Background Music: Broken Open di Kallia Starsshine (/viewuser.php?uid=184873)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Feeling 1 ***
Capitolo 2: *** Feeling 2 ***
Capitolo 3: *** Feeling 3 ***
Capitolo 4: *** Feeling 4 ***
Capitolo 1 *** Feeling 1 ***
Broken open
Broken Open (background music)
Salve!
:D
Questa
non è una songfic nel senso canonico del termine, ma dalla canzone di Adam
Lambert 'Broken open' (la mia preferita fra le ballate) trae le
sensazioni che mi hanno portato a raccontare questa storia.
Devo come doveroso
specificare che non intendo dare di Adam Lambert una
rappresentazione reale
della sua personalità e non ho scopo di lucro nell'utilizzare il suo
nome!
Che
questa fic sia bella
non lo posso dire io ovviamente, quindi in attesa di rispondere alle
vostre recensioni (vi preeego non lasciatemi solaaaa!^.^),
vi auguro
buona lettura, e come mia abitudine, vi lascio tre baci.
Have a nice reading!
Feeling 1
<
Notte da cuori infranti, come una ballata di Adam Lambert… Pesante come
Sleepwalker, eppure frivola e impalpabile, eterea ed
evanescente
come Broken open… e con il protagonista in preda al dolore più antico e
più entusiasmante del mondo, che ti fa chiedere ancora e poi cedere al
masochismo della disperazione: la pena d’amore… >
Come ho fatto a cascarci come
una pera cotta in questo modo?!!
Prima
me l’ha imbastita proprio bene, e adesso, dopo chissà che grasse risate
alle spalle del frocio che si beve qualunque cosa pur di fottere, si
scopa quella, più confortevole, di sicuro, una figa stratosferica che
stuzzica anche il suo ego da pavoncello borioso, certo…
Diiio, ma perché non riesco a
non stare da cani né a togliergli gli occhi di dosso, checca in calore
che non sono altro!!!
Per
giunta in pista, ubriaco al punto giusto per dire addio ai freni
inibitori, si sta scatenando Adam Lambert, dico, ADAM LAMBERT, mica uno
stronzo di frocio qualunque disposto a giurarti amore eterno pur di
prendertelo in bocca o mettertelo in culo, e io cosa? Non faccio altro
che starmene al bancone a fissare un bicchiere con poche gocce di
assenzio nel fondo, e i pochi neuroni ancora sobri nella testa che mi
ricordano quanto posso essere deficiente…
La
fata verde… Se fosse vera anche solo la decima parte della metà delle
cose che scrivono di lei, sarei già beato in un privé a stropicciarmi
con lui, andandomi di lusso insieme al suo biondino, che anche lui è
niente male davvero.
Invece
non è assolutamente vero che l’absinthium allenti le inibizioni come
nessun’altra pianta al mondo, quindi niente pomiciata consolatoria né
con Adam Lambert né con nessuno.
Mmmmmmm… Matsumoto, quel
pervertito della Sony Japan mi ha puntato di nuovo…
Cavolo,
Frankie potrebbe almeno degnarsi almeno per una volta a notte di
portare il fondoschiena da queste parti e giustificare lo stipendio che
gli
pago come mio agente impedendo certi approcci… Invece tocca sempre a me
pararmelo da solo da quelli come quel viscido vecchiaccio giapponese,
impotente e voglioso di culi maschili come nessuno sulla faccia della
terra…
Lo
respingo al mittente con cortesia (in fondo è il primo discografico del
Sol Levante e del l’intero mondo ad est dell’India, conviene tenerlo
buono se si ha voglia di provare a lavorare anche lì) indirizzandolo
verso chi so benissimo avrebbe apprezzato le sue richieste e mi ritrovo
di nuovo a far tappezzeria, una scialba tappezzeria grigia ornata
soltanto di pensieri nerissimi.
Ma lei lo saprà che al suo
ganzo fino all’altroieri piacevano i cazzi, e precisamente gli piaceva
da impazzire il mio?
Santo cielo! Che Silicon
Valley! E che scollatura da troia! Ma si crede all’ultima moda?
<
Notte che ispira leggerezze lascive, che invita a lasciarsi andare o a
rincorrere i fantasmi o i fumi della vita… Notte che consola, anche,
quando vuole, e ti tende una mano nella persona di chi non
immagineresti mai… >
Ehi…
Ma di chi sono i ghiacciai perenni che mi fissano indagatori?!!
Diiio,
devo proprio essere arrivato al capolinea, se non mi sono accorto che
Adam, esausto dopo aver ballato con tizio e caio fino a questo momento,
mi si è seduto accanto e mi osserva sfoderando il suo sorriso a
sessantaquattro carati, cioè denti abbaglianti come il loro possessore,
cercando di attirare la mia attenzione senza sembrare troppo diretto.
Se
ne sta lì, il gomito appoggiato distrattamente al bancone in attesa che
il barman gli prepari la caipirinha che ha chiesto, l’aria sognante e
un
po’ stralunata, ma dal tasso alcolico sicuramente alto e nel frattempo,
come non avesse altro da guardare, guarda proprio me.
E a me non dice proprio niente…
In
una situazione del genere, nei manga, il gocciolone utilizzato per
indicare il disappunto non entrerebbe nelle pagine doppie; qui, nella
realtà, invece, c’è soltanto la mia vocina grillo parlante che urla a
squarciagola: «Ma brutto coglione! Chissenefrega se è fedele e in
questo momento si vede con qualcuno! Dagli spago e anche il culo se ne
avrà voglia, e togliti quell’altro stronzo dalla testa!!!»
Non
so come riesco a dare retta a una rompipalle del genere e mi giro ad
incontrare i suoi occhi… Possibile che davvero un’ombra di sorpresa sia
passata attraverso le acque di quei ghiacciai?…
«Cos’ho? Il kajal che cola?» mi dispiace ma non riesco proprio a essere
più disponibile di così…
«No…»
la sua risposta arriva come sempre diretta, scanzonata, in
quell’accento californiano così tipico, ma sempre rispettosa delle
distanze con chi non conosce «… Solo mi chiedevo che ci fai in disparte
quando potresti essere il re della serata…»
Il re della serata? Un re senza
regina?
«… mmm, diciamo che non
sono in vena? Tu piuttosto… già stanco di fare il pavone?»
Adam
prende tutto sommato bene il brusco cambio di rotta che voglio dare
alla conversazione: sorride, e in quel sorriso rivela una punta di
malinconia che forse non è dovuta all’alcol che ha in corpo…
«… mmm, diciamo che non
sono in… arteria?»
Lo
guardo inarcando un sopracciglio… In arteria? Diio! Non fa ridere,
Lambert! Stai perdendo colpi, oppure il pubblico dell’Upright ha fatto
più danni dell’immaginabile, eppure la sua faccia semiseria mentre la
dice riesce lo stesso a strapparmi un sorriso dalla
faccia.
«Premesso che faceva schifo, la
battuta, dico… anche a te manca qualcuno?»
