Lotta per la libertà di Mirella__ (/viewuser.php?uid=162565)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuga ***
Capitolo 2: *** Luce ***
Capitolo 3: *** Il passato ***
Capitolo 4: *** Re Kaio ***
Capitolo 5: *** La fine del campione ***
Capitolo 6: *** Conoscenti? ***
Capitolo 7: *** Passeggiata ***
Capitolo 8: *** Convivenza? No, grazie. ***
Capitolo 9: *** Normale ***
Capitolo 10: *** Alleanza ***
Capitolo 11: *** Piano ***
Capitolo 12: *** Fallimento per metà ***
Capitolo 13: *** Acqua ***
Capitolo 14: *** Verità ***
Capitolo 15: *** Catene ***
Capitolo 16: *** Occhi ***
Capitolo 17: *** Libertà ***
Capitolo 18: *** Caos ***
Capitolo 19: *** Sguardo ***
Capitolo 20: *** Tranquillità ***
Capitolo 21: *** Navi spaziali ***
Capitolo 22: *** Il popolo della notte ***
Capitolo 23: *** Due nuovi conquilini ***
Capitolo 24: *** Saiyan? ***
Capitolo 25: *** Stanza ***
Capitolo 26: *** Un altro Super Saiyan ***
Capitolo 27: *** Immobilizzato ***
Capitolo 28: *** Il sacrificio ***
Capitolo 29: *** Speranza ***
Capitolo 30: *** Ricerca e desiderio ***
Capitolo 31: *** Spesso la fine di una storia coincide con l'inizio di un'altra... ***
Capitolo 1 *** Fuga ***
L'aria
fresca della sera soffiava sul mio viso dandomi sollievo e ristoro dopo
una
giornata passata a fuggire dalle guardie tra le vie della
città.
Stavo per ritornare a casa del nonno Satan quando cambiai idea.
Invece di svoltare a sinistra girai dal lato opposto, e fu in pochi
attimi che
raggiunsi la casa dei miei genitori.
Aiutata dall'oscurità, m'intrufolai nel giardino e mi alzai
in volo fino a
raggiungere la finestra del primo piano.
La scena che s'intravedeva all'interno avrebbe scaldato il cuore di
chiunque,
ma non il mio.
Una madre, un padre e uno splendido bambino dagli occhi azzurri.
Il pargolo stava piangendo per aver fatto cadere la propria caramella,
la madre
lo accarezzava dicendo che non era successo nulla e il padre
si dirigeva
nel luogo segreto in cui teneva i dolci per far ritornare a sorridere
mio
fratello.
Lacrime amare mi rigarono il volto, ma le scacciai e strinsi i
pugni,aumentando
lievemente la mia aura.
Grosso errore.
Mi precipitai tra la staccionata e un cespuglio.
Se mi avesse scoperta sarebbe stata la fine per me.
Un passo.
Eccolo si stava avvicinando sempre di più, riuscivo a
sentirlo.
Il cuore prese a battermi all'impazzata e sembrava fin troppo rumoroso
nel
silenzio della sera, mentre il respiro si faceva affannato.
Sentivo la maniglia della porta girare e il passo dell'uomo uscire
dalla casa.
Mi
avrebbe scoperta e io sarei morta.
Ma chi me lo aveva fatto fare?
Un' auto si ferma sul vialetto della casa.
Un sospiro di sollievo, prima di percepire le auree della gente
all'interno.
I guai non arrivano mai da soli.
Trunks e Goten.
Se prima avevo una lieve possibilità di scappare, in quel
momento essa era
sparita.
Gli sportelli della macchina si aprirono e i due ragazzi scesero.
-Fratello!- salutò Goten con una sfumatura gioiosa nella
voce, Trunks si limitò
a sorridere.
-Entrate- disse mio padre cordiale, come se stesse parlando con degli
sconosciuti.
-Tu entra Goten- disse Trunks con una mano dietro la nuca in segno di
scuse
-Devo controllare una cosa nell'auto, arrivo subito.-
Mio zio scrollò le spalle. - D'accordo a dopo.-
Trunks non si mosse fino a quando la porta non fu chiusa.
Ma non andò verso la macchina come mi aspettavo, si stava
muovendo verso di me.
Fu velocissimo, un attimo prima stava avanzando verso di me, l'attimo
dopo si
trovava dietro di me, le labbra a pochi centimetri dal mio orecchio.
-Non ti vuole nessuno qui, vattene.-
Mi voltai verso di lui e per un attimo mi parve che i suoi occhi
fossero
ritornati del consueto blu, ma mi ero sbagliata.
Erano ancora rossi, il rosso che sottolineava il controllo dello
Tsufuro su di
lui.
-Va via, non dirò nulla agli altri se ora scompari.-
Annuì.
Lui sparì alla mia vista, per poi riapparire sulla soglia
della porta ed
entrare in casa.
Sospirai, nuovamente sollevata, e corsi verso la casa del nonno.
-Dove sei stata?- mi chiese non appena misi piede all’interno
dell’enorme villa.
-In giro, perché?-
-Lo sai che non devi uscire MAI!- l'ultima parola la
pronunciò talmente forte
da farlo tossire.
-Hey nonno, lo sai che non ti devi sforzare troppo- lo accompagnai fino
alla
sua camera, ma quando arrivammo a destinazione lui scosse la testa e
cambiò
direzione, dirigendosi verso la mia.
Non appena aprì la porta subito notai le valigie sul mio
letto.
-Nonno che significa?- lui sorrise e scosse nuovamente la testa.
-Sono vecchio e purtroppo devo farmi delle visite, quindi devo dare
loro il mio
sangue. Scopriranno che non sono infetto e con tutta
probabilità mi
uccideranno.-
Il gelo mi penetrò nelle ossa. -Sai che non lo
permetterò.-
Lui mi sorrise - O saranno loro a farlo o sarà la mia
malattia. E una volta morto prenderanno i miei possedimenti, ecco
perché ti devo lasciare andare via- scrollò le
spalle e continuò. -Queste sono le valigie, ho
già preparato tutto il
necessario, loro verranno a prendermi tra poco, vai.-
Fu così che, per la seconda volta in vita mia, dovetti
prendere le mie cose e fuggire
dalla mia casa, ma questa volta qualcuno piangeva per me.
Mio nonno, costretto a lasciarmi andare per salvarmi da un orribile
destino.
Angolo
dell'autrice
Come primo capitolo è un pò corto, ma spero che
vi sia piaciuto.
Ogni tipo di correzione e bene accetta e, se vi va, lasciate una
piccola
recensione.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Luce ***
Testa
alta, spalle dritte e sguardo sicuro.
Camminavo
tra la folla da ore ormai, cercando di confondermi, ma le mie valigie
sembravano troppo pesanti, troppo ingombranti.
La folla
andava diradandosi sempre di più mentre mi avvicinavo al
confine della città,
oltre quello vi era una foresta, quella sarebbe stata la mia nuova casa.
Mi
serviva un posto dove non dare nell’occhio.
Poca
gente era rimasta intorno a me, c’era chi svoltava a
sinistra, chi a destra.
Coperta
dal mio impermeabile, potevo sentire chiaramente la mia coda premermi
contro la
schiena.
Non mi
era mai ricresciuta, sin da quando ero bambina, ma
all’età di vent’anni mi era
rispuntata.
Mio
nonno materno non aveva avuto il coraggio di toglierla e, ad essere
sincera,
non glielo avrei permesso comunque.
Quello
era un segno della mia appartenenza ad una razza defunta, estinta, e ne
andavo
fiera.
Ma era
anche uno dei motivi per cui dovevo sparire dalla circolazione per un
pò, sino
a quando non fossi diventata abbastanza forte da uccidere quel mostro
di Baby,
e di strada ne avevo da fare per raggiungere il mio obiettivo.
Forse
non ci sarei mai riuscita, forse sarei morta provandoci, ma una cosa
era certa,
quell’essere me l’avrebbe pagata cara per tutto
ciò che mi aveva tolto.
La
famiglia, gli amici e la Terra.
Guardai
con disprezzo lo spazio che mi circondava.
Il
pianeta Plant era sicuramente bellissimo ma non reggeva minimamente il
confronto con il mio luogo di provenienza.
Avvicinandomi
sempre di più al confine, cominciai a ricordare i
catastrofici eventi che, sei
anni addietro, mi avevano spinta a quel punto.
L’arrivo
di Baby sulla Terra, il contagio dell’intera popolazione
mondiale, avvenuto ad
una velocità incredibile, e la sparizione di mio nonno Goku.
Flash
Back
-Nonno sei
fortissimo- dissi
sbalordita mirando il Super Saiyan di quarto livello.
–Riuscirai a
sconfiggerlo, vedrai!-
Lui, con un
sorriso sulle labbra,
aveva annuito.
Quella fu
l’ultima volta che vidi
mio nonno.
Fine
Flash Back
Con un
balzo m’inoltrai nella foresta.
-Finalmente-
sussurrai sollevata, ma la mia attenzione venne catturata da un piccolo
movimento nella mia valigia.
Aprì la
cerniera e…
-AHH-
urlai non appena quella piccola peste di un Robot ne uscì
fuori urlando un
“GHIRO GHIRO” tutto felice.
Riuscì a
contenermi da dargli un pugno in testa e mi voltai.
Cercai
per cinque ore buone un posto dove poter vivere e non appena lo vidi,
il viso
mi s’illuminò.
Quello
era il luogo perfetto.
Una
radura circondata dagli alberi che, imponenti e rigogliosi, si
stagliavano
contro il cielo impedendo la completa visione di esso.
L’aria
così pura era un tocca sana per i miei polmoni abituati a
respirare l’aria di
città.
Aprì la
valigia in cerca della capsula che avrebbe reso vivibile quel luogo
inospitale.
Premetti
il pulsante e fu, con un sonoro BAAM, che la capsula oplà si
trasformò in una
casa completa di tutti i confort.
Sì,
sarebbe stata come una vacanza.
Ma
quelle erano solo parole vuote, usate per impedirmi di pensare al come
sarei
riuscita a trovare del cibo decente in quel luogo, alla lunga
solitudine che
avrei dovuto patire e alle lunghe giornate d’allenamento che
avrei certamente
affrontato.
Guardai alla
mia destra, dove il piccolo Gil stava mangiucchiando il mio cellulare.
Sospirai
e lo lasciai fare.
Alla
meglio, il telefono sarebbe diventato un dispositivo in più
del robot, alla
peggio, non avrei mai più potuto chiamare nessuno.
Scrollai
le spalle, poco importava, non avevo qualcuno da chiamare.
All’improvviso,
una luce accecante m’investì in pieno viso.
Era
calda, accogliente, cordiale e stranamente familiare.
Sentì
una voce da lontano parlarmi ma non capì, o meglio, non
volli capire chi era,
non m’importava, ero meravigliata da quello che mi stava
succedendo e non
volevo altro che concentrarmi su quello, chiusi gli occhi per lasciare
che gli
altri miei sensi mi suggerissero la situazione, ma subito abbandonai
quell’idea.
Mi
lasciai cullare da quella luce, conscia che mi sarei ritrovata in un
altro luogo
una volta che avrei riaperto gli occhi.
Angolo
dell’autrice
Innanzitutto mi
vorrei scusare per il mostruoso ritardo, cercherò di
aggiornare il più
velocemente possibile. Presto arriveranno nuovi personaggi e
novità!
Ringrazio di cuore chi
recensisce e legge la mia storia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Il passato ***
Non so
quanto tempo passai dentro quella luce.
Forse
ore, forse minuti o forse solo secondi.
Quando,
molto lentamente, quel bagliore accecante fu inondato da una leggera
oscurità,
cominciai a vedere qualcosa.
La prima
cosa che sentì fu un tuono fragoroso irrompere nel silenzio,
la prima cosa che
vidi fu un mare in tempesta, la prima cosa che provai fu il
freddo pungente dell’aria
salmastra.
Pochi
attimi e la scena fu completa.
Due
valorosi combattenti si scagliavano l’uno contro
l’altro ad una velocità
incredibile.
Non ebbi
problemi a riconoscere l’uomo dalla capigliatura dorata che
tanto avevo
agoniato.
Mio
nonno Goku combatteva con passione mentre il suo avversario cominciava
a
perdere colpi.
Cominciai
a ricordare vagamente il racconto di mio padre che, oltre dieci anni
fa, mi
aveva raccontato di un pianeta abitato da esseri come il suo maestro.
Mi aveva
detto che lì il cielo era del colore dell’erba e
che le foglie degli alberi
erano del colore del mare, ma mi aveva anche raccontato di come quel
pianeta,
dopo un duro scontro con un alieno dalla potenza devastante di nome
Freezer,
venne distrutto.
Come
potevo essere in quel luogo? Possibile che fossi stata portata indietro
negli
anni?
Un
calcio parato da un braccio provocò un’esplosione
assordante e, rapita, guardai
il modo di combattere di quegli esseri.
Era così
pulito, equilibrato e logico.
Un uomo
faceva la sua azione solo se l’altro ne compiva
un’altra, e così che
cominciava un incontro spettacolare, una gioia per gli occhi di
qualunque
guerriero.
Un altro
lampo, ma questa volta non era dovuto ad un fenomeno atmosferico.
Mi
ritrovai nuovamente circondata dalla luce e trasportata lontano nel
tempo e
nello spazio.
Come
nella prima visione, la scena comparve lentamente d’innanzi a
me.
Mi
trovavo in un territorio perfettamente lineare, solo in lontananza
potevo
scorgere la cima delle montagne.
L’unica
struttura che interrompeva quella conformità era
un’arena, circondata da poca
gente.
Aguzzai
la vista e riconobbi quasi tutti.
Potevo
vedere il mostro che si ergeva al centro del campo da combattimento con
aria di
superiorità, potevo percepire la paura che, silenziosa e
pronta a colpire per
far cadere nel panico, aleggiava negli occhi dei guerrieri,
così come vedevo la
loro determinazione. Loro dovevano vincere quel torneo, a tutti i costi.
Non ebbi
problemi nel riconoscere Cell, nonno Satan me ne aveva parlato
ininterrottamente, descrivendolo nei minimi particolari.
Aveva
cercato di convincermi che lui era stato a sconfiggerlo.
Sorrisi,
mi faceva troppa pena, non potevo semplicemente dirgli che non gli
credevo
quindi, avevo fatto finta di abboccare alla sua bugia. Ricordavo ancora
il
lampo di felicità che gli era balenato negli occhi e in quel
momento, come
allora, mi ripetei che avevo fatto la cosa giusta.
Vedere
di persona quell’essere, però, non era la stessa
cosa che sentir parlare di lui
in un racconto che sembrava più una fiaba.
Gli
occhi di quell’essere incutevano timore a chiunque capitasse
di incrociarli, il
suo atteggiamento metteva in soggezione chi gli stava vicino e,
inoltre, la sua
aura era una delle più potenti che avessi mai sentito in
vita mia.
Guardai
i miei amici, come facevano a non farsi prendere dal panico di fronte
ad una
creatura simile?
Ma non
ebbi il tempo di rispondere alla domanda che mi ritrovai in un altro
luogo.
Per un
momento credetti di essere ancora dentro la luce.
Quel
luogo era del tutto bianco, privo di sfumature, nessuna forma di vita,
nessun
colore, solo e semplicemente il nulla, ma, in lontananza, potevo
scorgere uno
strano edificio.
Con
passo lento, mi avvicinai a quella che sembrava una casa senza porte e
fu così
che scorsi altri due sfidanti, no, non erano due ma tre.
Potevo chiaramente
sentire l’aura di due ragazzini dentro quell’essere
dai capelli neri e viola.
Erano
Trunks e Goten, stavano fronteggiando Super Bu.
Ma
quindi io mi dovevo trovare nella stanza dello spirito e del tempo!
Mia
madre mi aveva raccontato molto di quegli anni bui e trovavo
incredibile, ora
che potevo vederlo, che quel ragazzino dalla potenza micidiale si fosse
fatto
risucchiare da Majin Bu.
Percepivo
le loro auree, erano perfettamente pari.
Una non cercava
di sopraffare l’altra, anzi, si sostenevano, dando al
combattente una forza
strepitosa.
Ma la
scena non durò a lungo.
Andò a
rimpicciolirsi, sempre più velocemente, e io mi sentivo come
se qualcuno mi
stesse tirando verso di se con una forza spaventosa.
La testa
cominciò a dolermi e caddi in ginocchio portandomi le mani
al capo.
-Benvenuta-
disse una voce cordiale e simpatica.
Alzai lo
sguardo, lentamente, quasi avessi paura di quella persona.
Non
appena lo vidi in viso mi misi ad urlare.
-AHHH,
UN INSETTO!- mi allontanai di cinque metri buoni.
-Ah
Gregory, ti ho sempre detto che devi stare dietro di me e non farti
vedere dai
nuovi arrivati, sai, non
a tutti
piacciono gli animaletti.-disse mettendosi a ridere, come se avesse
fatto una
battuta.
-Animaletto
a chi?- chiese la libellula scocciata.
-Ma io
non parlavo di lui!- dissi allarmata indicando come una forsennata
quell’uomo –Ma
a lei!-
Angolo
dell’autrice
Ecco
un nuovo capitolo.
Cosa sarà successo a Pan e
dove sarà finita? (Mi sembro il narratore rompiscatole
capitan ovvio di Dragon
Ball xd)
Spero che il capitolo sia
stato di vostro gradimento, vi ringrazio di aver letto.
Aggiornerò il più presto
possibile, critiche e consigli sono sempre ben accetti!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Re Kaio ***
-C…c…come
sarebbe a
dire io?- chiese l’insetto gigante facendo l’offeso
e voltandosi dall’altra
parte.
Le sue lunghe antenne, il colore verde della
pelle e l’altezza alquanto ridotta lo facevano sembrare un
cavalletta
malformata, per non parlare di quei ridicoli occhiali da sole!
Ma osservandolo meglio, e constatando il suo
comportamento da umano, decisi di instaurare una conversazione con lui.
-Lei chi è?- chiesi rialzandomi da terra
cercando di non cadere nuovamente, il mal di testa cominciava a
passarmi.
-Sono il Re Kaio del nord, signorina.-
rispose lui, diventando improvvisamente solare e cordiale.
“Lunatico il vecchietto” pensai, ma dovevo
cercare di capire dove mi trovavo e non potevo rischiare
d’inimicarmelo ancora.
Annuì.
-Mi scusi per il mio comportamento, vostra
maestà.-
Lui sorrise. –Oh, ma allora i Saiyan non sono
tutti maleducati,- cominciò bonariamente –Che ti
fanno saltare il pianeta in
aria per salvare il loro!- ma concluse gridando come un pazzo agitando
i pugni
al vento.
Per la prima volta, diedi attenzione al luogo
che mi circondava e rimasi colpita nel constare che quella era una casa
scavata
nel tronco di un albero, inoltre, accanto vi era una specie
d’autostrada con
una sola corsia.
Cercai di vederne la fine, ma era del tutto
impossibile, sembrava che quella strada si estendesse per chilometri e
chilometri.
La cavalletta mi guardava senza dire nulla e
il silenzio tra di noi si fece
pesante.
-Cos’è?- chiesi curiosa indicando la strada.
-Ahhh- sospirò lui –Un tempo, molti anni fa,
portava al mio mini-pianeta.- sospirò nuovamente.
–Lì la vita era semplice;
potevo mangiare quel che mi pareva, urinare dove volevo, potevo
passeggiare a
piedi o con la mia auto, che tra l’altro è stata
distrutta da tuo nonno Goku-
in quest’ultima parte aveva alzato nuovamente la voce per poi
riabbassarla. –E
soprattutto, potevo contare i fili d’erba. E già,
proprio una bella vita!-
Lo guardai senza sapere che dire, non capivo
se mi stesse prendendo in giro o meno, ma avevo appena fatto un giro
per lo
spazio e indietro nel tempo, quindi non potevo di certo dire che stava
mentendo.
-Cosa ci faccio io qui?- chiesi esasperata.
-Oh, ti ho chiamato io. Sono stato io a
mostrarti il passato in modo tale da farti capire delle cose.- rispose
lui
enigmatico.
-Ma quali cose?-
Mi rispose in tono sbrigativo stavolta. –Ah,
voi giovani non sapete cosa sia la pazienza! Ogni cosa a suo tempo
signorina,
ogni cosa a suo tempo!-
-Senti cavalletta- non andavo molto famosa
per la mia capacità d’autocontrollo, forse era
dovuto al mio sangue Saiyan –Io
ho un compito sul pianeta Plant da portare a termine, non posso
permettermi di
perdere tempo a parlare con te, quindi ora rimandami a casa!-
-Oh, ti devi calmare, so io come posso
aiutarti.-
Lui stranamente non si offese delle mie
parole, anzi, mi sorrideva.
-Sai, mi ricordi proprio tuo nonno, forse usi
termini più offensivi di lui, ma mi ricordo che quando venne
qui la prima volta
aveva una gran fretta di andarsene. Comunque, passiamo alle cose serie.-
Si mise a ridere nuovamente e io lo guardai
con espressione interrogativa in viso.
-Non l’hai capita?- mi chiese.
Vedendo che non davo segno di risa si fece
buio in volto. –Ma com’è possibile che i
Saiyan non capiscano le mie
barzellette eh??-
-Ahahahah- cominciai a ridere, qualcosa mi
diceva che dovevo assecondarlo –Ma
quant’è spiritoso, Re Kaio?-
Mi sembrò soddisfatto. –Ah ecco, l’ho
detto
che mi sembrava troppo strano.- ritornò subito serio e con
le parole che disse
in seguito catturò la mia completa attenzione.
-So perfettamente quello che è successo alla
Terra e al Pianeta Plant, sono un Dio dopotutto, e so quali sono i tuoi
obiettivi. Quello che ti posso dire è che non ci riuscirai
mai se ti allenassi
su quel pianeta. Tanto per cominciare se provassi a fare un esercizio
nel quale
dovessi mettere un po’ della tua forza spirituale, verresti
subito
intercettata.- Rimasi colpita dalla sua affermazione, non ci avevo
pensato. –E
poi, non ti potresti allenare ugualmente al meglio perché ti
mancano i mezzi.
Puoi sopravvivere nella natura, questo è vero, ma non
riusciresti mai a
diventare più forte di quanto già tu non sia.-
Annuì, constatando che aveva
ragione. –Quindi ti allenerò io!- disse con tono
trionfante.
Io lo guardai dall’altro in basso.
-Mi scusi, ma lei non mi sembra molto forzuto
e io…-
-COME SAREBBE A DIRE CHE NON MI TROVI MOLTO
FORZUTO EH?- m’interruppe lui mettendosi ad urlare.
-Va bene, va bene, mi scusi!- dissi scuotendo
la testa come una pazza.
Con un colpo di tosse lui continuò. –Posso
farti una domanda? Non senti una certa pressione sulla pelle? Come se
pesassi
dieci volte di più…-
Io cominciai a muovermi, tanto per
controllare, effettivamente sentivo qualcosa.
Annuì –Ma lievemente, non poi così
tanto,
posso muovermi liberamente.-
-Ah bene, questa è una splendida notizia,
significa che sei molto più forte di tuo nonno quando venne
qui la prima
volta.-
-Senta, ma lei come conosce mio nonno?- lo
aveva nominato
diverse
volte, ma avevo cercato di capire cosa ci facessi in quel luogo e non
mi ero
preoccupata molto di come facesse a conoscere mio nonno e me.
Lui mi fece un sorrisone a trentadue denti e
fu, con suo immenso piacere, che mi raccontò
dell’incontro con uno strano
ragazzo, d’origine Saiyan, e dell’affetto che aveva
cominciato a provare per
quel giovane così gioioso.
Mi raccontò di tutte le sue avventure e fu
con un altro colpo di tosse che disse –Bene, volendo abbiamo
molto tempo a
nostra disposizione ma prima ci sbrighiamo meglio è. Tieni-
disse lanciandomi
un martello.
-E cosa ci dovrai fare?-
-Semplice, dovrai darlo in testa a Bubble e
Gregory- indicò la scimmia e la libellula. –Quando
riuscirai a colpirli
inizieremo l’allenamento. Ah una piccola cosa, dato che il
mio pianeta è
esploso per colpa di tuo nonno!- rialzò la voce e si
ricompose nuovamente
–Avrete a disposizione l’intero serpentone.-
Non appena finì la
frase rimase a bocca aperta. Avevo già colpito i suoi due
aiutanti che si
massaggiavano le rispettive teste, sulle quali erano già
spuntati due grossi bernoccoli.
-Ah, già! Dimenticavo, la gravità che ho
instaurato in questa parte del
serpentone per te non è abbastanza, ma io non posso
sopportare di più….-
parlottava a bassa voce, ma almeno capì il motivo per cui
sentivo una lieve
pressione.
-Ho trovato!- disse
lui sorridente. Ma non ebbi il tempo di dire nulla che un peso enorme
mi fece
cadere in ginocchio.
Mi guardai le braccia
e le gambe, erano rivestite da dei pesi.
Mi rialzai a fatica.
-Visto? Ora non sarà
così facile colpire Bubble e Gregory con un peso di dieci
tonnellate addosso!-
Angolo
dell’autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo.
Spero che vi sia piaciuto,
gravie per la lettura. Critiche e consigli sono sempre ben accetti.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** La fine del campione ***
-Non
sapete chi sono io? Io sono Mr. Satan, il campione dei campioni,
l’uomo più
forte dell’universo!-
Le
guardie erano arrivate troppo presto quella mattina, il dottore del
vecchietto
aveva visto le analisi del suo sangue.
Lui
sapeva che quell’uomo non aveva avuto la grazia, lui sapeva
che era ancora uno
sporco terrestre.
Guardava
soddisfatto l’operato delle guardie.
Lo
tenevano stretto, impedendogli di fuggire.
Lo
avrebbero scortato fino al palazzo reale, e, giunti a quel punto, il Re
avrebbe
deciso cosa farne.
Vi era
una lieve possibilità per quel buffone di salvarsi, ma
sicuramente il grande
Baby non lo avrebbe perdonato per non essersi fatto trasformare in un
essere
dall’intelletto di gran lunga superiore a
quell’umano.
Al
medico questo non dispiaceva. Aveva sempre considerato il
“campione dei
campioni” solo una ridicola icona che con gli anni sarebbe
diventata meno che
un ricordo.
L’auto
nera arrivò con cinque minuti di ritardo.
L’uomo
stava per dirgliene quattro ma si zittì.
Dalla
macchina era sceso Baby, il suo signore.
-V…v…vostra
maestà, sarei do…do…dovuto venire io a
portarvi il delinquente, non c’era
bisogno di scomodarsi.-
L’alieno
alzò una mano per farlo zittire e con un sorriso
rassicurante e fasullo disse
–Non ti preoccupare, questo caso è…
speciale, per così dire. Fate salire il
prigioniero nell’auto.-
Mr.
Satan venne spinto a forza all’interno
dell’abitacolo e fu con orrore che
riconobbe tutti i presenti.
Gohan,
Trunks, Goten, Chichi, Bulma, Bra e la sua Videl.
Ebbe una
fitta al cuore nel vedere il suo nipotino tra le braccia della madre.
Lo aveva
incontrato solo rare volte.
In molte
occasioni avrebbe dovuto e voluto vederlo, ma aveva sempre cercato
d’evitare.
Non
poteva permettere che scoprissero che non era infetto, ma ora lo
sapevano. Sentiva
la sua fine vicina.
-Nonno!-
disse il bimbo tutto contento gettandosi tra le sue braccia.
L’uomo
sorrise, con le lacrime agli occhi. Quanto gli era mancato il suo
nipotino?
Approfittò
di quei brevi istanti per abbracciarlo, cercando di fargli capire
quanto gli
dispiacesse della sua mancanza. Ma, infondo, era solo un bambino.
Ancora
non era stato sottoposto al trattamento che lo avrebbe fatto divenire
uno
tsufuro, a dimostrazione di ciò, vi erano i suo bellissimi
occhi azzurri.
Come si
aspettava, il genero glielo strappò dalle braccia e lo tenne
stretto a se.
-Papà-
disse Videl, per un attimo il vecchio sorrise, pensando che sua figlia
lo
avesse riconosciuto, ma lei lo guardava con occhi spenti, non suoi, e,
soprattutto, rossi come il sangue. –Ti dobbiamo parlare.-
Quando
Baby salì nella limousine e chiuse lo sportello sua figlia
continuò. –Dov’è
Pan? Sono molto preoccupata per lei, non la vedo da anni ormai.-
A quel
punto Mr. Satan capì, non volevano ucciderlo, non subito
almeno, volevano
estorcergli informazioni riguardo la sua adorata nipotina.
Scosse
la testa deciso –Non vi dirò nulla, morirei
piuttosto!- disse sicuro di se,
come non lo era mai stato dai tempi prima dello scontro con Cell e
dell’incontro
dei Saiyan.
-Questo
si può fare- disse Gohan creando una piccola sfera
d’energia. –Sai paparino,
durante l’allenamento nella stanza dello spirito del tempo,
ho scoperto che una
di queste armi può essere ingerita da un uomo ed ingrandirsi
all’interno del
suo corpo, fino a farlo esplodere dall’interno, ma questo
sporcherebbe la
tappezzeria dell’automobile e non voglio spaventare
così tanto il piccolino, ma
potrei ridurre la potenza della bomba e far esplodere solo i vari
organi
interni, oppure, posso decidere di farlo morire lentamente e in preda a
dolori
che nemmeno posso immaginare. Non ci ho mai provato con nessuno dei
miei
avversari. Mi sembrava troppo crudele. Ma sai- disse con sguardo carico
di
finta preoccupazione paterna –Si tratta di mia figlia qui e
chissà, potrei fare
anche una pazzia del genere. Un padre è disposto a tutto pur
di ritrovare la
propria bambina. Non è vero Videl?- chiese a sua moglie che
annuì.
L’uomo
sapeva che suo genero non sarebbe arrivato a tanto, ma i tentacoli
della paura
lo avvolsero ugualmente, non ne era poi tanto sicuro.
-Non so
dov’è!- disse disperato –Non ve lo direi
ugualmente, ma le ho detto di scappare
e nascondersi, non sarà facile per voi trovarla-
cominciò a ridere come un
pazzo.
-Ferma
la macchina- disse Baby all’autista.
–Videl,
Gohan, cari! Potreste scendere, non vorrei far impressionare il
bambino.-
-Certo
grande Baby- dissero portandosi una mano al cuore e lasciando Mr. Satan
da solo
con l’alieno.
L’uomo
cercò di farsi indietro, ma una poltiglia grigia
cominciò ad affiorare dagli
occhi scaltri e dalla bocca sorridente dell’alieno, facendolo
immobilizzare dal
terrore.
Un grido
e l’uomo più forte del mondo cessò
d’esistere, in vita restò solo il suo corpo
mentre la sua anima fu relegata in un angolo oscuro della sua mente.
Angolo
dell’autrice
Ed ecco a voi un
nuovo capitolo, spero che vi sia piaciuto.
Ho cambiato il
titolo della storia perché mi sono accorta che vi era
un’altra fan-fiction con lo
stesso nome.
Vi ringrazio per la
vostra attenzione, aggiornerò il più presto
possibile!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Conoscenti? ***
Quattromilauno,
quattromiladue, quattromilatre.
-Finalmente-
sussurrai, finendo le flessioni che mi erano state assegnate da Re Kaio.
Mi misi
a sedere a terra, con le gambe incrociate, fissando il mio allenatore,
divertita ed incuriosita.
Mi aveva
detto che, se fossi riuscita a finire quegli esercizi, mi avrebbe
svelato il
motivo per cui, tre mesi prima, mi aveva mostrato quelle visioni.
Sorrisi,
avevo fatto molti progressi dal primo giorno in cui ero arrivata su
quell’albero.
Ero
riuscita persino ad avvicinarmi, in maniera incredibile, alla
trasformazione in
Super Saiyan di primo livello, ma qualcosa mi aveva trattenuto dal
trasformarmi.
Il dio
aveva ipotizzato che il motivo fosse una mia assente determinazione, ma
su
questo ero stata irremovibile. Non c’era nessuno, in questo
mondo, più motivato
di me.
-Pan-
disse il vecchietto schiarendosi la voce –Sei stata molto
brava, in questi tre mesi
sei riuscita a sopportare un peso di cento tonnellate, tuttavia non sei
riuscita a superare il livello di tuo padre o di tuo zio. Mi dispiace
ragazza.-
disse con tono deluso.
-Fa
niente!- dissi scrollando le spalle –Sono sicura che nei mesi
avvenire
diventerò sempre più forte. Comunque, non mi
lasci sulle spine, mi dica il
perché mi ha fatto vedere quegli scorci del passato.-
Lui
scosse la testa e con un sorriso beffardo disse –Ho mentito,
non ti darò una
spiegazione fino a quando non sarai pronta. Ho usato la scusa solo per
spronarti con gli esercizi, anche se ora me ne rammarico…-
Sbuffai, non era il
primo tiro mancino che il maestro mi appioppava.
–Però ora credo che tu possa
tornare a casa. Ho finito con i miei insegnamenti.-
Restai
di sasso.
-E il
Kaioken? La Genkidama? –
-Sei
troppo giovane, devi imparare ancora troppe cose, sarebbe una pazzia
insegnarti
queste tecniche. Qui sei venuta solo per migliorare le tue
capacità.-
-Ma non
sono in grado di battere Baby, lo ha detto anche lei!- dissi disperata.
-Abbi
fiducia in te- la voce squillante di Gregory suonò al mio
orecchio
rassicurante. –Vedrai che raggiungerai i tuoi scopi- concluse
la libellula,
agitando inspiegabilmente la mano, come per salutarmi.
-MAESTRO
NON SONO PRONTA!- ripetei urlando, ma una ferrea morsa
m’imprigionò, facendomi
tornare indietro, verso un luogo che nemmeno io conoscevo, o almeno,
credevo di
non conoscere…
Un
dolore lancinante alla testa, la certezza di avere la faccia ed i
capelli zuppi
di fango.
Mi alzai
con un balzo sputando fango.
Guardai con
disgusto la pozzanghera sulla quale ero atterrata, avrei dovuto lavarmi
i
capelli non appena fossi arrivata a casa.
Ma dov’ero?
Certo che Re Kaio poteva mandarmi direttamente a casa! Invece no, ero
in un
luogo che sembrava dimenticato da Dio, per di più con cento
tonnellate di pesi
addosso interamente sporcati di fango.
Ci misi
un’ora buona per togliermi quei cosi, quando sentì
un grido agghiacciante di
una donna, poi, il suo pianto sommesso.
Corsi
verso quel suono, e fu con orrore che vidi degli uomini fare strage di
donne e
bambini.
-Uccidete,
pulite il mondo da questi abomini!- gridava quello che, probabilmente,
era il
generale.
Del
tutto immobilizzata, guardavo con occhi sbarrati quegli atti inumani.
Non ci
misi tanto a capire qual era la donna che avevo sentito gridare, teneva
stretto
a lei una vittima, un bambino.
A quel
punto decisi, Tsufuro o no che fossero, li avrei aiutati. Non potevo
sopportare
altre atrocità.
Con
sorprendente velocità mi lanciai tra la donna e un
proiettile, che andò a
colpire me.
Un passo
indietro, e quel piccolo metallo cadde ai miei piedi.
Guardai
con un sorriso il soldato che mi era di fronte.
Mi
lanciai contro di lui e con un pugno gli perforai lo stomaco da parte a
parte.
Alcuni
dei suoi compagni si avvicinarono e cominciarono a spararmi addosso.
Una frazione
di secondo e quelli caddero al suolo, privi di vita.
-Lei,
uccidetel- stava per gridare il generale, ma prima che potesse finire
la frase
lo misi a tacere, per sempre.
Presto
altri soldati mi vennero in contro.
Fu una
strage, non uno mi sopravvisse.
Mi
voltai in direzione di quella donna, mi avvicinai con passo lento e
deciso.
M’inginocchiai
e con la mano sfiorai il viso del bambino, potevo sentire la sua lieve
aura
abbassarsi di secondo in secondo.
La
rabbia m’inondò il cuore e il cervello mise da
parte i ragionamenti logici.
Non
provavo altro che desiderio di vendetta e rabbia, mista a puro odio.
I
capelli diventarono del colore dell’oro e gli occhi divennero
del colore del
mare in tempesta.
Sì, c’ero
riuscita.
Avevo
raggiunto quel livello tanto agoniato.
Sentivo
la forza scorrere in me, il mio sangue, il sangue di un popolo
assassino, non
faceva altro che ricordarmi le mie origini.
Ma
presto cominciai a provare qualcos’altro.
Sentivo il
disperato bisogno di giustizia per quella povera gente a cui era stata strappata via
la vita, perché,
dalle loro auree, capivo che erano ancora puri, intaccati da
quell’essere
mostruoso, e, per questo, condannati a morte.
Presa
dai miei pensieri, non mi ero accorta del tremore della donna che
teneva
stretto il bambino in fin di vita.
Le
lacrime mi pungevano gli occhi.
Avevo
raggiunto la mia trasformazione, ma non potevo fare nulla per
quell’essere in
fin di vita.
O forse
si?
Posai
entrambe le mani sul petto e mi concentrai al massimo, per dargli un
po’ della
mia forza vitale.
Non si
riprese se non di poco, respirava ancora a fatica.
-Maledizione-
sussurrai sbattendo i pugni a terra.
-Spostati
presto!- una mano calda mi fece muovere di alcuni centimetri e diede al
pargolo
un piccolo alimento dal colore verde.
Ma quello
era…
Alzai lo
sguardo e contemplai il ragazzo dalla pelle scura che guardava il
bambino,
pieno di speranza.
Riuscì a
calmarmi e tornai normale, riuscivo a controllare perfettamente la mia
nuova
forza.
Lui si
voltò e incrociò lo sguardo al mio.
–Pan?- chiese incredulo.
Angolo
dell’autrice
Ecco a voi un nuovo
capitolo.
Chi sarà mai il
ragazzo dalla pelle scura? E come farà a conoscere la nostra
eroina?
Spero che questa
parte della storia vi sia piaciuta. Vi ringrazio di cuore per aver
letto.
Aggiornerò il più
presto possibile.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Passeggiata ***
Sprofondai
negli occhi neri del mio interlocutore, qualcosa di estremamente
familiare
catturò la mia attenzione.
-Ahhhh-
spostai lo sguardo sul bambino, che, rumorosamente, aveva ripreso a
respirare,
e sorrisi.
Quello
era uno dei fagioli di Balzar, avevo ragione, ma quegli alimenti erano
spariti
insieme alla Terra.
-Dove li
hai presi?- chiesi al ragazzo.
Lui non
rispose alla mia domanda, mi guardò a
lungo, facendomi sentire a disagio.
-Mi vuoi
rispondere?- chiesi scocciata.
Si
riscosse. –Oh, scusa. Ma non ti ricordi di me?- chiese ancora
eludendo la mia
domanda.
