe Qui Gon e Anakin. Shmi Skywalker mormorava qualcosa, come se supplicasse.
Dayne aprì la porta e li vide tutti e tre seduti al tavolo della cucina.
Qui Gon sembrava preoccupato, Shmi, angosciata, si torceva nervosamente le mani.
Anakin si alzò di scatto e corse incontro alla ragazza.
“Diglielo, per favore! Spiegale che non ci sono altre soluzioni!”
“Anie, per favore … “ disse la madre.
“Qual è il problema?” chiese Dayne
“Anakin sostiene che, l’unico modo per ottenere il denaro che ci serve per i pezzi di ricambio, sia quello di partecipare alla gara di podrace che si terrà questo pomeriggio.” Rispose Qui Gon.
Dayne comprese al volo.
“Tua madre ha ragione! È troppo pericoloso!”
“L’ho già fatto! Basterà solo che diciate a Watto che il podrace è vostro e che scommettiate su di me! Posso vincere, anzi, ne sono sicuro!”
Dayne si lasciò cadere su una sedia e chiuse un attimo gli occhi. Se fosse successo qualcosa di brutto ad Anakin …
Improvvisamente sentì il familiare senso di vertigine e si prese il capo fra le mani.
“Stai male?” chiese il bambino preoccupato.
“No.” Rispose lei riaprendo gli occhi e posando sul tavolo le mani. Poi guardò fisso Qui Gon “Potrebbe funzionare. Anzi, funzionerà! Però è sua madre che deve decidere.”
“No! Sono io che corro! E, poi, mamma, dici sempre che noi dobbiamo aiutare il nostro prossimo, quando è in difficoltà!”
“È vero, ma questo! Mi sento morire ogni volta …”
Padme comparve sulla soglia, sembrava molto irritata.
“Ho sentito tutto! La regina è decisamente contraria!”
“E tu che ne sai?” disse Dayne, guardando intensamente la cugina “La regina non c’è …”
Se lo sguardo di Padme avesse potuto ucciderla, Dayne sarebbe caduta fulminata all’istante.
“Non c’è … ma so come la pensa!”
Le labbra della giovane si serrarono per la rabbia.
“Oh, certo, tu sai sempre tutto…”
La voce di Qui Gon si levò pacata.
“Non litighiamo, per favore. La proposta di Anakin non è assurda. Tre di noi sanno anche il perché…”
“E chi sarebbero questi tre, di grazia? È possibile saperlo?” Il tono furibondo e sarcastico di Padme risuonò nella stanza.
Qui Gon alzò una mano.
“Shmi, lei è convinta delle speciali capacità di suo figlio, vero?”
La donna sembrava sgomenta, ma rispose con una certa sicurezza.
“Sì.”
“Dayne?”
La ragazza sollevò lo sguardo deciso sul Maestro Jedi.
“Ne sono convinta! Però è meglio che lei, Maestro, gli dica … qualcosa.”
“Naturale! Anakin, te la senti veramente di correre  rischio?”
“Sicuro che voglio! Mi diverto un mondo!” Il bambino sorrideva eccitato.
“Io sono contraria!” Ribadì Padme
“Sì, ma sei in minoranza!” Disse Dayne.
Qui Gon intuì che l’aria si stava facendo troppo pesante, quindi si mise in mezzo.
“Se tua madre è d’accordo, Anakin, faremo come tu dici. Però ho bisogno, prima, di parlare con lei e, poi, con te.”
“E vai!” urlò il ragazzino saltando di gioia.
Qui Gon fece un cenno e Shmi uscì con lui. Anakin si allontanò, correndo, per “dare un’occhiata”, come disse strillando ai quattro venti, al suo podrace.
Nella cucina restarono solo Padme e Dayne.
“Non ho capito bene a che gioco stiate giocando tu e quel maledetto Jedi, ma ti giuro che, se dovesse succedere qualcosa al bambino, ti riterrò responsabile e, appena finita questa storia, ti faccio arrestare e butto la chiave della tua cella nel lago!” Padme sibilò la minaccia stringendo i pugni.
Dayne, invece, sembrava essersi calmata.
“Nessun gioco, cugina. Il tempo dei giochi, per noi due, è finito da un pezzo. Comunque posso dirti che … il ragazzo non si farà male.”
“Oh, un’altra delle tue premonizioni?
“Mi sono, forse, mai sbagliata?”
Padme parve riflettere per un attimo.
“No, in effetti hai sempre fatto centro.”
 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

 
Doveva parlare con Qui Gon.
Malgrado le sue sensazioni, il suo presentimento che la corsa sarebbe andata bene, Dayne aveva bisogno di sentirsi rassicurata dalla voce pacata del Maestro.
