Ares & Xena: l 'Ultima Battaglia

di MariShalna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 -Il Dio della Guerra cerca moglie ***
Capitolo 2: *** Capitoli II -Il Confronto ***
Capitolo 3: *** Capitolo III -Perché? ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 -Il Dio della Guerra cerca moglie ***


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XENA: WARRIOR PRINCESS

ARES & XENA: l’Ultima Battaglia

In memory of Kevin Tod Smith
1963 - 2002

L'attore neozelandese che interpretava Ares, in Italia conosciuto come Marte (Kevin Smith) nel telefilm 'Xena: Warrior Princess', purtroppo è venuto mancare il 16 febbraio del 2002, a causa di un incidente in Cina, con modalità non chiare e che variano da fonte a fonte. Ha lasciato una moglie e tre figli.

Dedico questa modesta fanfiction a Kev: con tutto il rispetto possibile, mi rivolgo a lui come ad un amico, come se lo avessi sempre conosciuto, anche se non l'ho mai incontrato e mai ne avrei avuto la possibilità. So che lui era una persona straordinaria; che diversamente dal personaggio che interpretava era invece un uomo generoso, allegro, che faceva un sacco di battute divertenti. La sua maggiore caratteristica era quella di non essere superbo; era solito trattare tutti allo stesso modo, fossero essi bambini, persone comuni o vips.

Il tuo personaggio, Kev, che hai interpretato, forse inconsapevolmente, magistralmente bene, mi ha fatto compagnia nei miei momenti bui; nessuno aveva mai interpretato un Ares o un Marte così perfetto e io sono convinta che avresti meritato di più di questo telefilm. Ti sarebbe spettato un ruolo che ti avrebbe dato maggiore notorietà, facendo giustizia alle tue grandi doti artistiche.
Hai rispolverato la figura di un vecchio dio dimenticato, rendendolo attuale e verosimile. Ti parla una persona che, per motivi di studio, conosce bene la figura mitologica di Ares e in special modo quella di Marte, quello italico. Nella mia immaginazione 'lui' avrà sempre il tuo bellissimo volto.

Grazie, Kev...ti ricorderò sempre per le emozioni che sei riuscito a trasmettere a me e a tante altre persone nel mondo.

Farewell, Angel

INTRODUZIONE
Per tutti coloro che hanno sempre voluto vedere Ares (Marte) e Xena assieme, e consumare finalmente la loro passione fatta di Amore ed Odio, verrà qui accontentato.
Questa storia si svolge in un periodo antecedente all’altra mia fanfiction”La Corona della Gloria”, quindi pochi mesi prima della morte di Xena in Giappone (termine della sesta serie, ‘Friend in Need’), quindi sulla linea temporale del telefilm si colloca dopo l’episodio ‘Path Of Vengeance’ .
Ares nella prima parte appare quello di sempre, sbruffone ed arrogante, ma è soltanto una finzione; l’esperienza umana lo ha cambiato profondamente e, dopo essere tornato ad essere il Dio della Guerra, non riesce più a comportarsi come faceva prima.
Xena pian piano scoprirà questa verità su di lui, pur essendo all’inizio molto scettica al riguardo.
Afrodite con un incantesimo cerca di aiutare suo fratello; ma anche lei non è esattamente la frivola e poco intelligente dea alla quale ci si era abituati. La bionda e sensuale Dite dimostrerà una notevole arguzia e la capacità di comprendere con sensibilità i tormenti del prossimo.
L’inizio della vicenda riprende il genere commedia-comico, alle volte presente nel telefilm, per poi sfociare in una seconda parte decisamente seria, dove il genere che si fa largo è quello sentimentale-erotico.
Sono presenti, solo nelle prima parte, alcuni riferimenti all’ambiguo rapporto tra Xena e Gabrielle(Olimpia) e al legame che entrambe hanno con Ares.
Le puntate a cui mi sono ispirata più direttamente sono le seguenti: Path Of Vengeance (Xena e il sentiero della vendetta), Coming Home (Xena e l'ambrosia delle amazzoni), Old Ares Had a Farm, Succession, Seeds of Faith e God You Know.
PERSONAGGI PRINCIPALI: Xena, Ares/Marte(il Dio della Guerra), Gabrielle, Afrodite/Venere(Dea dell’Amore).
COPPIE: Xena ed Ares
Per critiche e commenti: mars2@tele2.it

La versione con le immagini e gifs di questa fanfiction la potete trovare sul mio sito: http://marishalna.altervista.org/
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CAPITOLO I
Il DIO DELLA GUERRA CERCA MOGLIE