Sempre
più sorpreso Adam ribatte sghignazzando «Ehi, quello con la faccia come
il culo dovrei essere io…» poi, più serio «… Comunque sì, la Finlandia
non è esattamente dietro l’angolo… con tutti gli impegni per il nuovo
album che ho preso da qui all’eternità, poi… E anche lui con la radio
per cui lavora...»
Bé, almeno il tuo finlandesino
c’è, e non ti prende per il culo in malo modo…
«Ma torniamo a te, o io rischio
di affogarti in una valle di lacrime: che ci fai qui solo soletto in
mezzo a tanto ben di Dio?»
A proposito di facce… «Non ho
davvero voglia di divertirmi… Sono qui per lavoro, più che altro…»
E per macerarmi ciò che
resta dell’anima nel dolore e nella commiserazione… Deficiente che non
sono altro!!!
Involontariamente
devo aver fissato un po’ troppo la fonte della mia disperazione, perché
senza neanche accorgermi, mi trovo Adam vicino, ad altezza di sguardo,
perché ha avvicinato lo sgabello tanto da permettermi di annusare
quanto alcol ha ingurgitato, e con la mano sulla mia spalla.
«Ah!
Ecco perché!… L’hai dato a quel biondino una volta e poi surprise
surprise! Sono etero e tanti saluti… anzi forse nemmeno quelli…»
Ma come siamo loquaci con la
vita degli altri, stupido chiacchierone da fattoria!
Stizzito
mi giro e gli pianto addosso i miei ghiacciai inferociti, ma quello che
leggo nei suoi mi lascia per un attimo perplesso e smonta la mia
aggressività in un colpo…
Normalmente
non sono tenero con chi pretende di sapere quello che ti passa per la
mente, ma nello sguardo di Adam non c’è traccia di quella presunzione
spocchiosa che fa dire: dammi retta che ti conosco bene.
Piuttosto,
i suoi occhi esprimono partecipazione al dolore, e massimo rispetto,
come se mettesse in secondo piano il desiderio dei suoi ormoni di
provarci con me.
…
«Bé, non è andata esattamente così… Ma ci hai preso, in linea di
massima… Me l’ha praticamente scopata sotto il naso per dirmi che era
stata tutta una bolla di sapone… e che la bolla era esplosa in quel
momento…»
Inutile
resistere: Adam Lambert ispira confidenze… E non ho voglia di pensare
se ne valga la pena o meno, o che non è giusto nei confronti di un
fidanzato che non conosco nemmeno, non ho più voglia di pensare e
basta…
… e lo faccio…
Avvicino
le mie labbra alle sue e lo bacio… non assolutamente un bacio da
verginella ma nemmeno da puttana… premo soltanto le mie labbra sulle
sue abbastanza a lungo da sentirne il sapore… un sapore di alcol misto
ad aroma di dopobarba e balsamo per labbra alla vaniglia...
Poi mi scosto dal suo
viso e aspetto…
Già, ma cosa?
Che
reagisca da stronzo infilandomi la lingua dappertutto e le mani dove
dico io? Oppure che mi risponda «Sono fedele mi spiace…» con la sua
aria da bravo ragazzo responsabile che usa quando il due di picche è
nell’aria?
Invece
non fa nessuna delle due cose: si limita a sorridermi dolcemente e a
ricambiare il mio bacio con uno altrettanto dolce, timido quasi, come
se non volesse forzare la serratura ormai arrugginita di un cuore a
pezzi.
Mi
viene da piangere… Non lo faccio, ovviamente, solo… Adam è così bello,
invitante, per non dire sexy da schiantarti, e nonostante l’alcol che
ha in corpo riesce comunque a rimanere un gentleman, mentre
io,
invece, non riesco a uscire dal pantano di emozioni negative che mi
sbrana da dentro come avessi un verme solitario annidato nell’anima…
«Accidenti!… Non sono
abbastanza sbronzo…» impreco contro me stesso a voce bassa, ma non
tanto da non farmi sentire.
Adam
sorride e sceso dallo sgabello mi cinge la vita invitandomi a fare lo
stesso, e il tutto in silenzio, quasi che le parole potessero rovinare
l’accenno di intesa che si sta creando fa noi.
«Ci
sono passato anch’io» mi confessa d’un tratto passandomi il braccio
intorno alle spalle mentre insieme ci dirigiamo verso il terrazzo sotto
gli occhi invidiosi di molte delle ‘signore’ presenti. «Era il primo a
cui ho dichiarato di provare un sentimento per lui…»
«E lui?…»
«Si
è messo a ridere, dopodiché mi ha piantato lì, come se quella risata
avesse detto tutto al posto suo… Il tutto avveniva parecchi chili e un
bel po’ di anni fa…»
«Adesso
sarebbe assurdo anche solo pensare che una cosa simile possa accadere…»
commento io guardandolo negli occhi e ricevendo uno sguardo dubbioso in
risposta…
«Meno di quanto pensi… Il due
di picche è sempre in agguato…»
Che? Ma non è fedele? E al
momento fidanzato con il finlandesino?
«Strano, vero? Sentir dire una
cosa simile da uno che si proclama fedele e fidanzato?»
«Ma mi si legge tutto in faccia
stasera?!» esclamo ridendo cercando di stemperare la tensione.
Adam,
invece, non ha la minima intenzione di buttarla sul ridanciano e magari
tornare in pista per farsi una strusciata con me magari al ritmo di una
delle sue canzoni.
«È
che è un copione che ho già recitato e strarecitato, ogni volta che
provo a essere onesto con gli altri riguardo ai miei sentimenti per
loro… sentimenti non necessariamente d’amore fisico, intendo»
«Cioè?»
«In
questo momento ho davanti uno stupendo uccello del paradiso che sembra
godere a sguazzare nella pozza del sangue che sgorga dal suo cuore
ferito, e con nessuna voglia di uscirne a testa alta e mi sento
affascinato dalle sue splendide piume, ma non mi spiego perché vuole a
tutti i costi tenerle così arruffate e scolorite… E vorrei saperlo, il
motivo, perché in fondo sono una vecchia checca curiosa e pettegola… Ma
c’è sempre la possibilità che se te lo chiedo con più insistenza tu mi
mandi a farmi scopare sperando che mi entri in coma!»
E sottolinea teatralmente
l’ultima parte di frase indicandosi l’inguine con un’aria sconsolata…
Eccolo!
Bentornato Adam! Lambert l’istrione, pagliaccio e un po’ sbruffone mi
sta scrutando di sbieco con un ghigno eloquente, e io non posso fare a
meno di sentirmi meno spento.
«Vecchia non direi, quanto a
checca e pettegola, potremmo negoziare…»
In
questo momento vorrei che il tempo si fermasse, che nulla più esistesse
intorno a noi tranne, per rispetto, il suo finlandesino, forse, e che
potessimo rimanere così complici, intimi e in confidenza per sempre…
Ridiamo
della mia battuta come due ragazzini che ancora devono imparare che
gusto ha l’amarezza del dolore e a nessuno di noi due sembra sbagliato,
perché in fondo, quando non hai urgenza di riprodurti, anche questo può
essere considerato amore… una agrodolce e tenerissima sfumatura
d’amore, un sentimento che coinvolge tutto tranne gli ormoni…
A
ruota libera le considerazioni sulla vita di merda che ci tocca per non
prostituire i nostri sogni e su quanto valga comunque la pena essere se
stessi a dispetto di ogni contrarietà si rincorrono tra uno scherzo e
una battuta, e alla fine mi ritrovo a sorridere del mio pessimo umore
di qualche tempo prima.
