Can't Fight This Feelings Anymore

di Essemcgregor
(/viewuser.php?uid=82763)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Coming Back Home ***
Capitolo 2: *** O Captain! My Captain! ***
Capitolo 3: *** Something about him ***
Capitolo 4: *** Words can hurt more than a punch ***
Capitolo 5: *** Something's changed and I don't know why ***
Capitolo 6: *** Sectionals ***
Capitolo 7: *** Please kiss me again ***
Capitolo 8: *** Better luck next time! ***
Capitolo 9: *** Mistakes ***
Capitolo 10: *** Can't Fight This Feelings Anymore ***
Capitolo 11: *** St. Valentine’s Day Part I ***
Capitolo 12: *** St. Valentine's day Part II ***
Capitolo 13: *** Regionals ***
Capitolo 14: *** Best Friend ***



Capitolo 1
*** Coming Back Home ***


Coming Back Home 



David Karofsky non aveva previsto nulla del genere per la sua vita, da giocatore di Football ad insegnante di una scuola privata. Aveva riscoperto il suo amore per lo studio non appena aveva messo piede all’Università, nonostante avesse avuto la sua opportunità di sfondare come giocatore di football, scelse di continuare a studiare, rimandando sempre quella scelta di accettare o meno, le offerte che gli venivano fatte da varie squadre di football.
Alla fine dell’Università, non aveva ancora fatto una scelta, aveva solo deciso di tornare a Lima, rivedere suo padre e prendersi del tempo per pensare al suo futuro. Decise di riporre la divisa della squadra di football dell’Università, insieme alla divisa di football del McKinley, il liceo da cui scappò al suo secondo anno, che al momento si trovava in un baule dentro l’armadio cabina.
 Una smorfia comparve sul suo volto ritrovandosi di nuovo di fronte quell’antro scuro, cercò di non alzare gli occhi al soffitto, raggiungendo con due falcate, il baule infondo, era ancora traumatico per lui rientrarvi, nonostante fossero passati anni dal suo tentato suicidio.
Prese il baule per una manica e lo trascinò fino al centro della stanza aprendolo lentamente: la sua vecchia divisa di football era riposta ben piegata al suo interno. Prese il casco rosso e bianco passando la mano sulla superficie semi ruvida, tastandone ogni piccola crepa o ammaccatura, sorridendo quando la sua mente tornò indietro a quei giorni.
Il numero 67 spiccava sulla maglia rossa, stesso numero che aveva richiesto per la sua divisa all’università: ne guardò il casco blu e giallo posato accanto a lui sul letto, accarezzando il fianco dove spiccava la testa di un’aquila. Sobbalzò quando sentì la sua porta aprirsi di scatto, il casco scivolò dalle mani ruzzolando fino all’ingresso.
- Mi hai spaventato.-
Un uomo dai capelli brizzolati, sorrise, ricambiando lo sguardo del giovane.
- Perdonami, non era mia intenzione. Che stai facendo?-
Il ragazzone scrollò le spalle, si alzò per raccogliere il casco riponendolo poi nel baule, insieme al resto della divisa.
- Ti manca New York?-
Dave scrollò le spalle sedendosi di nuovo sul letto, era tornato da poco e in quel momento sinceramente non aveva voglia di parlarne, ma poiché suo padre, al suo contrario, ne aveva voglia, dovette cedere e cercare di sforzarsi. L’uomo lo raggiunse sedendosi sulla poltrona di fronte, appoggiando i gomiti sulle gambe.
- Non lo so. Credo di sì, mi mancano i miei amici, tutto sommato mi ero costruito una vita lì.-
Suo padre annuì.
- 5 anni sono un bel lasso di tempo.-
Annuì tristemente, in cinque anni molte cose erano cambiate. I suoi genitori si erano infine lasciati, sua madre non riusciva ad accettare di avere un figlio gay: dal giorno del tentato suicidio, tutto era cambiato. Aveva cambiato di nuovo scuola, anche se per un ultimo anno, si era tenuto lontano dai guai, non aveva stretto amicizia con nessuno, limitandosi a giocare a football accettando ogni tanto di uscire con le ragazze che glielo chiedevano, trovando sempre più squallido doverle baciare a fine serata.
L’anno passò in fretta, si diplomò con voti semi-decenti, facendo poi richiesta ad una delle tante università di New York, stupendosi poi, quando era arrivata la lettera con risposta positiva alla sua domanda.
- A cosa pensi?-
Paul Karofsky aveva imparato a guardare suo figlio, ad interpretare ogni singola espressione del suo viso, viveva con la perenne ansia che potesse compiere di nuovo quel gesto: perciò quando vide l’espressione pensierosa sul suo viso, decise di indagare.
- A nulla papà. È che tutto è di nuovo cambiato. Ho finito l’Università e … sinceramente non so cosa fare del mio futuro.-
Entrambi rimasero in silenzio, Dave abbassò lo sguardo torturandosi le mani, in quei cinque anni era stato assalito dai sensi di colpa: aveva lasciato suo padre da solo in un momento piuttosto delicato. Ricordò come in quei giorni, la scelta di partire era stata la più semplice: allontanarsi da sua madre, non dover sopportare il suo sguardo accusatorio ogni giorno, non dover più supportare le sedute dallo psicologo. Tutto si era risolto andando a New York.
- Ho una buona notizia per te. O almeno credo che lo sia.-
Il ragazzone lo guardò inarcando un sopracciglio.
- Ti ho trovato un lavoro.-
Annuì lentamente, suo padre gli aveva trovato un lavoro. Sospirò, non era stata di certo la miglior mossa di suo padre, dopotutto era tornato solo per schiarirsi le idee e di certo non per trovare un lavoro che lo tenesse inchiodato lì. Paul inclinò la testa di lato, quasi intuendo i suoi pensieri.
- Non è un lavoro fisso, ho pensato però che ti sarebbe piaciuto stare qui con il tuo vecchio, ancora per un po’.-
Dave fece cenno di continuare, mentre aggrottava le sopracciglia.
- Ti ricordi della Dalton Academy?-
Il ragazzo ebbe quasi un sussulto, come poteva scordare quella scuola? La scuola dove Kurt si era rifugiato per sfuggire a lui e ai suoi ex compagni della squadra di football.
Un piccolo sorriso amaro comparve sul suo volto: nonostante fossero passati degli anni, nonostante lui e Kurt ora fossero grandi amici, erano ricordi che ancora bruciavano. Ricordi del vecchio se stesso con i quali non ancora riusciva a convivere. Kurt aveva intrapreso una brillante carriera a Broadway, coronando quindi il suo sogno, ogni tanto veniva preso come protagonista o co-protagonista o personaggio secondario per qualche film, spesso musical, per via della sua voce così particolare.
Kurt era stato un ottimo amico, ed è stato grazie a lui se quei cinque anni a New York, erano stati i più belli della sua vita. Il suo rapporto con Blaine andava a gonfie vele, tanto che i due si sarebbero sposati l’anno seguente. Blaine dopo anni di tentennamenti, si era finalmente deciso a fargli la fatidica domanda, con tanto di anello comprato da Tiffany. 
- Cercano un supplente per Storia dell’Arte e ho pensato a te.-
Nonostante fosse quasi sicuro che ciò che aveva studiato all’università fosse più che sufficiente per un liceo, non riuscì a non pensare a come lui potesse improvvisarsi insegnante. Non ci si era mai visto, anzi al liceo non aveva un buon rapporto con il corpo docente, a parte i docenti di educazione fisica.
- Papà io come insegnante… non sono sicuro.-
Paul si alzò dando una piccola pacca sulla spalla del figlio.
- Pensaci ok? Si tratta solo di pochi mesi, giusto il tempo che la professoressa esca dalla maternità, poi potrai tornare a New York.-
Quando Dave alzò lo sguardo, suo padre aveva già lasciato la stanza, lasciando la porta aperta. Si stupì di come suo padre riuscisse a capire immediatamente cosa stesse pensando, notò però la piccola nota di amarezza che accompagnarono le sue ultime parole. Deglutì alzandosi, spingendo poi il baule dentro l’armadio, con un calcio. Quando chiuse le ante in legno alle sue spalle, sospirò: non aveva molte alternative, aveva comunque deciso di rimanere a Lima per un po’, tanto valeva occupare quel periodo di tempo facendo qualcosa di utile.
 



La Dalton Academy era una scuola privata maschile, tra le più prestigiose dell’Ohio. Non ci aveva mai messo piede, ma da quello che diceva Kurt, era tutta un’altra storia rispetto al McKinley. Lo studio era preso seriamente, e la preparazione era superiore rispetto a qualsiasi scuola pubblica. Per quel motivo Dave era leggermente intimorito, la sua preparazione sarebbe stata sufficiente per una scuola di quel livello?
L’attuale Preside era un caro amico di suo padre, motivo per il quale era riuscito a fargli ottenere quel piccolo posto.
Si sistemò meglio la cravatta che portava attorno al collo, la allentò un poco, per evitare di sentirla troppo stretta, sfiorando la piccola cicatrice poco sotto l’orecchio. Deglutì lanciando uno sguardo alla segretaria che stava riordinando dei fogli sulla sua scrivania: gli aveva detto che il Preside lo avrebbe ricevuto il prima possibile.
Quando la porta di legno si aprì, si aspettò di vedere l’uomo andargli incontro, invece notò due ragazzi uscire dalla porta, uno di loro sbuffava, l’altro invece aveva le mani in tasca e l’aria annoiata.
Entrambi passarono di fronte a lui, il primo non lo degnò di uno sguardo, il secondo invece rallentò il passo per lanciargli un’occhiata: i suoi occhi verdi indugiarono su Dave, dapprima si fissarono sul suo viso, poi passarono ad esaminarne l’intera figura. Il ghigno che comparve poi sul suo volto, lo mise a disagio.
Dave sostenne quello sguardo finché il ragazzo non lo oltrepassò, notò soltanto che era leggermente più alto di lui, e sicuramente più esile.
- Signor Karofsky!-
La voce del Preside lo fece sobbalzare, sembrava quasi che fosse tornato al liceo, si aspettava di ritrovarsi di fronte al Preside Figgins, che lo rimproverava per qualcosa che aveva fatto, o che si lamentava per il suo scarso rendimento scolastico.
Invece dell’uomo Indo-Americano, di fronte a lui vi era un uomo alto, i capelli ormai bianchi erano pettinati con un’ordinata riga a un lato, i suoi occhi azzurri accompagnarono il suo sorriso mentre mosse un passò verso di lui. Allungò la mano stringendo poi quella di Dave, vigorosamente, mentre lo invitava ad entrare.
- Mi chiamo Edward Williams.-
Dave entrò nella grossa stanza memorizzando il nome dell’uomo: la Presidenza era stata ricavata usando una delle enormi stanze di quell’antico edificio, le pareti erano piene di affreschi che potevano benissimo risalire al dopoguerra.
- Allora, suo padre mi ha mandato il Curriculum, devo dire un curriculum di tutto rispetto.-
Un leggero rossore comparve sulle sue guance, non ne era proprio convinto, ma sorriso comunque al suo complimento.
- Come ben sa dovrete sostituire l’insegnante di Storia dell’Arte, ha finalmente avuto un bambino, quindi per qualche mese sarà in maternità.-
L’uomo cominciò a frugare tra i cassetti, sbuffò quando non trovò cosa stava cercando e seccato chiamò la sua segretaria.
- Questa scuola è molto antica, da generazioni istruiamo i ragazzi preparandoli ad un’eventuale vita universitaria o lavorativa.-
S’interruppe quando la segretaria entrò reggendo in mano una cartellina, la posò sulla scrivania del Preside ed andò via salutando con il lieve cenno del capo. Tutto in quella scuola sprizzava snobismo da tutti i pori.
- Per questo motivo mi aspetto che la vostra preparazione corrisponda ai requisiti che troverà in questo fascicolo. Suo padre mi ha detto in quale Università ha studiato, perciò non dovrebbe avere problemi. In questa cartella troverete il programma e il regolamento. La mia segretaria le mostrerò la scuola, le farà conoscere il corpo insegnanti e le mostrerà la classe dove terrete lezione.-
Poche parole furono dette prima che i due si separassero. Prima di andare via, Dave strinse vigorosamente la mano del Preside, ringraziandolo ancora una volta per quell’opportunità ed uscì dalla stanza velocemente.
Fuori la porta lo attendeva la donna che prima aveva portato dentro la cartellina, mosse la testa in un breve cenno mentre le labbra si stiravano in un piccolo sorriso.
- Venite, vi mostrerò la scuola. Ah mi chiamo Penny Miller, piacere di conoscerla.-
La mano di Penny era sottile, ma dalla stretta vigorosa, Dave era quasi sicuro che avesse sulla quarantina d’anni: i suoi capelli biondi erano stretti in uno chignon, la frangia era acconciata con un elegante ciuffo laterale.
Il suo abbigliamento era classico, un tailleur nero con camicia bianca, le scarpe erano nere come l’abito, rigorosamente con il tacco. Più che una segretaria sembrava una donna d’affari Newyorkese, come quelle che vedeva di continuo a bordo di Taxi o lungo la strada, sempre attaccate al cellulare.
La visita cominciò dalle aule del primo piano, ogni aula aveva la porta socchiusa. Dave sbirciò al loro interno di tanto in tanto: gli studenti erano seduti composti al loro posto, alcuni che seguivano sul libro, altri invece che prendevano appunti, l’unica voce che si poteva udire era la voce del professore. Di tanto in tanto sentiva gli studenti ridere ad una battuta appena fatta, o intervenire educatamente quando dovevano chiedere spiegazioni o fare delle domande sull’argomento. Evitò di rimanere a bocca aperta, Kurt aveva ragione, non esagerava affatto nel descrivere la Dalton.
- Questa è la caffetteria, aperta a pranzo e aperta anche a cena per i ragazzi che sono in dormitorio.-
Ricordava quel piccolo particolare, se non andava errato, Kurt anche usufruiva del dormitorio.
La caffetteria era vuota, eccezion fatta per un paio di insegnanti che a quanto pare avevano un’ora buca, entrambi sostavano al bancone mentre tenevano in mano una tazza di caffè.
La segretaria lo condusse verso i due uomini, zigzagando tra gli eleganti tavoli in legno già apparecchiati per il pranzo.
- Signori posso presentarvi il signor Karofsky?-
Penny si era intromessa educatamente nella discussione dei due uomini, indicando poi Dave che li salutò timidamente con un gesto del capo. I due uomini si guardarono curiosi, entrambi potevano avere sui trent’anni se non di più.
- Simon Martinez, insegnante di spagnolo, piacere di conoscerti.-
Spagnolo, di colpo gli venne un piccolo flash del professor Schuester, sorrise cordialmente e strinse lui la mano.
- Io sono Mike Coleman.-
Simon era poco più basso di lui: i tratti ispanici e il colore della pelle della stessa tonalità della pelle di Santana, Mike invece era castano, gli occhi marroni e l’aspetto simile ad un modello della Calvin Klein.
Cominciò a sentirsi a disagio, tutto in quella scuola sembrava perfetto: dagli insegnati al corpo studentesco.
Spostò il peso da un piede all’altro sorridendo timidamente e rispondendo poi alle cortesi domande dei due, notò il loro sguardo sorpreso quando disse loro di essersi laureato da poco e di avere solo 25 anni. Probabilmente non lo credevano all’altezza del compito.
Penny diede due colpetti al suo orologio con il dito, facendogli segno di tagliare corto, Dave si affrettò a salutarli e la seguì fuori dalla caffetteria.
Seguì poi la sala insegnanti, la sala lettura, la biblioteca, l’aula canto ( usata per la maggior parte dai Warblers, il Glee della scuola ) e la sala riunioni.
Uscirono poi fuori per raggiungere i dormitori, che guardò solo dall’esterno, recandosi poi nei complessi sportivi della scuola: avevano un campo da football regolamentare, un paio di campi da tennis, ed una palestra dove facevano bella mostra, due canestri ai lati del campo.
- Lì dietro c’è la palestra, di solito la usano i ragazzi della squadra di football e basket. Bene, penso che tu abbia fatto il giro completo.-
Dave si passò una mano sulla barba lasciata incolta, si annotò mentalmente di radersi per il giorno dopo. Seguì la donna che prese a camminare velocemente lungo la strada da dove erano venuti.
- Dove si trova l’aula dove svolgerò lezione?-
La domanda gli uscì con voce flebile, come se avesse paura di farle una qualsiasi domanda, per quanto lei stessa lo avesse incoraggiato a farle, in caso ne avesse avuto bisogno.
- Piano terra, seconda aula da inizio corridoio.-
La visita si concluse poco dopo, venne accompagnato all’ingresso e dopo un breve ma cordiale saluto, rimase di nuovo solo. Sentì il suono della campanella riecheggiare nell’edificio, il rumore di passi annunciò lui che la mattinata di lezione era giunta al termine e prima che qualche studente potesse vederlo, si avviò velocemente alla macchina per tornare a Lima.
Non si era accorto che uno dei tanti studenti della scuola, aveva osservato la scenetta con un piccolo ghigno sul volto.
 


 
- Seconda aula a partire da … da dove comincia il corridoio?-
La campanella era suonata da qualche secondo, gli studenti si affrettarono a raggiungere le aule, lasciando Dave solo nel bel mezzo del corridoio, mormorando maledizioni sotto voce.
Non ricordava quale fosse la sua aula, ricordava solo che era la seconda aula. Prese un grosso respiro avviandosi deciso verso la seconda aula a partire da inizio corridoio, così come lui ricordava, sperando di ricordare bene.
Aprì la porta velocemente, sbiancando quando vide l’aula piena, ed un uomo che aveva appena posato la sua borsa sulla cattedra.
- David, giusto?-
Qualche secondo più tardi, Dave si accorse che l’uomo in questione era Mike Coleman, uno degli insegnanti conosciuto il giorno prima. Annuì lentamente mormorando qualche scusa, mentre sentiva gli occhi di tutti puntati su di lui.
- Aspetta.-
L’uomo si rivolse poi agli studenti, dicendo loro di prendere il libro e andare a pagina 30.
- Scusami, stamattina non sapevamo come avvertirti, abbiamo fatto un piccolo scambio di aule, tu adesso hai la terza aula, questa qui affianco insomma.-
Dave sospirò, allora non si era ricordato male, annuì ringraziando il professore dirigendosi velocemente nell’aula indicatogli aprendo poi la porta e chiudendole alle spalle lentamente.
- È stato un piacere, David.-
Mike rimase fermo in mezzo al corridoio con un piccolo sorriso sul volto, aspettò che Dave chiudesse la porta e tornò in aula dai suoi studenti.
- Buongiorno.-
I ragazzi si alzarono di scatto non appena video Dave entrare in aula, gesto che lo fece sobbalzare. Da quando in qua gli studenti si dovevano alzare appena entrava un insegnante in classe? Al McKinley era già tanto ottenere un semplice “Buongiorno”, figurarsi farli alzare tutti in quel modo.
- Buongiorno. Come sapete sono il supplente di Storia dell’Arte e…-
Non fece in tempo a finire la frase che notò qualcosa sulla sedia dietro la cattedra. Un piccolo sorriso comparve sul suo volto, anche a distanza di anni, conosceva ancora i trucchetti e tutti gli scherzetti che gli studenti si divertivano a fare agli insegnanti, soprattutto ai supplenti.
- Mi chiamo David Karofsky, ma preferisco che mi chiamate David, non sopporto che mi si chiami per cognome.-
Girò attentamente attorno alla cattedra, esaminandone la superficie e notando quale e là alcune chiazze di quello che poteva essere benissimo saliva.
- Cercherò di seguire alla lettera il programma di studi che mi ha lasciato la vostra insegnante, ma prima di parlare di quello che faremo insieme in questi mesi, vorrei che qualcuno si alzasse per pulire la cattedra. Grazie!-
Indicò la superficie con la mano per poi riprendere il suo giro. Due studenti del primo banco si alzarono e prese due pezze e una bottiglietta di alcool da dentro un piccolo armadietto all’angolo dell’aula, cominciarono a pulire.
- Se potete anche togliere la gomma da masticare che avete messo sulla sedia…. Grazie.-
Gli sguardi degli studenti si fecero sempre più stupiti, di sicuro erano abituati ad avere a che fare con poveri insegnati che si lasciavano ingannare facilmente dalle finte facce d’angelo di ognuno di loro.
Quando fu sicuro di essere immune da ogni tipo di pericolo o scherzetto, prese posto dietro la cattedra, aprendo la sua borsa e cacciando il registro che aveva preso quella mattina dalla sala professori.
Cominciò a fare l’appello, ogni studente rispondeva con un secco “presente”, alzandosi e sedendosi velocemente.
Alla voce Smythe Sebastian, un ragazzo dai curati capelli castani si alzò velocemente, mormorò un udibile “presente” e tornò velocemente al suo posto. Dave osservò il piccolo ghigno che aveva sul volto, lo stesso ghigno del ragazzo incontrato il giorno prima in Presidenza.
Continuò l’appello cercando di non pensarci, forse si era sbagliato. I suoi occhi schizzarono più volte verso il ragazzo, che da quando era stato chiamato, non aveva spostato il suo sguardo da lui.
Si sentì travolto da quello sguardo, mentre lentamente, affogava nel verde dei suoi occhi che colpiti dal sole, sembravano smeraldi.
- Qualcuno mi può dire fino a che punto del programma siete arrivati?-
 


 
Il programma seguito dall’insegnante era piuttosto semplice, almeno per lui. Decise di partire direttamente dall’arte del 1800, seguendo poi il piano di studi che l’insegnante aveva prefisso per la classe.
Aprì la cartellina che conservava in borsa dal giorno prima, sostanzialmente il corso era seguito dai Junior e dai Senior motivo per il quale non aveva un gran lavoro da fare, escludendo poi il laboratorio di Arte che teneva tutti i pomeriggi agli studenti degli altri anni.
Alla fine della lezione pensò di aver catturato abbastanza l’interesse degli studenti, perlomeno li aveva visti attenti mentre mostrava loro alcune diapositive preparate il giorno prima,  per introdurre il primo argomento che avrebbero trattato in quella settimana.
Oltre la sua voce si poteva sentire solo la ventola del suo MacBook e la ventola del proiettore, da parte degli studenti non proveniva neanche un mormorio.
A parte lo studio della corrente artistica, ci teneva a soffermarsi su alcuni esponenti della suddetta corrente ed esaminarne alcuni dipinti, ricordava quanto adorasse quella parte della lezione, e sperava di trasmettere lo stesso entusiasmo ai ragazzi seduti sui quei banchi.
Finita la lezione, osservò i ragazzi sfilargli davanti uno per uno, mentre mormoravano un saluto. Sebastian Smythe fu l’ultimo ad uscire, si era attardato e rimase nella classe fino a che non uscì anche l’ultimo studente. Camminò lentamente verso la cattedra, lanciò uno sguardo penetrante al neo insegnante e andò via con il suo solito ghigno divertito sul volto.
Dopo quella lezione non aveva altro fino al pomeriggio, perciò ne approfittò per rifugiarsi nella Sala Insegnanti, sperando di togliersi di dosso quella strana sensazione di disagio dovuto allo sguardo lanciatogli da Smythe.
- David! Com’è andata?-
Il ragazzo sobbalzò quando sentì la voce di Mike, si accorse un secondo dopo che era fermo accanto a lui. Si alzò di scatto scusandolo per non averlo visto, fece poi un piccolo sorriso nervoso prima di tornare a sedersi con calma.
- Scusami ero talmente immerso nei miei pensieri che non ti ho sentito entrare.-
L’altro rimase dapprima stupito dalla sua reazione, poi sorrise in risposta, prese posto nella sedia accanto alla sua.
- Come ti sei trovato? Non sono poi così male no? Di sicuro meglio di un qualunque liceo pubblico.-
Dave annuì lasciandosi andare ad una risata.
- Ho frequentato il liceo pubblico e concordo con te, qui sembra tutto così diverso, ma credimi sotto quella faccia da angelo, si nascondono dei diavoletti.-
Mike puntò i suoi occhi castani in quelli verdi di Dave, appoggiò il mento tra le mani ascoltandolo interessato.
- Cosa ti hanno fatto?-
Dave scrollò le spalle con un sorriso, non riuscì a sostenere lo sguardo del professore, così decise di spostarlo sulla pianta all’angolo della Sala.
- Nulla di che, gomma da masticare sulla sedia, cattedra sporca di qualche sostanza che non ho capito cosa fosse… insomma i soliti scherzetti che si fanno ai supplenti.-
Le labbra dell’uomo si strinsero in una smorfia.
- Puoi sempre punirli sai?-
Dave scosse la testa.
- Non è di certo il miglior modo per ingraziarmeli e poi me ne sono accorto in tempo, quindi nessun problema.-
La parola “punizione” era una sorta di scherzo per gli studenti delle scuole pubbliche, le poche volte che lui era stato in punizione, era rimasto chiuso in un aula a fare assolutamente niente: l’insegnante leggeva il giornale e gli studenti in punizione chiacchieravano tra loro o dormivano sui banchi.
- Qua le punizioni sono piuttosto temute, avere un brutto voto alla Dalton o avere la fedina macchiata, potrebbe essere un problema per l’ammissione all’Università, per non parlare del lavoro. Ogni singola cosa avvenuta qui dentro, è riportata sul curriculum.-
Quella prospettiva non era poi così grave da come la vedeva Dave, ma immaginava che per gli altri studenti invece lo fosse. Rimasero entrambi alcuni secondi senza parlare, Mike teneva lo sguardo fisso su Dave, quasi aspettandosi di sentirlo parlare. Il suono della campanella fece sobbalzare entrambi, Mike si riscosse alzandosi in piedi, prese la sua borsa posata a terra e lanciò un altro sguardo al collega.
- Senti hai da fare per pranzo? C’è un ristorante qui vicino, non si mangia niente male e di solito alcuni di noi vanno lì per pranzo.-
L’idea di pranzare in un ristorante lo allettava, per quanto trovasse interessante il menù della scuola, provava uno strano senso disagio a sedere al tavolo con altri professori che non conosceva, sotto lo sguardo curioso dei ragazzi della scuola.
- Sì certo, mi farebbe molto piacere.-
Si alzarono insieme e si diressero verso l’uscita della saletta, quando sentì la mano dell’uomo posarsi sulla sua spalla in modo amichevole, ebbe quasi un sussulto. Lasciò correre dirigendosi in fretta verso l’ingresso di scuola, dove li aspettavano Simon, l’insegnante di Spagnolo, ed altri due uomini più vecchi sia di Simon che di Mike.
Le presentazioni avvennero strada facendo, a causa però della sua reticenza a parlare alla presenza di estranei, passò l’ora pranzo quasi in silenzio, rispondendo solo alle cortesi domande di Mike e Simon che cercavano in tutti i modi di integrarlo nel gruppo.
 


 
Era ora di cena quando Dave tornò a casa. Aprì stancamente il portone, rimanendo piacevolmente sorpreso di sentire odore di pollo fritto, provenire dalla cucina. Abbandonò la propria borsa sul divano, raggiungendo in fretta la cucina dove suo padre stava finendo di friggere le ali di pollo.
- Ah sei tornato!-
Paul pulì le mani sul grembiule che aveva indosso, sorridendo al figlio e mostrando con un gesto, il piatto pieno di ali fritte e l’altro pieno di patatine.
- Papà vuoi farmi morire annegato nel fritto?-
Si abbandonò ad una risata, suo padre non era mai stato un asso in cucina da quello che ricordava, ma da quando la moglie l’aveva lasciato, si era dovuto adoperare come poteva per riuscire a sopravvivere e non andare avanti a cibo precotto o fast food.
Mosse i primi passi in cucina avvicinandosi alle alette, inspirandone il profumo, sembravano deliziose.
- Sono sorpreso, non hai ancora messo fuoco alla casa!-
Paul guardò il figlio fintamente offeso, poi spostò i due piatti sul rotondo tavolo in legno, già apparecchiato. Lanciò un’occhiata al piccolo televisore acceso, sintonizzato sul telegiornale locale, si sedette a tavola e aspettò che anche suo padre facesse lo stesso, Dave aprì poi due bottiglie di birra, ne passò una a suo padre, facendole sbattere delicatamente tra di loro.
- Brindiamo a te Dave, a questo nuovo lavoro…-
Dave sorrise a suo padre mentre sentiva i suoi occhi riempirsi di lacrime, non era più il ragazzino del liceo che gettava granite in faccia agli studenti che riteneva perdenti, non era più il ragazzo che cercava di nascondere al mondo intero chi fosse veramente.
- Io brindo a noi, papà.-
Ancora una volta le due bottiglie di birra cozzarono tra di loro, mentre padre e figlio si sorrisero, erano rimasti soli, da soli contro il resto della famiglia che come sua madre, non potevano accettare di avere un nipote gay.
Finita la cena Paul non volle sentire ragioni, spedì Dave al piano di sopra a farsi una doccia e rilassarsi, dopo tutto aveva dovuto sopportare anche un’ora di viaggio per tornare a casa e sicuramente era stanco.
Quando uscì dalla doccia, sentiva ancora vaghi rumori provenire dalla cucina, segno che suo padre non ancora aveva finito di lavare i piatti. Prese il suo iPhone indeciso, da quando era tornato voleva fare una chiamata, il suo dito passò sullo schermo touchscreen scorrendo la rubrica in cerca di un numero in particolare. Premette il tasto verde sullo schermo e portò il telefono all’orecchio.
- Sì?-
La voce di Kurt risuonò allegramente, in sottofondo si sentiva il rumore del traffico di New York.
- Hey Kurt!-
- Dave! Allora come va? Non ti ho più sentito da quando sei partito.-
Il moro sorrise passandosi una mano sul viso, si stese sul letto sospirando.
- Sono passati solo due giorni da quando sono tornato! Sei troppo apprensivo.-
Sentì qualcuno parlare in sottofondo, poi di nuovo la voce seccata di Kurt.
- Blaine ti saluta, era in pensiero anche lui.-
- Che cosa carina, digli che per qualche mese sarò il supplente di Storia dell’Arte alla Dalton.-
L’urlo di Kurt spaccò quasi i timpani a Dave che dovette spostare il telefono dall’orecchio, mentre strizzò gli occhi con una smorfia fino a quando l’urlo non finì.
- E quando ce lo avresti detto???-
Sentì poi Kurt dirlo a Blaine, l’urlo del riccio arrivò fino a lui, anche se meno acuto e sonoro come quello di Kurt. Seguì un piccolo battibecco, fino a che Blaine non prese possesso del telefono.
- Ciao D! Allora com’è la Dalton? Come ti trovi? Raccontami tutto.-
Dave sorrise, cercò di descrivere brevemente com’era stato il suo primo giorno, interrompendosi quando sentiva Blaine e Kurt battibeccare per il possesso del telefono.
- Grande sono felice per te! Senti ti passo di nuovo Kurt prima che mi uccida per riavere il telefono.-
Si salutarono velocemente poi la voce di Kurt trillò di nuovo nel telefono.
- Allora! Ci sono insegnanti carini? Hai già un appuntamento con qualcuno?-
Altro sospiro.
- Sì ci sono insegnanti carini e no, non ho appuntamento con nessuno, oggi è stato il primo giorno di lavoro e malapena ne conosco un paio. Non so neanche se giocano nella nostra squadra.-
S’interruppe pensando a Mike, al modo in cui aveva posato la mano sulla sua spalla, stringendola delicatamente, all’ora di pranzo in cui non aveva fatto altro che parlare con lui. Non voleva interpretare male le sue attenzioni, forse era solo stato gentile, doveva averlo visto spaesato e voleva aiutarlo. Annuì fortemente a quel pensiero, ignorando per un attimo le continue domande di Kurt.
- Non ti preoccupare per me, io sto bene.-
L’altro fece una piccola pausa, in cui si sentì soltanto il rumore del traffico e il chiacchiericcio intorno a loro.
- Sai che Matt …-
Dave deglutì, non aveva più sentito Matt, il suo primo ed unico ragazzo avuto a New York, anzi il suo primo e unico ragazzo assoluto.
- Sì … so che si sta vedendo con un altro.-
Altra pausa.
- Sei tornato a casa anche per questo motivo?-
- No. Sono tornato perché volevo farlo, sono tornato per mio padre soprattutto.-
Non c’era bisogno di spiegare il motivo, Kurt e Blaine sapevano benissimo cosa era successo tra suo padre e sua madre.
- Ok… senti se hai voglia di parlare chiamami a qualunque ora, ok? Noi ora dobbiamo andare o perdiamo l’aereo.-
Il moro sgranò gli occhi mettendosi a sedere.
- L’aereo?-
Kurt ridacchiò.
- Io e Blaine abbiamo avuto una piccola parte in un telefilm, facciamo dei personaggi secondari, ma è sempre meglio di niente no?-
Dave sorrise.
- Sono felice per voi ragazzi, i vostri sogni si stanno realizzando.-
- Vedrai che anche i tuoi si realizzeranno Dave… adesso ti lascio, ci sentiamo domani al massimo ok? Ti chiamerò da Los Angeles!-
Chiuse la chiamata qualche secondo dopo, il sorriso era scomparso e al suo posto comparve una piccola smorfia di dolore. Sapeva che Matt lo aveva lasciato nel momento stesso in cui aveva deciso di tornare qualche mese in Ohio, ma sentirsi confermare da Kurt i suoi sospetti, lo aveva distrutto.
Strinse il cuscino tra le braccia abbandonando il suo iPhone sul comodino, avrebbe dovuto lavorare sulla lezione che doveva fare il giorno dopo, ma in quel momento non ce la faceva proprio.
Chiuse gli occhi cercando di allontanare quello strano senso di malessere che si stava annidando dentro di lui, sapeva benissimo che Matt non era il ragazzo per lui. Quante volte Kurt e Blaine gliel’avevano detto? Quante volte si era ritrovato a piangere sul letto per qualcosa che Matt aveva fatto o detto?
Scacciò quei pensieri sperando che anche quella notte le lacrime portassero via almeno una parte di quel dolore, insieme a quei ricordi che a fatica riusciva a scacciare dalla sua mente. 




Non ho una beta... perciò perdonate i miei errori di battitura grammaticali ecc ecc. 

Dedico la FF ai ragazzi del NY, grazie vi giuro ogni giorno mi date davvero tanto,

e al Dave del mio Seb. Per le serate demenziali a parlare di tutto e niente e al tuo incoraggiamento. 

Grazie a tutti voi che leggerete e che recensirete :)

SMYTHOFSKY RULEZ!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** O Captain! My Captain! ***


Capitolo 2

 
La sveglia suonò puntuale alle 6:00, Dave la zittì con un grugnito, tirando le coperte oltre la testa proprio come quando andava a scuola. Non sopportava il suono della sveglia, non aveva un buon rapporto con quell’oggetto, adorava svegliarsi dolcemente e quell’ammasso di plastica e ingranaggi di ferro, non contribuivano affatto.
La sua mente vagò per un po’ immersa nel mondo reale e nel mondo dei sogni, si rigirò di nuovo nel letto mentre piano piano, prendeva forma un nuovo sogno.
Cinque minuti dopo entrò suo padre spalancando la porta, andò verso le finestre scostandone le tende e lasciando che il sole penetrasse al suo interno.
- Sveglia dormiglione! La colazione sarà pronta in 10 minuti.-
Scrollò il corpo di Dave ancora avvolto dalle coperte ed uscì dalla camera fischiettando.
Dave grugnì di nuovo, avrebbe voluto dormire ancora un po’, magari fino a mezzogiorno e alzarsi per l’ora di pranzo. Cominciava ad apprezzare la teoria di Kurt che confermava che il sonno faceva bene alla salute, magari avrebbe potuto dormire altri cinque minuti in più.
- Dave non farmi salire di nuovo!-
La voce di suo padre lo fece sussultare, scalciò le coperte a terra, si alzò facendo leva sulle braccia rimanendo per un attimo a quattro zampe sul letto, si mise poi a sedere strofinandosi forte gli occhi, lanciando uno sguardo allo specchio. Non aveva di certo un bell’aspetto, non aveva pianto molto ieri notte, il sonno lo aveva colto quasi subito, ma aveva ancora gli occhi un po’ arrossati e le guance rosse.
Si era accorto di aver dormito vestito e che qualcuno, sicuramente suo padre, lo aveva coperto con un piumone per non fargli prendere freddo.
La chiamata di Kurt e Blaine lo aveva sconvolto, sia per la loro partenza per Los Angeles, sia per la notizia di Matt. Per quanto si sforzasse, non poteva evitare di sentire il suo cuore lacerarsi.
Quando finalmente si alzò, si trascinò dapprima in bagno per la sua toeletta mattutina: il viso era ancora rosso e gli occhi erano gonfi, riempì perciò il lavandino di acqua gelida, immergendovi il viso per alcuni secondi.
- Dave che hai in faccia?-
Quando comparve in cucina, suo padre lo guardò con sguardo preoccupato, alla fine l’acqua ghiacciata era servita a ben poco, sperava perciò che il gonfiore sarebbe diminuito durante la giornata.
- Ah si… colpa dell’acqua gelata, speravo mi aiutasse a svegliarmi.-
Scusa ridicola, ma era il meglio che riusciva a fare ancora intontito di sonno.
- Dave… se è successo qualcosa lo sai che devi dirmelo, no? Devo saperlo.-
Si chiese perché suo padre dovesse essere così apprensivo con lui. Una vocina dentro la sua testa bisbigliò “e ha ragione”, ma Dave la zittì con un grugnito. Sbatté la fronte contro il tavolo, rispetto a ieri si sentiva molto meglio, ma parlare di Matt gli faceva ancora male.
- Papà non ne voglio parlare.-
In tutta risposta Paul si sedette accanto al figlio cominciando ad accarezzarne la schiena.
- Si tratta del lavoro? Degli amici che hai lasciato a New York? Magari un amico… speciale?-
Il corpo del ragazzo sussultò dalle risate, possibile che suo padre riuscisse sempre ad azzeccare? Annuì tenendo sempre la fronte contro il tavolo, sperando che non si arrabbiasse troppo per avergli tenuto nascosto la sua relazione con Matt.
- E da quanto va avanti?-
Il suo tono era dolce, in caso fosse irritato, non lo dava a vedere. Dave non alzò gli occhi per evitare di incontrare il suo sguardo.
- Da un paio d’anni, ed è finita il giorno stesso in cui sono tornato qui.-
Paul passò una mano sulle spalle del figlio accarezzandole lentamente, non disse nulla un po’ per via del crescente imbarazzo, un po’ perché in quelle situazioni non sapeva mai cosa dire. Quello fu uno di quei pochi momenti in cui rimpianse l’assenza di sua moglie. Per quanto fosse omofoba e un’arpia, era brava a consolare il figlio.
Dave alzò la testa poco dopo sospirando, mise le sue ultime cose nella borsa che aveva posato sulla sedia accanto alla sua e dopo aver bevuto velocemente il caffè salutò il padre.
- Ma come, non fai colazione?-
- Devo preparare una lezione e se tutto va bene riesco a farlo prima che suoni la campanella!-
Paul rimase fermo in cucina mentre vide il figlio prendere la giacca, le chiavi e uscire di corsa. Sentì la porta sbattere e poco dopo, il rumore della macchina che faceva retromarcia lungo il vialetto. Sospirò avvicinandosi al telefono, per quanto il suo cuore lo volesse, non poteva purtroppo proteggerlo anche da quel tipo di sofferenza. L’amore faceva parte del processo di crescita dopotutto, sperava solo che quell’esperienza non lo segnasse in modo negativo.
“Lascialo andare Paul, è grande ormai. Non succederà di nuovo.”
Alzò la cornetta lentamente mentre quel pensiero continuava a ronzargli nella testa e digitò un numero a memoria.
- Sì… è andato via. Puoi venire.-
 

 

Durante tutto il tragitto tra Lima e Westerville, Dave non fece altro che pensare alla lezione del giorno, aveva delle diapositive vecchie dell’Università bastava modificare qualche cosa e tagliare qualche pezzo e avrebbe potuto mettere su una lezione niente male.
Non ebbe tempo di pensare a Matt, non ebbe tempo di pensare a qualunque altra cosa che non fosse la sua prima lezione, ed era un bene per lui. Kurt gli aveva mandato un messaggio quando erano arrivati a Los Angeles, mandandogli i saluti di Blaine e dicendogli che lo avrebbero chiamato la sera stessa quando lui sarebbe tornato a casa.
Parcheggiò la macchina nel solito posto riservato agli insegnanti ed entrò nel grosso edificio. Quella che sembrava essere una bella giornata, si trasformò in una giornata uggiosa, grandi nuvoloni grigi minacciavano pioggia, anche la temperatura si era leggermente abbassata, costringendo Dave a ricacciare il suo cappotto dai sedili posteriori della macchina.
Quella mattina al posto di giacca e cravatta, preferì un semplice jeans nero, una maglietta bianca e una giacca blu scuro, comodo ed elegante allo stesso tempo.
Dai rumori che provenivano dal piano di sotto, era chiaro che i ragazzi e forse anche gli insegnanti, erano di sotto a fare ancora colazione. Si sentì sollevato al pensiero di non dover incontrare subito gli altri insegnanti, si diresse velocemente verso la sala insegnanti, percorrendo velocemente il corridoio deserto. Un paio di ragazzi sbucarono da dietro l’angolo correndo, fermandosi con aria inorridita vedendo Dave. Il ragazzone sapeva che era vietato correre per i corridoi, sicuramente i due ragazzi temevano una ramanzina da parte sua.
- Io non vi ho visti.-
Oltrepassò i due ragazzi che tirarono un sospiro di sollievo, affrettandosi a scendere le scale.
La sala insegnanti era vuota come previsto, occupò un tavolino in un angolo della stanza ed estrasse il suo computer portatile cominciando a lavorare su quelle diapositive. Era talmente preso, da non accorgersi nemmeno dell’entrata di alcuni insegnanti in aula, alzò lo sguardo sorpreso solo quando questi lo salutarono, ricambiandolo con cortesia, per poi tornare al suo lavoro. Dovette smettere quando sentì la mano di Mike posarsi amichevolmente sulla sua spalla, aveva in una mano una tazza fumante di caffè che poggiò accanto al suo computer.
- Buongiorno! Immaginavo che non avessi fatto colazione così ti ho portato il caffè.-
Lo sguardo del ragazzo andò da Mike alla tazza, sorrise confuso e accettò con un sorriso la gentile offerta.
- Stamattina pensavo ti saresti unito a noi per colazione, Simon ed io ti aspettavamo.-
Lo sguardo dei due cadde sull’uomo che in quel momento stava prendendo dei libri dal suo armadietto, quando incrociò il loro sguardo, si avvicinò sorridendo.
- David! Prima lezione eh? Buona fortuna.-
Dave sorrise chiudendo il portatile e infilando di nuovo in borsa, si alzò e bevve un sorso dalla sua tazza di caffè, solo in quel momento si accorse di quanto ne aveva bisogno. Il liquido caldo scese lungo la sua gola provocandogli un piacevole senso di calore.
- Grazie! Me ne servirà tanta, credo.-
Il ragazzone issò la borsa a tracolla sulla sua spalla dirigendosi verso la porta, seguito da Simon e Mike che cominciarono a snocciolare aneddoti per sopravvivere alla giornata. Quando furono di nuovo davanti la sua classe, lo invitarono nuovamente a pranzo fuori e lo lasciarono frettolosamente quando sentirono il suono della campanella.
La classe era già piena di ragazzi che, invece che stare seduti al proprio posto, erano in giro per l’aula, chiacchierando e scherzando con i propri compagni. Al suo ingresso divennero di nuovo seri, presero posto al proprio banco e rimasero alzati fino a che lui non si sedette.
L’appello fu rapido, i ragazzi alzavano la mano di scatto, rispondendo “presente”, quando erano chiamati.
Non era abituato a quell’atmosfera, nel suo liceo era tutto più chiassoso, più famigliare. Prendere in giro il professore era d’obbligo, rendergli la mattinata difficile, un Must. In quella classe, non solo regnava il silenzio, ma sentiva il profondo divario che c’era tra studente e insegnante, un abisso che li poneva su livelli diversi, un abisso che a Dave non piaceva affatto.
All’Università si era abituato al bellissimo rapporto con i professori, erano un corso di poche persone e tutti conoscevano tutti, i professori erano attenti al bisogno di ogni singolo ragazzo e c’era un rapporto professionale e famigliare allo stesso tempo.
- Bene, oggi cominciamo con L’Hudson River School.-
Non si sentì per nulla stupito quando più di una mano si alzò quando fece alcune domande dirette sull’argomento. Avevano tutti in mano il programma dell’anno ed era ovvio che per avvantaggiarsi, studiavano in anticipo. Proseguì poi con la spiegazione in dettaglio di quella corrente artistica, nessuno fiatò durante l’ora. I ragazzi non avevano fatto altro che scrivere ogni cosa fosse detta, senza alzare mai lo sguardo dal foglio.
Attaccò il suo computer al proiettore per mostrare le diapositive da lui preparate e non poté fare a meno di notare gli sguardi sorpresi dei ragazzi quando cominciarono a prendere in esamina alcuni quadri dei maggiori esponenti della corrente.
Le occhiate confuse e un sommesso mormorio, interruppe il discorso di Dave che si voltò a guardarli incuriosito. Le chiacchiere cessarono e i ragazzi tornarono con la teste, chine sui banchi.
- Qualcosa non va?-
Inarcò un sopracciglio sperando che qualcuno parlasse, nessuno però sembrava averne in coraggio. Scrutò i volti dei ragazzi, tutti quanti avevano lo sguardo basso, tutti tranne uno.
- Non abbiamo mai preso in esamina le opere dei singoli autori.-
La sua voce fu tagliente, alcuni ragazzi alzarono lo sguardo lanciando occhiate di ammonimento al compagno di classe, occhiate che lui ignorò sfoggiando ancora di più quel ghigno strafottente.
Dave appoggiò le braccia sulla cattedra sporgendo il viso verso di lui con aria interessata, i ragazzi rimasero con il fiato sospeso in attesa di una sua reazione.
- Capisco. Una corrente artistica esiste perché i loro esponenti l’hanno resa tale, grazie alle loro opere. Penso sia utile conoscere almeno qualche opera dei maggiori esponenti, oltre che saper ripetere a pappagallino, ciò che dice il libro. Non trova signor… Smythe?-
Dovette cercare di nuovo il suo cognome sul registro con la coda dell’occhio, di lui ricordava solo il suo nome associato a quel ghigno strafottente e quello sguardo indagatore.
Il ragazzo non cambiò espressione del volto, anzi sembrava che tutto ciò lo divertisse parecchio.
- Non credo lei possa permettersi di apportare variazioni al programma, senza aver prima consultato il Preside.-
Dave inclinò la testa di lato.
- Non credo che approfondire un argomento possa essere definito una “variazione” del programma.-
Lo scambio di battute fu seguito dagli altri studenti con interesse, i loro visi andavano da Sebastian a Dave ad intermittenza, sembrava stessero seguendo una partita di tennis.
- Non credo che analizzare un quadro possa aiutarci a capire meglio la corrente artistica che studieremo. Non siamo di certo dei critici e tantomeno abbiamo le conoscenze sufficienti per poter fare un certo tipo di analisi.-
Dave sospirò prendendo il loro libro di testo, lo sfogliò velocemente prima di richiuderlo e guardarlo disgustato, lo agitò davanti al viso degli studenti per poi buttarlo oltre la cattedra. Il tonfo che ne seguì fece sobbalzare alcuni ragazzi delle prime file.
- I veri critici sono coloro che riescono a cogliere molto più del semplice “aspetto esteriore”. La loro analisi va oltre la pennellata, oltre l’uso o meno di chiaro scuri e cose del genere. Io non voglio sapere cosa hanno dipinto, se l’hanno fatto bene o meno. Voglio sapere cosa cercano di trasmettere i pittori con questi quadri, quali emozioni queste opere suscitano in voi.-
Sebastian scosse la testa sospirando divertito, alzò il libro e puntò il dito su uno dei paragrafi di quello che sembrava essere proprio il capitolo riguardante l’Hudson River School.
- Tutto quello di cui abbiamo bisogno di sapere, è riassunto in poche righe: “Paesaggisti Americani che celebrano unicamente, attraverso diverse tecniche, la magnificenza e la vastità degli scenari naturali con una nuova pittura di paesaggio.” -
Dave sorrise, ricordò in quel momento come aveva conosciuto Matt: corso di Storia dell’Arte, stessa arroganza, stessa sicurezza di sé nel dire che quel corso era inutile. Eppure proprio in quell’inutile corso era sbocciato quel sentimento che li aveva legati per due anni. Sebastian aveva lo stesso sguardo sicuro, la stessa arroganza di Matt.
- I pittori dipingono non per i critici, non per essere classificati o raggruppati in una corrente artistica. Queste sono classificazioni che facciamo per comodità, ma il vero Artista, ha come obiettivo l’esprimere i propri sentimenti attraverso le proprie opere.-
Si alzò dalla sedia portandosi a lato del quadro proiettato sulla superficie bianca dietro di lui, lanciò uno sguardo a Sebastian che non disse più nulla, incrociò le braccia al petto, il ghigno era sparito dal suo volto e negli occhi c’era una strana luce battagliera.
- Per la prossima settimana vorrei che mi scriveste un piccolo tema, anche di una sola pagina, riguardo ciò che questo quadro in particolare, vi trasmette.-
Nessuno dei ragazzi alzò delle obiezioni, il quadro di Thomas Cole rimase su quella parete bianca fino al suono della campanella. In quel momento gli studenti si affrettarono a prendere le loro cose e dopo aver rivolto un saluto al professore, uscirono ordinatamente dalla classe. Al contrario del giorno prima, Sebastian non si era attardato.
Il giorno seguente, durante la lezione, Sebastian non fece altro che prendere appunti sul suo foglio, mentre Dave mostrava alcune opere di vari esponenti di quella corrente, analizzandone i colori, le ombre e il tipo di pennellata, parlò brevemente della biografia dei pittori, rispondendo poi alle domande dei pochi studenti interessati.
Quando la lezione giunse al termine, si passò una mano sul viso, gli studenti sfilarono davanti a lui ordinatamente, mentre lui ricordava loro il compito per la settimana seguente.
- Così non va.-
 

 

- Allora professor Karofsky, come sono andati queste prime due lezioni?-
Era strano sentirsi chiamare in quel modo, non gli piaceva sentirsi chiamare per cognome, sebbene doveva sopportarlo visto che era una regola in ambiente universitario e lavorativo, ma far precedere il suo cognome dall’appellativo professore, era ancora più strano.
La caffetteria era quasi vuota, c’erano pochi studenti che prendevano un caffè durante una pausa tra un laboratorio e l’altro, e sparsi qua e là, i professori rimasti per il pomeriggio.
Un uomo dai capelli brizzolati vestito con un completo di tweed, lo raggiunse velocemente posando una mano sulla sua spalla, Dave sorrise timidamente mentre un gruppo di studenti del primo anno, rivolse lui un saluto oltrepassandolo.
- Non è andata male signor Preside, grazie.-
L’uomo agitò la mano sbuffando.
- Io e tuo padre siamo grandi amici, chiamami pure Edward e diamoci del tu. Tutte queste formalità hanno cominciato a darmi a noia.-
Entrambi si avviarono al bancone e presero due tazze di caffè, Dave ci tenne ad informare il preside che aveva finalmente cominciato i suoi laboratori di Arte e a quanto pare gli studenti si erano trovati molto bene, a giudicare dall’entusiasmo.
Aveva deciso di cominciare da cose semplici, la maggior parte di loro era negata nel disegno, perciò aveva fornito qualche nozione di disegno artistico e tecnico, parlando di profondità, forme geometriche e altre nozioni teoriche che sarebbero tornate utili ai ragazzi nei loro disegni.
- I ragazzi sono educati, sto cercando di farli interessare alla materia poiché mi rendo conto che non siano facili da assimilare certi concetti.-
Il termine più esatto sarebbe stato “noioso”, ma evitò di usarlo. Anche a lui nel primo anno di Università aveva odiato storia dell’Arte, fino a quando non ebbe conosciuto il professor Tommasetti, un professore Italiano:
oltre che studiare storia dell’Arte Italiana, aveva trovato il modo per appassionare gli studenti alla materia.
- Noto con piacere che i giudizi sono positivi, per i corridoi si sente parlare bene di te.-
Dave ne fu felice, non sapeva cosa gli studenti dicessero di lui, ma era felice di riuscire a svolgere il suo lavoro per bene. Per quanto continuasse a pensare di non esserne all’altezza, ce la metteva tutta, cominciando tra l’altro ad abbattere quel muro tra lui e gli studenti. Apprezzava la Dalton per le sue regole rigide, ma non sopportava non poter instaurare un rapporto con gli studenti. Il Preside lo salutò velocemente raggiungendo un gruppo di insegnati già seduto ad un tavolo.
Dave ricambiò il saluto guardandosi poi intorno in cerca di un tavolo libero, quando vide la mano di Simon sventolare allegramente verso di lui, non poté non raggiungerlo al suo tavolo. Era la prima volta che lo vedeva da solo, di solito era sempre in compagnia di Mike
- Ti va di farmi compagnia?.-
Dave annuì lentamente sorseggiando il suo caffè.
- Allora… ti trovi bene qui?-
Erano passati solo un paio di giorni, ma ogni membro del corpo insegnanti gli aveva già posto la domanda, come se insegnasse in quella scuola da più tempo.
- È presto da dire, per il momento mi trovo bene.-
Simon abbozzò un sorriso soddisfatto della risposta.
- Gira voce che hai avuto una discussione con uno studente del terzo anno stamattina.-
Dave dovette pensarci su alcuni secondi prima di capire che si riferisse alla discussione avuta con Sebastian Smythe, riguardo i suoi metodi di insegnamento. Inarcò un sopracciglio, non l’aveva riportato nel registro di classe e tantomeno ne aveva parlato con qualcuno.
- Come lo sai?-
Simon scrollò le spalle sorridendo, i suoi occhi neri come il carbone si fissarono in quelli di Dave.
- Perché la scuola in un certo verso è come una piccola comunità: gli studenti sono meno di quelli che si trovano in un normale liceo, e tutti conoscono tutti. A quanto pare mentre tu e lo studente in questione discutevate, alcuni ragazzi hanno mandato dei messaggi e la notizia si è sparsa a macchia d’olio.-
Ecco qualcosa che non aveva considerato: i pettegolezzi. Un brivido passò lungo la sua schiena, fu proprio a causa di quel pettegolezzo che diede inizio alla sua fine: ll viso di Nick tornò alla sua mente insieme agli sguardi sprezzanti dei suoi ex-compagni di scuola.
- Non abbiamo discusso, è stato un semplice dibattito.-
Simon si sporse verso di lui.
- Si mormora che lo studente in questione ti abbia dato dello stronzo.-
Dave quasi soffocò con il suo caffè, deglutì a fatica cercando di non strozzarsi, si era dimenticato dell’effetto “passaparola”: più la notizia passava di persona in persona, più era arricchita di dettagli per rendere più interessante il pettegolezzo.
- Non ha detto nulla del genere. È stato un dibattito acceso ma dai toni contenuti, è normale che si creino momenti del genere.-
Ricordava i dibattiti durante le lezioni di storia dell’Arte, il più delle volte avvenivano tra il professor Tommasetti e Matt, che non accettava l’idea di studiare Storia dell’Arte Italiana oltre che quell’Americana: lo trovava una perdita di tempo.
- Lo sai che non devi coprirlo vero? Se davvero ha fatto qualcosa…-
- Simon davvero, non ha detto nulla del genere.-
Dave si alzò di scatto stringendo il suo bicchiere di carta con dentro il caffè, abbozzò un sorriso nervoso verso Simon e si scusò, dicendo di aver scordato alcuni appunti in Sala Insegnanti, appunti che aveva premura di riprendere prima di dimenticarsene.
Invece che andare in Sala Insegnanti, deviò verso l’ingresso della scuola, il cielo era ancora plumbeo, più scuro rispetto la mattina. Nonostante la minaccia della pioggia, decise di fare una piccola passeggiata. La conversazione con Simon lo aveva stizzito.
In quel momento sentì alcune voci provenire dai campi sportivi dietro la scuola, dove a quanto pare si stavano svolgendo gli allentamenti pomeridiani.
Prima che potesse rendersene conto, si ritrovò a camminare per la strada brecciata che portava verso la palestra, costeggiando i campi da tennis ed il campo da Lacrosse, le urla provenivano proprio da là. Lanciò uno sguardo verso il campo, sembrava fossero nel bel mezzo di un litigio.
- Smythe la prossima volta ti ficco quella mazza nel didietro.-
Quando sentì pronunciare il suo cognome, Dave lo cercò con lo sguardo: le due squadre indossavano la divisa di Lacrosse della scuola, sopra la maglia alcuni di loro indossavano una canotta rossa, forse per distinguere le due squadre.
- Ah davvero Black? Strano, l’ultima volta che ci siamo visti, e non vorrei sbagliare, sono io che ho messo qualcosa a te nel didietro.-
Alcune risatine si alzarono dal campo mentre alcuni ragazzi diedero pacche di approvazione al giovane. Dave inarcò un sopracciglio, un linguaggio del genere sarebbe stato punito severamente all’interno delle mura scolastiche, a quanto pare non vigeva la stessa regola nel campo da gioco.
Il coach della squadra accorse nel campo separando i due ragazzi che sembravano in procinto di saltarsi alla gola, urlò qualcosa che Dave non capì e tornò nuovamente a bordo campo.
Il gioco riprese dopo il fischio dell’arbitro, i suoi occhi seguirono Sebastian durante tutto l’allenamento: era agile e veloce, il suo corpo sinuoso riusciva a destreggiarsi bene in mezzo ai ragazzi che in confronto a lui, parevano lenti e goffi. I suoi lanci erano precisi, i tiri in porta andavano quasi sempre a segno.
- Bene, basta così per oggi.-
Dave sussultò quando vide il coach della squadra riemergere dagli spalti, fece un piccolo discorso al gruppo e li lasciò andare dopo qualche minuto. I ragazzi fecero un po’ di stretching prima di andare sotto le docce e fu in quel momento che gli occhi di Sebastian incrociarono quelli di Dave.
Un piccolo sorriso simile ad una smorfia si aprì sul suo volto, con la scusa di fare una piccola corsa intorno al campo, lo raggiunse, costeggiando la rete di recinzione. Si fermò davanti a lui piegandosi sulle gambe continuando il suo stretching, lanciò uno sguardo ai suoi compagni assicurandosi che nessuno di loro li potesse vedere, solo quando entrarono negli spogliatoi, smise di fare stretching.
- A cosa devo quest’ onore professore?-
Non seppe dire se il tono usato fosse sprezzante o ironico.
- Nessun motivo in particolare.-
Il ragazzo si alzò appoggiando le mani contro la rete, aveva il fiato corto. Dave poté notare piccole gocce di sudore imperlargli la fronte, i suoi occhi verdi in quel momento erano ancora più luminosi, forse risaltati dal rossore sul suo viso.
- Pensavo fosse venuto a vedermi giocare.-
Dave inarcò un sopracciglio.
- Non sapevo neanche che lei giocasse a Lacrosse signor Smythe.-
Il castano stese le labbra in un sorriso.
- Diamoci del tu almeno fuori ambiente scolastico. Preferisco mi si chiami Sebastian.-
Il moretto annuì senza sorridere, non sapeva se permettere lo stesso, al ragazzo di fronte a lui.
L’altro si asciugò il sudore della fronte con la manica lanciandogli un’occhiata piuttosto eloquente, si staccò dalla recinzione indietreggiando di qualche passo.
- Bene… a domani professore.-
Si voltò di scatto e corse fino a raggiungere gli spogliatoi, Dave rimase fermo dov’era fino a quando non lo vide scomparire. Non seppe dire cosa lo aveva turbato di più, se il suo modo strafottente di fare o il modo in cui lo aveva guardato prima di andare via. Quello sguardo, era come se lo avesse spogliato con gli occhi, si era sentito vulnerabile, nudo di fronte a lui.
Deglutì, spaventato da quei pensieri e riprese a camminare percorrendo la stessa strada da dove era venuto. Di colpo il complesso di campi da gioco non aveva più alcun interesse per lui.
 


