Anything Goes

di MaybeTomorrowMorning
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to Paradise City! ***
Capitolo 2: *** My Michelle. ***
Capitolo 3: *** Secondo piano a destra. ***
Capitolo 4: *** Home Sweet Home ***
Capitolo 5: *** Love Makes You Blind. ***
Capitolo 6: *** I Can Wait. ***
Capitolo 7: *** Trucco e Parrucco. ***
Capitolo 8: *** Love Is In The Air. ***
Capitolo 9: *** Stradlin, Izzy Stradlin. ***
Capitolo 10: *** One Week Later... ***
Capitolo 11: *** Ansia Pre-Concerto. ***
Capitolo 12: *** Rocket Queen. ***
Capitolo 13: *** Pancakes e Vendette. ***
Capitolo 14: *** First Time. ***
Capitolo 15: *** Zoo Time. ***
Capitolo 16: *** Sweet Caress The Ocean Blue. ***
Capitolo 17: *** Dolci Risvegli. ***
Capitolo 18: *** Maybe The Fame. ***
Capitolo 19: *** I Love You Too. ***
Capitolo 20: *** Affari & Amore. ***
Capitolo 21: *** Please, Tell Me.. ***
Capitolo 22: *** Move To Beverly Hills. ***
Capitolo 23: *** This Night, Last Night. ***
Capitolo 24: *** New Girl In Town. ***
Capitolo 25: *** Steven's Corner. ***
Capitolo 26: *** Saturday I'm In Love. ***
Capitolo 27: *** Don't You Believe Me? ***
Capitolo 28: *** Help Me. ***
Capitolo 29: *** The Sad Truth Is That The Truth Is Sad. ***
Capitolo 30: *** So Long Goodbye. ***
Capitolo 31: *** Far Away From Here. ***
Capitolo 32: *** Replaced Love. ***
Capitolo 33: *** Yeah, I Love Me Too. ***
Capitolo 34: *** Wherever You Are, I'll Come Running: Race For Happiness. ***
Capitolo 35: *** Open Your Heart. ***
Capitolo 36: *** Misunderstanding And Jokes. ***
Capitolo 37: *** An Happy Ending? Maybe A Brand New Beginning. ***
Capitolo 38: *** In The Cold November Rain. ***
Capitolo 39: *** Give Me Something To Believe In. ***
Capitolo 40: *** Last Letter To a Broken Heart. ***
Capitolo 41: *** Back. ***



Capitolo 1
*** Welcome to Paradise City! ***


WELCOME TO PARADISE CITY!
 
Eccomi qua, su un aereo diretto a Los Angeles. Io e la mia amica Charlie. Entrambe 18 anni appena compiuti, entrambe con un sogno.
Il sole sta sorgendo, fa capolino dalle nuvole candide. Forse partire nel cuore della notte, senza lasciare neanche un biglietto di saluto non è stata una gran mossa, ma forse è stato meglio così. Un taglio netto e un biglietto di sola andata per una nuova vita.
Non vedevo l’ora di andare via, quella cittadina del Sud Italia mi stava stretta. La mia famiglia, beh che dire…non era di certo rose e fiori: mia madre è morta quando avevo solo 13 anni, con mio padre e mia sorella minore non sono mai andata d’accordo; caratteri agli antipodi! Le liti erano all’ordine del giorno e finivano sempre nello stesso modo: correvo in camera sbattendo la porta per non sentire le urla di quell’uomo e cominciavo a strimpellare la mia chitarra, la mia unica compagna. 
Con Charlie avevamo deciso già da tempo di andare via; circa tre anni fa. Trasferirci a Los Angeles sembrava la soluzione ideale. Ne avevamo parlato con i nostri genitori, ma era troppo sperare in un loro appoggio. Però nessuno ci avrebbe fermate.
I genitori di Charlie cercarono in tutti i modi di dissuaderla, di farla ragionare, ma si arresero presto davanti alla tenacia della figlia e al suo sguardo fermo.
Per me…beh mio padre aveva altri piani: università, avrei dovuto studiare medicina, seguire le sue orme.  Inutile dire che quella prospettiva di vita non mi attirava per niente!
La mia decisione di partire, di inseguire il mio sogno di diventare una famosa chitarrista lo avevano deluso. L’ultima cosa che mi disse fu:
“Vai pure, ma non tornare più!”
Quelle parole mi colpirono come uno schiaffo. Furono quelle a darmi un motivo in più per partire, senza guardarmi indietro.
Quindi eccoci qua, l’aereo sta per atterrare e Charlie si è addormentata sulla mia spalla. Il suo lieve russare ha fatto da sottofondo alle mie riflessioni, ma ora sarà meglio svegliarla e lasciarmi definitivamente alle spalle tutto quanto. Charlie è la mia famiglia adesso, lei è l’unica che mi rimane.
“Ehi Bella Addormentata siamo arrivateeee!!”
“Mmmm…ancora… cinque minuti mamma…”
“Caccola o ti svegli o ti lascio qua!! Tsè”
Charlie apre gli occhi con estrema lentezza e con la voce impastata dice:
“Fottiti! E poi dove la trovi un’altra cantante eh?”
“Pff…siamo nella città degli angeli honey non ci vuole niente! Quindi alza il tuo bel culo e scendiamo da questo coso! Sono tutta in criccata, cazzo!”
“Ma è possibile che devi sempre brontolare?? Mamma mia, rilassati un po’ sorella!”
Pensai: la fai facile tu, hai dormito per tutto il tempo! Su di me per giunta…e non sei di certo un peso piuma tesoro!
Sbuffai.
“E va bene, mi rilasso, ma adesso muoviamoci”
Recuperate le valige usciamo in strada e prendiamo un taxi che ci porta in centro.
Eravamo eccitatissime! Era tutto così nuovo, era palpabile nell’aria l’energia, l’adrenalina di quella città. La nostra nuova casa, la città che ci avrebbe spalancato le porte del successo…..SPERIAMO!
Ci guardavamo intorno a bocca aperta.
“Welcome to Paradise City baby” dico a Charlie.
Ci guardammo per un lungo istante cercando di rimanere serie. Inutile, cinque secondi dopo stavamo ridendo e saltellando in preda all’euforia!! Di sicuro ci avevano prese per delle matte…
Charlie tutt’a un tratto si ferma, smette di ridere e mi fissa…
”Alex”…
“Che c’è??” la guardo preoccupata
“Ma….adesso….cioè….che si fa?? Dove andremo?”
“Cazzo” non riesco a dire altro….cazzo! Ha ragione…”merda!”
“Porca puttana, Alex?! Ma che ci è saltato in mente? Cazzo cazzo cazzo!!”
“Dai calmati!”
“Salire sul primo aereo nel cuore della notte….e ora che faremo?? Io non voglio dormire in strada eh?! Sia chiaro!”
“Charlie vuoi calmartiii cazzooo!!!”
Intanto lei era diventata rossa rossa in viso, il suo respiro accelerava sempre più. Oddio ora scoppia!!
“Troveremo una soluzione!” dissi indossando gli occhiali da sole per non essere tradita dal panico che si celava nei miei occhi
.

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Capitolo 2
*** My Michelle. ***


MY MICHELLE.
Cammino avanti e indietro, Charlie è seduta sulle valigie con il viso sconsolato tra le mani.
Non mi do pace. Record mondiale: siamo arrivate a L.A da sole due ore e già siamo nei casini fino al collo. Complimenti! Aaaaaaah un’idea, un’idea….no, non mi viene in mente niente di niente!! E poi questo sole, uff mi sto arrostendo il cervello!
“Smettila di fare avanti e indietro!!  Mi stai facendo venire la nausea” si lamenta Charlie alzando leggermente la testa per poi continuare a fissare il marciapiede. Le faccio una linguaccia preferendo non rispondere…una soluzione….
“Abbiamo un po’ di soldi??” le chiedo fermandomi di botto
“beh si, qualche spicciolo c’è”
“Bene…motel!” dichiaro come se fosse la cosa più ovvia a questo mondo!
“Non hai capito niente! Io lì non ci dormo!! Mi fanno schifo!”
“Non mi sembra il momento di essere schizzinose…non ci sono alternative!”
“Nooo, e che cazzo!!! Non è giustooo!! Non abbiamo nemmeno un amico, nessuno! Sole solette costrette a dormire in un motel schifoso e puzzolente!”
“Susu è temporaneo! E per quanto riguarda gli amici…amici? AMICI!! Aaaaaaah Charlie ti adoro! Perché non ci ho pensato prima! Ahahahaha certo prima lo devo trovare però…ahahahaha come ho fatto a non pensarci eh?”  Dico dandomi un colpetto sulla fronte e andando ad abbracciare la mia amica!
Charlie mi guarda terrorizzata: “Alex..ti senti bene? Sei in preda ad un attacco isterico per caso?? Si può sapere che vai farneticando?! Un amico?? “
“Siii un amico…te ne ho parlato molte volte…siamo cresciuti insieme, le nostre nonne erano amiche…lui era il mio migliore amico (e che amico)! Poi si è dovuto trasferire qui e ci siamo persi di vista, ma ci siamo sempre tenuti in contatto! Ogni tanto ci scriviamo”
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che l’avevo visto, troppo..decisamente. ricordi affiorano, ricordi lontani che credevo perduti. Un sorriso triste spunta sul mio viso.
“Sai…è stato lui ad insegnarmi a suonare la chitarra!”
Charlie si alza e mi abbraccia forte schioccandomi un bacione sulla guancia:
“Andiamo a cercarlo! Chissà quante cose avrete da dirvi! Oltre che vive qui cosa sai di lui?”
Mi  passo una mano tra i capelli cercando di riordinare i pensieri, erano passati due mesi dall’ultima volta che avevo ricevuto una sua lettera. Lettera, per così dire…erano sempre poche righe, non che mi aspettassi chissà che da lui, già era troppo se riuscisse a mettere una dietro l’altra due frasi di senso compiuto! Dio, solo ora mi rendo conto di quanto mi sia mancato, ora che sono così vicina a lui, ma anche così lontana.
“Beh…so che ha una band, suonano spesso nei bar…”
“Tutto qui?”
“Temo di si….che ne dici di entrare nel primo bar, prenderci un paio di birre per rinfrescarci e poi chiedere un po’ in giro?”
“Honey, mi leggi nel pensiero”  dice ridendo e strizzandomi l’occhio.
Recuperiamo le nostre valigie sparse sul marciapiede e ci incamminiamo verso il bar dall’altra parte della strada: il “Whisky A Go-Go”. Nonostante fossero le dieci di mattina il locale era abbastanza popolato, c’era un gran via vai di cameriere dall’aria parecchio annoiata intente a servire e prendere ordinazioni.
Ci sediamo al bancone.
“Siete nuove di qui, vero?”
Alziamo lo sguardo sorprese.  Era la prima persona che ci rivolgeva la parola da quando eravamo arrivate!
Ci sorrideva gentilmente da dietro il bancone. E’ una ragazza molto carina, dai lineamenti gentili, bionda e occhi chiari. E’ davvero giovane, avrà si e no una ventina d’anni. Le sorrido di rimando  lievemente in imbarazzo.
“Beh si, da cosa l’hai capito?” dice Charlie.
La barista ride divertita per poi indicare le valigie ai nostri piedi…io e Charlie ci guardiamo e ridiamo con lei.
“Che maleducata! Non mi sono ancora presentata! Beh io sono Michelle, ma tutti mi chiamano Michy!”
“Io sono Charlie e lei la mia amica Alex”  le dice indicandomi.
“Perfetto! Che vi offro?”
“Un paio di birre vanno più che bene!” dico cercando di essere cortese dato che da quando si è avvicinata non ho spiccicato parola! Michelle si allontana sfoggiando una divisa davvero striminzita….ora capisco perché c’è tanta gente in questo posto…e sono soprattutto uomini!! Penso alzando gli occhi al cielo.
“Dio mio….ho bisogno di una doccia!! Puzzo da morire! Dobbiamo sbrigarci a trovare quel tuo amico o finirò per appestare l’aria di tutta Los Angeles!” dice Charlie distogliendomi dai miei pensieri…
“Ahahahahahah ma davvero? Credevo fosse il tuo odore naturale!!”
“Stronza, vedi che anche tu hai un odore abbastanza forte!”  dice facendo l’offesa…
Le rispondo a tono: “Ma che dici! Sono fresca come una rosa IO!”
“Ahahahahah certo! Una rosa appassita e ammuffita però”
“Ahahahahahah ma fottiti caccola!”
Stavamo ancora scherzando quando è tornata Michelle con due birre ghiacciate in mano:
“Ecco a voi!”
“Ooooh grazie, ci voleva proprio!” dicemmo all’unisono scatenando un attacco di ilarità anche in Michelle che guardandoci divertita disse:
“Sapete ho la netta sensazione che diventeremo grandi amiche! Ahahahah ragazze siete troppo divertenti!”
Ridemmo per non so quanto tempo, ci stavamo davvero divertendo con Michelle, tanto da mettere da parte per un po’ i nostri problemi.
“Beh raccontantemi un po’ di voi, da dove venite?”
“Siamo italiane”
“Uuuuh davvero? Adoro l’Italia! Il paese della pizza! Ahahahahahaha….adoro la pizza!!”
A quel punto io e Charlie ci scambiammo uno sguardo eloquente. Stavamo pensando la stessa identica cosa: E’ PAZZA!! Ma tutto sommato davvero simpatica. Qualcosa mi diceva che saremmo davvero diventate amiche.
“E quando siete arrivate?” domandò appoggiando i gomiti sul bancone sporgendosi di più verso di noi.
“Solo stamattina!”
A Michelle si illuminarono gli occhi: “Quindi non avete ancora fatto un giro per la città giusto?”
Annuimmo entrambe, molto confuse. Dove voleva arrivare?
“PERFETTO! Io finisco il turno tra un paio d’ore. Vi porterò in giro e vi farò ammirare le bellezze di L.A! Sarò la vostra giuda tutto il giorno e magari facciamo anche un po’ di shopping e….”
Era partita in quarta. Dio questa ragazza è un tornado!
“Michelle, ci dispiace, ma oggi proprio non possiamo!”
Visibilmente delusa ci guarda e chiede il perché con un filo di voce.
“Davvero ci dispiace è solo che dobbiamo risolvere prima un paio di prolemini” cerco di spiegarle con un tono pacato sperando che capisca.
“Problemini?? Non sappiamo dove andare, puzziamo da fare schifo, dobbiamo trovare un ragazzo del quale sappiamo si e no il nome e tu questi me li chiami PROBLEMINII??”
Beh in effetti ha ragione, ma minimizzare è nella mia natura, lo sa bene e soprattutto non mi sembra il caso di raccontare tutte le nostre sventure a quella ragazza conosciuta si e no da un’ora.
Stavo per dire a Charlie di tranquillizzarsi quando la voce acuta di Michelle mi interruppe:
“Perché? Cosa c’è che non va?”
“Mmm..no, niente..” dissi intenzionata a far cadere il discorso una volta per tutte.
“Ma adesso siamo amiche no? Dai, magari vi posso aiutare!” sfoggiò un sorrisone a trentadue denti che ispirava fiducia.
A un tratto mi tornò in mente il motivo per il quale eravamo entrate in quel bar…oltre alle birre!
“A proposito…” ancora una volta Charlie sembrava avermi letta nel pensiero…” siamo alla disperata ricerca di un ragazzo!” esordì Charlie scatenando nella bionda un attacco di ridarella.
“A chi lo dici sorella!! Ahahah!”
“Ahahahah..no che hai capitoo!! Dobbiamo trovare un suo amico” continua Charlie indicandomi “Sai non abbiamo un posto dove stare, quindi speriamo che ci dia asilo..”
“Ah capisco! E come si chiama? Sapete, conosco tanta gente qui, magari l’ho incontrato qualche volta!”
“Certo sarebbe davvero un gran colpo di fortuna! Comunque è un chitarrista, si fa chiamare Slash!”
Pronunciato quel nome il sorriso dal volto di Michelle sparisce all’improvviso. Gli occhi cerulei fissano un punto lontano.
“Qualcosa non va?” le chiediamo preoccupate.
“Uh?! Si….cioè no….volevo dire…lo conosco!”
“Davvero?? Non ci stai prendendo in giro vero?? E sai dove abita??”
Non ci posso credere!! Questo è culo!! Un grandissimo, enorme culo!! 
“Certo che lo so! Siete venute dalla persona giusta ragazze!” dice ancora un po’ assente…
Intanto io e Charlie non potevamo credere alle nostre orecchie. Finalmente le cose cominciavano a girare per il verso giusto: avevamo una nuova amica, la prima in quella grande città piena di sconosciuti e io stavo per rivedere Slash.
Prese dall’euforia del momento lanciammo gridolini e ci abbracciammo. Abbracciammo anche Michelle che vedendo la nostra reazione non potè non ritrovare il buonumore e ricambiò l’abbraccio.
Si era davvero ripresa, infatti poco dopo ricominciò a parlare, a parlare e a parlare…..a ruota libera descrivendoci nei minimi dettagli i ragazzi che di lì a poco avremmo avuto l’onore di incontrare: i fottuti Guns n’ Roses!

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Capitolo 3
*** Secondo piano a destra. ***


SECONDO PIANO A DESTRA.

Prima di partire alla volta dell’appartamento dei Guns, facemmo una capatina nell’appartamento di Michelle per cambiarci e rinfrescarci un pò. Avevamo davvero un aspetto orribile, non potevamo di certo presentarci da loro in quello stato pietoso.
 Una volta lavate e vestite la bionda ci scrisse un biglietto l’indirizzo.
Ci bloccò mentre stavamo per varcare la porta di casa sua:
“Buona fortuna ragazze! Ho la netta sensazione che ci vedremo presto!” disse ammiccando.
La ringraziammo di cuore. Quella ragazza così strana ci aveva davvero salvato la vita.
Ci chiudemmo la porta alle spalle e fermammo il primo taxi dando al conducente il biglietto con su scritta la nostra destinazione.
Ero così nervosa.  E se non avesse riconosciuta? Se non volesse ospitarci? Devo smetterla con le seghe mentali. Charlie mi stinge la mano per rassicurarmi, percependo la mia agitazione.
Questa è una delle cose che adoro di lei: è come se fossimo profondamente connesse una all’altra. Sempre. Non abbiamo bisogno di parlare, sappiamo sempre cosa sta provando l’altra come se fossimo due metà della stessa anima. So che lei ci sarà sempre per me, come io per lei. Non potrei mai farcela senza di lei.
Mi sta ancora sorridendo e inconsapevolmente una lacrima scende veloce. Con un gesto veloce l’asciugo, girandomi verso il finestrino e sperando di non essere vista. Charlie mi si avvicina e mi stringe in un abbraccio. Non so dire di preciso quanto tempo restammo così, ma all’improvviso la macchina si fermò e l’autista ci informò che eravamo arrivate. A quel punto Charlie si scostò leggermente e fissandomi con quei suoi occhi scuri e profondi mi sussurrò:
“Stà tranquilla, ci sono io con te! Andrà tutto bene!”
Annuii cercando di mostrarmi forte. Le strinsi ancora la mano come per accertarmi che stesse sul serio al mio fianco, che non mi avrebbe abbandonata.
 il quartiere dove ci trovavamo non era certo uno dei migliori; la facciata del palazzo dove abitavano i ragazzi era abbastanza fatiscente. Prendemmo coraggio, un gran respiro ed entrammo.
L’appartamento si trovava al secondo piano, sulla destra; così aveva detto Michelle. Lo trovammo facilmente e senza pensarci due volte suonai il campanello. Avevo bisogno di rilassarmi, così mi accesi una sigaretta. Suonai di nuovo. Nessuno rispondeva.
“Ma non è che abbiamo sbagliato??” chiesi esasperata.
“Nono…l’indirizzo è giusto” dice Charlie controllando il foglietto datoci da Michelle “…appartamento al secondo piano sulla destra….beh è questo senza dubbio”
“Allora non c’è nessuno! Cazzo!”
“Mah….prova a suonare di nuovo, magari non hanno sentito!”
“Charlie ma ho già suonato tre volte!”
“E che ti costa una quarta? Dai non fare la bambina!”
Sbuffai e suonai di nuovo, con più isistenza, tenendo premuto il dito sul campanello finchè non sentii dei rumori provenire dall’interno.
“Cazzo! Arrivo! Ma chi è che rompe il cazzo a quest’ora eh?” la porta si aprì e sbucò una figura parecchio singolare. Non avevo mai visto un ragazzo del genere. Mi incantai fissando i suoi occhi smeraldini così penetranti. Lo osservai meglio: i capelli di un rosso acceso erano lunghi e perfettamente lisci; il viso dai tratti delicati ma decisi; il suo corpo perfettamente asciutto ma allo stesso tempo così muscoloso, dalla carnagione diafana. Era davvero bellissimo.
Appena ci vide si aprì in un sorriso sghembo molto malizioso, che trovai mozzafiato.
Disse: “ Oh buongiorno bellezze! In cosa posso esservi utili?”
“Stiamo cercando Slash” risposi in modo deciso e lineare, intenzionata a non far trapelare la forte emozione che la sua comparsa mi aveva suscitato.
“Tutte e due?” chiese sbarrando gli occhi….”Fottuto Hudson tutte le fortune a lui!” sembrava lo stesse dicendo più a sé stesso che a noi.
“Dolcezza…” quando capii che si stava riferendo a me diventai più rossa di un pomodoro. Non era facile farmi arrossire, ma lui ci era riuscito con una sola stupida parola. E dire che non ci conosciamo nemmeno; chissà quante ragazze chiama in questo modo. Meglio non farmi illusioni.
“Uh? Dici a me?” rispondo neutrale e lo guardo dritto negli occhi portando lentamente la sigaretta alle labbra.
Il rosso segue con lo sguardo la sigaretta nel suo percorso e con un ghigno e lanciando uno sguardo a Charlie dice:
“Quando finite con Saul venite da me! Voglio divertirmi anche io!” si avvicina pericolosamente e con la punta delle dita mi sfiora la guancia. Chiudo gli occhi a quel contatto; sento la pelle scossa da mille scosse. Solo quando si allontana con uno sguardo beffardo mi rendo conto di quello che aveva detto.
Mi risveglio dal torpore in cui ero caduta: non ci potevo credere. Ma come osa?? No, dico…ma ci ha prese forse per delle groupie?
“Spero tu stia scherzando! Non abbiamo intenzione di “divertirci” con nessuno, tantomeno con te! Adesso chiamaci Slash per favore” risposi tra lo shock e l’irritazione.
“Hai perso una grande occasione baby!” disse in modo così freddo da farmi gelare il sangue. Girò i tacchi e se ne andò lasciandoci impalate sull’uscio. Alzai gli occhi al cielo. Che faccia tosta!!
Certo si è rivelato subito uno stronzo di prima categoria! Anche se…..un pensierino ce lo farei volentieri…mmmm….è proprio un gran figo! E che fisico….
Meglio non pensarci o finirei per accettare la sua “offerta”.
Un altro ragazzo aveva assistito alla scena seduto comodamente sul divano. E’ un moretto dai capelli lisci e ribelli, lo sguardo indecifrabile e le labbra sottili dalle quali pendeva instabile una sigaretta, curvate in un tenero sorriso. Ci si avvicina: “Ehi non prendertela honey…è stronzo che ci vuoi fare”
Gli sorrisi timidamente, quel ragazzo mi metteva in soggezione. Ci fece accomodare e poi si presentò:
“Io sono Izzy e quel coglione con i capelli rossi di prima era Axl…e voi siete??”
“Io sono Alex…” dissi porgendogli la mano…
“ E io Charlie! Izzy…Axl…Slash….che nomi strani però!” rise Charlie cercando di rompere il ghiaccio.
“Nomi strani, per ragazzi altrettanto strani!” continuai. Scoppiammo tutti e tre a ridere. La risata di Izzy era melodiosa, era davvero bello…ma non come Axl, Izzy aveva un altro tipo di bellezza: quell’aria misteriosa e l’aspetto duro gli conferivano un certo fascino.
Ero talmente assorta nei miei pensieri che non mi accorsi che mi aveva fatto una domanda. Charlie, accortasi del mio stato di trance, mi diede una gomitata…..forse un po’ troppo forte…
“Aio! Ma dico sei impazzita?”
“Ooooh finalmete la signorina è scesa tra noi! Ahahahah”
La fulmino con lo sguardo…
“Calma bellezza, ma Izzy ti stava parlando da mezz’ora e tu lo guardavi assente, che dovevo fare?!”
Abbassai lo sguardo…Dio che figura….chissà che avrà pensato!!
“Ehm….scusa…mi ero persa nei miei pensieri” abbozzai un sorriso.
“L’avevo notato..tranquilla…comunque dicevo…perché state cercando Slash?”
“E’ una lunga storia…in poche parole siamo vecchi amici, passavo da queste parti e ho pensato di fargli una sorpresa!” dissi in modo sbrigativo. Era davvero una lunga storia e non avevo voglia di raccontarla, non in quel momento almeno. Izzy lo capì, infatti si alzò subito e disse:
“Beh vado a chiamarvelo allora” spense la sigaretta e si avviò verso la camera di Slash, sparendo pochi secondi dopo.




Grazie a tutti coloro che leggono, questo è un capitolo un pò così....di transizione! Mi raccomando recensiteeeee, vorrei davvero sapere se vi piace e che ne pensate! ;)
Baci!! 

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Capitolo 4
*** Home Sweet Home ***


Home Sweet Home
 
Izzy entrò nella camera di Slash per avvisarlo della presenza delle due ragazze. La stanza era completamente buia e il ragazzo giaceva sul letto accoccolato al cuscino e con in mano la solita bottiglia ormai vuota dell’amato zio Jack. Izzy rise di quell’immagine: Slash sembrava così indifeso e  dolce solo quando dormiva!! Quel ragazzo aveva davvero  il sonno pesante e svegliarlo sarebbe stato tutt’altro che semplice e Izzy questo lo sapeva benissimo, infatti a ogni suo tentativo di strapparlo dalle braccia di Morfeo Slash rispondeva russando sempre più forte. Ad un certo punto il povero ragazzo, esasperato, cominciò ad urlare e a imprecare in modo molto colorito, tanto da far impallidire uno scaricatore di porto; e dire che lui era un ragazzo particolarmente tranquillo, ma purtroppo non godeva di molta pazienza.
Tirò via le coperte e le gettò a terra con noncuranza e strattonò il ragazzo violentemente finchè non fu costretto ad aprire gli occhi. Anche se ancora parecchio intontito Slash riuscì a dire:
“Cazzo Izzy ma che vuoi?! Mi hai svegliato con tutto sto casino! Vaffanculo!”
Il moro prese un paio di lunghi respiri per calmarsi altrimenti lo avrebbe di certo preso a pugni.
“Brutto coglione alza immediatamente quel tuo culo  e vai in salone che hai visite!”
“Isterici anche a prima mattina signor Stradlin? E di grazia potrebbe dirmi chi mi attende?” chiese grattandosi la testa.
Izzy alzò le spalle: “Che so! Sono due ragazze che hanno chiesto di te!” pensò fosse meglio non fare nomi.
Sentito ciò Slash scattò in piedi più sveglio e pimpante che mai. Si avviò verso il salone sorridendo sornione ripetendo “Due ragazze….due ragazze…” e piantando in asso Izzy che scuoteva la testa divertito.
Nel frattempo io e Charlie eravamo rimaste in attesa nel salone dove di tanto in tanto arrivavano gli urli e le imprecazioni di Izzy seguiti da strani rumori. Ero davvero tesa tanto che le battutine di Charlie riuscivano solo a strapparmi qualche sorrisetto tirato. Data la mia reazione Charlie capì che non c’era niente da fare così rimanemmo in silenzio, un silenzio che dopo poco fu rotto da un rumore di passi. Il cuore mi salì in gola e lentamente mi girai. Lui era lì. Era cambiato, quasi irriconoscibile, ma era lui. Il sorriso sulla sua faccia lasciò il posto ad un’espressione indecifrabile: tra l’incredulità e la gioia. La voce gli uscì dalle labbra come un soffio:
“Bimba…sei proprio tu?”
Sentendomi chiamare ancora con quel nomignolo il mio cuore perse un battito e scattai in piedi. Annuii semplicemente avendo paura che la voce mi morisse in gola. A grandi falcate mi si avvicinò fermandosi a pochi centimetri. Mi guardò da capo a piedi per un paio di volte e poi mi strinse in un abbraccio talmente forte da farmi quasi male. L’odore della sua pelle mi entrò prepotente nelle narici. Quell’odore così familiare ma così diverso. Mi strinsi di più a lui e appoggiai il viso contro il suo petto. Mi era mancato così tanto…
Delicatamente sciolse l’abbraccio e mi baciò sulla fronte.
“Sei cambiata, bimba!” disse regalandomi uno dei suoi sorrisi migliori.
“Anche tu, Saul”
Non mi ero resa conto che nel frattempo Izzy era rientrato nella stanza e parlottava con Charlie. In quel momento c’eravamo solo io e Saul.
“Ma guarda un po’…ti ho lasciata che eri una ragazzina e adesso ti ritrovo che sei ormai una donna!”
“E che donna!” commentò Izzy credendo di non essere ascoltato da nessuno. Ma Slash si girò verso di lui fulminandolo con lo sguardo.
“Beh ne è passato di tempo dall’ultima volta che ci siamo visti” dissi mentre ancora ridevo sia per il commento di Izzy sia per la reazione di Slash. Non era cambiato per niente, era esattamente lo stesso ragazzino geloso e protettivo che qualche anno fa se ne era andato per cercar fortuna.
In quel momento mi resi conto che Charlie era rimasta in disparte, così la presi sotto braccio e con un sorriso a trentadue denti la presentai al riccio.
“Comunque lei è Charlie, la mia amica di cui ti ho parlato, ricordi?”
“Certo che mi ricordo! Piacere dolcezza! Finalmente ti conosco di persona” affermò porgendole  la mano.
“A chi lo dici! Sai Alex mi ha parlato moooooolto spesso di te!”  disse facendomi l’occhiolino.
Ci sedemmo tutti e quattro sul divano parlando del più e del meno: Slash e Izzy del loro gruppo e della loro vita senza regole né limiti; poi io e Charlie raccontammo cosa ci aveva spinte fino a Los Angeles, com’era la nostra vita e cosa ci aspettavamo per il futuro. Sotto molti aspetti noi e quei ragazzi eravamo molto simili: avevamo un sogno, eravamo disposti a tutto pur di realizzarlo, costi quel che costi. Charlie rideva e scherzava con quei due ragazzi come se li conoscesse da sempre e io ero più rilassata…tutto stava andando per il verso giusto finalmente. Stavamo ridendo di una delle battute di Slash quando fece il suo ingresso Axl. Nella stanza calò il silenzio che fu spezzato da Slash solo dopo che il rosso si fu seduto a debita distanza.
“Axl lei è una mia vecchia amica: Alex, e lei è Charlie!” ci presentò euforico all’amico.
“Ho già avuto il piacere di conoscerle!” gli rispose il rosso ironico smontando tutto il suo entusiasmo
“Vero stronzetta?” disse girandosi verso di me e alzando un sopracciglio.
Lo fissai torva, quel ragazzo per quanto bello potesse essere mi faceva saltare i nervi! Lo sguardo di Slash intanto passava da me ad Axl sempre più confuso, ma visto che nessuno aveva intenzione di spiegargli che era successo alzò le spalle e tornò a sedersi accanto a me. Dopo poco sembrava che tutti si fossero dimenticati di quell’episodio infatti eravamo tornati a ridere e a scherzare come prima dell’arrivo di Axl. Io e il rosso ci evitavamo volutamente, ma ogni tanto sentivo il suo sguardo pesarmi addosso. Facevo finta di niente e cercavo di guardarlo il meno possibile concentrando tutta la mia attenzione su Slash che ad un certo punto domandò a me e a Charlie:
“E adesso che siete qui a L.A dove andrete a vivere?”
Io e Charlie ci scambiammo un lungo sguardo non sapendo cosa rispondere. Eravamo in imbarazzo e non eravamo più sicure di volergli chiedere ospitalità; non volevamo passare per delle approfittatrici. Così decisi di rispondere in modo vago ma allo stesso tempo di essere sincera:
“Sinceramente non lo sappiamo, siamo arrivate da poco e non abbiamo avuto il tempo di pensarci per bene”
Lo vidi accigliarsi per un attimo e farsi pensieroso. Poi si alzò e andò a parlare con Izzy che stava in cucina a prendere da bere lasciando me, Charlie e Axl da soli nel salotto. Il silenzio era a dir poco imbarazzante, Axl continuava a fissarmi, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata a Charlie che guardava nella direzione in cui si era diretto il riccio; io con lo sguardo basso, invece, mi torturavo le mani sperando solo che si sbrigasse per porre fine a quel supplizio.
Il tempo sembrava non passare mai quando finalmente Slash tornò accompagnato da Izzy che aveva portato delle birre sopra un vassoio improvvisato. Si schiarì la voce e con tono teatrale disse:
“Dopo una lunga riflessione penso di aver trovato una soluzione!”
Ci guardammo tutti preoccupati.
“Tu che pensi?? Ahi, ahi poveri noi…. Si salvi chi può”
“Ah ah ah sempre simpatico tu Axl! Comunque ragazze ho avuto un’idea geniale!!”
“Aiuto!” bofonchiò Axl mentre beveva la sua birra.
“Fottiti Rose!” Slash si alzò in piedi.
“Prima le signore Hudson” lo stesso fece Axl.
Le cose stavano lentamente degenerando quindi mi intromisi nel discorso. Ci mancava solo che si prendessero a cazzotti!
“Beh Slash ci vuoi dire la tua genialata?”
“Ah sisi…..Ragazze….rullo di tamburi prego!!”
Alzammo tutti gli occhi al cielo e dicemmo: “Piantalaaaaa!”
“ooook, ma come siete acidi!” alzò le braccia al cielo e con un sorrisone annunciò:
“Alex…Charlie….benvenute nella vostra nuova casa”  e con un ampio gesto indicò il piccolo appartamento dove ci trovavamo.
“Cosaaaa??” gridammo all’unisono
“Beh anche Izzy è d’accordo…..potete stare nella stanza degli ospiti sempre se vorrete dividere lo stesso tetto con 5 ragazzacci come noi!”
Gli saltai al collo e ringraziammo sia lui sia Izzy…non potevamo sperare in qualcosa di meglio!
Axl, che era rimasto in religioso silenzio fino a quel momento, scattò in piedi e disse:
“Stai scherzando spero!”
“Dai Axl non sanno dove andare e poi sono nostre amiche!” rispose Izzy cercando di farlo ragionare.
“NOSTRE amiche?? E dimmi Jeff da quanto le conosci eh? Nemmeno cinque minuti…”
 “Cosa centra?! Sono amiche di Slash e rimangono qui!” disse con un tono che non ammetteva repliche.
“Ma non ci vive solo Slash qui! Già in cinque siamo troppi, figuriamoci in sette adesso! E poi che faranno…vivranno qui a scrocco?”
“Datti una calmata…ci cercheremo un lavoro e vi daremo una mano con le spese e le pulizie! Puoi stare tranquillo”
“Tsè…tranquillo come no! Dovrò dividere la mia casa con una stronza come te e dovrei stare tranquillo?!” ridacchiò amaro.
Non ci vidi più dalla rabbia così con pochi passi colmai la distanza che ci divideva e gli tirai uno schiaffo con tutta la forza che avevo in corpo. Ma come si permetteva a parlarmi così? Che gli avevo fatto per meritarmi tutto questo odio? Che razza di stronzo… Di certo non si aspettava questa mia reazione. Si massaggiava la guancia rossa guardandomi furente ma allo stesso tempo spiazzato. Mi allontanai da lui soddisfatta.
Gli rivolsi un ultimo sguardo mentre si precipitava fuori dall’appartamento sbattendo violentemente la porta dietro di sé….
Alex 1….Axl 0
“Sarà una bella convivenza!” ridacchiò Charlie dandomi una piccola pacca sulla spalla.

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Capitolo 5
*** Love Makes You Blind. ***


LOVE MAKES YOU BLIND.
 
Eravamo rimaste sole. Izzy e Slash avevano raggiunto gli altri per fare le prove, Axl non si era fatto più vedere, ma nessuno si preoccupava per lui più di tanto; speravano solo si presentasse in tempo per provare. Io e Charlie approfittammo di quel momento di tranquillità per sistemarci e disfare le valigie. La stanza che ci era stata assegnata era piccolina ma accogliente decisamente in linea con il nostro stile di vita: sulle pareti c’erano appesi poster di Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Ramones…
Mi stesi sul letto intenzionata a rilassarmi un po’ ma dopo pochi minuti mi alzai: decisi di andare a fare una passeggiata e magari vedere di trovare un lavoro. Avvertii Charlie e uscii per le strade affollate di L.A. Camminavo veloce con le mani in tasca e di tanto in tanto davo uno sguardo alle vetrine. C’erano negozi di tutti i i tipi, le insegne al neon una più luminosa dell’altra. Non mi sarei mai abituata a tutta quella frenesia, pensai.
Nel frattempo Charlie era rimasta sola soletta e così decise di fare una bella doccia. Lentamente il getto caldo dell’acqua fece rilassare i suoi muscoli tesi per il lungo viaggio. Rimase lì sotto per una mezz’oretta buona; uscì dal piccolo bagno avvolta in un candido asciugamano fischiettando. Fece un giro per l’appartamento cercando di prenderci familiarità: era carino e le metteva allegria. Cominciò a canticchiare con la sua voce melodiosa della quale era molto orgogliosa, non per niente aspirava a diventare una famosa cantante. Si era posizionata davanti al grande specchio nell’ingresso con in mano un piccolo asciugamano con il quale si tamponava i capelli, quando entrò in casa un Duff tremendamente in ritardo. La ragazza non si era accorta della sua presenza, continuava a cantare persa nei suoi pensieri.
D’altro canto per Duff era stato impossibile non notare quella splendida figura di fronte a lui. La fissava estasiato. Quasi senza rendersene conto si mosse verso quella ragazza che lo attirava a sé col suo canto suadente come fosse una sirena. Si fermò dietro di lei guardando nello specchio il riflesso del suo volto. Solo in quel momento Charlie si accorse di lui: vedendolo alle sue spalle sussultò arretrando. Aprì la bocca per dire qualcosa ma il ragazzo la precedette:
“Sc…scusami, io no…non….non volevo spaventarti!” si scusò grattandosi il capo visibilmente in imbarazzo e arrossendo leggermente. Ma che gli era saltato in mente! Si diede subito dello stupido.
Charlie scrutò attentamente quel ragazzo: di sicuro era uno degli amici di Slash. Quei ragazzi erano tutti molto “particolari” ma in lui vide qualcosa di diverso. Quella sua aria da duro, l’aspetto punk erano in contrasto con quel viso angelico cotonato da una nuvola bionda. Gli occhi di un verde acceso si illuminarono riflessi in quelli scuri e profondi di lei. Charlie pensò di non aver mai visto nulla di più bello. Percorse con lo sguardo l’intera figura del ragazzo: il naso dritto, le labbra sottili e feline, il corpo slanciato e muscoloso. Era decisamente alto. Lei accanto a lui sembrava così minuscola e fragile.
Rimasero in silenzio, osservandosi a vicenda. All’improvviso un flash di consapevolezza ridestò Duff da quella trance: era in straritardo; doveva andare o i ragazzi lo avrebbero ammazzato.
“Beh ora devo andare…ci rivedremo vero?” le fece l’occhiolino e sorrise furbo. Prese frettolosamente il suo amato basso e uscì.
“Ciao!” sussurrò al vento Charlie una volta che la porta si chiuse alle spalle del ragazzo.
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Il cielo era cupo, minacciava di piovere, perciò lentamente mi incamminai verso quella che d’ora in poi sarebbe stata la mia nuova casa.
Arrivata sul pianerottolo per poco non mi scontrai con un ragazzo. Era maledettamente alto e biondo (con un’evidente ricrescita). Una pertica ossigenata, insomma. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, si girò lentamente e disse:
“Scusa non ti avevo visto!” e sparì.
Rimasi spiazzata…Mah, certo che ce n’è di gente strana qui!
Sospirando entrai in casa e vidi Charlie seduta sul bracciolo del divano completamente assente. Le sventolai la mano davanti agli occhi un paio di volte, ma niente. Fantastico, mi si è rincretinita!!
“Dio! Ma che vi prende a tutti quanti oggi? Rincoglionimento di gruppo?” urlai alzando le braccia al cielo.
“Uh?! Ma che vuoi?” dice Charlie spaesata.
“Bentornata tra noi honey!”
“Com’è andata la tua passeggiata?” mi chiede stizzita.
“Oh bene! Molto rilassante direi! E poi torno a casa e mi ritrovo due rincoglioniti davanti!”
“Due?” chiede guardandosi intorno “Ci vedi doppio? Ti prego, dimmi che non hai ricominciato a farti le canne!”
“No cogliona! Prima mi è venuto addosso uno! Una pertica ossigenata che aveva la tua stessa faccia da ebete di poco fa!”
Ridiamo; poi tutt’ a un tratto Charlie diventa seria.
“Che c’è?” chiedo alzando un sopracciglio.
“Ehm…diciamo…che lo conosco!” diventa rossa fino alla punta dei capelli e mi racconta tutto quanto.
“Uuuuuuh la bella Charlie ha fatto colpo eh? Comunque ottima scelta sorella! Per essere una pertica ossigenata è davvero un gran figo!”
“Ma la smetti di chiamarlo così?!”
“Ahahahahah! Ma scusa è alto  no?”
“Decisamente!” assentì con il capo.
“Ed è evidentemente tinto!” scoppiai a ridere.
“Che ne sai!”
“Charlie mi sa che il colpo di fulmine ti ha affumicato il cervello! Ma voglio dire! Aveva almeno due dita di ricrescita quello!””
“Mah, sarà…io non l’ho notato!” detto ciò corse in camera a cambiarsi, dato che era rimasta con ancora l’asciugamano addosso.
“Aaah l’amore non è cieco…ma lo fa diventare!”
Charlie fa capolino dalla porta e alza il medio. Scuoto la testa rassegnata:
“Qualcosa mi dice che me la sono giocata!” penso ridacchiando.
 