«Non so se era di questo che
avevo bisogno, ma grazie del conforto… In fondo non eri obbligato a
farmi da balia…»
«Non
so se ci sono riuscito, a confortarti intendo, e della balia non hai
bisogno davvero, ma prego, non c’è di che… Mi ha fatto piacere se ho
potuto esserti d’aiuto… Ah… Lambert, Adam Mitchel. Piacere»
Sorrido
per l’assurdità della situazione (non c’eravamo ancora presentati,
formalmente quanto meno, ma chi può dire di non conoscere Adam Lambert?)
«Oh… Garrett, Phoenix… Piacere
mio»
«Beh,
mi ha fatto piacere stare in tua compagnia, Phoenix… Mi ha aiutato a
non cadere in depressione tirandomene fuori esagerando con l’alcol…
Domani registro per il nuovo album e almeno le mie corde vocali devono
essere sobrie…»
«Anche
a me ha fatto piacere rubargli la scena e i commenti delle regine del
gossip, e anche tu sei stato una compagnia fantastica… Fedele, ma
fantastica…»
Ci lasciamo così, scherzando
come vecchi amici, e io non mi sento più una vittima.
Ha deciso di darlo a una
biondona tutta tette rifatte e tacchi a spillo, anziché vivere i suoi
sentimenti onestamente?
Fattacci suoi, io non ne ho
colpa e non voglio più starci tanto male!!!
MAI PIÚ!!!
Preview:
Feeling
2 -
conosciamo il secondo protagonista della storia dopo
la guest appearance del cantante di Broken open
|
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Capitolo 2 *** Feeling 2 ***
Broken open
Broken Open (background music)
Feeling 2
- <
Notte che se tende una mano, tiene l’altra nell’ombra di un
palcoscenico… Attori di una notte a beneficio di che pubblico?… E cosa
si cela dietro il sipario di una simile opera buffa, che sa più di
grottesco nel fondo del suo dipanarsi… >
«Ma
Kevin, sei proprio sicuro che questa messinscena ti faccia bene?»
Lo
splendido ragazzo che risponde a quel nome fa
spallucce.
Efebico
e magrissimo, dai capelli di un biondo quasi intessuto di filigrana
d’oro, ed egli stesso apparentemente ricavato da un ultimo unico raggio
perduto da un sole morente, diresti che è il ritratto di qualche dio
dell’amore che abbia preso improvvisamente vita per rallegrare i
mortali… Oppure, molto più realisticamente, che una qualche sofferenza
lo stia erodendo come il vento di una tempesta spazza i granelli di
sabbia in un deserto…
«L’importante
è che riesca a odiarmi lui… per allontanarmi definitivamente dalla
testa e… dal cuore»
Chi
fosse andato veramente a fondo, in quella frase avrebbe forse potuto
percepire una frazione infinitesimale di esitazione nell’ultima parte,
vera quanto illusoria è la condizione di stabilità di quel ragazzo, che
pure appare determinato, nel tono della voce, neutro e opaco,
addirittura incolore mentre pronuncia quelle parole che sanno di
sentenza inappellabile con sicurezza, determinazione e quasi feroce
caparbietà, mentre il suo sguardo vaga intorno alla sala dove gli altri
si stanno divertendo, vuoto quanto cristallino ne è il colore.
Gli
occhi spenti di Kevin incontrano la scena di Phoenix e Adam che vanno a
prendere una boccata d’aria, stretti l’uno all’altro, apparentemente
complici, e quello sguardo infinitamente azzurro e infinitamente triste
si accende di un tenue barlume di gelosia, una fioca lucina che
rischiara debolmente il desiderio, ormai tabù per Kevin, che la sua
adorata fenice nera potesse dimenticarsi dell’accaduto
e perdonarlo… Una luce che dura non più di un millesimo di
secondo, inghiottita nuovamente dal freddo polare di un gelido cenno di
assenso di quegli occhi ora di ghiaccio.
«Ma
tu?…» insiste la biondona tutta tette e culo.
«Io?
Di che ti preoccupi? Sopravvivrò come è già successo, dopo l’incidente
e dopo il coma…»
«Ho
due ottimi motivi per avere a cuore il tuo bene e la tua salute
mentale: sai benissimo che ti voglio bene… E poi se pure non fosse, il
rapporto medico-paziente… Non dovresti dimenticarlo…»
Kevin
socchiude gli occhi, pensoso «…No Beverly… non torno indietro… Muoio
dalla voglia di correre da lui, chiedergli perdono per essere stato
così stronzo e rassicurarlo di non essere passato al ‘nemico’,
giurargli che non è vero che l’ho sempre preso per il culo in malo
modo, ma… Poi?… Concentrati su questo, dottoressa… Non ti pago per
altro!»
Considerando
conclusa la conversazione, Kevin gira sui tacchi, alti, come se la sua
statura da sola non bastasse a tener lontano dalla sozzura del mondo le
sue piume di uccello del paradiso agonizzante, e si appresta a
guadagnare la via di casa, lasciando Beverly a incipriarsi il naso alla
toilette, davanti allo specchio e sola.
Santo
cielo, che situazione! Mi sento così in colpa nei confronti di Phoenix,
povero ragazzo: anche se sembra essersi consolato con quel cantante,
sono sicura che ha sofferto e sta soffrendo da cani…
«Come
fai a guardarti ancora allo specchio, brutta stronza!!?»
Una
fata dalle ali nere, vestita in stile vagamente gotico, ma sicuramente
personale e personalizzato al massimo aggredisce in quel malo modo la
dottoressa Beverly Foster, terapista specializzata in recupero da atti
di violenza, ma alla quale Kevin si è rivolto più in veste di amico che
di paziente, dopo il maledetto incidente.
Già,
il maledetto incidente…
Un
tamponamento di proporzioni colossali, in pieno giorno, e una macchia
di olio lubrificante che manda fuori controllo la macchina di Kevin, la
quale termina la corsa in una scarpata…
Non
si può nemmeno incolpare l’alcol nella persona di un conducente
ubriaco… Il conducente del camion che ha innescato il disastro è morto
per infarto mentre si stava immettendo nel flusso di traffico dopo la
sosta obbligatoria…
È
successo.
Una
tragica fatalità.
Punto.
Ma
dov’è il fato quando le ali di un meraviglioso angelo vengono
brutalmente dilaniate?
