Lotta per la libertà

di Mirella__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuga ***
Capitolo 2: *** Luce ***
Capitolo 3: *** Il passato ***
Capitolo 4: *** Re Kaio ***
Capitolo 5: *** La fine del campione ***
Capitolo 6: *** Conoscenti? ***
Capitolo 7: *** Passeggiata ***
Capitolo 8: *** Convivenza? No, grazie. ***
Capitolo 9: *** Normale ***
Capitolo 10: *** Alleanza ***
Capitolo 11: *** Piano ***
Capitolo 12: *** Fallimento per metà ***
Capitolo 13: *** Acqua ***
Capitolo 14: *** Verità ***
Capitolo 15: *** Catene ***
Capitolo 16: *** Occhi ***
Capitolo 17: *** Libertà ***
Capitolo 18: *** Caos ***
Capitolo 19: *** Sguardo ***
Capitolo 20: *** Tranquillità ***
Capitolo 21: *** Navi spaziali ***
Capitolo 22: *** Il popolo della notte ***
Capitolo 23: *** Due nuovi conquilini ***
Capitolo 24: *** Saiyan? ***
Capitolo 25: *** Stanza ***
Capitolo 26: *** Un altro Super Saiyan ***
Capitolo 27: *** Immobilizzato ***
Capitolo 28: *** Il sacrificio ***
Capitolo 29: *** Speranza ***
Capitolo 30: *** Ricerca e desiderio ***
Capitolo 31: *** Spesso la fine di una storia coincide con l'inizio di un'altra... ***



Capitolo 1
*** Fuga ***


L'aria fresca della sera soffiava sul mio viso dandomi sollievo e ristoro dopo una giornata passata a fuggire dalle guardie tra le vie della città.
Stavo per ritornare a casa del nonno Satan quando cambiai idea.
Invece di svoltare a sinistra girai dal lato opposto, e fu in pochi attimi che raggiunsi la casa dei miei genitori.
Aiutata dall'oscurità, m'intrufolai nel giardino e mi alzai in volo fino a raggiungere la finestra del primo piano.
La scena che s'intravedeva all'interno avrebbe scaldato il cuore di chiunque, ma non il mio.
Una madre, un padre e uno splendido bambino dagli occhi azzurri.
Il pargolo stava piangendo per aver fatto cadere la propria caramella, la madre lo accarezzava dicendo che non era successo nulla  e il padre si dirigeva nel luogo segreto in cui teneva i dolci per far ritornare a sorridere mio fratello.
Lacrime amare mi rigarono il volto, ma le scacciai e strinsi i pugni,aumentando lievemente la mia aura.
Grosso errore.
Mi precipitai tra la staccionata e un cespuglio.
Se mi avesse scoperta sarebbe stata la fine per me.
Un passo.
Eccolo si stava avvicinando sempre di più, riuscivo a sentirlo.
Il cuore prese a battermi all'impazzata e sembrava fin troppo rumoroso nel silenzio della sera, mentre il respiro si faceva affannato.
Sentivo la maniglia della porta girare e il passo dell'uomo uscire dalla casa.

Mi avrebbe scoperta e io sarei morta.
Ma chi me lo aveva fatto fare?
Un' auto si ferma sul vialetto della casa.
Un sospiro di sollievo, prima di percepire le auree della gente all'interno.
I guai non arrivano mai da soli.
Trunks e Goten.
Se prima avevo una lieve possibilità di scappare, in quel momento essa era sparita.
Gli sportelli della macchina si aprirono e i due ragazzi scesero.
-Fratello!- salutò Goten con una sfumatura gioiosa nella voce, Trunks si limitò a sorridere.
-Entrate- disse mio padre cordiale, come se stesse parlando con degli sconosciuti.
-Tu entra Goten- disse Trunks con una mano dietro la nuca in segno di scuse -Devo controllare una cosa nell'auto, arrivo subito.-
Mio zio scrollò le spalle. - D'accordo a dopo.-
Trunks non si mosse fino a quando la porta non fu chiusa.
Ma non andò verso la macchina come mi aspettavo, si stava muovendo verso di me.
Fu velocissimo, un attimo prima stava avanzando verso di me, l'attimo dopo si trovava dietro di me, le labbra a pochi centimetri dal mio orecchio.
-Non ti vuole nessuno qui, vattene.-
Mi voltai verso di lui e per un attimo mi parve che i suoi occhi fossero ritornati del consueto blu, ma mi ero sbagliata.
Erano ancora rossi, il rosso che sottolineava il controllo dello Tsufuro su di lui.
-Va via, non dirò nulla agli altri se ora scompari.-
Annuì.
Lui sparì alla mia vista, per poi riapparire sulla soglia della porta ed entrare in casa.
Sospirai, nuovamente sollevata, e corsi verso la casa del nonno.

-Dove sei stata?- mi chiese non appena misi piede all’interno dell’enorme villa.
-In giro, perché?-
-Lo sai che non devi uscire MAI!- l'ultima parola la pronunciò talmente forte da farlo tossire.
-Hey nonno, lo sai che non ti devi sforzare troppo- lo accompagnai fino alla sua camera, ma quando arrivammo a destinazione lui scosse la testa e cambiò direzione, dirigendosi verso la mia.
Non appena aprì la porta subito notai le valigie sul mio letto.
-Nonno che significa?- lui sorrise e scosse nuovamente la testa.
-Sono vecchio e purtroppo devo farmi delle visite, quindi devo dare loro il mio sangue. Scopriranno che non sono infetto e con tutta probabilità mi uccideranno.-
Il gelo mi penetrò nelle ossa. -Sai che non lo permetterò.-
Lui mi sorrise - O saranno loro a farlo o sarà la mia malattia. E una volta morto prenderanno i miei possedimenti, ecco perché ti devo lasciare andare via- scrollò le spalle e continuò. -Queste sono le valigie, ho già preparato tutto il necessario, loro verranno a prendermi tra poco, vai.-
Fu così che, per la seconda volta in vita mia, dovetti prendere le mie cose e fuggire dalla mia casa, ma questa volta qualcuno piangeva per me.
Mio nonno, costretto a lasciarmi andare per salvarmi da un orribile destino.


Angolo dell'autrice
Come primo capitolo è un pò corto, ma spero che vi sia piaciuto.
Ogni tipo di correzione e bene accetta e, se vi va, lasciate una piccola recensione.

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Capitolo 2
*** Luce ***


Testa alta, spalle dritte e sguardo sicuro.
Camminavo tra la folla da ore ormai, cercando di confondermi, ma le mie valigie sembravano troppo pesanti, troppo ingombranti.
La folla andava diradandosi sempre di più mentre mi avvicinavo al confine della città, oltre quello vi era una foresta, quella sarebbe stata la mia nuova casa.
Mi serviva un posto dove non dare nell’occhio.
Poca gente era rimasta intorno a me, c’era chi svoltava a sinistra, chi a destra.
Coperta dal mio impermeabile, potevo sentire chiaramente la mia coda premermi contro la schiena.
Non mi era mai ricresciuta, sin da quando ero bambina, ma all’età di vent’anni mi era rispuntata.
Mio nonno materno non aveva avuto il coraggio di toglierla e, ad essere sincera, non glielo avrei permesso comunque.
Quello era un segno della mia appartenenza ad una razza defunta, estinta, e ne andavo fiera.
Ma era anche uno dei motivi per cui dovevo sparire dalla circolazione per un pò, sino a quando non fossi diventata abbastanza forte da uccidere quel mostro di Baby, e di strada ne avevo da fare per raggiungere il mio obiettivo.
Forse non ci sarei mai riuscita, forse sarei morta provandoci, ma una cosa era certa, quell’essere me l’avrebbe pagata cara per tutto ciò che mi aveva tolto.
La famiglia, gli amici e la Terra.
Guardai con disprezzo lo spazio che mi circondava.
Il pianeta Plant era sicuramente bellissimo ma non reggeva minimamente il confronto con il mio luogo di provenienza.
Avvicinandomi sempre di più al confine, cominciai a ricordare i catastrofici eventi che, sei anni addietro, mi avevano spinta a quel punto.
L’arrivo di Baby sulla Terra, il contagio dell’intera popolazione mondiale, avvenuto ad una velocità incredibile, e la sparizione di mio nonno Goku.

 
Flash Back

 
-Nonno sei fortissimo- dissi sbalordita mirando il Super Saiyan di quarto livello. –Riuscirai a sconfiggerlo, vedrai!-

Lui, con un sorriso sulle labbra, aveva annuito.

Quella fu l’ultima volta che vidi mio nonno.

 
Fine Flash Back

 
Con un balzo m’inoltrai nella foresta.
-Finalmente- sussurrai sollevata, ma la mia attenzione venne catturata da un piccolo movimento nella mia valigia.
Aprì la cerniera e…
-AHH- urlai non appena quella piccola peste di un Robot ne uscì fuori urlando un “GHIRO GHIRO” tutto felice.
Riuscì a contenermi da dargli un pugno in testa e mi voltai.
Cercai per cinque ore buone un posto dove poter vivere e non appena lo vidi, il viso mi s’illuminò.
Quello era il luogo perfetto.
Una radura circondata dagli alberi che, imponenti e rigogliosi, si stagliavano contro il cielo impedendo la completa visione di esso.
L’aria così pura era un tocca sana per i miei polmoni abituati a respirare l’aria di città.
Aprì la valigia in cerca della capsula che avrebbe reso vivibile quel luogo inospitale.
Premetti il pulsante e fu, con un sonoro BAAM, che la capsula oplà si trasformò in una casa completa di tutti i confort.
Sì, sarebbe stata come una vacanza.
Ma quelle erano solo parole vuote, usate per impedirmi di pensare al come sarei riuscita a trovare del cibo decente in quel luogo, alla lunga solitudine che avrei dovuto patire e alle lunghe giornate d’allenamento che avrei certamente affrontato.
Guardai alla mia destra, dove il piccolo Gil stava mangiucchiando il mio cellulare.
Sospirai e lo lasciai fare.
Alla meglio, il telefono sarebbe diventato un dispositivo in più del robot, alla peggio, non avrei mai più potuto chiamare nessuno.
Scrollai le spalle, poco importava, non avevo qualcuno da chiamare.
All’improvviso, una luce accecante m’investì in pieno viso.
Era calda, accogliente, cordiale e stranamente familiare.
Sentì una voce da lontano parlarmi ma non capì, o meglio, non volli capire chi era, non m’importava, ero meravigliata da quello che mi stava succedendo e non volevo altro che concentrarmi su quello, chiusi gli occhi per lasciare che gli altri miei sensi mi suggerissero la situazione, ma subito abbandonai quell’idea.
Mi lasciai cullare da quella luce, conscia che mi sarei ritrovata in un altro luogo una volta che avrei riaperto gli occhi.

 

Angolo dell’autrice
Innanzitutto mi vorrei scusare per il mostruoso ritardo, cercherò di aggiornare il più velocemente possibile. Presto arriveranno nuovi personaggi e novità!
Ringrazio di cuore chi recensisce e legge la mia storia.

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Capitolo 3
*** Il passato ***


Non so quanto tempo passai dentro quella luce.
Forse ore, forse minuti o forse solo secondi.
Quando, molto lentamente, quel bagliore accecante fu inondato da una leggera oscurità, cominciai a vedere qualcosa.
La prima cosa che sentì fu un tuono fragoroso irrompere nel silenzio, la prima cosa che vidi fu un mare in tempesta, la prima cosa che provai fu il freddo pungente dell’aria salmastra.
Pochi attimi e la scena fu completa.
Due valorosi combattenti si scagliavano l’uno contro l’altro ad una velocità incredibile.
Non ebbi problemi a riconoscere l’uomo dalla capigliatura dorata che tanto avevo agoniato.
Mio nonno Goku combatteva con passione mentre il suo avversario cominciava a perdere colpi.
Cominciai a ricordare vagamente il racconto di mio padre che, oltre dieci anni fa, mi aveva raccontato di un pianeta abitato da esseri come il suo maestro.
Mi aveva detto che lì il cielo era del colore dell’erba e che le foglie degli alberi erano del colore del mare, ma mi aveva anche raccontato di come quel pianeta, dopo un duro scontro con un alieno dalla potenza devastante di nome Freezer, venne distrutto.
Come potevo essere in quel luogo? Possibile che fossi stata portata indietro negli anni?
Un calcio parato da un braccio provocò un’esplosione assordante e, rapita, guardai il modo di combattere di quegli esseri.
Era così pulito, equilibrato e logico.
Un uomo faceva la sua azione solo se l’altro ne compiva un’altra, e così che cominciava un incontro spettacolare, una gioia per gli occhi di qualunque guerriero.
Un altro lampo, ma questa volta non era dovuto ad un fenomeno atmosferico.
Mi ritrovai nuovamente circondata dalla luce e trasportata lontano nel tempo e nello spazio.
Come nella prima visione, la scena comparve lentamente d’innanzi a me.
Mi trovavo in un territorio perfettamente lineare, solo in lontananza potevo scorgere la cima delle montagne.
L’unica struttura che interrompeva quella conformità era un’arena, circondata da poca gente.
Aguzzai la vista e riconobbi quasi tutti.
Potevo vedere il mostro che si ergeva al centro del campo da combattimento con aria di superiorità, potevo percepire la paura che, silenziosa e pronta a colpire per far cadere nel panico, aleggiava negli occhi dei guerrieri, così come vedevo la loro determinazione. Loro dovevano vincere quel torneo, a tutti i costi.
Non ebbi problemi nel riconoscere Cell, nonno Satan me ne aveva parlato ininterrottamente, descrivendolo nei minimi particolari.
Aveva cercato di convincermi che lui era stato a sconfiggerlo.
Sorrisi, mi faceva troppa pena, non potevo semplicemente dirgli che non gli credevo quindi, avevo fatto finta di abboccare alla sua bugia. Ricordavo ancora il lampo di felicità che gli era balenato negli occhi e in quel momento, come allora, mi ripetei che avevo fatto la cosa giusta.
Vedere di persona quell’essere, però, non era la stessa cosa che sentir parlare di lui in un racconto che sembrava più una fiaba.
Gli occhi di quell’essere incutevano timore a chiunque capitasse di incrociarli, il suo atteggiamento metteva in soggezione chi gli stava vicino e, inoltre, la sua aura era una delle più potenti che avessi mai sentito in vita mia.
Guardai i miei amici, come facevano a non farsi prendere dal panico di fronte ad una creatura simile?
Ma non ebbi il tempo di rispondere alla domanda che mi ritrovai in un altro luogo.
Per un momento credetti di essere ancora dentro la luce.
Quel luogo era del tutto bianco, privo di sfumature, nessuna forma di vita, nessun colore, solo e semplicemente il nulla, ma, in lontananza, potevo scorgere uno strano edificio.
Con passo lento, mi avvicinai a quella che sembrava una casa senza porte e fu così che scorsi altri due sfidanti, no, non erano due ma tre.
Potevo chiaramente sentire l’aura di due ragazzini dentro quell’essere dai capelli neri e viola.
Erano Trunks e Goten, stavano fronteggiando Super Bu.
Ma quindi io mi dovevo trovare nella stanza dello spirito e del tempo!
Mia madre mi aveva raccontato molto di quegli anni bui e trovavo incredibile, ora che potevo vederlo, che quel ragazzino dalla potenza micidiale si fosse fatto risucchiare da Majin Bu.
Percepivo le loro auree, erano perfettamente pari.
Una non cercava di sopraffare l’altra, anzi, si sostenevano, dando al combattente una forza strepitosa.
Ma la scena non durò a lungo.
Andò a rimpicciolirsi, sempre più velocemente, e io mi sentivo come se qualcuno mi stesse tirando verso di se con una forza spaventosa.
La testa cominciò a dolermi e caddi in ginocchio portandomi le mani al capo.
-Benvenuta- disse una voce cordiale e simpatica.
Alzai lo sguardo, lentamente, quasi avessi paura di quella persona.
Non appena lo vidi in viso mi misi ad urlare.
-AHHH, UN INSETTO!- mi allontanai di cinque metri buoni.
-Ah Gregory, ti ho sempre detto che devi stare dietro di me e non farti vedere dai nuovi arrivati, sai,  non a tutti piacciono gli animaletti.-disse mettendosi a ridere, come se avesse fatto una battuta.
-Animaletto a chi?- chiese la libellula scocciata.
-Ma io non parlavo di lui!- dissi allarmata indicando come una forsennata quell’uomo –Ma a lei!-

 

Angolo dell’autrice

Ecco un nuovo capitolo.
Cosa sarà successo a Pan e dove sarà finita? (Mi sembro il narratore rompiscatole capitan ovvio di Dragon Ball xd)
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, vi ringrazio di aver letto.
Aggiornerò il più presto possibile, critiche e consigli sono sempre ben accetti!

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Capitolo 4
*** Re Kaio ***


-C…c…come sarebbe a dire io?- chiese l’insetto gigante facendo l’offeso e voltandosi dall’altra parte.
Le sue lunghe antenne, il colore verde della pelle e l’altezza alquanto ridotta lo facevano sembrare un cavalletta malformata, per non parlare di quei ridicoli occhiali da sole!
Ma osservandolo meglio, e constatando il suo comportamento da umano, decisi di instaurare una conversazione con lui.
-Lei chi è?- chiesi rialzandomi da terra  cercando di non cadere nuovamente, il mal di testa cominciava a passarmi.
-Sono il Re Kaio del nord, signorina.- rispose lui, diventando improvvisamente solare e cordiale.
“Lunatico il vecchietto” pensai, ma dovevo cercare di capire dove mi trovavo e non potevo rischiare d’inimicarmelo ancora.
Annuì.
-Mi scusi per il mio comportamento, vostra maestà.-
Lui sorrise. –Oh, ma allora i Saiyan non sono tutti maleducati,- cominciò bonariamente –Che ti fanno saltare il pianeta in aria per salvare il loro!- ma concluse gridando come un pazzo agitando i pugni al vento.
Per la prima volta, diedi attenzione al luogo che mi circondava e rimasi colpita nel constare che quella era una casa scavata nel tronco di un albero, inoltre, accanto vi era una specie d’autostrada con una sola corsia.
Cercai di vederne la fine, ma era del tutto impossibile, sembrava che quella strada si estendesse per chilometri e chilometri.
La cavalletta mi guardava senza dire  nulla e il silenzio tra di noi si fece pesante.
-Cos’è?- chiesi curiosa indicando la strada.
-Ahhh- sospirò lui –Un tempo, molti anni fa, portava al mio mini-pianeta.- sospirò nuovamente. –Lì la vita era semplice; potevo mangiare quel che mi pareva, urinare dove volevo, potevo passeggiare a piedi o con la mia auto, che tra l’altro è stata distrutta da tuo nonno Goku- in quest’ultima parte aveva alzato nuovamente la voce per poi riabbassarla. –E soprattutto, potevo contare i fili d’erba. E già, proprio una bella vita!-
Lo guardai senza sapere che dire, non capivo se mi stesse prendendo in giro o meno, ma avevo appena fatto un giro per lo spazio e indietro nel tempo, quindi non potevo di certo dire che stava mentendo.
-Cosa ci faccio io qui?- chiesi esasperata.
-Oh, ti ho chiamato io. Sono stato io a mostrarti il passato in modo tale da farti capire delle cose.- rispose lui enigmatico.
-Ma quali cose?-
Mi rispose in tono sbrigativo stavolta. –Ah, voi giovani non sapete cosa sia la pazienza! Ogni cosa a suo tempo signorina, ogni cosa a suo tempo!-
-Senti cavalletta- non andavo molto famosa per la mia capacità d’autocontrollo, forse era dovuto al mio sangue Saiyan –Io ho un compito sul pianeta Plant da portare a termine, non posso permettermi di perdere tempo a parlare con te, quindi ora rimandami a casa!-
-Oh, ti devi calmare, so io come posso aiutarti.-
Lui stranamente non si offese delle mie parole, anzi, mi sorrideva.
-Sai, mi ricordi proprio tuo nonno, forse usi termini più offensivi di lui, ma mi ricordo che quando venne qui la prima volta aveva una gran fretta di andarsene. Comunque, passiamo alle cose serie.-
Si mise a ridere nuovamente e io lo guardai con espressione interrogativa in viso.
-Non l’hai capita?- mi chiese.
Vedendo che non davo segno di risa si fece buio in volto. –Ma com’è possibile che i Saiyan non capiscano le mie barzellette eh??-
-Ahahahah- cominciai a ridere, qualcosa mi diceva che dovevo assecondarlo –Ma quant’è spiritoso, Re Kaio?-
Mi sembrò soddisfatto. –Ah ecco, l’ho detto che mi sembrava troppo strano.- ritornò subito serio e con le parole che disse in seguito catturò la mia completa attenzione.
-So perfettamente quello che è successo alla Terra e al Pianeta Plant, sono un Dio dopotutto, e so quali sono i tuoi obiettivi. Quello che ti posso dire è che non ci riuscirai mai se ti allenassi su quel pianeta. Tanto per cominciare se provassi a fare un esercizio nel quale dovessi mettere un po’ della tua forza spirituale, verresti subito intercettata.- Rimasi colpita dalla sua affermazione, non ci avevo pensato. –E poi, non ti potresti allenare ugualmente al meglio perché ti mancano i mezzi. Puoi sopravvivere nella natura, questo è vero, ma non riusciresti mai a diventare più forte di quanto già tu non sia.- Annuì, constatando che aveva ragione. –Quindi ti allenerò io!- disse con tono trionfante.
Io lo guardai dall’altro in basso.
-Mi scusi, ma lei non mi sembra molto forzuto e io…-
-COME SAREBBE A DIRE CHE NON MI TROVI MOLTO FORZUTO EH?- m’interruppe lui mettendosi ad urlare.
-Va bene, va bene, mi scusi!- dissi scuotendo la testa come una pazza.
Con un colpo di tosse lui continuò. –Posso farti una domanda? Non senti una certa pressione sulla pelle? Come se pesassi dieci volte di più…-
Io cominciai a muovermi, tanto per controllare, effettivamente sentivo qualcosa.
Annuì –Ma lievemente, non poi così tanto, posso muovermi liberamente.-
-Ah bene, questa è una splendida notizia, significa che sei molto più forte di tuo nonno quando venne qui la prima volta.-
-Senta, ma lei come conosce mio nonno?- lo aveva  nominato diverse volte, ma avevo cercato di capire cosa ci facessi in quel luogo e non mi ero preoccupata molto di come facesse a conoscere mio nonno e me.
Lui mi fece un sorrisone a trentadue denti e fu, con suo immenso piacere, che mi raccontò dell’incontro con uno strano ragazzo, d’origine Saiyan, e dell’affetto che aveva cominciato a provare per quel giovane così gioioso.
Mi raccontò di tutte le sue avventure e fu con un altro colpo di tosse che disse –Bene, volendo abbiamo molto tempo a nostra disposizione ma prima ci sbrighiamo meglio è. Tieni- disse lanciandomi un martello.
-E cosa ci dovrai fare?-
-Semplice, dovrai darlo in testa a Bubble e Gregory- indicò la scimmia e la libellula. –Quando riuscirai a colpirli inizieremo l’allenamento. Ah una piccola cosa, dato che il mio pianeta è esploso per colpa di tuo nonno!- rialzò la voce e si ricompose nuovamente –Avrete a disposizione l’intero serpentone.-
Non appena finì la frase rimase a bocca aperta. Avevo già colpito i suoi due aiutanti che si massaggiavano le rispettive teste, sulle quali erano già spuntati due grossi bernoccoli.
-Ah, già! Dimenticavo, la gravità che ho instaurato in questa parte del serpentone per te non è abbastanza, ma io non posso sopportare di più….- parlottava a bassa voce, ma almeno capì il motivo per cui sentivo una lieve pressione.
-Ho trovato!- disse lui sorridente. Ma non ebbi il tempo di dire nulla che un peso enorme mi fece cadere in ginocchio.
Mi guardai le braccia e le gambe, erano rivestite da dei pesi.
Mi rialzai a fatica.
-Visto? Ora non sarà così facile colpire Bubble e Gregory con un peso di dieci tonnellate addosso!-

 

Angolo dell’autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo.
Spero che vi sia piaciuto, gravie per la lettura. Critiche e consigli sono sempre ben accetti.

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Capitolo 5
*** La fine del campione ***


-Non sapete chi sono io? Io sono Mr. Satan, il campione dei campioni, l’uomo più forte dell’universo!-
Le guardie erano arrivate troppo presto quella mattina, il dottore del vecchietto aveva visto le analisi del suo sangue.
Lui sapeva che quell’uomo non aveva avuto la grazia, lui sapeva che era ancora uno sporco terrestre.
Guardava soddisfatto l’operato delle guardie.
Lo tenevano stretto, impedendogli di fuggire.
Lo avrebbero scortato fino al palazzo reale, e, giunti a quel punto, il Re avrebbe deciso cosa farne.
Vi era una lieve possibilità per quel buffone di salvarsi, ma sicuramente il grande Baby non lo avrebbe perdonato per non essersi fatto trasformare in un essere dall’intelletto di gran lunga superiore a quell’umano.
Al medico questo non dispiaceva. Aveva sempre considerato il “campione dei campioni” solo una ridicola icona che con gli anni sarebbe diventata meno che un ricordo.
L’auto nera arrivò con cinque minuti di ritardo.
L’uomo stava per dirgliene quattro ma si zittì.
Dalla macchina era sceso Baby, il suo signore.
-V…v…vostra maestà, sarei do…do…dovuto venire io a portarvi il delinquente, non c’era bisogno di scomodarsi.-
L’alieno alzò una mano per farlo zittire e con un sorriso rassicurante e fasullo disse –Non ti preoccupare, questo caso è… speciale, per così dire. Fate salire il prigioniero nell’auto.-
Mr. Satan venne spinto a forza all’interno dell’abitacolo e fu con orrore che riconobbe tutti i presenti.
Gohan, Trunks, Goten, Chichi, Bulma, Bra e la sua Videl.
Ebbe una fitta al cuore nel vedere il suo nipotino tra le braccia della madre.
Lo aveva incontrato solo rare volte.
In molte occasioni avrebbe dovuto e voluto vederlo, ma aveva sempre cercato d’evitare.
Non poteva permettere che scoprissero che non era infetto, ma ora lo sapevano. Sentiva la sua fine vicina.
-Nonno!- disse il bimbo tutto contento gettandosi tra le sue braccia.
L’uomo sorrise, con le lacrime agli occhi. Quanto gli era mancato il suo nipotino?
Approfittò di quei brevi istanti per abbracciarlo, cercando di fargli capire quanto gli dispiacesse della sua mancanza. Ma, infondo, era solo un bambino.
Ancora non era stato sottoposto al trattamento che lo avrebbe fatto divenire uno tsufuro, a dimostrazione di ciò, vi erano i suo bellissimi occhi azzurri.
Come si aspettava, il genero glielo strappò dalle braccia e lo tenne stretto a se.
-Papà- disse Videl, per un attimo il vecchio sorrise, pensando che sua figlia lo avesse riconosciuto, ma lei lo guardava con occhi spenti, non suoi, e, soprattutto, rossi come il sangue. –Ti dobbiamo parlare.-
Quando Baby salì nella limousine e chiuse lo sportello sua figlia continuò. –Dov’è Pan? Sono molto preoccupata per lei, non la vedo da anni ormai.-
A quel punto Mr. Satan capì, non volevano ucciderlo, non subito almeno, volevano estorcergli informazioni riguardo la sua adorata nipotina.
Scosse la testa deciso –Non vi dirò nulla, morirei piuttosto!- disse sicuro di se, come non lo era mai stato dai tempi prima dello scontro con Cell e dell’incontro dei Saiyan.
-Questo si può fare- disse Gohan creando una piccola sfera d’energia. –Sai paparino, durante l’allenamento nella stanza dello spirito del tempo, ho scoperto che una di queste armi può essere ingerita da un uomo ed ingrandirsi all’interno del suo corpo, fino a farlo esplodere dall’interno, ma questo sporcherebbe la tappezzeria dell’automobile e non voglio spaventare così tanto il piccolino, ma potrei ridurre la potenza della bomba e far esplodere solo i vari organi interni, oppure, posso decidere di farlo morire lentamente e in preda a dolori che nemmeno posso immaginare. Non ci ho mai provato con nessuno dei miei avversari. Mi sembrava troppo crudele. Ma sai- disse con sguardo carico di finta preoccupazione paterna –Si tratta di mia figlia qui e chissà, potrei fare anche una pazzia del genere. Un padre è disposto a tutto pur di ritrovare la propria bambina. Non è vero Videl?- chiese a sua moglie che annuì.
L’uomo sapeva che suo genero non sarebbe arrivato a tanto, ma i tentacoli della paura lo avvolsero ugualmente, non ne era poi tanto sicuro.
-Non so dov’è!- disse disperato –Non ve lo direi ugualmente, ma le ho detto di scappare e nascondersi, non sarà facile per voi trovarla- cominciò a ridere come un pazzo.
-Ferma la macchina- disse Baby  all’autista. –Videl, Gohan, cari! Potreste scendere, non vorrei far impressionare il bambino.-
-Certo grande Baby- dissero portandosi una mano al cuore e lasciando Mr. Satan da solo con l’alieno.
L’uomo cercò di farsi indietro, ma una poltiglia grigia cominciò ad affiorare dagli occhi scaltri e dalla bocca sorridente dell’alieno, facendolo immobilizzare dal terrore.
Un grido e l’uomo più forte del mondo cessò d’esistere, in vita restò solo il suo corpo mentre la sua anima fu relegata in un angolo oscuro della sua mente.

 

 

Angolo dell’autrice

Ed ecco a voi un nuovo capitolo, spero che vi sia piaciuto.
Ho cambiato il titolo della storia perché mi sono accorta che vi era un’altra fan-fiction con lo stesso nome.
Vi ringrazio per la vostra attenzione, aggiornerò il più presto possibile!

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Capitolo 6
*** Conoscenti? ***


Quattromilauno, quattromiladue, quattromilatre.
-Finalmente- sussurrai, finendo le flessioni che mi erano state assegnate da Re Kaio.
Mi misi a sedere a terra, con le gambe incrociate, fissando il mio allenatore, divertita ed incuriosita.
Mi aveva detto che, se fossi riuscita a finire quegli esercizi, mi avrebbe svelato il motivo per cui, tre mesi prima, mi aveva mostrato quelle visioni.
Sorrisi, avevo fatto molti progressi dal primo giorno in cui ero arrivata su quell’albero.
Ero riuscita persino ad avvicinarmi, in maniera incredibile, alla trasformazione in Super Saiyan di primo livello, ma qualcosa mi aveva trattenuto dal trasformarmi.
Il dio aveva ipotizzato che il motivo fosse una mia assente determinazione, ma su questo ero stata irremovibile. Non c’era nessuno, in questo mondo, più motivato di me.
-Pan- disse il vecchietto schiarendosi la voce –Sei stata molto brava, in questi tre mesi sei riuscita a sopportare un peso di cento tonnellate, tuttavia non sei riuscita a superare il livello di tuo padre o di tuo zio. Mi dispiace ragazza.- disse con tono deluso.
-Fa niente!- dissi scrollando le spalle –Sono sicura che nei mesi avvenire diventerò sempre più forte. Comunque, non mi lasci sulle spine, mi dica il perché mi ha fatto vedere quegli scorci del passato.-
Lui scosse la testa e con un sorriso beffardo disse –Ho mentito, non ti darò una spiegazione fino a quando non sarai pronta. Ho usato la scusa solo per spronarti con gli esercizi, anche se ora me ne rammarico…- Sbuffai, non era il primo tiro mancino che il maestro mi appioppava. –Però ora credo che tu possa tornare a casa. Ho finito con i miei insegnamenti.-
Restai di sasso.
-E il Kaioken? La Genkidama? –
-Sei troppo giovane, devi imparare ancora troppe cose, sarebbe una pazzia insegnarti queste tecniche. Qui sei venuta solo per migliorare le tue capacità.-
-Ma non sono in grado di battere Baby, lo ha detto anche lei!- dissi disperata.
-Abbi fiducia in te- la voce squillante di Gregory suonò al mio orecchio rassicurante. –Vedrai che raggiungerai i tuoi scopi- concluse la libellula, agitando inspiegabilmente la mano, come per salutarmi.
-MAESTRO NON SONO PRONTA!- ripetei urlando, ma una ferrea morsa m’imprigionò, facendomi tornare indietro, verso un luogo che nemmeno io conoscevo, o almeno, credevo di non conoscere…

 
Un dolore lancinante alla testa, la certezza di avere la faccia ed i capelli zuppi di fango.
Mi alzai con un balzo sputando fango.
Guardai con disgusto la pozzanghera sulla quale ero atterrata, avrei dovuto lavarmi i capelli non appena fossi arrivata a casa.
Ma dov’ero? Certo che Re Kaio poteva mandarmi direttamente a casa! Invece no, ero in un luogo che sembrava dimenticato da Dio, per di più con cento tonnellate di pesi addosso interamente sporcati di fango.
Ci misi un’ora buona per togliermi quei cosi, quando sentì un grido agghiacciante di una donna, poi, il suo pianto sommesso.
Corsi verso quel suono, e fu con orrore che vidi degli uomini fare strage di donne e bambini.
-Uccidete, pulite il mondo da questi abomini!- gridava quello che, probabilmente, era il generale.
Del tutto immobilizzata, guardavo con occhi sbarrati quegli atti inumani.
Non ci misi tanto a capire qual era la donna che avevo sentito gridare, teneva stretto a lei una vittima, un bambino.
A quel punto decisi, Tsufuro o no che fossero, li avrei aiutati. Non potevo sopportare altre atrocità.
Con sorprendente velocità mi lanciai tra la donna e un proiettile, che andò a colpire me.
Un passo indietro, e quel piccolo metallo cadde ai miei piedi.
Guardai con un sorriso il soldato che mi era di fronte.
Mi lanciai contro di lui e con un pugno gli perforai lo stomaco da parte a parte.
Alcuni dei suoi compagni si avvicinarono e cominciarono a spararmi addosso.
Una frazione di secondo e quelli caddero al suolo, privi di vita.
-Lei, uccidetel- stava per gridare il generale, ma prima che potesse finire la frase lo misi a tacere, per sempre.
Presto altri soldati mi vennero in contro.
Fu una strage, non uno mi sopravvisse.
Mi voltai in direzione di quella donna, mi avvicinai con passo lento e deciso.
M’inginocchiai e con la mano sfiorai il viso del bambino, potevo sentire la sua lieve aura abbassarsi di secondo in secondo.
La rabbia m’inondò il cuore e il cervello mise da parte i ragionamenti logici.
Non provavo altro che desiderio di vendetta e rabbia, mista a puro odio.
I capelli diventarono del colore dell’oro e gli occhi divennero del colore del mare in tempesta.
Sì, c’ero riuscita.
Avevo raggiunto quel livello tanto agoniato.
Sentivo la forza scorrere in me, il mio sangue, il sangue di un popolo assassino, non faceva altro che ricordarmi le mie origini.
Ma presto cominciai a provare qualcos’altro.
Sentivo il disperato bisogno di giustizia per quella povera gente a  cui era stata strappata via la vita, perché, dalle loro auree, capivo che erano ancora puri, intaccati da quell’essere mostruoso, e, per questo, condannati a morte.
Presa dai miei pensieri, non mi ero accorta del tremore della donna che teneva stretto il bambino in fin di vita.
Le lacrime mi pungevano gli occhi.
Avevo raggiunto la mia trasformazione, ma non potevo fare nulla per quell’essere in fin di vita.
O forse si?
Posai entrambe le mani sul petto e mi concentrai al massimo, per dargli un po’ della mia forza vitale.
Non si riprese se non di poco, respirava ancora a fatica.
-Maledizione- sussurrai sbattendo i pugni a terra.
-Spostati presto!- una mano calda mi fece muovere di alcuni centimetri e diede al pargolo un piccolo alimento dal colore verde.
Ma quello era…
Alzai lo sguardo e contemplai il ragazzo dalla pelle scura che guardava il bambino, pieno di speranza.
Riuscì a calmarmi e tornai normale, riuscivo a controllare perfettamente la mia nuova forza.
Lui si voltò e incrociò lo sguardo al mio. –Pan?- chiese incredulo.

 

Angolo dell’autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo.
Chi sarà mai il ragazzo dalla pelle scura? E come farà a conoscere la nostra eroina?
Spero che questa parte della storia vi sia piaciuta. Vi ringrazio di cuore per aver letto.
Aggiornerò il più presto possibile.