Era una mattina assolata e faceva davvero caldo; le cicale cantavano imperterrite, mentre Xena e Gabrielle erano nel pieno di un litigio.
Erano in un bosco, ma l’ombra degli alberi non dava giovamento all’atmosfera surriscaldata che si era creata tra le due.
“Smettila, Xena, di tirarmi le nostre uniche pentole!”
“E tu…piantala di farmi accuse assurde!”
“Perché non dovrei?” Rispose la bionda con le mani ai fianchi, il viso delicato e pulito contratto in un'espressione rabbiosa e gli occhi verdi-azzurri in fiamme.
“Perché, mia cara, tra me ed Ares non c’è più nulla! Anzi, neanche in passato. Ultimamente, poi, da quando è tornato un dio, combinando quella situazione che ha messo in pericolo di nuovo Eve, lo trovo ancora più odioso. Non è cambiato per niente!”
Però, la mente di Xena volò al momento in cui lui, proprio in quell’occasione, le era arrivato alle spalle; l'aveva attirata sul suo petto massiccio, passandole una mano lasciva, illuminata dal suo rosso Potere, dalla bocca dello stomaco fino a sfiorarle i seni protetti, solo in parte, dalla sua corazza di cuoio.
Gli aveva chiesto, afferrando la sua mano ben fatta:” Perché ti comporti così, ancora?”
L’eccitazione, che all’istante era stato in grado di suscitarle, le aveva strappato un sospiro di piacere.
Lui le aveva risposto, sussurrandole all’orecchio, lambendolo con le labbra contornate dalla barba scura: “Conosci la Storia del Cigno e dello Scorpione? Cosa rispose alla fine quest’ultimo a quella domanda?”
E lei aveva replicato: ”É nella mia natura.”
Gli occhi azzurri e cristallini vagarono smarriti a quel ricordo.
La poetessa, che indossava il suo solito completo amazzone di cuoio e di stoffa color arancio, la fissò per qualche istante. Scosse il capo contrariata; si girò e preparò il cavallo mettendo la sella sopra il suo dorso e sistemando alcune cose nelle borse.
Gabrielle era già montata, quando Xena, scossasi dall’incanto, si era accorta di quello che la donna stava facendo.
“Dove stai andando?”
“Vado da mia sorella! -Esclamò con le sottili labbra serrate, in una smorfia di disgusto rivolta verso la compagna- è malata e ha bisogno di me. In tutti questi anni non sono stata presente per lei: è il momento che le dedichi un po’ del mio tempo!”
Xena afferrò le briglie: ”No, aspetta!”
“Smettila di guardarmi con quell’espressione dispiaciuta, questa volta non attacca. Lo so che cosa provi nei suoi confronti; perché non lo ammetti specialmente con te stessa?”
“Gabrielle, qualunque cosa sia, nessuno potrà rovinare il rapporto che c’è tra noi perché è un legame eterno: siamo anime gemelle! Capisci? Perché non ti fidi di me?”
Il viso della poetessa si distese e le sorrise, ma solo per qualche istante: “No, sono stata sempre in silenzio, ti ho lasciata troppo libera; sono stanca di essere considerata un’ingenua, sempre pronta a tollerare ogni cosa! Ho bisogno di stare da sola per qualche giorno. Ti prego, non trattenermi!”
Xena lasciò la presa e l’altra spinse l’animale al trotto, sempre più veloce, quasi stesse fuggendo.
La guerriera corvina si sentì triste, mentre vedeva quelle spalle tanto familiari allontanarsi. Era da molto che non si separavano. La risolutezza della compagna questa volta l’aveva ferita, poiché non si era mai comportata a quel modo: era sempre così remissiva nei suoi confronti, non si lamentava mai. Eppure quel giorno, mentre parlavano del passato, il discorso era caduto sul Dio Guerriero, e la compagna doveva averle letto negli occhi qualcosa che l’aveva mandata su tutte le furie…
Forse, era da troppo tempo che covava verso di lui quel risentimento, quella gelosia…
Se invece era una faccenda più complessa?
Era accaduto che in alcune occasioni, aveva osservato Gabrielle ed Ares scambiarsi sguardi profondi, come a comunicarsi un messaggio misterioso dal quale lei era esclusa…
Tra loro vi erano sempre state sfida e competizione. E se da esse era nata ad un certo punto, forse, una passione trasgressiva, covata a lungo nel lato più oscuro di loro stessi?
Sì, i due si erano a lungo misurati per avere la meglio su di lei, per conquistare il suo cuore, ognuno con le proprie armi. Era oltremodo sicura di un altro fatto: che il Dio della Guerra la amava, ma che nutriva un certo rispetto anche per Gabrielle. Una sorta di ammirazione che spesso era andata ben oltre; come quel giorno che le aveva offerto il ruolo di sua ‘erede’, oppure quella volta che le aveva addirittura proposto di diventare una divinità e implicitamente di vivere accanto a lui.
Lei ovviamente aveva sempre infine rifiutato, cosa che non aveva fatto altro che aumentare la dignità della poetessa agli occhi del dio.