Uscì dalla casa e si bloccò sulla soglia. La luce accecante dei due soli di Tatooine e il caldo soffocante la colpirono immediatamente. Dayne si portò una mano davanti agli occhi per proteggersi dal riverbero.
Qui Gon era vicino ad Anakin, tutto preso dal suo podrace, e gli stava dicendo qualcosa.
Ora non poteva certo disturbarlo.
Restò ferma, guardando i due, e si domandò se il Jedi stesse parlando ad Anakin della Forza.
No, concluse, il bambino non sapeva nulla della Forza, probabilmente la sua grande ammirazione per i Cavalieri Jedi era legata al fatto che li considerava paladini della giustizia.
Del resto lei stessa sapeva così poco della Forza. Sua madre l’aveva addestrata, certo, ma si era preoccupata, più che altro, di tenere nascoste le capacità della figlia. Inoltre, cosa aveva detto Qui Gon? Ah sì, che la Forza aveva anche un Lato Oscuro.
Quindi dovevano esserci più Forze… no, meglio, la Forza era una, ma aveva diversi livelli. E lei, Dayne, a quale livello apparteneva?
La ragazza scrollò il capo: troppe domande, troppe!
Improvvisamente un gesto di Qui Gon la incuriosì: si era chinato rapidamente su Anakin ed aveva estratto un piccolo contenitore da sotto il mantello.
Si incamminò verso i due e colse le ultime parole di ciò che Qui Gon stava dicendo.
“Non è nulla, solo un piccolo taglio, ma è meglio che controlli su questa piastrina il tuo sangue. Così siamo sicuri che non ci siano infezioni.”
“Ti sei fatto male?” Chiese premurosamente Dayne.
“Ma no!” rispose ridendo Anakin “È questa stupida lamiera. Solo che lui vuol farmi un esame, come un dottore!”
Dayne guardò Qui Gon che, con calma, stava riponendo qualcosa nell’astuccio.
Il Maestro alzò gli occhi su di lei.
“Sì, è meglio: con tutta questa polvere non si può mai sapere. Inoltre ho sentito che ci sono dei batteri insidiosi su questo pianeta. Anzi, Dayne, sarà meglio che faccia un piccolo controllo anche a te. Potresti non avere gli anticorpi per certe malattie del posto.”
Dayne lo fissò intensamente.
“Allora il controllo non devo farlo solo io, anche Padme …”
“Naturalmente! Escluderei solo Jar Jar, il suo organismo è troppo diverso ed io non ho gli strumenti adatti.”
“Bene,” rispose Dayne “se è così, sono pronta. Possiamo farlo subito in casa.”
“Certo, certo.” disse allegramente Qui Gon “Basterà una piccola puntura sul polpastrello del dito indice. È meglio muoverci, dopo pranzo inizia la corsa e noi dobbiamo essere presenti. Inoltre, prima, devo parlare con Watto e dirgli che il podrace è nostro. Sai Anakin non potrebbe possederne uno, visto che è uno …”
Dayne non sentì il resto. Stava pensando ad altro. Di una cosa ora si sentiva certa: Padme non avrebbe fatto nessun esame del sangue e, se anche Qui Gon le avesse punto il dito, il suo campione sarebbe finito nella spazzatura.
Il Maestro voleva solo controllare il sangue di Anakin ed il suo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23

 
Dayne aveva porto la mano a QuiGon quasi con sfida ed era rimasta ad osservare, con un certo distacco, la goccia di sangue che era uscita dal suo dito.
L’uomo le aveva fatto premere il polpastrello su una specie di piastrina, poi, soddisfatto, aveva chiuso tutto in un astuccio che aveva infilato all’interno del mantello.
Quindi si era alzato.
“Vado da Watto per sistemare gli accordi.”
“Bene.” Rispose laconica Dayne.
Qui Gon si voltò a guardarla stupito.
“Qualcosa non va?”
Dayne si era messa a giocherellare con un vasetto di fiori secchi che Shmi aveva appoggiato come centro-tavolo.
“No!” Fu la secca replica della ragazza.
QuiGon sospirò.
“Dayne, lo so che devo dirti tante cose, so come ti senti, ma abbiamo poco tempo, ora, e delle emergenze da risolvere.”
“Certo, non voglio farvi sprecare i vostri preziosissimi minuti … che importa se nessuno mi spiega in che modo vengo usata? Che importa se anche quell’innocente là fuori si sta dannando convinto di aiutare dei viaggiatori nei guai …”
“No!” Rispose Qui Gon tornando indietro di qualche passo “Posso assicurarti che nessuno userà te o Anakin! Sarò io a farmene garante!”