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Capitolo 7
*** Passeggiata ***


Sprofondai negli occhi neri del mio interlocutore, qualcosa di estremamente familiare catturò la mia attenzione.
-Ahhhh- spostai lo sguardo sul bambino, che, rumorosamente, aveva ripreso a respirare, e sorrisi.
Quello era uno dei fagioli di Balzar, avevo ragione, ma quegli alimenti erano spariti insieme alla Terra.
-Dove li hai presi?- chiesi al ragazzo.
Lui non rispose alla mia domanda, mi guardò  a lungo, facendomi sentire a disagio.
-Mi vuoi rispondere?- chiesi scocciata.
Si riscosse. –Oh, scusa. Ma non ti ricordi di me?- chiese ancora eludendo la mia domanda.
Lo osservai più attentamente. –Effettivamente mi ricordi qualcuno… Ma sì, tu sei Uub! L’allievo di mio nonno!-
Sorrise tristemente. –Sì, sono io. Tu sei sua nipote, non è vero?-
Annuì, perlustrando il territorio con lo sguardo.
-Scusa di nuovo, ma non c’è tempo per chiacchierare, dopo magari.- disse alzandosi e dirigendosi verso altre persone.
Mi chiesi da dove venisse tutta quella gente, non c’erano case nei paragi. O forse no?
Rimasi basita.
Le case erano sugli alberi!
I vari rami s’incrociavano tra di loro e permettevano di scavarci dentro, senza però far vedere nulla da fuori.
Erano del tutto ricoperti da foglie, mi accorsi della loro esistenza per via di una scaletta che dava su una porta.
Non sapevo che nome avessero, sulla Terra non esisteva niente del genere.
Guardai Uub al lavoro.
Aveva già fatto riprendere un bel po’ di gente.
-Maledizione!- lo sentì imprecare e mi avvicinai.
-Cos’è successo?-
-Non ho abbastanza fagioli, me ne mancano due.-
Tremava dalla rabbia.
Guardai i fragili corpi di due anziani, marito e moglie, che giacevano a terra esanimi, privi di forze.
-Dove si possono trovare?-
Lui alzò lo sguardo verso di me.
- E’ difficile prenderli-
-Ma moriranno!- sussurrai.
Sbuffò, non era seccato ma addolorato. -Voi!- indicò due uomini sulla trentina –Portateli nell’infermeria, sarò di ritorno tra poco. Nascondetevi- Poi si rivolse a me. –Vuoi venire con me? Ti spiegherò tutto.-
Annuì sicura.
Cominciammo ad allontanarci da quel piccolo accampamento, camminando tra i cespugli e le erbacce.
L’odore dell’erba m’inebriò le narici, mentre l’aria mi carezzava la pelle e il sole mi riscaldava, mentre penetrava nella fitta vegetazione, con molta fatica, illuminando solo scorci del luogo.
Non parlai, aspettai che Uub si decidesse a farlo.
-Siamo qui da molto.- quelle parole non arrivarono con nessun preavviso, ma non mi sorpresero. -La gente cominciò ad abitare questa foresta dopo l’arrivo di Baby. In molti li ho salvati io stesso, la maggior parte, più o meno.- Continuai ad ascoltarlo. Mi piaceva il suono rassicurante della sua voce. -Insegnai loro a cacciare, a costruirsi i beni di prima necessità, in modo tale che, se mi fosse successo qualcosa in futuro, loro avrebbero saputo arrangiarsi. Per ora sono sotto la mia protezione.-
Sorrisi, era una gran prova di maturità, ma subito pensai all’attacco di pochi minuti addietro.
-E prima?- chiesi con fare inquisitorio –Perché non eri lì a proteggerli?-
Incrociò il suo sguardo al mio, incatenandomi, impedendomi di guardare altrove.
-Per quanto possa aver insegnato loro, la vita moderna si fa sempre sentire. Servono altri beni che in natura non si possono trovare. Ed è per questo che ero via. Vado in città per comprare abiti, cibo e così via.-
Aveva un espressione sbarazzina sul viso, come se fosse stato un ragazzino sorpreso a fare qualche marachella.
-Comprare?- ripetei divertita.
Lui arrossì. –Non è che mi piaccia. Ma devo badare a questa gente, e, se rubare è l’unica cosa che mi permette di farlo, ben venga.-
Non dissi nulla. Si vedeva che il suo animo era puro, come quello dei pochi terrestri rimasti. Mi sembrava strano che non ci fosse una pecora nera, di solito una ve ne era sempre.
-Dove stiamo andando?- chiesi, constatando che ero costretta a seguire lui.
-Al palazzo del supremo.- Lo guardai storto e lui rise. –Dopo la distruzione della Terra, Baby ha voluto portare alcune sue usanze anche su questo pianeta. Ha costruito il palazzo in mezzo a questa foresta. Nessuno viene mai perché credono che sia un luogo abitato dai fantasmi.-
concluse con faccia e tono della voce lugubri.
-Ma se nessuno viene a pregare perché non lo ha abbattuto?-
-Perché Balzar si è trovato bene lì.- lo guardai come se mi stesse prendendo in giro.
-Solo per questo? A me non sembra che Baby voglia far stare bene le persone.-
-I suoi simili sì però, e come.-
-Anche lui è?- avevo fatto quella domanda tanto per darmi una falsa speranza. Tiravo avanti così da un bel po’ d’ anni ormai.
-Sì, anche lui.- Ecco! Questa era la dimostrazione che la dovevo finire di sperare nell’impossibile.
-Quindi andiamo a “comprare” i fagioli, giusto?- dissi ridendo per smorzare la tensione.
Lui mi fece l’occhiolino. –Possiamo definirlo così, ma vedi, ho un infiltrata.-
-Ah si? E chi è?-
-Ti do un indizio. Ha gli occhi del color del ghiaccio e corti capelli biondi, e in più è immortale.-
Lo guardai di sbieco.
Non conoscevo nessuno combaciante a quella descrizione, la mia amica Marron, un tempo forse, poteva essere descritta in quel modo, apparte per l’imortalità.
Ma il rosso aveva intaccato i suoi occhi azzurri che tanto mi mancavano.
Un altro paio di passi, e fra la folta vegetazione cominciai a distinguere le mura di un edificio…

 

Angolo dell’autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo che, spero, abbia chiarito molti punti dell’intera faccenda.
Vi ringrazio per aver continuato a seguirmi.
Aggiornerò presto J

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Capitolo 8
*** Convivenza? No, grazie. ***


D’innanzi a me si ergeva un palazzo di dimensioni immani.

Troneggiava sulla foresta e la sua imponenza mi faceva sentire piccola.

In quel momento mi chiesi cosa stessi facendo, in cosa mi stessi cacciando e perché non ero rimasta nascosta sul pianeta di Re Kaio.

Scossi la testa, quello non era da me.

Io, Pan Son, non mi sarei mai arresa. Sarei andata avanti nella mia folle missione, fino a quando sarei stata certa che l’umanità potesse ritornare tra la gente.

L’entrata dell’edificio era costruita con una  lega molto simile all’oro, ma, sicuramente, non era quello il materiale.

Disegni floreali erano incisi ai lati della grande porta mentre vere piante si intrecciavano alle colonne.

Inoltrata in quel luogo, dove la mano degli Tsufuro non era arrivata, era quasi del tutto impossibile scorgerla, ma ero certa che, dal punto più alto della città, quella magnificenza si vedesse come una grande prova del potere di Baby.
Strinsi i pugni.
Mi sembrava di essere stata chiusa in una cantina per anni.
E, in effetti, era stato così.
Avevo trascorso anni ed anni segregata in casa di mio nonno.
Presto avevo finito di guardare il televisore, i film.
Mi ero solo dedicata alle lezioni che Majin Bu m’impartiva (incredibile come quel demone sapesse così tanto sugli studi umani) e alle arti marziali.
Uscivo di rado, e spesso mi ritrovavo nei guai per via dei miei occhi neri, che spesso non coprivo con delle lenti come faceva mio nonno, o dalla coda.
Sorrisi.
Le guardie mi davano la caccia per l’intera città, ma ai riuscivano a trovarmi.
Questo faceva infuriare il mio povero nonnino, ogni volta che rientravo, dopo i primi cinque minuti di ramanzina la smetteva e ritornava ad essere tutto zucchero e miele.
Forse sapeva che avrebbe dovuto lasciarmi andare presto e per questo ci passava sopra.
Un passo.
Era fluido, sinuoso e incredibilmente leggero.
Le grandi porte si aprirono e una donna dalla bellezza glaciale ci guardò dall’alto in basso.
Era C-18, la madre di Marron.
Sospirai, potevo anche immaginarmelo, ma rimasi sull’attenti, Uub si fidava, ma quegli occhi rossi come il sangue non mi piacevano.
Lei sbatté un paio di volte le palpebre e un lieve tremore la percosse, quando li riaprì erano del consueto azzurro ghiaccio.
- Com’è possibile?- chiesi a Uub stringendogli il braccio.
- Ahia- si lamentò lui come un bambino.
-Sono un Cyborg, ho il perfetto controllo della mia mente, niente può intaccare il computer che ho nella testa.- si scostò i capelli biondi dall’orecchio e mi sorrise, per rassicurarmi.
-Neanche delle uova aliene all’interno del tuo corpo?- chiesi acida.
-No, nemmeno quello- disse.
Il sospetto su di lei non mi passò ma decisi di fidarmi del mio nuovo compagno di viaggio.
Ci inoltrammo all’interno dell’edificio, ma prima mi voltai per dare un’ultima occhiata alla luce del sole.

 
L’interno di quel luogo era l’opposto di quel che vi era fuori.
La puzza di muffa invadeva le narici e il buio totale impediva la vista, il pavimento era scivoloso e irregolare, sicuramente qualche mattonella era rotta.
Per distrarmi cominciai a pensare alla mia trasformazione.
Avevo aspettato così tanto e avevo sperato di raggiungerla durante l’allenamento di Re Kaio, ma le cose spesso non arrivano nella maniera in cui tu te lo aspetti.
Un nodo alla gola -Uub- sussurrai –Quando ero al villaggio ho aumentato la mia aura, forse mi hanno sentita!-
Lui, con mio sollievo, scosse la testa –In quella parte della foresta, l’aura è come bloccata, non può fuoriuscire. L’ho scoperto molto tempo fa, quando mi nascosi qui per la prima volta.-
Il rimbombo dei nostri passi era tutt’altro che gradevole, rabbrividì.
-Siamo arrivati- annunciò la voce fredda della donna, fermandosi all’improvviso.
Nell’oscurità potevo scorgere una porta.
-ATTENTA!- sentì Uub spingermi di lato per poi cadere a terra, mi guardai attorno cercando di capire cosa stesse succedendo.
Sentì un vetro andare in frantumi, e i raggi del sole illuminarono il tutto.
Un ometto basso, grasso e vecchio, dal passo pesante e vestito d’arancione con una spada legata alla vita, teneva tra le mani un’arma simile ad una pistola.
Guardai Uub steso sul freddo pavimento, sul collo vi era un ago.
L’ometto stava per sparare nuovamente, ma ciò, ora che lo avevamo visto, era inutile. Non ci avrebbe mai presi.
Fu un attimo.
La testa del vecchio cadde rumorosamente a terra, seguita dal suo corpo.
Restai immobile, né io né C-18 ci eravamo mosse.
-Hey sorellina!- un ragazzo incredibilmente simile alla madre di Marron, si fece avanti con un sorriso sulle labbra.
Sentì la donna alle mie spalle sorridere. –Ci stai prendendo gusto con le decapitazioni, non è vero fratellino?-
Lui scrollò le spalle. –Non ce ne sarebbe stato bisogno se tu fossi stata più attenta. Devo ammettere che un po’ mi dispiace per Jirobai- Lei per tutta risposta fece un verso che sembrava una via di mezzo tra un ringhio e una dimostrazione di fastidio.
-Come siamo suscettibili.- disse ancora lui.
-Piantala, sono stufa. Devo dare a questi ragazzi dei fagioli-
Li guardai scioccata mentre litigavano, se ne stra fregavano di Uub, disteso inerme al suolo.
-Hey, mi volete dare una mano?-
- Mmh?- dissero in coro.
- E’ svenuto!-
-Tranquilla, qualunque cosa sia si riprenderà presto. E’ la reincarnazione di Majin Bu e, inoltre, si è gia fuso con lui, non ci vorrà nulla ad eliminare la parte infetta, per lui. Ringrazia piuttosto che non abbia preso te.- disse la bionda chinandosi e staccandogli l’ago dal collo.
-Ok… - dissi incerta, sollevandolo per potarlo in braccio.
Lei alzò gli occhi al cielo ma non disse nulla.
-Aspetto fuori.- aggiunsi seccata. I gemelli annuirono.
Quando uscirono dalla camera mi diedero un sacchetto.
- E’ pieno di fagioli, fanne buon uso-
-Grazie.- dissi fredda, ma per quanto strano possa sembrare, ero riconoscente per l’aiuto che mi avevano dato.

 
Camminai a lungo, ma alla fine riuscì a ritrovare il villaggio.
-Cos’è successo?- la gente mi venne incontro quando vide Uub fra le mie braccia.
-Niente, un piccolo incidente, si riprenderà presto.-
-Portatelo in casa sua, sbrigatevi!- ordinò un uomo sulla trentina. Consegnai loro Uub e respirai un po’ d’aria, dopo tutto ero davvero stanca.
Una bambina mi si avvicinò e mi tirò la maglietta per attirare la mia attenzione.
-La mia mamma ha detto che sei la benvenuta, tutti al campeggio hanno detto che ti ringraziano di cuore. Resterai qui?-
Restai di sasso.
Ero felice che mi avessero accettato tra di loro, ma quella bambina aveva definito il villaggio un campeggio.
Che fosse questo la motivazione con cui spiegavano ai bambini l’allontanamento dalle città?
Sospirai, sicuramente era meglio della versione ufficiale.
-Dì loro che mi fa piacere e che li ringrazio a mia volta tanto. Ma credo che qui sarei un peso. Insomma- aggiunsi per rendere la scusa convincente –Non possono ritagliarmi un albero.-
-Invece si, invece si!- disse la bambina sorridendo. –Ha casa del capo scout, già le grandi hanno preparato tutto.-
Una vampata di calore mi attraversò il viso, che intendesse a casa di Uub?
La cosa era del tutto fuori questione, ma poi pensai alle sue condizioni.
Non potevo di certo abbandonarlo ora.
Stupida coscienza!

 

Angolo dell’autrice
Ecco un nuovo capitolo, più introspettivo.
Purtroppo ancora di azione non c’è nemmeno l’ombra, però posso assicurarvi che la storia avrà dei risvolti assolutamente imprevedibili. Come avrete notato, ho apportato dei cambiamenti rugardo ai Cyborg e al modo in cui Uub si è fuso con Majin Bu, quest'ultima cosa verrà approfondita nel prossimo capitolo.
Aggiornerò presto  :)

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Capitolo 9
*** Normale ***


Restai di stucco quando misi il piede all’interno dell’albero.
Era una cosa piccola ma confortevole, sicuramente era stata costruita appositamente per il campeggio.
Dal marchio di fabbrica della Capsule Corporation tutto quel lusso non mi sembrava poi così inverosimile.
Alla mia sinistra vi erano due letti, notai che Uub non c’era, forse era in infermeria, e alla mia destra un piccolo cucinino accanto al quale vi era una porta che dava sul bagno.
Il sonoro splash che avevo fatto entrando mi aveva subito ricordare le mie scarpe incrostate di fango.
-Dovrei andare a fare una doccia.- dissi alla donna che era dietro di me.
-Tieni questi vestiti, me ne sono accorta, dammi almeno l’impermeabile e le scarpe, sporcherai meno di quanto già tu non abbia fatto.- rispose acida.
-Va bene.- dissi consegnandole la roba.
-E quella cos’è?!-
Indicava la mia coda come una forsennata.
-Nulla!- dissi entrando in bagno e sbattendole la porta in faccia, che impicciona.
Mi guardai allo specchio, potevo essere scambiata per Calimero.

 
Dopo una doccia ristoratrice mi vestì di corsa, volevo andare a vedere come stesse Uub, ma non appena aprì la porta lo vidi disteso sul letto, addormentato.
Mi avvicinai il più silenziosamente possibile e lo osservai dormire.
In effetti anche io ero stanca, sbadigliai, ma non avevo intenzione di dormire.
Gli scostai una ciocca di capelli dal viso, non resistetti, mi sembrava un bambino.
Lui sgranò gli occhi e mi bloccò la mano, mi guardò e la lasciò andare.
-Scusa- disse diventando tutto rosso. –E’ mia abitudine stare sempre in allerta-
-Fa niente.- dissi sorridendogli, ma ritornai subito seria, una domanda sulla punta della lingua.
- Com’è che sei finito qui?-
Rimase spiazzato dalla mia domanda, non se lo aspettava, ma mi accontentò rispondendomi.
-Stavo scappando da Baby, molti anni fa lo avevo sfidato, subito dopo la scomparsa di tuo nonno.-
Sospirò.- Era troppo forte per me. Mi sdoppiai, è una delle tecniche che ho imparato dopo la fusione con Majin Bu, e riuscii a scappare.-
-Hai provato a fare una fusione? E non vi siete più sciolti?-
Lui scosse la testa, facendomi incuriosire.
-Io sono parte di lui e lui è parte di me. Sapevamo entrambi che la fusione non sarebbe potuta più essere sciolta.-
-Hai scoperto in questa occasione le potenzialità di questa foresta?-
Annuì. –Sì, dovevo volare il più lontano possibile dal luogo dello scontro, il più velocemente possibile. Avevo cinque Saiyan che mi rincorrevano e un muso verde.-
-Sai che Junior si arrabbia se lo definisci così- dissi lanciandogli un cuscino, non mi sembrava poi così debole.
Lui rise. –Ah, dimenticavo, tu sicuramente lo conoscevi. Comunque ero troppo spaventato. Non riuscivo a ridurre la mia aura né a controllare gran parte delle mie tecniche. Non capivo il motivo, fatto sta che mi sono nascosto in questa foresta. Per tre giorni Baby continuò a cercarmi, ma non mi trovò. Perciò ho concluso che in questa foresta l’aura non possa essere percepita. Non ho sentito nemmeno te trasformarti, quindi credo che la mia teoria sia convalidata.-
Il suo sguardo si posò sulla mia coda.
-Sai, non ho mai visto uno di voi con quella.- Lo guardai di traverso, imbronciata. –Mi piace.- Disse sorprendendomi.
Mi chinai verso di lui.
-Bugiardo.- dissi ridendo.
Lo contagiai. –No sono serio.- riuscì  a dire tra un singhiozzo e l’altro.
-Certo, certo.- lo liquidai, cercando di nascondere il sorriso.
Era la prima volta, dopo anni, che mi sentivo così bene, libera da tutti i pesi, con la possibilità di essere una ragazza come tutte le altre, anche se solo per poche ore.
-Come stai?- chiesi.
-Bene.- rispose lui. –Con qualche ammaccatura ma tutto apposto.-
-Era solo una siringa!-
-Forse tuo nonno mi ha trasmesso qualche fobia, oltre che degli insegnamenti.-
Tre colpi secchi alla porta.
-Credo che questo sia tuo ragazzina!- disse un ragazzo entrando e lanciandomi…
Gil?
-Hey!- Salutai il robottino che, tutto felice, si era messo a mangiucchiare quello che sembrava un forno a microonde posto vicino al cucinino.
-Hey Josh!- salutò Uub.
-Come stai capo scout? Perché non ci raggiungi alla festa?-
-Vero, oggi è il tuo compleanno! Scendo immediatamente, avete già messo la musica?-
-Certamente! Sbrigatevi a scendere.- Il suo sguardo si posò su di me. –O vuoi stare con la tua nuova ragazza scimmia?-
-Non sono una scimmia!- dissi trattenendomi dal dargli un pugno in faccia.
-Però la sua ragazza lo sei- Disse prendendomi in giro.
-NO- dissi urlando, avvicinandomi a lui per ucciderlo.
-Stiamo scendendo Josh, se vuoi restare in vita ti conviene scappare.-
-Ok compare.- Sparì così com’era arrivato, scendendo le scale, di corsa però.
-Sono tutti in questo modo?- chiesi avvicinandomi alla porta.
-Più o meno.- rispose lui cambiandosi la maglietta.
-Non potevi aspettare che uscissi?- non riuscivo a staccare gli occhi dai suoi perfetti e abbronzati addominali.
-Ti disturbo?- chiese lui, beccandomi ad osservarlo con la bava alla bocca (figuratviamente, non mi sarei mai messa a sbavare di fronte a lui)
-No.- dissi alzando un po’ troppo la voce.
-Pan-Tutta-Rossa-Imbarazzata- annunciò Gil con la sua voce meccanica.
-Non è vero.- dissi aprendo la porta e scendendo dall’albero con un balzo.
La musica non era molto alta, non mi sarei mai aspettata di vedere un impianto stereo di quelle dimensioni.
-Posso suonare qualcosa io?- chiese una ragazza alta e magra, dai lunghi capelli biondi.
Poteva avere all’incirca la mia età.
-Qualcosa col piano!- disse Josh mettendole un braccio attorno alla vita per poi azionare con l’altra mano una capsula oplà.
-Non credo che a qualcuno piaccia il piano.-
-A me si, e poi è solo una canzone no?E inoltre il festeggiato sono io. Per il resto della serata ascolteremo solo canzoni Rock se ti va.- Lei gli diede un’occhiata di sbieco, ma si sedette e cominciò a suonare… Speechless.
Mi sedetti sulla fredda terra che man mano veniva  riscaldata dal fuoco e mi lasciai trasportare da quella melodia.
Era strano vedere la tecnologia mischiata alla natura, ma mi andava bene. Mi sembrava che tutto fosse in equilibrio.
-Hey.- disse Uub sedendosi accanto a me. La canzone ancora non era finita.
-Ti piace?- dissi indicando il piano.
-La ragazza? Si non è niente male.- Disse lui scherzandoci su.
Gli lanciai un occhiataccia e lui ritornò serio.
-La canzone è molto bella.- disse lui abbassando il tono di voce parola per parola.
Sentì l’improvvisa esigenza di essergli più vicina, di assaporare le sue labbra, sentirne il sapore sulla lingua.
Avvicinò il suo viso al mio e le nostre labbra si unirono.
Posai le mie mani sulle sue spalle e schiusi le labbra, in attesa di approfondire quel bacio…
-Oh ma come siete carini!-
Il sangue mi si gelò nelle vene e il tempo sembrò fermarsi.
Uub scomparve dalla mia vista, come il resto del mondo.
Vi rimase soltanto la persona che mi era di fronte.
Lampi d’azzurro lottavano con lampi di rosso nei suoi occhi e, mentre questi combattevano incessantemente, un colore più oscuro stava per predominare su tutto.
Il colore degli occhi del Super Saiyan.
Il cuore prese a battermi violentemente e delle lacrime mi appannarono gli occhi, non le avrei mai fatte scendere.
Trunks mi guardava prima imbambolato e poi con scherno, prima scosso dai tremori e poi immobile.
-Trunks io…- cercai di parlare ma subito venni interrotta dalla voce severa di mio padre.
-Non mi aspettavo che mia figlia fosse una poco di buono, ma cosa ho fatto di male? Menomale che posso rimediare il mio errore, devo ringraziare l’innocuo robottino-
Mia madre si limitava a guardarmi delusa.
-Baby ti avrebbe accettato, nonostante le tue schifose origini. E, invece, cosa hai fatto? Lo hai rinnegato. Spera in un suo perdono, o muori.-
Non avevo mai visto lo zio Goten parlare in quel modo.
Una morsa gelida mi pervase lo stomaco.
Mi guardai attorno, la gente era già riversa a terra, senza vita. A fare il lavoro sporco erano stati Bra e Baby.
-Andiamocene.- sussurrò Uub mettendomi la mano sulla spalla per teletrasportarmi insieme a lui, Dende solo sapeva dove.
Non mi preoccupai di come sapesse utilizzare quella tecnica, ero solo grata, in quel momento, che lui la conoscesse.

 

Angolo dell’autrice

Ecco un nuovo capitolo, spero che vi sia piaciuto.
Dove saranno diretti Uub e Pan? Che fine avranno fatto? (Ritorno ad essere il conduttore capitan ovvio di Dragon Ball)
Essendo una fan, anzi, non una fan, una little monster non ho resistito dal citare una canzone di Lady Gaga, Speechless http://www.youtube.com/watch?v=_7HvURBhMGE ecco il link.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno messo in una delle tre liste la storia e chi recensisce.
Grazie mille, alla prossima!

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Capitolo 10
*** Alleanza ***


Cadeva la morte su coloro che incontravo.
Occhi di sangue, sguardi assassini, avevano posato la loro attenzione su di me.
Non mi restava che scappare, fuggire alle loro fredde mani e pregando che esse non mi trovassero mai.
Con la testa sprofondata nelle mie ginocchia non mi guardai attorno.
Non m’interessava sapere cosa mi circondava, volevo solo tornare a casa, farmi cullare dalle calde braccia di mia madre e pensare di essere solo un’innocente.
Ma il manto erboso sul quale ero seduta e l’aria fredda e umida della foresta fece presto scomparire quel desiderio, per lasciare al suo posto il vuoto.
-Pan aspettami qui.- La voce atona di Uub mi giunse all’orecchio come quella di uno sconosciuto.
Chiusi gli occhi, e presto un torpore, che feci fatica a riconoscere come quello del sonno, s’impadronì di me.

 
Gli occhi di ghiaccio del ragazzo si posarono su Uub.
Freddi, calcolatori, analizzavano ogni suo minimo movimento.
-Non può andare vanti così.- disse quello, in preda alla disperazione. –E’ già la terza volta che succede.-
-Hai mai pensato di non accogliere degli intrusi?- disse C-18, incurante del dolore che il giovane provava.
-Era Pan, non potevo non accoglierla…-
-Ah braccia fin troppo aperte direi.- lo interruppe il Cyborg dai capelli neri.
-Si è trasformata, ci può aiutare.-
-A fare che? Anche Vegeta si era trasformato la prima volta che ci siamo incontrati, ma si è piegato come un ramoscello. I Super Saiyan non sono poi tutto questo granché.-
-Non è come pensi tu C-18, ha un grande potenziale, ne sono certo. Se voi due vi allenaste con noi avremo qualche possibilità in più di migliorare! Non volete tornare a vivere le vostre vite?- Vedendo che nessuna delle due macchine proferiva parola continuò.
-C-18, non ti manca il tuo Crilin? E non dico quello Tsufuro che ti vede solo come un oggetto. E a te, C-17, so che non hai mai avuto rapporti con tua nipote, ma non puoi ignorare l’affetto che tua sorella prova per lei. Non ti dispiace vederla così diversa?-
Un lungo silenzio, per quell’attimo tutto giacque.
Sembrava che l’universo stesso attendesse la risposta dei gemelli.
-Non miglioreremo di molto.- disse C-18. –Ma questa vita non ha senso, quanto vale provarci.-
-Così si parla!- Disse Uub rallegrandosi. –E tu?-
Il moro annuì. -Lasciamo questo posto, qui l’aura è percepibile, e non vorrei dover far fuori anche Balzar.-
Così i tre interlocutori scomparvero alla vista, ma non sapevano che l’anziano gatto aveva visto e sentito tutto…

 
Una pioggerellina leggera mi solleticò il volto.
Aprì gli occhi.
-AH- stavo per aprire la bocca per urlare ma una mano me lo impedì.
Trunks mi guardava calmo, rilassato.
Se pensava di uccidermi non gliel’avrei data vinta così facilmente.
Mi piegai su me stessa e riuscì a dargli un calcio ad una costola, riuscì a liberarmi dalla sua presa e mi trasformai.
Eravamo più o meno sullo stesso livello, io non dovevo far altro che aspettare Uub.
Ma qualcosa mi fermò dall’attaccare nuovamente.
Restando in posizione di difesa lo vidi sorridermi, anche se era molto teso.
-Cosa vuoi?-
-Nulla.- disse lui avvicinandosi.
-Sta indietro.-
-Tu lo vuoi?- disse facendo un altro passo avanti.
Rimasi immobile costatando il colore dei suoi occhi.
Azzurri.
-Sei tu?- dissi incredula. –Sei proprio tu?-
Lui sorrise e mi lasciò senza fiato. –Certo che sono io! Non ricordi Pan? Durante le avventure nello spazio sono riuscito a resistere a Baby, nonostante lui fosse entrato dentro di me.-
Fece un altro passo e a quel punto gli saltai addosso e gli misi le braccia al collo.
Lui cominciò a baciarmi con foga, sorprendendomi.
Mai ci eravamo permessi più di un abbraccio.
Sentì le sue braccia stringermi a lui, stretta.
No, ero troppo stretta!
-Lasciami!- cercai di urlargli ma l’aria stava già abbandonando i miei polmoni mentre il sorriso di Trunks si trasformava in un ghigno spietato e gli occhi tornavano del consueto rosso sangue.

 
Aprì gli occhi prendendo quanta più aria mi era possibile.
-Era solo un sogno, era solo un sogno.- Cercai di ripetermi ad alta voce.
-Oh, si è svegliata finalmente! Hey Uub, parla anche da sola, non sapevo che ti piacessero le squilibrate.-
Guardai prima C-17 e poi C-18, poi Uub con aria interrogativa.
-Ti dispiace se ci danno una mano?-
Cercai di riprendere il controllo di me stessa.
-NO, ovvio! Avremo qualche possibilità di migliorare.-
-Bene.- m’interrupe C-17. –Perché dobbiamo fare una cosa molto importante. Dobbiamo entrare nel palazzo reale, e tu ci servirai.-
Tutti e tre mi puntarono lo sguardo addosso.
-P..perché?- balbettai.

 
Angolo dell’autrice
Ecco un nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto.
Stiamo per entrare nel vivo della storia!
Come si svolgeranno gli allenamenti? E cosa vorrà fare C-17 nella tana del nemico? Lo scopriremo nella prossima puntata! (Ok la finisco xd)
Sono contentissima che continuiate a seguirmi.
Aggiornerò presto!

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Capitolo 11
*** Piano ***


-Grinta, determinazione, voglia di vincere. Questi attributi spettano a dei guerrieri superficiali, combattenti che lottano solo, esclusivamente, per se stessi. Questi sono attributi che ci devono essere, ma solo in minima parte. Tu devi pretendere di più da te stessa. Una delle cose più importanti che pretendo che tu impari è il sacrificio.-
Scoppiai a ridere, ma cercai di smetterla. Avevo offeso Uub.
-Scusami- dissi tra un singhiozzo e l’altro –Ma non ti ci vedo proprio in questo ruolo.-
Lui si rilassò. –Ad essere sincero nemmeno io, ma voglio che tu mi prenda seriamente. Queste sono le parole che Goku mi ha detto prima di cominciare il mio addestramento.-
Riuscì a zittirmi del tutto e ritornai seria.
-Ok.-
-Voi due avete finito?- C-17 ci fissava, impaziente di cominciare.
- D’accordo.- cominciò C-18 facendoci zittire. –Crilin mi ha detto che, quando Goku e Gohan uscirono dalla stanza dello Spirito e del Tempo rimasero molto tempo trasformati in Super Saiyan. Non ne conosco il motivo, ma posso supporre che sia per aver maggior controllo su se stessi. Questo è quello che dovrai fare. Trasformati!-
Non me lo feci ripetere due volte.
Chiusi gli occhi e strinsi i pugni, concentrandomi.
Ricordai mio padre che mi diceva quanta rabbia aveva dovuto provare per riuscire a divenire un Super Saiyan di secondo livello, e allora decisi di lasciarmi travolgere dall’ira che provavo verso Baby e riuscì a trasformarmi per la seconda volta.
-Sicuri che la mia aura non possa essere percepita al di fuori di questa foresta?-
Tutti e tre annuirono.
-Cominciamo.- Disse C-18.
In una frazione di secondo si ritrovò di fonte a me.
Parai il suo pugno, non senza difficoltà, ma, dopo, dovetti fare i conti con un altro avversario, C-17 era alle mie spalle.
I gemelli cercarono di colpirmi con un calcio concatenato, riuscì ad evitarlo, ma una gomitata mi colpì in faccia, scaraventandomi a terra.
Mi rialzai immediatamente, cercando di essere il più veloce possibile, ma non lo fui abbastanza.
Mi ritrovai le braccia bloccate dietro la schiena da C-18, aprì i palmi delle mani e le lanciai un’onda d’energia.
Riuscì a scrollarmela di dosso, ma C-17 aveva cominciato a tempestarmi di calci e pugni.
Cercai di schivarli e contrattaccare, ma la forza del Cyborg era disumana, per non parlare della sua velocità.
Mi ritrovai nuovamente al suolo, ma mi rialzai, non potevo arrendermi.
Sarei andata avanti tutta il giorno se fosse stato necessario, e così fu.
Andammo avanti per ore, fino a quando il sole non tramontò.
L’ennesimo calcio parato, ma l’ennesimo pugno preso in piena faccia.
Caddi in ginocchio, sanguinante e ansimante.
-Basta.- Quella non era la mia voce, ma quella di Uub.
Mi rialzai, per quella che mi sembrava essere la millesima volta.
-Non se ne parla. Posso continuare.-
-Nemmeno per sogno. Uub ha ragione.- disse C-18 -Hai bisogno di cure e un paio d’ore di riposo.-
Vidi C-17 incrociare le braccia, segno che anche lui concordava.
- Ok!- Mi arresi. –Però voglio sapere cosa dovete fare al palazzo reale.-
-Abbiamo ragione di credere che ci sia tuo nonno.- disse Uub con un sorriso, senza preamboli. -Forse non tutto è perduto.-
Restai immobile, ero del tutto sorpresa. -Ma com’è possibile?- Chiesi superato lo shock iniziale.
-Diciamo che per ora è solo un ipotesi, non voglio darti false speranze. Ma prima di tutto dobbiamo pensare a come curare i terrestri. Anche se riuscissimo a sconfiggere Baby, il suo potere su di loro non scomparirebbe.- mi rispose la bionda.
-E quindi?- Chiesi, carica d’aspettativa.
-Dobbiamo rapire uno di loro e usarlo come cavia per trovare il modo di farli tornare normali.-
Sbuffai. –Non è così difficile rapire un umano.-
Lei alzò gli occhi al cielo. –Pensavo fosse ovvio, dobbiamo rapire un Saiyan. I poteri di Baby non sono tutti uguali. Più forte è il corpo che lo ospita più forte diventa lui. Quindi, se trovassimo un umano e lo rapissimo e, sempre se riuscissimo a trovare la cura, questa non basterebbe per un Saiyan, e saremmo di nuovo punto e a capo.-
Annuì.
-Ma se riuscissimo a prendere un Saiyan, e a trovare una cura abbastanza efficace per il suo “problema”, avremmo certamente più alleati. In quel modo potremmo provare ad imprigionare Baby e fargli prendere la cura, libereremmo Vegeta e a quel punto togliere di mezzo quell’alieno dalla faccia di questo pianeta non sarebbe poi così difficile. Potremo rifarci una vita.-
-Credo d’aver capito. Ma quale Saiyan dovremmo rapire? In ordine di forza, è mio padre il guerriero più potente, subito dopo Vegeta ovviamente.-
La vidi scuotere la testa. –Lui è troppo forte per noi, le scelte quindi ricadono direttamente su Trunks o Goten.-
-Non ci conviene prendere Trunks, è pur sempre il figlio di Baby, però più alleati abbiamo meglio è, quindi io consiglierei di prenderli entrambi.- S’intromise C-17.
-Ma una volta presi, come li intrappoliamo.- chiese Uub, sempre più curioso.
I gemelli risero.
Una risata bassa e molto, molto, inquietante.
-Siamo pur sempre in parte macchine. Possiamo costruire, a partire dal nulla, macchinari molto sofisticate, che, in certe occasioni, potrebbero sostituire la forza fisica.- dissero all’unisono.
Ok, quei due avevano certamente qualcosa che non andava.
-Uub, hai ancora quella casa?- chiese C-17 divertito dalla mia espressione terrorizzata.
-Certo!- disse lui prendendo una capsula oplà dalla tasca della tuta, per poi azionarla.
Con un sonoro Bang, apparve la nuova dimora.

 

Angolo dell’autrice.
Innanzi tutto, mi vorrei scusare per il ritardo.
Ringrazio nuovamente chi recensisce, chi legge e chi ha messo la storia in una delle tre liste.
VI aspetto al prossimo capitolo!

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Capitolo 12
*** Fallimento per metà ***


I giorni si susseguirono, uno dopo l’altro, incessantemente.
L’ultima notte passò in fretta.
Mi svegliai con un gran mal di testa e col pensiero di quello che stavamo per fare.
Camminai faticosamente verso la porta del bagno della mia camera e l’aprii diretta verso la doccia, avevo bisogno di essere più lucida, volevo recuperare le forze il prima possibile.
L’acqua lavò via, momentaneamente, le mie preoccupazioni, ma non il dolore fisico che pativo in quel momento.
Era stato un mese durissimo,  diciotto ore d’allenamento al giorno.
Guardai il mio corpo riflesso nell’enorme e lussuoso specchio della stanza.; le braccia erano ricoperte da vari lividi e graffi, mentre l’addome appariva leggermente violaceo.
Scossi la testa e cominciai a vestirmi, quei segni mi sarebbero passati nell’arco di poche ore.
-Hey bellezza!- esclamò una voce dietro di me.
Mi voltai, rossa in viso, verso C-17 che mi guardava con un sorriso da ragazzino sul viso.
-Esci subito di qui!- Gli urlai.
-E’ un’ora che sei nel bagno e questo è l’unico della casa! Sbrigati!-
Fregandomene delle sue parole  essendo in biancheria intima, gli lanciai la prima cosa che trovai (una spazzola, all’apparenza molto costosa) e riuscì a farlo uscire.
-Idiota.- Sussurrai.