La
dottoressa Foster può capire il tono incazzato della ragazza che ha di
fronte, ogni apparenza congiura a favore dell’ipotesi dell’etero
stronza che gode a riportare i froci sulla retta via…
E
questo Beverly lo capisce e per l’affetto che prova per Kevin ha
accettato di subirne le conseguenze mantenendo tali apparenze a suo
sfavore, come pure capisce la rabbia della ragazza che ha di fronte,
lei stessa è stata più volte testimone attiva nel difendere ragazzi la
cui unica colpa è di sapere che non sono al mondo soltanto per
mangiare, dormire e riprodursi…
Ma
quello che non può riuscire a capire, né lo vuole, in fondo,
nonostante glielo imponga la sua professione, che per lei è
anche
un modo di vita, è perché Kevin abbia preso una simile decisione, tanto
estrema quanto insoddisfacente per chiunque…
Se
solo quella notte le cose fossero andate diversamente…
…
Il coma di un mese prima del risveglio, il dolore straziante, mentale
prima che fisico, la riabilitazione dolorosa e lenta quanto il decorso
della guarigione… Lo spettro che ancora non si è dissolto di un destino
che per un uomo è già di per sé terribile, ma è ancor più macigno
insopportabile per un uomo che prova per un altro uomo sentimenti come
quelli che Kevin è capace di provare per Phoenix.
Tutto
questo aleggia quasi palpabilmente nell’aria pesante e immobile della
toilette delle signore fra le due donne che si fronteggiano ciascuna
con le sue ragioni, tutte derivanti dal cuore, per la fata, profonde,
rabbiose contro chi non vuole capire l’importanza di un sentimento puro
come quello fra due uomini, per la dottoressa Foster, dalla
consapevolezza più approfondita di quello che è accaduto realmente fra
i due ragazzi piena di rammarico, scrupoli e indecisioni sul se parlare
e spiegarle oppure tacere e continuare la farsa.
La
sua deontologia professionale, personale regola d’oro anche nella vita
ha il sopravvento anche in questa situazione che di professionale non
ha altro che i richiami all’ordine di Kevin nei suoi confronti ogni
volta che lei prova a convincerlo che sbaglia a perdere la speranza,
quindi oltrepassa di slancio la sua inferocita antagonista in silenzio
e senza aprire bocca esce dalla toilette.
Mentre
una lacrima si fa strada a tentoni tra le lunghe ciglia finte, come
finto è il suo outfit per la serata, scelto da un impietoso regista per
rappresentare una altrettanto spietata e tragica messa in scena. Finta
come tutto, quella notte…
<
Notte teatro, eccitazione alcolica, emozioni di carta… e dolore vero,
fisico che nasce dalla crudeltà… E intorno aloni di una notte di luna
uguale per tutti… >
In
un’altra toilette del medesimo locale, però, si consuma un altro
dramma, anche questo, purtroppo, trito e ritrito, andato in scena oggi
una volta di più e di troppo… il dramma di chi viene perseguitato
perché diverso… una messa in scena che dura da tanto, e che ha lo
stesso tragico epilogo sempre, anche se attori e circostanze cambiano
ogni volta…
Un
dramma, in questo caso, in cui il carnefice si accanisce su una vittima
già debole, strappandogli l’unica cosa che essa ritiene ancora capace
di farla sopravvivere…
Un
dolce ricordo… spensierato e un po’ agrodolce, come tutti i ricordi di
una felicità per un momento provata, seppur inesistente o impossibile
da raggiungere…
«Daiii!!!»
«Uff…»
«Smettila
di fare il brontolone, insomma Phoenix! Per una volta che decido di
portare il mio ragazzo a conoscere uno della mia famiglia, devi fare il
piantagrane»
L’‘uno
di famiglia’ cui Kevin si riferisce si chiama Robert RavenWing, ed è lo
zio di Kevin, un nativo-americano, come lo è la parte materna della sua
famiglia, e fratello maggiore di sua madre.
L’unico
ad averlo compreso realmente, oltre che accettato per dovere, zio Bob,
sciamano e guaritore della tribù della madre, era l’unico della
famiglia a mettere Kevin a proprio completo agio, logico quindi che il
giovanotto fosse ipereccitato all’idea di fargli conoscere la persona
più importante della sua vita.
Grazie
a questa energia data dall’entusiasmo, Kevin quel giorno si arrampicava
con l’agilità di un puma e la grazia di una gazzella su per le pareti
del piccolo canyon che isolava dal resto del mondo il luogo dove viveva
zio Bob.
Phoenix,
invece, ragazzo di città e per giunta della pigra e sonnacchiosa Los
Angeles, proprio non ce la faceva a tenergli dietro, e annaspava quasi
carponi sulle rocce polverose chiedendosi se la tortura di quella
scalata sotto il sole cocente avrebbe mai avuto fine.
«Brontolone,
dici?… Bisogna averlo, il fiato, per poter brontolare!… Accidenti
Kevin!… Ti sono spuntate le ali, stanotte?»
Per
tutta risposta, Kevin lo ha ulteriormente distanziato, raggiungendo il
teepee dello zio con anticipo sufficiente da mettere Phoenix in
imbarazzo.
«Ragazzo,
portalo dentro, o si prenderà un’insolazione… È già molto disidratato»
Tipico
di Phoenix resistere fino al collasso pur di non ammettere di aver
raggiunto il limite…
Che
bello però per Kevin potersi prendere cura di lui, tenendolo sulle
ginocchia, come in certe tipiche illustrazioni manga…
«E
così eccovi qui tutti e due… Pensavo che mi avresti fatto conoscere la
tua fidanzata, invece…»
Zio
Bob!
Il
bonario sorriso dello sciamano rendeva evidente la burla.
«Invece
è un fidanzato… Lui è Phoenix, zio Bob… Te ne avevo parlato…»
«Sì…
Ecco, per voi»
E
gli allunga un acchiappasogni, il tipico talismano dei nativi americani
formato da una rete di fili intrecciati su un telaio circolare con una
perlina solitamente di turchese più o meno al centro e una piuma
d’aquila a chiudere l’intricato reticolo.
Quello
che Robert RavenWing aveva creato per il nipote, però era particolare:
le piume al termine del reticolo sono due, una di uccello del paradiso
e una di corvo nero.
Inoltre
Robert porge a Phoenix una piuma di corvo nero giustificandosi «Le
piume di fenice sono ormai più uniche che rare, quelle nere poi meglio
non parlarne...»
Nello
stesso tempo anche Phoenix, in tutt’altra zona del locale, per uno
strano scherzo del beffardo Fato stava ricordano lo stesso avvenimento,
con un mezzo malinconico sorriso a fior di labbra, girando fra le mani
quella piuma di corvo nero, colore della notte, dono dello sciamano zio
di Kevin che non ha mai smesso di portare saldamente cucita alla
camicia che indossa nelle serate importanti.
Diio, che faticaccia quel giorno…
Volevo
il colpo di grazia, giuro, ma la visione che ha raccolto il mio rantolo
di agonia insieme al poco che rimaneva di me è stata davvero mozzafiato!
Kevin
che mi sorrideva felice, a torso nudo, la sua pelle ambrata che
sembrava splendere sotto i raggi cocenti del sole, e i suoi occhi
azzurri che brillavano come gemme per l’eccitazione del momento mentre
mi correva incontro ripagavano di ogni fatica ogni fibra di me, corpo,
anima e mente.