 
 



Un grazie enorme a tutti quelli che leggono e mi seguono, in particolare a Charlie Hudson e a smarties89 per le recensioni :D

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Capitolo 6
*** I Can Wait. ***


I CAN WAIT.
 
Verso sera i ragazzi tornarono a casa. Insieme a Slash, Izzy e purtroppo anche Axl, arrivarono altri due: la “pertica ossigenata” com’era stato ormai ribattezzato da me e Charlie e un nanerottolo biondo e peloso dal sorriso fanciullesco. Varcata la soglia Slash si precipitò al mio fianco e cingendo con un braccio le spalle di Charlie ci presentò gongolante a quei due:
“Duff…Steven….loro sono Alex e Charlie”
Duff e Charlie si scambiarono un timido sorriso, poi lui le porse la mano e lei l’afferrò arrossendo. Nessuno dei due voleva interrompere quel contatto.
Erano così impacciati e buffi che trattenni a stento una risata. Poi fu il turno di Steven che abbracciandoci forte disse:
“Io sono Steven il batterista, nonché il più figo tra le checche qui presenti!”
“CHE HAI DETTOO?!?” urlarono in coro gli altri 4 tirandogli a turno un sonoro schiaffo sul collo tra le risate generali. Ci sedemmo sul divano continuando a ridere e a scherzare come se fossimo amici da sempre.
“Alex non sai come sono contento che tu sia qui…” mi dice Slash dolcemente interrompendo le risate dei ragazzi. Lo abbraccio forte.
“Beh ragazzi….direi che bisogna festeggiare!” annuncia Steven brandendo una bottiglia di Jack Daniel’s.
“Cazzo Pop Corn per una volta hai detto qualcosa di giusto!” lo schernì Izzy.
“La volete smettere di chiamarmi così?! Mi da fastidio, cazzo!”
Inutile dire che dopo una mezz’oretta eravamo tutti già brilli. Slash sparava battute a raffica facendo piegare in due tutti quanti per le risate, Izzy era più estroverso: parlava e sorrideva più del solito; perfino Axl sembrava simpatico…..ok, mi sa che ho bevuto troppo.
“Ragazzi sentite questa barzelletta….fa morire dal ridere!” esclama Duff su di giri.
“Oh no, per favore Duff…risparmiaci!” lo supplica Axl dando voce ai pensieri di tutti nella stanza.
“Perché?” sussurro nell’orecchio a Izzy, seduto accanto a me. Lui si copre la faccia con una mano e dice:
“Lo capirai da te!”
“Ahahahahah…sentite sentite! Come si chiama la penna che scrive con il sangue?”
“Mmmm…. AH…la siringa!” esclama Steven trionfante.
“Adler sei un coglione…come fai a sparare certe minchiate eh?” sbuffa Slash.
“Perché?? “ chiede confuso.
“Come perché?! Che hai al posto del cervello?? La siringa non è una penna!” esclama esasperato Izzy che fino a quel momento era rimasto in silenzio, come al solito. Steven mise il brocio facendo l’offeso e stava per controbattere quando Duff lo zittì intenzionato a concludere la sua battuta.
“Zitto PopCorn….allora ragazzi, vi arrendete?”
“Si Duff….illuminaci!” lo esortano Steven e Slash…
“……VAMBIRO! Ahahahahahah…..troppo forte! Ahahahahah!”
Cala il silenzio e tutti guardiamo Duff. Credo proprio di aver capito quello che intendeva Izzy, Duff era proprio negato. L’unica persona che parve apprezzare la “battuta” fu Charlie che rideva a crepapelle. La guardammo tutti come se provenisse da un altro pianeta. Quando si accorse che la stavamo fissando si ricompose e disse:
“Beh…che c’è? Era divertente!”
Rimasi a bocca aperta. Si era bevuta il cervello? Ah l’amore….
“Charlie ma se era orribile! Senza offesa man!” disse Axl sbarrando gli occhi.
“Non capite niente! Non sapete riconoscere la VERA comicità! Non ascoltarli honey, tu si che hai buon gusto!” esclama Duff offeso e abbracciando Charlie. Lei arrossì di botto e sorrise.
Vedere Charlie e Duff scambiarsi sguardi carichi di dolcezza, vedere la mia amica avvampare ogni volta che lui le si avvicina, mi intenerisce. Sono così carini insieme, ma nessuno dei due farà il primo passo, sono troppo imbarazzati. E qui entro in gioco io: Miss Cupido! Mi alzo e vado da Slash:
“Alzati e vieni in camera mia. Portati dietro Steven!” gli sussurro.
“Perché?” mi guarda interrogativo, confuso a causa di tutto l’alcol che ha in circolo.
“Tu fallo! Poi ti spiego!!” mi alzo andandomi a sedere tra Izzy e Axl.
“Ragazzi venite con me…” dico cercando di sorridere maliziosa. Se volevo farli uscire da lì, quello era l’unico modo.
Infatti come previsto scattarono in piedi e barcollando mi seguirono fino ad arrivare in camera. Axl con un sorriso trionfante mi cinse le spalle con un braccio e disse:
“Non credevo che avresti ceduto così presto, baby!”. Si avvicinò tentando di baciarmi, ma lo scansai e ridendo risposi:
“Frena gli ormoni carotina!”
In quel momento entrarono anche Slash e Steven che insieme ad Izzy scoppiarono in una fragorosa risata.
“Carotinaaaaa! Ahahahah GENIALE! D’ora in poi ti chiameremo così!” esclamò Izzy con le lacrime agli occhi beccandosi un pugno sul braccio e un vaffanculo da un Axl visibilmente incazzato.
“Beh Alex ci vuoi dire perché siamo qui?” intervenne Slash cercando di smorzare la tensione.
“Non ditemi che vi siete accorti di nulla!”
Quei quattro si guardarono sempre più perplessi. Alzai gli occhi al cielo e apii piano piano la porta.
“Ehi, dove vai?” urlò Steven.
“Ssshhh zitto scemo se no ci scoprono! Tappatevi la bocca e guardate!”
Uno ad uno si accostarono alla porta affacciandosi verso il soggiorno. Quello che videro li lasciò a bocca aperta: come avevano fatto a non accorgersene?
“E bravo il nostro McKagan”  gridarono in coro.
Nell’altra stanza i due piccioncini stavano ancora abbracciati; non si accorsero nemmeno di essere rimasti soli.  Nella stanza regnava il silenzio: non avevano nulla da dirsi, non con le parole almeno….si guardavano fissi negli occhi e non c’era bisogno di aggiungere null’altro.
Quella sorta di atmosfera magica fu spezzata da Duff:
“Charlie…ti andrebbe di…uscire….con me….domani sera?”.
Nei secondi che precedettero la risposta della ragazza Duff si sentì morire. Non si era mai sentito così con una ragazza e pensare che avrebbe potuto rifiutare lo faceva stare male.
Charlie lo guardò in quegli occhi verdi carichi di aspettativa e di speranza e non potè fare altro che accettare.
Duff si aprì in un gigantesco sorriso e si avvicinò a lei sempre di più, finchè le loro labbra non arrivarono al punto di sfiorarsi.
Charlie era inebriata dal profumo del biondo: un misto di dopobarba e fumo che la stava facendo impazzire. Le sue difese stavano cedendo lentamente ma in uno sprazzo di lucidità riuscì a trovare la forza per ritrarsi a quel contatto tanto desiderato, ma così sbagliato in quel momento.
Aveva paura di come potesse reagire il ragazzo: non voleva ferirlo ma non voleva rimanere scottata ancora.
“Du…Duff scusami…è solo che…ecco…è meglio andarci piano, non credi?” disse abbassando lo sguardo.
Duff le sorrise e le alzò il mento con due dita:
“Posso aspettare..” e le diede un dolce bacio sulla guancia.

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Capitolo 7
*** Trucco e Parrucco. ***


TRUCCO E PARRUCCO.
 
Il giorno dopo ci svegliammo di buon’ora perché avevamo appuntamento con Michelle: le avevamo promesso che una volta sistemate a casa Guns saremmo uscite tutte e tre insieme e lei ci avrebbe mostrato la città degli angeli in tutto il suo splendore.
Lasciammo la casa nel silenzio più totale, infondo per quei ragazzi svegliarsi prima di mezzogiorno era un’impresa più che ardua. Incontrammo Michy  nel bar dove l’avevamo conosciuta e dopo aver fatto colazione ci incamminammo sotto il sole per le vie affollare di L.A.
“Beh…com’è andata con i Guns? Vi hanno accolte come si deve?? E Slash???” chiese Michelle curiosa.
“Tutto perfetto! Slash è stato dolcissimo ed era contento di vedermi…poi ci ha presentato gli altri…Diciamo che come inizio non c’è male, vero Charlie?”  dico punzecchiando la mia amica, che mi fa la linguaccia.
“Sai Michelle devi sapere che la signorina qui presente ha fatto andare completamente fuori di testa un bassista a caso….”
“Che cosaaa?? Duff??” l’espressione stupita della bionda lascia subito posto a un sorriso malizioso e dice:
“Beh complimenti, honey….hai fatto tombola!”
Charlie arrossiva sempre di più, mentre io e Michelle ridevamo ormai fuori controllo. Più ridevamo, più lei metteva su un broncio tipico di una bimbetta di tre anni, cosa che ci fece ridere ancora di più.
“Dai smettetela adesso ragazze! E poi, Alex, tu stai ridendo tanto, eppure anche tu hai fatto breccia in molti cuori!”
“Eh?” la guardo smettendo di ridere all’istante, inarcando un sopracciglio.
“E già…ti stuzzichi in continuazione con Axl, poi tutti quei sorrisetti con Izzy…lo vedo come vi guardate sai?”
…Non le sfugge niente, eh?!
“Ma smettila! Non dire cretinate! Lo sai benissimo che io e Axl non ci sopportiamo. Non ci eravamo nemmeno presentati e già litigavamo, figurati!”
“E con Izzy?” intervenne prontamente Michelle.
“Boh…quel ragazzo è strano, così misterioso…”
Ci zittimmo tutte quante: la bionda e Charlie mi fissavano come se si aspettassero che dicessi dell’altro.
“Parlando di cose serie…Charlie che hai intenzione di metterti stasera?” chiesi innocentemente cercando di sviare il discorso. E a quanto pare c’ero riuscita: Charlie sbiancò e passandosi una mano tra i suoi ricci indomabili esclamò:
“Cazzo” Non ho niente da mettermi!”
Risi della sua reazione.
“Beh non puoi presentarti ad un appuntamento col signor McKagan in mutande no? Anche se apprezzerebbe di certo!”
Charlie mi fulminò con lo sguardo, poi Michelle ci prese entrambe sotto braccio e gridò entusiasta:
“Ladies si va a fare shopping!!”
Entrammo subito in un negozietto vintage in stile molto rock’n’roll. C’era di tutto e di più.

L’attenzione di Charlie fu subito catturata da una maglietta nera abbastanza larga con impresso sopra un ‘Peace And Love’ multicolor.

Decise subito di provarla. Le stava d’incanto: era abbastanza scollata, ma non volgare e nonostante l’ampiezza le metteva in risalto le sue forme generose.
“Perché non l’abbini a questi?” disse Michelle porgendole un paio di shorts di jeans sfilacciati ai bordi.
Era perfetta e quell’abbigliamento le dava un’aria trasgressiva.
“Conoscendo Duff di certo non ti porterà in un ristorante di lusso” disse Michelle ridacchiando “quindi, direi che vestirsi casual farà comunque il suo effetto!” e le fece l’occhiolino.
“”Per un punkettone come lui vestita così sarai perfetta!” concordai.
Pagammo e uscimmo dal negozio dirette verso casa di Michelle.
“Adesso ti sistemiamo noi!” disse ad una Charlie piuttosto terrorizzata dallo sguardo complice che io e la bionda ci lanciammo.
“Ok…voglio fidarmi..ma..”
“Sisi, niente di esagerato…tranquilla!” conclusi alzando gli occhi al cielo. Era sempre così diffidente!!
Michelle si occupò dei capelli, mentre io mi dedicai al trucco: voleva fare un’acconciatura elaborata, particolare ma dopo essersi dannata per una buona mezz’ora tentando di infilare, con estremo disappunto della povera Charlie, forcine e fermagli, si arrese. Quindi oprtò per qualcosa di semplice: le cotonò un po’ i capelli facendoli ricadere selvaggi sulle spalle.
Il mio compito, invece,  fu relativamente facile: ho dovuto solo combattere un po’ durante l’applicazione del mascara; continuava a sbattere le palpebre sporcandosi tutta puntualmente.
Scelsi un trucco delicato, che non le appesantisse troppo il viso: giusto un po’ di matita sugli occhi, un velo di fard e una passata di lucidalabbra alla ciliegia, il suo preferito.
Ci impiegammo un po’ più del previsto, ma vedendo il risultato ne era valsa davvero la pena.
Si era fatto decisamente tardi, così decidemmo di tornare a casa. Michelle ci accompagnò con la sua macchina sgangherata e dopo aver augurato buona fortuna a Charlie partì sgommando.
“Ci siamo dolcezza! Sei pronta?” chiesi alla mia amica battendole una mano sulla spalla.
“Credo di si….”
La sentii sospirare mentre afferrava la maniglia, poi entrammo.






Capitolo di passaggio, giusto per tenervi un pò col fiato in sospeso xD non odiatemi.....e grazie a tutti! :D

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Capitolo 8
*** Love Is In The Air. ***


LOVE IS IN THE AIR.
 
La casa era silenziosa, troppo silenziosa…eppure erano le otto di sera. Che fine avevano fatto tutti?
Guardai cin la coda dell’occhio Charlie sedersi sul divano: aveva un’espressione delusa; come darle torto?! Si aspettava di vedere Duff lì ad aspettarla, ovviamente.
Il tempo passava e noi eravamo sempre più agitate.
Otto e un quarto…..
Tic…tac…
Il ticchettio dell’orologio ci stava facendo diventare matte.
Otto e mezzo…
Tic….tac…
Charlie in piedi davanti alla finestra fissava un punto lontano, mentre nella sua mente si insinuava sempre di più quella convinzione:
“Se n’è dimenticato!” disse gelida spezzando quel silenzio così pesante.
“Non è possibile! No…tranquilla! Lo sai… la puntualità non è il loro forte!”
Non poteva essersene dimenticato, ne ero certa!
A confermare la mia tesi, proprio in quel momento fecero il loro ingresso Slash, Izzy, Steven e Axl; uno più brillo dell’altro.
“Wow dolcezza…sei uno schianto! Lascia stare quella fighetta di McKagan e vieni a divertirti con me…sono moooolto meglio io!” disse Steven allargando le braccia, sperando in un abbraccio, ma ricevendo uno schiaffo sulla nuca da tutti i presenti.
“Ma Duff dov’è?” chiese Charlie con un sorrisino tirato sul volto.
“Sta giù…ti aspetta in macchina piccola!” la informò Izzy.
Charlie non credeva alle sue orecchie: non se l’era dimenticato allora!
Le lanciai uno sguardo inequivocabile, come per dirle ‘te l’avevo detto’. Lei mi sorrise di rimando, salutò tutti e quasi saltellando per la felicità andò incontro al biondo.
Scese gli scalini due alla volta, non riuscendo a frenare l’impazienza e l’emozione.
Poi lo vide…bellissimo come sempre…fasciato alla perfezione da quei suoi pantaloni di pelle neri, con una camicia bianca lasciata mezza sbottonata che lasciava intravedere il suo petto scolpito e l’immancabile lucchetto che portava al collo.
Stava appoggianto allo scassatissimo pick up di Izzy; purtroppo quella era l’unica macchina che potevano permettersi al momento.
Appena gli occhi del biondo si poggiarono su di lei si aprì in un sorriso sghembo e le andò incontro.
“Scusami…è da tanto che aspetti?”
“Non importa  quanto aspetti, ma chi, Duff!” sorrise arrossendo. Con quelle parole aveva spiazzato non solo il ragazzo ma anche se stessa.
Duff la strinse in un abbraccio poi si avvicinò al suo orecchio e le sussurrò:
“Sei davvero bellissima!” le fece fare un giro su se stessa per ammirarla meglio.
A guardarli sembravano davvero una strana coppia: lui alto, biondo (si fa per dire) con una devozione infinita per il punk; lei mora, bassina, con uno stile a metà tra il rockettaro e l’hippie.
Salirono in macchina e sfrecciarono verso destinazione ignota, almeno per Charlie.
“Ma dove mi stai portando?” chiese Charlie curiosa.
“Sorpresa…niente domande!”
La verità era che il biondo non ne aveva la più pallida idea. Ci aveva rimuginato su per tutto il giorno, ma ogni opzione gli sembrava troppo scontata. Voleva qualcosa di unico, speciale, qualcosa che non avrebbe dimenticato facilmente.
Girarono per quasi mezz’ora e Duff stava lentamente andando nel panico, mentre la ragazza era sempre più confusa.
Stava per perdere le speranze, quando d’un tratto vide un piccolo parco, uno dei pochi spazi verdi presenti in quella caotica città.
Ringraziò il cielo e inchiodò improvvisamente, facendo prendere un colpo alla povera Charlie che gridò:
“Ma che cazz…..”
“Siamo arrivati!” annunciò Duff cercando di mascherare il nervosismo.
Da bravo cavaliere qual’era aiutò Charlie a scendere dalla macchina e mano nella mano si immersero in quel verde facendo un giretto di perlustrazione.
Era davvero grazioso: una distesa d’erbetta fresca contornata da alberi e con al centro un piccolo laghetto.  Si poteva perfino sentire il frinire delle cicale. Era così tranquillo e silenzioso che non sembrava di essere a Los Angeles.
Charlie fissò tutto questo incantata, poi si liberò dei trampoli che aveva ai piedi e cominciò a correre. Duff non le toglieva gli occhi di dosso un attimo, lo aveva stregato.
Si rincorsero, rotolarono sull’erba e risero, risero tanto, come mai prima d’ora.
Si ritrovarono a guardare le stelle, abbracciati. Il tempo parve fermarsi.
Ormai era tardi e la fame cominciava a farsi sentire…
“Duff…hai fame?” chiese Charlie. Non voleva spezzare l’incantesimo che si era creato, ma moriva di fame e si vergognava a dirlo così… schiettamente.
“Mmmm…no” disse sicuro il biondo. Ma il suo stomaco lo tradì, brontolando rumorosamente. Il ragazzo arrossì e si corresse:
“Beh magari un pochino…tu?”
Charlie non fece in tempo a rispondere che il suo stomaco lo fece per lei. Scoppiarono a ridere poi Duff propose:
“Ho visto un carretto degli hot dog da quella parte…che ne dici?”
“Dico che è perfetto” rispose Charlie con uno strano luccichio negli occhi. Quel ‘perfetto’ non si  riferiva di certo solo agli hot dog.
Cominciarono a mangiare silenziosamente seduti su una panchina. D’un tratto poi Charlie vide Duff ridacchiare.
“Che c’è di tanto divertente??”
“No, niente….è che…ahahahahah”
Charlie lo guardò stranita…
“Uh scusa…” prese un bel respiro per calmarsi un po’ e proseguì….”ti sei sporcata tutta con la senape!”
La ragazza arrossì di colpo e cercò un fazzoletto per pulirsi il più in fretta possibile. Ma non riusciva a trovarlo. Così Duff le si avvicinò piano e disse:
“Aspetta faccio io!” le pulì gli angoli della bocca con il dito che poi si leccò.
“mmmh buona!”  ridacchiò avvicinandosi a lei ancora di più.
Quella vicinanza metteva a disagio la ragazza che si ostinava a tenere lo sguardo basso. Avere Duff così vicino minacciava seriamente il suo autocontrollo; sentiva il suo sguardo addosso, ma se gli occhi di lei avessero incontrato i suoi la ragazza non sarebbe stata più in grado di controllarsi. Lui la attraeva troppo. Duff perlustrò con lo sguardo ogni centimetro del viso della ragazza e indugiò soprattutto sulle sue labbra: così invitanti. Erano un richiamo così difficile da ignorare. Non riuscì a frenarsi, era inutile: quelle labbra , lei, dovevano essere sue.
Le accarezzò dolcemente la guancia, costringendola a guardarlo. Fu questione di secondi e colmò la poca distanza che li divideva. Poggiò le labbra sulle sue e fu pervaso da mille scosse, che sprigionarono in lui una miriade di emozioni. Un semplice bacio. Un casto bacio a stampo, che presto sfociò in qualcosa di più passionale. Entrambi si desideravano, si volevano, fin dal primo momento. Abbandonarono le loro paure e si lasciarono andare a quel contatto indescrivibile. Quando si staccarono avevano il fiato corto ed erano entrambi paonazzi in volto. Rimasero su quella panchina a baciarsi come due adolescenti per molto tempo, poi a Charlie cadde l’occhio sull’orologio. Erano le due passate. A malincuore si avviarono alla macchina. Per tutto il viaggio di ritorno stesero mano nella mano, ognuno perso nei propri pensieri riguardanti l’altro. L’amore era palpabile nell’aria.
 
 
 
 


Il titolo l’ho preso in prestito dalla fan fiction di una mia amica Charlie Hudson…mi sembrava molto adatto a questo capitolo!! Grazie a tutti e….recensite!! :D

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Capitolo 9
*** Stradlin, Izzy Stradlin. ***


STRADLIN, IZZY STRADLIN.
 
Mentre Duff e Charlie trascorrevano la loro serata, io e gli altri Guns rimanemmo a casa. Non credo mi sarei mai abituata a quelle presenze così strane.
Steven e Axl se na andarono quasi subito lasciandomi sola con Slash.
“Tu non vai con loro?” gli chiesi. Non volevo che rinunciasse a stare con i suoi amici per non lasciarmi sola.
“Magari dopo…adesso voglio stare qui con te come ai vecchi tempi!”.
Lui era il mio migliore amico e fin da piccoli passavamo ore ed ore a parlare, a confidarci. Insieme abbiamo fatto le prime esperienze, le prime cazzate…la prima canna me la sono fatta con lui!
È una parte fondamentale della mia vita e averlo di nuovo qui con me è come rituffarsi nel passato.
“Suoniamo qualcosa?” gli propongo.
“Certo! Voglio insegnarti un paio di canzoni made in Guns n Roses!!”
Corsi in camera per prendere la mia chitarra custodita gelosamente sotto il letto. Tornai in soggiorno. Saul era intento ad accordare la sua ‘piccola’, come la chiamava lui; aveva un’espressione estremamente concentrata…era impressionante quanto fosse diventato sexy.
Scrollo la testa mandando via quei pensieri e mi siedo accanto a lui. Tolgo accuratamente la chiatarra dalla custodia e vedo Slash guardarmi con gli occhi a cuoricino.
“Qu…qu…quella è una Gibson Les Paul?” chiese balbettando per l’emozione.
“Si, mio padre è servito a qualcosa dopo tutto!” gli rispondo sorridendo amara.
“Ora smettila di sbavare e suoniamo và!” gli dico spingendolo un po’ ridendo.
Suonammo ancora e ancora…prima improvvisammo un po’, poi ci sbizzarrimmo sulle note di Paradise City, Rocket Queen, Think About You e per finire My Michelle.
“My Michelle eh? C’è qualcosa che devi dirmi stallone??”
Lui di certo non si aspettava che la conoscessi quindi lo spronai a parlarmi di lei.
“Beh è una nostra amica e le siamo molto legati, niente di speciale!” disse alzando le spalle ostentando indifferenza. Non potevano essere solo amici, c’era di più ne ero sicura. Mi ricordavo perfettamente la faccia che aveva fatto la bionda quando le pronunciai per la prima volta il nome di Slash.
Ero decisamente intenzionata a scoprire cosa c’era tra i due, così continuai imperterrita…
“Niente di speciale? Secondo me non è così e difficilmente mi sbaglio!”
“Questa volta invece si! Punto!”
“Sicuro? Lo sai che non mi fai fessa!”
“Uff Alex non ne voglio parlare ok??”
Cominciava ad incazzarsi, quindi lasciai perdere, ma non avrei mollato tanto facilmente. La discussione non era chiusa, solo rinviata.
“Come vuoi! Tanto prima o poi me lo dirai!”
“Cosa?” chiese facendo il finto tonto.
“Che esiste una ragazza che è stata capace di far capitolare il grande Slash!” e gli feci una linguaccia.
Rise di gusto e poi disse:
“Adesso vado dai ragazzi…ti dispiace?”
“Nono, vai! Tanto sono stanca! Mo vado a dormire!” gli dissi scoccandogli un bacione sulla guancia. Lui mi strinse forte e disse:
“Buonanotte bimba! Devo venire a rimboccarti le coperte?”
“Ahahahah..dai vai!”
“E il bacio della buonanotte?” mi guardò facendo gli occhi da cucciolo…
Gli lanciai un bacio e dissi:
“Adesso vaaaai!”
“Quello non era un bacio” e mise su il broncio.
Allora presi la rincorsa e gli saltai sopra. Lui poggiò le sue calde labbra sulle mie dandomi un leggero bacio a fior di labbra.
“Ooooh molto meglio! Ora vado… Ciao scimmietta!” e sparì chiudendosi la porta alle spalle.
Scossi la testa e mi rintanai in camera. Mi buttai sul letto e chiusi gli occhi. Quel ragazzo non sarebbe cambiato mai!
Quella notte non riuscii a dormire: continuavo a girarmi e rigirarmi senza sosta. Decisi di alzarmi e andare a prendere un bicchiere d’acqua. Credevo di essere rimasta da sola, ma quando arrivai in soggiorno capii che non era così.
Izzy era seduto a terra con la sua fedele chitarra tra le mani e canticchiava piano. Mi appoggiai al muro e non fiatai. Aveva davvero una bella voce.
La luce della luna che filtrava dalla finestra aperta lo illuminava dando a quel ragazzo così tenebroso un che di angelico e il vento gli scompigliava i capelli corvini.
Sentii l’impulso di avvicinarmi a lui, ma non mi mossi e continuai ad ammirarlo da lontano. Finita la canzone si accorse di me. Si girò piano e mi sorrise.
“Scusa, ti ho svegliato?” chiese dolcemente.
Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui.
“No ero già sveglia!”
“Ah”
Uomo di poche parole eh?!
“E’ bella quella canzone” dissi guardando altrove. Proprio non riuscivo a guardarlo negli occhi, mi incuteva troppa agitazione.
“Grazie..parla un po’ della mia vecchia vita a LaFayette. Sai io e William, cioè Axl, veniamo da lì…che merda di posto! Non vedevamo l’ora di scappare via!”
Il suo sguardo divenne subito triste. Di sicuro non aveva un bel passato e rivangarlo lo faceva stare male.
“Come si chiama??...la canzone intendo!”
“14 years” alzò la testa penetrandomi con il suo sguardo fermo.
Rabbrividii.
“Hai freddo?”
No Izzy sei tu che mi fai questo effetto. Ma non potevo certo dirglielo….
“Un po’ “ mentii
Lui si alzò e mi porse la mano.
“Vieni, sediamoci sul divano, almeno stiamo più comodi!”
Mi aiutò ad alzarmi e mentre andava a chiudere la finestra mi sedetti sul divano. Si sedette accanto a me e nessuno dei due aprì bocca. Stavo andando in confusione: non riuscivo a trovare un solo argomento decente per intavolare una conversazione. Di tanto in tanto gli lanciavo qualche occhiata fugace e continuavo a torturarmi le mani.
D’ un tratto poggiò una mano sulle mie. Quel contatto mi fece avvampare. Lo vidi accendersi una sigaretta, che poi mi offrì:
“Vuoi?” e mi sorrise.
La afferrai e risposi con voce tremante:
“Si, grazie Izzy!”
“Jeff…”
“Come scusa?” chiesi.
“Il mio vero nome è Jeff!”
“Perché allora ti fai chiamare Izzy?”
“Non sono più Jeff, il ragazzino sfigato, il teppistello di LaFayette. Mi sono lasciato alle spalle tutto quanto…sono una persona nuova!”

Continuammo a parlare. Non eravamo più imbarazzati, eravamo più sciolto, forse a causa della canna che ci eravamo fatti tra una chiacchiera e l’altra. Ci addormentammo così, su quel divano, con su sorriso tranquillo dipinto sul volto. Nel sonno, inconsapevolmente, mi strinsi a lui, che delicatamente mi abbracciò. Lo sentii sussurrare qualcosa, ma non capii..ero ormai tra le braccia di Morfeo. Non so dire se era successo davveroo era solo un sogno, ma sentii chiaramente le sue labbra poggiarsi sulla mia fronte per qualche attimo. Sarei rimasta così per sempre. Mi sentivo stranamente al sicuro, protetta.
Poi, all’improvviso, fui destata da un rumore assordante: una porta che sbatte, delle urla. Slash.
Cazzo!
“Che cazzo sta succedendo qui?” urla.
“Ehi calma, man! Stavamo solo dormendo!” cerca di sedarlo Izzy…Jeff….con la voce ancora impastata.
Apro gli occhi e mi ritrovo davanti Slash, minaccioso. Aveva i pugni stretti, lo sguardo folle. Di sicuro era ubriaco.
“Calma un cazzo! Stavate abbracciati!” urla ancora.
“Smettila Slash! Non è successo niente!” gli dico allora io.
“Non raccontatemi palle! Non sono nato ieri!”
“E tu…” continua puntando il dito contro Izzy “ se ti becco ancora con lei…beh sono cazzi tuoi amico!” e
come una furia se ne va in camera sbattendo la porta.







Un grazie particolare a smarties89, Charlie Hudson, MyMIchelle e Foxygiu per le loro recensioni! E ovviamente un grazie a tutti coloro che leggono! ;)

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Capitolo 10
*** One Week Later... ***


ONE WEEK LATER…
 
Era già passata una settimana e io e Charlie cominciavamo ad ambientarci. Anche i ragazzi si abituarono presto alla nostra presenza, anche se con il nostro arrivo la loro vita subì non poche variazioni: per esempio quando venivano delle ragazze per ‘intrattenerli’ (come diceva Steven) dovevano chiudersi nelle camere. Volere di Slash.
I litigi con Axl erano all’ordine del giorno, proprio non riuscivamo ad andare d’accordo. Tra di noi c’è sempre una certa tensione, a volte proprio insostenibile. Forse è per il fatto che siamo entrambi molto orgogliosi, due teste calde, o forse è pura e semplice antipatia.
Per quanto riguarda Charlie e Duff, ormai facevano coppia fissa, anche se non lo avrebbero ammesso nemmeno sotto tortura. Uscivano insieme ogni sera, a casa stavano tutto il tempo a sbaciucchiarsi e a scambiarsi effusioni, facendo venire a tutti un attacco di diabete. I ragazzi li prendevano in giro appena se ne presentava l’occasione, ma a parte gli scherzi eravamo tutti contenti per loro.
L’unica cosa che mi dava un po’ fastidio, per così dire, era dover fare da terzo incomodo ogni volta che Duff veniva a prendere Charlie dal lavoro. Perché si…da qualche giorno lavoriamo di mattina in un supermarket vicino casa. Non è un gran che, ma la paga è buona.
Io ho anche un secondo lavoro: alcuni pomeriggi lavorerò in una gelateria. Inizierò lunedì prossimo. Prima di me lì ci lavorava Steven, infatti era stato lui a consigliarmelo come lavoro. L’avevano licenziato qualche giorno prima, perché il capo lo aveva beccato nel magazzino in una situazione abbastanza ‘compromettente’ insieme alla rifornitrice. E così terminò la breve esperienza lavorativa di Steven ‘PopCorn’ Adler.
Inizialmente anche Charlie avrebbe dovuto presentare domanda d’assunzione insieme a me, visto che cercavano più di una persona, ma all’ultimo momento si è tirata indietro. Un secondo lavoro le avrebbe portato via troppo tempo, tempo che avrebbe volentieri dedicato alla sua pertica.
Logicamente non me l’aveva detto proprio in questi termini, ma bastava leggere tra le righe…e poi la conosco come le mie tasche. Mi disse:
“Scusa Alex, con un secondo lavoro non avrei più un attimo di tregua…e poi mi bastano i soldi del primo stipendio!”
Certo, come no! Bella scusa! I soldi non bastano mai, purtroppo! Voglio dire…sì, al supermarket ci pagano bene, ma avere qual cosina in più da parte fa sempre comodo! Non si sa mai…
Ma vabbè…ritorniamo a noi…
In  questi giorni sono molto confusa. Izzy dopo quella sera non si è più avvicinato a me, non più di tanto almeno. Non mi rivolge quasi mai la parola, non che di solito sia un tipo loquace, però…
Credevo davvero che ci fosse una certa affinità, che dopo quella sera le cose tra di noi (sempre che ci possa essere un ‘noi’) sarebbero state un po’ diverse e invece…
Forse mi sono solo immaginata tutto! Era solo una mia illusione, i miei occhi che hanno visto qualcosa che non c’era….boh! Probabile…
Eppure non riesco a non pensarci, il cervello mi andrà in corto circuito per quante volte ci sto rimuginando sopra…magari le cose sono molto più semplici e chiare di quanto sembrino! O mi sono solo fottuta il cervello! Ecco ci mancava solo questa: siamo con loro da soli 7 giorni e già una si ‘fidanza’ e io mi arrovello il cervello su uno che è più incasinato di me! Forse dovrei parlargli…prima o poi!
I ragazzi provavano giorno e notte…o meglio da mezzogiorno fino a tarda serata. Sabato ci sarà un loro concerto: al Roxy. Sono tutti eccitatissimi, ma Axl, li mette continuamente sotto torchio, li fa provare e riprovare…ancora e ancora, finchè tutto non è perfettamente come dice e piace a lui.
Da una parte fa anche bene ad essere duro e determinato, si vede che ci tiene parecchio e crede davvero in quella band…ci mette cuore e anima, come tutti gli altri, però è assolutamente esagerato, cazzo!
Ci vorrebbe qualcuno che sgonfiasse poco poco quel gran………pallone gonfiato!
I Guns n Roses ormai sono un gruppo abbastanza conosciuto nei localetti e bettole varie di Los Angeles, hanno già i primi fans e i loro ultimi concerti hanno attirato sempre più gente.
Il successo era vicino, se lo sentivano.
La loro musica li avrebbe portati alle stelle, avrebbero cambiato per sempre la storia del rock. Era il loro destino.


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Chiedo umilmente perdono....questo capitolo, di passaggio, è una vera schifezza, lo so!! Ok...sono pronta al linciaggio!!
Grazie a tutti ugualmente! ;)

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Capitolo 11
*** Ansia Pre-Concerto. ***


ANSIA PRE-CONCERTO.

Finalmente era arrivato sabato e avremmo assistito al nostro primo concerto dei ragazzi direttamente dal backstage. Charlie era diventata ormai il portafortuna di Duff, i due erano entrati in simbiosi.
Passammo tutto il pomeriggio a decidere che cosa indossare: era un’occasione importante, non potevamo mica sfigurare eh!
Mettemmo letteralmente sotto sopra l’armadio, lanciando a destra e a manca tutto ciò che ci capitava tra le mani. Non c’era niente che ci convincesse: troppo semplice…troppo suora…troppo carino…troppo elegante…decisamente inguardabile!! Uff…
Allla fine di tutta quell’operazione sembrava che fosse esplosa una bomba. Non che prima la nostra camera fosse particolarmente in ordine…per carità! Il nostro è un disordine…organizzato però!
Avevamo da parte ancora qualche spicciolo, così decidemmo di dare fondo agli ultimi risparmi alla ricerca dell’abbigliamento perfetto.
Entrammo in vari negozi e la storia si ripeteva ogni volta:
“Uh guarda che carino! Si lo provo!”
“Mmm…no mi sta male, vero?”
“E’ troppo piccolo!”
“Provo quest’altro!”
“E’ meglio rosso o nero?”
Diciamo che dopo una mezz’oretta sono state molte le commesse che ci hanno mandato molto gentilmente a quel paese. Ad alcune invece abbiamo persino causato un attacco isterico. Beh se non si fosse ancora capito non siamo delle clienti facili da accontentare!
Alla fine, dopo essere entrate nell’ennesimo negozio, sempre più scoraggiate, eccoli là!
“Charlie! Guarda là!” dico tirando il braccio della mia amica.
“Cosa?? Dove??”
“Quello che indosserò stasera!” esclamo dirigendomi verso quello scaffale.
Pantaloncini neri di pelle, gilet coordinato…beh abbigliamento ideale per un concerto rock.
“Alex, ma….?” Charlie mi guarda come se fossi pazza. Ok non è il mio solito stile, ma qualche volta bisogna pur osare! Sperimentare!!
“Questi li metto con la maglietta dei Ramones! Che ne pensi cara?” esclamai soddisfatta.
Mi guardo intorno, Charlie non c’era e io stavo parlando da sola. Bene! Una ragazza mi fissa interrogativa…
Alla fine la vedo: è uscita dai camerini con indosso una maglietta dei Doors sbracciata con una scollatura a barca sblusata sopra i suoi pantaloncini di jeans. Quella sera avremmo fatto scintille, altrocchè!
“Stasera McKagan sbaverà per tutto il tempo! Ahahaha!”
Charlie arrossisce lievemente…quel suo lato così timido la fa sembrare una bambina, contrastando in tutto e per tutto il suo aspetto ormai di donna.
“Stradlin invece non potrà non saltarti addosso!” e mi fece una linguaccia.
Sapeva dove colpire! Mi rabbuiai un istante al pensiero di Izzy e della sua freddezza di quei giorni, poi indossando la mia solita maschera di spavalderia e menefreghismo dissi:
“Stasera voglio solo divertirmi! Izzy può fare quello che vuole…non mi importa!”
Charlie mi guardò scettica ma non approfondì il discorso, tornando a concentrarsi sui suoi vestiti…
“Ti piace??” mi chiese guardandosi allo specchio girandosi e rigirandosi per avere un quadro completo…”Non ne sono affatto convinta…che ne dici?”
Guardo i cartellini del prezzo…
“Tesoro, dico che ci avanzano soldi anche per le scarpe!” scoppiammo a ridere.
Mentre Charlie si cambiava, andai al reparto calzature per dare un’occhiata. Per fortuna che c’erano i saldi. All’improvviso:
“Aleeeeex! Questi sono assolutamente PERFETTI per te!” urlò la mora alle mie spalle, spaventandomi a morte.
Aveva in mano un paio di stivali neri lunghi fino al ginocchio. Guardai bene il tacco: era a spillo e a dir poco vertiginoso.
“Quei cosi non me li metto! Fossi matta…quanto ci scommetti che dopo due passi mi ritrovo con la faccia a terra? Nono, le mie fedeli Converse andranno più che bene!” mi impuntai.
“E dai! Non eri tu che dicevi che bisogna sperimentare?” mi punzecchia lei..
“Si, ma non ci tengo a ‘sperimentare’ l’asfalto sul mio bel visino”
“Non cadrai! Ti tengo io ok? Comprali, comprali, comprali, comprali per favoreeeeeeeeee!”
Mi guardava facendo quell’espressione da cucciolo. Dannazione! Sa che non posso dirle di no…accidenti!
“Uff e va bene!” le dico esasperata alzando gli occhi al cielo.
Per tutta risposta Charlie cominciò a saltellare e ad esultare. L’aveva avuta vinta ancora una volta….lei e la sua faccia da cucciolo!
Ci avviammo alla cassa; Charlie optò per un paio di decolleté nere da abbinare al resto. Pagammo e buste alla mano tornammo a casa per prepararci. Erano le sette e mezzo; mancavano solo un paio d’ore al concerto. Dovevamo sbrigarci.
Quella sera i ragazzi erano molto agitati, come sempre prima di un concerto.  Fumavano convulsamente una sigaretta dopo l’altra e prosciugavano l’intera riserva d’alcool del locale tentando di distendere un po’ i nervi. Erano arrivati al Roxy un’ora prima dell’inizio del concerto per fare i vari soundcheck e sistemare l’attrezzatura. Duff se ne stava in disparte, seduto sul divanetto e non staccava gli occhi dalla porta: ormai erano le nove passate, il concerto stava per iniziare e la cosa che desiderava più di tutte era vedere la sua Charlie varcare quella soglia e averla tra le sue braccia. Il resto della band era seduta sul pavimento in cerchio, si passavano uno spinello che aveva preparato accuratamente Izzy pochi minuti prima. Erano già più rilassati: il mix di alcol e droga stava sortendo il suo effetto. 