 
-Per fortuna sei riuscita a venir a tavola. Pensavo che dovessimo chiamare i pompieri per farti venir fuori!- disse C-17 calmo, seduto sulla sedia della cucina a fissarmi.
Non vi badai e mi sedetti sulla sedia opposta, vicino ad Uub.
-Cosa dobbiamo fare?- gli  chiesi poggiando il gomito sul tavolo e il viso sulla mano.
Lui serio mi rispose. –Tu sei una ricercata, quindi potresti avvicinarti il più possibile a lui, come se cercassi di farlo tornare normale. E questo è il piano per quanto riguarda tuo zio, ovviamente, dopo dovrai cercare di attirarlo il più vicino possibile alla foresta.-
Annuì.
-Oggi è il suo turno lavorativo, quind…-
-Come fate a sapere cosa farà?-
-C-17 fa il doppio gioco, finge di essere amico loro.-
-Capito. Sarò l’esca, giusto?-
Tutti e tre annuirono.
-Ma non si esce a stomaco vuoto.- disse C-18 ponendomi una tazza di latte con i cereali di fronte.
La guardai sbalordita, non mi aspettavo un gesto del genere da lei.
-Ho cinquant’anni, sono una madre, avrò imparato a badare a degli adolescenti.- disse, arrossendo lievemente, cercando di mantenere la solita espressione fredda e assente.
Mai l’avevo vista mostrare il suo lato umano, nemmeno quando ero in compagnia di sua figlia, ma in quel momento capii che, forse, l’avevo giudicata male.

 
La foresta alle mie spalle, la grande città di fronte a me.
Stavo per lasciare il luogo che, per un mese, mi aveva ospitata e fatta diventare più forte.
Guardai i miei tre “amici” nascosti sugli alberi.
Quello era il punto dove avrei dovuto attirare Goten.
Cominciai a camminare, seguendo le istruzioni che mi aveva dato C-18.
Con l’impermeabile in una giornata di sole non passavo di certo inosservata, ma gli occhiali scuri celavano il colore dei miei occhi e impedivano agli Tsufuro di riconoscermi.
Camminando tra le strade affollate mi resi conto di come i terrestri erano cambiati.
C’era molta gente, ma non una parola veniva detta ad alta voce, anche il più leggero passo era perfettamente udibile, persino il motore delle nuove automobili, silenziosissimo, poteva essere, aguzzando un po’ l’udito, sentito perfettamente.
Non sarebbe stato facile fuggire portandomi dietro Goten.
Il grande ristorante della città sorgeva nel bel mezzo della piazza centrale, ma quel punto era a dir poco deserto.
Continuai a fissare lo strano comportamento degli uomini e delle donne.
Non uno osava oziare, tutti mantenevano la stessa velocità nel passo, persino gli studenti, senza l’ombra del riso sul volto, avanzavano seri e composti.
Spostai lo sguardo sul ristorante, dove il Saiyan lavorava come primo cuoco.
Nessuno conosceva le origini di quel ragazzo, o almeno, così mi aveva detto C-17. Sarebbe stato una vergogna, per il proprietario del locale, avere un essere d’origine immonda nel proprio edificio.
Aprii la porta ed entrai.
Mi diressi verso le cucine e sospirai quando vidi che esse davano ad una porta sul retro.
-Che ci fai qui?-
L’avevo sentito arrivare anche se la sua aura era azzerata.
-Non voglio che la spazzatura entri nel mio locale,- si bloccò per poi riprendere a parlare -ma  a pensarci meglio è un bene che tu sia qui…- aggiunse con un ghigno. -Se ti porterò al padrone gli affari andranno più che bene.-
Restai immobile, la paura mi aveva immobilizzato.
Vedere il mio zio adorato ridotto in quel modo, guardarmi come se fossi un insetto ributtante, con gli occhi che lanciavano accuse insensate, era come un pugno allo stomaco.
-Sai, sei una vergogna per mio fratello. Lui non passa giorno senza pensare a te, non lo dimostra ma lo fa, però un’idea assai curiosa mi sta venendo in testa.- Il terrore mi mozzò il respiro.
-Zio- tentai.
-Non mi chiamare in quel modo! Non ho alcun legame con te, essere!-
Restai di sasso.
Mi aveva chiamato essere?
In un’altra situazione avrei cominciato a ridergli in faccia, ma in quel momento, quelle parole mi ferirono in modo incredibile, non sapevo più nemmeno come rispondergli.
-Ah, ma chi abbiamo qui? Sai Goten, ho sempre pensato che fai entrare troppa rogna nel tuo locale.-
La voce scherzosa di Trunks giunse al mio orecchio fredda e tagliente.
Ero in trappola.
Potevo trasformarmi, ma non avevo uno straccio di possibilità con quei due messi assieme e, inoltre, non riuscivo ancora a muovermi.
Mi sembrava che i loro sguardi fossero un tutt’uno, un misto di rabbia e di ribrezzo che si riversava su di me imprigionandomi nel mio stesso corpo.
Cosa aveva fatto loro quel mostro? Li aveva fatti diventare nient’altro che un guscio forse?
No, no. Questo non era impossibile, non si poteva annullare la vita così.
Loro dovevano esserci, sì, di questo ne ero sicura.
Forse stavano combattendo, come me, all’interno del proprio corpo per risvegliarsi da quella sorta d’incantesimo.
Ma questi pensieri se ne andarono quando Trunks si avvicinò e mi strinse il collo in una morsa sbattendomi contro il muro.

 
-Ma cosa sta facendo? Perché ci mette tanto?- Uub guardava a destra e sinistra, in cerca della sua amica.
-Sta calmo Uub, è in ritardo di soli cinque minuti, non fare sciocchezze.- sussurrò C-18.
-Non credo proprio, non intendo aspettare un secondo di più.-
Con un balzo scese dell’albero e superò il confine delimitato dagli alberi.
-NO Uub! Manderai tutto all’aria!- disse C-17, glaciale.
Ma ormai era troppo tardi, il ragazzo stava aprendo uno squarcio nell’aria e vi entrò.
-Ha rivelato la nostra posizione.- disse la donna.
-Lo so, è un’idiota! Togliamoci di qui!-

 
Sentivo la presa ferra di Trunks attorno al mio collo, sentivo il respiro venir meno, sentivo la vita a poco a poco lasciarmi.
Non ce l’avrei fatta, non avrei riportato tutto alla normalità.
Stavo per far scendere una lacrima, ma la risata dei due me lo impedì.
Non avrei dato loro quella soddisfazione.
Guardai negli occhi il mio assassino, lui mi guardò a sua volta.
Un lampo e un altro ancora.
Lasciò la presa inginocchiandosi, portandosi le mani alla testa e urlando.
I suoi occhi, i suoi occhi erano blu!
O meglio, lo erano stati per pochi attimi!
Forse non tutto era perduto.
Evitai il pugno di Goten, che, inutilmente, fendette l’aria a pochi centimetri dal mio volto.
Mi abbassai per rispondere con un calcio all’addome, ma a quel punto Goten era già sul pavimento di marmo svenuto, mentre Trunks continuava a gridare, steso a terra.
-UUB!- gridai dal sollievo.
-Andiamocene.- Disse lui atono, prendendo per il colletto della camicia i due Saiyan e aprendo un altro squarcio.

 
Ci ritrovammo in casa, dove già vi erano i due Cyborg.
-Avete preparato tutto?- Chiese Uub.
Loro annuirono e dissero all’unisono. –Uscite fuori.-
Quel clima così freddo mi mise addosso un po’ d’ansia.
All’esterno vi erano due tavoli di metallo.
-Presto, stendete Trunks su quel letto e agganciatelo.- disse C-17 a Uub e C-18.
Uscì una siringa, a prima vista mi sembrò di metallo e la conficcò violentemente nel collo di Trunks.
Lui ebbe un sussulto.
Sbatté un paio di volte le palpebre e poi tacque.
-TRUNKS!- urlai correndo verso di lui e scuotendolo dalle spalle.
-Portala via C-17- disse la sorella mentre cercavo di far riprendere conoscenza al lillà. –Io e Uub bastiamo, portala in casa.-
Due braccia forti mi cinsero la vita e in un millesimo di secondo mi ritrovai nella mia camera.
Cercavo di divincolarmi, di liberarmi da quella presa ferrea,ma il piano andato in frantumi mi aveva tolto ogni voglia di combattere.
Restai immobile, premuta contro il petto del mio carceriere.
Lui mi sorprese.
Mise una mano sui miei capelli e con l’altra asciugò le lacrime che, senza che me ne fossi accorta, avevano preso a scorrere.
Alzai il viso verso di lui e mi sentii avvampare.
Lo avevo visto irritato, arrogante, divertito, ma mai in quel modo.
Era serio, attento e incredibilmente bello.
Avvicinò il suo volto al mio e posò le sue labbra sulle mie.
Non fu un bacio casto, presto la sua lingua s’intrecciò alla mia e il mio corpo si strinse al suo, ma  un lampo s'insinuò nella mia mente e mi fece rinsavire da quell’oblio.
Resami conto di ciò che stavo facendo mi staccai da lui e rieccolo, quel sorriso arrogante sul viso da ventenne.
Mi voltai e mi diressi verso il bagno, sbattendogli la porta in faccia.

 Angolo dell’autrice
Prima di tutto, mi scuso per il ritardo (un’altra volta) ma il fatto è che ho lavorato di più su questo nuovo capitolo.
Spero di cuore che vi piaccia!
Ringrazio di cuore tutti coloro che continuano a seguire la mia storia e a chi recensisce.
A prestissimo!!

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Capitolo 13
*** Acqua ***


Non volevo uscire da quella stanza.
Mi sembrava che il letto fosse la mia ancora di salvezza, il luogo dove nessuno mi avrebbe mai potuta trovare, il luogo perfetto per rifugiarsi.
Preoccupata dalle urla dei due mezzosangue, non ero riuscita a dormire quella notte.
Mi sembrava di poter sentire le siringhe perforare le loro carni e il siero bruciare all’interno dei loro organi.
Certo, non sapevo l’effetto che quel farmaco ideato dai Cyborg avesse su di loro, ma le loro grida facevano supporre molte cose…
Inoltre, non volevo osare mettere il piede fuori dalla mia camera.
Non sarei riuscita ad incrociare né lo sguardo di Uub né quello di C-17 e l’unica donna in casa avrebbe certamente notato questo mio nuovo atteggiamento.
Mi alzai.
Non mi sarei mai fatta vedere titubante, insicura o imbarazzata.
-Oh, ma a chi voglio darla  bere!- esclamai tra me e me, provavo quelle tre emozioni tutte insieme.
Mi diressi verso la porta d’uscita, poi verso il letto e di nuovo verso la porta.
Da un paio d’ore non sentivo più nulla e allora la preoccupazione che provavo verso mio zio e il mio... migliore amico presero il sopravvento.
Uscì dalla stanza in pigiama, non me ne fregava niente del mio aspetto, e mi diressi a passo di marcia verso la porta d’uscita.
Ma una voce femminile mi fermò.
-Siamo qui!-
Raggiunsi la cucina di corsa e mi gettai a capofitto tra le braccia aperte di mio zio.
Lui mi strinse a se, e a quel punto non riuscì più a trattenere le lacrime di gioia.
-Zio, zio, zio!!!-
Lui rise e mi fece posare la testa sulle muscolose spalle.
-Non sai quanto mi sei mancata in questi sei anni.- Disse sincero.
Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare da lui, come faceva anni fa contro il mio volere, quando ero solo una bambina.
- Haya Pan, lasciami, ti voglio bene ma sono tutto indolenzito grazie alle mani poco delicate della donna e dell’uomo di ferro.-
-Per non parlare dell’indigeno!- Lo interruppe Trunks beccandosi un pugno da parte di Uub sul braccio. –Mi hai fatto male!-
Li guardai, non ci voleva molto a capire il perché.
Lì, dove i vari aghi avevano fatto il loro lavoro vi erano dei grossi segni.
I Saiyan erano a petto nudo, ogni singolo muscolo era ricoperto da grosse chiazze violacee tendenti al nero.
Mi avvicinai a Trunks e passai la mano su quelle ferite ancora aperte, lui sussultò a quel contatto, ma non disse nulla.
Sprofondai nel blu dei suoi occhi e lui sembrò ricambiare il mio sguardo.
Quanto mi era mancato? Fin troppo per essere un amico come tanti altri
-Hem, Hem.- Uub si schiarì la voce e mi fece ritornare alla realtà e alla lucidità, mi afferrò il polso e mi trascinò verso di lui.
Non dissi niente, mi limitai a guardarlo male, mi rispose con un sorriso sornione.
Vidi C-17 nascondere un sorriso e C-18 distogliere lo sguardo, Goten era arrossito visibilmente e Trunks aveva lo sguardo fisso a terra.
- D’accordo. Qual è la prossima mossa?- Dissi, nel tentativo di eliminare quel momento a dir poco imbarazzante.
C-18 trascinò verso di se una sedia e si sedette. -Dobbiamo prendere Gohan e poi tentare un attacco al palazzo.-
-Ma non è rischioso?- Chiese Trunks titubante.
-Non intendo certo attaccare ora! Baby sarà all’erta. Suo figlio è appena scomparso.-
-Ah, credo che passeranno un paio di giorni prima che lui si preoccupi.- Disse Uub.
-No, non è così.- C-17 fissò i suoi occhi di ghiaccio in quelli corvini del ragazzo, come per rimproverarlo. –Gli Tsufuro non si comportano come gli umani. Hanno delle regole di vita ben precise. Se domani Trunks avrebbe dovuto pranzare con i suoi, si sarebbe dovuto trovare a casa in quel preciso orario. Sono strettamente ferrei nelle regole, del tutto rigidi, non accettano un minimo comportamento sbagliato, pena la morte. Piuttosto ragazzi.- Disse rivolto a Goten e Trunks. -Ricordate niente?-
Vidi i ragazzi abbassare la testa e guardare il pavimento.
Si vergognavano.
-Noi non avevamo il controllo di noi.- Iniziò a raccontare Goten. –Era come se qualcuno ci avesse relegato in un angolo della nostra stessa mente. Potevamo vedere ogni cosa, persino l’interno del nostro corpo, l’intruso stesso. E’ stata un’esperienza orribile. Mi dispiace Pan. Mi dispiace per tutto.-
-Non è stata colpa tua.-
-Do pienamente ragione a Goten. Il nostro volere era annullato. Più tentavamo di combattere più quella cosa diventava forte. E’ stato molto più facile arrendersi.- Disse Trunks percosso da un brivido.
Cadde un altro silenzio imbarazzante.
-Presumo di si, quindi, ricordate.- Concluse C-17.
-Bene, quindi, che si fa?-
-Semplice, altri allenamenti.- Annunciò la donna. –Dureranno altri due mesi, nei quali dovremmo convivere il più pacificamente possibile. Stanno cominciando a scarseggiare dei viveri...-
Un pensiero improvviso mi portò a parlare a C-18.
-Senti, ma Crilin e Marron dove pensano che tu sia?-
Lei chiuse gli occhi, avevo colto nel segno. Se gli Tsufuro erano così inflessibili riguardo le regole, perché lei era così tranquilla?
-Ho inscenato la mia morte.-
-Come?-
-Ho fatto finta d’autodistruggermi. Pensano che io sia morta. La mia tomba giace su un isolotto, simile a quello in cui vivevamo sulla Terra.-
-Ma Crilin non aveva tolto la bomba? Non avrebbe potuto capire che era tutta una falsa?.-
- E’ vero- confermò lei. –Ma posso sempre usare a pieno i miei poteri.-
-E perché lo avresti fatto?-
-Ho fatto credere loro che fossi diventata pazza.-
Tutto tacque, non faci altre domande. Il dolore di lei mi folgorò e preferì restare in silenzio.
- D’accordo.- Disse C-17 allegro. –Chi viene con me a prendere dell’acqua?-
Si beccò quattro paia d’occhiatacce, ma la sorella sorrise.
-Credo che i ragazzi siano stanchi. Perché non vai tu con lui, Pan?-
Volevo mettermi ad urlare che non volevo andare con un’idiota pieno di se a prendere l’acqua quando quest’ultimo avrebbe potuto trascinare un’intera diga in casa, ma allo stesso tempo non volevo dare a vedere nessun comportamento strano.
-Ok.-
Ma perché capitavano tutte a me?



Angolo dell’autrice
Ecco un nuovo capitolo.
E così anche i due mezzosangue sono entrati a far parte dei non infetti.
Cosa succederà nel prossimo capitolo?
Cercherò di non mettere troppo romance in questa fanfiction a mio parere già troppo sdolcinata e di dare un po’ più spazio all’azione che presto si vedrà nei combattimenti.
Se vi va potreste dare un’occhiata a questa mia nuova One-shot riguardante la coppia Goku /Chichi http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1052641&i=1
J
Consigli e suggerimenti, ma anche critiche, sono sempre ben accetti.
Ritorno a ringraziare tutti coloro che leggono, recensiscono o che mettono la storia in una delle tre liste.
A presto!

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Capitolo 14
*** Verità ***


-Non possiamo volare?-
Avanzavamo da ore ormai nella fitta boscaglia e non vi era la minima goccia d’acqua.
Inizialmente pensavo che l’androide volesse andare alla ricerca di una sorgente, ma più il tempo passava, più ci allontanavamo dalla radura nella quale si trovava la nostra casa e con essa, la nostra possibilità di trovare la materia prima.
-Sì, credo che qui possa andare.-
-Ma cosa stai dicendo? Non vedi che questo è solo uno spiazzo! Niente rocce, umidità quasi del tutto nulla. Cosa vorresti trovare qui?-
Guardai il volto freddo e calcolatore della macchina e quando i raggi del sole, rossi come il sangue, si fecero spazio tra i suoi lineamenti perfetti, la sua risata mi lasciò immobile.
Si avvicinò a me e mi afferrò i polsi, impedendomi l’utilizzo delle braccia.
Cominciò a stringere e il dolore si propagò dalle mie braccia in tutto il corpo.
-MI FAI MALE!- Urlai, trasformandomi in una Super Saiyan.
MI allontanai da lui di cinque passi e mi misi in posizione di difesa.
Lui restò immobile, con la testa di lato, gli occhi che squadravano ogni mio movimento.
-Davvero credevi.- Disse avvicinandosi, spostando la testa prima a destra e poi a sinistra. –Che avrei mai potuto provare qualcosa per te?- Sul viso si dipinse un’espressione disgustata. –Quando io stesso sono stato usato per togliere di mezzo il sangue che ti ha creato?-
Indietreggiai di un altro passo, sentivo il pericolo che, lento e sinuoso, si stava avvicinando sempre più.
-Sei solo una stupida ragazzina. Una ventenne che dovrebbe decidersi a crescere.- Si fermò per lanciare altre risa ad una me del tutto presa alla sprovvista.
-Ma guardati! Una degli ultimi esponenti della razza Saiyan. Ma come sei forte! Occhi azzurri e capelli biondi. Sai, potrei essere anche io come te, dovrei andare solo dal parrucchiere. Quella trasformazione è del tutto inutile contro di me, o C-18. Mia sorella ruppe il braccio di Vegeta con una sola mossa. Un calcio ben assestato e il principino si è messo a urlare di dolore.-
Il terrore s’impadronì di me, se quello che stava dicendo fosse stato vero, non avrei avuto la minima possibilità di uscire da quella situazione.
Che stupida che ero stata.
Una lieve esitazione, una minima distrazione e il pugno di C-17 mi scaraventò contro l’albero più vicino, valeva a dire a venti metri di distanza.
Restai immobile per un secondo, era stato velocissimo.
Mi rialzai nuovamente e sentì il sapore metallico del sangue sulla lingua.
Sputai a terra e mi misi nuovamente in guardia, pronta a sferrare un attacco.
Non gliel’avrei data vinta così facilmente.
-Era tutta una falsa quindi?- Lui restò in silenzio. –Mesi e mesi ad allenarmi per poi uccidermi con le tue stesse mani. Sai, mi sembra che tutto ciò sia prettamente inutile.-
-Io? Uccidere te? Non lo penso minimamente! Ho finito di sporcarmi le mani con voi scimmioni.-
-Baby.- Sussurrai.
-Ah, non ci credo, lo hai capito? Non sei così stupida come pensavo.-
-Non è l’unica cosa in cui ti sbagliavi.-
Mi lanciai in volo verso di lui e con un calcio riuscì a colpirlo all’addome.
Restò in ginocchio a terra, tenendosi il ventre con le braccia.
-ADESSO BASTA! USCITE E PRENDETEVI VOI QUESTO IMPICCIO! LA MIA PARTE DELL’ACCORDO L’HO RISPETTATA, ORA SPETTA A VOI!-
-Non mi sembra che tu abbia rispettato l’intero accordo. Dov’è C-18?-
Lui sembrò non capire. –A…avevate detto che ci avreste lasciato in pace. Che io e C-18 avremmo potuto vivere le nostre vite senza nessuna vostra intromissione.-
-Abbiamo mentito.- Disse la voce uscendo dall’oscurità.
La luce investì i muscoli scolpiti di quel corpo perfetto e fece brillare quegli occhi vitrei dai quali scendevano, per ognuno, una singola linea rossa, segno della dominanza assoluta che Baby aveva sul principe dei Saiyan.
Anche gli altri guerrieri scesero in campo e vidi C-17 tentennare con il corpo proteso verso l’orizzonte, come a voler spiccare il volo e allontanarsi da quel luogo, dove stava per avvenire un omicidio.
-Non tradirò mai mia sorella.- Sputò in faccia all’alieno per poi fare quello che avevo immaginato, o almeno, tentare di fare quello che avevo immaginato.
A tre metri da terra venne trafitto da una lancia d’energia, non ebbi problemi a riconoscerla, di mio padre che rideva di fronte al tentavo vano del Cyborg di salvarsi.
Schizzi di sangue ricoprivano il terreno accanto al quale giaceva, morto, il corpo del traditore.
Perché avesse fatto tanto per me, sarebbe stato per sempre un mistero che io avrei sempre ignorato, ma non potevo pensare a lui ora.
Mi voltai verso i miei avversari.
Non erano in molti questa volta, vi erano solo i tre ultimi Saiyan.
Bra, la mia migliore amica, Gohan, mio padre, e Baby, la reincarnazione del diavolo.
-Ascoltami mocciosa.- Ordinò Baby. –Te lo chiederò una sola volta. Dov’è mio figlio? Dov’è Goten? Dov’è C-18?-
Gli risi in faccia, in segno di sfida.
Sapevo che non ero al suo livello, ma avevo deciso.
Basta comportarsi come una bambina, basta pensare che altri si sarebbero sacrificati per difendermi, basta comportarsi come un’umana.
Mi scagliai contro il mostro e riuscì a colpirlo in viso, graffiandolo e portando con me una piccola vittoria.
Inutile dire che con un colpo alla nuca riuscì ad addormentarmi e che, un attimo prima di svenire, non pensai ad Uub, il ragazzo che da poco avevo incontrato e che una sola volta aveva posato le sue labbra sulle mie facendomi sentire libera e normale, non pensai a mio zio che avevo da poco ritrovato per poi subito riperdere, ma pensai a Trunks, colui che, anche senza la cura dei Cyborg, si era fermato dall’uccidermi, colui che mi aveva protetta sin da quando ero bambina, anche sotto al controllo dello tsufuro, aveva cercato di farmi mancare dal fato di morte che in quel momento ero sicura, stava per colpirmi.

 
Il frastuono delle stoviglie rotte distrasse me, Goten e Uub dalla nostra conversazione.
Vidi C-18 crollare a terra e cominciare ad essere scossa da un lieve tremore.
Facile dire, che se fosse stato in un’altra situazione, quel suo inutile tentativo di rimanere indifferente e staccato, avrebbe fatto ridere chiunque.
Ma si vedeva che qualcosa non andava, si vedevano le lacrime che le scorrevano lungo le guance e si vedeva… l’ombra del pentimento forse?
-C-18, cos’è successo?- Cercavo di scuoterla, di farla parlare, ma ogni tentativo era vano.
Fu dopo tre minuti buoni che parlò.
-C-17- un nome –Morto- un verbo.
Con quelle due parole l’agitazione si fece largo in noi.
Persi il controllo di me –PAN, PAN! DOBBIAMO CERCARLA!-
-So io dov’è.- M’interruppe la bionda. –Al palazzo reale.-

Angolo dell’autrice
Ormai scusarsi per il ritardo sta diventando un abitudine, ma mi dispiace davvero tanto.
Questo ritardo è dovuto però al fatto che lavoro di più sui vari capitoli.
Una piccola recensione o critica è sempre ben accetta
J
A presto!

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Capitolo 15
*** Catene ***


Un brezza leggera soffiava sul corpo esanime del ragazzo che giaceva a terra, illuminato dai raggi del tramonto che, col passare del tempo, andavano a spegnersi, proprio come la vita di quell’uomo che sarebbe dovuta essere eterna.
Steso al suolo, C-17 pensava.
Com’era possibile che l’avessero seguito, senza però, sapere dove fosse nascosta casa loro? Possibile che li avessero trovati per caso? E se non fosse l’unico a fare il doppio gioco? Forse sua sorella avrebbe potuto…
No, no, questo era fuori discussione, non li avrebbe mai traditi, soprattutto in quel periodo che si stava affezionando così tanto a Pan.
Dal suo distacco forzato dalla figlia, aveva cominciato a vedere nella nipote del Saiyan di nome Goku un altro esserino di cui prendersi cura, da proteggere, da custodire gelosamente.
Sorrise amaramente.
Sua sorella, la donna di ghiaccio, C-18, era tutt altro di ciò che si presentava ad occhi estranei. Bellissima e dura all’esterno, insicura e delicata all’interno.
Lui non era così, C-17 era tutto d’un pezzo, così amava definirsi. Quello che appariva al di fuori, non era nient’altro che lo specchio del suo pensiero.
Tossì.
Era così che il grande guerriero avrebbe dovuto mettere fine ai suoi giorni! Ma no, che grande guerriero? Forse, un grande sbruffone, ecco cos’era.
Strinse i denti, mentre un’altra fitta lancinante si propagò dall’addome al bacino, fino agli arti inferiori, vide le macchie di sangue accanto alla sua testa e si irrigidì.
Quelle erano le prove che lui non era una macchina, ma un umano, un essere che, secondo la pazzia del dottor Gelo, era stato perfezionato in un equilibrio tra circuiti e carne.
Niente di più, niente di meno.
Ma cosa stava pensando? Sicuramente stava delirando, era la morte che, spietata e crudele, gli metteva in mente parole non sue.
Degli occhi corvini gli vennero in mente e un’altra fitta gli si propagò nello stomaco.
Non sapeva perché aveva agito in quel modo.
Un’assurda convinzione gli era balenata in mente quando erano stati accerchiati da quei mostri, quella convinzione gli diceva che se avesse continuato a recitare una parte, che non sarebbe mai esser potuta capire da altri esseri al di fuori di lui, sarebbe riuscito a far distogliere l’attenzione da Pan e attirarla tutta su di lui, in fondo, era sempre stato bravo a dare spettacolo.
Invece il suo piano geniale non aveva sortito effetto.
Sperava che avrebbe avuto l’occasione di alzarsi in volo per farsi inseguire dagli Tsufuro, ma visti i risultati, sarebbe stato molto meglio se avesse adottato un’altra tecnica; ed ora si trovava lì, inerme e morente, impossibilitato nel reagire a qualunque attacco.
-Eccolo!- Disse una voce bassa e roca, sicuramente quella di Uub.
-Giuro che se c’entra qualcosa nel rapimento di Pan lo ammazzo!- Continuarono Trunks e Goten all’unisono.
L’unica persona silenziosa al suo fianco era colei che desiderava ardentemente.
La sua mano gli carezzò il viso, mentre l’altra era occupata a cercare in una borsa un ortaggio, un fagiolo.
Il cuore gli saltò in gola quando lo vide, avrebbe potuto mettersi in salvo, ma già sentiva il freddo…
Si stupì.
No, non il freddo, ma il calore.
Ad un tratto non era più tanto sicuro di voler continuare quella vita fatta da inganni e tradimenti, da false speranze e dalla solitudine e serrò le labbra quando la sorella vi adagiò su quell’alimento.
-Ti prego.- Lo implorò con voce tremante. –Non lasciarmi anche tu!-
Aprì gli occhi e vide, per la prima volta, quelli della sorella ricolmi di lacrime, bastò quello a fargli cambiare idea e a schiudere dolcemente le labbra per accettare l’offerta di vita di C-18.
Approfittò di quel momento, l’attimo tra la vita e la morte che ancora non gli permetteva di ragionare del tutto, e le disse “Sei bellissima”
I raggi del sole, ormai quasi del tutto scomparsi, davano alla pelle perfetta di lei, non un colorito glaciale ed artico, ma un colore del tutto nuovo per lui, che mai aveva notato sulla sorella.
Il colorito della felicità, della gioia, il sorriso che sempre le aveva voluto segretamente regalare, ma che mai c’era riuscito per l’eccessivo orgoglio.
-Ok, la riunione di famiglia è finita!- Disse Trunks tremante ed agitato. –Dove sono? Lo sai?-
-Lo sappiamo- risposero i gemelli, nello stesso modo atoni e in quietanti. –Andiamo.-
-C-18, ferma!- Disse Goten poggiando una mano sulla spalla della ragazza. –Come sapevi che C-17 era qui e cosa stava facendo?- Chiese serio, desideroso di avere una risposta immediata per tornare a cercare la nipote.
-Abbiamo un cellulare impiantato nella testa, possiamo definirlo così.- Disse la donna ritornata al suo consueto comportamento e dirigendosi verso ovest seguita dai quattro uomini.


Buio.
Perché c’era così buio?
Non uno spiraglio di luce s’intravedeva in quel luogo, non permetteva neanche il sentimento della speranza, mi sembrava che quelle tenebre bloccassero quel sentimento e quando sentì lo scricchiolio di una porta alla mia destra, non alzai lo sguardo.
-Vieni, vieni a vedere la tua sorellina!- Disse Gohan in una cantilena.
Le catene che mi avvolgevano i polsi e le caviglie erano irremovibili e pesanti e mi trascinavano giù, in un oblio senza fine.
La luce inondò la stanza, ma era solo artificiale, quella di una misera lampadina che, di certo, non riaccendeva in me alcun sentimento.
-Perché ha quelle catene? E la coda?-
La voce del bambino sembrava lontana anni luce, ma man mano la consapevolezza delle persone che si stavano avvicinando a me cominciò a farsi sempre più verosimile, tangibile.
Una manina candida mi toccò la guancia e mi fece risvegliare da quello stato, simile al coma, in cui ero caduta.
Un sorriso accecante, a trentadue piccoli e candidi dentini, mi diede la forza di rialzarmi dal pavimento nel quale giacevo e di dare un’occhiata attorno a me.
La stanza era dipinta di un placido grigio, anzi, non placido, ma noioso, sfarzosi erano i divani rossi che ricoprivano la parte della stanza alla mia sinistra e il grande armadio con il letto a baldacchino avrebbe fatto girare la testa a chiunque ragazza non avesse in testa lotta e combattimenti.
-Il mio papà ha detto che tu sei la mia sorellina.- Continuò il bambino. –Ma non capisco il perché tu abbia la coda!? Me lo puoi dire?-
Gli sorrisi, nonostante tutto, per quanto folle potesse sembrare, ero felice di stare lì e parlare con il mio fratellino.
-Perché sono una Saiyan.- Dissi orgogliosa gonfiando il petto. –E lo sei anche tu piccolo mio!- Gli sorrisi.
-Ancora per poco.- S’intromise mio padre.
-Questo è quello che pensi tu Tsufuro!-
Altri passi ed una nuova presenza si fece largo nella camera.
Sembrava che stesse piangendo, ma presto mi accorsi che quelle non erano lacrime, ma un liquido denso e grigio che continuava a riversarsi dagli occhi lattei di Baby.
Il bambino si nascose dietro al mio braccio e io lo coprì del tutto con la mia figura.
-Non ti lascerò prendere anche lui!- Urlai.

 

 

Angolo dell’autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo che, spero vivamente vi sia piaciuto!
Ringrazio tutti coloro che recensiscono e che mettono in una delle tre liste la storia J
Grazie!

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Capitolo 16
*** Occhi ***


La donna avanzò nella fioca luce della stanza e presto arrivò al suo obiettivo.
Posò le delicate mani sulla fronte dell’amato, delineandone i rigidi lineamenti per poi passare agli occhi, la sua parte preferita di quel viso perfetto, carezzo le palpebre coperte dalla peluria rossa con i pollici, attraverso quel lieve contatto, poteva sentire le pupille coperte muoversi spasmodicamente, cercando di liberarsi da quel sonno forzato. Le carezze scesero ancora, fino ad arrivare alle scarne guance, lievemente rosate a causa del sangue che circolava libero all’interno dell’uomo, esso non avrebbe mai cessato di scorrere, arrivò fino alle labbra che, alzandosi in punta di piedi, baciò superficialmente.
Si separò dopo breve tempo e spostò le mani sul collo, sempre scendendo, fino ad arrivare al cuore che, forte e impetuoso, batteva allo stesso modo del suo.
Strinse la presa e presto, la candida mano si ritrovò sporca del sangue scaturito dal graffio profondo, una ferita superficiale che non tardò molto a rimarginarsi.
Serrò i pugni e colpì ripetutamente Son Goku che, immobilizzato e sedato, era imprigionato in una scatola, o almeno, così la chiamava lei.
Si divertiva vedere il Saiyan più forte dell’universo inerme dinnanzi al suo cospetto, serrò la bocca carnosa, inerme di fronte a chiunque.
Imprigionato nel tempo, imprigionato nello spazio, imprigionato nel suo stesso corpo.
Come gli eroi del tempo passato, anche lui era destinato a fare una brutta fine.
Questo pensiero portò la donna a ridere come una pazza per poi fermarsi e far scendere una lacrima, a quel punto si arrabbiò con l’essere umana che ancora non cessava di lottare, non si arrendeva, ma stringeva i denti e combatteva per aver la meglio su di lei e liberare quel Saiyan da quella maledizione.
Chichi riprese a ridere, se Bulma fosse nata in un’epoca lontana avrebbe potuto rivestire perfettamente i panni di una strega.
Era riuscita in cui molti altri avevano fallito, fermare Goku, toglierlo dai giochi, farlo uscire di scena con un’azione che più tecnologica sembrava essere stata compiuta con la magia nera, come nelle favole, il bel principe era stato costretto ad un sonno eterno.
Che ironia! Colei che aveva dato l’inizio alle avventure della terza classe vi aveva messo fine senza esitazione e tutto sotto richiesta del grande Baby, ma ancora non andava, no.
Quel nuovo mondo ancora era sporco, infetto della presenza dell’ultima Saiyan rimasta in vita, l’unica che Baby voleva assolutamente far fuori.
Aveva intaccato il suo viaggio molte volte insieme a Trunks e Goku, ma il principino si era arreso al suo volere e Goku era ormai imprigionato, rimaneva solo quella pulce, ma era già stata catturata, poteva avvertirne la presenza.
-E ora che la nostra cara nipotina raggiunga il luogo per cui tu ci hai lasciati.- Sussurrò all’orecchio di Goku, facendolo sussultare.
Questo  risultato non fece altro che far cogliere la donna da una nuova ondata d’ilarità che uscì dalla stanza piegata in due dalle risa, ignorante del fatto che quelle poche parole, dette così apertamente, avessero fatto aprire gli occhi dorati del Super Saiyan di quarto livello.