La Principessa Guerriera, come era solita fare, non si perse d’animo e si impose di non pensare più all’accaduto. Tra qualche giorno la compagna sarebbe tornata e le cose sarebbero andate come in precedenza.
Montata in groppa ad Argo, percorse qualche miglio e dopo aver letto alcune indicazioni lungo la strada, si fermò a una stazione termale molto rinomata, frequentata dalle famiglie romane più in vista.
Da qualche giorno una vecchia frattura alla schiena le doleva e non c’era nulla di meglio che fare il bagno nell’acqua calda.
Pagati pochi oboli all’entrata, si diresse verso lo spogliatoio e lì si liberò della corazza, che la stava facendo soffocare. Il suo corpo appariva ancora flessuoso ed invitante nonostante non fosse più giovanissima; dopotutto era tutto merito del combattimento, se a lungo avrebbe mantenuto ancora le sue forme così rigogliose.
Si immerse nella grossa vasca comune, che a quell’ora era già affollata dalle altre donne, si fermò in punto vicino al bordo e si rilassò.
Non era trascorso molto tempo quando, mentre stava immobile ad occhi chiusi, le arrivarono alle orecchie i discorsi di alcune grasse matrone:
“Sai l’ultima?”
“Cosa? Clodia ha un altro amante? No, risparmiamela!”
“No, questa è meglio! Si tratta del Dio della Guerra.”
Xena, pur tenendo le palpebre abbassate, aveva alzato un sopracciglio scuro.
“Ti prego, mi annoiano i discorsi riguardo alle battaglie…”
“No, credo proprio che l’argomento ti interesserà, è tra i tuoi preferiti: pare che Ares stia cercando moglie!”
Le altre donne si avvicinarono.
“Sì, anche se gli déi sono decaduti, è certo che lui gode ancora di prestigio…”
Ridacchiarono all’unisono, maliziose.
“Sembra che in questo periodo moltissime fanciulle siano interessate a lui e che affollino i suoi templi in ogni località. Dicono che il dio sia ancora più avvenente di prima e, che tutte le donne gli cadano ai piedi! Non c’è ragazza in tutto l’Impero che non farebbe pazzie per entrare nel suo letto!”
“Già, alcune Ateniesi mi hanno detto che faccia più strage di cuori, e non solo di quelli, che di nemici in battaglia…” Era intervenuta un’altra e tutte di nuovo risero fragorosamente.
“Ares ha dichiarato che ne sceglierà solo una tra le tante, la prenderà come sposa a Roma davanti all’imperatore!"
La guerriera spalancò gli occhi e guardò verso le pettegole; la più informata tra loro aveva una parrucca rossa con un’acconciatura molto eccentrica, che non si era tolta nemmeno per fare il bagno, tanto era vanitosa.
“Sì, è così! Ve lo assicuro! Le giovani si recano in continuazione presso i luoghi adibiti al suo culto nei loro vestiti migliori, a portargli offerte nella speranza di essere notate. Sapete che vi dico? Io mando anche mia figlia… mi dispiace di essere troppo anziana: avrei voluto provare anche io. Infatti, dicono che lui…
“Sì e che … lo abbia …”
Xena andò sott’acqua per non sentire il resto del discorso, poiché si era sentita imbarazzata.
Che donne senza pudore…
Che ne sapevano loro?
Uscì furiosamente fuori della vasca, appena notata dalle matrone che, non curanti, continuavano il loro discorso.
Le voci del popolo nascondono sempre un fondo di verità: sicuramente dietro a tutto ciò doveva celarsi uno dei piani di Ares, e di cosa si trattasse lo avrebbe scoperto immediatamente. E poi, avrebbe reso un fallimento ogni suo tentativo di far del male al prossimo, come sempre del resto.
Si rivestì in fretta; per l’agitazione, quasi senza badare al fatto che la schiena le doleva ancora molto, si mise in cammino con i lunghi capelli neri ancora umidi sulle spalle.
In breve, giunse ad uno degli edifici sacri al dio: il sudore dovuto all’elevata temperatura le stava rendendo insopportabile quella pesante corazza, sentiva un prurito…
I templi avevano il vantaggio di mantenere al loro interno una temperatura costante in estate, perché erano costruiti con grosse pietre e per questo, appena entrò, sentì un po’ di refrigerio.
Il seggio, che si trovava in fondo alla sala, aveva sulla spalliera l’orribile riproduzione di uno scheletro umano, che recava un elmo in testa con un alto pennacchio. Davanti vi era l’ara dove erano deposte talmente tante offerte, che alcune erano state ammucchiate anche a terra.
“Ares, fatti vedere!”

Lui apparve in un lampo di luce azzurra, accomodato scompostamente sul suo scranno, e allo stesso tempo tutte le candele sui lunghi candelabri si accesero.
“Ssh! -Le intimò, portandosi sulle labbra un dito su cui aveva un vistoso anello- Ti prego Xena, non urlare così forte, potrebbero sentirti!”
Si avvicinò salendo tre gradini verso la nicchia, dove era sistemato l'altro a sedere, e guardandolo sarcastica:
“Chi?” bisbigliò, adeguandosi al suo tono di voce.
“Quella mandria di furie inferocite! Se sanno che sono qui…”
“Le Furie le ho uccise io!”
“Non quelle, a proposito… perché sei venuta qui?”E la osservò con sospetto.
“Sono io quella che fa le domande: cosa c’è sotto a questa storia del matrimonio? Che cosa stai facendo? Credi di essere il principe di una favola?”
Lui si alzò in piedi, scese gli scalini baldanzoso con il petto in fuori, e alzando un sopracciglio: “Perché? Non avrei potuto decidere di prendere moglie e mettere su famiglia?”
Rise sarcastico mettendo in mostra i denti bianchi. L’altra fece alcuni passi, lo prese per il collo e con un’espressione dura: “Non prendermi in giro, sputa il rospo!”
Le afferrò il polso con saldezza e si liberò agevolmente dalla stretta.
“Va bene, è vero... c’è qualcosa sotto, ma non è come pensi. Io non c’entro nulla con quello che sta accadendo. Non ci crederai, ma è stata Afrodite. Ebbene, quella dispettosa di mia sorella ha fatto in modo che tutte le fanciulle in età da marito siano attirate inesorabilmente da me!"
“Cosa?” Sbottò Xena, che rimase con la bocca spalancata e le mani ai fianchi.
“Proprio così. Appena mi vedono, mi saltano addosso come cavallette; è per tenerle a bada che ho dovuto inventarmi la scusa del matrimonio, per avere un po’ di pace.” Commentò con un’espressione davvero esasperata, corrugando la fronte e le sopracciglia scure.