Lo
osservai più attentamente. –Effettivamente mi
ricordi qualcuno… Ma sì, tu sei
Uub! L’allievo di mio nonno!-
Sorrise
tristemente. –Sì, sono io. Tu sei sua nipote, non
è vero?-
Annuì,
perlustrando il territorio con lo sguardo.
-Scusa
di nuovo, ma non c’è tempo per chiacchierare, dopo
magari.- disse alzandosi e
dirigendosi verso altre persone.
Mi
chiesi da dove venisse tutta quella gente, non c’erano case
nei paragi. O forse
no?
Rimasi
basita.
Le case
erano sugli alberi!
I vari
rami s’incrociavano tra di loro e permettevano di scavarci
dentro, senza però
far vedere nulla da fuori.
Erano
del tutto ricoperti da foglie, mi accorsi della loro esistenza per via
di una
scaletta che dava su una porta.
Non
sapevo che nome avessero, sulla Terra non esisteva niente del genere.
Guardai
Uub al lavoro.
Aveva
già fatto riprendere un bel po’ di gente.
-Maledizione!-
lo sentì imprecare e mi avvicinai.
-Cos’è
successo?-
-Non ho
abbastanza fagioli, me ne mancano due.-
Tremava
dalla rabbia.
Guardai
i fragili corpi di due anziani, marito e moglie, che giacevano a terra
esanimi,
privi di forze.
-Dove si
possono trovare?-
Lui alzò
lo sguardo verso di me.
- E’
difficile prenderli-
-Ma
moriranno!- sussurrai.
Sbuffò,
non era seccato ma addolorato. -Voi!- indicò due uomini
sulla trentina –Portateli
nell’infermeria, sarò di ritorno tra poco.
Nascondetevi- Poi si rivolse a me. –Vuoi
venire con me? Ti spiegherò tutto.-
Annuì
sicura.
Cominciammo
ad allontanarci da quel piccolo accampamento, camminando tra i cespugli
e le
erbacce.
L’odore
dell’erba m’inebriò le narici, mentre
l’aria mi carezzava la pelle e il sole mi
riscaldava, mentre penetrava nella fitta vegetazione, con molta fatica,
illuminando solo scorci del luogo.
Non
parlai, aspettai che Uub si decidesse a farlo.
-Siamo
qui da molto.- quelle parole non arrivarono con nessun preavviso, ma
non mi
sorpresero. -La gente cominciò ad abitare questa foresta
dopo l’arrivo di Baby.
In molti li ho salvati io stesso, la maggior parte, più o
meno.- Continuai ad
ascoltarlo. Mi piaceva il suono rassicurante della sua voce. -Insegnai
loro a
cacciare, a costruirsi i beni di prima necessità, in modo
tale che, se mi fosse
successo qualcosa in futuro, loro avrebbero saputo arrangiarsi. Per ora
sono
sotto la mia protezione.-
Sorrisi,
era una gran prova di maturità, ma subito pensai
all’attacco di pochi minuti addietro.
-E prima?-
chiesi con fare inquisitorio –Perché non eri
lì a proteggerli?-
Incrociò
il suo sguardo al mio, incatenandomi, impedendomi di guardare altrove.
-Per
quanto possa aver insegnato loro, la vita moderna si fa sempre sentire.
Servono
altri beni che in natura non si possono trovare. Ed è per
questo che ero via.
Vado in città per comprare abiti, cibo e così
via.-
Aveva un
espressione sbarazzina sul viso, come se fosse stato un ragazzino
sorpreso a
fare qualche marachella.
-Comprare?-
ripetei divertita.
Lui
arrossì. –Non è che mi piaccia. Ma devo
badare a questa gente, e, se rubare è l’unica
cosa che mi permette di farlo, ben venga.-
Non
dissi nulla. Si vedeva che il suo animo era puro, come quello dei pochi
terrestri rimasti. Mi sembrava strano che non ci fosse una pecora nera,
di
solito una ve ne era sempre.
-Dove
stiamo andando?- chiesi, constatando che ero costretta a seguire lui.
-Al
palazzo del supremo.- Lo guardai storto e lui rise. –Dopo la
distruzione della
Terra, Baby ha voluto portare alcune sue usanze anche su questo
pianeta. Ha
costruito il palazzo in mezzo a questa foresta. Nessuno viene mai
perché
credono che sia un luogo abitato dai fantasmi.-
concluse con faccia e tono
della voce lugubri.
-Ma se
nessuno viene a pregare perché non lo ha abbattuto?-
-Perché Balzar
si è trovato bene lì.- lo guardai come se mi
stesse prendendo in giro.
-Solo
per questo? A me non sembra che Baby voglia far stare bene le persone.-
-I suoi
simili sì però, e come.-
-Anche
lui è?- avevo fatto quella domanda tanto per darmi una falsa
speranza. Tiravo
avanti così da un bel po’ d’ anni ormai.
-Sì,
anche lui.- Ecco! Questa era la dimostrazione che la dovevo finire di
sperare
nell’impossibile.
-Quindi andiamo
a “comprare” i fagioli, giusto?- dissi ridendo per
smorzare la tensione.
Lui mi
fece l’occhiolino. –Possiamo definirlo
così, ma vedi, ho un infiltrata.-
-Ah si?
E chi è?-
-Ti do un
indizio. Ha gli occhi del color del ghiaccio e corti capelli biondi, e
in più è
immortale.-
Lo
guardai di sbieco.
Non
conoscevo nessuno combaciante a quella descrizione, la mia amica
Marron, un
tempo forse, poteva essere descritta in quel modo, apparte per
l’imortalità.
Ma il
rosso aveva intaccato i suoi occhi azzurri che tanto mi mancavano.
Un altro
paio di passi, e fra la folta vegetazione cominciai a distinguere le
mura di un
edificio…
Angolo dell’autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo che, spero, abbia chiarito
molti punti dell’intera faccenda.
Vi ringrazio per aver continuato a seguirmi.
Aggiornerò presto J
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Convivenza? No, grazie. ***
D’innanzi
a me si ergeva un palazzo di dimensioni immani.
Troneggiava
sulla foresta e la sua imponenza mi faceva sentire piccola.
In quel
momento mi chiesi cosa stessi facendo, in cosa mi stessi cacciando e
perché non
ero rimasta nascosta sul pianeta di Re Kaio.
Scossi
la testa, quello non era da me.
Io, Pan
Son, non mi sarei mai arresa. Sarei andata avanti nella mia folle
missione,
fino a quando sarei stata certa che l’umanità
potesse ritornare tra la gente.
L’entrata
dell’edificio era costruita con una
lega
molto simile all’oro, ma, sicuramente, non era quello il
materiale.
Disegni
floreali erano incisi ai lati della grande porta mentre vere piante si
intrecciavano alle colonne.
Inoltrata
in quel luogo, dove la mano degli Tsufuro non era arrivata, era quasi
del tutto
impossibile scorgerla, ma ero certa che, dal punto più alto
della città, quella
magnificenza si vedesse come una grande prova del potere di Baby.
Strinsi
i pugni.
Mi
sembrava di essere stata chiusa in una cantina per anni.
E, in
effetti, era stato così.
Avevo
trascorso anni ed anni segregata in casa di mio nonno.
Presto
avevo finito di guardare il televisore, i film.
Mi ero
solo dedicata alle lezioni che Majin Bu m’impartiva
(incredibile come quel
demone sapesse così tanto sugli studi umani) e alle arti
marziali.
Uscivo
di rado, e spesso mi ritrovavo nei guai per via dei miei occhi neri,
che spesso
non coprivo con delle lenti come faceva mio nonno, o dalla coda.
Sorrisi.
Le
guardie mi davano la caccia per l’intera città, ma
ai riuscivano a trovarmi.
Questo
faceva infuriare il mio povero nonnino, ogni volta che rientravo, dopo
i primi
cinque minuti di ramanzina la smetteva e ritornava ad essere tutto
zucchero e
miele.
Forse
sapeva che avrebbe dovuto lasciarmi andare presto e per questo ci
passava sopra.
Un
passo.
Era
fluido, sinuoso e incredibilmente leggero.
Le
grandi porte si aprirono e una donna dalla bellezza glaciale ci
guardò
dall’alto in basso.
Era
C-18, la madre di Marron.
Sospirai,
potevo anche immaginarmelo, ma rimasi sull’attenti, Uub si
fidava, ma quegli
occhi rossi come il sangue non mi piacevano.
Lei
sbatté un paio di volte le palpebre e un lieve tremore la
percosse, quando li
riaprì erano del consueto azzurro ghiaccio.
- Com’è
possibile?- chiesi a Uub stringendogli il braccio.
- Ahia-
si lamentò lui come un bambino.
-Sono un
Cyborg, ho il perfetto controllo della mia mente, niente può
intaccare il
computer che ho nella testa.- si scostò i capelli biondi
dall’orecchio e mi
sorrise, per rassicurarmi.
-Neanche
delle uova aliene all’interno del tuo corpo?- chiesi acida.
-No,
nemmeno quello- disse.
Il
sospetto su di lei non mi passò ma decisi di fidarmi del mio
nuovo compagno di
viaggio.
Ci
inoltrammo all’interno dell’edificio, ma prima mi
voltai per dare un’ultima
occhiata alla luce del sole.
L’interno
di quel luogo era l’opposto di quel che vi era fuori.
La puzza
di muffa invadeva le narici e il buio totale impediva la vista, il
pavimento
era scivoloso e irregolare, sicuramente qualche mattonella era rotta.
Per
distrarmi cominciai a pensare alla mia trasformazione.
Avevo
aspettato così tanto e avevo sperato di raggiungerla durante
l’allenamento di
Re Kaio, ma le cose spesso non arrivano nella maniera in cui tu te lo
aspetti.
Un nodo
alla gola -Uub- sussurrai –Quando ero al villaggio ho
aumentato la mia aura,
forse mi hanno sentita!-
Lui, con
mio sollievo, scosse la testa –In quella parte della foresta,
l’aura è come
bloccata, non può fuoriuscire. L’ho scoperto molto
tempo fa, quando mi nascosi
qui per la prima volta.-
Il
rimbombo dei nostri passi era tutt’altro che gradevole,
rabbrividì.
-Siamo arrivati-
annunciò la voce fredda della donna, fermandosi
all’improvviso.
Nell’oscurità
potevo scorgere una porta.
-ATTENTA!-
sentì Uub spingermi di lato per poi cadere a terra, mi
guardai attorno cercando
di capire cosa stesse succedendo.
Sentì un
vetro andare in frantumi, e i raggi del sole illuminarono il tutto.
Un
ometto basso, grasso e vecchio, dal passo pesante e vestito
d’arancione con una
spada legata alla vita, teneva tra le mani un’arma simile ad
una pistola.
Guardai
Uub steso sul freddo pavimento, sul collo vi era un ago.
L’ometto
stava per sparare nuovamente, ma ciò, ora che lo avevamo
visto, era inutile.
Non ci avrebbe mai presi.
Fu un
attimo.
La testa
del vecchio cadde rumorosamente a terra, seguita dal suo corpo.
Restai
immobile, né io né C-18 ci eravamo mosse.
-Hey
sorellina!- un ragazzo incredibilmente simile alla madre di Marron, si
fece avanti
con un sorriso sulle labbra.
Sentì la
donna alle mie spalle sorridere. –Ci stai prendendo gusto con
le decapitazioni,
non è vero fratellino?-
Lui
scrollò le spalle. –Non ce ne sarebbe stato
bisogno se tu fossi stata più
attenta. Devo ammettere che un po’ mi dispiace per Jirobai-
Lei per tutta
risposta fece un verso che sembrava una via di mezzo tra un ringhio e
una
dimostrazione di fastidio.
-Come
siamo suscettibili.- disse ancora lui.
-Piantala,
sono stufa. Devo dare a questi ragazzi dei fagioli-
Li
guardai scioccata mentre litigavano, se ne stra fregavano di Uub,
disteso
inerme al suolo.
-Hey, mi
volete dare una mano?-
- Mmh?-
dissero in coro.
- E’
svenuto!-
-Tranquilla,
qualunque cosa sia si riprenderà presto. E’ la
reincarnazione di Majin Bu e,
inoltre, si è gia fuso con lui, non ci vorrà
nulla ad eliminare la parte
infetta, per lui. Ringrazia piuttosto che non abbia preso te.- disse la
bionda
chinandosi e staccandogli l’ago dal collo.
-Ok… -
dissi incerta, sollevandolo per potarlo in braccio.
Lei alzò
gli occhi al cielo ma non disse nulla.
-Aspetto
fuori.- aggiunsi seccata. I gemelli annuirono.
Quando
uscirono dalla camera mi diedero un sacchetto.
- E’
pieno di fagioli, fanne buon uso-
-Grazie.-
dissi fredda, ma per quanto strano possa sembrare, ero riconoscente per
l’aiuto
che mi avevano dato.
Camminai
a lungo, ma alla fine riuscì a ritrovare il villaggio.
-Cos’è
successo?- la gente mi venne incontro quando vide Uub fra le mie
braccia.
-Niente,
un piccolo incidente, si riprenderà presto.-
-Portatelo
in casa sua, sbrigatevi!- ordinò un uomo sulla trentina.
Consegnai loro Uub e
respirai un po’ d’aria, dopo tutto ero davvero
stanca.
Una
bambina mi si avvicinò e mi tirò la maglietta per
attirare la mia attenzione.
-La mia
mamma ha detto che sei la benvenuta, tutti al campeggio hanno detto che
ti ringraziano di cuore. Resterai qui?-
Restai
di sasso.
Ero
felice che mi avessero accettato tra di loro, ma quella bambina aveva
definito
il villaggio un campeggio.
Che fosse
questo la motivazione con cui spiegavano ai bambini
l’allontanamento dalle
città?
Sospirai,
sicuramente era meglio della versione ufficiale.
-Dì loro
che mi fa piacere e che li ringrazio a mia volta tanto. Ma credo che
qui sarei
un peso. Insomma- aggiunsi per rendere la scusa convincente
–Non possono
ritagliarmi un albero.-
-Invece
si, invece si!- disse la bambina sorridendo. –Ha casa del
capo scout, già le
grandi hanno preparato tutto.-
Una
vampata di calore mi attraversò il viso, che intendesse a
casa di Uub?
La cosa
era del tutto fuori questione, ma poi pensai alle sue condizioni.
Non
potevo di certo abbandonarlo ora.
Stupida
coscienza!
Angolo dell’autrice
Ecco un nuovo capitolo, più introspettivo.
Purtroppo ancora di azione non c’è nemmeno
l’ombra, però
posso assicurarvi che la storia avrà dei risvolti
assolutamente imprevedibili. Come avrete notato, ho apportato dei
cambiamenti rugardo ai Cyborg e al modo in cui Uub si è fuso
con Majin Bu, quest'ultima cosa verrà approfondita nel
prossimo capitolo.
Aggiornerò presto :)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Normale ***
Restai
di stucco quando misi il piede all’interno
dell’albero.
Era una
cosa piccola ma confortevole, sicuramente era stata costruita
appositamente per
il campeggio.
Dal
marchio di fabbrica della Capsule Corporation tutto quel lusso non mi
sembrava
poi così inverosimile.
Alla mia
sinistra vi erano due letti, notai che Uub non c’era, forse
era in infermeria,
e alla mia destra un piccolo cucinino accanto al quale vi era una porta
che
dava sul bagno.
Il
sonoro splash che avevo fatto entrando mi aveva subito ricordare le mie
scarpe incrostate
di fango.
-Dovrei
andare a fare una doccia.- dissi alla donna che era dietro di me.
-Tieni
questi vestiti, me ne sono accorta, dammi almeno
l’impermeabile e le scarpe,
sporcherai meno di quanto già tu non abbia fatto.- rispose
acida.
-Va
bene.- dissi consegnandole la roba.
-E
quella cos’è?!-
Indicava
la mia coda come una forsennata.
-Nulla!-
dissi entrando in bagno e sbattendole la porta in faccia, che
impicciona.
Mi
guardai allo specchio, potevo essere scambiata per Calimero.
Dopo una
doccia ristoratrice mi vestì di corsa, volevo andare a
vedere come stesse Uub,
ma non appena aprì la porta lo vidi disteso sul letto,
addormentato.
Mi
avvicinai il più silenziosamente possibile e lo osservai
dormire.
In
effetti anche io ero stanca, sbadigliai, ma non avevo intenzione di
dormire.
Gli
scostai una ciocca di capelli dal viso, non resistetti, mi sembrava un
bambino.
Lui
sgranò gli occhi e mi bloccò la mano, mi
guardò e la lasciò andare.
-Scusa-
disse diventando tutto rosso. –E’ mia abitudine
stare sempre in allerta-
-Fa
niente.- dissi sorridendogli, ma ritornai subito seria, una domanda
sulla punta
della lingua.
- Com’è
che sei finito qui?-
Rimase
spiazzato dalla mia domanda, non se lo aspettava, ma mi
accontentò
rispondendomi.
-Stavo
scappando da Baby, molti anni fa lo avevo sfidato, subito dopo la
scomparsa di
tuo nonno.-
Sospirò.-
Era troppo forte per me. Mi sdoppiai, è una delle tecniche
che ho imparato dopo
la fusione con Majin Bu, e riuscii a scappare.-
-Hai
provato a fare una fusione? E non vi siete più sciolti?-
Lui
scosse la testa, facendomi incuriosire.
-Io sono
parte di lui e lui è parte di me. Sapevamo entrambi che la
fusione non sarebbe
potuta più essere sciolta.-
-Hai
scoperto in questa occasione le potenzialità di questa
foresta?-
Annuì. –Sì,
dovevo volare il più lontano possibile dal luogo dello
scontro, il più velocemente
possibile. Avevo cinque Saiyan che mi rincorrevano e un muso verde.-
-Sai che
Junior si arrabbia se lo definisci così- dissi lanciandogli
un cuscino, non mi
sembrava poi così debole.
Lui
rise. –Ah, dimenticavo, tu sicuramente lo conoscevi. Comunque
ero troppo
spaventato. Non riuscivo a ridurre la mia aura né a
controllare gran parte
delle mie tecniche. Non capivo il motivo, fatto sta che mi sono
nascosto in
questa foresta. Per tre giorni Baby continuò a cercarmi, ma
non mi trovò.
Perciò ho concluso che in questa foresta l’aura
non possa essere percepita. Non
ho sentito nemmeno te trasformarti, quindi credo che la mia teoria sia
convalidata.-
Il suo
sguardo si posò sulla mia coda.
-Sai,
non ho mai visto uno di voi con quella.- Lo guardai di traverso,
imbronciata. –Mi
piace.- Disse sorprendendomi.
Mi
chinai verso di lui.
-Bugiardo.-
dissi ridendo.
Lo contagiai.
–No sono serio.- riuscì
a dire tra un
singhiozzo e l’altro.
-Certo,
certo.- lo liquidai, cercando di nascondere il sorriso.
Era la
prima volta, dopo anni, che mi sentivo così bene, libera da
tutti i pesi, con
la possibilità di essere una ragazza come tutte le altre,
anche se solo per
poche ore.
-Come
stai?- chiesi.
-Bene.-
rispose lui. –Con qualche ammaccatura ma tutto apposto.-
-Era
solo una siringa!-
-Forse
tuo nonno mi ha trasmesso qualche fobia, oltre che degli insegnamenti.-
Tre
colpi secchi alla porta.
-Credo
che questo sia tuo ragazzina!- disse un ragazzo entrando e
lanciandomi…
Gil?
-Hey!-
Salutai il robottino che, tutto felice, si era messo a mangiucchiare
quello che
sembrava un forno a microonde posto vicino al cucinino.
-Hey
Josh!- salutò Uub.
-Come
stai capo scout? Perché non ci raggiungi alla festa?-
-Vero,
oggi è il tuo compleanno! Scendo immediatamente, avete
già messo la musica?-
-Certamente!
Sbrigatevi a scendere.- Il suo sguardo si posò su di me.
–O vuoi stare con la
tua nuova ragazza scimmia?-
-Non
sono una scimmia!- dissi trattenendomi dal dargli un pugno in faccia.
-Però la
sua ragazza lo sei- Disse prendendomi in giro.
-NO-
dissi urlando, avvicinandomi a lui per ucciderlo.
-Stiamo
scendendo Josh, se vuoi restare in vita ti conviene scappare.-
-Ok
compare.- Sparì così com’era arrivato,
scendendo le scale, di corsa però.
-Sono
tutti in questo modo?- chiesi avvicinandomi alla porta.
-Più o
meno.- rispose lui cambiandosi la maglietta.
-Non
potevi aspettare che uscissi?- non riuscivo a staccare gli occhi dai
suoi
perfetti e abbronzati addominali.
-Ti
disturbo?- chiese lui, beccandomi ad osservarlo con la bava alla bocca
(figuratviamente,
non mi sarei mai messa a sbavare di fronte a lui)
-No.-
dissi alzando un po’ troppo la voce.
-Pan-Tutta-Rossa-Imbarazzata-
annunciò Gil con la sua voce meccanica.
-Non è
vero.- dissi aprendo la porta e scendendo dall’albero con un
balzo.
La
musica non era molto alta, non mi sarei mai aspettata di vedere un
impianto
stereo di quelle dimensioni.
-Posso
suonare qualcosa io?- chiese una ragazza alta e magra, dai lunghi
capelli
biondi.
Poteva
avere all’incirca la mia età.
-Qualcosa
col piano!- disse Josh mettendole un braccio attorno alla vita per poi
azionare
con l’altra mano una capsula oplà.
-Non
credo che a qualcuno piaccia il piano.-
-A me
si, e poi è solo una canzone no?E inoltre il festeggiato
sono io. Per il resto
della serata ascolteremo solo canzoni Rock se ti va.- Lei gli diede
un’occhiata
di sbieco, ma si sedette e cominciò a suonare…
Speechless.
Mi sedetti
sulla fredda terra che man mano veniva riscaldata
dal fuoco e mi lasciai trasportare
da quella melodia.
Era
strano vedere la tecnologia mischiata alla natura, ma mi andava bene.
Mi
sembrava che tutto fosse in equilibrio.
-Hey.-
disse Uub sedendosi accanto a me. La canzone ancora non era finita.
-Ti
piace?- dissi indicando il piano.
-La
ragazza? Si non è niente male.- Disse lui scherzandoci su.
Gli lanciai
un occhiataccia e lui ritornò serio.
-La
canzone è molto bella.- disse lui abbassando il tono di voce
parola per parola.
Sentì l’improvvisa
esigenza di essergli più vicina, di assaporare le sue
labbra, sentirne il
sapore sulla lingua.
Avvicinò
il suo viso al mio e le nostre labbra si unirono.
Posai le
mie mani sulle sue spalle e schiusi le labbra, in attesa di
approfondire quel
bacio…
-Oh ma
come siete carini!-
Il
sangue mi si gelò nelle vene e il tempo sembrò
fermarsi.
Uub
scomparve dalla mia vista, come il resto del mondo.
Vi
rimase soltanto la persona che mi era di fronte.
Lampi d’azzurro
lottavano con lampi di rosso nei suoi occhi e, mentre questi
combattevano
incessantemente, un colore più oscuro stava per predominare
su tutto.
Il
colore degli occhi del Super Saiyan.
Il cuore
prese a battermi violentemente e delle lacrime mi appannarono gli
occhi, non le
avrei mai fatte scendere.
Trunks
mi guardava prima imbambolato e poi con scherno, prima scosso dai
tremori e poi
immobile.
-Trunks
io…- cercai di parlare ma subito venni interrotta dalla voce
severa di mio
padre.
-Non mi
aspettavo che mia figlia fosse una poco di buono, ma cosa ho fatto di
male?
Menomale che posso rimediare il mio errore, devo ringraziare
l’innocuo
robottino-
Mia
madre si limitava a guardarmi delusa.
-Baby ti
avrebbe accettato, nonostante le tue schifose origini. E, invece, cosa
hai
fatto? Lo hai rinnegato. Spera in un suo perdono, o muori.-
Non
avevo mai visto lo zio Goten parlare in quel modo.
Una
morsa gelida mi pervase lo stomaco.
Mi
guardai attorno, la gente era già riversa a terra, senza
vita. A fare il lavoro
sporco erano stati Bra e Baby.
-Andiamocene.-
sussurrò Uub mettendomi la mano sulla spalla per
teletrasportarmi insieme a lui,
Dende solo sapeva dove.
Non mi
preoccupai di come sapesse utilizzare quella tecnica, ero solo grata,
in quel
momento, che lui la conoscesse.
Angolo
dell’autrice
Ecco un nuovo
capitolo, spero che vi sia piaciuto.
Dove saranno
diretti Uub e Pan? Che fine avranno fatto? (Ritorno ad essere il
conduttore
capitan ovvio di Dragon Ball)
Essendo una fan,
anzi, non una fan, una little monster non ho resistito dal citare una
canzone
di Lady Gaga, Speechless http://www.youtube.com/watch?v=_7HvURBhMGE
ecco il link.
Ringrazio di cuore
tutti coloro che hanno messo in una delle tre liste la storia e chi
recensisce.
Grazie mille, alla
prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Alleanza ***
Cadeva
la morte su coloro che incontravo.
Occhi di
sangue, sguardi assassini, avevano posato la loro attenzione su di me.
Non mi
restava che scappare, fuggire alle loro fredde mani e pregando che esse
non mi trovassero
mai.
Con la
testa sprofondata nelle mie ginocchia non mi guardai attorno.
Non m’interessava
sapere cosa mi circondava, volevo solo tornare a casa, farmi cullare
dalle
calde braccia di mia madre e pensare di essere solo
un’innocente.
Ma il
manto erboso sul quale ero seduta e l’aria fredda e umida
della foresta fece
presto scomparire quel desiderio, per lasciare al suo posto il vuoto.
-Pan
aspettami qui.- La voce atona di Uub mi giunse all’orecchio
come quella di uno
sconosciuto.
Chiusi
gli occhi, e presto un torpore, che feci fatica a riconoscere come
quello del
sonno, s’impadronì di me.
Gli
occhi di ghiaccio del ragazzo si posarono su Uub.
Freddi,
calcolatori, analizzavano ogni suo minimo movimento.
-Non può
andare vanti così.- disse quello, in preda alla
disperazione. –E’ già la terza
volta che succede.-
-Hai mai
pensato di non accogliere degli intrusi?- disse C-18, incurante del
dolore che
il giovane provava.
-Era Pan,
non potevo non accoglierla…-
-Ah
braccia fin troppo aperte direi.- lo interruppe il Cyborg dai capelli
neri.
-Si è
trasformata, ci può aiutare.-
-A fare
che? Anche Vegeta si era trasformato la prima volta che ci siamo
incontrati, ma
si è piegato come un ramoscello. I Super Saiyan non sono poi
tutto questo granché.-
-Non è
come pensi tu C-18, ha un grande potenziale, ne sono certo. Se voi due
vi
allenaste con noi avremo qualche possibilità in
più di migliorare! Non volete
tornare a vivere le vostre vite?- Vedendo che nessuna delle due
macchine
proferiva parola continuò.
-C-18,
non ti manca il tuo Crilin? E non dico quello Tsufuro che ti vede solo
come un
oggetto. E a te, C-17, so che non hai mai avuto rapporti con tua
nipote, ma non
puoi ignorare l’affetto che tua sorella prova per lei. Non ti
dispiace vederla
così diversa?-
Un lungo
silenzio, per quell’attimo tutto giacque.
Sembrava
che l’universo stesso attendesse la risposta dei gemelli.
-Non
miglioreremo di molto.- disse C-18. –Ma questa vita non ha
senso, quanto vale
provarci.-
-Così si
parla!- Disse Uub rallegrandosi. –E tu?-
Il moro
annuì. -Lasciamo questo posto, qui l’aura
è percepibile, e non vorrei dover far
fuori anche Balzar.-
Così i
tre interlocutori scomparvero alla vista, ma non sapevano che
l’anziano gatto
aveva visto e sentito tutto…
Una
pioggerellina leggera mi solleticò il volto.
Aprì gli
occhi.
-AH-
stavo per aprire la bocca per urlare ma una mano me lo
impedì.
Trunks
mi guardava calmo, rilassato.
Se
pensava di uccidermi non gliel’avrei data vinta
così facilmente.
Mi
piegai su me stessa e riuscì a dargli un calcio ad una
costola, riuscì a
liberarmi dalla sua presa e mi trasformai.
Eravamo
più o meno sullo stesso livello, io non dovevo far altro che
aspettare Uub.
Ma
qualcosa mi fermò dall’attaccare nuovamente.
Restando
in posizione di difesa lo vidi sorridermi, anche se era molto teso.
-Cosa
vuoi?-
-Nulla.-
disse lui avvicinandosi.
-Sta
indietro.-
-Tu lo
vuoi?- disse facendo un altro passo avanti.
Rimasi
immobile costatando il colore dei suoi occhi.
Azzurri.
-Sei
tu?- dissi incredula. –Sei proprio tu?-
Lui
sorrise e mi lasciò senza fiato. –Certo che sono
io! Non ricordi Pan? Durante
le avventure nello spazio sono riuscito a resistere a Baby, nonostante
lui
fosse entrato dentro di me.-
Fece un
altro passo e a quel punto gli saltai addosso e gli misi le braccia al
collo.
Lui
cominciò a baciarmi con foga, sorprendendomi.
Mai ci
eravamo permessi più di un abbraccio.
Sentì le
sue braccia stringermi a lui, stretta.
No, ero
troppo stretta!
-Lasciami!-
cercai di urlargli ma l’aria stava già
abbandonando i miei polmoni mentre il
sorriso di Trunks si trasformava in un ghigno spietato e gli occhi
tornavano
del consueto rosso sangue.
Aprì gli
occhi prendendo quanta più aria mi era possibile.
-Era
solo un sogno, era solo un sogno.- Cercai di ripetermi ad alta voce.
-Oh, si
è svegliata finalmente! Hey Uub, parla anche da sola, non
sapevo che ti piacessero
le squilibrate.-
Guardai
prima C-17 e poi C-18, poi Uub con aria interrogativa.
-Ti
dispiace se ci danno una mano?-
Cercai
di riprendere il controllo di me stessa.
-NO,
ovvio! Avremo qualche possibilità di migliorare.-
-Bene.-
m’interrupe C-17. –Perché dobbiamo fare
una cosa molto importante. Dobbiamo
entrare nel palazzo reale, e tu ci servirai.-
Tutti e
tre mi puntarono lo sguardo addosso.
-P..perché?-
balbettai.
Angolo dell’autrice
Ecco un nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto.
Stiamo per entrare nel vivo della storia!
Come si svolgeranno gli allenamenti? E cosa vorrà fare C-17
nella tana del nemico? Lo scopriremo nella prossima puntata! (Ok la
finisco xd)
Sono contentissima che continuiate a seguirmi.
Aggiornerò presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Piano ***
-Grinta,
determinazione, voglia di vincere. Questi attributi spettano a dei
guerrieri
superficiali, combattenti che lottano solo, esclusivamente, per se
stessi. Questi
sono attributi che ci devono essere, ma solo in minima parte. Tu devi
pretendere di più da te stessa. Una delle cose
più importanti che pretendo che
tu impari è il sacrificio.-
Scoppiai
a ridere, ma cercai di smetterla. Avevo offeso Uub.
-Scusami-
dissi tra un singhiozzo e l’altro –Ma non ti ci
vedo proprio in questo ruolo.-
Lui si
rilassò. –Ad essere sincero nemmeno io, ma voglio
che tu mi prenda seriamente.
Queste sono le parole che Goku mi ha detto prima di cominciare il mio
addestramento.-
Riuscì a
zittirmi del tutto e ritornai seria.
-Ok.-
-Voi due
avete finito?- C-17 ci fissava, impaziente di cominciare.
-
D’accordo.- cominciò C-18 facendoci zittire.
–Crilin mi ha detto che, quando
Goku e Gohan uscirono dalla stanza dello Spirito e del Tempo rimasero
molto
tempo trasformati in Super Saiyan. Non ne conosco il motivo, ma posso
supporre
che sia per aver maggior controllo su se stessi. Questo è
quello che dovrai
fare. Trasformati!-
Non me
lo feci ripetere due volte.
Chiusi
gli occhi e strinsi i pugni, concentrandomi.
Ricordai
mio padre che mi diceva quanta rabbia aveva dovuto provare per riuscire
a
divenire un Super Saiyan di secondo livello, e allora decisi di
lasciarmi
travolgere dall’ira che provavo verso Baby e
riuscì a trasformarmi per la
seconda volta.
-Sicuri
che la mia aura non possa essere percepita al di fuori di questa
foresta?-
Tutti e
tre annuirono.
-Cominciamo.-
Disse C-18.
In una
frazione di secondo si ritrovò di fonte a me.
Parai il
suo pugno, non senza difficoltà, ma, dopo, dovetti fare i
conti con un altro
avversario, C-17 era alle mie spalle.
I
gemelli cercarono di colpirmi con un calcio concatenato,
riuscì ad evitarlo, ma
una gomitata mi colpì in faccia, scaraventandomi a terra.
Mi
rialzai immediatamente, cercando di essere il più veloce
possibile, ma non lo
fui abbastanza.
Mi
ritrovai le braccia bloccate dietro la schiena da C-18, aprì
i palmi delle mani
e le lanciai un’onda d’energia.
Riuscì a
scrollarmela di dosso, ma C-17 aveva cominciato a tempestarmi di calci
e pugni.
Cercai
di schivarli e contrattaccare, ma la forza del Cyborg era disumana, per
non
parlare della sua velocità.
Mi
ritrovai nuovamente al suolo, ma mi rialzai, non potevo arrendermi.
Sarei
andata avanti tutta il giorno se fosse stato necessario, e
così fu.
Andammo
avanti per ore, fino a quando il sole non tramontò.
L’ennesimo
calcio parato, ma l’ennesimo pugno preso in piena faccia.
Caddi in
ginocchio, sanguinante e ansimante.
-Basta.-
Quella non era la mia voce, ma quella di Uub.
Mi
rialzai, per quella che mi sembrava essere la millesima volta.
-Non se
ne parla. Posso continuare.-
-Nemmeno
per sogno. Uub ha ragione.- disse C-18 -Hai bisogno di cure e un paio
d’ore di
riposo.-
Vidi
C-17 incrociare le braccia, segno che anche lui concordava.
- Ok!-
Mi arresi. –Però voglio sapere cosa dovete fare al
palazzo reale.-
-Abbiamo
ragione di credere che ci sia tuo nonno.- disse Uub con un sorriso,
senza
preamboli. -Forse non tutto è perduto.-
Restai
immobile, ero del tutto sorpresa. -Ma com’è
possibile?- Chiesi superato lo
shock iniziale.
-Diciamo
che per ora è solo un ipotesi, non voglio darti false
speranze. Ma prima di
tutto dobbiamo pensare a come curare i terrestri. Anche se riuscissimo
a
sconfiggere Baby, il suo potere su di loro non scomparirebbe.- mi
rispose la
bionda.
-E
quindi?- Chiesi, carica d’aspettativa.
-Dobbiamo
rapire uno di loro e usarlo come cavia per trovare il modo di farli
tornare
normali.-
Sbuffai.
–Non è così difficile rapire un umano.-
Lei alzò
gli occhi al cielo. –Pensavo fosse ovvio, dobbiamo rapire un
Saiyan. I poteri
di Baby non sono tutti uguali. Più forte è il
corpo che lo ospita più forte
diventa lui. Quindi, se trovassimo un umano e lo rapissimo e, sempre se
riuscissimo a trovare la cura, questa non basterebbe per un Saiyan, e
saremmo
di nuovo punto e a capo.-
Annuì.
-Ma se
riuscissimo a prendere un Saiyan, e a trovare una cura abbastanza
efficace per
il suo “problema”, avremmo certamente
più alleati. In quel modo potremmo
provare ad imprigionare Baby e fargli prendere la cura, libereremmo
Vegeta e a
quel punto togliere di mezzo quell’alieno dalla faccia di
questo pianeta non
sarebbe poi così difficile. Potremo rifarci una vita.-
-Credo d’aver
capito. Ma quale Saiyan dovremmo rapire? In ordine di forza,
è mio padre il
guerriero più potente, subito dopo Vegeta ovviamente.-
La vidi
scuotere la testa. –Lui è troppo forte per noi, le
scelte quindi ricadono
direttamente su Trunks o Goten.-
-Non ci
conviene prendere Trunks, è pur sempre il figlio di Baby,
però più alleati
abbiamo meglio è, quindi io consiglierei di prenderli
entrambi.- S’intromise
C-17.
-Ma una
volta presi, come li intrappoliamo.- chiese Uub, sempre più
curioso.
I
gemelli risero.
Una
risata bassa e molto, molto, inquietante.
-Siamo
pur sempre in parte macchine. Possiamo costruire, a partire dal nulla,
macchinari
molto sofisticate, che, in certe occasioni, potrebbero sostituire la
forza
fisica.- dissero all’unisono.
Ok, quei
due avevano certamente qualcosa che non andava.
-Uub,
hai ancora quella casa?- chiese C-17 divertito dalla mia espressione
terrorizzata.
-Certo!-
disse lui prendendo una capsula oplà dalla tasca della tuta,
per poi azionarla.
Con un
sonoro Bang, apparve la nuova dimora.
Angolo dell’autrice.
Innanzi tutto, mi vorrei scusare per il ritardo.
Ringrazio nuovamente chi recensisce, chi legge e chi ha
messo la storia in una delle tre liste.
VI aspetto al prossimo capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Fallimento per metà ***
I giorni
si susseguirono, uno dopo l’altro, incessantemente.
L’ultima
notte passò in fretta.
Mi
svegliai con un gran mal di testa e col pensiero di quello che stavamo
per
fare.
Camminai
faticosamente verso la porta del bagno della mia camera e
l’aprii diretta verso
la doccia, avevo bisogno di essere più lucida, volevo
recuperare le forze il
prima possibile.
L’acqua
lavò via, momentaneamente, le mie preoccupazioni, ma non il
dolore fisico che
pativo in quel momento.
Era
stato un mese durissimo, diciotto
ore
d’allenamento al giorno.
Guardai
il mio corpo riflesso nell’enorme e lussuoso specchio della
stanza.; le braccia
erano ricoperte da vari lividi e graffi, mentre l’addome
appariva leggermente
violaceo.
Scossi
la testa e cominciai a vestirmi, quei segni mi sarebbero passati
nell’arco di
poche ore.
-Hey
bellezza!- esclamò una voce dietro di me.
Mi
voltai, rossa in viso, verso C-17 che mi guardava con un sorriso da
ragazzino
sul viso.
-Esci
subito di qui!- Gli urlai.
-E’
un’ora che sei nel bagno e questo è
l’unico della casa! Sbrigati!-
Fregandomene
delle sue parole essendo
in biancheria
intima, gli lanciai la prima cosa che trovai (una spazzola,
all’apparenza molto
costosa) e riuscì a farlo uscire.
-Idiota.-
Sussurrai.