 
Altro sangue inondò la bocca di Pan che dovette sputare nuovamente a terra mentre altre mille scariche di pugni le colpivano l’addome, il torace e il volto.
Rise, non aveva la minima intenzione di tremare di fronte alla morte, all’alieno, al mostro.
-Continua.- Riuscì a dire con un sorriso beffardo, facendo scatenare l’ira di Baby che triplicò la potenza di ogni attacco, riducendo in fin di vita la ragazza che, determinata e caparbia, non aveva modificato l’espressione sul viso.
Lo tsufuro si avvicinò e l’alzò per il bavero della maglietta, ormai ridotta in brandelli.
Le voleva togliere quel sorriso dalla faccia, la voleva privare di quegli occhi azzurri e dei capelli biondi, aveva intenzione di levarle la vita stessa.
Con la mano creò una spera d’energia che puntò al torace della ragazza facendole capire che era la fine.
Lei chiuse gli occhi, finalmente aveva capito quello che Re Kaio aveva cercato di dirle mostrandole quelle immagini.
Le aveva fatto capire quanto duro fosse stato il destino per quella combriccola di Saiyan e Terrestri e di come loro lo avessero accettato, abbracciandolo e sacrificandosi per salvaguardare il futuro dell’intera umanità e capì che ci era riuscita, aveva perseguito il suo obiettivo, era riuscita a far ritornare normali due Saiyan, fortissimi e sicuri di sé e con loro vi era un Cyborg e la reincarnazione di Majin Bu.
Quei quattro insieme potevano fare tanto, presto avrebbero riportato alla realtà anche Gohan e Bra e a quel punto Baby sarebbe rimasto solo e, forse, vi era una possibilità di distruggerlo per sempre.
Sorrise ancora una volta e lacrime di gioia le rigarono il volto, sarebbe andato tutto bene, loro avrebbero continuato la sua missione, sarebbero riusciti quello che lei aveva iniziato, finalmente poteva dire d’esser riuscita a vivere un’avventura degna di una Saiyan.
Sentì il rumore della sfera che stava per esplodere, ma ormai non le importava, si era rassegnata a lasciare quel mondo, non lottava nemmeno più.
-Cosa fai, ti sei arresa finalmente?- Chiese Baby trionfante.
Lei aprì gli occhi e affermò. –No, non mi sono arresa, io- continuò scandendo le parole. –Ho vinto.-
Cadde l’ultima foglia dello sfoglio albero, infuriò il vento tra le desolate campagne e spento fu il canto degli uccelli.
Pan cadde a terra, trapassata nel torace dalla sfera assassina d’energia di Baby.
Restò al suolo e non si mosse più.
-PAAAAAAAAAN!-

 
Trunks era smanioso di raggiungere il palazzo, non si era reso conto della velocità con cui era riuscito a penetrare nella fortezza e, in quel momento, non si capacitava della scena straziante che si presentava sotto i loro occhi.
Urlò il nome della ragazza che amava, imitato dal suo migliore amico e da Uub, quando tacquero, un nuovo urlo riempì la sala, quello disperato e terrorizzante di Gohan che cadde in ginocchio, tenendosi la testa tra le mani, per poi riversare a terra litri di una materia grigia e fluida, riversatasi dalle orbite degli occhi e dalla bocca.
Il Saiyan tremò, stette a terra cinque secondi e poi si rialzò.
Gli occhi erano diventati del consueto corvino, ma questo solo per pochi secondi, imitato da Trunks e Goten, accrebbe la sua aura come mai aveva fatto in vita sua.
I capelli crebbero e s’imbiondirono mentre la loro forza aumentava a dismisura, gli occhi si fecero bianchi e solo dopo pochi secondi diventarono blu, nessuno dei tre aveva mai raggiunto quella trasformazione e in quel momento si sentivano come non mai.
Nei loro cuori non vi era altro che odio e voglia ardente di vendetta e l’avrebbero ottenuta, avrebbero ucciso quel verme schifoso che aveva osato far fuori una degli ultimi esponenti della razza Saiyan.
-C-18, puoi…- Stava per chiedere Gohan ma Uub lo interruppe.
-L’ha già presa.- Sussurrò.
-Va con lei.- Sussurrò in preda all’ira. –Vi raggiungiamo.-
-Vi raggiungiamo dite voi!- strillò Baby in preda alla follia pura. –E chi vi dirà che uscirete vivi di qui? Ho imprigionato Goku, posso fare lo stesso con voi.-
-Non credo proprio.- Dissero Goten e Trunks, distanziandosi di cinque passi.
-FU-SIO-NE-
Un lampo di luce assordante, Gotenks apparve di fronte agli occhi sbarrati dell’alieno.



Angolo dell’autrice
La prima parte di questo capitolo mi è stata ispirata da Pan17 di cui v’invito a leggere questa bellissima long-fic  Bisogna volere l’impossibile perché l’impossibile accada
Ringrazio nuovamente tutti coloro che continuano a recensire, leggere in silenzio, mettere in una delle tre liste, la mia storia.

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Capitolo 17
*** Libertà ***


Intense ondata di rabbia mi avvolgevano in una sorta di nebbia che m’impediva di vedere ogni cosa, di provare altro che non fosse odio, di sentire alcun bisogno se non quello della vendetta.
Piegai la testa all’indietro, lasciando che la trasformazione in super saiyan di terzo livello si facesse largo in me, così come aveva già fatto in mio fratello e nel suo miglior amico.
-Fu-sio-ne!-
Sentì solo vagamente l’invocazione di quella tecnica, i miei sensi erano concentrati sullo stesso punto, nel medesimo obiettivo, la morte dello tsufuro.
Pregustavo il sapore della vendetta che, lo sapevo, di li a poco mi avrebbe soddisfatto appieno, non cercavo altro.
Sorrisi e per la prima volta mi resi conto che stavo provando piacere nel pensare di far del male ad un essere vivente, la mia natura si stava facendo largo in me e io l’accettavo tranquillamente, per la prima in vita mia accettai d’essere una guscio che conteneva un mostro assassino, lo lasciai libero e i muscoli di tutto il mio corpo vennero percossi da spasmi involontari.
Vidi il mio avversario guardarmi dall’alto in basso, si credeva superiore, ma bene, glielo avrei lasciato credere ancora per poco, non sarebbe arrivato incolume alla fine di quella giornata, non ne sarebbe arrivato vivo.
Mi avvicinai di un passo, poi di un altro e di un altro ancora e strinsi in una morsa il suo collo, deciso a spezzarglielo.
Lui mi lasciò fare, si vedeva che non era per niente intimorito, ma quando triplicai la forza della presa lui sgranò gli occhi e mi afferrò i polsi, cominciando a stringere sempre più forte fino a costringermi di mollare la presa.
A quel punto ero io messo alle strette, non mi diedi per vinto, feci leva sulla presa e puntai i piedi contro il torace di Baby-Vegeta, ma questo non sortì alcun effetto, sempre sfruttando la morsa nella quale erano rinchiusi i miei polsi, portai i piedi a terra e riuscì a dare una testata allo tsufuro che indietreggiò di vari passi.
Lasciai aumentare man mano la mia aura, i cardini delle porte vibravano mentre i mattoni del palazzo producevano cupi scricchiolii, presto il castello sarebbe crollato sotto i colpi della battaglia che di lì a qualche secondo si sarebbe sprigionata.
La fronte dell’alieno era insanguinata, una goccia cadde su una guancia.
-TU!- urlò. –Scarto di figlio di una terza classe, come osi ferirmi?-
Si avventò su di me e, con un pugno in pieno viso, riuscì a spedirmi al di fuori del palazzo, distruggendo l’ala nord.
Mi faceva male la mascella, ma non m’importava, ero pronto ad andare nuovamente incontro al principe, ma la vista di Gotenks me lo impedì.
La lotta era diventata aerea.
Ora era lui a combattere e riusciva a colpire ripetutamente Baby che parava solo parte dei pugni e dei calci della fusione.
Mi unì alla lotta e presto lo tsufuro non fu più alla nostra altezza.
Un calcio all’altezza dell’addome lo atterrò e nel punto in cui precipitò si creò una vasta voragine.
-GOTENKS!- Urlai. –IL COLPO DI GRAZIA!-
-Ka…-
-Me...-
Ma mi fermai, Goten e Trunks non sembravano avere la minima intenzione di lanciare il colpo e non appena posai lo sguardo sull’alieno vidi che due minute figure vi erano vicine e cercavano di sorreggerlo.
-Mamma.-
-Gohan, piantala! Scendi immediatamente da lassù!-
Vidi Baby dissentire scuotendo la testa. –Non è più uno di noi.- Sussurrò.
Mia madre mi guardò con odio.
Il suo sguardo mi gelò sul posto, mai aveva riversato un sentimento del genere su di me.
-Uccidilo.- sussurrò a sua volta con una punta di stizza.
Non potevo lanciare nessuna sfera d’energia per eliminare quell’alieno, avrebbe prodotto un esplosione troppo forte e avrebbe ucciso le due donne.
-Non vedete quello che state facendo qui? Non capite che il male peggiore siete proprio voi?-
Una nuova voce aveva rotto il silenzio che si era venuto a creare, era quella di una pazza, o questo faceva intendere il tono discontinuo, deformato da alti e bassi della voce.
-Come credi sia stato essere sposata con un Saiyan, Gohan? Esseri inadatti al mondo in cui viviamo, molto più potenti, liberi da ogni forma di legge che c’è su questo pianeta. Non è proprio così? E’ vero, forse voi vi sarete abituati a vivere di pari passo con noi, ma infondo ci considerate sempre inferiori. Non è vero Baby? Tu sei nel corpo di Vegeta, puoi sentire cosa prova verso di noi, e non è forse ribrezzo?-
Un nuovo sentimento si fece spazio nella foschia di rabbia e desiderio di vendetta che mi circondava, dolore forse?
Possibile che Videl provasse veramente quei sentimenti? E questi erano nati prima o dopo la sua trasformazione in tsufuro?
-Cosa stai dicendo amore?-
Dissi scendendo a terra.
-Non avvicinarti! Credi che noi vogliamo la liberazione, ma Baby ha creato una società perfetta, con gente che ragiona solo logicamente, senza pensieri futili dettati dalla rabbia o dall’incoerenza tipica rispettivamente dei Saiyan e degli umani. Qui non c’è spazio per voi!-  Una piccola testolina si sporse da dietro la schiena di mia moglie -Cosa ci fa qui nostro figlio? E’ pericolo…- stavo per dire ma m’interruppi, gli aveva puntato alla gola un coltello.
-TI prego non fare sciocchezze!-
-Adesso basta!- Continuò lei guardandomi con occhi sgranati e con le pupille dilatate degli occhi rossi. –Vi siete riprodotti fin troppo in questo pianeta.-
Stava per ucciderlo, nostro figlio, il frutto del nostro amore.
-Non te lo permetterò!- Gridai, avevo già perso una figlia, non avevo intenzione di perdere anche mio figlio.
Un colpo energetico e un’altra fitta al mio cuore, Videl cadde lontana e priva di vita.
Lacrime copiose m’invasero gli occhi mentre prendevo mio figlio tra le braccia e mi rialzavo in volo.
-Siete dei mostri!- Urlò Chichi correndo verso il corpo della cognata, alla sua affermazione, lasciata in sospeso, Bulma continuò.
-Da quando Baby è diventato l’assoluto signore di questo pianeta, non vi sono più omicidi, la gente non muore più di fame, ogni cosa è basata sulla più stretta meritocrazia, voi Saiyan, siete solo dei mostri, questo non lo potete comprendere!- Si fermò e poi riprese. –Non capite che non c’è più bisogno di voi?-
Il vento spirò scompigliando i miei capelli e quelli del bambino che, terrorizzato, si stringeva a me, capendo poco e nulla di quello che stava succedendo.
-Andiamocene da qui.- Sussurrò Gotenks, dopo di che la fusione si sciolse.
Seguii mio fratello e Trunks.
Avevo ritrovato la mia libertà, ma a quale prezzo?

 

-Se ne sono andati, il piano ha funzionato. Per ora.- Disse Baby.
-Come sapevi che sarebbe successo tutto ciò?- Chiese Videl rialzandosi, indolenzita ma incolume e senza l'om,bra del rimorso sul viso, guardando il suo signore.
-Ho preso in considerazione vari possibili scenari futuri all’ascesa del mio potere.-
I quattro guardarono l’orizzonte, la battaglia non era finita, ma appena cominciata.

 
Angolo dell’autrice
In questo capitolo c’è qualcosa che non mi convince, no so cos’è ma lo vedo incompleto.
Se avete critiche o consigli da darmi, ormai lo sapete, sono sempre ben accetti :)
Vi ringrazio del vostro tempo e vi do appuntamento al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 18
*** Caos ***


Presto volare divenne impossibile, sentivo la mia aura diminuire di secondo in secondo ed il dolore farsi sempre più profondo e penetrante., cominciai a scendere di quota e questo fece preoccupare non poco Trunks e Goten che mi afferrarono per le spalle.
-Prendete Jack.- Dissi tutto d’un fiato e fu, con sorprendente velocità, che mi liberarono dal peso di mio figlio che, purtroppo, in quel momento non riuscivo a sostenere.
La velocità della discesa aumentò in pochi attimi mi ritrovai a terra, tremante e  sudato, cercando di mantenere l’autocontrollo che, come per burlarmi, si era nascosto, se dentro di me o in qualche parte lì, in quella foresta, non lo sapevo.
-Non manca molto.- Goten posò la sua mano sui miei capelli e li pettinò con le dita all’indietro, scoprendomi gli occhi e lasciando trasparire al mondo la mia sofferenza.
Avevo perso mia figlia, avevo ucciso mia moglie.
In quel momento sentii come se l’oscurità mi avesse circondato, trascinandomi in un luogo nel quale non vi era luce, gioia o tranquillità, ma solo il gelo, infinito e penetrante, che mi trapassava i polmoni, mi toglieva il respiro e, lentamente, mi faceva uscire di senno.
Mi nascosi il volto tra le mani, cercando inutilmente di sfuggire a quel distino che, onnipotente e deciso, mi aveva già preso sotto la sua ala.
Niente poteva raggiungermi, niente poteva toccarmi, niente poteva salvarmi.
-Papà-
Come un raggio di sole in un giorno di tempesta, quelle parole mi colpirono, la vocetta chiara, limpida e melodiosa del bambino mi avevano fatto risvegliare.
Aprì gli occhi per vedere quelli del mio Jack che, curiosi e sinceri, cercavano di capire il motivo delle mie lacrime. La fronte increspata da così tanto sforzo era quasi divertente insieme all’espressione concentrata che su quel viso appariva tanto sbagliata.
Aprì le braccia e l’infante, felice e sorridente, vi si accucciò; restammo così, per un periodo di tempo indefinito, nessuno parlò, persino il vento taceva, quasi volesse anch’esso rispettare quel silenzio così surreale in quel luogo dove la vita, pullulante e selvatica, non si fermava mai.
-Andiamo.- Sussurrò Trunks con la voce rotta e discontinua poco tempo dopo.
-Dove?- Chiesi.
I due mi sorrisero con le lacrime che rigavano i loro volti. –Nell’unico posto che possiamo definire casa.-
Tra singhiozzi sommessi e pacche sulla schiena i due amici mi raccontarono tutto quello che avevano vissuto nell’arco di pochi mesi e sospirai amaramente scoprendo che il loro risveglio era avvenuto molto prima del mio, forse, se fossi stato io al loro posto, la mia piccolina e mia moglie sarebbero state ancora vive.
Strinsi i denti e m’irrigidì per evitare altre lacrime, mio figlio percepì il cambiamento e strinse la presa attorno al mio collo.

 
-Quanto manca?- Dissi dopo parecchi minuti di marcia e di silenzio.
-Siamo arrivati.- Disse Trunks scostando delle larghe foglie e rivelando la radura che li aveva ospitati per lungo tempo.
-Certo che Uub e C-17 se la sono svignata in fretta.- Dissi avvertendo l’aura di Uub all’interno della casa, non si dava la pena neanche di nasconderla.
-Trunks, com’è possibile? Sento la sua aura!- Sussurrò Goten all’amico che si limitò a stringersi nelle spalle per poi aggiungere.
–Tutto quello che vorrei e sentirne un’altra.- A quelle parole i tre ripiombarono nel silenzio, ma quando l’odore penetrante del sangue giunse alle loro narici corsero verso la porta.

 
-Aprite!- L’urlo di Gohan giunse all’orecchio di C-18 come un suono sgradevole e fastidioso.
-C-17, me la posso cavare anche sola qui! Ormai abbiamo finito, va ad aprire!- Strillò isterica.
L’androide annuì e si diresse con passo incerto verso la porta, era terrorizzato, chissà cosa avrebbe fatto loro Gohan non appena avesse visto il loro operato.
Il fatto che già non avesse buttato giù la porta con la mano lo aveva un po’ rincuorato, stava a significare che aveva ancora un po’ d’autocontrollo dentro di se e che, forse, non avrebbe reagito d’impulso alla vista del corpo della figlia.
-Dov’è?- Chiese precipitandosi all’interno della casa.
-Al piano di sopra.- Si limitò a rispondere C-17 freddo, non dando la minima dimostrazione di ciò che gli si agitava dentro, sentiva che stava per dare di stomaco, però una cosa lo compiaceva in quel momento, era riuscito ad avere lo stesso temperamento della sorella.
I tre uomini entrarono in casa e seguirono l’androide fino nella camera in cui giaceva Pan.

 
Freddo, faceva così freddo.
Vedevo quello che mi accadeva attorno come se tutto fosse a rallentatore, anche quando C-18, insieme al fratello, mi aveva sollevata e cullata tra le braccia, sottraendomi a quella pozza di sangue, il mio sangue, nella quale ormai stavo morendo, e mi aveva portato in pochi attimi in una sorta di sala operatoria.
Che sciocca che ero stata, vedevo tutto così chiaramente ma non riconoscevo nulla di quello che mi passava davanti agli occhi, questo perché ero concentrata su ben altro.
Il significato della vita, la mia vita, e delle cose che avevo fatto. In quell’attimo di puro caos, avevo accettato la morte troppo stanca per andare avanti.
Sentivo le braccia di ella cingermi, pronta a trascinarmi in un luogo di pace eterna e tutto attorno a me si era fatto buio.
Si dice che una cosa non capiti mai due volte nello stesso modo, ma quando una nuova luce mi avvolse e mi apparve nuovamente Re Kaio non potei fare a meno di pensare che fosse sbagliato, sorridere e chiedergli, con una semplicità unica :-Sono morta?-
Rispose al mio sorriso e alla mia domanda. –Dipende da cosa vuoi fare. Posso darti un attimo di tempo e permetterti di continuare a lottare per la vita, per afferrarla ed avere un’altra occasione. La vuoi?-
Sapevo che il dolore sarebbe tornato, insieme ai mali che tanto mi avevano ferito in quei vent’anni, ma sentivo il mio istinto di Saiyan incitarmi continuare a combattere e sapevo che non avrei mai potuto ignorarlo, era questo il motivo per cui, tante volte, mio nonno era andato incontro alla morte, sfidandola sempre, e mai lo capii come in quel momento.
Continuai a sorridere al Dio, non aveva bisogno di una risposta data ad alta voce, tutto quello che mi disse fu :-Sono fiero di te!- E col suo solito modo di fare mi rispedì indietro.
Mi aspettavo il dolore, ma non così intenso! Quello era troppo! Volevo piangere, volevo urlare, volevo andare nel regno di pace in cui sarei sicuramente finita se non avessi scelto di tornare.
Scelto…
Quella parola mi fece ricordare ogni mia motivazione e quando sentì il fagiolo di Balzar scendermi in gola il dolore quasi cessò, ma non il freddo.
NO! Stavo morendo ugualmente! Ma perché!?
Un dolore acuto alla tempia, sentii il sangue scendermi in un rivolo da essa e coprire il mio occhio sinistro.
Ma cosa mi stava succedendo?
-Aiutatemi.- Riuscì a rantolare e poi tutti i miei sensi si spensero.

 
Posai l’orecchio all’altezza del cuore della mia amata e lo sentii battere.
Il sollievo mi pervase il cuore e i miei nervi tesi si rilassarono.
Mi abbandonai sulla sedia, continuando a tenere la testa sul cuore di lei e restai così per un po’, approfittando del momento in cui Gohan si era lasciato sopraffare dal sonno e aveva smesso, anche se per pochi minuti, di vegliare sulla figlia.
Era molto raro che restasse sola per più di un’ora, ognuno aspettava il suo risveglio per potersi accertare che ogni cosa fosse andata per il verso giusto, e così i momenti da solo con lei, addormentata, erano molto rari, per non parlare poi degli altri due spasimanti che non mi permettevano mai di avvicinarmi.
Restai ancora in quella posizione e presto sentii il torpore simile al sonno cominciare a pervadermi il corpo e la mente.
Stavo quasi per addormentarmi quando delle mani delicate presero a giocare con i miei capelli lillà.
-Sai Trunks, ho sempre adorato i tuoi capelli.-
La voce sinuosa di lei mi fece sussultare e arrossire per essere stato sorpreso nell’atto dell’ ascoltare il suono del suo cuore, ma quando alzai il viso verso di lei dimenticai l’imbarazzo e mi paralizzai di fronte al colore dei suoi occhi, azzurri.
L’azzurro metallico degli androidi.

 

 
Angolo dell’autrice

E così finisce un altro capitolo di questa storia.

Aggiornerò il più presto possibile e ringrazio davvero tanto voi che continuate a seguire, leggere e/o recensire la mia storia.

Grazie di cuore, alla prossima!

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Capitolo 19
*** Sguardo ***


Non avevo mai visto nulla del genere.
I lineamenti del suo viso erano come marcati da una lieve luce, le sopraciglia scure risaltavano su quegli occhi azzurri e creavano uno spettacolare gioco di colori, mentre le sue labbra, carnose e perfette, completavano il tutto.
Non potei fare a meno di pensare che fosse un angelo e non resistetti nell’allungare una mano verso quel viso, dalla bellezza quasi eterea, che riconoscevo a stento come quello di Pan.
Non che prima della trasformazione non fosse bella, quello lo era già, ma l’alone di mistero che la circondava mi trascinava verso di lei e, sentendo l’impulso d’approfondire quel contatto, posai le mie labbra sulle sue.
Restai scioccato dai miei movimenti insicuri e goffi, mai mi ero sentito in quel modo, con nessuna donna, ma, quando lei rispose al mio bacio, abbandonai ogni esitazione.
Con ardore le nostre lingue s’incrociarono e le mani cercavano qualcosa di più che il semplice volto dell’altro.
La dea dagli occhi dI ghiaccio mi sfilò la maglietta e prese ad accarezzarmi dolcemente la schiena e, percosso da un brivido di eccitazione, mi spostai su di lei e presi ad alzare lentamente la sua quando un urlo m’interruppe.
-Cosa diavolo state facendo!-
Gohan entrò come una furia nella stanza e la temperatura sembrò abbassarsi di mille gradi, si avvicinò a passo svelto e deciso verso di me e mi afferrò per il collo, trascinandomi sino alle mura opposte alla porta della stanza.
-Papà, lascialo!- Pan gridava dietro il Saiyan e fu a quel punto che riacquistò il lume della ragione.
MI resi conto che altre figure si accalcavano intorno alla porta e dalla distanza di Uub da quest’ultima capii che era stato lui ad entrare per primo nella stanza, certo, anche la sa espressione ferita e delusa ne era una prova, ma non gli avrei permesso di avere via libera con Pan, di questo ero sicuro.
Gohan aveva lasciato il mio collo e stava abbracciando stretto la figlia, come se non l’avesse voluta lasciare mai più.
Le lacrime di entrambi si univano in un tutt’uno e quando, con fare gioioso e allegro, il piccolino di casa entrò, si fece stringere dalle braccia forti del padre e della sorella.
In quel momento ebbi un tuffo al cuore, mio padre, mia madre e Bra...
Abbassai lo sguardo e uscii dalla stanza per dirigermi verso la cucina.
-Come stai?- Sorrisi, lo sapevo che mi avrebbe seguito.
-Non male.- Risposi atono fissando lo sguardo sul tavolo di legno.
-Trunks lo sai che mi puoi raccontare tutto.- Goten mi si avvicinò e, con quel suo fare da bambinone, avvicinò una sedia alla mia.
-E così, mia nipote eh?- Inarcai un sopraciglio, nonostante la sua ingenuità, sapeva benissimo quando non doveva toccare certi argomenti e mi lasciava spiazzato quando cambiava radicalmente l’elemento della conversazione, perché, lo sapevo benissimo, non era quello il motivo per cui mi aveva seguito.
Avevamo parlato rare volte della situazione dei miei e di mia sorella, non era raro che cambiassi argomento nel bel mezzo della discussione e lui lo accettava, con tutta probabilità aspettava che fossi io a parlarne, ma ancora non ero pronto.
-Già- Sussurrai.
-Sai che Gohan ti ucciderà vero?-
-E’ più probabile che sia mio padre ad uccidere te, di quanto sia Gohan ad eliminarmi.-
-Abbiamo rischiato la vita già troppe volte direi.- Rispose il ragazzo ridendo. –Piuttosto, hai visto tra chi ti devi mettere in mezzo? Non mi piace molto il comportamento di quei due, e ora che mia nipote è un cyborg non vorrei che a C-17 venissero strane idee.-
-In questo caso, glieli farò passare io!- Dissi agitando un pugno e prendendo a ridere a mia volta, ma subito il malumore si fece risentire e mi zittii.
-Riusciremo a curarli, vedrai.- Mi diede una pacca sulla schiena e si alzò, fiducioso e determinato.
-Goten, loro non vogliono essere salvati. E se, dopo tutto, loro non stessero male senza di noi? Insomma, la terra è stata attaccata molte volte quasi unicamente per colpa dei Saiyan. E se quello che ci ha detto Bulma fosse vero? Se il male peggiore fossimo proprio noi alla fine?-
-Direi che sarebbe ironico.- La voce di C-18 entrò prepotente in quella conversazione. –Tanti anni passati a combattere, e per che cosa poi?-
Piombò il silenzio, non sapevamo cosa risponderle e lei alzò gli occhi al cielo.
-Vi hanno mai raccontato di Pilaf? O dell’esercito del fiocco rosso?-
Annuimmo entrambi, ricordavo ancora come mia madre, premurosa e ancora umana, che mi raccontava delle avventure vissute da lei e dai suoi amici.
-Bene, secondo voi perché Goku ha sconfitto l’esercito del fiocco rosso, o tolto di mezzo Pilaf e Al Satan?-
-Perché questi volevano imporre il loro volere alla popolazione.- Risposi senza neanche pensarci più di tanto.
-Certo, per permettere ad ogni uomo di questo pianeta di essere libero, di pensare e fare ciò che vuole. In un altro modo potremmo dire che ha concesso al mondo il libero arbitrio.-
La donna avvicinò a sua volta un’altra sedia.
-E’ così sbagliato?- Quelle parole mi uscirono dalle labbra in un impeto, impedendomi di fermarle.
-Cosa? Togliere il volere altrui?- Chiese Goten con la fronte corrucciata.
-Se questo fa sì che l’umanità si comporti ragionevolmente e che non commetta errori. Mia madre ha detto che nessuno soffre più di fame, che non ci sono più disuguaglianze sociali.-
Sbuffai e mi infilai le dita tra i capelli, cercando di rimanere lucido nonostante il sonno che stava cominciando a farsi sentire.
-Ma Trunks, non è proprio questo il bello degli esseri umani? Ognuno è diverso, ognuno è fatto a modo suo. Nel corso delle generazioni, ma che dico delle generazioni, nell’arco di un’unica vita, ogni singola persona può correggersi e migliorare, sempre. L’errore è naturale, quasi fondamentale direi, perché senza di esso non potremmo mai arrivare a capire cos’è giusto o cosa è sbagliato.-
Dopo quelle parole, dette frettolosamente, C-18 distolse lo sguardo, sembrava che l’argomento dell’umanità stessa la toccasse personalmente.
La contemplai mentre si sistemava una ciocca ribelle dei corti capelli biondi e quando riprese a parlare aveva la mia completa attenzione.
-Io sono un Cyborg. Non sono umana, non sono una macchina. Questa non è altro che una maledizione e sai perché? Perché ogni mia decisione, partendo dalla più insignificante alla più importante, l’ho presa seguendo un ragionamento freddo e calcolatore.- S’interruppe nuovamente e sorrise. –Sai, per sposare Crilin ho tenuto conto di tutti i pro e contro, il giorno delle nozze stesso mi sembrava del tutto frivolo e superficiale, ma se devo essere sincera a quel tempo io non lo amavo forse è questo il motivo. Ho accettato di sposarlo solo perché era la soluzione più logica, stando vicino a lui, avrei potuto osservarvi più da vicino, vedere i vostri cambiamenti e miglioramenti. Ho fatto tutto ciò solo per avere più probabilità di sopravvivere. Poi restai incinta e continuai a vedere come Crilin mi stava vicino nonostante i cambiamenti che avvenivano nel mio fisico e cominciai a provare qualcosa per lui. Sì, credevo che stesse con me solo per la mia bellezza esteriore, nient’altro. Quello che sto cercando di dirti è che ho seguito il filo della mia vita come un androide e nient’altro, tralasciando il mio lato umano che è ritornato dopo molto tempo, se avessi dato molto più spazio ai miei sentimenti forse non avrei sposato Crilin, la mia scelta sarebbe ricaduta su un altro...- Lasciò la frase in sospeso, ancora non capivo il motivo per cui mi stava raccontando quelle cose. –Loro non hanno il controllo del loro corpo Trunks! Un altro essere li sta controllando dall’interno stesso! Questo potrà prendere decisioni ai quali loro sono contrari! Lo tsufuro è solo un virus, niente di più e niente di meno, come lo è il mio cervello fatto da fili! Non credere che oro siano felici perché non lo sono. Sarà vero il fatto che abbiano un lavoro sicuro, un pasto caldo, ma quando non si ha se stessi vale sul serio la pena di vivere? Sono riuscita a tornare una donna, un’umana, solo dopo molto tempo perché questa mia parte è riuscita ad imporsi sul freddo metallo.-
Detto questo si alzò e ripose la sedia al suo posto. –E pian piano ho cominciato ad essere felice. Quindi Trunks, non chiederti se vogliono essere liberati, perché è una domanda alquanto stupida.-
Stava per andarsene quando si fermò. –E sta attento con Pan. La sua mente ora potrò spingerla tra le braccia di mio fratello, è la cosa più logica da fare, ma sappiamo entrambi che l’amore non è logico. Trunks prenditi cura di lei e non farla pentire delle sue scelte.-
Lasciò la stanza e si chiuse in camera sua.
-Beh fratello.- Disse Goten con un sorriso da ebete. –Hai avuto la tua risposta. Piuttosto, secondo te, a chi ha dovuto rinunciare per seguire la logica?-
-Ma cosa sei, una femminuccia pettegola? E comunque sarà stato sicuramente qualcuno che ha conosciuto prima del suo rapimento.-
Mi alzai a mia volta imitato da Goten e continuai a riflettere, lo sguardo perso nel vuoto di C-18 non mi convinceva di quella mia ultima frase.
“No,” pensai “Non credo che sia stato qualcuno che abbia conosciuto prima della trasformazione”


Continua...

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Capitolo 20
*** Tranquillità ***


Angolo dell’autrice
Salve a tutti
Visto i toni oscuri che si erano creati andando avanti con i capitoli, ho deciso di creare una sorta d’intervallo in questo capitolo.
Sono passate due settimane dallo scontro con Baby, e solo ora i nostri eroi stanno cominciando a lasciarsi andare, infatti sarà un capitolo incentrato interamente su Gohan, per poi andare ad aprirsi a tutti gli altri coinquilini.
Vi ringrazio del tempo che trovate per leggere la mia storia, vi aspetto al prossimo capitolo!

 

 L’aria fresca della sera filtrava attraverso la finestra aperta della mia camera da letto e scompigliandomi lievemente i capelli e facendomi ridestare dallo stato di dormiveglia in cui ero caduto da non molto tempo.
Sospirai e mi misi a sedere sul letto ripensando agli avvenimenti di quei giorni che, incredibile a dirsi, si ritrovavano a competere per bellezza ai miei giorni più lieti, ma la solitudine spesso lascia a pensare troppo la mente umana e non appena ricordai, lo sconforto mi pervase l’anima.
Ricordare, ma cosa mi era preso? Come avevo potuto dimenticare una cosa del genere?
La mia tanto amata Videl…
Avevo commesso un omicidio, avevo ucciso mia moglie, nessuna giustificazione era all’altezza della mia azione.
Voltai la testa verso la finestra e  la grande luna mi colpì, facendo risvegliare in me sentimenti e dubbi che credevo persi da anni. Mi ritrovai a pensare alle mie origini aliene, come spesso facevo da ragazzino, e mi chiesi ancora una volta se dentro di me si celasse qualcosa di veramente incontrollabile e mostruoso.
Andando avanti con gli anni, questa, era una domanda della quale non mi ero più preoccupato, perché, avendo accanto una bellissima moglie e una figlia perfetta, non mi sentivo più un Saiyan, solo una persona normale, pronta ad assaporare ogni singolo attimo di una vita ben spesa.
Risi, e il suono della mia voce si propagò nella stanza come il suono di mille campane, tanto era silenziosa la notte, facendomi sentire sempre più solo e, purtroppo, permettendomi di contemplare ancora più affondo la mia natura.
Scostai la mano e la passai nella parte del materasso libero del grande e sontuoso letto matrimoniale, poi strinsi i pugni e il cuore prese ad accelerare i battiti, mentre lacrime copiose mi rigavano il viso, scendendo da esso e giungendo alle immacolate coperte bianche e in quel momento pensai che forse sarei dovuto sparire, andare via dal mondo e non tornare mai più. I ragazzi avrebbero potuto combattere contro Baby anche senza di me.
Un bussare lieve alla porta mi riportò alla realtà e il cigolio provocato dall’apertura di essa m’incuriosì, volevo assolutamente sapere chi, a quell’ora della notte, aveva avuto bisogno di me, mi asciugai in fretta le lacrime con la manica del pigiama e quando il pargolo si fece strada nella stanza buia capii di essere stato solo uno sciocco.
-Vuoi venire nel lettone?- Chiesi sorridente a Jack.
Il piccolo annuì, stranamente timido, e gli feci largo tra le lenzuola,. Ancora non aveva fatto l’abitudine a quell’enorme casa nel bel mezzo della foresta.
Lo strinsi a me e chiusi gli occhi, in attesa del sonno, ma quando la porta si aprì nuovamente alzai la testa di scatto, facendo svegliare il bimbo che nel frattempo si era addormentato.
-Posso unirmi anche io?-
Guardai inarcando le sopracciglia l’adulta ventenne che ricambiava il mio sguardo, un vago rossore sul volto.
-Non sei un po’ troppo grande per queste cose? E poi mi sembra che tu abbia anche il fidanzato.- Risposi acido mentre la ragazza abbassava lo sguardo a terra, mi sentii in colpa, forse l’avevo offesa, ma quando lei alzò nuovamente il capo aveva dipinta sul viso un’espressione birichina e con fare canzonatorio mi disse.
-Non è che sei geloso?-
-Dai papà!- S’intromise il piccolino, facendo spazio nel lettone alla sorella che si sdraiò e si coprì con le lenzuola.
Presto i miei tesori più grandi si addormentarono e carezzai loro le candide guance.
Sapevo che Pan non avrebbe mai più dormito insieme a me, stava crescendo, o forse questo lo aveva già fatto, ipotizzai che era lì solo per recuperare quella parte della vita che le era stata negata per sei anni.
Non chiusi occhio quella notte, vegliai beato sulle creature mie e di Videl, che si abbracciavano a vicenda nel sonno, protette da un padre che, per troppo tempo, non era stato in se.

 
-Sveglia fratellone e famiglia! Sveglia!-
Mio fratello Goten entrò nella camera con un tamburo, preso da non seppi mai il dove, cominciando a suonarlo con malagrazia.
Io avrei potuto sopportare di tutto, ma l’essere alquanto suscettibile di mia moglie era una caratteristica che sui miei figli si era imposta, lasciando che, sotto i miei occhi increduli, il bambino e la sorella balzassero dal letto e spaccassero in testa a mio fratello il povero strumento che si distrusse come nulla al contatto della pelle coriacea del Saiyan.
Guardai divertito il trentaduenne che aveva le lacrime agli occhi per lo strumento andato in frantumi e, infondo, ero contento delle azioni dei miei figli.
Scoppiai a ridere e una volta che le risa mi uscirono dalla bocca, fu difficile fermarle.
I nervi che per giorni erano stati tesi al massimo, cominciavano a rilassarsi, mentre, per la prima volta, tutti si scioglievano in attacchi di risa disinvolti che non erano dettati dall’amarezza, dal sarcasmo, o da qualunque altra emozione se non quella della pura felicità dell’essersi ritrovati, la morte di mia moglie mi colpiva ogni secondo, ma durante la notte avevo imparato ad accettarla, l’avrei reclusa in un angolo della mia mente e quando sarei stato solo ci avrei fatto i conti.
Ora dovevo solo essere un padre sicuro e responsabile, lo ero stato per quattordici anni, avrei continuato ad esserlo, ma mi sarei allenato di più e presto, molto presto, avrei ridato all’umanità la libertà, una cosa che per molto anni era stata loro negata, ma alla quale avevano il pieno diritto.
Presto gli altri coinquilini vennero attratti da tutto quel frastuono, tutti cominciarono a ridere alla vista di Goten circondato da residui di pelle, persino C-18 e C-17, per una volta, si erano lasciati andare.
Vero era che tutto ciò fosse una motivazione inutile per mettersi a ridere, anzi, più che inutile, stupida per degli adulti, ma stando per giorni sottoterra, anche quando s’incomincia a vedere una flebile scintilla ti sembra la cosa più luminosa al mondo.
-D’accordo.- Dissi tra un singhiozzo e l’altro -Chi va a preparare la colazione?-
Gli stomaci di cinque Saiyan non tardarono a farsi sentire.
-Le scorte stanno finendo.- Sussurrò C-17. –Dovremo andare a fare la spesa.-
Un inquietante silenzio si fece largo tra i presenti, mentre le azioni di Trunks e Goten cominciarono ad equivalere, come se fossero un tutt’uno, come se fossero Gotenks. Piegarono entrambi la testa di lato.
-Le- Cominciò Goten.
-Scorte?- Finì Trunks.
-Quindi vuoi dire che c’è ancora un po’ di cibo? Vero?- S’intromise Pan avvicinandosi impercettibilmente alla porta d’ingresso.
-Già.- Disse C-17, non spostandosi minimamente dalla soglia della porta, come invece avevano già fatto Uub e C-18. Non capiva il pericolo che stava correndo.
-Io ho tanta fame.- Disse il piccolo avvicinandosi alla sorella, mentre io, molto lentamente, mi alzavo e mi avvicinavo alla porta.
-NON M’IMPORTA DI NULLA, SARO’ IO AD ARRIVARE IN CUCINA!- Urlò Goten come un forsennato.
Un polverone di dimensioni bibliche, alzatosi, non si sa come, dal pavimento pulitissimo, ricoprì C-17, insieme alle pedate dei Saiyan che, nel tentativo di superare Goten, lo condussero quasi in fin di vita.
-Aiutami ad alzarmi C-18.-
Lei lo guardò con sdegno. –Fila in bagno a farti una doccia, io non ti tocco.-
Lo scavalcò, lasciandolo basito, e Uub fece la stessa cosa, ma fu più buono dell’androide, infatti si voltò verso C-17, ancora agonizzante, e disse. –Non t’intromettere mai, e dico mai, nella strada che c’è tra un Saiyan e del cibo.-
Osservai tutta la scena, avevo già rinunciato al proposito di fare colazione, non avrei trovato niente comunque, un sorrisetto mi comparve sul viso e mi decisi a raggiungere gli altri.