 
Come promesso, Kurt chiamò proprio durante l’ora di cena. Paul guardò il figlio incuriosito, lasciò che si alzasse da tavola per raggiungere la poltrona in salotto, si accomodò tra i cuscini portandosi il telefono all’orecchio.
- Sì?-
La voce di Kurt esplose nelle sue orecchie come al solito, solo che al contrario del giorno prima, non c’era alcun rumore di sottofondo se non la voce di Blaine.
- Dave! Allora com’è andata? Gli studenti ti adorano? Immagino di sì. È difficile non adorarti dopo tutto.-
Le parole di Kurt fecero sorridere il ragazzone, si passò una mano sul viso gettandosi di nuovo nel passato, la visione dello sguardo spaventato di Kurt, lo fece quasi sussultare.
- Sto bene ed è andata molto bene. Mi adorano… credo.-
“A parte Sebastian Smythe.”
Evitò di pronunciare quelle parole tenendole per sé.
- Sono felice di saperlo! Ah, sei in vivavoce così sente anche Blaine.-
Seguì un piccolo resoconto della giornata, condito dalle domande di Blaine e dai commenti di Kurt. Raccontò di Simon e Mike, gli unici due membri del corpo insegnanti con il quale aveva legato di più. In quel momento Kurt tossicchiò in modo piuttosto eloquente.
- Dave non vorrei dirti una stupidaggine ma… sembra che Mike sia interessato a te.-
Il castano non disse nulla, si strofinò gli occhi per la stanchezza soffocando uno sbadiglio.
- Sei tu che sei malizioso Kurt, secondo me vuole solo essere gentile.-
Blaine confermò le parole di Dave ricevendo una risposta secca da Kurt che cominciò poi il suo sproloquio riguardo il linguaggio del corpo, discorso che Dave stanco com’era, non riuscì a seguire.
Suo padre si affacciò dalla cucina inclinando la testa di lato, a quanto pare aspettava lui per continuare a cenare, scusa che Dave colse al volo per interrompere il battibecco tra Kurt e Blaine.
- Scusate ragazzi devo andare, stavo cenando e ho lasciato papà da solo.-
I ragazzi si scusarono e dopo un altro breve battibecco tra di loro, lo salutarono chiudendo la chiamata. Dave si alzò dalla poltrona, tornò in cucina lanciando uno sguardo di scuse verso il padre, sedendosi di nuovo a tavola.
Quando Kurt e Blaine lo chiamavano, non era mai questione di minuti, ma di ore.
- Erano i tuoi amici di New York?-
Dave scosse il capo.
- Sì e no. Erano Kurt e Blaine… sai i miei amici di Lima.-
Paul annuì sorridendo, ricordava benissimo Kurt.
- Quante cose sono cambiate. Prima lo tormentavi a scuola e ora siete molto amici.-
Il moretto annuì, Kurt era stato la sua ancora di salvezza dopo il suo tentato suicidio, lo aveva aiutato e supportato anche nel momento in cui aveva fatto coming out. Non era stato facile, non era stato piacevole ma sapere che Kurt era lì per lui quando tutti quanti gli avevano voltato le spalle, era per lui più di quanto potesse desiderare.
Per un paio d’anni era convinto di esserne innamorato, innamorato di lui, del suo coraggio, del suo essere così sicuro di sé e fiero di quello che è.
Il pensiero di Kurt e i suoi occhi azzurri vennero sostituiti da un ghigno e da un paio di occhi verdi come smeraldi, le labbra sottili rosee s’incurvarono in un piccolo sorriso, lo stesso sorriso che gli rivolse quel pomeriggio durante il loro piccolo incontro al campo di Lacrosse.
- Dave tutto bene?-
Si riscosse dai suoi pensieri rendendosi conto solo in quel momento di essere rimasto con il trancio di pizza sollevato a mezz’aria. Si affrettò a staccare un morso annuendo mentre masticava. Doveva smetterla di fare quei pensieri, doveva smetterla di pensare a Sebastian Smythe e a quel suo maledettissimo sorriso.
Si ritrovò in camera sotto le coperte, immerso nel buio, lo sguardo perso nel vuoto.
Non riusciva a capire cosa di quel ragazzo, lo aveva sconvolto: il suo modo di fare? Il suo essere così schietto e strafottente? Non aveva avuto paura di esprimere il suo pensiero, ben sapendo che quel gesto poteva anche costargli un viaggetto in Presidenza. Come Matt.
Forse Mike non aveva del tutto ragione, non tutti i ragazzi erano così interessati a tenere il proprio curriculum immacolato, perché da come Sebastian si comportava, sembrava davvero non gli importasse più di tanto.
Non parlò a nessun altro di quella piccola discussione.
Nonostante i pettegolezzi a scuola si fossero diffusi velocemente, nessuno si azzardò mai a fare domande: nè gli insegnanti, né il Preside stesso.
- Non capisco ancora perché non vuoi denunciare il suo comportamento.-
Mike e Dave erano seduti in Sala Professori occupando le poltroncine vicino il caminetto, Dave era sprofondato nella sua, le gambe incrociate, Mike invece era proteso verso di lui, i gomiti poggiati sulle gambe.
- Non ha fatto nulla di male, sono solo un supplente, è normale che reagisca in questo modo. Ed è stato educato.-
Mike scrollò le spalle, continuava a non capire perché Dave fosse così ostinato.
- David non capisci? Ti ha mancato di rispetto.-
Mike continuò dicendo che Sebastian era una sorta di abbonato alla Presidenza, finiva lì dentro almeno un paio di volte la settimana per i motivi più disparati: scherzi ad insegnati o studenti, linguaggio colorito, ed altre cose che Dave già non ricordava più.
In un liceo pubblico, di rado finivi in Presidenza per una cosa del genere. Lui e i suoi compagni della squadra di football lanciavano granite, buttavano i “perdenti” dentro il bidone gigante della spazzatura del parcheggio e mai nessuno li aveva denunciati o mandati dal preside. Doveva ammettere che erano anche bravi loro non farsi beccare. Ora capiva perché Kurt si sentisse così  protetto in quelle quattro mura, le regole comportamentali erano molto più rigide.
- Senti, io devo andare. Ci vediamo dopo ok?-
Mike batté la mano sulla sua spalla sorridendo, poi uscì dall’aula velocemente, chiudendo la porta proprio nell’esatto momento in cui suonò la campanella.
Le lezioni con le altre classi non andavano poi così male, il modo in cui Dave insegnava, la passione che metteva nel suo lavoro, era contagiosa. La maggior parte degli studenti lo avevano preso in simpatia ed il rapporto che cominciava ad instaurarsi con ogni studente, cominciava davvero a gratificarlo.
I laboratori pomeridiani divennero molto più piacevoli e divertenti, quando dopo le prime lezioni di teoria, avevano cominciato a fare qualcosa di pratico.
Avevano cominciato da poco a fare qualche piccola scultura con la pasta di sale ed era quasi difficile non ridere di fronte le “opere d’arte” che venivano fuori.
- L’arte è arte e anche questa sorta di… barboncino… è arte!-
ll proprietario dell’opera tossicchiò.
- Veramente è un albero.-
La classe si aprì ad una risata fragorosa, mentre il ragazzo in questione arrossì fino alla punta dei capelli.
- Smettetela di ridere! La prossima volta vi farò vedere un quadro di Picasso, il qui presente albero/barboncino vi risulterà normale rispetto ai suoi quadri.-
Il ragazzino sorrise riconoscente, tornando a lavorare sulla sua scultura fino alla fine dell’ora. Dave ritornò alla cattedra approfittando del lavoro dei ragazzi per stendere la lezione che avrebbe dovuto fare Venerdì ai ragazzi del terzo anno. Cominciò a pensare che forse nessuno di loro avrebbe portato il tema richiesto, già si era preparato alla marea di scuse che avrebbero accantonato il giorno seguente.  
 

 

- Professore?-
Dave alzò gli occhi dal registro di classe, era giunto finalmente il Venerdì mattina, aveva appena finito di fare l’appello e stava giusto riportando sul registro, gli argomenti che avrebbero trattato quel giorno.
Aveva evitato accuratamente di guardare Sebastian, imponendo al suo sguardo di puntare qualsiasi cosa tranne che il suo viso, cosa piuttosto difficile visto che non era l’unico studente seduto da quella parte dell’aula.
Uno studente aveva la mano alzata e l’aria intimorita, scostò con un gesto del capo il ciuffo di capelli biondi dalla fronte, abbassando la mano quando Dave sorrise lui.
- Ha presente il compito che ci ha assegnato?-
Il moretto annuì lentamente, si stava già preparando a sentire una scusa ben costruita sul perché non avesse svolto il compito.
- Ecco vede, abbiamo fatto una piccola associazione di idee. L’arte è … arte giusto?-
Dave non capiva dove volesse arrivare, annuì di nuovo aggrottando questa volta le sopracciglia.
- E la musica è arte non è vero?-
Altro consenso.
- Bene. Noi abbiamo deciso di svolgere il compito in modo un po’ diverso dal metodo tradizionale. Ci è sembrato di capire che lei è un po’ anticonformista, insomma un prof fuori dalle regole, tipo il professore di Dead Poets Society.-
Dave sorrise per il paragone, si sentì quasi onorato di essere paragonato a Robin Williams, attore che tra l’altro ammirava moltissimo. Dead Poets Society, tra l’altro, era uno dei suoi film preferiti.
Cominciò a sentirsi una sorta di John Keating futurista, sebbene più giovane e forse più grasso. Cominciò a chiedersi se era il caso di salire su una cattedra e urlare: Oh capitano mio capitano!
Il suo pensiero andò a Blaine, Kurt spesso lo prendeva in giro dicendo che quando era nei Warblers e cantava o si esibiva, saliva su qualunque pezzo di mobilio gli capitasse a tiro. Dal semplice tavolinetto da thè, alle poltrone in pelle. Scacciò la visione di Blaine che saltellava come un pazzo sulla poltrona dell’aula canto della Dalton, tornando a concentrarsi sul biondino di fronte a lui.
- Lei è… Jeff Sterling giusto?-
Il ragazzo annuì.
- Abbiamo deciso di lavorare su un quadro diverso da quello proposto da lei, spero non sia un problema.-
Dave scosse la testa, era piuttosto stupito che avessero preso un’iniziativa del genere.
- Ehm… ok va bene. Vi lascio carta bianca. Basta che non mi facciate salire sulla cattedra, non credo possa reggere il mio peso!-
Si levò una piccola risata, Jeff sorrise al professore alzandosi in piedi e facendo cenno anche ai suoi compagni di fare lo stesso. I ragazzi spostarono i banchi accantonandoli contro il muro dell’aula insieme alle sedie, poi un gruppetto più piccolo si mise al centro, Dave notò che anche Sebastian prese posto in mezzo a loro, era al fianco di Jeff, ma al contrario degli altri membri, fece un passo avanti.
- Bene, lei ci ha chiesto cosa suscita in noi il quadro di Thomas Cole. -
Questa volta fu Sebastian a parlare, Dave non poté non alzare lo sguardo verso di lui. I loro occhi s’incontrarono e di nuovo sentì quel senso di disagio impossessarsi di lui, sembrò che Sebastian lo stesse spogliando con gli occhi.
- Non siamo molto bravi a parole, ma siamo molto bravi a cantare.-



Ok ok ce l'ho fatta! Intanto finisco di lavorare al capitolo 3! 
Comunque sia devo ringraziare voi che avete recensito perchè davvero, mi date coraggio. 
Ringrazio Dave per il supporto morale fisico mentale... se non fosse per te questa FF non esisterebbe *O*
Ringrazio la mia adorata nipote Trucy
La mia adorata moglie Tomoyo ( leggi e commenta donna u.u <3 )
Ringrazio tutti voi che avete letto e che avete messo la storia tra le seguite.
Se vi va lasciatelo un commentino :) mi rendereste davvero felice!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Something about him ***


Something about him


Il quadro scelto era di Asher Durand Brown, un quadro piuttosto malinconico a detta di David, dove un uomo solitario fissa il fiume al tramonto. I toni di giallo arancio e rosso, rendono intuibile che si tratti del crepuscolo: la fine di un giorno o la fine di qualunque cosa.
Jeff quando fu pronto si sistemò in mezzo al gruppo di ragazzi, erano in tutto cinque o sei, mentre gli altri studenti si sistemarono ai bordi dell’aula, seduti sui banchi o appoggiati contro di essi.
 
Once divided…nothing left to subtract…
Some words when spoken…can’t be taken back…
Walks on his own…with thoughts he can’t help thinking…
Future’s above…but in the past he’s slow and sinking…
Caught a bolt ‘a lightnin’…cursed the day he let it go…
 
Nothingman…
Nothingman…
Isn’t it something?
Nothingman…
 
Un ragazzo dai capelli mori si fece avanti cominciando a cantare i primi versi. Oltrepassò Sebastian che fece un passo indietro, mentre gli altri ragazzi modulavano una dolce melodia solo con la voce.
Dave aprì la bocca stupito, aveva sentito parlare del Glee Club della Dalton, sapeva che non cantavano su basi musicali, ma non immaginava che riuscissero a modulare loro stessi la melodia tramite le loro voci.

She once believed… in every story he had to tell…
One day she stiffened… took the other side…
Empty stares… from each corner of a shared prison cell…
One just escapes… one’s left inside the well…
And he who forgets… will be destined to remember…
 
Nothingman…
Nothingman…
Isn’t it something?
Nothingman…
 
La voce di Sebastian prese il sopravvento, mosse un passo avanti raggiungendo il moro che annuì con un sorriso, gli altri dietro di lui cominciarono a muoversi lentamente, Dave non riuscì a vedere bene cosa stessero facendo, perché i suoi occhi erano fissi su Sebastian, le sue orecchie erano quasi incantate dalla sua voce, che durante il ritornello intrecciò quella del moretto.
 
Oh, she don’t want him…
Oh, she won’t feed him… after he’s flown away…
Oh, into the sun… ah, into the sun…
 
Burn…burn…
Nothingman…
Nothingman…
Isn’t it something?
Nothingman…
Nothingman…
Could’ve been something…
Nothingman…
Oh…ohh…ohh…
 
Un applauso si levò nell’aula alla fine della canzone, Dave si unì a loro rimanendo seduto alla cattedra, Jeff si fece avanti nuovamente indicando i due ragazzi solisti.
- Sebastian Smythe e Nick Duvall.-
Sebastian e Nick fecero un piccolo inchino, Nick si spostò il ciuffo di capelli neri dagli occhi mentre dava pacche amichevoli sulla spalla degli altri compagni, Sebastian invece si fermò a parlare con un ragazzo moro al suo fianco.
Gli altri studenti rimisero a posto i banchi e le sedie mentre Dave ascoltava la spiegazione di Jeff riguardo alla canzone scelta dal gruppetto.
- Per noi il quadro indica una sorta di… inizio/fine. Abbiamo scelto la fine, la troviamo la soluzione più adatta. La fine di una storia, la fine di uomo che guarda il tramonto consapevole di quello che sta succedendo. Anche se la canzone parla della fine di una storia…-
Dave lo interruppe con un gesto della mano, gli studenti avevano finito di riportare l’aula al suo vecchio aspetto, sedendosi al proprio posto. Sebastian aveva lo sguardo puntato sul professore e sul compagno di classe, Dave incrociò il suo sguardo per un secondo ed un piccolo sorriso comparve sul volto dello studente.
- Sono … sbalordito signor Sterling, davvero.-
Rivolgendosi poi agli altri ragazzi.
- Mi piacerebbe però, oltre ad una canzone, un vostro parere personale, il lavoro che avete svolto merita sicuramente una A, ma la prossima volta niente lavoro di gruppo, ok?-
Si sentì a disagio, non voleva sminuire lo splendido lavoro dei ragazzi.
- Non mi darebbe fastidio però sentirvi cantare ancora, siete strepitosi!-
Sebastian soffocò una piccola risata abbassando lo sguardo, il moretto solista fece un grosso sorriso e prese parola.
- E non siamo nemmeno tutti, questa è solo una piccola delegazione dei Warblers.-
Jeff tornò al suo posto lasciando Dave con la curiosità di vedere l’intero Glee esibirsi. Quando calò di nuovo il silenzio in aula, riprese la lezione sull’Hudson River School, ascoltò poi le relazioni degli altri ragazzi sul quadro da lui assegnato e partecipò ad un piccolo dibattito, fine al suono della campanella. L’ora era praticamente volata, tutti i ragazzi si alzarono camminando lentamente verso l’uscita dell’aula, ridendo e scherzando, solo Jeff e Nick rimasero indietro insieme a Sebastian. I tre si avvicinarono lentamente verso il professore che ancora riordinava i suoi appunti.
- Prof possiamo … possiamo invitarla ad assistere alle prove dei Warblers?-
L’uomo li guardò confusi, Nick e Jeff sorridevano radiosi, Sebastian invece si tenne in disparte, lo sguardo neutro.
- Ehm… intendente il Glee Club?-
I ragazzi annuirono.
- Facciamo le prove quasi tutti i giorni ma se vuole vedere un’esibizione fatta come si deve, può venire oggi pomeriggio.-
Dave si passò una mano dietro la nuca, quel pomeriggio aveva promesso a suo padre di tornare a casa prima, voleva portarlo fuori a cena e passare del tempo con lui, poiché da quando era tornato a casa, non gli aveva dedicato altro se non un paio d’ore al giorno.
- Grazie per l’invito signor… Duvall. Sarei felicissimo di vedervi, ma se non vi spiace mi rimarrebbe comodo la settimana prossima.-
I ragazzi sorrisero.
- Nessun problema prof. Vedremo di impegnarci il doppio allora.-
Jeff fece un piccolo cenno con la mano ed uscì dall’aula sottobraccio a Nick, Sebastian invece si fermò di fronte al professore aspettando che i due ragazzi uscissero e chiudessero la porta, lasciandoli finalmente da soli.
- Ho scelto io la canzone da cantare.-
Dave alzò lo sguardo, chiuse con uno scatto la borsa dopo avervi riposto il suo portatile. Si alzò in piedi lentamente spostandosi davanti alla cattedra, Sebastian invece indietreggiò fino ad appoggiarsi contro un banco dietro di lui.
Nessuno dei due parlò per alcuni secondi, Sebastian aspettava che Dave dicesse qualcosa, Dave invece s’inumidì le labbra non sapendo cosa dire.
- Uhm… pensavo non ti piacesse il mio metodo di insegnamento.-
Usò un tono ironico, che provocò un lampo di ira negli occhi dell’altro. Nonostante quel lampo, però, la voce di Sebastian era calma come se la risposta ironica dell’altro non l’avesse toccato minimamente.
Incrociò le braccia al petto guardandolo con sufficienza, di nuovo comparve il solito ghigno che Dave cominciava a non sopportare.
- In effetti non mi piace, ma questo non vuol dire che io non debba eseguire i compiti assegnati.-
Dave fece lo stesso, incrociò le braccia al petto maledicendosi per quella risposta ironica, abbassò lo sguardo indeciso su cosa rispondere.
- Buona giornata Dave.-
Lo studente in poche falcate raggiunse la porta la aprì di scatto e la chiuse alle sue spalle. Nessuno a scuola lo chiamava Dave e Sebastian era il primo che si era preso quella libertà. Nonostante non lo sopportasse, non poté fare a meno di notare quanto bene suonasse il suo nome, pronunciato da lui.
 

 
Il fine settimana in casa Karofsky non era proprio il massimo dell’allegria, per quel motivo Dave spesso e volentieri ne approfittava per uscire con i pochi amici che aveva conservato a Lima. Finn era tornato in città da poco, aveva seguito Rachel a New York per un breve periodo, ma lavorava come socio d’affari con Puck a Los Angeles. Aveva approfittato di quel weekend libero per tornare a casa e rivedere i suoi genitori, perciò quando seppe che anche Dave era in città, ne approfittò per invitarlo a bere una birra insieme ad un paio di amici.
L’appuntamento era al pub di Lima, uno dei pochi pub dove si potesse bere birra decente. Uscì di casa poco dopo le nove indossando il suo cappotto nero, alzò lo sguardo al cielo privo di nuvole, ammirando quelle poche stelle che riuscivano a brillare più delle luci della città: adorava guardare le stelle da quando suo padre e sua madre da piccolo, lo aveva portato in aperta campagna, insegnandogli a riconoscere le costellazioni.
Era uno dei più bei ricordi che conservasse dei suoi genitori, quando erano ancora felici, quando erano ancora una famiglia.
Salì in macchina felice di passare una serata fuori casa, invece che con suo padre davanti la televisione. Aveva provato a smuoverlo, a chiedergli di uscire e magari cenare fuori, ma non c’era stato modo. La sua vita si era ridotta a “casa-lavoro lavoro-casa”. Ogni tanto invitava il padre di Kurt per guardare la partita di football e a bere una birra insieme, oppure usciva per fare due passi per il vicinato. Nulla di più, nulla di meno.
Solo di tanto in tanto lo beccava a sussurrare al telefono e non poté fare a meno di cogliere la sua espressione quasi terrorizzata quando incrociava il suo sguardo.
Guidò fino al pub cominciando a sentirsi in colpa per aver lasciato suo padre a casa da solo, i sensi di colpa svanirono però, quando notò, fermi davanti al Pub, Finn insieme ad un altro paio di facce conosciute: Blaine e Kurt.
Non riuscì a nascondere la gioia quando rivide i due ragazzi, andò loro incontro abbracciandoli forte, sotto lo sguardo divertito di Finn che cominciava a preoccuparsi vedendo che Kurt e Dave non decidevano di sciogliere l’abbraccio.
- Non ci posso credere, cosa ci fate voi qui?-
Blaine sorrise posando una mano sulla spalla di Kurt che saltellava ancora per la felicità, a quanto pare quando avevano detto che stavano andando a Los Angeles non era vero, sapevano che Finn sarebbe tornato a casa e pensavano di approfittarne e tornare anche loro per passare del tempo con le proprie famiglie.
Entrarono nel locale già affollato, scegliendo un tavolo piuttosto appartato dove poter chiacchierare in pace.
Un cameriere prese le loro ordinazioni, portando qualche minuto dopo, le birre per Finn Dave e Blaine e la coca cola di Kurt, i ragazzi alzarono in alto i bicchieri facendoli cozzare tra di loro per un piccolo brindisi.
- Allora Dave, ho saputo da Blaine che ora insegni. Cavolo amico ne è passato di tempo da quando mi prendevi a granitate a scuola.-
Finn lo disse ridendo, come se quelli fossero i ricordi più belli della sua vita, Dave arrossì leggermente, non riuscendo a sentirsi a suo agio come Finn, Kurt colse il suo sguardo e lanciò un’occhiataccia al fratellastro.
- Puoi cambiare discorso per favore? Non credo che rivangare situazioni passate spiacevoli, sia il modo più adatto a cominciare la serata.-
Finn arrossì mormorando qualche scusa, mentre Dave lanciava uno sguardo riconoscente a Kurt.
- Sono un supplente alla Dalton, il Preside Williams è amico di mio padre ed è per questo motivo che sono riuscito ad ottenere questo piccolo lavoro.-
Finn ascoltò interessato, Blaine annuì sorridendo e Kurt bevve un sorso della sua bibita. Dave proseguì il suo resoconto parlando degli studenti, dell’esibizione dei Warblers durante la lezione, di tutto ciò che gli veniva in mente di dire. Evitò accuratamente di fare il nome di Sebastian, sapeva che se l’avesse nominato e Kurt lo avesse guardato negli occhi, avrebbe cominciato a nutrire qualche sospetto.
Si sentì ridicolo, tra lui e Sebastian non c’era nulla se non un rapporto studente/professore, sebbene il suo modo di fare lo irritasse e lo agitasse allo stesso tempo.
Blaine si entusiasmò sentendo parlare dei Warblers, cominciò a perdersi nei ricordi raccontando di quando lui stesso era un Warbler, prima di unirsi alle New Directions per amore di Kurt.
- A te invece come va Finn? La società con Puck funziona?-
Dave sorrise verso l’ex quarterback che annuì sorridendo.
- A gonfie vele. Puck ha fascino e trova molti clienti, soprattutto donne, ed io cavandomela bene con roba elettronica oltre che con i motori, mi occupo della manutenzione degli impianti di purificazione delle piscine. Insomma un business che non avrà mai fine, fino a quando esisteranno ricconi sfondati che avranno grosse piscine da pulire.-
Blaine Kurt e Dave si unirono in una piccola risata, Dave scoprì poi che Finn stava ancora con Rachel, la ragazza aveva intrapreso una carriera niente male a Broadway nonostante non avesse ancora finito di studiare alla Nyada e forse Finn era riuscita a convincerla ad andare a Los Angeles e tentare la carriera da attrice, senza ovviamente lasciare il suo lavoro a Broadway. La loro relazione a distanza non era tutta rose e fiori, mentre Blaine parlava con Finn, Kurt rivelò lui che non facevano altro che lasciasi e riprendersi. Iniziava tutto con i dubbi di Rachel sul fatto che Puck portasse Finn sulla cattiva strada, Finn l’accusava di pensare solo a se stessa e ai suoi sogni e terminava con un lungo addio urlato al telefono a turno, o da Finn o da Rachel.
- Li ammiro sai? Non deve essere facile.-
Kurt guardò Dave come se avesse appena detto di aver scoperto di essere etero.
- Scusami? Non credo di aver sentito bene.-
Dave ridacchiò scuotendo la testa.
- Si amano e si vede, altrimenti la loro storia non sarebbe durata tanto.-
Kurt dovette dargli ragione: nonostante le minacce, il continuo lasciarsi e riprendersi, la loro storia andava avanti. Non sapeva se sarebbe riuscito a fare lo stesso con Blaine, lui che non riusciva a non passare neanche una giornata intera senza vederlo.
- Professor Karofsky…-
Dave alzò lo sguardo di scatto, riconobbe quella voce.
- Smythe?-
Un ragazzo alto dai capelli castani, tirati indietro con il gel, sorrise al gruppo seduto al tavolo, dietro di lui c’era un altro ragazzo che, a quanto pareva, era più che seccato da quella piccola interruzione della serata. Spostò lo sguardo altrove rimanendo a debita distanza, lanciando ogni tanto qualche occhiata a Dave e ai suoi amici.
Il ragazzo lo riconobbe come Thad Harwood, non voleva sbagliarsi ma era un anno più piccolo di Sebastian.
- Mi spiace interrompervi, l’ho vista e mi è sembrato educato passare a salutarla.-
Dov’era finita la regola del “diamoci del tu fuori ambiente scolastico”?
- Molto gentile da parte sua.-
La risposta di Dave fu quasi un sussurro, Blaine e Kurt guardarono il ragazzo con aria interrogativa, da come aveva chiamato Dave doveva sicuramente essere un suo studente. Blaine colse la palla al volo presentandosi da solo e presentando il gruppo.
- Mi chiamo Blaine, sono un ex studente della Dalton, loro sono Kurt e Finn.-
I due alzarono la mano con un piccolo sorriso, Sebastian fece un cenno educato con la testa, i suoi occhi però saettarono velocemente su Dave che non sembrava molto felice di quell’incontro.
- Stavamo giusto parlando della Dalton, ci chiedevamo se Dave fosse un buon insegnante.-
Sebastian fece comparire il suo solito ghigno.
- Il migliore. Lo adorano tutti devo dire. Sia studenti che … insegnanti.-
Sottolineò la parola “insegnanti” tenendo il suo sguardo puntato su Dave. Blaine non si accorse di quella frecciata e nemmeno Finn, cosa che non si poteva di Kurt. Il suo sguardo passò da Dave a Sebastian svariate volte, fino a che non decise di interrompere il silenzio e cacciare il suo amico da quella situazione imbarazzante.
- È stato un piacere conoscerla signor Smythe.-
Sebastian sembrò quasi non essersi accorto delle parole di Kurt, guardò il gruppo con sufficienza e rivolse loro un ultimo saluto prima di raggiungere l’altro ragazzo ad un tavolo poco distante dal loro.
Dave mugugnò un “grazie” dirottando poi la conversazione su altri argomenti. Fece qualche domanda a Finn riguardo la sua relazione con Rachel e s’interessò ai progetti futuri di Blaine senza però ascoltarli veramente. Evitò accuratamente di incrociare lo sguardo di Kurt perché sapeva che l’amico, avrebbe capito tutto solo guardandolo negli occhi.
 

 
Dave ripensò più e più volte alle parole di Sebastian, che cosa voleva dire con quella frase? Aveva calcato per bene la parola “insegnanti”, che senso aveva?
Di norma parlava con tutti i membri del corpo insegnanti, chi più, chi meno e non aveva stretto particolarmente amicizia con qualcuno in particolare. Forse Mike e Simon potevano inserirsi nella minuscola lista di persone che Dave frequentava di più alla Dalton.  
Più e più volte aveva pensato che Mike potesse provare un certo interesse per lui, alimentato soprattutto da Kurt che non riusciva a capacitarsi di come Dave fosse così cieco di fronte a quelle che lui chiamava: avances.
La verità era che sì, aveva notato qualcosa di strano in Mike: il modo in cui lo guardava, il suo modo di scherzare, il suo interessamento per ogni singola cosa facesse, ma lo attribuiva tutto al fatto che fosse nuovo e che desiderasse che si sentisse a suo agio a scuola.
La settimana seguente era riuscito a conoscere tutti i membri del corpo insegnanti, per la maggior parte uomini, a parte le insegnanti di Storia e Francese, entrambe piuttosto giovani e molto carine. Le due donne presero molto in simpatia Dave dopo averlo conosciuto meglio durante una partita di Lacrosse alla quale Dave aveva deciso di assistere sotto invito esplicito di Mike.
Si era ritrovato seduto accanto a loro, non le aveva mai considerate più di tanto, a malapena le salutava. Sembravano quasi gemelle: una bionda, l’altra mora, entrambe portavano i capelli mossi rinchiusi in rigide code di cavallo, entrambe indossavano eleganti tailleur o camicie bianche, accompagnate da sobrie gonne sotto il ginocchio. Non parlavano spesso con gli altri insegnanti se non per scambiare quella chiacchiera di cortesia, neanche Mike e Simon parlavano con loro, motivo in più per Dave per evitarle. Durante la partita si ritrovò più volte a sbadigliare, nonostante la Lacrosse fosse uno sport interessante, era piuttosto noioso. Mike, notando la sua aria annoiata, lanciò lì una battuta sul fatto che lui preferisse sport più violenti come il Football, Samantha e Jennifer si erano voltate sorprese, cominciando a parlare di Football insieme a Dave. Entrambe sostenevano i Cleveland Browns e i Giants, come Dave, ed entrambe adoravano guardare le partite in televisione.
- Siete il tipo di donna ideale per ogni amante del football.-
Le due donne risero al commento di Dave e da quel giorno si mostrarono più amichevoli con lui, includendolo spesso al loro tavolo durante la pausa pranzo, e invitandolo spesso il pomeriggio a prendere un caffè insieme, dopo la fine delle lezioni.
Un pomeriggio di pioggia, Dave trovò le due donne sedute accanto al camino intente a sorseggiare caffè, quando lo videro, fecero lui cenno di unirsi a loro.
- Tutto bene?-
Jennifer scosse la chioma bionda alzando gli occhi al cielo, Samantha invece ridacchiò guardando l’espressione della collega.
- Un solo nome: Smythe.-
Dave drizzò le orecchie, non vedeva Sebastian dalla settimana scorsa al pub ed in quei giorni si erano solo incrociati un paio di volte nei corridoi, ma senza nessuna interazione tra di loro a parte un breve scambio di sguardi.
- Cosa ha combinato?-      
La bionda fece un verso disapprovazione incrociando poi le braccia al petto, stizzita.
- Quel ragazzo è più furbo di un serpente, a volte mi viene da pensare che sia il figlio di Satana in persona.-
Il ragazzone quasi soffocò con il suo caffè dopo aver sentito le parole della collega, certo Sebastian era un tipo particolare non lo si poteva di certo definire un santarellino e aveva collezionato più visite dal Preside di quante ne aveva collezionate lui ( e c’è da dire che lui era un frequentatore assiduo della presidenza del McKinley ).
- Ha la lingua biforcuta, cerca il tuo punto debole e ti colpisce quando meno te lo aspetti.-
Samantha annuì fortemente.
- Continua ancora a spargere quelle sgradevoli voci su di te?-
Jennifer scosse la testa.
- Per fortuna no, Simon ha smentito tutto ed io ho fatto lo stesso.-
Dave sgranò gli occhi quando sentì nominare il nome del professore di Spagnolo, provava molta stima per lui, sia come uomo sia come insegnante.
- Che cosa è successo?-
Jennifer guardò Dave con un sorriso amaro sul volto.
- Io e Simon eravamo molto amici, uscivamo anche insieme qualche volta, ma tra noi non c’è mai stato nulla. Smythe ci ha visti un giorno nel parcheggio, mi ero appena lasciata con il mio ragazzo e Simon aveva intuito che qualcosa non andava. Mi raggiunse nel parcheggio per parlarmi e … sì forse è stato stupido da parte mia, ma avevo bisogno di qualcuno, di un amico, una spalla sui cui piangere.-
Dave annuì, capiva perfettamente cosa volesse dire, il suo pensiero andò verso Kurt. Sì aprì in un piccolo sorriso, ricordando come Kurt in quegli anni a New York, gli fosse stato vicino, correndo da lui ogni qualvolta ne aveva bisogno, rimanendo con lui a consolarlo fino a tarda sera. Non gli aveva mai fatto pesare nulla, anzi, il più delle volte anche Blaine correva con Kurt, pronto a sostenere Dave con un buon film e un bel barattolone di gelato.
- Mi sono gettata tra le sue braccia piangendo come una bambina. Simon è stato gentile, mi ha tenuta stretta fino a quando non mi sono calmata. Smythe ci ha visti e… il resto è intuibile da sé.-
Quando Samantha vide lo sguardo perplesso sul volto di Dave, si affrettò a spiegare.
- Penso tu sappia bene che le relazioni tra insegnanti sono proibite a scuola, vero?-
In quel momento capì cosa Sebastian aveva fatto, e un’ondata di rabbia crebbe dentro di lui, quel tipo di rabbia che non sentiva ormai da anni. Strinse i pugni guardando Jennifer che sorrise debolmente verso i due colleghi.
- Insomma si diverte e torturami ricacciando questa storia, e sebbene il Preside non gli abbia minimamente creduto, la scuola intera continua a pensare che tra me e Simon ci sia davvero stato qualcosa, motivo per il quale ora io e lui non ci parliamo nemmeno.-
Samantha posò una mano sulla spalla della collega rivolgendo un sorriso a Dave, era chiaro che Jennifer soffrisse particolarmente per quella rottura. Ora capiva perché Simon e Mike evitavano le due donne e capiva perché gli altri insegnanti le avevano isolate. Il Preside aveva creduto ai due, è vero, ma forse aveva creduto loro per mancanza di prove e questo voleva dire che non erano solo gli studenti a nutrire dubbi al riguardo.
- Stai attento Orsacchiotto, o Smythe potrebbe pensare che tu sia interessato ad una di noi due.-
Le due ragazze si aprirono a una piccola risata alla quale Dave non si unì.
- Ehm… non voglio ferire il vostro orgoglio e giuro, vi trovo davvero delle bellissime donne, ma… ho altri gusti.-
A quelle parole le due colleghe fecero un piccolo squittio sorpreso, si guardarono tenendo la bocca aperta non parlando per alcuni secondi. Dave si mosse sulla sedia a disagio, si aspettò quasi di vederle inorridire, alzarsi e andare via, come avevano fatto la maggior parte dei suoi amici quando avevano scoperto il suo piccolo segreto.
Al contrario le due si alzarono e lo strinsero in un piccolo abbraccio.
- Non lo sapevamo! Cioè insomma dopo aver detto che siamo le donne ideali per un amante del football… pensavamo fosse il tuo modo, anche se impacciato, di provarci con noi!-
Dave sgranò gli occhi sorpreso.
- Non … pensavate fossi etero?-
Samantha annuì seguita a ruota da Jennifer, tornarono a sedersi al loro posto, sporgendosi poi verso Dave con aria complice.
- Il nostro gay radar con te ha fallito, invece con Mike ci ha preso in pieno dal primo giorno, vero?-
Samantha annuì.
- Sì con lui non abbiamo mai avuto dubbi.-
Si voltarono verso Dave che aveva il viso cadaverico, fissava le due ragazze con gli occhi sgranati, le due potevano vedere chiaramente le sfumature di verde nei suoi occhi nocciola.
- Non lo sapevi? Gay fino al midollo. Pensavano addirittura che fosse innamorato perso di Simon, visto che sono pappa e ciccia, ma in realtà è solo il suo miglior amico.-
Il ragazzone si agitò sulla sedia ricordandosi poi le parole di Sebastian, ripercorrendo poi lentamente, le due settimane passate in quella scuola. Ora capiva gli sguardi di Mike, la sua gentilezza, quel sorriso che riservava solo a lui.
- Oh cavolo!-
Di colpo le parole di Sebastian piombarono prepotentemente nella sua mente, non era un mistero che Mike avesse preso sotto la sua ala protettrice “il supplente”.
Anche Samantha e Jennifer ogni tanto lo prendevano in giro chiamandolo “il cocco di Mike”, ma prima di allora non gli aveva mai dato peso, pensava fosse solo un modo scherzoso di definire il rapporto che c’era tra lui e l’insegnante di filosofia.
- Dave tutto bene?-
Le due donne erano le uniche che potevano chiamarlo in quel modo, le uniche a cui lo aveva permesso, eccetto Sebastian. Alzò lo sguardo cercando di ricomporsi, non stava facendo nulla di male se non permettere a Mike di essere così gentile nei suoi confronti, forse bastava prendere un po’ le distanze.
Sì, avrebbe preso le distanze da lui e dai suoi comportamenti fraintendibili e nessuno avrebbe più sospettato nulla.

 

 
Preparare la lezione per il giorno seguente stava diventando piuttosto difficile, soprattutto se pensava che di lì a qualche ora avrebbe rivisto proprio Sebastian. Chiuse il suo portatile poggiandosi contro lo schienale della poltrona in pelle della sala insegnanti, non riusciva a non pensare a quanto subdolo potesse essere quel ragazzo. Uscì da scuola non appena ebbe finito, correndo sotto l’acquazzone fino a che non fu al sicuro in macchina. Doveva sfogarsi con qualcuno, perciò decise di chiamare Kurt sperando di beccare l’amico da solo. Ebbe fortuna a quanto pare, Kurt non solo era solo, ma era rimasto a Lima, sarebbe ripartito la settimana seguente e si accordarono perciò per incontrarsi per cena al Breadstix.
La pioggia non lo aveva abbandonato, lo seguì da Westerville fino a Lima senza mai smettere di battere.
Tutto sommato era quasi piacevole sentirne il rumore seduto ad uno dei tavolini del ristorante, nonostante la musica di sottofondo, il rumore dell’acqua che batteva contro i vetri e contro la porta del locale, era udibilissimo.
- Allora ti calmi? Non credo che sia un dramma. È gay e allora? Io te l’avevo detto.-
Dave batté la testa contro il tavolo, non sopportava quando Kurt diceva “te l’avevo detto”, lo faceva sembrare uno stupido e un ingenuo.
- Rischio il lavoro così e non posso fare brutte figure. È un amico di mio padre e non voglio deluderlo.-
I due ragazzi si guardarono per qualche secondo, Dave scostò lo sguardo per concentrarsi sul contenitore di grissini messo in un angolo del tavolo, sapeva quanto il rapporto con suo padre fosse delicato.
Il castano fece un piccolo sorriso posando una mano su quella dell’amico.
- Scusami sono stato insensibile.-
Sospirò prendendo un grissino e sgranocchiandolo lentamente, Dave spostò il suo sguardo altrove concentrandosi su un punto vuoto della stanza, tutto pur di evitare lo sguardo di Kurt.
Il castano si morse il labbro inferiore, Dave tempo fa gli aveva confidato che da un paio d’anni avevano ripreso a parlare con suo padre, non spiegandogli però il motivo per cui avevano smesso di parlarsi.
- Fai ciò che ti senti di fare, prendi le distanze rimanendo comunque amichevole nei suoi confronti. Non so che altro consigliarti.-
Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare l’argomento con Mike, di certo non era uno stupido e si sarebbe accorto subito del suo strano comportamento, eppure era deciso a rimandare quel momento al più tardi possibile. Kurt lo tranquillizzò dicendogli di non preoccuparsi troppo, Mike era un collega e finito il periodo di supplenza, non lo avrebbe rivisto più.
- E venerdì devo anche andare a vedere l’esibizione dei Warblers! E questo vuol dire ritrovarmi faccia a faccia con Sebastian, che tra l’altro è il solista del gruppo, in un ambiente non neutrale.-
Il ragazzo di fronte a lui ridacchiò divertito.
- Parli come se fosse una guerra! Nasconditi in trincea e spera che vada tutto bene, no?-
Il moretto lo fulminò con lo sguardo, in effetti quello era un altro dilemma: cos’era tutta quella paura che provava di fronte ad un ragazzino del liceo? Perché lui, che non si era fermato mai davanti a nulla, si era ritrovato così vulnerabile di fronte a Sebastian? Che fine aveva fatto la sua sicurezza?
Dal giorno del tentato suicidio, tutto era cambiato. Per la prima volta era stato lui la preda e non il cacciatore, aveva provato l’umiliazione sulla sua pelle, capendo finalmente cosa aveva provato Kurt quando era lui a tormentarlo. Quel giorno non era morto Dave, ma il vecchio se stesso con il quale oramai faticava a convivere.  
-Altrimenti, rispondi al fuoco con il fuoco.-
Dave alzò lo sguardo incuriosito.
- Spediscilo dal Preside e fine della storia.-
Uno sbuffo fece inarcare il sopracciglio di Kurt.
- Come se lui non fosse abbonato all’ufficio del Preside. Penso che passi più tempo lì che altrove.-
Kurt si massaggiò il mento pensieroso, puntò i suoi occhi azzurri in quelli di Dave con un sorriso inquietante sul volto.
- Allora diventa anche tu un bastardo cinico. Un assaggio della sua stessa medicina.-
Più o meno quello che era successo a lui, aveva provato sulla sua pelle cosa volesse dire ed era crollato, si era sentito uno schifo, non riuscendo a sopportare di vivere con se stesso.
- Non che la mia storia sia finita bene, eh…-
Kurt agitò una mano.
- Quello ha la pellaccia dura e poi non ti sto dicendo di fargli diventare la vita, un inferno. Solo di… combattere un pochino. Andiamo Karofsky che fine ha fatto la tua sicurezza e la tua spavalderia?-
Dave fece una piccola risata amara.
- Magari dentro l’armadio… appesa ad un cappio.-
Kurt fece una smorfia, poi lo guardò con uno strano sorriso sul volto. Dave masticò la sua bistecca roteando gli occhi, conosceva l’espressione sul viso dell’amico e non prometteva mai nulla di buono.
- Indaga, scopri qualcosa su di lui, nessuno si comporta in questo modo senza una spiegazione logica. Anche tu eri così, ricordi?-
Il paragone non lo tranquillizzava di certo.
- Sei un professore ora, puoi avere accesso all’archivio schede dei tuoi studenti, giusto?-
Una serata passata con Kurt e aveva, più o meno, trovato la soluzione ai suoi due problemi. Aveva sì accesso all’archivio degli studenti e non aveva bisogno di cercare una scusa per potervi accedere.
- Tu… passi davvero troppo tempo a guardare telefilm, ma ammetto che hai trovato la giusta soluzione.-
Kurt fece un piccolo sorriso, a quanto pare guardare di continuo N.C.I.S., Bones e Cold Case, lo avevano aiutato con piccole cose pratiche come quella.
Riguardo Mike, cominciava a sentirsi lusingato e impacciato allo stesso tempo, non avrebbe mai immaginato che qualcuno potesse trovarlo attraente, tantomeno pensava di poter attrarre un uomo come lui: era indiscutibilmente bello, carismatico e gentile, per quanto non fosse il suo tipo.
Aveva avuto gli stessi dubbi il giorno in cui Matt gli aveva chiesto di uscire, si chiedeva cosa trovava in lui, cosa lo interessasse di lui.
Matt era stato la sua prima storia, il suo primo amore, non poteva fare a meno di pensare poi, che Sebastian glielo ricordava terribilmente ed era forse quello il motivo per cui non riusciva a guardarlo negli occhi, il motivo per cui ogni volta che lo guardava, sentiva il suo cuore mancare di un battito.
Si vergognò di quei pensieri, si vergognò anche solo di pensare a Sebastian, uno studente, un ragazzo molto più piccolo di lui, in quel modo.
La cena proseguì, Kurt prese a raccontare di New York, dei suoi progetti di lavoro e del provino a Broadway dove lui e Blaine, avevano partecipato. A fine cena Dave insistette per pagare per entrambi, gesto che stizzì leggermente Kurt che strappò poi lui, la promessa di rivedersi in modo da ricambiare la cortesia.
Quando uscirono dal ristorante, aveva smesso di piovere. L’odore di asfalto bagnato lo colpì subito, alzò gli occhi al cielo e vide che le nuvole grigie erano quasi scomparse, portate forse via dalla leggera brezza fresca che stava tirando in quel momento.
- Spero che domani sia una bella giornata.-
Kurt alzò gli occhi al cielo con Dave e sorrise poi all’amico.
- Qualunque cosa accada, sono sicuro che te la caverai. Ci sentiamo per telefono.-
Si abbracciarono velocemente e si separarono. Dave rimase a guardare la figura di Kurt entrare in macchina e partire lentamente verso casa, non si mosse fino a quando la macchina non sparì dietro l’angolo.
Rimase per alcuni secondi, fermo sul ciglio della strada, pensieroso. Per la prima volta da tanto tempo, sentiva il terreno vacillare sotto i piedi e la sensazione non gli piacque affatto.
 

 
I due giorni di lezione proseguirono senza problemi, dall’Hudson River passarono al Realismo Americano, analizzando in modo alquanto superficiale le caratteristiche della corrente artistica. Il venerdì pomeriggio si ritrovò in Sala Professori in preda ad una strana agitazione, non aveva dimenticato l’invito di Jeff e lo studente si era fermato apposta a fine lezione per ricordarglielo.
Blaine lo aveva rassicurato con un: “Tranquillo, i Warblers cantano ma non beccano”, battuta che ovviamente solo Kurt poteva trovare divertente.
La Sala era vuota, il caminetto era comunque acceso nonostante non se ne sentisse il bisogno, la maggior parte degli insegnanti erano in caffetteria: compresi Mike e Simon. Jennifer e Samantha il venerdì lavoravano solo di mattina ed il pomeriggio era raro restassero a scuola.
Rimase seduto in poltrona fino a che una testolina bionda seguita da una testolina mora, non fecero capolino nella Sala.
- Ah professore!-
Dave sussultò scattando in piedi, i due ragazzi dapprima lo guardarono con aria perplessa per la sua reazione, poi avanzarono verso di lui.
- Jeff ci ha detto che avrebbe assistito alle prove oggi pomeriggio, siamo venuti a prenderla in caso non sapesse dove si trova l’aula Canto.-
Il professore annuì alle parole di Nick, Jeff poggiò una mano sulla spalla dell’amico annuendo, Dave cercò di ricordare i cognomi dei due. Era più forte di lui, non riusciva a ricordare e con quelle divise sembravano tutti uguali.
- Lei è il signor… Duvall giusto?-
Il moretto annuì sorridendo.
- Adoro le sue lezioni prof, devo dire che non ho mai studiato Storia dell’Arte con tanto interesse. Non la sto prendendo in giro.-
I due ragazzi trascinarono Dave fuori dall’aula, i corridoi erano vuoti, neanche uno studente era in giro. Si incamminarono verso le scale semicircolari che portavano al piano seminterrato, nel frattempo i due studenti raccontarono brevemente la storia dei Warblers, storia che aveva già sentito da Blaine.
Quando l’uomo accennò al suo amico, i due lo guardarono con ammirazione.
- Blaine Anderson? Cavolo è una leggenda qui alla Dalton! Uno dei migliori solisti della nostra scuola!-
Dave pensava che Kurt esagerasse quando diceva che Blaine era davvero famoso alla Dalton, dovette perciò ricredersi quando Jeff e Nick lo subissarono di domande.
- Sarebbe bello se potessimo incontrarlo. Davvero su un vecchio annuario scolastici abbiamo trovato un’intera pagina dedicata a lui!-
Dave continuò a camminare fino a quando non giunsero di fronte una doppia porta di legno, Jeff la aprì velocemente, oltre tre scalini, vi era un’altra porta di legno.
L’insegnante guardò Nick e poi Jeff, entrambi si misero di fronte a lui a braccia conserte.
- Ok, questa è l’aula canto e so che già c’è stato più di una volta. Ci deve promettere che tutto quello che vedrà in questa stanza, dovrà portarselo nella tomba.-
Rimasero fermi per alcuni secondi, le espressioni di Nick e Jeff erano davvero serie e Dave cominciò ad avere dei dubbi sul loro conto. E se non fossero soltanto un gruppo di studenti canterini? Chissà cosa facevano lì dentro. Spaccio di alcolici o qualunque cosa proibita dalla scuola?
- Stiamo scherzando prof! Si rilassi!-
Le porte di legno si aprirono, i due studenti andarono a sedersi al loro posto su una delle poltrone al centro della stanza, Dave mosse alcuni passi notando alla sua destra, un tavolo in legno con tre studenti seduti dietro, mentre il resto del gruppo, era seduto sparso nella stanza.
Un ragazzo orientale reggeva un martelletto cominciando a batterlo sul tavolo quando il vociare e le urla di esultanza, superarono il massimo consentito.
Dave cercò gli occhi di Sebastian, che incontrò dopo aver vagato per la stanza. Era seduto sul bracciolo del divano, il braccio, le gambe accavallate, gli rivolse un sorriso malizioso poco rassicurante.
 


Eccomi di nuovo qui >.<
Scusatemi il problema è che mi sono impallata con Mass Effect 2 e... niente ho avuto un paio di problemucci ma nulla di grave :D
Comunque sia lavorerò lentamente al prossimo capitolo perchè per il ponte lungo sto a Lucca per motivi di lavoro
e ne approfitto per incontrare alcuni amici *O*
Ringrazio tutti voi che mi seguite sperando che questa storia vi piaccia a tal punto da farvi lasciare un commentino :D
E grazie a chi ha commentato!!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Words can hurt more than a punch ***


Words can hurt more than a punch 

 
I must have been a fool to love you so hard for so long
So much stronger than before but so much harder to move on
Now the bitter chill of winter still moves through me like a plague
Only to wake up in an empty bed on a perfect summers day

My world just feels so cold
And you find yourself walking down the wrong side of the road, oh

 
I Warblers cominciarono ad armonizzare la melodia con la loro voce, Sebastian era dietro di loro, il gruppo si aprì in due ali mentre lui venne avanti cominciando a cantare la prima strofa della canzone.
Il gruppo cominciò a ballare diviso in due gruppi, mentre Sebastian al centro interagiva con loro a passi di danza.
 
I cant lie, you’re on my mind, stuck inside my head
I wanna feel your heart beat for me instead
I just died so much inside now that you’re not there
I wanna feel your heart beat like yesterday

 
Dave rimase fermo appoggiato contro il grande tavolo di legno dove prima sedevano tre studenti, i ragazzi continuarono a ballare, mentre Sebastian piano piano si avvicinò a lui.
Il professore deglutì guardando il ragazzo che si muoveva sinuosamente di fronte a lui prima di tornare nel gruppo.
 
I never did my best to express how I really felt
And now that I know exactly what I want you’ve found somebody else
My world just feels so cold you find yourself walking down the wrong side of the road

 
 
Il gruppo si riunì ballando e volteggiando per la stanza. Dave notò che nessuno di loro saltellava in giro di qua e di là come faceva, a quanto pare, Blaine. Era famoso per questa sua particolarità, nessun soprammobile di quell’aula era stato risparmiato.
I Warblers si disposero in due file mentre alcuni di loro si esibirono in passi di hip hop: il biondo Sterling insieme moro Duvall, seguiti poi da David e Wes.
 
I cant lie, you’re on my mind, stuck inside my head
I wanna feel your heart beat for me instead
I just died so much inside now that you’re not there
I wanna feel your heart beat like yesterday

My world just feels so cold and i find myself thinking about the
things I could have done
And it wounds my soul when you let me know I’m not the only one.

 
Sebastian si avvicinò di nuovo pericolosamente a Dave, che questa volta si staccò dal tavolo cominciando a muoversi per la stanza. Si spostò di lato mentre i Warblers rimasti in cerchio, presero a camminare in fila incrociandosi tra di loro, mentre il solista seguiva il professore continuando a cantare.
Dave si voltò indietro, rilassandosi quando non vide Sebastian dietro di lui, lo cercò tra il gruppo di Warblers ma non lo vide. Si voltò indietro e quasi perse un battito quando vide il viso dello studente a pochi centimetri dal suo.
Prese ad indietreggiare mentre lui avanzava cantando l’ultima strofa della canzone, accompagnata da poche voci.
 
I cant lie, you’re on my mind, stuck inside my head
I wanna feel your heart beat like yesterday
I just died so much inside now that you’re not there
I wanna feel your heart beat like yesterday

 
La canzone finì e Dave si ritrovò proprio al centro del gruppo di Warblers. I ragazzi esultarono per l’esibizione andata bene, Sebastian invece rimase fermo dov’era, di fronte al professore che ancora aveva un’espressione attonita in viso.
Si ricompose velocemente, il gruppo di studenti tornò a sedersi sulle poltrone mentre i tre capi consiglio si accomodarono dietro il tavolo di legno. Rispose all’invito di uno dei ragazzi che offriva lui una sedia dietro il tavolo di legno, con un cenno del capo.
- Spero che l’esibizione vi sia piaciuta professore. È una delle canzoni che vorremmo portare alla competizione canora di quest’anno.-
Il ragazzone si ricordò della competizione canora a cui il Glee Club del McKinley aveva partecipato diverse volte, rispose alla domanda del ragazzo asiatico di cui ricordava vagamente il cognome, annuendo e poi rivolse lo sguardo al resto del gruppo.
- Siete stati incredibili. Ringrazio ancora il signor Sterling e il signor Duvall per il cortese invito.-
Il suo sguardo vagò verso Sebastian, seduto sempre sul bracciolo, aveva le gambe accavallate, un sorriso malizioso sul volto.
- Sono sicuro che avete la vittoria in tasca.-
Il gruppo di ragazzi esultò nuovamente e solo il continuo battere del martelletto di Wes li riportò all’ordine. La riunione fu sciolta dopo gli ultimi avvisi, dopodiché i tre studenti del Consiglio proposero di invadere la caffetteria e prendere un caffè insieme.
- Pensavo che avreste cominciato a cacciare alcolici e cose del genere, per come ne parlavate…-
Il biondino e il moro portarono le mani al petto con aria piuttosto affranta, Dave inarcò un sopracciglio notando i due trattenere un piccolo sorriso.
- Professore, ci ferisce in questo modo! Noi siamo studenti modello! Non ci azzarderemmo mai a infrangere le regole dell’Istituto.-
Jeff aveva ancora le mani al petto, Nick invece le alzò in aria come ad invocare qualcuno.
- Signor Dalton, Dio la benedica per aver fondato questa scuola e possa la sua anima riposare in pace!-
Il professore rise scuotendo la testa.
- Non sono così grande e nemmeno così ingenuo.-
Dave ricordava ancora le feste che davano i suoi compagni di scuola nel parcheggio dopo ogni partita vinta. Di solito la coach detestava che i suoi atleti bevessero, ma chiudeva un occhio durante quelle occasioni. Motivo per il quale faticava a pensare che la Dalton fosse pieno di figli di papà, di angioletti e studenti - modello, teoria che fu confermata da un sospiro teatrale di Jeff.
- D’accordo, vuol dire che una di queste sere, le mostreremo chi sono i veri Warblers.-
Wes e un altro Warbler incitarono il gruppo ad uscire dall’aula e di recarsi in caffetteria prima che faccesse notte, poi invitarono il professore ad unirsi a loro. Al coretto dei due, si unirono quasi tutti gli altri Warblers, tranne Sebastian che era impegnato a parlare con uno dei ragazzi che prima era seduto dietro il grande tavolo di legno: era molto più basso, dai capelli neri leggermente mossi e i grandi occhi marroni.
- Harwood, Smythe, basta amoreggiare e muovetevi!-
Un ragazzo di colore che aveva capito si chiamasse David Thompson, richiamò i due indicando il gruppo di studenti che si stava ammassando alla porta.
Il moretto annuì prendendo poi la mano di Sebastian, Dave fissò per un attimo le dita intrecciate dei due lasciando poi che gli passassero davanti. Il moro sembrava soddisfatto, Sebastian invece fece una piccola smorfia quando incrociò lo sguardo di Dave.
Il supplente scrollò le spalle, non riusciva a capire perché di colpo, avvertì una strana stretta spiacevole allo stomaco.
- Professore ci permetta di offrirle un caffè.-
Nick e Jeff affiancarono il supplente chiacchierando allegramente e della loro esibizione e della lezione del giorno. Dave si limitò ad annuire gettando qua e là un commento a caso, non riusciva a togliere gli occhi dalle mani ancora unite dei due ragazzi davanti a lui.
 

 
La quasi minaccia di Jeff e Nick accompagnò il ragazzone per tutto il tragitto a casa. Stringere un bel rapporto con gli studenti gli piaceva, essere per loro qualcosa di più di un semplice insegnante, gli piaceva, ma cosa avrebbero pensato il Preside e tutto il corpo insegnanti? Loro che avevano instaurato con gli studenti un rapporto piuttosto professionale, loro che sottolineavano ogni giorno che il ruolo di educatori li poneva un gradino sopra di loro, perché il rispetto poteva essere guadagnato solo in quel modo.
Tornato a casa, girò le chiavi nella toppa sbattendosi la porta dietro le spalle, buttò la borsa sul divano togliendosi nel frattempo il giaccone, cercando suo padre con lo sguardo.
Le luci della cucina erano accese, sentiva la voce di suo padre provenire da lì, ma sembrava non fosse solo. Sentì il grattare di sedie ed un’altra voce che parlava concitata, cosa stava succedendo? Di solito Burt andava a trovare suo padre, ma mai a quell’ora.
Varcò la soglia della cucina, trovando Paul intento a salutare una signora ferma sulla porta sul retro: aveva i capelli biondi sciolti lungo le spalle, i suoi occhi azzurri si spostarono da Dave a Paul, salutò velocemente suo padre rivolgendo poi a Dave un cenno con la mano, ed andò via, lasciando dietro di sé una scia di profumo.
- Sei tornato presto.-
Il ragazzone guardò l’orologio, erano quasi le otto e di solito a quell’ora la cena era pronta. La tavola era apparecchiata e qualcosa stava cuocendo nel forno, sul bancone della cucina c’era ancora una bottiglia di vino aperta e due calici, mai visti prima d’ora.
Qualcosa fece collegare la bottiglia di vino e i calici, alla signora che aveva visto prima.
- Sono le otto… piuttosto, sono tornato tardi.-
Dave aggirò il tavolo tenendo suo padre sotto il suo sguardo indagatore, Paul fece finta di niente poggiando la bottiglia di vino al centro della tavola, sbarazzandosi poi dei due calici facendoli sparire nel lavabo.
I due non parlarono per alcuni secondi, come unici rumori si sentivano solo la ventola del forno ed il timer che ticchettava.
- Da quando ti sei dato al vino?-
Paul evitò il suo sguardo sentendo in quel momento il desiderio impellente di controllare le costatine di maiale dentro il forno, l’odore di carne si sprigionò nella cucina, odore che fece brontolare lo stomaco di Dave. Suo padre colse la palla al balzo cercando di cambiare discorso.
- Allora, non hai mangiato oggi? A sentire il tuo stomaco sembra tu abbia una fame da lupo.-
Dave occupò il solito posto a tavola, spostando il suo sguardo dal forno a suo padre, la prima volta che aveva usato il forno, la casa quasi andò a fuoco: ricordò le urla di sua madre e le continue ammonizioni di non avvicinarsi più all’elettrodomestico.
- Non sapevo fossi in grado di usare il forno, ricordo che mamma ti aveva proibito di usarlo.-
Paul arricciò il naso stizzito.
- Non posso imparare ad usare il forno, ora? Vivo da solo da qualche tempo ormai, mi sono dovuto adattare e Melina è stata molto gentile da aiutarmi con alcune faccende domestiche.-
- Melina?-
Paul annuì.
- La donna che hai visto prima.-
Dave annuì lentamente, non aveva mai pensato al fatto che suo padre viveva da solo, aveva sulle spalle la gestione della casa oltre il lavoro, giustamente aveva chiesto aiuto. Si prese a calci mentalmente anche solo per aver sospettato che suo padre stesse nascondendo qualcosa.
- Adesso però non pensiamoci più, Melina viene solo quando non sei in casa così da non disturbare, mi da una mano con tutto: cucina, pulizia della casa. Le devo tanto.-
Fece un piccolo sorriso verso il figlio che a malapena riusciva a sorreggere lo sguardo di suo padre, l’argomento “madre” era diventato quasi tabù in quella casa. Dave continuava ad odiare la donna che l’aveva messo alla luce e l’aveva cresciuto, la odiava per il modo in cui l’aveva rinnegato, mischiando compassione a rabbia, quando fu chiaro che Dave non intendeva cambiare.
- Scusami, non immaginavo che per te fosse così difficile. La prossima volta magari, invitala a cena, mi piacerebbe conoscerla meglio.-
Paul sembrava piuttosto contento della piega che aveva preso la conversazione, Dave evitò di continuare il discorso ed aiutò suo padre con la cottura della carne.
La cena proseguì come al solito: entrambi fecero il resoconto della loro giornata, Paul fece qualche domanda a Dave riguardo i Warblers e di come gli sembrasse l’ambiente lavorativo: aveva parlato giorni fa con il Preside Williams, che si riteneva più che soddisfatto dell’ottimo lavoro che il giovane stava svolgendo.
Paul gonfiò il petto orgoglioso, rivolse un grosso sorriso al figlio dandogli una sonora pacca sulla spalla.
- Stai dimostrando quanto vali Dave. Quanto vorrei che quell’arpia di tua madre fosse qui adesso. Professor Karofsky…-
Il ragazzo sorrise imbarazzato abbassando lo sguardo, i suoi occhi divennero lucidi mentre cercò di trattenere le lacrime.
“Non mi sono mai sentita così delusa da te come oggi, David”: furono queste le parole della madre quando confessò ai suoi genitori di essere gay.
Paul strinse la mano del figlio non riuscendo anche lui a trattenere le lacrime.
- Sono sempre stato orgoglioso di te e lo sarò sempre.-
Le parole dell’uomo scatenarono altre lacrime da parte del ragazzone, che nel giro di qualche secondo si ritrovò tra le braccia di suo padre, stringendolo forte.
Rimasero stretti in quell’abbraccio per qualche minuto. Quando si staccarono, Dave asciugò velocemente le lacrime, si sentiva uno schifo per aver anche solo pensato male di lui.
Paul sorrise verso il figlio, sentendo i sensi di colpa crescere sempre di più a causa di ciò che, in realtà, gli stava nascondendo.
 