“Ma come? Non era quello che hai sempre desiderato?” Lei aveva un sorriso tagliente e sardonico.
“No… proprio per niente! Io ho una dignità.” E aprì le braccia.
“Perché Afrodite ti ha fatto questo? Tu devi avere attuato una delle tue malefatte!”
“Non proprio. Credo che lei mi abbia visto da solo in questo ultimo periodo …e per rimediare abbia, a suo modo, combinato uno dei suoi soliti pasticci.”
L’espressione smarrita di Ares, stimolò nella guerriera un’ilarità inaspettata.
“Ah, Ah! Si può dire tutto di lei, ma non che non abbia il senso dell’umorismo.”
Xena cominciò a ridere fragorosamente e le vennero le lacrime agli occhi.
“Ssh... Smettila, o ti sentiranno!- Gesticolava concitatamente- Cosa credi, che sia una cosa piacevole dover tenere a bada tutte quelle donne che ti palpano dappertutto?”
“Mi dispiace, ma non riesco a… fermarmi.” L'altra si dovette tenere la pancia, che le doleva. Da quando non rideva con tanto gusto?
Alla fine si era seduta e si era calmata.
“Oh no, troppo tardi!” Lui, fissando l’entrata, aveva lo sguardo scuro di chi aspetta un’orda barbarica.
Un folto gruppo di fanciulle, spalancando il portone del tempio, si era fatto strada correndo:
“Ares, perché ti stai divertendo solo con lei? Ci siamo anche noi!”
Prima che il dio potesse replicare, gli erano già tutte addosso e l’avevano sospinto sull’altare sdraiandolo, mentre alcune offerte venivano frantumate sotto il peso del suo possente corpo o cadevano a pezzi a terra.
La guerriera a causa di quella scena ricominciò a sghignazzare.
“Xena, ti prego aiutami!” La supplicava, mentre, nonostante la sua resistenza, gli avevano già strappato la casacca di dosso.
“Non posso, è troppo divertente! Il grande Dio della Guerra battuto da un ‘armata’ di donne invaghitesi di lui.”
Ormai gli stavano quasi per togliere anche gli attillati pantaloni di pelle, quando Ares disse: “ E voi ora basta!” E con uno schiocco di dita, le aveva già rese tutte immobili.
Dopo di che, con un fulmineo scatto di reni, si era rimesso in piedi e si avvicinò a lei:
“Credi che sia eccitante? Ascoltami, bisogna risolvere al più presto questa situazione; parla tu con mia sorella, anzi, manda Gabrielle, sai che ha un debole per lei, e che perciò le darà retta.”
La Principessa Guerriera si era ricomposta e gli era di fronte: “Mi dispiace la poetessa non c’è. Andrò io personalmente da Afrodite e la convincerò, con le buone o con le cattive, a toglierti quest’incantesimo. È un abominio per il genere femminile che tutte debbano essere attirate da te come api al miele!”
Conclusa la frase con un’alzata di spalle, stava per andarsene.
L'altro si era fatto serio e con due lunghi passi l’aveva già raggiunta, sbarrandole la strada; le era arrivato così vicino con le labbra, che quasi le sfiorava le sue.
“Dimmi la verità, ti sei precipitata qui perché hai creduto davvero che qualche altra donna potesse stare al mio fianco?”
“Cosa vorresti insinuare?”
“Che sei gelosa di me.” Piegò il viso affilato da un lato e la guardò negli occhi.
Xena ridacchiò beffarda: ”Hai ancora...” E gli mise una mano sulla testa cercando di sistemaregli i corti capelli corvini, setosi al tatto, che a causa del recente 'scontro' si erano scompigliati. Egli girò gli occhi in alto leggermente spiazzato per il gesto.
“Ecco! Non era molto dignitoso che tu andassi in giro a quel modo.”
“Non hai risposto alla mia domanda...”
“Gelosa, io? Ma andiamo, solo un sortilegio può fare in modo che tutte le fanciulle cadano ai tuoi piedi.”
La afferrò per la vita con decisione e forza, in modo assai provocatorio: lo sguardo gli si era fatto tagliente.
“Davvero, credi che io non sia abbastanza attraente?”
Adorava sfidarlo, era un gioco che le piaceva ed anche a lui.
Ares sorrise bieco e la strinse di più verso il suo torace massiccio.
Xena smise di respirare. Era così caldo e non solo… oltre ad essere un uomo sovraumanamente bello, per le perfette proporzioni del corpo, sapeva rendersi estremamente affascinante. L'altro non doveva intuire quello che stava pensando, e il modo in cui lo stava desiderando in quel momento. Egli era così… carico di oscuro mistero; sperò che i suoi stessi occhi non la tradissero.
“Lasciami! - Comandò con voce ferma ed arrogante- o non potrò andare da Afrodite! Se vuoi che metta le cose a posto…”
Il dio continuava sogghignare sotto i baffi scuri. Inclinò dall'altro lato la testa, facendo dondolare il pendaglio dell’orecchino che portava al lobo sinistro; si avvicinò di nuovo, con più insistenza, rischiosamente alla sua bocca.
“No, non ti lascerò, finché non ti avrò sentito dire quello che voglio sentirmi dire: ammettilo Xena, avanti!”
Perché gli aveva permesso di arrivarle così vicino? Che le stava succedendo?
“Potrei farti male, Ares! Toglimi le mani di dosso!”
In un’altra occasione lo avrebbe già colpito, perché ora non ci riusciva?
Le sussurrò con un tono molto caldo:
“Potrei rischiare, mia Principessa Guerriera. Però ti dirò che il tuo respiro è troppo accelerato per essere quello di una che non sta provando nulla…”
Lei sentiva il suo odore misto a quello del cuoio delle sue vesti, ma odiava lasciarlo vincere e avrebbe voluto sottrarsi. La sua presa, tuttavia, si era fatta troppo ardente ed intima; dopotutto era pur sempre una donna e Gabrielle era così lontana…
Non seppe come accadde e forse neanche lui se ne rese ben conto, ma si trovarono avvinti in un bacio alquanto sensuale. Lei aveva assecondato i suoi movimenti e si era stretta a lui facendo aderire il proprio ventre al suo, mentre le agili mani del dio erano scese in basso a sfiorarle il sodo fondoschiena.
All’improvviso si destò da quell’attimo di debolezza. Lo desiderava davvero o era quell’incantesimo ad essere troppo potente?
Si liberò dalle sue braccia. Aveva abbassato lo sguardo azzurro, solo per un istante, per rialzarlo nel momento successivo molto aggressiva:
“Questo sortilegio è davvero efficace: la Dea dell’Amore è di gran lunga migliorata.”
“Dici così perché sei imbarazzata da quello che provi. Ti è piaciuto: accettalo, Xena…”
“No, sei sempre il solito! Pronto ad approfittarti dei momenti in cui abbasso solo per qualche istante la guardia. Oh, se l’esperienza umana accanto a noi ti avesse cambiato almeno un po’! Sarebbe stato tutto diverso.”
Negli occhi di Ares balenò una luce, che dopo poco fu nascosta di nuovo. La donna non la vide perché se ne era già andata, sbattendo le grosse ante del portone dell’edificio.