 

 

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Capitolo 21
*** Navi spaziali ***


La mattinata trascorse in un batter d’occhio, ma, quel giorno, il freddo non dava segno della minima intenzione d’andarsene, tutto al contrario,  sembrava farsi più intenso con l’inoltrarsi del pomeriggio.
Seduta in camera mia, con la fronte appoggiata alla finestra, osservavo attentamente i fiocchi di neve che cadevano sul terreno in una danza lenta e sinuosa, ammirando ogni più piccola sfaccettatura di quel loro bianco così puro.
La mia nuova vista mi permetteva di registrare anche il più piccolo particolare, facendomi apprezzare persino gli oggetti più banali.
Il gelo del vetro mi costrinse a scostarmi, facendomi sospirare, anche il tatto si era affinato, rendendo la mia pelle molto più sensibile al tocco e alla temperatura dell’ambiente. Così come il tatto, anche gli altri sensi si erano sviluppati, ma a queste nuove caratteristiche del mio corpo ci avrei fatto presto l’abitudine, erano i miei sentimenti a preoccuparmi.
Avevo cominciato ad evitare Trunks, ignorato Uub e rafforzato molto il mio legame con mio padre, mio fratello e mio zio.
La porta si aprì ed un ciuffo di capelli castani fece capolino.
-Non si usa bussare?- Chiesi irritata ad Uub che mostrava un sorriso a trentadue denti.
-Ah, è roba antica.-
Lo guardai di sbieco. –Già, come l’educazione.-
-Come siamo suscettibili oggi.-
Continuai a guardarlo storto, ed il mio sguardo, forse, aveva fatto effetto.
Alzò le mani in segno di resa e si sedette sul mio letto. Vidi il sangue fluirgli nelle guance, dandogli una carnagione vagamente rosea, e la spavalderia abbandonarlo.
-C-18 ha ordinato una riunione, siamo già in ritardo di dieci secondi.-
Mi sorrise nuovamente e non potei fare a meno di rispondergli con un altro sorriso.
-Sarà meglio non farla aspettare allora.-

Seduti intorno al grande tavolo di legno, con C-18 che li guardava con aria severa, mi fece sembrare i miei coinquilini, bambini in punizione.
-Voi due!- Il suo dito accusatore indicò me ed Uub, indietreggiammo di vari passi.
-Sedetevi.-
Raggiungemmo gli altri, silenziosissimi e immobili, e mi chiesi a cosa fosse dovuto quel comportamento così ansioso.
-Voglio uscire.-
Quelle due parole bastarono a far ricevere al Cyborg sei paia d’occhiatacce da parte di tutti i presenti.
-E’ pericoloso! C-18, non credo che sia proprio il caso!-
-Sono finite le scorte Gohan! Moriremo di fame!-
-No, noi sappiamo cacciare!-
-Certo Goten! Ma ci sono certe cose che non si trovano in natura!-
-Fammi un esempio!-
Lei si limitò a guardarlo male mentre pescava da una borsa dei pacchetti.
-Cosa sono?- Chiesi sporgendomi sul tavolo.
-Lenti a contatto rosse.-
-E dove le hai trovate?-
-Un attimo solo.- Disse alzando un dito e finendo di distribuire le scatole.
Annuii e mi misi composta sulla sedia.
-Ho comprato queste lenti un paio di mesi fa, in previsione del fatto che se avessimo avuto voglia d’uscire avremmo dovuto travestirci, o nascondere almeno il colore dei nostri occhi. Gli occhiali da sole in inverno credo che diano fin troppo nell’occhio e per quanto riguarda la tua coda Pan,- Continuò vedendo che stavo per obiettare. –Ho un cappotto che credo sia adatto a te, non si vedrà nulla. Certo che se la volessi tagliere…-
Scossi la testa, non se ne parlava proprio. –Perché non mi hai dato le lenti a contatto? E dove le hai trovate rosse?-
Sorrise e chiuse gli occhi.
-Un Cyborg non ha bisogno delle lenti per cambiare colore degli occhi.-
Venne scossa da un lieve tremore, e poi li riaprì, rossi.
-Come hai fatto?-
-Te lo insegnerà C-17, e le ho trovate rosse per via di Halloween.-
-Si festeggia Halloween?- Ero del tutto incredula.
-Sì,- Continuò sbrigativa. –Non ti piacerebbe sapere chi sono le maschere più apprezzate.-
Avevo una certa idea riguardo i travestimenti, ma non avevo dato molta importanza all’ultima frase pronunciata dalla donna. Non credevo che quegli esseri, così atoni e monocordi, potessero fare qualcosa che si avvicinasse al festeggiare.
-La festività è cambiata. Quello che si ricorda quel giorno è la vostra sconfitta da parte del grande Baby.- Finì con tono sarcastico.
-Tra un quarto d’ora alla porta d’ingresso.- Continuò C-17, facendo il verso alla sorella irritata.
-E ritornando al discorso del colore?-
Il Cyborg dai capelli corvini  mi sorrise e si avvicinò con  passo lento ed elegante, fino a quando le sue labbra non furono a pochi centimetri dal mio orecchio e quando parlò il suo fiato sul collo mi fece sobbalzare.
-Chiudi gli occhi, concentrati solo ed unicamente su di essi, visualizza il colore, fa che diventino rossi.-
Seguii le sue istruzioni alla lettera. Mi concentrai solo ed esclusivamente sul rosso e quando li riaprii  gli altri restarono senza fiato.
Buon segno, ce l’avevo fatta, ma un lieve pizzico alla testa mi fece sussultare.
-Hay!- Mi lamentai guardando gli androidi. –Cos’è?-
-O, niente di che. Stai per morire.-
Guadai C-17 storto, mi trattenni dal dargli un pugno e rivolsi un’occhiata interrogativa a C-18.
-Niente di che, è normale la prima volta.-
Tutti si dileguarono per andare a prepararsi, tranne Trunks, vestito perfettamente e senza l’ombra di un capello lilla fuori posto.
-Hey piccola.-
Un’altra occhiataccia, l’ennesima in quel giorno.
Lui sorrise, e, inutile dirlo, non riuscii a tenergli il broncio.
-Sai, alcuni lati del tuo carattere non sono per niente cambiati.- Disse avvicinandosi per poi posare le sua mani sulla mia vita, portandomi a lui.
-Per esempio?- Riuscii a chiedere con molta fatica.
-Non ti piacciono i nomignoli.-
-Mmm.- Annuii alzando il viso in cerca delle sue labbra. Si avvicinò sempre di più e mi accontentò, con un bacio lungo e intenso, le sue mani cominciarono ad accarezzarmi la schiena mentre le mie affondavano nei suoi morbidi capelli e lo attiravano sempre di più a me.
Solo dopo avermi fatto desiderare molto di più da lui, si staccò.
-Uffa!- Lo strinsi ancora un po’ a me e rise, riprendendo a baciarmi con baci sempre più profondi e lussuriosi.
-Avete finito?-
La voce seccata di Uub mi riportò alla realtà e sciolsi dalla presa, per niente casta, nella quale avevo imprigionato Trunks.
Arrossii e abbassai lo sguardo.
-Si esce!- Jack tutto contento saltò in braccio al suo papà e una volta fuori in giardino, dopo che C-18 mi diede il cappotto, spiccammo il volo verso Nuova Città dell’Est.

 
Come immaginavo, in quel luogo non regnava altro che l’ordine assoluto.
-Comportatevi decentemente.- Sussurrò C-18 avviandosi verso il centro commerciale.
La seguii, anche io silenziosa e timorosa di essere scoperta. Avevo paura degli individui che mi passavano accanto, mi sembrava che loro potessero sentire cosa fossi in realtà ed il mio senso di disagio crebbe. Inoltre, le aree che si avvertivano in quel luogo erano tetre, malinconiche e infinitamente pesanti, mi sembrava di cadere in un burrone, destinata al buio eterno.
-Non ascoltare le loro auree.- Sussurrò mio padre. –Ignorale, puoi stare tranquilla. Sono troppo indaffarati per occuparsi di noi.-
Osservai più attentamente la gente che camminava svelta e decisa, segno che avevano una destinazione, i loro sguardi non sembravano soffermarsi su di noi per più di pochi millesimi di secondo che subito li riabbassavano e riprendevano a camminare.
-Ok, io e Pan andiamo al Supermercato.-
-C-18.- La interruppi. –Ma non abbiamo soldi.-
-Ci ha già pensato Trunks.-
Annuii guardando il mio ricco ragazzo figlio del dittatore. –Ma quando?-
-Il suo Papi non ha bloccato la carta di credito.-
Guardai male Goten, che aveva usato un tono di voce molto canzonatorio.
-Basta!- Riprese sussurrando C-18. –Dividiamoci, andate dove credete.-
La donna mi afferrò per il braccio e mi condusse verso l’entrata del negozio. C’era qualcosa, in tutta quella faccenda, che non mi quadrava.
Eravamo sette adulti ed en bambino, c’era davvero bisogno di uscire in questo gran numero per fare compere?
I miei occhi continuavano a cambiare obiettivo, cercando di esaminare tutto ciò che mi circondava.
“Hai capito, non è vero?”
Spostai la testa verso C-18, le sue labbra non si erano mosse, mi stava parlando telepaticamente.
“No, non credo. Mi sembra strano che tu sia voluta uscire con tutti gli altri. Sarei potuta andare io da sola per rifornire le scorte. Cosa sta succedendo?”
Mi sorrise. “Sapevo che avresti capito. Vero è che dobbiamo prendere delle scorte. Ma oggi Baby vuole fare qualcosa. Tre giorni fa, Goten e Trunks erano fuori ad allenarsi. Hanno visto delle navi della Capsule Corporation dirigersi verso lo spazio. Erano navi da guerra.”
“Le hanno viste da vicino?”
Mentre parlavo scansai un anziana signora che cercava inutilmente di prendere un barattolo in uno scaffale troppo alto per la sua statura alquanto minuta.
-Tenga signora.- Dissi con un sorriso, prendendo il barattolo di pomodoro.
Lei guardò prima esso e poi me, con aria distaccata e calcolatrice, afferrò l’alimento e si recò in tutta fretta verso le casse.
“ Sì, sono riusciti ad avvicinarsi poco prima che le navi si disperdessero nello spazio. Inoltre Baby non è in casa. C-17 è uscito stamattina, dopo che voi avete fatto colazione, ed è ritornato con un giornale nel quale si diceva che sarebbe tornato oggi. Comunque hai fatto male ad aiutare quella donna.”
Indicò con un cenno del capo la vecchia, ora fiancheggiata da due grosse guardie.
“Mi faceva pena” Cercai di dare al mio tono mentale una minima sfaccettatura di scuse.
Guardai le borse della spesa che erano nelle nostre mani, erano già piene, saremmo stati apposto per un paio di giorni ancora con quella roba.
“ Ho la sensazione che non pagheremo queste cose, vero?”
Scrollò le spalle. “Se la sono cercata loro.”
-Voi due, venite con noi!- La guardia più alta puntò le mani sui fianchi, come se avesse a che fare con due taccheggiatori di second’ordine.
Se fosse stata una situazione normale, mi sarei vergognata da morire. I clienti erano tutti girati verso di noi. Avremmo pagato, se non ci avessero attaccate e nessuno si sarebbe fatto male. Peccato, per loro.
-Mani bene in vista!- Continuò quello più basso ma più muscoloso dell’altro avvicinandosi a C-18.
-Va bene.- Disse lei arrendevole mettendo le mani in alto, mentre l’uomo si avvicinava minaccioso.
Fu un attimo. C-18 saltò, e con un calcio della gamba destra colpì la guardia sul mento, facendolo andare a finire nei reparti surgelati sotto lo sguardo incredulo del suo compare che, sicuro di sé, si precipitò sudi me, cercando di colpirmi in viso con un pugno, peccato che mi mancò perché mi ero abbassata improvvisamente e con la sola forza dell’aura lo spedii accanto al suo collega.
-Andiamocene via di qui.-
-Pan, seguimi.- La bionda cominciò a correre verso l’uscita del centro commerciale, con in mano le buste della spesa, la seguii a fatica, tanto era veloce, ed una volta fuori, il sole, luminoso, ci accecò per un attimo. Per troppi giorni era stato coperto dalle nuvole ed ora illuminava tutto ciò che mi era attorno.
“Andiamocene da qui. Gli altri ci raggiungeranno presto.”
“Mi spieghi perché non mi avete detto nulla prima?”  Per sicurezza avevamo ripreso a parlare telepaticamente.
“Beh, volevamo farti rilassare un po’ e mantenere il controllo della situazione contemporaneamente.”
Camminavamo tra vie secondarie, perfettamente asfaltate, era incredibile il modo in cui Baby aveva cambiato le condizioni dei  sottoborghi cittadini.
“Farmi rilassare in una città piena di mostri?” Chiesi inarcando un sopracciglio.
Lei scrollò le spalle, incurante della mia ultima affermazione.
“Dove ci aspettano gli altri?”
“Nella pista di atterraggio delle navi spaziali, quella aperta al pubblico. Il popolo dovrà recarsi lì alle sette, quindi di qui ad un po’ di tempo” Concluse guardando l’orologio.
“Manca molto?” 
“Dobbiamo alzarci in volo per essere in orario.”

 
Il perfetto ordine ed il silenzio che regnava in quel luogo, nonostante le migliaia e migliaia di persone, aveva dell’incredibile, inutile aggiungere che era alquanto inquietante.
Non avemmo difficoltà nel trovare gli altri, le loro aure erano fin troppo chiare.
-Papà, nascondete l’aura!- Parlai col tono di voce più basso possibile, ma in quel silenzio, mi sembrava come se avessi gridato.
Tuttavia nessuno badò a me. Erano tutti concentrati su qual cosa, o meglio, qualcuno al centro della pista d’atterraggio.
-Signori e signori, è il campione del mondo che vi parla!- Guardai paralizzata mio nonno materno, che riuscivo a scorgere con fin troppa facilità e chiarezza. Potevo vedere i suoi occhi rossi, potevo constare la sua sottomissione al mostro.
-Vi annunciò che la navicella di Baby arriverà tra QUATTRO, TRE, DUE…-
Incredibile come mio nonno non avesse perso il suo modo di fare, scellerato e incosciente, e fosse lì, a dar spettacolo come se fosse ancora normale.
-UNO!-
Un rombo invase il silenzio, costringendomi a tapparmi le orecchie, imitata dai due Cyborg, ed un raggio di luce verde oscurò quelli cristallini del sole.

 
Angolo dell’autrice
Grazie a voi tutti che continuate a seguirmi, spero che questo capitolo vi sia piaciuto : )
E’ molto più lungo del solito e quindi spero di non avervi annoiato. Ogni critica e consiglio è sempre ben accetta.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 22
*** Il popolo della notte ***


La navicella atterrò in un turbinio di vento e polvere, il portellone si aprì ed eccolo, il sovrano, che dalla gente di quel luogo era considerato un eroe, ora li raggiungeva, guardandoli dall’alto verso il basso, con sguardo rassicurante e apprensivo, lo sguardo che un padre rivolgeva ai propri figli. All’improvviso il suono della sua voce, amplificato da chissà quale diavoleria, ideata da Bulma, fece zittire i presenti che avevano intaccato il loro comportamento rigido e ordinato per accogliere il loro paladino, lasciandosi andare a chiare manifestazione di gioia e felicità.
-Fratelli miei,- Cominciò con tono solenne. –Io, Baby Vegeta, sovrano del neo-nato pianeta Plant, ho vegliato su di voi, i nuovi esponenti della razza tsufuro, ho impedito a degli scimmioni senza scrupoli di sterminarci nuovamente, riuscendo ad eliminarne il volere Saiyan e convertendoli al bene. Purtroppo questi esseri sono riusciti a sfuggire al mio controllo- Pronunciate queste ultime parole, la folla si era fatta silenziosa, tesa ed impaurita. –Ma non temete cari, presto tutto ritornerà alla normalità. Perché vi sto dicendo tutto ciò ora? Per avere la vostra fiducia Tsufuro!- Alzò il tono della voce e fece un cenno alle sue spalle. Un uomo, dall’aspetto rude, trascinò per il polso qualcuno, un alieno. Lo potevo dedurre dal colorito violaceo della pelle e dalle orecchie, molto simili a quelle di Junior.
-Questi esseri.- Riprese con disprezzo Baby. –Sono del pianeta Giove. Sì, avete capito bene, Giove. Sono dei parassiti che vivono nel sottosuolo del pianeta, li abbiamo scoperti durante una missione, stavano creando armi, armi di distruzione di massa! Volevano ucciderci e prendere il nostro posto su questo meraviglioso pianeta. Io ho cercato di trattare con questi animali, non hanno voluto. Vi ho protetti fratelli miei, li ho ridotti in schiavitù per noi, per la nostra salvezza.- Altre grida di giubilo e sostegno si diffusero tra la folla, facendo sorridere Baby. –Sapevo che avreste capito i miei motivi. Quindi comprenderete che siete al sicuro anche con quei Saiyan sul nostro pianeta. Non vi preoccupate, ne sono rimasti solo quattro, una ha già lasciato questo mondo per mano mia.- Si stava riferendo a me, pensava di avermi fatta fuori. –Presto anche gli altri faranno la stessa fine. Per la nostra salvezza!-
Alzò il pugno in aria, e la folla lo acclamò ancora. –Ora, se non vi dispiace, è stata una dura battaglia, io e mia figlia siamo stanchi, vorremmo ritirarci nei nostri alloggi. Ma prima…- Bra aveva appena raggiunto il padre, e nel vederla così cattiva, fuori di sé, il mio cuore perse un battito. -Bra, cara, fa vedere cosa succede a chi si mette contro la gloriosa razza Tsufuro.-
Sotto il mio sguardo incredulo e terrorizzato, Baby-Vegeta passo alla figlia una frusta, lei la prese e si voltò lentamente verso l’alieno e la sollevò, in quella posizione, sembrava una dea vendicatrice, pronta a far giustizia per il suo popolo. Un rumore agghiacciante echeggiò nell’aria, ed a esso fecero seguito le urla disperate dell’uomo.
Strinsi i pugni, non riuscivo a vedere quella scena, non lo sopportavo. Bra continuava imperterrita, nonostante le suppliche di quel povero essere. No, non credevo che quella razza avesse mai cospirato contro la gente di questo pianeta. Baby aveva usato sicuramente quella scusa per far fare loro qualcosa, ma cosa? O più semplicemente voleva espandere il proprio potere, al resto dell’universo intero forse.
Un’altra frustata, un altro urlo.
-Papà, non lo posso sopportare.- Sussurrai.
Gohan tremava, aveva coperto gli occhi al mio fratellino che, quasi come se capisse la situazione, non si ribellava come avrebbe fatto qualsiasi altro bambino per vedere una scena a lui vietata. Goten e Trunks fremevano d’impazienza, volevano andare ad uccidere quell’alieno, subito. Lo volevo fare anche io, stavo per andare all’attacco. –Questa storia deve finire.-
Una mano si posò sulla mia spalla. –No, non possiamo andare ora Pan. Quando eri in camera tua, C-17 mi ha detto che nonno Goku è stato rinchiuso da Baby in qualche luogo. Dobbiamo sapere dov’è.-
Un altro urlo.
-Papà sta morendo!-
Disperata guardai i fiotti di sangue che sporcavano la pedana d’accesso della navicella.
- D’accordo. Pan, prendi tuo fratello.- Sorrisi, ora si che riconoscevo mio padre, ma prima che potessi fare altro, il passo svelto di una donna raggiunse il sovrano, che sembrò non poco disturbato da  quell’intrusione.
Osservai più attentamente la donna… Era la nonna! Guardai sconcertata nonna  Chichi che sussurrava qualcosa all’orecchio del padrone.
- E’ scappato. Siamo nei guai.- I due Cyborg parlarono lentamente, composti e risoluti, come se stessero facendo una conversazione con noi, forse in modo da non far capire ad altri che potevano sentirla. –Un momento, riuscite a…-
-Sì, potrai riuscirci anche tu con un po’ di pratica- Il parlare in due contemporaneamente però non li faceva passare per normali. Un signore, sulla quarantina, li osservò spaventato, allontanandosi di vari passi.
Il supplizio dell’uomo era finito, momentaneamente però.
-Dov’è la mia gente!? Mostro!- Si alzò in piedi, con mia grande ammirazione, ed avanzò verso il sovrano.
-Cosa intendi fare, non ti reggi neanche in piedi.- Lo schernì con un ghigno il Re.
Strinsi a me il piccolino, che aveva cominciato a tremare.
-Ma io sì però!-
Le grida di gioia si trasformarono in grida di terrore, mentre i nostri cominciarono ad urlare. –PAPA’, PAPA’!!!!-
Mio padre e mio zio si abbracciavano come due pazzi. –Tieni C-18.-
Diedi alla donna mio fratello, e mi alzai in volo, in cerca di lui, ed in quel momento lo vidi. Trasformato in Super Saiyan di quarto livello aveva appena atterrato Baby con un pugno alla tempia facendolo addormentare ed ora sorreggeva lo schiavo, dirigendosi verso di me. Mi aveva vista.
Ma all’ultimo momento sembrò ripensarci. Si voltò a velocità incredibile verso Bra, e le diede un colpetto alla nuca. Lei svenne sul colpo, e con l’altro braccio le cinse la vita per poi tornare a noi.
-Presto, dobbiamo andarcene di qui.- Mi urlò.
Lo seguii in volo, con i miei compagni d’avventura al seguito.

 
Goten fu l’ultimo ad uscire dal passaggio interdimensionale creato da Uub, ed ora, confusi, guardavamo l’uomo che per tanto tempo avevamo agoniato. Lo osservai attentamente. I lunghi capelli neri arrivavano fino alla vita mentre il petto era ricoperto da una leggera peluria rossa. Il viso, fiero e saggio, aveva un espressione serena, quasi gioiosa.
-Nonno!- Urlai, lanciandomi contro di lui che mi prese al volo, stringendomi tra le braccia.
-Avete modo di curarla?- Chiese indicando Bra che giaceva a terra, svenuta.
La sua voce! Così calda, fluida! Ma vi si poteva sentire una tonalità diversa da quegli aggettivi. Spesso, in molte occasioni, il suo timbro poteva definirsi bambinesco, allegro e spensierato.
-Sì.- Dissero atoni gli androidi. –Ma sarà doloroso.- Annuì, e poi i suoi occhi si posarono su di me.
-Ma cosa ti è successo? Perché sei…- La sua espressione cambiò, divenne preoccupata. –Pan, non sento la tua aura!-
-Tranquillo nonno!- Sussurrai, stringendogli le mani. –Sono un cyborg, come C-17 e C-18.-
-Urca- Disse sollevato. –Ma perché?-
-Entriamo in casa, ti raccontiamo tutto. I gemelli si occuperanno dell’alieno e di Bra.-
Guardai quel pover uomo, disteso a terra anche lui. Le ferite della frusta erano estese e profonde.
–Sono sicura che sapranno prendersene cura- Gli dissi, vedendolo indeciso sul da farsi.
Si lasciò scortare all’interno, non senza prima rivolgere un’occhiata a quei due poveri innocenti vittime di un folle.

 
Misurava a grandi passi la sala da pranzo del suo castello. Muoveva a scatti la testa, stizzito, fendeva l’aia con pugni e calci e stringeva i denti.
-COM’ E’ POSSIBILE! SAPEVO CHE NON MI DOVEVO FIDARE DI TE, TERRESTRE!-
Bulma, la scienziata più brillante del secolo, ora stava rannicchiata in un angolino oscuro, spaventata dalla furia dell’alieno.
-STUPIDA!-
Si lasciò sfuggire un gridolino di puro terrore, quando Baby, con un pugno, distrusse il tavolo da pranzo, con un gran fragore.
-HAI PAURA E FAI BENE! SAI COSA SIGNIFICA! SIAMO ROVINATI ECCO COSA SIGNIFICA!-
Lanciò una spera d’energia, fregandosene del dove l’aveva mandata. Sarebbe potuto crollare l’intero edificio. Non gliene sarebbe importato nulla.
-Quegli- scimmioni.- Disse con l’intento di calmarsi, scandendo le parole. –Potrebbero distruggerci senza neanche perdere uno di loro, con Goku al seguito ovviamente.-
-Vegeta, ti prego calmati.- Riuscì a dire la turchina, in modo veloce, coprendosi gli occhi rossi con un braccio.
-NON CHIAMARMI IN QUEL MODO! NON SONO UN LURIDO SAIYAN! QUEL NOME NON E’ IL MIO!- Urlò nuovamente.
-Perdonami.- Sussurrò la donna, cominciando a piangere. Il solo fatto dell’aver deluso il proprio padrone le provocava un dolore immenso.
A quella vista, Baby sembrò riscuotersi.
-Oh, no scusami. Non volevo spaventarti. Tranquilla, a tutto c’è rimedio.- Si avvicinò a lei e la cullò dolcemente, facendola adagiare sul petto.
-Avrei dovuto usare qualcosa di più forte, avrei dovuto ucciderlo con una dose eccessiva di .. di.. di- I singhiozzi si fecero più insistenti, impedendole di finire la frase.
-Shh, shh.  Va tutto bene, ci penserò io ad aggiustare i tuoi guai. Shhh-
Alzò lo sguardo verso la lussuosa finestra della stanza, guardando la dolce sera venire e fu colto da un’illuminazione.
“Il popolo della notte sarebbe accorso in mio aiuto, aveva un debito con me. Ora bisogna solo cercarlo, ma in che pianeta si trova? Mi devo sbrigare”
E formulato questo pensiero, prese un vaso di porcellana alla sua destra.
-Vedi Bulma.- Disse indicando il vaso. –Questa è la fine che i nostri cari Saiyan faranno.-
I suoi occhi s’illuminarono, e quello che fino ad un secondo fa era stato un soprammobile d’inestimabile valore, era diventato nient’altro che sabbia, che adesso sporcava il pavimento come lurida e comune spazzatura.

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Capitolo 23
*** Due nuovi conquilini ***


Il sangue mi ribolliva all’interno del corpo, il dolore era atroce e la paura di morire sotto quella tortura mi attanagliava.
Non riuscivo a difendermi, io la principessa degli Tsufuro…
-AHHHHHHHH- Lanciai un urlo acutissimo, mentre l’ennesimo ago mi perforava la pelle e il siero all’interno della siringa invadeva le mie vene.
-PADRE!-
Agognavo mio padre, quell’essere che aveva ridato la vita ad una razza estinta, gli Tsufuro. Volevo che arrivasse e che mi salvasse da quei luridi esseri…
-SALVAMI!- riuscii ad urlare. Oramai, formulare parole intere era sempre più difficile.
I polsi erano bloccati da chissà quale metallo, capace di resistere alla forza di una Saiyan….
-NO!!- Io non ero una Saiyan, ero una Tsufuro, nel mio sangue scorreva quello di mio padre! 
-AHH- urlai nuovamente, riuscendo a liberare i polsi da quella diavoleria e alzando il busto da quella specie di lettino.
Una siringa mi perforò lo stomaco, facendomi distendere nuovamente su quel letto.
Sentii i lati della bocca bagnarsi. Anche gli occhi erano umidi, ma non stavo piangendo.
-Papà.- Sussurrai lievemente, invocando ancora aiuto.
- E’ finita.- Una voce, artica e atona, mi annunciò la fine mio calvario. –Toglile le catene.-
Perfetto, non aspettavo altro. Sentii le caviglie libere da quel peso opprimente e restrittivo, così come i polsi un attimo prima.
Dov’ero? Perché mi trovavo li?
Comunque fosse, non avevo intenzione di restare con le mani in mano.
-Hey, bell’addormentata, ti puoi svegliare ora.- La voce di prima, ma chi era?
Mi alzai di scatto dal letto e poggiandomi sulla mano destra, riuscii a colpire il mio carceriere con un calcio al viso, atterrandolo.
Vidi solo di striscio il liquido grigiastro di cui era cosparso la parte superiore del letto. Posizionai il tacco della mia lussuosa scarpa rossa, appena sopra l’incavo della gola del mio aguzzino.
-Non ti permetterò mai più di starmi a meno di venti chilometri di distanza.-
Cominciai a premere il tacco con più forza, ma il mio prigioniero non la smetteva di ridere, come se fossi solo una stupida ragazzina.
-Vuoi uccidermi?- Chiese sarcastico. –Dovrai metterci più impegno.- Con le mani mi bloccò la gamba e mi costrinse a terra, mettendosi poi sopra di me.
La rabbia m’invase il corpo, mentre guardavo con occhi di fuoco il moro. Non m’importava di chi si trattasse, volevo solo la sua fine. La desideravo ardentemente, più di ogni altra cosa e non solo per il dolore che mi aveva fatto patire, anche per la sua sfrontatezza e stupidità. –ADESSO LEVATI DI MEZZO!-
Gli urlai quelle parole con tutta la rabbia repressa che avevo in corpo, mentre sentivo la mia aura in modo molto più chiaro del solito. Forte, irrefrenabile e infinitamente potente.
Vidi a stento i miei capelli diventare del colore dell’oro. Non m’importavano i cambiamenti estetici, ero già perfetta, non mi occorreva null’altro per apparire più bella, ma era la mia forza rinnovata che mi faceva sentire soddisfatta. Avrei potuto togliere di mezzo quell’idiota.
Con un urlo battagliero me lo tolsi di dosso e mi lanciai contro di lui, cercando di colpirlo in viso, sul petto, allo stomaco. Ma lui riusciva ad evitare ogni mio tentativo d’attacco, prendendosi ancora gioco di me e facendo aumentare sempre più la mia ira.
-Sono la principessa dei Saiyan, non ti permetto di prendermi in giro!- Incredibile a dirsi, non ero mai stata brava a lottare, ma i mesi d’allenamento passati da Tsufuro mi avevano dato nuova forza e vigore, facendomi amare la lotta e facendola aggiungere ai miei passatempi preferiti insieme allo shopping.
Ero vagamente consapevole di essere tornata me stessa, Bra Brief, figlia del principe dei Saiyan. E ne ero felice. Non sapevo come avessi fatto a tornare normale, ma ancora non ero libera, mi sarei dovuta sbarazzare di quest’essere che tanto si divertiva a deridermi e prendermi in giro.
-Che c’è? La piccola Brief non riesce a stare al mio passo?- Continuava imperterrito il moro.
-BRA!- Una mano si posò sulla mia spalla, un vano tentativo di calmarmi.
-Toglimi le mani di dosso!- Mi voltai di scatto, appioppando un pugno nello stomaco al “pacifista”.
-Ma che…-
Incredulo e umiliato, Goten s’inginocchiò, piegandosi in due dal dolore e massaggiandosi con le mani la parte colpita.
-Oh mio Dio! Scu…- Imbarazzata feci un passo verso di lui, ma poi ci ripensai.
-Non lo sai che non ci si deve intromettere in un combattimento?-
Lui mi guardò sarcastico. –Me lo ricorderò.-
Si rialzò da terra e si avvicinò.
-Bra.- Disse stizzito. –Questo è C-17, il fratello di C-18.-
Guardai più attentamente l’idiota numero uno, il Cyborg, e dovetti ammettere che assomigliava in modo incredibile alla presunta sorella. Spostai lo sguardo verso l’idiota numero due, il migliore amico dell’idiota numero tre, mio fratello. –Bene.- Cominciai a sbattere il piede a terra. Capii in quel momento il perché dei miei attacchi falliti ed il motivo della superiorità di C-17 nel combattimento. Era tutto il resto ad essere confuso. –Goten- mi concentrai per chiamarlo in quel modo e non in altri. –Mi vuoi dire cosa ci faccio qui, perché sono normale e cosa sta succedendo!?-
Ero ancora trasformata, l’ignorare la situazione, il luogo esatto nel quale mi trovavo e il sorriso da ebete stampato sui volti dei ragazzi, mi mandava su tutte le furie e non riuscivo a controllarmi.
-Non credo che Goten sia in grado di spiegarti la situazione.- Sobbalzai, una voce femminile mi giunse all’orecchio, improvvisamente. Era C-18, non mi ero neanche accorta della sua presenza. Guardai l’idiota numero due e capii le parole della donna. Goten mi guardava con la bava alla bocca, più precisamente, nella scollatura del mio lussuoso vestito, ormai ridotto a brandelli grazie alla colluttazione con l’idiota numero uno.
- D’accordo, spiegami tu allora. Non credo che tuo fratello sia molto serio…-
Il sorriso beffardo di quest’ultimo mi diede la conferma che non mi sarebbe stato di nessun aiuto.
-Entra in casa.- Riprese bonariamente la donna, accennando un sorriso. –Ci sono Pan e gli altri, credo che già abbiano detto tutto a Goku- Il comportamento mansueto di quest’ultima mi calmò e riuscii a tornare normale.