“Oh, io so cavarmela. Me ne accorgo se cercano di fare i furbi con me, ma è il ragazzo che mi preoccupa. Una volta che avrà dato fondo ai suoi poteri, per procurarci il denaro che ci serve, cosa ne sarà di lui? Resterà su questo maledetto pianeta a lavorare come uno schiavo, guardando con ansia le stelle e sperando, notte dopo notte, che i gloriosi Cavalieri Jedi vengano a salvare lui e sua madre …”
Lo sguardo del Maestro era triste.
“Credevo avessi cominciato a fidarti di me. Io non sono così. Quando lasceremo Tatooine Anakin e sua madre saranno con noi.”
Qui Gon si voltò e uscì dalla porta lasciando Dayne, imbarazzata e confusa, nella fresca penombra della cucina.
Padme entrò in quel momento.
“Sono stata da Anakin. Per me è una follia, anzi, un omicidio vero e proprio! Ha solo dieci anni e …” si mise a scrutare il volto della cugina e, quello che vide, non le piacque per nulla “Cosa c’è? Hai qualche ripensamento?”
Dayne sollevò il capo “No, il ragazzo ce la farà. Per la gara, intendo. È il seguito che mi preoccupa.”
“Il seguito?”
“Lascia stare, Padme. Ho la testa che mi gira a furia di pensare e preoccuparmi…”
Padme le afferrò il polso sinistro e glielo strinse sibilando tra i denti “Io sono la Regina! Devo sapere!”
Dayne la guardò negli occhi.
“Mia Regina, posso dirti solo ciò che so, e ciò che so è veramente poco.”
 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24

 
Padme, Jar Jar e R2-D2 si erano messi ad aiutare Anakin per preparare il podrace alla corsa. Dayne, invece, aveva deciso di “tallonare”  Qui Gon”.
Era piuttosto sicura che la Forza avrebbe permesso al ragazzino di vincere, ma voleva assicurarsi che Qui Gon avrebbe provveduto ad Anakin anche dopo la vittoria.
Il Maestro Jedi era tornato dal colloquio con Watto con un ironico sorriso di soddisfazione sulle labbra. Dayne l’aveva interrogato e lui aveva risposto che aveva barattato la loro libertà e la nave della Regina con il denaro per l’iscrizione alla corsa e i pezzi di ricambio necessari.
“Fantastico!” aveva ribattuto Dayne “Mi auguro che la Regina non venga mai a saperlo!”
“Oh, non lo saprà.”
“Sembrate molto sicuro dell’esito della corsa, Maestro.”
Lui aveva guardato di sottecchi la ragazza, poi aveva mormorato: “Perché, tu no?”
Non era stato necessario rispondere.
Mentre tutti erano occupati attorno al podrace, Qui Gon sembrava invece cercare un angolo appartato, perché nessuno lo vedesse.
Dayne, però, non intendeva lasciarlo. Perciò, quando lo Jedi si diresse verso la veranda posteriore della casa degli Skywalker, lei, furtivamente, lo seguì e si nascose dietro la porta-finestra che metteva in comunicazione la cucina con il portico.
Qui Gon si guardò attorno, poi estrasse il comlink e chiamò Obi Wan.
In breve mise al corrente il suo padwan degli avvenimenti e concluse dicendo:
“Domani avremo i pezzi di ricambio e lasceremo questo rovente pianeta!”
Obi Wan non rispose subito; dopo qualche istante di silenzio disse incerto:
“E se il piano non funzionasse? Resteremmo bloccati qui! L’equipaggio verrebbe, probabilmente, tratto in schiavitù, anche le donne, noi dovremmo nasconderci e combattere e…”
Qui Gon lo zittì bruscamente.
“Funzionerà! Al tramonto la gara avrà inizio e il ragazzo arriverà primo!”
Dayne riusciva ad immaginarsi chiaramente l’espressione incredula di Obi Wan, poteva anche vederne gli occhi azzurri rivolti verso il cielo e la bocca atteggiata ad uno sbuffo d’impazienza.
Chissà perché, ma la cosa la fece sorridere.
Intanto Shmi era entrata in cucina, ma Dayne aveva immediatamente portato l’indice alle labbra, intimandole silenzio.
Shmi aveva guardato perplessa la ragazza, poi aveva visto, girato di spalle, Qui Gon e aveva capito. Silenziosa, fece un cenno d’assenso e uscì dalla stanza.
Qui Gon non si era accorto di nulla e continuava a parlare.
“Ascolta Obi Wan, ho qui due piastrine con dei campioni di sangue. Le ho contrassegnate con i nomi Alfa e Delta. Ora le infilo nel comlink e te le mando. Voglio che mi esamini i midi-chlorian e mi trasmetta immediatamente i risultati.”