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Capitolo 12
*** Rocket Queen. ***


ROCKET QUEEN.

Raggiungemmo i ragazzi nel backstage. Eravamo leggermente in ritardo, tutta colpa dei tacchi che avevo ai piedi! Trampoli mortali! Non appena entrammo nella saletta dove erano radunati ci guardarono sbigottiti. Passato l’attimo di sorpresa si sprecarono in fischi e battutine, facendoci ridere ed arrossire. Duff si era precipitato su Charlie e cingendole la vita con un braccio, la scortò fino ad un angolino piuttosto riservato della stanza. La fece sedere a cavalcioni su di lui e si baciarono con sempre più passione. Ancora e ancora.
Cercando di camminare nel modo più sensuale possibile (e cercando possibilmente di non inciampare!) puntai verso Izzy. 
Più mi avvicinavo, più vedevo i suoi occhi brillare d’eccitazione. Arrivata a un palmo da lui, lo vidi sospirare.
Mi girai di scatto, sbattendogli (simbolicamente però) il culo in faccia e con un ghigno piuttosto soddisfatto mi andai a sedere tra Slash e Axl che gradirono molto la cosa. Vedere la delusione dipinta sul volto di Izzy era davvero impagabile. Quella sera lo avrei fatto impazzire, pensai mentre bevevo un generoso sorso di birra rubata dalle mani di Axl.
In quel momento entrò uno dei tecnici, un ragazzetto brufoloso che con voce tremante informò i Guns che era ora che salissero sul palco. Si alzarono tutti e Charlie e Duff fecero la loro comparsa. Li abbracciammo uno ad uno augurandogli buona fortuna.
Il primo ad entrare in scena fu Slash, seguito da Duff, Izzy e Steven. L’ultimo fu Axl, che dopo averci scoccato l’ultima occhiata, fece la sua entrata, provocando le urla di una massa di ragazze dagli ormoni in subbuglio.
Quei cinque ragazzi erano una festa per gli occhi. Così belli e dannati, sprigionavano un’energia tale da coinvolgere tutti. Mandarono il pubblico letteralmente in visibilio. Tutti urlavano, ballavano e si scatenavano sulle note di quella musica così carica di energia. Era impossibile staccare gli occhi di dosso da quei ragazzi così singolari. Axl era una forza della natura: saltava, correva, non stava un attimo fermo. La sua voce era acuta e graffiante, semplicemente stupenda. Slash concentratissimo sulla sua chitarra, muoveva le dita sulle corde come se fosse la cosa più naturale a questo mondo. Izzy invece, si teneva ben lontano dai riflettori; se ne stava in un angolino poco illuminato incrementando l’alone di mistero che lo circondava. Steven ci dava dentro picchiando selvaggiamente sulla batteria. Rideva; si vedeva che si stava divertendo un mondo. Infondo non era altro che un bambino, forse un po’ cresciuto e non tanto innocente. Duff, il punk del gruppo, suonava il suo basso e si guardava intorno. Stare sul palco, suonare…era quello il suo posto nel mondo, insieme a quei pazzi dei suoi amici.
“Sono bravissimi vero?” chiese una voce fin troppo conosciuta alle nostre spalle.
“MICHELLE!” urlammo io e Charlie in coro abbracciando forte la bionda. “E tu che ci fai qua?”
“Beh diciamo che sono una comparsa!” dice strizzandoci l’occhio.
Ci guardammo interrogative, poi ci chiese:
“Che ne pensate?” indicando con un cenno della testa gli scalmanati sul palco.
“Sono bravissimi…fantastici!” risponde Charlie con lo sguardo sognate. Seguimmo il suo sguardo….stava guardando Duff che visibilmente accaldato si stava sfilando la maglietta, scoprendo il suo petto madido di sudore.
“Concordo…sono fatti per suonare insieme….Axl sembra una scimmia urlatrice!” dico scoppiando a ridere e trascinando con me anche le altre due.
I ragazzi ritornarono esaltati nel backstage per rinfrescarsi e fare una piccola pausa. Salutarono Michelle e poi rivolgendosi a noi chiesero:
“Beh? Che ne pensate?”
Io e Charlie ci guardammo…conoscendoli era meglio non sbilanciarsi troppo con i complimenti se no si sarebbero montati la testa.
“Mmmm…niente male davvero! Siete bravi!”
“Bravi?? Nooo siamo eccezionali, honey!” dice Axl, facendo l’offeso.
“Dai scimmia urlatrice stiamo scherzando! Ahahahah… Siete davvero molto bravi!” dico.
Mi fulmina con lo sguardo. Tutti smettono di ridere all’istante. Sanno che se si incazza Axl è capace di qualsiasi cosa.
“Come cazzo mi hai chiamato??”
“Ehm….scimmia urlatrice….però devi ammettere che la somiglianza c’è eccome!” cerco di difendermi ma il suo sguardo folle mi fa rabbrividire. Stava per aprire bocca ma Michelle lo interrompe:
“Axl senti ci sarebbe un piccolo problema….”
Lui mi stava ancora fissando torvo. Ruggì:
“Che vuoi?”
“La mia amica, Pam, quella che deve ballare con me….non può venire”
“Cazzo….e ora? Dove la troviamo una sostituta così su due piedi?” interviene Slash.
Sento gli occhi di tutti puntati su di me. Li guardo confusa.
“Ehi….perchè mi state fissando tutti quanti? Ho qualcosa in faccia?” chiedo portandomi una mano sul volto.
Tutti si guardano complici, poi Axl prende la parola sorridendo malefico:
“Stronzetta….tu stasera sali sul palco con noi! Michelle ti dirà che devi fare! Ragazzi si ritorna in scena!” urla afferrando un cappello da poliziotto e scomparendo seguito dagli altri quattro.
“Eh? Che minchia sta dicendo quel pezzo di cretino? Michelle!”
Lei mi guarda e sorridendo mesta mi spiega…
“Tu e io dovremmo salire sul palco durante l’ultima canzone: Rocket Queen. Dobbiamo ballare un po’, strusciarci sui ragazzi, cose così….”
Sbarro gli occhi e afferro la prima bottiglia che mi capita a tiro. Vodka, perfetto!
“Dai solo per stasera. Saresti perfetta e poi devi solo cambiarti la maglietta e metterti questo top” continua la bionda.
Guardo quel pezzetto di stoffa che aveva in mano. Bevo ancora un altro sorso. Se devo fare una cosa del genere ho bisogno di sostegno.
Michelle mi guarda aspettandosi grida o addirittura una scenata.
“Va bene….” Le dico sommessamente.
Mi guarda sorpresa, poi mi sorride e dice:
“Evvaaaiiiiiii!! Cambiati su, che tra poco tocca a noi!”
Sento un nodo allo stomaco, ma che cazzo mi è saltato in mente? Mi guardo allo specchio: ho indossato quella sottospecie di top. È decisamente piccolo! Fisso il mio riflesso sempre più terrorizzata bevendo generosamente per darmi coraggio. Charlie mi arriva alle spalle e abbracciandomi dice:
“Wow sei uno schianto mora! Li farai morire tutti quanti lì fuori!”
Rido nervosamente. Solo il pensiero di ballare davanti a tutte quelle persone là fuori e soprattutto con quei ragazzi mi faceva salire il panico alle stelle.
“Solo una cosa….attenta a non lasciarti andare troppo vicino al mio Duff! Ahahahah”
“Ahahahah tranquilla non te lo tocco!”
“Ti tengo d’occhio bella mia!”
Il concerto stava per finire, sentii Axl annunciare la canzone, Rocket Queen e mi diressi con Michelle verso il palco. Bevvi l’ultimo sorso e mossi qualche passo. Fui accecata dai riflettori. Volevo correre via, mi stavo vergognando da morire; tutti quegli uomini che mi guardavano in modo ambiguo, i fischi….non mi sentivo a mio agio. Ma poi le prime note cominciarono a risuonare nell’aria e non riuscii a non farmi coinvolgere. Mi girai verso Michelle e imitai le sue mosse. Ci dirigemmo verso Slash, cominciando a ballare e a muoverci sensuali contro di lui. Poi andai da Jeff: gli sfilai di bocca la sigaretta e feci un tiro. Ormai l’alcol aveva abbattuto ogni mio freno inibitore. Volevo divertirmi, scatenarmi, al diavolo tutti. Gli girai intorno e lo accarezzai. Lo vedevo sospirare e cercare di concentrarsi di più sulla chitarra. Gli diedi un bacio sulla guancia e mi allontanai. Michelle stava da Steven, quindi andai da Axl. Non so se era per l’alcol o meno ma quel ragazzo mi intrigava. Lo scrutai attentamente: era puro erotismo. Cominciai a strusciarmi contro di lui e lui fece lo stesso. Mi lasciai andare a quella danza così peccaminosa. Mi girai dandogli le spalle e continuai a muovermi finchè non sentii il suo bacino premere contro il mio fondoschiena. Le sue mani calde, bollenti, passavano dal ventre ai fianchi fin sulle coscie. Mi accarezzava, mi palpava. Non stavamo più ballando, era come se stessimo scopando su quel palco. Ci stavamo eccitando sempre di più, tanto che a metà canzone non riuscimmo a trattenere dei gemiti.
La canzone stava finendo e poco a poco riprendevo lucidità. Mi trovavo ancora tra le sue braccia, le mani sul suo petto sudato. Avevamo entrambi l’affanno. Mi allontanai in fretta, ma la sua mano mi bloccò tirandomi con forza contro di lui.

All I ever wanted was for you to know that I care.

E fu lì che successe. Axl mi guardò dritta negli occhi, avevo una strana sensazione: come se mi stesse leggendo dentro. Questione di secondi, secondi che sembrarono durare un’eternità; appoggiò le sue labbra sulle mie e insinuò la lingua prepotente. Senza neanche accorgermene risposi a quel contatto per qualche secondo. Le labbra si muovevano in sincrono, le lingue danzavano.  Non riuscivo a mettere fine a tutto quello. O non volevo. Improvvisamente ritornai in me. Ma cosa stavo facendo? Mi staccai da lui e corsi nei camerini. La testa mi girava vorticosamente. Le immagini di quel bacio, delle sue mani su di me sfrecciavano davanti agli occhi tanto da mozzarmi il respiro. Cosa mi stava succedendo?
Presi velocemente il chiodo e uscii. Avevo bisogno d’aria. Una volta fuori mi accasciai a terra, spalle al muro. Rimasi lì inerme con la testa fra le mani, non riuscivo a pensare, i miei sensi erano ovattati. Ero confusa.
Quando rientrai dentro i festeggiamenti in puro stile Guns N’Roses erano già iniziati.
Axl era steso sul divano conteso tra due biondine slavate, Duff naturalmente aveva Charlie e Slash si stava dando da fare con Michelle. Nel vederli non riuscii a trattenere un sorriso. Scossi la testa…solo amici eh?
Solo Steven mancava all’appello. Ispezionai la stanza con lo sguardo e poi lo vedi. Jeff…il mio Jeff…seduto su una poltrona avvinghiato a una mora tutta curve. Gli occhi mi si riempirono di lacrime, che ricacciai indietro prontamente. Afferrai una bottiglia di Jack abbandonata sul pavimento, stranamente intatta e uscii. Volevo tornare a casa. Non mi importava di dover camminare più di mezz’ora. Non mi importava di avere ai piedi un tacco 13. Non mi importava di essere ubriaca.Volevo solo andare il più lontano possibile da lì.
E così feci.

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Capitolo 13
*** Pancakes e Vendette. ***


Questo è il secondo capitolo che pubblico oggi. Se è il primo che state leggendo dovete tornare indietro di uno! Buona lettura e recensiteee! ;)



PANCAKES
 E VENDETTE.

La mattina dopo mi svegliai con un terribile mal di testa. Non avevo chiuso occhio tutta la notte. I ragazzi erano tornati molto tardi e in compagnia. Tutti quei gemiti e sospiri mi tennero sveglia.
Mi alzai piano e sgattaiolai in cucina, cercando di non svegliare Charlie. Tra lei e Duff le cose andavano più che bene, ma non erano ancora andati fino in fondo. Lei non si sentiva pronta, anche se l’amore per lui era molto forte e lui non voleva forzarla. Per Charlie sarebbe stata la prima volta e lui voleva che fosse assolutamente speciale!
Mi fermai un attimo nel corridoio e mi guardai nel piccolo specchio appeso alla parete: avevo gli occhi gonfi e rossi, il trucco colato. Avevo bisogno di distrarmi e non pensare, di tenermi occupata. Quindi dopo essermi lavata la faccia andai in cucina e cominciai a preparare la colazione per gli altri. Le dispense erano quasi vuote, ma per fortuna riuscii a trovare della farina, zucchero e un po’ di latte. Decisi di preparare i miei famosi pancakes. Poco a poco si svegliarono tutti quanti, richiamati dal quel profumino. Per primo arrivò Slash che mi abbracciò da dietro e mi diede un lieve bacio sulla guancia:
“Buongiorno dolcezza!”
“Buongiorno Slasher!”
Appoggiò il mento sulla mia spalla. I suoi riccioli mi solleticavano la pelle.
“Pancakes eh? Dimmi cos’è successo?? Dillo a Slash tuo!”
“Niente, che deve essere successo!” risposi acida.
“E dai Alex ti conosco bene! Quando c’è qualcosa che non va fai sempre i pancakes!”
“Non ho niente, tranquillo!” cercai di sorridere per apparire convincente “è che non c’era altro in dispensa!”
“Prima o poi me lo dirai! Non finisce qui, mora!” esclama prima di andare in soggiorno, puntandomi l’indice contro con fare minaccioso, ma trattenendo a stento una risata.
Ritornai a concentrarmi sulla colazione…
“Posso aiutarti?” mi chiede una voce alle mie spalle. Mi giro e mi ritrovo davanti Axl, in mutande.
“Si…mettiti un paio di pantaloni!” dico senza staccare gli occhi dall’impasto.
“Ah ah….intendevo con i pancakes…voglio rendermi utile!”
Lo guardo stranita: lui, sua maestà, che in casa non alza nemmeno un mignolo vuole rendersi utile? C’è qualcosa che mi puzza. E no…non sono i piedi di Slash!
“Ok…ma non combinare casini!” gli passo la padella “tu occupati della cottura, all’impasto ci penso io!”
“Signorsì signora!” urla facendo il saluto militare. Scoppio a ridere. Ma come può essere così scemo?!
“Hai visto?” mi chiede ad un certo punto.
“Cosa?”
“Non stiamo litigando…strano no?” mi fece notare ridacchiando.
“Ahahahah…è vero…ma non ti ci abituare carotina!”
Alzò gli occhi al cielo. Odiava quel soprannome.
Mentre giravo la pastella gli lanciavo delle occhiate. Non ci credo! Si era messo un grembiulino rosa tutto scolorito e si era legato i capelli in una specie di crocchia. Non riuscii a trattenermi ed esplosi in una poderosa risata. Era mezzo nudo e per di più con un grembiulino stile nonna papera. Non riuscivo a frenarmi, ormai avevo le lacrime agli occhi.
“Ma….che…..ahahahh…..che….ti…ahahahah oddio!!”
“Piantala!”
“Ahahahah…sc…scusa ahahahah!”
“Se non la finisci ti spalmo la pastella in faccia!” mi minaccia.
Prendo qualche respiro poi urlo:
“SLAAAAAASH! Avete una macchinetta fotografica?”
“Si, perché??” urla lui dal salone.
“Prendila e vieni!”
“Oh no! Non oseresti!” dice Axl fissandomi terrorizzato.
“Oh si che oserei!”
In quel momento arriva Slash con una vecchia refelx in mano.
“Oddio! Ma come ti sei conciato! Sapevo che fossi una bella checca, ma non credevo fossi un caso così disperato!” dice piegandosi in due dalle risate.
Axl diventa di tutti i colori. Più Slash rideva, più gli usciva fumo dalle orecchie.
“Sorridi tesoro!” gli urlo scattando una foto. Poi lancio la macchinetta a Slash. Axl mi insegue per tutta la casa urlando: “VENDETTAAAA!!”. Mi rifugio in cucina, ma mi raggiunge. Mi prende e sorride furbo: con una mano mi teneva ferma, l’altra l’aveva immersa nella pastella. Pochi secondi dopo mi ritrovai la faccia interamente sporca.
“Mmmh….deliziosa!” disse sornione leccandone un po’.
In quel momento arrivarono tutti gli altri e trovarono uno spettacolo davvero strano: Axl in grembiulino, Slash steso a terra che ancora rideva con la macchinetta in mano e io completamente sporca di pastella.
Cercai di pulirmi alla bell’e meglio, poi misi i pancakes sui piatti e dissi:
“Miele o sciroppo?”
Tutti urlarono: “SCIROPPOOOO!”
Si erano tutti accomodati intorno al tavolo. Sembravamo quasi una famiglia. Quasi.
Aprii l’anta del mobiletto. Perfetto! Lo sciroppo si trovava sulla mensola più alta. Mi arrampicai e in bilico cercai di afferrarlo. Stavo per cadere poi sentii un paio di mani afferrarmi saldamente i fianchi. Guardai in basso e vidi Jeff. Mi fece scendere piano, tenendomi stretta a lui. Mi portò alla sua altezza in modo da potermi guardare negli occhi. Eravamo così vicini che i nostri nasi si sfiorarono. Nessuno dei due disse niente. Piano i miei piedi toccarono terra. Lui mi teneva ancora tra le sue braccia. Improvvisamente mi ritornarono in mente le immagini della sera prima….lui….con quella troia. Mi staccai da lui e dissi fredda:
“Jeff non so se te ne sei reso conto ma mi stai ancora abbracciando”
“Si, lo so”
Lo guardai, in attesa che sciogliesse quel contatto, ma ciò non avvenne. Izzy non mosse un muscolo.
Tossicchiai. “Hai intenzione di lasciarmi andare?”
Dietro quella frase forse c’era molto più di quanto sembrasse. Il mio cuore stava prendendo il volo mentre mi perdevo negli occhi scuri del mio bel chitarrista ritmico. Il ‘mio’ chitarrista…sono patetica eh?!
La sua risposta mi ridestò dai miei pensieri:
“No! Non ti farò scappare…non più!”
Si scostò sorridendo teneramente. Rimasi sbigottita, non mi aspettavo una reazione del genere da parte sua, ma non potei non esserne contenta. Mi prese per mano e insieme tornammo dai nostri amici. 

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Capitolo 14
*** First Time. ***


FIRST TIME.
 
Era giunto il momento che parlassi con Duff. Ero un po’ preoccupata per loro due. Qualche giorno prima Charlie mi aveva confidato di essersi davvero innamorata di quel bassista biondo così strampalato però aveva paura. Ogni volta che si trovavano da soli e stavano lì lì per andare oltre il ‘limite consentito’ si irrigidiva; era ancora vergine e voleva che la sua prima volata fosse davvero speciale. Voleva avere tutte le certezze prima di fare quel salto nel buio, come lo chiamava lei. Duff era stato sempre paziente, non le aveva messo fretta. Ma avevo imparato a conoscerlo, a conoscere la vita sregolata e priva di certezze che conducevano. Non volevo che lui si stancasse di aspettarla, avevo paura che la facesse soffrire.
Quello era il momento perfetto….Charlie era uscita, così come tutti gli altri ragazzi.
C’eravamo solo io e Duff…
“DUUUUUUUUFF!”
“SONO IN CAMERAAA”
Aprii piano la porta e lo vidi seduto ai piedi del letto che strimpellava il suo basso. Mi sedetti accanto a lui.
“Senti….mettiamo in chiaro un paio di cose! Charlie…”
Detto quel nome smise subito di suonare guardandomi allarmato:
“Cosa? Non le piaccio più vero? Non ha il coraggio di dirmelo….cazzo lo sapevo! Cazzo…”
“Ehi calma calma! Niente di tutto questo anzi….”
Mi guarda interrogativo: “Ok, sono ufficialmente confuso!”
“Tu le piaci e tanto anche, quindi ora voglio sapere cosa provi tu per lei!”
“Che cazzo di domande sono?! È ovvio che mi piace, mi piace tanto, come mai nessuna fino ad ora! Amo i suoi occhi, le sue labbra. Mi incanto ogni volta che la guardo e non riesco a staccarle gli occhi di dosso un attimo. Passerei con lei ogni singolo istante. Non mi stancherei mai di baciarla, di tenerla tra le mie braccia. Divento matto quando qualcun altro la guarda, cioè..hai capito!” concluse imbarazzato.
Parlava di lei e gli brillavano gli occhi. Era perdutamente innamorato e si vedeva. Non avevo più dubbi e li avrei aiutati.
“Okok..senti mi è venuta un’idea! Voi due non avete ancora…..ehm….concretizzato vero?”
Annuì con la testa.
“Beh e se riuscissi a tenere impegnati i ragazzi tutto il giorno e vi lasciassi qui soli soletti?” dissi maliziosa.
“Alex le ho promesso che avrei aspettato…e lo farò. Voglio che sia una sua decisione!” rispose risoluto.
Sbuffai…”Certo che sei davvero ottuso! Se te lo sto proponendo un motivo ci sarà, non credi?”
“Cioè…vuoi dire….ma sei sicura?”
“Ahahahah dovresti smetterla di ossigenarti i capelli…ti fotti anche gli ultimi neuroni che ti sono rimasti!”
“Ok farò finta di non aver sentito…sono troppo felice…ooooh ma vieni qui e fatti abbracciare!”
Mi strinse in un abbraccio a dir poco stritolatore. Mi stava letteralmente schiacciando contro il suo petto.
Ci mettemmo d’accordo e in pochi minuti ordimmo un piano a prova di bomba: io mi sarei portata tutti i ragazzi allo zoo e lui avrebbe finto di sentirsi poco bene, costringendo così Charlie a rimanere a casa con lui per fargli da infermiera.
Giro qualche ora e i due piccioncini rimasero finalmente da soli.
“Amore…come stai? Ti senti meglio?” chiese Charlie facendo capolino dalla porta, entrando nella camera del ragazzo.
“Mmmm…ancora un po’ debole…vieni qui a farmi compagnia dai!” la incoraggia con voce flebile.
La ragazza si avvicina, sedendosi ai piedi del letto.
“Non mordo mica! Su vieni qui!” disse avvolgendola in un abbraccio e stringendola a sé.
Poco dopo si ritrovarono stesi stretti l’uno all’altra mentre si baciavano trasportati dalla crescente passione che impetuosamente li travolgeva. Erano come due tasselli di puzzle che si incastravano alla perfezione, si completavano. Le labbra di lei si modellavano perfettamente su quelle di lui. In quel momento Charlie finalmente capì: lo voleva e non poteva più aspettare. Ne era sicura. Affondò con decisione le mani nei capelli di Duff, avvicinandolo ancora di più a sé, approfondendo quel gioco di lingue che andava avanti ormai da tempo. Duff la fece adagiare delicatamente sotto di lui e continuando a baciarla insinuò una mano sotto la maglietta fina di lei. Le accarezzava la pancia per poi salire piano verso i seni, tastandoli con decisione. Con le labbra lasciò una scia di baci bollenti lungo tutto il suo corpo, che percorse più e più volte bramoso. Con un colpo di reni Charlie capovolse la situazione. Si stese su di lui e gli sfilò la maglietta, lanciandola lontano. Cominciò a baciare ogni centimetro di quel petto perfettamente scolpito scendendo sempre più giù, facendo ansimare Duff spiazzato dall’audacia della ragazza. Ben presto anche il resto dei vestiti dei due ragazzi raggiunse sul pavimento la maglia di Duff. Si guardarono negli occhi per un lungo istante…
“Sei sicura?” le chiese Duff titubante.
Per tutta risposta lei si avventò famelica sulle sue labbra, stringendosi ancora di più a lui e facendo aderire perfettamente i loro corpi. Non appena si staccarono per riprendere fiato Duff si aprì in un meraviglioso sorriso che fece perdere completamente la testa a Charlie. Senza mai smettere di baciarla insinuò una mano tra le sue gambe, scostandogliele leggermente e posizionandosi meglio. Con un movimento veloce la penetrò, cogliendola di sorpresa. Charlie non riuscì a reprimere un grido di dolore e si aggrappò con forza alle spalle del ragazzo. Pian piano il dolore lasciò il posto a una sensazione di piacere. Un piacere nuovo, mai provato prima, che solo il suo Duff le avrebbe potuto dare. Vedendo la ragazza rilassarsi, il biondo cominciò a muoversi dentro di lei, dapprima con calma, poi le spinte divennero sempre più forti e passionali. La stanza si riempì dei gemiti e sospiri dei due amanti. L’orgasmo li colse nello stesso momento, lasciandoli ancora ansimanti e sfiniti. Duff si accasciò accanto a Charlie e la abbracciò stretta. Il viso era arrossato, i capelli arruffati, eppure non l’aveva mai vista così bella. Era sua, solamente sua.
“Ti amo, Charlie!” disse semplicemente senza mai smettere di guardarla negli occhi. Quella frase gli era uscita così…semplicemente, senza pensare. Non voleva spaventarla dichiarandole così il suo amore, ma non potè fare altrimenti; i sentimenti nei confronti di quella ragazza erano così forti e intensi da non riuscire a reprimerli. Non gli era mai capitata una cosa del genere, ma contrariamente a quanto pensasse, questo non gli faceva paura, anzi…credeva che il cuore gli potesse scoppiare da un momento all’altro per la felicità.
Nel sentire quelle due parole il cuore di Charlie prese il volo. Era così felice. Non riusciva ancora a crederci, non riusciva a spiegarsi come mai un ragazzo così bello e speciale potesse essersi innamorato di una ragazza così ordinaria come lei. Inconsapevolmente una lacrima le solcò il viso.
“Cosa c’è amore? Perché piangi? Ti ho fatto male? Non dovevo dirti quella cosa, vero? È troppo presto lo sapevo….” Cominciò  a dire Duff sbuffando. “Non ne faccio una giusta, cazzo!”
Vedendolo così insicuro Charlie scoppiò in una risata.
“Non sono mai stata più felice in vita mia…e anche io ti amo tanto! Ahahahahah sei così buffo però!”
Duff la guarda alzando un sopracciglio: “Io sarei buffo?”
La ragazza annuì con decisione.
“Ah si? Adesso ti faccio vedere io!” esclamò Duff cominciando a farle il solletico.
Risero, si abbracciarono, si baciarono e si amarono ancora, finchè stremati non si addormentarono uno tra le braccia dell’altro.


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Chiedo umilmente scusa per l'attesa, ma l'ispirazione faticava a venire. Che ne pensate di questo capitolo? ;)
Un grazie particolare a chi segue questa storia e recensisce....
Buona lettura e recensite :D
Angolo pubblicità: ho cominciato a scrivere una nuova ff, si chiama "Diario di una ragazza per bene". Ditemi che ne pensate, ci conto. Un bacione enorme.

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Capitolo 15
*** Zoo Time. ***


ZOO TIME.


“Adesso ci dici perché ci hai letteralmente sbattuti fuori di casa, di grazia?” mi chiese Slash una volta usciti dall’appartamento.

“Ma che te ne frega! Si va allo zoo! Ieeeeeeee!” urlò Steven sorridendo sornione e battendo le mani come un bambino.

“Pop Corn taci! E tu stronzetta rispondi!” ordinò Axl.

Sbuffo sonoramente. “Carota,  prendi esempio da Steven! Zitto e cammina!”

“Ok. Ma guido io e non si discute! Forza andiamo!” Izzy e Steven lo seguirono, mentre il ricco non si mosse.

“Io da qui non mi muovo se non mi dici il perché!” esclamò Slash incrociando le braccia al petto e mettendo su il broncio.

A quel punto mi avvcinai a lui e mi alzai sulle punte per poter arrivare alla sua altezza.

“Muoviti! E comportati da bravo bambino, altrimenti niente gelato!” lo presi per un orecchio e lo trascinai fuori. Gli altri ci stavano già aspettando in macchina.
Il tragitto non durò molto, ma per tutto il tempo quei quattro misero a dura prova la mia pazienza: Slash si sporgeva fuori dal finestrino e con la lingua al vento faceva finta di essere un cane…..ad un certo punto ha cominciato perfino ad abbaiare. Axl guidava come un pazzo, infatti rischiammo un paio di volte di schiantarci contro pali e macchine in corsa. Steven esaltatissimo, non stava fermo un attimo e Izzy….beh era momentaneamente impegnato con la sottoscritta.  Ma non facciamoci illusioni, tra noi non c’è nulla di ufficiale (e di esclusivo, purtroppo!) quindi meglio andarci con i piedi di piombo. Prima o poi avremmo dovuto affrontare il discorso, ma ogni volta che provavo a parlargliene trovava il modo di distrarmi. Prima o poi…per lui significa mooooolto poi, secondo me! Ma vabbè…ritroniamo a noi!

“Ahahahahahah Steven quel pony ha la tua stessa acconciatura! Ahahahah” grida Slash avvicinandosi a quell’animale e accarezzandolo.

“Ahahahaahh è vero! Ma è più bello il pony di te Pop Corn, rassegnati!” si inserisce Jeff urlando per sovrastare le nostre risate e le lamentele del povero Steven.

“Dai Steven avvicinati, che vi faccio una foto!” dico con ancora le lacrime agli occhi.

Passammo vicino ai recinti di tigri, leoni, giraffe ed elefanti, per poi arrivare nella zone dedicata a scimmie e affini.

“Ehi guardate là!” grida Steven sbracciandosi per catturare l’attenzione di tutti quanti.

“Dove?” Seguiamo la direzione del suo sguardo senza però riuscire a capire.

“Non notate una certa somiglianza tra quel gorilla e il nostro caro Slash?” continua cercando di rimanere serio e battendo una mano sulla spalla dell’amico riccioluto.

“Fottiti Adler! Vieni qui bella scimmietta….la vuoi una banana?”

“Ehm…Slash…ma tu non hai una banana!” dico.

“Ahahahah la ragazza ha ragione! Non hai NESSUNA banana, man!” ridacchia Axl, che come al solito riusciva a captare solo il lato perverso delle cose.

Nel frattempo il gorilla si era avvicinato sempre di più a Slash e lo scrutava attentamente; con un balzo gli arrivò alle spalle facendo urlare il chitarrista per lo spavento.

“Ma ciao, amico! Batti il cinque!”

L’animale lo fissava e Slash rimase con la mano a mezz’aria, come se si aspettasse davvero che capisse.

“Dai, batti il cinque! Così!” insistette facendo facce buffe e pernacchie a quel gorilla impassibile.

All’improvviso, quando Slash stava per girarsi e tornare da noi, il gorilla lo afferrò e cominciò a mettergli le “mani” nei capelli.

“Ragazzi……..AIUTOOOO!!! Questo coso mi sta spulciando, cazzoooo!!”

Ridemmo come dei matti: non si vedeva di certo tutti i giorni una cosa del genere no?
Ma la cosa più esilarante era la faccia di Slash: non so dire se era più incazzato o terrorizzato!
Senza pensarci un attimo afferrai la macchinetta e scattai foto a raffica. Era una giornata da ricordare, quella.

“Queste foto andranno dritte dritte nella mia raccolta di ‘foto ricatto’ ahahaha “ esclamo soddisfatta.

“Col cazzo! Smetterla di ridere coglioni! Datemi una mano piuttosto!! Ma vaffanculo, pure a te scimmione! Aiutatemi cazzooooo!”

“Neanche sotto tortura! Mi sto divertendo troppo!” sghignazza Axl, malefico.

“Ma poverino! Dai aiutatelo!” sinceramente mi faceva un po’ pena vedere quel ragazzo grande e grosso in balia di uno scimmione, anche se devo ammettere mi stavo divertendo parecchio.

“Semmai aiuto il gorilla!!” interviene Izzy che si teneva la pancia per il troppo ridere.

“Ho capito, devo farlo io!” dico avventandomi sulla scimmia, cercando invano di spostarlo.

“Ragazzi io ho fame!” esclama Steven spiazzando tutti.

“E io ho sete!” dice Axl dando manforte al biondino.

Li fulmino con lo sguardo: io sto lottando contro una scimmia che è il doppio di me e quelli hanno il coraggio di dire certe cose?

“Mi dispiace Axl, ma ho finito l’arsenico!” rispondo acida guadagnandomi il dito medio del rosso.

Dopo moooolti tentativi e vedendomi ormai esasperata arrivarono in mio soccorso anche i ragazzi e finalmente riuscimmo a liberare Slash.

“Basta! Io con gli zoo ho chiuso!” esclama il ricco correndo il più lontano possibile, buttandosi a peso morto sull’erba di un parchetto vicino.

“Ora mangiamo?” mi chiede Steven facendo gli occhi dolci.

“Uff…e va bene! Vi prendo degli hot dog va bene?? Voi rimanete qui e non fate danni!”

“Si, mamma!” mi disse Axl con la sua solita faccia da schiaffi.

“Fai meno lo spiritoso, Rose o rimani a digiuno!” lo minaccio e lui mimò la bocca cucita.

Stavo per raggiungere lo stand degli hot dog, quando sentii qualcuno afferrarmi e tirarmi in un vicolo.

“Jeff…che cos…” ma mi interruppe facendo scontrare le nostre labbra, prendendomi alla sprovvista.

Le sue mani mi tenevano salde i fianchi, con il suo bacino mi fece aderire al muro. Cominciò a mordicchiare le mie labbra finchè non le dischiusi, lasciando libero l’accesso alla sua lingua, che bramosa cercò la mia, coinvolgendola in una danza ricca di desiderio e passione. Misi una mano tra i suoi capelli corvini spingendolo più verso di me. Ci baciammo, ancora e ancora con tutto l’amore che avevamo in corpo, come se quel bacio fosse l’ultimo. Quando ci staccammo per riprendere fiato mi sorrise dolcemente e accarezzandomi la guancia con la punta delle dita, mi disse:

“Stasera sei solo mia! E non osare dire di no…fatti trovare pronta per le otto ok?”

Non feci in tempo a rispondere che si avventò nuovamente sulle mie labbra in un bacio che in poco tempo lasciò entrambi senza fiato e con tanto..troppo..desiderio in corpo.
Si staccò da me dopo poco e sparì velocemente come era venuto, lasciandomi con ancora le spalle al muro e con una miriade di farfalle svolazzanti nella pancia. Istintivamente mi toccai le labbra che poco prima avevano assaporato le sue e sorrisi. Forse non c’era bisogno di parlare, finalmente…forse…tutto stava andando per il meglio.
Mi sentivo come se stessi bussando alle porte del Paradiso.

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Capitolo 16
*** Sweet Caress The Ocean Blue. ***


SWEET CARESS THE OCEAN BLUE.
 
 
Mi sta per venire un esaurimento nervosa! In meno di mezz’ora ho cambiato abito almeno dieci volte.
Odio le sorprese, odio non sapere dove mi sta portando e cosa dovremmo fare (anche se su questo qualche idea ce l’avrei…)
Ok, non è il momento migliore per la perversione!
Devo darmi una mossa: Jeff è di là che mi aspetta e io sono ancora in intimo a fissare l’armadio.
Afferro la prima cosa che mi capita a tiro: che fortuna! Maglietta bianca semitrasparente bucherellata dietro la spalla, minigonna di jeans e…vabbè voglio rovinarmi, metto anche un paio di decolleté blu tacco 12. So già che me ne pentirò! Amaramente…
Mi trucco leggermente e raccolgo i capelli in una coda lasciando libero un ciuffo riccio che mi ricade sugli occhi.
Per concludere indosso la mia giacca di jeans ed esco, andando incontro ad Izzy, steso sul divano.
Appena mi vede balza subito in piedi e a grandi falcate mi si avvicina, abbracciandomi.
Sento il suo respiro calmo solleticarmi il collo e le sue mani accarezzarmi dolcemente.
Gli prendo il viso tra le mani e mi perdo nei suoi occhi scuri. Non riesco a trattenermi: lo bacio. Un bacio casto, ma intenso. Le mani percorrevano i nostri corpi vogliose, assaporando ogni centimetro fino in fondo. Ci allontanammo impercettibilmente col fiato corto. Sarei rimasta così per sempre, fra le sue braccia, a baciarci come due ragazzini.
La voce mi uscii come un soffio:
“Dobbiamo proprio uscire?” Non posso crederci…l’ho detto davvero??
Abbassai subito lo sguardo, avevo le guance in fiamme.
“Si dobbiamo proprio! Dai, vieni!” disse sorridendo divertito e prendendomi per mano.
Prese la giacca e la chitarra e uscimmo.
“Devo cominciare ad essere gelosa, per caso?” gli chiedo indicando la custodia che aveva in mano, alzando un sopracciglio.
“Mmm…potresti! Ma non potrei di certo fare questo!” mi spinse contro il suo petto facendo scontrare nuovamente le nostre labbra.
“Mmm…basta o non usciamo più davvero!” gli dissi allontanandolo e tirandolo per la giacca.
Salimmo in macchina e mi bendò gli occhi. Di male in peggio! L’ho già detto che odio le sorprese??
Dopo un tempo che sembrava infinito, finalmente la macchina si fermò e sentii la portiera aprirsi.
“Beene, adesso me la togli sta cosa? Non la sopporto più!” sbuffai.
“Non se ne parla! Fai la brava, manca poco! Su cammina!”
Mi prese per mano e camminammo un po’ finchè il mio piede non sprofondò in qualcosa di strano…umido e caldo. Mossi qualche passo e finii faccia a terra. Maledetti tacchi. Intanto Izzy si stava piegando in due dalle risate.
“Jeff smettila immediatamente! Non c’è niente da ridere! Potevo rompermi qualcosa!” gli urlo.
Con un moto di stizza mi tolsi la benda e rimasi senza fiato: mi aveva portato in spiaggia, a vedere l’oceano! Era stupendo…era la prima volta che lo vedevo; niente a che vedere con il mare a cui ero abituata!
“Ti piace?” mi chiese abbracciandomi da dietro appoggiando il viso sulla mia spalla.
“E’ stupendo Jeff…” mi giro verso di lui trovandomi il suo viso a pochi centimetri dal mio.
“E le sorprese non finiscono qui!” disse facendomi sedere su una coperta che aveva steso sulla sabbia.
Prese la chitarra e cominciò a suonare una canzone lenta e romantica…
“Questa l’ho scritta da poco, non è ancora perfetta…”

Lookin' at the ocean blue
Sittin' thinking' here of you
Cast in light down from the moon
Sweet caress the ocean blue
Just a stolen moment through
Coldest night the fullest moon
I can tell you why it happened
Somethings been pullin' me to you
No apologies have been requested
Far beneath a yellow moon
Feeling out the ocean blue
Felt you coming through and new
Kind of frozen dream of you
Lookin' on the ocean blue
Sail away and think of you
Sweet caress the ocean blue
And I know it's not the last time
Somethings been pullin me to you
Tried ta hold it back a long time
Far beneath the silver moon
I have seen a million faces
Somethings been pullin' me to you
Like an ocean pulin' me in
Sweet caress the ocean blue…

Quella canzone mi commosse. Non so dire se era la canzone in sé o l’atmosfera che si era creata ma non potei fare a meno di avvicinarmi di più a lui e stringerlo forte. La luce della luna piena lo illuminava mettendo in risalto la sua carnagione candida e i capelli corvini. Non l’avevo mai trovato più irresistibile di allora.
I nostri sguardi si fusero per un lungo istante, le nostre labbra si cercarono, le lingue si scontrarono. Fu subito sopra di me approfondendo quel contatto. Le sue mani esperte mi liberarono subito della giacca, mentre io gli sfilai la maglia accarezzandogli il petto e stringendomi alle sue spalle robuste. Sentire le sue mani su di me che mi accarezzavano, mi tastavano e le sue labbra torturarmi mi fece perdere completamente il controllo. Con un colpo di reni mi portai su di lui, sedendomi a cavalcioni. Avvertii la sua erezione premere dai suoi pantaloni di pelle troppo stretti. Con un movimento rapido glieli slacciai e sfilai occupandomi di quel ‘rigonfiamento’ che reclamava l’attenzione. Jeff non riuscii a trattenere dei gemiti sotto il mio tocco. Stava per arrivare al limite quando mi prese per i fianchi facendomi stendere di nuovo sotto di lui.
“Piccola vuoi farmi morire stasera, per caso?” aveva la voce roca per l’eccitazione.
Non riuscii a rispondere, in quel momento il mio cervello si era completamente sconnesso.
Mi spogliò fino all’ultimo indumento, slacciandomi il reggiseno con i denti…il che mi fece letteralmente impazzire. Non riuscii più a contenermi. Lo volevo, adesso! Lo presi per i fianchi, invitandolo a prendermi, lì e subito.
Delicatamente Jeff mi fece scostare le gambe e con una lentezza snervante entrò dentro di me e cominciò a muoversi prima lentamente, poi le spinte divennero sempre più forti e ritmate. I nostri gemiti rimbombarono nella notte finchè con un’ultima spinta non raggiungemmo l’apice. Insieme.
Non c’era bisogno di aggiungere nient’altro, ci guardammo negli occhi e ci baciammo ancora, con trasporto. Ci avvolgemmo stretti nella coperta cullati dall’infrangersi delle onde e dal rumore dei nostri respiri, ancora affannati. 