 
 
Le lezioni pomeridiane erano finite, Dave era più che soddisfatto degli studenti del suo laboratorio d’Arte, le sculture dei giovani somigliavano meno a cose senza forma e molto di più a qualcosa di esistente.
Mentre girava per i banchi guardando il lavoro che i ragazzi stavano svolgendo, sentì delle urla provenire lungo il corridoio, i ragazzi si affrettarono ad accalcarsi sulla porta aperta, gridando di entusiasmo quando videro la fonte da cui provenivano le urla.
Dave si fece spazio tra l’ammasso di studenti, notando due ragazzi azzuffarsi nel bel mezzo del corridoio. Senza pensarci due volte, si buttò nella mischia cercando di separare i due, non prima di beccarsi un pugno in faccia.
Il dolore sul viso fece scattare in lui una molla che da tempo non scattava. La rabbia crebbe dentro di lui rischiando di fargli perdere il controllo, si portò una mano alla guancia pronto a sferrare un pugno lui stesso, quando nella sua mente comparve il viso di suo padre: “David, ho allevato un figlio, non una bestia. Controllati.”.
Strinse i denti e afferrò uno dei due ragazzi per la cravatta trascinandolo contro il muro, il respiro pesante, mentre l’altro veniva afferrato da un altro paio di professori.
Le urla degli studenti rendevano il tutto ancora più confusionario, mentre il cuore di Dave continuava a battere forte, doveva cercare di calmarsi.
Alzò lo sguardo ed incrociò un paio di occhi verdi, che in quel momento saettavano di odio e di rabbia. Dave indietreggiò lasciandolo andare, premette una mano sulla guancia che ancora pulsava di dolore, a malapena riconobbe la voce del Preside che correva per il corridoio, intimando a tutti gli studenti di rientrare in classe.
- David stai bene?-
Sussultò quando sentì la mano di Mike sulla sua spalla, si voltò di scatto allontanandosi da lui, l’uomo alzò le mani indietreggiando, cercando di rassicurare Dave a parole.
Non ascoltò cosa disse dopo, i suoi occhi saettarono da Sebastian all’altro ragazzo, mentre il Preside urlava contro di loro. Samantha e Jennifer accorsero sul posto insieme a Simon, entrambe si portarono le mani sul viso, indicavano Dave mentre Mike le tranquillizzava. Si lasciò trascinare in infermeria, incapace di opporre resistenza. All’interno della stanza, una donna sulla cinquantina corse verso di loro, fece sedere Dave su un lettino esaminando la guancia e il viso.
Solo in quel momento Dave si accorse di avere del sangue che colava dal naso, sentì l’infermiera trafficare con dei tamponi mentre borbottava qualcosa contro i ragazzi di oggi, mentre Mike rimaneva in un angolo.
I suoi pensieri andavano verso Sebastian, al pugno che aveva ricevuto da lui, allo sguardo carico d’odio.
Sebastian non aveva bisogno di passare alle mani, aveva visto che le sue parole potevano ferire più di un gancio destro ben tirato.
- Smythe è anche un ottimo pugile, se non sbaglio è il presidente del club di Boxe qui a scuola.-
Ecco spiegato l’efficacia del suo gancio destro, se fosse andato a segno, sicuramente avrebbe steso il ragazzo con cui si stava azzuffando. L’infermiera maledì i club scolastici della scuola, affermando che erano la causa scatenante della crescente violenza tra i giovani.
Dave cercò di parlare, ma il dolore alla guancia era davvero forte, perciò ci rinunciò, rimanendo imbronciato seduto sul lettino.
L’infermiera cacciò del ghiaccio istantaneo da dentro un armadietto, agitandolo fino a che non divenne ghiacciato, lo passò poi a Dave che lo posò delicatamente sulla guancia. Il contatto con il sacchetto gli diede subito sollievo, azzardò un piccolo sorriso di ringraziamento alla donna non riuscendo ancora ad aprire bocca.
- Non ti preoccupare giovanotto, è solo una piccola contusione, passerà tra qualche giorno. Rimani qui tutto il tempo che vuoi, Mike ti devo chiedere di lasciarlo da solo, ha bisogno di riposo.-
Il professore annuì, strinse la spalla di Dave e lo salutò velocemente, il ragazzone lanciò uno sguardo riconoscente all’infermiera che rispose ammiccando, dopodiché tirò le tende del lettino isolandolo dal resto dell’infermeria.
La pace non durò a lungo, qualche minuto dopo la porta si aprì e una voce conosciuta chiese di lui.
- Il Preside desidera vederlo ora.-
L’infermiera scostò le tende del lettino controvoglia, mentre Jennifer si fiondò sul ragazzone stringendolo in un lungo abbraccio.
- Jen sono vivo, non mi è successo niente. Adesso da brava… mollami.-
La donna si staccò da lui con le mani sulla bocca.
- Ti ha rotto il naso?-
Solo in quel momento si accorse della fasciatura provvisoria che aveva sul naso, la tolse velocemente scuotendo nel frattempo la testa.
- No, sono tutto intero. Hai detto che il Preside vuole vedermi?-
Jennifer annuì, aiutò l’amico a rimettersi in piedi e lo accompagnò fuori dalla stanza. Prima di lasciare l’infermeria, Dave ringraziò la donna salutandola poi velocemente.
- Allora?-
Jennifer aspettò di essere lontana dall’infermeria, prese Dave per il braccio e lo fece entrare in un’aula vuota, il supplente si fece trascinare senza fare troppe domande, aspettò poi che la donna chiudesse la porta prima di parlare.
- Ora mi spieghi…-
Jennifer lo zittì.
- Tu non sai perché stavano litigando, vero?-
Il ragazzone scosse la testa.
- Bene, allora siediti, così la zia Jennifer ti racconta una bella storiella.-
Deglutì sedendosi sulla cattedra, lasciò i piedi penzoloni mentre la collega si appoggiò al banco di fronte a lui. Chissà perché quella frase lo fece pensare a Santana, rabbrividì ricordando quel giorno in caffetteria quando smascherò la sua copertura.
- Sebastian Smythe... ha litigato con Robert Martin a causa di una sua battuta.-
Dave incrociò le braccia al petto con aria scettica.
- Sebastian Smythe riesce a smantellare una battuta, analizzarla al minimo dettaglio e rivolgertela contro. Non ha bisogno di passare alle mani.-
La donna di fronte a lui sorrise, scosse la testa sospirando in modo teatrale guardandolo come se avesse di fronte un cucciolo di panda.
- Tesoro, ma quanto sei ingenuo?-
Dave inarcò un sopracciglio.
-Martin ha esplicitamente detto, e ripeto testuali parole: “Al Professor Karofsky gli darei volentieri una bella ripassatina”.-
Il ragazzone rimase a bocca aperta.
- Ma mi ha visto? Secondo me voleva solo prendermi in giro.-
Arrossì distogliendo lo sguardo dalla collega, non era di certo abituato a sentir parlare di sé in quel modo, avrebbe dovuto ritenerlo offensivo, ma era più stupito da un commento del genere.
- Il punto è… che Smythe ha perso le staffe per quella battuta. Lui ti ha difeso.-
 
 

Quando uscì da scuola, erano le otto passate ed il suo stomaco brontolava. Dovette aspettare la fine della riunione pomeridiana dei docenti, riunione che durò a lungo a causa della rissa pomeridiana. Sia Jennifer che Samantha lo invitarono a cena fuori, invito che declinò visto che a loro si sarebbero accodati anche Mike e Simon. Sospettava infatti, che i due lo avessero fatto apposta approfittando della cena per fargli qualche domanda riguardo gli avvenimenti del pomeriggio.
Jennifer sicuramente aveva confidato i suoi sospetti anche ai due insegnanti.
Entrò in macchina, chiamò suo padre dicendogli che avrebbe fatto tardi e di non aspettarlo alzato, infilò le chiavi del quadro e mise in moto, in quell’istante si aprì la portiera ed un ragazzo entrò velocemente in macchina.
- Vai, parti!-
Dave incontrò gli occhi di Sebastian, sembrava allarmato, lo vide guardarsi indietro più volte.
- Ma… cosa cavolo…? Scendi immediatamente!-
L’ordine cadde nel vuoto, Sebastian allacciò la cintura di sicurezza battendo la mano sul cruscotto.
- Porca miseria, accelera prima che ci raggiungano!-
Non se lo fece ripetere due volte, schiacciò il piede sull’acceleratore sgommando nel parcheggio prima di raggiungere il vialetto d’uscita della scuola. Sentì il rumore della ghiaia schizzare sotto le gomme, mentre si alzò una nuvola polverosa dietro di loro, la macchina rispose correttamente all’input e sfrecciò via lungo il viale.
Solo quando furono usciti fuori dalle mura scolastiche, Sebastian tirò un sospiro di sollievo, Dave non azzardò a fare alcuna domanda, seguì però le direttive dello studente, che lo portarono in centro città.
- Mi vuoi dire chi ti stava seguendo?-
Sebastian rivolse lui un sorriso sornione.
- Ah, nessuno. Temevo che il guardiano potesse vedermi.-
Dave parcheggiò l’auto vicino il parco cittadino, guardò Sebastian liberarsi dalla cintura di sicurezza, aprire la portiera ed uscire dalla macchina. Era ufficiale: si era fatto infinocchiare da un ragazzino.
Uscì dalla macchina stringendo le chiavi in una mano, cercando di issare sulla spalla la sua borsa mentre seguiva Sebastian che attraversava la strada, diretto verso quello che doveva essere un pub.
- Mi hai usato… per uscire da scuola?-
Sebastian si voltò sorridendo.
- Non proprio. In mezzo la settimana ci è permesso stare fuori fino alle dieci e mezza, diciamo che mi serviva un passaggio.-
Dave continuava a non capire, lo raggiunse in poche falcate affiancandosi a lui, fermò le macchine con un gesto della mano, mentre entrambi attraversarono velocemente la strada. 
Si fermarono di fronte il locale, Dave gettò un’occhiata al suo interno, sembrava gremito di gente: i camerieri passavano tra i tavoli con pinte di birra sui vassoi e piatti con hamburger e patatine.
In quel momento il suo stomaco borbottò per la fame facendogli dimenticare la rabbia nei confronti dello studente, Sebastian sorrise aprendo la porta del locale con una mano, mentre con l’altra prese il professore per il braccio.
- Perché non ne parliamo davanti un hamburger?-
Si lasciò trascinare all’interno del locale, subito un cameriere all’ingresso li accolse conducendoli poi ad un tavolo per due.
Quando si sedettero l’uno di fronte all’altro, caddero in un imbarazzante silenzio, imbarazzante forse solo per Dave, visto che Sebastian non si sentiva affatto a disagio. Cominciò fissarlo con quel suo solito ghignetto sul volto.
- La smetti?-
Il professore alzò lo sguardo irritato, non gli piaceva sentirsi osservato in quel modo, prese uno dei menù sul tavolo con aria stizzita, coprendosi il volto mentre ne leggeva il contenuto.
- Posso considerare questa uscita come primo appuntamento?-
La sfacciataggine di Sebastian non smetteva mai di stupirlo, si guardò intorno ma nessuno pareva averlo sentito, o meglio, nessuno pareva prestare attenzione a loro.
- Rilassati Dave, qui nessuno ti conosce e della Dalton sanno tanto quanto i Babbani sanno di Hogwarts.-
La battuta su Harry Potter lo fece sorridere, tutto sommato il suo umorismo non era da buttare. Non lo faceva però fan di quella saga, si risparmiò il commento tenendolo per sé.
- Non stiamo uscendo insieme e quindi no, non considerarlo un appuntamento.-
Il cameriere li raggiunse sorridendo, Sebastian ordinò per entrambi senza lasciare a Dave il tempo di protestare. Ordinò hamburger e patatine insieme ad una 0.3 di birra per lui ed una coca cola per l’autista.
Quando il cameriere andò via, appoggiò le braccia sul tavolo di legno riprendendo a fissarlo come prima.
- Mi irriti.-
La frase di Dave parve cadere nel vuoto, non provocò nessuna reazione in Sebastian se non una battutina delle sue.
- Lo so, è un dato di fatto, sono irritante e adorabile allo stesso tempo e tu non puoi negarlo.-
Sospirò passandosi una mano tra i capelli.
- Senti Smythe, ceniamo insieme, ti riporto a scuola e la cosa finisce qui, ok? Smettila di chiamarmi Dave, smettila di darmi del tu e comincia a comportarti come uno studente si comporterebbe con un professore.-
Sebastian annuì al suo discorso mantenendo un’espressione neutra, portò la mano alla testa imitando il saluto militare e sorrise.
- Sai benissimo che non farò nessuna delle cose menzionate, non è vero?-
- Sei solo un ragazzino viziato.-
- Probabile, mio padre ha la cattiva abitudine di soddisfare ogni mio capriccio. Che vuoi farci.-
Sebastian scrollò le spalle, Dave non capì se la sua era una battuta ironica, o meno.
- Perché l’hai fatto?-
Il professore sbiancò quando si accorse di aver pronunciato ad alta voce quella domanda, da quando aveva parlato con Jennifer non faceva che pensarci. Sebastian si era sempre mostrato irriverente con lui, quasi sprezzante. Sospettava che il suo comportamento di strafottenza era dovuto al fatto che non accettasse lui come insegnante, dopo tutto era solo un supplente.
- Deve per forza esserci un motivo per iniziare una rissa?-
Si aspettava una risposta ironica, si aspettava che tornasse di nuovo quella smorfia irritante sul suo volto, ma niente di tutto questo accadde.
- C’è sempre un motivo.-
Sebastian incrociò le braccia al petto.
- Io scateno risse per hobby.-
In quel momento arrivò il cameriere a portare le loro ordinazioni, studente e professore non alzarono lo sguardo, lasciarono che il ragazzo finisse il suo lavoro e andasse via, così come era venuto.
Erano tante le cose che avrebbe potuto dirgli, ammettere di aver parlato con Jennifer e di conseguenza confessare che sapeva tutto, era fuori discussione, in alternativa poteva tacere e lasciare che il discorso rimanesse una sorta di parentesi aperta. Dave non era tanto sicuro di voler continuare a parlarne, non voleva sapere realmente la risposta.
- Ok.-
La risposta del professore lasciò spiazzato Sebastian che, in realtà, era pronto a rispondere con un’altra battutina. Osservò il supplente portare alla bocca il suo bicchierone di coca cola e prendere un generoso sorso. Picchiettò le mani sul tavolo di legno mentre Dave prendeva il suo hamburger con le mani cominciando a mangiare come se niente fosse. Il livido sul volto diventato ormai bluastro, spiccò sotto le luci del locale.
Poté notare una piccola smorfia di dolore ogni qualvolta spostasse il cibo proprio da quel lato della bocca, sospirò vedendolo alzare lo sguardo con aria stanca.
- Perché mi fissi?-
Dave aggrottò le sopracciglia, Sebastian sorrise divertito notando che aveva ancora la bocca piena.
- Non si parla mentre si mangia. È maleducazione.-
Dave arrossì, rossore che però scomparve qualche secondo dopo.
- Non si sale in macchina con gli sconosciuti, i tuoi genitori non te l’hanno mai detto?-
Era inutile, parlare normalmente con Sebastian non era umanamente possibile, era la seconda o la terza volta che apriva bocca nella serata e non c’era stato verso di far prendere alla conversazione una piega meno “ironica”.
Il sottile umorismo del ragazzo lo divertiva e lo irritava al tempo stesso, eppure nonostante provasse quella fastidiosa punta di irritazione ogni volta che apriva bocca, non riusciva a non trovarlo dolce. Finirono di mangiare evitando di parlare, entrambi erano immersi nei loro pensieri, per fortuna il locale era affollato ed il chiasso intorno a loro, non fece pesare il silenzio che si era creato.
Finita la cena, Dave riportò Sebastian a scuola, oltrepassò il cancello ancora aperto parcheggiando di fronte la scuola, continuando a seguire le istruzioni dello studente.
- Sicuro che non ti debba accompagnare fino al dormitorio?-
Sebastian fece una smorfia slacciandosi la cintura di sicurezza.
- Non ti preoccupare papà, ce la faccio ad andare da solo.-
Scesero dalla macchina, rimanendo fermi l’uno di fronte all’altro, solo il cofano li separava. La Dalton di notte aveva tutto un altro aspetto: l’edificio, sotto le luci dei fari, sembrava una location perfetta per un film dell’orrore. Spostò il peso da un piede all’altro mentre guardò Sebastian infilare le mani in tasca con aria all’apparenza annoiata.
- Allora ciao e grazie per aver offerto la cena.-
Una cosa che Dave non era riuscito ad impedire, cercò di convincerlo a prendersi almeno la metà della cifra pagata, ma senza successo.
- Mi piace fare il cavaliere al primo appuntamento, al prossimo magari, offri tu.-
Dave sospirò roteando gli occhi al cielo mentre l’altro ammiccò in modo piuttosto provocante. Aprì bocca per ribadire la sua posizione, ma che senso avrebbe avuto? Non gli andava di discutere di nuovo con lui e sicuramente ciò che avrebbe detto, da un orecchio sarebbe entrato e dall’altro sarebbe uscito.
- Scusami per il pugno.-
Dave indietreggiò di un passo quando vide Sebastian muoversi lentamente verso di lui, oltrepassando il muso della macchina.
- Non fa niente, non era diretto a me, dopotutto. Sono capitato lì per sbaglio.-
Fece un altro passo indietro abbassando lo sguardo ma Sebastian fu più veloce di lui. Quando rialzò lo sguardo, il viso dello studente era piuttosto vicino al suo, era più alto sebbene di poco, ma quella differenza di altezza lo metteva ancora di più a disagio.
- Scusami lo stesso.-
Per alcuni secondi rimasero fermi, l’uno di fronte all’altro, Dave poteva sentire l’odore della pelle di Sebastian mista a dopobarba, alzò lo sguardo fermandosi a guardare le sue labbra sottili deglutendo.
Si stava addentrando in un territorio proibito: non riusciva a controllare i battiti del suo cuore e nemmeno i suoi pensieri ed i suoi desideri, la sua mente vagò libera proiettando immagini di lui stretto tra le braccia dello studente, lui che cercava disperatamente quelle labbra con le sue. 
Si riscosse da quei pensieri quando sentì dei passi frettolosi provenire dai dormitori, lo scricchiolare delle scarpe sulla ghiaia li fece voltare entrambi, Dave guardò agitato Sebastian, per poi infilarsi in macchina e accendere il motore, Sebastian dal canto suo si voltò in direzione dei passi, per poi scoprire che altri non erano che Nick e Jeff.
- Sebastian! Proprio te cercavamo. Martin sta facendo un casino al dormitorio, lui e Thad si sono azzuffati.-
Mentre i due ragazzi si avvicinavano di corsa, Sebastian sentì la macchina di Dave sgommare sul brecciato per poi sfrecciare lungo il viale. Il suo sguardo si perse in quella direzione fino a quando i fari della sua macchina non scomparirono dalla sua vista, i due ragazzi si fermarono accanto a lui con aria interrogativa.
- Chi era?-
Sebastian scosse la testa.
- Nessuno. Un tizio che si è perso e mi ha chiesto informazioni.-
Nick e Jeff non fecero più di tanto caso alle parole dell’amico, lo presero per un braccio trascinandolo verso il dormitorio. Il ragazzo non oppose resistenza, ma non riuscì a seguire il racconto di Jeff e Nick, si voltò di nuovo verso l’ingresso della scuola, attirato dal rumore del cancello che si chiudeva definitivamente. Era scattato il coprifuoco. 


Ce l'ho fatta! 
*partono le trombe del trionfo*
Siccome mio padre domani si opera, andrò a Roma e per il resto della settimana starò con la testa altrove, 
per questo motivo mi sono affrettata a postare il capitolo perciò, perdonatemi gli errori grammaticali >.<
Non ho ancora una beta u.u 
Anyway, spero il capitolo vi piaccia, sì Dave mi fa più male che bene ultimamente xD 
( Scherzo Didi ti amo lo sai ) 
Eee... niente! Grazie a chi ha commentato, davvero mi rendete felicissima! Il prossimo capitolo vedrò di postarlo il prima possibile. 
Grazie a tutti voi che leggete e che seguite!

Ecco la canzone che cantano i Warblers: amo i Maroon 5! http://www.youtube.com/watch?v=oqaEh2hAajM

Enjoy! 

Esse

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Something's changed and I don't know why ***


Something's changed and I don't know why


Dave manteneva sempre le promesse, per quel motivo domenica sera, diede appuntamento a Kurt e Blaine nel suo pub preferito di Lima. Aveva promesso di portare Blaine alla Dalton ad una riunione di Warblers e dato che i due sarebbero rimasti ancora un po’ a Lima, quale momento migliore?
Si sedettero ad uno dei tavoli di legno indicatogli dal cameriere, i due amici presero a parlare della loro settimana, degli amici rivisti e di quanto sarebbe piaciuto ad entrambi, organizzare una rimpatriata.
Anche Rachel era tornata a Lima, motivo per il quale Finn quella sera non si era unito a loro; Quinn e Puck erano tornati insieme e, come Finn e Rachel, portavano avanti una relazione a distanza; Artie stava coronando il suo sogno, cominciò a frequentare l’Università di Cinematografia in Italia, mentre Santana e Brittany erano anche a Los Angeles: la Ispanica tentava la carriera di cantante, Brittany invece aveva aperto una scuola di ballo insieme a Mike, che tra l’altro era prossimo al matrimonio con Tina; Sam e Mercedes erano anche loro a New York, stavano ancora insieme e frequentavano entrambi la Julliard. 
- Insomma, Beautiful non è niente in confronto al New Direction Show.-
Kurt sospirò mentre Blaine continuava a snocciolare nomi di altri componenti delle New Directions che Dave personalmente, non conosceva.
Il ragazzone ascoltò in silenzio mentre i due continuarono a parlare di quanto gli fossero mancati i loro amici, di quanto il Glee fosse stato importante per loro e di come gli abbia cambiato la vita.
Lui che il Glee l’aveva sempre odiato, l’aveva guardato con disprezzo, prendendo in giro e a granitate, i loro componenti, lui che troppo tardi aveva scoperto di quanto in realtà fosse invidioso di quel gruppo scatenato di ragazzi, che non avevano paura di mostrare quanto talento avessero.
- Hey, hai una faccia da funerale! Che succede?-
Blaine prese un sorso della sua birra e osservò Dave, perso nei suoi pensieri.
- Niente, è che… parlate del Glee, dei vostri vecchi amici, è bello.-
Da quando aveva lasciato il McKinley, si era trasferito di scuola in scuola senza mai trovare quella giusta. Voleva solo frequentare i suoi ultimi anni di liceo senza avere problemi, tenendo nascosta la verità, e invece no, ogni qualvolta qualcuno sospettava qualcosa, doveva fare i bagagli e andare via, prima che arrivasse ad un nuovo punto di rottura.
Passò una mano sul collo, sfiorando la cicatrice che gli era rimasta da allora e sospirò. Non aveva amici come quelli di Kurt e Blaine, del Glee se n’era sempre fregato e dei suoi vecchi compagni di scuola, non sapeva sinceramente di chi fidarsi o meno.
- Mi sento offeso, io e Blaine non siamo per caso tuoi amici?-
Kurt mise il broncio mentre Blaine gli dava manforte sorridendo.
- Kurt ha ragione, e poi gli amici nostri sono amici di tutto il Glee. Abbiamo parlato a lungo di te con tutti gli altri e fidati, tutti sono curiosi di conoscere il nuovo Karofsky.-
Arrossì imbarazzato, forse era proprio vero, era una sorta di fenice rinata dalle ceneri, era cambiato, era più insicuro, meno sbruffone e più goffo di quanto ricordasse. Proprio un cucciolo di orso. Sorrise pensando allo Scandals, ai suoi amici del bar e al proprietario che gli aveva affibbiato quel nome.
- A proposito di amicizia… Blaine ti devo chiedere un grosso favore. Anche a te Kurt, penso che la tua presenza sarà più che gradita.-
I due tesero l’orecchio in ascolto, Dave raccontò loro dei Warblers, di come sia uscito fuori il discorso secondo il quale Blaine è una leggenda in quella scuola e di quanto i ragazzi sarebbero stati felici di conoscerlo. Nel discorso incluse anche Kurt, non era stato nominato esplicitamente, ma era sicuro che la sua presenza sarebbe stata gradita alla pari di quella di Blaine.
- Direi che è un’idea fantastica!-
Si vedeva lontano un miglio che Blaine moriva dalla voglia di tornare alla Dalton, si leggeva dallo sguardo, Kurt sorrise dolcemente al suo ragazzo annuendo.
- Concordo con Blaine, sarà divertente.-
Anche se aveva passato solo qualche mese alla Dalton, Kurt poteva affermare di aver passato lì, alcuni dei momenti più belli della sua vita.
Finirono di cenare parlando di scuola, dei vecchi amici e dei professori. Dave sentiva la mancanza della Beiste, nonostante qualche scaramuccia, era stata la coach migliore che abbia mai avuto, Blaine e Kurt sentivano molto la mancanza di Schuester, era il catalizzatore del Glee, il mediatore, l’uomo che aveva reso possibile la nascita di quel gruppo. Continuarono così per tutta la sera, persi nei ricordi, piacevoli e non, e quando ricordarono anche i momenti peggiori, lo fecero con il sorriso sulle labbra.
- Ti granito io, adesso.-
Kurt si alzò dal tavolo con il bicchiere semi pieno di coca cola, pronto a versare il contenuto addosso a Dave. Il ragazzone rise portandosi le mani al viso, non faceva più male, non male come prima. Kurt lo aveva davvero perdonato, lo aveva compreso, era diventato il suo migliore amico e tornare con la mente a certi ricordi, non era più un trauma come prima.
Blaine ci aveva messo più di Kurt, ma era bastato poco per capire quanto Dave tenesse davvero al suo ragazzo, convincendosi poi a lasciarsi andare e conoscerlo meglio.
Le risate si spensero piano mentre la serata volgeva al termine, per tutto il tempo i pensieri di Dave erano corsi verso Sebastian, verso quel venerdì e verso quel punto interrogativo che ancora lacerava la sua mente: e se non fossero arrivati Jeff e Nick? Cosa sarebbe successo?
I loro visi erano vicini, troppo vicini e Dave potè vedere le labbra dell’altro quasi sfiorare le sue. Non c’era stato alcun contatto, ma anche solo la vicinanza lo aveva fatto fremere di desiderio.
Sospirò, Sebastian era un suo studente, per quanto potesse essere attraente e maledettamente stronzo, era un suo studente ergo, doveva eliminare pensieri di quel tipo, dalla sua mente.
- Dave tutto ok?-
Kurt lo guardò con aria interrogativa, sia lui che Blaine avevano notato l’amico perdere lo sguardo in un punto vuoto del locale.
- Sto bene, sono solo stanco.-
Blaine annuì perplesso.
- Ok ma… scusaci non ti abbiamo per niente chiesto come è andata la settimana! Dai raccontaci tutto, fare l’insegnante non deve essere facile, specie in una scuola privata.-
Dave annuì, non era per niente facile, specie se uno dei tuoi studenti ti guarda in modo malizioso dall’inizio alla fine della lezione e specie se quello studente era Sebastian Smythe.
- Tutto ok, le lezioni procedono bene e i laboratori di arte sembrano piacere. Mi sto affezionando a quei ragazzini.-
Un sorriso timido solcò le labbra del giovane, non avrebbe mai pensato che il lavoro di insegnante potesse piacergli così tanto.
- E cosa mi dici di quello studente? Come hai detto che si chiama?-
Dave deglutì e lo guardò con aria interrogativa.
- Di chi parli?-
Kurt ammiccò dandogli una piccola gomitata.
- Andiamo, lo sai benissimo di chi parlo. Il ragazzo che ti ha salutato quel giorno al pub.-
Panico. Era in procinto di dirgli tutto, della serata di venerdì, del quasi bacio, ma poi decise di tacere. Erano solo sue impressioni, non c’era stato nessun bacio e forse la rissa di venerdì era nata per qualche altro motivo: era sicuro che avessero inventato quella scusa per giustificare tutto, dopo tutto uno studente che si alza in difesa di un professore, era un gesto nobile.
- Sebastian Smythe. Non so molto di lui a parte il fatto che studia molto e che ha ottimi voti a scuola. È uno degli studenti migliori.-
Era vero, tutto ciò che era riuscito a carpire da Jennifer e Samantha erano solo poche informazioni: ovvero che era uno studente modello, i suoi voti erano alti e partecipava regolarmente ad ogni club, ottenendo perciò crediti extra. Il suo caratteraccio gli veniva perdonato di fronte un curriculum di tutto rispetto.
Non aveva ancora chiesto di poter esaminare il suo fascicolo scolastico e non era così sicuro di volerlo fare.
Cercò di troncare il discorso dirottandolo su altri argomenti, Kurt notò il suo sospiro di sollievo quando Blaine, colta la palla al balzo, cominciò a parlare del suo prossimo provino per Broadway, aveva deciso di tentare anche la carriera di cantante, scrivendo un paio di canzoni e proponendo le demo a qualche investitore.
A Dave non sfuggì lo sguardo di Kurt, era sicuro che sospettasse qualcosa, ed era sicuro che in un modo o nell’altro, avrebbe indagato e scoperto cosa lui stesse nascondendo.
 


 
La settimana passò velocemente e come aveva promesso ai ragazzi, aveva invitato Blaine e Kurt ad assistere ad una riunione dei Warblers. Blaine si presentò a scuola con il solito paio di pantaloni sopra la caviglia, un cardigan con sotto una camicia e l’immancabile papillon.
Kurt invece era indossava una semplice giacca nera, una maglietta bianca e un paio di jeans blu scuro. Era pomeriggio inoltrato e i ragazzi sicuramente stavano facendo le prove, nei corridoi non c’era nessuno e le classi erano vuote. Anche i laboratori pomeridiani erano finiti e la maggior parte dei professori erano già andati via.
- Kurt, ricordi l’aula? Se non sbaglio facevi storia qui.-
Kurt annuì, strinse le braccia al petto con un sorriso nostalgico sulle labbra, ricordava tutto della Dalton e la volle rivisitare soffermandosi ad ogni minimo particolare: quel quadro che c’era anche allora, il nuovo vaso e il nuovo tavolino lungo il corridoio, le scale dove lui e Blaine si erano conosciuti.
Andarono anche a vedere i campi sportivi, ascoltando poi il racconto di Blaine di come era nato il club di Boxe e di come Kurt lo disapprovasse.
- Allora è vero che facevi boxe. L’avevo sentite dire da Kurt ma non pensavo fosse vero.-
Blaine guardò il suo ragazzo con dolcezza.
- L’ho fatto per lui, volevo essere in grado di proteggerlo dai bulli…come te.-
Azzardò a pronunciare quelle parole preparandosi all’occhiataccia di Kurt, che stranamente non arrivò, Dave annuì con un sorriso triste sul volto, sollevò lo sguardo quando sentì la mano di Blaine sul suo braccio.
- Sono felice che le cose siano cambiate.-
Annuì.
- Anche io.-
Continuarono a camminare per il corridoio affacciandosi di tanto in tanto nelle aule vuote, abbandonandosi ai ricordi. Kurt entrava dentro ogni aula e lasciava un impronta del suo passaggio, scrivendo il suo nome e quello di Blaine sulla lavagna, gesto che fece ridacchiare Dave. Il giorno dopo, tutti si sarebbero chiesti chi fossero Kurt e Blaine.
- Solo i Warblers sapranno.-
Blaine nominò il suo vecchio Glee con orgoglio, come Kurt, anche i suoi migliori ricordi erano legati al Glee Club. Dave si morse il labbro inferiore, doveva vivere senza rimpianti, ma cosa sarebbe successo se anche lui si fosse unito alle New Directions quando ne aveva avuto la possibilità? Avrebbe davvero cambiato la sua vita, come diceva il professor Schuester? Lo avrebbe aiutato ad accettarsi? Era troppo preoccupato di cosa pensassero gli altri, troppo preoccupato a far finta di essere una persona diversa.
Quando si avviarono verso l’aula canto, sia Kurt che Blaine presero un grosso respiro, Kurt stringeva la mano di Blaine con tranquillità, lo sguardo fisso su quella famigliare porta di legno.
- Aspettatemi qui.-
Fece cenno ai due di fermarsi, aprì la prima porta in legno, scese quei pochi gradini e bussò alla seconda, modulò una melodia fischiando ed un ragazzo aprì uno spiraglio, parlottarono per alcuni secondi e poi fu trascinato dentro.
- Ragazzi è ufficiale il prof non sa fischiare!-
Quella frase scatenò le risate dell’intero Glee, Kurt e Blaine si guardarono interdetti, mentre le risate si placarono e tutto divenne solo un mormorio incomprensibile. Dave uscì dalla stanza dopo qualche minuto, fece cenno ai due di avvicinarsi tenendo ancora la porta accostata. I due si avvicinarono e solo quando furono ad un passo dall’ingresso, Dave li fece entrare.
Spalancò le due ante sorridendo, godendosi poi le espressioni allibite e sorprese dei ragazzi.
- Blaine Anderson e Kurt Hummel! Ex Warblers nonché futuri attori di Broadway.-
La presentazione di Dave fu seguita da urla di entusiasmo, i ragazzi circondarono i due ragazzi, chiedendo autografi, facendo mille domande e chiedendo loro di esibirsi.
Ogni Warblers faceva capannello intorno ai suoi amici, tranne Sebastian che li guardava da lontano. Dave lanciò lui uno sguardo, sguardo che lo studente ricambiò con indifferenza.
Dave inclinò la testa di lato, lo sguardo del Warbler si spostò su Blaine e Kurt che si godevano il loro momento di popolarità.
- D’accordo! Canteremo per voi, Kurt scegli tu una canzone.-
Il ragazzo ci pensò su poi fece un piccolo sorriso.
- Candles?-
La canzone che avevano cantato alle regionali, il primo duetto insieme, una canzone che significava ancora molto nonostante fosse legata anche alla loro sconfitta contro le New Directions.
- Sembrano dei bambini davanti ai regali sotto l’albero, il giorno di Natale.-
La voce di Sebastian fece sobbalzare il supplente, si voltò di scatto azzardando un sorriso.
- Gliel’avevo promesso, sono felice che la sorpresa sia stata gradita.-
Il viso di Sebastian si contrasse in una smorfia.
- Dovevamo lavorare per la competizione canora, adesso che ci sono loro due, non possiamo fare più nulla.-
Dave si sentì mortificato, non poteva sapere. Si morse il labbro inferiore mormorando qualche scusa abbassando lo sguardo. Sebastian ignorò le sue scuse guardandolo irritato.
- Potevi almeno chiedere.-
Il ragazzone alzò lo sguardo.
- Volevo solo far loro una sorpresa.-
- La prossima volta pensaci; non stiamo qui a pettinare le bambole e a perdere tempo.-
La risposta secca di Sebastian, lasciò il professore allibito, lanciò uno sguardo agli altri studenti che in quel momento parevano essersi dimenticati di tutto il resto. Kurt e Blaine discutevano ancora su quale canzone cantare, Blaine voleva cantare Perfect, mentre Kurt insisteva nel voler cantare Candles. Sebastian si spostò al tavolo del Consiglio e venne subito raggiunto da Harwood, che strinse la sua mano dolcemente.
Dave mosse i passi verso l’uscita dell’aula, fermandosi vicino alla porta in attesa. Kurt e Blaine nel frattempo avevano deciso cosa cantare: optarono per Candles, il loro primo duetto.
Dave prese un respiro profondo mentre il gruppo di Warblers, che conoscevano la canzone a memoria, si unirono ai due ex studenti, cantando la base per loro.

The power lines went out
And I am all alone
But I don't really care at all
Not answering my phone

All the games you played
The promises you made
Couldn't finish what you started
Only darkness still remains

 
Quando fu sicuro che nessuno stesse guardando, indietreggiò sempre di più finché non si ritrovò fuori dall’aula, accostò piano le porte per poi voltarsi e allontanarsi velocemente. Le parole della canzone continuarono ad echeggiare nel corridoio, accompagnando la sua uscita di scena.
Le parole di Sebastian bruciavano ancora, non voleva sentirsi colpevole, non per aver mantenuto la promessa fatta a quei ragazzi.
 
Lost sight
Couldn't see
When it was you and me
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
I'm beginning to see the light
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
But I think I'll be alright

 
Le voci di Blaine e Kurt si intrecciarono tra di loro, riusciva ancora a sentirle mentre si apprestava a salire le scale, proprio in quel momento si scontrò con qualcuno che invece stava scendendo.
Mike lanciò uno sguardo preoccupato a Dave che nel frattempo balbettava qualche scusa, non vedeva l’insegnante da qualche giorno, lo aveva incrociato per i corridoi e in sala professori per un paio di volte, ma mai si era fermato a parlare: un po’ perché voleva continuare ad evitarlo, un po’ perché voleva che gli altri colleghi la smettessero di chiamarlo “cocco di Mike”.
- Come mai tutta questa fretta? Pensavo fossi alla riunione dei Warblers.-
Dave scosse la testa con un piccolo sorriso.
- Ho portato due ex Warblers, ho preferito lasciarli da soli.-
Mike annuì poco convinto, forse aveva visto qualcosa negli occhi di Dave che non lo convinceva molto. Il sorriso forzato sul suo volto non lo ingannava e Dave non si sforzò più di tanto di nascondere la sua delusione.
Senza rendersene conto, entrambi presero a camminare verso la caffetteria, Mike prese a parlare del più e del meno ed in quel momento, Dave, rinunciò a restare fedele al suo intento di evitarlo, dopo tutto era stato il suo primo amico lì alla Dalton e in quel momento, era ciò di cui aveva disperatamente bisogno: un amico.
 


 
- Non so come ringraziarti!-
Blaine strinse l’amico in un abbraccio, i due trovarono Dave e Mike in caffetteria, la riunione era finita e i Warblers avevano proposto di prendere un caffè tutti insieme.
Mike salutò i due ragazzi con un sorriso e preso il suo caffè andò via con la scusa di dover correggere una marea di compiti in classe, Kurt prese il suo posto e si sporse poi verso l’amico.
- Abbiamo interrotto qualcosa?-
Blaine andò al bancone del bar per prendere il suo caffè e quello per Kurt, lasciandoli soli e liberi di parlare. Sebastian passò loro accanto, lanciò uno sguardo incuriosito a Dave mentre lo studente accanto a lui, lanciò uno sguardo al fondoschiena di Kurt. Dave inarcò un sopracciglio e trattenne un sorriso, Kurt ignaro di tutto, si voltò solo per vedere i due studenti allontanarsi.
- Non hai interrotto nulla, e ti conviene non metterti a sedere in quel modo, mostrare il tuo didietro in questa scuola, potrebbe essere pericoloso.-
Kurt tornò a sedersi rosso in viso, giusto in tempo per l’arrivo di Blaine con i loro due caffè, era chiaro che anche Blaine non si era perso la scena, lanciò un’occhiataccia di ammonimento al fidanzato e si sedette al suo fianco.
- Davvero Dave, grazie mille. Sono incredibili questi ragazzi e sono sicuro che hanno tutte le carte per vincere le Nazionali.-
Non sapeva se Blaine parlasse per orgoglio di Warbler o perché davvero erano sensazionali.
- Si sono esibiti per noi: quel Sebastian sa come dirigere il gruppo, è un ottimo leader.-
Il nome di Sebastian lo fece sussultare, si guardò in giro per la stanza quasi avesse paura che il ragazzo avesse sentito il complimento di Blaine, lo trovò seduto ad un tavolo piuttosto distante insieme ad altri Warblers, il braccio poggiato sullo schienale della sedia dove era seduto Harwood.
- Il Glee Club del McKinley quest’anno non ha speranza di vincere, senza offesa.-
Kurt annuì tristemente, Dave invece scrollò le spalle.
- Perché dici questo?-
Il castano prese parola, sospirando.
- Li abbiamo visti esibirsi: non sono bravi come lo eravamo noi, detta in parole povere. Hanno talento è vero, ma non sono molti bravi a ballare e solo due o tre membri del gruppo sembrano essere sicuri di ciò che fanno. Noi eravamo un concentrato di puro talento, ognuno di noi era bravo in qualcosa e nell’insieme eravamo perfetti.-
Le parole di Kurt potevano sembrare forse un po’ troppo arroganti ma Dave sapeva che era tutto vero, o non avrebbero vinto le Nazionali il loro ultimo anno di liceo.
Ricordò la chiamata di Kurt, mentre piangeva e rideva, mentre i suoi compagni urlavano cantavano e festeggiavano, ricordò la voce del professor Schuester e della Sylvester in sottofondo, il vocione della Beiste che richiamava tutti all’ordine, con scarsi risultati.
- Insomma, ci hanno invitati a vedere le Provinciali che si terranno tra un mese. -
Dave si morse il labbro inferiore, non immaginava che le Provinciali fossero alle porte. Sebastian lo aveva aggredito a ragione, perché avevano perso una giornata di prove, lui aveva portato Kurt e Blaine e la loro presenza era stato motivo di distrazione per il gruppo, cominciava davvero a sentirsi in colpa.
- Insomma, abbiamo dato loro un po’ di consigli sperando che ne facciano buon uso.-
Il ritorno a Lima fu chiassoso, Blaine e Kurt continuarono a parlare del pomeriggio passato, mentre Dave in silenzio, annuiva distrattamente. Il giorno dopo per sua fortuna non doveva tornare a Westerville, aveva inoltre accettato di uscire con Mike per passare una serata diversa dal solito.
C’era un film che era ansioso di andare a vedere, aveva anche chiesto a Samantha, Jennifer e Simon se avevano voglia di unirsi a loro, forse conscio del fatto che Dave non avrebbe mai accettato di uscire da solo col professore.
Quando infilò quella notizia in mezzo gli sproloqui di Blaine e Kurt, i due si zittirono lanciandosi un’occhiata eloquente.
- Quindi … tu e Mike…-
La voce di Kurt si alzò di mezzo tono, Dave scosse la testa con un piccolo sorriso.
- Ho solo accettato di uscire con loro perché sono gli unici con cui ho legato di più a scuola. Tu e Blaine domani ripartirete e di vecchi amici di scuola, non ho voglia di chiamare nessuno sinceramente.-
Finn era ancora a Lima, e di tanto in tanto incrociava per la strada, Azimio e qualche altro vecchio amico del liceo, ma nonostante la promessa di vedersi per un caffè, non aveva chiamato nessuno.
Al contrario di quanto pensasse, sia Azimio sia gli altri ex compagni di scuola, si erano mostrati amichevoli, anzi avevano espresso più volte il desiderio di fare una bella rimpatriata, tutti insieme.
Kurt e Blaine si guardarono ma non fecero domande, Dave sospirò, si rese conto di essere più scostante di una donna incinta in preda ad una crisi ormonale, aveva detto a Kurt che avrebbe evitato Mike, dopo la storia raccontata da Jennifer e Samantha. La verità però, era che lo faceva soprattutto per fare un dispetto a Sebastian. Quel pensiero lo fece grugnire di rabbia, per fortuna la musica che usciva dalla radio era talmente forte da coprire anche le chiacchiere dei due amici, seduti sui sedili anteriori.
Chiuse gli occhi per alcuni minuti, cercò di isolare i pensieri negativi in qualche angolo remoto della sua mente, abbandonandosi ad un unico pensiero: cosa indossare per l’appuntamento?
 

 
 
Nonostante la tensione e l’imbarazzo iniziale, l’uscita di gruppo era andata davvero bene: s’incontrarono davanti al cinema di Lima, proposta di Dave, visto che al cinema di Westerville era più facile incontrare persone che li conoscevano, in più aveva deciso che li avrebbe portati poi a cena al Breadstix.
Il film che Dave voleva andare a vedere, si rivelò all’altezza delle sue aspettative, continuò a discuterne con Mike per tutto il tragitto verso il ristorante. Aveva deciso di andare a piedi, visto che non era molto distante, cogliendo anche l’occasione di far visitare al gruppetto, la sua città.
Jennifer e Samantha si incantarono davanti ogni vetrina dei negozi del centro, nonostante i negozi fossero chiusi, Mike e Simon invece, chiacchieravano con Dave, facendogli domande di tanto in tanto, sulla città e sulla scuola da lui frequentata.
Il ragazzone deviò le domande sul suo vecchio liceo rispondendo in modo vago, non gli andava di raccontare di suoi anni al McKinley, dei suoi trasferimenti in diverse scuole e del suo tentato suicidio. I due insegnanti non diedero molto peso alla reticenza di Dave e si accontentarono delle poche informazioni che lui voleva dar loro.
La cena andò benissimo, il Breadstix era davvero uno dei migliori ristoranti di Lima, ed i suoi colleghi lo confermarono dopo l’ottima cena.
Fecero poi una piccola passeggiata nel parco cittadino e si salutarono infine, con la promessa di organizzare un’altra uscita, tutti insieme.
Il ritorno a scuola era stato traumatico, aveva talmente tanti pensieri per la testa e tanto lavoro arretrato, che passò la domenica chiuso in casa, a correggere temi e preparare la lezione della settimana seguente.
- Allora a quando la prossima uscita?-
Mike si affiancò a Dave mentre entrambi si recavano nelle rispettive classi per fare lezione. Dave stava ripassando mentalmente la scaletta della lezione del giorno, per fortuna aveva lezione con i ragazzi del primo e l’argomento da trattare era piuttosto semplice.
- Non saprei, magari aspettiamo che ci sia al cinema un altro film interessante.-
Jennifer e Samantha quella mattina non avevano fatto altro che parlare dell’uscita di Sabato e di quanto si erano divertite, Simon lo aveva fermato solo per ringraziarlo ancora per aver offerto la cena al Breadstix, gli era veramente piaciuto come ristorante, insomma tutti erano soddisfatti.
- Possiamo anche andare una sera a prendere una birra al pub, però offro io questa volta.-
Dave non seppe cosa rispondere, l’invito di Mike includeva anche Simon, Samantha e Jennifer? Si aprì ad un piccolo sorriso mentre sistemava meglio la borsa sulla sua spalla.
- Magari chiediamo anche agli altri, ok?-
Mike posò una mano sulla spalla del supplente, i due si fermarono in mezzo al corridoio ormai deserto, Dave poteva sentire la tensione tra loro, come se scorresse un flusso di elettricità. Si guardarono negli occhi senza parlare, Mike mosse un passo verso di lui, si bloccò solo quando vide Nick e Jeff sbucare da dietro l’angolo. I due tenevano in mano un foglio con una strana intestazione, guardarono prima Dave poi Mike, con aria confusa.
- Devo andare, ci vediamo dopo.-
Salutò i due ragazzi con un cenno del capo e andò via, Dave tirò un sospiro di sollievo, non era mai stato così felice di vedere i due Warblers, come in quel momento.
Nick e Jeff ricambiarono il saluto del professore, porgendo poi il modulo che avevano in mano, al supplente. Dave capì di cosa si trattava non appena ebbe letto l’intestazione, ai Warblers serviva un insegnante che li accompagnasse alla competizione canora.
- Non so se vado bene, dopotutto, sono solo un supplente.-
I due ragazzi scrollarono le spalle.
- Risponde ai requisiti: insegna in questa scuola, non ha avuto precedenti penali ed è pronto ad assumersi la responsabilità di portare in giro un gruppo innocente di studenti.-
Se Dave avesse potuto confrontare la foto del Gatto con gli stivali di Shrek, con Jeff e Nick, non avrebbe colto nessuna differenza. Entrambi sfoggiarono i due occhi da cucciolo che anche il Gatto usava nel film e Dave non poté fare a meno di ridere.
- Va bene, accetto.-
I due ragazzi cacciarono una penna dalla borsa e Dave si accinse a firmare il foglio, non fece in tempo a posare la punta della penna, che il suo braccio venne afferrato da qualcuno.
Jeff e Nick indietreggiarono guardandosi stupiti, Dave invece alzò lo sguardo, ritrovandosi faccia a faccia con Sebastian. Il supplente strattonò il suo braccio liberandosi dalla presa, scrutò il suo viso, prima di tornare a guardare i due ragazzi.
- Vi avevo detto che ci avrei pensato io.-
La voce di Sebastian era tagliente, Jeff nascose il modulo dietro la schiena, Nick invece si preparò a fronteggiare il solista.
- Fatti da parte Smythe, tu non decidi un bel niente, noi abbiamo trovato il professore che ci può accompagnare, senza minacce o giro di mazzette.-
Il viso di Sebastian divenne dapprima bianco, poi rosso di rabbia, Dave osservò il ragazzo stringere i pugni e avvicinarsi pericolosamente al moro.
- Bada a come parli Duvall, o ti rispedisco in quella fogna di cittadina europea, da dove sei venuto.-
Dave ricordava vagamente qualcosa dei due studenti, di Nick sapeva per certo che la sua famiglia era Francese, suo padre e sua madre si erano trasferiti negli USA quando lui era molto piccolo, e si capiva perfettamente dal cognome, ma di Sebastian sapeva poco e niente e non sapeva sapesse parlare fluentemente il Francese.
I due cominciarono ad insultarsi in Francese, perlomeno era quello che Dave intuiva dati i toni accesi, entrambi avevano il viso paonazzo dalla rabbia, mantenendo comunque un certo contegno e non alzando mai il tono della voce. Jeff tentò invano di portare via l’amico, mentre Sebastian continuava a sputare insulti uno dietro l’altro. Dave approfittò per prendere il modulo dalle mani di Jeff e firmarlo velocemente.
- Duvall e Sterling, filate in classe. Smythe, tu invece resti qui. –
Il tono usato non ammetteva repliche, Nick e Jeff andarono via, Sebastian invece rimase fermo dov’era, il respiro pesante e le mani ancora strette a pugno.
Il ragazzone si chiese se mandarlo direttamente dal Preside senza aggiungere una parola, ma ricordò le parole della sua psicologa: nessuno agisce in un certo modo senza un motivo e Sebastian di motivi per aggredire Nick e Jeff in quel modo, non li aveva.
- Mi avvio da solo dal Preside.-
Il viso dello studente si aprì nel solito ghigno strafottente, Dave alzò un sopracciglio in risposta.
- Perché mandarti dal Preside? Ti darebbe un altro ultimatum e paparino risolverebbe tutto facendoci due chiacchiere.-
Dave incrociò le braccia, non aveva paura di Sebastian.
- Non scherzi con il fuoco, PROFESSORE.-
- Quale onore! Finalmente si degna di considerarmi tale e non come un suo compagno di scuola.-
Le labbra sottili dello studente si incrinarono in una smorfia.
- Potrei informare il Preside delle sue molestie.-
Dave avrebbe voluto ridere, lui si era infilato nella sua macchina, lui aveva flirtato con lui tutto il tempo. Si limitò invece a sorridere spostando il peso da un piede all’altro.
- L’intera scuola potrebbe affermare il contrario: Sebastian Smythe è cacciatore e mai preda.-
- E chi lo dice questo?-
- Se ci tiene a preservare la sua privacy, farebbe bene a non divulgare in giro certi “aneddoti”.-
Sebastian non seppe cosa rispondere, confermando a Dave la vittoria di quella piccola schermaglia, Sebastian amava vantarsi delle sue prestazioni sessuali con tutti, senza neanche preoccuparsi della presenza o meno di professori nelle vicinanze. A quanto pare quel suo modo di fare era tollerato da tutti.
Dave non capiva, avrebbe voluto indagare, capire il motivo di quel cambiamento. Ancora bruciavano nella sua mente le parole acide del venerdì scorso, cominciava a non sopportare quegli sguardi carichi di rabbia.
- Io non ti capisco, prima ti comporti in un modo, poi in un altro… sei la persona meno coerente che conosca.-
Alzò le braccia al cielo e le fece ricadere ai suoi fianchi, il viso di Sebastian era ancora contratto dalla rabbia, ma non osò dire una parola.
- Che ti piaccia o no vi accompagnerò a quella competizione.-
Si voltò di scatto dirigendosi velocemente verso l’aula dove doveva tenere lezione, aveva perso una buona mezz’ora, ma non gli importava, non era poi così sicuro di riuscire a combinare un bel niente. Entrò in aula scusandosi per il ritardo, i ragazzi erano seduti al loro posto, i libri aperti pronti per cominciare, Dave prese il libro di testo dalla borsa, ordinando svogliatamente di andare a pagina 120.    




Titolo alla testa di cane, capitolo alla testa di cane. 
Ora vi spiego il ritardo dell'aggiornamento: 
mio padre è in ospedale, faccio avanti e dietro da Roma ogni giorno e il fine settimana rimango in città per comodità. 
Ergo i momenti in cui posso scrivere sono ridotti all'osso e il fine settimana non ho il pc con me ( sto pensando seriamente di comprare un'iPad *O* )
Spero che il capitolo vi piaccia, è una sorta di capitolo di transizione, e ovviamente è incasinato.
Non avendo una beta perdonatemi se è un capitolo scritto alla cani 
( sto scrivendo alla cani pure ora D: ) 

Comunque passiamo ai ringraziamenti: 

A Didi ( Dave ) per il supporto morale di questi giorni

A  e  Giò: perchè mi supportate sempre e mi amate incodizionatamente

A youmoveme per il suo incoraggiamento di questi giorni e per il suo supporto morale e supporto FF :) 
Seriamente questo capitolo l'ho portato a termine grazie a te!! 

Andate e leggete NOW la sua fantastica Fan Fiction Smythofsky !!! ---> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=988015&i=1



Avete Twitter? Stalkatemi che io adoro gli Stalker :p https://twitter.com/#!/Siry_Mcgregor

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sectionals ***


 Sectionals



- Soffermiamoci per un momento a guardare questo quadro: le pennellate, i colori…-
Le parole del professore furono interrotte dal suono della campanella, ma al contrario delle altre volte, i ragazzi non si fiondarono fuori dalla porta. Erano passati due mesi, le Provinciali erano vicine, così come il Natale. Westerville era stata finalmente avvolta del freddo invernale che durante l’autunno stentava a prendere piede, il cielo minacciava sempre neve, ed in quei giorni aveva anche provato ad imbiancare la città, con scarsi risultati.
Dave si tenne impegnato organizzando lezioni, programmando i laboratori pomeridiani ed aiutando Samantha e Jennifer con la recita scolastica natalizia: insieme ai ragazzi del laboratorio d’arte, aiutavano a decorare le sceneggiature in cartongesso. Ormai usciva la mattina presto e rincasava la sera tardi, trovava sempre suo padre sdraiato sul divano a dormire, con la televisione accesa. Era davvero poco il tempo che passava con lui, ma a Paul non dispiaceva, le poche ore insieme le spendevano bene: il figlio lo aveva convinto a riprendere a uscire, e spesso la sera si incontrava con Burt al pub o a casa di uno dei due a vedere la televisione, il venerdì padre e figlio andavano al cinema insieme e la domenica, se entrambi erano a casa, organizzavano una cena in famiglia.
Paul aveva cominciato ad invitare anche Melina, dopo averne ovviamente a lungo discusso con Dave.
Dave dal canto suo aveva cominciato ad apprezzare la compagnia di Melina: era una donna piacevole, non impicciona e piuttosto riservata, dal carattere comunque amabile e dalla battuta pronta. Suo padre si trovava bene con lei, una compagnia alternativa a quella di Burt e la cosa non gli dispiaceva.
- Allora ti va il cinema, Venerdì?-
Dave non si era accorto che l’aula ormai si era svuotata, era rimasto assorto nei suoi pensieri mentre i suoi studenti lasciavano sulla cattedra, le loro relazioni settimanali.
Raccolse rapidamente i compiti dei ragazzi, riponendole nella sua cartella, staccò il proiettore e recuperò il suo computer portatile, Mike nel frattempo era rimasto fermo sulla porta, guardando attentamente ogni mossa del supplente.
- Scusa Mike, ma Venerdì ci sono le Provinciali e devo accompagnare i ragazzi, ergo di sera non credo di essere in grado di fare qualcos’altro se non dormire.-
Le labbra di Mike si contrassero in una smorfia, si era dimenticato delle Provinciali, e dire che Dave ne parlava da tempo, era più eccitato lui che i membri del Glee.
Ne aveva a lungo discusso con Blaine e Kurt, chiedendo loro cosa fare, in che modo poteva incoraggiare i ragazzi semmai gliel’avessero chiesto. Kurt raccontò di come Schuester li incoraggiava prima di ogni gara, di come li tranquillizzava in caso di nervosismi, di come placava le liti interne pre-esibizione.
L’ansia salì rapidamente, cosa poteva fare in caso di liti? I Warblers sembravano ragazzi calmi e composti, ma Sebastian aveva dimostrato che non sempre riuscivano a mantenere l’autocontrollo.
Blaine invece tranquillizzò Dave, raccontandogli di come il Glee affrontava le gare quando lui era un Warbler.
- Eravamo abituati a fare da soli, i membri del Consiglio ci riunivano prima dell’esibizione, facendoci un discorso di incoraggiamento e la cosa finiva là. Il professore che ci accompagnava ci aspettava seduto al suo posto, non interferiva mai con i nostri preparativi.-
Kurt sbuffò alle parole di Blaine e da lì presero a discutere: Kurt sosteneva che i ragazzi avessero chiamato Dave, proprio perché lo considerassero, come le New Directions consideravano Schuester, Blaine invece sosteneva il contrario, non avevano mai avuto bisogno di nessuno se non di loro stessi.
La conversazione non tranquillizzò l’amico, che per giorni rimase con quel dubbio. Poteva aver ragione Blaine, l’avevano chiamato solo per accompagnarli, poiché nel regolamento era obbligatorio aveva un maggiorenne che li accompagnasse, oppure si erano rivolti a lui proprio perché lo consideravano una sorta di guida.
- Uhm, pensi che possa venire anche io? Almeno passiamo un po’ di tempo insieme.-
Dave sospirò, la settimana scorsa aveva accettato di uscire da solo con Mike e durante quell’uscita e dopo due pinte di birra, aveva deciso che sì, voleva continuare ad uscire con lui e che avrebbe preso in considerazione di poter essere per lui, qualcosa più che un semplice collega di lavoro.
Samantha e Jennifer lo avevano avvertito, Mike lo aveva puntato sin dal primo giorno di scuola e non era tipo che poteva essere persuaso con un semplice “no”.
Aveva accettato quel compromesso, un po’ perché le insistenze di Mike lo stavano portando all’esasperazione, un po’ perché era stupido non voler uscire con qualcun altro, solo perché la sua storia con Matt era finita da poco.
Kurt e Blaine lo tenevano informato su ciò che faceva a New York, e dopo la loro rottura, non aveva di certo passato i suoi giorni a piangere in solitudine.
- Non saprei, i ragazzi hanno chiesto solo a me, non vorrei imporgli la presenza di qualcun altro.-
Abbozzò un sorriso di scuse e Mike rispose con una scrolla di spalle, prese dalle sue braccia il proiettore e lo affiancò per tutto il tragitto fino alla Sala Professori.
La verità era che Dave non aveva voglia di condividere con lui anche quel momento. Lavorando nella stessa scuola, passavano insieme la maggior parte del tempo: a pranzo, durante le pause, alcune volte anche il pomeriggio e Dave cominciava a sentirsi soffocare.
Non aveva quasi più il tempo di parlare da solo con Samantha e Jennifer, perché lui era sempre presente, non aveva tempo di godersi qualche attimo di solitudine, insomma la presenza di Mike era una costante giornaliera e
quella giornata con i Warblers voleva godersela da solo, senza nessuno che lo seguisse come un’ombra.
 

 
 
La scuola aveva messo a disposizione il proprio autobus per portare i ragazzi a destinazione, erano dopo tutto circa una ventina, venti chiassosissimi “uccellini”.
Nessuno di loro era in grado di rimanere seduto, la maggior parte faceva avanti e dietro per il corridoio centrale, chi invece si sedeva, per poco tempo, accanto ad un compagno, chi invece aveva deciso di passare il tempo cantando canzoni di ogni tipo: dalla vecchia fattoria all’ultima canzone dei Coldplay. Dave li guardava ridendo, osservò quel gruppo scatenato di ragazzi ricordandosi come era invece lui al liceo. Arrogante e sicuro di sé solo in apparenza, mentre in realtà era timido, insicuro e spaventato. In quel momento avrebbe dato di tutto per poter tornare indietro e magari scegliere di unirsi al Glee Club, scegliere di essere spensierato come lo erano quei ragazzi, colpito giornalmente da granitate e dai bulli della scuola, ma felice e fiero di essere se stesso.
L’autista rinunciò ad intimare ai ragazzi di rimanere ai loro posti, unendosi anche lui quando intonarono nuovamente “Nella vecchia fattoria”. Wes aveva preso possesso del microfono e cantava a squarciagola, sperava vivamente non perdesse la voce a furia di cantare in quel modo.
L’unico che non si univa al casino generale era Sebastian, guardava i suoi compagni con espressione annoiata, era seduto a metà autobus, occupando due sedili, mentre il suo ragazzo era appoggiato sullo schienale di uno dei sedili: di tanto in tanto parlava con lui, di tanto in tanto si univa al coro di ragazzi.
Dave lo guardò per alcuni istanti, la sua espressione annoiata poteva ingannare gli altri, ma non lui. Era quasi sicuro che in realtà fosse ansioso o magari preoccupato per la competizione.
- Bene siamo arrivati professore, vi lascio nel parcheggio, quando avrete finito, basta un colpo di telefono.-
Il professore annuì cercando di riportare l’ordine tra gli studenti, scesero dall’autobus e tutti quanti riacquistarono il decoro necessario.
La Dalton era una scuola prestigiosa e gli studenti erano obbligati a mantenere un certo comportamento in ambienti pubblici.
Il teatro dove si dovevano esibire non era altro che il teatro cittadino di Columbus, luogo neutro per tutti i concorrenti. Nel parcheggio c’erano diversi autobus, circondato da concorrenti e spettatori che aspettavano di entrare.
La maggior parte dei coristi portava dietro valigie e copri abiti, tutti loro avevano l’espressione tesa e preoccupata.
I Warblers s’incamminarono verso l’ingresso del teatro, seguiti da Dave che si guardavano intorno guardingo: era una bellissima giornata di sole e nonostante tutto, faceva piuttosto freddo. I ragazzi si strinsero nei loro cappotti, fino a che non entrarono all’interno del teatro, dove un piacevole tepore li accolse.
Dave prese il foglio di iscrizione che doveva presentare all’ingresso, i ragazzi invece potevano direttamente avviarsi nel backstage, dove dovevano presentare i documenti con riportati i loro dati anagrafici e scuola di appartenenza.
Quando anche l’ultima carta fu controllata a timbrata, Dave tirò un sospiro di sollievo, recandosi poi al bar per prendere qualcosa da bere. Per fortuna almeno lì, non c’era troppa gente, calmò il batticuore che da quella mattina aveva deciso di tenergli compagnia, mentre con lo sguardo cercava un posto libero. Occupò uno sgabello al bancone, chiedendo un thè caldo e proprio in quel momento, vide lo sgabello accanto al suo, venire occupato da qualcuno.
- Un tè caldo con limone.-
Dave alzò lo sguardo e incrociò quello di Sebastian Smythe, entrambi rimasero a fissarsi per alcuni secondi senza dire nulla, Sebastian sembrava dapprima sorpreso, poi fece un piccolo sorriso.
- Non pensavo di incontrarti qua.-
Era passato di nuovo a dargli del tu.
- Bè, spiacente di aver deluso le tue aspettative.-
Il supplente prese il suo bicchiere di tè e lo sorseggiò lentamente, attento a non pelarsi la lingua. Sebastian si mise comodo, affondò il limone più volte nel bicchiere con il cucchiaino e spostò il suo sguardo altrove.
Dave odiava quella situazione, non riusciva a capire Sebastian, era troppo lunatico e scostante, in quei giorni aveva visto il suo umore altalenare di continuo: un giorno sembrava tranquillo, indifferente a quello che succedeva intorno a lui, un giorno invece sembrava arrabbiato con il mondo intero, girava per i corridoi con uno sguardo in grado di incenerire anche una statua.
Secondo Samantha e Jennifer, in quei giorni faceva regolarmente visita al Preside: un giorno il coach di Lacrosse lo aveva sospeso per aver picchiato un suo compagno di scuola negli spogliatoi, un altro giorno invece era stato beccato a minacciare uno studente del primo anno, un altro giorno ancora, lo avevano beccato al club di boxe a prendere a pugni non il sacco, ma uno studente di un anno superiore.
Ovviamente, nonostante le gravi infrazioni del codice studentesco, Sebastian riusciva sempre a farla franca, usciva dall’ufficio del Preside indenne, al massimo con una piccola punizione che scontava il pomeriggio ma nulla di più. Mai una nota di demerito compariva sul suo curriculum perfetto, e Dave continuava ancora a chiedersi come fosse possibile.
- Siamo acidi oggi.-
Sebastian sorrise ironicamente al supplente, sorriso che provocò nell’altro, solo rabbia.
- Se hai bisogno di sfogare la tensione per la gara, allora torna nel Backstage e lasciami in pace. Non ho voglia e tempo di discutere con te. -
Sebastian sorseggiò il suo tè soffiandoci sopra di tanto in tanto.
- Non sono teso. Stracceremo questo branco di incapaci senza tanti problemi.-
La sua sicurezza era un’altra di quelle cose che Dave non sopportava: non conosceva gli altri Glee Club, non sapeva quale fosse il loro potenziale e già li aveva catalogati come incapaci, decretando la loro vittoria in netto anticipo.
- Volevo solo chiederti un favore.-
Dave alzò lo sguardo incrociando gli occhi di lui.
- Visto che non credi che vinceremo, allora concedimi il secondo appuntamento in caso di vittoria.-
Dave aprì bocca per rispondere, ma non fece in tempo, Sebastian lasciò il suo tè a metà e andò via. Il supplente fece per cacciare il portafoglio per pagare, quando notò una banconota da 10 sul bancone, rimise il suo portafoglio al posto e spinse la banconota verso il barista, lasciandogli il resto come mancia.