-Per
fortuna sei riuscita a venir a tavola. Pensavo che dovessimo chiamare i
pompieri per farti venir fuori!- disse C-17 calmo, seduto sulla sedia
della
cucina a fissarmi.
Non vi
badai e mi sedetti sulla sedia opposta, vicino ad Uub.
-Cosa
dobbiamo fare?- gli chiesi
poggiando il
gomito sul tavolo e il viso sulla mano.
Lui
serio mi rispose. –Tu sei una ricercata, quindi potresti
avvicinarti il più
possibile a lui, come se cercassi di farlo tornare normale. E questo
è il piano
per quanto riguarda tuo zio, ovviamente, dopo dovrai cercare di
attirarlo il
più vicino possibile alla foresta.-
Annuì.
-Oggi è
il suo turno lavorativo, quind…-
-Come
fate a sapere cosa farà?-
-C-17 fa
il doppio gioco, finge di essere amico loro.-
-Capito.
Sarò l’esca, giusto?-
Tutti e
tre annuirono.
-Ma non
si esce a stomaco vuoto.- disse C-18 ponendomi una tazza di latte con i
cereali
di fronte.
La
guardai sbalordita, non mi aspettavo un gesto del genere da lei.
-Ho
cinquant’anni, sono una madre, avrò imparato a
badare a degli adolescenti.-
disse, arrossendo lievemente, cercando di mantenere la solita
espressione
fredda e assente.
Mai
l’avevo vista mostrare il suo lato umano, nemmeno quando ero
in compagnia di
sua figlia, ma in quel momento capii che, forse,
l’avevo giudicata male.
La
foresta alle mie spalle, la grande città di fronte a me.
Stavo
per lasciare il luogo che, per un mese, mi aveva ospitata e fatta
diventare più
forte.
Guardai
i miei tre “amici” nascosti sugli alberi.
Quello
era il punto dove avrei dovuto attirare Goten.
Cominciai
a camminare, seguendo le istruzioni che mi aveva dato C-18.
Con
l’impermeabile in una giornata di sole non passavo di certo
inosservata, ma gli
occhiali scuri celavano il colore dei miei occhi e impedivano agli
Tsufuro di
riconoscermi.
Camminando
tra le strade affollate mi resi conto di come i terrestri erano
cambiati.
C’era
molta gente, ma non una parola veniva detta ad alta voce, anche il
più leggero
passo era perfettamente udibile, persino il motore delle nuove
automobili,
silenziosissimo, poteva essere, aguzzando un po’
l’udito, sentito
perfettamente.
Non
sarebbe stato facile fuggire portandomi dietro Goten.
Il
grande ristorante della città sorgeva nel bel mezzo della
piazza centrale, ma
quel punto era a dir poco deserto.
Continuai
a fissare lo strano comportamento degli uomini e delle donne.
Non uno
osava oziare, tutti mantenevano la stessa velocità nel
passo, persino gli
studenti, senza l’ombra del riso sul volto, avanzavano seri e
composti.
Spostai
lo sguardo sul ristorante, dove il Saiyan lavorava come primo cuoco.
Nessuno
conosceva le origini di quel ragazzo, o almeno, così mi
aveva detto C-17.
Sarebbe stato una vergogna, per il proprietario del locale, avere un
essere
d’origine immonda nel proprio edificio.
Aprii la
porta ed entrai.
Mi
diressi verso le cucine e sospirai quando vidi che esse davano ad una
porta sul
retro.
-Che ci
fai qui?-
L’avevo
sentito arrivare anche se la sua aura era azzerata.
-Non
voglio che la spazzatura entri nel mio locale,- si bloccò
per poi riprendere a
parlare -ma a
pensarci meglio è un bene
che tu sia qui…- aggiunse con un ghigno. -Se ti
porterò al padrone gli affari
andranno più che bene.-
Restai
immobile, la paura mi aveva immobilizzato.
Vedere
il mio zio adorato ridotto in quel modo, guardarmi come se fossi un
insetto
ributtante, con gli occhi che lanciavano accuse insensate, era come un
pugno
allo stomaco.
-Sai,
sei una vergogna per mio fratello. Lui non passa giorno senza pensare a
te, non
lo dimostra ma lo fa, però un’idea assai curiosa
mi sta venendo in testa.- Il
terrore mi mozzò il respiro.
-Zio-
tentai.
-Non mi
chiamare in quel modo! Non ho alcun legame con te, essere!-
Restai
di sasso.
Mi aveva
chiamato essere?
In
un’altra situazione avrei cominciato a ridergli in faccia, ma
in quel momento,
quelle parole mi ferirono in modo incredibile, non sapevo
più nemmeno come
rispondergli.
-Ah, ma
chi abbiamo qui? Sai Goten, ho sempre pensato che fai entrare troppa
rogna nel
tuo locale.-
La voce
scherzosa di Trunks giunse al mio orecchio fredda e tagliente.
Ero in
trappola.
Potevo
trasformarmi, ma non avevo uno straccio di possibilità con
quei due messi
assieme e, inoltre, non riuscivo ancora a muovermi.
Mi
sembrava che i loro sguardi fossero un tutt’uno, un misto di
rabbia e di
ribrezzo che si riversava su di me imprigionandomi nel mio stesso corpo.
Cosa
aveva fatto loro quel mostro? Li aveva fatti diventare
nient’altro che un
guscio forse?
No, no.
Questo non era impossibile, non si poteva annullare la vita
così.
Loro
dovevano esserci, sì, di questo ne ero sicura.
Forse
stavano combattendo, come me, all’interno del proprio corpo
per risvegliarsi da
quella sorta d’incantesimo.
Ma
questi pensieri se ne andarono quando Trunks si avvicinò e
mi strinse il collo
in una morsa sbattendomi contro il muro.
-Ma cosa
sta facendo? Perché ci mette tanto?- Uub guardava a destra e
sinistra, in cerca
della sua amica.
-Sta
calmo Uub, è in ritardo di soli cinque minuti, non fare
sciocchezze.- sussurrò
C-18.
-Non
credo proprio, non intendo aspettare un secondo di più.-
Con un
balzo scese dell’albero e superò il confine
delimitato dagli alberi.
-NO Uub!
Manderai tutto all’aria!- disse C-17, glaciale.
Ma ormai
era troppo tardi, il ragazzo stava aprendo uno squarcio
nell’aria e vi entrò.
-Ha
rivelato la nostra posizione.- disse la donna.
-Lo so,
è un’idiota! Togliamoci di qui!-
Sentivo
la presa ferra di Trunks attorno al mio collo, sentivo il respiro venir
meno,
sentivo la vita a poco a poco lasciarmi.
Non ce
l’avrei fatta, non avrei riportato tutto alla
normalità.
Stavo
per far scendere una lacrima, ma la risata dei due me lo
impedì.
Non
avrei dato loro quella soddisfazione.
Guardai
negli occhi il mio assassino, lui mi guardò a sua volta.
Un lampo
e un altro ancora.
Lasciò
la presa inginocchiandosi, portandosi le mani alla testa e urlando.
I suoi
occhi, i suoi occhi erano blu!
O
meglio, lo erano stati per pochi attimi!
Forse
non tutto era perduto.
Evitai
il pugno di Goten, che, inutilmente, fendette l’aria a pochi
centimetri dal mio
volto.
Mi
abbassai per rispondere con un calcio all’addome, ma a quel
punto Goten era già
sul pavimento di marmo svenuto, mentre Trunks continuava a gridare,
steso a
terra.
-UUB!-
gridai dal sollievo.
-Andiamocene.-
Disse lui atono, prendendo per il colletto della camicia i due Saiyan e
aprendo
un altro squarcio.
Ci
ritrovammo in casa, dove già vi erano i due Cyborg.
-Avete
preparato tutto?- Chiese Uub.
Loro
annuirono e dissero all’unisono. –Uscite fuori.-
Quel
clima così freddo mi mise addosso un po’
d’ansia.
All’esterno
vi erano due tavoli di metallo.
-Presto,
stendete Trunks su quel letto e agganciatelo.- disse C-17 a Uub e C-18.
Uscì una
siringa, a prima vista mi sembrò di metallo e la
conficcò violentemente nel
collo di Trunks.
Lui ebbe
un sussulto.
Sbatté
un paio di volte le palpebre e poi tacque.
-TRUNKS!-
urlai correndo verso di lui e scuotendolo dalle spalle.
-Portala
via C-17- disse la sorella mentre cercavo di far riprendere conoscenza
al lillà.
–Io e Uub bastiamo, portala in casa.-
Due
braccia forti mi cinsero la vita e in un millesimo di secondo mi
ritrovai nella
mia camera.
Cercavo
di divincolarmi, di liberarmi da quella presa ferrea,ma il piano andato
in
frantumi mi aveva tolto ogni voglia di combattere.
Restai
immobile, premuta contro il petto del mio carceriere.
Lui mi
sorprese.
Mise una
mano sui miei capelli e con l’altra asciugò le
lacrime che, senza che me ne
fossi accorta, avevano preso a scorrere.
Alzai il
viso verso di lui e mi sentii avvampare.
Lo avevo
visto irritato, arrogante, divertito, ma mai in quel modo.
Era
serio, attento e incredibilmente bello.
Avvicinò
il suo volto al mio e posò le sue labbra sulle mie.
Non fu
un bacio casto, presto la sua lingua s’intrecciò
alla mia e il mio corpo si
strinse al suo, ma un lampo s'insinuò nella
mia mente e mi fece rinsavire da quell’oblio.
Resami
conto di ciò che stavo facendo mi staccai da lui e rieccolo,
quel sorriso arrogante
sul viso da ventenne.
Mi
voltai e mi diressi verso il bagno, sbattendogli la porta in faccia.
Angolo
dell’autrice
Prima di tutto, mi scuso per il ritardo (un’altra volta) ma
il fatto è che ho lavorato di più su questo nuovo
capitolo.
Spero di cuore che vi piaccia!
Ringrazio di cuore tutti coloro che continuano a seguire la mia storia
e a chi
recensisce.
A prestissimo!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Acqua ***
Non
volevo uscire da quella stanza.
Mi
sembrava che il letto fosse la mia ancora di salvezza, il luogo dove
nessuno mi
avrebbe mai potuta trovare, il luogo perfetto per rifugiarsi.
Preoccupata
dalle urla dei due mezzosangue, non ero riuscita a dormire quella notte.
Mi
sembrava di poter sentire le siringhe perforare le loro carni e il
siero
bruciare all’interno dei loro organi.
Certo,
non sapevo l’effetto che quel farmaco ideato dai Cyborg
avesse su di loro, ma
le loro grida facevano supporre molte cose…
Inoltre,
non volevo osare mettere il piede fuori dalla mia camera.
Non
sarei riuscita ad incrociare né lo sguardo di Uub
né quello di C-17 e l’unica
donna in casa avrebbe certamente notato questo mio nuovo atteggiamento.
Mi
alzai.
Non mi
sarei mai fatta vedere titubante, insicura o imbarazzata.
-Oh, ma
a chi voglio darla bere!-
esclamai tra
me e me, provavo quelle tre emozioni tutte insieme.
Mi
diressi verso la porta d’uscita, poi verso il letto e di
nuovo verso la porta.
Da un
paio d’ore non sentivo più nulla e allora la
preoccupazione che provavo verso
mio zio e il mio... migliore amico presero il sopravvento.
Uscì
dalla stanza in pigiama, non me ne fregava niente del mio aspetto, e mi
diressi
a passo di marcia verso la porta d’uscita.
Ma una
voce femminile mi fermò.
-Siamo
qui!-
Raggiunsi
la cucina di corsa e mi gettai a capofitto tra le braccia aperte di mio
zio.
Lui mi
strinse a se, e a quel punto non riuscì più a
trattenere le lacrime di gioia.
-Zio,
zio, zio!!!-
Lui rise
e mi fece posare la testa sulle muscolose spalle.
-Non sai
quanto mi sei mancata in questi sei anni.- Disse sincero.
Chiusi
gli occhi e mi lasciai cullare da lui, come faceva anni fa contro il
mio
volere, quando ero solo una bambina.
- Haya
Pan, lasciami, ti voglio bene ma sono tutto indolenzito grazie alle
mani poco
delicate della donna e dell’uomo di ferro.-
-Per non
parlare dell’indigeno!- Lo interruppe Trunks beccandosi un
pugno da parte di
Uub sul braccio. –Mi hai fatto male!-
Li
guardai, non ci voleva molto a capire il perché.
Lì, dove
i vari aghi avevano fatto il loro lavoro vi erano dei grossi segni.
I Saiyan
erano a petto nudo, ogni singolo muscolo era ricoperto da grosse
chiazze
violacee tendenti al nero.
Mi
avvicinai a Trunks e passai la mano su quelle ferite ancora aperte, lui
sussultò
a quel contatto, ma non disse nulla.
Sprofondai
nel blu dei suoi occhi e lui sembrò ricambiare il mio
sguardo.
Quanto
mi era mancato? Fin troppo per essere un amico come tanti altri
-Hem,
Hem.- Uub si schiarì la voce e mi fece ritornare alla
realtà e alla lucidità, mi
afferrò il polso e mi trascinò verso di lui.
Non
dissi niente, mi limitai a guardarlo male, mi rispose con un sorriso
sornione.
Vidi
C-17 nascondere un sorriso e C-18 distogliere lo sguardo, Goten era
arrossito
visibilmente e Trunks aveva lo sguardo fisso a terra.
- D’accordo.
Qual è la prossima mossa?- Dissi, nel tentativo di eliminare
quel momento a dir
poco imbarazzante.
C-18
trascinò verso di se una sedia e si sedette. -Dobbiamo
prendere Gohan e poi
tentare un attacco al palazzo.-
-Ma non
è rischioso?- Chiese Trunks titubante.
-Non
intendo certo attaccare ora! Baby sarà all’erta.
Suo figlio è appena
scomparso.-
-Ah,
credo che passeranno un paio di giorni prima che lui si preoccupi.-
Disse Uub.
-No, non
è così.- C-17 fissò i suoi occhi di
ghiaccio in quelli corvini del ragazzo,
come per rimproverarlo. –Gli Tsufuro non si comportano come
gli umani. Hanno
delle regole di vita ben precise. Se domani Trunks avrebbe dovuto
pranzare con
i suoi, si sarebbe dovuto trovare a casa in quel preciso orario. Sono
strettamente ferrei nelle regole, del tutto rigidi, non accettano un
minimo
comportamento sbagliato, pena la morte. Piuttosto ragazzi.- Disse
rivolto a
Goten e Trunks. -Ricordate niente?-
Vidi i
ragazzi abbassare la testa e guardare il pavimento.
Si
vergognavano.
-Noi non
avevamo il controllo di noi.- Iniziò a raccontare Goten.
–Era come se qualcuno
ci avesse relegato in un angolo della nostra stessa mente. Potevamo
vedere ogni
cosa, persino l’interno del nostro corpo, l’intruso
stesso. E’ stata
un’esperienza orribile. Mi dispiace Pan. Mi dispiace per
tutto.-
-Non è
stata colpa tua.-
-Do
pienamente ragione a Goten. Il nostro volere era annullato.
Più tentavamo di
combattere più quella cosa diventava forte. E’
stato molto più facile
arrendersi.- Disse Trunks percosso da un brivido.
Cadde un
altro silenzio imbarazzante.
-Presumo
di si, quindi, ricordate.- Concluse C-17.
-Bene,
quindi, che si fa?-
-Semplice,
altri allenamenti.- Annunciò la donna. –Dureranno
altri due mesi, nei quali
dovremmo convivere il più pacificamente possibile. Stanno
cominciando a
scarseggiare dei viveri...-
Un
pensiero improvviso mi portò a parlare a C-18.
-Senti,
ma Crilin e Marron dove pensano che tu sia?-
Lei
chiuse gli occhi, avevo colto nel segno. Se gli Tsufuro erano
così inflessibili
riguardo le regole, perché lei era così
tranquilla?
-Ho inscenato
la mia morte.-
-Come?-
-Ho
fatto finta d’autodistruggermi. Pensano che io sia morta. La
mia tomba giace su
un isolotto, simile a quello in cui vivevamo sulla Terra.-
-Ma
Crilin non aveva tolto la bomba? Non avrebbe potuto capire che era
tutta una falsa?.-
- E’
vero- confermò lei. –Ma posso sempre usare a pieno
i miei poteri.-
-E
perché lo avresti fatto?-
-Ho
fatto credere loro che fossi diventata pazza.-
Tutto
tacque, non faci altre domande. Il dolore di lei mi folgorò
e preferì restare
in silenzio.
- D’accordo.-
Disse C-17 allegro. –Chi viene con me a prendere
dell’acqua?-
Si beccò
quattro paia d’occhiatacce, ma la sorella sorrise.
-Credo
che i ragazzi siano stanchi. Perché non vai tu con lui, Pan?-
Volevo
mettermi ad urlare che non volevo andare con un’idiota pieno
di se a prendere l’acqua
quando quest’ultimo avrebbe potuto trascinare
un’intera diga in casa, ma allo
stesso tempo non volevo dare a vedere nessun comportamento strano.
-Ok.-
Ma
perché capitavano tutte a me?
Angolo
dell’autrice
Ecco un nuovo capitolo.
E così anche i due mezzosangue
sono entrati a far parte dei non infetti.
Cosa succederà nel
prossimo capitolo?
Cercherò di non mettere
troppo romance in questa fanfiction a mio parere già troppo
sdolcinata e di
dare un po’ più spazio all’azione che
presto si vedrà nei combattimenti.
Se vi va potreste dare un’occhiata
a questa mia nuova One-shot riguardante la coppia Goku /Chichi http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1052641&i=1
J
Consigli e suggerimenti,
ma anche critiche, sono sempre ben accetti.
Ritorno a ringraziare
tutti coloro che leggono, recensiscono o che mettono la storia in una
delle tre
liste.
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Verità ***
-Non
possiamo volare?-
Avanzavamo
da ore ormai nella fitta boscaglia e non vi era la minima goccia
d’acqua.
Inizialmente
pensavo che l’androide volesse andare alla ricerca di una
sorgente, ma più il
tempo passava, più ci allontanavamo dalla radura nella quale
si trovava la
nostra casa e con essa, la nostra possibilità di trovare la
materia prima.
-Sì,
credo che qui possa andare.-
-Ma cosa
stai dicendo? Non vedi che questo è solo uno spiazzo! Niente
rocce, umidità
quasi del tutto nulla. Cosa vorresti trovare qui?-
Guardai
il volto freddo e calcolatore della macchina e quando i raggi del sole,
rossi
come il sangue, si fecero spazio tra i suoi lineamenti perfetti, la sua
risata
mi lasciò immobile.
Si
avvicinò a me e mi afferrò i polsi, impedendomi
l’utilizzo delle braccia.
Cominciò
a stringere e il dolore si propagò dalle mie braccia in
tutto il corpo.
-MI FAI
MALE!- Urlai, trasformandomi in una Super Saiyan.
MI
allontanai da lui di cinque passi e mi misi in posizione di difesa.
Lui
restò immobile, con la testa di lato, gli occhi che
squadravano ogni mio
movimento.
-Davvero
credevi.- Disse avvicinandosi, spostando la testa prima a destra e poi
a
sinistra. –Che avrei mai potuto provare qualcosa per te?- Sul
viso si dipinse
un’espressione disgustata. –Quando io stesso sono
stato usato per togliere di
mezzo il sangue che ti ha creato?-
Indietreggiai
di un altro passo, sentivo il pericolo che, lento e sinuoso, si stava
avvicinando sempre più.
-Sei
solo una stupida ragazzina. Una ventenne che dovrebbe decidersi a
crescere.- Si
fermò per lanciare altre risa ad una me del tutto presa alla
sprovvista.
-Ma
guardati! Una degli ultimi esponenti della razza Saiyan. Ma come sei
forte!
Occhi azzurri e capelli biondi. Sai, potrei essere anche io come te,
dovrei
andare solo dal parrucchiere. Quella trasformazione è del
tutto inutile contro
di me, o C-18. Mia sorella ruppe il braccio di Vegeta con una sola
mossa. Un
calcio ben assestato e il principino si è messo a urlare di
dolore.-
Il
terrore s’impadronì di me, se quello che stava
dicendo fosse stato vero, non
avrei avuto la minima possibilità di uscire da quella
situazione.
Che
stupida che ero stata.
Una
lieve esitazione, una minima distrazione e il pugno di C-17 mi
scaraventò
contro l’albero più vicino, valeva a dire a venti
metri di distanza.
Restai
immobile per un secondo, era stato velocissimo.
Mi
rialzai nuovamente e sentì il sapore metallico del sangue
sulla lingua.
Sputai a
terra e mi misi nuovamente in guardia, pronta a sferrare un attacco.
Non
gliel’avrei data vinta così facilmente.
-Era
tutta una falsa quindi?- Lui restò in silenzio.
–Mesi e mesi ad allenarmi per
poi uccidermi con le tue stesse mani. Sai, mi sembra che tutto
ciò sia
prettamente inutile.-
-Io?
Uccidere te? Non lo penso minimamente! Ho finito di sporcarmi le mani
con voi
scimmioni.-
-Baby.-
Sussurrai.
-Ah, non
ci credo, lo hai capito? Non sei così stupida come pensavo.-
-Non è
l’unica cosa in cui ti sbagliavi.-
Mi
lanciai in volo verso di lui e con un calcio riuscì a
colpirlo all’addome.
Restò in
ginocchio a terra, tenendosi il ventre con le braccia.
-ADESSO
BASTA! USCITE E PRENDETEVI VOI QUESTO IMPICCIO! LA MIA PARTE
DELL’ACCORDO L’HO
RISPETTATA, ORA SPETTA A VOI!-
-Non mi
sembra che tu abbia rispettato l’intero accordo.
Dov’è C-18?-
Lui
sembrò non capire. –A…avevate detto che
ci avreste lasciato in pace. Che io e
C-18 avremmo potuto vivere le nostre vite senza nessuna vostra
intromissione.-
-Abbiamo
mentito.- Disse la voce uscendo dall’oscurità.
La luce
investì i muscoli scolpiti di quel corpo perfetto e fece
brillare quegli occhi
vitrei dai quali scendevano, per ognuno, una singola linea rossa, segno
della
dominanza assoluta che Baby aveva sul principe dei Saiyan.
Anche
gli altri guerrieri scesero in campo e vidi C-17 tentennare con il
corpo
proteso verso l’orizzonte, come a voler spiccare il volo e
allontanarsi da quel
luogo, dove stava per avvenire un omicidio.
-Non
tradirò mai mia sorella.- Sputò in faccia
all’alieno per poi fare quello che
avevo immaginato, o almeno, tentare di fare quello che avevo immaginato.
A tre
metri da terra venne trafitto da una lancia d’energia, non
ebbi problemi a
riconoscerla, di mio padre che rideva di fronte al tentavo vano del
Cyborg di
salvarsi.
Schizzi
di sangue ricoprivano il terreno accanto al quale giaceva, morto, il
corpo del
traditore.
Perché
avesse fatto tanto per me, sarebbe stato per sempre un mistero che io
avrei
sempre ignorato, ma non potevo pensare a lui ora.
Mi
voltai verso i miei avversari.
Non
erano in molti questa volta, vi erano solo i tre ultimi Saiyan.
Bra, la
mia migliore amica, Gohan, mio padre, e Baby, la reincarnazione del
diavolo.
-Ascoltami
mocciosa.- Ordinò Baby. –Te lo chiederò
una sola volta. Dov’è mio figlio?
Dov’è
Goten? Dov’è C-18?-
Gli risi
in faccia, in segno di sfida.
Sapevo
che non ero al suo livello, ma avevo deciso.
Basta
comportarsi come una bambina, basta pensare che altri si sarebbero
sacrificati
per difendermi, basta comportarsi come un’umana.
Mi
scagliai contro il mostro e riuscì a colpirlo in viso,
graffiandolo e portando
con me una piccola vittoria.
Inutile
dire che con un colpo alla nuca riuscì ad addormentarmi e
che, un attimo prima
di svenire, non pensai ad Uub, il ragazzo che da poco avevo incontrato
e che
una sola volta aveva posato le sue labbra sulle mie facendomi sentire
libera e
normale, non pensai a mio zio che avevo da poco ritrovato per poi
subito
riperdere, ma pensai a Trunks, colui che, anche senza la cura dei
Cyborg, si
era fermato dall’uccidermi, colui che mi aveva protetta sin
da quando ero
bambina, anche sotto al controllo dello tsufuro, aveva cercato di farmi
mancare
dal fato di morte che in quel momento ero sicura, stava per colpirmi.
Il
frastuono delle stoviglie rotte distrasse me, Goten e Uub dalla nostra
conversazione.
Vidi
C-18 crollare a terra e cominciare ad essere scossa da un lieve tremore.
Facile
dire, che se fosse stato in un’altra situazione, quel suo
inutile tentativo di
rimanere indifferente e staccato, avrebbe fatto ridere chiunque.
Ma si
vedeva che qualcosa non andava, si vedevano le lacrime che le
scorrevano lungo
le guance e si vedeva… l’ombra del pentimento
forse?
-C-18,
cos’è successo?- Cercavo di scuoterla, di farla
parlare, ma ogni tentativo era
vano.
Fu dopo
tre minuti buoni che parlò.
-C-17-
un nome –Morto- un verbo.
Con
quelle due parole l’agitazione si fece largo in noi.
Persi il
controllo di me –PAN, PAN! DOBBIAMO CERCARLA!-
-So io
dov’è.- M’interruppe la bionda.
–Al palazzo reale.-
Angolo
dell’autrice
Ormai scusarsi per il ritardo
sta diventando un abitudine, ma mi dispiace davvero tanto.
Questo ritardo è dovuto però
al fatto che lavoro di più sui vari capitoli.
Una piccola recensione o
critica è sempre ben accetta J
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Catene ***
Un
brezza leggera soffiava sul corpo esanime del ragazzo che giaceva a
terra,
illuminato dai raggi del tramonto che, col passare del tempo, andavano
a
spegnersi, proprio come la vita di quell’uomo che sarebbe
dovuta essere eterna.
Steso al
suolo, C-17 pensava.
Com’era
possibile che l’avessero seguito, senza però,
sapere dove fosse nascosta casa
loro? Possibile che li avessero trovati per caso? E se non fosse
l’unico a fare
il doppio gioco? Forse sua sorella avrebbe potuto…
No, no,
questo era fuori discussione, non li avrebbe mai traditi, soprattutto
in quel
periodo che si stava affezionando così tanto a Pan.
Dal suo
distacco forzato dalla figlia, aveva cominciato a vedere nella nipote
del
Saiyan di nome Goku un altro esserino di cui prendersi cura, da
proteggere, da
custodire gelosamente.
Sorrise
amaramente.
Sua
sorella, la donna di ghiaccio, C-18, era tutt altro di ciò
che si presentava ad
occhi estranei. Bellissima e dura all’esterno, insicura e
delicata all’interno.
Lui non
era così, C-17 era tutto d’un pezzo,
così amava definirsi. Quello che appariva
al di fuori, non era nient’altro che lo specchio del suo
pensiero.
Tossì.
Era così
che il grande guerriero avrebbe dovuto mettere fine ai suoi giorni! Ma
no, che
grande guerriero? Forse, un grande sbruffone, ecco cos’era.
Strinse
i denti, mentre un’altra fitta lancinante si
propagò dall’addome al bacino,
fino agli arti inferiori, vide le macchie di sangue accanto alla sua
testa e si
irrigidì.
Quelle
erano le prove che lui non era una macchina, ma un umano, un essere
che,
secondo la pazzia del dottor Gelo, era stato perfezionato in un
equilibrio tra
circuiti e carne.
Niente
di più, niente di meno.
Ma cosa
stava pensando? Sicuramente stava delirando, era la morte che, spietata
e
crudele, gli metteva in mente parole non sue.
Degli
occhi corvini gli vennero in mente e un’altra fitta gli si
propagò nello
stomaco.
Non
sapeva perché aveva agito in quel modo.
Un’assurda
convinzione gli era balenata in mente quando erano stati accerchiati da
quei
mostri, quella convinzione gli diceva che se avesse continuato a
recitare una
parte, che non sarebbe mai esser potuta capire da altri esseri al di
fuori di
lui, sarebbe riuscito a far distogliere l’attenzione da Pan e
attirarla tutta
su di lui, in fondo, era sempre stato bravo a dare spettacolo.
Invece
il suo piano geniale non aveva sortito effetto.
Sperava
che avrebbe avuto l’occasione di alzarsi in volo per farsi
inseguire dagli
Tsufuro, ma visti i risultati, sarebbe stato molto meglio se avesse
adottato un’altra
tecnica; ed ora si trovava lì, inerme e morente,
impossibilitato nel reagire a
qualunque attacco.
-Eccolo!-
Disse una voce bassa e roca, sicuramente quella di Uub.
-Giuro
che se c’entra qualcosa nel rapimento di Pan lo ammazzo!-
Continuarono Trunks e
Goten all’unisono.
L’unica
persona silenziosa al suo fianco era colei che desiderava ardentemente.
La sua
mano gli carezzò il viso, mentre l’altra era
occupata a cercare in una borsa un
ortaggio, un fagiolo.
Il cuore
gli saltò in gola quando lo vide, avrebbe potuto mettersi in
salvo, ma già
sentiva il freddo…
Si
stupì.
No, non
il freddo, ma il calore.
Ad un
tratto non era più tanto sicuro di voler continuare quella
vita fatta da inganni
e tradimenti, da false speranze e dalla solitudine e serrò
le labbra quando la
sorella vi adagiò su quell’alimento.
-Ti
prego.- Lo implorò con voce tremante. –Non
lasciarmi anche tu!-
Aprì gli
occhi e vide, per la prima volta, quelli della sorella ricolmi di
lacrime,
bastò quello a fargli cambiare idea e a schiudere dolcemente
le labbra per
accettare l’offerta di vita di C-18.
Approfittò
di quel momento, l’attimo tra la vita e la morte che ancora
non gli permetteva
di ragionare del tutto, e le disse “Sei bellissima”
I raggi
del sole, ormai quasi del tutto scomparsi, davano alla pelle perfetta
di lei,
non un colorito glaciale ed artico, ma un colore del tutto nuovo per
lui, che
mai aveva notato sulla sorella.
Il
colorito della felicità, della gioia, il sorriso che sempre
le aveva voluto
segretamente regalare, ma che mai c’era riuscito per
l’eccessivo orgoglio.
-Ok, la
riunione di famiglia è finita!- Disse Trunks tremante ed
agitato. –Dove sono?
Lo sai?-
-Lo
sappiamo- risposero i gemelli, nello stesso modo atoni e in quietanti.
–Andiamo.-
-C-18,
ferma!- Disse Goten poggiando una mano sulla spalla della ragazza.
–Come sapevi
che C-17 era qui e cosa stava facendo?- Chiese serio, desideroso di
avere una
risposta immediata per tornare a cercare la nipote.
-Abbiamo
un cellulare impiantato nella testa, possiamo definirlo
così.- Disse la donna
ritornata al suo consueto comportamento e dirigendosi verso ovest
seguita dai
quattro uomini.
Buio.
Perché c’era
così buio?
Non uno spiraglio
di luce s’intravedeva in quel luogo, non permetteva neanche
il sentimento della
speranza, mi sembrava che quelle tenebre bloccassero quel sentimento e
quando
sentì lo scricchiolio di una porta alla mia destra, non
alzai lo sguardo.
-Vieni,
vieni a vedere la tua sorellina!- Disse Gohan in una cantilena.
Le
catene che mi avvolgevano i polsi e le caviglie erano irremovibili e
pesanti e
mi trascinavano giù, in un oblio senza fine.
La luce
inondò la stanza, ma era solo artificiale, quella di una
misera lampadina che,
di certo, non riaccendeva in me alcun sentimento.
-Perché
ha quelle catene? E la coda?-
La voce
del bambino sembrava lontana anni luce, ma man mano la consapevolezza
delle
persone che si stavano avvicinando a me cominciò a farsi
sempre più verosimile,
tangibile.
Una manina
candida mi toccò la guancia e mi fece risvegliare da quello
stato, simile al
coma, in cui ero caduta.
Un
sorriso accecante, a trentadue piccoli e candidi dentini, mi diede la
forza di
rialzarmi dal pavimento nel quale giacevo e di dare
un’occhiata attorno a me.
La
stanza era dipinta di un placido grigio, anzi, non placido, ma noioso,
sfarzosi
erano i divani rossi che ricoprivano la parte della stanza alla mia
sinistra e
il grande armadio con il letto a baldacchino avrebbe fatto girare la
testa a
chiunque ragazza non avesse in testa lotta e combattimenti.
-Il mio
papà ha detto che tu sei la mia sorellina.-
Continuò il bambino. –Ma non
capisco il perché tu abbia la coda!? Me lo puoi dire?-
Gli sorrisi,
nonostante tutto, per quanto folle potesse sembrare, ero felice di
stare lì e
parlare con il mio fratellino.
-Perché
sono una Saiyan.- Dissi orgogliosa gonfiando il petto. –E lo
sei anche tu
piccolo mio!- Gli sorrisi.
-Ancora
per poco.- S’intromise mio padre.
-Questo
è quello che pensi tu Tsufuro!-
Altri passi
ed una nuova presenza si fece largo nella camera.
Sembrava
che stesse piangendo, ma presto mi accorsi che quelle non erano
lacrime, ma un
liquido denso e grigio che continuava a riversarsi dagli occhi lattei
di Baby.
Il
bambino si nascose dietro al mio braccio e io lo coprì del
tutto con la mia
figura.
-Non ti
lascerò prendere anche lui!- Urlai.
Angolo dell’autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo che, spero vivamente vi sia
piaciuto!
Ringrazio tutti coloro che recensiscono e che mettono in una
delle tre liste la storia J
Grazie!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Occhi ***
La donna
avanzò nella fioca luce della stanza e presto
arrivò al suo obiettivo.
Posò le
delicate mani sulla fronte dell’amato, delineandone i rigidi
lineamenti per poi
passare agli occhi, la sua parte preferita di quel viso perfetto,
carezzo le
palpebre coperte dalla peluria rossa con i pollici, attraverso quel
lieve
contatto, poteva sentire le pupille coperte muoversi spasmodicamente,
cercando
di liberarsi da quel sonno forzato. Le carezze scesero ancora, fino ad
arrivare
alle scarne guance, lievemente rosate a causa del sangue che circolava
libero
all’interno dell’uomo, esso non avrebbe mai cessato
di scorrere, arrivò fino
alle labbra che, alzandosi in punta di piedi, baciò
superficialmente.
Si
separò dopo breve tempo e spostò le mani sul
collo, sempre scendendo, fino ad
arrivare al cuore che, forte e impetuoso, batteva allo stesso modo del
suo.
Strinse
la presa e presto, la candida mano si ritrovò sporca del
sangue scaturito dal
graffio profondo, una ferita superficiale che non tardò
molto a rimarginarsi.
Serrò i
pugni e colpì ripetutamente Son Goku che, immobilizzato e
sedato, era
imprigionato in una scatola, o almeno, così la chiamava lei.
Si
divertiva vedere il Saiyan più forte dell’universo
inerme dinnanzi al suo
cospetto, serrò la bocca carnosa, inerme di fronte a
chiunque.
Imprigionato
nel tempo, imprigionato nello spazio, imprigionato nel suo stesso corpo.
Come gli
eroi del tempo passato, anche lui era destinato a fare una brutta fine.
Questo
pensiero portò la donna a ridere come una pazza per poi
fermarsi e far scendere
una lacrima, a quel punto si arrabbiò con l’essere
umana che ancora non cessava
di lottare, non si arrendeva, ma stringeva i denti e combatteva per
aver la
meglio su di lei e liberare quel Saiyan da quella maledizione.
Chichi
riprese a ridere, se Bulma fosse nata in un’epoca lontana
avrebbe potuto
rivestire perfettamente i panni di una strega.
Era
riuscita in cui molti altri avevano fallito, fermare Goku, toglierlo
dai
giochi, farlo uscire di scena con un’azione che
più tecnologica sembrava essere
stata compiuta con la magia nera, come nelle favole, il bel principe
era stato
costretto ad un sonno eterno.
Che
ironia! Colei che aveva dato l’inizio alle avventure della
terza classe vi
aveva messo fine senza esitazione e tutto sotto richiesta del grande
Baby, ma
ancora non andava, no.
Quel
nuovo mondo ancora era sporco, infetto della presenza
dell’ultima Saiyan
rimasta in vita, l’unica che Baby voleva assolutamente far
fuori.
Aveva
intaccato il suo viaggio molte volte insieme a Trunks e Goku, ma il
principino
si era arreso al suo volere e Goku era ormai imprigionato, rimaneva
solo quella
pulce, ma era già stata catturata, poteva avvertirne la
presenza.
-E ora
che la nostra cara nipotina raggiunga il luogo per cui tu ci hai
lasciati.-
Sussurrò all’orecchio di Goku, facendolo
sussultare.
Questo risultato
non fece altro che far cogliere la
donna da una nuova ondata d’ilarità che
uscì dalla stanza piegata in due dalle
risa, ignorante del fatto che quelle poche parole, dette
così apertamente,
avessero fatto aprire gli occhi dorati del Super Saiyan di quarto
livello.
Altro
sangue inondò la bocca di Pan che dovette sputare nuovamente
a terra mentre altre
mille scariche di pugni le colpivano l’addome, il torace e il
volto.
Rise,
non aveva la minima intenzione di tremare di fronte alla morte,
all’alieno, al
mostro.
-Continua.-
Riuscì a dire con un sorriso beffardo, facendo scatenare
l’ira di Baby che
triplicò la potenza di ogni attacco, riducendo in fin di
vita la ragazza che,
determinata e caparbia, non aveva modificato l’espressione
sul viso.
Lo
tsufuro si avvicinò e l’alzò per il
bavero della maglietta, ormai ridotta in
brandelli.
Le
voleva togliere quel sorriso dalla faccia, la voleva privare di quegli
occhi
azzurri e dei capelli biondi, aveva intenzione di levarle la vita
stessa.
Con la
mano creò una spera d’energia che puntò
al torace della ragazza facendole
capire che era la fine.
Lei
chiuse gli occhi, finalmente aveva capito quello che Re Kaio aveva
cercato di
dirle mostrandole quelle immagini.
Le aveva
fatto capire quanto duro fosse stato il destino per quella combriccola
di
Saiyan e Terrestri e di come loro lo avessero accettato, abbracciandolo
e
sacrificandosi per salvaguardare il futuro dell’intera
umanità e capì che ci
era riuscita, aveva perseguito il suo obiettivo, era riuscita a far
ritornare
normali due Saiyan, fortissimi e sicuri di sé e con loro vi
era un Cyborg e la
reincarnazione di Majin Bu.
Quei
quattro insieme potevano fare tanto, presto avrebbero riportato alla
realtà
anche Gohan e Bra e a quel punto Baby sarebbe rimasto solo e, forse, vi
era una
possibilità di distruggerlo per sempre.