 
Non mi aspettavo che vivessero in un edificio del genere. Il logo della Capsule Corporation svettava sul soffitto del salone d’entrata, mentre le pareti erano finemente pitturate. Non vi erano soprammobili, quadri, o cose di questo genere, segno che i padroni di casa non badavano alle apparenze. C-18, la madre di Marron, mi accompagnò fino in cucina. Mi guardai attorno. Era molto spaziosa, ben attrezzata. Non vi era una sala da pranzo, si preparava e si mangiava in quella stanza.
-Hey Bra!-
La mia migliore amica, con un sorriso a trentadue denti, mi abbracciò stretta. –Sono felice di averti qui.-
-Wow, sei così cambiata! Ma che ti è successo?- Non era solo la crescita della ragazza ad impressionarmi. I lineamenti del viso si erano fatti più marcati e il corpo ormai era quello di una giovane donna, ma il cambiamento che più mi colpiva era il colore dei suoi grandi occhi, un tempo corvini, ora diventati inspiegabilmente blu.
Sciolsi delicatamente l’abbraccio per guardare in faccia un'altra persona.
-Tu! Stupido idiota! Ma dov’eri finito!-
-Su via, non sono mancato così tanto!- Trunks, con una scrollata di spalle, abolì le mie accuse.
-Ah, già! Che cosa normale stare un mese lontano da casa!-
Mi avvicinai e gli diedi un pugno all’altezza della spalla.
-Haya!-
Lo guardai di sbieco, non gli avevo fatto sul serio male.
-Bene- Puntai le mani sui fianchi. –Raccontatemi tutto.-
La bionda prese a parlare di tutto quello che era successo. Dall’arrivo di Pan, agli ultimi avvenimenti, sino al mio ritorno alla normalità, di come avevano debellato l’alieno. Annuivo di continuo, prestando molta attenzione. Ricordavo perfettamente la mia vita da Tsufuro ed ora che l’adrenalina mi stava abbandonando cominciavo a sentire il male causato dal trattamento per ritornare ad essere me stessa, ed esso, non era nulla in confronto a quello che avevo patito durante la prigionia nella mia stessa mente.
-Ahhhhhhh!-
L’urlo di Goku ci fece sobbalzare contemporaneamente. –Dite la verità, volete farmi anche a me la puntura! Tanto per accettarvi che non sia uno Tsufuro!-
Guardai lo scimmione grande e grosso, nascondersi disperato dietro ad una sedia implorare pietà e piangere come un bambino.
-No, nonno.- Pan prese per il braccio Goku e cominciò a tirare mentre lui continuava a gridare. –NO! Non ci esco da qui dietro! NO!-
Risi lievemente, per poi ricordare…
-L’alieno! Dov’è quell’uomo!?-
-Tranquilla Bra.- Disse Trunks benevolo. –Uub si sta prendendo cura di lui.-
-Ok- Sussurrai, ma in realtà mi sentivo davvero in colpa.
-Quindi Pan,- Ripresi. –Ora sei un androide…- La delicatezza non era mai stata il mio forte.
-Già, se mi vuoi chiedere come stia, beh, non preoccuparti. Apparte gli occhi azzurri, non c’è nessuna differenza.- Mi sorrise tranquilla. Ma Trunks volse la testa nella direzione opposta e l’idiota numero uno, il Cyborg dai capelli neri, strinse le labbra in un vano tentativo di non sorridere. Stava succedendo qualcosa sotto il mio naso.
-E tu Goku? Dove sei stato?-
-A quanto abbiamo capito è stato ibernato.- Affermò Gohan sulla soglia della porta, gli occhiali da professore sulla punta nel naso e un grosso libro sulle mani. –Mi sembra strano che tu non lo sappia.-
-Baby non parlava mai con gli altri di Son Goku, ne aveva paura.-
-E faceva bene!- Disse Pan agitando il pugno. –Ora potremmo far tornare tutto alla normalità! Ci pensi Bra?! Anche tuo padre potrà tornare normale.-
Le regalai un sorriso, spento però.
-Aggiusteremo tutto.- Continuò fiduciosa. –Tu riavrai tua madre e tuo padre! Io riabbraccerò mia mamma! Oh, quanto mi manca!- Un silenzio inquietante pervase la camera, ma la giovane Son era troppo gioiosa per accorgersene. –Non è vero Jack? Non ti manca la mamma? E’ vero, non l’hai mai conosciuta, ma sono sicura che l’adorerai una volta tornata normale! Sai, è forte, coraggiosa e di buon… Jack? Ma che hai?-
Anche il bambino si era fatto buio in volto e a quel punto la Saiyan si accorse dell’atmosfera che si era creata.
-Cosa…- Ma non continuò la frase, le parole le morirono in gola. Aveva capito tutto, non c’era bisogno di aggiungere altro.
-Scusate, vado in camera mia.- Lasciò il bimbo tra le braccia del padre e attraversò in tutta fretta la soglia della cucina.
Riecheggiarono per un attimo i passi della ragazza, poi il suono della porta della sua camera che si chiudeva, poi il nulla.
-Vado da lei.- Trunks e C-17 avevano parlato contemporaneamente.
-C-17, non credo che voglia la tua compagnia.- Gli suggerì la sorella. Vidi il moro cambiare espressione, il disappunto gli si leggeva in faccia, ma anche qualcos’altro. Vergogna forse? Ci trovai un sorta di soddisfazione. Trunks intanto, era già scomparso alla mia vista.
Mi sedetti vicino a Goten che, sconsolato, giocherellava col suo cellulare.
-Come fai a sapere della morte di Videl? Insomma, tu non c’eri sul campo di…-
-Baby mi aveva raccontato tutto. Non mi fraintendere…- lo interruppi, prima che potesse aggiungere altro. –Non parlava con me. Mi riferiva solo determinate cose, cose che importavano a lui più che altro. Ma non voglio parlare di lui ora. Piuttosto, da quant’è che si sono messi assieme quei due?-
Assunse un espressione sorpresa che mi fece non poco divertire, sembrava un bambino, e sospirò. –Non da molto, tre settimane direi.-
Inarcai un sopraciglio. –Ah.- Fu tutto quello che riuscii a dire.
Intanto Goku era spaparanzato su una sedia, in uno stato che sembrava di sonno, forse stava solo ragionando. Aveva smesso di fare il bambino, per ora.
-Mi dispiace per Videl figliolo.- Si alzò di scatto dalla sedia e raggiunse il primogenito. Gli posò una mano sulla spalla e Gohan chinò il capo.
-E questo sarebbe il mio nipotino!- Riprese tendendo le braccia verso Jack. Lui ci si tuffò a capofitto, tutto sorridente. –Assomiglia ad entrambi.-
Riprese Goku con voce calma e pacata.
-Lo so. A mio parere assomiglia più a Videl.-
-Credo che gli occhi siano i suoi. Ma ha il tuo stesso viso, si può dire.- Diede un buffetto al piccolino. –Sono sicuro che diventerai forte come il tuo papà.-
-A proposito di forza, si può sapere perché sei ancora trasformato?- Chiesi intromettendomi nella discussione.
-Ad essere sincero non ne ho idea.- Disse ridendo e mettendosi una mano dietro la nuca. –Se dovrò restare così ben mi sta.-
Ma mentre diceva queste parole eccola, la luce che presagiva il ritorno in… un’adolescente?
-Wow! E chi se l’aspettava questa!- Disse il Saiyan, cercando di ammirare un sé tredicenne.
Gohan si sbatté una mano sulla fronte ed il bambino di sei anni era chiaramente sconvolto dal cambio dell’età del nonno.
-Gli verranno i traumi a questo bambino!-
C-18 alzò gli occhi al cielo, prese il bimbo per mano e lo portò nella sua cameretta.
-Bra, per ora ti puoi sistemare in camera di Pan. Non credo che resteremo ancora a lungo in questo posto.- Disse uscendo.
Come per darsi il cambio, Uub entrò nella stanza. Erano impressionanti i suoi cambiamenti.
Era molto più muscoloso, alto e l’aura che emanava, anche se controllata, sembrava molto potente.
- E’ pericoloso restare qui ora che la nostra aura è percepibile.- Annunciò.
- Prima non lo era?-
Uub spostò su di me la sua attenzione.
-Beh, prima, non so il motivo, l’aura in questa foresta non era  percepibile. Da un paio di giorni le cose sono cambiate. Ora riesco a sentire chiaramente la tua, che non è minimamente celata.- Finì con aria di rimprovero.
Sbuffai e cercai di controllarla.
-Perché è pericoloso? Mio padre ha fatto ritorno!-
-Sì, Goten, ma non sappiamo cos’ha intenzione di fare e poi…-
-Io direi di attaccare ora. Subito! Siamo nel pieno delle forze, contro tutti noi non può fare nulla.-
-Sì, questo è vero, ma non è lo scontro a preoccuparmi quanto le conseguenze. Potremmo far tornare l’intera popolazione mondiale alla normalità, ma prima dobbiamo occuparci di questi alieni.-
Spostai lo sguardo a terra. Come mi vergognavo!
-Ma cosa può importare a noi.- C-17 ci osservò, uno per uno, con aria menefreghista. –Alla meglio li libereremo dopo che sarà tutto finito con Baby. Alla peggio, beh, moriranno prima che lo togliamo di mezzo. Noi vinciamo comunque.-
Un chiaro rumore di nocche che sbattevano contro la carne, e l’androide si ritrovò a terra.
-Come ti permetti! Sono esseri viventi! Non puoi fargli questo!-
Goten era andato su tutte le furie. Anche Gohan e Goku non erano da meno, ma il secondogenito di casa Son era stato più veloce.
-Lasciatelo stare, ci mancherebbe che ci mettessimo a litigare tra di noi. Piuttosto, organizziamoci. Come facciamo a salvarli?-
Fu Gohan a rispondermi. –Beh, credo che possiamo partire domani mattina per la città. Analizzeremo la situazione, vedremo se li potremo aiutare. Uub, come sta l’alieno?-
-Si sta riprendendo. E’ ancora in gravi condizioni, ma se la caverà.-
-Non puoi usare i poteri curativi di Majin Bu?- Chiesi speranzosa.
- L’ho già fatto, anzi, se non lo avessi fatto sarebbe sicuramente morto. Non sentirti in colpa Bra! Non eri tu a compiere quelle azioni.-
-Sì, non è questo…- Cercai di obiettare.
Una mano si posò sulla mia spalla, era quella di Goten che mi sorrise. –E’ stata una giornata lunga per tutti noi, vai a riposare. La camera di Pan è uscendo dal corridoio sulla destra.- Risposi al sorriso.
-Se lasci ancora sulla mia spalla la mano giuro che te la taglio.-
La ritirò immediatamente, producendo grande ilarità tra i presenti.
–Andremo io, Gohan, mio padre e Uub. A voi va bene?- In un vano tentativo di distogliere l’attenzione, Goten disse quelle parole tutte di fila, però ci trovammo tutti d’accordo ugualmente. Era la soluzione migliore.
-Papà, non puoi usare il teletrasporto?-
-Mi spiace Gohan, in questo stato i miei poteri sono alquanto ridotti. Se mi trasformassi in Super Saiyan di quarto livello lo potrei fare, sicuramente. Vedremo domani…-
Annuimmo e mi diressi verso la stanza di Pan. Avrei cercato di consolarla, se lei me lo avesse concesso. Ma visto la tarda ora che si era fatta aprii leggermente la porta, cercando di non far rumore. Chinai il capo e vidi la coppietta distesa sul letto ormai tra le braccia di Morfeo. Il lilla stringeva tra le moretta che aveva un sorriso sul volto rigato dalle lacrime che prima aveva versato.
Richiusi la porta ed uscii dalla stanza, sarei andata a dormire in quella di Trunks. Ma già potevo sentire il forte russare provenire da essa.
Restai sbalordita nel vedere Goten del tutto addormentato nella sua parte della stanza. Aveva preso sonno in meno di tre secondi! Sconsolata ed abbattuta all’idea che avrei dovuto trascorrere una notte insonne, mi diressi nel bagno e dopo una breve doccia ed un cambio d’abiti che…
Mi ero dimenticata di chiedere.
Rassegnata uscii dal bagno a piedi scalzi, avvolta in un asciugamano per andare in cerca di C-18, ma appena aprii la porta me la ritrovai davanti, ci mancò poco che mi mettessi ad urlare.
-Tieni.- Disse atona, lievemente rossa in viso, imbarazzata. Aveva capito che mi aveva spaventata a morte e di aver evitato una scenata.
-Grazie.- Sussurrai prendendo i vestiti che mi tendeva.
-Notte.- Chiuse la porta, ma sentii comunque i suoi passi allontanarsi dalla stanza.
-Notte.- Sussurrai girandomi nuovamente.
Goten intanto si era svegliato e mi guardava con aria trasognata. Oh no! Credeva di star sognando!
Scese dal letto e si avvicinò lentamente. –Non ti muovere!- Dissi mettendomi in posizione di difesa. Ma la minaccia sembrò non scalfirlo. Ormai ci dividevano pochi centimetri. Dolcemente mi cinse la vita con un braccio, mentre con la mano mi carezzava la guancia.
-Sei una dea?- Chiese con aria innocente.
-Per te sì!-Gli cinsi il collo con il braccio destro e con la mano gli diedi un colpetto sulla nuca e così torno a dormire.
-Ma vedi che mi tocca fare!- Sussurrai nella notte trascinandolo sul suo letto. Dopo di che, finalmente mi potei cambiare e andare a dormire.

 
Angolo dell’autrice
Mi volevo assolutamente scusare per il ritardo!
Ho lavorato un po’ di più su questo capitolo e spero che vi sia piaciuto.
Ringrazio chi continua a recensire, o a seguire semplicemente, la mia storia! Grazie di cuore a tutti.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 24
*** Saiyan? ***


I raggi del sole che filtravano dalla finestra presto colpirono il mio viso e mi svegliarono del tutto dallo stato di dormiveglia in cui ero caduta. Socchiusi gli occhi e lo vidi accanto a me, la bocca leggermente aperta e l’espressione del viso, così serena, gli davano un’aria da bambino. Sorrisi lievemente e gli diedi un bacio a fior di labbra.
-Hey sveglia.- Gli sussurrai dolcemente all’orecchio.
-SHdhoish- Dette queste sottospecie di parole si girò dall’altro lato, lasciandomi basita. Alzai il busto e mi appoggiai sul gomito, indecisa se lanciargli un pugno o un calcio. Ma vederlo così rilassato e tranquillo mi fece passare quell’idea e dopo avergli dato un altro bacio sulla guancia, uscii dalla camera, cercando di non fare rumore.
Mi diressi verso la cucina e rimasi colpita dal silenzio che regnava in casa, con tutta probabilità dormivano ancora tutti. Bene, avrei potuto fare colazione in santa pace, senza che nessuno tentasse di rubarmi i cereali dalla ciotola. Era più forte di mio zio, quando vedeva del cibo, anche se fosse stato per terra, ci si sarebbe tuffato a capofitto, azzannando e ringhiando a chiunque avesse avuto il coraggio di avvicinarsi.
Ok, forse stavo esagerando.
Sospirai e aprii il frigo, presi una busta di latte e andai a prendere anche la ciotola.
Annoiata cominciai a giocherellare con il cucchiaio e i cerali, facendone andare a fondo buona parte. Era incredibile che non mi avessero detto niente su mia madre. Una lacrima mi scese dal viso e andò a finire dritta in quella sottospecie d’impasto che era diventata la mia colazione.
La fame mi passò del tutto, svuotai il contenuto alquanto molliccio nella spazzatura e mi sedetti nuovamente sulla sedia, poggiando i gomiti sul tavolo e la testa tra le mani.
-Qualcuno è di malumore oggi?-
Trasalii nel vedere C-17, poggiato allo stipite della porta, che, con aria annoiata,  prese a sua volta una sedia e si sedette accanto a me.
-Non credo di doverti dare spiegazioni.-
Alleggerì il tono della voce, come per dargli una sfumatura più femminile e riprese  -Ed anche arrabbiati!-
-Senti, non mi pare che io e te abbiamo molto da dirci. Quindi, perché non ti alzi dalla sedia e ritorni da dove eri venuto?- Non avevo voglia di parlare con lui, quindi gli dissi tutto ciò in faccia, senza alcuna sensazione di rimorso. Ricordavo perfettamente il modo in cui aveva parlato con gli tsufuro, il giorno in cui venni rapita, ed ero sicura al cento per cento che non stava recitando del tutto. Se gli avrebbero concesso la libertà, lui mi avrebbe lasciata lì, e sarebbe scappato via, cercando di portarsi dietro la sorella sicuramente.
-Ce l’hai con me per quel giorno?- Chiese con fare innocente. –Sai che stavo mettendo!-
Inarcai un sopraciglio e lo guardai in cagnesco. –Sì, come no!-
-No, non hai capito nulla!- Sorrise lievemente. –Ti avrebbero fatto fuori se non avessi reagito in quel modo.-
-Già, ma non ha nessuna importanza ora.- Dissi scocciata, alzandomi dalla sedia per ritornare accanto al mio ragazzo che stava nell’altra stanza.
-Cosa devo fare per convincerti?- Mi guardò con occhi confusi e speranzosi di un mio chiarimento.
-Tsh.- Dissi, imitando quel tono che ricordavo come quello di Vegeta, voltandomi del tutto verso la porta. Il ragazzo mi afferrò il polso e mi trascinò verso di sé.
Strinse la mia vita tra le mani e mi costrinse a baciarlo. Restai sorpresa nel non costatare in quel gesto l’arroganza che solitamente caratterizzava C-17. Era dolce il modo in cui lui attirava le mie labbra verso le sue, quasi innocente. Ma questo non aveva importanza. Posai le mani sul suo petto e lo allontanai di colpo.
-Non mi devi mai più toccare!- Sussurrai incredula, ma decisa.
-Fa la scelta giusta Pan!- Mormorò lui. –Io sono immortale, come te Pan. Lui no! Presto lui invecchierà mentre tu resterai per sempre una ventenne. Non t’illudere che non sia così.-
Mi voltai di nuovo verso di lui. –Non mi dire cosa fare.- Sentivo che stavo per perdere il controllo, me ne andai furiosa. Ma l’ira si distolse immediatamente nel momento in cui entrai in camera mia e vidi il lilla ancora tra le braccia di Morfeo.
-Io l’ho già fatta la scelta giusta.- Sussurrai nuovamente, abbracciando il corpo addormentato del mio Trunks.

 
-HAU!-
-Uffa! La vuoi finire di sbadigliare Goten, così ci farai scoprire!-
Uub mi rimproverò per quella che sembrava la millesima volta quella mattina.
-E’ colpa tua! Mi hai fatto alzare alle sei del mattino oggi! Non si scherza! Le sei!-
-Sei un bambinone! Cavolo, secondo me hai trentadue anni persi! Ma sei caduto dalla culla quand’eri piccolo?-
La tentazione di mettere le mani attorno alla sua gola e stringere si faceva sempre più forte.
-Veramente sarei io quello caduto dalla culla quand’ero piccolo. Che male c’è?- Chiese mio padre confuso, grattandosi il capo.
-Punto primo, papà tu sei caduto da una montagna. Punto secondo, finitela di fare i deficienti se no ci scopriranno. Punto terzo, state facendo perdere la pazienza persino a me!- Tentò di zittirci mio fratello, ma io continuai imperterrito.
-Hai sentito quello che ha detto mio padre? Il più rimbambito e lui tra di noi e si da il caso che tu abbia preso lezioni da lui.- Sorrisi, certo della mia vittoria.
-E si da il caso che fino a quindici anni ti abbia cresciuto lui!-
Misi il broncio, senza sapere cosa rispondere.
Gohan alzò le mani al cielo, come per pregare. -O Dende ti ringrazio! I bambini hanno finito di litigare!-
Camminavamo da ore in quell’angusto castello, senza avere la minima idea del dove ci stessimo dirigendo. Eravamo nei sotterranei, i cunicoli si sopraggiungevano gli uni agli altri, facendoci perdere l’orientamento. Persino quando credevamo di essere arrivati alla conclusione di essi, ne apparivano altri.
-Non potremmo usare il tuo passaggio interdimenzionale Uub?- Chiesi cercando di non farlo irritare ulteriormente. Ma quest’ultima cosa sembrò non riuscire.
Il moro alzò gli occhi al cielo. –No Goten! Te l’ho già detto! No e ancora mille volte no! Dobbiamo cercare il luogo dove sono stati segregati gli alieni e io non lo conosco, quindi non posso!-
-E come hai fatto a creare un passaggio sino al mio ristorante?-  Continuai insistente.
-Quello lo conoscevo già!- Esasperato sbatté un paio di volte la palpebra dell’occhi destro, come un tic. Scoppiai a ridere, era molto divertente.
-State zitti!- Sussurrò mio padre, severo e preciso. Visto il tono di voce, così raro udirlo dalla sua bocca, cademmo nel mutismo più assoluto. Due voci, sicuramente delle guardie, presto giunsero al nostro orecchio, così come le loro ombre. Ci alzammo lievemente in volo, fino a raggiungere il lurido soffitto ricoperto da vari strati di muffa e ragnatele, in modo da non farci scoprire.
-Ora andrai a raggiungere gli altri.- Diceva una delle due.
-Ti troverai bene.- Diceva l’altra.
Presto anche le loro sagome furono visibili ed in seguito anche i dettagli dei loro corpi. Gli uomini che camminavano non erano due, ma tre. Solo che uno era sorretto dalle guardie. No, non sorretto, trascinato di peso. Il rumore delle catene di quest’ultimo era pesante e continuo ed ogni suo lamento non era altro che un sussurro debole e breve. Era ridotto male.
Io e i miei compagni respirammo all’unisono cercando di fare il meno rumore possibile. Continuammo ad avanzare nelle tenebre, seguendo ogni passo ed ogni movimento dei tre, nel più completo silenzio fino a quando le guardie non si fermarono di botto. Una di loro alzò la mano verso un candelabro e lo inclinò verso destra. I mattoni cominciarono a deformarsi e disparsi facendo largo ad una porta segreta. Non ne varcarono la soglia, restarono fermi, in attesa e così restammo anche noi. L’ansia aleggiava, colpendoci ad intervalli regolari. Sapevamo che in uno scontro corpo a corpo avremmo certamente avuto la meglio, ma prima dovevamo salvare quei poveri innocenti da un destino fatto solo da schiavitù e sofferenze.
Una terza guardia apparve sulla soglia, osservò le altre due, e si scansò, facendole passare, poi chiuse la porta ed i mattoni ritornarono al loro posto. –Cosa facciamo ora?- Chiesi guardando a scatti gli altri.
-Afferratemi il braccio.- Sussurrò mio padre portandosi due dita alla fronte.
-Non hai detto che in questo stadio non ne eri capace?- Chiese Gohan dubbioso guardando dall’alto in basso l’adolescente.
-Sono vicini, non sarà un problema. Tenetevi pronti per qualsiasi cosa succederà non appena entrati in quella stanza.-
Chiuse gli occhi, percepì le aure che gli interessavano e sparimmo.

 
-Ooo! C’è nessuno in casa?-
-Bra!- Lanciai il suo nome a mo’ d’imprecazione, trattenendomi dall’urlare a mia volta. -Ma la delicatezza sai cos’è?- Chiesi diretta all’uscio della mia porta, certa che potesse sentirmi.
-Che… che cosa è successo?- Trunks si ridestò del tutto visto le grida scellerate della sorella.
-Non lo so, ma credo che sia qualcosa che alla principessina non vada giù.- Sussurrai sorridendo e distendendomi sul suo petto.
Lui sorrise e mi strinse a sé.
-Voi due!- La porta venne spalancata del tutto e una Bra infuriata avanzò minacciosamente. -DOVE SONO GLI ALTRI! VOGLIO SAPERLO ORA! NON POSSO CREDERE CHE MI ABBIANO MOLLATA COSI’- Finì piagnucolando, imbronciata per essere stata scartata.
-Sono in missione.- C-18 raggiunse la stanza, alquanto irritata, con il piccolo Jack in braccio che le tirava una ciocca di capelli per avere la sua attenzione.
-E perché non mi avrebbero detto di venire con loro?- Chiese guardandoci in faccia, uno ad uno.
-Perché sei irritante, e anche molto direi.- C-17 fece il suo ingresso, le mani teatralmente poste sopra le orecchie per prendere in giro Bra. –La tua voce da oca non ha eguali mia signora.- Prese la mano di Bra e la baciò, ma presto si ritrovò con uno schiaffo sulla guancia e una turchina ancor più irritata. In quel momento avrei potuto giurare di vedere C-17 sorridere, era evidente che voleva ingelosirmi, sbuffai. Tempo perso.
Improvvisamente, una nuova aura divenne percepibile e chiara nella casa. Trunks e io balzammo dal letto e, imitati dagli altri, ci mettemmo in posizione di difesa.
Un alieno violaceo entrò nella stanza e fissò lo sguardo sulla mia coda.
 –Saiyan?- Disse.

 Mai mi sarei aspettato una scena del genere. Insieme a mio fratello, Uub e mio padre, osservammo l’alieno che sembrava quasi gioioso nell’averci nella stessa stanza.
Baby, seduto sul suo trono d’oro, ci guardava sorridente e sprezzante del pericolo.
- Sorpresi?- Chiese.

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Capitolo 25
*** Stanza ***


Il pericolo mi eccitava, mi dava alla testa, mi mandava in estasi.
Forse era la mia parte saiyan che richiamava in me queste emozioni o forse, era la consapevolezza che i quattro che avevo di fronte erano tra gli esseri più potenti e temibili della galassia ed erano comunque inermi d’innanzi a me, costretti a seguire ogni mio ordine, solo che loro ancora non lo sapevano.
Erano visibilmente tesi, sorpresi e soprattutto nelle mie mani, perché, lo sapevo, non avrebbero mai messo in pericolo degli innocenti. Buffo come una razza possa cambiare radicalmente il proprio modo di vivere in base all’ambiente che la circonda. Divertente vedere come gli ultimi esponenti della razza Saiyan erano diventati così altruisti, umani. Esilarante il modo in cui erano diventati facili da prevedere, catturare e piegare al proprio volere.
Il più giovane dei Saiyan fece un passo verso di me, col viso distorto dalla rabbia e dal desiderio di vendetta.
-Alt!- Esclamai alzando il braccio destro, facendo tintinnare il braccialetto di metallo che avevo al polso e mettendolo in bella mostra. Per un momento sembrò esitare, dubitare delle mie parole, ma quando suo padre gli mise una mano sulla spalla si stabilizzò e restò immobile.
Gohan mosse la testa in avanti, cercando d’analizzare ogni mio movimento. –Perché dovremmo fermarci?-
Ghignai. –Perché se non lo faceste, lui- Indicai l’alieno che gemente era prostrato ai miei piedi. –Insieme a tutta la sua razza verrebbe sterminata.- Continuai a sorridere, trionfante. –E tutto ciò grazie alla meravigliosa Bulma e alla sua ingegnosa mente. Questo braccialetto, della Capsule Corporation, ne controlla altri e gestisce, tramite una mia verifica, il livello d’elettricità che i vari “gioielli” devono emettere.-
-Sei un bastardo!-
-Oh, ma guarda chi parla! Sbaglio o in una tua vita passata tu non eri Majin Bu, anzi, no Majin Bu. Eri un essere ancor peggiore del mostro rosa. Kid bu. Mi sbaglio?- Strinse le palpebre, impercettibilmente. Avevo toccato un tasto dolente. –Ad ogni modo, nessuno di voi, singolarmente, è al mio livello combattivo. Goku potrebbe esserlo, ma non sarebbe abbastanza veloce a  farmi fuori prima che io possa regolare il braccialetto. Quindi, a voi la scelta! Ricoprirvi del sangue del popolo di Giove e salvare i vostri tanto amati terrestri, oppure andarvene con la coda tra le gambe. Tu Goku, puoi seguire il consiglio alla lettera.-
Ricevetti una risposta del tutto insolita dal Saiyan. Uno sguardo di puro odio, i denti leggermente scoperti. –Ragazzi.- Disse con voce ferma e decisa. –Mettete una mano sulla mia spalla. Baby, non credere di averla vinta così facilmente.- Si portò due dita alla fronte e chiuse gli occhi.
Ne approfittai. Sbattei due volte le dita della mano destra sul mio braccio sinistro e una donna trentenne e dai capelli corvini spuntò da dietro il mio trono nel momento esatto in cui i Saiyan scomparvero.
La guardai compiaciuto, l’aveva vista soltanto Gohan e, inoltre, avevo guadagnato tempo.

 
-Saiyan?-
Perché era così spaventato? Gli avevamo salvato la vita dopotutto.
Rivolsi lo sguardo verso Trunks, cercando una risposta alla mia muta domanda, ma quando colsi l’espressione incuriosita sul viso di lui, capii che ne sapeva tanto quanto me. –Siete degli assassini!- l’alieno gridò quella parola con tutto il ribrezzo che evidentemente provava verso di noi.
-Taci tu! Non sai di chi stai parlando!-  Sconcertata, osservai C-18 perdere il controllo, fu un attimo, ma bastò a far zittire l’uomo, come se si fosse reso conto della forza della donna. Mi avvicinai e presi tra le braccia Jack, per sicurezza. Lei non obiettò, ma continuo a rivolgersi all’uomo.
-Racconta forza! Dicci chi sei.-
Non avvertivo l’aura di C-18, questo era ovvio, ma forti folate di vento, gelide e taglienti, continuavano a colpirmi. Provenivano da lei ed era come se fosse in procinto di spiccare il volo.
Anche se titubante, l’uomo cominciò a parlare. –Mi chiamo Yarin e appartengo alla razza dei mutanti. Siamo riusciti ad adattarci all’atmosfera del pianeta Giove, tanti anni fa e viviamo…- Si fermò per poi riprendere. –Cioè, vivevamo in pace.-
-Com’è che parli la nostra lingua?- Continuò lei, gelida ed insensibile.
-Conosciamo ogni lingua di ogni pianeta di questo sistema solare.- Abbassò la testa. –Qualche mese addietro, Baby ha attaccato il nostro pianeta, insieme a lei.- Alzò il dito indicando Bra e i suoi occhi si tinsero di rabbia e paura. –Lei è un mostro. Ha sterminato la maggior parte degli abitanti del nostro pianeta. Con un solo colpo aveva distrutto un intero villagg…- Non riuscì a terminare la frase, la voce, discontinua e debole, si spense. Vidi Bra distogliere lo sguardo da Yarin e Trunks stringere i pugni.
-Non è stata colpa di mia sorella.- Si avvicinò e le mise una mano sulla spalla. –Baby è uno Tsufuro. Riesce a controllare la mente altrui entrando nel corpo di una persona e lasciarvi dentro un uovo che finirà con lo schiudersi e prendere il sopravvento. Da lì in poi controllerà le azioni, i pensieri, i sentimenti e, nelle persone più deboli, anche l’animo.-
Yarin spalancò la bocca e sgranò gli occhi. –Questo non… questo non è possibile.- Cominciò a tremare e cadde in ginocchio.
-Vieni, non ti sei ristabilito ancora del tutto.-
Ancora più scioccata di quanto fosse l’alieno per le sue scoperte, osservai C-17 aiutare Yarin e riportarlo in camera sua.
-Quello è C-17 o uno Tsufuro?- Chiesi a C-18. Lei scrollò le spalle e si diresse in cucina. –Vado a preparare il pranzo.-
-Menomale, avevo una gran fame!- Improvvisamente nella stanza apparvero Uub, Goten, Trunks e Goku.
-Com’è andata?- Chiesi guardandomi intorno, in cerca di una forma di vita extraterrestre.
-No Pan, abbiamo avuto dei problemi, ci siamo scontrati con Baby.-
E detto questo spiegarono l’intero accaduto. –E’ uno stronzo!- Gridai fendendo inutilmente l’aria con un pugno.
Bra appariva seccata ma rassegnata, come se avesse già immaginato l’intero accaduto. –Baby non è da sottovalutare. E’sempre un passo avanti a noi.- Annuii alle sue parole e mi rivolsi a mio padre.
-Tutto bene? Ti vedo un po’ scombussolato.- Gli sorrisi cercando di tirarlo un po’ su, ma il risultato non fu granché. Scosse leggermente la testa e si diresse verso camera sua accennando un “Non preparatemi da mangiare non ho fame” veloce per poi sparire varcando la soglia della mia camera.
Non lo avevo mai visto così, chissà cosa gli era successo, ma quando tirai per la manica di mio zio in cerca di una risposta, non ottenni altro che un tiepido sorriso e quattro parole di conforto.
Presto tutti lasciarono la stanza, tutti tranne Bra.
Mi avvicinai e la abbracciai. Così, senza alcun preavviso. Lei scoppiò a piangere sulla mia spalla e restammo così,ancora per un po’.
-Hey, ma che fine ha fatto la principessa dei Saiyan? Non ti riconosco, dovresti vergognarti.- Feci all’insù col naso e lei si mise a ridere.
-Io vergognarmi? E tu che razza d’amica saresti, non mi hai detto nemmeno che hai un ragazzo!-
-Ah sì?- Feci una smorfia. –E quando avrei avuto il tempo di dirtelo?- Lei per tutta risposta inarcò un sopraciglio. –C’è sempre tempo per queste cose. E c’è tempo soprattutto se il ragazzo in questione e mio fratello. Anche se nomignoli come idiota, immaturo, stupido, cretino, ebete, imbecille gli si addicono maggiormente.-
-Ah sì?- Ripetei mettendomi le mani sui fianchi. –Non so se per te le cose sono cambiate, ma ricordo qualcosa riguardo sei anni fa…- Cominciai misteriosa.
La vidi sbiancare in volto. –Sei anni fa cosa?!- Ma un grido interruppe la nostra conversazione. –E’ pronto!- Sorrisi birichina e cominciai a indietreggiare.
-Io scappo prima che il nonno e gli altri facciano scomparire il cibo!- Sparii dietro la porta e sentii Bra continuare a gridare. –Sei anni fa cosa?!-

 
Gohan si stese sul letto e chiuse gli occhi. Afferrò le lenzuola vicino al cuscino e strinse. Sentii la stoffa lacerarsi sotto la pressione delle mani ed un gran dolore irradiarsi nel petto insieme ad un dubbio che poteva definire quasi certezza.
Non può essere lei. ”Pensò affondando il viso nel cuscino. “Non può essere la mia Videl”

 

 

Angolo dell’autrice
Ecco un altro capitolo della storia, spero vi sia piaciuto. Aggiornerò il più presto possibile.
Grazie a tutti voi che continuate a seguirmi, a presto!

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Capitolo 26
*** Un altro Super Saiyan ***


Le tende furono smosse da un leggero sbuffo di vento. L’aria tiepida, tipica della stagione primaverile, finalmente stava cominciando a risparmiarci da quel freddo pungente che ormai ci perseguitava da mesi.
Seduto sulla scrivania della mia camera da letto,  scarabocchiavo su un foglio, cercando di scrivere un continuo al libro che oltre sei anni orsono avevo cominciato a scrivere.
Nulla, guardavo quel foglio bianco e la mia mente veniva travolta da troppi pensieri, impedendomi dallo scrivere una frase di senso compiuto.
Stressato e arresomi all’idea che nemmeno quel giorno avrei concluso qualcosa, mi affacciai alla finestra e restai meravigliato dai colori sgargianti del tramonto che stavano svanendo sempre più, divenendo sempre meno visibili.
-Gohan.- Un lieve sussurro proveniente dagli alberi, non molto distanti attirò la mia attenzione. Il mio nome pronunciato in modo tanto suadente quanto flebile, mi fece dimenticare lo spettacolo della natura al quale stavo assistendo. Pensai che forse me lo ero immaginato,  quella era l’unica spiegazione, non vedevo nessuno là fuori.
-Gohan…- Un’altra volta, ma la voce era più forte, reale. A quel punto fui sicuro che non si trattava di una semplice illusione provocata dal mio stesso inconscio. Mi sporsi ancora di più, cercando la persona a cui appartenesse quella melodia. Una giovane donna sicuramente e il fatto che la voce somigliasse a quella della mia tanto amata Videl non mi lasciò scelta. Con un balzo arrivai al piano terra della casa e cominciai a scrutare in direzione degli alberi.
Una testa fece capolino da dietro al tronco ed una mano mi fece cenno di raggiungerla. Mi mossi lentamente, ammirando il viso della mia adorata e godendomi appieno il colore dei suoi occhi azzurri. Il mondo finì d’esistere. C’era solo lei, nessun altro aveva importanza, e poco importava il fatto che sarebbe dovuta essere morta, lei era lì, per me.
Stavo per annullare lo spazio che ci divideva quando lei si fece indietro.
-Cos…- Stavo per chiedere, confuso dal suo rifiuto, ma lei poggiò due dita sulle mie labbra e prese ad indietreggiare, prima lentamente e poi più velocemente. A quel punto corsi, corsi a perdifiato nel tentativo disperato di seguirla, ma era così difficile!
E all’improvviso tutto si fece buio. Una risata agghiacciante coprì le risa gioiose di Videl che continuava a farmi cenno di seguirla, incurante della nuova voce.
-Videl, aspetta!- Riuscii a dire col respiro irregolare dovuto non tanto alla corsa, quanto alla paura di perderla ancora. Ma lei si allontanava e ormai era troppo distante. Scomparve alla mia vista e a quel punto mi trovai solo nella più completa oscurità. Caddi in ginocchio, tenendomi la testa tra le mani e iniziando a tremare.
-VIDEL!- gridai con tutto il fiato che avevo in gola, invocando la presenza di mia moglie, sentendo l’assoluto bisogno di lei.
-Non c’è Gohan.- La voce orribile che poco prima aveva riso, ora stava parlando. –L’hai uccisa.-
-No, io…- Cercai di obiettare, di dare per falsa la verità che mi stava sbattendo in faccia quell’essere dall’aspetto ignoto.
-Non puoi mentire a te stesso. Gohan.
Un qualcosa, simile ad uno straccio, si staccò dall’oscurità che mi circondava. Si deformò e prese forma, prima in maniera brusca e svelta, poi piano e delicatamente.
Si venne a creare la forma di un viso, d’un paio d’occhi, di una bocca e si plasmarono il tronco e poi gli arti.
-Ma cosa sta succedendo!- Urlai nuovamente, sentendomi inerme e patendo la solitudine.
-Sto componendo il corpo dell’assassino di Videl.- Continuò crudele l’essere che, in quel momento, aveva preso la mia forma.
-No! Non sono stato io!- Un groppo mi salii in gola e le lacrime cominciarono ad affiorare contro la mia volontà. Non avevo più il controllo!
-Oh, sei stato tu e come se sei stato tu. Tu sei un mostro, tu sei me. E io non solo sono te, sono anche dentro di te.- E detto questo la sua forma cambiò nuovamente. Cominciò a sciogliersi e riversarsi a terra in nere pozzanghere che si riunivano e formavano qualcos’altro.
Un mostro demoniaco si rialzò dal piano sul quale giacevo. Zanne lunghissime sporgevano dalla sua bocca tumefatta e occhi rossi fiammeggianti spiccavano sul volto scimmiesco dell’essere.
-Visto Gohan?- Alzò la mano destra, permettendomi di notare un esile figura che stringeva come fosse una bambola. La testa di Videl si muoveva avanti e indietro, oramai, priva di vita.
-NO!- Urlai nuovamente, trasformandomi in Super Saiyan e uscendo da quell’insopportabile torpore in cui ero caduto.
Ma facendo ciò, non ottenni altro risultato che scatenare l’ilarità della bestia.
-Tu Gohan, vorresti lottare contro di me? Contro di te? Ma quanto sei spiritoso!- Si crogiolava nella mia sofferenza, mi scherniva con quelle sue risa ignobili. Gettò il corpo della ragazza, dove finì non lo vidi neanche, e il suo corpo prese a ribollire. Cominciò a sciogliersi nuovamente, ma mentre si scomponeva, continuò a parlare.
-Io sarò sempre in te, perché, ricorda, i Saiyan non sono altro che mostri.
L’ammasso d’acqua che si era creata, si diresse verso di me, colpendomi con tutta la sua forza.
-No Videl!- Aprii gli occhi in una pozza di sudore. Ogni mio muscolo tremava dall’orrore.
Mi passai una mano sulla fronte e osservai ogni singolo angolo della mia camera da letto.
-Era stato solo un sogno, solo un sogno- Mi ripetei, cercando almeno un briciolo di calma.
Ma una lieve brezza mi giunse dalla finestra aperta e per un secondo, mi parve di vedere due occhi, nuovamente rossi. Non resistetti. Cedetti sul mio stesso letto, abbandonandomi ad un oblio molto più profondo del semplice sonno.