 

 
Tutti i ragazzi erano seduti sulle poltroncine vellutate del teatro, Jeff e Nick erano accanto a Dave, entrambi commentavano ogni singola esibizione degli altri ragazzi, analizzandone ogni singolo aspetto, dalla scelta della canzone al loro modo di ballare.
Jeff si soffermava sulla coreografia, Nick invece sui solisti dei vari gruppi.
Il primo Glee ad esibirsi era della scuola pubblica di Springfield, avevano scelto una canzone di James Blunt, ed il solista era piuttosto bravo, ma gli altri coristi non riuscivano a reggere bene il confronto, non riuscendo a sostenere la sua voce durante i pezzi insieme.
Il secondo Glee era la scuola pubblica di Westerville, nonostante il coro fosse molto bravo e la scelta della canzone, piuttosto originale, la coreografia non era proprio il massimo.
Altri due Glee si susseguirono uno dietro l’altro, fino a che non toccò al quarto. Sebastian si alzò facendo cenno agli altri ragazzi di raggiungere il backstage, dato che dopo questo Glee, era il loro turno di esibirsi. Quando passò davanti a Dave si chinò verso di lui.
- Cerca di raggiungerci appena puoi.-
Dave annuì spostando poi il suo sguardo sul palco, a cantare c’era il Glee del liceo di Columbus: avevano scelto una canzone di Lady Gaga, a cantarla era un ragazzo con una voce particolarissima. I Warblers erano già andati via, ma Dave rimase incantato a sentire la voce di quel ragazzo. Sembrava in certi sensi Kurt, sebbene la sua voce era più graffiante. Avevano riadattato la canzone ritmata in melodica, con il pianoforte a suonare le note iniziali, mentre la voce del giovane si diffondeva nel teatro, lenta e dolce.
 
I wanna hold em’ like they do in Texas Plays
Fold em’ let em’ hit me raise it baby stay with me (I love it)
Luck and intuition play the cards with Spades to start
And after he’s been hooked I’ll play the one that’s on his heart
 
Oh, oh, oh, oh, ohhhh, ohh-oh-e-ohh-oh-oh
I’ll get him hot, show him what I’ve got
Oh, oh, oh, oh, ohhhh, ohh-oh-e-ohh-oh-oh,
I’ll get him hot, show him what I’ve got
 
Dave non era l’unico con la bocca aperta, la voce di quel ragazzo era incredibile, peccato però per la coreografia, ma il solista, compensava ogni mancanza. Sarebbe stata dura per i Warblers.
Si alzò a metà canzone, dirigendosi velocemente nel backstage, dove i ragazzi dovevano prepararsi, o meglio era quello che lui si aspettava di vedere.
Ciò che invece vide quando aprì la porta, erano due Warblers che stavano ringhiando, sì ringhiando, l’uno contro l’altro. Uno di loro era Thad Harwood, tenuto per le braccia da Sebastian, l’altro invece era Richard James il percussionista del gruppo, gli altri Warblers incitavano i due a lottare, mentre alcuni di loro cercavano di calmare le acque.
Dave avanzò a grandi passi per la stanza mettendosi in mezzo ai due litiganti, i ragazzi tacquero di colpo guardandosi gli uni gli altri.
- Codardo, hai fatto chiamare il prof.-
Harwood sputò quelle parole contro Richard, che cercò di divincolarsi di nuovo, Sebastian strattonò il ragazzo il più lontano possibile costringendolo a sedersi.
- Gli ho detto io di raggiungerci.-
Lo sguardo di Thad passò dal professore al suo ragazzo, i suoi occhi si assottigliarono e una smorfia comparve sul suo volto. La tensione si poteva tagliare con il coltello, mentre sentirono le ultime note della canzone, risuonare nel teatro, seguite poi da un fragoroso applauso.
Sebastian sbuffò, sedendosi sul bracciolo della poltrona dove si era seduto Thad, gli altri ragazzi del Glee si sedettero dove potevano, alcuni invece rimasero in piedi.
- Perderemo, me lo sento.-
Uno dei Warblers, espresse il suo parere ad alta voce, parere che trovò concordanti la maggior parte del gruppo. Dave li guardò uno ad uno, non potevano abbattersi senza nemmeno averci provato. Incrociò lo sguardo di Nick e Jeff che, seduti in due su una poltroncina, guardavano gli altri ragazzi, sconsolati.
Ricordò la sua esperienza con il Glee, quando la squadra di football ed il Glee si erano fusi insieme per preparare un numero da fare durante l’intervallo della partita di football. Dave per anni aveva ammesso il contrario, ma quello era stato uno dei momenti migliori della sua vita. Esibirsi, sentire gli applausi intorno a lui, essere parte di qualcosa, era quello ciò che più contava, ed era ciò che voleva trasmettere anche a loro.
- Se c’è una cosa che il Glee ha insegnato a me, a Kurt e Blaine, è che non è importante raggiungere la perfezione, ma sentirsi parte di qualcosa di importante.-
Gli sguardo dei ragazzi si alzarono lentamente verso di lui: alcuni erano scettici, altri invece sorrisero per quelle semplici parole di incoraggiamento.
- Quando Blaine e Kurt facevano parte delle New Directions, hanno vinto il titolo Nazionale, e sapete perché? Hanno giocato il tutto per tutto, hanno messo anima e corpo in tutto quello che facevano. Adesso voglio che saliate su quel palco, lasciatevi alle spalle tensioni e rabbie. Io so che ce la potete fare, potete vincere, dovete solo crederci come ci sto credendo io.-
Di colpo si sentì il protagonista di un film, poco ci mancava che partisse una piacevole e commovente musica di sottofondo, mentre gli sguardi dei ragazzi si posavano su di lui speranzosi.
Scacciò quella fantasia in men che non si dica, riscontrando quanto la realtà invece fosse diversa: i ragazzi annuirono, alcuni sorrisero al professore, altri invece spostavano lo sguardo verso i propri compagni, nessuno di loro credeva alle parole appena pronunciate dal supplente.
Il segnale acustico suonò e i ragazzi sfilarono, uno per uno, davanti al supplente per dirigersi verso il palco.
Dave sorrise, ora capiva meglio Schuester, capiva perché aveva lottato duramente per mantenere vivo il Glee, cosa per lui significassero quei ragazzi: i loro sogni, le loro speranze, quella voglia di dimostrare a tutti, quanto valessero.
- Grazie.-
La voce di Sebastian gli giunse all’orecchio un attimo prima che uscisse, aveva aspettato che la stanza si svuotasse solo per poterlo ringraziare. Il supplente lo guardò uscire e raggiungere i suoi compagni, poteva tornare in platea e godersi lo spettacolo ma decise invece, di guardare tutto dal backstage. Sebastian e i ragazzi si misero in posizione dietro le pesanti tende rosso scuro, le luci erano alte e sapeva si sarebbero abbassate di lì a poco. In platea si sentiva chiaro, il chiacchiericcio del pubblico, mentre i giudici finivano le loro valutazioni dell’ultimo gruppo che si era esibito.
Dave cominciò a sentirsi teso per i ragazzi, che al contrario di lui, sembravano piuttosto tranquilli. Cominciò a torturarsi le mani mentre uno dei tecnici si avvicinò a lui, il ragazzone pensava che gli avrebbe chiesto di tornare in platea, ma ciò che fece fu solo lasciargli un modulo con il nome di tutti i ragazzi del Glee e la loro scaletta. Sicuramente pensava fosse lui il responsabile del gruppo, prese il modulo dando un’occhiata veloce alle canzoni che avrebbero cantato.
Una voce uscì potente dalle casse, le luci si abbassarono di colpo mentre i Warblers della Dalton Accademy, erano finalmente introdotti.
Il sipario si alzò, Dave poteva vedere i visi dei ragazzi, gli occhi chiusi, concentrati. Si erano disposti come un normalissimo coro, in tre file ordinate, le braccia dietro la schiena, la schiena dritta.
Sebastian era al centro del coro, i ragazzi cominciarono con le loro voci a creare la base della canzone, si separarono mentre Sebastian si faceva avanti, guadagnando il centro del palco, ma a quanto pare non avrebbe cantato da solo. Al suo fianco comparvero Jeff e Nick, entrambi scambiarono con il solista uno sguardo di intesa.
 
Now I know, where to go,
I'm not following a crowd but there's
So many faces staring at me!
I'm not going with the flow,
I gotta wave goodbye and say hello
To unfamiliar circumstances!
 
Oh, whoa,
I gotta start believing in myself,
It's up to me and no - one else!
I'm feeling...
 
Il solista cominciò a cantare avanzando sempre di più nella folla, indicò la folla durante la canzone, mentre i Warblers dietro di lui cominciarono a muoversi seguendo il ritmo della canzone. I passi erano semplici e poco complicati, si intrecciarono tra di loro, camminando in fila mantenendo la disposizione di partenza.
La voce di Jeff si unì a quella di Sebastian, si guardarono per alcuni istanti prima di riportare il loro sguardo verso il pubblico. Nick si unì a loro, le voci dei tre echeggiarono nel teatro, mentre dietro di loro i Warblers ruppero le righe, saltando verso il pubblico, circondando i tre solisti.
 
This could be the start of something,
I can feel my heart it's jumping
Want to walk but can't stop running,
I can't stop running!
Good to be a part of something,
Once apon a time was nothing,
This could be the start of something
This could be the start of something good!
 
I Warblers continuarono a ballare mentre cantavano, Jeff, David e pochi altri Warblers bravi a ballare, si esibirono in poche mosse di break dance, mentre gli altri Warblers seguivano tutti un’unica coreografia.
Sebastian indietreggiò a fine canzone e terminarono l’esibizione riassumendo la posizione di partenza.
Dave mantenne il fiato sospeso per tutta l’esibizione, più di una volta il suo cuore diede un balzo quando Sebastian guardò causalmente verso la sua direzione.
Il professore abbassò lo sguardo, il numero di apertura era stato piuttosto bello, non capiva nulla di canto corale, ma nella sua ignoranza, trovò il pezzo coinvolgente.
Le luci si abbassarono di nuovo concentrando l’occhio di bue su Sebastian, non più in mezzo al coro, ma in piedi a pochi passi dal gruppo.
 
You took my hand
You showed me how
You promised me you'd be around
Uh huh
That's right
I took your words
And I believed
In everything
You said to me
Yeah huh
That's right
 
La voce di Sebastian interruppe il silenzio creatosi in platea, le prime strofe furono cantate senza base melodica, gli altri Warblers avevano lo sguardo abbassato.
Finita la prima strofa, Sebastian alzò le braccia, i Warblers a quel gesto, alzarono la testa cominciando a cantare, mentre il solista continuava a dominare il palco, fermo nella sua posizione.
Questa volta fu diverso, Sebastian non si mosse di un passo mentre dietro di lui i Warblers cominciarono a ballare.
 
If someone said three years from now
You'd be long gone
I'd stand up and punch them up
Cause they're all wrong
I know better
Cause you said forever
And ever
Who knew
 
Gli occhi di Dave si riempirono di lacrime, non riusciva più a vedere cosa stava accadendo su quel palco, sapeva solo che quelle parole, quella canzone gli ricordava Matt, la loro storia. Strinse la cartellina al petto mentre cercava invano di ricacciare le lacrime indietro. La verità bruciava dentro di lui, per giorni si era illuso che fosse tutto finito, che andava bene così. Era tornato a Lima per dimenticare, per buttarsi quel passato alle spalle, ma era chiaro che nessuno, tantomeno Mike, poteva aiutarlo a dimenticare.
Voltò le spalle al palco, sentendo una morsa al petto, la voce di Sebastian riempì le sue orecchie mentre con rabbia continuava a cantare quella canzone.
Erano amici, amanti, erano tutto e niente, come poteva cancellare quei ricordi così facilmente? Matt era stato l’inizio di tutto: il suo primo amore, la sua prima volta, l’unica persona che era riuscito a farlo sentire bene con se stesso, la prima persona a cui non si vergognava di mostrare il vero sé stesso.
 
Yeah yeah
I'll keep you locked in my head
Until we meet again
Until we
Until we meet again
And I won't forget you my friend
What happened
 
Dave voleva dimenticare, non riusciva a toglierselo dalla mente, quando desiderava ardentemente rimuovere ogni cosa di lui. Raggiunse velocemente la saletta dove i Warblers si erano preparati, mentre lottava inutilmente contro quei dannati ricordi che in quel momento minacciavano di tornare a galla.
Il suo viso, la barba non fatta lasciata crescere per un paio di giorni, il modo in cui pizzicava sulla sua pelle, su ogni singola parte del suo corpo. Chiuse gli occhi incapace di fermare quell’ondata di ricordi: loro due nudi, avvolti solo da un lenzuolo in quel caldo pomeriggio d’estate, entrambi consapevoli di dover studiare per gli imminenti esami, entrambi consapevoli di star sprecando del tempo prezioso e al tempo stesso, felici di averlo impiegato in quel modo.
Riusciva a sentire ancora la sua mano ferma e decisa passare sui suoi fianchi, il suo viso e le sue labbra esplorare ogni singolo centimetro del suo corpo, sentiva la sua pelle solleticata dalla barba non fatta, sentiva quei caldi brividi che solo lui sapeva dargli.
- Hey prof? Come siamo andati?-
Era stato un attimo, la porta si spalancò mentre i ragazzi si riversarono al suo interno, carichi di adrenalina.
Si era talmente estraniato dal mondo, immerso nei suoi ricordi, che non si accorse della fine della loro esibizione. Sorrise forzatamente alzandosi in piedi, sventolò la cartellina in aria cercando di recuperare il controllo di se stesso.
- Siete stati… strepitosi! Non ho parole davvero.-
Jeff gonfiò il petto, seguito da Thad, anche lui piuttosto soddisfatto del risultato, entrambi presero a parlare dell’esibizione, entrambi felici del risultato e soprattutto della standing ovation finale del pubblico. Dave cercò di seguire i discorsi di tutti, azzardando di qua e di là qualche commento, attento a non far capire ai Warblers, di non aver visto la loro esibizione fino all’ultimo.
Incrociò per un attimo lo sguardo di Sebastian, era l’unico del gruppo che era rimasto calmo, aveva le braccia incrociate al petto e squadrava con evidente interesse il professore.
- Complimenti… sei stato grande.-
Dave azzardò un complimento che non trovò risposta, se non una scrollatina di spalle, gli altri ragazzi alzarono gli occhi al cielo in modo eloquente, Thad si avvicinò al ragazzo stringendo la mano nella sua, Sebastian si sforzò di sorridergli, passò una mano sulle spalle del giovane, lasciandogli un piccolo bacio sulla tempia.
Quella scena scatenò un’altra stretta spiacevole allo stomaco, Dave dovette voltarsi e dare le spalle ai due, cercando al tempo stesso di combattere quel senso di nausea crescente.
Un uomo comparve nella stanza, comunicando al gruppo che la giuria si era ritirata per le valutazioni finali e che sarebbero stati chiamati a breve per la cerimonia di premiazione.
In quel momento Dave lesse ansia negli occhi di ognuno di loro, l’eccitazione per l’esibizione appena fatta, fu sostituita da paura pura, smisero tutti i saltellare in giro per la stanza, sedendosi dove capitava. Jeff si ritrovò in braccio a Nick, Thad e Sebastian si appartarono in un angolo. David e Wes cominciarono a camminare avanti e dietro per la stanza, borbottavano valutazioni personali sulla loro performance, mettendola a confronto con gli altri Glee, calcolando le probabilità che avevano di vincere, gli altri invece sedevano chi in silenzio, chi mormorando qualche preghiera dell’ultimo minuto.
Fu il quarto d’ora più lungo della loro vita, Dave teneva sotto controllo l’orologio, ma quelle lancette parevano inchiodate in un punto fisso, non volevano saperne di andare avanti. La tensione era palpabile, ma nessuno di loro fece una mossa fino a quando non furono di nuovo chiamati per salire sul palco.
- Perderemo, me lo sento!-
L’urlo di Jeff fu accolto dal silenzio assoluto, Nick circondò con le braccia l’amico cercando di tranquillizzarlo, nessuno azzardò a dire il contrario, a quanto pare tutti la pensavano allo stesso modo.
Uscirono dalla stanza, tutti insieme: Dave questa volta si mise a capo del gruppo scortandoli sul palco, il coordinatore fece disporre i vari Glee in ordine, i Warblers si trovavano sacrificati in un angolo, vicino all’uscita per il backstage. Al centro c’era solo un microfono, dal lato opposto, in bella vista, una coppa in argento per il vincitore, e due coppe più piccole per il secondo e il terzo posto.
La sola vista dei trofei fece tremare l’intero gruppo, ogni ragazzo sul palco guardava con avidità il grosso trofeo in argento posto sulla pedana più alta, ognuno di loro pregava, sperava, di riportare quel trofeo nella propria scuola. Per tutti loro non era solo un trofeo: rappresentava le loro speranze, i loro sogni, un simbolo materiale della loro vittoria, del loro valore.
Sebastian guardò il trofeo con indifferenza, notò lo sguardo di Dave posarsi su di lui e rispose con un piccolo sorriso, i loro occhi rimasero incatenati per alcuni secondi, fino a quando il presentatore della competizione, non richiamò l’attenzione di tutti, aveva una busta in mano ed era impaziente come tutti di nominare i vincitori.
I ragazzi degli altri Glee si afferrarono per la mano, alcuni invece erano abbracciati, solo i Warblers mantennero il loro contegno rimanendo fermi con le braccia incrociate dietro la schiena.
Il cuore di Dave rimbalzava nel petto tanto da fargli male, era teso tanto quanto ogni singolo ragazzo su quel palco. Il presentatore aprì la busta leggendo attentamente il suo contenuto, aggrottò la fronte e lanciò uno sguardo ai giudici, che comparvero in un angolo del palco.
- La decisione è stata molto difficile, tutti i Glee meritavano di vincere.-
Sebastian alzò gli occhi al cielo seccato da quel discorso preliminare, che per fortuna non andò oltre quella frase di circostanza. La tensione si tagliava con il coltello, ed il presentatore lesse subito il nome del terzo classificato.
- La scuola pubblica di Westerville, porta a casa il premio per il terzo posto!-
Il solista del Glee ricevette la piccola coppa in argento, la portò dai compagni che la sollevarono in aria felici, la loro reazione confermava la tesi che non erano così sicuri di riuscire a classificarsi, il terzo posto per loro era un gran bel risultato.
Il presentatore fece consegnare ad ogni singolo membro del Glee delle targhette di partecipazione e quando fu recuperata la calma, tornò nuovamente quell’aria densa di tensione.
Si schiarì la voce guardando prima il pubblico e poi i ragazzi degli altri Glee, rimasti ancora sul palco. I Warblers continuarono a mantenere la calma, sebbene parecchi di loro cominciarono a sudare freddo, poté scorgere Nick e Jeff prendersi per mano, entrambi evidentemente in ansia.
- La scelta, come detto prima, è stata difficile… ma due giudici su tre, hanno ritenuto giusto dichiarare come vincitore di questa Competizione…-
Partì il rullo di tamburi, da non si sa dove.
- Il Glee della Dalton Accademy: i Warblers!-
Dave fu quasi travolto da un’ondata di studenti impazziti, che cominciarono a saltare sul posto, urlare di gioia e abbracciare chiunque capitasse a tiro. Il Glee del liceo di Columbus aveva guadagnato il secondo posto, il solista prese il trofeo sorridendo, stringendo poi la mano di Sebastian, che al contrario dei suoi compagni, aveva mantenuto un comportamento composto. Avanzò per prendere la grande coppa in Argento, tornando poi dal gruppo con un grosso sorriso. Il pubblico in platea si alzò applaudendo, mentre lo studente alzò il trofeo, aiutato dagli altri Warblers. Un nodo si sciolse dentro il petto di Dave, era quasi sicuro che si sarebbe messo a piangere, o magari a ridere, tanto era felice. Strinse le braccia al petto mentre i ragazzi erano inondati di flash da parte dei fotografi presenti, Sebastian fu preso da parte per rilasciare una piccola intervista per il giornale locale, gli altri Warblers invece ne approfittarono per far girare il trofeo tra di loro.
 

 
 
La notizia fu accolta dall’intera scuola con entusiasmo, le lezioni per quel giorno furono sospese, ed il Preside in via del tutto eccezionale, aveva deciso di dedicare il resto della giornata ai festeggiamenti, per quel motivo il pomeriggio stesso, ogni tipo di attività sarebbe stata sospesa. Fu organizzato in modo piuttosto sbrigativo, un rinfresco nella palestra della scuola, al quale parteciparono insegnanti e studenti.
Il gruppo di Warblers, quel pomeriggio, entrò in palestra sorreggendo il grosso trofeo d’argento, godendosi quegli attimi di celebrità ed euforia dovuti alla vittoria di quella mattina, i professori si congratularono sia con gli studenti, sia con Dave, per l’ottimo lavoro svolto. Il supplente respinse gentilmente i complimenti, spiegando che lui era solo l’accompagnatore, non aveva avuto un ruolo fondamentale nella loro vittoria.
Il Preside stesso si congratulò con lui e con Sebastian, il solista dei Warblers, chiaramente soddisfatto della pubblicità che la scuola si era fatta in quell’occasione.
Mike e Simon non lasciarono Dave per un istante, anche Samantha e Jennifer si unirono al gruppo, congratulandosi con l’amico e pretendendo un resoconto dettagliato della competizione. Dave era stanco di parlare, non faceva altro che raccontare della competizione da tutto il pomeriggio e più volte fu tentato di fuggire da quella palestra per trovare un attimo di tranquillità.
L’occasione si presentò durante il discorso del Preside, l’uomo aveva deciso di rendere omaggio al Glee, con un toccante discorso nel bel mezzo della festa, fu facile in quel momento, defilarsi con una scusa e scappare dalla palestra senza dare nell’occhio.
Nonostante la felicità per la vittoria, non ancora riusciva a scacciare quel senso di disagio, non riusciva a scacciare quei pensieri: si sentiva un codardo, era scappato da New York per fuggire da Matt, aveva preferito fuggire piuttosto che affrontarlo. Cominciò a correre verso la scuola, sperando così di fuggire da quei maledetti ricordi.
- La verità è che non ti amava abbastanza.-
Si ritrovò ad annuire quando una vocina nella sua testa pronunciò quelle parole: aveva finalmente trovato rifugio nell’aula canto della scuola, era seduto di fronte il pianoforte, mentre picchiava distrattamente tasti a caso, producendo una strana melodia senza senso.
- E se ti chiedi come faccio a saperlo… bè rispondo dicendo che di solito è così che vanno le cose.-
Il ragazzone alzò lo sguardo, pensava si trattasse di Mike e invece era Sebastian. Com’era riuscito a trovarlo? Era sicuro di essere uscito senza dare nell’occhio.
Raddrizzò la schiena squadrandolo da capo a piedi, aveva i capelli scompigliati dal vento e la giacca completamente aperta, la cravatta allentata e i primi bottoni della camicia, sbottonati.
Sembrava quasi che anche lui avesse corso.
- Finalmente ti degni di guardarmi.-
Si avvicinò a grandi passi a lui, prendendo posto al suo fianco, sulla panca del pianoforte. Dave non ebbe il coraggio di alzare nuovamente gli occhi su di lui, si spostò per fargli spazio portando le mani in grembo, sperava vivamente che Sebastian non fosse in vena di parlare e soprattutto che non fosse in vena di battute sarcastiche. Non era sicuro di essere in grado di reggere un confronto verbale con lui.
Le mani di Sebastian corsero veloci sui tasti del pianoforte, sorridendo, lanciò uno sguardo a Dave che continuava a fissare le sue mani.
 
I was thinkin about you, thinkin about me.
Thinkin about us, what we gonna be?
Open my eyes; it was only just a dream.
 
La sua voce interruppe il silenzio creatosi tra loro, conosceva bene quella canzone, era stato il suo tormentone per un periodo di tempo, non faceva altro che canticchiarla sotto la doccia.
Era una di quelle canzoni che Matt trovava sdolcinate e senza senso, mentre a lui piaceva tantissimo.
Quell’adattamento al pianoforte poi, era di gran lunga migliore dell’originale e la voce di Sebastian era semplicemente incredibile. Riusciva a provocargli brividi lungo la schiena, spostò lo sguardo su di lui giusto in tempo per vedere il cenno del capo che lo invitava a cantare insieme a lui.
Non cantava mai, se non sotto la doccia quando era sicuro che nessuno lo sentisse, ma in quel momento, gli venne naturale farlo.
 
I travel back, down that road.
Will you come back? No one knows.
I realize, it was only just a dream. 
 
Il supplente stonò le ultime note, forse per l’imbarazzo, forse perché si stava rendendo conto che stava cantando insieme a Sebastian. Lo studente non ci fece caso, continuò a suonare il pianoforte lasciando che il silenzio cadesse tra di loro, un silenzio per nulla fastidioso.
Sebastian sapeva essere irritante quando voleva, riusciva a metterti a disagio con uno sguardo, con una parola, eppure in quel momento, stava mostrando un lato di sé che Dave non conosceva.
Nessuno dei due parlò e Sebastian passò a suonare un’altra melodia, più dolce, meno ritmata. Il professore guardò lo studente con un sorriso, si soffermò per un attimo alle sue mani che correvano agili sfiorando quei tasti bianchi e neri. In quel momento fu felice che fosse lì al suo fianco, era sicuro che nulla avrebbe potuto rovinare quel momento.
- Allora... sei libero questo finesettimana? Ti ricordo che hai perso una scommessa.-
Come non detto. 





Eccomi qui dopo chissà quanto che non aggiornavo :D
Allora prima cosa:

Canzoni presenti nella FF: 

Poker Face: http://www.youtube.com/watch?v=wElCbxYvqEc

Start of something: http://www.youtube.com/watch?v=nHEGlhlfIlA

Who knew: http://www.youtube.com/watch?v=NJWIbIe0N90

Just a dream: http://www.youtube.com/watch?v=a2RA0vsZXf8


Passando ad altro, spero che questo capitolo vi piaccia, me lo sono betata da sola quindi perdonate eventuali errori, 
anzi se me li fate notare, sarò felice di correggere xD 

Ringrazio tutti voi che mi seguite, che mi leggete, che mi seguite su Twitter e avete messo mi piace alla mia pagina Facebook. 
Metto qui i due link, non si sa mai :D

http://www.facebook.com/pages/Esse-Mcgregor-EFP-/284606581556135

https://twitter.com/#!/Siry_Mcgregor


Ringrazio davvero di cuore Youmoveme per il supporto continuo e le bellissime recensioni :D

Poi un grazie anche ad Alessandra che ha lasciato un commentino su facebook 

e ringrazio anche Cristie e Aleka_80 per il loro commenti! Grazie mi rendete davvero felice :)


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Please kiss me again ***


Please kiss me again


 
Il Natale era vicino e la Dalton ormai splendeva di rosso e oro, sembrava quasi di trovarsi nella Sala Comune di Grifondoro. Ogni angolo della scuola era tappezzato di decorazioni, solo gli studenti e gli insegnati stonavano con tutti quegli addobbi, nelle loro divise blu e rosse e nelle loro giacche di tweed. Dave adorava il Natale, adorava gli addobbi, adorava svegliarsi la mattina e sentire il profumo di quei piatti che di solito solo a Natale si mangiano.
Da anni ormai non passava un Natale a casa, aveva sempre trovato una scusa pronta per rimanere a New York. Per sua fortuna, Matt era sempre rimasto con lui, ed i Natali a New York erano i più belli che potesse ricordare. Nonostante tutto, gli mancava il Natale festeggiato in famiglia, gli mancava rivedere gli zii e i cugini che solo in quelle occasioni si aveva l’opportunità di vedere. Magari quell’anno sarebbe propizio, avrebbe festeggiato a casa con suo padre e Melina, che ormai passava sempre più tempo a casa con loro, con gran felicità di Paul, e con gli  gli Hudson-Hummel, ergo, anche Blaine Kurt e Finn.
Quel pensiero lo mise talmente di buon umore, che per giorni girò per scuola con il sorriso stampato in faccia.
- A cosa dobbiamo questo sorriso?-
Jennifer e Samantha si sedettero accanto a lui in caffetteria, erano in pausa e tutti e tre ne approfittarono per aggiornarsi sugli ultimi eventi.
- Adoro il Natale e dopo tanti anni, lo passerò in famiglia.-
Le due donne si guardarono annuendo lentamente.
- Pensavamo fossi reduce da una notte di passione con Mike.-
Dave arrossì fino alla punta dei capelli. Con Mike si era limitato a qualche bacio, non di più, nonostante l’uomo avesse dimostrato a Dave che voleva di più, e rimaneva sempre più difficile cercare di fermare le sue mani dal raggiungere la zona sotto la cintola.
- Non… io e Mike non…-
Non aveva perso il vizio di balbettare quando si sentiva in imbarazzo, abbassò lo sguardo stringendo la tazza di carta tra le mani, sperando che una delle due abbandonasse il discorso.
- Hey tranquillo Orsetto, pensavano soltanto che… sai dopo tutto state insieme da quanto? Più di un mese?-
Samantha fece il conto sulla punta delle dita, Jennifer invece incrociò le braccia al petto inclinando la testa di lato. Nessuna delle due poteva immaginare che argomenti del genere, riuscivano ancora a farlo arrossire.
Dave non voleva e non riusciva a spiegare il suo impedimento, Mike si era mostrato davvero molto paziente al riguardo, immaginava che Dave non accettasse il suo aspetto fisico e non volle forzarlo più di tanto.
- Ho capito, cambiamo discorso.-
Le due donne si arresero quando videro il collega con le labbra serrate e l’espressione corrucciata.
- Non pensavo che l’argomento “sesso” potesse essere così… imbarazzante per te.-
Dave non voleva dare ulteriori spiegazioni, ma sapeva che le due colleghe non avrebbero smesso di lanciargli frecciatine.
- L’argomento “sesso” non m’imbarazza, m’imbarazza se ne parlate associandolo a me. -
Jennifer si portò le mani alla bocca.
- Oddio, sei vergine.-
Il supplente sgranò gli occhi.
- Certo che no! E se anche fosse, cosa che c’è di strano?-
Samantha si affrettò a calmare le acque dopo aver notato il tono agguerrito di Dave.
- Orsetto non fraintendere, non c’è nulla di male, ma spiegherebbe il tuo blocco. Sai non avendolo mai fatto, ci può stare il blocco mentale.-
Quella conversazione sembrava non avere mai fine, per sua fortuna Mike e Simon fecero la loro comparsa in caffetteria, entrambi presero posto al tavolo dove erano seduti i tre: Dave sorrise a Mike, Jennifer e Samantha si lanciarono prima uno sguardo, poi cambiarono discorso velocemente riportandolo sul Natale e su cosa avrebbero fatto nei giorni di vacanza.
- Se il mio ragazzo lo permette, mi piacerebbe passare del tempo con lui.-
Mike diede un colpetto con la sua spalla a quella di Dave, che rispose con un sonoro sospiro.
- Te l’ho detto, passerò il Natale con mio padre e gli amici di famiglia, sono…-
- … Anni che non passo un Natale in famiglia.-
Mike terminò la frase sospirando.
- La cosa è un problema per te?-
L’uomo scrollò le spalle.
- Passeresti il pranzo con loro, speravo di averti tutto per me per il resto della giornata.-
Quella frase fece sospirare di invidia le due donne, mentre Simon rischiava di dare di stomaco per quella scenetta smielata. Dave non rispose troncando il discorso alzandosi dal tavolo e prendendo la sua tazza di caffè.
- Vado a finire di preparare le ultime cose per la lezione della prossima ora. A dopo!-
Sentì gli occhi dei quattro puntati alla sua schiena, fino a che non oltrepassò la soglia della caffetteria e non mise piede nel corridoio che portava alle aule.
Entrò in aula fantasticando sulle vacanze imminenti, archiviò l’argomento Mike in un angolo del suo cervello e si preparò per la lezione.
Dalle Provinciali, i Warblers erano più eccitati che mai, avevano cominciato a prepararsi per le Regionali, in attesa di scoprire chi fossero i concorrenti con i quali si sarebbero dovuti confrontare. Sebastian passava molto tempo in aula canto preparando spartiti e liste di possibili canzoni da poter preparare per la competizione.
Da quel loro primo incontro, era diventata un’abitudine ormai ritrovarsi tutti i pomeriggi in quell’aula. Finiti i laboratori, si chiudeva dentro la stanza, un po’ per evitare Mike, un po’ per sentire Sebastian suonare il piano. Aveva cominciato ad amare quei pomeriggi fatti di silenzi e musica, talvolta parlavano, ma erano conversazioni piuttosto brevi, ed entrambi si trovavano piuttosto a loro agio ad avere la musica come unica compagnia.
- Pensavo non saresti venuto.-
Quel pomeriggio Dave era stato intrattenuto in laboratorio, da uno studente che voleva alcune delucidazioni riguardo la lezione della mattina stessa, per quel motivo arrivò mezz’ora dopo il solito orario di incontro. Sebastian era seduto sullo sgabello in pelle, le dita che danzavano veloci sui tasti bianchi e neri.
- Perché lo pensavi?-
Sebastian scrollò le spalle.
- Ti ho sentito litigare con il tuo ragazzo.-
Il supplente non rispose.
- Pensavo non fossi in vena di avere compagnia.-
Era vero, non era in vena di compagnia, ma i suoi piedi presero la direzione per l’aula canto prima che potesse rendersene conto e solo in quel momento capì di quanto aveva bisogno di stare lì, aveva bisogno di quel momento di silenzio.
- Non so perché, ma quando siamo qui, soli io e te, sei diverso dal solito.-
Si ritrovò più e più volte a pensarlo, ma mai aveva avuto il coraggio di dirglielo. Non che quel cambiamento non fosse apprezzato, anzi, era un sollievo vederlo concentrato e rilassato, senza la battuta pronta e quel sorriso irritante sulle labbra.
- Intendi dire che non sono il solito bastardo, stronzo, arrogante?-
Il supplente si ritrovò ad annuire, in quel momento le mani di Sebastian si allontanarono dal pianoforte, si alzò rapidamente recuperando la giacca e la borsa di pelle marrone.
- Non sai niente di me. Niente.-
ll repentino cambiamento di umore di Sebastian lo lasciò spiazzato, era abituato a sbalzi del genere certo, ma non credeva di averlo provocato in qualche modo. Non era forse vero che con gli altri era un bastardo, stronzo, arrogante? Lo guardò uscire, sospirando quando la porte si chiuse sonoramente dietro le spalle dello studente.  Battè la testa contro la tastiera del pianoforte, ne uscì un suono sgraziato che esprimeva a pieno la confusione che regnava in quel momento nella sua testa.
 

 
 
Il primo Natale in famiglia, voleva fosse perfetto: Melina era arrivata a casa di prima mattina, aveva annunciato la sera prima che avrebbe aiutato Paul a preparare il pranzo Natalizio e Dave si accorse della sua presenza quando sentì il profumo di caffè salire sul per le scale fino alla sua stanza. Sentì il chiacchiericcio dei due aumentare di volume, fino a svegliarlo del tutto. Scostò le coperte e aprì gli occhi stropicciandoli velocemente, dei passi sulle scale lo avvertirono dell’arrivo di qualcuno e qualche secondo dopo, suo padre fece capolino con la testa.
- Ti abbiamo svegliato?-
Il moro scosse la testa.
- Entra pure.-
Quando suo padre entrò, mostrò con orgoglio un vassoio con sopra caffè, pancakes e una bella tazza di succo di frutta.
- Melina non sapeva cosa preparare così ha fatto un po’ di tutto. Le uova e il bacon te le mando tra poco.-
Da quando non faceva colazione a letto? Non lo ricordava neanche più.
- I pancakes sono sufficienti papà, ringrazia Melina. Il tempo di una doccia e scendo.-
Suo padre lasciò la camera non prima di aver scompigliato i capelli al figlio, aveva un sorriso che andava da lato a lato, non ricordava più l’ultima volta che lo aveva visto sorridere così. Un messaggio di Kurt lo avvertì che sarebbero arrivati tra qualche ora, così saltò giù dal letto per prepararsi.
Lanciò uno sguardo fuori dalla finestra e sgranò gli occhi quando notò dei piccoli chicchi di neve scendere lenti dal cielo. Aprì la finestra cacciando una mano per toccare quei piccoli e perfetti fiocchi di neve, mentre l’aria fredda lo colpiva dritto in viso, svegliandolo completamente.
Non capiva perché era così stupito di vedere la neve il giorno di Natale, a New York era normalissimo avere la neve il giorno di Natale, ma vederla lì a Lima era diverso. Si lasciò andare ai ricordi, mentre lo sguardo spaziava dal portico di casa al piccolo giardino che dava sulla strada, dove quando era piccolo, giocava sempre a palle di neve con i suoi cuginetti.
Richiuse la finestra solo quando sentì il suo cellulare squillare diverse volte: erano auguri di buon Natale da parte di alcuni amici e da altri colleghi di lavoro. Li lesse uno per uno fino ad arrivare ad un messaggio mandato da un numero sconosciuto.

“Sarò a Lima nel pomeriggio. Ci tengo a darti gli auguri di Buon Natale, di persona.”
 
Non poteva essere Mike, aveva il suo numero e aveva ricevuto gli auguri di Buon Natale allo scoccare della mezzanotte, ma se non era lui, chi poteva essere?
Rilesse il messaggio più e più volte, forse qualcuno che aveva sbagliato numero, o forse Mike stesso. Lanciò il telefono sul letto disfatto, decidendo di indagare in un secondo momento.  
La mattina non poteva passare in modo migliore, aveva aiutato Melina a rimettere a posto casa e renderla presentabile, aveva apparecchiato la lunga tavola in legno della sala pranzo apparecchiandola con l’aiuto di suo padre e aiutò Melina a preparare gli antipasti. Erano tutti molto eleganti, a partire da suo padre vestito con giacca e cravatta, Melina indossava un lungo abito rosso vermiglio mentre Dave, per l’occasione, aveva indossato una camicia celeste con i primi bottoni lasciati aperti e una giacca blu scuro. Sogghignò pensando a cosa avrebbe detto Kurt una volta visto che aveva abbinato giacca e camicia con un pantalone Jeckerson, nero.
- Quando hai finito di ammirarti allo specchio, potresti sistemare i segnaposto?-
Paul fece la sua comparsa in salotto con le braccia cariche di piccoli angioletti di plastica, Dave si affrettò a liberare le sue braccia, posizionando i segnaposto accanto ai bicchieri.
- Programmi per oggi pomeriggio?-
Dave lo guardò inarcando un sopracciglio.
- Nessuno, a meno che tu non stia cercando una scusa per cacciarmi di casa.-
L’uomo ridacchiò.
- Pensavo che saresti uscito con qualche collega di lavoro o con… qualcuno di speciale.-
L’allusione fece arrossire Dave che si affrettò a spiegare, dopo tutto suo padre non era stupido e aveva notato che tra lui e Mike c’era ben più di una semplice amicizia.
- Non … non è un rapporto serio, almeno non da parte mia.-
Paul lo guardò pensieroso.
- E lui lo sa?-
Per sua fortuna il campanello lo trasse in salvo, Dave evitò di rispondere e andò ad aprire la porta: trovò la famiglia Hudson-Hummel al completo, tutti bardati con giubboni e sciarpe.
Kurt e Blaine furono i primi ad entrare e salutare Dave, fu poi il turno di Carole e Burt, seguito da Finn, fece gli auguri agli ospiti mano a mano che entravano, quando fu il turno di Finn, fu sorpreso di non vedere Rachel accanto a lui. Finn sembrò aver capito il suo sguardo.
- Rachel verrà nel pomeriggio, spero non sia un problema.-
Dave diede una pacca sulla spalla all’ex compagno di scuola e sorrise.
- Figurati, sarà bello rivederla.-
Dopo i vari saluti, i regali furono tutti messi sotto l’albero insieme a quelli già presenti, Carole si spostò in cucina con Kurt e Melina, Paul e Dave invece, si occuparono dell’intrattenimento degli altri ospiti, servirono dello champagne riservato per l’occasione e si accomodarono in poltrona a parlare del più e del meno.
Blaine si sedette vicino a Dave, congratulandosi poi per la vittoria dei Warblers alle Provinciali.
- Sono felicissimo per loro! I nostri consigli sono serviti a qualcosa.-
Il ragazzone annuì sorridendo, a loro si unì presto Kurt, che portava in mano un vassoio pieno di tartine da mangiare come aperitivo. Paul e Burt accesero la televisione facendo un veloce zapping dei canali, zapping interrotto da Carole.
- Siamo a Natale, niente televisione!-
I due uomini borbottarono in protesta e Dave accese lo stereo, aveva messo su un cd di canzoni Natalizie. Melina uscì dalla cucina poco dopo annunciando che il pranzo era pronto. Paul si alzò per aiutare le due donne a portare le pietanze in tavola, Burt invece si occupò del vino e scese in cantina per cercare un paio di buone bottiglie.
Dave sorrise verso Blaine e Kurt.
- Penso che questo sia il più bel Natale della mia vita.-
Gli mancava sua madre, gli mancavano i suoi cugini i suoi zii e i suoi nonni, ma tutti loro erano spariti dopo il divorzio, i nonni paterni erano morti pochi mesi dopo e i nonni materni parteggiavano per la madre, motivo per il quale avevano deciso di non riconoscere più Paul e Dave come parte della famiglia.
- Ti manca tua madre?-
La domanda di Blaine trovò una risposta positiva, lui poteva capirlo, i suoi genitori avevano smesso di considerarlo da quando aveva fatto coming out, ed il dolore per quel rifiuto, non sarebbe mai andato via.
- Mi mancava, ma ora come ora sto meglio: mio padre è felice e posso sinceramente dire che considero voi la mia famiglia.-
Quelle parole fecero commuovere Kurt e sorridere Blaine, anche Finn aveva ascoltato tutto e in un moto di dolcezza Natalizia, si era fiondato sul ragazzone stringendolo in un grosso abbraccio.
Il morettino lasciò qualche pacca sulla schiena dell’altro, lanciò uno sguardo allarmato a Kurt e Blaine che ridevano a crepapelle.
- Ehm… ok Finn basta così.-
Il castano sciolse l’abbraccio dandogli una pacca sulla spalla, erano cambiate tantissime cose da quando era finito il liceo, erano maturati, avevano tutti messo da parte le vecchie divergenze, erano nate amicizie laddove prima c’era solo astio. Quando si sedettero a tavola, Dave lanciò uno sguardo alla lunga tavolata: lui e suo padre, erano seduti ai due capi della tavola, Melina serviva il vino, Paul cercava di tagliare il tacchino ripieno e Burt prendeva i piatti vuoti e li distribuiva carico di pietanze, insieme alla moglie.
Sembrava davvero la scena di qualche telefilm, tanto era perfetta.Verso la fine del pranzo anche Rachel e a sorpresa, Puck, si unirono al gruppo. La ragazza era tornata giusto il giorno prima da New York e non perse tempo a buttarsi tra le braccia di Finn, Puck era tornato da Los Angeles, super abbronzato con l’immancabile cresta in testa, abbracciò il suo migliore amico e passò poi a Dave, dandogli una poderosa pacca sulla spalla e informandosi su come gli andassero le cose.
Kurt e Blaine aiutarono Melina a servire il dolce, Puck si fiondò anche su loro due stringendoli in un grosso abbraccio. Si accomodarono tutti su divani e poltrone e diedero inizio ad una mini sessione di Karaoke: proposta fatta da Blaine e Kurt per ricordare i vecchi tempi.
Puck stringeva una bottiglia di birra in mano mentre aggiornava Finn sul suo lavoro che a quanto pare, andava a gonfie vele.
- Io canto solo se canta Blaine.-
Rachel indicò il morettino che si alzò sorridendo, ci fu un’ondata di applausi da parte dei presenti e la base di Extraordinary Merry Christmas, riempì la casa.
Il suono del campanello fu l’unica nota stonata dell’intro della canzone, Kurt mise la base in stop e tutti fissarono la porta.
- Aspettavate qualcun altro?-
Dave sbiancò, aveva vietato a Mike di presentarsi a casa sua e se invece avesse deciso di fargli una sorpresa? Si alzò velocemente facendo cenno agli altri di proseguire, Kurt fece ripartire la base, mentre Dave aprì lentamente la porta, deglutendo.
 
It came into my dreams last night
A great ,big man in red and white.
He told me that it's gonna be
A special year for you and me.
Underneath the mistletoe
Hold me tight and kiss me slow.
The snow is high so come inside
I wanna hear you say to me!
 
La voce di Blaine intonò la prima strofa, mentre lo sguardo allarmato di Dave, andava dai suoi famigliari in salotto alla figura in piedi di fronte a lui.
- Ciao.-
Sebastian fece un piccolo sorriso, indossava un cappotto nero, attorno al collo una sciarpa rossa, aveva le mani in tasca e accompagnò il saluto con un movimento delle spalle.
- Ciao… cosa ci fai qui?-
Solo allora si accorse del suo tono quasi seccato.
- Ciao anche a te Dave, buon Natale.-
Sebastian fece un piccolo sorriso ironico, ignorando bellamente la domanda seccata dell’altro, allungò lo sguardo notando Blaine e Rachel in piedi al centro del salotto, entrambi intenti a cantare una canzone insieme al resto della famiglia. Con grande sorpresa da parte di Dave, tutti si erano uniti a cantare con i due, il ritornello.
 
It's a very, very, merry, merry christmas.
Gonna party on 'til Santa grants my wishes.
Got my halo on I know what I want
It's who I'm with.
It's an extraordinary merry christmas!

 
- Ehm… sì bè… abbiamo pensato in una piccola sessione Karoake Natalizio.-
Lo studente allungò di nuovo lo sguardo sorridendo.
- Lo vedo. Forse sono arrivato in un momento delicato, magari ripasso più tardi.-
Fece per andare via ma Dave lo bloccò afferrandogli un braccio, fu quasi un gesto istintivo, gesto che sorprese se stesso. Quando Sebastian spostò lo sguardo sul suo braccio, Dave allentò la presa ritraendo la mano.
- Non… non andare via.-
La verità era che averlo visto non lo aveva solo spiazzato ed i battiti del suo cuore erano una conferma. Era felice di vederlo, era felice di quella sorpresa, ma come lo avrebbe spiegato ai suoi genitori? Uscì nel portico accostando la porta alle sue spalle, uno spiffero gelido lo fece rabbrividire, incrociò le braccia al petto e accennò un sorriso all’altro.
- Magari… vuoi entrare?-
Avrebbe corso il rischio, avrebbe inventato una qualche scusa sulla sua presenza lì. Sebastian scosse la testa, piccole nuvolette di vapore uscivano dalle sue labbra mentre respirava.
- Mi chiedevo se… posso rapirti per un’oretta.-
 

 
Dave non se lo fece ripetere due volte, prese il suo cappotto e uscì di casa in fretta, alludendo alla scusa che Samantha e Jennifer erano in città e che le avrebbe raggiunte per un caffè. Non diede tempo a nessuno di rispondere, si fiondò fuori casa e raggiunse velocemente l’Audi nera di Sebastian. Aprì la portiera e prese posto al suo fianco allacciandosi la cintura.
- Ok ti conviene partire alla svelta prima che qualcuno ci veda.-
Lo studente premette con forza l’acceleratore, la macchina sgommò sul vialetto e sparì dietro l’angolo in pochi secondi.
- Quanta fretta! Cos’hai detto ai tuoi?-
Dave si voltò indietro giusto per controllare che nessuno li avesse visti, si tranquillizzò quando trovò la strada vuota.
- Niente, che due colleghe sono venute in città e che andavo a prendere un caffè con loro.-
Controllò di avere il cellulare in tasca e solo in quel momento ricordò il messaggio di quella mattina.
- Sei stato tu a mandarmi un messaggio?-
Sebastian fece finta di niente, comparve però un piccolo ghigno sul volto.
- Non so di cosa tu stia parlando.-
 La macchina rallentò percorrendo le strade innevate di Lima, non videro nessuno lungo il tragitto, se non qualche bambino che giocava con la neve insieme ai genitori o ad altri amici. Raggiunsero presto il centro della città, dove diverse macchine erano parcheggiate lungo la strada, Dave poteva vedere i ristornati gremiti di gente, oltre qualche coppietta che camminava sul marciapiede, ridendo e scherzando.
- Non ti ho chiesto come hai passato la mattinata.-
In effetti non gli aveva neanche augurato un buon Natale, era rimasto talmente tanto sconvolto di vederlo, da non riuscire a pensare ad altro.
- Uno schifo come ogni anno: pranzo in casa con alcuni parenti, ho dovuto fingere per tutto il tempo di essere un normalissimo adolescente in preda agli ormoni, che sbava di fronte ogni ragazza carina che gli capita a tiro e ho dovuto infine passare tutto il tempo con l’odiosa figlia di un collega di mio padre. Quando sono a casa devo sempre fingere di essere etero, a meno che io non voglia rischiare il riformatorio o una cura a suon di elettroshock.-
Sebastian sorrise pronunciando le ultime parole, cercò di sdrammatizzare.
Il supplente fece una piccola smorfia, non immaginava che a casa sua fosse così difficile la situazione, non che lui abbia mai parlato della sua famiglia, in effetti non erano mai entrati in argomento, ed ora riusciva a capire il motivo di tanta rabbia repressa.
- Scusami per l’altro giorno.-
Sebastian strinse il volante tra le mani con forza.
- Non importa, davvero.-
Il ragazzo scosse la testa puntando i suoi occhi verdi in quelli di Dave.
- Importa invece, me la sono presa con te quando in realtà ero arrabbiato per un’altra questione.-
La macchina si fermò vicino al parco cittadino, sembrava vuoto, eccezion fatta per qualche coppietta. Scesero entrambi dalla vettura, Dave tirò su il bavero della giacca, mentre Sebastian avvolse intorno al collo la sua sciarpa rossa. Presero a camminare per la stradina principale del parco, sebbene fosse quasi completamente coperta di neve. La sensazione di gelo, attanagliò le gambe di Dave quando i suoi piedi affondarono nella soffice distesa bianca.
- Dove stiamo andando?-
Sebastian sorrise.
- Pensavo di farti un piccolo regalo di Natale, anzi pensavamo di ringraziarti in qualche modo per averci accompagnato alle Provinciali e per il tuo supporto morale.-
Il ragazzone lo guardò perplesso.
- Non serve, non ho fatto nulla. Era mio dovere accompagnarvi, oltre ad esser stato un piacere.-
Camminarono ancora per un po’ fino a che non raggiunsero la piazzetta principale, da dietro la fontana che si ergeva al centro della piazza, sbucarono tutti i Warblers. Tutti loro erano avvolti nei loro cappotti, le mani in tasca, tremanti per il freddo.
- Smythe, per fortuna che ci mettevi poco tempo! Stavamo rischiando di morire congelati.-
Jeff balbettò quelle parole mentre si avvicinava a lui e al professore.
- Scusa Sterling, ma il professore era un po’ restio a venire con me.-
- Comprensibile!-
Il commento di Jeff fu liquidato da dito medio di Sebastian, Nick si avvicinò al biondo insieme a Thad, che guardava i due con sospetto.
- E come lo avresti convinto?-
Thad spostò il suo sguardo verso il ragazzo che sorrise amabilmente.
- Con le mie doti di persuasione.-
La risposta non soddisfò il Warbler, che guardò in cagnesco prima Sebastian, poi il professore. Il suo sguardo fu ignorato dal primo, che si affrettò a raggiungere il resto del gruppo, e liquidato dall’altro con una scrollata di spalle. Perché Sebastian ce la metteva tutta a metterlo così in imbarazzo? Nick e Jeff ne approfittarono per stringere la mano del professore e augurargli un buon Natale, prima di raggiungere Sebastian.
Dave mise le mani in tasca, le guance rosse non solo per il freddo ma per il completo imbarazzo, il solista fece cenno ai Warblers di cominciare ed i ragazzi cominciarono a cantare.
- Questo è il nostro personale ringraziamento e il nostro personale augurio di Buon Natale.-

What do you want this year for Christmas?
But could it be just company?
Should I bring my guitar so we can sing,
Christmas carols through the night
What’s on your wish list for this Christmas?
Is it pearls or a diamond ring
We can take a stroll, make angels in the snow
And gaze at all the lights

 
Il Warbler fece due passi avanti cominciando a cantare la prima strofa di canzone, suonò una finta chitarra mentre lanciava un’occhiata al resto del gruppo.
Insieme a lui si fece avanti Harwood, che unì la sua voce a quella del castano, cominciando a cantare la seconda strofa.
 
As we’re holding hands there’s a reflection in your eyes
Snowflakes gently falling from the star lit skies
We hear the sled bells ring and the children as they sing
Reminds us of the joy that Christmas brings to one and all

 
Il morettino sfiorò la mano di Sebastian, che ritrasse subito la sua con nonchalance, la neve cominciò a cadere proprio mentre cantavano, allungò le mani e sfiorò i piccoli fiocchi di neve, nello stesso istante in cui lo fece il solista. Si scambiarono un veloce sorriso, mentre gli altri Warblers si unirono ai due, per il ritornello.
 
What can I give to you for Christmas?
That you don’t already have
I’ll take all the love I know, tie it in a bow
Surprise you underneath the mistletoe
So what will it be my dear this Christmas?
Cause all I want from you is a smile

 
Il gruppo di Warblers presto circondò il supplente, che guardava tutti sorridendo, continuarono a cantare insieme girandogli intorno, Dave portò le mani in tasca nel completo imbarazzo.
 
Oh, we can share the time enjoy some Christmas wine
And we’ll exchange our presents near the fire

 
Il gruppo si sciolse disperdendosi, Sebastian e Thad continuarono a cantare la canzone in duetto.
 
As we’re holding hands there’s a reflection in your eyes
Snowflakes gently falling from the star lit skies
We hear the sled bells ring and the children as they sing
Reminds us of the joy that Christmas brings to one and all
What do you want this year for Christmas?
Could it be just company?
Should I bring my guitar so we can sing
Christmas carols through the night

L’ultima strofa la cantarono tutti insieme.
 
So what will it be my dear this Christmas?
Let’s have a merry, merry, merry, merry, merry, merry Christmas
This year.

 
- Ragazzi io… grazie di cuore. Davvero.-
Spostò il peso da un piede all’altro, mentre uno per uno i ragazzi lo strinsero in un goffo abbraccio. Richard James e Flint Wilson proposero di andare al Lima Bean per prendere un caffè tutti insieme, i ragazzi concordarono e  seguirono i due.
Jeff e Nick salutarono per ultimi il professore, raggiungendo poi il resto del gruppo, Sebastian scambiò due parole con Thad, poi lo guardò andare via, dal suo sguardo poteva dedurre che la conversazione non era stata molto piacevole.
- Perché non vai con loro? Io posso tornare a piedi, devo ancora digerire il pranzo.-
Sebastian scosse la testa.
- Non è un problema accompagnarti a casa. Spero soltanto che l’esibizione ti sia piaciuta, abbiamo organizzato il tutto l’ultimo giorno di scuola e non abbiamo avuto tempo di provare se non una volta sola.-
Il supplente si aprì ad una piccola risata, era il regalo più bello che potessero fargli.
- Siete stati perfetti.-
Entrambi presero a camminare verso il parcheggio, Dave aveva i piedi congelati aveva incrociato le braccia al petto per evitare di cominciare a tremare, Sebastian lanciò lui uno sguardo si tolse la sciarpa velocemente e l’avvolse attorno al collo di lui. Dave non oppose resistenza, troppo stupito da quel gesto, continuò a camminare fianco a fianco con lui, la sciarpa era impregnata del profumo della sua pelle, lo inspirò lentamente, quasi a volerlo assaporare. Tornarono in macchina e quando fece per togliersi la sciarpa, fu fermato da Sebastian che gli ordinò di tenerla. Il viaggio di ritorno fu silenzioso, un silenzio che in quel momento pesava come un macigno, sentiva il su imbarazzo crescere sempre di più, mentre l’altro era perso nei suoi pensieri. La neve scendeva sempre più fitta, talmente fitta che quasi non riusciva a vedere la strada. Quando parcheggiò di fronte al vialetto, si liberò rapidamente dalla cintura di sicurezza e sorrise allo studente.
- Grazie di tutto e ringrazia anche gli altri. Ora è meglio che vado.-
Uscì dalla macchina senza aspettare una risposta, aveva appena messo piede nel portico quando sentì una mano trattenerlo per il polso.
- Prima che tu vada, volevo darti una cosa.-
Riusciva a sentire le risate provenire da dentro casa, la voce acuta di Rachel che chiedeva un bis, di cosa non l’aveva ancora capito.
Sebastian lo fece voltare, passò le mani sulla sua sciarpa rossa, sfilandone i lembi per poi afferrarli con le mani. Dave deglutì, erano troppo vicini, di nuovo. Poteva sentire il suo cuore balzargli in gola, mentre i suoi occhi si persero in quelli di lui. Lo studente tirò i due lembi, costringendo il viso di Dave ad avvicinarsi sempre di più, posò poi le sue labbra su quelle del supplente, schiudendole in un dolce bacio. Si separò poco dopo sorridendo debolmente, per la prima volta Dave lesse insicurezza nei suoi occhi.
- Sebastian…-
Lo studente mise le mani in tasca lasciando ricadere i lembi della sciarpa sul suo petto, le mani di Dave si mossero istintivamente cercando quelle di lui, accarezzò prima il dorso per poi salire lentamente lungo le sue braccia. Sentiva il corpo dell’altro fremere sotto il suo tocco, mentre lentamente passavano sulle spalle e poi sul suo petto.
Deglutì, il cuore che rischiava di esplodere tanto batteva forte, afferrò il bavero della sua giacca tirandolo velocemente verso di lui. Accadde tutto in fretta. Posò con forza le labbra su quelle dell’altro, accarezzandone i bordi con la lingua, Sebastian invece, appoggiò le mani sulle spalle di lui, spingendolo delicatamente contro la porta, schiuse le labbra lasciando che le loro lingue si incontrassero. Il suo corpo tremava contro quello del supplente, le sue mani correvano frenetiche lungo il suo corpo, andando a sbottonare lentamente la giacca di lui.
- Cosa sto facendo…-
Dave si staccò da lui spingendolo all’indietro, cercò di controllare il battito del suo cuore, mentre lo studente lo guardava confuso.
- Io… buon Natale Sebastian.-
Si voltò aprendo velocemente la porta per poi richiuderla alle sue spalle. Il gruppetto riunito in salotto si voltò verso di lui invitandolo in coro a giocare a tombola. Nessuno di loro aveva notato la sciarpa rossa che pendeva disordinata dal suo collo, nessuno fece domande su dove fosse andato e sul perché le sue guance sembrava stessero andando a fuoco.
- Arrivo subito.-
Salì di corsa le scale aprendo la porta della sua stanza e chiudendola velocemente, corse verso la finestra cercando la macchina di Sebastian con lo sguardo, senza trovarla. Il viale era vuoto, si intravedevano le tracce delle ruote della sua auto, che presto sarebbero state ricoperte di neve. Passò le mani sulle sue labbra: riusciva ancora a sentire il sapore di quelle di lui, riusciva a sentire la sua lingua sfiorare la sua, un brivido corse lungo la sua schiena. Lo aveva baciato e quasi si vergognò di quel fastidioso desiderio che piano piano cresceva dentro di lui. Sebastian Smythe stava diventando un pericolo per lui.





Capitolo ... boh. Sinceramente non mi è piaciuto più di tanto, 
ma dovevo trovare una sorta di ponte per quello che succederà poi a Capodanno. 
Credo che dovrò poi cambiare il rating xD

Ringraziamenti!

Grazie ai nuovi lettori e ai recensori ( troverò il modo di ringraziarvi come si deve )
Grazie a Youmoveme per il suo sostegno. Ti prego di dirmi se il capitolo ti è gustato o meno :D Il tuo parere conta molto per me. 

Il prossimo capitolo riguarderò il Capodanno e dato che cambierò il rating, potete anche solo immaginare cosa succederà xD 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Better luck next time! ***


Questa volta metto le note prima dell'inizio della FF. 
Prima cosa grazie infinite voi 6 meravogliose personcine che avete commentato il mio scorso capitolo: 

Cristie
Youmoveme ( donna... come farei senza le tue recensioni e il tuo incoraggiamento? )
Lussy_86
babi_
Aleka_80
I love Klaine ( dolce che mi segui pure su Facebook >.< )

Il rating si alza, a causa della piccola scenetta mal descritta alla fine della storia 
( non sono esperta in materia, perdonatemi >.< )
e niente, se commentate io sono felice xD 

p.s. avevo detto che non avrei aggiornato molto presto e invece... eccomi qui :D spero vi faccia piacere.

Esse




Better luck next time!



Non riusciva ancora a credere di aver accettato di passare il Capodanno a New York, più si girava intorno, più quelle strade e quei posti un tempo famigliari, gli sembravano sconosciuti, appartenenti non a lui ma alla vita di qualcun altro. Erano passati solo pochi mesi da quando aveva lasciato la Grande Mela, eppure gli era sembrata un’eternità. Quando Kurt e Blaine gli diedero il biglietto aereo di andata e ritorno, non seppe se ridere o piangere.
Tornare a New York significava fare un tuffo nel passato, un tuffo che non era tanto sicuro di voler fare.
Il ricordo di Matt faceva ancora male ed ogni angolo di Manhattan gli ricordava lui.
L’unico motivo che l’aveva spinto ad accettare, era Mike: l’insegnante lo aveva invitato a passare il Capodanno da lui, a Westerville, insieme alla sua famiglia.
Il solo pensiero di conoscere i suoi genitori, nonché il resto della sua famiglia, non lo faceva saltare di gioia. La sua risposta non fu presa molto bene da Mike, con il quale ebbe una lunga discussione proprio il giorno prima della partenza.
Era un sollievo per lui trovarsi ora a kilometri di distanza da lui, era solo dispiaciuto per suo padre che sarebbe rimasto solo proprio la fine dell’anno, ma Burt Carole e Melina, lo rassicurarono promettendo di non lasciarlo solo.
Stavano per l’appunto organizzando una tranquilla cena tra adulti, dove la presenza dei giovani era assolutamente vietata.
Anche Finn e Rachel si sarebbero uniti alla compagnia e per fortuna di Dave, anche Puck, più che deciso a trovare una compagnia per lui e Dave per l’ultimo dell’anno.
- Promettetemi che non mi obbligherete ad andare ad un appuntamento al buio la sera di Capodanno.-
Kurt alzò le mani visibilmente offeso.
- Come puoi pensare una cosa del genere?-
Dave alzò un sopracciglio.
- Ti conosco Kurt, so che ci stavi pensando.-
Il castano sbuffò infastidito.
- Da quando in qua leggi nel pensiero?-
Blaine e Dave ridacchiarono.
- Ti conosciamo bene.-
Dopo aver sventato il tentativo di Kurt di trovargli un ragazzo, si rilassò sul sedile posteriore del taxi, dove erano strizzati. Blaine e lui sedevano ai lati con il finestrino, Kurt invece era strizzato nel mezzo, le braccia incrociate al petto, mentre borbottava lamentele per il suo completo di Valentino, che rischiava di rovinarsi in quel modo.
Lo sguardo di Dave volò verso il grande supporto metallico da dove sarebbe scesa una grande palla luminosa, durante gli ultimi minuti del countdown, era tradizione andare in Time Square e fare il conto alla rovescia, tradizione che Blaine e Kurt non volevano mancare.
Il taxi si diresse nella zona dell’Upper East Side, dove Kurt e Blaine avevano affittato un appartamento nei pressi di Central Park, al posto di quel piccolo appartamentino nel quartiere di Broadway.
Dave dal canto suo, aveva rinunciato al suo monolocale, quando Matt gli aveva proposto di andare a vivere nel suo appartamento, proposta che aveva accettato di buon grado, nonostante si frequentassero da pochi mesi. Accettò perciò, di farsi ospitare dai suoi amici, piuttosto che rimanere solo in una stanza d’albergo.
- Ci saranno anche Finn e Rachel con noi e credo anche Puck. Spero non sia un problema per voi, condividere il divano letto nel soggiorno.-
L’appartamento di Blaine e Kurt aveva solo due camere da letto ed un divano letto in soggiorno. L’idea di condividere il letto con Puckerman non lo entusiasmava, ed immaginava che anche per l’altro ragazzo fosse lo stesso. Una volta arrivati all’appartamento, fecero sistemare la valigia di Dave in un angolo del soggiorno, mentre Finn e Rachel occupavano la stanza degli ospiti. Quando Blaine comunicò la sistemazione a Puck, il ragazzo reagì stranamente con una scrollata di spalle, facendo solo una piccola battutina a Dave.
- Sicuro che non ti da fastidio? Insomma sono gay.-
Puck scrutò il suo viso con indifferenza.
- Siamo stati compagni di football e anche allora eri gay e non mi hai mai degnato di uno sguardo, quindi no, non mi preoccupo.-
- Cosa ne sai? Quando andavo al liceo fingevo di essere etero.-
Puck alzò un sopracciglio.
- Ma a qualcuno non è sfuggito lo sguardo che hai lanciato al culo di Evans.-
Solo una persona poteva aver raccontato una storia del genere: Santana. Dave si passò una mano in viso nel completo imbarazzo, quel ricordo non sarebbe mai svanito dalla sua mente, compreso il discorsetto che gli fece Santana al Lima Bean.
- Tranquillo Karofsky, non sono così razzista e so di non essere il tuo tipo, per fortuna.-
Diede un’ultima pacca alla spalla del ragazzone e andò in cucina a prendere una birra. Si sedette sul divano sollevato dalle risposte dell’altro, non riuscendo ancora a capacitarsi di quanto le cose fossero cambiate nel giro di qualche anno.
 