«Cazzo
Kev… Volevo morire, poco fa…»
«Bé
spero che tu abbia cambiato idea… Zio Bob ha detto che sei una bella
persona e che non vede l’ora di conoscerti…»
Zio
Bob… Era in tutto e per tutto l’indiano scolpito che si trova di solito
nelle roadhouse del deserto californiano, solo lui si muoveva e parlava…
Stavo
per evaporare davvero, sotto quel sole cocente… Occhei, sono
californiano, la terra del sole dodici mesi all’anno, quindi all’arsura
dovrei esserci abituato, ma una cosa è goderti il sole sdraiato a bordo
piscina sorseggiando un cocktail, un’altra è annaspare boccheggiando
dietro il tuo fidanzato che per agilità fa invidia ai cervi…
Il
mio fidanzato…
Era
veramente una sensazione stupenda sentirmi coccolato e accudito da
Kevin che mi passava delicatamente una pelle di daino zuppa d’acqua
sulle labbra, sul viso, e più giù su braccia e petto dopo avermi tolto
la maglietta…
Diio
come lo am… avo…
<
E
tra ricordi agrodolci e amare verità si dipana il velo della notte
incantata dai sogni non sognati e dalle realtà sbattute in faccia…
>
Un
grido disperato proveniente dalle toilette spezza il monotono andamento
della serata.
Phoenix,
in preda ad un orribile presentimento, è il primo a precipitarsi in
direzione di quel grido, e si trova davanti l’orribile scempio di un
ragazzo nudo, tremante, in preda al panico e alla vergogna di non aver
saputo resistere al gesto più odioso e devastante per chiunque.
Ma
quello che lo sconvolge al punto da pietrificarlo sulla soglia è
riconoscere in quel ragazzo stuprato proprio il suo Kevin…
Rendersi
conto che la pelle ambrata che è stata profanata da mani crudeli e
prive di rispetto è proprio quella il cui profumo per tanto
tempo
lo aveva reso ebbro di piacere…
«Kev…
Kevin…»
|
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Capitolo 3 *** Feeling 3 ***
Broken open
Broken Open (background music)
by
Isidrinne
Non cè
molto da dire se non che le emozioni in questo capitolo scorrono fluide
e taglienti come gelidi torrenti di montagna
qundi lascio i miei soliti tre baci e un
Have a
nice reading! :) a tutti i lettori
Feeling 3
Cristo!
Cosa ti è successo, pulcino mio!?
Perché a te?
PERCHÈ A TE?
Riesco a
muovermi a mala pena come un automa, mentre raggiungo quell’angolo in
penombra.
«N-no…
Phoen… Vattene!… Beverly!!»
Le
sue parole sono peggio di uno schiaffo… Perché non mi vuoi vicino,
perché in una situazione simile devi volere al fianco quella…
Beverly
si chiama… Avresti chiamato me, prima… Sarei stato io, che avrei mosso
cielo e terra pur di vederti sorridere, io che avrei dato ogni scheggia
della mia anima perché la tua non conoscesse altro che felicità, la
persona di cui nel buio avresti gridato il nome perché ti recasse
conforto… Sarebbe stato il mio nome il primo respiro dopo l’agonia di
un momento così tragicamente disperato… il mio nome il primo…
Invece…
Beverly…
Che nome
odioso, non…. Kevin, ti prego! Torna a chiamare me, invece di quel…
grumo di silicone!
Lo
osservo disperato, per un lungo attimo, ma non faccio altro che
distogliere lo sguardo da quella scena per me disgustosa…
Dovrei
essere contento che in una situazione del genere lui abbia comunque
qualcuno vicino, ma proprio non ci riesco…È più forte di me.
Raccolgo i
suoi pantaloni «Kevin…»
Non si gira
nemmeno, neppure un sospiro…
Non mi
vuole al suo fianco, rassegniamoci…
«Te li
lascio qui vicino...»
Mi si
riempiono gli occhi di lacrime, mentre esitando mi giro per uscire.
Cazzo, vorrei essere più forte…
Certo, è
stato orribile, e vorrei riuscire a beccare chi è stato e fargli
passare la voglia di riprovarci finché campa…
Ma
il rifiuto di Kevin, ostinato e caparbio, a lasciare che mi accosti al
suo dolore mi sta lasciando dentro più amarezza e rabbia di quanto
vorrei…
Non vuoi
proprio più saperne di me, amore mio? Neanche…
<
Notte che avvinghia un destino, inesorabilmente… Notte che chiama due
voli lontani ad intrecciarsi fluidi… Un uccello del paradiso e una
fenice nera… >
Proprio
lui… Dannazione, proprio lui è arrivato per primo a darmi soccorso…
Oh Phoenix!…
Se sapessi
quanto mi costa non girarmi di scatto verso di te implorando aiuto…
Basterebbe
uno sguardo, lo so, e subito mi ritroverei fra le tue braccia, al
sicuro e protetto dal buio e dal dolore… Un solo sospiro e tu
correresti a curarmi l’anima, come facevi sempre prima…
Phoenix, ti
prego, vattene, vattene, non ce la farei…
Non
riuscirei più a reggere la farsa di non amarti, di non averlo mai fatto
e di non avere intenzione di farlo in futuro…
Non
potrei più costringermi a fingere di averti preso in giro per tutti i
due anni di vera felicità che sei riuscito a regalarmi…
Invece
DEVO!!!
Sento
freddo, tanto freddo, al punto che il pavimento gelato mi sembra una
carezza calda e confortevole, eppure DEVO dimenticarmi di averti
accanto e di VOLERTI accanto a me!
Mi
sento un uccello caduto dal paradiso, ferito mortalmente, ma non posso
rivolgere il mio sguardo all’unico essere che potrebbe veramente
restituire il colore alle mie piume.
«…
Beverly!» il suo nome mi arriva alle orecchie così da lontano, come se
non fossi io ad averlo gridato…
Non lo
avrei fatto, credimi Phoenix, no, mai, te lo giuro, non avrei chiamato
una donna sapendoti vicino…
Il tuo
orgoglio starà gridando vendetta lo so, ma ti giuro, Phoenix, non
posso… non posso…
… non posso
condannarti ad essere infelice… perché non potrò mai più renderti uomo
insieme a me…
Beverly è
accorsa subito e si sta prendendo lei cura di me, ti prego non…
Ma
come posso pretendere che tu non pensi male di lei, quando non ti ho
dato spiegazioni e non voglio neanche dartene, perché non riuscirei più
a reggere e tornerei di nuovo a perdermi in quelle braccia così forti e
rassicuranti?…
Perdonami,
se puoi, Phoenix… Ti ho amato da impazzire, e ti amo ancora come
nessuno al mondo ma…
ADDIO!
< Broken
pieces break into me… Schegge spezzate esplodono in me… e rendono
feroci vendicatori… in questa notte… e rendono uccelli feriti,
agonizzanti al suolo… di questa notte... >
All’improvviso,
lo vedo!