Sorrise
ancora una volta e lacrime di gioia le rigarono il volto, sarebbe
andato tutto
bene, loro avrebbero continuato la sua missione, sarebbero riusciti
quello che
lei aveva iniziato, finalmente poteva dire d’esser riuscita a
vivere un’avventura
degna di una Saiyan.
Sentì il
rumore della sfera che stava per esplodere, ma ormai non le importava,
si era
rassegnata a lasciare quel mondo, non lottava nemmeno più.
-Cosa
fai, ti sei arresa finalmente?- Chiese Baby trionfante.
Lei aprì
gli occhi e affermò. –No, non mi sono arresa, io-
continuò scandendo le parole.
–Ho vinto.-
Cadde l’ultima
foglia dello sfoglio albero, infuriò il vento tra le
desolate campagne e spento
fu il canto degli uccelli.
Pan
cadde a terra, trapassata nel torace dalla sfera assassina
d’energia di Baby.
Restò al
suolo e non si mosse più.
-PAAAAAAAAAN!-
Trunks
era smanioso di raggiungere il palazzo, non si era reso conto della
velocità
con cui era riuscito a penetrare nella fortezza e, in quel momento, non
si
capacitava della scena straziante che si presentava sotto i loro occhi.
Urlò il
nome della ragazza che amava, imitato dal suo migliore amico e da Uub,
quando
tacquero, un nuovo urlo riempì la sala, quello disperato e
terrorizzante di
Gohan che cadde in ginocchio, tenendosi la testa tra le mani, per poi
riversare
a terra litri di una materia grigia e fluida, riversatasi dalle orbite
degli
occhi e dalla bocca.
Il
Saiyan tremò, stette a terra cinque secondi e poi si
rialzò.
Gli
occhi erano diventati del consueto corvino, ma questo solo per pochi
secondi, imitato
da Trunks e Goten, accrebbe la sua aura come mai aveva fatto in vita
sua.
I
capelli crebbero e s’imbiondirono mentre la loro forza
aumentava a dismisura,
gli occhi si fecero bianchi e solo dopo pochi secondi diventarono blu,
nessuno
dei tre aveva mai raggiunto quella trasformazione e in quel momento si
sentivano come non mai.
Nei loro
cuori non vi era altro che odio e voglia ardente di vendetta e
l’avrebbero
ottenuta, avrebbero ucciso quel verme schifoso che aveva osato far
fuori una
degli ultimi esponenti della razza Saiyan.
-C-18,
puoi…- Stava per chiedere Gohan ma Uub lo interruppe.
-L’ha
già presa.- Sussurrò.
-Va con
lei.- Sussurrò in preda all’ira. –Vi
raggiungiamo.-
-Vi
raggiungiamo dite voi!- strillò Baby in preda alla follia
pura. –E chi vi dirà
che uscirete vivi di qui? Ho imprigionato Goku, posso fare lo stesso
con voi.-
-Non
credo proprio.- Dissero Goten e Trunks, distanziandosi di cinque passi.
-FU-SIO-NE-
Un lampo
di luce assordante, Gotenks apparve di fronte agli occhi sbarrati
dell’alieno.
Angolo dell’autrice
La prima parte di questo
capitolo mi è stata ispirata da Pan17 di cui
v’invito a leggere questa
bellissima long-fic “Bisogna volere
l’impossibile perché l’impossibile accada”
Ringrazio nuovamente tutti
coloro che continuano a recensire, leggere in silenzio, mettere in una
delle
tre liste, la mia storia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Libertà ***
Intense
ondata di rabbia mi
avvolgevano in una sorta di nebbia che m’impediva di vedere
ogni cosa, di
provare altro che non fosse odio, di sentire alcun bisogno se non
quello della
vendetta.
Piegai la testa all’indietro, lasciando che la trasformazione
in super saiyan
di terzo livello si facesse largo in me, così come aveva
già fatto in mio
fratello e nel suo miglior amico.
-Fu-sio-ne!-
Sentì solo vagamente l’invocazione di quella
tecnica, i miei sensi erano
concentrati sullo stesso punto, nel medesimo obiettivo, la morte dello
tsufuro.
Pregustavo il sapore della vendetta che, lo sapevo, di li a poco mi
avrebbe
soddisfatto appieno, non cercavo altro.
Sorrisi e per la prima volta mi resi conto che stavo provando piacere
nel
pensare di far del male ad un essere vivente, la mia natura si stava
facendo
largo in me e io l’accettavo tranquillamente, per la prima in
vita mia accettai
d’essere una guscio che conteneva un mostro assassino, lo
lasciai libero e i
muscoli di tutto il mio corpo vennero percossi da spasmi involontari.
Vidi il mio avversario guardarmi dall’alto in basso, si
credeva superiore, ma
bene, glielo avrei lasciato credere ancora per poco, non sarebbe
arrivato
incolume alla fine di quella giornata, non ne sarebbe arrivato vivo.
Mi avvicinai di un passo, poi di un altro e di un altro ancora e
strinsi in una
morsa il suo collo, deciso a spezzarglielo.
Lui mi lasciò fare, si vedeva che non era per niente
intimorito, ma quando
triplicai la forza della presa lui sgranò gli occhi e mi
afferrò i polsi, cominciando
a stringere sempre più forte fino a costringermi di mollare
la presa.
A quel punto ero io messo alle strette, non mi diedi per vinto, feci
leva sulla
presa e puntai i piedi contro il torace di Baby-Vegeta, ma questo non
sortì
alcun effetto, sempre sfruttando la morsa nella quale erano rinchiusi i
miei
polsi, portai i piedi a terra e riuscì a dare una testata
allo tsufuro che
indietreggiò di vari passi.
Lasciai aumentare man mano la mia aura, i cardini delle porte vibravano
mentre
i mattoni del palazzo producevano cupi scricchiolii, presto il castello
sarebbe
crollato sotto i colpi della battaglia che di lì a qualche
secondo si sarebbe
sprigionata.
La fronte dell’alieno era insanguinata, una goccia cadde su
una guancia.
-TU!- urlò. –Scarto di figlio di una terza classe,
come osi ferirmi?-
Si avventò su di me e, con un pugno in pieno viso,
riuscì a spedirmi al di
fuori del palazzo, distruggendo l’ala nord.
Mi faceva male la mascella, ma non m’importava, ero pronto ad
andare nuovamente
incontro al principe, ma la vista di Gotenks me lo impedì.
La lotta era diventata aerea.
Ora era lui a combattere e riusciva a colpire ripetutamente Baby che
parava
solo parte dei pugni e dei calci della fusione.
Mi unì alla lotta e presto lo tsufuro non fu più
alla nostra altezza.
Un calcio all’altezza dell’addome lo
atterrò e nel punto in cui precipitò si
creò una vasta voragine.
-GOTENKS!- Urlai. –IL COLPO DI GRAZIA!-
-Ka…-
-Me...-
Ma mi fermai, Goten e Trunks non sembravano avere la minima intenzione
di
lanciare il colpo e non appena posai lo sguardo sull’alieno
vidi che due minute
figure vi erano vicine e cercavano di sorreggerlo.
-Mamma.-
-Gohan, piantala! Scendi immediatamente da lassù!-
Vidi Baby dissentire scuotendo la testa. –Non è
più uno di noi.- Sussurrò.
Mia madre mi guardò con odio.
Il suo sguardo mi gelò sul posto, mai aveva riversato un
sentimento del genere
su di me.
-Uccidilo.- sussurrò a sua volta con una punta di stizza.
Non potevo lanciare nessuna sfera d’energia per eliminare
quell’alieno, avrebbe
prodotto un esplosione troppo forte e avrebbe ucciso le due donne.
-Non vedete quello che state facendo qui? Non capite che il male
peggiore siete
proprio voi?-
Una nuova voce aveva rotto il silenzio che si era venuto a creare, era
quella
di una pazza, o questo faceva intendere il tono discontinuo, deformato
da alti
e bassi della voce.
-Come credi sia stato essere sposata con un Saiyan, Gohan? Esseri
inadatti al
mondo in cui viviamo, molto più potenti, liberi da ogni
forma di legge che c’è
su questo pianeta. Non è proprio così?
E’ vero, forse voi vi sarete abituati a
vivere di pari passo con noi, ma infondo ci considerate sempre
inferiori. Non è
vero Baby? Tu sei nel corpo di Vegeta, puoi sentire cosa prova verso di
noi, e
non è forse ribrezzo?-
Un nuovo sentimento si fece spazio nella foschia di rabbia e desiderio
di
vendetta che mi circondava, dolore forse?
Possibile che Videl provasse veramente quei sentimenti? E questi erano
nati
prima o dopo la sua trasformazione in tsufuro?
-Cosa stai dicendo amore?-
Dissi scendendo a terra.
-Non avvicinarti! Credi che noi vogliamo la liberazione, ma Baby ha
creato una
società perfetta, con gente che ragiona solo logicamente,
senza pensieri futili
dettati dalla rabbia o dall’incoerenza tipica rispettivamente
dei Saiyan e
degli umani. Qui non c’è spazio per voi!-
Una piccola testolina si sporse
da dietro la schiena di mia moglie -Cosa ci fa qui nostro figlio?
E’ pericolo…-
stavo per dire ma m’interruppi, gli aveva puntato alla gola
un coltello.
-TI prego non fare sciocchezze!-
-Adesso basta!- Continuò lei guardandomi con occhi sgranati
e con le pupille
dilatate degli occhi rossi. –Vi siete riprodotti fin troppo
in questo pianeta.-
Stava per ucciderlo, nostro figlio, il frutto del nostro amore.
-Non te lo permetterò!- Gridai, avevo già perso
una figlia, non avevo
intenzione di perdere anche mio figlio.
Un colpo energetico e un’altra fitta al mio cuore, Videl
cadde lontana e priva
di vita.
Lacrime copiose m’invasero gli occhi mentre prendevo mio
figlio tra le braccia
e mi rialzavo in volo.
-Siete dei mostri!- Urlò Chichi correndo verso il corpo
della cognata, alla sua
affermazione, lasciata in sospeso, Bulma continuò.
-Da quando Baby è diventato l’assoluto signore di
questo pianeta, non vi sono
più omicidi, la gente non muore più di fame, ogni
cosa è basata sulla più
stretta meritocrazia, voi Saiyan, siete solo dei mostri, questo non lo
potete
comprendere!- Si fermò e poi riprese. –Non capite
che non c’è più bisogno di
voi?-
Il vento spirò scompigliando i miei capelli e quelli del
bambino che,
terrorizzato, si stringeva a me, capendo poco e nulla di quello che
stava
succedendo.
-Andiamocene da qui.- Sussurrò Gotenks, dopo di che la
fusione si sciolse.
Seguii mio fratello e Trunks.
Avevo ritrovato la mia libertà, ma a quale prezzo?
-Se
ne sono andati,
il piano ha funzionato. Per ora.- Disse Baby.
-Come sapevi che sarebbe successo tutto ciò?- Chiese Videl
rialzandosi,
indolenzita ma incolume e senza l'om,bra del rimorso sul viso,
guardando il suo
signore.
-Ho preso in considerazione vari possibili scenari futuri
all’ascesa del mio
potere.-
I quattro guardarono l’orizzonte, la battaglia non era
finita, ma appena
cominciata.
Angolo dell’autrice
In questo capitolo c’è qualcosa che non mi
convince, no so cos’è ma lo vedo
incompleto.
Se avete critiche o consigli da darmi, ormai lo sapete, sono sempre ben
accetti
:)
Vi ringrazio del vostro tempo e vi do
appuntamento al prossimo
capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Caos ***
Presto
volare divenne impossibile, sentivo la mia aura diminuire di secondo in
secondo
ed il dolore farsi sempre più profondo e penetrante.,
cominciai a scendere di
quota e questo fece preoccupare non poco Trunks e Goten che mi
afferrarono per
le spalle.
-Prendete
Jack.- Dissi tutto d’un fiato e fu, con sorprendente
velocità, che mi
liberarono dal peso di mio figlio che, purtroppo, in quel momento non
riuscivo
a sostenere.
La
velocità della discesa aumentò in pochi attimi mi
ritrovai a terra, tremante e sudato,
cercando di mantenere l’autocontrollo
che, come per burlarmi, si era nascosto, se dentro di me o in qualche
parte lì,
in quella foresta, non lo sapevo.
-Non
manca molto.- Goten posò la sua mano sui miei capelli e li
pettinò con le dita
all’indietro, scoprendomi gli occhi e lasciando trasparire al
mondo la mia
sofferenza.
Avevo
perso mia figlia, avevo ucciso mia moglie.
In quel
momento sentii come se l’oscurità mi avesse
circondato, trascinandomi in un
luogo nel quale non vi era luce, gioia o tranquillità, ma
solo il gelo,
infinito e penetrante, che mi trapassava i polmoni, mi toglieva il
respiro e,
lentamente, mi faceva uscire di senno.
Mi
nascosi il volto tra le mani, cercando inutilmente di sfuggire a quel
distino
che, onnipotente e deciso, mi aveva già preso sotto la sua
ala.
Niente
poteva raggiungermi, niente poteva toccarmi, niente poteva salvarmi.
-Papà-
Come un
raggio di sole in un giorno di tempesta, quelle parole mi colpirono, la
vocetta
chiara, limpida e melodiosa del bambino mi avevano fatto risvegliare.
Aprì gli
occhi per vedere quelli del mio Jack che, curiosi e sinceri, cercavano
di capire
il motivo delle mie lacrime. La fronte increspata da così
tanto sforzo era
quasi divertente insieme all’espressione concentrata che su
quel viso appariva
tanto sbagliata.
Aprì le
braccia e l’infante, felice e sorridente, vi si
accucciò; restammo così, per un
periodo di tempo indefinito, nessuno parlò, persino il vento
taceva, quasi
volesse anch’esso rispettare quel silenzio così
surreale in quel luogo dove la
vita, pullulante e selvatica, non si fermava mai.
-Andiamo.-
Sussurrò Trunks con la voce rotta e discontinua poco tempo
dopo.
-Dove?-
Chiesi.
I due mi
sorrisero con le lacrime che rigavano i loro volti.
–Nell’unico posto che
possiamo definire casa.-
Tra
singhiozzi sommessi e pacche sulla schiena i due amici mi raccontarono
tutto
quello che avevano vissuto nell’arco di pochi mesi e sospirai
amaramente
scoprendo che il loro risveglio era avvenuto molto prima del mio,
forse, se
fossi stato io al loro posto, la mia piccolina e mia moglie sarebbero
state
ancora vive.
Strinsi
i denti e m’irrigidì per evitare altre lacrime,
mio figlio percepì il
cambiamento e strinse la presa attorno al mio collo.
-Quanto
manca?- Dissi dopo parecchi minuti di marcia e di silenzio.
-Siamo
arrivati.- Disse Trunks scostando delle larghe foglie e rivelando la
radura che
li aveva ospitati per lungo tempo.
-Certo
che Uub e C-17 se la sono svignata in fretta.- Dissi avvertendo
l’aura di Uub
all’interno della casa, non si dava la pena neanche di
nasconderla.
-Trunks,
com’è possibile? Sento la sua aura!-
Sussurrò Goten all’amico che si limitò
a
stringersi nelle spalle per poi aggiungere.
–Tutto quello
che vorrei e sentirne un’altra.- A quelle parole i tre
ripiombarono nel
silenzio, ma quando l’odore penetrante del sangue giunse alle
loro narici
corsero verso la porta.
-Aprite!-
L’urlo di Gohan giunse all’orecchio di C-18 come un
suono sgradevole e
fastidioso.
-C-17,
me la posso cavare anche sola qui! Ormai abbiamo finito, va ad aprire!-
Strillò
isterica.
L’androide
annuì e si diresse con passo incerto verso la porta, era
terrorizzato, chissà
cosa avrebbe fatto loro Gohan non appena avesse visto il loro operato.
Il fatto
che già non avesse buttato giù la porta con la
mano lo aveva un po’ rincuorato,
stava a significare che aveva ancora un po’
d’autocontrollo dentro di se e che,
forse, non avrebbe reagito d’impulso alla vista del corpo
della figlia.
-Dov’è?-
Chiese precipitandosi all’interno della casa.
-Al
piano di sopra.- Si limitò a rispondere C-17 freddo, non
dando la minima
dimostrazione di ciò che gli si agitava dentro, sentiva che
stava per dare di
stomaco, però una cosa lo compiaceva in quel momento, era
riuscito ad avere lo
stesso temperamento della sorella.
I tre
uomini entrarono in casa e seguirono l’androide fino nella
camera in cui
giaceva Pan.
Freddo,
faceva così freddo.
Vedevo
quello che mi accadeva attorno come se tutto fosse a rallentatore,
anche quando
C-18, insieme al fratello, mi aveva sollevata e cullata tra le braccia,
sottraendomi a quella pozza di sangue, il mio sangue, nella quale ormai
stavo
morendo, e mi aveva portato in pochi attimi in una sorta di sala
operatoria.
Che
sciocca che ero stata, vedevo tutto così chiaramente ma non
riconoscevo nulla
di quello che mi passava davanti agli occhi, questo perché
ero concentrata su
ben altro.
Il
significato della vita, la mia vita, e delle cose che avevo fatto. In
quell’attimo
di puro caos, avevo accettato la morte troppo stanca per andare avanti.
Sentivo
le braccia di ella cingermi, pronta a trascinarmi in un luogo di pace
eterna e
tutto attorno a me si era fatto buio.
Si dice
che una cosa non capiti mai due volte nello stesso modo, ma quando una
nuova
luce mi avvolse e mi apparve nuovamente Re Kaio non potei fare a meno
di
pensare che fosse sbagliato, sorridere e chiedergli, con una
semplicità unica :-Sono
morta?-
Rispose
al mio sorriso e alla mia domanda. –Dipende da cosa vuoi
fare. Posso darti un
attimo di tempo e permetterti di continuare a lottare per la vita, per
afferrarla ed avere un’altra occasione. La vuoi?-
Sapevo
che il dolore sarebbe tornato, insieme ai mali che tanto mi avevano
ferito in
quei vent’anni, ma sentivo il mio istinto di Saiyan incitarmi
continuare a
combattere e sapevo che non avrei mai potuto ignorarlo, era questo il
motivo
per cui, tante volte, mio nonno era andato incontro alla morte,
sfidandola
sempre, e mai lo capii come in quel momento.
Continuai
a sorridere al Dio, non aveva bisogno di una risposta data ad alta
voce, tutto
quello che mi disse fu :-Sono fiero di te!- E col suo solito modo di
fare mi rispedì
indietro.
Mi
aspettavo il dolore, ma non così intenso! Quello era troppo!
Volevo piangere,
volevo urlare, volevo andare nel regno di pace in cui sarei sicuramente
finita
se non avessi scelto di tornare.
Scelto…
Quella
parola mi fece ricordare ogni mia motivazione e quando sentì
il fagiolo di
Balzar scendermi in gola il dolore quasi cessò, ma non il
freddo.
NO!
Stavo morendo ugualmente! Ma perché!?
Un
dolore acuto alla tempia, sentii il sangue scendermi in un rivolo da
essa e
coprire il mio occhio sinistro.
Ma cosa
mi stava succedendo?
-Aiutatemi.-
Riuscì a rantolare e poi tutti i miei sensi si spensero.
Posai l’orecchio
all’altezza del cuore della mia amata e lo sentii battere.
Il
sollievo mi pervase il cuore e i miei nervi tesi si rilassarono.
Mi
abbandonai sulla sedia, continuando a tenere la testa sul cuore di lei
e restai
così per un po’, approfittando del momento in cui
Gohan si era lasciato
sopraffare dal sonno e aveva smesso, anche se per pochi minuti, di
vegliare
sulla figlia.
Era
molto raro che restasse sola per più di un’ora,
ognuno aspettava il suo
risveglio per potersi accertare che ogni cosa fosse andata per il verso
giusto,
e così i momenti da solo con lei, addormentata, erano molto
rari, per non
parlare poi degli altri due spasimanti che non mi permettevano mai di
avvicinarmi.
Restai
ancora in quella posizione e presto sentii il torpore simile al sonno
cominciare a pervadermi il corpo e la mente.
Stavo
quasi per addormentarmi quando delle mani delicate presero a giocare
con i miei
capelli lillà.
-Sai
Trunks, ho sempre adorato i tuoi capelli.-
La voce
sinuosa di lei mi fece sussultare e arrossire per essere stato sorpreso
nell’atto
dell’ ascoltare il suono del suo cuore, ma quando alzai il
viso verso di lei
dimenticai l’imbarazzo e mi paralizzai di fronte al colore
dei suoi occhi,
azzurri.
L’azzurro
metallico degli androidi.
Angolo
dell’autrice
E
così finisce un altro capitolo
di questa storia.
Aggiornerò
il più presto
possibile e ringrazio davvero tanto voi che continuate a seguire,
leggere e/o
recensire la mia storia.
Grazie di
cuore, alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Sguardo ***
Non
avevo mai visto nulla del genere.
I
lineamenti del suo viso erano come marcati da una lieve luce, le
sopraciglia
scure risaltavano su quegli occhi azzurri e creavano uno spettacolare
gioco di
colori, mentre le sue labbra, carnose e perfette, completavano il tutto.
Non
potei fare a meno di pensare che fosse un angelo e non resistetti
nell’allungare una mano verso quel viso, dalla bellezza quasi
eterea, che
riconoscevo a stento come quello di Pan.
Non che
prima della trasformazione non fosse bella, quello lo era
già, ma l’alone di
mistero che la circondava mi trascinava verso di lei e, sentendo
l’impulso
d’approfondire quel contatto, posai le mie labbra sulle sue.
Restai
scioccato dai miei movimenti insicuri e goffi, mai mi ero sentito in
quel modo,
con nessuna donna, ma, quando lei rispose al mio bacio, abbandonai ogni
esitazione.
Con
ardore le nostre lingue s’incrociarono e le mani cercavano
qualcosa di più che
il semplice volto dell’altro.
La dea
dagli occhi dI ghiaccio mi sfilò la maglietta e prese ad
accarezzarmi
dolcemente la schiena e, percosso da un brivido di eccitazione, mi
spostai su
di lei e presi ad alzare lentamente la sua quando un urlo
m’interruppe.
-Cosa
diavolo state facendo!-
Gohan
entrò come una furia nella stanza e la temperatura
sembrò abbassarsi di mille
gradi, si avvicinò a passo svelto e deciso verso di me e mi
afferrò per il
collo, trascinandomi sino alle mura opposte alla porta della stanza.
-Papà,
lascialo!- Pan gridava dietro il Saiyan e fu a quel punto che
riacquistò il
lume della ragione.
MI resi
conto che altre figure si accalcavano intorno alla porta e dalla
distanza di
Uub da quest’ultima capii che era stato lui ad entrare per
primo nella stanza,
certo, anche la sa espressione ferita e delusa ne era una prova, ma non
gli
avrei permesso di avere via libera con Pan, di questo ero sicuro.
Gohan
aveva lasciato il mio collo e stava abbracciando stretto la figlia,
come se non
l’avesse voluta lasciare mai più.
Le
lacrime di entrambi si univano in un tutt’uno e quando, con
fare gioioso e
allegro, il piccolino di casa entrò, si fece stringere dalle
braccia forti del
padre e della sorella.
In quel
momento ebbi un tuffo al cuore, mio padre, mia madre e Bra...
Abbassai
lo sguardo e uscii dalla stanza per dirigermi verso la cucina.
-Come
stai?- Sorrisi, lo sapevo che mi avrebbe seguito.
-Non
male.- Risposi atono fissando lo sguardo sul tavolo di legno.
-Trunks
lo sai che mi puoi raccontare tutto.- Goten mi si avvicinò
e, con quel suo fare
da bambinone, avvicinò una sedia alla mia.
-E così,
mia nipote eh?- Inarcai un sopraciglio, nonostante la sua
ingenuità, sapeva
benissimo quando non doveva toccare certi argomenti e mi lasciava
spiazzato
quando cambiava radicalmente l’elemento della conversazione,
perché, lo sapevo
benissimo, non era quello il motivo per cui mi aveva seguito.
Avevamo
parlato rare volte della situazione dei miei e di mia sorella, non era
raro che
cambiassi argomento nel bel mezzo della discussione e lui lo accettava,
con
tutta probabilità aspettava che fossi io a parlarne, ma
ancora non ero pronto.
-Già-
Sussurrai.
-Sai che
Gohan ti ucciderà vero?-
-E’ più
probabile che sia mio padre ad uccidere te, di quanto sia Gohan ad
eliminarmi.-
-Abbiamo
rischiato la vita già troppe volte direi.- Rispose il
ragazzo ridendo.
–Piuttosto, hai visto tra chi ti devi mettere in mezzo? Non
mi piace molto il
comportamento di quei due, e ora che mia nipote è un cyborg
non vorrei che a
C-17 venissero strane idee.-
-In
questo caso, glieli farò passare io!- Dissi agitando un
pugno e prendendo a
ridere a mia volta, ma subito il malumore si fece risentire e mi zittii.
-Riusciremo
a curarli, vedrai.- Mi diede una pacca sulla schiena e si
alzò, fiducioso e
determinato.
-Goten,
loro non vogliono essere salvati. E se, dopo tutto, loro non stessero
male
senza di noi? Insomma, la terra è stata attaccata molte
volte quasi unicamente
per colpa dei Saiyan. E se quello che ci ha detto Bulma fosse vero? Se
il male
peggiore fossimo proprio noi alla fine?-
-Direi
che sarebbe ironico.- La voce di C-18 entrò prepotente in
quella conversazione.
–Tanti anni passati a combattere, e per che cosa poi?-
Piombò
il silenzio, non sapevamo cosa risponderle e lei alzò gli
occhi al cielo.
-Vi
hanno mai raccontato di Pilaf? O dell’esercito del fiocco
rosso?-
Annuimmo
entrambi, ricordavo ancora come mia madre, premurosa e ancora umana,
che mi
raccontava delle avventure vissute da lei e dai suoi amici.
-Bene,
secondo voi perché Goku ha sconfitto l’esercito
del fiocco rosso, o tolto di
mezzo Pilaf e Al Satan?-
-Perché
questi volevano imporre il loro volere alla popolazione.- Risposi senza
neanche
pensarci più di tanto.
-Certo,
per permettere ad ogni uomo di questo pianeta di essere libero, di
pensare e
fare ciò che vuole. In un altro modo potremmo dire che ha
concesso al mondo il
libero arbitrio.-
La donna
avvicinò a sua volta un’altra sedia.
-E’ così
sbagliato?- Quelle parole mi uscirono dalle labbra in un impeto,
impedendomi di
fermarle.
-Cosa?
Togliere il volere altrui?- Chiese Goten con la fronte corrucciata.
-Se
questo fa sì che l’umanità si comporti
ragionevolmente e che non commetta
errori. Mia madre ha detto che nessuno soffre più di fame,
che non ci sono più disuguaglianze
sociali.-
Sbuffai
e mi infilai le dita tra i capelli, cercando di rimanere lucido
nonostante il
sonno che stava cominciando a farsi sentire.
-Ma
Trunks, non è proprio questo il bello degli esseri umani?
Ognuno è diverso,
ognuno è fatto a modo suo. Nel corso delle generazioni, ma
che dico delle
generazioni, nell’arco di un’unica vita, ogni
singola persona può correggersi e
migliorare, sempre. L’errore è naturale, quasi
fondamentale direi, perché senza
di esso non potremmo mai arrivare a capire cos’è
giusto o cosa è sbagliato.-
Dopo
quelle parole, dette frettolosamente, C-18 distolse lo sguardo,
sembrava che l’argomento
dell’umanità stessa la toccasse personalmente.
La
contemplai mentre si sistemava una ciocca ribelle dei corti capelli
biondi e
quando riprese a parlare aveva la mia completa attenzione.
-Io sono
un Cyborg. Non sono umana, non sono una macchina. Questa non
è altro che una
maledizione e sai perché? Perché ogni mia
decisione, partendo dalla più
insignificante alla più importante, l’ho presa
seguendo un ragionamento freddo
e calcolatore.- S’interruppe nuovamente e sorrise.
–Sai, per sposare Crilin ho
tenuto conto di tutti i pro e contro, il giorno delle nozze stesso mi
sembrava
del tutto frivolo e superficiale, ma se devo essere sincera a quel
tempo io non
lo amavo forse è questo il motivo. Ho accettato di sposarlo
solo perché era la
soluzione più logica, stando vicino a lui, avrei potuto
osservarvi più da
vicino, vedere i vostri cambiamenti e miglioramenti. Ho fatto tutto
ciò solo
per avere più probabilità di sopravvivere. Poi
restai incinta e continuai a
vedere come Crilin mi stava vicino nonostante i cambiamenti che
avvenivano nel
mio fisico e cominciai a provare qualcosa per lui. Sì,
credevo che stesse con
me solo per la mia bellezza esteriore, nient’altro. Quello
che sto cercando di
dirti è che ho seguito il filo della mia vita come un
androide e nient’altro,
tralasciando il mio lato umano che è ritornato dopo molto
tempo, se avessi dato
molto più spazio ai miei sentimenti forse non avrei sposato
Crilin, la mia
scelta sarebbe ricaduta su un altro...- Lasciò la frase in
sospeso, ancora non
capivo il motivo per cui mi stava raccontando quelle cose.
–Loro non hanno il
controllo del loro corpo Trunks! Un altro essere li sta controllando
dall’interno
stesso! Questo potrà prendere decisioni ai quali loro sono
contrari! Lo tsufuro
è solo un virus, niente di più e niente di meno,
come lo è il mio cervello
fatto da fili! Non credere che oro siano felici perché non
lo sono. Sarà vero
il fatto che abbiano un lavoro sicuro, un pasto caldo, ma quando non si
ha se stessi
vale sul serio la pena di vivere? Sono riuscita a tornare una donna,
un’umana,
solo dopo molto tempo perché questa mia parte è
riuscita ad imporsi sul freddo
metallo.-
Detto
questo si alzò e ripose la sedia al suo posto. –E
pian piano ho cominciato ad
essere felice. Quindi Trunks, non chiederti se vogliono essere
liberati, perché
è una domanda alquanto stupida.-
Stava
per andarsene quando si fermò. –E sta attento con
Pan. La sua mente ora potrò
spingerla tra le braccia di mio fratello, è la cosa
più logica da fare, ma sappiamo
entrambi che l’amore non è logico. Trunks prenditi
cura di lei e non farla
pentire delle sue scelte.-
Lasciò
la stanza e si chiuse in camera sua.
-Beh
fratello.- Disse Goten con un sorriso da ebete. –Hai avuto la
tua risposta.
Piuttosto, secondo te, a chi ha dovuto rinunciare per seguire la
logica?-
-Ma cosa
sei, una femminuccia pettegola? E comunque sarà stato
sicuramente qualcuno che
ha conosciuto prima del suo rapimento.-
Mi alzai
a mia volta imitato da Goten e continuai a riflettere, lo sguardo perso
nel
vuoto di C-18 non mi convinceva di quella mia ultima frase.
“No,”
pensai “Non credo che sia stato qualcuno che abbia conosciuto
prima della
trasformazione”
Continua...
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Tranquillità ***
Angolo
dell’autrice
Salve a tutti
Visto i
toni oscuri che si erano creati andando avanti con i capitoli, ho
deciso di
creare una sorta d’intervallo in questo capitolo.
Sono
passate due settimane dallo scontro con Baby, e solo ora i nostri eroi
stanno
cominciando a lasciarsi andare, infatti sarà un capitolo
incentrato interamente
su Gohan, per poi andare ad aprirsi a tutti gli altri coinquilini.
Vi
ringrazio del tempo che trovate per leggere la mia storia, vi aspetto
al
prossimo capitolo!
L’aria
fresca della sera filtrava attraverso la finestra aperta della mia
camera da
letto e scompigliandomi lievemente i capelli e facendomi ridestare
dallo stato
di dormiveglia in cui ero caduto da non molto tempo.
Sospirai
e mi misi a sedere sul letto ripensando agli avvenimenti di quei giorni
che,
incredibile a dirsi, si ritrovavano a competere per bellezza ai miei
giorni più
lieti, ma la solitudine spesso lascia a pensare troppo la mente umana e
non
appena ricordai, lo sconforto mi pervase l’anima.
Ricordare,
ma cosa mi era preso? Come avevo potuto dimenticare una cosa del genere?
La mia
tanto amata Videl…
Avevo
commesso un omicidio, avevo ucciso mia moglie, nessuna giustificazione
era all’altezza
della mia azione.
Voltai
la testa verso la finestra e la
grande
luna mi colpì, facendo risvegliare in me sentimenti e dubbi
che credevo persi
da anni. Mi ritrovai a pensare alle mie origini aliene, come spesso
facevo da
ragazzino, e mi chiesi ancora una volta se dentro di me si celasse
qualcosa di
veramente incontrollabile e mostruoso.
Andando
avanti con gli anni, questa, era una domanda della quale non mi ero
più
preoccupato, perché, avendo accanto una bellissima moglie e
una figlia
perfetta, non mi sentivo più un Saiyan, solo una persona
normale, pronta ad assaporare
ogni singolo attimo di una vita ben spesa.
Risi, e
il suono della mia voce si propagò nella stanza come il
suono di mille campane,
tanto era silenziosa la notte, facendomi sentire sempre più
solo e, purtroppo,
permettendomi di contemplare ancora più affondo la mia
natura.
Scostai
la mano e la passai nella parte del materasso libero del grande e
sontuoso
letto matrimoniale, poi strinsi i pugni e il cuore prese ad accelerare
i
battiti, mentre lacrime copiose mi rigavano il viso, scendendo da esso
e
giungendo alle immacolate coperte bianche e in quel momento pensai che
forse
sarei dovuto sparire, andare via dal mondo e non tornare mai
più. I ragazzi
avrebbero potuto combattere contro Baby anche senza di me.
Un
bussare lieve alla porta mi riportò alla realtà e
il cigolio provocato dall’apertura
di essa m’incuriosì, volevo assolutamente sapere
chi, a quell’ora della notte,
aveva avuto bisogno di me, mi asciugai in fretta le lacrime con la
manica del
pigiama e quando il pargolo si fece strada nella stanza buia capii di
essere
stato solo uno sciocco.
-Vuoi
venire nel lettone?- Chiesi sorridente a Jack.
Il
piccolo annuì, stranamente timido, e gli feci largo tra le
lenzuola,. Ancora
non aveva fatto l’abitudine a quell’enorme casa nel
bel mezzo della foresta.
Lo
strinsi a me e chiusi gli occhi, in attesa del sonno, ma quando la
porta si
aprì nuovamente alzai la testa di scatto, facendo svegliare
il bimbo che nel
frattempo si era addormentato.
-Posso unirmi
anche io?-
Guardai
inarcando le sopracciglia l’adulta ventenne che ricambiava il
mio sguardo, un
vago rossore sul volto.
-Non sei
un po’ troppo grande per queste cose? E poi mi sembra che tu
abbia anche il
fidanzato.- Risposi acido mentre la ragazza abbassava lo sguardo a
terra, mi
sentii in colpa, forse l’avevo offesa, ma quando lei
alzò nuovamente il capo
aveva dipinta sul viso un’espressione birichina e con fare
canzonatorio mi
disse.
-Non è
che sei geloso?-
-Dai
papà!- S’intromise il piccolino, facendo spazio
nel lettone alla sorella che si
sdraiò e si coprì con le lenzuola.
Presto i
miei tesori più grandi si addormentarono e carezzai loro le
candide guance.
Sapevo
che Pan non avrebbe mai più dormito insieme a me, stava
crescendo, o forse
questo lo aveva già fatto, ipotizzai che era lì
solo per recuperare quella
parte della vita che le era stata negata per sei anni.
Non
chiusi occhio quella notte, vegliai beato sulle creature mie e di
Videl, che si
abbracciavano a vicenda nel sonno, protette da un padre che, per troppo
tempo,
non era stato in se.
-Sveglia
fratellone e famiglia! Sveglia!-
Mio
fratello Goten entrò nella camera con un tamburo, preso da
non seppi mai il
dove, cominciando a suonarlo con malagrazia.
Io avrei
potuto sopportare di tutto, ma l’essere alquanto suscettibile
di mia moglie era
una caratteristica che sui miei figli si era imposta, lasciando che,
sotto i
miei occhi increduli, il bambino e la sorella balzassero dal letto e
spaccassero in testa a mio fratello il povero strumento che si
distrusse come
nulla al contatto della pelle coriacea del Saiyan.
Guardai
divertito il trentaduenne che aveva le lacrime agli occhi per lo
strumento
andato in frantumi e, infondo, ero contento delle azioni dei miei figli.
Scoppiai
a ridere e una volta che le risa mi uscirono dalla bocca, fu difficile
fermarle.
I nervi
che per giorni erano stati tesi al massimo, cominciavano a rilassarsi,
mentre,
per la prima volta, tutti si scioglievano in attacchi di risa
disinvolti che
non erano dettati dall’amarezza, dal sarcasmo, o da qualunque
altra emozione se
non quella della pura felicità dell’essersi
ritrovati, la morte di mia moglie
mi colpiva ogni secondo, ma durante la notte avevo imparato ad
accettarla, l’avrei
reclusa in un angolo della mia mente e quando sarei stato solo ci avrei
fatto i
conti.
Ora
dovevo solo essere un padre sicuro e responsabile, lo ero stato per
quattordici
anni, avrei continuato ad esserlo, ma mi sarei allenato di
più e presto, molto
presto, avrei ridato all’umanità la
libertà, una cosa che per molto anni era
stata loro negata, ma alla quale avevano il pieno diritto.
Presto
gli altri coinquilini vennero attratti da tutto quel frastuono, tutti
cominciarono a ridere alla vista di Goten circondato da residui di
pelle,
persino C-18 e C-17, per una volta, si erano lasciati andare.
Vero era
che tutto ciò fosse una motivazione inutile per mettersi a
ridere, anzi, più
che inutile, stupida per degli adulti, ma stando per giorni sottoterra,
anche
quando s’incomincia a vedere una flebile scintilla ti sembra
la cosa più
luminosa al mondo.
-D’accordo.-
Dissi tra un singhiozzo e l’altro -Chi va a preparare la
colazione?-
Gli
stomaci di cinque Saiyan non tardarono a farsi sentire.
-Le
scorte stanno finendo.- Sussurrò C-17. –Dovremo
andare a fare la spesa.-
Un
inquietante silenzio si fece largo tra i presenti, mentre le azioni di
Trunks e
Goten cominciarono ad equivalere, come se fossero un
tutt’uno, come se fossero
Gotenks. Piegarono entrambi la testa di lato.
-Le-
Cominciò Goten.
-Scorte?-
Finì Trunks.
-Quindi
vuoi dire che c’è ancora un po’ di cibo?
Vero?- S’intromise Pan avvicinandosi impercettibilmente
alla porta d’ingresso.