 
-Tutto qui quello che sai fare?- La principessina dei Saiyan, dopo aver parato l’ennesimo colpo, cominciò a prendermi in giro.
-Hey! Guarda che stavo cercando di darti una mano!- Portai le braccia all’indietro e strinsi  i pugni, osservando la turchina sorridermi sicura di sé.
-Ah sì! Non ti conviene. Hai promesso. Se ti batto dovrai dirmi cosa è successo sei anni fa.
-Beh- risposi con un ghigno. –Allora dovrai restare nell’ignoranza cara mia.- Mi lanciai di nuovo contro di lei, cercando di colpirla con un calcio allo stomaco, ma lei si scansò all’ultimo minuto e il mio unico risultato fu quello di abbattere una quercia.
Mi voltai di scatto, avvertendo la sua presenza dietro di me e caricai un pugno.
Nessuna delle due si accorse dell’iniziativa dell’altra, ed entrambe ci ritrovammo col pugno dell’altra in faccia.
Un rivolo di sangue scese dalla mia guancia sinistra, così come su quella di Bra.
-Hey Pan vuoi dei dolcetti?- Nonno Goku mi urlò qualcosa, ma non capii.
-Cosa nonno?
-Attenta! Mai distrarsi in un combattimento!- Urlò la turchina vittoriosa, dandomi un calcio all’addome e bloccandomi le braccia per poi costringermi a terra.
-Nonno Goku!- Urlai. –Ti ammazzo!- Tremante di rabbia e immobilizzata sotto la presa ferrea di Bra, non potei far altro che lanciare occhiatacce al geniaccio che mi aveva fatto distrarre.
-Ora me lo devi dire!- La ventunenne cominciò a saltarmi sulla schiena.
-Bra, mi fai male!
-Si, tutte scuse!- Sorrise lei prendendo a farmi il solletico.
-No, ti prego ti prego! Ti dirò tutto!- Mi arresi, cercando di porre fine a quella tortura.
-E bene?- Si posizionò di fronte a me, sedendosi a gambe incrociate e posando i gomiti sulle ginocchia.
-Ti ho vista sai! Sbavare dietro a mio zio!-
Inarcò un sopraciglio e un’espressione incredula le si fece largo sui lineamenti del bel volto.
-Non è vero e poi dai, avevo quindici anni e tuo zio aveva ventisei anni! Era solo una cottarella!
-Ahhh! Allora lo ammetti! Se non ci fosse stato Baby ti saresti messa con mio zio! Ti piace!
-Ora non esagerare! Non sono più una bambina e su tuo zio posso fare una lista lunga quanto la grande muraglia cinese di cose che non vanno!
I suoni degli allenamenti di Goten, Trunks e Jack distolsero la nostra attenzione dalla conversazione. Con un sorriso osservai il piccolo Jack cercare di mantenere il livello di combattimento pari a quello di Trunks e Goten, ma il piccolo Super Saiyan proprio non ci riusciva.
Super Saiyan!? Cosa!?
Guardai a bocca spalancata il bambino di appena sei anni trasformato, combattere come un leone contro i due ragazzi, ma ancora non era al loro livello ed era stanco.
-Stop!- Mi misi in mezzo alla lotta e m’inginocchiai di fronte al bambino. –E tu da quando in qua ti puoi trasformare?
-Da sempre.- Scrollò le spalle lui.
-Ma non è possibile!- Urlai in preda alla rabbia. –Ci ho messo anni per  riuscire a trasformarmi e guarda, il piccoletto di turno ci riesce. E’ proprio vero che noi donne dobbiamo lottare per conquistare le nostre cose.- Incrociai le braccia. Non ce l’avevo con Jack, no di certo, solo che trovavo l’intera situazione ingiusta.
-Veramente anche io ci sono riuscita subito Pan. Non appena ho iniziato a lottare.- Affermò Bra fiera di sé. Sbattei nervosamente le dita della mano sinistra sul braccio destro e sbuffai. Possibile che fossi io l’unica sfigata?
Guardai ancora il bambino. Stavo per chiamare C-18, che si scontrava contro C-17 e nonno Goku che aveva appena finito d’ingurgitare dolcetti, ma ci ripensai. Lo portai per mano fino in casa, gli feci fare una doccia e lo misi a nanna.
Sentii odore di cibo provenire dalla cucina e feci capolino dalla porta.
-Hey Uub, lascia stare. Perché non vieni con noi ad allenarti?
Lui mi regalò uno dei suoi sorrisi a trentadue denti. –Per oggi mi voglio riposare, inoltre vi sto preparando alcuni piatti per la cena, ricette della mia tribù natale, che vi faranno leccare anche il piatto.- In quel momento pensai a nonno Goku. Beh, lui non si sarebbe limitato a leccarsi il piatto, se lo sarebbe addirittura ingurgitato.
-D’accordo. Allora vado a riprendere gli allenamenti.- Spostai lo sguardo su Yarin che, silenzioso e serio, fissava il tavolo della cucina.
Poco prima avevo sentito Uub parlare. Forse voleva far stare meglio l’alieno.  Li lasciai soli e uscii nuovamente in giardino, oramai diventato molto più simile ad una palestra.
-Hey Pan!- Mi chiamò Bra. Li raggiunsi.
-Che c’è?- Chiesi curiosa osservando i sorrisi beffardi dei ragazzi.
-Duello a quattro, divisi in due squadre. Donne contro bambini. L’unica regola è non ci sono regole!- Disse precisina alzando l’indice della mano destra.
-D’accordo, cominceremo tra: tre,due, uno.- Goten fece l’occhiolino a Trunks e, in un turbino di foglie, passarono in mezzo a noi due, staccandosi di pochi centimetri dal terreno e dividendoci. Era una tecnica.
-Io prendo Goten- Mi urlò lei dirigendosi dall’altro lato.
-Sì, questo già lo so.- La schernii provocandone l’irritazione e un certo rossore.
Poi la mia attenzione si posò del tutto sul lillà.
-Pan, amore mio. Non colpiresti mai il tuo ragazzo vero?- Chiese indietreggiando lentamente. Lo guardai dall’alto in basso.
–Certo che sì.- Urlai lanciandomi contro di lui.
-Ecco perché ti amo- Mi bloccai in aria. Era la prima volta che me lo diceva.
Lui mi prese tra le sue braccia e mi baciò le labbra dolcemente.
-Ho vinto.- Annunciò.
Lo guardai in quegli occhi così chiari e affermai sicura. –Ti amo anche io.-
Il sorriso che mi riservò poteva essere paragonato all’alba più bella che avessi mai visto in vita mia. Lo strinsi a me e con un minimo di forza gli feci perdere l’equilibrio. Caddi addosso a lui riuscendo a liberarmi dalla sua stretta.
-Hai sbagliato.- Cominciai decisa. –Ho vinto io.-
Un sonoro schiaffo riecheggiò nell’aria e ci distolse da quel momento magico. Con gran divertimento osservammo la situazione opposta alla nostra.
-Ma che ho fatto?- Cercava di farsi spiegare il moretto.
-Mi hai palpato il sedere!- Urlò Bra furente.
-E’ stato un incidente!- Si giustificò il ragazzo.
-Vorresti dire che non ti piace il mio sedere?-
Un grosso gocciolone di sudore, in puro stile manga, inumidì la fronte di tutti i presenti. Eccetto quella della turchina. Bra se ne andò a grandi falcate dentro la casa.
-Che ho fatto?- Chiese Goten del tutto incredulo.
Scoppiammo a ridere.
-Amico.- Disse Trunks –Tu le donne non le capirai mai!-
-Ma che c’è da capire! Ci sono- Riprese come illuminato. –Andrò da Bra e le chiederò scusa. Non so cosa ho fatto di male ma lo voglio capire.-
E così vedemmo Goten scomparire all’interno della casa.
-Tra quanto tempo secondo te?- Chiesi dubbiosa a Trunks.
Lui sospirò. –Tre, due, uno…-
E in quel preciso istante, Goten volò via dall’edificio gridando il perché di quella sua infausta sorte.

 
Angolo dell’autrice
Salve a tutti! Spero di non avervi rotto le scatole  Spero che questo capitolo vi sia piaciuto
J
Come oramai sapete, ogni correzione o critica è sempre ben accetta.
Vi aspetto al prossimo capitolo.

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Capitolo 27
*** Immobilizzato ***


Il flusso dell’acqua aperta del lavandino era l’unico rumore nella cucina che, continuo, ci risparmiava dal silenzio che sarebbe potuto diventare imbarazzante in sua assenza.
-Salve a tutti.- Mio papà entrò nella stanza.
Lo guardai strabuzzando gli occhi. Sembrava che non dormisse da giorni! Le occhiaie erano più che evidenti sul suo viso giovane ma segnato da una profonda tristezza, le spalle erano abbassate, quasi come in segno di resa e il sorriso che ci rivolgeva era del tutto spento. I capelli, solitamente alzati all’insù in un ordine quasi maniacale, non avevano senso quel giorno poiché tutti aggrovigliati tra di loro, la camicia che portava era quasi interamente sbottonata e sporca in più punti e un’altra cosa che si aggiungeva al suo aspetto trasandato e che mai gli avevo visto, sia nei suoi anni da mezzo saiyan, sia che da tsufuro, era la barba. Non era poi così evidente, tutto al contrario, ma il viso di mio padre era stato sempre perfettamente liscio e rasato. Il suo aspetto era costantemente in ordine, anche e persino, durante gli allenamenti. Quella versione di Gohan  che avevo davanti, non mi piaceva affatto.
Mi venne una piccola fitta allo stomaco rendendomi conto che l’avrei preferito sotto il controllo di Baby piuttosto che in quello stato. Non stava bene, si poteva dire che era caduto in depressione.
-Buongiorno.- Lo salutai, nonostante le mille emozioni che mi si agitavano dentro, in modo allegro, come sempre, facendo segno di sedersi sulla sedia accanto alla mia.
-Ho finito.- Annunciò C-18 riponendo l’ultima stoviglia al suo posto e interrompendo la corrente dell’acqua. –Ora possiamo riprendere la nostra conversazione. Qual è la prossima mossa?- Il suo tono era anche esso rassegnato, stanco di tutti i problemi ai quali aveva dovuto prestare voce.
-Non c’è più speranza.
-No Gohan! C’è sempre una speranza.
C-18 posò una mano sulla spalla di mio padre, per dargli conforto. In quel momento mi parve che sull’androide fossero ricaduti tutti i suoi veri anni, mostrandone la vera essenza.
-Non nelle condizioni in cui ci troviamo, ogni nostro movimento è bloccato e forse siamo anche spiati.- Pronunciare quelle parole mi fece male, ma era giorni che sentivo presenze intono a me e stavo cominciando a credere che avessero scovato il nostro nascondiglio. Il fatto era che la nostra aura era nuovamente percepibile e non ci trattenevamo più di tanto nei nostri allenamenti quindi eravamo facilmente rintracciabili da Baby, ma non solo da lui. Anche i discepoli del genio delle tartarughe di mare erano in grado di percepire l’aura e anche se lo tsufuro si fosse assentato o avesse avuto grattacapi da affrontare ci sarebbero stati sempre loro a sorvegliarci.
Brividi di freddo, nonostante l’alta temperatura della stanza, mi percorsero il corpo.

 

-Scusate voglio soltanto riposarmi in questi giorni- Gohan si alzò dal tavolo, diretto nuovamente in camera sua.
Guardò attentamente la finestra, indeciso sul da farsi. Dal giorno dell’incubo ormai erano trascorsi quattro giorni, ma il fantasma della sua amata tornava regolarmente a perseguitarlo. Gli faceva visita tutte le notti, restava con lui sino alla fine delle tenebre nel suo letto, tenendogli compagnia e facendolo stare bene. Ma come la droga, quando lei se ne andava, si sentiva svuotato e bisognoso della sua presenza. Nel bene o nel male.
Quella mattina però era diverso, aveva la sensazione che lei sarebbe venuta, doveva essere così, se lo sentiva. Ma forse era solo la pazzia e il disperato bisogno di lei che gli faceva venire quelle idee. In quei quattro giorni, non faceva altro che stare in camera, aspettandola e trascurando persino i suoi figli.
Una leggere folata di vento lo fece alzare dal letto.
Sì, sì! Era lei, lo sapeva, lo sapeva!
-Videl- Sussurrò al vento e alle sue parole comparve la ragazza.
-Seguimi.- Disse semplicemente lei e lui, come un cucciolo indifeso, la prese per mano.

 
Pochi minuti prima…
-Cara Videl.- Baby alzò una mano per carezzare il volto della donna che gli stava davanti. Si chinò verso di lei e le sussurrò in un orecchio. –E’ il momento, porta Gohan da noi.-
La corvina annuì e scomparve, lasciando il padrone alle sue riflessioni.

 
Baby era compiaciuto del suo piano, sicuro che sarebbe riuscito a ottenere ciò che voleva. L’eliminazione dei Saiyan componeva solo una piccola parte del suo volere, prima avrebbe avuto la loro forza. Sì, voleva che il loro potere venisse trasmesso a lui e poi voleva annullarne l’esistenza.
-E tutto grazie a voi.- Finì il suo pensiero a voce alta, rivolgendosi ai suoi nuovi giocattoli.
-Non ti conviene considerarci così Baby.-
Nella faccia dello tsufuro si lessero facilmente le scuse che stava per porre ad alta voce, spaventato all’idea che l’esponente più importante del popolo della notte potesse leggere i suoi pensieri. Ma tutto questo non lo spaventava soltanto, lo infastidiva. A lui piaceva avere il controllo su tutto, svelare il segreto delle sue macchinazioni solo dopo molto tempo. Ma con questi alleati non era possibile.
-Sappiamo il pericolo che corriamo stringendo un alleanza con te. Per questo cerchiamo di fidarci il meno possibile.
-Potreste cercare di nasconderlo almeno.- Disse Baby nella finta indifferenza.
-E a che servirebbe?- Continuò l’alieno stringendosi nelle spalle.
Non c’era da scherzare con il popolo della notte, per questo non avrebbe mai iniziato una guerra che avrebbe potuto definire alquanto dubbia. Nonostante la sua forza, non poteva competere con le arti magiche ed illusorie di questo popolo apparso molti anni fa, su un pianeta ai margini della galassia.
Le grandi porte della stanza si aprirono e la moglie di Gohan entrò nella stanza, reggendo suo marito per un braccio. Lo buttò ai suoi piedi e lui si fece trattare in quel modo senza una grinza.
-Che sia chiaro Baby, mi dovrai pagare molto per il servizio che ti ho reso. Posso andare ora?-
Lo tsufuro annuì e le porte si chiusero nuovamente lasciando solo tre persone all’interno della stanza delle quali una era a terra.
-E così questi sarebbe uno degli ultimi esponenti della razza Saiyan. Sai, lanciargli quel maleficio da lontano non è stato semplice, aveva una mente forte. Ma il suo corpo non sembra esserlo.- Prese tra le dita verdi e raggrinzite il volto di Gohan e lo alzò di pochi centimetri dal pavimento, ammirandone i lineamenti.
Il volto grinzoso dell’alieno non reggeva il paragone minimamente, si poteva considerare l’opposto.
-Me li ricordavo più… grezzi.-
-Il loro sangue è misto, non sono più come li ricordate. Voi avete visto il sorgere e il tramontare del loro regno, ma non la fine della loro razza e fidati di me, se ti dico, che sono molto più forti di quel che sembrano e non mi dire che tu non li vuoi cancellare dalla faccia dell’universo. Non vuoi vendetta per il tuo popolo decimato da queste bestie?
-E tu vorresti che io trasmettessi il potere di questi esseri a te? Mi dispiace ma non posso farlo, non è possibile. Posso privarli del loro potere, ma non di più che per pochi istanti. Però posso immobilizzarli.- Lo tsufuro strinse i pugni, non avrebbe ottenuto ciò che desiderava.
-D’accordo.- Continuò arrendevole. –Allora portameli uno per uno qui. Li ucciderò assieme. Vero è che il corpo di Goku è più forte, ma proprio per questo non so se sarei in grado di controllarlo. Vegeta invece non richiede tutto questo sforzo. Il suo cuore è il più sporco, non è più vile e crudele, questo è vero, ma il sangue delle sue vittime ricadrà per sempre su di lui, rendendolo mansueto per esseri superiori come me.
-O inferiori?- azzardò l’alieno.
-Cos’hai osato di…- Ma venne interrotto.
-Lasciatemi andare.- Gohan non aveva nemmeno più la forza di reagire. Sconvolto dal comportamento di Videl, vergognatosi della sua stupidità, in quel momento non gli restava altro che subire. Come avesse fatto quell’alieno a ridurlo in quel modo non lo sapeva.
-Davvero notevole, è ancora in grado di pensare e parlare. Questi scimmioni mi stupiscono. Sono sicuro che la loro morte sazierà il mio popolo della fame di vendetta che da secoli ormai li divora. Vado a prendere gli altri.-
A quelle parole Gohan sembrò riscuotersi e, prima che il controllo dell’esponente del popolo della notte ebbe del tutto la meglio su di lui, riuscì a sussurrare. –No, ti prego.- Poi fu circondato dal buio, sotto lo sguardo dubbioso dell’alieno.

 

Angolo dell’autrice
Ecco a voi un nuovo capitolo  che spero vi sia piaciuto.
Così Gohan è stato catturato. Cosa succederà nel prossimo capitolo? Gohan riuscirà a liberarsi o sarà ucciso? ( Dovrei proprio smetterla di ascoltare il narratore rompiscatole di Dragon Ball e godermi la puntata XD)
Grazie a tutti voi che continuate a seguirmi, al prossimo capitolo!

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Capitolo 28
*** Il sacrificio ***


Salve a tutti!
Un piccolo avvertimento prima d’iniziare a leggere.
Il capitolo comincerà dal momento in cui Gohan , lascia i suoi compagni. Vedremo le loro reazioni e gli avvenimenti. Ho alzato l’avvertimento dal verde al giallo perché verso la fine ci sono delle scene abbastanza cruente.
Spero che il capitolo vi piaccia, buona lettura.

 
Mio padre uscì dalla stanza sotto i nostri sguardi preoccupati.
-Ragazzi, credo che sia solo stanco e stressato. Siamo tutti sotto pressione ultimamente e lui è quello che ha sofferto più di tutti noi.- Uub aveva parlato sottovoce, quasi col timore che Gohan sentisse.
-Non c’è bisogno che lo giustifichi Uub. Piuttosto, Yarin, credo che tu debba mangiare molto di più per riprenderti. Apri la bocca!- Bra, insensibile alla situazione pesante, o forse cercando d’alleggerirla, prese il cucchiaio dell’alieno, lo riempì sin quasi all’orlo con il latte, e cercò d’imboccare il poveretto che cercava di ritirarsi. Sorrisi lievemente guardando la scena. Yarin si era rifiutato di continuare a mangiare ma C-18 lo aveva incoraggiato, dicendogli che avrebbe dovuto recuperare le forze perse se avesse voluto cominciare ad allenarsi insieme a noi per liberare il suo popolo, però non ero così sicura se a convincerlo fossero state le parole dell’androide o il suo tono minaccioso, comunque l’alieno si ritrovò l’unico a dover finire di far colazione e ora gli toccavano pure le attenzioni della Saiyan, fatto di cui non sembrava essere molto contento.
-Ragazzi, io vado a fare due passi fuori.- Goten si alzò dalla tavola con lo sguardo basso, anche Trunks sembrò averne l’intenzione, ma venne bloccato dal ragazzo.
-Mi dispiace amico, devo schiarirmi le idee.
Trunks lo guardò a lungo. –Non vuoi fare qualche sciocchezza vero?
-Sta tranquillo, ci tengo ancora alla mia vita. Non andrò di certo ad affrontare Baby da solo.- Detto questo uscì.
-Nonno?- Attirai la sua attenzione alzando la voce, visto che stava pregando Yarin di dargli un po’ di cibo, quest’ultimo stava per cedere, ma la mia intromissione nella discussione distolse completamente l’attenzione di Goku dall’alieno.
-Sì, Pan?- Alle sue parole presi fiato, era difficile dire quello che mi stava passando per la testa quindi riordinai  i vocaboli nella mia testa e riuscii a formulare una frase di senso compiuto.
-Non ti senti in colpa? Infondo siamo stati io, Trunks e tu  a portare Baby sulla Terra. Siamo stati stupidi, avremmo dovuto ucciderlo subito, quando ne avevamo la possibilità…- La mia voce si fece sempre più fievole, fino a sparire quasi del tutto. Mi sentivo colpevole. Ero stata così debole! La prima volta che affrontammo quell’essere, io Trunks e nonno Goku, riuscimmo a colpirlo in pieno con un’onda energetica. Le parti dell’onda dei miei due compagni di viaggio erano sicuramente più potenti della mia che invece…
Strinsi i pugni, se fossi stata più forte, se avessi avuto la possibilità di trasformarmi prima, agli inizi dei miei allenamenti, come ci era riuscita Bra, avrei potuto facilmente disintegrare quel mostro con l’aiuto di Trunks e nonno Goku. Avrei potuto mettere più forza e cancellare quell’essere dall’intero universo. Se ci fosse stato Goten al posto mio, Baby non sarebbe nemmeno uscito da quel laboratorio. Un pensiero improvviso mi colpii. E se non fossi stata adatta alla lotta? Se non avessi avuto nessun potenziale come mio padre o come mio nonno? Questo avrebbe spiegato la mia “trasformazione tardiva”.
-Credo che, a lungo andare, ci avrebbe trovato comunque, Baby ha un grande potere rigenerativo- Gli occhi del nonno erano persi nel vuoto, stava pensando a qualcosa, o, forse, a qualcuno e nonostante ciò, aveva capito a cosa mi riferivo.

-Goku, faremo tornare anche Chichi normale.- Guardai Trunks con un sorriso, che avesse letto veramente nei pensieri del guerriero? Dal sorriso di Nonno Goku capii che era proprio così.
-Ma non è solo lei a preoccuparmi. Questa volta, non riesco a trovare nessuna soluzione, nessuna via d’uscita.
-Fidati Goku se ti dico che ve la siete cavata in situazioni peggiori.-  Il Saiyan annuì a C-17 che, serio e apparentemente indifferente, non distoglieva mai lo sguardo dalla mano di Trunks che stringevo come fosse un’ancora di salvezza, sembrava essersi rassegnato all’idea della mia relazione col lillà.
-Ragazzi, esco anche io.- La turchina lasciò in pace il poveruomo e cominciò a dirigersi verso la porta.
-E no, non sono  riuscito a fermare il mio migliore amico, ma tu resti dentro.- Bra inarcò un sopraciglio, guardò il fratello dall’alto in basso, e senza dire una parola uscì di casa.
-Trunks, non sei riuscito a fermare Goten, non puoi pretendere di riuscire a fermare Bra.- Lui sospirò e mi strinse a sé.
-Sono riuscito a fermare te però.- Mi diede un bacio a fior di labbra, mentre mio nonno Goku, alquanto scandalizzato, bofonchiava qualcosa che non riuscii a capire impegnata com’ero.

 Bra uscì in quella calda giornata di fine aprile, aguzzò la vista e localizzò la sua preda dalla chioma corvina, distesa sul prato, poco distante. Si avvicinò lentamente, lasciandogli tempo affinché la notasse.
Niente.
Aumentò lievemente la proprio aura, ma il giovane non accennava ad alzare la testa. Stufa di questa sua indifferenza aumentò il passo e si ritrovò davanti a lui. Finalmente quest’ultimo parve accorgersi della sua presenza, ma non alzò lo sguardo, si limitò semplicemente a dire.
-Non sono bellissimi?
La ragazza, non capendo, si sedette accanto a lui.
-Cosa?
Goten prese un piccolo fiore rosso e lo alzò, per poi incontrare gli occhi curiosi della sua interlocutrice. Ma proprio nel momento in cui stava per parlare s’immobilizzò, incantato dalla rosea pelle di lei, dai suoi occhi, dalla sua bocca.
Senza neanche rendersene conto, si avvicinò sempre più. Dal canto suo, Bra, non aveva la minima voglia di allontanarsi da lì, voleva che Goten si avvicinasse. Alzò una mano verso il suo viso, quasi come un gesto istintivo, e posò la mano sulla calda guancia di lui. Una brezza leggera soffiava tra di loro scompigliando i capelli della turchina e posandosi sul suo viso. Goten, irritato da quei fili che gli ostacolavano la vista di quella meraviglia, li scostò, avvicinandosi ancora di più.
Oramai mancavano pochi centimetri all’unione delle loro labbra e l’ambiente circostante sembrava solo voler favorire la nascita di quella coppia dando all’atmosfera una tranquillità assoluta, facendo dimenticare ai due ragazzi il caos nel quale si erano ritrovati nell’arco di sei anni.
Pochi millimetri ormai, Bra sentiva il respiro di Goten sul suo viso e, imitata dal ragazzo, cominciò a chiudere gli occhi sempre più smaniosa del contatto che stava per arrivare…
Un rumore riecheggiò nella foresta, gli alberi che prima facevano loro ombra erano rimasti del tutto carbonizzati da qualcosa, o da qualcuno.
-Goten che sta succedendo!- Gridò la turchina afferrando il braccio del ragazzo che si guardava a destra e sinistra. –Aiuto!- Urlò in direzione della loro casa. Vide i suo amici uscire e in quel momento si poté dire tranquilla, insieme avrebbero sconfitto facilmente chiunque avesse provato ad attaccarli.
-Cosa diamine è successo?- Gridò di rimando Pan, ma una nuova esplosione rese inutile il suo sforzo, nessuno la sentì.
Dalla nube di polvere e terra che si era venuta a creare, emerse Baby, accompagnato da una figura incappucciata. Il sovrano alzò il braccio e cominciò ad indicare le prede.
-Quei due.- Disse alzando il dito verso Goten e Bra, ancora leggermente distanziati dal gruppo. –E quei quattro.- Finì per poi indicare Jack, Trunks, Goku e Pan.
-E gli altri?- Chiese l’alieno atono.
-Me ne occupo io.
In un attimo Baby scomparse e riapparve di fronte a Yarin.
Una luce accecante e dell’alieno non rimase nemmeno il cadavere.
Nella mente dei bersagli del sovrano, non restò altro che freddo. Ognuno di loro provava odio verso quell’essere, ne odiavano ogni fibra del suo corpo e della sua anima.
-Sei un mostro!- Urlò Uub lanciandosi contro di lui, ma il suo grido si smorzò all’ultimo, intrappolato nei suoi polmoni trapassati dalla mano dello tsufuro.
-No…- La saiyan corvina si avvicinò lentamente al corpo morente di quell’uomo che credeva aver amato, ma resasi conto in quel momento che per lei, Uub, era solo il suo migliore amico.
S’inginocchiò accanto al ragazzo e le lacrime cominciarono a scorrerle sul viso.
-Uub, Uub! Ti prego, non puoi lasciarci, resta con noi.- Lo supplicava. Nella testa della Saiyan, passarono uno dopo l’altro i momenti passati insieme al suo compagno d’avventura.
L’aiuto di lui era stato fondamentale per lei, senza quell’uomo, non avrebbe mai incontrato i due cyborg e non avrebbe potuto proseguire nella sua pazza e disperata missione, era solo grazie a lui se era riuscita a far tornare normali Trunks e Goten, ricordava ancora il sollievo che aveva provato vedendolo comparire dal nulla nella cucina del ristorante. -Senza di te non posso andare avanti, non possiamo!- Presto i presenti ignorarono l’alieno e lo tsufuro e si unirono attorno a Uub.
-Sì che potete.- Tossì lui. –Siete forti, siete coraggiosi.- Guardò tutti i volti dei presenti. –Finite questa guerra per me, riportate tutto alla normalità.- Un nuovo colpo di tosse, stavolta ancora più violento. –Scusami Pan, mi sono comportato da stupido con te, sappi che sarai sempre la mia migliore amica.- Sul volto della corvina si dipinse un sorriso, non di gioia ma di puro dolore. Uub sentiva le sue forze venir meno, non cerano neanche fagioli di Balzar dannazione! Ma se c’era una cosa di cui si era pentito, era non aver rivelato nulla alla ragazza con la quale era rimasto nella stessa casa per più di un anno, sotto lo stesso tetto, la ragione per cui considerava Pan una semplice amica.

 
Flash Back

 
Le onde del mare bagnavano la sabbia dell’isoletta del genio delle tartarughe di mare e l’odore della brezza marina inebriava i due ragazzi stesi fianco a fianco sulla sabbia intenti a godersi il sole.
-Hey Uub.- La biondina si mise a sedere. –Secondo te chi è più forte tra mio zio e mia madre?- Il ragazzo guardò Marron con un cipiglio incuriosito. –Perché mi fai questa domanda?- Lei scrollò le spalle. –Curiosità, credo.-
Uub sospirò e rispose. –Credo che siano perfettamente alla pari, non ho mai avuto modo di confrontarmi con loro.-
-Ah sì.- Sussurrò lei.
-E’ pronto in tavola!- L’urlo di Crilin e C-18 giunse all’orecchio dei due ragazzi. Marron si alzò subito, ma Uub non aveva la minima voglia d’imitarla.
Lei lo prese per le braccia e cominciò a tirare. –Dai Uub, alzati.-
Lui cominciò a ridere vedendo i lineamenti contratti sul viso della biondina, ma smise quando questa aprì gli occhi. Uub rimase senza fiato nel contemplare quel blu così intenso.
-D’accordo.- Sussurrò.

 
Quello fu solo uno dei tanti momenti in cui i ragazzi passarono del tempo assieme.

 
Fine Flash Back

 
-Dite a Marron che l’amo.- Uub finì di respirare e il suo cuore cessò di battere. Ci fu un momento in cui tutto rimase immobile, ma subito dopo la voce forte e decisa di C-18 ruppe quella sorta d’incantesimo.
-Non ti perdonerò mai! Mi hai tolto tutto, mio marito, mia figlia, persino il mio pianeta.- La forza dell’androide aumentò di cento volte. –E mi hai portato via anche Uub che ormai consideravo come un figlio!- Delle lacrime cominciarono a scendere anche sul suo viso mentre ricordava i momenti vissuti con Crilin, Marron, Uub e il genio nella sua isola. La bionda si lanciò contro di lui, in una disperata ricerca di vendetta. Baby scansò il pugno del cyborg e con un colpo secco le staccò la testa.
Goku si alzò in piedi, furente per l’uccisione del suo unico discepolo, si trasformò nel super saiyan di quarto livello. L’aura che lo circondava era rossa e bastava solo quella per distruggere a grandi ondate il terreno che lo circondava. Stava per scagliarsi contro lo tsufuro, ma qualcosa lo immobilizzò, permettendogli solo d’urlare il proprio dolore per poi sprofondare nel buio assoluto.
Uno per uno, lentamente, tutti i Saiyan, orripilanti e sconcertati per la morte dei loro due compagni vennero bloccati e persero i sensi e, infine, liberi di muoversi e svegli, restarono soltanto Pan e C-17.
La ragazza tremava d’ira mentre il suo corpo veniva circondato dalla luce dell’oro. Restò sorpresa nel rendersi conto che era riuscita persino a superare il limite, arrivando al secondo livello.
Si era sbagliata, lei era allo stesso livello degli altri, era una Saiyan a tutti gli effetti. Tuttavia da sola non avrebbe mai potuto far niente, non era ancora abbastanza forte.
Anche lei venne bloccata, ma ancora cosciente, vide C-17, solo, fronteggiare i due alieni. Ma lo sguardo del Cyborg non era spaventato, tutt’altro.
“Scappa stupido!” Urlava Pan nella sua testa, ma l’androide non si muoveva. “Ti prego”
Sapeva che non poteva sentirla, ma non doveva restare lì, doveva volare via, doveva salvarsi, almeno lui! Era la loro unica possibilità!
“No Pan, non scapperò” Le parole di lui la sorpresero, poi si ricordò della possibilità dei Cyborg di parlare tra loro non necessariamente ad alta voce. “Sarebbe inutile. Mi dispiace amore mio, non ho saputo dimostrarti i miei sentimenti, mi sono comportato come uno stupido.” Nella sua voce mentale, Pan poteva avvertire il dolore per la morte della sorella, ma sembrava che in lui ci fosse dell’altro. “ Ti ho amata Pan e ora è arrivato il mio momento.”
C-17 lanciò una spera d’energia contro Baby, la fece esplodere a mezz’aria per poi spostarsi dietro di lui e aggrapparsi alla sua schiena.
-Baby, il dottor Gelo ci ha costruito con la possibilità d’autodistruggerci. La nostra esplosione può spazzar via questo pianeta se non l’intero sistema solare, ma se riesco a controllarla, almeno in parte, posso restringere il campo di distruzione a te e me. Sei morto Baby e io avrò la mia vendetta.-
-Ahahah!- C-17 sgranò gli occhi nel sentire la risata di Baby. –La tua bomba, insieme a quella di C-18 è stata disattivata, te ne sei dimenticato?
-Come potrei dimenticarmene! E’ per questo che ne ho costruita un’altra io stesso e l’ho inserita all’interno del mio corpo.
L’urlo di Baby si unì a quello di C-17 e una luce accecante li circondò. Il rumore fu assordante mentre la forza di centinaia di bombe atomiche esplodeva in un unico punto definito.
L’unica androide rimasta vide quella forza dissiparsi dopo pochi secondi, piena di speranza, osservò il punto in cui i due combattenti erano scomparsi, ma quando il polverone si volatilizzò ecco ricomparire Baby che, protetto da una barriera che avvolgeva il suo corpo quasi come una seconda pelle, rideva.
Si avvicinò alla mezzosangue e disse. –Questo è quello che succede a chi si oppone a me.-
E in quel momento Pan perse i sensi.