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Capitolo 17
*** Dolci Risvegli. ***


DOLCI RISVEGLI.
 
Era stato tutto un sogno? Se è così non svegliatemi, vi prego!
Mi giro su un fianco ancora addormentata e allungo una mano cercando Jeff. Vuoto… beh è stato bello finchè è durata!
Un lieve raggio di luce mi colpisce costringendomi ad aprire gli occhi ed è lì che lo vedo. Jeff è seduto sulla sabbia poco lontano che fissa il cielo rosa pallido.
Dio ti ringrazio! Cosa ho fatto per meritarmi un ragazzo come lui? È così perfetto, unico…è speciale! Credo davvero di amarlo; anche con un semplice bacio a stampo è capace di trasmettermi emozioni mai provate prima. Ah, da quando lo conosco mi sembra di essere stata catapultata in uno di quei film smielati e romantici che guardano le zitelle per auto commiserarsi. Sono così felice, ma….durerà?
Gattono fino a raggiungerlo e lo abbraccio da dietro, facendolo sussultare leggermente.
“Buongiorno, pensieroso anche di prima mattina?” gli dico schioccandogli un bacio sulla guancia.
“E’ solo che….e se dovessi sbagliare? Non voglio farti del male o farti soffrire. Sai bene che vita facciamo, non siamo certo dei santi… Voglio proteggerti da questo mondo, ma se non ci riuscissi? Io…”
Lo interrompo posando un dito sulle sue labbra.
“Hai ragione e ho paura anche io, ma non possiamo lasciarci condizionare da queste cose…godiamoci a pieno quello che abbiamo. I problemi ci saranno sempre, è inevitabile, ma saremo insieme ad affrontarli” gli dico sorridente, riuscendo a strappargli un lieve sorriso.
“E dire che quello saggio dovrei essere io!” mi sussurra provocandomi un brivido.
Mi fa sedere sulle sue gambe e cominciamo a baciarci. Un bacio lungo, carico di speranze, parole non dette.
Un bacio che suggella un amore grande, ancora non rivelato.
 
Nel frattempo a casa anche altre coppie (più o meno ufficiali) si stavano pian piano svegliando…
 
SLASH & MICHELLE.
Dopo l’ennesima notte di sesso, Michelle, piena di dubbi, non riusciva a spiegarsi cosa ci fosse tra lei e quel riccio che russava beato accanto a lei.
Era amore? Non si sa…
Solo sesso?? Probabile…
Attrazione??? Decisamente!
Qualunque cosa fosse doveva essere chiarita. Ne andava della sua sanità mentale.
I sentimenti di Michelle per Slash erano diventati forti e non poteva più ignorarli. Ma per Slash? Per lui era lo stesso??
Mentre lei continuava a riflettere e ad arrovellarsi, non si accorse che intanto Slash si era svegliato e la fissava con uno mezzo sorriso dipinto sul volto.
“Un penny per i tuoi pensieri… ma attenta a non far lavorare troppo quelle rotelline o ti andrà in fumo il cervello!” le disse ridacchiando e facendola sussultare quando poggiò le sue labbra carnose sul corpo di lei, lasciando una lunga scia di teneri baci.
I buoni propositi di Michelle stavano lentamente andando a farsi benedire, dato che la ragazza ad ogni bacio rischiava di perdere del tutto il controllo.
Utilizzando l’ultimo brandello di lucidità, prese coraggio e lo chiamò:
“Slash?...”
“Mmh” mugugnò lui contro la pelle di lei.
“Ma…io…cioè…noi…” balbettò mentre si torturava le mani.
“A parole tue, piccola!” le disse il chitarrista posando una mano sulle sue.
“Noi…cosa siamo? Cioè cosa c’è tra noi…di preciso?” disse tutto d’un fiato tenendo sempre lo sguardo basso.
Slash si bloccò immediatamente. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi, ma non credeva così presto. Non sapeva che dirle; non era più sicuro di nulla, ma non voleva ferirla: sapeva che sotto quella facciata di ragazza forte ed indipendente si nascondeva una creatura fragile e bisognosa d’amore.
“Io…boh non lo so” disse alzando le spalle “Non mi piacciono le etichette, siamo quello che siamo, punto!”
“E se questo non mi bastasse più?” Michele senza accorgersene aveva alzato il volume della voce e in un moto di rabbia era scattata in piedi.
A quelle parole Slash si lasciò cadere sul letto e si prese la testa tra le mani.
“Non lo so…non lo so, ok? Sono confuso, cazzo!” anche lui stava urlando adesso.
“Beh quando lo capisci, chiamami!” disse la bionda vestendosi e come una furia uscire da lì sbattendo la porta.
“CAZZO!” urlò al vento il riccio tirando un pugno contro il muro.
Questa volta aveva combinato davvero un bel casino e non aveva la più pallida idea di come tirarsene fuori.
 
DUFF & CHARLIE.
Nella stanza accanto Duff e Charlie, accoccolati, avevano assistito alle urla degli altri due.
“Slash l’ha combinata grossa..” sospirò Duff preoccupato per l’amico.
“Ma si farà perdonare di certo. Sono innamorati, si vede…devono solo capirlo!” gli disse Charlie poggiando la testa sul petto nudo del suo ragazzo.
“Mah…sarà! Ma non sono fatti per stare insieme!” esclamò mentre disegnava distratto dei cerchi immaginari sul braccio di Charlie.
“Ma che dici?! Perché?” lo rimproverò lei tirandogli un leggero schiaffo sulla pancia.
“Aio! Ma dai, ragiona: sono troppo simili, entrambi troppo inaffidabili. E poi sono amici da un sacco di tempo. Lei c’è sempre stata per noi. In questi casi è facile scambiare il troppo bene, in amore. Si qualche scopata ci sta pure, ma secondo me non è amore”
“Se è amore o meno non spetta a noi dirlo, non credi? Comunque da una parte hai ragione. So che sei preoccupato per Slash ma devi anche capire che non ci riguarda.” Gli dice Charlie accarezzandogli piano i capelli.
“Non è amore, ne sono sicuro…non è come quello che lega me e te…”
“A questo proposito” disse la mora sedendosi a cavalcioni su di lui “che ne dici di pensare un po’ a noi?” propose baciandolo sul mento, sul naso, sulla guancia, per poi torturare il collo.
“Mmmmh potrei essere d’accordo!”
Si portò sopra di lei, coprendo entrambi con il lenzuolo, e continuando il ‘discorso’ che li aveva tenuti molto impegnati sia la notte sia il pomeriggio precedente.
“Te l’ho mai detto che ti amo da morire?” le chiese il biondo accoccolandosi sul petto di Charlie che lo accarezzava.
“Mmmh una volta o due!” rispose la mora ridacchiando.
“Beh devo rimediare allora! Ti amo…ti amo…ti amo…ti amo…ti amo…lo sai che ti amo?” continuò a ripeterle baciandola ad ogni ‘ti amo’.
Dopo una mezz’oretta di coccole ed effusioni, Charlie si alzò dal letto.
“Dove vai, piccola?” le chiese Duff, contrariato.
“A farmi una bella doccia!”
“Mh cos’è un invito, per caso?” disse il bassista malizioso alzandosi a sua volta e seguendola.
“Vedila come vuoi!” esclamò la mora sorridendogli e guardandolo in maniera eloquente.
Di certo Duff non se lo fece ripetere due volte e la raggiunse. Rimasero chiusi in quel bagno per circa un’ora e non fecero di certo solo la doccia. Chi vuol capire, capisca.
 
AXL…E LA RAGAZZA DI TURNO.
Verso mezzogiorno anche Axl si ridestò dal mondo dei sogni. Come gli accadeva spesso ultimamente non ricordava nulla della sera precedente, ma dato il suo mal di testa atroce e la biondina nel letto doveva essersela di certo spassata. Non si ricordava neppure il nome di quella lì…o forse non glielo aveva nemmeno chiesto. Ma poco importava: lui infondo era Axl Rose.
Decise di alzarsi e farsi una doccia: puzzava da far schifo. E poi sperava che quella ragazza non vedendolo se ne andasse con le proprie gambe.
Perché lui dopo aver ottenuto quello che voleva, non guardava più in faccia nessuno. Anzi gli dava proprio fastidio trovarsi tra i piedi quelle troiette la mattina.
L’unico bagno della casa era chiuso a chiave e dall’interno provenivano risatine e gemiti. Charlie e Duff. Perfetto, niente doccia. Quei due non sarebbero usciti tanto presto, quindi rassegnato ritornò in camera.
Guardò attentamente la ragazza rannicchiata tra le sue coperte: era davvero bella e sexy, infondo lui aveva da sempre avuto buon gusto in fatto di ragazze, ma a tutte mancava quel non so che che riuscisse a interessarlo sul serio. Niente che lo spingesse a cercarle dopo essersele portate a letto. A molti Axl Rose può sembrare un bastardo, uno stronzo insensibile e senza cuore, ma lui si ritiene un tipo che sa cosa vuole e finchè non lo ottiene preferisce godersi la vita e divertirsi.
Bella filosofia, non c’è che dire!
Ma arriverà mai quella fantomatica ragazza capace di farlo capitolare? Ora come ora chi può dirlo.
Si riveste velocemente facendo più rumore possibile, tanto da svegliare la biondina.
“Buongiorno, tesoro!” cinguetta con voce nasale lei.
“Sisi, come no! Adesso devi andartene!” disse il rosso sbrigativo.
“Un dolce risveglio, complimenti!” rispose acida coprendosi con il lenzuolo e avvicinandosi a lui..
“Dai vieni qui!” disse ancora appoggiando le mani laccate di rosso sul petto di lui.
Axl dal canto suo stava per perdere sul serio la pazienza.
“Ho detto vattene!” ringhiò a denti stretti.
“Prima divertiamoci un altro po’” lo incalzò lasciando cadere a terra il lenzuolo che la copriva.
Con un moto di disgusto Axl la afferrò per un braccio e la spinse fuori di casa, ancora mezza nuda. Dopo averle lanciato i vestiti addosso le sbattè la porta in facia.
La ragazza, shockata, non riuscì a spiccicare nemmeno una parola. Raccolse le sue cose e con le lacrime agli occhi se ne andò.
Davvero un dolce risveglio…pensò Mr. Rose.




Capitolo un po' lunghetto, lo so, ma spero vi spiaccia ugualmente. Vorrei ringraziare le mie fedelissime che recensiscono sempre riempiendomi di gioia: Foxygiu, MyMichelle, smarties89, Charlie Hudson e tutti coloro che leggono e che mi seguono. Un bacione a tutti.

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Capitolo 18
*** Maybe The Fame. ***


MAYBE THE FAME.
 

Il tempo passava, i Guns n’ Roses ormai erano un nome ben noto ed erano sempre più richiesti.
Un pomeriggio Axl arrivò di corsa e con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro, annunciò:

“Cazzoni tra due settimane suoneremo al fottuto Troubadour!”

Gli altri quattro si pietrificarono all’istante sotto lo sguardo perplesso di noi ragazze.

“Perché? Cos’è questo Troubadour?”

“E’ solo il locale che ci farà da fottuto trampolino di lancio, dolcezza! Devi sapere che molte grandi band hanno cominciato lì. Questa è la volta buona, cazzo! Me lo sento!” urlò il rosso andando ad abbracciare i suoi compagni che intanto si erano risvegliati dallo stato di trance ed ora esultavano saltando come dei matti.

Per due settimane, ogni giorno i ragazzi si sottoposero a prove continue; tutto doveva essere impeccabile. Inutile dire che la tensione si faceva sentire. Più si avvicinava la fatidica data, più i cinque diventavano intrattabili: erano sempre nervosi e tremendamente suscettibili. Bene o male tutti fumavano un pacchetto di sigarette dietro l’altro, tanto che nell’intero appartamento c’era una coltre di nebbia impressionante.
Fortunatamente (per me e Charlie) la sera tanto attesa e temuta arrivò presto.
L’inizio era previsto per le nove e mezza, ma per motivi tecnici ci presentammo al Troubadour con un’ora d’anticipo. Erano tutti presenti. Evento straordinario: perfino Axl era in perfetto orario.
Forse la fine del mondo era vicina…
Fatto sta che la gente cominciava ad affluire nel locale e la voce sulla presunta presenza di un ‘talent scout’ arrivò fino al backstage mandando ancora di più nel panico i Guns.

“Occristo! No, non siamo pronti! E se facciamo schifo? Oddio mi sento male! Ragazzi ho perso le bacchette!” cominciò a urlare
istericamente Steven, non accorgendosi di esserci seduto sopra……alle sue bacchette.

“Sono troppo sobrio. Non posso suonare lì sopra in questo stato! Nono…” disse Slash sistemandosi il cilindro sulla folta chioma e cercando disperatamente una bottiglia alla quale attaccarsi.
Duff e Izzy sembravano i più tranquilli…forse perché era da mezz’ora che si giravano uno spinello…no, due…boh ho perso il conto!
L’unico che non aveva ancora detto mezza parola, stranamente, era il rosso. Camminava avanti e indietro con lo sguardo assente.
Ad un certo punto si fermò di botto in mezzo alla stanza e disse:

“Facciamo ancora in tempo ad andarcene, vero?”

No,ma dico…che fine avevano fatto i Guns che conoscevo? Quelli determinati, che non si arrendevano davanti a niente?
Decisi di prendere in mano la situazione, prima che potessero fare qualcosa di cui, sono certa, si sarebbero pentiti.

“Ma che cazzo vi prende eh? Voi siete i Guns n’ Roses, cazzo! Siete i migliori, non vi farete mica intimorire da un cretino qualunque, no? Adesso voi salite sul palco e spaccate il culo a tutti là fuori, chiaro? A costo di portarvici a calci!” urlo in faccia a tutti, cercando di dar loro una scossa.
Il primo a rinsavire fu Duff che stava stretto a Charlie come un bambino intimorito:

“Hai ragione, cazzo! E quello stronzo là fuori si prepari per la musica migliore della sua vita!”

Tutti gli altri annuirono con vigore e scattarono in piedi.
Ma c’era qualcosa (o meglio qualcuno) che ancora mi preoccupava: Slash. Non faceva altro che fissare la porta. Mi sedetti accanto a lui e poggiai la testa sulla sua spalla:

“Arriverà, verdrai!” cercai di rassicurarlo.

“Non lo so…se non dovesse venire lo capirei, sono stato uno stronzo! Non immagini quanto mi sia mancata in questi giorni…”

“Quindi?”

Mi guarda alzando un sopracciglio…”Quindi, cosa?”

“La ami si o no? Ne sei innamorato?”

“Si…adesso lo so. Ma è troppo tardi; ormai mi evita come la peste!” dice sorridendo amaro.

“Non dire cretinate, lei è pazza di te! È solo che l’hai ferita e ora devi farti perdonare…come si deve!”

“Non credo basti chiedere scusa, la conosco!”

“Appunto! Devi fare qualcosa di speciale…tu pensa al concerto…al resto ci penso io, tranquillo!” gli dico scoccandogli un bacio sulla
guancia, riuscendo a strappargli un sorriso seppur tirato e nervoso.
Proprio in quel momento arriva Michelle, raggiante. Saluta tutti quanti, tranne ovviamente Slash, al quale riserva un’occhiataccia come poche. Il povero riccio ci rimase davvero male, ma non aveva tempo per prendersela, doveva prepararsi psicologicamente per il miglior concerto della sua vita.
E così fu: i ragazzi fecero faville, riuscirono ad entusiasmare il pubblico essendo semplicemente se stessi. Erano carichi, euforici, tanto che il tutto finì con Axl che urlò in modo molto fine al talent scout:

“E adesso puoi solo succhiarmi il cazzo, stronzo!” e facendo la sua uscita trionfale tra le acclamazioni e gli applausi.
Fu un concerto strepitoso, il primo di una lunga serie. All’improvviso, nel bel mezzo dell’ennesimo brindisi a base di birra e Jack, la porta del camerino si spalancò e apparve un uomo sulla cinquantina.
Era un personaggio davvero strano: bassino e tarchiato dai capelli lunghi e biondi. Anche il suo stile era abbastanza particolare. Ci saremmo aspettati un omaccione in giacca e cravatta, magari con in mano una ventiquattrore e invece ci trovammo davanti un cowboy paffutello.

“Ehi tu sei lo stronzo!” disse Steven puntando il tipo.

“Già…sono Tom Zutaut della Geffen Records…vi ho osservati attentamente stasera…”

I ragazzi si zittirono all’istante. Niente più risa o sorrisetti scemi, erano tutti concentrati su quel Tom.

“Devo ammettere che mi siete piaciuti parecchio. Non siete i soliti leccaculo, avete fegato”

Sospiro di sollievo generale.

“E’ qui per proporci qualcosa di serio o è lei che fa il leccaculo?” chiese Axl duro, spiazzando tutti quanti. Solo il signor Zutaut non si scompose minimamente, anzi a quelle parole sorrise.

“Tu devi essere Axl, vero? Hai davvero un bel caratterino ragazzo! E no, non faccio il leccaculo, né tantomeno ho intenzione di succhiarti il cazzo” disse scatenando delle risate un po’ nervose.

“Comunque sono qui per proporvi un contratto, il mondo della musica ha bisogno di facce nuove che abbiano talento e voi siete i cazzoni che fanno al caso mio!”

“Quanti soldi ci spettano?” chiese schietto il cantante.

“Beh partiamo da un anticipo di 70.000 dollari, vi troveremo un agente e cose del genere. Comunque avete una settimana di tempo per decidere e…”

“Le faremo sapere” lo interruppe freddamente Axl spingendolo fuori dal camerino e sbattendogli la porta in faccia prima che potesse replicare.

“Axl che cazzo fai?! Perché non hai accettato subito?” gli chiese allarmato Steven.

“Ragazzi, adesso ci divertiamo!!” rispose il rosso sorridendo diabolico.

“Ti avverto Rose, se per colpa di una delle tue solite stronzate ci va in fumo il contratto puoi dire addio alla tua bella chioma, intesi?” questa
volta fu Slash a parlare, dando voce alle preoccupazioni di tutti.

“Traaaaaanquilli, fidatevi di me!”

Per tutta risposta nella stanza calò un silenzio tombale.

“Brutti stronzi! Festeggiamo và!”

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Capitolo 19
*** I Love You Too. ***


I LOVE YOU TOO.
 

Quella sera Slash aveva rinunciato ben volentieri a quel festino improvvisato a base droga, alcol e qualche ragazza, per parlare con Michelle e magari cercare di farsi perdonare. Approfittando di tutto di quel casino creatosi le si avvicinò e, prendendola per un braccio, la trascinò fuori dal locale tra le continue lamentele e insulti  di lei.

“Lasciami razza di idiota! Mollami ho detto…”urla tirandogli pugni sulla spalla tentando di fargli allentare la presa.

“Non ci penso neanche. E adesso smettila di dimenarti o ricorro alle maniere forti!”

“No…fermo là! Non ti azzardare… Nooo!”
Troppo tardi: Slash se l’era già caricata sulle spalle come un sacco di patate, attirando gli sguardi shockati ed incuriositi dei passanti.

“Dai lasciami! Mi arriva il sangue al cervello!” si lamentò la bionda.

“Ssssh” la zittì il chitarrista facendola sobbalzare e sistemandola meglio sulla sua spalla.

“Posso almeno sapere dove mi stai portando?”

“Okok ho capito, mi sto zitta!” continuò Michelle non avendo ricevuto risposta.

“Oh brava, piccola!” gongolò Slash dandole una pacca sul sedere.

Per la prima volta l’aveva avuta vinta con quella ragazza così cocciuta e testarda.

“Non sono la tua piccola, villano! E tieni le mani apposto o mi metto ad urlare” lo ammonì severa, ma in realtà non voleva ammettere che
quel gioco cominciava a piacerle parecchio, la incuriosiva.
All’improvviso Slash si fermò e delicatamente la fece scendere. Solo in quel momento la ragazza si rese conto di trovarsi nel quartiere più malfamato di Los Angeles, precisamente davanti ad un bar che puzzava di alcol e vomito.

“No fammi capire bene: tu mi hai trascinata via da quel locale, facendo tutta ‘sta sceneggiata, per portarmi in un altro locale, che per di più è una bettola?” fece la bionda inorridita.

“Mi vuoi dire che non ti ricordi di questo posto?” le chiese Slash con un’espressione delusa.

In quel momento nella testa di Michelle si accese una lampadina. Certo che se lo ricordava. Come avrebbe potuto dimenticare il luogo in cui lei e il riccio si diedero il loro primo bacio?
Era passato tanto di quel tempo e sinceramente non credeva che se ne ricordasse ancora. Infondo quel ragazzo così rude aveva davvero un cuore tenero.

“Lo so che non è il posto più romantico del mondo, ma infondo è qui che è cominciato tutto, no?” continuò lui guardandosi intorno, perso nei ricordi.

Non voleva dargliela vinta facilmente, prima voleva vedere fin dove si sarebbe spinto pur di farsi perdonare, ma a quelle parole non riuscì a trattenere un sorriso commosso.
Stava per parlare, quando il riccio la interruppe:

“Non ho finito! Ascoltami bene e non dire nulla. Hai parlato abbastanza l’altra volte, adesso è il mio turno.”

Michelle si limitò ad annuire, incitandolo silenziosamente a continuare.

“Sai perfettamente come sono, non posso prometterti grandi cose e non ho nulla da offrirti. Nulla eccetto il mio cuore. Michelle Young sono fottutamente innamorato di te…e adesso lo so! Posso capirti se non vorrai più vedermi; sono stato davvero uno stronzo, ma era giusto che lo sapessi. Ecco…”

“Adesso basta!” questa volta fu lei a interromperlo.

Michelle si portò entrambe le mani sui fianchi assumendo un’espressione fintamente imbronciata.
Slash credendo ormai di non avere più alcuna speranza abbassò lo sguardo arrendevole e sospirò pronto a ricevere un imminente rifiuto. L’avrebbe accettato senza dire una parola, ma proprio in quel momento si trovò le braccia di Michelle attorno al collo che lo stringevano forte.

“Ehi…e questo che significa?” le chiese confuso.

“Significa che ti amo anche io stupido!” rispose lei con gli occhi lucidi che le brillavano per la felicità e l’emozione.

Nel sentire ciò il cuore del chitarrista esplose per la gioia e prendendole il viso tra le mani, come se fosse la cosa più delicata e fragile a questo mondo, la baciò, con tutto il desiderio che aveva in corpo. Non l’avrebbe fatta scappare, sarebbe rimasta al suo fianco. Ormai gli era entrata dentro, nel cuore, nella mente, nelle vene e non l’avrebbe più fatta uscire. Non sapeva come sarebbe stata la sua vita senza di lei, il solo pensiero gli sembrava irreale. Adesso stavano insieme, il resto non importava.
Non si staccarono un attimo, neanche per riprendere fiato, scatenando fischi e commenti da parte degli ubriaconi che bazzicavano nei dintorni.

“Che ne dici di tornare a casa e finire il discorso?” le propose Slash malizioso mentre aveva ancora il fiato corto.

Michelle non gli rispose: scosse la testa ridendo e lo prese per mano.
Quella sera, forse per la prima volta, non fecero il solito sesso, ma l’amore.





Saaaaaaaaaaaaaaalve! Il capitolo è un po' corto, lo so...ma volevo incentrarlo su Michelle e Slash....non sono riuscita a tenerli separati a lungo! Ahahahah xD Grazie a tutti e recensiteeeeeee!!

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Capitolo 20
*** Affari & Amore. ***


AFFARI E AMORE…
 

I ragazzi erano davvero sicuri di avere il contratto già in tasca, tanto che si presero il ‘lusso’ di giocare uno scherzo, di pessimo gusto, a Tom. Qualche giorno dopo il concerto anche un’altra casa discografica li aveva contattati, ma la loro offerta non era vantaggiosa come quella della Geffen, quindi Axl pensò bene di fare alla manager una proposta interessante, come la chiamava lui. Il fatto che il manager che gli si presentò davanti fosse una donna aiutò parecchio la causa: infatti Axl aveva promesso di firmare un contratto con quell’ etichetta, a patto che quella donna avesse camminato nuda per tutto il Sunset Boulevard. Se non fossi stata presente quando lo propose a quella povera donna e se non avessi visto la faccia del rosso spaventosamente seria mentre le parlava non ci avrei mai creduto. È inutile dire che sentendosi presa in giro la ragazza mollò una cinquina ben meritata dritta in faccia al rosso. A quella reazione non riuscii a frenare le mie risate: Axl si massaggiava la guancia rossa, i ragazzi che si guardavano tra loro sorpresi e la manager che era schizzata via dall’appartamento alla velocità della luce. Qualcosa mi diceva che non l’avremo rivista tanto presto, tantomeno nuda per il Sunset Boulevard.
Una settimana dopo, dopo non aver ricevuto alcuna risposta i segno di vita da parte del signor Zutaut, i Guns decisero di andare di persona a fargli una visitina.
“Il signor Zutaut è in riunione, non può entrare!” disse loro la sua segretaria vedendoseli arrivare alla carica.
“Non sarà una porta chiusa a fermare Axl Rose, dolcezza!”
“Megalomane del cazzo! Giuro che oggi lo ammazzo…Giuro!” pensò Slash, forse troppo ad alta voce, guadagnandosi un’occhiataccia da parte del cantante.
“Tranquillo Slasher, so quello che faccio” rispose sicuro.
I Guns n’ Roses irruppero nella sala dove una decina di uomini in giacca e cravatta li squadrò dall’alto in basso.
“Salve stronzi… Ehi Tom! Sbaglio o dovevi chiamarci, eh?” esordì Axl, ovviamente. Chi altri avrebbe potuto.
“Se non sbaglio anche noi avevamo un accordo. E cosa scopro? Che stavate trattando con un’altra casa discografica? Per colpa vostra sono stato inchiodato davanti alla finestra del mio ufficio per TRE giorni. Non sono qui per farmi prendere per il culo da cinque musicisti da strapazzo, ho cose più importanti da fare!” esplose l’uomo divenendo subito rosso in viso per la rabbia.
“Calma Tom. Volevamo solamente divertirci…” gli rispose Axl serenamente.
“Facendo prendere un infarto a me?”
“Beh ma adesso siamo qui…quindi parliamo d’affari?” continuò il rosso con una calma disarmante.
“Ehm se non ve ne foste accorti sono nel bel mezzo di una riunione.” Fece loro notare e chiamò la sua segretaria.. “Janine, li accompagni nel mio ufficio e li faccia aspettare lì per favore.”
“Si, signor Zutaut…” disse accondiscendente la ragazza. Doveva avere una ventina d’anni o giù di lì; occhi grandi e marroni erano nascosti dietro alle lenti sottili di un paio di occhiali e i capelli lunghi e ramati le scendevano mossi sulle spalle. Era davvero una bella donna e il tailleur che indossava la fasciava nei punti giusti donandole un’aria professionale ma al tempo stesso faceva vagare la fantasia degli uomini lì presenti.
Dopo una mezz’oretta circa Tom entrò nell’ufficio e ordinò alla segretaria di portargli un caffè.
“Ehi Tom quella sì che è una gran figa, complimenti!” si complimentò Slash scoccando un’occhiata di apprezzamento alla ragazza.
“Secondo te perché l’ho assunta?” Disse il signor Zutaut con un’espressione birichina.
“Anche io voglio una segretaria gnocca!” urlò Steven inserendosi nel discorso, sentendosi messo in disparte.
“Pop Corn accontentati delle groupies eh?” lo mise a tacere Izzy e gli diede una pacca sulla spalla come gesto di consolazione.
“Siete delle gran teste di cazzo!” esclamò l’uomo divertito da quei battibecchi così infantili.
“Sisi, lo so che ci adori, adesso passiamo ai fatti” tagliò corto Slash parecchio irritato. Quel giorno aveva un diavolo per riccio, il che era tutto dire, e gli sembrava che tutto fosse fatto apposta  per farlo scoppiare una volta per tutte: come l’atteggiamento strafottente e maledettamente calmo di Axl; non si preoccupava minimamente lui, aveva tutto sotto controllo. Come no! Se il contratto con la Geffen fosse saltato lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani. Parola d’onore.
“Allora parliamo del contratto…” fece ancora il cantante, atteggiandosi a leader a tutti gli effetti, il che fece saltare i nervi ancora di più al povero chitarrista.
“Innanzitutto rosso togli immediatamente i piedi dalla mia scrivania! Dopo quello scherzetto che mi avete tirato cosa vi fa pensare che la mia proposta sia ancora valida?”
“Siamo nel tuo ufficio e non ci hai ancora cacciati a calci. Questo deve pur significare qualcosa” rispose Duff prendendo per la prima volta la parola.
“E se così non fosse?” ribatté l’agente fissando con somma soddisfazione le espressioni terrorizzate dei cinque ragazzi. Ma fu questione di secondi e la solita spavalderia e sicurezza ritornò sui loro volti.
“Beh l’altro giorno ci aveva chiamato un’altra casa discografica facendoci un’offerta davvero allettante… se le cose stanno così…” Axl lasciò volutamente la frase in sospeso e si alzò seguito a ruota da tutti gli altri.
“Ehi fermi fermi dove ve ne andate?!”  urlò Tom allarmato. Questa volta era lui terrorizzato. Se fossero usciti da quella porta, lui avrebbe perso l’affare del secolo. Si perché quei ragazzi erano destinati a grandi cose, ne era certo.
“Scusa ma avevamo capito che non ci fosse nulla per noi qui”
“Sedetevi, avete vinto! Vi offro un anticipo di 70.000 dollari per cominciare…”
“75 o non se ne fa niente!” asserì Izzy, proferendo parola per la prima volta.
“70…non mi sembra che siate nella condizione di contrattare, quindi non tirate troppo la corda!”
“Izzy ce l’hai ancora il numero di quell’altro manager?” si inserì Axl spalleggiando l’amico.
“Ovvio man!” rispose lui stando al gioco.
“Okok…75.000 ma non un centesimo di più. Il vostro manager sarà un certo Alan Niven, non credo lo conosciate, ma dovrebbe arrivare da un momento all’altro. Avremo tanto di cui discutere.” Chiuse così il discorso Tom.
“Io proporrei nel frattempo una pausa sigaretta” fece Slash. Ne aveva disperatamente bisogno, doveva distendere i suoi nervi.
Uscirono tutti quanti su un balconcino: nell’edificio era vietato fumare.
Approfittando di quella pausa Duff chiamò Steven. Era abbastanza preoccupato: Charlie era sola a casa e lui non sapeva quando si sarebbe liberato, quindi sarebbe stato più tranquillo se lì con lei ci fosse stato qualcuno di cui si fidava. E PopCorn era la persona ideale: non era bello da dire ma lui non era fondamentale nelle decisioni che avrebbero preso quella sera, lo avrebbero messo al corrente una volta tornati a casa.
“Ehi PopCorn! Posso chiederti un favore?” chiese cauto il biondo; non sapeva come avrebbe potuto prenderla. Con Steven tutto era possibile.
“Certo man! Spara”
“Charlie è sola a casa, noi siamo bloccati qui…non è che potresti tornare e stare con lei finchè non torniamo? Non mi sento tranquillo a lasciarla…” non fece in tempo a finire la frase che Steven lo interruppe forse con un po’ troppa enfasi.
“Certo, certo. Nessun problema, ci vado subito. Tranquillo, man!” detto questo corse verso l’uscita senza neanche salutare. Lì per lì Duff non ci fece molto caso, dopo tutto Steven era fatto così, non c’era da stupirsi; quindi ritornò dagli altri che erano già rientrati nell’ufficio di Tom con un peso in meno sullo stomaco.
Ma cosa successe quella sera a casa Guns?
Steven era al settimo cielo, non poteva sperare in qualcosa di meglio: era da un po’ di tempo che si era reso conto di provare qualcosa per Charlie, ma il fatto che lei stesse con Duff, uno dei suoi migliori amici e che con lui era davvero felice, lo fece desistere da ogni tentativo di conquista. Ma non poteva che essere contento di poter passare una serata con lei, da soli. Avrebbe fatto il bravo, si sarebbe comportato bene…ma vederla lì di fronte a lui, raggiante e sorridente non gli rendeva il compito molto facile, ma finchè tra loro c’era una certa distanza di sicurezza tutto andava bene.
Passarono la serata a mangiare pizza e a guardare vecchi film in tv tra chiacchiere e risate.
“Uuuuh c’è via col ventoooo! Lo vediamo?” le chiese Steven su di giri.
“Stai scherzando? Nono…oggi c’è Shining!” rispose lei rubandogli il telecomando di mano.
“No io ho pauraaaaa…ridammi il telecomandoooo!” urlò e si buttò a peso morto sulla bionda che venne schiacciata dal suo peso.
“Steven alzatiii…pesi da morire e poi i tuoi peli mi sono finiti in bocca” tossì cercando di scrollarselo di dosso.
“Io mi alzo solo se ci vediamo Via Col Vento! Daaaai”
Charlie non poteva dire di no, non davanti alla sua famosa faccia da cucciolo. Perché Steven otteneva sempre quello che voleva, figurarsi che riusciva ad intenerire perfino Axl.
“Uff e va benee! Ma ora alzatiii!” era così tenero…
Il film era cominciato da poco e sfruttando la complicità del buio il biondo si avvicinò sempre di più a Charlie. Le scene si susseguivano veloci, ma nessuno dei due vi prestò attenzione più di tanto: la mora si addormentò quasi subito e Steven era così assorto nel contemplarla.
Inconsciamente Charlie si appoggiò sul petto villoso del ragazzo, trovandolo molto comodo e vi si accoccolò; Steven non sapeva cosa fare, tutti i suoi buoni propositi stavano lentamente andando a farsi fottere. Cominciò ad accarezzarle il braccio e appoggiò la guancia sui capelli di lei. Profumava di buono, la sua pelle, le sue labbra semidischiuse erano così invitanti. Non riuscì a resistere e facendo attenzione a non svegliarla posò le sue labbra su quelle della ragazza. Non lo avrebbe mai saputo nessuno, lei non se lo sarebbe ricordato. Doveva darci un taglio: ma cosa gli era passato per la mente? Lei era la ragazza di Duff, lui ne era innamorato…non poteva fargli una cosa del genere. Le loro labbra erano ancora unite quando la porta improvvisamente si spalancò.
“Cosa sta succedendo qui?” Era Duff. Merda. Era troppo buio e non riuscì a vederlo in faccia ma dalla voce sembrava abbastanza incazzato. Giustamente.
“Ehm…amico…posso spiegarti…non stavamo facendo niente!” balbettò Steven. Aveva paura e stava sudando freddo; questa volta era sicuro che non l’avrebbe passata liscia.
A causa di tutte quelle urla Charlie si svegliò di soprassalto:
“Cosa? Che è successo? Dove sono?” urlò disorientata mentre il suo sguardo vagava da uno Steven terrorizzato a un Duff dal viso contratto dalla collera.
“Tu esci da qui!” ordinò il bassista al biondino senza neanche guardarlo.
Steven non se lo fece ripetere due volte e sparì alla velocità della luce lasciandoli da soli.
“Ehi amore, che è successo?” gli chiese Charlie dolcemente allungando una mano verso il viso del biondo.
“Strano. Stavo per farti la stessa domanda!” le rispose acido allontanandosi dal suo tocco.
“Ma cosa stai dicendo?? Stavo dormendo tanto bene e poi sei arrivato tu come una furia urlando come un ossesso e chiedi a me cosa è successo?” a quel punto Charlie era schizzata in piedi e gesticolava in preda ad un attacco isterico. Non riusciva a capire.
“Cosa? Tu…stavi dormendo? Cioè non ti sei accorta di nulla? Non hai fatto nulla…”
“Fatto cosa? Di che dovevo accorgermi, scusa?” chiese di nuovo esasperata e sempre più confusa. Per quanto tempo aveva dormito? Che si era persa nel frattempo?
“Niente, niente!” liquidò il discordo Duff sorridendole per la prima volta in quella serata.
Charlie lo guardò stranita: prima le faceva una scenata per non si sa cosa e poi chiudeva così il discorso? Cominciava a pensare che quel ragazzo fosse molto più strano di quanto immaginasse.
Dal canto suo Duff era davvero sollevato, ma l’avrebbe fatta pagare a Steven. Ma in quel momento aveva altro da fare…

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Capitolo 21
*** Please, Tell Me.. ***


PLEASE, TELL ME.
 