La guerriera percorse un breve tratto a cavallo, scese e camminando a pugni e a denti stretti, e si diresse verso il tempio di Afrodite.
Come aveva potuto concedergli quel momento così intenso? Perché lui riusciva ancora ad ingannarla dopo tanto tempo, e a rigirarsela come voleva?
Come lo odiava!
Malediceva il giorno in cui per la prima volta, dopo una lunga e sanguinosa battaglia, le era apparso dinnanzi. Ricordava che era bellissimo, vestito di pelle ed armato; con i lunghi capelli sparsi sulle spalle che gli davano un aspetto selvaggio, il volto dagli zigomi alti e dai lineamenti ben modellati.
Lui l’aveva guardata subito con desiderio…
Quella specie di maniaco dai poteri divini...
Perché, in ogni caso, doveva essere tanto eccitante e terribilmente sensuale?
Oh Ares, ti detesto!
Perché non sei mai cambiato nonostante tutto?
Eppure, quando l’aveva visto umano e fragile, ferito nel corpo e nell’anima, era riuscita a provare affetto e tenerezza verso di lui: non più quell’attrazione fatale, tanto pericolosa da poterla distruggere.
Perché, Ares, anche con tutti i miei sforzi non sono riuscita farti maturare?
Nonostante tutto, quello che aveva sentito pochi minuti prima, le era davvero piaciuto. Quel bastardo aveva ragione...
C’era anche dell’altro…era solo una misera sensazione, ma era oltremodo convinta di aver percepito dentro di lui qualcosa di diverso, come la certezza che vi fosse un fuoco tenuto ben represso. Non si trattava di semplice passione, bensì un che di molto più complesso che non sapeva classificare.
C’era un elemento nuovo o forse vi era sempre stato nel dio: in quel momento, tuttavia, non sarebbe stata in grado di stabilire se ciò fosse un bene o un male.