 
 
Times Square era gremita di gente, aveva cominciato a riempirsi a partire dal primo pomeriggio, le transenne delimitavano i vari settori che andavano mano a mano riempiendosi. Kurt e Blaine decisero di andare nel tardo pomeriggio, c’erano diversi locali aperti nei dintorni, potevano cenare e poi aspettare la mezzanotte. L’idea però, non entusiasmava Rachel, che non riusciva a sopportare l’idea di passare tutto quel tempo, arrampicata sui tacchi.
- Perché non andiamo alla festa di Josh? Saremo vicinissimi a Times Square e potremo vedere tutto senza aspettare in piedi per tutte quelle ore.-
Kurt e Blaine non avevano detto nulla a Rachel di Matt, motivo per il quale non potevano spiegare il perché del loro rifiuto all’invito, Josh era uno degli amici in comune che avevano con Matt.
Josh Hart inoltre, era il cugino di Joe Hart, anche lui ex studente del McKinley, nonché ex membro delle New Directions. Al liceo aveva avuto una storia con Quinn Fabray, motivo per il quale non andava molto a genio a Puck.
- Non ci penso proprio, non ci vado a casa del cugino di Rastaman.-
Le parole di Puck fecero infuriare la mora.
- Io non ci penso proprio a passare ore e ore in piedi in mezzo alla calca di gente, solo per vedere una palla gigante.-
I due ragazzi cominciarono a discutere, Finn e Blaine cercavano di calmarli e Kurt prese da parte Dave trascinandolo in cucina. Aveva ancora la bottiglia di birra in mano e lo sguardo puntato sui due che parevano sul punto di saltarsi alla gola e ammazzarsi.
- Rachel se non ha il suo litigio giornaliero e non si comporta da Drama Queen, non è contenta.-
Il ragazzone spostò lo sguardo sull’amico.
- Senti da che pulpito viene la predica!-
Kurt sbuffò.
- Ammettilo Karofksy… io ho stile.-
Dave alzò le mani.
- Indubbiamente.-
Il castano annuì soddisfatto lanciando un’altra occhiata verso il gruppetto, Blaine aveva afferrato Puck per la vita cercando di trattenerlo, mentre Finn teneva saldamente Rachel.
- Non ti ho detto nulla della festa perché…-
Il moro annuì.
- … Josh è un amico di Matt. Lo so, ci siamo conosciuti l’anno scorso.-
Sapeva che non era una buona idea tornare a New York, Kurt e Blaine dovevano rinunciare ad inviti a feste di amici solo per difendere Dave da un eventuale incontro con Matt. Cominciò a sentirsi in colpa, dopo tutto lui l’aveva lasciato, lui aveva deciso di tornare a Lima, lui aveva abbandonato il suo ragazzo. Kurt scrutò il suo viso puntandogli poi un dito al petto.
- Non pensare di nuovo quelle cose. Ne abbiamo già parlato, la colpa non è tua. Se Matt fosse stato un minimo più attento e avesse messo al primo posto te, invece che se stesso, le cose sarebbero andare diversamente.-
Matt aveva deciso di troncare i suoi rapporti con Dave, proprio a causa di quella scelta e forse a causa di qualcos’altro. L’ultimo periodo insieme, era stato il momento peggiore: Dave doveva studiare giorno e notte per la sua laurea, passava molto tempo all’università e incontrava Matt soltanto la sera tardi e non erano mai incontri piacevoli.
- Se solo fossi stato più presente…-
Kurt sferrò un pugno contro la sua spalla.
- Smettila. Matt avrebbe dovuto capire e non andarsene con il primo che incontrava.-
Dave sospettava che Matt si stesse frequentando con qualcuno da prima della sua partenza da New York, ma non ne aveva mai avuto la certezza. Grazie a Facebook aveva scoperto alcune sue vecchie foto, risalenti a quel periodo, foto dove era evidentemente avvinghiato ad un ragazzo sicuramente incontrato in qualche locale.
Ecco uno dei motivi per cui aveva deciso di cancellarsi da quel social Network. Si era iscritto nuovamente da poco, solo sotto insistenza di Kurt e Blaine, era uno dei tanti modi per tenersi sempre in contatto.
- Quando uno dice “occhio non vede, Facebook te lo dice”.-
Il moro sorrise alle parole dell’altro.
- Senti Kurt, andiamo a quella festa, non è detto che ci sia anche Matt, non credo spenderebbe una serata ad una stupida festa in terrazza, rinunciando ad una mega festa che si terrà in uno dei tanti locali fighi di New York.-
Dave non era molto sicuro di quello che stava dicendo, ma voleva esserlo per Kurt e Blaine per preservare la pace comune che stava per andare a rotoli a causa del litigio di Rachel e Puck.
- L’unico problema sarà dirlo a Puckerman.-
Lanciarono un ultimo sguardo al gruppo, Rachel si era calmata, ma solo perché Blaine era riuscito a trascinare Puck fuori di casa, fecero in tempo a sentire la porta sbattere, mentre la voce adirata di Puck, proveniva attutita dal corridoio del palazzo.
Finn lanciò uno sguardo implorante al fratellastro, conoscevano tutti Rachel, quando voleva fare qualcosa, la faceva e basta, proprio come quando al loro Senior Prom, aveva organizzato una festa “Anti-Prom”, per protesta.
Kurt raccontava ancora quell’episodio ridendo, sopratutto perché adorava raccontare di come poi Finn era tornato a prendere Rachel e di come Blaine era stato costretto a presentarsi al ballo con i suoi capelli al naturale.
- Amore, cosa ne dici questo Capodanno di fare la stessa cosa del nostro Senior Prom? Adoro il tuo look Afro.-
Kurt accompagnò la battuta facendo gli occhi dolci, mentre un Blaine stremato, rientrava in casa con il fiato corto.
- Ridi, ridi. Intanto io mi ammazzo per evitare che questi due si scannino.-
Dave tornò in salotto con Finn e Rachel mentre Kurt andò ad abbracciare il suo ragazzo.
- Sentite andiamo a quella festa, io non ho problemi e Puck si arrenderà sapendo che andiamo tutti.-
Blaine lanciò uno sguardo comprensivo a Dave e Kurt si affrettò a riferirgli la conversazione che avevano avuto in cucina, Rachel gli saltò al collo ringraziandolo, mentre Finn andò a cercare il suo migliore amico, fuori nel corridoio.
Non sapeva quanto buona sarebbe stata quell’idea, ma voleva ricambiare la gentilezza di Kurt e Blaine nei suoi confronti, e non creare problemi proprio la sera di Capodanno.

 

 
- Amo la vista da questo palazzo!-
Rachel saltellò quando si allungò uno sguardo ad una delle grandi vetrate delle casa.
Josh Hart era figlio di un ricco banchiere, abitava su un loft vicinissimo a Times Square, che si sviluppava in due piani. Il secondo piano era simile ad un soppalco, ed ospitava tre camere da letto e due bagni; al piano di sotto invece, una cucina con sala da pranzo, un salotto enorme, ed un piccolo studio privato.
L’accesso al terrazzo era situato sul grande balcone del salotto: il gruppo aprì la porta finestra e salirono le scale che portavano di sopra.
Il terrazzo si estendeva per tutta la grandezza del palazzo, ed era già pieno di gente, il gruppetto fu raggiunto dal padrone di casa che salutò tutti loro con una stretta di mano.
- Karofksy! Quanto tempo. Finalmente sei tornato nella Grande Mela. Ammettilo che ti è mancata Manhattan, niente a che vedere con quel buco in Ohio.-
Dave non rispose, si limitò a sorridere e ricambiare la stretta di mano di Josh.
- Mi fa piacere rivederti.-
Josh era molto diverso dal cugino, il suo atteggiamento da uomo di mondo, andava in completo accordo con il suo completo di Dolce&Gabbana, il suo viso era contratto spesso in una smorfia di chi ha costantemente la puzza sotto il naso ed il suo profumo costoso era un ulteriore segnale della sua posizione sociale. Un’altra sostanziale differenza, erano i suoi capelli cortissimi e l’assenza di piercing o tatuaggi, dal suo corpo.
- Pallone gonfiato.-
Dave mormorò quelle parole tra i denti, parole udite perfettamente da Blaine che soffocò una risata.
- Non so come Kurt faccia ad essere suo amico, forse per il suo guardaroba da urlo.-
La sua battuta fece contrarre il viso di Kurt in una smorfia.
- Per tua informazione, non siamo amici, siamo solo conoscenti.-
Sibilò quelle parole verso il suo ragazzo che alzò gli occhi al cielo esasperato, Dave non aveva voglia di sentirli discutere perciò si allontanò per avvicinarsi al mobile bar, dove un barman faceva volteggiare in aria bottiglie e shaker.
- Un Manhattan per favore.-
Si appoggiò al piano mentre il barista annuì alla sua richiesta, si guardò intorno intercettando lo sguardo di Puckerman che aveva già abbordato due ragazze, vestite con un minuscolo pezzo di stoffa colorata attillata, che a malapena copriva seno e gambe. Le due ragazze ridevano alle battute di Puck, che stava sfoggiando il suo repertorio migliore. Sorrise, spostando poi lo sguardo sul suo cocktail non appena il barista lo posò sul bancone.
- Manhattan? Quanto sei originale.-
Dave sbiancò a sentire quella voce, si voltò lentamente, sicuro di incrociare un paio di occhi scuri come la notte, invece si stupì di vedere che in realtà erano di color verde smeraldo. Sbatté le palpebre più volte allentando la stretta al suo cocktail.
Era quasi sicuro che la persona dietro di lui fosse Matt, era più che sicuro di aver sentito la sua voce, invece si sbagliava. Non riuscì però a mascherare la sorpresa nel vedere Sebastian, sorridergli soddisfatto.
- Tu… cosa ci fai qui?-
Era l’ultima cosa che pensava potesse succedere, incontrarlo proprio lì, a quella festa a New York.
Il castano prese posto al suo fianco, occupando uno sgabello lasciato libero qualche secondo fa e quando riuscì ad attirare l’attenzione del barista, ordinò il suo drink.
- Un Sex on the beach.-
Il moro inarcò un sopracciglio.
- Ti lasciano bere?-
Sussurrò quelle parole in modo che fossero udite solo da lui.
- Direi di sì. Quell’uomo e quella donna che la gente definisce “i miei genitori”, non sono molto severi su questo punto.-
Dave osservò due figure intente a parlare con Josh, lui era alto poco più alto di Sebastian, i suoi occhi castani erano puntati sulla figura del padrone di casa che parlava animatamente con lui mentre stringeva un bicchiere colmo di liquido dorato. Aveva gli stessi capelli castani di Sebastian, sebbene fossero striati di bianco. La donna al suo fianco era bionda, dall’aspetto giovane, con profondi occhi verdi, gli stessi occhi che lo stavano in quel momento, fissando.
- Smettila di guardarli, o si insospettiranno.-
Il supplente tornò a guardare dritto di fronte a sé, sorseggiò la sua bibita cercando di evitare lo sguardo dello studente.
- Non mi hai ancora detto cosa ci fai qui.-
Sebastian afferrò il suo bicchiere facendolo tintinnare contro quello di Dave.
- I miei genitori spesso e volentieri mi portano a queste feste, per farmi conoscere i loro amici e convincermi che questo sarà il mio futuro.-
Dave continuava a non capire.
- Mio padre è un Senatore, ha studiato legge ad Harvard e vuole che io faccia la sua stessa fine: accompagnato da una bionda stile Barbie e bloccato a feste come queste. Lui la chiama “Bella Vita” io la definirei con parole meno eleganti.-
Sebastian non era solito parlare di sé stesso, tantomeno della sua famiglia e quelle confidenze gli sembrarono piuttosto strane. Forse colpa dell’alcool, forse colpa dell’esasperazione, perché era sicuro che non era la prima festa a cui partecipava.
- Cosa fai di solito quando vai a queste feste?-
Lo studente scrollò le spalle, solo in quel momento Dave si accorse del completo che indossava sotto la pesante giacca nera: pantalone blu scuro e giacca del medesimo colore, mentre la camicia era bianca, con i primi bottoni aperti, che lasciavano intravedere parte del suo petto. Deglutì a quella vista e spostò lo sguardo altrove, sorseggiò il suo drink velocemente rischiando quasi di farselo andare di traverso.
- Rimorchio qualche ragazza che abbandono non appena i miei genitori spariscono di vista, e mi trastullo con qualche ragazzo, portandomelo a letto prima della fine della serata.-
Il viso di Dave si contrasse in una smorfia, forse era meglio non saperlo.
- Come mai stasera ti dai all’alcool invece?-
Sebastian si voltò verso di lui con un sorriso sulle labbra.
- Perché ci sei tu qui, dolcezza.-
Dave tossicchiò, il suo drink alla fine, gli era andato di traverso, Sebastian gli diede qualche generosa pacca sulla schiena ridendo, fino a quando non vide un gruppo di ragazzi, raggiungerli.
Kurt corse verso di lui preoccupato, lo aveva visto parlare con quel giovane e poi strozzarsi con il suo drink, incrociò per un secondo lo sguardo di Sebastian che ricambiò con indifferenza. Lo vide alzarsi e lasciare libero lo sgabello, per poi andare via.
- Tutto bene?-
Dave alzò lo sguardo incrociando gli occhi azzurri di Kurt.
- L’alcool non fa decisamente per me.-
Blaine si avvicinò ai due tenendo comunque lo sguardo puntato sulla folla, mentre il ragazzo misterioso, sparì velocemente. Kurt si preoccupò per Dave che continuava a tossicchiare, anche lui come Blaine aveva lo sguardo puntato sulla folla, nella speranza di individuare Sebastian, che sembrava esser sparito.
- Per caso è un tuo amico?-
La domanda di Blaine scosse il moro dalla sua ricerca.
- No no… si era solo… preoccupato, visto che mi stavo strozzando.-
Il discorso non fu ripreso, Kurt fece alzare Dave dallo sgabello e lo accompagnò verso la balaustra del terrazzo, l’unico posto dove non c’era calca di gente, poco distanti c’erano Finn e Rachel impegnati in una lunga pomiciata, cosa che fece storcere le labbra di Kurt.
- Quei due sono senza ritegno.-
Blaine sorrise non sapendo cosa dire, la mezzanotte si stava avvicinando velocemente, Blaine propose di cercare Puck, in modo da stare tutti vicini per gli darsi gli auguri. Finn e Rachel furono richiamati da Kurt, e tutti e cinque partirono alla ricerca dell’altro. La terrazza era davvero gremita di gente, era quasi impossibile muoversi senza urtare qualcuno, Rachel non poté evitare di discutere con una donna con cui si era scontrata, facendole quasi cascare il drink di mano, Kurt invece si ritrovò a sbraitare con un tipo che lo aveva urtato versando sulla sua costosissima giacca, una goccia di champagne.
Dave dal canto suo, cercava Sebastian con lo sguardo, ma senza risultato, sembrava quasi che in quella festa ci fosse mezza Manhattan, e per sua fortuna, non vide nessuno dei vecchi amici.
- Sbrighiamoci, occupiamo il posto migliore, da quella zona la palla si dovrebbe vedere bene.-
A quanto pare Kurt aveva rinunciato, sicuramente si era appartato con quelle ragazze e non sarebbe stato di certo felice di venire interrotto. Seguirono tutti il castano che si fece strada tra la folla, guadagnando così l’ambito pezzo di balaustra, da cui effettivamente, si godeva di un’ottima visuale.
- Bene… pronti per la mezzanotte?-
 

 
Un’altra tradizione che di Capodanno, che Dave aveva dimenticato, era il famoso bacio di mezzanotte: un bacio di augurio e di buon auspicio, scambiato anche tra perfetti sconosciuti. Kurt e Blaine erano abbracciati stretti, stessa cosa Finn e Rachel, tutti e quattro volevano essere sicuri di baciare la persona giusta, lui invece era confinato accanto a Blaine e accanto ad alcune ragazze che puntavano un gruppo di ragazzi dietro di loro.
Si torturò le mani in ansia, non gli andava di baciare o farsi baciare da un perfetto sconosciuto, si aggrappò poi con forza alla balaustra indeciso su cosa fare.
- David…-
Il ragazzone non si voltò, ma dopo aver visto gli sguardi stupiti di Blaine e Kurt, non ebbe più dubbi su chi fosse il proprietario della voce. Aveva sperato di non vederlo ed era ormai sicuro che non fosse presente a quella festa. Si voltò lentamente incrociando un paio di occhi scuri, profondi come la notte, deglutì spostando lo sguardo sulle labbra rosee circondate da un filo di barba.
- Matt…-
Il ragazzo si aprì ad un sorriso, quando fece per avvicinarsi, Kurt scattò in avanti con il sorriso sul volto.
- Matt! Che piacere rivederti!-
Gli diede due schioccanti baci sulle guance impedendo al ragazzo di raggiungere il suo amico, poi fu il turno di Blaine che fece lo stesso. Dave poté leggere l’irritazione negli occhi del suo ex ragazzo, ma fu grato ai suoi due amici che fossero intervenuti in quel modo.
- Hai trovato un posto dove goderti il countdown? Ti consiglio di prendere posto, perché manca davvero poco.-
Matt annuì lanciando uno sguardo a Dave, poi si allontanò velocemente, il moro sentì il suo cuore riprendere a battere regolarmente, solo quando il giovane sparì nella folla. Si voltò di nuovo in direzione di Times Square, mentre il deejay abbassava la musica per poter permettere a tutti i presenti di sentire ciò che il presentatore stava dicendo al microfono a pochi kilometri da loro.
Il Sindaco di New York fu invitato sul palco e tutti rimasero in silenzio ad ascoltare il suo discorso annuale. La sua attenzione fu attirata poi da un giovane che aveva appena occupato l’unico spazietto libero al suo fianco, e con orrore, notò che si trattava di Matt. I tentativi di Kurt di tenerlo lontano erano stati un fallimento: il ragazzo si appoggiò alla balaustra al suo fianco, gli occhi puntati in quelli di Dave.
- Ti trovo bene.-
L’altro annuì.
- Ti ringrazio, potrei dire lo stesso di te.-
Quando Kurt si accorse di chi fosse il ragazzo al fianco di Dave, era troppo tardi, non poteva fare nulla per allontanarlo. Gli scoccò un’occhiata truce e tornò a guardare la piazza di fronte a lui.
- Allora, come mai sei tornato? Mi avevano detto che hai trovato lavoro in Ohio.-
Dave deglutì cercando di prestare attenzione al discorso del Sindaco, cercò di ignorare Matt che invece era più che deciso a fare conversazione. Rispose distrattamente alla sua domanda spiegandogli di che lavoro si trattasse, il ragazzo annuì interessato.
- So che non vuoi parlare con me, Dio sono stato uno stronzo, ma mi manchi Dave. Mi manchi da morire. Ho sbagliato tutto, ma ero sconvolto dalla tua partenza, ero amareggiato per come le cose stessero andando tra noi.-
Non poté fare a meno di rabbrividire quando la mano dell’altro si posò sulla sua, stava per cedere, le parole di Matt agivano come un balsamo sulle sue ferite ancora aperte. Socchiuse gli occhi per un momento prendendo un grosso respiro, mentre la vocina nella sua testa, gli intimava di tacere e non rispondere.
- Dave ti prego… guardami.-
Fu impossibile non obbedire, Dave sapeva che una volta incrociato il suo sguardo, non sarebbe riuscito a distoglierlo. Gli era mancato e tanto. Il contatto visivo si spezzò solo quando cominciò il conto alla rovescia, la palla luminosa prese a scendere piano lungo l’asta di ferro, accompagnata dal conto alla rovescia urlato dalla folla e dalla musica di sottofondo.
 
10
 
- Ti prego, perdonami.-
 
9
 
- Sono stato uno stupido, io senza di te non sono nulla.-

8
 
- Matt… non posso io…-
Credo di essermi innamorato di qualcun altro.
 
7
 
- Dammi solo un’altra possibilità.-
 
6
 
Non poteva dirgli di no, deglutì più volte mentre il viso di Matt era sempre più vicino al suo.
 
5
 
- Ti amo…-
 
4
 
Avrei voluto che tu te ne fossi ricordato prima…
 
 
3
 
- Scusa amico, permetti?-

2
 
- Sebastian? Ma cosa…?
 
1
 
- Ma chi cazzo è? Lo conosci? Hey, moccioso fuori dalle…-
 
0
 
- Buon Anno nuovo!-

Dave non riuscì a parlare, né a rispondere alla domanda di Matt, perché le labbra di Sebastian erano pressate contro le sue. Riuscì però a scorgere il viso irato dell’altro.
- Sebastian ma che cavolo stai facendo?-
Lo studente ignorò il supplente voltandosi poi verso Matt che aveva l’aria di volerlo pestare a sangue.
- Ritenta, sarai più fortunato.-
Prima che l’altro potesse fare qualcosa, fuggì dal suo campo visivo, trascinando con sé Dave, ancora scioccato da quella situazione. Un momento prima era sicuro che avrebbe baciato Matt a mezzanotte e invece si era ritrovato con le labbra di Sebastian incollate alle sue.
Il ragazzo prese a correre tra la folla, spingendo chiunque gli sbarrasse la strada, la mano saldamente chiusa attorno a quella di Dave, che a sua volta, stringeva quella dell’altro.
Raggiunsero in fretta le scale della terrazza, che scesero velocemente senza guardarsi indietro, i lembi della sua sciarpa rossa svolazzavano di qua e di là insieme alla giacca che aveva ancora indosso.
Sebastian lo guidò fuori casa, dritto nell’ascensore del palazzo. Entrò velocemente premendo il tasto corrispondente al piano terra e dopo che le porte si furono richiuse, si fiondò nuovamente contro Dave.
- Aspetta… aspetta…-
Il supplente cercò di allontanarlo mentre lui mentre la sua bocca cercava in tutti i modi di raggiungere quella dell’altro.
- Non voglio aspettare, ho aspettato fin troppo.-
Quel viaggio in ascensore sembrava non finire mai, Sebastian riuscì a liberare parte del collo dell’altro dalla sciarpa rossa, cominciò a mordicchiare e baciare i pochi centimetri di pelle che riusciva a raggiungere, mentre le sue mani frenetiche correvano lungo il suo corpo, in cerca di un modo di liberarlo dai suoi indumenti.
- Sebastian, fermati!-
Si separarono solo quando l’ascensore arrivò al piano, le porte metalliche si aprirono ed entrambi rimasero congelati, fermi l’uno di fronte all’altro.
- Perché lo fai?-
Entrambi avevano il fiato corto, Dave cercava di resistere a quegli impulsi che gli ordinavano di arrendersi a Sebastian e lasciarlo fare, Sebastian invece, tremava.
- Perché ti voglio, ti ho voluto fin dal primo giorno che ti ho visto.-
Dave cercò di riprendere fiato, lo sguardo di Sebastian era fermo, le sopracciglia erano aggrottate, le mani strette a formare dei pugni. Il petto dello studente si alzava e si abbassava ritmicamente, piccole gocce di sudore imperlavano la sua fronte, il corpo teso, pronto a scattare.
Entrambi rimasero a studiarsi per alcuni secondi, Dave non riusciva frenare quei tremiti provocati dalle parole di lui, abbassò di colpo le sue difese socchiudendo gli occhi e riaprendoli poco dopo. Per Sebastian era sufficiente.
 
 

 
Lo studente passò la scheda elettromagnetica sul lettore accanto alla porta, uno scatto gli diede conferma di aver sbloccato la serratura.
Da quello che aveva capito, per quella sera aveva prenotato una stanza in uno degli alberghi migliori di New York, come era solito fare ogni Capodanno.
Dave entrò per primo aspettando che le luci dapprima soffuse, illuminassero tutta la stanza: si ritrovò dentro un salottino arredato con mobili pregiati, un divano e due poltrone, erano posizionate di fronte un grande televisore al plasma. Sebastian fece scivolare le mani sulle spalle del supplente liberandolo della giacca, sfilò la sciarpa rossa dal suo collo e la posò sul divano.
- Mi fa piacere che tu l’abbia indossata questa sera.-
Sebastian sussurrò quelle parole al suo orecchio, solleticandolo, lo spinse nella stanza accanto, separata dal salotto da un arco e un paio di scalini.
Riuscì a vedere solo il grande letto matrimoniale, dopodiché non capì più nulla. Furono entrambi impegnati nella contorta danza del togliersi i vestiti: Dave era impacciato, non riusciva a fare nulla a causa delle sue mani tremanti, Sebastian al contrario, non ebbe difficoltà a sfilargli i vestiti, gettandoli poi in un angolo della stanza.
Sentì il corpo di lui premere contro il suo, ne sentì il calore, ne inspirò il profumo, accarezzò la sua pelle liscia assaporandola mentre la baciava. Lasciò che il ragazzo leccasse e mordesse ogni centimetro della sua pelle, mentre brividi di piacere correvano senza sosta lungo la sua schiena.
Lo sentì accarezzare le sue gambe mentre si insinuava dentro di esse, sentì la sua intimità a contatto con la sua apertura, soffocò poi un urlo che piano piano si trasformò in un gemito.
Sentiva il corpo dell’altro sopra di lui, riusciva a sentire il suo cuore battere all’unisono con il suo, sentiva i suoi gemiti soffocati sulla sua pelle. Chiuse gli occhi cavalcando quell’onda di piacere che mai prima d’ora aveva sentito così intensamente, mentre le sue mani stringevano con forza i fianchi dell’altro guidandolo nei suoi movimenti. Non riuscì a trattenersi dal pronunciare il suo nome, più volte, fino a quando non raggiunse l’apice del piacere, fino a quando non sentì il corpo dell’altro sopra il suo.
Si accorse solo in quel momento di quello che era successo, osservò Sebastian nudo al suo fianco, che accarezzava pigramente il suo corpo nudo.  
Non ci furono parole, entrambi tacquero persi nei loro pensieri, Dave con la consapevolezza di aver oltrepassato una linea di confine che non doveva varcare assolutamente, Sebastian invece, con la voglia crescente di sentire di nuovo la sua bocca gemere il suo nome. Ripresero a baciarsi, ogni bacio faceva accrescere il senso di colpa di Dave, un senso di colpa che venne affogato più e più volte nei gemiti di entrambi, un senso di colpa che decise di ignorare e mettere da parte, mentre sentiva le mani di Sebastian stringere i suoi fianchi, mentre lo sentiva sospirare e gridare il suo nome, mentre sentiva il suo corpo sudato scivolare sul suo.
Quando Sebastian si addormentò, stava sorgendo il sole, Dave si alzò dal letto attento a non svegliarlo, il senso di colpa che si affacciava più forte di prima. Un senso di colpa che annegava di nuovo mentre guardava il corpo perfetto del ragazzo. Osserva il suo petto alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, le labbra socchiuse.
Una piccola fitta colpì il suo cuore, perché sapeva che per Sebastian era soltanto un rapporto di una notte, era stato soltanto il “ragazzo che si portava a letto prima della fine della festa”.
Quel pensiero gli provocò una stretta dolorosa al petto, che si sciolse solo quando si alzò.
Dave si rivestì velocemente, lasciando la camera il più silenziosamente possibile, il corpo che si allontanava da quella stanza, da quel ragazzo che in una notte era riuscito a farlo sentire amato, ed il cuore ancora accanto a lui, ad occupare quella porzione di letto, che al suo risveglio sarebbe stata vuota.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Mistakes ***


Mistakes


I giorni seguenti al Capodanno trascorsero troppo velocemente, almeno secondo i gusti di Dave. Non aveva voglia di tornare a scuola, di affrontare Mike e soprattutto di rivedere Sebastian: l’aveva lasciato da solo in quella stanza d’albergo e lui non l’aveva né richiamato né cercato in altro modo. Questo diede lui solo la conferma che per lo studente non era stato altro che una “botta e via”.
Sospirò cacciando dall’armadio il suo completo di tweed che indossava di tanto in tanto per andare a fare lezione. Blaine e Kurt erano rimasti a New York mentre lui era tornato a Lima con Finn. Per sua fortuna, Finn non era un tipo di tante parole, e dopo le prime chiacchiere sul football, entrambi caddero nel silenzio.
Quando tornò a casa, era il tramonto, il cielo era tinto di rosso mentre stormi di nuvole si annidavano lentamente sulla città, la neve si era parzialmente sciolta, sebbene ve n’era ancora parecchia sui tetti delle case e su marciapiedi e giardini. Fu accolto da un piccolo comitato di accoglienza, formato da suo padre e Melina, che vollero sapere tutto del suo viaggio a New York e di cosa avevano fatto durante la vigilia.
Dave raccontò della festa, tralasciando alcuni particolari, e di aver reincontrato Matt, notizia che non piacque a Paul.
L’uomo fece una smorfia mentre Dave terminò il suo racconto con l’episodio del bacio rubato, evitando di menzionare l’autore di quel gesto, Melina ascoltò la storia in silenzio mentre Paul lanciava qualche commento poco elegante su Matt.
Erano tutti e tre seduti a tavola, davanti un bel piatto di minestra, Dave soffiò lentamente sul cucchiaio, lanciando un’occhiataccia a suo padre per rimproverarlo del linguaggio colorito.
- In sostanza hai passato un bel Capodanno, eppure non sembri così felice.-
L’intervento di Melina pose fine allo sproloquio di Paul, Dave rispose con un piccolo sorriso, non riusciva ad essere felice di come era andato il Capodanno: aveva abbandonato i suoi amici nel bel mezzo dei festeggiamenti, aveva seguito Sebastian e si era abbandonato all’istinto, non pensando minimamente alle conseguenze. Quel piccolo segreto, gli poteva costare il lavoro ed il suo curriculum avrebbe riportato una macchia talmente grande da oscurare ogni titolo di studio e dottorando possibile.
- Diciamo che avrei preferito un Capodanno meno movimentato.-
Melina non fece altre domande ma scoccò lui uno sguardo perplesso, Paul continuava ad inveire contro Matt e Dave decise di porre fine alla discussione, chiedendo loro un piccolo resoconto sul loro Capodanno.
Paul si lanciò in lungo racconto non tralasciando alcun dettaglio, aiutato e corretto qua e là da Melina, Dave ascoltò sorridendo mentre finiva di cenare. Si alzò appena terminata la sua porzione di zuppa, con la scusa di dover preparare alcune cose per il giorno dopo.
Preparò la borsa, infilando il suo computer portatile, e vi inserì alcuni libri di testo che gli sarebbero tornati utili per la lezione pomeridiana. Lanciò uno sguardo al suo cellulare, nessun messaggio ricevuto, nessuna chiamata senza risposta.
Neanche Mike si era fatto sentire in quei giorni e Dave si lasciò divorare dai sensi di colpa. Il suo rapporto con Mike era arrivato agli sgoccioli, il problema è che Mike stesso si ostinava a non ammetterlo. Kurt più volte gli aveva consigliato di lasciarlo, di tornare subito a Lima e di chiarire, invece che lasciarlo in quella incertezza, ma Dave si era sempre rifiutato, Mike non l’aveva mai cercato e lui non aveva intenzione di rovinare la sua piccola vacanza.
Rigirò il telefono tra le mani, indeciso se chiamarlo o meno, sospirò gettandolo poi sul letto, gli avrebbe detto tutto il giorno dopo a scuola.
Si affacciò alla finestra osservando la luna sorgere piano all’orizzonte, il cielo era parzialmente nuvoloso e minacciava ancora neve.
Andò a dormire pensieroso, cercando di stilare a mente un discorso decente da fare a Mike, ma la sua mente decise di non collaborare, vagando altrove e distraendolo dai suoi propositi.
Sperava di farsi venire qualche idea mentre guidava per andare a scuola, ma l’agitazione prese il sopravvento. Avrebbe rivisto Sebastian, volente o nolente, sicuramente si sarebbero incrociati lungo i corridoi e cosa sarebbe successo? Lo avrebbe ignorato? Lo avrebbe guardato con imbarazzo? Dave era sicuro sarebbe diventato rosso come un pomodoro, ma lui?
- Orsetto!-
Non fece tempo a mettere piede dentro l’edificio, che una donna dai lunghi capelli neri, si fiondò su di lui stringendolo in un grosso abbraccio.
- Allora! Buon anno nuovo!-
Dave ridacchiò ricambiando l’abbraccio.
- Anche a te Sam, e Jen dov’è?-
La donna prese sotto braccio il ragazzone, che si fece accompagnare da lei in caffetteria, il suo sguardo passò in rassegna tutti i ragazzi che già erano a scuola, per sua fortuna, Sebastian non era tra questi.
- In sala professori con Mike.-
La risposta lo fece deglutire, se Jen era con Mike e Samantha era con lui, voleva dire solo una cosa. Samantha rafforzò la presa sul braccio di lui e lo tirò quasi con forza in caffetteria, Dave sospirò rassegnato preparandosi al terzo grado. La caffetteria era quasi vuota, a parte un paio di professori e qualche studente che finiva di fare colazione. Si sedettero ad un tavolino appartato, lontano dal bancone, lei con una tazza di thè, lui con un latte macchiato.
- Mi spieghi cosa sta succedendo?-
Il ragazzone rise amaramente, lei voleva sapere cosa stesse succedendo quando lui stesso non lo sapeva. Si passò una mano sulla testa scompigliando i suoi capelli corti, Samantha incrociò le braccia al petto inarcando un sopracciglio.
- Non lo so Sam. So solo che con lui… non sto bene, non più. Abbiamo avuto una discussione prima della mia partenza per New York e credimi, non è stato piacevole.-
La donna posò una mano su quella di lui, sorridendo dolcemente.
- Tesoro so cosa vuoi dire, ma se non ti senti a tuo agio con lui, se credi che le cose non possano andare avanti, devi chiudere questa storia.-
Dave annuì, aveva ragione, ma come? Non sapeva come cominciare il discorso e non sapeva soprattutto cosa dire se lui gli avesse chiesto il motivo di quella rottura. Si torturò le mani guardandosi intorno in cerca di un’ancora di salvezza.
- Digli la verità, è la cosa migliore da fare.-
La campanella suonò traendolo in salvo, Samantha aveva lezione e non poteva fare tardi.
- Dave, promettimi che lo farai. Starai meglio.-
Il supplente annuì e la donna rispose con un sorriso, abbandonando lì la sua tazza vuota e salutandolo con un piccolo bacio sulla guancia. Da piccolo gli avevano insegnato a non fare promesse che non si potevano mantenere e non dire bugie, perché hanno le gambe corte. Crescendo però, aveva imparato che per ogni cosa c’erano delle eccezioni: che alcune promesse potevano essere fatte ma non potevano essere mantenute a causa di eventi straordinari e che esistevano le bugie a fin di bene, utilizzabili in ogni occasione.
 

 
 
- Siete delle schiappe. Insomma non vi rendete conto che le Regionali sono alle porte? E voi cosa fate? Battete la fiacca. Quella canzone la canterebbe meglio anche mia nonna.-
Dave si fermò lungo il corridoio, la porta dell’aula canto era aperta e Sebastian Smythe quel giorno, aveva deciso di impegnare le sue portentose corde vocali non per cantare, ma per urlare.
Erano finite le lezioni pomeridiane,
Si guardò intorno, il corridoio era deserto e sembrava fosse l’unico spettatore esterno a quella sfuriata. Non l’aveva mai visto, o meglio sentito, così arrabbiato.
- Allora perché non chiami tua nonna per questo numero?-
Il biondo Kirk borbottò quelle parole, dando voce ai pensieri del resto del gruppo, che mormorarono concordi.
- Perché mia nonna ha 80 anni e non sarebbe carino umiliarvi fino a questo punto.-
Nessuno azzardò a rispondere, Dave si avvicinò cauto all’aula intravedendo solo alcuni membri del gruppo, sparpagliati per la stanza. Nessuno di loro si accorse della sua presenza, si accostò di più alla porta e si appoggiò contro il muro, intenzionato a rimanere lì fino alla fine delle prove.
- Per prima cosa smettila di urlare, seconda cosa: siamo appena tornati dalle vacanze, cosa vorresti ottenere? Tutti quanti noi abbiamo il panettone che ancora balla la conga dentro lo stomaco.-
Sebastian non rispose subito, ma il silenzio cadde nella stanza dopo solo un secondo di mormorii.
- Sai perché abbiamo vinto le Provinciali? Perché abbiamo avuto fortuna. I Glee delle altre scuole erano nettamente superiori a noi, ma qualche forza divina ha offuscato la vista e l’udito dei Giudici, tanto da premiarci come vincitori.-
Il suo commento scatenò una serie di proteste e lamentele, i tre studenti del Consiglio, faticarono a riportare l’ordine, le voci degli altri si accavallarono l’una sull’altra, rendendo impossibile capire cosa stessero dicendo, esclusi gli insulti che sembravano le uniche cose che si capissero alla perfezione.
- Adesso basta! Dichiaro sciolta questa riunione. Sebastian, tu rimani invece.-
Dave si affrettò a sparire da lì dietro, corse verso le scale trovando un comodo nascondiglio nel sottoscala, dietro alcune bacheche con affissi alcuni avvisi.
La maggior parte degli studenti si avviò verso le scale, sfilarono davanti la bacheca inconsapevoli della presenza di Dave dietro di essa, ognuno di loro espresse con borbottii, il parere per quella riunione.
Prima che potesse capire qualcosa, sentì Nick e Jeff fermarsi poco distante da lui, poté vedere le figure dei due ragazzi stagliarsi contro la finestra, entrambi si guardarono esasperati, lasciando passare il resto del gruppo, che proseguì fino ad imboccare le scale.
- Da quando è tornato da New York, è super irritabile.-
Nick annuì alle parole del biondo.
- Giuro che se questo è l’effetto che gli fanno i suoi genitori, a Pasqua lo costringerò a passare le vacanze da me.-
Jeff mosse alcuni passi verso l’aula canto, poi tornò dal moretto che aspettava di fronte la finestra.
- Cosa stanno facendo?-
- Wes e David sgridano Seb, Thad invece non c’è.-
Uno dei due fece uno sbuffo, Dave non riuscì a capire chi dei due fosse stato.
- Naturale che non ci sia. Sbaglio o Seb l’ha mollato malamente, prima delle vacanze?-
Quella frase fece drizzare le orecchie del supplente, che rimase rannicchiato dietro la bacheca, le orecchie puntate sui due ragazzi.
- Sì, è vero, ma forse solo perché voleva spassarsela durante le vacanze di Natale. Ovvio no?-
Nick mosse i suoi passi verso le scale, Jeff lo seguì velocemente sbuffando indignato.
- Scherzi, vero? Sono il suo migliore amico, so perché si sono lasciati!-
Dave dovette nascondersi meglio, i due ragazzi si erano fermati lungo le scale, Nick aveva la mano sulla balaustra e lo sguardo puntato sull’altro.
- Ha detto, e ti prego mantieni il segreto, che… si sta frequentando con un altro.-
Nick continuò a salire le scale roteando gli occhi al cielo, Jeff lo seguì parlando mentre Dave rimase fermo nel sottoscala, le mani strette a pugno. Uscì dal suo nascondiglio, raggiungendo in pochi passi la stessa finestra dove prima si trovavano Nick e Jeff.
La mente cominciò a vorticare così forte, che dovette appoggiarsi contro il muro per non cadere, pochi minuti dopo, vide Wes e David uscire dall’aula, gli rivolsero un piccolo cenno di saluto, che Dave ricambiò goffamente, prima di imboccare anche loro le scale, mentre parlavano fitto di qualcosa.
Prima che potesse rendersene conto, i suoi piedi si mossero verso l’aula dove sicuramente, c’era ancora Sebastian.
Passò con disinvoltura davanti la porta, il suo sguardo si posò su un ragazzo con solo indosso la camicia e la cravatta che penzolava dal collo, la testa tra le mani ed il viso nascosto. La sua giacca era stata abbandonata sul divano, insieme alla sua borsa di pelle, scura.
- Posso entrare?-
La testa dello studente si alzò lentamente, i suoi occhi si assottigliarono quando videro il professore. Con orrore di Dave, il suo solito ghigno strafottente comparì sulle sue labbra.
- Desidera?-
Il tono di Sebastian era intonato perfettamente con il ghigno sul suo volto, incrociò le braccia al petto aspettando una risposta.
- Vorrei parlarti.-
Il supplente mosse i primi passi nell’aula, fermandosi a pochi metri dallo studente, che non aveva intenzione di alzarsi e tantomeno di prestargli attenzione.
- Non vedo con quale diritto vieni qua, a dirmi che vuoi parlarmi.-
Dave sbuffò spazientito.
- Sono un tuo professore.-
- Supplente, prego.-
Il ragazzo ghignò la correzione alla frase dell’altro, cosa che fece infuriare Dave.
- Non osare rivolgerti a me in quel modo.-
L’altro si aprì in una risata.
- Altrimenti cosa fai? Mi mandi dal Preside? Sono curioso di sapere con che scusa. Studente risponde male, senza motivo. Ah no aspetta, un motivo ci sta e tu sai bene qual è.-
Dave si affrettò a chiudere la porta tornando poi da lui e fronteggiandolo con le braccia incrociate al petto.
- Lo sapevo! Avevi solo bisogno di un motivo per ricattarmi. La stessa cosa che hai fatto a Jennifer, volevo dire la professoressa Bronstein.-
Sebastian scavallò le gambe alzandosi lentamente.
- Ti sbagli… non conosci tutti i fatti, perciò non giudicare.-
Il supplente si avvicinò ancora di più, puntando il suo sguardo in quello dell’altro.
- So abbastanza per poter dire che ti sei comportato come uno stronzo.-
L’altro contrasse le labbra in una smorfia.
- Non te l’hanno mai detto che bisogna sempre ascoltare tutte le versioni dei fatti, prima di giudicare? Non ho niente contro la professoressa Bronstein, ma lei è capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato.-
Le mani di Dave si strinsero nuovamente a pugno.
- E ciò che mi è stato fatto non è minimamente paragonabile a ciò che hai fatto tu.-
Quella parte di conversazione l’aveva immaginata in modo diverso, Sebastian sibilò qualcosa, poi prese la giacca e la borsa incamminandosi verso la porta.
- Aspetta! Non capisco, cosa avrei fatto di male?-
Il supplente gli tagliò la strada costringendolo ad indietreggiare. Non c’era modo di sfuggirgli, tutti quegli anni a giocare a football, gli avevano insegnato bene a placcare qualcuno.
- Ad esempio, abbandonarmi in quella stanza d’albergo approfittando del fatto che mi fossi addormentato?-
Dave sbuffò.
- Oh! Ho capito, volevi essere tu ad andartene per prima, non è nel tuo stile farti abbandonare, di solito tu abbandoni.-
Sebastian afferrò il bavero della giacca dell’altro, spingendolo lentamente contro la porta di legno, chiusa.
- Hai mai pensato che forse, e dico forse, anche io ho dei sentimenti?-
La schiena di lui cozzò contro la porta di legno producendo un rumore sordo, Sebastian teneva ancora le mani ancorate al bavero della giacca, mentre Dave aveva stretto le sue, intorno ai suoi polsi. Rimasero in quella posizione per alcuni secondi, prima lui rispondesse.
- Hai lasciato Harwood, perché ti stai frequentando con qualcuno. Ti sei approfittato di me perché sapevi…-
Non finì la frase, allentò la stretta sui polsi di Sebastian e abbassò le mani, nello stesso istante Sebastian lasciò il bavero della giacca, spostando le braccia ai lati del supplente, bloccandolo comunque contro la porta.
- Ho lasciato Thad, per te.-
Quelle parole rimasero sospese tra i due, Sebastian abbassò lo sguardo mentre Dave distoglieva il suo. Deglutì un paio di volte prima di riportare lo sguardo sullo studente.
- Non … Sebastian, ammetto che provo qualcosa per te, qualcosa che in realtà non dovrei provare. Perciò ti prego, ti prego, ti prego. Non rendiamo le cose ancora più difficili.-
Scostò le mani di lui delicatamente, lo sguardo di Sebastian era inespressivo.
- Ci vediamo a lezione.-
Sperò vivamente che lo studente non lo fermasse e per una volta, le sue speranze non si rivelarono vane. Aprì le grandi porte in legno lasciandole poi aperte, percorse a ritroso i corridoi quasi correndo, sentendo dentro di lui la strana voglia di voler evadere, di allontanarsi dal quel luogo fino a quel momento gli aveva dato solo felicità e soddisfazioni. Cominciò a chiedersi cosa intendesse dire Sebastian dicendo che lui non conosceva “tutti i fatti”: cosa stava nascondendo? Lui e Mike non erano una coppia, non ufficialmente almeno, ma tutti li vedevano sempre insieme, li vedevano ridere e scherzare e mai fu ammonito dal Preside o da un membro del corpo insegnanti, cosa che invece non accadde con Simon e Jennifer.
C’era qualcosa che non andava.
 

 
- Blaine, avrei bisogno di un’informazione.-
Il giorno dopo era di nuovo a scuola, la testa presa da mille pensieri, pensieri riguardo il caso Sebastian- Jennifer-Simon, più scavava in fondo a quella storia e più trovava dei buchi, delle incongruenze.
Quando Jennifer e Samantha raccontarono lui la storia per la prima volta, non fece domande, fin troppo preoccupato a compatire la sua collega.
Aveva letto il regolamento della scuola e tra le regole non c’era di certo il divieto di stringere rapporti tra colleghi, che siano di natura sentimentale o meno, purché il lavoro e la professionalità non ne risentano.
L’unico che poteva dar lui delle risposte era Blaine, ma come poteva chiederglielo senza parlargli di Sebastian? Decise di prendere molto a largo il discorso, usando il suo rapporto con Mike, come scusa.
- Uhm lasciami pensare… a meno che il regolamento non sia cambiato, non è vietato stringere rapporti sentimentali con un collega, a patto che non ci siano dimostrazioni di affetto pubbliche e cose del genere.-
Kurt faceva domande in sottofondo, non riuscendo a capire di cosa Dave e Blaine stessero parlando, il moro approfitto poi della piccola pausa, per informare Kurt.
- Ho capito, in effetti no, nel regolamento non c’è scritto nulla di simile, eppure Samantha aveva detto che relazioni di questo tipo sono vietate.-
Blaine parlottò con Kurt per alcuni secondi.
- Dave ascolta, forse è una nuova regola introdotta da poco, non so che dirti.-
Terminò la telefonata ringraziandolo, poi tornò ai suoi pensieri. Per tutta la notte e il giorno seguente non aveva fatto altro che lambiccarsi su quella storia. Non poteva immaginare che per una volta tanto, Sebastian era innocente.
Andò a scuola solo per il pomeriggio, per i laboratori pomeridiani, diede ai ragazzi un compito semplice, in modo da potersi estraniare completamente e dedicare la completa attenzione ai propri ragionamenti e pensieri.
A fine giornata, per evitare di imbattersi nuovamente in Mike, scelse di rifugiarsi in aula canto, era diventato una sorta di posto segreto, dove tra l’altro, mai nessuno sarebbe andato a cercarlo.
Non sapeva cosa fare con lui, ne aveva parlato a lungo con Kurt e nonostante la risposta fosse chiara, non riusciva a metterla in pratica.
La notte di Capodanno era stata l’ennesima dimostrazione che i sentimenti che lo legavano a Mike, non erano gli stessi che legavano Mike a lui.
Prese la chitarra, cominciando a strimpellare una melodia, aveva imparato a suonare la chitarra quando era molto piccolo, ricordava bene gli accordi di una canzone che spesso strimpellava nel tempo libero. Le sue dita accarezzarono le corde, ed in quel momento si isolò dal mondo, felice per una volta di poter evadere anche se solo per pochi minuti.
 
Saw the world turning in my sheets
And once again, I cannot sleep
Walk out the door and up the street
Look at the stars beneath my feet
Remember rights that I did wrong
So here I go
 
I’m not calling for a second chance,
I’m screaming at the top of my voice,
Give me reason, but don’t give me choice,
Cos I’ll just make the same mistake again.

 
Forse la tonalità era troppo alta per lui e non aveva di certo una bella voce, ma non gli importava, aveva voglia di cantare e avrebbe cantato.
Quando alzò lo sguardo, incrociò quello di Sebastian, era in piedi, appoggiato contro la cornice della porta. Lo fissava senza parlare e quando riprese a suonare, cominciò a cantare, sovrastando la voce di lui.
 
And maybe someday we will meet
And maybe talk and not just speak
Don’t buy the promises ’cause
There are no promises I keep,
and my reflection troubles me
so here I go

 
La voce di Sebastian era adatta per quella canzone, fin troppo adatta. Il supplente cercò di ignorare i continui brividi che sentiva mentre la voce di Sebastian, riempiva la stanza. Lo studente non guardò più Dave, si concentrò solo sulla canzone, cantandola e facendola sua.
 
I’m not calling for a second chance,
I’m screaming at the top of my voice,
Give me reason, but don’t give me choice,
Cos I’ll just make the same mistake

 
Le loro voci si intrecciarono, Dave fece il controcanto, raggiungendo note più alla sua portata. Sebastian continuò imperterrito, come se l’intrusione di Dave non gli desse fastidio.
Dave fece finta di niente, sebbene cantare in duetto con Sebastian, lo imbarazzava.
 
oo oooooo ooo ooo oo oooo…
 
So while I’m turning in my sheets
And once again, I cannot sleep
Walk out the door and up the street
Look at the stars
Look at the stars, falling down,
And I wonder where, did I go wrong.
 
Dave modulò la melodia con la voce, accompagnato dalla chitarra, Sebastian invece finì di cantare le ultime strofe della canzone, era la prima volta che cantava con qualcuno, anzi era la prima volta che cantava davanti a qualcuno, in assoluto. Lo studente azzardò un piccolo sorriso, indietreggiando lentamente e andando via in silenzio, così come era venuto.
Il supplente sbatté le palpebre più volte, fissando la porta, dove un momento prima c’era Sebastian.
Non era stato un sogno, aveva cantato per davvero con lui.
Posò la chitarra sul suo supporto, la canzone che vorticava nella sua mente, la voce di Sebastian che si univa alla sua. Quando mise piede nel corridoio, l’incantesimo svanì: era tornato David Karofsky, il supplente di Storia dell’Arte.
 

 
 
Give me reason, but don’t give me choice,
Cos I’ll just make the same mistake again.

 
Di una cosa era certo, per quanto desiderasse tornare indietro nel tempo, per quanto desiderasse cambiare gli eventi, era sicuro che avrebbe rifatto lo stesso errore.
Quel pomeriggio la scuola avrebbe rinunciato all’ultima mezz’ora di lezione per assistere alla partita di Lacrosse della scuola: di solito quando la Dalton ospitava la partita e coincideva con orari di lezione, quest’ultime erano sospese per permettere a studenti e professori, di assistere.
Dave scese al campo accompagnato da Mike e Samantha, Jennifer invece stava sottobraccio a Simon e parlottavano allegramente.
Tutti indossavano i loro cappotti, al campo faceva piuttosto freddo, ed alcuni avevano portato thermos di caffè e di altre bevande calde. Il suolo era ancora coperto con un leggero strato di neve, così come il campo da gioco.
Dave avvolse per bene la sciarpa intorno al suo collo, la sciarpa che Sebastian gli aveva lasciato il giorno di Natale. Mike lanciò uno sguardo incuriosito all’indumento, ma non alzò domande, Dave aveva evitato di incrociare il suo sguardo proprio per evitare che intavolasse una qualsiasi conversazione.
- La squadra avversaria di oggi è molto competitiva, non credo che sarà facile vincere.-
Il commento di Mike non trovò risposta, Samantha lanciava continue occhiate a Jennifer e Simon, Dave invece, non era amante dello sport ed interveniva il meno possibile a quelle conversazioni.
La situazione con Mike era ancora irrisolta, l’uomo aspettava che fosse proprio il supplente a parlare, cosa che non era proprio intenzionato a fare.
Da quando erano rientrati dalle vacanze, tra loro c’era gelo, un gelo che non passò inosservato, soprattutto agli altri colleghi. Nonostante tutto, continuavano a vedersi a pranzo o a fine lezione, sebbene non con la stessa frequenza di prima.
- Professore! Venga a sedersi con noi!-
Dave non fu mai così felice di accettare un invito, agitò la mano verso Nick e Jeff che lo invitarono a sedersi accanto a loro, congedò rapidamente i suoi colleghi e prese posto al fianco del biondino. Solo in quel momento notò che accanto ai due, sedevano anche Thad, David e Wes. Thad non era molto felice di vedere il supplente, David e Wes invece, lo salutarono con molta cortesia.
La squadra della Dalton sfilò davanti gli spettatori, strinse la mano a tutta la squadra avversaria e prese posizione.
Dave non ancora aveva capito nulla della Lacrosse, si limitava a seguire il gioco osservando i ragazzi con quelle strane racchette, raccogliere e passarsi la palla, di continuo.
Gli studenti al suo fianco incitavano la squadra, urlavano contro gli avversari e si alzavano indignati quando l’arbitro fischiava un fallo.
Nulla di diverso dalle partite di football, anche se l’unica cosa che la squadra non aveva, erano le cheerleader.
- Arbitro sei un venduto!-
Jeff si alzò in piedi agitando le braccia contro l’uomo con la maglietta a righe bianche e nere, fischiò più volte soprattutto per falli commessi dalla squadra che giocava in casa.
Sebastian non si era risparmiato e la maggior parte dei falli erano suoi, cosa che Dave non mancò di notare. Nick e Thad cominciarono a urlare come matti, Jeff inveiva contro l’arbitro e anche David a Wes si unirono a loro, saltellando sul posto e agitando le loro cravatte.
- Ragazzi… calmatevi.-
Dave cercò di farli sedere, ma nessuno di loro lo ascoltò. Si passò una mano sul viso guardando impotente Sebastian che azzoppava volontariamente uno dei giocatori, usando l’asta della racchetta. L’arbitro fischiò nuovamente fallo e per quanto Jeff protestasse, in quel momento l’arbitro aveva ragione.
Dave vide il coach della squadra avanzare verso il campo, avevano guadagnato qualche secondo di pausa, durante la quale i giocatori approfittarono per bere e per sistemarsi il casco. Il giocatore colpito giaceva a terra stringendosi la gamba al petto.
- Smythe, un altro fallo e sei fuori, non so cosa ti prende ma vedi di concentrarti. Lascia i tuoi problemi personali, fuori dal campo.-
Il coach era famoso per la sua voce possente, lo strigliata perciò, venne benissimo udita anche da Dave e dagli altri studenti che erano seduti sugli spalti. Nick e Jeff guardarono Thad, che evitò accuratamente il loro sguardo.
- Cavolo, Bas sta facendo un casino, se continua così … addio Regionali!-
Thad guardò il moro facendo una smorfia.
- Parlerò di nuovo con lui e cercherò di sistemare le cose.-
David e Wes annuirono distrattamente, Nick scrollò le spalle e Jeff alzò gli occhi al cielo.
- Secondo me è meglio se non ci parli.-
Nick tirò una gomitata alle costole di Jeff, che si piegò in due mugugnando, Thad spostò il suo sguardo verso il biondo, inarcando un sopracciglio.
- Scusami?-
Dave portò il suo sguardo sulla partita, cercando in ogni modo di fare finta di non seguire la loro conversazione. Anche Wes e David portarono lo sguardo sul campo, ma era evidente che le orecchie erano tese verso i due Warblers.
- Hai capito Harwood. Seb ti ha lasciato. È finita, caput. Mettitelo in testa. Andare a parlargli lo farebbe infuriare ancora di più.-
Il morettino non digerì bene la risposta, guardò Jeff con astio sporgendosi verso di lui.
- Oh certo, tu lo conosci meglio di me. Ho come l’impressione che sia tu il ragazzo di cui Seb è innamorato.-
La notizia fece voltare i visi di tutti, Dave compreso. Jeff divenne rosso per l’imbarazzo, incrociò lo sguardo attonito di Nick, non ci voleva certo un genio per capire che la conversazione non avrebbe preso una bella piega.
Attirarono anche l’attenzione di Mike e Samantha, nonché di Simon e Jennifer, seduti poco più in là.
- Non è vero. È il mio migliore amico, insieme a Nick.-
Thad incrociò lo sguardo confuso di Nick, fece un piccolo sorriso maligno e si voltò di nuovo verso Jeff.
- Certo Sterling… l’importante è che ne sei convinto tu, ma non devi dare spiegazioni a me.-
Lanciò uno sguardo significativo a Nick, sguardo che Jeff colse, ma senza capire.
Thad tornò al suo posto senza dire altro, Jeff lo guardò in cagnesco mentre Nick rimase fermo, lo sguardo fisso sul campo.
- Sei un pezzo di merda!-
Dave riuscì in tempo ad afferrare il moro per un braccio mentre Jeff lo teneva per la vita, Thad si allontanò velocemente, mentre l’attenzione degli altri studenti era stata attirata inevitabilmente verso di loro.
I ragazzi cominciarono a urlare ad incitare Nick che era quasi riuscito a liberarsi dalla presa di Jeff, mentre Thad lo guardava scuotendo la testa.
Mike intervenne insieme a Simon, Nick continuò ad urlare parolacce e minacce, mentre un agitato Jeff cercava di trattenerlo come meglio poteva. Simon fece alzare Thad invitandolo a seguirlo, Mike invece cercò di calmare Nick.
- Sai che dobbiamo portarli entrambi in Presidenza, vero?-
Lo sguardo di Mike volò verso Dave che ricambiò lo sguardo, preoccupato.
- Non si può proprio evitare?-
L’altro scosse la testa e Dave non poté fare a meno di annuire. Non riuscì a capire il motivo per cui Nick era scattato in quel modo, lo guardò andare via accompagnato da Mike, lo sguardo basso. Jeff fece per seguire i due, ma Dave lo bloccò, tenendolo per un braccio.
- Meglio che tu stia qui.-
Il biondino tornò a sedere, lo sguardo basso e il broncio sul volto, David e Wes sospirarono sedendosi accanto a Jeff e mormorando lui qualcosa, Dave invece guardò verso il campo, era incredibile: Sebastian riusciva a combinare casini, anche a distanza. Lanciò uno sguardo verso lo studente giusto in tempo di vedere un’ultima azione prima della fine della gara. Il Warbler corse verso il campo evitando agilmente gli ultimi difensori e tirando direttamente in rete. Aveva segnato l’ultimo punto e grazie a quell’ultimo punto, avevano vinto la partita che sembrava destinata a finire in pareggio se non con una sconfitta.
Un urlo esplose dagli spalti, gli studenti cantavano, urlavano e festeggiavano, facendo roteare in aria, sciarpe, giubbini, qualsiasi cosa.
Si alzò in piedi facendosi largo tra la calca di studenti ammassati sugli spalti, quando volse di nuovo lo sguardo al campo, non poté non notare il Preside raggiungere Sebastian e invitarlo a seguirlo in Presidenza. 






Ok piccolo angolino dello scrittore. 
Non scriverò tanto perchè sono le tre di notte e io sono a pezzi e ho sonno. 
Ringrazio le quattro meravigliose personcine che hanno recensito questa storia: 

Lussy_86
I Love Klaine
youmove
Aleka_80

Ragazze grazie davvero, sia perchè mi seguite su Facebook sia perchè mi seguite su Twitter e partecipate ai miei scleri :D
Non so cosa farei senza di voi. 

Il capitolo è un pò confusionario, sto cercando di rendere l'idea della confusione mentale di Dave, 
non che Seb sia di aiuto. 
Perciò vi prego non uccidetemi, purtroppo l'angst ci deve stare e penso sarà molto presente d'ora in poi. 