Era passata una settimana dall’accaduto e Duff non aveva ancora trovato la vendetta perfetta per fargliela pagare a Steven. Nessuno poteva mettersi tra lui e Charlie, intromettersi nel loro amore e passarla liscia, ma era pur vero che la vendetta era un piatto che andava servito freddo.
In quei giorni Steven non gli dava un attimo di tregua: lo seguiva dappertutto ripetendogli quanto gli dispiacesse, che non voleva, che voleva farsi perdonare e cose del genere; una mattina gli aveva perfino portato la colazione a letto, colazione preparata amorevolmente da lui. Questo fatto lo fece ridere fino alle lacrime, ma si vedeva che era davvero dispiaciuto e in fin dei conti era uno dei suoi migliori amici. Stava per abbandonare ogni tentativo di riscatto quando gli venne in mente un’idea perfetta, a dir poco geniale.
La situazione ideale per mettere in atto il suo piano malefico gli si presentò quello stesso pomeriggio: Steven si era addormentato in mutande sul divano e russava beatamente; neanche un cannone avrebbe potuto svegliarlo.
Corse verso il bagno delle ragazze e trattenendo a stento le risate prese da un armadietto un pacco di strisce depilatorie. Guardò il suo riflesso allo specchio: uno sguardo malvagio e un sorriso furbo gli apparsero sul viso.
Ritornò in salone gongolante, tutto stava andando per il verso giusto. Tolse accuratamente dalla scatola una striscia e la sfregò tra le mani per riscaldare la cera.
Facendo attenzione a non svegliarlo, la attaccò in mezzo al petto villoso del biondino e con un movimento rapido la tirò via. Zac.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!” Adler si svegliò di soprassalto, urlando per il dolore.
Duff non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridergli in faccia.
“Ma dico, sei impazzito per caso?” lo guardò scandalizzato il batterista.
Per tutta risposta l’altro cominciò a ridere ancora più forte.
“Come hai potuto? I miei bellissimi peliii” urlò Steven sull’orlo di una crisi di pianto, mentre guardava quella striscia perfettamente depilata in mezzo al petto.
“Ecco…adesso puoi considerarti perdonato!” disse Duff incrociando le braccia al petto con un sorriso soddisfatto.
In quel momento fece il suo ingresso nella stanza Charlie, richiamata dalle urla e risate.
“Cosa sta succedendo qui?” il suo sguardo vagava confuso da Steven a Duff, poi le cadde l’occhio sul petto di Steven e capì.
Si avvicinò a quest’ultimo e lo prese sottobraccio. Sentiva che c’era qualcosa che non andava e aveva tutta l’intenzione di scoprire di cosa si trattasse.
“Dai Steven andiamo di là. Ti metto una crema e vedrai che il rossore sparirà!”
Poi si girò e fulminò la pertica con lo sguardo:
“Tu ed io parleremo più tardi”
Quelle parole fecero morire nel giro di un nanosecondo il sorrisetto beffardo sul volto di Duff.
I due si rifugiarono nella camera di Steven e Charlie approfittò del fatto che fossero da soli.
“Steven, cosa sta succedendo? Perché vi comportate così?”
“A che ti riferisci, scusa?” chiese a sua volta il biondo cercando in tutti i modi di non incrociare lo sguardo preoccupato di lei.
“Mi riferisco a ieri sera, a prima, a quello…” continuò Charlie indicando il petto del ragazzo.
Dopo istanti interminabili Steven alzò lo sguardo incatenando i suoi occhi azzurri a quelli marroni di Charlie. Voleva dirle la verità, doveva. Non poteva continuare a nascondersi, magari affrontando i suoi sentimenti sarebbe riuscito a metterci una pietra sopra una volta per tutte e non combinare più casini. La posta in gioco era troppo alta; non valeva la pena mandare tutto a puttane per un amore impossibile, non corrisposto.
“Charlie io…” disse titubante. Non riusciva a trovare le parole giuste.
“Dimmi…per favore.” lo esortò lei prendendolo per mano, infondendogli coraggio.
“E’ da un po’ di tempo che…ecco…provo qualcosa per te.”
Charlie istintivamente ritrasse la mano, non si sarebbe mai aspettata quella confessione. Per lei Steven era un buon amico, un bambinone di cui prendersi cura. Stava per dire qualcosa quando il ragazzo la fermò:
“Non interrompermi, ti prego. So che non ci potrà mai esserci niente tra noi: tu ami Duff e lui ti ricambia. Siete così felici insieme e io non ho alcuna intenzione di interferire. Non voglio nemmeno che questa confessione cambi le cose tra di noi. È solo una cotta, passerà!” concluse sorridendole. Finalmente le aveva aperto il suo cuore e si sentiva decisamente più leggero, come se l’enorme fardello che si era trascinato dietro per tutto questo tempo si fosse magicamente dissolto.
Adesso venne il turno di Charlie di parlare:
“Steven…non so cosa risponderti. Io…” era confusa. Voleva dirgli tante cose, ma non riusciva a trovare le parole; non voleva illuderlo.
“Non dire niente, non ce n’è bisogno!”
“Ti voglio bene, PopCorn!” tre parole. Tre semplici parole che racchiudevano mille e mille significati. Steven aveva ragione, non c’era bisogno di aggiungere nient’altro.
“Anche io, Charlie!” e si abbracciarono stretti.
“Adesso è meglio che vada a parlare con Duff…” disse alzandosi e dirigendosi in soggiorno.
Lo trovò seduto sul divano con la testa sconsolata tra le mani. Gli si avvicinò piano e gi appoggiò una mano sulla spalla, risvegliandolo dal torpore in cui era caduto.
“Steven mi ha detto tutto…”
“E…?”
“E niente…è tutto apposto, puoi stare tranquillo!”
“Se, tranquillo. Uno dei miei migliori amici vuole fregarmi la ragazza e io devo stare tranquillo?!” si alzò di scatto dal divano cominciando a camminare avanti e indietro passandsosi di tanto in tanto una mano tra i capelli, nervoso.
Charlie si alza a sua volta e lo raggiunge costringendolo a fermarsi. Lo abbraccia stretto sentendolo rilassarsi sempre di più e rispondere a quel contatto stringendola.
“Ti amo Michael”
“Anche io Charlie…tantissimo. “
“Però pure tu. La ceretta potevi risparmiartela eh!” ridacchiò lei spezzando l’atmosfera romantica che si era creata e risero di gusto a scapito del povero Steven.
Poi Duff stringe di più la presa intorno ai fianchi della sua ragazza facendo aderire perfettamente i loro corpi. Le loro labbra si scontrarono per l’ennesima volta, le loro lingue si unirono di nuovo, ancora e ancora in quel contatto così dolce. Erano fatti per stare insieme, ne erano convinti ogni giorno di più.

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Capitolo 22
*** Move To Beverly Hills. ***


MOVE TO BEVERLY HILLS.
 

Era passato un mese e i cambiamenti nella nostra vita si erano già fatti sentire. Innanzitutto con i soldi dell’anticipo i ragazzi avevano pensato bene di comprare un’altra casa, non una qualunque, ma una sontuosissima villa a Beverly Hills con piscina e tutti i lussi possibili annessi e connessi.
Non si poteva fare in altro modo: l’appartamento dove vivevamo era diventato ormai troppo piccolo per ospitarci tutti quanti. Infatti si era aggiunta anche Michelle; tecnicamente non viveva con noi, ma lei e Slash erano diventati inseparabili e lei si era praticamente parcheggiata da noi 24 ore su 24.
Trovare quella villa era stato per lo più un colpo di……ehm…fortuna! Una mattina i ragazzi erano andati in giro per i quartieri in di L.A e ci erano passati accanto. Inutile dire che se ne innamorarono subito e quando scoprirono che era in vendita non persero tempo e l’acquistarono così su due piedi. Ovviamente io e Charlie eravamo all’oscuro di tutto; pensarono bene di avvisarci il giorno stesso del trasloco: ci svegliarono urlando come degli ossessi alle nove e mezzo di una domenica mattina e rischiarono seriamente la castrazione! Ancora mezze addormentate si trascinammo come degli zombie fino al salotto e vedemmo quei cinque deficienti alle prese con scatoloni, scotch e imballaggi vari.

“Si può sapere che state combinando?” chiedemmo con voce impastata.

“SVEGLIAAAAA e fate le valigie!” ci urlò nelle orecchie uno Steven fin troppo pimpante, considerando l’orario.

“Valigie? Che cazzo sta succedendo?” non stavamo capendo niente e per di più eravamo in uno stato di dormiveglia, quindi i nostri neuroni non avevano alcuna intenzione di collaborare.

“Ci trasferiamo, honey. Abbiamo comprato una casa…a Beverly Hills”

Erano tutti su di giri…io e Charlie ci guardammo un attimo cercando di elaborare quelle informazioni e in preda ad un attacco omicida urlammo:

“E QUANDO CAZZO PENSAVATE DI DIRCELO?”

“Adesso!” rispose Axl con una faccia da schiaffi capace di farmi incazzare ancora di più.

Lo fulminai con lo sguardo e mi avvicinai a lui in stile toro imbufalito con tanto di fumo che mi usciva da ogni orifizio.
Purtroppo, per me e per fortuna, per lui, vedendo la mia reazione Slash e Izzy mi bloccarono subito, prima che potessi fargli lo scalpo.

“Lasciatemi! Questa è la volta buona che picchio quell’emerita testa di cazzo!” gridai cercando di divincolarmi dalla loro presa e tirando calci all’aria.
Riguardo a quello che successe dopo non so se ridere o piangere: dato che non accennavo minimamente a calmarmi i ragazzi mi avvolsero nella pellicola da imballaggio (quella con tutte le bollicine che i bimbi si divertono a scoppiare, per la cronaca) e mi caricarono in macchina con ancora addosso il pigiama. Mi lasciarono lì finché tutti non furono pronti e le varie valigie caricate nel portabagagli.
Dopo una mezz’oretta stavamo imboccando il vialetto della nostra nuova casa. Casa era un termine riduttivo…quella era una reggia! Era enorme, ognuno di noi aveva una stanza tutta per se, i ragazzi avevano anche la sala prove. Il giardino che circondava la casa era immenso e c’erano perfino due piscina: una idromassaggio e una normale!
Nel vedere tutto quel ben di Dio la rabbia svanì all’istante e finalmente potei liberarmi dell’imballaggio.
Ma le novità non sono finite qui. Adesso abbiamo un cane: un cucciolo di labrador che mi aveva seguito mentre facevo jogging fino a casa. Era così carino e non potevo di certo lasciarlo tutto solo in mezzo alla strada. E poi ora è diventato a tutti gli effetti un altro membro della famiglia.
Nel vederlo tutto intimorito ed abbandonato si era acceso in me un istinto materno che non credevo di avere. Il giorno in cui lo portai a casa tutti volevano tenerlo in braccio, come se fosse un bambino, e iniziò una vera e propria gara su chi gli avrebbe dato il nome che più gli si addiceva.

“Innanzitutto è maschio o femmina?” chiese Duff mentre accarezzava il nuovo arrivato sulla testolina.

“Maschio, decisamente!” decretò Slash osservando con fare esperto le sue….parti basse.

Intanto Izzy tornava dalla cucina con un pacco di biscotti in mano; ne prese una manciata e li porse al cucciolo che li spazzolò in un nanosecondo.

“Chiamiamolo Biscotto!” urlò Steven credendo di aver avuto un’idea geniale, ma vedendo le facce chi scandalizzate, chi schifate tra i presenti ritirò tutto.

Eravamo tanto intenti a prendere in giro il biondino per quella sparata che non ci rendemmo conto che il cane ci aveva appena lasciato un regalino, per niente ‘ino’, proprio in mezzo alla stanza.

“Oppure Cachito…per essere un cucciolo caga un sacco!” disse Slash storcendo il naso per la puzza.

“Ma da dove ti escono certe cose??” gli chiesi con le lacrime agli occhi.

“Meglio non saperlo, guarda!” mi rispose tra le risa Jeff, abbracciandomi.

“Io questo non lo pulisco!” gridarono in coro tutti i ragazzi, più Charlie. Beh per la prima volta erano d’accordo su qualcosa, almeno!

“Tu l’hai portato qua, tu pulisci!” decretò il rosso.

Repressi un conato e mi misi al lavoro, non prima di aver sbattuto in faccia ad Axl un bel dito medio. Me l’avrebbe pagata!
Una volta terminata l’operazione ‘elimina-pupù’ raggiunsi gli altri che si erano temporaneamente spostati in cucina, continuando a discutere e a sparare i nomi più assurdi:

“Chiamiamolo Jeff!” propose Izzy fingendosi disinteressato.

“Megalomane! Chiamiamolo Bill…” lo rimproverò Axl…come se lui fosse l’uomo più modesto sulla faccia della Terra. Ma per piacere..

“Ma piantala! Stavo pensando Jack o Whiskey…” disse Slash portandosi alle labbra un bicchiere colmo di quel liquido ambrato.

“Slash ma è possibile che pensi solo allo zio?” sogghignò Izzy alzando gli occhi al cielo.

”Non è vero….avevo in mente anche Cocain…” aggiunse piccato.

“Ah beh allora questo cambia tutto” ridacchiò Axl facendo innervosire ancora di più il riccio che lo fulminò con lo sguardo.

“Che ne dite di Jimi?” proposi cercando di stemperare quella tensione che si era venuta a creare.

“Oppure Hendrix?” continuò Charlie abbracciandomi da dietro.

Forse avevamo trovato un accordo…

“Perfetto…e Jimi sia…ti piace, piccolino?” chiese con una vocina strana Duff, che in quel momento aveva il cucciolo tra le braccia e gli faceva facce buffe.
A conferma il piccolo Jimi gli leccò la faccia e scoppiammo nuovamente a ridere.
Steven imitò uno squillo di trombe, per intimarci il silenzio, poi annunciò:

“Signore e signori la famiglia Guns ha ufficialmente un nuovo membro, nonché mascotte!”

“Festeggiamo!” urlò uno Slash abbastanza brillo che brandiva una confezione di birre. Ne stappò una decina e ce le passò.

Un po’ di tempo dopo vedemmo Jimi zampettare qua e là barcollando; aveva lo sguardo spento. Sembrava quasi…no! Non era possibile. Il cane non poteva…essere ubriaco?

“Slash? Tu ne sai qualcosa?” gli domandai appoggiando le mani sui fianchi e lo guardai severa.

“Che c’è? Aveva sete, poverino!” cercò di giustificarsi e facendo il labbruccio in un vano tentativo di addolcirmi.

“Sei solo un gran paraculo! Smettila di fare quella faccia da fesso, tanto non attacca!” gli suggerì molto intelligentemente Jeff che in tutto quel tempo aveva imparato a conoscermi e sapeva che quel mio sguardo furente non prometteva nulla di buono.

“Aveva sete e hai pensato bene di dargli una birra??” chiesi ancora sempre più incazzata.

“Veramente gliene ho date due!” confessò abbassando lo sguardo con aria colpevole.

“Tu COSA?? Oh si bravo, corri coniglio! Se ti prendo ti faccio diventare liscio!” gli urlai dietro mentre il riccio correva come il vento chiudendosi in camera.
Non lo vedemmo fino all’ora di cena.


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Salve a tutti belli e brutti! Ahahahah xD scherzo siete tutti fantastici...momento di sclero a parte...volevo ringraziare ovviamente tutti coloro che leggono e mi seguono, ma soprattutto un grazie particolare va alle mie fedelissime: Foxygiu, MyMichelle, Charlie Hudson, Daniel Bruce Rose e anche smarties89 che recensiscono sempre....non so cosa farei senza il loro sostegno, probabilmente avrei abbandonato quest'impresa già da tempo.
Beh non ho altro da aggiungere, se non un buona lettura! ;)
Un bacio...

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Capitolo 23
*** This Night, Last Night. ***


THIS NIGHT, LAST NIGHT.
 

In poco tempo quante cose riescono a cambiare. Tutto sembrava andare per il verso giusto: i Guns lavoravano senza sosta per il loro primo album, sfornavano una canzone dietro l’altra. Sarebbe stato un vero successo, tutti ne erano certi.
Anche in amore dire che tutto andava a gonfie vele era un eufemismo: Charlie e Duff erano più innamorati che mai, io e Jeff passavamo tutto il tempo insieme soprattutto rintanati in camera da letto. A buon intenditor poche parole. Tra Slash e Michelle le cose erano diventate serie a tutti gli effetti; avevano annunciato a tutti il loro fidanzamento.
Non poteva andare meglio di così. Ma si sa, niente dura per sempre.

“Parto per New York”

Silenzio tombale. Michelle ci aveva riuniti tutti in soggiorno; esordendo con queste quattro parole ci lasciò ammutoliti. Come se ne andava? Perché? Quando?

“Non è stata una decisione facile, credetemi! Mi mancherete come l’aria, ma ci devo andare. È la mia occasione, mi hanno offerto un lavoro in un’agenzia di modelle. Capitemi, è il sogno della mia vita, non posso non accettare.” Ci spiegò tutto con le lacrime agli occhi.
Non potevamo non essere felici per lei, ma pensare che tutt’a un tratto Michelle, la prima amica che avevamo trovato in questa enorme città, ci stesse per abbandonare aveva cancellato in noi ogni traccia di entusiasmo.
Eravamo tutti affezionati a lei, a modo nostro e rimanemmo profondamente turbati da quella notizia. Anche se stava in piedi proprio di fronte a noi, già ci mancava.

“Non…non dite nulla?” cercava con tutta se stessa di trattenere le lacrima, ma inevitabilmente una sfuggì al suo controllo. La voce le uscì lievemente incrinata.

Non sapevamo cosa dire, cercavamo disperatamente le parole giuste da dirle. Charlie ed io ci alzammo e la abbracciammo. Un gesto spontaneo, ricco d’amore.

“Devi andare, ma sappi che noi saremo sempre qui per te.” Le dissi con un sorriso, cercando a mia volta di non scoppiare a piangere.

“Non ti libererai di noi tanto facilmente, anche se abiterai dalla parte opposta del Paese!” scherzò Charlie riuscendo a far ridere tra le lacrime la bionda.

Uno ad uno anche gli altri ragazzi si avvicinarono a lei e la abbracciarono, augurandole buon viaggio e dandole tutto il loro appoggio.
L’unico che era rimasto in religioso silenzio per tutto il tempo era Slash. La guardava con occhi tristi, senza aprire bocca. La sua era una tranquillità innaturale, non gli apparteneva. La calma che precedeva la tempesta, come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all’altro.

“Amore?”

Lo chiamò supplichevole Michelle sperando con tutta se stessa di risvegliarlo da quella trance.. quel silenzio era troppo pesante da sopportare. Voleva disperatamente che le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.
Slash fece per alzarsi, incurante delle suppliche silenziose di quella che era la sua amata e con sguardo assente si spostò sul terrazzo.
Aveva bisogno di rimanere solo, doveva riflettere. Non poteva andarsene, non adesso che si erano finalmente trovati. Ma non poteva nemmeno costringerla a rimanere per amor suo, impedendole così di coronare il suo sogno.
No, l’avrebbe lasciata andare. Non era un egoista o un ipocrita, lui! Certo, non sarebbe stato facile, avrebbe sofferto molto, ma…aveva alternative?
Pensava, fumava e torturava con l’indice uno dei suoi ricci ribelli; non si era accorto di avere compagnia. Si voltò e la vide lì di fronte a lui, bellissima. Il solo pensiero che di lì a qualche giorno non avrebbe più potuto immergere il viso tra i suoi capelli o accarezzare quella pelle di porcellana lo fece tremare tutto. Come avrebbe fatto senza di lei? Non era per niente giusto.

“Dimmi qualcosa…” lo pregò. Temeva di dover partire senza sentire per l’ultima volta la voce della persona che più amava.

Dalla bocca del riccio uscì una risata amara e piantandole addosso uno sguardo sconsolato le disse:

“Cosa vuoi che ti dica, eh?! Che sono felicissimo che te ne vada a New York? A miglia e miglia da me? È questo che vuoi sentirti dire?”

La voce gli era uscita più rabbiosa di quanto avesse voluto. Pentendosi di quella reazione distolse lo sguardo dai suoi occhi cerulei feriti e guardò verso l’orizzonte.

“Non so se riuscirò a sopportare tutto questo.” Pensò ad alta voce. Non voleva farla sentire in colpa più di quanto non lo fosse già, ma quella dolorosa verità gli sfuggì dalle labbra senza potesse far nulla per frenarla.

Le dava ancora le spalle. Michelle lentamente si accostò a lui e gli prese il mento con due dita costringendolo a fissarla negli occhi.

“Saul, questo non è un addio. Intesi?”

“No. È un arrivederci a lungo termine; ma per favore!” sbuffò facendola sorridere. Non riusciva a fare a meno di scherzare anche in un momento del genere.

“Beh è così invece. Io e te ci rivedremo un giorno. Ma dobbiamo andare avanti con le nostre vite. Il destino non ci vuole insieme e noi non possiamo farci niente: sono le regole del gioco.” Rispose la ragazza accarezzando dolcemente la guancia del riccio. Quanto le sarebbero mancati i suoi baci, le sue carezze, le sue battute…tutto!

“Perché non me lo hai detto prima che partivi?” le domandò Slash mentre la stringeva a sé.

“Avevo paura; non volevo vivere i nostri ultimi giorni insieme con il fantasma della mia partenza sempre in agguato alle nostre spalle.” Rispose con gli occhi velati di lacrime e appoggiò la testa sul petto di lui, facendosi cullare dal battito del suo cuore.

Rimasero stretti l’uno tra le braccia dell’altro per molto tempo; quando si sciolsero il sole stava per tramontare e screziava di rosa e arancione il cielo ormai prossimo alla sera.
Quella notte sarebbe stata l’ultima che avrebbero passato insieme, quindi decisero di non sprecarne neanche un secondo. Si amarono fino allo stremo delle forze, le loro labbra non si separarono mai, i loro corpi fluirono in uno solo, i loro cuori si giurarono amore eterno.
Avrebbero incontrato nuova gente, era inevitabile, avrebbero entrambi amato ancora, ma in quel momento non importava.
Non si sarebbero mai dimenticati: si erano appartenuti e quelle emozioni erano per sempre.

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Rieccomi dopo ben cinque giorni!! Chiedo umilmente perdono per avervi fatto attendere, ma l'ispirazione era andata a farsi benedire. Non garantisco sulla buona riuscita del capitolo xD fatemi sapere che ne pensate!!
Grazie a tutti....un bacione **

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Capitolo 24
*** New Girl In Town. ***


NEW GIRL IN TOWN.
 

Come può l’assenza di una singola persona scombussolare a tal punto la vita di tutti?? Michelle ci mancava, ci mancava terribilmente. Durante i suoi primi giorni a New York ci chiamava in ogni suo momento libero; era dura voltare pagina e cercava in tutti i modi di accorciare la distanza che ci divideva.
Chi stava sempre peggio era Slash: da quando aveva accompagnato all’aeroporto Michelle dandole un ultimo bacio, si era chiuso sempre più in sé stesso. Passava le sue giornate rintanato nella sua camera a strimpellare la fedele Gibson. Non parlava più con nessuno, l’unica compagnia che accettava era quella di una bottiglia. A modo nostro tutti cercammo di aiutarlo, ma senza risultati; era ormai diventato il fantasma di sé stesso.
Non avevamo solo perso un’amica, ma stavamo per perdere anche un amico, e non potevamo accettarlo.
Non vedere il sorriso sul volto del riccio, non sentire la sua risata contagiosa, non vedercelo continuamente intorno era uno strazio continuo. Il mio migliore amico aveva bisogno d’aiuto, ma io non sapevo come darglielo.
Era passato quasi un mese: i lavori per l’album procedevano a rilento, la famosa grinta dei Guns sembrò affievolirsi. Senza dubbio quello era uno dei nostri periodi peggiori.
Un pomeriggio io e Charlie decidemmo di uscire da quella casa troppo malinconica e andare a fare shopping per distrarci un po’.
Stavamo sedute fuori da un bar del centro commerciale, quando una coppia che litigava attirò inevitabilmente l’attenzione di tutti quanti.
Lei era alta e sinuosa, dalle forme generose; gli occhi grandi e vispi di un marrone chiaro e i lunghi capelli ramati.
Quello che sembrava essere il suo ragazzo era probabilmente di origine cubana, dato il colore della carnagione; era molto alto e massiccio. Nel complesso era abbastanza brutto.
La rossa sfrecciava sui suoi tacchi vertiginosi in un vano tentativo di seminare il ragazzo che la marcava stretto. Lei gli urlava di lasciarla in pace, che non voleva più vederlo; lui la rincorreva pregandola di fermarsi per poi afferrarle il braccio in un disperato tentativo di bloccarla.

“Carlos cosa vuoi ancora da me, eh?”

“Tu devi tornare a casa con ME, capito?!” gridò lui con forte accento spagnolo.

“Ora la mia vita è qui, SENZA di te! Quindi sparisci!”

“Lurida puttana, se non fosse per me tu staresti ancora lavorando in quel cesso di taverna per quattro spiccioli. Non a Los Angeles ad atteggiarti da gran signora!”

La ragazza non rispose. Nei suoi occhi balenò un lampo d’ira che incanalò nel ginocchio, sferrandolo con forza contro il basso ventre di quel Carlos.
Lui si accasciò a terra reprimendo a stento un gemito di dolore; poi, mentre lei stava per allontanarsi, le arpionò velocemente la caviglia facendo cadere rovinosamente a terra anche lei.
Con uno scatto felino la rossa balzò in piedi e, sebbene la caviglia le facesse male, si allontanò da quel tale che ancora a terra si contorceva dal dolore.

“Perla Ferrar non ti libererai mai di me!”

Per tutta risposta Perla si girò verso di lui con un’espressione di sfida e gli mostrò elegantemente il dito medio, per poi dargli le spalle.
Io e Charlie ci guardammo…

“Andiamo a darle una mano, và!” esclamò Charlie rivolgendo un’occhiata preoccupata a quella ragazza che zoppicava vistosamente.

Solidarietà femminile, chiamiamola così.
Non potei fare altro che concordare e in un istante ci trovammo al suo fianco.

“Ehi…abbiamo visto cos’è successo…ti serve una mano?” le chiese gentilmente Charlie.

“No. Sto benissimo!” disse lei asciutta senza neanche guardarci in faccia.

“Non penso che la tua caviglia la pensi allo stesso modo!” puntualizzai utilizzando il suo stesso tono di voce.

A quel punto si fermò e sospirò. Lei era una dura, una orgogliosa, non era il tipo che chiedeva aiuto alle prime sconosciute che incontrava.

“Io sono Alex e lei è Charlie. Tranquilla non siamo delle maniache, è solo che ti abbiamo vista in difficoltà…”

Perla ci guardò incontrando lo sguardo dolce e il sorriso confortante di Charlie e si sciolse.

“Scusatemi ragazze. Io sono Perla”

“Allora Perla, che ne dici di andare a far dare un’occhiata a quella caviglia?’” propone Charlie prendendola sotto braccio.

“Nono, adesso andiamo in un bar. Ho bisogno di qualcosa di forte”

Sedute al bancone di un bar come tanti altri eravamo là a parlare di tutto e di più; per chi ci guardava sembravamo delle vecchie amiche. Ordinammo tre birre e del ghiaccio per la caviglia della rossa.
Perla, poi, ci parlò di quel Carlos: era il suo fidanzato cubano, al quale i suoi genitori l’avevano promessa. Inutile dire che lei era disposta a tutto pur di allontanarsi da lui, da Cuba. Così appena raggiunta la maggiore età saltò sul primo aereo per L.A; l’unica cosa che non aveva previsto era che quell’energumeno l’avrebbe seguita. Ci raccontò tutto in estrema confidenza, sorprendendo perfino se stessa per quelle confessioni fatte a due estranee.
La osservai a lungo: era una ragazza determinata, simpatica, una vera forza della natura, nonché bella da mozzare il fiato. Ne aveva passate tante, un po’ assomigliava a me e a Charlie; adesso voleva solo divertirsi e sentirsi libera.
Poi mi venne in mente Slash. Perla senza dubbio rientrava nei suoi gusti, date le sue forme abbastanza prosperose, e con il caratterino che si ritrovava di certo gli avrebbe tenuto testa facilmente. 

“Ehi sabato sera sei libera, per caso?” buttai lì con fare disinvolto.

“Mmm…sì. Perché?” fece lei alzando un sopracciglio.

“Beh ci sarà il concerto di alcuni amici nostri. È l’ideale per conoscere gente nuova!” dissi strizzandole l’occhio.

“Alex, cos’hai in mente?” dissero in coro Perla e Charlie ridacchiando della mia espressione,

“Chi…io?? Nieeeente!” dissi innocentemente portandomi una mano sul petto.

“Ceeeeerto come no! Sei una pessima attrice, lo sai? Forza, sputa il rospo.”

“Pensavo…e se presentiamo alla nostra Perlina il caro Slash?”

Gli occhi di Charlie si illuminarono, al contrario di quelli della rossa che mi fissavano sempre più confusi.

“Braaaava Alex! Per una volta hai avuto un’idea a dir poco geniale!!” esclamò Charlie battendo le mani entusiasta.

La trucidai con lo sguardo per poi girarmi verso Perla. Le dovevo almeno una piccola spiegazione…

“Allora Perla…Slash è il mio migliore amico, nonchè chitarrista del gruppo che farà quel concerto. Sai è molto depresso in questo mese, questioni di cuore. Tu hai bisogno di distrazioni, lui pure…prendiamo due piccioni con una fava!” dissi trionfante.

Sisi, era un piano geniale davvero.
La vidi un po’ titubante, ma alla fine si convinse. Un po’ di divertimento non avrebbe fatto del male a nessuno disse.
Dopo qualche altra chiacchiera e battuta la riaccompagnammo a casa. La sua caviglia stava decisamente meglio, il ghiaccio aveva fatto miracoli: un paio di giorni di riposo e sarebbe tornata come nuova.
La salutammo e ci demmo appuntamento per il sabato successivo. Sarebbe stata una gran serata.
____________________________________________________________________________________ Rieccomi qui! Scusate l'attesa...è che ho cercato in tutti i modi di rendere questo capitolo il più decente possibile. Anche se ancora non mi convince del tutto, non sono riuscita a fare di meglio. Scusatemi, spero che vi piaccia ugualmente!
Grazie a chi legge e mi segue; un grazie particolare soprattutto a chi recensisce sempre: Foxygiu, Charlie Hudson, MyMichelle...e anche ad I Am A Yellow Warlus.
Buona lettura a tutti! :D

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Capitolo 25
*** Steven's Corner. ***


STEVEN’S CORNER.
 

Era una notte  come tante altre: la luna rotonda e piena, faceva capolino da coltri di nubi, le stelle brillavano nel cielo oscurate dalle luci stroboscopiche della città.
Steven si sentiva solo, dentro di lui c’era un vuoto e non sapeva come riempirlo. Gli mancava qualcosa, ma cosa?
Si ritrovò a vagabondare, mani in tasca e capo chino, per le strade affollate di L.A. Di tanto in tanto il suo viso veniva rischiarato dalla luce fioca di qualche lampione e da qualche insegna accecante.
Si rifugiò dentro l’ennesimo bar: forse qualche bicchiere lo avrebbe aiutato, non a capire, ma almeno a consolarsi un po’.
Fissava il suo bicchiere colmo di liquido ambrato, ma con la mente vagava per mondi sconosciuti. Quei mesi era stati uno strazio per tutti e lo portarono a riflettere molto su quello che era diventato. Non era nei suoi piani innamorarsi della ragazza del suo migliore amico, ma l’aveva fatto. Non voleva diventare un alcolizzato e un tossico, ma lo era. Voleva trovare l’amore, ma era ancora troppo immaturo. Voleva solo suonare la batteria, stare con i suoi amici e diventare famoso facendo ciò che amava.
La musica sin da quando era piccolo lo aveva accompagnato e aiutato nei momenti peggiori. La musica era il suo passato, il presente e sapeva che era anche il suo futuro. Il recente contratto con la Geffen Records ne era una conferma.
Stava per coronare il suo sogno, e allora perché non era felice? Perché si sentiva così maledettamente svuotato? Solo…eppure era circondato da persone che gli volevano un gran bene. Non riusciva a capire.
Sesso, droga e rock’n’roll. Forse doveva rivedere le proprie priorità, sarebbe stato un inizio. Forse era quello il problema…ma non ne aveva la forza. Quel mondo gli era entrato nelle vene, in tutti i sensi, lo aveva stregato e risucchiato. Ci era troppo dentro e ora non riusciva più ad uscirne.
Chissà cosa ne sarebbe stato di lui, del giovane Michael Coletti da tutti conosciuto come Steven Adler, batterista dei Guns n’Roses.
Troppo assorto nei suoi pensieri fece segno al barista di versagli l’ennesimo bicchiere. Solo quando riuscì nuovamente a specchiarsi in quel liquido che tanto amava, alzò lo sguardo incontrando per la prima volta gli occhi della barista, sua complice in quel disperato tentativo di oblio.
Quella ragazza era troppo indaffarata dietro al bancone per accorgersi dello sguardo rapito che Steven le stava rivolgendo. I capelli corvini, legati in una coda, le ricadevano disordinati sul viso arrossato dal calore di quel posto. I suoi occhi di un grigio dolce e puro saettavano in ogni direzione come se stessero cercando un appiglio, un qualcosa a cui attaccarsi come un salvagente, che la salvasse da quel mare di noia.
Steven la osservava, i movimenti rapidi e armoniosi si lei lo ipnotizzavano. Quella barista gli sembrò così fragile, pura, incontaminata, per vivere in quella giungla, come avrebbe detto Axl. Sentì l’impulso di parlarle, di sfiorare quella pelle di porcellana; ma ebbe paura. Se lui fosse entrato nella vita di quella eterea sconosciuta l’avrebbe di certo inquinata e non poteva permetterlo.
Eppure incontrare i suoi occhi aeva scatenato in lui un sentimento a lungo sopito, che non sapeva neanche di non possedere. Una scarica elettrica gli percorse la schiena, lo fece sentire vivo.
Ritornò in quel bar ogni sera, osservò quell’angelo seduto a quel bancone senza mai proferire parola, limitandosi a contemplarla da lontano; finchè un giorno…

“Ehi biondino…”

Steven alzò svogliatamente gli occhi, incontrando quelli grigi della barista. Rimase stupito e non riuscì a dire nulla: le parole gli morivano in gola.

“Che c’è il gatto ti ha mangiato la lingua?” chiese lei inarcando un sopracciglio e allargandosi in un sorriso smagliante.

Dalla bocca di Steven uscirono solo mugolii indistinti.

“Dai dimmi qualcosa, mi annoio a morte e tu mi sembri un tipo simpatico!”

“Ehm…sono Steven, piacere!” disse allungando timidamente la mano verso di lei.

“E io Jill” si presentò lei stringendo la mano del biondo con entusiasmo.

Il contatto con la pelle fresca e chiara di Jill fece sciogliere immediatamente ogni imbarazzo da parte di Steven che sfoggiò la sua solita solarità e spavalderia.

“Allora….come mai una ragazza carina come te si ritrova a lavorare in un posto del genere??” le chiese senza malizia, pura curiosità. Si sentiva stranamente vicino a quella Jill e voleva sapere tutto di lei, anche le cose più stupide come il colore o il cibo preferito.

“In qualche modo devo pur guadagnarmi da vivere, non credi?! E tu cosa fai nella vita?” chiese a sua volta, anche lei sinceramente incuriosita da quel ragazzo così strano e diverso da tutti quelli che aveva conosciuto fino a quel momento.

“Suono in una band: i Guns n’ Roses, li conosci?”

Jill scosse la testa e poi esclamò: “Scommetto che sei il batterista!”

Steven si illuminò e annuì sorridendo sornione.

“E oltre a quello che fai? Come lavoro intendo.” Continuò lei.

“Beh niente, quello è il mio lavoro, la mia passione” rispose con sguardo serio, determinato e la guardò dritta negli occhi.

Continuarono a parlare fino alla fine del turno della ragazza e a malincuore si dovettero separare. Si salutarono con un impacciato bacio sulla guancia e ognuno cominciò a camminare nella direzione opposta a quella dell’altro.
Steven aveva percorso pochi metri dandosi continuamente del cretino e così si rigirò e corse dietro a quella ragazza che pur non rendendosene conto gli stava dando così tanto.

“Jill! Ehi, Jill…Aspetta!” la chiamò frettolosamente, prendendola per un braccio per farla girare.

“Dimmi Steve…”

Era contenta che l’avesse chiamata ancora, le sue attenzioni la lusingavano, con lui, anche se si conoscevano da una sera, si era sentita bene come non mai. Quel ragazzo è speciale, pensò.

“Ehm…mi chiedevo se…magari…non so…” temporeggiò il batterista non sapendo che pesci pigliare.
L’aveva fermata con l’intento preciso di invitarla al loro concerto di sabato, ma ogni volta che la guardava negli occhi si agitava, il cervello gli si scollegava completamente.

“Cosa c’è, Steven?” chiese a quel punto Jill preoccupata, vedendolo pronunciare parole sconnesse tutto rosso in viso. In un certo senso le veniva anche da ridere, ma si trattenne.
Gli sorrise dolcemente e in quel sorriso Steven trovò il coraggio necessario; chiuse gli occhi e dopo un profondo respiro disse tutto d’un fiato…ora o mai più, pensò:

“Con il mio gruppo sabato facciamo un concerto, vuoi venire a vederci? A vederMI?”

“Con immenso piacere! Adesso è meglio che vada!” gli stampò il secondo bacio sulla guancia della serata e si avviò illuminata dalla luna.

Steven mimò un ok e la guardò imbambolato con un enorme sorriso dei suoi stampato sulla faccia, finchè la minuta figura della ragazza non divenne solo un puntino all’orizzonte.

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Capitolo 26
*** Saturday I'm In Love. ***


SATURDAY I’M IN LOVE.
 

Quel sabato si prospettava una serata davvero interessante. Steven ci avvisò di aver invitato una ragazza e ci pregò di farle compagnia durante il concerto, di sicuro non si sarebbe sentita a suo agio da sola in mezzo a sconosciuti rockettari e lui si sentiva più tranquillo sapendo che c’eravamo noi con lei. In più sarebbe venuta anche Perla, ma non avevamo detto niente al diretto interessato: sarebbe stata una sorpresa, tutta per Slash. Infatti avevamo minacciato gli altri: se si fossero solamente avvicinati a Perla li avremmo scuoiati a mani nude e se ci tenevano alla pelle dovevano girare a largo.
Puntualissime come un orologio svizzero ci presentammo a casa di Perla e insieme andammo al concerto. Nel backstage i ragazzi stavano cercando di scaricare la tensione, mentre Slash se ne stava in disparte chino sulla sua chitarra.
Entrammo prima io e Charlie e senza fare complimenti ci lanciammo tra le braccia dei nostri cavalieri. Poi annunciammo:

“Signore e signori vorremmo presentarvi una nostra nuova amica…Su Perla, entra!”

E come per magia si materializzò nella stanza la rossa fasciata da un abitino blu elettrico sui suoi immancabili tacchi a dir poco vertiginosi in tinta col vestito.
L’entrata trionfale di Perla e le reazioni dei ragazzi sarebbero state da immortalare.
La stanza cadde in un silenzio tombale, i ragazzi avevano la bocca talmente spalancata che per poco non arrivava a toccare terra. Noi ragazze li guardammo per un po’ ridacchiando sotto ai baffi. Perla aveva sortito l’effetto sperato.
Slash, anche se aveva ancora il viso di Michelle negli occhi e nella mente, bruciante e vivido come non mai, non riuscì a non essere ammaliato da quella dea.
Appena alzò lo sguardo dalla chitarra per posarlo su di lei, fu come colpito da una potente scarica elettrica. Non riusciva a distogliere lo sguardo dai lineamenti di lei: più la osservava attentamente, più sentiva mille brividi percorrergli la schiena.
Per spezzare quell’imbarazzo collettivo partirono i soliti giri di presentazione, strette di mano e sorrisetti di chi timidi, di chi imbarazzati. Per ultimo arrivò anche il turno di Slash di stringere la mano alla rossa. Per un istante interminabile si fissarono negli occhi, come se volessero scavarci dentro per cercare di trovare chissà cosa. Poi lei, senza mai distogliere lo sguardo dai pozzi neri di lui, gli strinse la mano con forza e con convinzione. Davanti a tutta quella sicurezza così disarmante, Slash boccheggiò come un pesce in debito di ossigeno.
Si sentiva tremendamente stupido. Che fine aveva fatto lo Slash sicuro di sé, spavaldo, al quale tutte le donne cadevano ai piedi? Non c’è che dire, era davvero arrugginito.
Nel frattempo, tanto era assorto in quei pensieri non si rese conto che era entrata nella stanza anche un’altra ragazza: era bassina, ma dai lineamenti aggraziati. I capelli corvini le incorniciavano il viso, sul quale due occhioni grigi si guardavano intorno incuriositi.

“Ehi Jill, finalmente sei venuta!” Steven le si avventa sopra, avvolgendola in un abbraccio stritolatore.

“Certo, te l’avevo promesso” disse la ragazza strizzando l’occhio al biondo, per poi supplicarlo di lasciarla andare.

Dopo pochi minuti i Guns n’ Roses salirono sul palco inghiottiti da ovazioni e scrosci infiniti di applausi.
Le luci calarono per poi esplodere e investire i cinque ragazzi. Le canzoni si susseguono, il tempo scorre veloce e Perla e Jill rimangono come incantate dall’energia e dalla magia che sprigionano sul palco.
Finito il concerto iniziarono i soliti festeggiamenti: solo Slash si tenne in disparte. Non era dell’umore adatto, come sempre da qualche mese a quella parte. Notando l’assenza del riccio, Perla si allontanò dal gruppo e lo andò a cercare. Quel ragazzo la intrigava, aveva catturato la sua attenzione prima di scoprire che proprio lui era il ragazzo che le volevamo presentare. Lo vide seduto al bar con il capo chino su un bicchiere. Sembrava così sconsolato e voleva aiutarlo. Rimase lì con lui per tutta la sera e parlarono, aprirono i loro cuori mettendo a nudo la propria anima. Nessuno dei due voleva che quella serata finisse.

“Ti va di venire a casa mia?” gli chiese Perla senza alcuna malizia.