 
Continua…

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Capitolo 29
*** Speranza ***


Aprii gli occhi lentamente, sbattei un paio di volte le palpebre e presto i contorni dello spazio che mi circondava, prima sfogati, si fecero nitidi e potei capire dove mi trovavo. Provai ad alzarmi, ma il peso del mio stesso corpo mi buttava giù e rendeva vano ogni mio sforzo. Mi trovavo nella camera dov’era successo! L’ultimo luogo in cui ero stata da umana. Ma quella specie di stanza degli orrori non era stata distrutta? Almeno così mi avevano detto. Possibile che quel sadico di Baby l’avesse ricostruita? E sei anche fosse stato così, a che scopo?
Ma certo! Lui non voleva altro che farci soffrire il più possibile e rinchiuderci lì sotto, faceva parte del suo divertimento.
Cercai di alzarmi ancora, questa volta riuscivo a muovere qualche muscolo, ma non appena lo feci, fui pervasa da un lieve tremore. No, no! Non dovevo avere paura, dovevo aiutare gli altri!
–C’è qualcuno?- Riuscii a chiedere. La mia voce, in qualche modo, mi aveva rincuorato.
-Pan?- Il mio nome pronunciato da due voci contemporaneamente!
-C-17, C-18? Siete voi?-
-No Pan, siamo Bra e Trunks.- Chiusi per un attimo gli occhi. Certo che non erano loro.
–Dove ci troviamo?- Chiese Bra. Ero volata di spalle, non la vedevo, ancora non riuscivo a muovermi del tutto.
-Al palazzo di Baby.- Annunciò Trunks.
-Hey ragazzi siete svegli?
-No Goten, parliamo tra di noi nel sonno.- Rispose la turchina alquanto irritata dalla stupidità di mio zio.
-Dobbiamo cercare mio padre! Mi alzai di scatto, finalmente avevo ripreso il controllo, e mi precipitai da mio nonno e mio fratello.
-Svegliatevi, svegliatevi!- Fu con sollievo immenso che vidi Jack riprendersi pian piano e aprire gli occhietti.
-Pan, cos’è successo?- Anche mio nonno si era svegliato e, come se niente fosse, si era alzato, il suo corpo aveva risentito ben poco di quello che ci avevano fatto.
Cominciammo a perlustrare quello scantinato, nel buio, era molto difficile riuscire a vedere tutto perfettamente. Cominciai a spostare le mani sulle pareti, in cerca di un’apertura.
-Nonno!- Chiamai. –Qui c’è qualcosa! Una porta!- Nonno Goku mi fece spostare e posò la mano sul pomello. Cominciò a girare, lentamente, e con uno strattone la porta venne aperta e come una corrente l’aura di mio padre c’investì.
-Questo è mio fratello! Papà dobbiamo cercarlo!- Goten saltellava sul posto, felice della consapevolezza che il suo fratello maggiore era ancora vivo.
-Sì, ma dobbiamo essere cauti!- Intervenne Trunks uscendo per primo dalla stanza.
Percorremmo l’angusto corridoio, non senza incappare in ragnatele e, di tanto in tanto, topi. Bra era attaccata al mio braccio e continuava a sussurrare. –Schifo, schifo, schifo!- Come un mandra, cercando di tanto in tanto d’alzarsi in volo, ma quando cercava di farlo Goten l’ammoniva ripetendole che Baby poteva sentire la nostra aura e di stare a terra. Lei si limitava a guardarlo male, senza rispondergli, ma ascoltandolo.
Procedemmo, sempre più veloci, e presto fui colta dal panico. Le strette pareti si susseguivano, sembrava che non avessero mai fine. Il respiro accelerò così come il mio cuore che  prese a battere come quello di un uccellino. E se non avessimo trovato mio padre in tempo? Io e Jack saremo rimasti senza genitori. Se fossimo riusciti ad uscire da quel casino che ormai era diventata la nostra vita avrei dovuto fare da madre a mio fratello. Guardai il bambino camminare al mio fianco e, come un flash, mi apparve l’immagine di C-17, C-18 e Uub, pronti a sacrificarsi per le persone che amavano.
-Perché non possiamo usare il teletrasporto?- Chiese Jack tirando Goku per il braccio.
-Perché non sapevamo dove saremmo arrivati. Prudenza.- Risposi al suo posto, cercando di sorridergli. Ma in realtà avevo una gran paura di quello che avrei potuto assistere comparendo in un luogo sconosciuto ed estraneo. Ed inoltre, saremo stati dei bersagli fin troppo facili.
Gli altri si fermarono di botto e io andai a sbattere contro le spalle di Goku. –Ma che…- Non finii la frase che vidi d’innanzi a me una porta, una lussuosa porta in legno decorata con intagli floreali.
Osservai attentamente la mano del Saiyan che si avvicinava sempre più al pomello.
-Aspettate!- Disse Bra alzando lievemente la voce. Si era trattenuta dal gridare, lo capivo dal rossore che aveva sulle guance e dal modo in cui si guardava a destra e sinistra. –Non so cosa ci aspetta al di là di questa porta n’è se riusciremo a far tornare tutto alla normalità perciò… al diavolo.- Prese per il braccio Goten e lo attirò a sé. Lo baciò con passione trasmettendogli con il semplice contatto fisico quel che non aveva potuto dirgli prima. Lui rispose senza pensarci due volte.
Sorrisi, Bra non poteva nascondermi la verità. Alzai lo sguardo negli occhi di Trunks, lui annuì. Non capii inizialmente il suo gesto, ma qualcosa mi disse che dovevo salutare Jack. Mi abbassai verso il bambino e lo abbracciai forte.
-Sta attento.- Gli sussurrai.
Goten e Bra intanto si erano staccati. –Che cos…- Ma non la lasciai finire.
-Bra, Goten, prendetevi cura di mio fratello. Se qualcosa dovesse mettersi male voi tre dovrete scappare.- I due erano confusi.
-Bra, Goten.- Trunks si avvicinò a sua sorella e al suo migliore amico e posò loro una mano sulla spalla. –Vi do la mia benedizione.-
-Ma cosa state dicendo ragazzi! Credete che potremmo mai lasciarvi soli a morire?-
-No Goten! Voi non ci lascerete da soli a morire semplicemente perché voi non sarete con noi. Dovete andarvene ora. – Non avevo mai visto mio nonno così serio, ultimamente anche il suo carattere era cambiato in seguito agli ultimi avvenimenti.
-Tu, Jack e Bra sarete gli ultimi discendenti della razza Saiyan, se le cose non andassero secondo i piani, dobbiamo assicurarci che voi sopravviviate per prendere il nostro posto.-
-Allora perché far rischiare Pan e non me.- Insistette disperato Goten.
-Perché è tutta colpa nostra Goten!- Quasi urlai. Il mio zietto sbiancò.
-C…cosa volete dire?-
Trunks si fece avanti. –Siamo andati nel pianeta di Gil, il robottino che abbiamo distrutto mesi fa…- A queste parole si fermò per guardarmi in faccia. Una piccola lacrima mi scese, una sola. Anche il povero Gil ci aveva rimesso le penne allora. –E lì si trovava il dottor Miu, colui che aveva riportato lo tsufuro alla vita. Gil mi aveva raccontato di questo scienziato, e così siamo scesi sul pianeta, ingannando sia Pan che Goku, siamo arrivati sino al laboratorio e lì abbiamo visto il mostro. Quindi, è solo colpa mia se Baby è arrivato qui.- A  quel punto presi io in mano il discorso.
-No Trunks, se io fossi stata più forte avrei potuto lanciare un’onda energetica più potente. E’ solo colpa mia se Baby si è spinto a tanto.-
-Pan e Trunks. Io avevo la forza necessaria per uccidere quello tsufuro eppure mi è sfuggito lo stesso. E’ colpa mia. Goten, hanno già ucciso migliaia d’innocenti e soggiogato tutti i terrestri., vuoi che la stessa fine la facciano la tua donna e tuo nipote che è appena un bambino?- Il mezzosangue non seppe più cosa replicare, ma si sa, gli opposti si attraggono e se lui non ne era in grado, la sua ragazza sapeva cosa dire.
-Punto uno: Io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno. Vero è che Goten sarà il mio uomo, ma se crede che lui possa anche solo influire su una mia, anche più piccola, scelta si sbaglia di grosso signor Son Goku. Punto due: Siamo finiti tutti in questo casino che ci piaccia o no e quindi combatteremo insieme. Punto terzo: Abbiamo passato mesi interi ad allenarc…-
Colsi di sprovvista Bra e l’abbracciai, facendole interrompere quell’arringa . –Prenditi cura di mio fratello Bra. Voi siete la nostra unica speranza in caso di fallimento, ci siete indispensabili vivi, non morti.- Abbracciai anche mio zio e il mio esempio lo seguirono sia Goku che Trunks. Per un attimo mi parve di essere ritornata al passato, pronta a partire con i miei due compagni di viaggio per lo spazio. Soltanto che in quel momento non stavamo partendo per iniziarlo, ma per concluderlo definitivamente.
-Ma cosa state aspettando?- Una voce fece tremare le pareti che ci circondavano e la porta si aprii con un gran fragore. I corridoi che ci precedevano scomparvero e fummo costretti ad uscire allo scoperto. La luce ci accecò per un istante ed un nuovo rumore ci assordò.
Non appena riacquistai la vista sbattei velocemente le palpebre e mi guardai attorno. Eravamo in un’arena! Dagli spalti gremiti, la gente urlava e fischiava.
Baby ci aveva semplicemente attirato alla nostra esecuzione con l’aura di mio padre.
-Credevate davvero che sia così stupido da farvi gironzolare nei corridoi del mio castello senza una meta precisa? E che vi avrei fatto scappare così facilmente? Avete proprio una testa da scimmioni!- Detto questo lo tsufuro apparve al centro dell’arena, con il suo braccialetto nel braccio destro e Gohan, trascinato per il bavero della camicia. Lo lanciò in segno di sfida verso di noi. Corsi verso mio padre e cominciai a strattonarlo. –Papà, papà!-
-Tranquilla  Pan, è solo svenuto.- Disse Goku mettendosi faccia a faccia con Baby e guardandolo con disprezzo.
Improvvisamente apparve un’altra figura. Incappucciata, dalla corporatura alquanto ridotta. Il suo passo era incerto, come se facesse fatica ad avanzare. Levò una mano rachitica verso di noi e restammo immobilizzati.
-Questa è la fine che farete. Giudicati di fronte al popolo tsufuro per i crimini dei vostri antenati.- Disse Baby cominciando a creare una sfera d’energia. No, non una spera, sembrava un oggetto contundente, un coltello.
Si avvicinò lentamente fino ad arrivare davanti a me. Mi strinse il volto con la mano destra e mi costrinse ad alzarlo verso di lui, facendomi esporre la gola.
-Aspetta Baby.- L’alieno affiancò l’alleato e posò una mano raggrinzita sulla mia fronte.
Per un attimo tutto fu buio, ma presto qualcosa cambiò.
I miei pensieri si tinsero di mille colori, sfaccettature diverse che non avevano una forma precisa, si mescolavano tra di loro e solo molto tempo dopo formarono delle immagini.
Non era forse il mio quattordicesimo compleanno quello che stavo guardando? L’occasione che avevo festeggiato con la mia famiglia, pochi giorni prima dell’arrivo di mio nonno. Poi l’immagine cambiò ancora ed eccolo, Nonno Goku, pronto a difendere me e Trunks dai mille nemici della galassia per il bene dell’umanità. Un nuovo cambio di scena. Il sole spiccava in quella giornata d’agosto. Le temperature avevano raggiunto i picchi massimi e la gente, boccheggiante per l’afa che da giorni li attanagliava, aveva cercato ristoro sulle bellissime spiagge della città dell’est. I piccoli Goten e Trunks sotterravano il sanguinario Principe dei Saiyan sotto parecchi centimetri di sabbia, mamma e papà prendevano il sole beati mentre nonno Goku e nonna Chichi si prendevano cura di me. Uno dei pochi ricordi che mi erano rimasti della mia infanzia. Ricordi catturati in una foto che portavo sempre con me nel cuore e che nessuno mi avrebbe mai strappato.
La mano si scostò dalla mia fronte ed io ritornai alla realtà.
-Interessante…- Sussurrò l’alieno.
-Cos’hai visto? Dimmelo!- Ordinò Baby, ma il suo interlocutore si limitò a scuotere la testa. Cambiò obiettivo e si diresse verso mio nonno. Posò anche a lui la mano sulla fronte e lo vidi cadere in una sorta di trance. Dopo pochi minuti, l’alieno si voltò del tutto verso Baby.
-Come hai fatto a tenercelo nascosto! Ci hai mentito.- La sua voce era calma, non tradiva nessuna emozione. –Ce lo aspettavamo, questo era certo, ma l’ultima cosa che potevamo pensare era tutto il male che hai fatto a questi, non posso credere alle parole che sto per pronunciare, innocenti!-
L’ultimo vocabolo fu un urlo, accompagnato da una serie di raffiche di vento che trascinarono di pochi centimetri Baby all’indietro. –Questo è un affronto. Sappiamo come scinderti dal corpo del Saiyan, Baby! La giusta punizione te la daranno le tue vittime.- Scoccò le dita ed io ripresi a muovermi come se nulla fosse.
Delle grida.
Baby si portò la testa all’indietro, tenendosela stretta tra le mani. Inizialmente non capii cosa gli facesse quell’effetto, ma poi sentii l’alieno recitare sotto voce una specie di preghiera.
Un altro urlo e dal corpo di Vegeta si riversò un liquido grigiastro.
-Papà!- Bra e Trunks stavano per precipitasi verso il Saiyan. –No, fermi!- Urlò loro l’alieno.
Si fermarono. Intanto il principe dei Saiyan tossiva incessabilmente.
-Baby è morto?- Sussurrai incredula.
-No Pan, non lo è.- Affermò Goku portandosi in posizione di difesa. Gli altri seguirono il suo esempio, mentre io trascinai in un angolo dell’arena mio padre e Vegeta, nel posto più riparato possibile.
-Il compito del popolo della notte è finito. Noi ce ne andremo subito.- Quell’essere incappucciato svanì, circondato da un gran polverone.
Il liquido di Baby si alzò e prese forma, autonoma.
-Pensate davvero che ci voglia così poco per uccidermi? In me non c’è solo il potere di Vegeta, ma anche quello di Trunks, Goten, Bra e Gohan, per non parlare di quello degli androidi che nonostante abbiano resistito alle mie uova, non hanno comunque impedito d’impadronirmi dei loro poteri, non potete nulla contro di me!-
Detto questo si alzò in volo, diretto verso di noi. Ad una velocità incredibile, Goku, si lanciò contro di lui, riuscendo a colpirlo allo stomaco. Poi indietreggiò.
-Tutti voi! Dobbiamo colpirlo con un’onda energetica combinata.-
-Papà, così uccideremo tutti i presenti- Urlò Goten.
-Forza Baby, fagli vedere chi sei!- Guardai con la bocca spalancata Bulma, Chichi e mia madre, urlare tra gli spalti. Quest’ultima teneva una cosa stretta tra le mani. Un radar? Non avevo tempo di farmi sopraffare dalla sorpresa nel vederla viva.
-Non discutete, fidatevi di me!- Goku si trasformò nel super saiyan di quarto livello. Senza neanche pensarci lo imitai, mi trasformai nel super saiyan di secondo livello e mi precipitai al suo fianco. Anche gli altri si unirono a noi, persino il piccolo Jack e ponendoci di fronte a Baby, e purtroppo anche agli spettatori, urlammo all’unisono le parole che ci avrebbero liberato da quel flagello.
-Onda energetica!!-
Baby venne colpito in pieno e in pochi secondi fu del tutto annientato, ma l’onda era troppo forte per essere immediatamente deviata e così gran parte dei terrestri-tsufuro vennero eliminati.
Intanto, dietro di noi, Gohan e Vegeta si erano ripresi, ma non vi badai. Correvo, verso quel luogo in cui prima c’era mia madre, viva e vegeta nonostante sarebbe dovuta essere morta.
Quando arrivai in quella zona degli spalti la vidi. Non si era salvata, era riuscita però a spostarsi, ma la forza dell’onda l’aveva comunque uccisa. Il suo corpo era disteso sul terreno.
Bip
Un suono strano.
Bip
Di nuovo!
La voltai e vidi che tra le mani stringeva ancora il radar! Ma non era entrato a far parte del corpicino di Gil che era andato distrutto? Con tutta probabilità lo avevano estratto, o forse ne avevano semplicemente creato un altro, perfettamente funzionante. Sullo schermo, luminosa ed evidente appariva un segnale, il segnale di una spera del drago.
-Papà!- Gridai tra le lacrime.
Tra quelle macerie sorgeva ancora un briciolo di speranza.

 
Salve a tutti!
Stiamo per arrivare alla fine di questa storia, credo che manchino ancora due o tre capitoli.
VI ringrazio per aver continuato a seguirmi sin qui.
Aggiornerò il più presto possibile, alla prossima!

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Capitolo 30
*** Ricerca e desiderio ***


La pioggia bagnava i corpi dei loro compagni d’avventura. Continua e violenta, sembrava volesse sbeffeggiarli danzando sui loro resti innocui.
-Dobbiamo dar loro una degna sepoltura.- Sussurrò Goten, cominciando a scavare a mani nude.
-In casa ci sono degli attrezzi da lavoro, vado a prenderli, così posso conservare il radar finché non decidiamo cosa fare.- Pan entrò di corsa in casa, per uscire qualche minuto dopo con tutto l’occorrente.
I tuoni e la corrente dell’acqua squarciavano il silenzio che regnava nella foresta mentre Goten, Goku, Vegeta , Gohan e Trunks scavavano le due tombe.
Il primo ad essere seppellito fu Uub. Ogni centimetro di terra smossa buttato su quel corpo inerte faceva impazzire di dolore Pan che strinse in un abbraccio Trunks, quest’ultimo aveva lo sguardo fisso su quel giovane ragazzo e stringeva i pugni.
Poi vi fu il turno di C-18. Trasportare il corpo fu facile, ma nessuno dei ragazzi osò toccare la testa. I mezzosangue si erano affezionati troppo al Cyborg per riuscire a prendere quella parte tra le mani. Con Uub era stato più facile, sembrava quasi che dormisse, ma il capo mozzato di C-18 era troppo.
-La prendo io.- Sussurrò Vegeta, del tutto indifferente, almeno in apparenza, alla morte dell’androide. Fu strano per lui posare le mani su quel volto che un tempo l’aveva guardato con aria di superiorità, sbeffeggiandolo e trattandolo come più gli pareva. Ma il principe dei Saiyan non provava odio. Gli dispiaceva per quella morte e, senza farsi vedere dagli altri, carezzò la testa che teneva tra le mani per poi chiuderle gli occhi e posarla al di sopra del collo.
-Qualcuno ha un pezzo di stoffa?- Chiese. Non un emozione si leggeva sul suo volto.
-Sì, io.- Pan armeggiò un po’ col nodo della sua bandana arancione e gliela porse. Vegeta la prese e  legò il fazzoletto alla gola di C-18. In quel momento sembrava che niente avesse intaccato la perfezione di quella donna.
Ricoprirono anche lei e dopo una breve preghiera i saiyan rientrarono in casa. I più giovani erano addolorati nel non poter far nulla per C-17 e Yarin, per questo prima di seppellire del tutto i corpi di Uub e C-18,  avevano messo un oggetto di loro proprietà all’interno delle tombe. Un foulard per C-17 nella tomba della sorella e per Yarin una maglietta che tempo prima gli aveva regalato Uub nella tomba di quest’ultimo.
Entrando nell’edificio infangarono tutto, ma non importava a nessuno. Quello che si doveva fare ora non riguardava di certo la pulizia della casa. Si accomodarono tutti.
-Prendiamo queste sfere e facciamo tornare tutto alla normalità.- Annunciò Pan saettando con lo sguardo sulle facce dei presenti che annuirono alzandosi dal tavolo di legno. Non c’era tempo per riposarsi, ancora i terrestri non erano normali.

 
Prima sfera

 
-Sta attento  papà!- Urlò Gohan vedendo l’equilibrio precario del saiyan.
-Non è tanto facileee.
-Nonno!- Ma ormai era troppo tardi, il quattordicenne era caduto da un a rupe nel tentativo di prendere la sfera dalle cinque stelle posta su una sporgenza all’interno di un nido.
-Goku, sei sempre il solito idiota.- Disse Vegeta con rabbia, dando un pugno al suo acerrimo nemico, che intanto si era arrampicato nuovamente senza sfruttare la capacità del volo, ed un calcio al povero animale che lo aveva fatto cadere nel tentativo di proteggere la sua nidiata, strappò la sfera dal nido e la diede a Pan che la mise nel suo zainetto.
-Speriamo che non siano tutte così.- Disse Goten scuotendo la testa in segno di disapprovazione.
-Taci idiota!- Da quando Vegeta aveva scoperto della relazione tra il figlio dello scarto della terza classe e la sua bambina, era molto più collerico del solito.
-Pan, dove punta l’altra sfera?- Chiese Trunks avvicinandosi lievemente alla mora per essere poi fulminato dallo sguardo assassino del padre. Vegeta si stava ancora chiedendo il motivo di quell’assurda maledizione. Tsh, essere imparentato con Goku, doppiamente per giunta.
Si riscosse dal ribrezzo e seguì gli altri che intanto si erano già incamminati sotto le indicazioni della mocciosa.

 
Seconda sfera

 
-Bra mi stai facendo male, sta attenta!- Strisciando per i condotti di ventilazione del museo più grande della città, Jack si stava chiedendo il perché era toccato a lui accompagnare Bra in quell’assurda missione alla ricerca della sfera custodita nel museo. Ma non era quello l’unica cosa a chiedersi. A che servivano quelle sfere del drago? E perché non potevano irrompere in quel luogo e rubare la fera senza mezzi termini davanti a tutti, invece di continuare a gironzolare alla cieca in quei cunicoli?
-Non è colpa mia c’è poco spazio!- Urlò Bra, stufa di tutta quella polvere.
Dopo mezz’ora di “cammino” arrivarono sopra il punto esatto in cui si trovava l’oggetto tanto desiderato.
Jack aprì il condotto e con le manine paffute riuscì a raccogliere la sfera. –L’ho presa Bra, tirami su!
-Non lo puoi fare da solo?- Chiese irritata la turchina.
-Sbrigati prima che… oh oh!- Due guardie, dall’aspetto massiccio e imponente, avevano visto il piccolo sbucare dall’apertura.
-Ci hanno scoperti!- Gridò.
-Basta, non ce la faccio più a stare qui dentro, sto morendo dal caldo, ho tutti i capelli sporchi e impolverati. La prossima volta che ascolto Trunks e le sue assurde idee pacifiste mi taglierò le orecchie.
-Come Van Gogh?
-Sì, come lui. Ma chi è che ti racconta certe cose?- Chiese la turchina dando una gomitata al condotto e perforandolo. I due uomini, terrorizzati dalla dimostrazione di tanta forza da parte della ragazza, impallidirono capendo immediatamente chi si trovavano di fronte.
-Sporch…- Stava per dire uno ma Bra lo interruppe.
-Sporchi Saiyan, esseri immondi bla bla bla…. Andiamocene Jack.
La porta d’ingresso del museo esplose e Bra e Jack schizzarono via, in alto nel cielo.

 
Terza e quarta sfera

 
-Ci sono due sfere ad un villaggio a cinquecento chilometri da qui!- Diede indicazioni Pan. Il gruppo aumentò la velocità e in poco tempo raggiunsero la meta.
-O jacciama gacciama ciacciama.-
-Nooo! Non può essere! Ancora tu! Tu morto dovresti essere!- Urlarono Trunks e Goten all’unisono.
-Come osate interrompere il mio rituale! Stiamo per sacrificare questa fanciulla per cercare di pacificare il Dio delle acque di questi laghi. Questo rito è importantissimo, andate via oh portatori di sventura!- Lo sciamano guardò i due ragazzi molto attentamente, sbatté un paio di volte le palpebre e si mise ad urlare, sciabolando in aria il bastone che prima scuoteva a ritmo con le parole che diceva. –Impostori, impostori! Questi non sono tsufuro! Porteranno gravi maledizioni con loro!-
-Possiamo chiederti una cosa?- Chiesero i due ragazzi. L’uomo, terrorizzato dai due Saiyan annuì, speranzoso di poter ottenere qualche minuto di vita in più. –Per caso tuo padre era uno sciamano?- L’uomo annuì, stavolta con più vigore. –Per…però se avete qualche conto a che fare con lui io non c’entro nulla! E’ morto anni fa, su un’isola di un milionario a quanto ne so io, non uccidetemi!- Detto questo si mise ad implorare davanti all’intero villaggio. –A quanto pare sa che suo padre era un poco di buono.- Sghignazzò Goten. –E va bene, ti lasceremo stare a patto che tu ci dia quelle due sfere che porti appese alla collana.-
-Qu-queste?- Balbettò lui esitante.
-Sì, altrimenti le anime dei nostri caduti vi perseguiteranno fino alla morte!
-Dai Goten piantala!
E così il gruppo spiccò il volo con le sfere.

 
Quinta, sesta e settima sfera

 I carri armati sparavano verso i Saiyan che senza fatica si faceva spazio tra le file e file di soldati. Il capo, stava comodamente seduto sul suo aereo personale, sicuro che quelle belve non lo avrebbero potuto raggiungere in nessun modo.
Come si sbagliava.
In un secondo, tutti e otto apparvero davanti a lui.
-Consegnaci ora le sfere del drago e avrai salva la vita. Per quanto possa valere.- Disse il più basso e stempiato di tutti avvicinandosi e prendendolo per la collottola della maglietta.
Da fifone qual era, l’aspirante dittatore, solito a nascondersi sotto le gonne dei suoi soldati in quel momento assenti, non poté fare altro che accettare la proposta.

 
Il desiderio

 
-Dobbiamo dire qualche formula per far comparire il drago?- Chiese Pan titubante nel vedere le sfere che brillavano.
-Sì, è molto facile da ricordare.- Rispose Goku. –Appari drago Shenron ed esaudisci i nostri desideri!- Urlò a squarcia gola.
Il cielo si fece buio e il vento sferzò gelido tra le colline isolate scelte dai Saiyan per evocare il drago in modo tale che nessuno potesse disturbarli..
Estasiati, ammirarono l’apparizione del potente dio, la loro ultima speranza e quando il fascio di luce che si propagò dalle sfere raggiunse  il cielo eccolo in tutta la sua maestosità.
-Ditemi qual è il vostro più grande desiderio e io cercherò di realizzarlo!- La sua voce era potente, impetuosa, ma allo stesso tempo antica e stanca.
-Pan, credo che tu debba esaudire il desiderio.- Disse Goku sorridendo e dando una pacca sulle spalle alla sua nipotina.
Disperata e intimorita dal dover chiedere qualcosa al grande drago Shenron, Pan gli lanciò un’occhiata interrogativa.
-Grazie a te siamo riusciti a riunirci e ad arrivare sin qui e credo che sia tu a dover mettere fine a tutta questa storia.- Disse lui pacifico. –Inoltre, visto che è la prima volta che vedi il drago, devi provare una forte emozione, quindi il tuo desiderio avrà più effetto se lo esprimerai tu.- A queste parole vidi gli altri inclinare il capo in direzione di mio nonno come a dire “Ci stai prendendo in giro?” Ma lui continuava a sorridere.
La mora deglutì, sollevò lo sguardo verso il drago e disse.
-Desidero che tutto torni com’era prima dell’arrivo di Baby!- Urlò a squarciagola, certa che Shenron avesse le capacità per farlo. Ma poi abbassò lo sguardo. Vide Goten sbattersi una mano sulla testa, Goku  immobilizzato la guardava come se non credesse a ciò che aveva sentito, Gohan con gli occhi sgranati che ormai somigliavano a due palle da bowling, i fratelli Brief che scuotevano la testa e Vegeta che urlava a squarcia gola parolacce contro Pan e la terza classe, ma che, per fortuna, lei non capì.
Riuscì solo a sentire suo padre che le diceva. –Non permettere a Bulma di costruire camere d’ibernazione!-
Tutti i presenti vennero avvolti da un potente vortice di vento, poi tutto fu buio.

 

 
Salve a tutti, cari lettori!
Vi avverto che questo è il penultimo capitolo della storia, il prossimo sarà l’epilogo.

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Capitolo 31
*** Spesso la fine di una storia coincide con l'inizio di un'altra... ***


Il mal di schiena era insopportabile. Mi misi a sedere sul letto e cominciai a stiracchiarmi nel tentativo di far cessare il dolore, ma ciò non sortì l’effetto desiderato.
Con la vista appannata dal sonno guardai le pareti rosa confetto della mia cameretta. Che strano, quando erano state tinte? E soprattutto chi aveva scelto il colore? C-18 non avrebbe mai accettato un colore del genere in casa sua e se qualcun altro dei miei coinquilini si fosse deciso a pitturare la stanza non lo avrebbe potuto fare di certo quando dormivo.
Sorrisi ricordando che la mamma  si era lasciata convincere da una sua vecchia amica, Dende Sama solo sa come, a dipingere di quel colore così femminile le pareti della mia stanza. Chissà, forse aveva perso qualche scommessa…
Mi riscossi, avevo fatto un sogno così strano, c’erano tutti, persino le sfere del drago, avevo espresso un desiderio sbagliato e tutti mi guardavano male.
Una smorfia d’orrore mi si dipinse sul mio viso. Con la mano destra andai a cercare la coda che normalmente tenevo attaccata come una cintura. Non c’era!
Mi alzai di scatto dal letto e puntai sulla scrivania, solo  che non era come me la ricordavo, era diversa, era uguale a quella che avevo quando vivevo con i miei genitori.
-Allora non era un sogno!- Esclamai a voce fin troppo alta, infatti attirai l’attenzione di mia madre, sentii i suoi passi, pesanti nel tentativo di raggiungere in fretta la mia camera, e spalancò la porta.
-Che cos’è successo?!-
Guardai Videl in tuta, pronta a fare un po’ d’allenamento con il marito, si occupava ancora della polizia della città. Non mostrava minimamente i suoi trentatre anni, sembrava ancora una ventenne. Mai come in quel momento, mi accorsi di quanto fosse bella. Il suo volto ancora liscio e perfetto, i bellissimi occhi azzurri incorniciati dalle fini sopraciglia, il naso fine ed elegante, la bocca rosea, ma non troppo evidente.
-Mamma!- Strillai, correndole in contro per abbracciarla. –Non sai quanto mi sei mancata!
-Nell’arco di dodici ore di sonno?- Chiese lei divertita.
-Sono sembrati sei anni.- Sussurrai piano per non scoppiare in lacrime. –Posso chiederti una cosa?
-Certo, chiedi pure.- Mi distanziai di poco, per guardarla meglio negli occhi.
-Non è che sei incinta?- La vidi avvampare, il volto irrigidito nel tentativo di trattenere una risata. –Cosa te lo fa pensare?- Chiese infine.
-Ho ragione vero?-
La sua risata cristallina giunse al mio orecchio come il suono di mille campane. –Sì, può darsi. Ora sbrigati, gli ospiti sono arrivati.
-Gli ospiti?- Chiesi aggrottando le sopraciglia.
-Sicura di sentirti bene? Oggi è il tuo quattordicesimo compleanno!
-Sul serio?- Lei sbuffò e con l’accenno di un sorriso sulle labbra mi disse. –Sbrigati.- Dopodiché uscì dalla stanza.
Cavoletti! Questo significava che tutti gli sforzi che avevamo fatto fin qui erano stati inutili! Dovevo avvertire gli altri della minaccia che presto sarebbe incorsa sul nostro pianeta, subito! Perciò mi vestii di corsa e in un minuto mi ritrovai al piano di sotto.
-Buongiorno!- Salutai.
-Buon compleanno!- La famiglia di Vegeta mi accolse con un caloroso sorriso, apparte il principe ovviamente, la nonna mi diede un bacio sulla fronte e lo zio mi strinse in un forte abbraccio.
-Quattordici anni si compiono una volta sola.- Mi disse lui.
-Non ci conterei vecchietto.- Lui fece il broncio. –Certo mocciosetta.-
Gli feci la linguaccia, odiavo quando si comportava come un bambino, anche se in quel caso la bambina ero proprio io.
Cercai con lo sguardo mio padre e lo trovai seduto accanto a Bulma, intento a parlare di lavoro con lei.
-Questa sarà l’invenzione del secolo!- Diceva la donna esaltata. –Immagina, diventerò ancor più famosa e tu ti potrai permettere di trasferirti, lontano dai monti Paoz! Le camere ad ibernazione! Chi è che non vorrebbe andare nel futuro giovane bello è forte?- Continuò ridendo.
-Sì Bulma.- Rispose mio padre paziente. –Ma io non voglio andarmene da qui e inoltre devi salvare il tuo lavoro almeno in un altro computer. Pensa se questo si rompesse! Anni di lavoro buttati al vento!
-Sta tranquillo Gohan! I computer della capsule corporation sono a dir poco indistruttibili, da un punto di vista prettamente informatico ovvio.
Stavano parlando della tecnologia con il quale lei, in un lontano futuro, avrebbe intrappolato mio nonno e fatto precipitare il mondo nel caos generale. No, non lo potevo permettere.
In un secondo mi ritrovai di fronte a loro e con un colpo netto disattivai il computer. Per sempre.
-PAN! Mi spieghi perché cavolo lo hai fatto?
Stavo per raccontargli tutto, ma le parole mi morirono sulla punta della lingua. I miei ricordi si fecero sempre più vaghi, mi era rimasta solo una consapevolezza. Sarebbe successo qualcosa di brutto se non avessi distrutto quel che loro stavano creando.
Glielo dissi ad alta voce, però questo non sembrò scalfire la loro rabbia. Oramai anche quella consapevolezza stava lasciando il posto ad una confusione sempre più grande.
-Non capisco.- Sussurrai sedendomi a terra,le braccia strette attorno alla testa.
-Trunks.- Sussurrai. Non sapevo perché lo avevo chiamato, sentivo soltanto che avevo il più disperato bisogno di lui, in quel momento. Non mi aspettavo certo che sarebbe arrivato a cingermi le spalle con un braccio.
-Gohan, scotta ha la febbre!-
Non riuscii a sentire le reazioni altrui, persi i sensi sul petto muscoloso del mio guerriero, o almeno, colui che per qualche inspiegabile ragione, sentivo mio.

 
Il russare continuo a rumoroso mi svegliò da quel sonno ristoratore, ma restai sdraiata, non mi andava di aprire gli occhi e vedere chi c’era a fianco del mio letto. Mi sentivo debole, come se avessi combattuto contro mille avversari in una volta.
Sbuffai quando il ronfare del mio compagno di stanza si fece ancor più insistente e allora mi alzai di colpo e mille luci mi affollarono gli occhi, facendomi letteralmente crollare sul materasso.
-Aia! Che dolore alla testa!
-Hey Pan! Ti sei svegliata!
Sobbalzai nel sentire la voce del lillà, ancora impastata dal sonno, mettersi a gridare, quasi con gioia.
-Sì, succede a tutti i comuni mortali sai, svegliarsi!- Dissi enfatizzando l’ultima parola.
Lui scosse la testa. –Sei stata per sei giorni a dormire Il dottore ha detto che stavi davvero male. Gohan e Videl sono usciti per comprarti delle medicine…- Aveva cominciato a parlare a vanvera, tipico di lui quando era agitato.
Gli sorrisi, felice d’averlo accanto e mi avvicinai sempre più. Lui tacque e ci scambiammo un tenero bacio a fior di labbra. Quel semplice contatto portò alla mia memoria pochi ricordi, ma che vennero quasi subito cancellati.
-No Pan. Sei troppo piccola per me. Scusami.- Aveva detto quelle parole balbettando e nel frattempo si era alzato dalla sedia su cui si era addormentato ed era uscito.

 
Nei giorni avvenire la nostra relazione si era del tutto interrotta. Neanche una parola ci eravamo scambiati e quando la scuola cominciò, io mi trovai ad uscire con un ragazzino.
Era davvero piacevole la sua compagnia, ma presto dovetti sfruttare i miei poteri dinnanzi a lui, una situazione abbastanza critica, e lui mi aveva mollata. E così successe  con altri tre ragazzi.
Quel giorno mi stavo godendo una bella giornata di sole in compagnia di un nuovo compagno di scuola, stavamo per andare al cinema quando fummo inghiottiti da una folla terrorizzata.
-Che sta succedendo?- Chiesi, avvicinandomi al confine di tutta quell’orda di gente, ad un poliziotto.
-Ah, tu sei la figlia di Videl? Una rapina vicino al cinema, niente di eccezionale. Solo che quelli hanno delle armi da fuoco molto pericolose e c’impediscono di avvicinarci.
-Bene.- Dissi stringendo i pugni. –Me ne occupo io.-
-Ok ok.- Disse lui facendosi da parte.
-Mai una volta che si possa mangiare in santa pace!- La voce di un bambino attirò la mia attenzione, si stava dirigendo verso i malviventi, ma che gli saltava in testa?
-Alt! Non sono cose per bambini queste!- Dissi decisa riportandolo al suo posto per poi lanciarmi contro quei ladruncoli da quattro soldi.
In un attimo riuscii a renderli inoffensivi e allora tornai di nuovo da quel ragazzo.
-Allora? Quale film vogliamo vedere?- Chiesi con voce dolce. Ma la sua espressione era terrorizzata.
-Ahah, a dire il vero mi sono ricordato di avere un impegno. Sarà per un’altra volta, ciao!-
Lacrime amare mi uscirono dagli occhi e le lasciai cadere per poi calarmi in un pianto liberatorio.
-Ahah! Sono stata mollata un’altra volta!-
I poliziotti che si stavano avvicinando per darmi i loro complimenti si allontanarono di botto, restò soltanto il bambino dai capelli d’ebano.
-Sei molto forte!- Mi disse lui.
-Tsh!- Risposi imitando il principe dei Saiyan.
-Hey Pan. Pan!- La voce birichina di un vecchietto.
Alzai il collo per cercare tra la folla da dove provenisse ed eccolo. Il genio delle tartarughe di mare si faceva largo tra giovani ragazze palpeggiandole come se fosse del tutto normale.
Mi avvicinai a lui e gli diedi un pugno in testa facendogli crescere all’istante un gran bernoccolo.
-Hey, piccola Pan come stai?- Mi chiese lui.
Io, rossa per l’imbarazzo mi limitai a dirgli. –Sei sempre il solito!
-Eheh, genio, non cambierai mai!- Il bambino ora ci sorrideva.
-E tu chi sei? Un amico di Pan?
-No genio, io sono Goku!- Rispose lui mettendosi una mano dietro la nuca.
-Beh in effetti ci assomigli!- Continuò il vecchio studiandolo.
-Ma non è possibile!Quello non può essere mio nonno, è solo un bambino più piccolo di me!- Ero rimasta sconcertata. No, no! Non era possibile!
-Ah, tu saresti la mia nipotina?

 
Fu così che cominciò un’avventura che portò i nostri eroi a girovagare nello spazio, in cerca, ancora una volta, delle sette sfere del drago che tante volte avevano miracolato le loro spericolate vite, ma che adesso, erano diventate il nemico più temibile di tutti.
Il resto è storia.

 

 
Fine

 
Siamo giunti al termine della mia storia.
Ringrazio infinitamente chi ha messo tra le seguite, preferite o ricordate.
Ringrazio di cuore i recensori: Pan17, Osaki, Tsubusa83, Heavenly97, Bolla12, MakinoRose, SonGome, Nessie97, Sealight, YingEyang, Mar004, Panxever, IrisVegeta, SuPeRlOvE e Dark_Kiss.
Sono felicissima d’esser riuscita a coinvolgervi per 31 capitoli, continuerò certamente a scrivere, ma credo che mi dedicherò per un po’ all’anime Inuyasha.
Vi saluto con un arrivederci e un gran sorriso.

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