-Già.- Disse
C-17, non spostandosi minimamente dalla soglia della porta, come invece
avevano
già fatto Uub e C-18. Non capiva il pericolo che stava
correndo.
-Io ho
tanta fame.- Disse il piccolo avvicinandosi alla sorella, mentre io,
molto
lentamente, mi alzavo e mi avvicinavo alla porta.
-NON M’IMPORTA
DI NULLA, SARO’ IO AD ARRIVARE IN CUCINA!- Urlò
Goten come un forsennato.
Un
polverone di dimensioni bibliche, alzatosi, non si sa come, dal
pavimento
pulitissimo, ricoprì C-17, insieme alle pedate dei Saiyan
che, nel tentativo di
superare Goten, lo condussero quasi in fin di vita.
-Aiutami
ad alzarmi C-18.-
Lei lo
guardò con sdegno. –Fila in bagno a farti una
doccia, io non ti tocco.-
Lo
scavalcò, lasciandolo basito, e Uub fece la stessa cosa, ma
fu più buono dell’androide,
infatti si voltò verso C-17, ancora agonizzante, e disse.
–Non t’intromettere
mai, e dico mai, nella strada che c’è tra un
Saiyan e del cibo.-
Osservai
tutta la scena, avevo già rinunciato al proposito di fare
colazione, non avrei
trovato niente comunque, un sorrisetto mi comparve sul viso e mi decisi
a
raggiungere gli altri.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Navi spaziali ***
La
mattinata trascorse in un batter d’occhio, ma, quel giorno,
il freddo non dava
segno della minima intenzione d’andarsene, tutto al contrario, sembrava farsi
più intenso con l’inoltrarsi
del pomeriggio.
Seduta
in camera mia, con la fronte appoggiata alla finestra, osservavo
attentamente i
fiocchi di neve che cadevano sul terreno in una danza lenta e sinuosa,
ammirando ogni più piccola sfaccettatura di quel loro bianco
così puro.
La mia
nuova vista mi permetteva di registrare anche il più piccolo
particolare,
facendomi apprezzare persino gli oggetti più banali.
Il gelo
del vetro mi costrinse a scostarmi, facendomi sospirare, anche il tatto
si era
affinato, rendendo la mia pelle molto più sensibile al tocco
e alla temperatura
dell’ambiente. Così come il tatto, anche gli altri
sensi si erano sviluppati,
ma a queste nuove caratteristiche del mio corpo ci avrei fatto presto
l’abitudine, erano i miei sentimenti a preoccuparmi.
Avevo
cominciato ad evitare Trunks, ignorato Uub e rafforzato molto il mio
legame con
mio padre, mio fratello e mio zio.
La porta
si aprì ed un ciuffo di capelli castani fece capolino.
-Non si
usa bussare?- Chiesi irritata ad Uub che mostrava un sorriso a
trentadue denti.
-Ah, è
roba antica.-
Lo
guardai di sbieco. –Già, come
l’educazione.-
-Come
siamo suscettibili oggi.-
Continuai
a guardarlo storto, ed il mio sguardo, forse, aveva fatto effetto.
Alzò le
mani in segno di resa e si sedette sul mio letto.
Vidi il sangue
fluirgli nelle guance, dandogli una carnagione vagamente rosea, e la
spavalderia
abbandonarlo.
-C-18 ha
ordinato una riunione, siamo già in ritardo di dieci
secondi.-
Mi
sorrise nuovamente e non potei fare a meno di rispondergli con un altro
sorriso.
-Sarà
meglio non farla aspettare allora.-
Seduti
intorno al grande tavolo di legno, con C-18 che li guardava con aria
severa, mi
fece sembrare i miei coinquilini, bambini in punizione.
-Voi
due!- Il suo dito accusatore indicò me ed Uub,
indietreggiammo di vari passi.
-Sedetevi.-
Raggiungemmo
gli altri, silenziosissimi e immobili, e mi chiesi a cosa fosse dovuto
quel
comportamento così ansioso.
-Voglio
uscire.-
Quelle
due parole bastarono a far ricevere al Cyborg sei paia
d’occhiatacce da parte
di tutti i presenti.
-E’
pericoloso! C-18, non credo che sia proprio il caso!-
-Sono
finite le scorte Gohan! Moriremo di fame!-
-No, noi
sappiamo cacciare!-
-Certo
Goten! Ma ci sono certe cose che non si trovano in natura!-
-Fammi
un esempio!-
Lei si
limitò a guardarlo male mentre pescava da una borsa dei
pacchetti.
-Cosa
sono?- Chiesi sporgendomi sul tavolo.
-Lenti a
contatto rosse.-
-E dove
le hai trovate?-
-Un
attimo solo.- Disse alzando un dito e finendo di distribuire le scatole.
Annuii e
mi misi composta sulla sedia.
-Ho
comprato queste lenti un paio di mesi fa, in previsione del fatto che
se
avessimo avuto voglia d’uscire avremmo dovuto travestirci, o
nascondere almeno
il colore dei nostri occhi. Gli occhiali da sole in inverno credo che
diano fin
troppo nell’occhio e per quanto riguarda la tua coda Pan,-
Continuò vedendo che
stavo per obiettare. –Ho un cappotto che credo sia adatto a
te, non si vedrà
nulla. Certo che se la volessi tagliere…-
Scossi
la testa, non se ne parlava proprio. –Perché non
mi hai dato le lenti a
contatto? E dove le hai trovate rosse?-
Sorrise
e chiuse gli occhi.
-Un Cyborg
non ha bisogno delle lenti per cambiare colore degli occhi.-
Venne scossa
da un lieve tremore, e poi li riaprì, rossi.
-Come
hai fatto?-
-Te lo
insegnerà C-17, e le ho trovate rosse per via di Halloween.-
-Si
festeggia Halloween?- Ero del tutto incredula.
-Sì,-
Continuò sbrigativa. –Non ti piacerebbe sapere chi
sono le maschere più
apprezzate.-
Avevo
una certa idea riguardo i travestimenti, ma non avevo dato molta
importanza
all’ultima frase pronunciata dalla donna. Non credevo che
quegli esseri, così
atoni e monocordi, potessero fare qualcosa che si avvicinasse al
festeggiare.
-La
festività è cambiata. Quello che si ricorda quel
giorno è la vostra sconfitta
da parte del grande Baby.- Finì con tono sarcastico.
-Tra un quarto
d’ora alla porta d’ingresso.- Continuò
C-17, facendo il verso alla sorella
irritata.
-E
ritornando al discorso del colore?-
Il
Cyborg dai capelli corvini mi
sorrise e
si avvicinò con passo
lento ed elegante,
fino a quando le sue labbra non furono a pochi centimetri dal mio
orecchio e
quando parlò il suo fiato sul collo mi fece sobbalzare.
-Chiudi
gli occhi, concentrati solo ed unicamente su di essi, visualizza il
colore, fa
che diventino rossi.-
Seguii
le sue istruzioni alla lettera. Mi concentrai solo ed esclusivamente
sul rosso
e quando li riaprii gli
altri restarono
senza fiato.
Buon
segno, ce l’avevo fatta, ma un lieve pizzico alla testa mi
fece sussultare.
-Hay!-
Mi lamentai guardando gli androidi.
–Cos’è?-
-O,
niente di che. Stai per morire.-
Guadai
C-17 storto, mi trattenni dal dargli un pugno e rivolsi
un’occhiata
interrogativa a C-18.
-Niente
di che, è normale la prima volta.-
Tutti si
dileguarono per andare a prepararsi, tranne Trunks, vestito
perfettamente e
senza l’ombra di un capello lilla fuori posto.
-Hey
piccola.-
Un’altra
occhiataccia, l’ennesima in quel giorno.
Lui
sorrise, e, inutile dirlo, non riuscii a tenergli il broncio.
-Sai, alcuni
lati del tuo carattere non sono per niente cambiati.- Disse
avvicinandosi per
poi posare le sua mani sulla mia vita, portandomi a lui.
-Per
esempio?- Riuscii a chiedere con molta fatica.
-Non ti
piacciono i nomignoli.-
-Mmm.-
Annuii alzando il viso in cerca delle sue labbra. Si
avvicinò sempre di più e
mi accontentò, con un bacio lungo e intenso, le sue mani
cominciarono ad
accarezzarmi la schiena mentre le mie affondavano nei suoi morbidi
capelli e lo
attiravano sempre di più a me.
Solo
dopo avermi fatto desiderare molto di più da lui, si
staccò.
-Uffa!-
Lo strinsi ancora un po’ a me e rise, riprendendo a baciarmi
con baci sempre
più profondi e lussuriosi.
-Avete
finito?-
La voce
seccata di Uub mi riportò alla realtà e sciolsi
dalla presa, per niente casta,
nella quale avevo imprigionato Trunks.
Arrossii
e abbassai lo sguardo.
-Si
esce!- Jack tutto contento saltò in braccio al suo
papà e una volta fuori in
giardino, dopo che C-18 mi diede il cappotto, spiccammo il volo verso
Nuova
Città dell’Est.
Come
immaginavo, in quel luogo non regnava altro che l’ordine
assoluto.
-Comportatevi
decentemente.- Sussurrò C-18 avviandosi verso il centro
commerciale.
La
seguii, anche io silenziosa e timorosa di essere scoperta. Avevo paura
degli
individui che mi passavano accanto, mi sembrava che loro potessero
sentire cosa
fossi in realtà ed il mio senso di disagio crebbe. Inoltre,
le aree che si
avvertivano in quel luogo erano tetre, malinconiche e infinitamente
pesanti, mi
sembrava di cadere in un burrone, destinata al buio eterno.
-Non
ascoltare le loro auree.- Sussurrò mio padre.
–Ignorale, puoi stare tranquilla.
Sono troppo indaffarati per occuparsi di noi.-
Osservai
più attentamente la gente che camminava svelta e decisa,
segno che avevano una
destinazione, i loro sguardi non sembravano soffermarsi su di noi per
più di
pochi millesimi di secondo che subito li riabbassavano e riprendevano a
camminare.
-Ok, io
e Pan andiamo al Supermercato.-
-C-18.-
La interruppi. –Ma non abbiamo soldi.-
-Ci ha
già pensato Trunks.-
Annuii
guardando il mio ricco ragazzo figlio del dittatore. –Ma
quando?-
-Il suo
Papi non ha bloccato la carta di credito.-
Guardai
male Goten, che aveva usato un tono di voce molto canzonatorio.
-Basta!-
Riprese sussurrando C-18. –Dividiamoci, andate dove credete.-
La donna
mi afferrò per il braccio e mi condusse verso
l’entrata del negozio. C’era
qualcosa, in tutta quella faccenda, che non mi quadrava.
Eravamo
sette adulti ed en bambino, c’era davvero bisogno di uscire
in questo gran
numero per fare compere?
I miei
occhi continuavano a cambiare obiettivo, cercando di esaminare tutto
ciò che mi
circondava.
“Hai
capito, non è vero?”
Spostai
la testa verso C-18, le sue labbra non si erano mosse, mi stava
parlando
telepaticamente.
“No, non
credo. Mi sembra strano che tu sia voluta uscire con tutti gli altri.
Sarei
potuta andare io da sola per rifornire le scorte. Cosa sta
succedendo?”
Mi
sorrise. “Sapevo che avresti capito. Vero è che
dobbiamo prendere delle scorte.
Ma oggi Baby vuole fare qualcosa. Tre giorni fa, Goten e Trunks erano
fuori ad
allenarsi. Hanno visto delle navi della Capsule Corporation dirigersi
verso lo
spazio. Erano navi da guerra.”
“Le
hanno viste da vicino?”
Mentre
parlavo scansai un anziana signora che cercava inutilmente di prendere
un
barattolo in uno scaffale troppo alto per la sua statura alquanto
minuta.
-Tenga
signora.- Dissi con un sorriso, prendendo il barattolo di pomodoro.
Lei
guardò prima esso e poi me, con aria distaccata e
calcolatrice, afferrò
l’alimento e si recò in tutta fretta verso le
casse.
“ Sì,
sono riusciti ad avvicinarsi poco prima che le navi si disperdessero
nello
spazio. Inoltre Baby non è in casa. C-17 è uscito
stamattina, dopo che voi
avete fatto colazione, ed è ritornato con un giornale nel
quale si diceva che
sarebbe tornato oggi. Comunque hai fatto male ad aiutare quella
donna.”
Indicò
con un cenno del capo la vecchia, ora fiancheggiata da due grosse
guardie.
“Mi
faceva pena” Cercai di dare al mio tono mentale una minima
sfaccettatura di
scuse.
Guardai
le borse della spesa che erano nelle nostre mani, erano già
piene, saremmo
stati apposto per un paio di giorni ancora con quella roba.
“ Ho la
sensazione che non pagheremo queste cose, vero?”
Scrollò
le spalle. “Se la sono cercata loro.”
-Voi
due, venite con noi!- La guardia più alta puntò
le mani sui fianchi, come se
avesse a che fare con due taccheggiatori di second’ordine.
Se fosse
stata una situazione normale, mi sarei vergognata da morire. I clienti
erano
tutti girati verso di noi. Avremmo pagato, se non ci avessero attaccate
e
nessuno si sarebbe fatto male. Peccato, per loro.
-Mani
bene in vista!- Continuò quello più basso ma
più muscoloso dell’altro avvicinandosi
a C-18.
-Va
bene.- Disse lei arrendevole mettendo le mani in alto, mentre
l’uomo si
avvicinava minaccioso.
Fu un
attimo. C-18 saltò, e con un calcio della gamba destra
colpì la guardia sul
mento, facendolo andare a finire nei reparti surgelati sotto lo sguardo
incredulo del suo compare che, sicuro di sé, si
precipitò sudi me, cercando di
colpirmi in viso con un pugno, peccato che mi mancò
perché mi ero abbassata
improvvisamente e con la sola forza dell’aura lo spedii
accanto al suo collega.
-Andiamocene
via di qui.-
-Pan,
seguimi.- La bionda cominciò a correre verso
l’uscita del centro commerciale,
con in mano le buste della spesa, la seguii a fatica, tanto era veloce,
ed una
volta fuori, il sole, luminoso, ci accecò per un attimo. Per
troppi giorni era
stato coperto dalle nuvole ed ora illuminava tutto ciò che
mi era attorno.
“Andiamocene
da qui. Gli altri ci raggiungeranno presto.”
“Mi
spieghi perché non mi avete detto nulla prima?”
Per sicurezza avevamo ripreso a parlare telepaticamente.
“Beh,
volevamo farti rilassare un po’ e mantenere il controllo
della situazione
contemporaneamente.”
Camminavamo
tra vie secondarie, perfettamente asfaltate, era incredibile il modo in
cui
Baby aveva cambiato le condizioni dei sottoborghi
cittadini.
“Farmi
rilassare in una città piena di mostri?” Chiesi
inarcando un sopracciglio.
Lei
scrollò le spalle, incurante della mia ultima affermazione.
“Dove ci
aspettano gli altri?”
“Nella
pista di atterraggio delle navi spaziali, quella aperta al pubblico. Il
popolo
dovrà recarsi lì alle sette, quindi di qui ad un
po’ di tempo” Concluse
guardando l’orologio.
“Manca
molto?”
“Dobbiamo
alzarci in volo per essere in orario.”
Il
perfetto ordine ed il silenzio che regnava in quel luogo, nonostante le
migliaia e migliaia di persone, aveva dell’incredibile,
inutile aggiungere che
era alquanto inquietante.
Non
avemmo difficoltà nel trovare gli altri, le loro aure erano
fin troppo chiare.
-Papà,
nascondete l’aura!- Parlai col tono di voce più
basso possibile, ma in quel
silenzio, mi sembrava come se avessi gridato.
Tuttavia
nessuno badò a me. Erano tutti concentrati su qual cosa, o
meglio, qualcuno al
centro della pista d’atterraggio.
-Signori
e signori, è il campione del mondo che vi parla!- Guardai
paralizzata mio nonno
materno, che riuscivo a scorgere con fin troppa facilità e
chiarezza. Potevo
vedere i suoi occhi rossi, potevo constare la sua sottomissione al
mostro.
-Vi
annunciò che la navicella di Baby arriverà tra
QUATTRO, TRE, DUE…-
Incredibile
come mio nonno non avesse perso il suo modo di fare, scellerato e
incosciente,
e fosse lì, a dar spettacolo come se fosse ancora normale.
-UNO!-
Un rombo
invase il silenzio, costringendomi a tapparmi le orecchie, imitata dai
due
Cyborg, ed un raggio di luce verde oscurò quelli cristallini
del sole.
Angolo
dell’autrice
Grazie a
voi tutti che continuate a seguirmi, spero che questo capitolo vi sia
piaciuto
: )
E’ molto
più lungo del solito e quindi spero di non avervi annoiato.
Ogni critica e
consiglio è sempre ben accetta.
Al
prossimo capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Il popolo della notte ***
La
navicella atterrò in un turbinio di vento e polvere, il
portellone si aprì ed
eccolo, il sovrano, che dalla gente di quel luogo era considerato un
eroe, ora
li raggiungeva, guardandoli dall’alto verso il basso, con
sguardo rassicurante
e apprensivo, lo sguardo che un padre rivolgeva ai propri figli.
All’improvviso
il suono della sua voce, amplificato da chissà quale
diavoleria, ideata da
Bulma, fece zittire i presenti che avevano intaccato il loro
comportamento
rigido e ordinato per accogliere il loro paladino, lasciandosi andare a
chiare
manifestazione di gioia e felicità.
-Fratelli
miei,- Cominciò con tono solenne. –Io, Baby
Vegeta, sovrano del neo-nato
pianeta Plant, ho vegliato su di voi, i nuovi esponenti della razza
tsufuro, ho
impedito a degli scimmioni senza scrupoli di sterminarci nuovamente,
riuscendo
ad eliminarne il volere Saiyan e convertendoli al bene. Purtroppo
questi esseri
sono riusciti a sfuggire al mio controllo- Pronunciate queste ultime
parole, la
folla si era fatta silenziosa, tesa ed impaurita. –Ma non
temete cari, presto
tutto ritornerà alla normalità. Perché
vi sto dicendo tutto ciò ora? Per avere
la vostra fiducia Tsufuro!- Alzò il tono della voce e fece
un cenno alle sue
spalle. Un uomo, dall’aspetto rude, trascinò per
il polso qualcuno, un alieno.
Lo potevo dedurre dal colorito violaceo della pelle e dalle orecchie,
molto
simili a quelle di Junior.
-Questi
esseri.- Riprese con disprezzo Baby. –Sono del pianeta Giove.
Sì, avete capito
bene, Giove. Sono dei parassiti che vivono nel sottosuolo del pianeta,
li
abbiamo scoperti durante una missione, stavano creando armi, armi di
distruzione di massa! Volevano ucciderci e prendere il nostro posto su
questo
meraviglioso pianeta. Io ho cercato di trattare con questi animali, non
hanno
voluto. Vi ho protetti fratelli miei, li ho ridotti in
schiavitù per noi, per
la nostra salvezza.- Altre grida di giubilo e sostegno si diffusero tra
la
folla, facendo sorridere Baby. –Sapevo che avreste capito i
miei motivi. Quindi
comprenderete che siete al sicuro anche con quei Saiyan sul nostro
pianeta. Non
vi preoccupate, ne sono rimasti solo quattro, una ha già
lasciato questo mondo
per mano mia.- Si stava riferendo a me, pensava di avermi fatta fuori.
–Presto
anche gli altri faranno la stessa fine. Per la nostra salvezza!-
Alzò il
pugno in aria, e la folla lo acclamò ancora. –Ora,
se non vi dispiace, è stata
una dura battaglia, io e mia figlia siamo stanchi, vorremmo ritirarci
nei
nostri alloggi. Ma prima…- Bra aveva appena raggiunto il
padre, e nel vederla
così cattiva, fuori di sé, il mio cuore perse un
battito. -Bra, cara, fa vedere
cosa succede a chi si mette contro la gloriosa razza Tsufuro.-
Sotto il
mio sguardo incredulo e terrorizzato, Baby-Vegeta passo alla figlia una
frusta,
lei la prese e si voltò lentamente verso l’alieno
e la sollevò, in quella
posizione, sembrava una dea vendicatrice, pronta a far giustizia per il
suo
popolo. Un rumore agghiacciante echeggiò
nell’aria, ed a esso fecero seguito le
urla disperate dell’uomo.
Strinsi
i pugni, non riuscivo a vedere quella scena, non lo sopportavo. Bra
continuava
imperterrita, nonostante le suppliche di quel povero essere. No, non
credevo
che quella razza avesse mai cospirato contro la gente di questo
pianeta. Baby
aveva usato sicuramente quella scusa per far fare loro qualcosa, ma
cosa? O più
semplicemente voleva espandere il proprio potere, al resto
dell’universo intero
forse.
Un’altra
frustata, un altro urlo.
-Papà,
non lo posso sopportare.- Sussurrai.
Gohan
tremava, aveva coperto gli occhi al mio fratellino che, quasi come se
capisse
la situazione, non si ribellava come avrebbe fatto qualsiasi altro
bambino per
vedere una scena a lui vietata. Goten e Trunks fremevano
d’impazienza, volevano
andare ad uccidere quell’alieno, subito. Lo volevo fare anche
io, stavo per
andare all’attacco. –Questa storia deve finire.-
Una mano
si posò sulla mia spalla. –No, non possiamo andare
ora Pan. Quando eri in
camera tua, C-17 mi ha detto che nonno Goku è stato
rinchiuso da Baby in
qualche luogo. Dobbiamo sapere dov’è.-
Un altro
urlo.
-Papà
sta morendo!-
Disperata
guardai i fiotti di sangue che sporcavano la pedana d’accesso
della navicella.
- D’accordo.
Pan, prendi tuo fratello.- Sorrisi, ora si che riconoscevo mio padre,
ma prima
che potessi fare altro, il passo svelto di una donna raggiunse il
sovrano, che
sembrò non poco disturbato da
quell’intrusione.
Osservai
più attentamente la donna… Era la nonna! Guardai
sconcertata nonna Chichi
che sussurrava qualcosa all’orecchio
del padrone.
- E’
scappato. Siamo nei guai.- I due Cyborg parlarono lentamente, composti
e
risoluti, come se stessero facendo una conversazione con noi, forse in
modo da
non far capire ad altri che potevano sentirla. –Un momento,
riuscite a…-
-Sì,
potrai riuscirci anche tu con un po’ di pratica- Il parlare
in due
contemporaneamente però non li faceva passare per normali.
Un signore, sulla
quarantina, li osservò spaventato, allontanandosi di vari
passi.
Il
supplizio dell’uomo era finito, momentaneamente
però.
-Dov’è
la mia gente!? Mostro!- Si alzò in piedi, con mia grande
ammirazione, ed avanzò
verso il sovrano.
-Cosa
intendi fare, non ti reggi neanche in piedi.- Lo schernì con
un ghigno il Re.
Strinsi
a me il piccolino, che aveva cominciato a tremare.
-Ma io
sì però!-
Le grida
di gioia si trasformarono in grida di terrore, mentre i nostri
cominciarono ad
urlare. –PAPA’, PAPA’!!!!-
Mio
padre e mio zio si abbracciavano come due pazzi. –Tieni
C-18.-
Diedi
alla donna mio fratello, e mi alzai in volo, in cerca di lui, ed in
quel
momento lo vidi. Trasformato in Super Saiyan di quarto livello aveva
appena
atterrato Baby con un pugno alla tempia facendolo addormentare ed ora
sorreggeva lo schiavo, dirigendosi verso di me. Mi aveva vista.
Ma
all’ultimo momento sembrò ripensarci. Si
voltò a velocità incredibile verso
Bra, e le diede un colpetto alla nuca. Lei svenne sul colpo, e con
l’altro
braccio le cinse la vita per poi tornare a noi.
-Presto,
dobbiamo andarcene di qui.- Mi urlò.
Lo
seguii in volo, con i miei compagni d’avventura al seguito.
Goten fu
l’ultimo ad uscire dal passaggio interdimensionale creato da
Uub, ed ora,
confusi, guardavamo l’uomo che per tanto tempo avevamo
agoniato. Lo osservai
attentamente. I lunghi capelli neri arrivavano fino alla vita mentre il
petto
era ricoperto da una leggera peluria rossa. Il viso, fiero e saggio,
aveva un
espressione serena, quasi gioiosa.
-Nonno!-
Urlai, lanciandomi contro di lui che mi prese al volo, stringendomi tra
le
braccia.
-Avete
modo di curarla?- Chiese indicando Bra che giaceva a terra, svenuta.
La sua voce!
Così calda, fluida! Ma vi si poteva sentire una
tonalità diversa da quegli
aggettivi. Spesso, in molte occasioni, il suo timbro poteva definirsi
bambinesco, allegro e spensierato.
-Sì.-
Dissero atoni gli androidi. –Ma sarà doloroso.-
Annuì, e poi i suoi occhi si
posarono su di me.
-Ma cosa
ti è successo? Perché sei…- La sua
espressione cambiò, divenne preoccupata.
–Pan, non sento la tua aura!-
-Tranquillo
nonno!- Sussurrai, stringendogli le mani. –Sono un cyborg,
come C-17 e C-18.-
-Urca-
Disse sollevato. –Ma perché?-
-Entriamo
in casa, ti raccontiamo tutto. I gemelli si occuperanno
dell’alieno e di Bra.-
Guardai
quel pover uomo, disteso a terra anche lui. Le ferite della frusta
erano estese
e profonde.
–Sono
sicura che sapranno prendersene cura- Gli dissi, vedendolo indeciso sul
da
farsi.
Si
lasciò scortare all’interno, non senza prima
rivolgere un’occhiata a quei due
poveri innocenti vittime di un folle.
Misurava
a grandi passi la sala da pranzo del suo castello. Muoveva a scatti la
testa,
stizzito, fendeva l’aia con pugni e calci e stringeva i denti.
-COM’ E’
POSSIBILE! SAPEVO CHE NON MI DOVEVO FIDARE DI TE, TERRESTRE!-
Bulma,
la scienziata più brillante del secolo, ora stava
rannicchiata in un angolino
oscuro, spaventata dalla furia dell’alieno.
-STUPIDA!-
Si
lasciò sfuggire un gridolino di puro terrore, quando Baby,
con un pugno,
distrusse il tavolo da pranzo, con un gran fragore.
-HAI
PAURA E FAI BENE! SAI COSA SIGNIFICA! SIAMO ROVINATI ECCO COSA
SIGNIFICA!-
Lanciò
una spera d’energia, fregandosene del dove l’aveva
mandata. Sarebbe potuto
crollare l’intero edificio. Non gliene sarebbe importato
nulla.
-Quegli-
scimmioni.- Disse con l’intento di calmarsi, scandendo le
parole. –Potrebbero
distruggerci senza neanche perdere uno di loro, con Goku al seguito
ovviamente.-
-Vegeta,
ti prego calmati.- Riuscì a dire la turchina, in modo
veloce, coprendosi gli
occhi rossi con un braccio.
-NON
CHIAMARMI IN QUEL MODO! NON SONO UN LURIDO SAIYAN! QUEL NOME NON
E’ IL MIO!-
Urlò nuovamente.
-Perdonami.-
Sussurrò la donna, cominciando a piangere. Il solo fatto
dell’aver deluso il
proprio padrone le provocava un dolore immenso.
A quella
vista, Baby sembrò riscuotersi.
-Oh, no
scusami. Non volevo spaventarti. Tranquilla, a tutto
c’è rimedio.- Si avvicinò
a lei e la cullò dolcemente, facendola adagiare sul petto.
-Avrei
dovuto usare qualcosa di più forte, avrei dovuto ucciderlo
con una dose
eccessiva di .. di.. di- I singhiozzi si fecero più
insistenti, impedendole di
finire la frase.
-Shh,
shh. Va tutto bene,
ci penserò io ad
aggiustare i tuoi guai. Shhh-
Alzò lo
sguardo verso la lussuosa finestra della stanza, guardando la dolce
sera venire
e fu colto da un’illuminazione.
“Il
popolo della notte sarebbe accorso in mio aiuto, aveva un debito con
me. Ora
bisogna solo cercarlo, ma in che pianeta si trova? Mi devo
sbrigare”
E
formulato questo pensiero, prese un vaso di porcellana alla sua destra.
-Vedi
Bulma.- Disse indicando il vaso. –Questa è la fine
che i nostri cari Saiyan
faranno.-
I suoi
occhi s’illuminarono, e quello che fino ad un secondo fa era
stato un
soprammobile d’inestimabile valore, era diventato
nient’altro che sabbia, che
adesso sporcava il pavimento come lurida e comune spazzatura.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Due nuovi conquilini ***
Il
sangue mi ribolliva all’interno del corpo, il dolore era
atroce e la paura di
morire sotto quella tortura mi attanagliava.
Non
riuscivo a difendermi, io la principessa degli Tsufuro…
-AHHHHHHHH-
Lanciai un urlo acutissimo, mentre l’ennesimo ago mi
perforava la pelle e il
siero all’interno della siringa invadeva le mie vene.
-PADRE!-
Agognavo
mio padre, quell’essere che aveva ridato la vita ad una razza
estinta, gli
Tsufuro. Volevo che arrivasse e che mi salvasse da quei luridi
esseri…
-SALVAMI!-
riuscii ad urlare. Oramai, formulare parole intere era sempre
più difficile.
I polsi
erano bloccati da chissà quale metallo, capace di resistere
alla forza di una
Saiyan….
-NO!!-
Io non ero una Saiyan, ero una Tsufuro, nel mio sangue scorreva quello
di mio
padre!
-AHH-
urlai nuovamente, riuscendo a liberare i polsi da quella diavoleria e
alzando
il busto da quella specie di lettino.
Una
siringa mi perforò lo stomaco, facendomi distendere
nuovamente su quel letto.
Sentii i
lati della bocca bagnarsi. Anche gli occhi erano umidi, ma non stavo
piangendo.
-Papà.-
Sussurrai lievemente, invocando ancora aiuto.
- E’
finita.- Una voce, artica e atona, mi annunciò la fine mio
calvario. –Toglile
le catene.-
Perfetto,
non aspettavo altro. Sentii le caviglie libere da quel peso opprimente
e
restrittivo, così come i polsi un attimo prima.
Dov’ero?
Perché mi trovavo li?
Comunque
fosse, non avevo intenzione di restare con le mani in mano.
-Hey,
bell’addormentata, ti puoi svegliare ora.- La voce di prima,
ma chi era?
Mi alzai
di scatto dal letto e poggiandomi sulla mano destra, riuscii a colpire
il mio carceriere
con un calcio al viso, atterrandolo.
Vidi
solo di striscio il liquido grigiastro di cui era cosparso la parte
superiore
del letto. Posizionai il tacco della mia lussuosa scarpa rossa, appena
sopra
l’incavo della gola del mio aguzzino.
-Non ti
permetterò mai più di starmi a meno di venti
chilometri di distanza.-
Cominciai
a premere il tacco con più forza, ma il mio prigioniero non
la smetteva di
ridere, come se fossi solo una stupida ragazzina.
-Vuoi
uccidermi?- Chiese sarcastico. –Dovrai metterci
più impegno.- Con le mani mi
bloccò la gamba e mi costrinse a terra, mettendosi poi sopra
di me.
La
rabbia m’invase il corpo, mentre guardavo con occhi di fuoco
il moro. Non
m’importava di chi si trattasse, volevo solo la sua fine. La
desideravo ardentemente,
più di ogni altra cosa e non solo per il dolore che mi aveva
fatto patire,
anche per la sua sfrontatezza e stupidità. –ADESSO
LEVATI DI MEZZO!-
Gli
urlai quelle parole con tutta la rabbia repressa che avevo in corpo,
mentre
sentivo la mia aura in modo molto più chiaro del solito.
Forte, irrefrenabile e
infinitamente potente.
Vidi a
stento i miei capelli diventare del colore dell’oro. Non
m’importavano i
cambiamenti estetici, ero già perfetta, non mi occorreva
null’altro per
apparire più bella, ma era la mia forza rinnovata che mi
faceva sentire
soddisfatta. Avrei potuto togliere di mezzo quell’idiota.
Con un
urlo battagliero me lo tolsi di dosso e mi lanciai contro di lui,
cercando di
colpirlo in viso, sul petto, allo stomaco. Ma lui riusciva ad evitare
ogni mio
tentativo d’attacco, prendendosi ancora gioco di me e facendo
aumentare sempre
più la mia ira.
-Sono la
principessa dei Saiyan, non ti permetto di prendermi in giro!-
Incredibile a
dirsi, non ero mai stata brava a lottare, ma i mesi
d’allenamento passati da
Tsufuro mi avevano dato nuova forza e vigore, facendomi amare la lotta
e
facendola aggiungere ai miei passatempi preferiti insieme allo shopping.
Ero
vagamente consapevole di essere tornata me stessa, Bra Brief, figlia
del
principe dei Saiyan. E ne ero felice. Non sapevo come avessi fatto a
tornare
normale, ma ancora non ero libera, mi sarei dovuta sbarazzare di
quest’essere
che tanto si divertiva a deridermi e prendermi in giro.
-Che
c’è? La piccola Brief non riesce a stare al mio
passo?- Continuava imperterrito
il moro.
-BRA!-
Una mano si posò sulla mia spalla, un vano tentativo di
calmarmi.
-Toglimi
le mani di dosso!- Mi voltai di scatto, appioppando un pugno nello
stomaco al
“pacifista”.
-Ma
che…-
Incredulo
e umiliato, Goten s’inginocchiò, piegandosi in due
dal dolore e massaggiandosi
con le mani la parte colpita.
-Oh mio
Dio! Scu…- Imbarazzata feci un passo verso di lui, ma poi ci
ripensai.
-Non lo
sai che non ci si deve intromettere in un combattimento?-
Lui mi
guardò sarcastico. –Me lo ricorderò.-
Si
rialzò da terra e si avvicinò.
-Bra.-
Disse stizzito. –Questo è C-17, il fratello di
C-18.-
Guardai
più attentamente l’idiota numero uno, il Cyborg, e
dovetti ammettere che
assomigliava in modo incredibile alla presunta sorella. Spostai lo
sguardo
verso l’idiota numero due, il migliore amico
dell’idiota numero tre, mio
fratello. –Bene.- Cominciai a sbattere il piede a terra.
Capii in quel momento
il perché dei miei attacchi falliti ed il motivo della
superiorità di C-17 nel
combattimento. Era tutto il resto ad essere confuso. –Goten-
mi concentrai per
chiamarlo in quel modo e non in altri. –Mi vuoi dire cosa ci
faccio qui, perché
sono normale e cosa sta succedendo!?-
Ero ancora
trasformata, l’ignorare la situazione, il luogo esatto nel
quale mi trovavo e
il sorriso da ebete stampato sui volti dei ragazzi, mi mandava su tutte
le
furie e non riuscivo a controllarmi.
-Non
credo che Goten sia in grado di spiegarti la situazione.- Sobbalzai,
una voce
femminile mi giunse all’orecchio, improvvisamente. Era C-18,
non mi ero neanche
accorta della sua presenza. Guardai l’idiota numero due e
capii le parole della
donna. Goten mi guardava con la bava alla bocca, più
precisamente, nella scollatura
del mio lussuoso vestito, ormai ridotto a brandelli grazie alla
colluttazione
con l’idiota numero uno.
- D’accordo,
spiegami tu allora. Non credo che tuo fratello sia molto
serio…-
Il
sorriso beffardo di quest’ultimo mi diede la conferma che non
mi sarebbe stato
di nessun aiuto.
-Entra
in casa.- Riprese bonariamente la donna, accennando un sorriso.
–Ci sono Pan e
gli altri, credo che già abbiano detto tutto a Goku- Il
comportamento mansueto
di quest’ultima mi calmò e riuscii a tornare
normale.
Non mi
aspettavo che vivessero in un edificio del genere. Il logo della
Capsule
Corporation svettava sul soffitto del salone d’entrata,
mentre le pareti erano
finemente pitturate. Non vi erano soprammobili, quadri, o cose di
questo
genere, segno che i padroni di casa non badavano alle apparenze. C-18,
la madre
di Marron, mi accompagnò fino in cucina. Mi guardai attorno.
Era molto
spaziosa, ben attrezzata. Non vi era una sala da pranzo, si preparava e
si
mangiava in quella stanza.
-Hey
Bra!-
La mia
migliore amica, con un sorriso a trentadue denti, mi
abbracciò stretta. –Sono
felice di averti qui.-
-Wow,
sei così cambiata! Ma che ti è successo?- Non era
solo la crescita della
ragazza ad impressionarmi. I lineamenti del viso si erano fatti
più marcati e
il corpo ormai era quello di una giovane donna, ma il cambiamento che
più mi
colpiva era il colore dei suoi grandi occhi, un tempo corvini, ora
diventati
inspiegabilmente blu.
Sciolsi
delicatamente l’abbraccio per guardare in faccia un'altra
persona.
-Tu!
Stupido idiota! Ma dov’eri finito!-
-Su via,
non sono mancato così tanto!- Trunks, con una scrollata di
spalle, abolì le mie
accuse.
-Ah,
già! Che cosa normale stare un mese lontano da casa!-
Mi
avvicinai e gli diedi un pugno all’altezza della spalla.
-Haya!-
Lo
guardai di sbieco, non gli avevo fatto sul serio male.
-Bene-
Puntai le mani sui fianchi. –Raccontatemi tutto.-
La
bionda prese a parlare di tutto quello che era successo.
Dall’arrivo di Pan,
agli ultimi avvenimenti, sino al mio ritorno alla normalità,
di come avevano
debellato l’alieno. Annuivo di continuo, prestando molta
attenzione. Ricordavo
perfettamente la mia vita da Tsufuro ed ora che l’adrenalina
mi stava
abbandonando cominciavo a sentire il male causato dal trattamento per
ritornare
ad essere me stessa, ed esso, non era nulla in confronto a quello che
avevo
patito durante la prigionia nella mia stessa mente.
-Ahhhhhhh!-
L’urlo
di Goku ci fece sobbalzare contemporaneamente. –Dite la
verità, volete farmi
anche a me la puntura! Tanto per accettarvi che non sia uno Tsufuro!-
Guardai
lo scimmione grande e grosso, nascondersi disperato dietro ad una sedia
implorare pietà e piangere come un bambino.
-No,
nonno.- Pan prese per il braccio Goku e cominciò a tirare
mentre lui continuava
a gridare. –NO! Non ci esco da qui dietro! NO!-
Risi
lievemente, per poi ricordare…
-L’alieno!
Dov’è quell’uomo!?-
-Tranquilla
Bra.- Disse Trunks benevolo. –Uub si sta prendendo cura di
lui.-
-Ok-
Sussurrai, ma in realtà mi sentivo davvero in colpa.
-Quindi
Pan,- Ripresi. –Ora sei un androide…- La
delicatezza non era mai stata il mio
forte.