I minuti passarono lentamente. Qui Gon attendeva tamburellando nervosamente le dita sul legno della veranda. Dayne, sempre dietro il suo riparo, respirava con un certo affanno e sentiva una strana contrazione allo stomaco. Alfa e Delta, Alfa e Delta! Non occorreva essere un genio per capire che erano i loro nomi: Anakin e Dayne.
La voce di Obi Wan li fece sussultare entrambi.
“Maestro, questi campioni hanno dei problemi, almeno, credo.”
“Quali sono i risultati?” Disse lentamente Qui Gon. La voce tradiva impercettibilmente una certa tensione.
“Ecco io, sono sicuro di aver controllato bene, ma…”
“I risultati, Obi Wan!”
“Sì Maestro! Campione Delta diciannovemila e trecento midi-chlorian, campione Alfa ventimila! Maestro, nemmeno il venerabile Yoda…”
Qui Gon restò per un attimo in silenzio, poi, con voce roca, interruppe il torrente di parole del suo padwan
“Lo so Obi Wan, ma non mi aspettavo nulla di molto diverso. Posso assicurarti che non ci sono errori!”
“Ma Maestro, cosa significa?”
Qui Gon respirò profondamente.
“Che ci troviamo di fronte a qualcuno di speciale, che non ci saranno problemi per la gara, che avremo i pezzi di ricambio, che lasceremo il pianeta e che, probabilmente…io avrò qualche noia col Consiglio.”
Prima che Obi Wan potesse ribattere, richiuse il comlink e si girò per rientrare in casa.
Dayne gli apparve d’innanzi all’improvviso, con un’espressione dura e risoluta.
“Prima delle noie col Consiglio avrete da dare parecchie spiegazioni a me!”
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 25° ***


Capitolo 25° “Cosa significa che ho diciannovemila midi-clorian?” Dayne lo fissava dritto negli occhi. Qui Gon sospirò e poi rispose: “Significa che la Forza scorre molto forte in te. Per un attimo ho creduto che fossi tu la Prescelta, ma poi Anakin, con i suoi ventimila…” Dayne ebbe un gesto d’impazienza. “La Prescelta? Per cosa? E Anakin, perché adesso il Prescelto è lui, non è vero?” Qui Gon sollevò la mano per fermare quel fiume di parole; la ragazza notò come, improvvisamente, sembrasse stanco ed invecchiato. “Ti ho già parlato del Lato Oscuro della Forza. Vedi, c’è sempre stato e, probabilmente, sempre ci sarà. Diversi Jedi ne sono stati attratti, ma la cosa più importante è l’equilibrio. Deve esserci equilibrio tra il Lato Oscuro e quello Chiaro della Forza, anzi, l’ideale sarebbe che la parte chiara fosse predominante… In questo periodo non è così ed è per questo che sono comparsi i Sith.” “So cosa sono i Sith! Ho studiato questa civiltà che basava la sua esistenza sulla violenza ed il senso di potere, ma sono estinti. I Jedi li hanno sconfitti secoli fa!” “Lo credevamo anche noi. Purtroppo non è così. Un Jedi oscuro può essere un pericolo, ma rimane comunque isolato. Se, invece, trova un Maestro, un Maestro che sa manovrare il Lato Oscuro della Forza a proprio piacimento, che ne è permeato, allora l’equilibrio viene a mancare. I Sith fanno questo: non si lasciano solo travolgere dalle emozioni negative, le manipolano e le utilizzano per rafforzare il loro potere. Se diventano troppo forti, il Male vince.” “ E un Prescelto dovrebbe riuscire a fermarli?” “Vedo che hai capito.” “Quindi Anakin a questo servirebbe?” “Sì.” Dayne restò in silenzio, turbata, il capo chino e le mani serrate a pugno. Poi rialzò lo sguardo verso Qui Gon. “In un primo momento avete pensato che fossi io. Avete sentito che la forza scorreva potente nelle mie vene. Poi avete visto Anakin…” Qui Gon mosse la testa in segno d’assenso. “Non possiamo lasciarlo qui. Va addestrato al Tempio. Lui ha il potere di riconoscere i Sith e di sconfiggerli!” “Ma è solo un bambino…” “Ora, ma dopo l’addestramento sarà un Jedi straordinario!” Dayne chiuse gli occhi e strinse le labbra. “Lo userete, dopotutto!” “No, Dayne, gli indicheremo la sua strada! E’ diverso.” La ragazza abbozzò un sorriso amaro. “Io, per quanti sforzi faccia, non vedo la differenza.”

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1019100