Slash annuii solamente, non aveva voglia di stare da solo, non quella sera. Quella ragazza lo avrebbe salvato.
Una volta arrivati a casa della rossa si sedettero sull’enorme divano rosso del salotto. Dopo aver parlato per tutta la notte si addormentarono entrambi, abbracciati e per la prima volta con un sorriso beato sul volto.

Quella sera stessa Steven e Jill…

Jill nonostante il suo carattere timido e introverso riuscì a legare subito con quei ragazzi così strani. Si divertiva un mondo con loro: aveva bevuto, aveva riso fino alle lacrime.
Nel bel mezzo del festino post-concerto la stanchezza cominciò a farsi sentire, quindi Jill si alzò e salutò tutti intenzionata a far ritorno a casa.
“Aspetta, ti accompagno! È tardi, non voglio che tu vada da sola!” le disse premuroso Steven, facendola arrossire lievemente.
Camminarono per tutto il tempo in silenzio, troppo imbarazzati per trovare qualcosa di intelligente da dire. Di tanto in tanto si scambiavano qualche sguardo e ogni volta che i loro occhi si incatenavano tra loro era impossibile non sorridersi.
A metà tragitto, non si sa come, Steven prese il coraggio a due mani e si avvicinò di più alla ragazza, cingendole le spalle con il braccio. Aveva una paura tremenda di un rifiuto, ma ciò non avvenne. Anzi, quel contatto inaspettato le fece molto piacere e si strinse di più al suo petto.
Fin troppo in fretta per i loro gusti arrivarono davanti al portone dell’appartamento di Jill. La ragazza si fermò di fronte a lui e gli augurò la buonanotte. Fece per girare la chiave nella serratura, quando il batterista la fece girare di scatto e le rubò un bacio a fior di labbra. Non voleva complicare o affrettare le cose, quella ragazza non doveva lasciarsela scappare. Jill si allontanò piano da lui: i suoi grandi occhi grigi erano velati di desiderio e confusione.

“Scusa, io….non….non dovevo. Perdonami!”

Inaspettatamente Jill si allargò in un enorme sorriso che lasciò interdetto il biondino. Lei si avventò nuovamente sulle sue labbra.

“Buonanotte, Steven. Ci si vede!” sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra, per poi girarsi e sparire chiudendosi la porta alle spalle.

Jeff & Alex…

Slash e Perla non c’erano; Steven era da Jill, Duff e Charlie erano tornati presto a casa per sbrigare alcune “faccende” personali, Axl era con chissà chi, chissà dove.
Rimanemmo solo io e Jeff. Non volevamo tornare a casa, era da tanto che non avevamo più tempo per noi da soli e volevamo sfruttare quell’occasione.
Lui mi prese delicatamente per i fianchi facendomi sedere su di lui.

“Auguri…” mi sussurrò piano all’orecchio. Il suo respiro sulla pelle mi fece venire la pelle d’oca. Chiusi gli occhi e dischiusi leggermente le labbra, in estasi.

“Auguri, per cosa?” gli chiesi appena riacquistate le facoltà mentali. Non riuscivo a capire.

“Beh, è il nostro terzo mesiversario.”

“Non pensavo contasse per te, dato che non abbiamo dato molto peso ai primi due. Comunque auguri anche a te!” gli rispondo sorridendo.

“Direi che bisogna festeggiare: con l’album e la storia di Michelle non c’era stata l’occasione favorevole. Ma adesso siamo soli soletti” disse mentre mi posava baci bollenti sul collo.

“Ho un regalo per te.” Esclama poi improvvisamente, porgendomi un piccolo pacchetto.

Lo rigiro un po’ tra le mani, ammirando i colori della carta regalo e il fiocco. Era così carino che mi dispiaceva rovinarlo. Ma quello che c’era all’interno mi lasciò semplicemente senza fiato: era una collana con come ciondolo un suo plettro; su un lato aveva scritto “Jeff” e sull’altro “Alex”. Avevo le lacrime agli occhi. Era stupendo. Con le dita accarezzai l’incisione non riuscendo a dire niente. Jeff mi sfilò la collana dalle mani e mi aiutò ad indossarla.

“E’ stupenda, grazie! Ma io non ti ho fatto nessun regalo.” Ammisi abbassando lo sguardo, vergognandomi come una ladra. Il suo era stato un gesto così romantico e io non sapevo minimamente come ricambiarlo. Una lacrima mi rigò il viso, ma non era di commozione.
Lui mi prese il viso tra le mani, asciugandomi le lacrime e delicatamente mi baciò.

“Questo è sufficiente. Tu mi regali ogni giorno qualcosa, qualcosa di incommensurabile, che non si può vedere, toccare o guardare, ma è un qualcosa che mi rende migliore ogni giorno di più. Il tuo amore per ogni mio difetto, la tua pazienza, i tuoi sguardi e le tue parole…non potevo chiedere regali migliori.”

Lo guardai negli occhi e venni travolta da così tante emozioni che non potei fare altro che avvicinare il suo viso al mio e unire le nostre labbra in un bacio mozzafiato.
E dopo quelle parole, finalmente, capii cos’era l’amore.

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Scusatemi per aver aspettato così tanto a pubblicare. Per di più questo capitolo fa proprio pena. Chiedo umilmente scusa. Vi avverto che non potrò aggiornare fino a domenica: il 22 parto per Milano e vedrò gli odierni Guns al Gods Of Metal *-*
Anyway....perdonatemi! Ma non sono riuscita a fare di meglio! :( 

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Capitolo 27
*** Don't You Believe Me? ***


DON’T YOU BELIEVE ME?
 

Un tour di pochi mesi, giusto per farsi conoscere: quale occasione migliore per i Guns per far vedere all’America di che pasta erano fatti?
Tutti erano elettrizzati, non aspettavano altro. Festeggiammo senza sosta fino al giorno della loro partenza: ma appena quei cinque scalmanati saltarono sull’aereo, lasciandoci, incominciammo a fare i conti con la triste realtà.
I giorni passavano inesorabili, il più assoluto silenzio scandiva intere giornate. Non era lo stesso senza l’allegria contagiosa che trasmettevano i ragazzi. Di giorno la loro assenza era sopportabile, riuscivamo in qualche modo a tenere mente e corpo occupate, ma durante la notte ricordi e nostalgie riaffioravano travolgendoci prepotenti. Più il tempo passava più mi rendevo conto che era stupido soffrire così per pochi mesi di lontananza, sarebbero tornati presto, ma ci mancavano terribilmente e non potevamo farci nulla.
Chi aveva reagito davvero male alla partenza dei ragazzi fu Charlie: non mangiava più, non parlava, non sorrideva…come se Duff, partendo avesse portato con sé anche la sua voglia di vivere. Mi si stringeva il cuore a vederla vagare per quella casa immensa come un’anima in pena, così chiamai anche Perla e Jill per passare un sano weekend tra ragazze: shopping, centri benessere, parrucchiere…ma niente! Charlie era sempre più triste senza il suo bassista. Né io e le altre lo davamo a vedere ma anche noi mancavano da morire i nostri cavalieri, così un giorno diedi voce ad un pensiero che già da un po’ di tempo mi ronzava in testa…

“Ragazze e se gli andassimo a fare una bella sorpresa?”

“Che intendi dire?” mi chiesero Perla e Jill guardandomi stranite.

“Preparate le valigie….destinazione: New York! Se partiamo tra un’ora dovremmo fare in tempo per il concerto di stasera!” esclamai trionfante.

Per la prima volta dopo quasi un mese vidi un sorriso radioso aprirsi sul volto della mia Charlie e subito lo ricambiai con entusiasmo.
Sprizzavamo adrenalina da tutti i pori, tanto che giro mezz’ora eravamo pronte e stavamo addirittura caricando sul pick-up i nostri bagagli. Certo, adesso i ragazzi erano ricchi e potevamo permetterci macchine migliori, ma quel rottame non l’avrei abbandonato per nulla al mondo, ormai era parte di me!
Comunque il viaggio durò circa mezza giornata e alle 9 precise eravamo all’entrata del locale dove avrebbero dovuto suonare i Guns N’ Roses di là a mezz’ora. Prendemmo dai borsoni i vestiti accuratamente  scelti per l’occasione e ci andammo a cambiare nei bagni puzzolenti di quel pub.
Eravamo cariche e pimpanti come non mai; a vederci non si sarebbe detto che avevamo viaggiato in macchina per tutto il giorno.
Nel frattempo era arrivata una marea di gente e per arrivare in prima fila ci facemmo largo a sgomitate. I riflettori si accesero e l’inconfondibile riff di Welcome To The Jungle risuonò nell’aria. Non era il primo concerto dei Guns N’ Roses a cui assistevamo ma ogni volta venivamo travolte da emozioni nuove che ci mozzavano inevitabilmente il respiro.
Le note ti fanno vibrare l’anima. la musica si impossessa di te: ti rende suo burattino fino a spingerti alle lacrime. Ecco cosa sono i Guns N’Roses.
Troppo concentrati sulla musica e accecati dalle luci, nessuno di loro ci riconobbe, quindi decidemmo di rimandare la sorpresa a fine concerto.
Ci stavamo scatenando, ballavamo e urlavamo in preda alla più totale euforia. Jill saltava come una cavalletta impazzita, Perla urlava a gran voce il nome di Slash, Charlie con i suoi polmoni infiniti cantava ma senza mai distogliere lo sguardo dal suo Duff. Io, per quanto mi riguarda, rimasi incantata a fissare  Jeff: il suo viso seminascosto dai capelli corvini che tanto mi facevano impazzire, le dita affusolate che accarezzavano dolcemente la chiatarra…solo in quel momento capii veramente quanto mi fosse mancato.
Nel bel mezzo di ‘‘Think About You’’ spostai lo sguardo su Axl, che inaspettatamente si girò verso di noi, fissandoci sorpreso. Sorrise. Ci aveva riconosciute.
Una volta finita la canzone andò dai suoi compari e sussurrò qualcosa nel loro orecchio, poi ci indicò: non appena cinque sguardi si posarono su di noi ci bloccammo di colpo cominciando a sorridere come quattro ebeti.
Il concerto era finito e subito ci fiondammo nel backstage dove tutti quanti ci accolsero a braccia aperte.

“E voi che ci fate qui?!” gridò Steven correndo ad abbracciarci.

“Soorpresa! Ci mancavate troppo!” gli rispose Jill schioccandogli un bacione sulla guancia, che lo fece momentaneamente arrossire.

“E tu?! Proprio non riesci a stare senza di me, eh?!” gongolò Duff a pochi centimetri dalla bocca di Charlie.

Non vedeva l’ora di assaggiarle nuovamente: da un mese non sognava altro.
Come risposta Charlie gli tirò un buffetto sul braccio e disse

“Beh ma se tu stai tanto bene in mia assenza, posso anche andarmene!”

Detto questo girò sui tacchi e mosse qualche passo in direzione della porta, ma fu prontamente bloccata dal biondo che la attirò a sé in un bacio che di casto aveva ben poco.
Piano io mi avvicinai a Izzy che, dall’altra parte della stanza, mi fissava con un’espressione indecifrabile in volto.

“Non sembri molto contento di vedermi!” gli dissi imbronciandomi.

“Ma scherzi?! Sono solo molto sorpreso, tutto qui!” rispose per poi stringermi tra le sue braccia e donandomi uno dei suoi rari sorrisi che mi scioglievano il cuore.

Passammo la serata tutti insieme nella sala comune del loro albergo a bere, ridere e scherzare. I ragazzi ci raccontarono del tour, delle prime date. Più che altro parlarono solo loro quella sera, noi non avevamo un granché da dire.
Man mano che la notte passava e l’alba era sempre più prossima, ci ritirammo.
Charlie e Duff colti da una passione che avevano cercato di domare per tutta la serata, non si sa come riuscirono ad arrivare nella suite del biondo.

“Dio quanto mi sei mancata!” le sussurrò lui all’orecchio, per poi succhiarle avidamente il lobo.

Charlie sorpresa, si lasciò sfuggire un gemito di piacere e con le mani cominciò a vagare per il petto ormai nudo di Duff. I loro respiri accelerati erano segno di un fuoco che li ardeva senza sosta. Duff la prese per i glutei e costringendola ad allacciare le gambe alla sua vita la portò fino in camera, dove la lanciò selvaggiamente sul letto, portandosi subito sopra di lei.
In quel momento non avevano tempo per i giochetti, si volevano e subito: con mossa rapida ed esperta il ragazzo privò Charlie della biancheria e con l’altra mano si tolse i boxer, lasciando finalmente libera la sua erezione.
La penetrò con una forte spinta, facendola gridare per il piacere. Più Duff si muoveva dentro di lei con vigore e il piacere diventava più intenso, più lei assecondava i suoi movimenti e conficcava le unghie nella schiena del biondo.
Gemiti e urla strozzata echeggiavano nella notte, finchè entrambi non vennero, abbandonandosi l’uno tra le braccia dell’altro, sfiniti.
Nelle camere adiacenti la scena si era svolta pressappoco nella stessa maniera, poi le prime luci dell’alba arrivarono trasportando tutti quanti nel mondo dei sogni.
* Il mattino seguente mi svegliai a causa di un raggio di sole che filtrava dalle tende. Rimasi qualche istante ancora con gli occhi chiusi, crogiolandomi e beandomi del calore che emanava il corpo nudo di Jeff a stretto contatto col mio. Mi decisi ad aprire gli occhi solo quando sentii le labbra di quello che era il mio uomo posarsi sulla mia fronte per poi scendere sempre più giù: dal naso, alla guancia, alle labbra, al mento, al collo. Ero tutta un fremito.

“Buongiorno!” disse con voce roca, un misto di desiderio e sonno.

Non mi curai neanche di rispondergli e mi attaccai famelica alle sue labbra, finchè il tutto non si tramutò in una replica delle performance della notte precedente.
Non potevo sperare in un buongiorno migliore.
Ormai erano le due di pomeriggio e dopo tutta quella ‘attività fisica’ la fame cominciò a farsi sentire.
Mentre Izzy si faceva una doccia, io mi rivestivo, correndo da una parte all’altra della camera in un disperato tentativo di recuperare tutti i miei abiti, finiti nei posti più impensabili: per esempio la mia gonna era finita sotto al letto.
Mi chinai e allungai un braccio per prenderla, ma poi mi resi conto che quella che quella tra le mie mani non era la mia gonna: erano un paio di………di slip??
Un paio di slip rossi di pizzo, non erano di certo miei. Cosa significava? Perché erano sotto al letto del MIO Jeff? Più la mia mente vagava, più sentivo la rabbia e la delusione montarmi dentro. Io che mi sono fatta chilometri e chilometri per fargli una sopresa, perché mi mancava e pensavo per lui fosse lo stesso…che stupida!! Lui si è tenuto occupato, ha trovato un passatempo, invece!
Proprio in quel momento Izzy uscì dal bagno avvolto solo da un asciugamano candido in vita, con i capelli e il petto ancora bagnati.

“Amore cosa c’è??”

A quelle parole alzai lo sguardo su di lui, furente. Istintivamente arretrò di un passo.

“Amore? Amore un cazzo!” sbottai lanciandogli addosso quel pezzetto striminzito di tessuto.

Lui se lo girò tra le mani confuso, poi mi guardò e disse semplicemente:

“Non è come pensi” cercò di difendersi, avvicinandosi cauto.

“Ah no? Mi fai schifo, Jeffrey Dean Isbell. Mi fai davvero schifo!” gli urlai in faccia.

Gli occhi mi pizzicavano, lacrime amare supplicavano impellenti di uscire. Ma non avrei pianto, non gli avrei dato quella soddisfazione.

“Lasciami spiegare, cazzo!” urlò anche lui, disperato mettendosi le mani tra i capelli.

“Non c’è un cazzo da spiegare! È tutto chiarissimo invece”

“No invece! Queste non sono mie!” disse indicando la prova del reato.

Lo guardai alzando un sopracciglio.

“Beh almeno su questo non avevo dubbi” commentai acida.

“Ma che cazzo hai capito! Volevo dire che non mi sono fatto nessuna!” esclamò alla fine, esasperato.

“E allora di chi sono? Che ci fanno qua?”

“Sono di Axl…cioè di una delle sue conquiste” si corresse subito, per evitare ulteriori incomprensioni.

“In camera tua?!” chiesi ancora, scettica.

“Si, l’altra notte eravamo troppo ubriachi e ci siamo scambiati le camere” spiegò avvicinandosi sempre di più fino ad arrivare ad un palmo da me.

Lo guardai intensamente negli occhi: i suoi verdi scuro contro i marroni miei. Scavai in quelle iridi cercando una minima traccia di menzogna, ma non la trovai.
Mi sembrava sincero, gli credetti. O avevo bisogno di farlo.

“Non…non mi credi?” i suoi occhi si velarono di tristezza. Sì, era sincero, non avevo più dubbi.

Gli sorrisi dolcemente, gli accarezzai una guancia. Annuii solamente, altre parole sarebbero state inutili.

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Rieccomi qui fanciulle!! Lo so, è da tanto che non aggiorno ma l'aver visto Axl Rose dal vivo mi ha lievemente destabilizzato! xD 
Comunque spero che vi piaccia questo capitolo!! Buona lettura... ;)
*quando ho pubblicato il capitolo non è uscita il sottotitolo Jeff e Alex....per questo si è creata un pò di confusione. Quindi quella che ritrova le mutandine sotto al letto di Izzy è Alex....
Comunque sia.....Vorrei ringraziare tutte le mie fedelissime che recensiscono sempre *-*

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Capitolo 28
*** Help Me. ***


HELP ME.
 
Ottobre, 1987

Appetite for Destruction era uscito già da due mesi e aveva superato ogni più rosea aspettativa: stava andando letteralmente a ruba. Ma con la fama arrivarono anche i primi problemi. Era inevitabile. Adesso che i soldi non erano più un problema molti dei loro sporadici vizietti, che all’epoca erano un lusso, divennero all’ordine del giorno e in quantità sempre più preoccupanti. Mr Brownstone li aveva coinvolti nelle danze e non accennava a lasciarli andare, anzi…affondava sempre di più gli artigli sulle loro anime. Cominciò così il loro lento cammino verso l’autodistruzione.
Volavano alto, ma se non avessero fatto attenzione si sarebbero bruciati le ali.
Slash e Perla litigavano di continuo e ogni discussione finiva con Perla che gli urlava contro furente:

“Scegli: o me o lei !”

La dipendenza di Saul la preoccupava e non poco e non accettava il fatto che un ragazzo come lui, estremamente talentuoso e ancora nel fiore degli anni, buttasse al vento la sua vita per qualche fugace e fittizio attimo di spensieratezza.
Ogni volta sembrava sempre la fine del mondo, la rottura decisiva del loro rapporto: non si parlavano per pochi giorni, ma appena i loro sguardi si rincontravano scattava l’eterna scintilla e facevano pace. Era sempre così. Tante promesse, tante scuse, tanti litigi, tanto amore.

Invece io sapevo delle dipendenze di Jeff: degli spinelli, della coca e dell’alcol. Fino ad arrivare all’eroina. Non mi aveva mai nascosto nulla, voleva che sapessi a cosa andavo incontro stando con uno come lui. Ma questo non mi scoraggiò mai, neanche per un secondo.
Poi cominciò a sparire: prima per mattinate o pomeriggi, poi addirittura per giornate intere. Quando tornava a volte era euforico, sorridente come non lo avevo mai vistoi, a volte era di umore nero: si chiudeva in camera e non voleva vedere nessuno, neanche me.
Però c’erano giorni in cui mi faceva dimenticare tutte le angosce e le preoccupazioni; giorni in cui ritornava ad essere il mio Jeff, il tenebroso chitarrista di cui mi ero pazzamente innamorata. Era di nuovo dolce e premuroso, mi portava al mare, facevamo lunghe passeggiate fianco a fianco. Tutto ritornava ad essere perfetto.
Ma si sa, niente dura, tantomeno la perfezione.
Come si può passare dalla leggerezza del Paradiso alle fiamme ardenti dell’Inferno in così poco tempo? Non sono mai riuscita a spiegarmelo, ma ci convivevo giorno per giorno, mese dopo mese.
Senza fare domande, senza ricevere risposte.

L’unico che non si faceva in vena era Duff, che prediligeva alcol e coca. Charlie non sapeva bene a cosa andasse incontro, ma se ne rese veramente conto solo quando un giorno ci incappò.
Era tornata a casa dai suoi soliti giri di commissioni prima del previsto ed entrò nella sua, loro, camera da letto.
Non avrebbe potuto trovarsi davanti uno scenario più raccapricciante di quello: Duff, semicosciente, seduto a terra con le spalle contro il letto attorniato da bottiglie vuote di vario genere. L’aria satura di alcol era irrespirabile; sul comodino erano rimaste tracce di polvere bianca.
La gravità della situazione la travolse come un pugno dritto nello stomaco.
Non sapeva cosa fare. Il suo ragazzo, il suo angelo così bello ma così dannato stava lentamente scivolando in uno stato di beata incoscienza. Non sapendo come avrebbe potuto reagire lo scosse piano, ma Duff non si mosse. Rimase lì per terra come addormentato.
Disperazione e panico si stavano facendo strada nell’animo di Charlie. Quelle situazioni le aveva vissute solo attraverso film, ma quella…quella era la vita vera. Non sarebbe riuscita a trascinarlo fino alla doccia, era troppo pesante per lei, quindi riempì un secchio d’acqua congelata e lo svuotò in faccia al ragazzo.

“Ma che cazz…” imprecò biascicando, aprendo gli occhi il minimo indispensabile.

Charlie lo guardò con un misto di delusione e rimprovero negli occhi. Non sapeva cosa dire, come fare: quello non era di certo il suo Duff.
Si mise in piedi, malfermo sulle gambe e con passi incerti si avvicinò a Charlie, inciampando poco dopo. Fortunatamente la ragazza lo sorresse appena in tempo e lo aiutò a sedersi su quel letto sfatto da chissà quanto tempo.

“Si può sapere che ti è saltato in mente? Ma guardati! Questo non sei tu! Questo non è il mio Duff” lo accusò la ragazza.

“Invece sono proprio io e se mi amassi come dici dovresti accettarmi così come sono, o sbaglio?!” rispose tagliente, più di quanto avesse voluto. Ma ormai lo aveva detto, non poteva rimangiarsi tutto quel veleno.

“Non sei tu a parlare adesso, sei troppo ubriaco. Stai zitto prima di dire qualcosa di cui ti potresti pentire” cercò di chiudere il discorso in modo diplomatico. L’ultima cosa che voleva era litigare con lui, in quello stato per di più.

“Questo è quello che ti fa comodo credere, no? Svegliati! Io sono questo! E contrariamente a quanto pensi sto bene come sto!”

“Pensi che mi faccia comodo pensare che potresti collassare davanti ai miei occhi in qualsiasi momento? Forse rimanere per un po’ da solo ti aiuterà a schiarire le idee! Ti saluto”

Charlie girò sui tacchi se ne andò sbattendo la porta, infuriata. Duff rimase lì imbambolato a fissare la porta, realizzando a pieno solo qualche istante dopo quanto accaduto.
Si precipitò fuori dalla stanza e le corse dietro, riuscendo a raggiungerla e a bloccarla in soggiorno.

“Scusami, ti prego!” le sussurrò abbracciandola da dietro.

“Devi smetterla; non ho intenzione di continuare questo teatrino all’infinito.” Gli disse severa Charlie senza neanche girarsi a guardarlo.

“Come se fosse facile…” sussurrò. Sul volto gli si dipinse un ghigno amaro che poco si addiceva ai suoi tratti delicati.

“Devi farlo. Per te stesso, per i Guns…per me”

“Lo so, lo so! CAZZO! Io ci provo, ti giuro! Ci provo, ma quella merda mi ha fottuto il cervello! Non riesco a farne a meno; mi fa sentire leggero, forte, come se fossi padrone del mondo. Per quanto ci provi non riesco a non cedere al fascino dell’incoscienza”

“Forse perché fino ad ora hai combattuto da solo. Ma adesso ci sono io. Ne usciremo insieme. Non posso vederti così, non sei più tu ed io ti amo troppo per lasciarti cadere in questo baratro.”

Piano alzò una mano e gli accarezzò languidamente una guancia con la punta delle dita. Duff a quel contatto così dolce e senza alcuna pretesa si aprì nel suo sorriso più luminoso e la attirò a sé. Si abbracciarono tenendosi stretti a lungo. Ce l’avrebbero fatta. Insieme.

Per Steven, invece, era un’altra storia. Lui ci andava giù pesante ed Axl lo minacciava continuamente: o ci dava un taglio o era fuori. Niente sconti.
Un out out crudele ma necessario, aveva detto.
Ma dopo l’ennesima sgridata, il batterista sbottò:
“Sei solamente un ipocrita. Con che diritto mi fai le prediche, eh? Neanche tu sei un santo. Credi di essere un dio, ma la verità è che sei un drogato esattamente come noi!”
Lo spiazzò: lo vide boccheggiare cercando qualcosa con cui controbattere.
Questa volta non avrebbe lasciato a Will l’ultima parola; lanciò a terra le bacchette  e se ne uscì sbattendo la porta lasciando tutti pietrificati.
Voleva ripulirsi , lo voleva davvero, ma sapeva che da solo non ce l’avrebbe mai fatta . Non aveva mai avuta molta forza di volontà, anche se ci fosse riuscito di certo ci sarebbe ricascato quasi subito.
Aveva bisogno d’aiuto.
Toc. Toc.
“Eccomi arrivooo!”
Jill aprì la porta del suo misero appartamento e con sorpresa si ritrovò davanti Steven con gli occhi lucidi che pensò si sarebbe messo a piangere da un momento all’altro.
Prima che potesse dire qualcosa la ragazza gli si buttò addosso, accogliendolo tra le sue braccia e cullandolo, per donargli quel pizzico di serenità che sembrava avesse disperatamente bisogno.
Dopo un tempo che parve ad entrambi infinito, Steven alzò la testa dall’incavo del collo di lei in modo che si potessero guardare negli occhi ancora una volta e pronunciò quelle poche sillabe che mai e poi mai avrebbe pensato  di pronunciare davanti a quella ragazza:
“Aiutami!”

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Lo so, pensavate fossi in coma....eppure eccomi qui di nuovo per tediarvi con questo capitolo estremamente orribile e noioso! Fa schifo e me ne vergogno da morire! Scusatemi pulzelle! Spero di riuscire a farmi perdonare al più presto! Anyway...
Informazioni di servizio: nei prossimi capitoli si parlerà un po' della coppia Alex/Izzy....spero non vi dispiaccia.
Beh....buona lettura (si fa per dire, data la scarsa qualità del capitolo!)
Bacioni a tuuuuuuuutti! :*

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Capitolo 29
*** The Sad Truth Is That The Truth Is Sad. ***


THE SAD TRUTH IS THAT THE TRUTH IS SAD.
 
Ero sola a casa: Charlie era uscita con Duff e Izzy mi aveva appena chiamata per comunicarmi che le prove sarebbero durate più del previsto.
Avrei approfittato di quel tempo per riposare un po’ dato che in quei giorni non avevo praticamente chiuso occhio.
Entrai in camera e una piccola busta sul comodino catturò la mia attenzione. C’era scritto solo: per Alex.
La aprii senza pensarci due volte; chissà magari era qualche lettera da parte di Izzy, per scusarsi del fatto che ultimamente stavamo sempre meno tempo insieme.
Ma no: erano delle foto. La busta mi cadde dalle mani, non riuscivo a respirare. In quelle istantanee c’era Jeff, il mio Jeff, che si baciava e scopava con una ragazza. E quella non ero di certo io.
La verità mi colpì come uno schiaffo. Adesso tutto era chiaro. Per non so quanto tempo rimasi seduta a terra a fissare quelle foto pensando a quanto fossi stata stupida ed ingenua; non avevo la forza neanche di piangere. Poi sentii la porta apririsi…

“Mi dispiace…”

Axl? Cosa ci faceva a casa? Non dovevano provare fino a tardi?

“Che ci fai qui? Non stavate provando?” gli chiesi con voce flebile.

“Cosa? No…aspetta. È stato Izzy a dirti così?”

Eccola lì, l’ennesima bugia, il colpo di grazia.

“Sta con lei..” sussurrai appena mentre una lacrima solitaria mi rigava la guancia.

“Già, mi dispiace. Credimi non sapevo come dirtelo”

“Tu…sei stato tu?” chiesi indicando le foto.

Annuì solamente cercando in tutti i modi di non guardarmi negli occhi. Non ci riusciva, il senso di colpa era troppo.

“Lo sapevi?”

“Lo sapevamo tutti, ma Jeff ci ha fatto promettere di non dirti nulla, perché te lo avrebbe confessato lui prima o poi…e io mantengo sempre le promesse”

Vedendo che non aprivo bocca continuò:

“Infatti non ti ho detto nulla, ma non ce la facevo a guardarti negli occhi sapendo quello che Jeff ti stava facendo…”

“Perché?! Come avete potuto?? Per tutto questo tempo lo avete coperto, perché?! Siete dei bastardi…” gli urlai avvicinandomi a lui e iniziando a tirare pugni contro il suo pettp. Non mi preoccupai delle conseguenze: sapevo che Axl con il suo carattere particolare sarebbe potuto scoppiare da un momento all’altro, ma non mi importava.
Stranamente però il rosso non disse una parola e si lasciò colpire arrendevole, subendo in silenzio i miei insulti.
Quando le urla lasciarono il posto a singhiozzi disperati lui mi abbracciò stretta e insieme ci accasciammo sul pavimento. Non so bene cosa successe ma all’improvviso qualcosa scattò: mentre mi stava asciugando con il pollice l’ultima lacrima i nostri sguardi si incatenarono e in una frazione di secondo sentii le sue labbra sulle mie.
Ero arrabbiata, ferita, sola. Volevo lenire il dolore, volevo fargliela pagare a quel bastardo per tutto il male che mi stava infliggendo.
Non vado fiera di quello che ho fatto, ma in quel momento mi sembrava l’unica cosa possibile.
Intrecciai le dita tra i capelli di Axl, quei fili sottili di seta color del sangue, e lo spinsi più verso di me, approfondendo il contatto.
Era la cosa più sbagliata che potessi fare, eppure non fui in grado di fermarmi. Volevo solo dimenticare.
Le nostre lingue stavano ancora giocando quando lo sentii afferrarmi prepotentemente per i glutei e portarmi sul letto.
Lo facemmo senza tante cerimonie; c’era, almeno da parte mia, solo rabbia e tanto dolore.
Non ero in vena di dolcezza, tanto che quando Axl tentò di abbracciarmi scattai in piedi e mi rivestii.

“Ti sei tolto lo sfizio, adesso vattene!” dissi dura dandogli le spalle.

“Cosa? Pensi che per me sia stato solo questo?”

“Non vedo cos’altro potrebbe essere!”

La cosa peggiore era che ero sincera. Ero confusa, non volevo vedere, non volevo accettare il fatto che quell’incidente aveva smosso qualcosa dentro di me.

“Ah si? Fottiti allora!” rispose incazzato ed uscì sbattendo la porta.

Me ne pentii all’istante. Ero riuscita ad allontanare da me l’unica persona che mi aveva dato un po’ di serenità e che cercava davvero di aiutarmi.
E stranamente quella persona era Axl. Tra le sue braccia mi ero sentita al sicuro, protetta. Eppure con lui non facevo altro che litigare, ci punzecchiavamo in continuazione. Uscii di corsa dalla camera e lo vidi seduto sul divano. Mi fermai titubante alle sue spalle.

“Scusami. Non dovevo trattarti così male. Tu sei stato così buono e io…scusami!” dissi con voce rotta spezzando quel silenzio troppo pesante.
Lui mi guardò e mi corse incontro, abbracciandomi.

“Scusami tu, non dovevo reagire così”

Cominciai a piangere e mi guidò sul divano.

“Ssssh dai non fare così”  e cominciò a canticchiare.

Poco dopo mi addormentai cullata da quelle dolci note.
Non so quanto tempo dopo, mi svegliai. Avevo caldo e non riuscivo a muovermi. Aprii piano gli occhi e mi resi conto di non trovarmi più sul divano, ma sul mio letto.
Accanto me c’erano Axl e Slash: il rosso stava accoccolato con la testa sul mio petto e l’altro mi abbracciava da dietro. I suoi ricci mi solleticavano il naso.
Che cavolo ci facevano là abbracciati a me? Posso capire Will, ma Slash?
Li sento muoversi e bisbigliare tra loro. Faccio finta di dormire e, spinta dalla mia innata curiosità, origlio:

“Non so chi ammazzare per primo tra te e quel coglione del tuo migliore amico.”

“Che centro io?”

“Beh la genialata delle foto è stata tua…”

“Doveva saperlo in un modo o nell’altro. Se glielo avessi solo detto non mi avrebbe di certo creduto.”

“Anche questo è vero… quando lo becco giuro che lo ammazzo. Lei è la mia bimba, cazzo! Come ha potuto?”

“Se lo devi picchiare ti do una mano volentieri! Ma che ha in quella testa bacata?! Perché mettersi con quella groupie quando aveva già lei?” dice accarezzandomi una guancia con il dorso della mano.

“Oh Axl smettila di scoparti con gli occhi la mia piccola o picchio anche te!”

“Non ho bisogno di scoparmela con gli occhi, credimi!” esclama riacquistando il suo solito fare da sbruffone.

“Tu cos..?!?!?! brutto stronzo!”

Faccio saltare la mia copertura e tiro uno schiaffo sul braccio del rosso. Quest’uscita così infelice se la poteva benissimo risparmiare!

“Aio! Ma allora sei sveglia!”

“E ho sentito tutto!” esclamo guardandolo truce.

Lo vedo boccheggiare, tentando di scusarsi, ma dalla sua bocca escono solo grugniti e sillabe sconnesse. Non potei fare a meno di ridacchiare divertita: era bello vederlo per una volta in difficoltà.

“Lo sapete che vi voglio bene, ragazzi??”

Stranamente ero in preda ad uno dei miei attacchi di dolcezza e ci abbracciammo.
Proprio in quel momento fecero capolino dalla porta Steven, Duff e Charlie.

“Woow abbraccio di gruppo! Fatemi spazioooooo! Banzaaaaiiiiii!” gridò Steven, col il suo solito fare da bambino, buttandosi su di noi a peso morto.
Tutti ridevano, Axl e Slash cercavano di toglierselo di dosso in tutti i modi e io ero stata completamente schiacciata nel mezzo.

“Levati frocio!”

“Cazzo Steven, pesi!”

“PopCorn mi sono finiti i tuoi peli in boccaaaa!”

“Ragazzi devo fare un annuncio: ho intenzione di ripulirmi sul serio, una volta per tutte. Non lascerò che questa merda comprometta ciò per cui ho sputato sangue” disse con tono serio e solenne, forse per la prima volta.

“Oh finalmente Pop Corn. Così si parla, cazzo! Bentornato!” esclamò Axl orgoglioso battendogli una mano sulla spalla. Tutte quelle minacce finalmente avevano dato i loro frutti.

“E ora che farai? Ti chiuderai in una di quelle fottute rehab?” domandò Slash che nutriva per quei posti una profonda avversione. Meglio i manicomi, diceva sempre.

“Nono, mi chiuderò in casa di Jill. Lei mi darà una mano.”

“E bravo Steven…” commentò malizioso Duff, facendogli tanto di occhiolino per sottolineare meglio il concetto.

“Se vi serve una mano chiamaci. Per qualunque cosa, a qualsiasi orario. Sono così orgogliosa di te!” disse Charlie andando ad abbracciarlo forte.

“Beh bisogna festeggiare! Dai, andiamo che vi preparo la cena!” almeno così sarebbero stati buoni per un po’.

Ma poi la mano di Will mi fermò.

“Nono, oggi saremo noi a cucinare per te”

Lo guardai terrorizzata: avrebbero dato fuoco alla casa, come minimo.

“E a turno uno di noi ti farà compagnia, mentre gli altri cucinano”

Lo ringrazio con lo sguardo. può sembrare una sciocchezza, ma per me significava molto.

“Inizio io!” urla Steven.

“Ehi Pop corn, che ne dici, ci guardiamo i cartoni?”

“Siiiiiii”

Si sedette sul divano facendomi stendere con la testa sulle sue gambe.

“Steven?”

“mh?”

“So tutto…”

“Lo so, piccola” disse sospirando e accarezzandomi piano i capelli.

Un singhiozzo echeggiò nel mio petto.

“Shh dai, pazienza! Lui non era il ragazzo giusto, tutto qui. Dai su, ci sono tanti ragazzi a questo mondo che si riterrebbero fortunatissimi ad averti accanto.”

“PopCorn alza quel culo peloso che ti ritrovi…adesso tocca a me!” lo interruppe Axl

“ Magari quello giusto sta dietro l’angolo, oppure già lo conosci, solo che non l’hai mai guardato sotto quella luce. Pensaci!” continuò sussurrandomi quelle parole in un orecchio, incurante delle proteste di Will. Un occhiolino e poi sparì dietro l’angolo.

A quelle parole rimasi non poco sorpresa. Lui, Steven Adler, l’eterno bambino, mi aveva donato una delle sue rare perle di saggezza e aveva ragione da vendere.
Rimasi a bocca aperta. Perché mi aveva detto quella cosa nel momento esatto in cui era comparso Will? Forse era una coincidenza, forse è solo un mio trip mentale.
Fatto sta che la mia mente cominciò a vagare, a sfiorare pensieri che per troppo tempo avevo cercato di reprimere. Poi le braccia di Will mi circondarono e quelle che credevo fossero fantasie si radicarono sempre di più nella mia mente.

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Ho aggiornato presto, presto, contente? :D E' un po' troppo lungo, ma spero che vi piaccia....
Un grazie enorme a tutti quanti, a chi legge, a chi recensisce....un bacione! :*

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Capitolo 30
*** So Long Goodbye. ***


SO LONG GOODBYE.
 

We always knew that it'd come to this.
It's times like these I forget what I miss.
Matters of heart are hard to address.
Especially when yours is full of emptiness.
And it's quite alright.
And goodbye for now.
Just look up to the stars,
and believe who you are,
'cause it's quite alright.
And so long, goodbye.

[So long goodbye – Sum 41]

 
Com’è potuto cambiare così velocemente? Da un giorno all’altro? Un amore che sembrava così grande da riempire mari e oceani, una passione che ci esplodeva dentro come un enorme falò, adesso era diventato una misera lingua di fuoco che emanava tanto, troppo fumo.
Cos’era successo? Com’era potuto succedere? Cercavo in tutti i modi di non vedere, di illudermi che tutto fosse come sempre, che tutto andasse bene. Potevo mentire agli altri, potevo mentire a me stessa, ma a che scopo? Qual’era la verità? Tante domande, così poche risposte. Anzi, nessuna.
Un giorno mi riempiva di belle parole, facevamo l’amore fino allo sfinimento e poi….e poi se ne andava per ore, addirittura mattinate e pomeriggi interi. Tornava la notte, si accoccolava accanto a me come se niente fosse e mi augurava buona notte. Ogni singolo giorno. Da quando era tornato da quel maledetto tour tutto era cambiato. Lui era cambiato. Nessuno mi sapeva spiegare il perché. Qualcosa tra noi si era rotto ed era sceso il gelo. Un gelo fatto di gesti abituali, silenzi, sguardi mancati. Stavamo insieme perché non riuscivamo ad immaginarci lontani, anche se ormai lo eravamo. Non mi cercava più. Ma io lo amavo, lo amavo ancora e tanto. Volevo che stesse con me, volevo sentire il profumo della sua pelle contro la mia. Mi adeguavo a quella situazione senza far vedere a nessuno quanto soffrissi, neanche a me stessa. Mi guardavo allo specchio e mi convincevo che tutto era come doveva essere. Erano mesi che andavo avanti in quel modo e man mano che il tempo passava cominciavo a credere sul serio che quella che era diventata la normalità era la felicità che mi meritassi.
Poi tutto mi è nuovamente crollato addosso: quelle foto, la schiacciante verità che mi serviva per levarmi la benda dagli occhi e vedere chiaramente.
L’improvvisa dimostrazione d’affetto di Axl se così si può chiamare, l’appoggio dei miei amici riuscì alla fine a darmi la carica, la determinazione e la forza necessaria per affrontare Jeff una volta per tutte.
Decisi di aspettarlo per poi mettere una volta per tutte le carte in tavola e farla finita con quella farsa.
Come al solito aveva fatto tardi e quando entrò da quella porta mi vide seduta sul divano, sul quale mi trovavo nella stessa scomodissima posizione ormai da ore.