Fu con questi pensieri funesti che Xena spalancò il portale del tempio della dea.
Andò vicino alla statua di culto e in preda all’ira urlò:
“Afrodite, esci fuori immediatamente!”
Quest’ultima rispose all’appello e le apparve alle spalle, tenendo sbarazzina le braccia dietro la schiena e sorridendo giuliva:
“Ciao, Xena! Come stai? E dov’è Gabrielle?”
La guerriera con uno scatto felino le agguantò i boccoli biondi.
“Mi fai male!” Piagnucolò la dea.
“Cosa diavolo hai fatto?”
“Lasciami! Permettimi di spiegarti.”
“Annulla quell’incantesimo immediatamente!” Le intimò digrignando i denti.
“Ti prego, non è così come sembra. Sediamoci e parliamo. Per favore, cerca di essere un poco civile. Ti scaldi sempre troppo, quando si tratta di Ares!”
L'altra spalancò gli occhi per la frecciata irritante di Afrodite e lasciò la presa. Certo, stava esagerando.
“Oh, grazie.” Lei disse graziosamente imbronciata e prendendosi i capelli fra le mani cercando di sistemarli.
“C’è un motivo per il quale ho agito così: accomodati e ascolta.”
Fece apparire uno scranno a due posti intrecciato di rami sul quale vi erano dei soffici cuscini.
La guerriera un po’ restia alla fine accettò l’invito.
La dea si riassettò le pieghe del vestito rosa, tanto trasparente da far intuire tutte le sue forme con estrema facilità.
“Sai, mia cara, io non sono stupida come credi, e non agisco… perché non ho nulla da fare tutto il giorno."
“Spiegati, ma fallo presto!”
L’altra scosse il capo contrariata e, dopo aver accavallato le gambe, cominciò la narrazione.
“Va bene. Ti dirò quale è il motivo per quale ho deciso di fare questo incantesimo su Ares. Qualche tempo fa ero impegnata… Beh, sono la Dea dell’Amore e ho bisogno anche io delle mie distrazioni: ero riuscita a trovare due giovani amanti persiani davvero bellissimi, talmente ben fatti che…”
“Non mi interessa, vai avanti!” Sbottò Xena nel modo in cui era solita minacciare i nemici.
“Allora, ad un certo punto ho sentito nelle orecchie un pianto lontano di un neonato e una voce femminile. Sai che noi dei possiamo sentire le suppliche di chi ci invoca, dovunque egli sia. Ho pensato che fossero delle persone in pericolo; così ho lasciato di fretta e furia i miei due splenditi ragazzi e mi sono recata sul posto.
Ero apparsa dietro a degli alberi, senza rendermi visibile e, ho visto che una donna bruna litigava con un uomo; ella recava tra le braccia un neonato avvolto in un panno. Lui ad un certo punto le aveva dato uno schiaffo, che era stato così terribilmente violento da gettarla a terra; il bambino le era scivolato sull’erba fresca e piangeva ancora più forte. L’uomo se ne era andato montando su di un carro: li aveva abbandonati lì senza scrupoli.
A quel punto volevo intervenire, ma erano sopraggiunti all’improvviso dei lupi affamati attirati dall’odore delle teneri carni e io non mi decidevo ad agire. Io odio quegli animali!
Prima che io mi potessi muovere, un’ombra scura era saltata nel circolo formato dai lupi con un’acrobazia e aveva raccolto sia la madre che il piccolo.
Egli, per condurre al sicuro le due ignare vittime, cominciò a cacciare i predatori lanciando delle palle di fuoco, che provocarono un bagliore tale da illuminare il suo stesso volto. Fu solo a quel punto, che mi resi conto che si trattava di mio fratello Ares.
Non c’era dubbio. Nonostante la sorpresa, rimasi nell’ombra perché mi volevo accertare della natura delle sue intenzioni, infatti, nutrivo dei forti sospetti.
Lui aveva preso il neonato tra le sue braccia muscolose e lo teneva con attenzione. Lo guardava intensamente e dopo aver abbozzato un sorriso disse: “Piccola, non preoccuparti, anche se tuo padre non ti vuole, un giorno non dovrai più temere i nemici, perché io farò in modo che tu possa imparare a difenderti da sola. Sarai una guerriera.”
Dopo di che afferrò anche la madre e svanì, ma io lo seguii.
Le aveva condotte presso un villaggio. Affidò la bimba a Varia, Regina delle Amazzoni, chiedendole di addestrarla nelle arti del combattimento, non appena fosse cresciuta e per la madre dispose che fosse curata e ospitata…”
Xena era arrivata al limite e dovette interrompere il racconto della dea:
“Cosa stai cercando di dirmi? Che Ares avrebbe salvato degli innocenti senza nessuno scopo? Che il superbo e crudele dio guerriero si sarebbe occupato di mettere al sicuro due esseri umani inermi? Ti sbagli, forse non era lui!”
“Ma come potrei sbagliarmi? Adesso, non sarei in grado di riconoscere mio fratello?”
La donna aveva gli occhi e la bocca spalancati: lui non poteva mutare, non era possibile che avesse compiuto un’azione del genere!
“Forse, avrà avuto un qualche interesse…” Si alzò in piedi furiosa.
“Io credo proprio di no, invece! Io sono sicura che lui sia cambiato.”
Afrodite afferrò le mani dell’altra invitandola a sedersi di nuovo e guardandola con i suoi occhi innaturalmente azzurri, sorridendole con le fossette, le disse: ”Lui è orgoglioso e non vuole far sapere a nessuno quello che gli è accaduto dentro, dopo che ha sacrificato la propria divinità, senza chiedere nulla in cambio, per salvare te, Gabrielle ed Eve. Sai, è davvero molto bravo a fingere, a dissimulare: è ciò che sa fare meglio.
Alle volte penso che, se fosse nato umano, non sarebbe diventato un guerriero, ma un attore: ha anche un’ottima presenza scenica, non trovi?” La dea fece una delle sue risatine.
Xena restò incredula.
“Stai parlando sul serio, credi davvero che lui stia fingendo di essere il ‘malvagio Ares’ di un tempo?”
“Certo.” Ammise la dea convinta di essere stata capita questa volta.
“Adesso, torniamo al punto: perché gli hai fatto questo incantesimo?”
“Semplice: io sono convinta che lui abbia bisogno di qualcuno accanto, di una donna e di una famiglia. Credo che questo sia il suo desiderio più grande, anche se rimane inespresso all'interno del suo animo. Io voglio aiutarlo a trovare quello che sta cercando.”
Afrodite aveva assunto l’aria dell’eroina illuminata.
L'altra si schiarì la voce e poi la alzò: ”Credi che questo sia il modo? Vincolare tutte le donne del mondo a un essere come Ares, infedele, donnaiolo, e non dimentichiamocelo, violento e senza scrupoli?”
“Ti dico, che lui non è più così. Pensa a quanto gli sia difficile, ora essere consapevole di tutto il resto, fare i conti con il proprio ruolo e la propria natura. Lui soffre!”
“Lui soffrire? È un‘assurdità!”
“Lo conosco. So anche che non è mai stato del tutto malvagio e tu lo dovresti aver capito, meglio di chiunque altro! Adesso poi…”
“Senti, a me non importa nulla di Ares e dei suoi ‘turbamenti”’ voglio solo che le fanciulle non siano costrette ad essere attratte da lui. Ci vuole un po’ di rispetto per il genere femminile! Io non mi dimentico delle malvagità a cui mi ha sottoposto in passato. Di recente, ha messo in pericolo di nuovo la vita di Eve e ha fatto quasi sterminare tutte le amazzoni. È un essere odiosissimo! Non merita il tuo impegno e non credo che sia cambiato.”
Xena era stata dura a livello verbale, ma Afrodite le lesse negli occhi che non pensava davvero quello che aveva appena detto. La dea mise su un finto e grazioso broncio: “Quando ero in balia di Caligola, mio fratello, pur privo delle suoi poteri, è venuto ad aiutarmi. Questo non l’ho dimenticato, io! Glielo devo.”
La Principessa Guerriera era già in piedi e ormai non la ascoltava più.
“Togligli quell’ incantesimo e basta! Non mi interessano tutte queste stupide chiacchiere.”