Il
nostro acchiappasogni… inconfondibile con le due piume, pende dalla
fibbia dei pantaloni di un pezzo di merda biondo e palestrato che sta
sghignazzando con i suoi amici, fiero di ciò che ha appena fatto,
vantandosi di aver castigato un pervertito indegno della razza umana…
Quel
viscido, lurido, bastardo figlio di puttana si sta facendo bello con
ciò che è stato il pegno del nostro amore, di un sentimento così bello,
così… forte…
…
«Scusi… Lei porta alla cintura qualcosa che non le appartiene…»
«Cos…? Ma che cazzo stai blaterando, razza di…»
Non fa in
tempo a finire la frase perché la mia voce si sovrappone perentoria
alla sua.
«…E siccome
la legge me lo impone, ho il dovere di informarla che il qui presente
frocio di merda è secondo dan di karate…»
E
con un colpo di mano allo sterno e un gancio al polpaccio lo stendo e
gli strappo l’acchiappasogni dalla fibbia lasciandolo esterrefatto alla
mercé della commiserazione degli amici, ma più che altro degli sfottò
del suo gruppo di conoscenze, gran branco di ignoranti senza cervello.
Non
gli lascio neanche il tempo di reagire, non ho voglia di menare le mani
più del dovuto… Strano, fino al giorno prima ero un attaccabrighe di
prima categoria… Anche Kevin mi rimproverava sempre di avere il sangue
troppo caldo…
Kevin…
l’acchiappasogni che stringo nel pugno… Forse non ha più valore per
lui, eppure vorrei corrergli dietro e ridarglielo…
«Kevin! Aspetta!»...
Sta per salire in macchina, con la tettona… Non si gira nemmeno a
vedere chi lo sta chiamando…
…
Oddio, Phoenix! Ma perché vuoi darmi il tormento!??
…
NON
MI IMPORTA! Ho deciso che glielo ridò, non fa alcuna differenza se
appena salito in macchina lo getterà dal finestrino! Non ce la faccio a
rimanere con il pensiero di non avergli detto addio come si deve!
«Kevin,
per favore!… Volevo ridartelo» gli chiedo ansimando, dopo uno scatto
degno di un centometrista per bloccarlo prima che salga in macchina, ma
mentre gli allungo l’acchiappasogni lui continua a darmi le spalle.
«Per
te potrà non valere un accidente» insisto, «ma per me ha significato
molto… E… Sì, se dobbiamo dirci addio è giusto farlo nel modo migliore,
non credi? Senza rancori…»
...
Per
me non vale un accidente, dici? Ho deciso che sia così, ma non hai idea
di quanto male mi abbia fatto vedermelo strappare di dosso senza alcun
rispetto da quell’energumeno che non faceva altro che prendermi in giro
e chiamarmi signorina mentre…
È
solo che non ce la faccio a fissare di nuovo i tuoi occhi verde
smeraldo, specchio dei miei da quando si sono incrociati la prima
volta, in quel market, vicino casa tua; non ce la faccio a guardarti di
nuovo in viso, a sostenere la vista dei due rubini che per così tanto
tempo mi hanno riempito di baci e felicità…
Non
ce la faccio a resistere alla voglia pazza che ho in questo momento di
buttarti le braccia al collo e scoppiare in singhiozzi sul tuo petto
così forte, che ho imparato a conoscere e amare in quei due anni di
pazza gioia…
Ho
deciso di fingere che il nostro acchiappasogni non abbia più alcun
valore per me, ma non posso girarmi a riprenderlo, se voglio continuare
a reggere questa farsa…
< …come due gru fedeli per la
vita… anche questa notte c’è chi resta fedele a ciò che era di un
sentimento che ora è in pericolo… >
In
tutto questo esasperante quadro notturno, Beverly, la dottoressa
Foster, è rimasta a guardare allibita lo scempio che quei due stavano
facendo dei propri sentimenti.
Non ci
posso credere… Sto lasciando che Kevin si autodistrugga… Perché?
È
così evidente a chiunque con un minimo di sensibilità che l’unica
persona che può dargli un po’ di conforto è proprio l’unica che vuole a
tutti i costi respingere e che caparbiamente sta cercando proprio in
questo momento di chiarire definitivamente le cose fra di loro…
Phoenix…
Ricordo la prima volta che ho incontrato Kevin dopo che lo aveva
conosciuto…
«Oh Bev!
Non puoi neanche immaginare cosa mi è successo… Non sto più nella
pelle, mio Dio!!!»
«Se non ti
calmi, fai un bel respiro e mi racconti tutto, non lo saprò mai… Tanto
lo so che muori dalla voglia di dirmelo…»
È
sempre stato così il mio Kevin: fin da piccolo un entusiasta per
principio, sempre pieno di voglia di condividere il bello che gli
capitava, lasciando le ombre per sé.
Tra
molti ‘O mio Dio’ e parecchie torsioni delle mani mi ha raccontato di
essere entrato a far spesa in un market e di esserne uscito perso in
due occhi di smeraldo che erano la fine del mondo… Come il resto del
proprietario di quegli occhi, ovviamente. Risultato: era cotto e
stracotto, decisamente e inesorabilmente innamorato perso di un certo
Phoenix Garret, conosciuto del tutto casualmente, ma frequentato in
seguito in modo assolutamente cercato e voluto ogni secondo della vita.
Mi
sono ‘goduta’, diciamo così, i turbamenti, le gelosie, i ripensamenti e
il coming out di questa storia che è andata avanti per due anni di
allegria e felicità, di cui non potevo che essere contenta anche io,
fino a quel disastroso epilogo di dieci mesi fa…
E
adesso dovrei starmene qui ad osservare, aspettando che Kevin si decida
a salire in macchina, magari addirittura chiamandolo scocciata, perché
come da copione della perfetta oca etero e capricciosa che mi è toccato
in sorte stasera dovrei avere voglia di tornarmene a casa invece di
sentire i piagnistei di una checca disperata perché sedotta, illusa e
abbandonata…
Dovrei
lasciare che il mio Kevin, quello che conosco, il bambino biondo
sorridente e dolcissimo a cui ho fatto da baby-sitter per sei anni e di
cui poi sono diventata amica e confidente quando doveva decidere che
volto dare alla parola amore, si riduca in frantumi cuore ed esistenza
così, senza battere ciglio, senza reagire??!!
NO!!
BASTA!! Io non ce la faccio più a vederlo in queste
condizioni…
«Phoenix… È
così che ti chiami, vero?… Kevin non è mai stato etero… MAI…»
«Bev, per
favore!»
Cazzo,
perché vuoi rendermi le cose più difficili, Bev?
«…
No, io l’ho praticamente cresciuto, sono stata la sua baby-sitter da
quando aveva dieci anni e ti assicuro che non ha mai guardato una donna
come riusciva a guardare te.»
Cosa?
«Gli
unici sguardi veramente da innamorato che gli ho mai visto rivolgere ad
un essere umano erano a te… Solo per te riusciva ad addolcire lo
sguardo in quel modo tanto speciale da far sciogliere i ghiacciai
perenni…»
«Ma allora…»
«Ricordi
l’incidente?»