-Già, se
mi vuoi chiedere come stia, beh, non preoccuparti. Apparte gli occhi
azzurri,
non c’è nessuna differenza.- Mi sorrise
tranquilla. Ma Trunks volse la testa
nella direzione opposta e l’idiota numero uno, il Cyborg dai
capelli neri,
strinse le labbra in un vano tentativo di non sorridere. Stava
succedendo
qualcosa sotto il mio naso.
-E tu
Goku? Dove sei stato?-
-A
quanto abbiamo capito è stato ibernato.- Affermò
Gohan sulla soglia della
porta, gli occhiali da professore sulla punta nel naso e un grosso
libro sulle
mani. –Mi sembra strano che tu non lo sappia.-
-Baby
non parlava mai con gli altri di Son Goku, ne aveva paura.-
-E
faceva bene!- Disse Pan agitando il pugno. –Ora potremmo far
tornare tutto alla
normalità! Ci pensi Bra?! Anche tuo padre potrà
tornare normale.-
Le
regalai un sorriso, spento però.
-Aggiusteremo
tutto.- Continuò fiduciosa. –Tu riavrai tua madre
e tuo padre! Io riabbraccerò
mia mamma! Oh, quanto mi manca!- Un silenzio inquietante pervase la
camera, ma
la giovane Son era troppo gioiosa per accorgersene. –Non
è vero Jack? Non ti
manca la mamma? E’ vero, non l’hai mai conosciuta,
ma sono sicura che
l’adorerai una volta tornata normale! Sai, è
forte, coraggiosa e di buon… Jack?
Ma che hai?-
Anche il
bambino si era fatto buio in volto e a quel punto la Saiyan si accorse
dell’atmosfera che si era creata.
-Cosa…-
Ma non continuò la frase, le parole le morirono in gola.
Aveva capito tutto,
non c’era bisogno di aggiungere altro.
-Scusate,
vado in camera mia.- Lasciò il bimbo tra le braccia del
padre e attraversò in
tutta fretta la soglia della cucina.
Riecheggiarono
per un attimo i passi della ragazza, poi il suono della porta della sua
camera
che si chiudeva, poi il nulla.
-Vado da
lei.- Trunks e C-17 avevano parlato contemporaneamente.
-C-17,
non credo che voglia la tua compagnia.- Gli suggerì la
sorella. Vidi il moro
cambiare espressione, il disappunto gli si leggeva in faccia, ma anche
qualcos’altro. Vergogna forse? Ci trovai un sorta di
soddisfazione. Trunks
intanto, era già scomparso alla mia vista.
Mi
sedetti vicino a Goten che, sconsolato, giocherellava col suo cellulare.
-Come
fai a sapere della morte di Videl? Insomma, tu non c’eri sul
campo di…-
-Baby mi
aveva raccontato tutto. Non mi fraintendere…- lo interruppi,
prima che potesse
aggiungere altro. –Non parlava con me. Mi riferiva solo
determinate cose, cose
che importavano a lui più che altro. Ma non voglio parlare
di lui ora.
Piuttosto, da quant’è che si sono messi assieme
quei due?-
Assunse
un espressione sorpresa che mi fece non poco divertire, sembrava un
bambino, e
sospirò. –Non da molto, tre settimane direi.-
Inarcai
un sopraciglio. –Ah.- Fu tutto quello che riuscii a dire.
Intanto
Goku era spaparanzato su una sedia, in uno stato che sembrava di sonno,
forse
stava solo ragionando. Aveva smesso di fare il bambino, per ora.
-Mi
dispiace per Videl figliolo.- Si alzò di scatto dalla sedia
e raggiunse il
primogenito. Gli posò una mano sulla spalla e Gohan
chinò il capo.
-E
questo sarebbe il mio nipotino!- Riprese tendendo le braccia verso
Jack. Lui ci
si tuffò a capofitto, tutto sorridente.
–Assomiglia ad entrambi.-
Riprese
Goku con voce calma e pacata.
-Lo so.
A mio parere assomiglia più a Videl.-
-Credo
che gli occhi siano i suoi. Ma ha il tuo stesso viso, si può
dire.- Diede un
buffetto al piccolino. –Sono sicuro che diventerai forte come
il tuo papà.-
-A
proposito di forza, si può sapere perché sei
ancora trasformato?- Chiesi
intromettendomi nella discussione.
-Ad
essere sincero non ne ho idea.- Disse ridendo e mettendosi una mano
dietro la
nuca. –Se dovrò restare così ben mi
sta.-
Ma
mentre diceva queste parole eccola, la luce che presagiva il ritorno
in…
un’adolescente?
-Wow! E
chi se l’aspettava questa!- Disse il Saiyan, cercando di
ammirare un sé
tredicenne.
Gohan si
sbatté una mano sulla fronte ed il bambino di sei anni era
chiaramente
sconvolto dal cambio dell’età del nonno.
-Gli
verranno i traumi a questo bambino!-
C-18
alzò gli occhi al cielo, prese il bimbo per mano e lo
portò nella sua
cameretta.
-Bra,
per ora ti puoi sistemare in camera di Pan. Non credo che resteremo
ancora a
lungo in questo posto.- Disse uscendo.
Come per
darsi il cambio, Uub entrò nella stanza. Erano
impressionanti i suoi
cambiamenti.
Era
molto più muscoloso, alto e l’aura che emanava,
anche se controllata, sembrava
molto potente.
- E’
pericoloso restare qui ora che la nostra aura è
percepibile.- Annunciò.
- Prima
non lo era?-
Uub
spostò su di me la sua attenzione.
-Beh,
prima, non so il motivo, l’aura in questa foresta non era percepibile. Da un paio di
giorni le cose
sono cambiate. Ora riesco a sentire chiaramente la tua, che non
è minimamente
celata.- Finì con aria di rimprovero.
Sbuffai
e cercai di controllarla.
-Perché
è pericoloso? Mio padre ha fatto ritorno!-
-Sì, Goten,
ma non sappiamo cos’ha intenzione di fare e poi…-
-Io
direi di attaccare ora. Subito! Siamo nel pieno delle forze, contro
tutti noi
non può fare nulla.-
-Sì,
questo è vero, ma non è lo scontro a preoccuparmi
quanto le conseguenze.
Potremmo far tornare l’intera popolazione mondiale alla
normalità, ma prima
dobbiamo occuparci di questi alieni.-
Spostai
lo sguardo a terra. Come mi vergognavo!
-Ma cosa
può importare a noi.- C-17 ci osservò, uno per
uno, con aria menefreghista. –Alla
meglio li libereremo dopo che sarà tutto finito con Baby.
Alla peggio, beh,
moriranno prima che lo togliamo di mezzo. Noi vinciamo comunque.-
Un
chiaro rumore di nocche che sbattevano contro la carne, e
l’androide si ritrovò
a terra.
-Come ti
permetti! Sono esseri viventi! Non puoi fargli questo!-
Goten
era andato su tutte le furie. Anche Gohan e Goku non erano da meno, ma
il
secondogenito di casa Son era stato più veloce.
-Lasciatelo
stare, ci mancherebbe che ci mettessimo a litigare tra di noi.
Piuttosto,
organizziamoci. Come facciamo a salvarli?-
Fu Gohan
a rispondermi. –Beh, credo che possiamo partire domani
mattina per la città.
Analizzeremo la situazione, vedremo se li potremo aiutare. Uub, come
sta l’alieno?-
-Si sta
riprendendo. E’ ancora in gravi condizioni, ma se la
caverà.-
-Non
puoi usare i poteri curativi di Majin Bu?- Chiesi speranzosa.
- L’ho
già fatto, anzi, se non lo avessi fatto sarebbe sicuramente
morto. Non sentirti
in colpa Bra! Non eri tu a compiere quelle azioni.-
-Sì, non
è questo…- Cercai di obiettare.
Una mano
si posò sulla mia spalla, era quella di Goten che mi
sorrise. –E’ stata una
giornata lunga per tutti noi, vai a riposare. La camera di Pan
è uscendo dal
corridoio sulla destra.- Risposi al sorriso.
-Se
lasci ancora sulla mia spalla la mano giuro che te la taglio.-
La
ritirò immediatamente, producendo grande ilarità
tra i presenti.
–Andremo
io, Gohan, mio padre e Uub. A voi va bene?- In un vano tentativo di
distogliere
l’attenzione, Goten disse quelle parole tutte di fila,
però ci trovammo tutti d’accordo
ugualmente. Era la soluzione migliore.
-Papà,
non puoi usare il teletrasporto?-
-Mi
spiace Gohan, in questo stato i miei poteri sono alquanto ridotti. Se
mi
trasformassi in Super Saiyan di quarto livello lo potrei fare,
sicuramente.
Vedremo domani…-
Annuimmo
e mi diressi verso la stanza di Pan. Avrei cercato di consolarla, se
lei me lo
avesse concesso. Ma visto la tarda ora che si era fatta aprii
leggermente la
porta, cercando di non far rumore. Chinai il capo e vidi la coppietta
distesa
sul letto ormai tra le braccia di Morfeo. Il lilla stringeva tra le
moretta che
aveva un sorriso sul volto rigato dalle lacrime che prima aveva versato.
Richiusi
la porta ed uscii dalla stanza, sarei andata a dormire in quella di
Trunks. Ma
già potevo sentire il forte russare provenire da essa.
Restai
sbalordita nel vedere Goten del tutto addormentato nella sua parte
della
stanza. Aveva preso sonno in meno di tre secondi! Sconsolata ed
abbattuta all’idea
che avrei dovuto trascorrere una notte insonne, mi diressi nel bagno e
dopo una
breve doccia ed un cambio d’abiti che…
Mi ero
dimenticata di chiedere.
Rassegnata
uscii dal bagno a piedi scalzi, avvolta in un asciugamano per andare in
cerca
di C-18, ma appena aprii la porta me la ritrovai davanti, ci
mancò poco che mi
mettessi ad urlare.
-Tieni.-
Disse atona, lievemente rossa in viso, imbarazzata. Aveva capito che mi
aveva
spaventata a morte e di aver evitato una scenata.
-Grazie.-
Sussurrai prendendo i vestiti che mi tendeva.
-Notte.-
Chiuse la porta, ma sentii comunque i suoi passi allontanarsi dalla
stanza.
-Notte.-
Sussurrai girandomi nuovamente.
Goten
intanto si era svegliato e mi guardava con aria trasognata. Oh no!
Credeva di
star sognando!
Scese
dal letto e si avvicinò lentamente. –Non ti
muovere!- Dissi mettendomi in
posizione di difesa. Ma la minaccia sembrò non scalfirlo.
Ormai ci dividevano
pochi centimetri. Dolcemente mi cinse la vita con un braccio, mentre
con la
mano mi carezzava la guancia.
-Sei una
dea?- Chiese con aria innocente.
-Per te
sì!-Gli cinsi il collo con il braccio destro e con la mano
gli diedi un colpetto sulla nuca e così torno a dormire.
-Ma vedi
che mi tocca fare!- Sussurrai nella notte trascinandolo sul suo letto.
Dopo di
che, finalmente mi potei cambiare e andare a dormire.
Angolo
dell’autrice
Mi
volevo assolutamente scusare per il ritardo!
Ho
lavorato un po’ di più su questo capitolo e spero
che vi sia piaciuto.
Ringrazio
chi continua a recensire, o a seguire semplicemente, la mia storia!
Grazie di
cuore a tutti.
Al
prossimo capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Saiyan? ***
I raggi
del sole che filtravano dalla finestra presto colpirono il mio viso e
mi
svegliarono del tutto dallo stato di dormiveglia in cui ero caduta.
Socchiusi
gli occhi e lo vidi accanto a me, la bocca leggermente aperta e
l’espressione
del viso, così serena, gli davano un’aria da
bambino. Sorrisi lievemente e gli
diedi un bacio a fior di labbra.
-Hey
sveglia.- Gli sussurrai dolcemente all’orecchio.
-SHdhoish-
Dette queste sottospecie di parole si girò
dall’altro lato, lasciandomi basita.
Alzai il busto e mi appoggiai sul gomito, indecisa se lanciargli un
pugno o un
calcio. Ma vederlo così rilassato e tranquillo mi fece
passare quell’idea e
dopo avergli dato un altro bacio sulla guancia, uscii dalla camera,
cercando di
non fare rumore.
Mi
diressi verso la cucina e rimasi colpita dal silenzio che regnava in
casa, con
tutta probabilità dormivano ancora tutti. Bene, avrei potuto
fare colazione in
santa pace, senza che nessuno tentasse di rubarmi i cereali dalla
ciotola. Era
più forte di mio zio, quando vedeva del cibo, anche se fosse
stato per terra,
ci si sarebbe tuffato a capofitto, azzannando e ringhiando a chiunque
avesse
avuto il coraggio di avvicinarsi.
Ok,
forse stavo esagerando.
Sospirai
e aprii il frigo, presi una busta di latte e andai a prendere anche la
ciotola.
Annoiata
cominciai a giocherellare con il cucchiaio e i cerali, facendone andare
a fondo
buona parte. Era incredibile che non mi avessero detto niente su mia
madre. Una
lacrima mi scese dal viso e andò a finire dritta in quella
sottospecie d’impasto
che era diventata la mia colazione.
La fame
mi passò del tutto, svuotai il contenuto alquanto molliccio
nella spazzatura e
mi sedetti nuovamente sulla sedia, poggiando i gomiti sul tavolo e la
testa tra
le mani.
-Qualcuno
è di malumore oggi?-
Trasalii
nel vedere C-17, poggiato allo stipite della porta, che, con aria
annoiata, prese a
sua volta una sedia e
si sedette accanto a me.
-Non
credo di doverti dare spiegazioni.-
Alleggerì
il tono della voce, come per dargli una sfumatura più
femminile e riprese -Ed
anche arrabbiati!-
-Senti,
non mi pare che io e te abbiamo molto da dirci. Quindi,
perché non ti alzi
dalla sedia e ritorni da dove eri venuto?- Non avevo voglia di parlare
con lui,
quindi gli dissi tutto ciò in faccia, senza alcuna
sensazione di rimorso.
Ricordavo perfettamente il modo in cui aveva parlato con gli tsufuro,
il giorno
in cui venni rapita, ed ero sicura al cento per cento che non stava
recitando
del tutto. Se gli avrebbero concesso la libertà, lui mi
avrebbe lasciata lì, e
sarebbe scappato via, cercando di portarsi dietro la sorella
sicuramente.
-Ce
l’hai con me per quel giorno?- Chiese con fare innocente.
–Sai che stavo
mettendo!-
Inarcai
un sopraciglio e lo guardai in cagnesco. –Sì, come
no!-
-No, non
hai capito nulla!- Sorrise lievemente. –Ti avrebbero fatto
fuori se non avessi
reagito in quel modo.-
-Già, ma
non ha nessuna importanza ora.- Dissi scocciata, alzandomi dalla sedia
per
ritornare accanto al mio ragazzo che
stava nell’altra stanza.
-Cosa
devo fare per convincerti?- Mi guardò con occhi confusi e
speranzosi di un mio
chiarimento.
-Tsh.-
Dissi, imitando quel tono che ricordavo come quello di Vegeta,
voltandomi del
tutto verso la porta. Il ragazzo mi afferrò il polso e mi
trascinò verso di sé.
Strinse
la mia vita tra le mani e mi costrinse a baciarlo. Restai sorpresa nel
non
costatare in quel gesto l’arroganza che solitamente
caratterizzava C-17. Era
dolce il modo in cui lui attirava le mie labbra verso le sue, quasi
innocente.
Ma questo non aveva importanza. Posai le mani sul suo petto e lo
allontanai di
colpo.
-Non mi
devi mai più toccare!- Sussurrai incredula, ma decisa.
-Fa la
scelta giusta Pan!- Mormorò lui. –Io sono
immortale, come te Pan. Lui no!
Presto lui invecchierà mentre tu resterai per sempre una
ventenne. Non t’illudere
che non sia così.-
Mi
voltai di nuovo verso di lui. –Non mi dire cosa fare.-
Sentivo che stavo per
perdere il controllo, me ne andai furiosa. Ma l’ira si
distolse immediatamente
nel momento in cui entrai in camera mia e vidi il lilla ancora tra le
braccia
di Morfeo.
-Io l’ho
già fatta la scelta giusta.- Sussurrai nuovamente,
abbracciando il corpo
addormentato del mio Trunks.
-HAU!-
-Uffa!
La vuoi finire di sbadigliare Goten, così ci farai scoprire!-
Uub mi
rimproverò per quella che sembrava la millesima volta quella
mattina.
-E’
colpa tua! Mi hai fatto alzare alle sei del mattino oggi! Non si
scherza! Le
sei!-
-Sei un
bambinone! Cavolo, secondo me hai trentadue anni persi! Ma sei caduto
dalla
culla quand’eri piccolo?-
La
tentazione di mettere le mani attorno alla sua gola e stringere si
faceva
sempre più forte.
-Veramente
sarei io quello caduto dalla culla quand’ero piccolo. Che
male c’è?- Chiese mio
padre confuso, grattandosi il capo.
-Punto
primo, papà tu sei caduto da una montagna. Punto secondo,
finitela di fare i
deficienti se no ci scopriranno. Punto terzo, state facendo perdere la
pazienza
persino a me!- Tentò di zittirci mio fratello, ma io
continuai imperterrito.
-Hai
sentito quello che ha detto mio padre? Il più rimbambito e
lui tra di noi e si
da il caso che tu abbia preso lezioni da lui.- Sorrisi, certo della mia
vittoria.
-E si da
il caso che fino a quindici anni ti abbia cresciuto lui!-
Misi il
broncio, senza sapere cosa rispondere.
Gohan
alzò le mani al cielo, come per pregare. -O Dende ti
ringrazio! I bambini hanno
finito di litigare!-
Camminavamo
da ore in quell’angusto castello, senza avere la minima idea
del dove ci
stessimo dirigendo. Eravamo nei sotterranei, i cunicoli si
sopraggiungevano gli
uni agli altri, facendoci perdere l’orientamento. Persino
quando credevamo di
essere arrivati alla conclusione di essi, ne apparivano altri.
-Non
potremmo usare il tuo passaggio interdimenzionale Uub?- Chiesi cercando
di non
farlo irritare ulteriormente. Ma quest’ultima cosa
sembrò non riuscire.
Il moro
alzò gli occhi al cielo. –No Goten! Te
l’ho già detto! No e ancora mille volte
no! Dobbiamo cercare il luogo dove sono stati segregati gli alieni e io
non lo
conosco, quindi non posso!-
-E come
hai fatto a creare un passaggio sino al mio ristorante?- Continuai insistente.
-Quello
lo conoscevo già!- Esasperato sbatté un paio di
volte la palpebra dell’occhi
destro, come un tic. Scoppiai a ridere, era molto divertente.
-State
zitti!- Sussurrò mio padre, severo e preciso. Visto il tono
di voce, così raro
udirlo dalla sua bocca, cademmo nel mutismo più assoluto.
Due voci, sicuramente
delle guardie, presto giunsero al nostro orecchio, così come
le loro ombre. Ci
alzammo lievemente in volo, fino a raggiungere il lurido soffitto
ricoperto da
vari strati di muffa e ragnatele, in modo da non farci scoprire.
-Ora
andrai a raggiungere gli altri.- Diceva una delle due.
-Ti
troverai bene.- Diceva l’altra.
Presto
anche le loro sagome furono visibili ed in seguito anche i dettagli dei
loro
corpi. Gli uomini che camminavano non erano due, ma tre. Solo che uno
era
sorretto dalle guardie. No, non sorretto, trascinato di peso. Il rumore
delle
catene di quest’ultimo era pesante e continuo ed ogni suo
lamento non era altro
che un sussurro debole e breve. Era ridotto male.
Io e i
miei compagni respirammo all’unisono cercando di fare il meno
rumore possibile.
Continuammo ad avanzare nelle tenebre, seguendo ogni passo ed ogni
movimento
dei tre, nel più completo silenzio fino a quando le guardie
non si fermarono di
botto. Una di loro alzò la mano verso un candelabro e lo
inclinò verso destra.
I mattoni cominciarono a deformarsi e disparsi facendo largo ad una
porta
segreta. Non ne varcarono la soglia, restarono fermi, in attesa e
così restammo
anche noi. L’ansia aleggiava, colpendoci ad intervalli
regolari. Sapevamo che
in uno scontro corpo a corpo avremmo certamente avuto la meglio, ma
prima
dovevamo salvare quei poveri innocenti da un destino fatto solo da
schiavitù e
sofferenze.
Una
terza guardia apparve sulla soglia, osservò le altre due, e
si scansò,
facendole passare, poi chiuse la porta ed i mattoni ritornarono al loro
posto.
–Cosa facciamo ora?- Chiesi guardando a scatti gli altri.
-Afferratemi
il braccio.- Sussurrò mio padre portandosi due dita alla
fronte.
-Non hai
detto che in questo stadio non ne eri capace?- Chiese Gohan dubbioso
guardando
dall’alto in basso l’adolescente.
-Sono
vicini, non sarà un problema. Tenetevi pronti per qualsiasi
cosa succederà non
appena entrati in quella stanza.-
Chiuse
gli occhi, percepì le aure che gli interessavano e sparimmo.
-Ooo!
C’è nessuno in casa?-
-Bra!-
Lanciai il suo nome a mo’ d’imprecazione,
trattenendomi dall’urlare a mia
volta. -Ma la delicatezza sai cos’è?- Chiesi
diretta all’uscio della mia porta,
certa che potesse sentirmi.
-Che…
che cosa è successo?- Trunks si ridestò del tutto
visto le grida scellerate
della sorella.
-Non lo
so, ma credo che sia qualcosa che alla principessina non vada
giù.- Sussurrai
sorridendo e distendendomi sul suo petto.
Lui
sorrise e mi strinse a sé.
-Voi
due!- La porta venne spalancata del tutto e una Bra infuriata
avanzò
minacciosamente. -DOVE SONO GLI ALTRI! VOGLIO SAPERLO ORA! NON POSSO
CREDERE
CHE MI ABBIANO MOLLATA COSI’- Finì piagnucolando,
imbronciata per essere stata
scartata.
-Sono in
missione.- C-18 raggiunse la stanza, alquanto irritata, con il piccolo
Jack in
braccio che le tirava una ciocca di capelli per avere la sua attenzione.
-E
perché non mi avrebbero detto di venire con loro?- Chiese
guardandoci in
faccia, uno ad uno.
-Perché
sei irritante, e anche molto direi.- C-17 fece il suo ingresso, le mani
teatralmente poste sopra le orecchie per prendere in giro Bra.
–La tua voce da
oca non ha eguali mia signora.- Prese la mano di Bra e la
baciò, ma presto si
ritrovò con uno schiaffo sulla guancia e una turchina ancor
più irritata. In
quel momento avrei potuto giurare di vedere C-17 sorridere, era
evidente che
voleva ingelosirmi, sbuffai. Tempo perso.
Improvvisamente,
una nuova aura divenne percepibile e chiara nella casa. Trunks e io
balzammo
dal letto e, imitati dagli altri, ci mettemmo in posizione di difesa.
Un
alieno violaceo entrò nella stanza e fissò lo
sguardo sulla mia coda.
–Saiyan?-
Disse.
Mai
mi
sarei aspettato una scena del genere. Insieme a mio fratello, Uub e mio
padre,
osservammo l’alieno che sembrava quasi gioioso
nell’averci nella stessa stanza.
Baby,
seduto sul suo trono d’oro, ci guardava sorridente e
sprezzante del pericolo.
-
Sorpresi?- Chiese.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Stanza ***
Il
pericolo mi eccitava, mi dava alla testa, mi mandava in estasi.
Forse
era la mia parte saiyan che richiamava in me queste emozioni o forse,
era la
consapevolezza che i quattro che avevo di fronte erano tra gli esseri
più
potenti e temibili della galassia ed erano comunque inermi
d’innanzi a me,
costretti a seguire ogni mio ordine, solo che loro ancora non lo
sapevano.
Erano
visibilmente tesi, sorpresi e soprattutto nelle mie mani,
perché, lo sapevo,
non avrebbero mai messo in pericolo degli innocenti. Buffo come una
razza possa
cambiare radicalmente il proprio modo di vivere in base
all’ambiente che la
circonda. Divertente vedere come gli ultimi esponenti della razza
Saiyan erano diventati
così altruisti, umani. Esilarante il modo in cui erano
diventati facili da
prevedere, catturare e piegare al proprio volere.
Il più
giovane dei Saiyan fece un passo verso di me, col viso distorto dalla
rabbia e
dal desiderio di vendetta.
-Alt!-
Esclamai alzando il braccio destro, facendo tintinnare il braccialetto
di metallo
che avevo al polso e mettendolo in bella mostra. Per un momento
sembrò esitare,
dubitare delle mie parole, ma quando suo padre gli mise una mano sulla
spalla
si stabilizzò e restò immobile.
Gohan
mosse la testa in avanti, cercando d’analizzare ogni mio
movimento. –Perché
dovremmo fermarci?-
Ghignai.
–Perché se non lo faceste, lui- Indicai
l’alieno che gemente era prostrato ai miei
piedi. –Insieme a tutta la sua razza verrebbe sterminata.-
Continuai a
sorridere, trionfante. –E tutto ciò grazie alla
meravigliosa Bulma e alla sua
ingegnosa mente. Questo braccialetto, della Capsule Corporation, ne
controlla
altri e gestisce, tramite una mia verifica, il livello
d’elettricità che i vari
“gioielli” devono emettere.-
-Sei un
bastardo!-
-Oh, ma
guarda chi parla! Sbaglio o in una tua vita passata tu non eri Majin
Bu, anzi,
no Majin Bu. Eri un essere ancor peggiore del mostro rosa. Kid bu. Mi
sbaglio?-
Strinse le palpebre, impercettibilmente. Avevo toccato un tasto
dolente. –Ad
ogni modo, nessuno di voi, singolarmente, è al mio livello
combattivo. Goku
potrebbe esserlo, ma non sarebbe abbastanza veloce a
farmi fuori prima che io possa regolare il
braccialetto. Quindi, a voi la scelta! Ricoprirvi del sangue del popolo
di Giove
e salvare i vostri tanto amati terrestri, oppure andarvene con la coda
tra le
gambe. Tu Goku, puoi seguire il consiglio alla lettera.-
Ricevetti
una risposta del tutto insolita dal Saiyan. Uno sguardo di puro odio, i
denti
leggermente scoperti. –Ragazzi.- Disse con voce ferma e
decisa. –Mettete una
mano sulla mia spalla. Baby, non credere di averla vinta
così facilmente.- Si
portò due dita alla fronte e chiuse gli occhi.
Ne
approfittai. Sbattei due volte le dita della mano destra sul mio
braccio
sinistro e una donna trentenne e dai capelli corvini spuntò
da dietro il mio
trono nel momento esatto in cui i Saiyan scomparvero.
La
guardai compiaciuto, l’aveva vista soltanto Gohan e, inoltre,
avevo guadagnato
tempo.
-Saiyan?-
Perché
era così spaventato? Gli avevamo salvato la vita dopotutto.
Rivolsi
lo sguardo verso Trunks, cercando una risposta alla mia muta domanda,
ma quando
colsi l’espressione incuriosita sul viso di lui, capii che ne
sapeva tanto
quanto me. –Siete degli assassini!- l’alieno
gridò quella parola con tutto il
ribrezzo che evidentemente provava verso di noi.
-Taci
tu! Non sai di chi stai parlando!- Sconcertata,
osservai C-18 perdere il controllo, fu un attimo, ma bastò a
far zittire
l’uomo, come se si fosse reso conto della forza della donna.
Mi avvicinai e
presi tra le braccia Jack, per sicurezza. Lei non obiettò,
ma continuo a
rivolgersi all’uomo.
-Racconta
forza! Dicci chi sei.-
Non
avvertivo l’aura di C-18, questo era ovvio, ma forti folate
di vento, gelide e
taglienti, continuavano a colpirmi. Provenivano da lei ed era come se
fosse in
procinto di spiccare il volo.
Anche se
titubante, l’uomo cominciò a parlare.
–Mi chiamo Yarin e appartengo alla razza
dei mutanti. Siamo riusciti ad adattarci all’atmosfera del
pianeta Giove, tanti
anni fa e viviamo…- Si fermò per poi riprendere.
–Cioè, vivevamo in pace.-
-Com’è
che parli la nostra lingua?- Continuò lei, gelida ed
insensibile.
-Conosciamo
ogni lingua di ogni pianeta di questo sistema solare.-
Abbassò la testa.
–Qualche mese addietro, Baby ha attaccato il nostro pianeta,
insieme a lei.-
Alzò il dito indicando Bra e i suoi occhi si tinsero di
rabbia e paura. –Lei è
un mostro. Ha sterminato la maggior parte degli abitanti del nostro
pianeta.
Con un solo colpo aveva distrutto un intero villagg…- Non
riuscì a terminare la
frase, la voce, discontinua e debole, si spense. Vidi Bra distogliere
lo
sguardo da Yarin e Trunks stringere i pugni.
-Non è
stata colpa di mia sorella.- Si avvicinò e le mise una mano
sulla spalla. –Baby
è uno Tsufuro. Riesce a controllare la mente altrui entrando
nel corpo di una
persona e lasciarvi dentro un uovo che finirà con lo
schiudersi e prendere il
sopravvento. Da lì in poi controllerà le azioni,
i pensieri, i sentimenti e,
nelle persone più deboli, anche l’animo.-
Yarin
spalancò la bocca e sgranò gli occhi.
–Questo non… questo non è possibile.-
Cominciò a tremare e cadde in ginocchio.
-Vieni,
non ti sei ristabilito ancora del tutto.-
Ancora
più scioccata di quanto fosse l’alieno per le sue
scoperte, osservai C-17
aiutare Yarin e riportarlo in camera sua.
-Quello
è C-17 o uno Tsufuro?- Chiesi a C-18. Lei scrollò
le spalle e si diresse in
cucina. –Vado a preparare il pranzo.-
-Menomale,
avevo una gran fame!- Improvvisamente nella stanza apparvero Uub,
Goten, Trunks
e Goku.
-Com’è
andata?- Chiesi guardandomi intorno, in cerca di una forma di vita
extraterrestre.
-No Pan,
abbiamo avuto dei problemi, ci siamo scontrati con Baby.-
E detto
questo spiegarono l’intero accaduto. –E’
uno stronzo!- Gridai fendendo
inutilmente l’aria con un pugno.
Bra
appariva seccata ma rassegnata, come se avesse già
immaginato l’intero
accaduto. –Baby non è da sottovalutare.
E’sempre un passo avanti a noi.- Annuii
alle sue parole e mi rivolsi a mio padre.
-Tutto
bene? Ti vedo un po’ scombussolato.- Gli sorrisi cercando di
tirarlo un po’ su,
ma il risultato non fu granché. Scosse leggermente la testa
e si diresse verso
camera sua accennando un “Non preparatemi da mangiare non ho
fame” veloce per
poi sparire varcando la soglia della mia camera.
Non lo
avevo mai visto così, chissà cosa gli era
successo, ma quando tirai per la
manica di mio zio in cerca di una risposta, non ottenni altro che un
tiepido
sorriso e quattro parole di conforto.
Presto
tutti lasciarono la stanza, tutti tranne Bra.
Mi
avvicinai e la abbracciai. Così, senza alcun preavviso. Lei
scoppiò a piangere
sulla mia spalla e restammo così,ancora per un po’.
-Hey, ma
che fine ha fatto la principessa dei Saiyan? Non ti riconosco, dovresti
vergognarti.- Feci all’insù col naso e lei si mise
a ridere.
-Io
vergognarmi? E tu che razza d’amica saresti, non mi hai detto
nemmeno che hai
un ragazzo!-
-Ah sì?-
Feci una smorfia. –E quando avrei avuto il tempo di dirtelo?-
Lei per tutta
risposta inarcò un sopraciglio.
–C’è sempre tempo per queste cose. E
c’è tempo
soprattutto se il ragazzo in questione e mio fratello. Anche se
nomignoli come
idiota, immaturo, stupido, cretino, ebete, imbecille gli si addicono
maggiormente.-
-Ah sì?-
Ripetei mettendomi le mani sui fianchi. –Non so se per te le
cose sono
cambiate, ma ricordo qualcosa riguardo sei anni fa…-
Cominciai misteriosa.
La vidi
sbiancare in volto. –Sei anni fa cosa?!- Ma un grido
interruppe la nostra
conversazione. –E’ pronto!- Sorrisi birichina e
cominciai a indietreggiare.
-Io
scappo prima che il nonno e gli altri facciano scomparire il cibo!-
Sparii
dietro la porta e sentii Bra continuare a gridare. –Sei anni
fa cosa?!-
Gohan si
stese sul letto e chiuse gli occhi. Afferrò le lenzuola
vicino al cuscino e
strinse. Sentii la stoffa lacerarsi sotto la pressione delle mani ed un
gran
dolore irradiarsi nel petto insieme ad un dubbio che poteva definire
quasi certezza.
Non può
essere lei. ”Pensò affondando il viso nel cuscino.
“Non può essere la mia Videl”
Angolo
dell’autrice
Ecco un altro capitolo della
storia, spero vi sia piaciuto. Aggiornerò il più
presto possibile.
Grazie a tutti voi che continuate
a seguirmi, a presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Un altro Super Saiyan ***
Le tende
furono smosse da un leggero sbuffo di vento. L’aria tiepida,
tipica della
stagione primaverile, finalmente stava cominciando a risparmiarci da
quel
freddo pungente che ormai ci perseguitava da mesi.
Seduto
sulla scrivania della mia camera da letto,
scarabocchiavo su un foglio, cercando di scrivere un
continuo al libro
che oltre sei anni orsono avevo cominciato a scrivere.
Nulla,
guardavo quel foglio bianco e la mia mente veniva travolta da troppi
pensieri,
impedendomi dallo scrivere una frase di senso compiuto.
Stressato
e arresomi all’idea che nemmeno quel giorno avrei concluso
qualcosa, mi
affacciai alla finestra e restai meravigliato dai colori sgargianti del
tramonto che stavano svanendo sempre più, divenendo sempre
meno visibili.
-Gohan.-
Un lieve sussurro proveniente dagli alberi, non molto distanti
attirò la mia
attenzione. Il mio nome pronunciato in modo tanto suadente quanto
flebile, mi
fece dimenticare lo spettacolo della natura al quale stavo assistendo.
Pensai
che forse me lo ero immaginato, quella
era l’unica spiegazione, non vedevo nessuno là
fuori.
-Gohan…-
Un’altra volta, ma la voce era più forte, reale. A
quel punto fui sicuro che
non si trattava di una semplice illusione provocata dal mio stesso
inconscio.
Mi sporsi ancora di più, cercando la persona a cui
appartenesse quella melodia.
Una giovane donna sicuramente e il fatto che la voce somigliasse a
quella della
mia tanto amata Videl non mi lasciò scelta. Con un balzo
arrivai al piano terra
della casa e cominciai a scrutare in direzione degli alberi.
Una
testa fece capolino da dietro al tronco ed una mano mi fece cenno di
raggiungerla. Mi mossi lentamente, ammirando il viso della mia adorata
e
godendomi appieno il colore dei suoi occhi azzurri. Il mondo
finì d’esistere. C’era
solo lei, nessun altro aveva importanza, e poco importava il fatto che
sarebbe
dovuta essere morta, lei era lì, per me.
Stavo
per annullare lo spazio che ci divideva quando lei si fece indietro.
-Cos…-
Stavo per chiedere, confuso dal suo rifiuto, ma lei poggiò
due dita sulle mie
labbra e prese ad indietreggiare, prima lentamente e poi più
velocemente. A
quel punto corsi, corsi a perdifiato nel tentativo disperato di
seguirla, ma
era così difficile!
E all’improvviso
tutto si fece buio. Una risata agghiacciante coprì le risa
gioiose di Videl che
continuava a farmi cenno di seguirla, incurante della nuova voce.
-Videl,
aspetta!- Riuscii a dire col respiro irregolare dovuto non tanto alla
corsa,
quanto alla paura di perderla ancora. Ma lei si allontanava e ormai era
troppo
distante. Scomparve alla mia vista e a quel punto mi trovai solo nella
più
completa oscurità. Caddi in ginocchio, tenendomi la testa
tra le mani e
iniziando a tremare.
-VIDEL!-
gridai con tutto il fiato che avevo in gola, invocando la presenza di
mia
moglie, sentendo l’assoluto bisogno di lei.
-Non c’è
Gohan.- La voce orribile che poco prima aveva riso, ora stava parlando.
–L’hai
uccisa.-
-No, io…-
Cercai di obiettare, di dare per falsa la verità che mi
stava sbattendo in
faccia quell’essere dall’aspetto ignoto.
-Non puoi
mentire a te stesso. Gohan.
Un
qualcosa, simile ad uno straccio, si staccò
dall’oscurità che mi circondava. Si
deformò e prese forma, prima in maniera brusca e svelta, poi
piano e
delicatamente.
Si venne
a creare la forma di un viso, d’un paio d’occhi, di
una bocca e si plasmarono
il tronco e poi gli arti.
-Ma cosa
sta succedendo!- Urlai nuovamente, sentendomi inerme e patendo la
solitudine.
-Sto
componendo il corpo dell’assassino di Videl.-
Continuò crudele l’essere che, in
quel momento, aveva preso la mia forma.
-No! Non
sono stato io!- Un groppo mi salii in gola e le lacrime cominciarono ad
affiorare contro la mia volontà. Non avevo più il
controllo!
-Oh, sei
stato tu e come se sei stato tu. Tu sei un mostro, tu sei me. E io non
solo
sono te, sono anche dentro di te.- E detto questo la sua forma
cambiò
nuovamente. Cominciò a sciogliersi e riversarsi a terra in
nere pozzanghere che
si riunivano e formavano qualcos’altro.
Un
mostro demoniaco si rialzò dal piano sul quale giacevo.
Zanne lunghissime sporgevano
dalla sua bocca tumefatta e occhi rossi fiammeggianti spiccavano sul
volto
scimmiesco dell’essere.
-Visto Gohan?-
Alzò la mano destra, permettendomi di notare un esile figura
che stringeva come
fosse una bambola. La testa di Videl si muoveva avanti e indietro,
oramai,
priva di vita.
-NO!-
Urlai nuovamente, trasformandomi in Super Saiyan e uscendo da
quell’insopportabile
torpore in cui ero caduto.
Ma
facendo ciò, non ottenni altro risultato che scatenare
l’ilarità della bestia.
-Tu
Gohan, vorresti lottare contro di me? Contro di te? Ma quanto sei
spiritoso!-
Si crogiolava nella mia sofferenza, mi scherniva con quelle sue risa
ignobili. Gettò
il corpo della ragazza, dove finì non lo vidi neanche, e il
suo corpo prese a
ribollire. Cominciò a sciogliersi nuovamente, ma mentre si
scomponeva, continuò
a parlare.
-Io sarò
sempre in te, perché, ricorda, i Saiyan non sono altro che
mostri.
L’ammasso
d’acqua che si era creata, si diresse verso di me, colpendomi
con tutta la sua
forza.