Dite pensò con terrore che se lei fosse stata qualcun altro, sicuramente l’avrebbe già attaccata; le rispose con voce stridula, mettendo le mani ai fianchi: “Non posso, mi dispiace. Il sortilegio se ne andrà automaticamente nel momento in cui Ares avrà trovato una donna che lo ami per quello che è, e solo nel caso che anche lui ricambi questo sentimento. Dopo di ciò tutte le altre saranno libere. E tu dovrai aiutarmi, se vuoi che la situazione si risolva al più presto.”
La guerriera si dovette sedere di nuovo con gli occhi fuori dalle orbite.
“Qui non si tratta di combattere contro i signori della Guerra, mostri, 'divinità crudeli' o eserciti: è un’impresa impossibile. Io non sono in grado, nessuno è in grado di trovare una donna per il Dio della Guerra!”
Afrodite, che le era accanto, la prese per le spalle con delicatezza e la fissò con uno sguardo fin troppo eloquente. Avrebbe voluto dirle che l’unica compagna al mondo giusta per Ares era proprio lei e che egli si struggeva d’Amore per causa sua da troppo tempo ormai. All’inizio era stata solo un’ossessione per lui, una sfida eccitante, ma poi se ne era innamorato perdutamente.
Si ricordava del giorno in cui aveva trovato suo fratello sull’Olimpo, ritornato da poco ad essere una divinità: appariva piuttosto abbattuto. Sedeva con le spalle curve su di un gradino del podio, dove era messo il trono del Re degli Dei.
“Sono di nuovo il Dio della Guerra e ho già fatto del male alle uniche persone a cui non avrei voluto farlo. La mia natura e mio ruolo mi impongono un certo comportamento…
Sai l’unica cosa che avrei desiderato? Restare umano e vivere con loro due in quella miserevole fattoria sperduta. Mi sarei accontentato anche di non avere mai Xena, mi sarebbe bastato starle discretamente accanto; avrei sopportato perfino quell’irritante di Gab, tanto ormai mi sono affezionato anche a lei. Mi sarei anche rassegnato perfino ad invecchiare, pur di rimanere lì con loro…
Non posso, capisci, non potrò mai!”
Si era seduta accanto a lui sullo scalino di marmo bianco.
“Mi dispiace, è quello che siamo. Tanto potere e molta solitudine. Bisogna accettarlo.”
“Lei non dovrà mai sapere quello che provo, quanto l’amo oltre misura, e in special modo, quanto sono cambiato! Voglio che viva felice con la sua poetessa…Ah! Quanto darei perché mi vedesse, una sola volta, con gli occhi con cui la guarda! Non si accorge di me, non mi scruta dentro. Nonostante ciò non vorrei nemmeno farle pena…”
Alla bionda dea parve un bambino perso.
“Porterò avanti il ruolo che mi è stato affidato dal Fato. Tornerò peggiore di prima! La Guerra mi consolerà, il fragore delle armi mi renderà più forte. Lì solo è il mio posto, sul nudo e sterile campo di battaglia. Devo andare…”
Quando il dio alzò il capo, si avvide che sua sorella stava piangendo. Lo abbracciò e appoggiò il viso al suo, bagnandogli di lacrime sincere la barba.
“Non è giusto… -Diceva tra i singhiozzi- che gli uomini possano scegliere il proprio destino, mentre tu no. Ti fa onore provare questi sentimenti, non devi vergognartene!”
“No… calmati, cara Dite. -Le asciugò le gocce di pianto con le nocche- mi passerà e sarò quello di un tempo, non preoccuparti per una vecchia canaglia come me!”
“Io non voglio che tu sia più ‘il vecchio Ares’: non soffocare più le emozioni che provi verso Xena e la compassione che senti verso tutti gli uomini, adesso!”
Trascorso qualche minuto, lei si calmò e, alzandosi in piedi, porse la mano affusolata al fratello, che l’afferrò. Pian piano lo condusse dolcemente nella Sala d’Oro, dove gli déi attraverso degli specchi potevano vedere presente, passato e futuro. Lì vi era un kline foderato di velluto blu; vi si adagiò sopra e le sue lunghe gambe, che uscivano dallo spacco laterale dell'abito succinto, si mostravano sode e sensuali.
Si tolse con eleganza la parte superiore della veste, mostrando il torso e il seno pieno splendidamente modellati.
La dea prese entrambe le mani di lui invitante, ma egli abbassò lo sguardo.
“No, non questa volta…”
“Ma starai meglio dopo…”
“È passato quel tempo… io non posso!”
Si girò deciso con la mascella serrata, mettendo le braccia conserte.
Lei si alzò e gli cinse la vita, appoggiando la guancia e il petto alla sua schiena.
“Lasciami…”
“La ami troppo, non è vero? Non ti avevo mai visto così perso per una mortale… mai.”
Le mani bianche di lei, ornate da lunghe unghie dipinte, si spostarono pericolosamente verso il bassoventre di lui, muovendosi sul morbido cuoio nero.
Lui inalò forte dal naso: “Fermati!” Le intimò. Ares si girò, e dopo averla afferrata per le spalle, le disse con fermezza: “Per secoli è stato compito del Dio della Guerra e del Dea della Amore congiungersi in questa stanza. L’intento era quello di unire le nostre energie opposte nei momenti in cui il mondo era in difficoltà e ripristinare l’equilibrio perduto, in modo che tutto non ripiombasse nel caos originario. Adesso, in ogni caso, gli déi non regnano più come Signori e Padroni incontrastati, perciò non è più indispensabile che noi due…
Gli uomini attraverso la nuova fede stanno imparando a autogestirsi, sento che diverse forze si stanno muovendo e crescendo. Non dipendono da noi, non siamo più così necessari. Se vogliamo potremo ancora intervenire, le nostre presenze potrebbero servire, ma…presto saremo dimenticati. E forse perderemo il nostro Potere e svaniremo nel nulla…” Schioccò le dita con un gesto enfatico, per sottolineare quelle ultime parole.
“Perciò, credo che sia arrivato il momento che questo obbligo abbia termine, anche se entrambi ne abbiamo sempre tratto un rinvigorimento delle nostre stesse Energie.” Sentenziò seriamente.
Lei abbassò le palpebre dalle lunghe ciglia, si morse il labbro, e avrebbe voluto far scorrere le lacrime che le salivano agli occhi. Dentro qualcosa le si stava spezzando dolorosamente: non aveva mai sperimentato nulla del genere. Per lui quindi 'quell’ Unione Mistica', alla quale Zeus li aveva consacrati fin da adolescenti in segreto, era stato solo un ‘obbligo’…
Non doveva dare a vedere ciò che sentiva. Non avrebbe mai creduto di provare nei confronti di lui, qualcosa che non fosse: ’quell’odioso di Ares inviso a tutti gli déi e agli uomini’.
Rise sbarazzina: sembrava di ascoltare un tintinnio di campanellini.
“Sono d’accordo. Sei l’unico che mi sia rimasto e ti voglio bene, dopotutto. Perciò farò qualunque cosa purché tu sia felice. Anche comportarmi sempre e solo da brava sorellina nei tuoi confronti da ora in avanti.”
Deciso la prese saldamente per i polsi: “Ti prego, non fare nulla che potrebbe nuocere a loro due. Mi sono sfogato con te, perché tu sei l’unica che mi possa capire…”
“Mai, anche io tengo a loro. Sai, sei così mutato… ultimamente, sei talmente bello: pieno di dignità e fervore. Io non ho potuto realizzare questo per te in passato, solo lei ci è riuscita!”
Il Dio della Guerra l’accarezzò con lo sguardo con tenerezza.
“Io vado, ho molto da fare.”
Si era già materializzato altrove.
Afrodite sospirò a quel ricordo: la Principessa Guerriera non avrebbe mai dovuto sapere niente di ciò.
“Bene, Xena, andiamo! L’unica cosa da fare è organizzare un bel concorso, come di quelli che si fanno a Lesbo! Facciamo sfilare le fanciulle davanti ad Ares, in modo che possa esaminarle una per una, anche ponendo delle domande.”
“Come,‘facciamo’?” Urlò la guerriera ormai spazientita afferrando la dea per il collo, come se fosse una gallina.
“Ahi! Mi stai facendo malissimo!”
“E potrei fartene ancora. Annulla l’incantesimo!"
“Ti ho detto già che non è possibile. L’unica cosa che puoi fare è aiutarmi a trovare questa persona per lui.”
“E sia. - Disse l'altra con un‘espressione terribile sul volto e lasciandola aggiunse:- Basta che questa storia finisca presto!”
La dea sorrise impercettibilmente: le cose stavano andando come aveva previsto.