“Alex, che fai ancora sveglia?”

Alex, non amore o tesoro, ma Alex. Solo Alex. Sentivo che stavo già per crollare.

“Ti aspettavo, dobbiamo parlare.” Dissi senza neanche girarmi, preferendo non incontrare quello sguardo il più a lungo possibile.

Lo sanno tutti, quando una donna pronuncia quelle fatidiche parole c’è qualcosa che non va. O come in questo caso la donna in questione si accorge che qualcosa non va.
Sento il suo respiro trattenersi un istante e con passo lento si avvicina e mi si siede accanto, ma a debita distanza in modo che nemmeno le nostre ginocchia si possano sfiorare.

“Bene, parliamo”

La sua voce era fredda come il ghiaccio. La stessa voce che tanto amavo, che tante volte aveva cantato per me adesso mi stava squarciando il cuore.

“Izzy quand’è stata l’ultima volta che siamo stati insieme?” cercai di mantenere un tono distaccato, altrimenti non sarei riuscita a proseguire.

Lo guardai di soppiatto senza che si accorgesse: sgranò gli occhi un po’ per la domanda, un po’ per come lo avevo chiamato. Non lo chiamavo mai Izzy, ma in quel momento mi serviva per innalzare una barriera tra di noi.

“L’altro giorno dopo le prove” rispose con un attimo di esitazione. Era nervoso.

“Intendo io e te, da soli…”

“Ehm…dal tour”

Senza volerlo annuii e nella sua mente suonò un campanello d’allarme.

“E’ lì che l’hai conosciuta, vero?!”

In quel momento vidi i suoi occhi velarsi di paura. Si, sapevo tutto. Presi il suo silenzio per un assenso, quindi continuai.

“La ami?” sorpresi anche me con quella domanda. Ma mi scivolò via dalle labbra senza il mio permesso.

“Alex non lo so…” sbuffò portandosi le mani tra i capelli.

“Jeff non mentirmi…”

“Non voglio farti soffrire”

“Per questo è troppo tardi non credi?” dissi sorridendo amara e alzandomi di scatto dal divano lanciandogli addosso le foto che da troppo mi rigiravo tra le mani.

“Ci hai mai pensato a me in tutto questo tempo, eh? Sai per quante notti ti ho aspettato, insonne? Però tu sparivi, non mi dicevi dov’eri, ti chiudevi nel tuo mondo di silenzi. Sai quante volte ho sperato anche solo in una telefonata? Certo che no, eri troppo occupato a sbatterti quella sotto al mio naso.”

Camminavo avanti e indietro come un’anima in pena, volevo sradicare da dentro di me tutto quel marcio che mi portavo dietro da fin troppo tempo.

“Si chiama Daisy, non ‘quella’” sibilò a denti stretti. Quel sussurro fu sufficiente per farmi scattare come una molla.

“Non me ne frega un cazzo! Sono stufa di mordermi la lingua, far finta che tra noi vada tutto bene. Come cazzo è potuto succedere?!”

“Io….non lo so… ti giuro non volevo ferirti, tutto questo fa male anche a me!”

“Stronzate! Sono solo stronzate! Puoi nasconderti dietro le tue scuse quanto vuoi, ma non pensare di prendermi per scema. Tutte le volte
che dicevi di voler stare solo, che amavi solo me e non c’era nessun’altra e io ti credevo! Che stronza! Come hai potuto guardarmi negli occhi giorno dopo giorno e continuare a fingere e a mentirmi?! Ora lo so, era tutto una bugia. Quando ti baciavo e sapevi che mi fidavo di te, non ti sei mai sentito in colpa? Neanche per un secondo?”

“Alex mi dispiace! Ti prego, ascoltami!”

“No, non dire che ti dispiace. È troppo tardi, non ti credo più. È inutile che adesso sprechi fiato. È stato tutto una grossa bugia.”

“Non è vero! Io ti ho amata, davvero…non immagini quanto”

Ed è lì  che ti crolla il mondo addosso. Non c’è niente di peggio che sentirsi dire che qualcuno a cui hai donato il tuo cuore e tutta te stessa ti ‘amava’. Solo in quel momento capisci che è finita davvero e tutto, anche il tradimento, passa in secondo piano.

“Ma?” perché c’è sempre un ma…”adesso hai lei, giusto?”

Annuisce.

“Quindi…è finita!”

“Era finita già da tempo, Alex. Solo che ci siamo decisi troppo tardi a metterci un punto fermo. Ci siamo distrutti e mi dispiace.”

“Sei tu che mi hai distrutto, Jeff”

Senza aggiungere null’altro si alza e se ne va. Una lacrima mi scende mentre lo guardo uscire da quella porta e dalla mia vita.

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Oh beh, anche questo capitolo è andato. Ho aggiornato il prima possibile, contente?? Certo, è abbastanza deprimente..ma, non mi è uscito di meglio! Scusate :D
Sinceramente non mi aspettavo che questa storia potesse piacere così....ancora non ci credo! 100 recensioni...per essere la mia prima fanfiction...beh direi che me la sto cavando bene! E questo solo grazie a tutte voi....non so cosa farei se non ci foste, sul serio! Un immenso grazie dal più profondo del mio cuore.
Ci tengo a ringraziare: Foxygiu, I Am A Yellow Warlus, Charlie Hudson, Smurf__ , Daniel Bruce Rose, ma anche smarties89 e Roxanne Rock, che si sono prese la briga di recensire fino ad ora.
Un ringraziamento va anche a JessieLovesAxl, che ha inserito da poco la storia tra le seguite.
Beh, vi ho annoiate abbastanza....vi saluto! Un bacione!! :D

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Capitolo 31
*** Far Away From Here. ***


FAR AWAY FROM HERE.
 

Quella era una mattina come tante altre in casa Guns. O almeno così sembrava. Era sempre stata un porto di mare: gente che andava, gente che veniva, chi tornava tardi, chi non rincasava affatto.
Steven era da Jill, per la sua disintossicazione casereccia; Izzy dopo la rottura si era rifugiato da Daisy, ovviamente.
Uno ad uno gli altri Guns si svegliarono, fecero colazione e uscirono di casa, come ogni giorno, destreggiandosi tra giri di piacere e prove.
Nessuno sembrava accorgersi che c’era qualcosa che non andava.
Solo quando arrivò la sera e non videro la tavola apparecchiata e la cena pronta, nei loro pensieri cominciò ad insinuarsi una piccola domanda, che fino ad ora nessuno di loro si era posto: dov’era Alex?
Bussarono alla porta della sua stanza, ma non rispose nessuno. Era vuota.
Si sparpagliarono per l’immensa casa, cercandola. Invano.

“Ma dove cazzo è andata a finire??” si chiese Slash guardandosi intorno in ansia.

“Non ne ho idea. Ritorno in camera sua. Magari ci ha lasciato un biglietto o qualcosa del genere.”

Axl volò su per le scale. Setacciò ogni singolo centimetro della stanza, ma non vi trovò nulla. Frustrato, scagliò un pugno contro le ante dell’armadio. Il rumore sordo che provocò lo fece trasalire. Un rumore, come di vuoto.
Come se gli si fosse improvvisamente accesa una lampadina lo spalancò, trovandosi davanti solo qualche gruccia solitaria, abbandonata.

Cazzo.

Scese giù e chiamò gli altri a raccolta.

“Se n’è andata.” Disse solo, ancora sotto shock, andandosi a sedere sul divano.

“Come sarebbe a dire se n’è andata, scusa?!” gli chiese Slash parandosi davanti a lui, sovrastandolo minaccioso.

“Quello che ho detto.” La sua voce era fredda, apatica. I suoi occhi, fissi sul pavimento diventarono sempre più cupi.

“Non ha lasciato neanche un fottuto biglietto?” domandò ancora, sedendosi pesantemente accanto al rosso, che scosse la testa.

Tutt’ad un tratto Axl si alzò e si avviò verso la porta. Stava per abbassare la maniglia quando la voce di Charlie lo fermò:

“Axl, dove vai?”

“A cercarla.” Pronunciò solo queste due parole per poi sbattere la porta alle sue spalle.

La stanza calò in un silenzio tombale, spezzato di tanto in tanto da pesanti sospiri.

“E’ solo colpa mia. Lei adesso sarà Dio solo sa dove, da sola ed è solo colpa mia.”  Abbandonò la testa fra le mani mentre il suo corpo era scosso da fremiti.
Tutti guardarono Izzy con voce rotta ripetere quelle parole come un mantra, non sapendo cosa fare o dire. Slash gli appoggiò una mano sulla spalla, con fare fraterno, cercando di consolarlo in qualche modo, ma il moro si scostò a quel contatto. Si alzò e silenziosamente si rintanò nella sua camera.
Gli unici che rimasero per tutto il tempo in silenzio erano Duff e Charlie. A differenza degli altri, i loro non erano sguardi di preoccupazione o senso di colpa. Loro sapevano. Loro non avrebbero dovuto dire nulla. Alex li supplicò di tenere il segreto a tutti i costi. E così fecero. O almeno, ci provarono.

*flashback*

Era da poco sorto il sole e in quella casa solo due persone non dormirono. Alex e Charlie parlarono tutta la notte. Una si sfogava, piangeva, l’altra la consolava. Tutta la notte così. Non ci fu neanche un attimo di pace, che alleviò anche di poco quegli animi feriti e addolorati.
Erano le sei del mattino. I pianti erano cessati, Charlie si era appisolata stremata quando Alex uscì dalla stanza e andò in cucina per un bicchiere d’acqua. Lì, seduto su una sedia, ci trovò Duff.

“Come stai?”

“Come se mi fosse passato sopra un tir. Ancora non so come farò a vedermelo davanti tutti i giorni con quella là. Non penso di farcela.”

Si abbracciarono stretti. In tutto quel tempo il loro rapporto si era rafforzato, era cresciuto, così come l’affetto e l’intesa. Duff era protettivo nei confronti della ragazza, la reputava ormai come una sorella minore. E in quanto tale non riusciva a sopportare che soffrisse in quel modo. Doveva riuscire a farla svagare un po’. Doveva solo staccare la spina.
Nel frattempo si era unita a loro anche Charlie che non vedendo Alex in camera, si era allarmata.
Con una scusa, Duff e Charlie andarono in soggiorno.

“Duff…cosa c’è?” gli chiese la ragazza.

“Penso di aver avuto un’idea. Alex ha bisogno di cambiare aria. Stavo pensando che potrebbe trasferirsi per un po’ nella mia casa al mare a Santa Monica. Non è molto lontano, ma lo è abbastanza per schiarirsi le idee. Tu che ne pensi?”

“Penso che sei un genio. Ed è proprio per questo che ti amo” disse Charlie per poi buttargli le braccia al collo e baciarlo sorniona.

Dopo quella breve parentesi romantica, entrambi fecero ritorno da Alex che li aspettava ancora in cucina. Duff le si avvicinò piano e le allungò un mazzo di chiavi.
La ragazza lo fissò con un enorme punto interrogativo dipinto in volto, mentre le afferrava.

“Sono della mia casa al mare a Santa Monica. Puoi stare lì finchè non ti sentirai meglio” le spiegò sorridendo rassicurante.

Alex si aprì in un sorriso, il primo dopo quella che sembrava essere un’infinità e lo abbracciò stretto, ringraziandolo.
Corse in camera e fece veloce le valigie, aiutata da Charlie. Tempo una mezz’oretta ed era sul pickup, che salutava per l’ultima volta quella coppia che per l’ennesima volta l’aveva aiutata.
Mise in moto e partì in quarta. Mentre sfrecciava, guardò nello specchietto retrovisore i suoi due amici, fratelli, che abbracciati la salutavano.

“Credi che riusciremo a mantenere il segreto?” chiese Duff preoccupato a Charlie. Lui era negato in queste cose. Non riusciva proprio a tenersi un cecio in bocca.

“Dobbiamo farlo. Per lei. Tanto ci vorranno secoli prima che quei rimbambiti se ne accorgano”

“Ehi, vedi che stai parlando dei miei amici!” replicò offeso.

“Appunto…dai andiamo a dormire, che sono sfinita” ridacchiò Charlie.

“Dormire?? E chi dorme! Vieni qui, bellezza!” Duff se la caricò in braccio diretto verso la loro camera.

Quello che successe dopo?? Beh, è storia.


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Tadààà!! Eccomi qua! Con un nuovo capitolocapitolo alquanto insulso e un pochino corto per i miei gusti, ma spero vi piaccia ugualmente!
Grazie ancora a tutte voi che leggete e recensite! 
Un bacione! :D

 

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Capitolo 32
*** Replaced Love. ***


REPLACED LOVE.
 
Erano passati ormai tre giorni. Tre dannatissimi giorni. Di Alex non si sapeva ancora nulla e in più anche Axl era sparito.
La situazione a casa era parecchio tesa.

*

Nel frattempo durante il mio esilio a Santa Monica, cercavo in tutti i modi di mettere il cuore in standby. Ero così confusa. Non riuscivo a capire perché non riuscissi a versare più una lacrima per Jeff,  come mai il dolore nel mio petto non si faceva via via più acuto. Eppure ci eravamo lasciati da meno di 24 ore.
Io l’avevo amato così tanto, dannazione! Quei sentimenti non potevano essere svaniti dal giorno alla notte.
Cos’era che non andava in me?
Perché nonostante continuassi a pensare a Izzy i miei pensieri fluivano costantemente a quello che era successo con Axl?
Quel ricordo mi metteva i brividi, ma perché non riuscivo a pentirmene?
Era stato solo un incidente di percorso, vero?
Non ne ero più così sicura.
Camminavo in riva al mare, la risacca lambiva i miei piedi nudi, i miei pensieri venivano spazzati via dal vento che mi scompigliava i capelli.
Perché ero lì? Per dimenticare un amore o per impedire che ne nascesse un altro?

*

“Slash, Duff, Charlie” esordì Izzy catturando l’attenzione dei rimanenti coinquilini… ”vorrei presentarvi una persona”

Si voltò e allungò una mano verso la figura femminile rimasta immobile sulla porta. Lei la strinse al volo e avanzò verso il gruppetto.
Li guardò tutti uno per uno. Sebbene fosse la più giovane là in mezzo e il suo aspetto minuto la facesse assomigliare ad uno scricciolo, aveva negli occhi una strana determinazione; era una giovane donna che sapeva quello che voleva.

“Lei è Desi”

Nessuno si avvicinò a lei, nessuno le strinse la mano. Fu solo borbottato un ‘piacere’ : la ragazzina avrebbe dovuto faticare per conquistare la loro simpatia. E la sua posizione non era di certo delle migliori.

“Cazzo potevi almeno aspettare un po’ prima di presentare agli amichetti la tua puttanella! Sei il solito coglione, Jeff”

Axl era apparso come un fantasma alle loro spalle, sbattendo forte la porta d’ingresso dietro di lui. Izzy senza neanche voltarsi poteva benissimo immaginare il tipico ghigno alla Axl Rose stamparsi sul volto dell’amico.
Senza dargli alcuna soddisfazione, non ribatté: lo prese per il collo della maglia e lo trascinò in una remota stanza della casa, lontano da occhi e orecchie indiscrete.

“Mi spieghi qual è il tuo problema?” gli chiese con la sua solita pacatezza, mentre con tutta calma si accendeva l’ennesima sigaretta della giornata. Quella stessa calma irritò notevolmente il rosso che sbottò in un attacco d’ira:

“Il mio problema? IL MIO PROBLEMA? Oh fottiti!”

Fece per andarsene, ma la mano ferma di Izzy lo spinse nuovamente a sedersi:

“No…adesso ti siedi e parliamo”

Come una molla il cantante scattò nuovamente in piedi:

“Parliamo? Di cosa dobbiamo parlare, eh? Di come stai facendo una cazzata dietro l’altra di come stai mandando tutto a puttane, perché? Sei cambiato. Questo non sei tu. Cazzo guardati, Jeff” gli urlò furente puntandogli addosso i suoi occhi carichi di delusione e rabbia  cieca, penetrandolo da parte a parte.

“Volevi parlare, no? Allora rispondimi, cazzo!” lo incalzò vedendo che il chitarrista non apriva bocca.

“Perché lo fai? Perché ti importa tanto?” sibilò alzando di scatto la testa , per poi riabbassarla tornando a fissare le trame del parquet.

“Come perché?! Apri bene le orecchie perché non te lo ripeterò: perché ti voglio bene, sei mio fratello e non voglio vederti rovinare tutto con le tue stesse mani” la voce del cantante si addolcì momentaneamente. Era ancora incazzato, e tanto anche, e tutta la frustrazione e il nervosismo accumulato in quei giorni non aiutavano di certo.

“Grazie Bill ma questo non cambia le cose.” Rispose il moro aprendosi in un sorriso amaro.

“Che intendi?”

“Con Alex. Me la sono lasciata alle spalle, sono andato avanti. Certo, penso ancora a lei e a volte mi manca, ma non la amo più. Ora ho Desi.” Sospirò “E a proposito se la offendi un’altra volta, fratello o no, ti faccio nero!” lo minacciò puntandogli l’indice al petto.

“Oh beh…non ti prometto niente” gli rispose Axl battendogli con fare per niente rassicurante una pacca sulla spalla, per poi uscire dalla stanza, lasciandolo solo coi suoi pensieri.

*

Il sole lentamente calava, immergendosi nel blu.
Ero seduta da ore sulla calda sabbia e osservavo il cielo screziarsi di porpora e oro. Quella palla di fuoco incandescente che era il sole pian piano lasciava spazio alla Luna, sua compagna in una corsa millenaria. In quel momento mi venne in mente un pensiero di Jim Morrison: è il Sole ad inseguire la Luna o la Luna il Sole? E il cielo si stancherà mai di fare loro da terzo incomodo?
Portai le gambe al petto, circondandole con le braccia.
Sentii un fruscio: dalla tasca era scivolata via la collana che pochi mesi prima Jeff mi aveva regalato.
La rigirai per un po’ tra le dita, sfiorando quelle incisioni che ormai sembravano non avere più un senso.
Guardai quel plettro per quella che sembrò un’infinità di tempo e senza accorgermene una piccola lacrima cadde.
Volevo prenderlo e lanciarlo lontano, lasciare che le onde del mare lo inghiottissero, trascinandolo sempre più giù negli abissi.
L’ho odiato.
Un pegno di un amore che non c’è più.
Un amore per il quale non valeva la pena lottare.
Un amore dimenticato troppo presto.
 Un amore rimpiazzato.
________________________________________________________________________________________________________
Perdonate l'attesa fanciulle, ma ultimamente (come sempre d'altronde) sono davvero poco ispirata. Spero che questo capitolo vi piaccia lo stesso. Sinceramente non so cosa sia e credo che sia anche un po' corto. Anyway grazie a tutte voi: a chi recensisce e a chi semplicemente legge! Un bacione e....buona lettura! :D

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Capitolo 33
*** Yeah, I Love Me Too. ***


YEAH, I LOVE ME TOO.
 
Slash e Perla si frequentavano ormai da un po’ di tempo. Le cose tra loro andavano a gonfie vele: c’erano un’intesa e un’affinità pazzesche tra loro.
Per la prima volta nella sua vita Slash era ogni giorno più sicuro che quella pazza ragazza così determinata e tosta fosse la compagna ideale per lui. Riusciva a rimetterlo in riga, ma sapeva anche come farlo divertire.
Quella mattina mentre la vedeva girare per casa con solo una sua maglietta addosso, cominciò seriamente a valutare l’idea di portare il loro rapporto ad un livello più elevato. Solo che non sapeva come fare, che cosa dirle. Lui non era bravo con le parole, proprio non ci sapeva fare.
Così passò una buona parte della mattina a rimuginare sul discorso da farle.

“C’è troppo silenzio in questa stanza….Slash è successo qualcosa?” gli chiese Perla avvicinandosi a lui.

Sbuffò.

“Solo perché non parlo vuol dire che c’è qualcosa che non va?”

“Beh data la tua tendenza a parlare e parlare e parlare…” disse gesticolando in modo buffo.

“Okok…afferrato il concetto!” rispose asciutto il riccio.

“Dai, sul serio. C’è qualcosa che ti turba? Lo sai che a me puoi dire tutto.”

La ragazza lo abbracciò stretto fissandolo negli occhi.

“Stavo pensando…” cominciò Slash facendo vagare le sue dita esperte avanti e indietro sulla colonna vertebrale della ragazza, facendola rabbrividire ad ogni tocco.

“Aiuto” rise.

“E dai smettila! Prima mi dici che con te posso confidarmi e poi mi prendi per il culo alla prima occasione, scusa?!” le disse risentito il chitarrista.

“Ahahah…scusa, non lo faccio più continua”

“Dicevo..” continuò lanciandole un’occhiata ammonitrice ”e se diventassi la mia ragazza, diciamo, fissa?”

Perla lo fissò per un attimo sbalordita.

“Lo so, non è il modo più romantico per chiedertelo, ma viene dal cuore, sono sincero, questo conterà pur qualcosa, no? Anche se onestamente non sono il tipo da cena in riva al mare a lume di candela o che regala mazzi di rose, giusto per avvisarti.”

“Slash?”

“Non mi piacciono tutte quelle cazzate smielate e romantiche. L’importante è quello che uno prova, o sbaglio?”

“Slash”

“E poi, ne sono consapevole, ci conosciamo da così poco tempo, magari la mia è una proposta un po’ avventata, ma è come se sentissi di conoscerti da una vita. È strano, no? Eppure penso che..”

“SLASH!”

“Eh?” chiese cascando dalle nuvole assumendo una faccia da schiaffi più unica che rara.

“Ti amo” soffiò lei ad un millimetro dalle labbra del ragazzo.

“Oh baby” disse facendle congiungere dolcemente  “anche io mi amo”

In un certo senso Perla si aspettava una battuta del genere da parte del riccio. Alzò gli occhi al cielo e gli diede uno schiaffetto sulla testa.

“Cioè guardami: sono un figo da paura, dolcissimo, simpaticissimo, il dio della chitarra e del sesso.” Si vantò come solamente lui era solito fare.

“E molto modesto” ridacchiò la rossa.

“Soprattutto.” La seguì Slash.

“Uff…un giorno di questi mi farai impazzire! Ma chi me l’ha fatta fare a stare con un pallone gonfiato come te?” scherzò sciogliendo l’abbraccio che li univa da qualche minuto buono.

“Sisi…tanto lo so che non resisti più di due minuti senza di me, dolcezza”

Slash l’afferrò facendo aderire la schiena di lei al suo petto e cominciando a lasciarle dolci baci su e giù dalla clavicola al collo.

“Continua a crederci, Slasher!” lo liquidò lei con un gesto stizzito della mano, sottraendosi poi a quella dolce tortura.

“Lasciami sognare, donna.” Le urlò dietro Slash alzando le braccia al cielo in modo forse un po’ troppo teatrale.

La risata cristallina di Perla giunse forte e chiara dall’altra stanza e Slash scosse la testa rassegnato.

“Povero Slash: tutti lo trattano male, lo prendono in giro…mondo crudeleeeee” piagnucolò il chitarrista fingendo di tirar su con il naso.

Intanto Perla era ritornata da lui.

“Povero piccolo, vieni qui. Fatti abbracciare”

Slash volò, letteralmente, tra le sue braccia, affondando la faccia nel prosperoso seno di Perla.

“Adesso sì che va moooooolto meglio” gongolò con un sorriso a millemila denti, guadagnandosi un sonoro schiaffo sulla nuca.

“Accuccia! Sei sempre il solito!” lo rimproverò lei.

“Scuuuuuusa. Comunque quando annunciamo agli altri cazzoni la nostra unione?” chiese con gli occhi a cuoricino.

“Unione? Slash, non ci dobbiamo mica sposare” rise.

“Dettagli, dettagli.”

“Certo, certo. Comunque io proporrei di non dire niente finchè non torna Alex e Steven”

Slash annuì.
Perla si era molto affezionata ad Alex e Charlie, da quel giorno in cui l’avevano aiutata non chiedendole mai nulla in cambio e sapeva benissimo quanto Steven fosse importante per il suo fidanzato. Fidanzato. Slash era il suo fidanzato. Era felice. Felice come non lo era mai stata in vita sua.
Sì, avrebbero aspettato. Per il bene di tutti.
_______________________________________________________________________________________________ Rieccomi qui con un capitoletto dedicato tutto a Pela e Slash. Inizialmente avrei dovuto continuare con i casini di Axl, Alex, Jeff e compagnia bella, ma alla fine ho deciso di cambiare programma. Ultimamente ho trascurato un po' questa coppia, non credete?!
Quiiiindi beccatevi questa schifezzuola! 
Baci e grazie a tutte. :D

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Capitolo 34
*** Wherever You Are, I'll Come Running: Race For Happiness. ***


WHEREVER YOU ARE, I’LL COME RUNNING: RACE FOR HAPPINESS.
 

Era da sempre stato refrattario all’amore: era inconcepibile pensare alle parole ‘Axl Rose’ e ‘innamorato’ anche solo nella stessa frase.
Che invenzione stupida l’amore: ti rende debole, vulnerabile, vedi tutto a cuoricini e finisci per comportarti come…come…come quella checca di McKagan, ecco. E sia mai! Lui non poteva permetterselo. Lui era Axl Rose, aveva una reputazione da difendere, non poteva di certo cedere a certe scemenze.
Pff, l’amore.
 Lui non ne aveva bisogno. Certo, le donne non gli mancavano mica: tante e disposte a tutto pur di ottenere le sue ‘attenzioni’; e questo gli stava più che bene. Passione, storie di una notte, ragazze su ragazze delle quali nomi e visi si mescolano nella memoria. Ma non poteva parlare d’amore, non lui. Neanche da piccolo lo aveva mai provato: non lo conosceva, non sapeva cosa fosse, che viso avesse.
Ma adesso…non ne era più così sicuro. Adesso nella sua  mente balenava in continuazione un viso, il suo viso. Ma lei era lontana, lei non era sua.
Forse quello che provava non era amore, ma non aveva mai provato sentimenti così forti per nessuna ragazza. Ma se amate significa soffrire quando non ti è vicina; sentire una morsa allo stomaco così prepotente da impedirti di respirare, quando la vedi sorridere e non per merito tuo; voler starle accanto sempre e comunque; sentire il cuore esplodere nel petto per una sola carezza….beh allora si! Axl Rose si era innamorato.
E adesso cosa gli rimaneva? Un armadio vuoto, così come il suo cuore, un paio di occhi nocciola che popolavano i suoi sogni e non gli davano pace e un senso costante di impotenza.
Forse se le fosse stato più accanto, se avesse combattuto più duramente adesso lei sarebbe al suo fianco; forse adesso sarebbe sua. Ma cosa doveva fare?

Toc. Toc.

Un lieve bussare scacciò via i suoi pensieri come una folata di vento.

“Posso entrare?”

Era Charlie.
La sua figura minuta fece capolino e i suoi occhi si posarono materni sul volto confuso del rosso.

“Disturbo?” chiese ancora.

Axl scosse debolmente la testa.

“Entra pure”

Charlie gli si sedette accanto senza mai staccare gli occhi da lui. Era da un po’ che lo osservava, ogni giorno che passava le era apparso sempre più strano, sofferente.
Gli appoggiò una mano sulla spalla.

“Qualcosa non va?”

Axl alzò di scattò la testa incrociando subito lo sguardo preoccupato di lei. Si stupì non poco di quella visita e di quell’insolita confidenza: loro due non avevano mai parlato molto da quando le due ragazze erano entrate a far parte della loro vita.
Ma in quel momento non gli importava. In quel momento avrebbe potuto trovarsi davanti anche un perfetto estraneo, ma la verità era che aveva una voglia matta di aprirsi: voleva, doveva, sfogarsi con qualcuno, spiattellargli qualsiasi cosa gli passasse per la mente, condividere quel peso che da troppo tempo si portava sullo stomaco.

“Lo so che io e te non ci siamo mai parlati un granché, ma se hai qualche problema un’amica con cui confidarti può sempre far comodo, no?”

Axl rimase a bocca aperta: che fosse in grado di leggergli nel pensiero?
Scosse nuovamente la testa, come per scacciare quell’assurdo pensiero e ammise:

“Non so cosa mi prende, Charlie. È da un po’ che mi sento così…così…non so neanche come definirlo. Mi sento strano. Non so cosa sia.”

“Oh si invece. Lo sai eccome”

Sospirò.

“E’ così evidente?” chiese abbassando gli occhi.

“Mmmm…no! Sono io che ho dei superpoteri!” disse per poi esplodere in una risata liberatrice.

Riuscì a strappargli un lieve sorriso.

“Sono patetico.”

Aveva lo sguardo acquoso di chi sta per piangere.

“No..perchè dici così?” Charlie lo attirò a sé e prese ad accarezzargli i lunghi capelli vermigli per tranquillizzarlo.

“Guardami! Potrei avere qualsiasi donna e di chi vado ad innamorarmi?? Della ragazza del mio migliore amico. Perché sì, sono innamorato e da un bel po’ per giunta. Ma ok, rimango in disparte, è giusto così. Poi si lasciano e che faccio? Invece di dichiararmi approfitto del suo dolore e me la scopo. Sbaglio sempre tutto, cazzo”

Gridò quest’ultima frase e tirò un calcio ad un piede del letto, cercando di scalciare via la frustrazione e la rabbia che aveva radicate dentro.

“Guarda il lato positivo…” gli disse Charlie cercando di calmarlo e invitandolo a sedersi accanto a lei. Ma Axl rimase in piedi.

“E quale? Che sono stato un buon passatempo?” sbottò. Altro calcio.

“Forse grazie a questo tuo sbaglio ha capito di tenerci a te, in modo diverso”

“No lei ama Jeff, altrimenti perché se ne sarebbe andata?”

Charlie alzò gli occhi al cielo. Ma quanto era tonto??

“Ma se ti sto dicendo questo un motivo ci sarà. Perché dovrei dirti bugie? Pensaci bene…tu la ami giusto?”

“Non cambiare discorso” la ammonì puntandole contro l’indice “Si, la amo…ma non importa” concluse con un sospiro.

“Come non importa?” La ragazza era sempre più confusa.

“Anche se ricambiasse non potrei darle la felicità che merita”

“Spiegati meglio.”

“Seriamente, cosa mai potrei offrirle, io?! Sono il classico tipo d’uomo di cui tutte temono di innamorarsi ma di cui puntualmente cadono ai piedi. Ho tanti difetti, troppi: non sono fedele, la monogamia non ha mai fatto per me, ho continui sbalzi d’umore, sono intrattabile; a volte non riesco neanche a sopportarmi da solo, figurati. Non posso darle l’unica cosa di cui ha realmente bisogno: sicurezza. L’unica cosa che ho capito di voi donne è questa: in un uomo è la prima cosa che cercate”

Dopo essersi lanciato in questo monologo che sembrava senza fine, tacque in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.
Gran tabù. Cosa vogliono veramente le donne? Cosa cercano in un uomo, in una relazione? Quanti discorsi, quante seghe mentali, quante parole al vento da entrambe le parti senza capire che la realtà è una sola: solitamente, neanche le donne lo sanno, ma non lo danno a vedere.

“Forse non ti è mai venuto in mente che tutto quello che una donna cerca è solo amore? Se c’è amore, c’è tutto. Il resto viene da sé.”

“Ma ci vuole anche fiducia. E di me non ci si può fidare; non con la vita che faccio.” Disse il rosso.

“Nonostante questo però è stata con Izzy e io sto tutt’ora con Duff: eppure fate la stessa vita.” Gli fece notare la mora lasciandolo visibilmente tentennante.

“Ho paura, ok? Ho una paura fottuta. Cosa devo fare? Dimmelo tu, ti prego o finirò per impazzire.” Disse prendendosi la testa tra le mani e guardandola fisso, disperato.

“Vuoi un consiglio spassionato?”

Annuì.

“Vai e prenditela.”

Tre parole. Facili. Veloci. Concise.

“Come? Ma soprattutto: dove? Ma sei sicura?” chiese a raffica sempre più confuso e con gli occhi talmente sbarrati che sembrava gli stessero per schizzare via dalle orbite.

“Cavoli, sono la sua migliore amica! Fidati, è la scelta giusta!” gli fece un occhiolino di incoraggiamento vedendolo ritornare pian piano in sé. Come no.

“ Ma come faccio! Non ho la più pallida idea di dove sia! L’ho cercata per tre fottutissimi giorni e niente! Puff. Svanita nel nulla.”

“Anche qui posso darti una mano io: sta a Santa Monica. Nella casa a mare di Duff.”

Non poteva crederci. Per tutto questo tempo era stata così vicina e lui non lo sapeva.
Adesso toccava a lui. Si precipitò verso la porta, quasi volando, ma poco prima di abbassare la maniglia si fermò. Si girò verso Charlie e le sorrise.

“Sei una ragazza incredibile, Charlie. Duff è un uomo fortunato ad averti al suo fianco. Digli che se si azzarda a farti soffrire dovrà vedersela con me! Grazie di cuore, Charlie, davvero. Non so come avrei fatto senza di te.”

Un ultimo sorriso e sgusciò via trafelato.
Duff che era steso sul divano, lo vide correre verso la porta d’ingresso.

“Ehi, dove vai così di fretta, Rose?” gli ulrò.

Will lo guardò sorridente e disse semplicemente:

“Ad essere felice, fratello. Ad essere finalmente felice.”

________________________________________________________________________________________________________________
Mie care ladies, dopo quasi venti giorni di assenza.....taaaaaadà eccomi qua! Vi sono mancata?? Certo che no! xD Ok, non so esattamente cosa sia maaaaa beccatevela ugualmente! Chiedo venia per la schifezza che vi sto propinando...
Vi adoro fanciulle....un grazie di cuore a tutte voi! *-*
Rock on! \m/

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Capitolo 35
*** Open Your Heart. ***


OPEN YOUR HEART.


Sfrecciava per le strade senza prestare attenzione a ciò che lo circondava. Affondava il piede nell’acceleratore con una foga quasi disperata. Più spingeva, più il motore gracchiava. Stringeva con forza il manubrio, tanto che le nocche diventarono bianche; la sua stretta era salda, come per impedire al mezzo che lo avrebbe portato alla felicità di svanire sotto al suo tocco. Gli occhi, ridotti a due fessure, guardano dritto dinanzi a sé. La strada si proiettava lunga oltre l’orizzonte.  Spinse ancora di più sul pedale aumentando la velocità. Era una lotta contro il tempo la sua. La macchina divorava l’asfalto, le ruote giravano così velocemente che sembrava non toccassero quasi terra; quando all’improvviso…
Bum.Uno scoppio. Tanto fumo.

“Cazzo!” esclamò dando una manata sul volante.

Non ci voleva. Il motore era andato. Ma infondo cosa si aspettava: era una macchina vecchia, non una da corsa.
Si guardò intorno. Era in una zona di L.A che non conosceva, era deserta. Tutti i negozi erano chiusi, tranne uno. Un fioraio.
Cosa ci fa un negozio di fiori aperto alle tre del mattino? Pensò.
Ma aveva bisogno di aiuto, quindi con pochi passi arrivò davanti alla porta del negozio. Entrò. La porta aprendosi urtò uno scacciapensieri che tintinnò echeggiando per tutto il locale. Era molto piccolo, pieno zeppo di fiori e un piccolo bancone posto di fronte alla vetrina. Da una porticina uscì una signora di colore.

“Salve” disse a Will. Era una vecchietta dall’aspetto molto singolare: aveva un enorme vestito colorato a motivi floreali. Ricordava tanto una di quelle orribili camicie di Izzy. Il viso era segnato da profonde rughe che le conferivano un aspetto saggio, ma anche tanto dolce; gli occhi erano vispi e brillanti, sembravano capaci di leggerti dentro. In testa aveva una specie di turbante, dal quale usciva ribelle qualche ciocca candida.

“S-salve” balbettò il rosso quando incrociò il suo sguardo.

“Di cosa hai bisogno, figliolo?”

“Ho bisogno di aiuto. Mi si è fermata la macchina qui davanti e….” cominciò a spiegare, ma venne subito interrotto dalla solenne voce della donna.

“No, non è questo il tuo problema” sentenziò.

“Come scusi??”

“Io lo vedo. Tu hai un problema molto più grosso di un motore in panne. Il tuo è un problema di cuore, figliolo”

“Non so di cosa lei stia parlando. Vorrei solo usare il suo telefono per chiamare un carro attrezzi”

Axl cominciava ad innervosirsi. Non gli piacevano i ficcanaso, persone che credevano di sapere tutto, quando in relatà non era così. Non poteva di certo immaginare che non fosse questo il caso.

“Non mentire, William. Io lo vedo”

Axl arretrò istintivamente di un passo. L’aveva chiamato William? Come faceva a sapere il suo vero nome? Lui non conosceva quella vecchia, non l’aveva mai vista in vita sua.

“C-come fa a s-sapere il m-mio nome?”

“Non avere paura, figliolo. Voglio solo aiutarti.”

“Perché?” chiese in un sussurro.

“L’hai detto tu; ne hai bisogno.”

“Come può aiutarmi? Lei non sa niente” disse duro.

“Io so. Quando si ha a che fare con l’amore si ha bisogno di tutto l’aiuto possibile. L’unico modo per essere felice è aprirsi all’amore. Tu vuoi essere felice, William?”

“Certo. Ma non so cosa devo fare. Ho paura.”

Le parole gli uscirono dalle labbra da sole, senza che lui ne desse il consenso. Ma ormai non poteva rimangiarsi tutto; ormai lo aveva ammesso, non poteva più indossare la maschera del duro.

“Devi seguire il tuo cuore: condividi con lei ciò che custodisce nel profondo. Solo così potrai avere il suo amore. Solo donando te stesso puoi avere lei.”

“Ma lei…non sono sicuro che mi ami”

“Niente è sicuro in questa vita: devi rischiare. Senti questa vecchia che della vita ormai ha raccolto i frutti. Vai da lei, buttati, lascia parlare la tua anima. Al momento giusto lei saprà cosa fare.”

“Grazie…”

Fece per andarsene quando si sentì nuovamente chiamare dalla donna. Si girò e la vide con una rosa rossa in mano. Gliela porse.

“Donagliela.  È una rosa muscosa: simboleggia la dichiarazione d’amore. Magari ti porterà fortuna. Ora và”

Uscì di corsa, ma ritornò quasi subito sui suoi passi: doveva chiamare un carro attrezzi. Si girò per rientrare nel fioraio, ma con grande stupore vide che le luci all’interno erano spente e c’era esposto il cartello chiuso. Alzò lo sguardo sull’insegna: “Magic Cafè”. Nessun fioraio. Nessuna vecchia dai vestiti fiorati. Guardò la rosa che aveva tra le mani. Non poteva essere un’allucinazione. Ma allora cos’era appena successo?? Poco importava. Adesso doveva trovare il modo di arrivare da lei.

*

05.45.

Non so perché ma quella mattina mi svegliai molto presto, con un impellente bisogno di uscire di casa. Mi infilai qualche vestito alla rinfusa e uscii in spiaggia per una passeggiata. Il sole era appena sorto, un nuovo giorno stava per iniziare. La solitudine di quei giorni mi aveva costretta a pensare a quello che ero, quello che volevo essere, a quello che ero diventata. Ero arrivata a Los Angeles per uno scopo ben preciso: formare una band con Charlie e spaccare qualche culo, non era contemplato innamorarsi. Avevamo messo da parte i nostri sogni e non ce ne eravamo nemmeno rese conto. I miei pensieri si spostarono anche su Charlie e Duff, su Izzy, su Axl. Axl. Cosa dovevo fare con lui? Inizialmente credevo i odiarlo: con quei suoi modi arroganti, quell’aria da stronzo, mi faceva salire il sangue al cervello. Ma poi…poi ho imparato a guardare oltre, ho conosciuto il suo lato dolce e gentile, un lato che cerca di nascondere dietro a mille maschere. Lui non è Axl. Lui per me è diventato solo Will. Axl è una copertura. Da quando le cose con Izzy andavano male ci siamo ritrovati sempre più vicini; una vicinanza capace di confondere. Il suo solo pensiero adesso mi provoca uno strano formicolio lungo la schiena; se immagino i suoi occhi non posso non perdermi in quel verde acceso; se penso alle sue labbra sottili non desidero altro che baciarle fino a consumarmi su di esse. Ma c’è il rovescio della medaglia: per quanto mi stia innamorando di lui, non posso. Ho sofferto molto per amore: sono stata tradita, umiliata e ferita. Se questo dovesse accadere un’altra volta ne morirei, ne sono certa. Devo allontanarlo da me. Devo allontanarmi da lui. Persa com’ero nei miei pensieri non mi ero resa conto di essere ritornata davanti casa. Le mie gambe si erano mosse da sole, mi avevano condotto là inconsciamente. Eppure, non avevo proprio voglia di entrarci. Stavo per ricominciare la mia passeggiata quando un qualcosa catturò la mia attenzione: una chioma rossa. Mi avvicinai camminando a passo sempre più spedito, finchè tutto non mi fu chiaro. Seduto sugli scalini del portico c’era Will. La solita bandana azzurra domava ciocche ribelli vicino al viso, gli occhi, i suoi magnifici occhi, erano oscurati da un paio di occhiali dalle lenti a specchio. Potrei stare ore intere a descrivere quanto fosse bello illuminato dalle luci dell’alba. Nel vederlo il mio cuore perse un battito: era lì, per me. Potrei dire che ero la donna più felice del mondo; potrei dire che gli rivolsi il più bello e sincero dei sorrisi; potrei anche dire che mi gettai tra le sue braccia, trovandone il mio porto sicuro. Ma non posso. Rimasi immobile davanti a lui. Solo due parole mi passarono per la mente: deve andarsene.