-No
Videl!- Aprii gli occhi in una pozza di sudore. Ogni mio muscolo
tremava dall’orrore.
Mi
passai una mano sulla fronte e osservai ogni singolo angolo della mia
camera da
letto.
-Era
stato solo un sogno, solo un sogno- Mi ripetei, cercando almeno un
briciolo di
calma.
Ma una
lieve brezza mi giunse dalla finestra aperta e per un secondo, mi parve
di
vedere due occhi, nuovamente rossi. Non resistetti. Cedetti sul mio
stesso
letto, abbandonandomi ad un oblio molto più profondo del
semplice sonno.
-Tutto
qui quello che sai fare?- La principessina dei Saiyan, dopo aver parato
l’ennesimo
colpo, cominciò a prendermi in giro.
-Hey! Guarda
che stavo cercando di darti una mano!- Portai le braccia
all’indietro e
strinsi i pugni,
osservando la turchina
sorridermi sicura di sé.
-Ah sì!
Non ti conviene. Hai promesso. Se ti batto dovrai dirmi cosa
è successo sei
anni fa.
-Beh-
risposi con un ghigno. –Allora dovrai restare
nell’ignoranza cara mia.- Mi
lanciai di nuovo contro di lei, cercando di colpirla con un calcio allo
stomaco, ma lei si scansò all’ultimo minuto e il
mio unico risultato fu quello
di abbattere una quercia.
Mi
voltai di scatto, avvertendo la sua presenza dietro di me e caricai un
pugno.
Nessuna
delle due si accorse dell’iniziativa dell’altra, ed
entrambe ci ritrovammo col
pugno dell’altra in faccia.
Un
rivolo di sangue scese dalla mia guancia sinistra, così come
su quella di Bra.
-Hey Pan
vuoi dei dolcetti?- Nonno Goku mi urlò qualcosa, ma non
capii.
-Cosa
nonno?
-Attenta!
Mai distrarsi in un combattimento!- Urlò la turchina
vittoriosa, dandomi un
calcio all’addome e bloccandomi le braccia per poi
costringermi a terra.
-Nonno
Goku!- Urlai. –Ti ammazzo!- Tremante di rabbia e
immobilizzata sotto la presa
ferrea di Bra, non potei far altro che lanciare occhiatacce al
geniaccio che mi
aveva fatto distrarre.
-Ora me
lo devi dire!- La ventunenne cominciò a saltarmi sulla
schiena.
-Bra, mi
fai male!
-Si,
tutte scuse!- Sorrise lei prendendo a farmi il solletico.
-No, ti
prego ti prego! Ti dirò tutto!- Mi arresi, cercando di porre
fine a quella
tortura.
-E
bene?- Si posizionò di fronte a me, sedendosi a gambe
incrociate e posando i
gomiti sulle ginocchia.
-Ti ho
vista sai! Sbavare dietro a mio zio!-
Inarcò
un sopraciglio e un’espressione incredula le si fece largo
sui lineamenti del
bel volto.
-Non è
vero e poi dai, avevo quindici anni e tuo zio aveva ventisei anni! Era
solo una
cottarella!
-Ahhh!
Allora lo ammetti! Se non ci fosse stato Baby ti saresti messa con mio
zio! Ti
piace!
-Ora non
esagerare! Non sono più una bambina e su tuo zio posso fare
una lista lunga quanto
la grande muraglia cinese di cose che non vanno!
I suoni
degli allenamenti di Goten, Trunks e Jack distolsero la nostra
attenzione dalla
conversazione. Con un sorriso osservai il piccolo Jack cercare di
mantenere il
livello di combattimento pari a quello di Trunks e Goten, ma il piccolo
Super
Saiyan proprio non ci riusciva.
Super
Saiyan!? Cosa!?
Guardai
a bocca spalancata il bambino di appena sei anni trasformato,
combattere come
un leone contro i due ragazzi, ma ancora non era al loro livello ed era
stanco.
-Stop!-
Mi misi in mezzo alla lotta e m’inginocchiai di fronte al
bambino. –E tu da
quando in qua ti puoi trasformare?
-Da
sempre.- Scrollò le spalle lui.
-Ma non
è possibile!- Urlai in preda alla rabbia. –Ci ho
messo anni per riuscire
a trasformarmi e guarda, il
piccoletto di turno ci riesce. E’ proprio vero che noi donne
dobbiamo lottare
per conquistare le nostre cose.- Incrociai le braccia. Non ce
l’avevo con Jack,
no di certo, solo che trovavo l’intera situazione ingiusta.
-Veramente
anche io ci sono riuscita subito Pan. Non appena ho iniziato a
lottare.-
Affermò Bra fiera di sé. Sbattei nervosamente le
dita della mano sinistra sul
braccio destro e sbuffai. Possibile che fossi io l’unica
sfigata?
Guardai
ancora il bambino. Stavo per chiamare C-18, che si scontrava contro
C-17 e
nonno Goku che aveva appena finito d’ingurgitare dolcetti, ma
ci ripensai. Lo
portai per mano fino in casa, gli feci fare una doccia e lo misi a
nanna.
Sentii
odore di cibo provenire dalla cucina e feci capolino dalla porta.
-Hey Uub,
lascia stare. Perché non vieni con noi ad allenarti?
Lui mi
regalò uno dei suoi sorrisi a trentadue denti.
–Per oggi mi voglio riposare,
inoltre vi sto preparando alcuni piatti per la cena, ricette della mia
tribù
natale, che vi faranno leccare anche il piatto.- In quel momento pensai
a nonno
Goku. Beh, lui non si sarebbe limitato a leccarsi il piatto, se lo
sarebbe
addirittura ingurgitato.
-D’accordo.
Allora vado a riprendere gli allenamenti.- Spostai lo sguardo su Yarin
che,
silenzioso e serio, fissava il tavolo della cucina.
Poco prima
avevo sentito Uub parlare. Forse voleva far stare meglio
l’alieno. Li
lasciai soli e uscii nuovamente in
giardino, oramai diventato molto più simile ad una palestra.
-Hey
Pan!- Mi chiamò Bra. Li raggiunsi.
-Che c’è?-
Chiesi curiosa osservando i sorrisi beffardi dei ragazzi.
-Duello
a quattro, divisi in due squadre. Donne contro bambini.
L’unica regola è non ci
sono regole!- Disse precisina alzando l’indice della mano
destra.
-D’accordo,
cominceremo tra: tre,due, uno.- Goten fece l’occhiolino a
Trunks e, in un
turbino di foglie, passarono in mezzo a noi due, staccandosi di pochi
centimetri dal terreno e dividendoci. Era una tecnica.
-Io
prendo Goten- Mi urlò lei dirigendosi dall’altro
lato.
-Sì,
questo già lo so.- La schernii provocandone
l’irritazione e un certo rossore.
Poi la
mia attenzione si posò del tutto sul lillà.
-Pan,
amore mio. Non colpiresti mai il tuo ragazzo vero?- Chiese
indietreggiando
lentamente. Lo guardai dall’alto in basso.
–Certo che
sì.- Urlai lanciandomi contro di
lui.
-Ecco
perché ti amo- Mi bloccai in aria. Era la prima volta che me
lo diceva.
Lui mi
prese tra le sue braccia e mi baciò le labbra dolcemente.
-Ho
vinto.- Annunciò.
Lo
guardai in quegli occhi così chiari e affermai sicura.
–Ti amo anche io.-
Il
sorriso che mi riservò poteva essere paragonato
all’alba più bella che avessi
mai visto in vita mia. Lo strinsi a me e con un minimo di forza gli
feci
perdere l’equilibrio. Caddi addosso a lui riuscendo a
liberarmi dalla sua
stretta.
-Hai
sbagliato.- Cominciai decisa. –Ho vinto io.-
Un
sonoro schiaffo riecheggiò nell’aria e ci distolse
da quel momento magico. Con
gran divertimento osservammo la situazione opposta alla nostra.
-Ma che
ho fatto?- Cercava di farsi spiegare il moretto.
-Mi hai
palpato il sedere!- Urlò Bra furente.
-E’
stato un incidente!- Si giustificò il ragazzo.
-Vorresti
dire che non ti piace il mio sedere?-
Un
grosso gocciolone di sudore, in puro stile manga, inumidì la
fronte di tutti i
presenti. Eccetto quella della turchina. Bra se ne andò a
grandi falcate dentro
la casa.
-Che ho
fatto?- Chiese Goten del tutto incredulo.
Scoppiammo
a ridere.
-Amico.-
Disse Trunks –Tu le donne non le capirai mai!-
-Ma che
c’è da capire! Ci sono- Riprese come illuminato.
–Andrò da Bra e le chiederò
scusa. Non so cosa ho fatto di male ma lo voglio capire.-
E così
vedemmo Goten scomparire all’interno della casa.
-Tra
quanto tempo secondo te?- Chiesi dubbiosa a Trunks.
Lui
sospirò. –Tre, due, uno…-
E in
quel preciso istante, Goten volò via dall’edificio
gridando il perché di quella
sua infausta sorte.
Angolo
dell’autrice
Salve a tutti! Spero di non
avervi rotto le scatole Spero
che
questo capitolo vi sia piaciuto J
Come oramai sapete, ogni
correzione o critica è sempre ben accetta.
Vi aspetto al prossimo capitolo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Immobilizzato ***
Il
flusso dell’acqua aperta del lavandino era l’unico
rumore nella cucina che,
continuo, ci risparmiava dal silenzio che sarebbe potuto diventare
imbarazzante
in sua assenza.
-Salve a
tutti.- Mio papà entrò nella stanza.
Lo
guardai strabuzzando gli occhi. Sembrava che non dormisse da giorni! Le
occhiaie erano più che evidenti sul suo viso giovane ma
segnato da una profonda
tristezza, le spalle erano abbassate, quasi come in segno di resa e il
sorriso
che ci rivolgeva era del tutto spento. I capelli, solitamente alzati
all’insù
in un ordine quasi maniacale, non avevano senso quel giorno
poiché tutti
aggrovigliati tra di loro, la camicia che portava era quasi interamente
sbottonata e sporca in più punti e un’altra cosa
che si aggiungeva al suo
aspetto trasandato e che mai gli
avevo visto, sia nei suoi anni da mezzo saiyan, sia che da tsufuro, era
la
barba. Non era poi così evidente, tutto al contrario, ma il
viso di mio padre
era stato sempre perfettamente liscio e rasato. Il suo aspetto era
costantemente in ordine, anche e persino, durante gli allenamenti.
Quella
versione di Gohan che
avevo davanti, non
mi piaceva affatto.
Mi venne
una piccola fitta allo stomaco rendendomi conto che l’avrei
preferito sotto il
controllo di Baby piuttosto che in quello stato. Non stava bene, si
poteva dire
che era caduto in depressione.
-Buongiorno.-
Lo salutai, nonostante le mille emozioni che mi si agitavano dentro, in
modo
allegro, come sempre, facendo segno di sedersi sulla sedia accanto alla
mia.
-Ho
finito.- Annunciò C-18 riponendo l’ultima
stoviglia al suo posto e
interrompendo la corrente dell’acqua. –Ora possiamo
riprendere la nostra
conversazione. Qual è la prossima mossa?- Il suo tono era
anche esso
rassegnato, stanco di tutti i problemi ai quali aveva dovuto prestare
voce.
-Non c’è
più speranza.
-No
Gohan! C’è sempre una speranza.
C-18
posò una mano sulla spalla di mio padre, per dargli
conforto. In quel momento
mi parve che sull’androide fossero ricaduti tutti i suoi veri
anni, mostrandone
la vera essenza.
-Non
nelle condizioni in cui ci troviamo, ogni nostro movimento è
bloccato e forse
siamo anche spiati.- Pronunciare quelle parole mi fece male, ma era
giorni che
sentivo presenze intono a me e stavo cominciando a credere che avessero
scovato
il nostro nascondiglio. Il fatto era che la nostra aura era nuovamente
percepibile e non ci trattenevamo più di tanto nei nostri
allenamenti quindi
eravamo facilmente rintracciabili da Baby, ma non solo da lui. Anche i
discepoli del genio delle tartarughe di mare erano in grado di
percepire l’aura
e anche se lo tsufuro si fosse assentato o avesse avuto grattacapi da
affrontare ci sarebbero stati sempre loro a sorvegliarci.
Brividi
di freddo, nonostante l’alta temperatura della stanza, mi
percorsero il corpo.
-Scusate
voglio soltanto riposarmi in questi giorni- Gohan si alzò
dal tavolo, diretto
nuovamente in camera sua.
Guardò
attentamente la finestra, indeciso sul da farsi. Dal giorno
dell’incubo ormai
erano trascorsi quattro giorni, ma il fantasma della sua amata tornava
regolarmente a perseguitarlo. Gli faceva visita tutte le notti, restava
con lui
sino alla fine delle tenebre nel suo letto, tenendogli compagnia e
facendolo
stare bene. Ma come la droga, quando lei se ne andava, si sentiva
svuotato e
bisognoso della sua presenza. Nel bene o nel male.
Quella
mattina però era diverso, aveva la sensazione che lei
sarebbe venuta, doveva
essere così, se lo sentiva. Ma forse era solo la pazzia e il
disperato bisogno
di lei che gli faceva venire quelle idee. In quei quattro giorni, non
faceva altro
che stare in camera, aspettandola e trascurando persino i suoi figli.
Una
leggere folata di vento lo fece alzare dal letto.
Sì, sì!
Era lei, lo sapeva, lo sapeva!
-Videl-
Sussurrò al vento e alle sue parole comparve la ragazza.
-Seguimi.-
Disse semplicemente lei e lui, come un cucciolo indifeso, la prese per
mano.
Pochi
minuti prima…
-Cara
Videl.- Baby alzò una mano per carezzare il volto della
donna che gli stava
davanti. Si chinò verso di lei e le sussurrò in
un orecchio. –E’ il momento,
porta Gohan da noi.-
La
corvina annuì e scomparve, lasciando il padrone alle sue
riflessioni.
Baby era
compiaciuto del suo piano, sicuro che sarebbe riuscito a ottenere
ciò che
voleva. L’eliminazione dei Saiyan componeva solo una piccola
parte del suo
volere, prima avrebbe avuto la loro forza. Sì, voleva che il
loro potere
venisse trasmesso a lui e poi voleva annullarne l’esistenza.
-E tutto
grazie a voi.- Finì il suo pensiero a voce alta,
rivolgendosi ai suoi nuovi
giocattoli.
-Non ti
conviene considerarci così Baby.-
Nella
faccia dello tsufuro si lessero facilmente le scuse che stava per porre
ad alta
voce, spaventato all’idea che l’esponente
più importante del popolo della notte
potesse leggere i suoi pensieri. Ma tutto questo non lo spaventava
soltanto, lo
infastidiva. A lui piaceva avere il controllo su tutto, svelare il
segreto
delle sue macchinazioni solo dopo molto tempo. Ma con questi alleati
non era
possibile.
-Sappiamo
il pericolo che corriamo stringendo un alleanza con te. Per questo
cerchiamo di
fidarci il meno possibile.
-Potreste
cercare di nasconderlo almeno.- Disse Baby nella finta indifferenza.
-E a che
servirebbe?- Continuò l’alieno stringendosi nelle
spalle.
Non
c’era da scherzare con il popolo della notte, per questo non
avrebbe mai
iniziato una guerra che avrebbe potuto definire alquanto dubbia.
Nonostante la
sua forza, non poteva competere con le arti magiche ed illusorie di
questo
popolo apparso molti anni fa, su un pianeta ai margini della galassia.
Le
grandi porte della stanza si aprirono e la moglie di Gohan
entrò nella stanza,
reggendo suo marito per un braccio. Lo buttò ai suoi piedi e
lui si fece
trattare in quel modo senza una grinza.
-Che sia
chiaro Baby, mi dovrai pagare molto per il servizio che ti ho reso.
Posso
andare ora?-
Lo
tsufuro annuì e le porte si chiusero nuovamente lasciando
solo tre persone
all’interno della stanza delle quali una era a terra.
-E così
questi sarebbe uno degli ultimi esponenti della razza Saiyan. Sai,
lanciargli
quel maleficio da lontano non è stato semplice, aveva una
mente forte. Ma il
suo corpo non sembra esserlo.- Prese tra le dita verdi e raggrinzite il
volto
di Gohan e lo alzò di pochi centimetri dal pavimento,
ammirandone i lineamenti.
Il volto
grinzoso dell’alieno non reggeva il paragone minimamente, si
poteva considerare
l’opposto.
-Me li
ricordavo più… grezzi.-
-Il loro
sangue è misto, non sono più come li ricordate.
Voi avete visto il sorgere e il
tramontare del loro regno, ma non la fine della loro razza e fidati di
me, se
ti dico, che sono molto più forti di quel che sembrano e non
mi dire che tu non
li vuoi cancellare dalla faccia dell’universo. Non vuoi
vendetta per il tuo
popolo decimato da queste bestie?
-E tu
vorresti che io trasmettessi il potere di questi esseri a te? Mi
dispiace ma
non posso farlo, non è possibile. Posso privarli del loro
potere, ma non di più
che per pochi istanti. Però posso immobilizzarli.- Lo
tsufuro strinse i pugni,
non avrebbe ottenuto ciò che desiderava.
-D’accordo.-
Continuò arrendevole. –Allora portameli uno per
uno qui. Li ucciderò assieme.
Vero è che il corpo di Goku è più
forte, ma proprio per questo non so se sarei
in grado di controllarlo. Vegeta invece non richiede tutto questo
sforzo. Il
suo cuore è il più sporco, non è
più vile e crudele, questo è vero, ma il sangue
delle sue vittime ricadrà per sempre su di lui, rendendolo
mansueto per esseri
superiori come me.
-O
inferiori?- azzardò l’alieno.
-Cos’hai
osato di…- Ma venne interrotto.
-Lasciatemi
andare.- Gohan non aveva nemmeno più la forza di reagire.
Sconvolto dal
comportamento di Videl, vergognatosi della sua stupidità, in
quel momento non
gli restava altro che subire. Come avesse fatto quell’alieno
a ridurlo in quel
modo non lo sapeva.
-Davvero
notevole, è ancora in grado di pensare e parlare. Questi
scimmioni mi
stupiscono. Sono sicuro che la loro morte sazierà il mio
popolo della fame di
vendetta che da secoli ormai li divora. Vado a prendere gli altri.-
A quelle
parole Gohan sembrò riscuotersi e, prima che il controllo
dell’esponente del
popolo della notte ebbe del tutto la meglio su di lui,
riuscì a sussurrare. –No,
ti prego.- Poi fu circondato dal buio, sotto lo sguardo dubbioso
dell’alieno.
Angolo
dell’autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo che
spero vi sia piaciuto.
Così Gohan è stato catturato.
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Gohan
riuscirà a liberarsi o sarà ucciso?
( Dovrei proprio smetterla di ascoltare il narratore rompiscatole di
Dragon Ball
e godermi la puntata XD)
Grazie a tutti voi che continuate
a seguirmi, al prossimo capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Il sacrificio ***
Salve a
tutti!
Un piccolo avvertimento prima
d’iniziare a leggere.
Il capitolo comincerà dal momento
in cui Gohan , lascia i suoi compagni. Vedremo le loro reazioni e gli
avvenimenti. Ho alzato l’avvertimento dal verde al giallo
perché verso la fine
ci sono delle scene abbastanza cruente.
Spero che il capitolo vi piaccia,
buona lettura.
Mio
padre uscì dalla stanza sotto i nostri sguardi preoccupati.
-Ragazzi,
credo che sia solo stanco e stressato. Siamo tutti sotto pressione
ultimamente
e lui è quello che ha sofferto più di tutti noi.-
Uub aveva parlato sottovoce,
quasi col timore che Gohan sentisse.
-Non c’è
bisogno che lo giustifichi Uub. Piuttosto, Yarin, credo che tu debba
mangiare
molto di più per riprenderti. Apri la bocca!- Bra,
insensibile alla situazione
pesante, o forse cercando d’alleggerirla, prese il cucchiaio
dell’alieno, lo
riempì sin quasi all’orlo con il latte, e
cercò d’imboccare il poveretto che
cercava di ritirarsi. Sorrisi lievemente guardando la scena. Yarin si
era
rifiutato di continuare a mangiare ma C-18 lo aveva incoraggiato,
dicendogli
che avrebbe dovuto recuperare le forze perse se avesse voluto
cominciare ad
allenarsi insieme a noi per liberare il suo popolo, però non
ero così sicura se
a convincerlo fossero state le parole dell’androide o il suo
tono minaccioso,
comunque l’alieno si ritrovò l’unico a
dover finire di far colazione e ora gli
toccavano pure le attenzioni della Saiyan, fatto di cui non sembrava
essere
molto contento.
-Ragazzi,
io vado a fare due passi fuori.- Goten si alzò dalla tavola
con lo sguardo
basso, anche Trunks sembrò averne l’intenzione, ma
venne bloccato dal ragazzo.
-Mi
dispiace amico, devo schiarirmi le idee.
Trunks
lo guardò a lungo. –Non vuoi fare qualche
sciocchezza vero?
-Sta
tranquillo, ci tengo ancora alla mia vita. Non andrò di
certo ad affrontare Baby
da solo.- Detto questo uscì.
-Nonno?-
Attirai la sua attenzione alzando la voce, visto che stava pregando
Yarin di
dargli un po’ di cibo, quest’ultimo stava per
cedere, ma la mia intromissione
nella discussione distolse completamente l’attenzione di Goku
dall’alieno.
-Sì,
Pan?- Alle sue parole presi fiato, era difficile dire quello che mi
stava
passando per la testa quindi riordinai
i
vocaboli nella mia testa e riuscii a formulare una frase di senso
compiuto.
-Non ti
senti in colpa? Infondo siamo stati io, Trunks e tu a
portare Baby sulla Terra. Siamo stati
stupidi, avremmo dovuto ucciderlo subito, quando ne avevamo la
possibilità…- La
mia voce si fece sempre più fievole, fino a sparire quasi
del tutto. Mi sentivo
colpevole. Ero stata così debole! La prima volta che
affrontammo quell’essere,
io Trunks e nonno Goku, riuscimmo a colpirlo in pieno con
un’onda energetica.
Le parti dell’onda dei miei due compagni di viaggio erano
sicuramente più
potenti della mia che invece…
Strinsi
i pugni, se fossi stata più forte, se avessi avuto la
possibilità di
trasformarmi prima, agli inizi dei miei allenamenti, come ci era
riuscita Bra,
avrei potuto facilmente disintegrare quel mostro con l’aiuto
di Trunks e nonno
Goku. Avrei potuto mettere più forza e cancellare
quell’essere dall’intero universo.
Se ci fosse stato Goten al posto mio, Baby non sarebbe nemmeno uscito
da quel
laboratorio. Un pensiero improvviso mi colpii. E se non fossi stata
adatta alla
lotta? Se non avessi avuto nessun potenziale come mio padre o come mio
nonno?
Questo avrebbe spiegato la mia “trasformazione
tardiva”.
-Credo
che, a lungo andare, ci avrebbe trovato comunque, Baby ha un grande
potere rigenerativo-
Gli occhi del nonno erano persi nel vuoto, stava pensando a qualcosa,
o, forse,
a qualcuno e nonostante ciò, aveva capito a cosa mi riferivo.
-Goku,
faremo tornare anche Chichi normale.- Guardai Trunks con un sorriso,
che avesse
letto veramente nei pensieri del guerriero? Dal sorriso di Nonno Goku
capii che
era proprio così.
-Ma non
è solo lei a preoccuparmi. Questa volta, non riesco a
trovare nessuna soluzione,
nessuna via d’uscita.
-Fidati
Goku se ti dico che ve la siete cavata in situazioni peggiori.- Il Saiyan annuì
a C-17 che, serio e
apparentemente indifferente, non distoglieva mai lo sguardo dalla mano
di
Trunks che stringevo come fosse un’ancora di salvezza,
sembrava essersi
rassegnato all’idea della mia relazione col lillà.
-Ragazzi,
esco anche io.- La turchina lasciò in pace il poveruomo e
cominciò a dirigersi
verso la porta.
-E no, non
sono riuscito a
fermare il mio migliore
amico, ma tu resti dentro.- Bra inarcò un sopraciglio,
guardò il fratello
dall’alto in basso, e senza dire una parola uscì
di casa.
-Trunks,
non sei riuscito a fermare Goten, non puoi pretendere di riuscire a
fermare
Bra.- Lui sospirò e mi strinse a sé.
-Sono
riuscito a fermare te però.- Mi diede un bacio a fior di
labbra, mentre mio
nonno Goku, alquanto scandalizzato, bofonchiava qualcosa che non
riuscii a
capire impegnata com’ero.
Bra
uscì
in quella calda giornata di fine aprile, aguzzò la vista e
localizzò la sua
preda dalla chioma corvina, distesa sul prato, poco distante. Si
avvicinò
lentamente, lasciandogli tempo affinché la notasse.
Niente.
Aumentò
lievemente la proprio aura, ma il giovane non accennava ad alzare la
testa. Stufa
di questa sua indifferenza aumentò il passo e si
ritrovò davanti a lui.
Finalmente quest’ultimo parve accorgersi della sua presenza,
ma non alzò lo
sguardo, si limitò semplicemente a dire.
-Non
sono bellissimi?
La
ragazza, non capendo, si sedette accanto a lui.
-Cosa?
Goten
prese un piccolo fiore rosso e lo alzò, per poi incontrare
gli occhi curiosi
della sua interlocutrice. Ma proprio nel momento in cui stava per
parlare
s’immobilizzò, incantato dalla rosea pelle di lei,
dai suoi occhi, dalla sua
bocca.
Senza
neanche rendersene conto, si avvicinò sempre più.
Dal canto suo, Bra, non aveva
la minima voglia di allontanarsi da lì, voleva che Goten si
avvicinasse. Alzò
una mano verso il suo viso, quasi come un gesto istintivo, e
posò la mano sulla
calda guancia di lui. Una brezza leggera soffiava tra di loro
scompigliando i
capelli della turchina e posandosi sul suo viso. Goten, irritato da
quei fili
che gli ostacolavano la vista di quella meraviglia, li
scostò, avvicinandosi
ancora di più.
Oramai
mancavano pochi centimetri all’unione delle loro labbra e
l’ambiente
circostante sembrava solo voler favorire la nascita di quella coppia
dando all’atmosfera
una tranquillità assoluta, facendo dimenticare ai due
ragazzi il caos nel quale
si erano ritrovati nell’arco di sei anni.
Pochi
millimetri ormai, Bra sentiva il respiro di Goten sul suo viso e,
imitata dal
ragazzo, cominciò a chiudere gli occhi sempre più
smaniosa del contatto che stava
per arrivare…
Un
rumore riecheggiò nella foresta, gli alberi che prima
facevano loro ombra erano
rimasti del tutto carbonizzati da qualcosa, o da qualcuno.
-Goten
che sta succedendo!- Gridò la turchina afferrando il braccio
del ragazzo che si
guardava a destra e sinistra. –Aiuto!- Urlò in
direzione della loro casa. Vide
i suo amici uscire e in quel momento si poté dire
tranquilla, insieme avrebbero
sconfitto facilmente chiunque avesse provato ad attaccarli.
-Cosa
diamine è successo?- Gridò di rimando Pan, ma una
nuova esplosione rese inutile
il suo sforzo, nessuno la sentì.
Dalla
nube di polvere e terra che si era venuta a creare, emerse Baby,
accompagnato
da una figura incappucciata. Il sovrano alzò il braccio e
cominciò ad indicare
le prede.
-Quei
due.- Disse alzando il dito verso Goten e Bra, ancora leggermente
distanziati
dal gruppo. –E quei quattro.- Finì per poi
indicare Jack, Trunks, Goku e Pan.
-E gli
altri?- Chiese l’alieno atono.
-Me ne
occupo io.
In un attimo
Baby scomparse e riapparve di fronte a Yarin.
Una luce
accecante e dell’alieno non rimase nemmeno il cadavere.
Nella
mente dei bersagli del sovrano, non restò altro che freddo.
Ognuno di loro
provava odio verso quell’essere, ne odiavano ogni fibra del
suo corpo e della
sua anima.
-Sei un
mostro!- Urlò Uub lanciandosi contro di lui, ma il suo grido
si smorzò
all’ultimo, intrappolato nei suoi polmoni trapassati dalla
mano dello tsufuro.
-No…- La
saiyan corvina si avvicinò lentamente al corpo morente di
quell’uomo che
credeva aver amato, ma resasi conto in quel momento che per lei, Uub,
era solo
il suo migliore amico.
S’inginocchiò
accanto al ragazzo e le lacrime cominciarono a scorrerle sul viso.
-Uub,
Uub! Ti prego, non puoi lasciarci, resta con noi.- Lo supplicava. Nella
testa
della Saiyan, passarono uno dopo l’altro i momenti passati
insieme al suo
compagno d’avventura.
L’aiuto
di lui era stato fondamentale per lei, senza quell’uomo, non
avrebbe mai
incontrato i due cyborg e non avrebbe potuto proseguire nella sua pazza
e
disperata missione, era solo grazie a lui se era riuscita a far tornare
normali
Trunks e Goten, ricordava ancora il sollievo che aveva provato
vedendolo
comparire dal nulla nella cucina del ristorante. -Senza di te non posso
andare
avanti, non possiamo!- Presto i presenti ignorarono l’alieno
e lo tsufuro e si
unirono attorno a Uub.
-Sì che
potete.- Tossì lui. –Siete forti, siete
coraggiosi.- Guardò tutti i volti dei
presenti. –Finite questa guerra per me, riportate tutto alla
normalità.- Un
nuovo colpo di tosse, stavolta ancora più violento.
–Scusami Pan, mi sono
comportato da stupido con te, sappi che sarai sempre la mia migliore
amica.-
Sul volto della corvina si dipinse un sorriso, non di gioia ma di puro
dolore. Uub
sentiva le sue forze venir meno, non cerano neanche fagioli di Balzar
dannazione! Ma se c’era una cosa di cui si era pentito, era
non aver rivelato
nulla alla ragazza con la quale era rimasto nella stessa casa per
più di un
anno, sotto lo stesso tetto, la ragione per cui considerava Pan una
semplice
amica.
Flash
Back
Le onde del
mare bagnavano la
sabbia dell’isoletta del genio delle tartarughe di mare e
l’odore della brezza
marina inebriava i due ragazzi stesi fianco a fianco sulla sabbia
intenti a
godersi il sole.
-Hey Uub.- La biondina si mise a
sedere. –Secondo te chi è più forte tra
mio zio e mia madre?- Il ragazzo guardò
Marron con un cipiglio incuriosito. –Perché mi fai
questa domanda?- Lei scrollò
le spalle. –Curiosità, credo.-
Uub sospirò e rispose. –Credo che
siano perfettamente alla pari, non ho mai avuto modo di confrontarmi
con loro.-
-Ah sì.- Sussurrò lei.
-E’ pronto in tavola!- L’urlo di
Crilin e C-18 giunse all’orecchio dei due ragazzi. Marron si
alzò subito, ma
Uub non aveva la minima voglia d’imitarla.
Lei lo prese per le braccia e
cominciò a tirare. –Dai Uub, alzati.-
Lui cominciò a ridere vedendo i
lineamenti contratti sul viso della biondina, ma smise quando questa
aprì gli
occhi. Uub rimase senza fiato nel contemplare quel blu così
intenso.
-D’accordo.- Sussurrò.
Quello fu solo uno dei tanti
momenti in cui i ragazzi passarono del tempo assieme.
Fine
Flash Back
-Dite a
Marron che l’amo.- Uub finì di respirare e il suo
cuore cessò di battere. Ci fu
un momento in cui tutto rimase immobile, ma subito dopo la voce forte e
decisa
di C-18 ruppe quella sorta d’incantesimo.
-Non ti
perdonerò mai! Mi hai tolto tutto, mio marito, mia figlia,
persino il mio
pianeta.- La forza dell’androide aumentò di cento
volte. –E mi hai portato via
anche Uub che ormai consideravo come un figlio!- Delle lacrime
cominciarono a
scendere anche sul suo viso mentre ricordava i momenti vissuti con
Crilin,
Marron, Uub e il genio nella sua isola. La bionda si lanciò
contro di lui, in
una disperata ricerca di vendetta. Baby scansò il pugno del
cyborg e con un
colpo secco le staccò la testa.
Goku si
alzò in piedi, furente per l’uccisione del suo
unico discepolo, si trasformò
nel super saiyan di quarto livello. L’aura che lo circondava
era rossa e
bastava solo quella per distruggere a grandi ondate il terreno che lo
circondava. Stava per scagliarsi contro lo tsufuro, ma qualcosa lo
immobilizzò,
permettendogli solo d’urlare il proprio dolore per poi
sprofondare nel buio
assoluto.
Uno per
uno, lentamente, tutti i Saiyan, orripilanti e sconcertati per la morte
dei
loro due compagni vennero bloccati e persero i sensi e, infine, liberi
di
muoversi e svegli, restarono soltanto Pan e C-17.
La
ragazza tremava d’ira mentre il suo corpo veniva circondato
dalla luce
dell’oro. Restò sorpresa nel rendersi conto che
era riuscita persino a superare
il limite, arrivando al secondo livello.
Si era
sbagliata, lei era allo stesso livello degli altri, era una Saiyan a
tutti gli
effetti. Tuttavia da sola non avrebbe mai potuto far niente, non era
ancora
abbastanza forte.
Anche
lei venne bloccata, ma ancora cosciente, vide C-17, solo, fronteggiare
i due
alieni. Ma lo sguardo del Cyborg non era spaventato,
tutt’altro.
“Scappa
stupido!” Urlava Pan nella sua testa, ma l’androide
non si muoveva. “Ti prego”
Sapeva
che non poteva sentirla, ma non doveva restare lì, doveva
volare via, doveva
salvarsi, almeno lui! Era la loro unica possibilità!
“No Pan,
non scapperò” Le parole di lui la sorpresero, poi
si ricordò della possibilità
dei Cyborg di parlare tra loro non necessariamente ad alta voce.
“Sarebbe
inutile. Mi dispiace amore mio, non ho saputo dimostrarti i miei
sentimenti, mi
sono comportato come uno stupido.” Nella sua voce mentale,
Pan poteva avvertire
il dolore per la morte della sorella, ma sembrava che in lui ci fosse
dell’altro. “ Ti ho amata Pan e ora è
arrivato il mio momento.”
C-17
lanciò una spera d’energia contro Baby, la fece
esplodere a mezz’aria per poi
spostarsi dietro di lui e aggrapparsi alla sua schiena.
-Baby,
il dottor Gelo ci ha costruito con la possibilità
d’autodistruggerci. La nostra
esplosione può spazzar via questo pianeta se non
l’intero sistema solare, ma se
riesco a controllarla, almeno in parte, posso restringere il campo di
distruzione a te e me. Sei morto Baby e io avrò la mia
vendetta.-
-Ahahah!-
C-17 sgranò gli occhi nel sentire la risata di Baby.
–La tua bomba, insieme a
quella di C-18 è stata disattivata, te ne sei dimenticato?
-Come
potrei dimenticarmene! E’ per questo che ne ho costruita
un’altra io stesso e
l’ho inserita all’interno del mio corpo.
L’urlo
di Baby si unì a quello di C-17 e una luce accecante li
circondò. Il rumore fu
assordante mentre la forza di centinaia di bombe atomiche esplodeva in
un unico
punto definito.
L’unica
androide rimasta vide quella forza dissiparsi dopo pochi secondi, piena
di
speranza, osservò il punto in cui i due combattenti erano
scomparsi, ma quando
il polverone si volatilizzò ecco ricomparire Baby che,
protetto da una barriera
che avvolgeva il suo corpo quasi come una seconda pelle, rideva.
Si avvicinò
alla mezzosangue e disse. –Questo è quello che
succede a chi si oppone a me.-
E in
quel momento Pan perse i sensi.
Continua…
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Speranza ***
Aprii
gli occhi lentamente, sbattei un paio di volte le palpebre e presto i
contorni
dello spazio che mi circondava, prima sfogati, si fecero nitidi e potei
capire
dove mi trovavo. Provai ad alzarmi, ma il peso del mio stesso corpo mi
buttava
giù e rendeva vano ogni mio sforzo. Mi trovavo nella camera
dov’era successo!
L’ultimo luogo in cui ero stata da umana. Ma quella specie di
stanza degli
orrori non era stata distrutta? Almeno così mi avevano
detto. Possibile che
quel sadico di Baby l’avesse ricostruita? E sei anche fosse
stato così, a che
scopo?
Ma
certo! Lui non voleva altro che farci soffrire il più
possibile e rinchiuderci lì
sotto, faceva parte del suo divertimento.
Cercai
di alzarmi ancora, questa volta riuscivo a muovere qualche muscolo, ma
non appena
lo feci, fui pervasa da un lieve tremore. No, no! Non dovevo avere
paura,
dovevo aiutare gli altri!
–C’è
qualcuno?- Riuscii a chiedere. La mia voce, in qualche modo, mi aveva
rincuorato.
-Pan?-
Il mio nome pronunciato da due voci contemporaneamente!
-C-17,
C-18? Siete voi?-
-No Pan,
siamo Bra e Trunks.- Chiusi per un attimo gli occhi. Certo che non
erano loro.
–Dove ci
troviamo?- Chiese Bra. Ero volata di spalle, non la vedevo, ancora non
riuscivo
a muovermi del tutto.
-Al
palazzo di Baby.- Annunciò Trunks.
-Hey
ragazzi siete svegli?
-No
Goten, parliamo tra di noi nel sonno.- Rispose la turchina alquanto
irritata
dalla stupidità di mio zio.
-Dobbiamo
cercare mio padre! Mi alzai di scatto, finalmente avevo ripreso il
controllo, e
mi precipitai da mio nonno e mio fratello.
-Svegliatevi,
svegliatevi!- Fu con sollievo immenso che vidi Jack riprendersi pian
piano e
aprire gli occhietti.
-Pan,
cos’è successo?- Anche mio nonno si era svegliato
e, come se niente fosse, si
era alzato, il suo corpo aveva risentito ben poco di quello che ci
avevano
fatto.
Cominciammo
a perlustrare quello scantinato, nel buio, era molto difficile riuscire
a
vedere tutto perfettamente. Cominciai a spostare le mani sulle pareti,
in cerca
di un’apertura.
-Nonno!-
Chiamai. –Qui c’è qualcosa! Una porta!-
Nonno Goku mi fece spostare e posò la
mano sul pomello. Cominciò a girare, lentamente, e con uno
strattone la porta
venne aperta e come una corrente l’aura di mio padre
c’investì.
-Questo
è mio fratello! Papà dobbiamo cercarlo!- Goten
saltellava sul posto, felice
della consapevolezza che il suo fratello maggiore era ancora vivo.
-Sì, ma
dobbiamo essere cauti!- Intervenne Trunks uscendo per primo dalla
stanza.