Canzone di James Blunt http://www.youtube.com/watch?v=b3c32wBYdU0

E niente... grazie a chi ha messo la storia tra le preferite a chi mi segue e legge anche se non commenta, sappiate però che i vostri commenti mi rendono davvero felice :D

E
 per chi volesse sclerare con me...  https://twitter.com/Siry_Mcgregor follow me then :D

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Can't Fight This Feelings Anymore ***


Can’t fight my feelings anymore

 
 
-Ti troverai bene alla Dalton! Sono tutti ragazzi tranquilli, anzi vedrai che morirai di noia per quanto sono tranquilli…-
Dave borbottò quelle parole scimmiottando in modo piuttosto pessimo Blaine. Proprio lui che aveva detto che la Dalton era noiosa, ma da quando era arrivato, non c’era stato un momento di tregua: prima Sebastian, ora Nick e Thad. Sicuramente gli sceneggiatori di Beautiful prendevano spunto dalle vicende scolastiche della Dalton per scrivere i loro sceneggiati. Il Preside non era stato così contento di essere trascinato nel suo ufficio nel bel mezzo della partita, per di più a causa di due studenti della scuola, che si erano messi intelligentemente a litigare tra di loro. Dave riusciva a sentire le urla dell’uomo anche dalla saletta d’attesa di fronte l’ufficio.
Mike e Simon erano seduti accanto a lui, Mike lanciava lui uno sguardo di tanto in tanto, Simon invece sembrava perso nei suoi pensieri.
Samantha e Jennifer erano rimaste al campo, informandoli sull’andamento della partita via messaggio, non che a Dave interessasse più di tanto, ma gli altri due a quanto pare, interessava.
- Andate al campo, sto io qui, in caso il Preside abbia bisogno di voi vi mando a chiamare.-
I due uomini sembravano seriamente tentati, si guardarono l’un l’altro valutandone i pro e i contro.
Dave aveva voglia di rimanere da solo, tra l’altro Jeff era rimasto al campo e se il Preside avesse avuto bisogno di lui, qualcuno doveva per forza scortarlo fino a scuola.
Simon si alzò di scatto dirigendosi a grandi passi verso l’ingresso della scuola, Mike indugiò tenendo lo sguardo fisso su Dave, che distolse il suo rapidamente. Era sicuro che prima o poi, l’altro avrebbe chiesto lui di parlare, un po’ per via del suo strano comportamento, un po’ perché dal loro rientro a scuola non riuscivano a trovare un momento solo per loro e a Mike quella situazione cominciava a pesare.
Il ragazzone tuffò la testa tra le mani sospirando, era inutile negare, provava qualcosa per Sebastian, non sapeva dire cosa fosse di preciso, ma era inutile cercare di andare avanti, evitarlo e prendere in giro se stesso e Mike, continuando a portare avanti una relazione con lui.
Le porte della Presidenza si aprirono, i due ragazzi uscirono con lo sguardo fisso a terra, si sedettero il più lontano possibile l’uno dall’altra, mentre il Preside, stanco, invitò Dave ad entrare. Il giovane si alzò rapidamente, entrando nell’ufficio e chiudendosi la porta alle sue spalle.
- David, siediti pure caro ragazzo.-
Non se lo fece ripetere due volte, il Preside prese posto di fronte a lui, sospirò pesantemente poggiando le braccia sulla scrivania.
- Non so cosa fare con questi ragazzi, è vero che hanno litigato per un’allusione fatta dal signor Harwood?-
Dave non sapeva, di preciso, cosa Harwood avesse detto a Duvall, non aveva capito per quale motivo lo studente avesse reagito così male, ma di una cosa era sicuro: Jeff era il fulcro di quella storia. Decise comunque di tentare di salvare i due studenti, cercando di far apparire li litigio, cosa di poco conto.
- Mi dispiace signore, neanche io riesco a capire quale sia stata la ragione, ma le zuffe tra studenti non sono rare. Perché non dimenticare e…-
Il Preside puntò il dito contro di lui, quasi a volerlo accusare di essere lui la ragione di tutto, Dave deglutì fissandolo.
- Te lo dico io qual è il motivo! I dannati ormoni adolescenziali!-
Il giovane inclinò la testa di lato senza capire.
- Questi maledetti ragazzi non fanno altro che azzuffarsi tra di loro per dimostrare chi è che comanda. Sono stufo di questa situazione. Non siamo in una dannata scuola pubblica! La Dalton ha una reputazione che non può essere infangata in questo modo!-
Il problema era proprio quello, in una scuola pubblica, molto probabilmente, sarebbero stati richiamati e basta, mandati a casa magari con una nota disciplinare e una punizione da scontare in una settimana, nulla di più nulla di meno. Lui anche ne aveva collezionati di richiami e note disciplinari.
- A volte sembrano un branco di ragazzine in preda al ciclo mestruale.-
L’uomo era distrutto e arrabbiato, Dave non sapeva come calmarlo, era normale per degli adolescenti comportarsi in quel modo: ricordava come lui scattava alla minima provocazione, e di come i suoi compagni gli davano man forte quando si trattava di scatenare qualche rissa o buttare un secchione a caso, nella pattumiera.
- Mi dispiace signor Preside, sono adolescenti ed è normale che siano spesso preda di sbalzi di umore.-
L’uomo agitò la mano sbuffando.
- Sono ragazzi, saranno futuri uomini, lasciamo alle donne il privilegio di avere crisi isteriche e sbalzi di umore.-
Lasciò che l’uomo parlasse per altri dieci minuti, era indeciso su che punizione infliggere ai ragazzi, ma nessuna di quelle elencate, sembravano sufficienti per dar loro una lezione.
Prima che arrivasse ad una qualche soluzione, Dave lo fermò alzando la mano e sorridendo.
- Sa che le dico? Prendiamoci un caffè e controlliamo il risultato della partita. Lei ha bisogno di rilassarsi.-
 

 
 
Parlarono a lungo in caffetteria, il Preside parlò del lungo rapporto di amicizia che aveva con suo padre, di come erano inseparabili alle superiori, delle loro uscite serali ed altri particolari che Dave avrebbe non voluto sapere.
Nonostante il piacevole pomeriggio, e i vari tentativi del supplente di far dimenticare tutta la faccenda, Nick e Thad vennero messi in punizione, punizione che prevedeva anche la sospensione dalle attività pomeridiane: ovvero non avrebbero potuto frequentare il Glee per un paio di settimane.
La notizia sconvolse la maggior parte del gruppo, a quanto pare Nick e Thad erano inclusi in una delle performance dei Warblers alle Regionali e la loro assenza alle prove, poteva costare loro la vittoria.
Inutili furono le insistenze del Glee, spiegando al Preside quanto importanti fossero i due ragazzi, al fine di vincere la competizione, ma l’uomo era irremovibile.
I Warblers erano nei guai, non solo Thad e Nick non potevano partecipare, ma stava lentamente avvenendo una piccola scissione: alcuni di loro si schierarono con Thad, altri invece dalla parte di Nick.
Quella piccola minoranza però, non mancava mai di far sentire la propria voce in capitolo, scatenando accese discussioni che quasi sempre, rischiavano di finire con una rissa.
Dave era capitato per caso nei pressi dell’aula, quando sentì il tono di voce dei ragazzi aumentare di intensità, fino a sentire urla ed incitazioni, arrivò appena in tempo per separare i due litiganti.
Una metà di loro incolpava Smythe di tutto, nonostante il ragazzo non era presente durante il litigio, gli altri invece, davano la colpa ad Harwood e alla sua lingua biforcuta.
- Possibile che siete in grado solo di litigare? Non si può tornare indietro nel tempo e cambiare tutto e non vedo perché Smythe debba essere incolpato per qualcosa che non ha fatto.-
Wes e David annuirono alle parole del professore.
- Se Smythe non avesse lasciato Harwood, tutto questo non sarebbe successo.-
Il biondo Kirk disse la sua, gli occhi che lampeggiavano di odio, spalleggiato dagli altri Warblers.
- Non mi pare che sia questo il vero motivo del vostro litigio. Mettete da parte i vostri rancori e cercate di pensare lucidamente.-
Si fece largo tra le due fazioni di studenti, Sebastian era seduto sul bracciolo di un divano, lo sguardo puntato su Dave. Gli altri Warblers abbassarono il loro sguardo, a quanto pare il supplente aveva centrato il fulcro del problema. Da tempo sapeva che molti studenti non sopportavano i modi di fare di Sebastian. Non solo riusciva odioso alla maggior parte di loro, ma non sopportavano neanche il fatto che fosse così talentuoso e che rubasse sempre gli assoli più importanti. 
- Siete vergognosi. Quando avete vinto le Provinciali eravate uniti, per una settimana siete stati un gruppo. Ora invece mi sembrate un branco di ragazzini di cinque anni che litiga per un lecca lecca. I modi di fare di Smythe saranno anche discutibili, ma è grazie a lui se avete riportato una vittoria a casa.-
A quelle parole gli altri Warblers dovettero tacere, solo un ragazzo moro alzò la mano tremolante.
- Ma alcuni di noi vorrebbero cantare un pezzo da solisti, di solito Smythe eclissa tutti.-
Quell’affermazione fu accolta da alcuni mormorii di assenso, Dave allargò le braccia guardandoli uno per uno.
- Blaine non vi ha insegnato niente? Se non sapete cosa fare il pomeriggio, invece che andare a visitare i siti porno, cercate i vecchi video delle New Direction, l’anno in cui hanno vinto le Nazionali. La loro punta di diamante è sempre stata Rachel Berry, ma hanno trovato il modo di non eclissare nessuno e di dare la giusta opportunità anche gli altri membri del gruppo.-
I ragazzi annuirono abbassando il capo, Sebastian aveva ancora lo sguardo puntato sul supplente, mentre gli altri distolsero il loro, puntandolo in diversi punti della stanza.
- Siete un gruppo fantastico, ognuno di voi è talentuoso, potete sfruttare i vostri talenti e vincere la competizione, se magari ognuno di voi, smettesse di fare il bambino capriccioso.-
Wes battè il martelletto su tavolo un paio di volte e i ragazzi tornarono a sedere.
Dave solo in quel momento si rese conto di essere ancora in aula canto e che molto probabilmente, il Glee voleva riprendere le proprie prove, si voltò velocemente verso i due capo Consiglio scusandosi per la sua intrusione, e scivolò lentamente verso la porta.
- Vi lascio lavorare.-
Detto questo uscì velocemente dall’aula, rischiando quasi di andare a sbattere proprio contro Mike.
Chiuse velocemente le porte di legno, celando la visuale del corridoio. L’uomo di fronte a lui sorrise, porse lui la mano sperando che l’afferrasse, ma Dave la fissò infilando in tasca la sua.
- Samantha e Jennifer hanno riunito il corpo insegnati, credo sia il caso che tu partecipi.-
Mike lo guardò per un secondo, poi lo guidò verso il corridoio, su per le scale della scuola. Dave non capiva perché fosse necessaria la sua presenza, di solito non era ammesso alle riunioni proprio perché non era un insegnante di ruolo. La curiosità era troppa e la domanda quasi sfuggì dalle sue labbra, ma decise di tacere e non dare opportunità all’altro di intraprendere qualsiasi tipo di conversazione. Da una semplice domanda si poteva arrivare a parlare di altro e Dave era più che deciso ad evitare un determinato argomento.
Durante il tragitto, Mike si voltò un paio di volte solo per cercare di incrociare lo sguardo del supplente, ma l’altro faceva di tutto per spostarlo altrove, trovando interessanti gli arredi della scuola e gli affreschi sulle pareti.
Continuarono a camminare fino a quando non giunsero di fronte l’ufficio del Preside, dove a quanto pare tutti erano riuniti.
- Senti Dave, so che le cose tra noi non stanno andando proprio alla grande e forse è colpa mia.-
L’altro inarcò il sopracciglio, l’uso del “forse” era ridicolo, la colpa ERA la sua. Deglutì quando ripensò alla notte di Capodanno, al corpo sudato di Sebastian sul suo e al suo modo così maledettamente eccitante di sussurrare il suo nome. Ok, la colpa non era decisamente solo sua.
- Mike… io non voglio che le cose tra noi vadano a rotoli, ma sto bene con te come amico. Non riesco a pensarti come… come il mio ragazzo.-
Per la prima volta aveva messo in scena una tattica da manuale usata spesso nei telefilm per scaricare il proprio interesse amoroso, divenuto non più così interessante. Il viso di Mike rimase impassibile, sembrava quasi che le parole di Dave non lo avessero toccato più di tanto, scrollò le spalle ed aprì la porta dell’ufficio.
- Come preferisci.-
Entrò prima di lui, dandogli velocemente le spalle e prendendo posto accanto a Simon, Samantha e Jennifer avevano riservato lui un posto dal lato opposto del tavolo dove erano seduti i due insegnanti. Si affrettò a raggiungerle sedendosi velocemente, il Preside lo salutò con un breve cenno del capo, mentre gli altri insegnanti non lo degnarono di uno sguardo. L’atmosfera era carica di elettricità, le due donne si guardarono prima di alzarsi in piedi ed esporre il motivo di quella riunione.
- Abbiamo avuto diversi problemi dall’inizio dell’anno, problemi quali: rissa nei corridoi, uso frequente di linguaggio inappropriato tra gli studenti, risse, l’ultima tra l’altro, avvenuta proprio durante l’ultima partita di Lacrosse.-
Il Preside emise un mugugno infastidito quando una delle due colleghe aveva menzionato l’ultima voce.
- Problemi che possiamo imputare ad un solo studente di questa scuola: Sebastian Smythe.-
Il mormorio che si diffuse nell’ufficio sovrastò per un attimo le voci delle donne.
- Per favore, colleghi.-
Samantha placò il vociare e Jennifer proseguì.
- Sapete benissimo che l’anno scorso è stato accusato per diffamazione.-
Dave alzò lo sguardo, non aveva mai sentito parlare di diffamazione, perlomeno la storia che Jennifer e Samantha gli avevano raccontato, era ben diversa.
Simon annuì, evitando con cura gli sguardi degli altri insegnanti, il Preside passò una mano sul volto, sospirando pesantemente. Dal suo viso annoiato, era chiaro che quella riunione era per lui solo una perdita di tempo.
- Ne abbiamo già parlato, l’anno scorso il signor Smythe ha fatto una generosa donazione alla scuola, donazione con la quale abbiamo restaurato la caffetteria e costruito la palestra.-
Un insegnante di cui Dave non ricordava il nome, si alzò in piedi indignato.
- Per quanto ancora il signor Smythe pagherà per suo figlio? Merita una punizione esemplare.-
Dave era rimasto senza parole, Mike lanciò lui un’occhiata, mentre le due donne evitarono di guardarlo per tutto il tempo della discussione. A quanto pare era vero che il padre di Sebastian pagava il silenzio del Preside, pagava perché il curriculum del figlio rimanesse intatto, motivo di invidia e di odio da parte di molti altri studenti.
- Signori per favore.-
Non aveva mai visto il Preside così stanco in vita sua, era stato messo con le spalle al muro, Jennifer e Samantha avevano organizzato per bene quella riunione, in qualche modo avevano convinto gli altri colleghi ad unirsi alla loro causa, magari facendo leva sulla loro avversione per quello studente all’apparenza viziato e menefreghista.
Un colpo così basso non se l’aspettava.
Non disse nulla durante la riunione, ma fu sollevato nel sentire che la sua richiesta di revocare la punizione di Thad e Nick, fu accolta.
- La causa scatenante del litigio, era sempre Smythe dopo tutto.-
Quella frase mormorata da Simon, fu udita da parecchi insegnati, che annuirono concordanti. Dave rimase allibito, Simon neanche sei era accorto di quello che stava succedendo se non quando Nick era saltato addosso a Thad, e lui che era il principale testimone dell’accaduto, non era stato minimamente interpellato.
Il Preside concluse la riunione promettendo di pensare a ciò che era stato detto e di prendere le giuste decisioni, Dave lo guardò sbalordito, guardando poi quelle persone che riteneva non solo colleghi, ma anche amici.
Quando la riunione terminò, fu subito preso da parte dalle due donne.
- Senti sappiamo che sei arrabbiato. Ti abbiamo mentito su alcune cose.-
Jennifer esordì, scatenando una piccola risata ironica da parte di Dave.
- Quindi voi non siete le povere vittime, Smythe ha pagato, anzi suo padre ha pagato.-
Samantha deglutì afferrando il polso del collega.
- Smythe sta diventando un problema, la scuola rischia di essere accusata di favoreggiamento.-
Dave inclinò la testa di lato.
- Se qualcuno non avesse fatto la spia…-
Le due donne scossero la testa.
- Non puoi capire.-
Il supplente incollò sul viso un sorriso forzato.
- Non credo di poter capire o di esserne almeno in diritto, sono solo un supplente dopotutto. Un supplente al quale si può mentire per il bene comune.-
Era chiaro che Samantha e Jennifer stavano facendo di tutto per mettere in cattiva luce, lo studente. Dave continuava a non capire, le due donne nascondevano qualcosa, stessa cosa poteva dire di Mike e Simon, che continuavano a fissarlo.
 

 
 
Dave camminò velocemente verso le scale che portavano al tetto della scuola. Una scoperta recente e piacevole alternativa all’aula canto: era rilassante, bastava posizionarsi in un punto in particolare per poter osservare tutto ciò che succedeva nel campus e non essere visti. Dal dormitorio ai campi da gioco, la visuale si allargava fino alla curva, prima della scuola.
Strinse le braccia al petto pentendosi di non aver portato con sé il cappotto, che aveva tra l’altro dimenticato, in sala professori. La situazione era più complicata di quel che credeva, i suoi colleghi nascondevano qualcosa, il Preside nascondeva qualcosa e lui aveva in mano solo pochi pezzi del puzzle, troppo pochi per poter capire qualcosa.
Rabbrividì di nuovo, pensando di tornare indietro per recuperare almeno il suo cappotto, quando magicamente, comparve sulle sue spalle.
Dave ne afferrò i lembi tirandoselo bene sulle spalle, quasi spaventato di girarsi, immaginava fosse Mike, che magari lo aveva seguito, sebbene quelle probabilità erano piuttosto scarse.
Quando si voltò, si ritrovò di fronte Sebastian, aveva attorno al collo la sua sciarpa rossa e sulla spalla, la sua borsa di pelle.
Deglutì distogliendo lo sguardo sfilando la borsa, nel frattempo borbottò un grazie, voltandosi di nuovo e appoggiandosi contro il parapetto. Sebastian sfilò la sciarpa dal suo collo e la sistemò meglio che poté, attorno al collo del supplente.
- Ti ho visto salire fin qui e ho pensato di prendere la tua giacca. Fa freddo.-
La domanda sorgeva spontanea: possibile che lui sapesse sempre dove stava? Lo seguiva per caso? Decise che in quel momento la risposta non era rivelante, perché aveva un altro grosso problema a cui far fronte. Strinse le braccia al petto tenendo saldo il cappotto tra le mani, Sebastian non accennò a muovere un passo.
- Senti freddo? Stai tremando.-
Fu un attimo, sussultò quando sentì le sue braccia avvolgerlo goffamente, mentre la sua schiena toccò il suo petto. Nessuno dei due si mosse, troppo impegnati a capire i pensieri dell’altro. L’irrigidimento iniziale di Dave sparì lentamente, mentre le braccia di Sebastian presero più sicurezza, sistemandosi meglio sul corpo di lui, avvolgendolo completamente.
Per quanto la sua mente pregasse perché Sebastian smettesse e andasse via, il suo cuore invece sperava tutto il contrario. In quel momento, magicamente, sentì di essere nel posto giusto con la persona giusta, sentì di nuovo il cuore battere forte come quella notte di Capodanno e sentì qualcos’altro, qualcosa di non facilmente trascurabile.
- Seb… per caso…?-
Cercò di scostarsi da lui con scarsi risultati.
- Shh… non rovinare questo momento perfetto.-
Deglutì più volte mentre sentiva qualcosa premere contro di lui.
- D’accordo ma magari… se potessi allentare la presa…-
La sua voce si ridusse ad un filino, sentì le braccia di Sebastian allentare la presa fino a tornare sui suoi fianchi, Dave si poté girare incontrando i suoi occhi, verdi come smeraldi.
- Ti… ringrazio per la borsa e il cappotto… e la sciarpa.-
Sciarpa che a quanto pare era diventata di sua proprietà grazie all’usufrutto.
Sebastian lasciò che le mani scivolassero via dal suo corpo per poi infilarle in tasca, aggrottò le sopracciglia guardando Dave, pensieroso.
- Ho sentito che vogliono buttarmi fuori da scuola. Finalmente hai scoperto il mio piccolo segreto.-
Lo oltrepassò andando poi a poggiarsi al parapetto di cemento che circondava l’intero perimetro del tetto, Dave si avvicinò a lui cauto, entrambi spostarono lo sguardo sul campo da Lacrosse, dove alcuni ragazzi si stavano allenando. Dave guardò prima il campo, poi Sebastian, chiedendosi come mai non fosse presente agli allenamenti.
- Mi hanno sospeso dalla squadra a tempo indeterminato.-
Il supplente aprì bocca, ma la richiuse subito dopo. Dire che gli dispiaceva non avrebbe fatto la differenza, sembrava quasi che cercassero in tutti i modi di mettergli i bastoni tra le ruote.
- Non è giusto.-
Lo studente scrollò le spalle.
- Tante cose non sono giuste, come avere un padre straricco che paga per cacciarti fuori dai guai, senza battere ciglio.-
Dave lo guardò accigliato, sembrava che la cosa gli desse fastidio. Quando vide la sua espressione, ne fu sicuro, non sembrava, a lui dava fastidio.
Chissà quanti ragazzi sognavano di avere un padre così, che li viziasse e li tirasse fuori dai guai senza mai sgridarli o metterli in punizione, perché era chiaro che per Sebastian la parola punizione, non esisteva nel suo vocabolario.
Rimase in silenzio portando lo sguardo verso il dormitorio, le porte ogni tanto si aprivano e si chiudevano, mentre alcuni studenti entravano e uscivano.
- Fa schifo avere un padre così. L’unica cosa che posso fare e fargli spillare più soldi possibili. Anche se questa scuola, non li merita, credo che sia la cosa migliore da fare.-
Dave lo guardò perplesso.
- In effetti non è molto logico. Dopo tutto stanno cercando di sbatterti fuori.-
L’altro annuì distrattamente.
- Non so se l’hai notato, ma la frequentano gli emarginati, i gay, i figli di papà, quelle persone che in un liceo sarebbero carne da macello. Qui sono al sicuro, studiano senza venire “bullizzati” e senza subire traumi psicologici che potrebbero altrimenti, segnarli per il resto della loro vita.-
Non si era mai accorto di quanto lui, fosse sensibile a quel tipo di discorsi. Non aveva mai pensato alla Dalton come un’ancora di salvezza per quel tipo di studenti. Se solo avesse scoperto quel posto prima della fine del suo liceo… Ricordò che Blaine gli parlò della Dalton come un paradiso terrestre per gli studenti gay, così come gliene aveva parlato Kurt, ma forse era troppo sordo per sentire davvero cosa stavano cercando di dirgli, oltre che essere troppo caro per le tasche della sua famiglia.
Le nuvole svelarono finalmente un pezzo di cielo che cominciava a tingersi di rosso e arancio, lanciò uno sguardo curioso a due ragazzi che riconobbe come Jeff e Nick, correre felici verso il dormitorio, urlando e buttandosi addosso, quel poco di neve che era rimasto lungo la strada.
- Vivere con un padre assente e una madre praticamente inesistente, non è piacevole.-
Il supplente si morse il labbro inferiore, certo sua madre si era dimostrata un’arpia, e dopo qualche anno era riuscito a trasformare il suo dolore in odio nei suoi confronti, ma almeno aveva suo padre, suo padre. Non disse nulla, rimase a guardare i ragazzi giocare al campo di Lacrosse sperando che Sebastian dicesse qualcos’altro o che cambiasse magari discorso.
- Mio fratello è l’unica speranza di mio padre, di me ormai si vergogna, e per mia madre… bè per lei potrei essere morto.-
Continuò a parlare, sembrava quasi parlasse a se stesso, ma lanciava ogni tanto occhiate a Dave, occhiate che lui ricambiava in imbarazzo.
- Lady Gaga dice che Dio non commette errori, con me penso abbia proprio fatto un enorme sbaglio.-
Si sentì impotente mentre lo studente sembrava perfettamente a suo agio. Nessuno forse sapeva così tante cose della sua famiglia, neanche Thad probabilmente, e forse era davvero il primo a cui le confidava. Prese un respiro profondo: una confidenza per una confidenza.
- Mia madre mi ha ripudiato quando ho fatto coming out… o meglio quando ho cercato di suicidarmi.-
L’atmosfera cambiò di colpo, Dave cominciò a sentire freddo, ma non per lo spiffero gelido che arrivava fin lì, ma per via di quello che stava per fare. Non parlava mai del suo tentato suicidio, aveva detto qualcosa a Matt, era vero, ma mai nulla nel dettaglio. Non guardò Sebastian, appoggiò le mani contro la balaustra stringendola con forza.
- Non è stato intenzionale, ero innamorato del mio attuale migliore amico, gli ho chiesto di… incontrarlo in un locale e…-
Abbassò lo sguardo sorridendo.
- Un mio compagno di scuola era lì, con la sua ragazza. Ci ha visti insieme… e il giorno dopo a scuola, si è scatenato l’inferno.-
Ricordò tutto: il viso di Nick vicino al suo, quello sguardo pieno di disprezzo, gli altri compagni di football che lo guardavano come se fosse un verme, la scritta rosa sugli armadietti della palestra, i messaggi su facebook, i messaggi sul cellulare, tutto quell’odio riversato su di lui, in un solo giorno.
Cominciò a tremare, a nulla servì tenersi alla balaustra, non riusciva più a controllare il suo corpo, non riusciva a trattenere le lacrime. Quei ricordi facevano ancora male, il dolore che aveva provato quei giorni era come una ferita che minacciava di riaprirsi, come un marchio a fuoco, bastava guardarlo per sentirlo bruciare ancora.
 - Non devi parlarne, se non vuoi.-
La voce di Sebastian era quasi un sussurro.
- Un segreto per un segreto.-
Dave sorrise amaramente, Sebastian si spostò dietro di lui stringendolo nuovamente tra le sue braccia, posando il mento sulla sua spalla.
- Non parlarne se ti fa male.-
Era tutto così giusto, le sue parole erano come un balsamo, il calore che emanava il suo corpo era rassicurante. Rimasero così, per quelle che sembravano ore, ma che in realtà erano pochi minuti. Era come se il tempo si fosse fermato, come se non fossero alla Dalton, ma da qualche altra parte, lontani dai problemi, lontani da Mike e Samantha e da Jennifer e da Simon. Sospirò lasciandosi andare contro il suo petto, posò le mani su quelle dell’altro, che continuavano ad avvolgere la sua vita.
- Non riesco più a… soffocare i miei sentimenti. Sebastian mi piaci e anche tanto, ma per quanto io possa sentirmi attratto da te, non posso. Non posso…-
Slacciò la presa dell’altro per muovere qualche passo di lato e fuggire da lui. Sebastian non lo seguì, infilò nuovamente le mani in tasca, in attesa che dicesse altro.
- Perderei il lavoro, la fiducia del Preside…-
Lo studente lo guardò e Dave non poté fare a meno di incrociare i suoi occhi.
- Dave… per quanto possiamo cercare di stare lontani, non ci riusciremmo. Mi farò espellere da scuola, non che io mi debba sforzare più di tanto, e non ci saranno più problemi.-
L’altro sbuffò quasi divertito.
- Sei minorenne.-
- A me non importa.-
- Finirò in galera.-
- Farò in modo di finire in galera con te.-
Si erano avvicinati, erano ad un palmo l’uno dall’altro.
- Io non voglio perderti Dave. Sei la… cosa più bella che mi potesse capitare in questa vita di merda. Ti prego…-
In quel momento non c’era ragione che potesse tenere, ogni motivo che gli impediva di avvicinarsi e baciarlo, era crollato come un castello di carte al semplice soffio e Sebastian non aspettava altro. Non aspettava che quel bacio, non aspettava che le sue braccia attorno collo, non aspettava che il sapore delle sue labbra.
Si separarono quando entrambi si resero conto di essere immersi nella quasi oscurità, i campi da gioco erano vuoti, il dormitorio aveva acceso le luci interne ed esterne.
Era ora di tornare a casa ed entrambi ne erano consapevoli, Dave doveva tornare a Lima, Sebastian invece era atteso all’appello serale in mensa. Si lasciarono con un ultimo bacio prima di varcare di nuovo quella soglia che li costringeva a tornare studente e professore, ma prima di sparire dalla sua vista, Sebastian gli lanciò uno sguardo penetrante.
- La Dalton nasconde segreti che tu neanche immagini. Ricordati chi è il nemico.-
Dave rimane fermo immobile, mentre Sebastian scomparve definitivamente dalla sua vista.
- Che la buona sorta sia sempre in nostro favore... Ma cosa cavolo sto dicendo?-
 

 
 
Tornare a Lima evitando di avere quel sorriso ebete sul viso, era un’impresa impossibile, infatti era quasi sicuro che presto sarebbe partita la raffica di domande da parte di suo padre e di Melina. Ormai la donna era diventata parte della famiglia, la sua presenza era silenziosa e discreta e a Dave non dispiaceva. Si era rivelata un’ottima confidente, nonché una donna dall’intuito eccezionale.
Varcò la soglia di casa cercando di mantenere un profilo basso, defilandosi su per le scale dopo aver salutato i due.
Avrebbe voluto saltare l’ora di cena, stendersi sul letto e cercare di riordinare i suoi pensieri.
Aveva dichiarato i suoi sentimenti a Sebastian, Sebastian stava per essere espulso da scuola, i suoi colleghi stanno nascondendo qualcosa e lui si trovava in mezzo ad una tempesta da cui non era certo di uscire vivo.
Quando suo padre lo chiamò, si alzò dal letto, sforzandosi di apparire meno pensieroso possibile, scese velocemente le scale raggiungendo velocemente gli altri due per cena. Li trovò seduti al tavolo, intenti a confabulare tra di loro. Inarcò un sopracciglio guardando l’uno e l’altro in cerca di spiegazioni.
Quando raggiunse i due, notò una bottiglia di vino rosso, oltre le stoviglie che di solito usavano in occasioni speciali, fare bella mostra sulla tavola apparecchiata. Forse era il compleanno di Melina e lui non se l’era ricordato, o peggio il compleanno di suo padre.
Paul sorrise invitando Dave a sedersi, poi lanciò uno sguardo interrogativo a Melina, che rispose con un cenno positivo del capo.
- Dave senti… so che ti sembrerà strano ma… ti devo confessare una cosa.-
Il ragazzone deglutì, ed i suoi pensieri andarono dal divorzio con sua madre al licenziamento da lavoro del padre. Pensò ogni singola cosa positiva e negativa, aspettando con ansia che suo padre si decidesse a parlare.
Di certo non si aspettava una notizia come quella che gli avrebbe dato di lì a qualche secondo.
- Io e Melina ci sposiamo.-
La donna fece un piccolo sorriso, mentre Dave aveva ancora gli occhi puntati sul padre, le cui guance avevano assunto un colorito più rosso del normale.
- Papà… cosa significa? Voi due…-
In quel momento fece due più due. Melina non era una semplice domestica che aiutava suo padre a fare le pulizie di casa, non era una semplice “amica di famiglia”. Deglutì, guardando prima lei, poi suo padre.
- Non mi hai… voi due...-
Era felice per suo padre e arrabbiato allo stesso tempo, che diritto aveva di nascondergli un fatto così importante? Si sentì deluso e tradito, pensava che suo padre gli avesse sempre detto tutto, e invece non era così. Cosa gli aveva nascosto ancora? Magari anche lui, come il padre di Sebastian, aveva pagato il Preside della Dalton affinchè lo assumesse come supplente?
Melina aveva intuito i pensieri di Dave, si alzò con una scusa e uscì fuori dalla cucina, velocemente, Paul rimase a guardare il figlio, il sorriso che spariva piano piano dal suo volto.
- Dave… non sembri felice.-
Il ragazzo incrociò le braccia al petto.
- Come potrei esserlo? Mi hai nascosto la tua relazione con Melina!-
Paul sospirò passando una mano sul volto, sicuramente immaginava che sarebbero arrivati ad una discussione del genere, perché non si scompose, anzi, si sedette drizzando la schiena, le mani posate sul tavolo.
- Parliamone.-
Dave odiava quella parola, quando suo padre si comportava in quel modo gli ricordava il suo psicologo, quel dannato psicologo dal quale era dovuto andare per un anno intero, fino a che non decise di trasferirsi a New York. Non sopportava quell’uomo, il suo continuo voler parlare di emozioni, il parlare dei propri problemi per trovare una soluzione praticabile.
“Mi parli della sua esperienza del suicidio, come si è sentito?”.
Come se fosse la domanda più intelligente del mondo, come se rievocare quei momenti e quei sentimenti, potesse davvero aiutarlo.
Poco ci mancava che suo padre ripetesse le stesse identiche parole di quel deficiente.
- Ti sei sentito… tradito? Sei deluso dal fatto che io ti abbia nascosto questa relazione?-
Non sapeva come spiegare quella sottospecie di tempesta che si stava scatenando dentro di lui a parole, perché le uniche parole che volevano uscire dalla sua bocca, erano solo insulti.
Ricordò con piacere cosa rispose al suo psicologo quando chiese lui di come si era sentito quando aveva deciso di suicidarsi. Si era alzato dalla poltroncina, l’aveva sollevata sulla testa, in una perfetta imitazione di Hulk, e l’aveva scaraventata contro l’uomo, che riuscì a scansarsi in tempo, prima che la poltrona si schiantasse contro una delle tante librerie.
- Non sapevo cosa avrei trovato tornando a casa, ero pronto a qualsiasi cosa. Immaginavo che ti saresti ricostruito una vita, ma dannazione! Speravo almeno me lo dicessi, speravo saresti stato sincero con me. Ero tornato per ricostruire un cazzo di rapporto con te!-
Paul mantenne la calma, sembrava stesse seguendo un manuale, che dicesse come comportarsi in queste situazioni. Sembrava quasi di ritrovarsi davanti al suo vecchio psicologo, mentre lui era il paziente psicopatico che stava dando di matto per una cavolata.
- Come potevo dirtelo, Dave? Quando sei partito per New York,  lasciandomi solo contro tua madre, cosa pensi sarebbe successo? Avevo bisogno di qualcuno che mi capisse, che mi aiutasse a venire fuori da questa situazione. Melina si era trasferita da poco nel quartiere. Vedova, con due figli adulti che non vedeva da anni ormai. Ci siamo sentiti in sintonia, entrambi abbandonati al nostro destino, senza sapere cosa fare.-
Le parole dell’uomo penetrarono nel ragazzone facendogli male, aprendo una vecchia ferita che a fatica era riuscito a far rimarginare. C’erano voluti un paio d’anni e tutta la buona volontà di Kurt e Blaine. Suo padre parlava come se solo lui avesse avuto problemi. Lui era stato insultato, preso per pazzo, additato come una sottospecie di scarto umano, denigrato dalla sua stessa madre.
- Tu… sei … un egoista del cazzo.-
Strinse i pugni, si era ripromesso di non perdere il controllo, di controllare le sue emozioni, ma in quel momento sembrava un’impresa impossibile. Non era pronto ad affrontare tutte quelle situazioni, i problemi alla Dalton, i segreti di suo padre. Cominciò a respirare a fatica, mentre Paul si alzò lentamente, le mani protese verso di lui per cercare di calmarlo. Avrebbe voluto urlargli in faccia tutto quanto. Avrebbe voluto raccontargli di come i primi tempi a New York, erano stati un dramma per lui, di come più volte, si era ritrovato solo in uno dei tanti bar di Manhattan, a bere fino a che ne aveva forza, di come Kurt e Blaine, puntualmente lo trovavano e lo riportavano a casa, rimanendogli vicino fino a che la crisi non passava. Di come aveva dovuto affrontare i suoi fantasmi del passato e di come si era ritrovato punto a capo, tornando a Lima.  
Era troppo.
- Sai cosa? Non mi interessa… sposati, fai quello che ti pare. Non mi hai detto della tua relazione con Melina, perché dirmi che vi sposate? Fatelo e basta, no?-
Si alzò di scatto facendo sobbalzare suo padre, strinse i pugni che cercò in tutti i modi di rilassare, si voltò verso la porta della cucina, assicurandosi che sbattesse alle sue spalle. Melina non era in salotto, forse era andata via.
Scelta saggia. Probabilmente avrebbe inveito anche contro di lei e non sarebbe stato piacevole. Ogni scalino che saliva, era una fitta al cuore, una coltellata. Non era pronto ad affrontare tutto quello, non c’erano nessun Kurt e nessun Blaine a salvarlo, era lui, solo con i suoi problemi.
Raggiunse a fatica l’ultimo gradino, la rabbia che gli offuscava la mente e fece l’unica cosa che gli sembrava sensata, una cosa che non faceva da quando era bambino e che dopo il suo tentato suicidio, non immaginava sarebbe riuscito a fare.
Aprì le porte della cabina armadio, e si chiuse al suo interno. 



Ok io ringrazio sempre le mie piccole 4 lettrici che lovvo tanto tanto, perchè continuano a recensire 
e spero che questo capitolo non vi deluda. 
Ringrazio i lettori e chi segue la storia e la apprezza anche se non commenta ( ma se lo fate... non mi dispiace xD )
Non mi dilungo troppo, ho il braccio che brucia e non mi da tregua T__T 
Vi amo 

S.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** St. Valentine’s Day Part I ***


St. Valentine’s Day Part I

 
“San Valentino, la festa di ogni cretino che crede di essere amato e poi rimane fregato.”
 
Dave fece un piccolo sorriso leggendo l’ultimo status di facebook di uno dei suoi studenti, in quei giorni non aveva proprio fatto caso al fatto che fosse febbraio e nemmeno che la festa di San Valentino fosse così vicina. 
La Dalton aveva accettato l’invito alla partecipazione del Festival cittadino che ogni anno, onorava la festa degli innamorati. Il Sindaco aveva ordinato di organizzare il festival al centro della cittadina, nella piazza principale: ci sarebbero stati stand di dolciumi e cibaria di ogni tipo, giostre e intrattenimenti serali. 
I Warblers erano stati richiesti per l’intrattenimento serale ed ognuno di loro, oltre ai pezzi di gruppo, voleva esibirsi con un pezzo da solista, cosa che li portò a litigare spesso durante le ultime riunioni, perché ognuno voleva cantare il pezzo che aveva scelto l’altro: un’opportunità per staccarsi dal gruppo, ed essere protagonista assoluto anche solo per una sera.
Sebastian aveva accolto quell’iniziativa con scarso entusiasmo, Wes, David e Thad avevano appeso una lista sulla porta dell’aula canto, dove ogni membro dei Warblers che desiderava esibirsi, doveva scrivere il proprio nome e il titolo della canzone che avrebbe cantato.
Nonostante Sebastian fosse stato sospeso dalle attività pomeridiane, il Glee era l’unica attività che non gli era stata proibita, il Preside era consapevole che senza di lui, i Warblers non sarebbero stati in grado di vincere le Regionali.
Dave rimase stupito di leggere sulla lista, che la maggior parte di loro si sarebbe esibito, alcuni di loro anche in duetto, come fecero Blaine e Kurt durante le Regionali. 
Ovunque si respirava aria di festa, non era raro vedere alla Dalton, coppiette di ragazzi andare in giro per i corridoi mano per la mano, mentre gli altri era incollati al telefono a parlare con la propria fidanzata, o fidanzato, esterno.
Sebastian non sopportava quella festa e quando Dave la nominò per caso, non poté fare a meno di far finta di vomitare.
- Ma dai come sei tragico! È carino secondo me celebrare una festa del genere. San Valentino è il Santo protettore degli innamorati! Potrebbe essere di buon auspicio festeggiarlo.-
Inutile insistere, Sebastian non era intenzionato a festeggiare e sebbene anche per lui non fosse di certo suo giorno preferito, ci teneva per una volta a festeggiarlo, a comportarsi in modo sdolcinato e assurdo almeno per 24 ore. Con Matt era impossibile, lui odiava San Valentino e per certi versi, Dave lo appoggiava. Il suo ultimo San Valentino era stato orribile: si era vestito da gorilla mandando Gorillagrammi a Kurt, dolce e patetico allo stesso tempo. 
Accarezzò piano la rotellina del mouse, scorrendo la timeline di facebook continunando a sbirciare gli ultimi aggiornamenti degli altri contatti. Aveva aggiunto solo i membri del Glee, evitando di aggiungere i suoi colleghi di lavoro e a parte i suoi vecchi amici di scuola, non aveva nessun altro. La sua lista contava 50 contatti totali. 
Sospirò abbassando lo schermo del portatile fino a chiuderlo, decise che era ora di scendere in cucina e aiutare suo padre per la cena. Il rapporto con lui non poteva essere più freddo di come lo era adesso, non per colpa dell’uomo, ma per colpa sua. Dalla notizia dell’imminente matrimonio, aveva smesso di parlare con lui, se non per lo stretto necessario. Il rapporto con Melina si era raffreddato ed entrambi cominciarono a sentire il peso di quella scelta. 
Kurt e Blaine cercarono in più modi di far ragionare Dave, suo padre non voleva sconvolgerlo con una notizia del genere, era giusto tutto sommato, che aspettasse di parlargliene, ma il supplente non volle sentire ragioni. 
Quando scese le scale, trovò suo padre e Melina intenti a parlare fitto tra di loro, mentre erano seduti in poltrona. La donna sedeva con le mani in grembo, la schiena rigida e l’aria di essere molto arrabbiata. 
- Io te l’avevo detto, dovevamo dirglielo subito.-
Paul sospirò posando una mano sulla sua spalla.
- Non potevo dirglielo, mi avrebbe odiato. Ho divorziato da poco con sua madre, come avrebbe preso una notizia del genere tornando a casa? Si era anche lasciato con il suo ragazzo…-
Melina si voltò verso di lui, furibonda. 
- Sarebbe stato felice per te, forse non all’inizio, ma con il tempo lo avrebbe accettato. Paul, non trovo giusto che Dave mi debba odiare per questo motivo. Non lo sopporto.-
L’uomo rimase in silenzio per alcuni secondi, nessuno dei due aveva avvertito la sua presenza lungo le scale. 
- Avrei dovuto ascoltarti e forse sì… lo avrebbe accettato. Non so cosa fare davvero, ho sbagliato tutto con lui fin dall’inizio, è stata colpa mia se è scappato a New York, non ho avuto il coraggio di proteggerlo da sua madre quando ne aveva bisogno e ora che è tornato… non ne combino una giusta.-
Fu il turno della donna di posare la mano sulla spalla dell’altro. 
- Si sistemerà tutto vedrai. Ti do soltanto un consiglio: smettila di chiederti come devi comportarti con lui e cerca di conoscerlo meglio.-
Le parole della donna fecero sorridere Dave, che ne approfittò per fare un po’ di rumore e annunciare la sua presenza. I due si voltarono di scatto, entrambi chiedendosi da quanto fosse lì e quanto avesse sentito del loro discorso, l’altro li salutò con indifferenza, camminando velocemente verso la cucina. Non diede loro tempo di domandargli nulla, entrò in cucina e chiuse la porta poggiandosi contro di essa. Nonostante le parole di Melina, non riusciva a smettere di portare rancore nei confronti di suo padre. 
Appoggiò le braccia contro il bancone della cucina, si stava comportando in modo immaturo e lo sapeva, poteva dimenticare, passare oltre ed essere felice per suo padre, invece no, si ostinava a mettere il broncio. Quando i due entrarono, rivolse loro un sorriso forzato, si sedette a tavola e sperò che l’ora di cena passasse il più in fretta possibile.
 
 
 
Dave era più che sicuro di voler festeggiare San Valentino, voleva che quel giorno non fosse più dominato dai fantasmi del passato, voleva smettere di ricordare il 14 e il 15 febbraio come i giorni più brutti della sua vita. Nonostante mancasse ancora una settimana al fatidico giorno, già si respirava romanticismo ovunque, la febbre d’amore si era sparsa a macchia d’olio colpendo studenti e professori, nonché Warblers. Non era raro vedere alcuni membri del Glee, andare in giro per i corridoi cantando qualsiasi canzone sdolcinata venisse loro in mente, aveva anche beccato Wes e David cantare un duetto lungo il corridoio, attorniati da una piccola folla di studenti che li ascoltava incantati. 
Era incredibile come i Warblers riuscissero ad essere così popolari alla Dalton, il Glee al McKinley era considerato il club degli sfigati, era come vivere in un mondo parallelo. 
Jeff e Nick improvvisarono una dance session lungo il corridoio, incitati da un altro gruppo di studenti, Dave sorrise guardandoli, dopo la rissa al campo di Lacrosse, i due sembravano ancora più uniti.
- Allora… ho pensato alla tua proposta.-
Era talmente sovrappensiero che sobbalzò sentendo la voce di Sebastian vicina al suo orecchio. 
Il ragazzo lo fiancheggiò, in mano aveva il libro aperto di Storia dell’Arte, sembrava un comune studente che chiedeva delucidazioni riguardo un argomento in particolare. 
- Se proprio vuoi festeggiare San Valentino, ti accontenterò.-
Dave guardò lo studente inarcando un sopracciglio, da quando in qua Sebastian cedeva così facilmente? Mise le mani in tasca appoggiandosi contro il muro mentre l’altro spostò il libro sotto il suo naso indicando un punto a caso sulla pagina, che Dave fece finta di guardare, interessato. 
- Tu sai che il giorno di San Valentino, anzi la settimana che comprendeva il giorno di San Valentino, si svolgevano dei festeggiamenti chiamati Lupercali?-
Il supplente si passò una mano sul viso, non sapeva dove volesse andare a parare, ma di certo dalla mente malvagia e perversa di Sebastian Smythe, non poteva uscire nulla di buono. 
Fece cenno lui di proseguire mentre girava la pagina e indicava un altro punto a vuoto del libro, l’altro sorrise appoggiandosi contro il muro, mentre il professore faceva finta di leggere. 
- Sarebbe carino andare in giro completamente nudi, cosparsi di olio…-
Il supplente lo interruppe con un gesto della mano, diventando rosso come un pomodoro. 
- Per prima cosa, avevano il pube coperto con pellicce di animali sacrificati e seconda cosa, non mi pare di essere nell’antica Roma e terza cosa… sbaglio o in quei giorni facevano cosacce per una settimana?-
Le ultime parole le disse in un sussurro udibile solo a lui, Sebastian si avvicinò sempre di più al supplente con aria complice.
- Si chiamo orge prof… Usi i termini tecnici.-
Dave arrossì ancora di più, tossicchiò mentre girava pagina con mani tremanti alzando la voce e leggendo un passo del libro, mentre un paio di studenti li guardavano incuriositi. 
Spesso e volentieri rimproverava i propri studenti per il mancato uso dei cosiddetti “termini tecnici”, era stufo di sentir parlare di “pilastri decorati di ghirigori” o “statue sataniche”. 
- Possiamo cambiare discorso? Ti ricordo poi che il giorno di San Valentino i Warblers sono impegnati con il Festival.-
Lo studente agitò la mano, come se fosse cosa di poco conto. 
- Abbiamo solo qualche pezzo di gruppo, per il resto canteremo da solisti ed insieme a noi si esibiranno anche le ragazze del Glee della Crawford. Poi penso sia scortese lasciare un professore girovagare per la festa, tutto solo.-
Dave lasciò il libro tra le mani di Sebastian che lo chiuse con uno scatto, si allontanò da lui stando bene attento che l’altro avesse una buona visuale del suo posteriore, cosa che lo fece ridacchiare. Il suo sguardo si spostò poi da Sebastian a Jennifer, che in quel momento passò accanto allo studente. I due si scambiarono uno sguardo gelido, sguardo che la donna addolcì quando vide il supplente.
Dave non aveva proprio notato il piccolo cuore di carta che l’altro aveva infilato nella sua mano, lo rigirò tra le dita e sorrise nuovamente, sorriso che scomparve quando vide Jennifer dirigersi a grandi passi verso di lui. 
- Hey! Ho saputo della tua rottura con Mike… mi dispiace. Proprio sotto San Valentino!-
Si era quasi dimenticato di Mike, con tutte quelle novità, gli era passato per la testa. Lo aveva incrociato un paio di volte per i corridoi, ma aldilà di un semplice saluto, non erano mai andati oltre. 
- Oh… già. Non amo molto San Valentino quindi… me ne farò una ragione.-
La donna annuì perplessa e quando la seconda campanella suonò, si affrettò a salutarlo per raggiungere l’aula dove doveva tenere lezione, Dave la lasciò andare con un sorriso, felice che quella conversazione fosse terminata in quel modo e quando fu sicuro che la donna fosse entrata in classe, aprì nuovamente la sua mano: il piccolo cuore era stropicciato, lo distese sul palmo con cura, cercando di far sparire le pieghe, e lo infilò nella tasca della giacca.
Da quando c’era stata quella riunione con gli insegnati, aveva cominciato ad evitare sia Jennifer che Samantha, sebbene le due donne cercassero in tutti i modi di chiarire quella spiacevole situazione. 
Le accuse contro Sebastian erano pesanti e lui non era ancora riuscito a fare chiarezza in quella matassa, Mike non gli era di aiuto e l’unico a cui potesse chiedere informazioni era Simon, ma non aveva mai avuto nessun tipo di rapporto con lui, era solo il miglior amico di Mike e dopo la loro rottura, dubitava che l’uomo fosse propenso a parlare con lui. Decise di risolvere un problema per volta e la sua priorità ora, era andare in classe e cercare di andare avanti con il programma di Storia dell’Arte.
 
 
 
- Karofsky sei un’idiota. E lo ripeto. I – D – I – O – T – A !-
Adorava la sincerità di Kurt. Sia lui che Blaine erano tornati da New York per passare il San Valentino a Lima, si erano incontrati nel solito pub per la solita cena a base di hamburger e patatine. Dave li ragguagliò velocemente sugli ultimi avvenimenti, su come aveva troncato la sua relazione con Mike e della riunione organizzata da Jennifer e da Samantha. Blaine ascoltò con attenzione mentre Kurt passò il tempo a borbottare cose incomprensibili. 
- Grazie Kurt, mi mancavano i tuoi complimenti.-
Bevve un po’ della sua birra e guardò l’amico in tralice, Kurt picchiettò le dita sul tavolo in legno e guardò l’altro scuotendo il capo. 
- Si vede che non ti ho insegnato nulla. Cosa ti ho detto fin dall’inizio? Cerca negli archivi. Sai quante cose ho trovato su Blaine quando ero alla Dalton?-
L’altro quasi si strozzò mentre beveva la sua coca cola, visto che Kurt e Dave avevano voglia di bere, Blaine si era offerto di rimanere sobrio e di fare l’autista di turno. 
- Tu cosa? Kurt Hummel finirai mai di stupirmi?-
Dave sorrise dando un morso al suo panino. 
- Parlando d’altro, Finn è da Rachel?-
I due annuirono. 
- Rachel ha tanto insistito, ma se fossi stata in lei, avrei preso il primo aereo per Los Angeles.-
Cominciarono perciò a parlare di San Valentino e quando Dave parlò loro della festa a Westerville, entrambi decisero che sarebbe stato carino andare soprattutto per vedere le esibizioni dei Warblers. Il supplente cercò di dissuaderli, non sapeva quali fossero i programmi di Sebastian, ma con loro due in giro sarebbe stato difficile dileguarsi insieme allo studente. 
- Non ti lasciamo solo il giorno di San Valentino, non dopo che hai appena rotto con Mike.-
Blaine annuì dando man forte al suo ragazzo. 
- Davvero ragazzi non dovete. Non ero così preso da Mike e come ben sapete, non vado pazzo per questa festività. Per me sarà un giorno come un altro.-
I due non vollero sentire ragioni e Dave sapeva benissimo quanto fosse difficile far cambiare idea a Kurt. Accettò controvoglia la loro proposta, rinunciando al San Valentino con Sebastian. 
Alzò lo sguardo quando la porta del locale si aprì, soffermandosi a guardare un ragazzo dal volto famigliare, i suoi capelli scuri attirarono la sua attenzione, erano corti e pettinati all’indietro, incrociò il suo sguardo, tuffandosi in quegli occhi scuri che non rivedeva dal giorno di Capodanno. Ora era tutto chiaro, era spiegato il motivo per cui Blaine e Kurt erano tornati a Lima e al motivo per il quale avevano deciso che avrebbero passato con lui il giorno di San Valentino. 
Sorrise ai due ragazzi che lo guardavano perplessi. 
- Mi chiedevo… è strano che vogliate passare il San Valentino qui, mentre so che New York danno feste strepitose.-
Kurt agitò la mano ridendo. 
- Siamo stufi di quelle feste, volevamo goderci la pace e la tranquillità di Lima.-
Dave alzò un sopracciglio, quelle parole dette da Kurt erano proprio strane. Proprio lui che si lamentava sempre che Lima fosse un mortorio. Blaine sorseggiò la sua coca cola evitando di rispondere. Proprio in quel momento Matt intravide il gruppo seduto al tavolo, Dave incrociò le braccia al petto e non disse nulla fino a che il ragazzo non li raggiunse. 
- Ciao ragazzi! Che bello vedervi.-
Blaine quasi non sputò la sua coca cola, Kurt invece sbiancò, la sua espressione mutò velocemente quando si voltò di scatto, sorrise radioso a Matt, come se non si aspettasse di vederlo lì. 
- Matt! Come mai da queste parti?-
Blaine era meno bravo a fingere, mormorò un saluto e tornò a fissare le sue patatine fritte, Dave osservò la scena divertito per poi intercettare lo sguardo di Matt. 
- Pensavo di venire a trovare un… vecchio amico.-
Nonostante fosse stato sorpreso di vederlo, in quel preciso istante si sentiva anche seccato da quella visita. Qualche settimana fa avrebbe dato di tutto perché accadesse ciò che stava accadendo in quel momento, ma le cose erano cambiate. 
Lanciò uno sguardo ai suoi amici, Kurt sospirò, diede una gomitata a Blaine roteando gli occhi al cielo.  
- Noi andiamo ad incipriarci il naso.-
Il moro lo guardò, la bocca piena di patatine. 
- Andiamo a fare… cosa?-
Dave trattenne una risata, mentre i due andavano via e Matt occupava la sedia lasciata libera da Kurt, rimasero a fissarsi per qualche secondo, fino a che Matt non decise di rompere quel silenzio. 
- Non ti ho più visto poi alla festa di Capodanno.-
Posò le mani sul tavolo allungandole verso Dave. L’altro ritrasse le sue con un sorriso, se solo pensava a cosa era successo quella notte, gli veniva da sorridere: Sebastian che l’aveva praticamente rapito, i loro corpi intrecciati, l’odore della sua pelle. 
- Sono andato via, mi stavo annoiando.-
Matt annuì aggrottando le sopracciglia, a quanto pare le parole di Dave non coincidevano con quello che aveva visto lui la notte di Capodanno, ricordava piuttosto l’intromissione di un altro ragazzo che poi lo aveva trascinato via. Piombarono di nuovo in uno strano silenzio, entrambi si guardarono, quasi a volersi studiare l’un l’altro. Il ragazzone continuava a non capire il motivo della visita di Matt e stava lottando contro se stesso per sopprimere la crescente curiosità. 
- Cosa fai a San Valentino?-
La domanda riscosse Dave dai suoi pensieri. 
- Perché lo vuoi sapere?-
- In tutti gli anni passati insieme, non lo abbiamo mai festeggiato. Non sopporto questa festa lo ammetto, ma visto che siamo entrambi single, passare il San Valentino insieme… non dovrebbe essere strano, no?-
Quella conversazione stava prendendo una strana piega ed era chiaro che gli stava chiedendo di uscire.
- Ah, quindi sei single! Non lo sapevo. Pensavo stessi con… qualcuno.-
Matt scosse la testa. 
- L’unica persona con cui voglio avere una relazione, è scappata il giorno di Capodanno prima che potessi baciarla.-
Prima che potesse rispondere, tornarono Kurt e Blaine, costringendo Matt a lasciare nuovamente il posto al castano. Si alzò di controvoglia tenendo lo sguardo fisso sul supplente, che lo guardò scrollando le spalle. 
- Io, Kurt e Blaine andiamo a Westerville. I miei studenti si esibiranno durante la festa che si terrà in città.-
Matt batté le mani. 
- Splendido! Vengo a farti compagnia, così Kurt e Blaine potranno godersi la festa.-
Sia Kurt che Blaine guardarono Dave impallidendo, dal canto suo il supplente non si sbilanciò, accettò quella proposta con un’altra scrollata di spalle, aggiungendo poi un “ci vediamo là”. Matt annuì e sorrise, salutò Kurt e Blaine e uscì velocemente dal pub. 
Scambiò uno sguardo con i suoi amici, entrambi abbassarono il loro borbottando delle scuse e Dave non poté non sentirsi intenerito dal loro gesto. Erano tornati da New York solo per lui, per tenerlo alla larga da Matt. Non poteva sentirsi arrabbiato nei loro confronti. 
- Bè… vorrà dire che finalmente festeggerò il mio primo San Valentino.-
 
 
 
Blaine non ricordava che la festa di Westerville, avesse così tanta affluenza di persone. Trovarono parcheggio piuttosto distante dal centro del paese, ma nessuno dei tre si lamentò più di tanto della piccola passeggiata che dovettero affrontare per raggiungere il parco cittadino. La festa occupava tutto il centro di Lima, ma gli stand e il palco dove si sarebbero esibiti i due Glee, erano stati montati nel parco e in parte nella piazza principale. Quando il gruppo raggiunse il parco, furono assaliti dal gruppo di Warblers che sostavano vicino l’ingresso in attesa. 
Dave salutò i ragazzi, ridendo quando si resero conto di chi fossero i due ragazzi che accompagnavano il supplente. 
- Non vedo l’ora di sentirvi cantare!-
Le parole di Blaine furono accompagnate da un sorriso e un cenno di assenso da parte di Kurt, mandando in crisi isterica alcuni elementi del Glee. Jeff e Nick cominciarono a sudare freddo, non volevano fare brutta figura di fronte Kurt e Blaine, altri invece cercavano di sdrammatizzare con qualche battutina. 
I ragazzi si zittirono quando videro un gruppo di ragazze avvicinarsi a loro. 
Tutte loro indossavano giubbini e cappotti dalle quali si intravedevano pezzi di divisa scolastica: una gonna a pieghe sopra il ginocchio, maglia blu con lo scollo a V e una camicia di colore più chiaro. 
Il gruppo di ragazze passò accanto a loro lanciando sguardi maliziosi al gruppo di ragazzi, i Warblers indietreggiarono, la maggior parte di loro rimase incantata a guardare le ragazze, fino a che non sparirono in mezzo la folla. 
- Le ragazze della Crawford Country Day.-
Blaine rispose alla domanda tacita di Dave, che annuì, Kurt lanciò uno sguardo al gruppo di Warblers che ancora si riprendeva da quell’incontro. 
- Pensi che saranno in grado di cantare?-
Blaine e Dave ridacchiarono. 
- Sono proprio questi i momenti in cui ringrazio di essere gay!-
Nessuno di loro si era accorto dell’arrivo di Sebastian, seguito dai tre del Consiglio, il ragazzo lanciò uno sguardo a Dave Kurt e Blaine, salutandoli con un cenno del capo. Batté le mani un paio di volte, facendo sussultare il gruppo di Warblers, poi incrociò le braccia al petto. 
- Cercate di contenervi, le ragazze della Crawford saranno le nostre avversarie per le Regionali e di certo non vinceremo se rimanete a fissarle e sbavare.- 
Sebastian rimase a guardare i tre del Consiglio che cercavano di ricomporre il gruppo, poi si rivolse ai tre giovani di fronte a lui. 
- Professore, signor Anderson, signor Hummel, spero che le nostre esibizioni siano di vostro gradimento. Cominceremo tra poco.-
Dave nascose un piccolo sorriso quando per caso, la mano di Sebastian sfiorò la sua. Kurt e Blaine proposero di avvicinarsi al palco e Dave li seguì in silenzio. 
Quando arrivarono, notarono il gruppo di ragazze viste prime, salire sul palco, mentre una di loro prendeva il microfono in mano per presentare il Glee. 
Blaine rimase sorpreso da quella novità, Kurt ricordava ancora quando incontrò le studentesse della scuola gemella, durante una loro esibizione prova per le Regionali. Ricordava tra l’altro che un paio di loro ci avevano provato spudoratamente con il suo ragazzo. 
Dave guardò le ragazze salire sul palco, avevano addosso solo la divisa, sorrisero ammiccando verso la folla. La base musicale partì e Kurt trattenne il fiato. 
- Credo che … per i Warblers sarà molto dura.-
 
 
When marimba rhythms start to play
Dance with me, make me sway
Like a lazy ocean hugs the shore
Hold me close, sway me more
 
Like a flower bending in the breeze
Bend with me, sway with ease
When we dance you have a way with me
Stay with me, sway with me
 
Le ragazze erano divise più o meno a coppie e quando la musica partì, una di loro avanzò dal gruppo cominciando a cantare, seguita subito da altre due, nel frattempo le altre si esibivano in passi di salsa, piuttosto sexy. 
La prima era bionda, i capelli lunghi e lisci ricadevano sulla schiena come una cascata dorata. 
I suoi occhi verdi si spostarono per tutta la folla, un piccolo sorriso comparve sulle sue labbra quando una ragazza mora avanzò accanto a lei. 
 
Other dancers may be on the floor
Dear, but my eyes will see only you
Only you have that magic technique
When we sway I go weak
 
I can hear the sounds of violins
Long before it begins
Make me thrill as only you know how
Sway me smooth, sway me now
 
La ragazza mora aveva i capelli mossi, la pelle chiara, sembrava quasi una versione moderna di biancaneve, gli occhi scuri come carbone. La terza invece aveva fluenti capelli rossi, gli occhi azzurri e carnose labbra rosee. La coreografia era perfetta nonché provocante, cosa che preoccupò non poco Dave. Se loro erano le avversarie alle regionali, sarebbero state difficili da battere.
Si defilò nella folla cercando di raggiungere il retro del palco, mentre Kurt e Blaine avevano gli occhi fissi sul Glee femminile, come il resto della folla d’altronde.
 
Sway me, take me
Thrill me, hold me
Bend me, ease me
You have a way with me
 
Sway
 
Lo stato dei Warblers poteva essere paragonato ad una statua di ghiaccio che si scioglie al sole, la maggior parte di loro sbirciava da dietro le quinte l’esibizione delle ragazze, chi sospirando, chi letteralmente sbavando. Sebastian era appoggiato contro una cassa di legno, guardava i suoi compagni sbuffando di tanto in tanto. Wes David e Thad invece, erano riuniti in un angolo, intenti a discutere chi dovesse esibirsi prima. 
Dave si avvicinò allo studente con un sorriso, l’altro si appoggiò meglio alla cassa, allungando una mano e sfiorando quella di lui. 
- Sarebbe più semplice se tutti i Warblers fossero gay.-
Il supplente si sedette su una cassa più piccola, mentre l’altro rimase in piedi. 
- Sono brave, molto brave.-
Sebastian scrollò le spalle sospirando. 
- Lo immaginavo. Devo trovare un modo efficace per tenerli concentrati.-
- Auguri, allora.-
Lo studente fissò il professore sorridendo. 
- Grazie per l’incoraggiamento.-
- Sono solo realista.-
Scese il silenzio tra di loro, rotto solo dal borbottio dei tre del Consiglio. Finita l’esibizione delle ragazze, si alzò un’ovazione dalla folla, che a quanto pare aveva gradito la loro esibizione. Si unirono anche i Warblers, che tra l’altro rimasero fermi sulle scale solo per vedere le ragazze sfilare davanti a loro. 
Sebastian fece per dire qualcosa, ma prima che potesse parlare si fermò, puntando il suo sguardo verso le scale che portavano sul palco, quando i Warblers e le ragazze della Crawford ruppero le file, intravide un ragazzo dal volto famigliare. Dave deglutì lanciando poi uno sguardo allarmato a Sebastian.
- Oh… cavolo!-
Lo studente continuò a fissarlo. 
- Cosa ci fa lui qui?-
Dave si alzò velocemente rivolgendo un cenno di saluto a Matt che fece per raggiungerli. 
- Storia lunga, ora devo andare.-
Prima che potesse muovere un passo, lo studente lo prese per il polso.
- Cosa ci fa lui qui?-
Ripeté la domanda con più veemenza. Dave era sicuro che se si fosse avvicinato, avrebbe riconosciuto in Sebastian il ragazzo che lo aveva rapito il giorno di Capodanno. Non poteva permetterlo. 
Si liberò dalla stretta di lui, allontanandosi velocemente mimando un “ci vediamo dopo” con la mano. 
Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che aveva gli occhi puntati su di lui. Matt lo raggiunse zigzagando tra gli studenti, sorridendo quando Dave lo raggiunse. 
- Kurt e Blaine non sapevano dove fossi, così sono venuto a cercarti.-
Il supplente si sforzò di sorridere, infilò le mani in tasca e lo invitò con un gesto a tornare dagli altri due. 
- Con chi stavi parlando?-
- Un mio studente.-
Matt si voltò a guardarlo e Dave insieme a lui, ma per sua fortuna, Sebastian sembrava sparito. Tornò da Kurt e Blaine che si erano spostati avanzando verso il palco, entrambi fecero un cenno di saluto a Matt per poi tornare a guardare il palco. Il presentatore stava per introdurre i Warblers, e mentre aspettavano, ascoltò con finto interesse ciò che Blaine aveva da dire sul Glee club della Crawford Country Day. Matt passò un braccio sui fianchi di Dave, gesto che fece irrigidire il ragazzone. 
Gli studenti della Dalton Accademy salirono sul palco, stupendi nella loro divisa scolastica, alcuni saltellarono sul posto per scaldarsi prima di prendere posto in formazione come loro solito. 
Il presentatore spiegò la particolarità del loro coro, ossia che cantavano a cappella, aggiungendo che per quella sera, diversi membri si sarebbero poi esibiti in assoli accompagnati però, da basi musicali. 
Quando il coro cominciò a cantare, Dave puntò il suo sguardo su Sebastian chiudendo il resto del mondo, fuori. 
 