Annuisco.
Fu un periodo terribile per lui, ma anche per me. Non dormivo, non
mangiavo, ero ridotto a meno di un’ombra. Il pensiero di Kevin tra la
vita e la morte uccideva anche me goccia a goccia.
«Il periodo
della riabilitazione dopo il coma fu tremendo per Kevin»
«Anche per
me! Volevo essergli vicino, aiutarlo, come anche lui avrebbe fatto per
me, e tu, invece…»
«No, non
lei!»
Non lei?
«IO
ho voluto che mi stessi lontano, Phoenix… per risparmiarti la vista di
un corpo massacrato… Quel corpo che tante volte avevi adorato, e
assediato, e insidiato… Non volevo costringerti a subire il mio
martirio… E ho chiesto a lei di…»
«Di
cosa?… Dio, Kevin! Ma perché!? PERCHÉ?!!… Pensavi che ti avrei
abbandonato in un momento così grave?!! Cosa credevi, che avrei provato
pena o addirittura schifo per il tuo corpo in quelle condizioni?!!»
Preview:
Feeling
4 -
Finalmente scopriamo quale motivo ha portato Kevin a farsi così tanto
male e anche... bé alla prossima, che è anche l'ultima, lo scoprirete ;D
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Capitolo 4 *** Feeling 4 ***
Broken Open (background music)
by
Isidrinne
Siamo
all'epilogo, al finale sofferto di questa storia, qundi non voglio
annoiarvi con chiacchiere inutili, e vi lascio i miei soliti tre baci e
un
Have a
nice reading! :)
Feeling
4
<
Ma anche un destino sa
ribellarsi alla notte… in una notte di strane alchimie che spezza sogni
e risana ferite… >
«Adesso basta, tutti e due!!»
Non
posso più permettergli di dilaniarsi l’anima a vicenda come stanno
facendo… Voglio troppo bene a Kevin, da quando era un mocciosetto
biondo che mi scodinzolava dietro impedendomi di avere una vita sociale
perché sua madre aveva tenuto a balia la mia la quale si sentiva per
questo in obbligo di un favore…
E di
riflesso ho imparato a volere bene anche a Phoenix, quando Kevin se ne
è innamorato, ho voluto e ancora voglio bene a questo essere
rozzo e emotivamente immaturo, pieno di ipotesi e di parentesi, di cui
nessuna verificata o chiusa, ma che risponde al solo nome di amore per
il mio cucciolo e che, fosse per nient’altro che per questo, meritava e
merita tuttora ogni bene al mondo…
«Non ce
la fai a parlare, Kevin? Lascia che lo faccia io per te, allora! Ma non
me lo impedire più, non impedire a te stesso di versare le uniche
lacrime che potrebbero salvarti il cuore!»
…
«Quello
che è successo a Kevin è doloroso oltre il pensabile… Lo è già per un
uomo tra virgolette ‘normale’, ma chi può riuscire veramente anche solo
ad immaginare cosa voglia dire per un ragazzo che ama un altro ragazzo
non riuscire più ad avere un’erezione?»
Un’… erezione?
«Dopo
il risveglio dal coma, Kevin sembrava aver perso sensibilità dalla vita
in giù, ma con tenacia e un lungo periodo di riabilitazione è riuscito
a riottenere l’uso delle gambe… L’unica funzionalità che ancora oggi
non è riuscito a recuperare è quella sessuale… Per lui è stato un colpo
tremendo realizzare che erano state danneggiate anche le terminazioni
nervose dei suoi organi genitali e che quindi nessuna stimolazione di
alcun genere poteva procurargli piacere…»
Oddio, Kev!
«…
Ma la cosa in assoluto per lui più straziante è stata pensare di non
poter più soddisfare te a letto… Ogni pensiero era per te, quando
cercava un modo per farsi dimenticare da te…»
Farsi dimenticare da me… Voleva che io
lo lasciassi perché non avrei più potuto…
«Sapevo quanta importanza avesse il
sesso per te… »
La voce di Kevin, rotta dal pianto… mi
sta spezzando il cuore...
«…
e il pensiero che non avrei mai più potuto renderti completamente uomo
insieme a me mi stava facendo impazzire… Ho pensato più volte
di
togliermi la vita, e se non fosse stato per Beverly, l’avrei davvero
fatta finita…»
Mi volto a guardare la donna
di cui ho pensato così tanto male… Adesso mi sento un verme: in realtà
è una buona amica, lo è stata e lo è tuttora per Kevin e vuole esserlo
anche per me…
«Allora…» le chiedo indicando il suo
abbigliamento…
Beverly
annuisce «Già!… È stato Kevin ad implorarmi di conciarmi così per
rendere credibile il fatto che fosse sempre stato etero e che ti avesse
preso in giro… Mio Dio, sembro una puttana, vero?…»
Bé,
non posso fare altro che annuire: il gusto di Kevin è sempre stato
impeccabile, ma se decideva di essere volgare e kitsch, non aveva
rivali neanche in quel campo..
«Te lo
assicuro, Phoenix, avrei voluto parlartene, ma lui mi ha fatto giurare
di non farlo… E mi ha inchiodato assumendomi come psicanalista, che tra
l’altro è il mio lavoro… quindi, anche il rapporto medico-paziente me
lo ha impedito…»
Mi giro verso Kevin, che
non ha ancora il coraggio di guardarmi. Allungo la mano e la distanza
che ci separa, fisicamente breve, ma di anni luce fra le nostre due
anime, in un batter d’occhio evapora come ghiaccio sotto il sole del
deserto…
«Phoenix, no… Io…»
Io cosa??!
«Kevin, ti prego…»
Lo
attiro a me, delicatamente, e il suo corpo che trema lievemente contro
il mio mi conferma nuovamente che quello che c’è stato fra noi è stato
tutt’altro che un miraggio inconsistente…
«Phoenix, sono io che prego te… Non
rendermi le cose più difficili…»
«Non
ho mai voluto farlo, lo sai, ma tu… Non hai idea di come mi sono
sentito quando mi hai sbattuto in faccia che i due anni passati insieme
erano solo una presa in giro…»
Oh Phoenix!
Vorrei implorare il tuo perdono, ma con
che faccia posso chiedertelo…
Eppure
sentire di nuovo il calore del tuo abbraccio, il tuo cuore battere
impetuoso, il tuo sapore sulle labbra bagnate del tuo sudore…
«Phoenix,
sono felice di poter stare di nuovo fra le tue braccia, ma non posso
tornare con te… Lo capisci?… Sarebbe atroce per te e umiliante per me…
perdonami ti prego, ma non posso…»
«Pulcino…»
In
quel nomignolo cerco di mettere tutta la dolcezza che riesco a trovare…
e tutta la determinazione di voler comprendere i sentimenti del mio
unico tesoro… Uno sforzo sovrumano? Sì, per uno come me,
fondamentalmente egoista e poco sensibile, ma lui vale centomila volte
lo sforzo di ingoiare dei rospi...