Percorremmo
l’angusto corridoio, non senza incappare in ragnatele e, di
tanto in tanto,
topi. Bra era attaccata al mio braccio e continuava a sussurrare.
–Schifo,
schifo, schifo!- Come un mandra, cercando di tanto in tanto
d’alzarsi in volo,
ma quando cercava di farlo Goten l’ammoniva ripetendole che
Baby poteva sentire
la nostra aura e di stare a terra. Lei si limitava a guardarlo male,
senza
rispondergli, ma ascoltandolo.
Procedemmo,
sempre più veloci, e presto fui colta dal panico. Le strette
pareti si
susseguivano, sembrava che non avessero mai fine. Il respiro
accelerò così come
il mio cuore che prese
a battere come quello
di un uccellino. E se non avessimo trovato mio padre in tempo? Io e
Jack saremo
rimasti senza genitori. Se fossimo riusciti ad uscire da quel casino
che ormai
era diventata la nostra vita avrei dovuto fare da madre a mio fratello.
Guardai
il bambino camminare al mio fianco e, come un flash, mi apparve
l’immagine di
C-17, C-18 e Uub, pronti a sacrificarsi per le persone che amavano.
-Perché
non possiamo usare il teletrasporto?- Chiese Jack tirando Goku per il
braccio.
-Perché
non sapevamo dove saremmo arrivati. Prudenza.- Risposi al suo posto,
cercando
di sorridergli. Ma in realtà avevo una gran paura di quello
che avrei potuto
assistere comparendo in un luogo sconosciuto ed estraneo. Ed inoltre,
saremo
stati dei bersagli fin troppo facili.
Gli
altri si fermarono di botto e io andai a sbattere contro le spalle di
Goku. –Ma
che…- Non finii la frase che vidi d’innanzi a me
una porta, una lussuosa porta
in legno decorata con intagli floreali.
Osservai
attentamente la mano del Saiyan che si avvicinava sempre più
al pomello.
-Aspettate!-
Disse Bra alzando lievemente la voce. Si era trattenuta dal gridare, lo
capivo
dal rossore che aveva sulle guance e dal modo in cui si guardava a
destra e
sinistra. –Non so cosa ci aspetta al di là di
questa porta n’è se riusciremo a
far tornare tutto alla normalità
perciò… al diavolo.- Prese per il braccio
Goten e lo attirò a sé. Lo baciò con
passione trasmettendogli con il semplice
contatto fisico quel che non aveva potuto dirgli prima. Lui rispose
senza
pensarci due volte.
Sorrisi,
Bra non poteva nascondermi la verità. Alzai lo sguardo negli
occhi di Trunks,
lui annuì. Non capii inizialmente il suo gesto, ma qualcosa
mi disse che dovevo
salutare Jack. Mi abbassai verso il bambino e lo abbracciai forte.
-Sta
attento.- Gli sussurrai.
Goten e
Bra intanto si erano staccati. –Che cos…- Ma non
la lasciai finire.
-Bra,
Goten, prendetevi cura di mio fratello. Se qualcosa dovesse mettersi
male voi
tre dovrete scappare.- I due erano confusi.
-Bra,
Goten.- Trunks si avvicinò a sua sorella e al suo migliore
amico e posò loro
una mano sulla spalla. –Vi do la mia benedizione.-
-Ma cosa
state dicendo ragazzi! Credete che potremmo mai lasciarvi soli a
morire?-
-No
Goten! Voi non ci lascerete da soli a morire semplicemente
perché voi non
sarete con noi. Dovete andarvene ora. – Non avevo mai visto
mio nonno così
serio, ultimamente anche il suo carattere era cambiato in seguito agli
ultimi
avvenimenti.
-Tu,
Jack e Bra sarete gli ultimi discendenti della razza Saiyan, se le cose
non andassero
secondo i piani, dobbiamo assicurarci che voi sopravviviate per
prendere il
nostro posto.-
-Allora
perché far rischiare Pan e non me.- Insistette disperato
Goten.
-Perché
è tutta colpa nostra Goten!- Quasi urlai. Il mio zietto
sbiancò.
-C…cosa
volete dire?-
Trunks
si fece avanti. –Siamo andati nel pianeta di Gil, il
robottino che abbiamo
distrutto mesi fa…- A queste parole si fermò per
guardarmi in faccia. Una
piccola lacrima mi scese, una sola. Anche il povero Gil ci aveva
rimesso le penne
allora. –E lì si trovava il dottor Miu, colui che
aveva riportato lo tsufuro
alla vita. Gil mi aveva raccontato di questo scienziato, e
così siamo scesi sul
pianeta, ingannando sia Pan che Goku, siamo arrivati sino al
laboratorio e lì
abbiamo visto il mostro. Quindi, è solo colpa mia se Baby
è arrivato qui.-
A quel punto presi
io in mano il
discorso.
-No Trunks,
se io fossi stata più forte avrei potuto lanciare
un’onda energetica più
potente. E’ solo colpa mia se Baby si è spinto a
tanto.-
-Pan e
Trunks. Io avevo la forza necessaria per uccidere quello tsufuro eppure
mi è
sfuggito lo stesso. E’ colpa mia. Goten, hanno già
ucciso migliaia d’innocenti
e soggiogato tutti i terrestri., vuoi che la stessa fine la facciano la
tua
donna e tuo nipote che è appena un bambino?- Il mezzosangue
non seppe più cosa
replicare, ma si sa, gli opposti si attraggono e se lui non ne era in
grado, la
sua ragazza sapeva cosa dire.
-Punto
uno: Io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno. Vero
è che Goten
sarà il mio uomo, ma se crede che lui possa anche solo
influire su una mia,
anche più piccola, scelta si sbaglia di grosso signor Son
Goku. Punto due:
Siamo finiti tutti in questo casino che ci piaccia o no e quindi
combatteremo
insieme. Punto terzo: Abbiamo passato mesi interi ad
allenarc…-
Colsi di
sprovvista Bra e l’abbracciai, facendole interrompere
quell’arringa . –Prenditi
cura di mio fratello Bra. Voi siete la nostra unica speranza in caso di
fallimento, ci siete indispensabili vivi, non morti.- Abbracciai anche
mio zio
e il mio esempio lo seguirono sia Goku che Trunks. Per un attimo mi
parve di
essere ritornata al passato, pronta a partire con i miei due compagni
di
viaggio per lo spazio. Soltanto che in quel momento non stavamo
partendo per
iniziarlo, ma per concluderlo definitivamente.
-Ma cosa
state aspettando?- Una voce fece tremare le pareti che ci circondavano
e la
porta si aprii con un gran fragore. I corridoi che ci precedevano
scomparvero e
fummo costretti ad uscire allo scoperto. La luce ci accecò
per un istante ed un
nuovo rumore ci assordò.
Non
appena riacquistai la vista sbattei velocemente le palpebre e mi
guardai
attorno. Eravamo in un’arena! Dagli spalti gremiti, la gente
urlava e
fischiava.
Baby ci
aveva semplicemente attirato alla nostra esecuzione con
l’aura di mio padre.
-Credevate
davvero che sia così stupido da farvi gironzolare nei
corridoi del mio castello
senza una meta precisa? E che vi avrei fatto scappare così
facilmente? Avete
proprio una testa da scimmioni!- Detto questo lo tsufuro apparve al
centro
dell’arena, con il suo braccialetto nel braccio destro e
Gohan, trascinato per
il bavero della camicia. Lo lanciò in segno di sfida verso
di noi. Corsi verso
mio padre e cominciai a strattonarlo. –Papà,
papà!-
-Tranquilla Pan,
è solo svenuto.- Disse Goku mettendosi
faccia a faccia con Baby e guardandolo con disprezzo.
Improvvisamente
apparve un’altra figura. Incappucciata, dalla corporatura
alquanto ridotta. Il
suo passo era incerto, come se facesse fatica ad avanzare.
Levò una mano
rachitica verso di noi e restammo immobilizzati.
-Questa
è la fine che farete. Giudicati di fronte al popolo tsufuro
per i crimini dei
vostri antenati.- Disse Baby cominciando a creare una sfera
d’energia. No, non
una spera, sembrava un oggetto contundente, un coltello.
Si avvicinò
lentamente fino ad arrivare davanti a me. Mi strinse il volto con la
mano
destra e mi costrinse ad alzarlo verso di lui, facendomi esporre la
gola.
-Aspetta
Baby.- L’alieno affiancò l’alleato e
posò una mano raggrinzita sulla mia
fronte.
Per un
attimo tutto fu buio, ma presto qualcosa cambiò.
I miei
pensieri si tinsero di mille colori, sfaccettature diverse che non
avevano una
forma precisa, si mescolavano tra di loro e solo molto tempo dopo
formarono
delle immagini.
Non era
forse il mio quattordicesimo compleanno quello che stavo guardando?
L’occasione
che avevo festeggiato con la mia famiglia, pochi giorni prima
dell’arrivo di
mio nonno. Poi l’immagine cambiò ancora ed eccolo,
Nonno Goku, pronto a
difendere me e Trunks dai mille nemici della galassia per il bene
dell’umanità.
Un nuovo cambio di scena. Il sole spiccava in quella giornata
d’agosto. Le
temperature avevano raggiunto i picchi massimi e la gente,
boccheggiante per l’afa
che da giorni li attanagliava, aveva cercato ristoro sulle bellissime
spiagge
della città dell’est. I piccoli Goten e Trunks
sotterravano il sanguinario
Principe dei Saiyan sotto parecchi centimetri di sabbia, mamma e
papà
prendevano il sole beati mentre nonno Goku e nonna Chichi si prendevano
cura di
me. Uno dei pochi ricordi che mi erano rimasti della mia infanzia.
Ricordi catturati
in una foto che portavo sempre con me nel cuore e che nessuno mi
avrebbe mai
strappato.
La mano
si scostò dalla mia fronte ed io ritornai alla
realtà.
-Interessante…-
Sussurrò l’alieno.
-Cos’hai
visto? Dimmelo!- Ordinò Baby, ma il suo interlocutore si
limitò a scuotere la
testa. Cambiò obiettivo e si diresse verso mio nonno.
Posò anche a lui la mano
sulla fronte e lo vidi cadere in una sorta di trance. Dopo pochi
minuti, l’alieno
si voltò del tutto verso Baby.
-Come
hai fatto a tenercelo nascosto! Ci hai mentito.- La sua voce era calma,
non
tradiva nessuna emozione. –Ce lo aspettavamo, questo era
certo, ma l’ultima
cosa che potevamo pensare era tutto il male che hai fatto a questi, non
posso
credere alle parole che sto per pronunciare, innocenti!-
L’ultimo
vocabolo fu un urlo, accompagnato da una serie di raffiche di vento che
trascinarono di pochi centimetri Baby all’indietro.
–Questo è un affronto.
Sappiamo come scinderti dal corpo del Saiyan, Baby! La giusta punizione
te la
daranno le tue vittime.- Scoccò le dita ed io ripresi a
muovermi come se nulla
fosse.
Delle
grida.
Baby si
portò la testa all’indietro, tenendosela stretta
tra le mani. Inizialmente non
capii cosa gli facesse quell’effetto, ma poi sentii
l’alieno recitare sotto
voce una specie di preghiera.
Un altro
urlo e dal corpo di Vegeta si riversò un liquido grigiastro.
-Papà!-
Bra e Trunks stavano per precipitasi verso il Saiyan. –No,
fermi!- Urlò loro l’alieno.
Si
fermarono. Intanto il principe dei Saiyan tossiva incessabilmente.
-Baby è
morto?- Sussurrai incredula.
-No Pan,
non lo è.- Affermò Goku portandosi in posizione
di difesa. Gli altri seguirono
il suo esempio, mentre io trascinai in un angolo dell’arena
mio padre e Vegeta,
nel posto più riparato possibile.
-Il
compito del popolo della notte è finito. Noi ce ne andremo
subito.- Quell’essere
incappucciato svanì, circondato da un gran polverone.
Il
liquido di Baby si alzò e prese forma, autonoma.
-Pensate
davvero che ci voglia così poco per uccidermi? In me non
c’è solo il potere di Vegeta,
ma anche quello di Trunks, Goten, Bra e Gohan, per non parlare di
quello degli
androidi che nonostante abbiano resistito alle mie uova, non hanno
comunque impedito
d’impadronirmi dei loro poteri, non potete nulla contro di
me!-
Detto
questo si alzò in volo, diretto verso di noi. Ad una
velocità incredibile,
Goku, si lanciò contro di lui, riuscendo a colpirlo allo
stomaco. Poi
indietreggiò.
-Tutti
voi! Dobbiamo colpirlo con un’onda energetica combinata.-
-Papà,
così uccideremo tutti i presenti- Urlò Goten.
-Forza
Baby, fagli vedere chi sei!- Guardai con la bocca spalancata Bulma,
Chichi e
mia madre, urlare tra gli spalti. Quest’ultima teneva una
cosa stretta tra le
mani. Un radar? Non avevo tempo di farmi sopraffare dalla sorpresa nel
vederla
viva.
-Non discutete,
fidatevi di me!- Goku si trasformò nel super saiyan di
quarto livello. Senza
neanche pensarci lo imitai, mi trasformai nel super saiyan di secondo
livello e
mi precipitai al suo fianco. Anche gli altri si unirono a noi, persino
il
piccolo Jack e ponendoci di fronte a Baby, e purtroppo anche agli
spettatori,
urlammo all’unisono le parole che ci avrebbero liberato da
quel flagello.
-Onda
energetica!!-
Baby
venne colpito in pieno e in pochi secondi fu del tutto annientato, ma
l’onda
era troppo forte per essere immediatamente deviata e così
gran parte dei
terrestri-tsufuro vennero eliminati.
Intanto,
dietro di noi, Gohan e Vegeta si erano ripresi, ma non vi badai.
Correvo, verso
quel luogo in cui prima c’era mia madre, viva e vegeta
nonostante sarebbe
dovuta essere morta.
Quando
arrivai in quella zona degli spalti la vidi. Non si era salvata, era
riuscita però
a spostarsi, ma la forza dell’onda l’aveva comunque
uccisa. Il suo corpo era
disteso sul terreno.
Bip
Un suono
strano.
Bip
Di
nuovo!
La
voltai e vidi che tra le mani stringeva ancora il radar! Ma non era
entrato a
far parte del corpicino di Gil che era andato distrutto? Con tutta
probabilità
lo avevano estratto, o forse ne avevano semplicemente creato un altro,
perfettamente funzionante. Sullo schermo, luminosa ed evidente appariva
un
segnale, il segnale di una spera del drago.
-Papà!-
Gridai tra le lacrime.
Tra
quelle macerie sorgeva ancora un briciolo di speranza.
Salve a
tutti!
Stiamo per arrivare alla fine di
questa storia, credo che manchino ancora due o tre capitoli.
VI ringrazio per aver continuato
a seguirmi sin qui.
Aggiornerò il più presto possibile,
alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** Ricerca e desiderio ***
La
pioggia bagnava i corpi dei loro compagni d’avventura.
Continua e violenta,
sembrava volesse sbeffeggiarli danzando sui loro resti innocui.
-Dobbiamo
dar loro una degna sepoltura.- Sussurrò Goten, cominciando a
scavare a mani
nude.
-In casa
ci sono degli attrezzi da lavoro, vado a prenderli, così
posso conservare il
radar finché non decidiamo cosa fare.- Pan entrò
di corsa in casa, per uscire
qualche minuto dopo con tutto l’occorrente.
I tuoni
e la corrente dell’acqua squarciavano il silenzio che regnava
nella foresta
mentre Goten, Goku, Vegeta , Gohan e Trunks scavavano le due tombe.
Il primo
ad essere seppellito fu Uub. Ogni centimetro di terra smossa buttato su
quel
corpo inerte faceva impazzire di dolore Pan che strinse in un abbraccio
Trunks,
quest’ultimo aveva lo sguardo fisso su quel giovane ragazzo e
stringeva i
pugni.
Poi vi
fu il turno di C-18. Trasportare il corpo fu facile, ma nessuno dei
ragazzi osò
toccare la testa. I mezzosangue si erano affezionati troppo al Cyborg
per
riuscire a prendere quella parte tra le mani. Con Uub era stato
più facile,
sembrava quasi che dormisse, ma il capo mozzato di C-18 era troppo.
-La
prendo io.- Sussurrò Vegeta, del tutto indifferente, almeno
in apparenza, alla
morte dell’androide. Fu strano per lui posare le mani su quel
volto che un
tempo l’aveva guardato con aria di superiorità,
sbeffeggiandolo e trattandolo
come più gli pareva. Ma il principe dei Saiyan non provava
odio. Gli dispiaceva
per quella morte e, senza farsi vedere dagli altri, carezzò
la testa che teneva
tra le mani per poi chiuderle gli occhi e posarla al di sopra del collo.
-Qualcuno
ha un pezzo di stoffa?- Chiese. Non un emozione si leggeva sul suo
volto.
-Sì,
io.- Pan armeggiò un po’ col nodo della sua
bandana arancione e gliela porse.
Vegeta la prese e legò
il fazzoletto
alla gola di C-18. In quel momento sembrava che niente avesse intaccato
la
perfezione di quella donna.
Ricoprirono
anche lei e dopo una breve preghiera i saiyan rientrarono in casa. I
più
giovani erano addolorati nel non poter far nulla per C-17 e Yarin, per
questo
prima di seppellire del tutto i corpi di Uub e C-18,
avevano messo un oggetto di loro proprietà
all’interno delle tombe. Un foulard per C-17 nella tomba
della sorella e per
Yarin una maglietta che tempo prima gli aveva regalato Uub nella tomba
di
quest’ultimo.
Entrando
nell’edificio infangarono tutto, ma non importava a nessuno.
Quello che si
doveva fare ora non riguardava di certo la pulizia della casa. Si
accomodarono
tutti.
-Prendiamo
queste sfere e facciamo tornare tutto alla normalità.-
Annunciò Pan saettando
con lo sguardo sulle facce dei presenti che annuirono alzandosi dal
tavolo di
legno. Non c’era tempo per riposarsi, ancora i terrestri non
erano normali.
Prima
sfera
-Sta
attento papà!-
Urlò Gohan vedendo
l’equilibrio precario del saiyan.
-Non è
tanto facileee.
-Nonno!-
Ma ormai era troppo tardi, il quattordicenne era caduto da un a rupe
nel
tentativo di prendere la sfera dalle cinque stelle posta su una
sporgenza
all’interno di un nido.
-Goku,
sei sempre il solito idiota.- Disse Vegeta con rabbia, dando un pugno
al suo
acerrimo nemico, che intanto si era arrampicato nuovamente senza
sfruttare la
capacità del volo, ed un calcio al povero animale che lo
aveva fatto cadere nel
tentativo di proteggere la sua nidiata, strappò la sfera dal
nido e la diede a
Pan che la mise nel suo zainetto.
-Speriamo
che non siano tutte così.- Disse Goten scuotendo la testa in
segno di
disapprovazione.
-Taci
idiota!- Da quando Vegeta aveva scoperto della relazione tra il figlio
dello
scarto della terza classe e la sua bambina, era molto più
collerico del solito.
-Pan,
dove punta l’altra sfera?- Chiese Trunks avvicinandosi
lievemente alla mora per
essere poi fulminato dallo sguardo assassino del padre. Vegeta si stava
ancora
chiedendo il motivo di quell’assurda maledizione. Tsh, essere
imparentato con
Goku, doppiamente per giunta.
Si
riscosse dal ribrezzo e seguì gli altri che intanto si erano
già incamminati
sotto le indicazioni della mocciosa.
Seconda
sfera
-Bra mi
stai facendo male, sta attenta!- Strisciando per i condotti di
ventilazione del
museo più grande della città, Jack si stava
chiedendo il perché era toccato a
lui accompagnare Bra in quell’assurda missione alla ricerca
della sfera
custodita nel museo. Ma non era quello l’unica cosa a
chiedersi. A che
servivano quelle sfere del drago? E perché non potevano
irrompere in quel luogo
e rubare la fera senza mezzi termini davanti a tutti, invece di
continuare a
gironzolare alla cieca in quei cunicoli?
-Non è
colpa mia c’è poco spazio!- Urlò Bra,
stufa di tutta quella polvere.
Dopo
mezz’ora di “cammino” arrivarono sopra il
punto esatto in cui si trovava
l’oggetto tanto desiderato.
Jack
aprì il condotto e con le manine paffute riuscì a
raccogliere la sfera. –L’ho
presa Bra, tirami su!
-Non lo
puoi fare da solo?- Chiese irritata la turchina.
-Sbrigati
prima che… oh oh!- Due guardie, dall’aspetto
massiccio e imponente, avevano
visto il piccolo sbucare dall’apertura.
-Ci
hanno scoperti!- Gridò.
-Basta,
non ce la faccio più a stare qui dentro, sto morendo dal
caldo, ho tutti i
capelli sporchi e impolverati. La prossima volta che ascolto Trunks e
le sue
assurde idee pacifiste mi taglierò le orecchie.
-Come Van
Gogh?
-Sì,
come lui. Ma chi è che ti racconta certe cose?- Chiese la
turchina dando una
gomitata al condotto e perforandolo. I due uomini, terrorizzati dalla
dimostrazione di tanta forza da parte della ragazza, impallidirono
capendo
immediatamente chi si trovavano di fronte.
-Sporch…-
Stava per dire uno ma Bra lo interruppe.
-Sporchi
Saiyan, esseri immondi bla bla bla…. Andiamocene Jack.
La porta
d’ingresso del museo esplose e Bra e Jack schizzarono via, in
alto nel cielo.
Terza e
quarta sfera
-Ci sono
due sfere ad un villaggio a cinquecento chilometri da qui!- Diede
indicazioni
Pan. Il gruppo aumentò la velocità e in poco
tempo raggiunsero la meta.
-O
jacciama gacciama ciacciama.-
-Nooo!
Non può essere! Ancora tu! Tu morto dovresti essere!-
Urlarono Trunks e Goten
all’unisono.
-Come
osate interrompere il mio rituale! Stiamo per sacrificare questa
fanciulla per
cercare di pacificare il Dio delle acque di questi laghi. Questo rito
è
importantissimo, andate via oh portatori di sventura!- Lo sciamano
guardò i due
ragazzi molto attentamente, sbatté un paio di volte le
palpebre e si mise ad
urlare, sciabolando in aria il bastone che prima scuoteva a ritmo con
le parole
che diceva. –Impostori, impostori! Questi non sono tsufuro!
Porteranno gravi
maledizioni con loro!-
-Possiamo
chiederti una cosa?- Chiesero i due ragazzi. L’uomo,
terrorizzato dai due
Saiyan annuì, speranzoso di poter ottenere qualche minuto di
vita in più. –Per
caso tuo padre era uno sciamano?- L’uomo annuì,
stavolta con più vigore.
–Per…però
se avete qualche conto a che fare con lui io non c’entro
nulla! E’ morto anni
fa, su un’isola di un milionario a quanto ne so io, non
uccidetemi!- Detto
questo si mise ad implorare davanti all’intero villaggio.
–A quanto pare sa che
suo padre era un poco di buono.- Sghignazzò Goten.
–E va bene, ti lasceremo
stare a patto che tu ci dia quelle due sfere che porti appese alla
collana.-
-Qu-queste?-
Balbettò lui esitante.
-Sì,
altrimenti le anime dei nostri caduti vi perseguiteranno fino alla
morte!
-Dai
Goten piantala!
E così il
gruppo spiccò il volo con le sfere.
Quinta,
sesta e settima sfera
I
carri
armati sparavano verso i Saiyan che senza fatica si faceva spazio tra
le file e
file di soldati. Il capo, stava comodamente seduto sul suo aereo
personale,
sicuro che quelle belve non lo avrebbero potuto raggiungere in nessun
modo.
Come si
sbagliava.
In un
secondo, tutti e otto apparvero davanti a lui.
-Consegnaci
ora le sfere del drago e avrai salva la vita. Per quanto possa valere.-
Disse
il più basso e stempiato di tutti avvicinandosi e
prendendolo per la collottola
della maglietta.
Da
fifone qual era, l’aspirante dittatore, solito a nascondersi
sotto le gonne dei
suoi soldati in quel momento assenti, non poté fare altro
che accettare la
proposta.
Il
desiderio
-Dobbiamo
dire qualche formula per far comparire il drago?- Chiese Pan titubante
nel
vedere le sfere che brillavano.
-Sì, è
molto facile da ricordare.- Rispose Goku. –Appari drago
Shenron ed esaudisci i
nostri desideri!- Urlò a squarcia gola.
Il cielo
si fece buio e il vento sferzò gelido tra le colline isolate
scelte dai Saiyan
per evocare il drago in modo tale che nessuno potesse disturbarli..
Estasiati,
ammirarono l’apparizione del potente dio, la loro ultima
speranza e quando il
fascio di luce che si propagò dalle sfere raggiunse il cielo eccolo in tutta
la sua maestosità.
-Ditemi
qual è il vostro più grande desiderio e io
cercherò di realizzarlo!- La sua
voce era potente, impetuosa, ma allo stesso tempo antica e stanca.
-Pan,
credo che tu debba esaudire il desiderio.- Disse Goku sorridendo e
dando una
pacca sulle spalle alla sua nipotina.
Disperata
e intimorita dal dover chiedere qualcosa al grande drago Shenron, Pan
gli
lanciò un’occhiata interrogativa.
-Grazie
a te siamo riusciti a riunirci e ad arrivare sin qui e credo che sia tu
a dover
mettere fine a tutta questa storia.- Disse lui pacifico.
–Inoltre, visto che è
la prima volta che vedi il drago, devi provare una forte emozione,
quindi il
tuo desiderio avrà più effetto se lo esprimerai
tu.- A queste parole vidi gli
altri inclinare il capo in direzione di mio nonno come a dire
“Ci stai
prendendo in giro?” Ma lui continuava a sorridere.
La mora
deglutì, sollevò lo sguardo verso il drago e
disse.
-Desidero
che tutto torni com’era prima dell’arrivo di Baby!-
Urlò a squarciagola, certa
che Shenron avesse le capacità per farlo. Ma poi
abbassò lo sguardo. Vide Goten
sbattersi una mano sulla testa, Goku
immobilizzato la guardava come se non credesse a
ciò che aveva sentito,
Gohan con gli occhi sgranati che ormai somigliavano a due palle da
bowling, i
fratelli Brief che scuotevano la testa e Vegeta che urlava a squarcia
gola
parolacce contro Pan e la terza classe, ma che, per fortuna, lei non
capì.
Riuscì
solo a sentire suo padre che le diceva. –Non permettere a
Bulma di costruire
camere d’ibernazione!-
Tutti i
presenti vennero avvolti da un potente vortice di vento, poi tutto fu
buio.
Salve a tutti, cari lettori!
Vi avverto che questo è il
penultimo capitolo della storia, il prossimo sarà
l’epilogo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 31 *** Spesso la fine di una storia coincide con l'inizio di un'altra... ***
Il mal
di schiena era insopportabile. Mi misi a sedere sul letto e cominciai a
stiracchiarmi nel tentativo di far cessare il dolore, ma ciò
non sortì
l’effetto desiderato.
Con la
vista appannata dal sonno guardai le pareti rosa confetto della mia
cameretta.
Che strano, quando erano state tinte? E soprattutto chi aveva scelto il
colore?
C-18 non avrebbe mai accettato un colore del genere in casa sua e se
qualcun
altro dei miei coinquilini si fosse deciso a pitturare la stanza non lo
avrebbe
potuto fare di certo quando dormivo.
Sorrisi
ricordando che la mamma si
era lasciata
convincere da una sua vecchia amica, Dende Sama solo sa come, a
dipingere di
quel colore così femminile le pareti della mia stanza.
Chissà, forse aveva
perso qualche scommessa…
Mi
riscossi, avevo fatto un sogno così strano,
c’erano tutti, persino le sfere del
drago, avevo espresso un desiderio sbagliato e tutti mi guardavano male.
Una
smorfia d’orrore mi si dipinse sul mio viso. Con la mano
destra andai a cercare
la coda che normalmente tenevo attaccata come una cintura. Non
c’era!
Mi alzai
di scatto dal letto e puntai sulla scrivania, solo
che non era come me la ricordavo, era
diversa, era uguale a quella che avevo quando vivevo con i miei
genitori.
-Allora
non era un sogno!- Esclamai a voce fin troppo alta, infatti attirai
l’attenzione di mia madre, sentii i suoi passi, pesanti nel
tentativo di
raggiungere in fretta la mia camera, e spalancò la porta.
-Che
cos’è successo?!-
Guardai
Videl in tuta, pronta a fare un po’ d’allenamento
con il marito, si occupava
ancora della polizia della città. Non mostrava minimamente i
suoi trentatre
anni, sembrava ancora una ventenne. Mai come in quel momento, mi
accorsi di
quanto fosse bella. Il suo volto ancora liscio e perfetto, i bellissimi
occhi
azzurri incorniciati dalle fini sopraciglia, il naso fine ed elegante,
la bocca
rosea, ma non troppo evidente.
-Mamma!-
Strillai, correndole in contro per abbracciarla. –Non sai
quanto mi sei
mancata!
-Nell’arco
di dodici ore di sonno?- Chiese lei divertita.
-Sono
sembrati sei anni.- Sussurrai piano per non scoppiare in lacrime.
–Posso
chiederti una cosa?
-Certo,
chiedi pure.- Mi distanziai di poco, per guardarla meglio negli occhi.
-Non è
che sei incinta?- La vidi avvampare, il volto irrigidito nel tentativo
di trattenere
una risata. –Cosa te lo fa pensare?- Chiese infine.
-Ho
ragione vero?-
La sua
risata cristallina giunse al mio orecchio come il suono di mille
campane. –Sì,
può darsi. Ora sbrigati, gli ospiti sono arrivati.
-Gli
ospiti?- Chiesi aggrottando le sopraciglia.
-Sicura
di sentirti bene? Oggi è il tuo quattordicesimo compleanno!
-Sul
serio?- Lei sbuffò e con l’accenno di un sorriso
sulle labbra mi disse.
–Sbrigati.- Dopodiché uscì dalla stanza.
Cavoletti!
Questo significava che tutti gli sforzi che avevamo fatto fin qui erano
stati
inutili! Dovevo avvertire gli altri della minaccia che presto sarebbe
incorsa
sul nostro pianeta, subito! Perciò mi vestii di corsa e in
un minuto mi
ritrovai al piano di sotto.
-Buongiorno!-
Salutai.
-Buon
compleanno!- La famiglia di Vegeta mi accolse con un caloroso sorriso,
apparte
il principe ovviamente, la nonna mi diede un bacio sulla fronte e lo
zio mi
strinse in un forte abbraccio.
-Quattordici
anni si compiono una volta sola.- Mi disse lui.
-Non ci
conterei vecchietto.- Lui fece il broncio. –Certo
mocciosetta.-
Gli feci
la linguaccia, odiavo quando si comportava come un bambino, anche se in
quel
caso la bambina ero proprio io.
Cercai
con lo sguardo mio padre e lo trovai seduto accanto a Bulma, intento a
parlare
di lavoro con lei.
-Questa
sarà l’invenzione del secolo!- Diceva la donna
esaltata. –Immagina, diventerò
ancor più famosa e tu ti potrai permettere di trasferirti,
lontano dai monti
Paoz! Le camere ad ibernazione! Chi è che non vorrebbe
andare nel futuro giovane
bello è forte?- Continuò ridendo.
-Sì
Bulma.- Rispose mio padre paziente. –Ma io non voglio
andarmene da qui e
inoltre devi salvare il tuo lavoro almeno in un altro computer. Pensa
se questo
si rompesse! Anni di lavoro buttati al vento!
-Sta
tranquillo Gohan! I computer della capsule corporation sono a dir poco
indistruttibili, da un punto di vista prettamente informatico ovvio.
Stavano
parlando della tecnologia con il quale lei, in un lontano futuro,
avrebbe
intrappolato mio nonno e fatto precipitare il mondo nel caos generale.
No, non
lo potevo permettere.
In un
secondo mi ritrovai di fronte a loro e con un colpo netto disattivai il
computer. Per sempre.
-PAN! Mi
spieghi perché cavolo lo hai fatto?
Stavo
per raccontargli tutto, ma le parole mi morirono sulla punta della
lingua. I
miei ricordi si fecero sempre più vaghi, mi era rimasta solo
una
consapevolezza. Sarebbe successo qualcosa di brutto se non avessi
distrutto
quel che loro stavano creando.
Glielo
dissi ad alta voce, però questo non sembrò
scalfire la loro rabbia. Oramai
anche quella consapevolezza stava lasciando il posto ad una confusione
sempre
più grande.
-Non
capisco.- Sussurrai sedendomi a terra,le braccia strette attorno alla
testa.
-Trunks.-
Sussurrai. Non sapevo perché lo avevo chiamato, sentivo
soltanto che avevo il
più disperato bisogno di lui, in quel momento. Non mi
aspettavo certo che
sarebbe arrivato a cingermi le spalle con un braccio.
-Gohan,
scotta ha la febbre!-
Non
riuscii a sentire le reazioni altrui, persi i sensi sul petto muscoloso
del mio
guerriero, o almeno, colui che per qualche inspiegabile ragione,
sentivo mio.
Il
russare continuo a rumoroso mi svegliò da quel sonno
ristoratore, ma restai
sdraiata, non mi andava di aprire gli occhi e vedere chi
c’era a fianco del mio
letto. Mi sentivo debole, come se avessi combattuto contro mille
avversari in
una volta.
Sbuffai
quando il ronfare del mio compagno di stanza si fece ancor
più insistente e
allora mi alzai di colpo e mille luci mi affollarono gli occhi,
facendomi
letteralmente crollare sul materasso.
-Aia!
Che dolore alla testa!
-Hey
Pan! Ti sei svegliata!
Sobbalzai
nel sentire la voce del lillà, ancora impastata dal sonno,
mettersi a gridare,
quasi con gioia.
-Sì,
succede a tutti i comuni mortali sai, svegliarsi!- Dissi enfatizzando
l’ultima
parola.
Lui
scosse la testa. –Sei stata per sei giorni a dormire Il
dottore ha detto che
stavi davvero male. Gohan e Videl sono usciti per comprarti delle
medicine…-
Aveva cominciato a parlare a vanvera, tipico di lui quando era agitato.
Gli
sorrisi, felice d’averlo accanto e mi avvicinai sempre
più. Lui tacque e ci
scambiammo un tenero bacio a fior di labbra. Quel semplice contatto
portò alla
mia memoria pochi ricordi, ma che vennero quasi subito cancellati.
-No Pan.
Sei troppo piccola per me. Scusami.- Aveva detto quelle parole
balbettando e
nel frattempo si era alzato dalla sedia su cui si era addormentato ed
era
uscito.
Nei
giorni avvenire la nostra relazione si era del tutto interrotta.
Neanche una
parola ci eravamo scambiati e quando la scuola cominciò, io
mi trovai ad uscire
con un ragazzino.
Era
davvero piacevole la sua compagnia, ma presto dovetti sfruttare i miei
poteri
dinnanzi a lui, una situazione abbastanza critica, e lui mi aveva
mollata. E
così successe con
altri tre ragazzi.
Quel
giorno mi stavo godendo una bella giornata di sole in compagnia di un
nuovo
compagno di scuola, stavamo per andare al cinema quando fummo
inghiottiti da
una folla terrorizzata.
-Che sta
succedendo?- Chiesi, avvicinandomi al confine di tutta
quell’orda di gente, ad
un poliziotto.
-Ah, tu
sei la figlia di Videl? Una rapina vicino al cinema, niente di
eccezionale.
Solo che quelli hanno delle armi da fuoco molto pericolose e
c’impediscono di
avvicinarci.
-Bene.-
Dissi stringendo i pugni. –Me ne occupo io.-
-Ok ok.-
Disse lui facendosi da parte.
-Mai una
volta che si possa mangiare in santa pace!- La voce di un bambino
attirò la mia
attenzione, si stava dirigendo verso i malviventi, ma che gli saltava
in testa?
-Alt!
Non sono cose per bambini queste!- Dissi decisa riportandolo al suo
posto per
poi lanciarmi contro quei ladruncoli da quattro soldi.
In un
attimo riuscii a renderli inoffensivi e allora tornai di nuovo da quel
ragazzo.
-Allora?
Quale film vogliamo vedere?- Chiesi con voce dolce. Ma la sua
espressione era
terrorizzata.
-Ahah, a
dire il vero mi sono ricordato di avere un impegno. Sarà per
un’altra volta,
ciao!-
Lacrime
amare mi uscirono dagli occhi e le lasciai cadere per poi calarmi in un
pianto
liberatorio.
-Ahah!
Sono stata mollata un’altra volta!-
I
poliziotti che si stavano avvicinando per darmi i loro complimenti si
allontanarono di botto, restò soltanto il bambino dai
capelli d’ebano.
-Sei
molto forte!- Mi disse lui.
-Tsh!-
Risposi imitando il principe dei Saiyan.
-Hey Pan.
Pan!- La voce birichina di un vecchietto.
Alzai il
collo per cercare tra la folla da dove provenisse ed eccolo. Il genio
delle
tartarughe di mare si faceva largo tra giovani ragazze palpeggiandole
come se
fosse del tutto normale.
Mi
avvicinai a lui e gli diedi un pugno in testa facendogli crescere
all’istante
un gran bernoccolo.
-Hey,
piccola Pan come stai?- Mi chiese lui.
Io,
rossa per l’imbarazzo mi limitai a dirgli. –Sei
sempre il solito!
-Eheh,
genio, non cambierai mai!- Il bambino ora ci sorrideva.
-E tu
chi sei? Un amico di Pan?
-No
genio, io sono Goku!- Rispose lui mettendosi una mano dietro la nuca.
-Beh in
effetti ci assomigli!- Continuò il vecchio studiandolo.
-Ma non
è possibile!Quello non può essere mio nonno,
è solo un bambino più piccolo di
me!- Ero rimasta sconcertata. No, no! Non era possibile!
-Ah, tu saresti la mia nipotina?
Fu così
che cominciò un’avventura che portò i
nostri eroi a girovagare nello spazio, in
cerca, ancora una volta, delle sette sfere del drago che tante volte
avevano
miracolato le loro spericolate vite, ma che adesso, erano diventate il
nemico
più temibile di tutti.
Il resto
è storia.
Fine
Siamo
giunti al termine della mia
storia.
Ringrazio infinitamente chi ha
messo tra le seguite, preferite o ricordate.
Ringrazio di cuore i recensori:
Pan17, Osaki, Tsubusa83, Heavenly97, Bolla12, MakinoRose, SonGome,
Nessie97,
Sealight, YingEyang, Mar004, Panxever, IrisVegeta, SuPeRlOvE e
Dark_Kiss.
Sono felicissima d’esser riuscita
a coinvolgervi per 31 capitoli, continuerò certamente a
scrivere, ma credo che
mi dedicherò per un po’ all’anime
Inuyasha.
Vi saluto con un arrivederci e un
gran sorriso.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1020230
|