This town is colder now, I think it’s sick of us
It’s time to make our move, I’m shakin off the rust
I’ve got my heart set on anywhere but here
I’m staring down myself, counting up the years
Steady hands, just take the wheel…
And every glance is killing me
Time to make one last appeal… for the life I lead
 
Sebastian avanzò separandosi dal gruppo che dietro di lui si muoveva secondo la coreografia, Dave notò le ragazze del Glee della Crawford in piedi sotto il palco e come lui, tutte avevano lo sguardo fisso sul solista. 
Sebastian si fermò, cercò il suo sguardo, Dave deglutì ed il suo cuore fece una capriola quando lo studente indicò nella sua direzione, proprio quando cominciò a cantare il ritornello.  
 
Stop and stare
I think I’m moving but I go nowhere
Yeah I know that everyone gets scared
But I’ve become what I can’t be, oh
Stop and stare
You start to wonder why you’re ‘here’ not there
And you’d give anything to get what’s fair
But fair ain’t what you really need
Oh, can u see what I see
 
Matt si muoveva a ritmo di musica, mentre teneva ancora il suo braccio ancorato ai suoi fianchi, Blaine e Kurt sembravano rapiti dalla voce di Sebastian, Blaine azzardò un commento che Dave non comprese, Kurt lanciò uno sguardo a Dave, che l’altro ricambiò con un timido sorriso. Si mosse a disagio staccandosi da Matt e lasciando che il suo braccio scivolasse via dal suo corpo, si fermò poi accanto a Kurt, aveva un piccolo sorriso sul volto. 
- Quel ragazzo… ha una voce stupenda.-
Dave sorrise dandogli un piccolo colpetto spalla contro spalla. 
- Hai ragione… ha una voce stupenda.-




Mi sa che ho fatto un casino con la formattazione xD Beenee

Comunque ragazzi davvero vi ringrazio, chi continua a leggere, chi mi segue su Twitter e Facebook... Siete adorabili! 
Grazie ad Ale e Bianca, mie grandi sostenitrici. Come farei senza di voi >.<
"Dalla mente perversa di Sebastian Smythe"
non vi ricorda nulla? Bene correte a leggere The Last Song di Youmoveme u.u
Grazie ad I love Klaine e a Lussy per i loro commenti. 
Perdonate i ringraziamenti corti ma vado di fretta, pubblico il capitolo per Ale, spero ti tiri su il morale dolcezza ;)

Alla prossima! 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** St. Valentine's day Part II ***


St Valentine's Day Part II 



Dov’è che aveva sentito quelle storie inquietanti su San Valentino? Chi è che aveva impalato il cuore del martire nel bel mezzo di una piazza?
Perché in quel momento si sentiva quasi come il martire, aveva il suo cuore infilzato su un palo da qualche parte di quella piazza, mentre il suo ex ragazzo cingeva i suoi fianchi con un braccio. Sentiva ancora lo sguardo di Sebastian su di lui, quando a fine esibizione, Matt lo trascinò via.
Avevano lasciato da poco il parco cittadino per recarsi nella piazza adiacente, accompagnati sempre da Kurt e Blaine che non avevano intenzione di lasciarli soli.
Dopo la loro esibizione i Warblers con un inchino, ringraziarono gli spettatori per i loro applausi, spettatori e Crawford Girls, erano impazziti per la loro esibizione. Dave avrebbe voluto tornare dietro le quinte, complimentarsi con loro e euando Matt lo tirò via, cercò di protestare, ma l’altro lo zittì posando il dito indice sulle sue labbra, gesto che infastidì non poco il supplente. Quella giornata a quanto pare, non era destinata ad essere come l’aveva pianificata.
La piazza della città era stata addobbata con festoni luminosi a forma di cuore, con una serie di insegne a forma di cupido e con una grande quantità di petali rosa sparsi ovunque. Gli stand erano rigorosamente rossi, con festoni a tema, i prodotti erano tutti la forma di cuori e piccoli putti, tutti rigorosamente colorati di rosson o ornati con nastri del medesimo colore.
A Dave cominciavano a fare male gli occhi, tutto quel rosso rischiava di danneggiare seriamente la sua vista.
- Pensavo di andare a cena da qualche parte, avevo prenotato un tavolo ad un localino qui in città.-
La voce di Matt lo distolse dai suoi pensieri, il pensiero di cenare con lui non gli piaceva affatto. Doveva trovare una scusa e alla svelta.
- Mi… mi dispiace ma… avevo promesso che mi sarei esibito.-
Kurt e Blaine lo guardarono sgranando gli occhi, anche il suo ex ragazzo aveva un’espressione simile, pensando alle parole di una persona che non solo odiava i karaoke, ma si era sempre rifiutato di cantare ogni volta che giocavano al “Canta tu” a casa di Kurt e Blaine.
Il supplente si morse il labbro inferiore, non riusciva a capire perché gli era venuta in mente quella scusa, forse a causa dei rimproveri di Sebastian di qualche giorno prima.
Si trovava nei pressi dell’aula canto quando sentì il solista sbraitare contro Trent, perché doveva smetterla di mangiare prima di ogni esibizione: il suo alito appestava la maggior parte del gruppo, non perché soffrisse di alitosi, ma perché i suoi panini con quintali di cipolla, erano un’arma letale.
- Non posso mangiare purtroppo.-
Scrollò le spalle sperando che Matt se la bevesse come scusa. Kurt arrivò in suo soccorso, incollando un’espressione comprensiva sul volto e posò una mano sulla spalla dell’amico.
- Hai completamente ragione, la digestione potrebbe danneggiare seriamente le corde vocali durante un’esibizione. Per non parlare di flatulenze di ogni tipo!-
Quella visione fece rabbrividire Matt che alzò le mani in segno di resa, Blaine soffocò una risata mentre Dave lanciò uno sguardo seccato al soprano.
- Ok … magari ci andiamo dopo!-
Dave avrebbe voluto rispondere che con ci sarebbe andato né dopo, né mai, ma lasciò perdere e rispose con un sorriso, felice di quella piccola conquista. Il problema ora, era dirlo a Sebastian e ai Warblers.
- Sono proprio curioso di sentirti cantare.-
Suo padre gli aveva sempre detto, che  hanno le gambe corte e che prima di mentire bisogna sempre pensare alle conseguenze, cosa che ovviamente non aveva fatto. Kurt e Blaine seguirono con interesse il loro scambio di battute, Kurt con molta nonchalance, prese sottobraccio l’amico, squittendo entusiasta mentre indicava uno stand con delle piume rosa di zucchero.
- Fa tanto Harry Potter! LE VOGLIO!-
Blaine azzardò una risata dando poi una pacca all’altro.
- Non è adorabile? Cosa ne dici se andiamo a prendere qualcosa da bere? Ho appena visto il padiglione delle bevande. Ci raggiungeranno là.-
Dopo essersi assicurati che i due capissero dove sarebbero andati, si allontanarono velocemente. Kurt lanciò una rapida occhiata assicurandosi che fossero abbastanza lontani, prima di tornare serio.
Dave prese un grosso respiro, odiava quando Kurt faceva la parte della checca pazza, non lo sopportava.
- Ok. Tu devi essere matto. Cosa ti è venuto in mente! Cantare di fronte a tutte quelle persone, tu che odi i karaoke tra noi e che non canteresti davanti a me neanche sotto tortura.-
Puntò il dito contro il ragazzo, allungando poi una banconota, per pagare due piume rosa di zucchero. Se tornavano a mani vuote, i due ragazzi si sarebbero insospettiti.
Dave mise le mani in tasca sbuffando.
- Tu che cosa gli avresti detto? Io a cena con lui non ci vado.-
Kurt lo prese di nuovo sottobraccio portandolo lontano dalla massa di gente che faceva la fila alla stessa bancarella, lo condusse verso la grande fontana al centro della piazza, dove alcuni ragazzi sedevano insieme ai loro partner. Dave prese a mangiucchiare la sua piuma, mentre Kurt indicava lui un posto dove sedere.
Da quando erano tornati, aveva notato qualcosa di strano in Dave, soprattutto quando aveva rivisto Matt a Capodanno. Era rimasto sorpreso, ma non aveva fatto una piega. Per non parlare del misterioso ragazzo che l’aveva prima baciato, poi rapito. C’erano troppe cose che non tornavano.
- David Karofksy, vuoi dirmi tu cosa succede prima che venga a scoprirlo da solo? E se dovessi scoprirlo sai bene che saranno piume senza zucchero.-
Il supplente incrociò le braccia al petto, deciso a fare finta di niente.
- Non ho nulla da nascondere.-
Kurt inarcò un sopracciglio.
- Ah sì? Bene. Allora cavatela da solo per la tua esibizione.-
Detto questo si alzò e raggiunse velocemente Blaine e Matt al padiglione delle bibite. Dave lo guardò andare via, rigirò la sua piuma di zucchero tra le mani, sperando di trovare una qualche via d’uscita dal casino in cui si era cacciato.
 

 
I minuti seguenti furono quasi una tortura, aveva mandato un messaggio a Sebastian, messaggio che ovviamente non ebbe risposta. Chissà perché aveva quasi intuito che il ragazzo fosse arrabbiato a causa di Matt. Si infiltrò dietro le quinte trovando subito Harwood che accordava una chitarra elettrica, Dave fece lui un piccolo sorriso che l’altro non ricambiò, passò poi oltre cercando Wes o David, ma nessuno dei due pareva essere nei paraggi. In quel momento sul palco, le Crawford Girls si stavano esibendo, dopo di loro sarebbe stato il turno dei Warblers. Non aveva molto tempo. Incrociò Jeff e Nick, entrambi imbracciavano due strumenti musicali, avevano indossato le cravatte sulla testa a mò di fascia, la camicia fuori dai pantaloni e la giacca della divisa aperta, entrambi avevano i capelli scompigliati e l’aria da rockettari.  
- Bon Jovi rules!-
I due oltrepassarono il professore mentre si accingevano a salire sul palco, incrociò poi Richard James e lo fermò trattenendolo per la manica della giacca. Il Warbler si voltò irato, espressione che si trasformò in sorpresa quando incrociò lo sguardo del professore.
- Prof, tutto ok?-
- Dove posso trovare Wes e David?-
Il castano fece un piccolo sorriso e indicò lui un padiglione dalle tende chiuse, poteva vedere una luce accesa al suo interno e l’ombra di alcune figure che si muovevano. Si recò velocemente dove indicato e scostò rapidamente le tende, non si aspettava di trovare metà Warblers a petto nudo. Una vista piuttosto imbarazzante.
Cameron si coprì il petto con la camicia, mancava si mettesse ad urlare come se fosse una ragazzina, Ethan e James stavano mettendo in mostra i loro muscoli, mentre Trent stava stava abbottonando la sua camicia.
- Scu… scusate.-
David avanzò sorridendo, seguito da Wes, che si affrettò ad indossare la sua camicia.
- Ci scusi prof, abbiamo fatto un numero in costume, e ora ci stavamo rivestendo.-
Il supplente lanciò uno sguardo a terra, dove erano posati grandi scatoloni con dentro giubbotti di pelle e borchie di ogni tipo: forse qualcosa di rock, punk o chissà che altro tipo di musica.
Decise che non era il momento di soddisfare la sua curiosità.
- Ho un grosso problema.-
L’asiatico si ravvivò i capelli con le mani, lanciando al supplente uno sguardo perplesso.
- Io… dov’è Smythe?-
I due ragazzi scrollarono le spalle chiedendo dove fosse il ragazzo, ma nessuno di loro a quanto pare lo aveva visto.
- Ha proprio bisogno di lui? Possiamo aiutarla noi?-
Wes lo guardò inarcando un sopracciglio, Dave lo prese per le spalle annuendo, non doveva andare nel panico ma in quel momento era quasi impossibile.
- Mi devo esibire.-
I due Warblers inclinarono la testa senza capire.
- Nel senso che... vuole davvero cantare?-
A quanto pare era il primo professore della loro scuola che avanzava una richiesta del genere, solo in quel momento notò che tutti gli sguardi degli altri erano puntati su di lui e quando annuì, confermando le parole del capo Consiglio, tutti si accalcarono intorno a lui.
- Vi prego è molto importante io… devo cantare.-
Nessun altro fece domande, Wes schioccò le dita e subito uno dei Warblers portò lui una lista con segnati nomi e canzoni da cantare, parlottò con David per un po’, poi entrambi fissarono il professore.
- Canzone da cantare?-
Dave non ci aveva pensato, era talmente preso dal panico, che non aveva neanche pensato a qualche canzone cantare. Non poteva di certo proporre “Nella Vecchia fattoria” anche se non gli sarebbe dispiaciuto farne una versione rock. Si immaginava mentre indossava un giubbotto di pelle e borchie attorno al collo e ai polsi.
- Non saprei…-
David alzò le mani.
- Si calmi prof, troveremo una canzone. Adesso si rilassi e faccia fare tutto a noi.-
Il supplente passò in rassegna i visi di quel gruppo di ragazzi, non si era mai sentito così teso in vita sua, manco il suo primo giorno di lavoro era stato così teso, eppure guardandoli, sentiva uno strano senso di calma impossessarsi di lui. Lo avrebbero aiutato, a prescindere dal motivo, e questo bastò a rassicurarlo.
Tutti i Warblers si rivestirono, fecero alcune modifiche al programma in modo da non sconvolgere quello delle Crawford Girls ,mentre Nicholas, Andrew e Luke, aiutarono il professore a lavorare sul pezzo da cantare.
Dave conosceva bene la canzone, ma cantarla era tutta un’altra storia. Avevano forse una mezz’ora scarsa per metterla a punto, una missione impossibile per lui.
Guardò sconfortato i ragazzi, non era sicuro di riuscire a cantare quella canzone, la tonalità non era nelle sue corde, ma i ragazzi lo avevano rassicurato.
Ad accoglierlo sul palco c’era solo un ragazzo al pianoforte, che cominciò a suonare non appena lo vide.
 
I can't win, I can't reign
I will never win this game
Without you, without you

I am lost, I am vain,
I will never be the same
Without you, without you 

 
La sua voce era forse tremante e incerta, chiuse gli occhi. Non voleva vedere lo sguardo di incoraggiamento di Kurt e nemmeno quello di Matt. Sapeva che di lì a poco avrebbe stonato e di tanto.
Quando fece per attaccare a cantare il secondo pezzo, un’altra voce sovrastò la sua. Aprì gli occhi e notò Sebastian, fermo in cima le scale del palco, che guardava lui.
 
I won't run, I won't fly
I will never make it by
Without you, without you

I can't rest, I can't fight
All I need is you and I,
Without you, without.... You!

You you you
Without
You you you
Without you..


La voce di Sebastian era come la voce di un angelo la sua voce era perfetta per cantare quella canzone. Deglutì quando lo vide avanzare verso di lui, non osò spostare il suo sguardo verso il pubblico, temeva di quello che avrebbe potuto trovare, aveva paura di cosa avrebbe letto negli sguardi dei suoi amici e del suo ex ragazzo.  Sebastian si avvicinò a lui i suoi occhi non si spostarono da quelli del supplente, strinse il microfono con una mano, mentre quella libera cercò la mano libera di lui.
 
Can't erase, so I'll take blame
But I can't accept that we're
Estrange
Without you, without you 

 
Dave riprese a cantare, mentre la mano di Sebastian afferrò la sua e lo costrinse ad alzarsi. Sentì la sua mano irradiarsi del calore della mano dell’altro, non poté fare a meno di sorridere mentre veniva trascinato verso il centro del palco.
 
I can't quit now, this can't be right
I can't take one more sleepless night
Without you, without you

 
Sebastian strinse di poco la sua mano, mentre entrambi presero a cantare la seconda strofa. Dave lasciò che la sua  voce scivolasse un’ottava sotto, intrecciandola a quella dello studente.
 
I won't soar, I won't climb
If you're not here I'm paralyzed without you, without you

I can't look, I'm so blind
Lost my heart, I lost my mind without you without... You!

 
La mano di Sebastian scivolò da quella di lui. Dave lo guardò allontanarsi mentre volgeva il suo viso al pubblico e cantava voltato verso di loro. Si lasciò rapire dalla sua voce melodica, per poi avvicinarsi verso di lui, quando tese la mano verso di lui per invitarlo a raggiungerlo.

You you you
Without
You you you
Without you..

 
Dave unì un’ultima volta la sua voce a quella di lui, i loro occhi si incontrarono ed entrambi esclusero il mondo esterno da quel momento solo loro, da quel San Valentino disastroso che aveva finalmente trovato un lieto fine, racchiuso in quella canzone, in quelle due ultime parole che entrambi cantarono facendole proprie. 
 
I am lost, I am vain,
I will never be the same
Without you, without you, WITHOUT YOU.

 
 

 
Il suono degli applausi risuonava ancora nella sua testa, quando rientrò nel padiglione, accompagnato da Sebastian. I ragazzi applaudirono al loro ingresso, mentre un Jeff evidentemente commosso, lo abbracciò in modo goffo. Tutti loro avevano assistito al loro numero da sotto il palco e tutti loro trovarono perfetto quel duetto improvvisato, soprattutto trovarono fantastico il loro modo di interpretarlo.
Quelle parole fecero sorridere il supplente e lo fecero preoccupare allo stesso tempo, Sebastian si prese la sua dose di complimenti con un sorriso, ma non poté non notare lo sguardo di feroce rabbia sul volto di Harwood.
Quando il capo Consiglio raggiunse Sebastian, furono quelle che Kurt poteva definire “piume senza zucchero”. I Warblers lasciarono velocemente il padiglione, seguito da un Dave piuttosto perplesso, che capì poi la gravità della situazione, quando sentì le urla provenire da dentro.
Wes e David sospirarono andando via, Jeff e Nick invece restarono con il supplente, che guardava il padiglione sconcertato.
- Oh cavolo… Ditemi che non siamo sembrati ambigui.-
I due Warblers lo guardarono inclinando la testa di lato contemporaneamente, per un certo verso sembravano davvero buffi.
- Un pochino…-
Dave era nei casini e non solo perché sembrava avesse cantato una canzone d’amore ad uno suo studente, ma perché tra il pubblico c’erano anche Kurt, Blaine, Matt e chissà quanti genitori, che sicuramente si stavano facendo domande lecite sul supplente di Storia dell’Arte. Sempre se l’avevano riconosciuto.
Nick e Jeff intuirono forse le sue preoccupazioni, perché gli rivolsero un grosso sorriso.
- Migliore interpretazione mai vista. Non pensavo Sebastian fosse un così bravo attore.-
Il professore volle aggrapparsi a quella piccola speranza, sperava che anche Blaine e Kurt e soprattutto Matt, si bevessero quella storia. Non fece in tempo ad auto commiserarsi, che fu praticamente trascinato via da qualcuno e Dave conosceva una sola persona dai capelli castani curatissimi, in grado di sfoggiare una forza tale, nonostante l’aspetto fisico gracile.
- Kurt mi fai male.-
L’altro ringhiò qualcosa di incomprensibile.
- Ti farò ancora più male se ora non sputi il rospo.-
Si inoltrò nel parco, lasciandolo andare solo quando fu abbastanza sicuro di trovarsi lontano dal palco e da orecchie indiscrete. Dave si trovò da solo a fronteggiare il suo migliore amico, in preda alla rabbia e sapeva che in quei casi era meglio non contraddirlo. L’ultima volta che si era arrabbiato, aveva urlato per una buona mezz’ora e Kurt era l’unico in grado di riprodurre il suono stridulo e spacca timpani di una Banshee.
Spostò il peso da un piede all’altro cercando di evitare gli occhi di ghiaccio dell’altro, ma con scarsi risultati.
- Cosa vuoi che ti dica?-
L’altro incrociò le braccia al petto.
- Qualcosa come: “Sai Kurt, mi sono innamorato di un mio studente, motivo per il quale mi sono ritrovato a duettare con lui stasera”.-
Dave si irrigidì.
- Prima cosa: non era previsto un duetto con lui, anzi la canzone ho avuto tempo di impararla con meno di mezz’ora.-
Kurt aspettò alcuni secondi, il tempo necessario per lasciarlo controbattere anche al resto della frase, cosa che l’altro non fece.
- Quindi… tu e Sebastian state insieme da … quanto?-
Sapeva che prima o poi sarebbe successo, anzi sperava non sarebbe successo affatto, ma non poteva sperare di nascondere a lungo le cose a Kurt, perché lui lo conosceva meglio di chiunque altro, ma sapeva anche che non sarebbe stato d’accordo, che si sarebbe opposto con tutto se stesso ad una relazione del genere.
- Da Capodanno … credo.-
Distolse lo sguardo mentre Kurt si preparava ad esplodere.
- Due mesi?! Due mesi e tu non mi hai mai detto niente!-
Dave abbassò il capo sospirando, rialzandolo poi quando la mano di Kurt si posò sulla sua guancia.
- Perché non me l’hai detto Dave? Pensavo di essere il tuo migliore amico.-
L’espressione di Kurt era mutata di colpo, i suoi occhi azzurri esprimevano dispiacere più che rabbia, la sua mano scivolò piano dalla guancia dell’altro, per poi tornare appesa al suo fianco.
- Perché avresti dato di matto, perché… perchè mi avresti ricordato quali saranno le conseguenze e visto che mi sono sputtanato davanti mezza Westerville, non posso fare altro che accettare le conseguenze.-
Il castano sorrise debolmente.
- Non ti avrei detto nulla del genere.-
Quando Dave inarcò il sopracciglio, dovette sbuffare.
- Ok ok, forse l’avrei fatto. Ma da quando sei con lui sei felice, felice come non ti ho mai visto fin’ora. Neanche con Matt lo eri, non in questo modo.-
Era vero, Sebastian nel giro di un paio di mesi gli aveva cambiato la vita, non aveva mai pensato a come si sentisse da quando c’era lui, ma la parola “felicità” poteva rientrare tra quelle adatte. Guardò verso il palco, dove in quel momento si alzarono due voci femminili, sicuramente due Crawford Girls, e sorrise.
- Sì, credo di essere felice.-
Kurt lo strinse in un abbraccio buttando le braccia attorno al suo collo.
- Allora sai cosa? Sono felice anche io per te.-
Dave rimase stretto in quell’abbraccio per alcuni secondi, aveva sbagliato a dubitare di Kurt. Quando sciolse l’abbraccio si sentì più leggero.
- Sei stato fenomenale sul palco, davvero. Mi è venuta la pelle d’oca.-
- Per quanto canto male? Sì capisco…-
Il professore ridacchiò quando Kurt gli lanciò un pugno sul braccio, lo strinse con un braccio sorridendo.
- Grazie Kurt, senza di te non so cosa farei.-
L’altro scrollò le spalle.
- Lo so, lo so.-
In quel momento il cellulare di Dave prese a squillare, pensava fosse Matt, invece con suo grande stupore era Sebastian. Kurt lo incoraggiò a rispondere, cosa che l’altro fece senza perdere altro tempo.
A quanto pare un allarmato Jeff aveva cercato Sebastian riferendogli cosa aveva visto poco prima, non aveva riconosciuto Kurt e non vedendolo tornare, pensava fosse successo qualcosa.
- Vai con lui. Penso io a Matt.-
Dave lo guardò preoccupato.
- Sicuro?-
L’altro ammiccò.
- Non ti preoccupare per me, so sempre come cavarmela.-
Detto questo si incamminò velocemente verso il palco e verso Blaine e Matt, che sicuramente lo stavano cercando. Cercò di guidare Sebastian verso il punto dove si trovava in quel momento, via telefono era piuttosto difficile e la poca illuminazione non aiutava di certo. Nonostante tutto, riuscì comunque a vedere la figura di uno spilungone, avanzare a fatica verso di lui. Un paio di volte lo vide illuminare la strada con il cellulare, ed un paio di volte lo sentì imprecare, sicuramente aveva rischiato di cadere.
Quando fu abbastanza vicino, rallentò il passo tenendo i suoi occhi sulla figura di lui, tese la mano che Dave afferrò poi senza indugio, lasciandosi tirare dolcemente verso di lui.
- Mi dispiace che questo San Valentino, non sia andato come volevi.-
Dave scosse la testa contro il suo petto.
- Il duetto ha compensato tutto il resto.-
Non volle pensare alle conseguenze, al fatto che oltre Kurt, anche qualcun altro potesse essere arrivato alla sua stessa conclusione, ovvero che tra loro c’era qualcosa più di un semplice rapporto insegnante – studente.   
Sebastian parve leggere nel pensiero dell’altro perché lo strinse, sorridendo.
- Inventeremo una scusa plausibile, i Warblers si stanno impegnando a trovare una soluzione.-
La cosa non lo tranquillizzava, non dopo aver assistito più o meno alla scenata di Thad.
- Dici che hanno capito qualcosa?-
- Non lo so, ma comunque sia ti vogliono tutti bene e si farebbero in quattro per proteggerti.-
Dave sorrise, sorriso che si spense pensando a Thad. Non sapeva cosa gli aveva detto di preciso, ma lo poteva immaginare, non ci voleva certo un genio per capire che lo studente era ancora geloso del suo ex ragazzo, che non aveva mai accettato la fine della loro storia. Sebastian dal canto suo, non aveva voglia di parlarne, strinse di più il supplente lasciandogli un piccolo bacio tra i capelli.
- Pensavo… potremmo ancora andare in giro avvolti solo da pellicce di animali. Nel padiglione ho qualcosa che fa al caso nostro…-
Il supplente lo interruppe sciogliendo l’abbraccio.
- Non ci pensare neanche. Basta emozioni forti per oggi.-
Sebastian strinse delicatamente la sua mano sorridendo, presero a camminare per il parco, tenendosi alla larga dalla folla che circondava il parco e dalle stradine principali dove sicuramente, qualcuno stava passeggiando.
In quel momento dovette affrontare l’argomento Matt, conversazione che sperava di rimandare il più a lungo possibile. Si era reso conto che Sebastian di Matt sapeva poco e niente, se non che era il suo ex fidanzato e che si erano lasciati quando Dave decise di tornare a Lima da suo padre.
Sebastian ascoltò in silenzio, la prima volta senza fare nessuna battuta, un grosso passo avanti.
- Capisco. Ti conviene dire all’emo depresso, che stai con me e stai attento che dopo una notizia del genere potrebbe decidere di suicidarsi.-
Erano in macchina e Sebastian aveva appena parcheggiato di fronte casa di Dave, il supplente sentendo quelle parole, sentì il sangue gelare nelle vene. Voltò lentamente la testa verso lo studente, scoccandogli un’occhiata gelida. Il modo in cui Sebastian pronunciò quelle parole, lo aveva in qualche modo infastidito.
- Non scherzarci nemmeno.-
Sebastian inclinò la testa di lato.
- Ti scaldi così tanto per una battuta?.-
Dave aprì velocemente la porta, slacciò la cintura di sicurezza e senza dire altro, percorse a grandi falcate il vialetto di casa, con l’intenzione di aprire la porta, entrare e non voltarsi indietro.
Ci stava mettendo tutto se stesso per dimenticare quel dannato giorno, per fuggire da quei fantasmi del passato che ogni tanto di notte, tornavano a trovarlo. Era riuscito a tenerli a bada a non volgere i loro pensieri in quella zona tabù. Sebastian non poteva capire, non aveva intenzione di dargli una spiegazione e soprattutto non aveva intenzione di rivivere con lui quel momento.
- Fermati!-
Lo studente lo prese per la manica della giacca prima che potesse infilare le chiavi nella toppa, i suoi occhi verdi indugiarono in quelli di Dave.
- Non pensavo che … fosse un argomento delicato per te.-
L’altro tentennò per un istante, non voleva raccontargli del perché non poteva sentir parlare di suicidio senza mettersi a piangere come un bambino di 5 anni, della sua fuga da casa perché non sopportava più l’idea di dormire in quella stanza, e soprattutto con una madre in casa che gli ricordava ogni giorno che lui era un malato mentale che andava curato. Deglutì per poi liberare il braccio dalla stretta dell’altro incollandosi sul viso un sorriso forzato.
- Va tutto bene.-
Quante volte lo aveva detto e quante poche volte era vero? Sebastian, come Kurt, non era il tipo da farsi ingannare. Inarcò un sopracciglio mentre lentamente nacque una smorfia sul suo volto.
- Magari puoi prendere in giro la bambola di porcellana e il tuo amico hobbit dai capelli imbalsamati, ma non prendi in giro me.-
Dave si indignò.
- Sono i miei migliori amici e vi hanno aiutato parecchio con il Glee.-
Sebastian agitò la mano come se la cosa non avesse importanza.
- Non ricordo i loro nomi, e poi sappi che affibbio soprannomi a tutti.-
L’altro fece per parlare, ma decise che non era il caso, infilò le chiavi nella toppa e girò un paio di volte prima di riuscire ad aprire la porta, prima che potesse entrare però, si sentì tirare e in un secondo si ritrovò inchiodato contro uno dei pilastri del portico.
- Non voglio rovinare questo San Valentino, non più di quanto lo sia già.-
Quando posò le sue labbra su quelle del supplente, ogni cosa sembrò tornare al suo posto, si lasciò abbandonare a quel bacio, le braccia finirono per avvolgere i suo fianchi mentre lo studente teneva le sue premute contro le sue braccia. I suoi pensieri e le sue preoccupazioni svanirono in un istante, mentre Sebastian approfondiva il bacio, accarezzando i contorni delle sue labbra con la lingua.
Dave sospirò lasciando che le loro lingue si incontrassero e danzassero, mentre le loro labbra continuavano a sfiorarsi e accarezzarsi. Non seppe come ma si ritrovò di colpo dentro casa, Sebastian chiuse la porta accompagnandola con il piede, nessuno dei due seppe dove stessero andando, abbandonandosi poi sul primo ostacolo che trovarono lungo quello strano percorso a due.
Crollarono entrambi sul divano, Sebastian che arrancò fino a raggiungere di nuovo le sue labbra, impossessandosene prepotentemente. Il cervello di Dave si riattivò quando sentì un rumore provenire da sopra le scale, una luce si accese lungo il corridoio accompagnato da passi strascicati.
Fece ruzzolare Sebastian per terra, intimandogli di tacere, mentre l’altro rispondeva con un brontolio di dolore per l’impatto con il pavimento. Dave si sistemò meglio i vestiti preparandosi ad un eventuale incontro con suo padre.
- Dave sei tu?-
La voce di Paul proveniva dal corridoio del piano di sopra.
- Sì papà, sono tornato!-
L’altro biascicò qualcosa di incomprensibile, prima di borbottare un sonoro “buona notte”, spense le luci lasciando la casa piombare di nuovo nella semioscurità. Dave tirò un sospiro di sollievo, sobbalzando quando sentì nuovamente Sebastian cingere la sua vita e baciargli il collo, quasi intenzionato a riprendere da dove avevano lasciato. Dave cercò di tenerlo lontano, spostando in modo anche brusco, le sue mani dal suo corpo.
- Devi andare…-
Sebastian mugugnò un qualche lamento.
- Se mio padre ti becca è la volta buona che è finita.-
Lo studente sospirò sonoramente, posò le mani sui fianchi di Dave, posando poi la fronte contro la sua. Rimasero entrambi in quella posizione per alcuni secondi, Dave aveva bisogno di quel contatto, aveva bisogno di sentirlo vicino, di stare tra le sue braccia. Aveva bisogno di lui.
- Ci vediamo domani?-
Dave tenne la porta aperta aspettando che l’altro la varcasse.
- La proposta di festeggiare i Lupercali è ancora valida.-
Il supplente sospirò scuotendo la testa.
- Buona notte Seb.-  





Ok ok mi sento una cretina perchè non ancora rispondo alle 4 recensioni ricevute :) 
Grazie ragazze davvero, voi migliorate la mia giornata. 
Come detto prima, forse questo è l'ultimo capitolo prima di settembre, d'estate non c'è molta affluenza su internet e magari le poche persone che leggono la mia FF non la seguiranno molto durante le vacanze. Boh! 
Questo capitolo non mi soddisfa più di tanto, anche se la canzone scelta ancora mi fa venire i brividi :) mi piace troppo. 
La trovate qui :D il ragazzo che la canta è bravissimo. Io l'ho immaginata a due voci per farci un duetto, spero di aver reso bene l'idea. 

Without You Max Schneider Cover

E niente spero vi piaccia :) 

Ringrazio ancora Ale, I love Klaine, Misato e Youmoveme per le recensioni. Boh senza di voi davvero non sarei nulla! 


Next Chapter: Regionals!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Regionals ***


Regionals


- Dove… cazzo…. È ….  Sterling!-
La voce di Sebastian tuonò nell’aula canto, Dave battè la mano sul viso esasperato, era stato invitato alle prove generali prima della fatidica competizione delle Regionali. Erano le sei passate, di solito provavano fino alle cinque, ma per quel giorno erano previste prove extra. Sebastian era stato integrato nuovamente nel Glee sotto richiesta del supplente, il Preside aveva deciso che le Regionali erano più importanti di qualsiasi altra questione scolastica. I Warblers avevano nominato Dave direttore del Glee, non tanto perché avevano bisogno di qualcuno che li coordinasse quanto qualcuno che riuscisse a tenerli a bada.
Con le Regionali vicine, anche i capi Consiglio riuscivano a malapena a mantenere un clima adeguato, la tensione  la si poteva tagliare con il coltello.
Dave in quei giorni aveva altri pensieri per la testa: il matrimonio di suo padre, Jennifer e Samantha che insieme a Mike, sembrava stessero facendo di tutto per distruggere il Glee o perlomeno sabotare Sebastian.
Simon era l’unico che guardava il tutto con indifferenza, sembrava quasi non importargli più di tanto.
 Dopo quella famigerata riunione, aveva declinato tutti gli inviti di Samantha e Jennifer, che si trattasse di vedersi per pranzo, o la sera per andare al cinema o a cena insieme. Le due donne pensavano fosse dovuto alla presenza di Mike e alla loro recente rottura perciò, con grande sollievo del supplente, smisero di insistere.
- Duvall, si può sapere dov’è il tuo ragazzo?-
Sebastian sputò quelle parole in faccia al Warbler, a quanto pare mancava solo Jeff, nessuno dei ragazzi lo aveva visto quel pomeriggio e l’unico che poteva a quanto pare sapere qualcosa, era Nick. Il moro incrociò le braccia al petto stizzito.
- Che vuoi che ne sappia Smythe? Io e Jeff non stiamo insieme.-
L’altro sbuffò agitando la mano.
- Siete culo e camicia, andate pure in bagno insieme!-
Il supplente si alzò prendendo Sebastian da parte, il gruppo di studenti sbuffò accasciandosi su divani e poltrone, erano ormai due ore che provavano e non ne potevano più.
I due uscirono fuori dall’aula lasciando la porta accostata, Sebastian sembrava sempre più irritato, si liberò dalla presa dell’altro con uno sbuffo.
- Piantala di trattarmi come un bambino. Il fatto che ci frequentiamo non ti dà il diritto di trattarmi in questo modo.-
Sibilò quelle parole a pochi centimetri dal suo viso, Dave lo guardò inarcando un sopracciglio.
- Come tuo professore ho il diritto di riprenderti se ti ci comporti da bambino. E in questo caso non sono il tuo ragazzo ma il tuo insegnante.-
Era strano per lui considerarsi il “ragazzo” di Sebastian Smythe. Lo studente prese a camminare avanti e dietro sbuffando, allargò le braccia facendole ricadere ai suoi fianchi.
- Le Regionali sono vicine, siamo lontani dal fare un’esibizione decente e se anche i Warblers si prendono il lusso di venire all’orario che preferiscono, è finita.-
In quel momento un trafelato Jeff, comparve lungo il corridoio: la giacca aperta, la camicia in disordine e la cravatta allentata. Si fermò a pochi passi da loro, ansimante.
- Scusate il ritardo.-
Il supplente posò una mano sulla spalla di Sebastian, il cui viso assunse diverse gradazioni di verde, rosso e bordeaux. Jeff intuì che il suo ritardo non sarebbe stato perdonato dal solista e per evitare di beccarsi una ramanzina che non sarebbe finita più, entrò in aula canto salutando i due con un cenno.
Dave sorrise all’altro facendo scivolare la sua mano sul fianco, Sebastian parve tranquillizzarsi al solo tocco, abbozzò un sorriso infilando le mani in tasca.
- Almeno è arrivato.-
- Ecco pensa positivo!-
L’altro annuì.
- Sono talmente positivo che penso prolungherò le prove di altre due ore.-
Il ragazzone sbiancò, i Warblers non erano in grado di reggere altre due ore di prove, non dopo una giornata impegnativa tra interrogazioni e compiti in classe.
Per loro sfortuna, le Regionali coincidevano con il periodo di interrogazioni e verifiche, tutti loro erano costretti a studiare fino a notte fonda e sostenere un ulteriore prolungamento delle prove, poteva davvero essere letale.
- Seb calmati, ok? Non puoi portarli al limite. Non è un periodo facile per tutti, perciò per favore, fai un’ultima mezz’ora di prova e lasciali andare. Chiaro?-
Il tono di Dave era di quelli che non ammettevano repliche, Sebastian fu tentato di controbattere, ma fu interrotto da un’occhiataccia dell’altro.
Si spostò da lui entrando in aula canto, battendo le mani attirando l’attenzione del gruppo. Dave li vide radunarsi intorno a lui per poi riprendere le prove, Jeff lanciò un’occhiata a Nick che si spostò qualche posto più in là, ignorando completamente il biondino.
Un comportamento piuttosto strano per lui, di solito non riuscivano a stare lontani e quando erano insieme, non facevano altro che parlottare e ridacchiare. Nessun altro però parve farci caso, e dopo una scrollata di spalle, anche il supplente decise che non erano cose che lo riguardavano.
Il giorno seguente a lezione, la maggior parte di loro dormiva in piedi, a quanto pare Sebastian non aveva mantenuto la parola data. Appariscenti occhiaie circondavano gli occhi dei ragazzi, gli sbadigli accompagnavano ogni sua singola parola, tanto che rinunciò a svolgere lezione dopo mezz’ora dall’inizio dell’ora.
- Settimana prossima ci sarà la verifica, scusatemi ragazzi ma non posso rimandare.-
Si alzò seccato uscendo dalla classe, il comportamento di Sebastian di quegli ultimi giorni lo stava infastidendo. Sapeva che lui non l’avrebbe mai messo in punizione, approfittava di quella situazione per poter fare ciò che voleva e non gli andava più bene. Il Preside avrebbe notato un rallentamento nello svolgimento delle lezioni e avrebbe chiesto spiegazioni, cosa gli avrebbe detto?
- Dave?-
Sebastian chiuse la porta della classe alle sue spalle.
- Mi dispiace. Ho dovuto prolungare le prove. Non possiamo rischiare le Regionali.-
Il ragazzone cominciò a fare avanti e dietro, guardò l’altro scuotendo la testa.
- Tu non capisci, in questo modo perdo il lavoro! Non posso continuare così, la vostra attenzione è meno di zero e la maggior parte di voi ha preso voti negativi durante l’ultima interrogazione.-
Sebastian rispose con una scrollata di spalle.
- Andrà meglio dopo le Regionali.-
Il supplente inarcò un sopracciglio, non riusciva a credere alle parole dell’altro. Per lui contavano solo le Regionali, il resto poteva essere rimandato.
- Ah sì? E cosa succederà dopo le Regionali? Dovrete prepararvi per le Nazionali ovviamente, perché tu Sebastian Smythe non permetterai una sconfitta, vero?-
Lo studente fece per ribattere, poi chiuse la bocca, non poteva dargli torto. Inarcò un sopracciglio e annuì.
- Non posso permettere una sconfitta, non ora che siamo ad un passo dalla vittoria.-
Dave alzò le braccia al cielo esasperato.
- Lo vedi, lo vedi? Sei un dannato egoista!-
Non diede tempo a Sebastian di ribattere, aprì la porta dell’aula di scatto provocando alcuni scatti di spavento e la richiuse velocemente alle sue spalle. Sebastian rimase fuori l’aula, le parole del professore lo avevano infastidito e non poco. Si appoggiò contro il muro del corridoio, spostando poi lo sguardo verso una figura che camminava lentamente verso di lui. Dall’aria soddisfatta si capiva chiaro e tondo che non si era perso una sola battuta di quella loro interessante conversazione.
- Problemi in paradiso?-
L’altro lo guardò non potendo nascondere un’espressione sorpresa.
- Che vuoi dire?-
La figura rise.
- Andiamo… tu e il supplente. Dovevo immaginarlo. Smythe sei sempre il solito, ti cacci sempre nei guai!-
Lo studente digrignò i denti, si guardò intorno per assicurarsi che il corridoio fosse deserto, tornò a guardare il suo interlocutore puntandogli il dito sul petto.
- Lo sto solo raggirando. Sai bene quanto faccia schifo a storia dell’arte.
L’altro incrociò le braccia al petto scuotendo la testa.
- Andiamo Smythe, con me non devi nasconderti. Ho visto come vi guardavate durante il vostro duetto improvvisato a San Valentino, davvero teneri. -
Sebastian digrignò i denti. Aveva cercato di fare le cose per bene, di tenerlo nascosto e non ci era riuscito. Stava rischiando di nuovo di finire nei guai come l’anno scorso e per giunta, con la stessa persona. Le accuse di diffamazione, l’ingente sborso di denaro di suo padre per insabbiare tutta la questione, ogni cosa stava per ripetersi, ma non voleva in nessun modo che fosse coinvolto Dave.
- Sai cosa? Va bene, ricattami pure. Ma ti assicuro che se io affondo, tu affonderai con me.-
 

 
 
I guai non arrivano mai da soli, ma sempre a coppie. Kurt e Blaine erano tornati a New York, non potevano più permettersi di rimanere a Lima, Matt invece era ancora in città e non era intenzionato a lasciar stare Dave. Non si erano più visti dopo la fiera di San Valentino e l’intenzione di Dave era evitarlo il più possibile, dopo tutto non era mai a casa se non la sera tardi. Ciò che non si aspettava era ritrovarselo davanti il suo ufficio a scuola, le braccia conserte e il sorriso sul volto.
Dave si fece largo tra la folla di studenti che camminava lentamente lungo il corridoio, guardando con aria sospettosa, il suo ex ragazzo.
- E tu saresti qui… per quale motivo?-
L’altro scrollò le spalle.
- Volevo chiederti di uscire, a casa non ci sei mai, non rispondi ai miei messaggi, così l’unico modo per avere una risposta è venire qui a scuola.-
In quel momento Mike e Simon passarono di lì ed entrambi si fermarono a guardare la scena, interessati. Non aveva detto nulla di Mike a Matt e tantomeno era intenzionato a dirgli nulla, ma talvolta il destino sembra giocare brutti scherzi. Il professore si avvicinò, sorrise ai due piazzandosi accanto a Dave.
- David, non mi presenti il tuo amico?-
Il supplente si voltò verso di lui cercando di incollarsi un sorriso forzato sul volto. Matt squadrò l’altro da capo a piedi con aria di sfida, Simon rimase in disparte, apparentemente non interessato alla scena.
Dave sospirò e non avendo altra scelta, fece come chiesto da Mike.
- Mike lui è Matt, Matt lui è Mike.-
Il sorriso di Mike si allargò sempre di più.
- Quel Matt? Il tuo ex? Il coglione che ti ha fatto soffrire e che ti ha lasciato non appena sei tornato a Lima?-
Matt non si mosse di un passo, fece un piccolo sorriso guardando il professore, non sapeva che Dave avesse avuto una storia con quel tipo.
- Tu sei … il tipo che lui frequentava?-
Mike scrollò le spalle.
- L’uomo che frequentava fino a quando non sei arrivato tu. Ora capisco perché mi hai lasciato.-
Lanciò uno sguardo eloquente nei confronti di Dave. L’altro rispose con un sonoro sospiro, infilò le chiavi nella porta del suo ufficio e invitò Matt ad entrare, doveva togliersi da quella situazione spiacevole prima che le cose degenerassero. I due si squadrarono come due belve pronte a saltarsi alla gola alla prima occasione, Simon posò una mano sulla spalla di Mike, facendogli cenno di andare. Il professore annuì, lanciò un’ultima occhiata ai due e sparì.
Matt seguì Dave nel suo ufficio, si sedette sulla scrivania del professore lanciandogli un’occhiata perplessa.
- Hai avuto una storia con quell’idiota? Non mi piace il modo in cui ti guarda. E poi qui non sono proibite le relazioni tra insegnanti?-
Dave batté le mani sul tavolo, lo sguardo basso e il viso rosso d’imbarazzo, non voleva neanche sapere come mai Matt fosse a conoscenza di quella regola.
- Me l’ha detto Blaine.-
Ora tutto tornava.
- Prima cosa: cosa faccio o cosa non faccio non sono affari che ti riguardano, seconda cosa: pretendi di venire qui e di poterti comportare come meglio credi, di fare il geloso con un uomo che ho frequentato tempo fa… dannazione Matt cosa cavolo vuoi da me?-
Non voleva davvero una risposta a quella domanda, perché sapeva che non gli sarebbe piaciuta, ma non riuscì e frenarsi dal fare quella domanda. Il sorriso di Matt sparì dal suo volto, Dave solo in quel momento si accorse dell’imprudenza della domanda. Erano, dopo tutto soli, nel suo ufficio.
- Non è chiaro?-
Matt scese dalla scrivania per fare il giro e raggiungere Dave. L’altro deglutì cercando una via di fuga. Indietreggiò lentamente mentre l’altro si avvicinava sempre di più. 
- Sono stato uno stupido Dave. Accecato dalla paura di perderti. Mi sono accorto troppo tardi di aver commesso un grosso errore.-
Le labbra di lui erano vicino, troppo vicine, talmente vicine che quasi sfioravano quelle del supplente. Come poter evitare una cosa simile? Indietreggiare ancora e fare il giro della scrivania? La distanza era talmente minima che bastava un niente per annullarla. Il problema era che forse, lui voleva quel bacio tanto quanto il suo ex. Voleva provare di nuovo quelle sensazioni, quei brividi che solo con lui aveva provato. Scosse la testa lasciandosi andare a dei flash del Capodanno passato. Il viso di Sebastian, il suo corpo, i suoi ansimi.
No, amava Sebastian. E Matt aveva perso la sua occasione.
- Ehm… magari andiamo a prenderci un caffè e ne parliamo con calma, che ne dici?-
Sgusciò via lasciando l’altro interdetto. Matt non era un tipo frettoloso, amava il gioco della conquista e Dave era tornato ad essere la sua sfida personale. Annuì distrattamente, seguendolo verso la porta dell’ufficio, ma prima che Dave potesse aprirla, fu letteralmente spalancata da Jeff e Nick.
I due si trovarono di fronte al professore che li guardò severo.
- Non si bussa?-
I volti dei due si imporporarono di colpo, Jeff mormorò qualcosa a Nick riguardo al fatto che non era stata una buona idea, abbassarono poi la testa e snocciolarono altre scuse.
Nick alzò la testa solo per sbirciare Matt, che era in piedi dietro Dave.
- Ci scusi davvero, non pensavamo fosse in compagnia è solo che… si stanno picchiando in aula canto e abbiamo bisogno del suo aiuto.-
Dave non perse tempo, corse più velocemente possibile insieme ai due Warblers, lasciando Matt da solo nell’ufficio. Non era possibile, in quei giorni il numero di zuffe tra studenti, era aumentato di colpo. Capiva perfettamente che c’era tensione tra i Warblers, ma non credeva arrivassero a risolvere le loro divergenze, passando alle mani. Il Consiglio dopo tutto, serviva proprio ad evitare che accadessero cose del genere.
Jeff e Nick lo superarono facilmente, s’infilarono in aula canto da dove provenivano urla e grida di incitamento, quando Dave entrò all’interno della stanza, si aspettò di ritrovare Sebastian coinvolto in una rissa con un altro Warbler, ma non fu così. Era seduto sul grande tavolo in legno, l’aria annoiata mentre guardava le unghie delle mani. Bastò spostare di poco lo sguardo per vedere chi fossero i due protagonisti: Montgomery e Thompson.
I due membri del Consiglio si guardavano in cagnesco, Jeff e Nick si erano frapposti tra i due, mentre Richard James e Flint Wilson, li tenevano per le braccia.
Dave non si aspettava di vedere loro due, azzuffarsi tra di loro, quando poi incrociò lo sguardo di Sebastian, non poté fare a meno di sospirare.
- Mi raccomando signor Smythe, non muova un dito.-
Lo studente gli scoccò un’occhiata torva.
- Mi tengo fuori da certe cose. Se non si ricorda bene, io sono a rischio espulsione grazie ai suoi colleghi.-
Harwood prese posto accanto a Smythe, sorridendo soddisfatto, il professore non poté non notare la mano dello studente, raggiungere quella di Sebastian. Soffocò la sua ondata di gelosia e andò a separare i due. Dovevano prepararsi alle Regionali e se lo stavano facendo in quel modo, dubitava avrebbero vinto.
Quando i due capi Consiglio si sedettero, Dave cercò di capire quale fosse stato il problema scatenante del litigio. Wes e David si scambiarono un’occhiata perplessa, sembrava quasi che i due non sapessero per quale motivo stessero litigando. Sebastian sbuffò scendendo dal tavolo, guardò i due capi Consiglio e sorrise.
- David voleva fare un Mash-up con le canzoni di Adele, invece David pensava sarebbe stato molto più interessante un Mash-up con le canzoni di Michael Jackson.-
I due litiganti incrociarono le braccia al petto squadrandosi in modo torvo, Dave sospirò portandosi una mano al viso. Nemmeno al Glee del McKinley litigavano per cose così stupide. Certo ogni tanto usciva qualche discussione sulle canzoni da cantare, ma il più delle volte si arrivava alla rissa solo quando la Berry si comportava da capetta o quanto Santana stuzzicava qualche membro del Glee con le sue battutine. Una volta si erano azzuffati Blaine e Sam per via di una discussione sul modo di ballare di Sam, ma non era nulla in confronto alle discussioni di Santana e Rachel.
- Risolvete la questione in modo civile, insomma non siete mai stati così… violenti. Che cosa vi prende? La tensione vi distrugge?-
Nessuno dei due rispose.
- Datevi una calmata, le Regionali sono vicinissime e avete poco tempo per azzuffarvi per cose del genere. Adesso tornate a provare, un’altra rissa e farò sospendere il Glee a tempo indeterminato.-
La minaccia scatenò un coro di proteste che accompagnò il professore fino a che non fu uscito dall’aula, chiuse le porte di legno e tutto tacque. Si appoggiò con le spalle contro il muro dell’anticamera dell’aula canto, la porta di legno che dava sul corridoio era semichiusa, fece per aprirla completamente, quando sentì due voci riprendere a parlare.
- Questo significa che dovremo continuare questa farsa ancora per molto?-
- Solo fino a quando non avremo finito.-
La prima voce era maschile, la seconda anche, ma Dave non riuscì a capire a chi appartenessero.
Non ebbe modo di aprire la porta, avrebbe fatto rumore e i due si sarebbero allontanati velocemente. Le sue orecchie si drizzarono quando captò il nome di Sebastian.
- Smythe sarà d’accordo. Dai solo tempo al tempo.-
L’altro uomo sbuffò spazientito.
- Non sei di certo tu ad avere gli occhi di tutti addosso.-
L’altra voce sospirò.
- Sarai ripagato di tutto questo. Ne parleremo nel mio ufficio.-
I passi delle due figure si allontanarono sempre di più, quando Dave azzardò ad aprire la porta sperando di riuscire almeno a vederli di sfuggita, erano già spariti. Chiuse la porta di legno poggiandosi contro di essa. Qualcosa bolliva in pentola e quella sensazione crebbe quando ripensò al discorso dei due. Da giorni ormai lo pensava ma non aveva mai avuto una conferma. Prese il cellulare e chiamò Kurt e Blaine, se voleva fare le cose per bene, avrebbe avuto bisogno del loro aiuto.

 

 
Le Regionali avrebbero avuto luogo proprio alla Dalton, la scuola era stata scelta grazie all’Auditorium da poco ristrutturato. Una sorta di inaugurazione e pubblicità per la scuola. Dave fu a conoscenza di quel particolare, qualche giorno prima. Doveva prima tenersi al teatro comunale di Columbus, ma dovettero rinunciare quando fu dichiarato inadeguato ad ospitare un evento di quella portata.
I Warblers erano eccitati, avrebbero giocato in casa e non c’era niente di meglio per intimidire gli avversari, sebbene le avversarie temute erano le ragazze della Crawford Country Day. Durante il festival di San Valentino, avevano dimostrato di sapere come catturare l’attenzione del pubblico, anche a costo di giocare un po’ sporco.
La proposta di Flint di fare uno spogliarello durante la loro esibizione, fu bocciata da Trent che non era intenzionato a mostrare al mondo, i suoi portelloni dell’amore.
Dave assistette a quel dibattito con la testa altrove, la conversazione udita il giorno prima, non ancora riusciva a metabolizzarla e darle un senso. Cosa volevano dire? Di cosa parlavano?
L’umore dei Warblers era tornato positivo, avevano finalmente steso la loro scaletta optando di cantare una canzone dei Coldplay, seguita da una canzone di MJ. 
Sebastian non era così contento della scelta, voleva stupire i giudici facendo qualcosa di particolare e non il solito numero.  
- Questo è il nostro stile, che male c’è a farne un marchio di fabbrica?-
L’altro inarcò un sopracciglio.
- Siamo un coro a cappella, è questo il marchio di fabbrica.-
Jeff arrivò trafelato nella stanza interrompendo la discussione, si leggeva orrore nei suoi occhi, stringeva in mano un foglietto bianco ormai stropicciato. Sebastian si era arreso, non aveva detto nulla riguardo il suo ritardo, erano ormai giorni che faceva così e aveva deciso che la voce era meglio risparmiarla per le Regionali.
Nick lanciò un’occhiata preoccupata al biondo, avvicinandosi lentamente e prendendo il foglio dalle sue mani. Quando lesse il contenuto, sbiancò.
- Chi te l’ha dato?-
Jeff indicò fuori l’aula, non riusciva a parlare, muoveva le labbra come se fosse un pesce fuor d’acqua. Sebastian si avvicinò insieme a Thad, sfilò elegantemente il foglio dalle mani dell’altro e lesse con attenzione. Il Warbler mantenne la calma, cosa che non si poteva dire dell’altro. Il viso del capo Consiglio divenne rosso, lanciò uno sguardo omicida a Jeff e agitò il foglietto in aria.
- C’è una spia tra noi.-
Wes e David pretesero di leggere il contenuto del foglietto, anche loro sbiancarono di fronte ciò che c’era scritto. Si guardarono l’un l’altro cercando poi di calmare il moro.
Dave allungò lo sguardo verso quel pezzo di carta, anche lui curioso di sapere cosa c’era scritto, ma non vi fu bisogno di visionarlo visto che i tre del Consiglio, si affrettarono a rivelarne il contenuto.
- A quanto pare le Crawford Girls sanno qual è la nostra scaletta e hanno intenzione di portare Coldplay e MJ come noi.-
Il professore sgranò gli occhi, era già successa una cosa del genere, alle New Directions se non andava errando, solo che loro avevano ricevuto quel colpo basso proprio durante la competizione. Sebastian si mosse per la stanza pensieroso, avevano lavorato davvero tanto per mettersi d’accordo e per scegliere due canzoni che facevano al caso loro, lavoro che rischiava di andare in fumo.
Jeff si sedette sul divano, le spalle circondate dal braccio del suo miglior amico, che cercava di tirarlo su di morale. Thad si sedette dietro il tavolo di legno, furibondo, gli altri due invece sospirarono rimanendo in piedi al centro della stanza.
- Allora chi ha fatto la spia?-
Nessuno rispose, la maggior parte di loro lanciò sguardi perplessi agli altri compagni, alcuni invece mormorarono indignati, solo Nick e Jeff tenevano lo sguardo basso: Jeff lo teneva puntato al pavimento, Nick invece puntato su di lui cercando di consolarlo.
Sebastian sospirò, facendosi avanti e guardando i due amici.
- Sentite credo sia il caso che confessiate. O che il biondo confessi. O qua non andiamo da nessuna parte.-
Dave guardò Nick e Jeff, entrambi non sembravano proprio felici di avere tutta quell’attenzione su di loro. Nick parlottò con l’altro e ad un suo cenno positivo, si alzò e prese parola, Jeff intanto, aveva la faccia di un condannato a morte. Quando Wes inarcò un sopracciglio in cerca di chiarimenti, il moro cominciò a parlare.
- Dirò tutto solo se lascerete stare Jeff. In parte è anche colpa mia.-
David sospirò.
- Lo valuteremo in seguito a ciò che ci dirai.-
Nick lanciò uno sguardo a Dave, sapeva che lui aveva voce in capitolo, tutti i Warblers tenevano in considerazione la sua opinione e sperava di trovare in lui un alleato.
- Jeff è uscito con una ragazza delle Crawford Girls in questi giorni e potrebbe… e dico potrebbe, in qualche modo, essersi fatto sfuggire qualcosa.-
Thad mostrò a tutti il foglio in questione, da quella distanza però, Dave non riuscì a leggere cosa c’era scritto.
La maggior parte dei Warblers prese a mormorare e guardare in malo modo il biondo, Sebastian si passò una mano sul viso.
- Da quello che leggo non mi pare che si sia lasciato sfuggire qualcosa, direi che gli ha confessato tutto. Ottimo lavoro Sterling. Rendi fede al detto: “cantare come un uccellino”.-
La provocazione fu troppo per Duvall, cercò di fiondarsi contro il capo Consiglio che era tra l’altro pronto per rispondere alla provacazione, per fortuna fu fermato per tempo da Sebastian che lo placcò prima che potesse raggiungere il tavolo, David e Wes invece bloccarono Thad. Gli altri Warblers si alzarono in piedi, chi incitando il capo Consiglio, chi incitando il Warbler. Jeff guardò spaesato la scena, quando la calma si fu parzialmente ristabilita, si alzò in fretta uscendo dall’aula canto di corsa. Nick cercò di seguirlo ma Sebastian glielo impedì, lanciò un’occhiata a Dave che invece era rimasto fermo al suo posto.
- Prof può andare lei? Noi intanto discuteremo della faccenda e decideremo il da farsi.-
Il supplente annuì e silenziosamente si alzò per poi lasciare la stanza. Il corridoio era deserto e di Jeff non c’era nessuna traccia. Avrebbe dovuto chiedere in giro e cercarlo un po’ ovunque, tra l’altro non sapeva se lasciare i ragazzi da soli, era saggio, ma confidava nella saggezza di David e Wes e della prontezza di Sebastian a sedare le liti. Per la prima volta lo aveva visto sotto un altro aspetto, a quanto pareva conosceva il segreto di Jeff ma non l’aveva mai detto a nessuno, quando poteva benissimo farlo. Aveva anche impedito a Duvall di fiondarsi contro Thad, forse per evitare che si scatenasse una rissa inutile e non era da lui.
Trovò Jeff in biblioteca, alcuni studenti lo avevano visto correre in quella direzione, rannicchiato in un angolo. Il viso era coperto ma si sentivano chiaramente i suoi singhiozzi.
Il biondino alzò lo sguardo quando sentì dei passi dirigersi verso di lui, tirò su con il naso non nascondendo i suoi occhi iniettati di sangue, il naso rosso e gonfio. Dave si sedette accanto a lui, circondando le sue spalle con un braccio.
- Ho fatto un casino.-
Dave scosse la testa.
- Non hai fatto un casino. E Nick e Sebastian sono dalla tua parte.-
Jeff scosse la testa, c’era qualche pensiero che a quanto pare lo tormentava.
- Pensavo… pensavo fosse seriamente attratta da me, che mi volesse davvero bene.-
Ora riusciva a capire cosa era successo tra lui e Nick, il motivo della rabbia del moro, quella freddezza nei confronti dell’altro.
- Nick mi odierà, mi aveva detto che non era una buona idea.-
Lasciò che lo studente si sfogasse un altro po’, Jeff raccontò di come aveva incontrato quella ragazza il giorno di San Valentino, di come lei si fosse approcciata a lui offrendogli dello zucchero filato, della serata passata a parlare e del modo in cui lo faceva sentire. Si era preso una bella sbandata per quella studentessa. Aveva deciso di frequentarla tenendo all’oscuro gli altri membri del Glee, sicuramente gli avrebbero impedito di frequentare un membro delle Crawford Girl, per via della competizione che li avrebbe visti rivali. Gli unici a saperlo erano Nick, suo migliore amico, e Sebastian che aveva beccato i due mano nella mano in giro per Westerville.
La vicenda aveva messo il gruppo in difficoltà, quando il supplente rientrò in aula canto, il clima era piuttosto teso. Thad era ancora furibondo, Sebastian cercava inutilmente di calmarlo, Nick invece sembrava preoccupato per il suo migliore amico e chiese subito informazioni quando il professore rientrò.
Dave lo rassicurò dicendogli che sarebbe tornato in dormitorio e che per il momento voleva stare da solo, poi si accinse ad affrontare il problema insieme ai due membri del Consiglio che sembravano non aver perso lucidità.
- Ragazzi ammetto che questo è stato un colpo basso, l’unica soluzione è preparare un numero di riserva.-
I ragazzi mormorarono indecisi, Wes e David scossero la testa, accompagnati da un commento piuttosto seccato di Sebastian.
- Impossibile, abbiamo impiegato settimane per le coreografie.-
Il professore lanciò un’occhiata allo studente, era ancora vicino a Thad, che seguiva lo scambio di battute dei due, con molto interesse.
- Io ti dico invece che è fattibile.-
Quando Wes e David annuirono, si affrettò a prendere il telefono cellulare, aveva bisogno di una consulenza.
 