“Cosa ci fai qui?” chiesi con finta ostilità.

Da dietro la schiena estrasse una rosa rossa. “Sono qui per te!”

Me la porse. Era bellissima. Lentamente la avvicinai e la annusai. Se non fossi stata assolutamente certa del fatto che dovevo troncare il tutto sul nascere, gli avrei anche sorriso.

“Una rosa rossa?” il mio tono di voce era freddo, ma dentro di me ero tutta un fuoco.

“Beh si…come dire, mi rappresenta non trovi? È rossa, verde…” disse sorridendo sghembo e avvicinandosi a me, sfiorando delicatamente il fiore.

“E ha tante spine” gli diedi le spalle e mi incamminai verso la porta.

Lo sentii sospirare. Le cose non andranno come hai previsto, mi dispiace.

“Alex…aspetta!” disse prendendomi per il polso.

“Vattene. Voglio stare da sola, non capisci? Và via!” credimi sarà la cosa migliore per entrambi.

Mi lanciò uno sguardo carico di tristezza e si voltò. No. Rimani. Resta con me, ti prego. Come se avesse sentito i miei pensieri si fermò e con pochi passi colmò la distanza che ci separava. Eravamo faccia a faccia. I suoi lineamenti adesso erano duri, severi.

 “Sai che ti dico? Io resto qui e ti dico quello che dovevo già da molto tempo. Il resto non mi importa!” disse quasi con furia.

“Allora forza, che aspetti! Prima  parli, prima posso sbatterti fuori!”

Fece un profondo respiro.

“Ok, ci siamo. Ecco…in relatà…io…” balbettò.

“Tu, cosa?” sbuffai spazientita.

“Volevo dirti…”

“si??” lo interruppi ancora.

“E fammi parlare, cazzo!” sbottò.

“Uff…ma si può sapere che cavolo vuoi?”

“VOGLIO TE, CAZZO! OK? E dire che ero venuto qui con le migliori intenzioni, ti ho perfino portato le rose…avevo in mente uno di quei discorsi smielati che mai e poi mai farei, ma a quanto pare non sarebbe comunque servito a nulla. Tu sei qui a struggerti d’amore per Jeff e io sono solo un coglione!” urlò tutto d’un fiato. Aveva le guance arrossate e gli occhi sbarrati fuori dalle orbite.
No, no non può dire sul serio. Non può. E ora cosa faccio? Ero nel pallone. Lui…lui si era dichiarato e io sono divisa a metà: gli dico che anche io lo voglio o seguo il mio piano originale e lo mando via? Amore o menzogna? Lui attendeva una mia reazione, ma non riuscivo a muovere un muscolo: lo guardavo a bocca aperta come una scema. Mi prese per mano; i nostri occhi si fusero, le nostre anime si intrecciarono. Arrossii violentemente, conscia del fatto che era inutile resistere ormai. Quando l’amore bussa alla tua porta, non puoi non aprire.

“Su questo non ci sono dubbi! Ma chi ti dice che non sarebbe servito a niente?” gli dissi sorridendo furba e allacciando le braccia intorno al suo collo.

Mi sorrise. Un sorriso così luminoso e sincero forse non l’avevo mai visto.
 

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Ragassuole, eccomi ritornata! Spero che questo nuovo capitoletto vi piaccia! Un grazie a tutte voi che leggete silenziosamente a voi che recensite! Siete fantastiche! *-* Un bacione enorme....e buona lettura! ;)

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Capitolo 36
*** Misunderstanding And Jokes. ***


MISUNDERSTANDIG AND JOKES.


“Sono tornaaaaaaaaaatoooooooo”

Con la grazia di un elefante, lanciò nel bel mezzo del corridoio la sua valigia, provocando un rumore assurdo.
Silenzio.

“Ehiiiiiiiiii stronziii! Sono a caaaasaaa!” continuò ad urlare mentre perlustrava la villa centimetro per centimetro.

Solo dopo un’accurata analisi sentenziò: “Non c’è nessuno!”

“Dai, vedrai che torneranno presto. Dopo tutto non avevi neanche avvisato che tornavi” cercò di consolarlo la ragazza. Povero, le faceva tenerezza.

“Ma cosa centraaa!! Mi ero immaginato un’entrata trionfale, tutti che mi guardavano a bocca aperta e poi sarebbero venuti ad abbracciarmi con le lacrime agli occhi! Una scena da film, anzi che dico?! Proprio da OSCAR, e loro……NON CI SONOOOOO!”

In un nanosecondo scoppiò a piangere come una fontana, sbattendo i piedi a terra e dimenandosi, correndo da una parte all’altra.
Mentre il suo fidanzato si era abbandonato a quegli attacchi isterici, la ragazza aveva preferito disfare le valigie. I minuti passavano e la casa era piombata in un inquietante silenzio.
Sempre più allarmata scese al piano di sotto: cominciava a pensare al peggio. Sapeva bene com’era fatto quel ragazzo e temeva avesse combinato qualche sciocchezza avventata delle sue.

“Amore?? Dove sei?? Dove ti sei cacciato??? CHE CAZZO STAI FACENDOOOO?!!”

Ebbene, si! L’aveva trovato: in cucina. Padella in testa, mestolo alla mano ed interamente sporco di gelato al cioccolato! E rideva.

“Che cazzo ridi, deficiente!! Vai subito a lavarti!” ordinò lei mettendosi le mani sui fianchi, minacciosa.

“No.” Replicò quella sottospecie di giovane marmotta incrociando le braccia al petto.

“Vai. A. Lavarti.” Non sembravano una coppia di fidanzatini, il più delle volte erano come mamma e il figlioletto di cinque anni.

“Prima devi prendermiiiiiiiiiii”

Con uno scatto si alzò e iniziò a correre sbattendo il mestolo sulla padella che aveva in testa, urlando alla Tarzan maniera.

Fuori dalla villa…

 “Cazzo Slash, dove le hai messe quelle fottutissime chiavi???”

“Caaaaaaaalma Duff…saranno qui da qualche parte.”

Sotto gli occhi di un Duff sempre più disperato e incredulo, Slash cominciò a dimenare il sedere a destra e a manca, saltellando prima su un piede e poi sull’altro, cercando di sentire un qualche tintinnio delle chiavi.  Ci mancava solo si mettesse a testa in giù.

“Ci sono quasi, ci sono quasi!” esclamò il riccio tutto concentrato.

Charlie e Perla, appoggiate l’una all’altra, quasi non riuscivano a stare in piedi per le risate, mentre Duff sbattendo la testa contro lo stipite della porta disperato, pregava tutti i santi, le divinità, Superman e perché no, anche Spongebob, affinchè il tutto finisse alla svelta.

30 minuti dopo…

Dopo essersi esibito in una danza del ventre, un cha cha cha e un mambo finalmente Slash si fermò, con aria pensosa…
“Ma le chiavi non ce le avevo io…le avevo date a Perla!” annunciò con una faccia da schiaffi che fece imbestialire Duff più di un toro durante la corrida a Pamplona.

“COOOOSA???! E TU FOTTUTO COGLIONE TI RICORDI SOLO ADESSO DI AVERLE DATE A PERLAA?? COS’HAI IN QUELLA TESTA?? SEGATURA? CI HAI FATTI ASPETTARE QUA FUORI PER MEZZ’ORA, RAZZA DI OVINO DI MERDA E LE CHIAVI CE LE AVEVA LEII?? IO TI UCCIDOO! TI STRAPPO QUELLA PARRUCCA CON LE MIE MANI..”

Slash stava seriamente temendo per la propria incolumità: Duff lo aveva afferrato per la collottola e alzato alla sua altezza. Poteva vedere gli occhi dell’amico iniettati di sangue con due pupille grosse quanto due palle da bowling. Stava per aprire bocca, quando sentirono provenire dall’interno della casa dei rumori metallici.

“Oddio, i ladri….che facciamo?? Entriamo?? Nono, quelli ci ammazzano. MORIREMO TUUUUTTI”

Ecco qui signore e signori un esemplare di Slash cuor di leone: impavido, senza macchia né paura, estremamente coraggioso e determinato.

“Smettila coniglio extralarge. Eccerto che dobbiamo entrare: Perla dammi le chiavi, per favore.”

La rossa gliele porse e stando attenti a far il minimo rumore possibile, entrarono in casa.
Ancora quei rumori metallici.
Charlie e Perla erano entrate per ultime, Slash stava alle calcagna di Duff.

“Pss….Duff…Duff…che facciamo adesso?? Pss…Duff…….DUFF!”

“Ssshh…zitto idiota!” lo rimproverò tirandogli una mazza da baseball in testa.

“AIOO”

“Sssshhhhhh” gli intimarono tutti e tre in coro!

“Dove cazzo l’hai trovata quella??” chiese, sussurrando, a Duff.. massaggiandosi la testa.

Il biondo alzò le spalle: “Qua in giro..”

Con passo felpato si diressero verso il soggiorno, da dove provenivano quei sinistri rumori.
Duff strinse tra le mani sempre di più la mazza, pronto a colpire.
Tre…due..uno…BAAM!

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!! MA CHE SEI SCEMOO?! L’ho sempre detto…tutto quell’ossigeno ti ha bruciato l’unico neurone che avei..Cazzo che male! Menomale che avevo sta padella in testa!”

“STEVEN????????” urlarono tutti quanti a bocca aperta.

“Noooo…sono Babbo Natale con cinque mesi di anticipo! Eccerto che sono io! Ma guarda te che cazzo di bentornato che mi danno questi qua!” borbottò massaggiandosi il bernoccolo che gli era spuntato tra quella massa di capelli biondi.

“Brutto nano di merda, pensavamo fossero i ladri; ci hai fatto venire un infarto! Cioè…a loro, io non ho avuto paura neanche per un secondo!” disse gonfiando il petto.

“Se, certo! Sogna, Hudson…Guarda là…ti sei anche fatto sopra!” si intromise Duff, indicando il cavallo dei jeans di Slash.

“Davvero?? Dovee??” urlò allarmato il ricco, controllando e facendo scoppiare a ridere tutti.

“Si, divertente. Davvero maturo, McKagan. Maa…Steven dicci di te! Com’è andata la tua rehab??” chiese Slash tutto interessato; un po’ per sviare il discorso, un po’ perché era per davvero curioso.
Steven vide puntati su di sé quattro paia di occhi, più quelli di Jill, occhi che gli erano mancati da morire. Non lo avrebbe mai ammesso, ovvio.

“Inizialmente è stata dura, vomitavo più della bambina dell’Esorcista…ma pian piano le cose sono andate meglio, soprattutto grazie a Jill. Senza di lei non so cosa avrei fatto!”  disse mentre intrecciava la sua mano a quella pallida e delicata della ragazza, rivolgendole un sorriso dolce.

“Guardate qua, sono o non sono un figurino adesso?” si pavoneggiò alzandosi e girando si sé stesso.

Una cuscinata in pieno volto lo fece risedere all’istante.

“Ma smettila, lo sanno tutti che il più figo sono io, vero piccola??” disse con voce suadente Slash, attirando a sé la sua amata.

“Si, Slash…sei molto bello. Ma a dirla tutta, preferisco Steven!” si allontanò da lui ancheggiando e si andò a sedere accanto a Steven, non prima di aver fatto un occhiolino a Jill e Charlie.

Duff se la rideva sotto ai baffi. “Che hai da ridere tu. Io penso la stessa cosa!”

Anche Charlie lasciò impalato il suo uomo, e si andò a sedere sulle gambe del biondino.
Le facce sconvolte di Slash Duff erano qualcosa di impagabile, tanto che le ragazze faticarono non poco a non scoppiare a ridere loro in faccia.

“CHE COOOSA??!” esclamarono con occhi e bocca spalancati.

Steven abbracciò le ragazze e con un’espressione godereccia al massimo, disse: “PopCorn Rules!”



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Ooh bene! Un capitolo demente ci voleva proprio! Sinceramente penso faccia abbastanza schifo, quindi un immenso GRAZIE ai coraggiosi che sono riusciti ad arrivare fin qui. Con immenso dispiacere ho notato che il numero dei lettori è sceso di parecchio...ma per fortuna le mie fedeli sostenitrici sono sempre qui...per ora xD Approfitto di questa pergamena per avvertire chi ancora mi caga che gli aggiornamenti si faranno saltuari e sporadici, purtroppo. Quest'anno sarò molto impegnata e non so quando e se riuscirò a pubblicare. Spero di riuscirci almeno una volta a settimana. 
Adesso mi dileguo....ho scritto più qui che in tutto il capitolo! Ahahah...beh grazie a tutte, grazie a Foxygiu, Smurf__, I Am A Yellow Warlous, AXL_Girl...e ovviamente a coloro che seguono questa pazzia!
Un bacione a tutte voi! :D See ya!

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Capitolo 37
*** An Happy Ending? Maybe A Brand New Beginning. ***


In diretta dall’oltretomba, solo per voi! Ahahahah…no, non sono morta, semmai ve lo steste chiedendo! Sapete com’è…a causa di una serie di sfortunati eventi (rapimenti alieni, viaggi vari per terre sconosciute a bordo di un sottomarino giallo, ecc. ecc.) non ho avuto il tempo materiale per dedicarmi a questo capitolo. E forse, dato il risultato, non avrei dovuto farlo neanche adesso! Ma sia…non piangiamo sul latte versato: ormai ho partorito questa “non-so-esattamente-cosa-sia” e ce la dobbiamo tenere così com’è! I’m so sorry! Ringrazio chiunque abbia il fegato di leggere la schifezza sottostante, un bacione a tutte! :*
P.S. il titolo non centra nulla, ma prendetelo per buono! xD



AN HAPPY ENDING? MAYBE A BRAND NEW BEGINNING.

Un raggio di sole colpì gli occhi ancora addormentati di Charlie, che si rigirò nel letto scoprendolo vuoto e freddo. Nell’alzarsi urtò qualcosa: un vassoio. Tra brioches, caffè e succo d’arancia una rosa bianca e un bigliettino attirarono la sua attenzione.

‘Non abbiamo avuto molto tempo per noi ultimamente, ti pare??        
P.s: ho una sorpresa per te.
Ti amo, Duff.’


Ancora intontita si diresse verso il soggiorno, dove era sicura di trovarlo. Infatti eccolo lì, con il suo basso tra le mani, bello come non mai. Rimase un attimo incantata mentre contemplava il suo uomo; era suo, solamente. Ed era felice.
Inaspettatamente la musica partì e solo in quell’istante si rese conto che in quella stanza c’erano anche tutti gli altri: Slash, Izzy e Steven.

How could she look so fine 
How could it be she might be mine 
How could she be so cool 
I've been taken for a fool 
So many times - Yeah 
It's a story of a man 
Who works as hard as he can 
Just to be a man who stands on his own 
But the book always burns 
As the story takes it turn 
An leaves a broken man 
How could she be so cool 
How could she be so fine 
I owe a favor to a friend 
My friends they always come through for me - Yeah 
It's a story of a man 
Who works as hard as he can 
Just to be a man who stands on his own 
But the book always burns 
As the story takes it turn 
An leaves a broken man 
If you could only live my life 
You could see the difference you make to me - To me 
I'd look right up at night 
And all I'd see was darkness 
Now I see the stars alright 
I wanna reach right up and grab one for you 
When the lights went down in your house 
Yeah that made me happy 
The sweat I make for you 
Yeah... I think you know where that comes from 

Yeah 
Well I'd look right up at night 
And all I'd see was darkness 
Now I see the stars alright 
I wanna reach right up and grab one for you 
When the lights went down in your house 
Yeah that made me happy 
The sweat I make for you 
I think you know where that comes from 

How could she look so good (So good) 
How could she be so fine 
How could she be so cool 
How could it be she might be mine 
Yeah 

Finita la canzone si gettò tra le braccia della mora, sorprendendola con un bacio irruento ma allo stesso tempo dolce come il miele che fece scatenare fischi e urla dei presenti.

“Beh, grazie di tutto ragazzi, ma adesso sloggiate. Sciò guardoni che non siete altri!” rise Duff una volta staccatosi controvoglia dalle labbra di Charlie.

Erano rimasti soli.

“Come mai tutto questo, Duff?? Non avrò mica dimenticato qualche mesiversario, vero?”

“Deve essere per forza un’occasione speciale? Non posso solamente aver voglia di fare un gesto carino??” rispose risentito l’ossigenato a quella provocazione.

Intanto Charlie si era leggermente allontanata da lui e lo fissava con un sopracciglio alzato.

“Amore, ti senti bene?”

“Mai stato meglio, giuro. Volevo solo farti capire quanto sei importante per me. Sei l’amore della mia vita e sinceramente non so cos’ho fatto per meritarti. Sei tutto ciò che ho sempre desiderato! Tu…tu mi rendi felice come nessuno mai, tu mi rendi migliore.”

“Non ho bisogno di gesti eclatanti, per sapere che tu mi ami almeno quanto ti amo io! Tu sei così, così perfetto e quando sono con te provo emozioni che neanche sapevo di poter provare! Ti amo, ti amo da morire e spero di passare il resto della mia vita al tuo fianco. Tu, Michael, mi completi!”
 
*
 
E anche un altro giorno era passato. Un giorno in apparenza come tanti altri, ma che inaspettatamente mi aveva cambiato l’intera esistenza. La sera era arrivata ed io e Will eravamo ancora distesi sul letto, i nostri corpi intrecciati. Tra le sue braccia mi sentivo al sicuro, come da tempo non mi capitava più. Tutto sembrava perfetto, ma sapevamo che un altro problema incombeva su di noi.

“Ho paura Will. Prima o poi dovremmo pur ritornare a casa, ma non credo di essere pronta. Cosa succederà?” chiesi stringendomi ancora di più al suo petto caldo.

“Non importa, adesso siamo qui, insieme. Tutto quello che conta in questo momento è questo.” Disse poggiando le sue mani in corrispondenza dei nostri cuori.

Il bacio che seguì fu qualcosa di unico, magico, un gesto che racchiudeva in sé un intero mondo di amore e dolcezza. La perfetta congiunzione di due metà che trovavano la propria identità nell’altra.
Tornammo il giorno dopo. Per tutto il viaggio nessuno dei due disse una sola parola. Paesaggi si susseguivano anonimi uno dietro l’altro, le nostre mani intrecciate, la musica faceva da sottofondo come in una scena di un qualche film.
Una volta arrivati davanti alla porta di casa esitammo un po’ prima di aprirla. Il cuore mi si bloccò in gola, ero tutta un fascio di nervi. Meccanicamente strinsi di più la mano a Will.
Erano tutti radunati in salotto, nessuno escluso. Ridevano e scherzavano come al solito, ma quando si accorsero di noi ammutolirono. Un secondo dopo erano tutti intorno a noi e ci abbracciavano come se non ci vedessimo da una vita. Una settimana a volte può sembrare lunga anni e anni.
L’unico ad essere rimasto in disparte fu Jeff: si avvicinò per ultimo, mano nella mano con una ragazza. Desi, suppongo. Trattenni il respiro, non sapevo cosa aspettarmi da lui. Fino all’ultimo avevo sperato che non ci fosse, ma invece…
Eravamo faccia a faccia. Passato e presente. Jeff e Will. Vederli così vicini mi fece un certo effetto, ma non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo verso di loro, per cui rimasi immobile a fissare la punta delle mie Converse consunte. Neanche lui tentò un qualsiasi approccio con me veramente, non so dire se per fortuna o meno.
Durò tutto pochi attimi. Un battito di ciglia più tardi Jeff era già sul punto di andare via. Si chiuse la porta alle spalle. Ancora una volta.

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Capitolo 38
*** In The Cold November Rain. ***


IN THE COLD NOVEMBER RAIN.


Non c’era un attimo di pace, non in casa Guns. Quando tutto sembrava essersi risolto per il meglio, ecco che qualcos’altro turbava il precario equilibrio che ci eravamo costruiti.
Da quando Izzy aveva presentato Desi a tutti noi non si faceva quasi più vedere: lo vedevamo ciondolare per casa silenzioso come un fantasma solo quando c’erano le prove. Era assente, in ogni senso.
Io ed Axl litigavamo molto spesso, come cane e gatto: una qualsiasi sciocchezza innescava la miccia e poi..era guerra aperta. Urla, oggetti in frantumi, lacrime.
Ma l’amore è una forza misteriosa e potente. A volte bastava uno sguardo, un bacio rubato e face era fatta.
Quiete dopo la tempesta.
Un circolo vizioso, che pian piano ci consumava.
Duff e Charlie.Che dire di loro? Erano la coppia perfetta, la favola di ogni ragazza divenuta realtà. Ma la gelosia era una brutta bestia, la peggiore.
Duff beveva, una bottiglia seguiva l’altra e quel mostro liquido lo faceva impazzire, gli rodeva l’anima, facendolo diventare l’ombra di se stesso. Vedeva fantasmi dove non c’erano, mettendo a dura prova la pazienza della povera Charlie.
Stava toccando il fondo: Charlie non poteva quasi più uscire di casa o vestirsi in un certo modo che il lato oscuro di Duff si risvegliava accusandola di tradirlo. E guai se qualcuno osava guardarla. Aveva perso il conto di quanti bar li avevano sbattuti fuori dopo ogni rissa.
Erano tempi duri. Per tutti.
Ma la persona che preoccupava un po’ tutti era Slash. Lui ballava ancora con Mr. Brownstone e nessun tentativo era riuscito a strapparlo dalle sue grinfie.
Era un venerdì di Novembre. Lui e Perla avevano litigato furiosamente ancora una volta. Ma quel giorno era diverso. Lei se n’era andata. Lo aveva lasciato solo, in balia dei suoi demoni.

“Non ce la faccio più Slash. Io ti amo, ma tutto questo sta uccidendo anche me. Tu non vuoi essere aiutato, sei liberissimo di continuare su questa via. Ma non pensare che io stia qui, a guardarti distruggere la tua vita con le tue stesse mani. Addio.”

Un ultimo bacio e si era chiusa la porta alle spalle, valigie alla mano. Slash non riusciva ancora a crederci. Il dolore era troppo ed insopportabile, troppi pensieri gli vorticavano nella mente. Doveva staccare la spina. Preso tutto l’occorrente, si sedette sul divano.
Si legò il laccio emostatico al braccio e rimase lì a fissarlo per un’eternità. No, non poteva. Non doveva cadere in tentazione. Non un’altra volta, doveva essere forte. Doveva uscirne, per lei. Si alzò e uscì veloce di casa.
L’eco dei suoi passi gli rimbombava nella testa. Era solo. Il volto della rossa gli apparve davanti agli occhi. Non sentire la sua risata argentina, non inspirare il suo profumo di fiori freschi fino a riempirsene i polmoni, lo stava lentamente facendo impazzire.
Ironia della sorte, iniziò a piovere. Anche il cielo soffriva, piangeva…come lui. Lacrime salate si mescolavano alle fredde gocce. Decise di ritornare sui suoi passi, verso casa.
Si ritrova a percorrere per l’ennesima volta quella via. Ma questa volta non c’è nessuno con lui. Aveva mandato a puttane la cosa più bella della sua vita solamente perché quel maledetto ago per lui era diventata l’unica ragione di vita. Non l’aveva mai ammesso ma quella dipendenza lo stava consumando. Doveva darci un taglio; non tanto per se stesso quanto per Perla. Lei gli aveva cambiato la vita; lei era diventata la sua vita.
Due fari. Due lampi accecanti puntati addosso. Questo avrebbe dovuto far scattare qualcosa in lui, il cosiddetto istinto di sopravvivenza. Eppure non riuscì a muovere un solo passo. Era immobilizzato, ipnotizzato da quei fasci di luce.
Uno stridio, un botto….poi il buio.

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Scusate se aggiorno così di rado e per di più vi propino certi capitoli brevi, ma purtroppo non riesco a fare di meglio in questo periodo! Spero che vi piaccia ugualmente! :)
Un bacione enorme e un grazie a tutte voi!

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Capitolo 39
*** Give Me Something To Believe In. ***


Give Me Something To Believe In.



E non c’era cosa che odiassi di più di quelle maledette stanze asettiche tipiche degli ospedali. Il bip intermittente delle macchine poi, mi stavano letteralmente facendo impazzire. Le ore non passavano mai, i medici erano criptici e non sapevano più che pesci pigliare per farci stare buoni. Però come cazzo potevamo starcene  lì con le mani in mano mentre il nostro amico era disteso su quel letto? Senza sapere se ce l’avrebbe fatta o meno? Se questo non è l’inferno, ci si avvicina parecchio.
Sette persone stipate in una camera, sette ragazzi distrutti. Un silenzio che gelerebbe il sangue a chiunque.

Bip. Bip. Bip.

Sospiri mozzati, battiti mancati.

Bip. Bip. Bip.

E ancora non si sveglia…ma perché?!
Un impellente bisogno di caffeina mi spinge ad alzarmi dalla poltroncina accanto al lettino e  uscire. Gli occhi mi bruciano, saranno i neon, il sonno. Sarà che su quel maledetto letto c’è il mio migliore amico, mio fratello, la persona con cui ho fatto le cazzate migliori della mia vita. Sarà che tutto questo mi sembra un incubo dal quale non riesco a svegliarmi. Sarà che improvvisamente mi sento sola, come se mi fosse crollato il modo addosso.
Mi ritrovo seduta sul pavimento freddo, contro il muro. La puzza nauseabonda del disinfettante mi penetra con forza nelle narici. Odio gli ospedali.
Una mano poggiata sulla mia spalla mi risveglia improvvisamente dal torpore in cui ero caduta. È Duff.
Si lascia scivolare giù per terra al mio fianco. Adesso me ne rendo conto. Quel ragazzo dai capelli ossigenati scompigliati, l’accenno di barba ispida, gli occhi spenti cerchiati di viola, non è Duff, ma Michael.

“Si sveglierà, non è così? Non può abbandonarmi, non adesso che l’ho ritrovato…non così”

“Sssh piccola, lui non ci lascerà, ne sono certo. È del grande Slasher che stiamo parlando, non dimenticarlo!”dice abbozzando un mezzo sorriso.

“Non ce la faccio, Michael…non credo di poter reggere ancora tutto questo”

Una lacrima involontariamente mi sfugge e a lei ne seguono mille altre. Scoppio in un pianto inconsolabile, i singhiozzi attutiti dal petto di Michael, che mi stringe forte ripetendomi che andrà tutto bene, cercando di convincere anche se stesso.

“Dai, adesso ricomponiti e andiamo a prenderci un bel caffè, che ne dici?” propone porgendomi una mano ed aiutandomi ad alzarmi.

Tre interminabili ore dopo… ORE 02.45

La porta della camera si apre. Entra un tipo distinto in camice bianco, con una cartella in mano. Ci alziamo tutti di scatto e contemporaneamente gli chiediamo:

“Dottore, ci sono novità?”

Lui, sfilatosi gli occhiali, ci guarda e tace. Sospira.
Smetto di respirare. Guardo i miei amici, uno ad uno, lo sconforto stava per prendere il sopravvento sui loro volti.

“Dottore, per l’amor del cielo, parli! Come sta? Si riprenderà si o no?” sbotta infine Axl, con la mascella contratta e lo sguardo fermo.

“Ho qui i risultati degli ultimi esami. I valori sono tutti nella norma. Ha in corpo ancora una minima quantità di droga, ma la smaltirà presto. Ma non è questo che mi preoccupa. Ha riportato varie fratture più un forte trauma cranico durante la colluttazione. Una volta sveglio potrà sentirsi disorientato, com’è anche possibile che tutto questo abbia provocato una lieve amnesia.”

“Quindi ce la farà! E dica, cosa possiamo fare per lui?” chiede Steven sorridendo.

“Posso solo consigliarvi di stargli accanto, fatelo riposare il più possibile….evitate qualsiasi cosa possa affaticarlo”

“Sarà fatto, grazie mille” gli stringe riconoscente la mano, Duff.

“Hai sentito brutto cazzone? Ce la farai, scimmione che non sei altro. Non ce la farai a liberarti di me” gli sussurro ad un orecchio con le lacrime agli occhi.

E adesso quella stanza non sembra più così piccola, tutti quei bip ci fanno compagnia, le poltrone sembrano perfino comode. La speranza ha riacceso i nostri animi e nient’altro ha più importanza.

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Della seria chi non muore si rivede. Beh spero che in questo secolo e mezzo (xD) non vi siate dimenticate di me. Lo so, è imperdonabile l'avervi lasciate per così tanto tempo, mi dispiace.....vi chiedo scusa in ginocchio....strisciando come un vermiciattolo ;( Ma adesso sono qui...contente?? :D Mi siete mancate troppo...Spero che questo capitolo vi piaccia....un bacione enorme a tutte quante.

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Capitolo 40
*** Last Letter To a Broken Heart. ***


Amore mio,

non sai quanto sia difficile per me scriverti queste parole. Questi ultimi mesi sono stati un vero inferno.
Ti amo Michael, Dio solo sa quanto ti amo, ma a volte non basta. Avrei dato la vita per salvarti. Ti sono stata accanto per due anni, i due anni più belli della mia vita, nonostante tutto.
Con te ho imparato cosa sia l’amore ed io ti ho donato il mio cuore. Ricordalo, amore mio, perché questo pezzo di carne e sangue che batte e fa così male, è tuo e lo sarà sempre. Qui sopra c’è il tuo nome marchiato a fuoco.
Amore mio, il nostro tempo ormai è finito. Ti prego, non piangere. Credevo davvero che sarei riuscita a tirarti fuori da tutto questo. Credevo davvero che ce l’avremmo fatta. Ieri notte, ti guardavo dormire. Quando chiudi gli occhi, quando schiudi leggermente le labbra, ti guardo e ritrovo il mio amore. Quello che eri un tempo. Prima di tutta questa merda. Ti ho accarezzato quei capelli ormai troppo fragili, ho percorso con le dita i contorni del tuo viso. Dio quanto mi piaceva. I tuoi occhi felini, il tuo sguardo vispo e smaliziato, la tua mascella squadrata così sexy, il modo in cui arricciavi le labbra quando ti concentravi troppo. Ogni singolo dettaglio mi ha fatta innamorare di te.
Cosa ne rimane di quel ragazzo? Non ti riconosco. Chi sei? Dove ti nascondi? Rivoglio quel ragazzo. Rivoglio quella persona che mi sorrideva dolce, che quando mi prendeva per mano la stringeva un po’ troppo per paura che scivolasse. Rivoglio te.
Amore mio. Devo lasciarti. Ora lo so. Devo fare un passo indietro, non odiarmi. Ti prego. In questo ultimo anno mi sono annullata per te, mi sono sacrificata, ti avrei dato anche la mia vita. Non mi pento di nulla.
Tu non cambierai mai. Tu non vuoi salvarti. Galleggi, ti trascini alla deriva, ma non vuoi essere salvato. Non posso rimare qui e vedere il mio amore morire lentamente.
Mi dispiace. Scusami se molte parole ti saranno illeggibili.
Scusami.
Sto piangendo amore. Non ho più un cuore. È tutto qui, impresso su carta.
Devo andare via. Non sono una persona forte, ma per te lo sono diventata. Devo andare via, perché non posso più restare. Devo andare via, anche se tu sei la mia casa. Devo andare via, anche se non riesco ad immaginarmi in nessun posto senza di te.
Ti prego, cerca di capire.
Non ti rimprovero nulla, amore mio. Non importa più delle liti, delle urla, dei mille vasi in frantumi gettati contro i muri. Anche quello schiaffo che mi hai dato. Non eri in te, non importa più. Non colpevolizzarti. Ti ho amato ugualmente.
Devo lasciare tutti voi. Anche Alex. Questo non è più il mio posto.
Non trattenermi, non cercarmi. Non tentare di riportarmi da te. Salviamo quel poco che ancora rimane. Ricorda i bei tempi passati insieme, i baci rubati. Ricorda le gite al mare, le domeniche pigre passate a letto.
Pensaci, è meglio un addio straziante ma silenzioso. È meglio che vada adesso. Conserverò tutto l’amore che provo per te incastrato tra le costole, non me ne separerò mai.
Sarai un dolce dolore che cullerà le mie notti insonni. Sono sempre con te, amore mio. Anche se sarò lontana. Ci sono.
Non avrei mai immaginato che saremmo giunti a questo. Ricordo il nostro primo appuntamento come fosse ieri, l’eccitazione e l’imbarazzo della nostra prima volta insieme. Ricordo tutto. Ogni emozione, ogni parola.
Amore mio, vedi come mi tremano le mani? Lasciarti mi sembra inconcepibile, estremo. Non lo farei se non fosse necessario. Voglio salvare l’amore che rimane, lasciare quei ricordi incontaminati dall’odio che potrebbe far marcire tutto.
Ricordi, sono tutto ciò che abbiamo.
Non tornerai l’uomo di un tempo. Sei neanche più un bimbo impaurito. Sei un corpo posseduto, senz’anima.
Non voglio illuderti. Non tornerò, amore mio.
Devo andare per la mia strada, lontana da te, dalla mia famiglia.
Ti amo, ti amerò sempre. Questo dolore che ci sto infliggendo è un dolore buono. Sii forte, amore.
Non chiuderti all’amore. Ti prego, ti chiedo solo questo. Trova una brava e bella ragazza che riesca dove io ho fallito. Sii dolce, dedicale canzoni, regalale fiori. Come facevi con me. Amala e lascia che ti ami con tutta se stessa. Il fantasma di quello che è stato non deve intralciare il tuo futuro. Sarà grandioso, me lo sento. Salvati, mio amore. Vivi per la tua musica, salvati per lei. Pensa ai tuoi amici, insieme ce la farete.
Ho scritto tutto questo di getto, gli occhi offuscati dalle lacrime. Scusami se il mio discorso è sconnesso. Scusami per tutto. Quando leggerai tutto questo, me ne sarò già andata.
Non dimenticarmi, perché io non lo farò, amore mio.

Ti amo con tutta me stessa.
Tua per sempre.
Charlie.


 
___________________________________________________________________________________________________
Ebbene si, risorgo dalle mie ceneri. Ammetto che non avevo la più pallida idea di come continuare questa storia, ma ci sono troppo affezionata per lasciarla incompiuta. Ho aperto una pagina di word e...boh, è uscito questo. Non odiatemi. A quanto pare ci sono "guai in vista". Spero che possa ancora interessare a qualcuno questa mia piccola "creatura". Lasciatemi un piccolo commento, ne sarei felice. Grazie a tutti, di cuore. Baci..

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Capitolo 41
*** Back. ***


Sembrava tutto finito. Di quei cinque uomini scapestrati, pieni di energia, ormai rimaneva un guscio vuoto. Nel giro di pochi giorni tutto era cambiato ed era come se la vita fosse stata risucchiata via dagli occhi di tutti.

C’era chi lottava in un letto di ospedale, chi aveva rinunciato per egoismo, chi aveva perso l’amore, e chi invece lo aveva trovato quasi per miracolo.

Cinque fratelli che stentavano a riconoscersi.

Sembrava tutto finito.

Ancora una volta ci eravamo resi conto di non avere il controllo di nulla. La vita dona; la vita si riprende. Fa quello che vuole con noi e ci lascia in un costante stato di incertezza.

Non lasciavamo mai quell’ospedale. Non era solo Slash ad essere appeso ad un filo; con lui, ognuno di noi.

Come sempre mi ero addormentata accanto al suo letto, tenendolo per mano. Non mi rassegnavo. Lui ce l’avrebbe fatta, se la stava solo prendendo comoda. Tipico di Slash.

I giorni passavano e la mia speranza iniziava a vacillare.

Se per certi versi regnava incontrastata un’atmosfera funerea, alcune piccole cose facevano ben sperare. Perla era tornata. Saputo cos’era successo a Saul, si era precipitata in ospedale. Non era stato facile contattarla: nessuno di noi sapeva che si era rifugiata a casa di sua nonna, a Cuba. Con in cuore a pezzi aveva preso il primo aereo disponibile, certa che la distanza avrebbe potuto attutire quel grido straziante nella sua testa. 

Slash era in quello stato per lei, per disperazione. La decisione del riccio di abbandonare Mr Brownstone aveva acceso in Perla una speranza, seppur minima. Sapeva benissimo che non saprebbe stato facile, che lui avrebbe potuto mandare a puttane i sacrifici di entrambi in meno di un battito di ciglia. 

Era disposta a rimettersi in gioco, con il rischio rimetterci nuovamente il cuore? 

Queste domande avrebbero dovuto aspettare. 

Era paralizzata, così come il suo amore in quel letto spoglio.

Gli unici segni del tempo che passava erano visibili sui nostri volti: le occhiaie diventavano più scure, le barbe sempre più fitte e trasandate.

Nessuno di loro aveva più preso in mano uno strumento. Stranamente, nessuno di loro aveva cercato di dimenticare gettandosi a capofitto nei vizi. Erano sconvolti, è vero, ma questo mi rese molto feria di loro. Stavano forse mettendo in discussione il loro stile di vita? Stavano crescendo? Difficile a dirsi.

Era inverno, ma per la prima volta dopo due settimane aveva smesso di piovere.

L’orario di visite era finito da un pezzo, ma nessuno aveva intenzione di tornare a casa. Dopo aver creato tanto scompiglio nel reparto era strano che il personale dell’ospedale ci permettesse di restare; sembrava quasi che avessero pietà di noi.

La notte era il momento peggiore. Nessuno riusciva a dormire, ma anche stare svegli era un’impresa. Facevamo a turno avanti e indietro fino alle macchinette del caffè.

Eravamo tutti lì; erano ormai le 5 del mattino. Perla, però, era rimasta in stanza.

“Tu non puoi lasciarmi così. Non puoi farmi questo. Voglio darci un’altra possibilità, ma tu adesso devi svegliarti amore mio! Fallo per me, ti prego” 

Aveva la voce rotta e rauca per le troppe lacrime versate.

“Ci sono io con te, piccolo. Torna da me” ripeteva queste parole come una cantilena, accarezzando senza pace i ricci indomabili di lui.

Gli prese la mano e ci poggiò sopra la fronte, ancora una volta in lacrime. 

Sembravano passate ore e stava per addormentarsi, quando sentì la mano di Slash stringersi intorno alla sua tanto debolmente che credette di esserselo immaginato.

Ma la sensazione tornò una seconda volta, un po’ più forte.

Sbarrò gli occhi e si drizzò a sedere come colpita da una scarica elettrica. Ed eccolo lì: il suo amore la stava guardando con occhi stanchi ed un debole sorriso innamorato.

“Hai visto? Sapevo che sarei riuscito a riportarti indietro!” le disse beffardo e con un filo di voce.

“Tu…sei uno stupido! Un idiota irresponsabile! Hai idea di quello che abbiamo passato? Ti prenderei a schiaffi! Come ti senti? Vuoi un po’ d’acqua??”

Slash la guardò intensamente e semplicemente rispose: “Ti amo.”

Lei non fece in tempo a rispondere, interrotta dal nostro arrivo. Non si può descrivere il generale senso di sollievo e la felicità provati in quel momento. 

Ci buttammo tutti su di lui, chi piangendo, chi ridendo e imprecando. 

Slash era tornato, stava bene e tutto si era risolto. 

L’amore e la vita esplosero in quella stanza poco prima troppo silenziosa e stretta.

A rovinare tutto fu Izzy. Spazzò via tutta quella gioia con un solo gelido sguardo. Ci guardò uno per uno, sospirando.

“Lascio la band.”

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