«In
questo momento mi interessa soltanto come stai… Quel bastardo ha avuto
quello che si merita, ma tu? Ce la farai a superarlo? Sei sicuro di
riuscirci da solo?»
Mf… Tipico della mia
fenice nera andare su tutte le furie contro chi ha minacciato chi gli
sta a cuore, e subito dopo diventare un agnellino preoccupato per la
sorte di chi ama…
Questo suo aspetto così
istrionico e pronto a sdrammatizzare ogni avvenimento, ma capace di
gettarsi a capofitto con caparbietà e determinazione contro ogni
avversità in modo pragmatico me lo rende ancora più caro…
«Non me lo far ripetere, ti prego…» gli
imploro a fior di labbra…
Non
mi costringere a dirti che sarà Beverly ad aiutarmi, lo so io e lo sai
anche tu che ti fa star male l’idea che sia una donna ad occuparsi del
tuo amore al posto tuo…
«So a cosa stai
pensando, pulcino… Che sto male al pensiero che sia lei a prendersi
cura di te… Sai cosa invece?… Non mi disturba per niente l’idea… non
più, ti giuro! Mi preoccupa soltanto che tu ti riprenda al più presto e
bene da tutto questo, e lei ti può aiutare… Ho capito che ci tiene a
te, e visto che ha accettato di vestirsi in questo modo osceno deve
tenerci anche parecchio…anche se è femmina dalla nascita...»
Sorrido:
il mio solito pagliaccio… Non ti smentisci mai Phoenix… Sei cambiato
poco in questi ultimi tempi, ma davvero in meglio…
«Voglio
solo che il resto di questa notte lo passiamo insieme… Poi ti dirò
addio, farò come vuoi tu, ti giuro… Ma questa notte, per favore,
passala con me…»
Con te? Oh, Dio!
«Io… Phoenix, per favore… E non
chiamarmi più pulcino!»
«Lo prendo come un sì» affermo senza un
minimo di esitazione…
Mi guardi speranzoso, come mai ti ho
visto fare prima in nessuna circostanza… Come faccio a dirti di no?
Annuisco senza aprire bocca.
«Grazie, p… Kevin… Non sai quanto conta
per me…»
O
forse sì, lo sa davvero… Quel suo sguardo, dolcissimo mentre si lascia
ricondurre nel locale, verso la zona dei separé, per potercene stare un
po’ in pace, mi fa capire tante cose…
Ero
sempre stato protettivo nei suoi confronti, proprio perché il suo
sguardo così dolce, quasi impaurito, mi faceva pensare che fra noi due
fosse lui quello bisognoso di cura e protezione…
Come mi sbagliavo, invece…
In
una situazione così angosciante era riuscito a trovare la
determinazione di rinunciare all’unico vero sollievo che il suo cuore
volesse avere, allontanandolo da sé per non vederlo in lacrime…
Il
vero debole fra noi sono sempre stato io, un me stesso egoista e
presuntuoso, spaccone e insensibile, pieno di dubbi che mascheravo con
l’aggressività di finte certezze, come quella che costruisci in
palestra foderandoti il cervello con strati e strati di muscoli e
spedendo in vacanza l’intelligenza e quel poco di umiltà che potrebbero
evitarti batoste di troppo, e desideroso soltanto di conferme da chi
avevo vicino, ma del tutto incapace di esprimere questo bisogno con
civiltà e educazione…
Infantile e
capriccioso com’ero, e pessimo ascoltatore di qualunque critica, da
ovunque venisse, io da Kevin, nonostante tenga tuttora a lui più che a
me stesso, esigevo sempre assoluta fedeltà e rispetto incondizionato
delle mie idee, senza preoccuparmi più di tanto di ciò che pensava
realmente, irritandomi e mettendo il muso quando qualcuno, anche lui,
provava a ragionare con me.
E Kevin in
tutto questo, mai una volta nei due anni della nostra convivenza, i più
felici della mia vita, mi ha fatto pesare la mia immaturità, c’è sempre
stato, comunque, e ovunque stava al mio fianco discreto e disposto a
perdonarmi ogni mio capriccio, ogni mia mancanza di rispetto…
«Ti
ho fatto tanto male, tesoro mio… E per il mio egoismo superficiale e
stupido ti ho costretto a un sacrificio così tremendo… Sono un verme
schifoso, non merito una felicità simile…»
Non
riesco a risponderti, Phoenix, amore mio… Io di male te ne ho
fatto di più in due giorni di quanto ne abbia potuto fare tu a me in
due anni…
Eppure riesci ancora a guardarmi
con quello sguardo innamorato perso che avevi la prima volta che ci
siamo detti ti amo… Il giorno in cui le nostre lingue si sono trovate
per la prima volta e quando i nostri corpi si sono conosciuti…
«Che c’è, Kevin… Kev?»
Lo guardo preoccupato: un’ombra ha
velato i suoi stupendi occhi azzurri…
«Ti sei accorto che ho cambiato
espressione… Che novità!»
Ah!
Me la merito tutta questa frecciata: prima d’ora non mi era mai
capitato di accorgermi di una cosa così sottile come il cambiamento di
un’espressione…
All’improvviso, anche
considerando la posizione che aveva assunto, con il braccio intorno
alla vita di Kevin e le gambe intorno alle sue, Phoenix capisce perché
l’espressione del suo ragazzo è di colpo cambiata rabbuiandosi.
E
comprende anche che da quel momento in poi anche un semplice bacio
avrebbe trasmesso solo umiliazione, senso di impotenza, e frustrazione
al cuore di Kevin, e non tutto l’amore che Phoenix non ha mai smesso di
provare per lui…
«Ora ho capito… Stando
insieme ci faremmo solo del male, pur non volendolo… Sarebbe
inevitabile che io voglia coccolarti come è altrettanto inevitabile che
tu ti intristisca e io ci rimanga male di conseguenza…»
Kevin annuisce puntando due occhi
sconsolati in quelli al limite del pianto di Phoenix.
Forse
senza questa notte, nessuno dei due avrebbe compreso quanto e come le
loro vite fossero cambiate e quanto fosse necessaria la separazione per
conservare la purezza del loro sentimento…
O forse l’avrebbero capito lo stesso, ma
con molto più rimpianto, amarezza e disincanto…
E
alla fine di questa notte, come una gru che rimane fedele per la vita,
la stupenda fenice nera rinata dalle ceneri di un passato acerbo, fa
una promessa al suo uccello del paradiso prima di dirgli addio «Non
cercherò nessun altro… mai..», suggellata con un tenero bacio sulla
fronte del suo amato Kevin.
Ma anche
l’uccello del paradiso sa, in cuor suo, che non si avvicinerà più alla
nera fenice, ma continuerà a vegliare sul suo volo, volando più in
alto, più distante, ma sempre vicino, come le piume del loro
acchiappasogni.
< I don't want you to go
Don't wanna see you back out in the cold
Air you're breathing out fills you with
gray
Don't run away, find me >
Final
freetalk:
E
così siamo arrivati alla fine... Per me il finale ideale, pieno di
tensione emotiva, perché la vita regala delusioni oltre che felicità...
Voi
che ne pensate?
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