 
 
Il giorno delle Regionali arrivò in fretta, nessuno a parte il Glee sapeva del casino successo, avrebbero potuto comunicare la questione al Preside, ma Sebastian e il Consiglio non era d’accordo, avevano fatto tanto per arrivare fino a dove erano arrivati, rischiavano di sollevare un polverone che avrebbe portato forse alla sospensione dell’intera competizione.
Jeff non fu punito ma solo ammonito, ovviamente gli fu vietato di frequentare ancora la ragazza delle Crawford Girls, soluzione che trovò più che giusta, sebbene ne soffrisse.
Le delusioni d’amore non erano facili da digerire, tutti i Warblers furono piuttosto solidali con il biondo, compreso Thad, che si era poi scusato per i toni eccessivi. Erano una famiglia dopo tutto, e in famiglia ci si aiuta sempre.
Il secondo problema da risolvere rimaneva la competizione, non sapevano di preciso cosa Jeff avesse rivelato alla ragazza, poiché il biondino rifiutava di entrare in argomento, e nessuno voleva mancargli di rispetto forzandolo a parlare, motivo per il quale dovevano cambiare la loro scaletta, nonché le canzoni da cantare.
La mozione fu approvata da tutti, compreso Sebastian.
I Warblers chiesero aiuto al supplente, il quale ovviamente, aveva chiesto aiuto a Kurt e Blaine, che a loro volta chiesero aiuto all’unica ragazza che poteva aiutarli: Rachel Berry.
Tutti i Warblers conoscevano Rachel Berry: la solista di punta delle New Directions, la ragazza che aveva sfondato a Broadway ottenendo parti in vari musical nonché migliore amica di Kurt. Entrambi si erano esibiti a Broadway in un adattamento di Wicked, musical che alcuni di loro adoravano.
La ragazza a sua volta chiamò due aiutanti, due ragazze che Dave non vedeva da anni: Brittany e Santana.
Quando Blaine diede loro la notizia, i Warblers esultarono: Flint, Cameron, Nicholas e James, morivano dalla voglia di lavorare con la Berry, solo Dave aveva paura di cosa sarebbe successo tenendo nella stessa stanza Rachel  e Santana. Durante il loro periodo di finto fidanzamento, aveva sentito più volte l’ispanica dare contro la ragazza, tutti sapevano che non potevano stare a stretto contatto senza cercare di saltarsi alla gola.
Sospirò sperando che le sue paure fossero infondate, dopo tutto non si vedevano da tempo, sicuramente tutt’e due erano cambiate e se Santana aveva accettato di aiutare Rachel, voleva dire che tutto sommato erano in buoni rapporti.
Rachel Berry entrò nell’aula, i capelli scuri erano sciolti e ballavano attorno al suo viso, il suo sorriso illuminava la stanza. Entrò accompagnata dalla coppia di ragazze che ovviamente, fecero la loro entrata in scena tenendosi per mano. La bionda e l’ispanica attirarono la loro dose di complimenti e di fischi dalla fetta etero del Glee.
- Sia chiaro, collaboro con la Berry solo perché me l’ha chiesto Brittany.-
Brittany le mandò un bacio da lontano, bacio al quale la mora rispose sorridendo, per poi spostare il suo sguardo verso Dave. Si avvicinò a lui guardandolo da capo a piedi.
- Professor Karofsky? Neanche nei miei incubi peggiori.-
Dave alzò gli occhi al cielo, abbracciando la ragazza. Fu poi il turno di Brittany e di Rachel, che scrutava nel frattempo il gruppo di ragazzi.
- Sempre dolcissima! È bello rivedervi ragazze.-
Si lanciarono in un breve tuffo indietro nel tempo, ricordando come erano ai tempi del liceo, lasciando di sasso i Warblers quando Rachel rivelò loro che il professore un tempo, era il peggior bullo della scuola. Dave arrossì cercando di cambiare discorso, era ancora un tasto delicato.
Sebastian lo raggiunse di soppiatto, mentre le ragazze ridacchiarono alla reazione dell’ex compagno di scuola, passò una mano sul suo fianco avvicinandosi al suo orecchio.
- Lanciavi granite? Potrebbe essere una pratica a cui potrei avviarmi anche io.-
Dave lo fulminò con lo sguardo.
- Non ci pensare neanche.-
Lo studente si spostò da lui per fare gli onori di casa, presentò alle tre i tre capi Consiglio che avanzarono timidamente. Wes David e Thad strinsero la mano delle tre ragazze, presentando loro il Glee, chiamando i membri uno per uno. Santana agitò la mano interrompendo la presentazione, guardò i ragazzi uno per uno e si portò al centro della stanza.
- Allora bambini, sedetevi in circolo e ascoltate bene la zia Santana. Ci organizzeremo così: la Nasona si occuperà della parte vocale, scelta delle canzoni e dei solisti.-
L’ultima parte della frase, fu accolta da un mormorio di disappunto, i tre capi Consiglio si guardarono perplessi, Thad si fece avanti per prendere parola ma Santana lo interruppe con un gesto della mano.
- A cuccia, non ho ancora finito.-
Rachel cercò di protestare, ma fu bloccata da Dave, che fissava Santana. Sapeva benissimo che contraddirla avrebbe portato ad un litigio e non era il caso che le due si mettessero a litigare. Certamente il suo metodo sconvolgeva un po’ il modus operandi dei Warblers, ma non avevano scelta.
- La mia adorata dolce metà, si occuperà delle coreografie, vi frusterò a sangue se solo provate a guardarla o toccarla.-
La minaccia fece sussultare la maggior parte dei ragazzi, mentre Dave la guardò ammonendola con lo sguardo. Quando si trattava di Santana era meglio non sottovalutare nulla di ciò che diceva.  
Rachel incrociò le braccia al petto indicando la ragazza con sguardo eloquente, cominciò a chiedersi come Schuester avesse fatto per sopportare i continui battibecchi delle due.
- Dai San, sono ragazzi, lasciali perdere.-
L’ispanica puntò il dito contro il ragazzone.
- Solo perché sei stato il mio ex ragazzo, non vuol dire che non riceverai il medesimo trattamento se osi contraddirmi.-
Il professore alzò le mani in segno di resa, cominciò a pensare a vari modi per punire Kurt e Blaine per aver mandato quelle tre. Wes David e Thad parlarono con Rachel, avrebbero curato prima la parte vocale, mentre Santana e Brittany avrebbero lavorato con loro su coreografie non troppo difficili e più “Warblers Style”, tenendosi in continuo contatto con Blaine, via telefono.
Brittany volle analizzare le varie coreografie del gruppo, li fece esibire più volte in auditorium, pensando a come apportare modifiche alle varie coreografie senza sconvolgere il loro stile.
Rachel invece li fece cantare uno per uno, concentrandosi soprattutto su quei ragazzi che più volte avevano tentato le audizioni per ottenere una parte da solista.
Le voci erano davvero molto buone, indiscutibilmente, Sebastian era la loro punta diamante, aveva talento, era sicuro di sé e la sua voce era avvolgente e sensuale.
Altri tre ragazzi però, attirarono la sua attenzione e dopo diversi tentativi, riuscì a trovare le canzoni adatte alle loro voci. 
Il lavoro durò per alcuni giorni, le canzoni scelte da Rachel trovarono in accordo anche i tre capi Consiglio, che non vedevano l’ora di provarle, i solisti furono scelti e nessuno ebbe nulla da ridire.
Le coreografie subirono leggere variazioni, motivo per il quale non fu necessario aggiungere prove straordinarie.
Blaine e Kurt parteciparono solo come consulenti esterni, consulenze che furono quasi giornaliere, i due sarebbero tornati in tempo per le Regionali, non vedevano l’ora di vedere l’esibizione dei Warblers. La notizia, fece scattare un campanello di allarme in Dave.
Da giorni aveva intenzione di consultare gli archivi custoditi nell’ufficio del Preside, non riusciva a togliersi dalla testa quella conversazione udita per sbaglio. Era diventato un chiodo fisso che non riusciva a scacciare.
Il Preside teneva i fascicoli dei vari studenti sotto chiave, i fascicoli erano consultabili sotto richiesta, cosa che non tardò a fare, ma come previsto non erano completi.
Il fascicolo di Sebastian era immacolato, non una voce negativa, le credenziali erano ottime, proprio come ci si aspetterebbe dal figlio del Senatore dello Stato e Dave sapeva che il suo curriculum aveva subito una “pulizia” profonda.
Non avrebbe mai voluto chiedere ai suoi due amici un favore del genere, si trattava di entrare nell’ufficio del Preside e accedere a registri che chissà dove erano nascosti. Blaine accettò senza problemi, avrebbe pianificato un piano con Kurt, dopo tutto avevano ancora un paio di giorni a disposizione, prima delle Regionali.
La tensione divenne palpabile e quasi insopportabile, ogni studente ne fu vittima. I primi furono i Warblers che contagiarono i loro compagni facendolo diventare quasi un virus letale. I due giorni precedenti alla competizione, furono dedicati alla sistemazione della scuola, alla pulizia dell’auditorium e alla sistemazione degli impianti audio necessari. I Warblers ottennero il permesso di provare sia di mattina che di pomeriggio, aiutati da Santana, Brittany e Rachel. Blaine e Kurt arrivarono un giorno prima, i due avevano ideato un piano a prova di bomba, o perlomeno a prova di Preside. Non potevano rubare i fascicoli, ma potevano leggerli e passare in qualche modo il contenuto a Dave e l’altro non chiedeva nulla di meglio.
Il piano era semplice non troppo complicato e il professore era quasi sicuro che i due ce l’avrebbero fatta, ma cosa sarebbe successo se venivano beccati? Era più che sicuro che l’intera scuola avrebbe assistito alla Competizione, che tra l’altro si teneva di mattina, in orario scoalastico, ma forse non tutti i professori avrebbero assistito.
Kurt posò una mano sulla spalla dell’altro, sorridendo.
- Non ti preoccupare per noi Dave, sappiamo cosa fare. Blaine conosce la scuola come le sue tasche, se è riuscito più volte ad entrare nell’ufficio del Preside, non vedo perché debba fallire proprio ora.-
Dave guardò Blaine inarcando un sopracciglio, il moro lanciò un’occhiataccia al suo ragazzo.
- Io non ho detto niente!-
Kurt si girò con una piroetta e si allontanò canticchiando.
- Andrà tutto bene Dave. Tranquillo.-
Non sapeva se quelle parole si riferissero alla competizione o a quello che i due avrebbero fatto durante quella mattina.
 

 
 
La voce del presentatore uscì forte dagli altoparlanti, i Warblers la sentivano anche dentro i camerini dove si erano rifugiati. Era il turno delle Crawford Girls e tutti in segno di solidarietà nei confronti di Jeff, avevano deciso di non assistere alla loro esibizione. I primi due Glee non erano un granché, le canzoni erano molto belle, alcuni avevano anche tentato un mash-up mal riuscito. Dave si astenne dal giudicare, era chiaro che i loro giudizi erano di parte, si tende di solito a trovare sempre difetti negli altri, quando si è in competizione.
Le ragazze delle Crawford sostavano dietro le quinte, avevano abbandonato la loro divisa scolastica per indossare un abito nero e rosso, la gonna in seta e tulle accompagnate da un corpetto, stile ballerina di can can. Le spalle erano coperte da una giacchetta a maniche corte che arrivava fino sotto il seno, di colore nero. Tutte indossavano un grosso fiocco in vita, di colore rosso, ed una fascetta che tirava i loro capelli indietro.
Dave aveva deciso di vedere la competizione insieme a Sebastian, voleva proprio vedere cosa avrebbero portato le ragazze. La capo gruppo lanciò uno sguardo maligno in direzione di Sebastian, lo riconobbe come membro del Glee avversario grazie all’abbigliamento, come sempre i Warblers si sarebbero esibiti indossando la loro divisa scolastica.
- Avete poca fantasia.-
La ragazza era poco più bassa di lui, i capelli castano scuro le ricadevano morbidi sulle spalle, i suoi occhi verdi si fissarono in quelli dell’altro. Ci fu un breve scambio di sguardi, l’uno aspettava che l’altro facesse una qualche mossa. Dave fissò Sebastian che soppesava l’avversaria, lo vide sorridere e incrociare le braccia.
- Siete tanto originali quanto brave a cantare? Perché se è così allora siete davvero pessime.-
L’altra inclinò la testa di lato non riuscendo a capire.
- Il vostro piano per sabotarci non è riuscito. Dimmi, avete preso spunto da qualche film di Disney Channel? Magari siete fan accanite del “Il Mondo di Patty”.-
Il sorriso della ragazza sparì per un istante, le parole di Sebastian a quanto pare avevano avuto il loro effetto.
- Io non parlerei prima di avere la vittoria in pugno, uccellino. Come hai ben visto, se solo una di noi riesce a rigirare uno di voi tanto facilmente, immagina cosa siamo capaci di fare tutte insieme.-
Lo scambio di battute ebbe fine quando la campanella suonò. Era arrivato il turno delle ragazze, la capo gruppo lanciò un altro sguardo a Sebastian prima di voltargli le spalle.
Dave si affiancò a lui pensieroso.
- E poi mi chiedono perché sono gay. Preferisco essere gay piuttosto che avere a che fare con quella.-
Il supplente lo guardò inarcando un sopracciglio.
- Mica sono tutte così.-
Lo studente ricambiò lo sguardo.
- La tua ex ragazza lo è.-
La risposta lasciò spiazzato il professore, era incredibile il modo in cui Sebastian riusciva sempre a metterti in imbarazzo. Si avvicinarono entrambi al limitare del dietro le quinte, per osservare meglio il gruppo.
Per l’esibizione avevano fatto montare una scenografia particolare, avevano ricostruito una sorta di locale vecchio stile.
Quando le tende si alzarono, le ballerine erano a terra, solo la moretta che aveva parlato con Sebastian, era in piedi, circondata dalle sue compagne, una collana di diamanti al collo.
 
The French are glad to die
For love..

 
- Moulin Rouge? O Marilyn Monroe?-
Dave teneva lo sguardo fisso sul gruppo di ragazze. Allo studente scappò una risata.
- La prima ovviamente. Secondo me non sanno neanche chi è Marilyn Monroe. Se nomini Marilyn potrebbe darsi che pensino a Manson.-
Il supplente gli tirò una gomitata.
- Dimmi che non l’hai pensato pure tu.-

They delight in fighting duels
But I prefer a man who lives
And gives expensive jewels

 
Dave trovava la canzone piuttosto azzeccata, non era solito giudicare le persone dalla prima impressione, ma sembravano proprio quel tipo di ragazze superficiali.
Sebastian era pensieroso, inclinò la testa di lato e si limitò a seguire in silenzio.
 
A kiss on the hand
May be quite continental
But diamonds are a girl's best friend
A kiss may be grand but it won't
Pay the rental
On your humble flat
Or help you feed your pussycat

 
La capo gruppo era anche la solista, le ragazze invece ballavano e cantavano in coro intorno a lei, cosa che Sebastian trovava davvero di cattivo gusto, soprattutto per quel vago tentativo di sembrare sexy.
- Se fossimo davvero in Francia, avrebbero difficoltà anche a trovare lavoro nel Moulin Rouge.-
Dave gli tirò uno scappellotto.
 
Men grow cold as girls grow old
And we all lose our charms in the end
But square cut, or pear shaped
These rocks won't lose their shape
Diamonds are a girl's best friend

 
Tiffanie's!
Cartier!

'Cause we are living in a material world
And I am a material girl

 
La capo gruppo si tirò indietro lasciando poi spazio a tre ragazze, che cominciarono a cantare un’altra canzone, tenendo sempre lo stesso tempo ritmato.
 
feel the beat of the rhythm of the night (feel the rhythm)
forget about the worries on your mind (on your mind)
feel the beat of the rhythm of the night (feel the rhythm)
forget about the worries on your mind
 
- Un cavolo di Mash-up!-
Come Sebastian anche Dave rimase sconvolto. Erano riuscite ad adattare quelle due canzoni mischiandole e il risultato non era proprio male.
 
well, i know a place where we can dance the whole night away
and it's called the moulin rouge
just come with me and we can shake the moves right away
you'll be doin fine once the music starts


I due si guardarono di nuovo, quella sorta di mix sembrava azzardato, ma cosa ne avrebbe pensato la giuria? Il pubblico pareva gradire, si erano tutti alzati in piedi battendo il tempo con le mani. I giudici non erano visibili da dove erano posizionati loro, ma era chiaro che al pubblico piacessero.
 
He's your guy when stalks are high
But beware when they start to sink

 
 
 
feel the beat of the rhythm of the night (Diamonds are a girl's best)
forget about the worries on your mind
feel the beat of the rhythm of the night (Diamonds are a girl's best)
forget about the worries on your mind (Diamonds are a girl's best)
oh the rhythm wanna feel the rhythm

 
Diamonds
Are a
Girls
Best
Friend

Dave e Sebastian batterono in ritirata, di colpo l’insicurezza piombò su di loro come un falco, entrarono nei camerini e a giudicare dalle facce degli altri, avevano sentito tutto, sebbene non avessero visto l’esibizione. Dave pensò che forse era il momento di parlare, dire qualcosa, fare un discorso di incoraggiamento. Qualcosa stile “Il Gladiatore”. Dannazione non era un tipo alla Sam Evans, lui.
Mentre si lambiccava a cercare qualcosa di adatto da dire, la porta fu aperta con una forza tale da far sobbalzare tutti quanti.
Rachel e Santana fecero il loro ingresso trionfale, seguite da Brittany. L’abito di Santana era rosso e non lasciava nulla all’immaginazione tanto era scollato e corto, Rachel invece indossava un elegante tailleur e Brittany un paio di jeans e una lunga camicia bianca che scendeva morbida fino ai fianchi.
- Allora uccellini, pronti a cantare?-
Santana incrociò le braccia guardando le loro espressioni funeree.
- Cosa sono quelle facce?-
Flint alzò lo sguardo verso di lei, superato l’imbarazzo iniziale, prese parola.
- L’esibizione delle Crawford Girls è stata eccezionale, non riusciremo a batterle.-
Santana inarcò un sopracciglio.
- Se vi piace lo stile prostituta, possiamo sempre rimediare con un veloce cambio di costume.-
I ragazzi ridacchiarono, le battute di Santana erano quello che ci voleva per smorzare la tensione.
- Adesso salite sul palco e dimostrate ai giudici come si conquista la loro attenzione senza mettere in mostra tette e culo.-
Dave tossicchiò lanciando un’occhiata all’abbigliamento dell’ispanica. La donna voltò lentamente la testa verso di lui, inarcando un sopracciglio.
- Quando io mostro tette e culo Karofsky, lo faccio sempre con stile.-
I ragazzi si unirono in un coro di “ooooh”, mentre la mora uscì accompagnata dalla bionda. Rachel rimase con Dave, felice di vedere l’umore dei ragazzi risollevato in quel modo.
- Ragazzi, cantate, metteteci l’anima e vedrete che farete un figurone.-
Gli occhi di tutti si fermarono su Rachel.
- Noi abbiamo sempre messo anima e corpo in quello che facevamo, non abbiamo vinto le Nazionali se non al mio ultimo anno di Liceo, ma cantare mettendoci la passione, rende dolce anche la peggiore sconfitta.-
I ragazzi si guardarono perplessi, Dave si affrettò a congedarla, prima che l’umore generale tornasse ad essere funereo come quello di prima. Ringraziò la ragazza che rispose con un sorriso e un inchino, poi la fece uscire chiudendo la porta alle sue spalle.
Sebastian batté le mani riunendo il gruppo di studenti al centro della stanza, Dave era soddisfatto dei risultati. In pochi giorni avevano messo su un numero niente male, migliore sicuramente di quello che avevano preparato prima. Il suono della campana annunciò il loro turno, i tre Capi Consiglio precedettero i ragazzi fuori dal camerino, l’ultimo ad uscire fu Dave, che venne intercettato poi da Kurt e Blaine. I due avevano il fiatone, guardarono il gruppo di Warblers riunirsi nel retroscena, scenetta che fece quasi commuovere Blaine.
- Allora trovato qualcosa?-
Kurt annuì.
- Non abbiamo incontrato nessuno, ma non abbiamo potuto prendere nulla e neanche fare copie, quindi accontentati del resoconto verbale.-
Dave attese pazientemente che Kurt cominciasse a parlare, ma Blaine lo tirò per la manica, voleva tornare in platea per godersi l’esibizione. L’altro roteò gli occhi al cielo, dovette dare retta al suo ragazzo e rimandare quindi il resoconto. Il supplente non disse nulla, ringraziò e li lasciò andare, avrebbe voluto sapere tutto e subito, ma Blaine aveva tutto il diritto di vedere i Warblers esibirsi. Raggiunse il gruppo di studenti e augurò loro il buona fortuna, per poi appostarsi in un angolino comodo per osservarli.
Avevano in programma di cantare due canzoni, la prima non coreografata, Brittany aveva deciso che sarebbe stato meglio lavorare sulla seconda canzone.
Sebastian lasciò il coro posizionandosi al centro del palco, i ragazzi cominciarono a modulare la melodia, tutti loro rimasero sullo sfondo, mentre un occhio di bue centrò il solista.
 
I’m sleeping through the day
I’m trying not to fade
But every single night I’ve just been lying awake
Cause I, I can’t get you off my mind

 
Il ragazzo avanzò di un paio di passi, chiuse gli occhi lasciandosi trasportare dalla canzone. Dave non sapeva quali canzoni Rachel avesse scelto, era la prima volta che l’ascoltava. Sentì i brividi correre lungo la sua schiena quando la voce di Sebastian cominciò a cantare la prima strofa.
 
The moment that we met, I didn’t know yet
That I was looking at a face I’ll never forget
Cause I, I can’t get you off my mind
I can’t get you off my mind

 
Ciò che non si aspettava però, era che la canzone in realtà fosse un duetto. Thad Harwood avanzò al centro del palco, si fermò accanto a Sebastian, lasciando tra di loro qualche metro di distanza, nessuno dei due guardò l’altro, lasciarono però che le loro voci si armonizzassero insieme.
 
Give me the chance to love you
I’ll tell you the only reason why
Cause you are on my mind
I want to know you feel it
What do you see when you close your eyes
Cause you are on my mind

 
Qualcosa si spezzò dentro di Dave, quella sicurezza sul rapporto con Sebastian. Sebastian aveva davvero dimenticato Thad? Perché Rachel avrebbe scelto quella canzone? Perché poi, avrebbe scelto di far cantare i due insieme?
Sebastian guardava dritto verso la platea, la stessa cosa stava facendo Thad.
 
I want to be best
I want to be worst
I want to be the gravity in your universe
And I, I want to be there to help you fly
I’ll help you fly girl
Oh, the longer that I wait
The more that I’m afraid
That someone’s gonna fool your heart and take you away
Cause I, I finally realized, that I can’t get you off my mind

 
La seconda strofa la cantò Thad, avanzò di qualche passo guadagnandosi così l’attenzione del pubblico. Quando poi le loro voci si unirono di nuovo durante il ritornello, il pubblico esplose in un’ovazione. Dave doveva ammetterlo, le loro voci insieme erano stupende.
 
Give me the chance to love
I’ll tell you the only reason why
Cause you are on my mind
I want to know you feel it
What do you see when you close your eyes
Cause you are on my mind

 
Il pubblicò si alzò in piedi, Sebastian e Thad si scambiarono un rapido sguardo, mentre i ragazzi rompevano le righe cominciando a cantare la seconda canzone.
Si fermarono in semicerchio mentre Sebastian, Nick e Jeff si fecero avanti. Dave non capiva cosa dovessero fare, Rachel aveva detto che si voleva divertire a giocare con le loro voci, non era giusto che il resto del coro facesse solo da sfondo e voleva renderli tutti partecipi, come Schuester cercava sempre di fare con loro.
 
SebastianNick/Jeff  
 
I’m at a payphone trying to call home  (Hello, hello, baby you called, I can’t hear a thing.)
All of my change I’ve spent it on you( ‘cause I have got no service in the club, you see, see… )
Where are the times gone baby(Wha-Wha-What did you say? Oh, you’re breaking up on me… )
It’s all wrong, we’re at the place we made for two(Sorry, I cannot hear you, I’m kinda busy.)
 
A giudicare dagli sguardi del pubblico, tutti come loro sembravano sorpresi di quello che i ragazzi stavano cantando. Sebastian riusciva ad armonizzarsi benissimo con le voci di Jeff e Nick, che sembravano quasi una voce sola. Cominciò a battere il tempo con il piede, mentre osservava i ragazzi rompere la formazione e cominciare a ballare intorno a loro.
 
Yeah, I, I know it’s hard to remember
The people we used to be
It’s even harder to picture
That you’re not here next to me
You said it’s too late to make it
But is it too late to try?
And then that time that you wasted
All of our bridges burnt down

I’ve wasted my nights
You turned out the lights

(Stop telephonin’ me)
Now I’m paralyzed
Still stucked in that time when we called it love

(Stop telephonin’ me)
But even the sun sets in paradise
 
Il pubblico si alzò in piedi cominciando a ballare sul posto, mentre gli altri Warblers continuavano a saltare ballare e muoversi intorno ai tre solisti, che in qualche modo, interagivano con il resto del gruppo oltre che tra loro.
 
I’m at a payphone
(stop callin’ stop callin’)
trying to call home
(I don’t wanna think anymore)
All of my change i’ve spent on you
(I left my hand and my heart on the dance floor. )
Where are the times gone
(stop callin’ stop callin’)
baby it’s all wrong,
(I don’t wanna talk anymore)
we’re at the place we made for two
(I just left my hand and my heart on the dance floor. )
 
Era il mash-up più strabiliante che avesse mai sentito e a giudicare dagli sguardi di Kurt e Blaine dalla platea, anche loro dovevano pensare la stessa identica cosa. Brittany aveva fatto un ottimo lavoro con il gruppo: i passi di danza erano un misto tra l’hip hop e la break dance, qualcosa di molto leggero che non affaticasse troppo i ragazzi che dovevano comunque cantare e sostenere le voci dei tre solisti.
Il pubblico li accompagnava ballando e battendo le mani, Sebastian Nick e Jeff erano al settimo cielo. La reazione positiva del pubblico li stava aiutando e piano piano divennero molto più sicuri dei passi.
Si ritrovò anche lui a ondeggiare a tempo, sorridendo come un ebete. Era soddisfacente vedere i Warblers cantare e ballare con tutto quell’entusiasmo.
Sebastian cercò il suo sguardo, sorrise ammiccando e tornò a ballare con gli altri, Dave in quel sorriso vi trovò la sua tranquillità e parte di quella sicurezza persa prima.
Scacciò il pensiero lasciando spazio all’esibizione dei ragazzi, era inutile pensarci adesso. L’esibizione giunse al termine, il pubblico era ancora in piedi, congratulandosi con il gruppo elogiandoli uno scroscio di applausi. Anche le Crawford Girls battevano le mani, un piccolo gesto di sportività da parte loro, dopo la loro mossa scorretta.
I Warblers si presero la loro fetta di applausi, ridendo e abbracciandosi e ringraziando il pubblico, si riversarono poi dietro le quinte, fiondandosi, con grande sorpresa di Dave, su di lui abbracciandolo ed esultando.
Sebastian si tenne distante dal gruppo, al suo fianco c’era Thad, lo sguardo rivolto verso il ragazzo. Dave sorrise, sentendosi sollevato quando lui sorrise di rimando, l’esibizione era andata alla grande, entrambi ora erano molto più rilassati, avrebbero avuto tempo e modo di parlarsi e chiarirsi. O almeno sperava avrebbero trovato il tempo. 





Ok ok so di essere in ritardo. 
Pazzesco direi! 
Sono stata a Bologna per una settimana e tra preoccupazioni e altri problemi, la voglia di scrivere era calata e di tanto. 
In più ho scritto una piccola oneshot che ancora mi viene betata xD e spero di poterla postare presto. 
Intanto arrivo al momento dei ringraziamenti :D

Dedico il capitolo a Angel_Elric e alla mia Zolly: Mi avete davvero tirato su di morale dolcezze! Vi adoro 

Ad Ale: mi fa troppo piacere che questa FF ti aiuti e ti faccia sorridere. Grazie per la tua dolcezza che mi accompagna ogni giorno :) 

Ringrazio di cuore chi ha recensito, sopratutto Youmoveme: sei adorabile dolcezza :) 


Grazie a Chartraux per la recensione, è bello sapere che questa FF piace anche a qualcun altro :D davvero grazie mille e spero che questo capitolo non ti deluda!

Grazie a Lussy e Aleka che continuano a seguire la mia FF. Grazie di cuore scrivo anche grazie al vostro supporto! Penso sia tutto per il momento!

Ah sì, troverete poi sotto il titolo linkato delle canzoni in caso vogliate sentirle :D

Rythm of the Night - Diamonds are a girl's best friend ( il mash up me lo sono inventato. Ho immaginato di adattare entrambe la canzoni ma ok... penso sia stato un pensiero orribile xD )

On my mind ( Sebastian - Thad ) 
Payphone/Telephone ( con un un pizzico di Call me maybe) cantata da Sebastian Jeff e Nick ( non ho riportato tutta la lyrics per comodità, ma la canzone è stupenda :D )

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Best Friend ***


Best friend

 
C’erano quei momenti in cui il tempo sembrava fermarsi, in cui i secondi e i minuti diventano ore e l’attesa diveniva snervante, quasi insopportabile.
Erano chiusi dentro il camerino da non si sa quanti minuti, ovviamente ci sarebbe stata la pausa, la votazione e poi la proclamazione dei vincitori, ogni anno era così.
Rachel era tesa, passeggiava avanti e dietro torturandosi le mani, Dave era seduto dalla parte opposta della stanza, rispetto a Sebastian, ogni tanto incrociava il suo sguardo ma nessuno dei due sorrideva.
Blaine e Kurt erano seduti su una poltroncina, entrambi fissavano il vuoto, mentre Brittany e Santana parlottavano in un angolo.
Solo le due ragazze sembravano apparentemente tranquille, sebbene la tensione si potesse leggere negli occhi della ispanica. Solo la biondina sembrava proprio spensierata.
Dave si alzò rapidamente da dove era seduto, non riusciva più a stare fermo e Rachel che passeggiava avanti e dietro cominciava a mettergli ansia.
- Miss Berry si sieda per favore.-
Rachel guardò Dave, stupita per l’appellativo, rimase ferma al centro della stanza, fino a che l’altro non la trascinò a sedere dove prima era seduto lui.
La porta si aprì di scatto facendo sobbalzare tutti, la testa del presentatore fece capolino nella stanza, fissò i volti dei ragazzi e sorrise.
- Le premiazioni stanno per avere luogo, vi prego di accomodarvi sul palco.-
Fu difficile far mantenere la calma, i ragazzi erano talmente tesi che quasi rischiavano di inciampare nei loro stessi piedi mentre si alzavano, raggiunsero la porta e si accalcarono per uscire. Uno schiocco di dita di Santana richiamò l’attenzione di tutti, guardò i ragazzi ad uno ad uno, sbuffando.
- Perché non provate ad uscire uno per uno? Magari ci riuscite.-
I ragazzi si guardarono in imbarazzo, sistemarono le giacche ed uscirono uno per uno, con calma.
Brittany saltellò dietro Santana e gli ultimi a lasciare la stanza furono il supplente e Sebastian. Kurt e Blaine lanciarono un’occhiata a Dave, mentre si preoccuparono di trascinare Rachel fuori dalla porta per lasciarli da soli. Avevano a disposizione qualche secondo prima che le premiazioni cominciassero.
Sebastian si avvicinò a Dave sorridendo, sfiorò la sua mano delicatamente posando un leggero bacio sulle sue labbra. Il supplente si guardò intorno preoccupato, tranquillizzandosi quando vide la porta accostata.
- Allora… ti siamo piaciuti?-
La mano di Dave afferrò quella di Sebastian sorridendo.
- Sì mi siete piaciuti, ma tu più di tutti gli altri.-
Avrebbe voluto stringerlo, baciarlo. In quei giorni a malapena si erano parlati, incontrarsi a scuola era diventato pericoloso e poco sicuro. Lo studente parve leggere i suoi pensieri, si avvicinò all’altro cingendo i suoi fianchi con le mani e tirandolo a sé lentamente. Quando le sue labbra si posarono su quelle dell’altro, fu come una continua esplosione di fuochi d’artificio. Dave posò le mani sul suo petto, non potendo evitare di farsi trascinare contro la porta. Grugnì quando la schiena urtò la maniglia, grugnito che fu soffocato da un altro bacio dell’altro, sempre più appassionato.
- Mi sei mancato.-
Le parole di Sebastian fecero sorridere il supplente, buttò le braccia intorno al suo collo e prese a baciarlo con più foga di prima. Le mani di entrambi erano desiderose di altro, i respiri di entrambi si fecero più pesanti. Fu Dave il primo a ritornare lucido. Spinse via Sebastian, con delicatezza, cercando di non cedere alla tentazione di non smettere.
Quando la campanella risuonò per il teatro, entrambi tornarono alla realtà, lo studente sbuffò ed uscì dalla stanza di corsa, non prima di aver dato un altro bacio al supplente, che rimase nel camerino ancora per un po’.
Quando uscì, si avviò velocemente sul palco, dove il gruppo di Warblers lo aspettava con ansia. Rachel e gli altri erano tornati in platea, sembrava che tutti loro avessero il fiato sospeso in attesa del verdetto.
Quando il presentatore si fermò al centro del palco, gli occhi di tutti si posizionarono su di lui, poco dopo li raggiunsero i giudici, che si spostarono ad un lato del palco, accanto al tavolo dei trofei.
Una piccola presentazione fu poi seguita da un rullo di tamburi, rullo che fu accompagnato dal battito cardiaco di tutti i ragazzi del Glee.
Il terzo classificato, come era prevedibile, era il Glee di una scuola privata nei pressi di Toledo, erano un coro polifonico piuttosto bravi a cantare i loro pezzi, ma la mancanza di coreografia era inevitabile che li penalizzasse molto. Sebastian applaudì educatamente, applauso che fu seguito da tutti gli altri Warblers.
Dave chiuse per un attimo gli occhi, lanciò uno sguardo a Blaine e Kurt in platea, i due ricambiarono il suo sguardo alzando due pollici in aria. Ma come facevano ad essere così tranquilli?
- Quest’anno è successa una cosa che di rado succede, l’ultima volta se non sbaglio, accadde molti anni fa, sempre ad uno dei Glee presenti in questa competizione.-
Aprì la busta lentamente, Sebastian non capiva, aggrottò le sopracciglia e incrociò lo sguardo di Dave, che ricambiò con la stessa medesima confusione. Deglutì guardando il presentatore, che dopo aver letto i nomi sul foglietto, sorrise verso la platea.
- Il Primo posto spetta a…-
Altro rullo di tamburi, Dave era quasi sicuro di dare di matto se avesse sentito nuovamente quel sono, era snervante e irritante.
- Ai Warblers della Dalton Accademy e alle Crawford Girls della Crawford Country Day!-
Dave deglutì di nuovo e spalancò la bocca per la sorpresa, entrambi i Glee si ritrovarono a festeggiare, mentre venne anche nominato il Glee che si era guadagnato il secondo posto, ma nessuno di loro ne sentì il nome. Il trofeo fu consegnato alle ragazze, con grandi occhiate di disapprovazione da parte dei ragazzi. Sebastian si fece avanti per stringere la mano della capo gruppo delle Crawford, la ragazza ricambiò sorridendo, un sorriso falso e quasi maligno.
- Allora sapete cantare e mettere insieme due passi di danza decenti.-
La frase della Crawford venne accolta da un grosso sorriso da parte di Sebastian.
- Stupita, gioia? Marilyn Monroe si sarà rivoltata nella tomba per la vostra esibizione, invece.-
La battuta fece ridacchiare la ragazza.
- Ho saputo che la famosa Rachel Berry vi ha dato una mano a prepararvi per la competizione, almeno noi siamo in grado di raggiungere un buon risultato senza l’aiuto di una super star di Broadway.-
Il Warblers fu rapidamente raggiunto da Thad e Jeff che guardarono la Crawford Girl con un certo astio negli occhi.
- Hai assolutamente ragione, veramente abbiamo provato anche noi a mettere in mostra le nostre grazie, ma come ben vedi non siamo molto forniti.-
Indicò il suo corpo con un sorriso.
- A parte Trent, ma lui è appetibile solo per pochi intenditori. Sono proprio curioso di vedere cosa improvviserete per le Nazionali, di sicuro risparmierete molto sui costumi.-
La ragazza fece per parlare, forse l’ultima frase l’aveva davvero punta sul vivo, o forse no. Preferì non scoprirlo.
- Risparmia le parole dolcezza, vi lasciamo anche quel pezzo di latta che voi chiamate “trofeo”, preferiamo festeggiare e stringere tra le mani, quello che vinceremo alle Nazionali.-
Salutò la ragazza ammiccando, allontanandosi seguito dai due Warblers. Non fece in tempo a muovere qualche passo che la voce di una ragazza lo fece fermare, ma non chiamava lui, chiamava qualcun altro.
- Jeff… posso parlarti?-
Era carina: bionda occhi azzurri, con quel trucco magari esagerato che non le stava proprio bene. Doveva saperlo anche lei visto il modo in cui sembrava essere a disagio. Mosse alcuni passi verso il gruppo dei tre, Jeff fece per voltarsi e riprendere a camminare, ma fu costretto da Sebastian a rimanere e ascoltare cosa la ragazza aveva da dire. Dave mosse alcuni passi verso di loro, gli altri Warblers erano tornati saltellando in camerino, Sebastian si voltò verso di lui, lasciando Jeff da solo con la ragazza. Thad lo seguiva da dietro come un cagnolino, cosa che infastidì l’altro.
- Il tempo di cambiarvi e possiamo andare.-
Dave avvisò lo studente lanciando anche un’occhiata all’altro Warbler, voltò loro le spalle e si avviò verso Kurt e Blaine che aspettavano ai piedi del palco.
Avrebbe voluto sapere cosa avevano scoperto, il problema era la presenza delle altre tre ragazze che cominciarono ad insistere per andare a mangiare qualcosa insieme. Dopo tutto se i Warblers avevano vinto era stato anche merito loro. Il supplente non poté rifiutare, annuì sorridendo e li seguì verso l’uscita del teatro. Sapeva che gli occhi di Sebastian erano incollati su di lui, nonostante tutto decise di non ricambiare il suo sguardo. Avrebbe avuto tempo e modo per parlare con lui più tardi, almeno lo sperava.
 

 
 
La cena fu consumata in uno dei ristoranti più chic di Westerville, era stata poi gentilmente offerta da Rachel, per festeggiare il suo ennesimo successo a Broadway. Kurt e Blaine avevano confermato che era stata grandiosa, aveva avuto la parte della protagonista nel “Fantasma dell’Opera”, che lui ovviamente, non sapeva neanche di cosa parlasse.
- Allora se vuoi te lo posso riassumere in breve.-
Rachel era così entusiasta che non riuscì a dirgli di no, soprattutto dopo aver notato le occhiatacce annoiate di Santana, Kurt e Blaine. Brittany era rimasta a sentirla facendo di tanto in tanto qualche domanda, mentre gli altri preferirono parlare della vittoria dei Warblers. Dave a malapena ascoltò ciò che Rachel aveva da dire, si ritrovò ad annuire ad ogni cosa, lasciando a Brittany l’onore di fare domande, concentrandosi su ciò che i suoi amici avevano da dire sul gruppo di studenti.
- Hanno talento non lo nego, ma potrebbero fare di meglio.-
Blaine sorrise orgoglioso, alle sue parole seguì un cenno di assenso di Kurt e una smorfia di Santana.
- Penso siano stati molti bravi, quel Smythe sa come dirigere il gruppo e la sua lingua tagliente non mi dispiace.-
A quanto pare anche loro avevano seguito il battibecco tra il solista e l’avversaria.
- Forse pecca un po’ troppo di superbia, potrebbe portare il gruppo a sottovalutare la prossima sfida.-
Il dubbio di Kurt fu seguito da un cenno di assenso dell’Ispanica, Dave si morse il labbro inferiore, avrebbe voluto ribattere ma doveva ricordarsi che solo Kurt e Blaine sapevano di lui e Sebastian e rispondere con Santana presente, avrebbe attirato su di lui l’attenzione della ragazza e sicuro come la morte, avrebbe scoperto tutto.
Non era riuscito a nasconderle di essere gay, dubitava di poterle nasconderle altro.
- Tutto bene Dave?-
L’ispanica inarcò un sopracciglio, anche Rachel smise di parlare guardando il ragazzone, preoccupata. Gli sguardi degli altri due si posarono su di lui, li guardò allarmato uno per uno, probabilmente era caduto nel suo solito stato di trance.
- No, no. Tutto ok. Sono solo un po’ stanco.-
Nessuno di loro ebbe nulla da dire, stranamente neanche Santana, che però guardò Dave, perplessa. Il supplente si lasciò scivolare ad un dolce torpore, sopportando con pazienza la fine della cena, desiderando di essere a casa in quel preciso istante. Rachel voleva aggiornarli tutti sul suo rapporto a distanza con Finn e Dave poté staccare il suo cervello, le emozioni di quel giorno erano state davvero troppo per lui. Si accorse di tenere a quel gruppo di ragazzi più di ogni altra cosa e le tensioni di quei giorni, le aveva subite come le avevano subite loro.
Quando finirono la cena raggiunse rapidamente la sua auto, Kurt e Blaine avrebbero riportato le ragazze a Lima, perciò neanche in quel momento sarebbe stato possibile parlare da soli.
Mise in moto la macchina sospirando, cercando di placare la sua curiosità crescente e partì velocemente verso Lima.
Rientrò in casa che era mezzanotte passata, posò le chiavi sul tavolinetto all’ingresso senza far rumore, spostando il suo sguardo verso l’unica fonte di luce che proveniva dal salotto: il televisore era acceso ed una figura sdraiata sul divano, respirava rumorosamente.
Il supplente si avvicinò lentamente senza far rumore, suo padre dormiva sdraiato su un fianco, indossava il pigiama e sotto il braccio teneva fermo il telecomando, doveva sicuramente essere crollato mentre aspettava il suo ritorno. Da quando aveva saputo del matrimonio improvviso con Melina, non si erano più parlati. Lui rincasava tardi apposta per non incrociare nessuno dei due, ed usciva presto la mattina riuscendo a malapena a salutarli. Per quanto Paul si sforzasse, non riusciva mai a prenderlo in disparte per parlargli e quello era l’ennesimo tentativo andato a male.
Si sentì leggermente in colpa per quel suo comportamento, cominciava a vederne l’ingiustizia, mentre l’uomo aprì e chiuse la bocca come per dire qualcosa, nel sonno.
Prese una coperta di pile da dentro il baule nella sua camera e la portò di sotto, posandola delicatamente su di lui, spense il televisore e ritornò in camera, senza far rumore.
Suo padre per lui c’era sempre stato, lo aveva difeso a spada tratta da sua madre, lo aveva supportato al liceo quando fu decretato responsabile degli attacchi di bullismo contro Kurt. Lo aveva giustificato e difeso più che poteva, non riuscendo a credere che suo figlio, il suo ragazzo, avesse fatto una cosa del genere. Aveva sempre creduto in lui, lui invece cosa stava facendo? Lo stava abbandonando in un momento delicato. S’infilò sotto le coperte cercando di soffocare i sensi di colpa, non aveva diritto di comportarsi in quel modo, non aveva diritto di arrabbiarsi, dopo tutto Paul aveva ancora una vita da vivere e non doveva di certo giustificarla con lui.
Si addormentò pensando a cosa avrebbe detto il giorno dopo, a come chiedergli scusa per il comportamento scorretto delle ultime due settimane. Si rigirò a pancia in giù, chiudendo gli occhi, era inutile pensarci in quel momento, sperava solo di non esser arrivato a quella conclusione, troppo tardi.
Inutile dire che la notte la passò nella completa agitazione, agitazione che aumentò quando si risvegliò il giorno seguente ad un orario improponibile e soprattutto, trovandosi solo in casa. Di suo padre, nemmeno la traccia. Provò a chiamarlo al cellulare e quando lo sentì suonare in casa, comprese che l’aveva dimenticato a casa. Melina non rispondeva al suo, cosa che non fece altro che far aumentare la sua agitazione. Doveva calmarsi, prima o poi sarebbero tornati, ma cosa sarebbe successo se non fossero tornati affatto? Battè le mano contro la fronte, doveva smetterla di fare quei pensieri assurdi. Pranzò in cucina preparando un pasto al microonde, tenendo la tv accesa per cercare di non pensare, si concentrò sul telegiornale del giorno, con scarsi risultati. Non si mosse dalla cucina, facendo zapping per tutto il pomeriggio e tenendo il telefono a portata di mano in caso Melina avesse richiamato. La porta di casa si aprì tardo pomeriggio, suo padre entrò ridendo insieme a Burt, il padre di Kurt. Entrambi posarono diverse borse a terra, vicino il divano, a quanto pare erano andati a fare la spesa insieme. Di Melina nessuna traccia. Suo padre sembrava rilassato, cominciò a parlare con Burt di una qualche partita che sarebbe cominciata di lì a poco e dopo averlo lasciato seduto sul divano, si recò in cucina per prendere un paio di birre.
- Ciao papà.-
Il saluto di Dave fece sobbalzare l’uomo, che chiuse velocemente la porta della cucina e fissò il figlio con gli occhi sgranati. Di certo non si aspettava di vederlo lì, quello era chiaro, probabilmente non si aspettava nemmeno che gli rivolgesse la parola.
- Dave. -
Abbassò lo sguardo e tirò dritto verso il frigo.
- Possiamo parlare?-
Paul evitò accuratamente il suo sguardo, prese due birre dal frigo e fece per tornare in salotto costringendo Dave a sbarrargli la strada prima che potesse raggiungere la porta.
- Tipo… adesso?-
L’altro continuò a tenere lo sguardo basso, sospirò e cercò di oltrepassare il figlio.
- C’è Burt di là, ci stiamo preparando per guardare la partita, magari più tardi.-
La risposta gelida fu come un pugno allo stomaco ma decise di non demordere, rimase fermo dov’era, incrociando le braccia al petto.
- Per favore papà. È urgente.-
L’uomo posò le birre sul tavolo, si appoggiò poi contro di esso passandosi una mano sul volto.
- Quando per te è urgente, io devo essere disponibile. Quando invece sono io che voglio parlarti, non c’è urgenza che possa tenerti fermo un minuto.-
Il supplente sapeva che suo padre aveva ragione, che non era obbligato a stare a sentirlo, non dopo il modo in cui l’aveva trattato in quelle settimane. Deglutì a fatica cercando di non cedere, di non spostarsi da davanti la porta e di non lasciargli la via libera per fuggire nella stanza accanto. Sentì distintamente il televisore accendersi, il volume alzarsi, e la voce del telecronista, commentare il pre - partita.
- Hai ragione, non hai motivo per starmi a sentire ma… ti prego. Non andartene.-
Paul alzò lo sguardo incontrando finalmente gli occhi di Dave, ridusse le labbra ad una fessura, smorfia che l’altro non seppe come interpretare, fece il giro del tavolo rotondo e si sedette alla prima sedia che trovò, opposta al figlio.
- Siediti.-
Dave eseguì, passarono alcuni secondi di silenzio prima che cominciasse a parlare, secondi in cui Paul lo fissò senza abbassare più lo sguardo. Nei suoi occhi si leggevano chiari, i sentimenti che a quanto pare lo avevano attraversato in quei giorni: rabbia, dolore, magari delusione.
- Papà, sono stato un emerito idiota. Mi hai sempre sostenuto, difeso, hai sempre creduto in me. Io invece ho dubitato di te senza neanche lasciarti modo di spiegare.-
Paul fece per aprire bocca, ma Dave lo interruppe alzando la mano.
- So di non essere il figlio perfetto, di non meritarmi il tuo affetto e nemmeno il tuo perdono. Avrei dovuto capire che il tuo silenzio era giustificato dalla tua intenzione a non voler ferire i miei sentimenti e l’ho capito solo ora. Mi sento malissimo al pensiero di non essere stato un sostegno per te, di averti solo puntato il dito contro accusandoti di avermi tenuto nascosto questa relazione. Hai tutto il diritto di rifarti una vita, e sono felice che tu abbia scelto una donna fantastica come Melina. Vorrei…-
Alzò lo sguardo verso quello del padre.
- Vorrei chiederti scusa, farmi perdonare in qualche modo. Per me non sei solo un padre, sei il mio migliore amico. Mi sono comportato male sia come figlio, che come amico e questo mi distrugge dentro. So che non mi perdonerai, probabilmente non questa volta.-
Abbassò di nuovo lo sguardo, le mani sul tavolo che tremavano insieme al resto del corpo. Paul schiarì la sua voce, passarono alcuni secondi prima che parlasse, secondi che per Dave sembrarono eterni.
- Hai ragione, non sono obbligato a perdonarti e non lo farò.-
Qualcosa si spezzò dentro Dave, dopo tutto, se l’era cercata, ma il dolore di aver potuto perdere la fiducia di suo padre, aver perduto il suo affetto, cominciò a lacerarlo dentro.
- Perché non hai nulla da farti perdonare.-
Alzò rapidamente lo sguardo, Paul lo guardava sorridendo, quel sorriso intenerito e carico d’amore che solo un padre o una madre riesce a riservare al figlio. Si alzarono entrambi e in un attimo, finirono dritti nelle braccia dell’altro, singhiozzando rumorosamente. Dave ringraziò mentalmente Burt per aver alzato il volume del televisore, almeno i loro singhiozzi non si sarebbero sentiti nella stanza accanto.
- Non devi chiedermi scusa Dave, anche io ho sbagliato. Avrei dovuto dirtelo subito, farti partecipe di ogni cosa. Da quando sei andato via per New York, mi sono sentito abbandonato.-
Dave strinse ancora di più suo padre, entrambi sapevano il motivo per cui era andato via, non ci furono bisogno di altre parole, rimasero stretti in quell’abbraccio che diede il via ad un dialogo silenzioso che cancellò in un attimo il dolore e l’angoscia provati in quelle settimane.
- Allora…-
Paul sciolse l’abbraccio asciugandosi le lacrime, cosa che fece anche Dave.
- Vuoi farmi da testimone?-
Quella domanda lasciò l’altro interdetto per alcuni secondi, annuì poi con un piccolo sorriso. Il minimo che poteva fare quel giorno, era rimanergli accanto in quello che sperava, sarebbe diventato il giorno più bello della sua vita. Furono interrotti da qualcuno che spalancò la porta di colpo, Dave si voltò di scatto ritrovandosi faccia a faccia con Melina, lo sguardo perplesso che andava dall’uno all’altro. Il suo sorriso si aprì quando notò gli occhi gonfi e rossi dei due, giunse le mani al petto con un sorriso e indietreggiò lentamente.
- Ero venuta a prendere una birra per Burt, ma vedo che sto interrompendo qualcosa. Ripasso più tardi.-
Dave fermò Melina afferrandole la mano.
- Non andare. Devo… devo le mie scuse anche a te.-
Arrossì lasciando andare la mano dell’altra. La donna si avvicinò e senza dire nulla lo abbracciò dolcemente. Dave si chinò leggermente verso di lei per permetterle di cingergli il collo con le braccia, la donna lo strinse per alcuni secondi lasciandogli poi un sonoro bacio sulla guancia.
- Non mi devi nulla. Sono felice che le cose siano tornate a posto tra di voi. Spero tu mi possa accettare come tua… matrigna.-
Il sorriso timido sul volto di lei, venne ricambiato a pieno dall’altro.
- Matrigna suona male, di solito le matrigne sono cattive. Diciamo che diventi la mia nuova mamma.-
La donna si aprì ad una risata, alla quale si unirono anche gli altri due. Dave sentì un macigno levarsi dal cuore, sentì finalmente il calore avvolgerlo e per la prima volta, si sentì davvero a casa.
Si rese conto che casa non era solo un posto dove sentirsi sicuro, ma che casa diventava quel posto dove c’erano quelle persone in grado di farti sentire in quel modo e quel posto adesso era a Lima non a New York.
Lasciò che suo padre tornasse in salotto da Burt, aiutò Melina a preparare un paio di spuntini per loro due e corse poi di sopra a chiamare Sebastian. Era il primo e l’unico con il quale voleva condividere quella notizia.
Prese il telefono e compose il suo numero che ormai sapeva a memoria. Il telefono squillò a lungo prima che l’altro rispondesse, e quando rispose, gli sembrò affaticato: aveva il fiato corto, come se stesse correndo.
- Ciao Bas… ti disturbo?-
Sebastian non rispose se non dopo aver ripreso fiato.
- No figurati, ero ad allenamento.-
Il supplente rimase spiazzato, non sapeva che avesse allenamento di Sabato.
- Ci hanno imposto una sessione straordinaria perché alcuni di noi li hanno saltati ieri per via delle Regionali.-
Dave non indagò oltre, la voce di Sebastian era sempre la stessa e quando finì di riprendere fiato, tornò giocosa e scherzosa come sempre.
- Allora, qual buon vento? Di solito non mi chiami mai a quest’ora, hai deciso di provare il sesso telefonico?-
Dave si lasciò andare ad una risata.
- A quest’ora? Se avessi voluto una cosa del genere non credi ti avrei chiamato a notte fonda?-
Continuarono a parlare in questo modo per alcuni minuti, e ci volle tutta la forza di persuasione di Dave per convincere l’altro a cambiare discorso, riuscendo finalmente a raccontargli cosa era successo poco prima in cucina.
Sebastian ascoltò in silenzio, commentando con qualche verso interessato, il resoconto dell’altro.
- Insomma tuo padre si sposa, tu farai da testimone e vivrete per sempre felici e contenti, giusto?-
Il supplente sospirò.
- Più o meno! Senti, avrei bisogno di chiederti un favore.-
- Qualunque cosa.-
Il ragazzone sorrise, sentendosi di colpo uno stupido adolescente in preda alla sua prima cotta, le attenzioni che Sebastian gli riservava, ancora lo lusingavano.
- Mi piacerebbe se i Warblers cantassero al ricevimento.-
Sebastian mugugnò pensieroso e Dave incrociò le dita, era anche un modo per poter stare con lui passando inosservati. Dopo tutto non era così strano che il gruppo di studenti volesse cantare al matrimonio del padre del loro insegnante preferito, almeno sperava.
- Penso sia possibile. Un piccolo allenamento in vista delle Nazionali. Sono sicuro che gli altri saranno d’accordo.-
- Ottimo, allora … devo fare una richiesta per iscritto, signor Solista capo dei Warblers?-
Sebastian rimase in silenzio per un secondo.
- Nessuna richiesta scritta. Ovviamente… la prestazione richiede un pagamento…-
Dave non ci aveva pensato, ma non era un problema, dopo tutto preferiva pagare loro piuttosto che ingaggiare e pagare un gruppo di intrattenimento che non conosceva.
- Ovviamente in natura e ovviamente solo al sottoscritto.-
- Ok Seb, buon resto della serata!-
L’altro ridacchiò.
- Cosa avrò detto mai! Pensavo ti piacesse parlare con me.-
- Non quando dici cose di questo tipo.-
- Ok.-
Caddero in uno strano silenzio, che per Sebastian forse era naturale, ma che Dave sentiva con imbarazzo. Sarà stato per il momento passato prima con suo padre, seguì semplicemente la scia delle emozioni provate, aprendo bocca e dicendo l’ultima cosa che mai si sarebbe aspettato di dire.
- Ti amo.-
Il silenzio che seguì dopo, fece gelare il sangue nelle vene di Dave. Sebastian non rispose, ma era chiaro che fosse ancora in linea, in sottofondo poteva sentire il rumore di qualcosa, magari fruscio di abiti?
- Ci sentiamo più tardi ok?-
Dave deglutì, aveva rovinato tutto, come suo solito. Non poteva stare zitto?
- Ok … ciao allora.-
Non fece in tempo a finire la frase, che la chiamata fu interrotta. Posò il telefono sul letto con cautela, come se fosse una bomba che potesse esplodere da un momento all’altro. La felicità dovuta alla riappacificazione con suo padre, fu spazzata via da quella strana telefonata e la non risposta dell’altro. Prese il telefono e chiamò Kurt, aveva immediato bisogno di un caffè e di buon amico.    


 
 
La caffetteria del Lima Bean era piena come ogni Sabato pomeriggio, da che lui ricordava, era sempre stato così. Il sabato poi era sempre pieno di studenti, giovani famiglie che corrono alla ricerca di una buona cioccolata calda o di una qualsiasi bevanda, oltre che di un comodo posto a sedere, e di gruppi di amici in cerca di un buon caffè.  Kurt e Dave a fatica trovarono un tavolino per loro due, occupandone uno appena liberato da una coppietta. Dave strinse con forza il suo caffè mentre osservava Kurt girare il suo latte con una cannuccia.
Cominciò a muovere il piede in ansia, per tutto il tempo era rimasto in attesa di un messaggio da parte di Sebastian, messaggio che non era arrivato. Si trovava dopotutto agli allenamenti, non poteva sbilanciarsi per telefono se fossero stati presenti i suoi compagni, anche se era solito allontanarsi quando rispondeva al telefono. Ma perché non mandargli un messaggio? O non rispondere a quello che gli aveva mandato poco dopo?
- Ricapitolando, gli hai detto che lo ami e lui non ha risposto.-
Dave annuì.
- Non so che dirti, forse si è sentito imbarazzato. Magari lui non prova lo stesso per te, o meglio…-
Kurt ritrattò le sue parole di fronte l’espressione sconvolta di Dave.
- Magari lui prova lo stesso ma non ancora se ne rende conto. Non è troppo presto per dire cose del genere?-
L’altro sbuffò.
- C’è un’età e un tempo anche per questo?-
Kurt scosse la testa.
- Prima di stare con te, non mi pare che Sebastian abbia mai avuto un rapporto solido e duraturo.-
- L’ha avuto con Harwood.-
Il soprano sbatté la mano contro il viso.
- Dave ascoltami, sono adolescenti, probabilmente il loro unico rapporto serio è quello avuto con il proprio compagno di classe, durato al massimo qualche mese.-
Il supplente sorseggiò il suo caffè poco convinto dalle parole dell’amico.
- Che vuoi pretendere da un ragazzo di 17 anni? A quell’età si pensa solo a divertirsi.-
L’altro inarcò un sopracciglio.
- Tu e Blaine siete stati un’eccezione?-
Kurt annuì.
- Ovviamente. Guarda Rachel e Finn, hai visto quante volte si sono lasciati e presi, come Santana che si è passata tutta la scuola prima di mettersi con Brittany.-
Possibile che Sebastian fosse come gli altri? Non era possibile. Lui era diverso. Il suo aspetto e magari i suoi atteggiamenti potevano farlo apparire un adolescente menefreghista, interessato solo a godersi la vita e prendere voti decenti a scuola, ma nessuno conosceva l’anima tormentata che si nascondeva dietro l’apparenza.
- Considera che è molto più piccolo di te, ha una visione diversa magari del rapporto di coppia. Magari lui non pensava sareste arrivati a questo punto.-
Dave non rispose, non sapeva più che pensare. Giocherellò con il bordo del suo bicchiere evitando lo sguardo di Kurt. Sebastian non era il tipo inconsapevole di cosa avveniva intorno a lui, era sicuro di sé proprio perché aveva il controllo di ogni singola cosa accadesse intorno a lui. E se non l’aveva, usciva fuori di testa. E non sembrava essere quel caso.
- Sì, forse hai ragione.-
Kurt parve soddisfatto di quella risposta, Dave non aggiunse altro e nemmeno espresse i pensieri che continuavano a vorticare nella sua mente.
- Quindi dicevi di tuo padre?-
La domanda di Kurt riaccese il sorriso sul viso di Dave, dopo tutto era importante che i rapporti con suo padre fossero tornati come prima, se non meglio di prima. Raccontò lui della loro piccola conversazione e del suo impegno a voler organizzare il matrimonio. Melina ne era stata entusiasta, tutto pur di vedere felice Paul e di vedere Dave coinvolto nel loro progetto di vita insieme.
- Il problema è che non so da dove cominciare.-
Paul aveva acconsentito a lasciargli organizzare il tutto spinto da Burt, che ricordò con le lacrime agli occhi, come il suo matrimonio fosse stato perfetto grazie a suo figlio. Dave però non era Kurt. Alzò lo sguardo verso l’amico sperando che cogliesse la sua richiesta di aiuto.
- Nessun problema, ti guiderò io. Tornerò a New York per qualche giorno, giusto il tempo di … fare alcune cose, e poi sarò tutto tuo.-
Dave si strofinò le mani con fare malvagio.
- Tutto mio? Potrei approfittare di questa frase, sai?-
Kurt gli tirò un pugno sul braccio che l’altro a malapena sentì.
- Se ti sente Blaine ti fa a pezzi.-
- Lo sai che scherzo! Ma cosa devi fare a New York? Un’altra audizione?-
Kurt scrollò le spalle con fare enigmatico.
- Più o meno. Senti poi, riguardo ciò che ho scoperto nell’ufficio del Preside…-
Dave si fece tutto orecchi, si era quasi scordato di quella piccola ricerca che aveva commissionato ai suoi due amici.
- Ho solo ritrovato strane ricevute di bonifici bancari, io e Blaine abbiamo le copie e controlleremo il tutto nel giro di un paio di settimane.-
Il supplente inclinò la testa di lato senza capire.
- Suo padre conosce alcuni banchieri della zona che possono aiutarci nella nostra piccola ricerca. Faremo un lavoro pulito.-
Quando Kurt parlava in quel modo, era preoccupante, ma quali alternative aveva? La Dalton nascondeva segreti piuttosto interessanti, almeno secondo lui ed immaginava che la maggior parte di quei segreti, ruotasse anche intorno alla vita di Sebastian. Motivo in più per indagare. Quell’ambiente così perfetto, dopotutto, non poteva non avere i suoi scheletri nell’armadio. Giocherellò di nuovo con il bordo del bicchiere e guardò Kurt negli occhi.
- D’accordo.-
Il suo amico si rilassò spostando la schiena contro lo schienale. Prese la borsa ed estrasse il suo iPad, Dave mugugnò qualcosa, indovinando cosa l’amico avesse intenzione di fare. Sbatté la testa contro il tavolo, mentre un sorridente Kurt cominciò ad armeggiare con la tavoletta.
- Ora… che ne dici di organizzare questo matrimonio?-
 


Ok ok come potete ben vedere sono tornata. 
Non so se questo capitolo vi piacerà, è incentrato molto sul rapporto Paul/Dave e niente... 
Ho cercato di immaginare come potesse essere il rapporto tra loro due, che già nel telefilm sembra essere stupendo. 

Mi dispiace non aver aggiornato fin'ora ma... tra lavoro e eventi che hanno sconvolto abbastanza la mia vita, non ho avuto tempo. 

Spero che il capitolo vi piaccia e che siate in tanti a commentare ( o che almeno torniate a commentare voi mie adorabili recensori <3 )

S.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1022627