Qualche giorno dopo, una lunghissima fila vociante di ragazze imbellettate e con le chiome raccolte si presentò davanti al tempio del Dio della Guerra.
Xena vi entrò con un passo deciso: “Ares, fatti vedere.”
“Salve, ah ma ci sei anche tu Afrodite; immagino che abbiate raggiunto un accordo, bene.”
Osservò sorridendo, mentre delle piccole rughe gli si formavano intorno agli occhi e la bocca.
“Sì, l’unica soluzione è trovare una donna per te.” La guerriera fece una smorfia minacciosa, come se stesse per intraprendere una battaglia.
Lui alzò inverosimilmente le sopracciglia, sorpreso.
Lei andò a spalancare il portale dell’edificio, mentre la dea invitava le ragazze a disporsi in maniera ordinata.
“Oh, no. Quelle arpie!” E si andò a nascondera dietro al trono.
“Ares, avanti siediti… non fare il codardo: volente o nolente, dovrai esaminarle!” Gli urlò Xena.
Quando lui stava per convincersi ad accettare l’ingrato compito, all’estero si sentì urlare.
Il Dio della Guerra balzò con la spada in pugno, le gambe divaricate e piegate; sembrava essersi destato da un sonno profondo, il cipiglio gli si era fatto oscuro e con una voce atta al comando, disse: “Xena, c’è qualcosa di terribile là fuori, lo sento. Fai entrare tutte le ragazze, io esco.”
Con pochi passi era già all’esterno. La donna affidò ad Afrodite il compito di badare alle fanciulle, chiuse il portone dietro di sé e andò ad affiancare Ares con la spada sguainata.
Quello che avevano di fronte era un demone gigantesco e mostruoso, che li sovrastava entrambi:
“Salve, mi manda Lucifer, il Signore dell’Inferno: sono venuto per la Principessa Guerriera.”
“Come sei arrivato qui?” Gli chiese il dio, perché sapeva che esseri del genere non potevano accedere al mondo terrestre se non trovavano un passaggio, o peggio se qualcuno non si faceva da tramite chiamandoli.
“Non sono autorizzato a parlare. Voglio lei!”
Xena si fece avanti senza mostrare esitazioni: ”Lascialo a me! La-la-la-la-hiiii-shiiii-yaah!"
La guerriera, dopo aver gridato il suo famoso urlo di battaglia, fece una capriola in aria e si catapultò sull’essere, che aveva ali di pipistrello, il quale spiccò il volo e la raggiunse a mezz’aria. L’attacco di lei non fu affatto efficace, perché il demone con una manata la respinse e la sbatté a venti metri di distanza a terra.
Ella cercò di rialzarsi, ma non vi riuscì. Sentiva un forte dolore: solo allora si ricordò di quella sua vecchia ferita alla schiena, perché non era più in grado di sollevarsi. Il colpo era stato terribile ed Ares, rendendosi conto della situazione in cui vessava la sua amata, con un salto si avventò sul nemico. Convinto di non essere scorto, cominciò a combattere con una grinta inaspettata e una tecnica sopraffina: era velocissimo e preciso.
La creatura delle tenebre, vistasi in difficoltà, si precipitò di nuovo verso la guerriera. Mentre accadeva ciò, il dio con il braccio disteso e ruotando la mano, stava aprendo una sorta di vortice, che avrebbe risucchiato l’essere in un’altra dimensione.
Egli si accorse tardi che quel mostro aveva afferrato Xena. Quest’ultimo, mentre stava per essere trascinato con lei nel passaggio, che lo attraeva inesorabilmente al suo interno, aveva minacciato con una voce cavernosa:
“Verrà con me.”
Ares con un altro salto si buttò verso l’immondo. Senza esitare lo infilzò con la spada e riuscì strappargli la guerriera, ma l’essere prima di essere inghiottito, con i suoi artigli lo aveva colpito al ventre.
Infatti, i demoni avevano la capacità di poter ledere le divinità, di solito invulnerabili alle armi umane.
Strinse forte a sé Xena. Ella era semi-cosciente; sul viso aveva dei piccoli tagli da cui usciva del sangue. Lo guardò attonita, mentre le bisbigliava: “Tieniti forte a me, non lasciare la presa per nessun motivo: non ce la faccio a tornare indietro, stiamo per essere risucchiati dentro anche noi. Non preoccuparti, ce la caveremo lo stesso.”
Il passaggio dimensionale si richiuse trascinando con sé entrambi.
Afrodite era uscita dal tempio, sconvolta, e con le braccia conserte, mentre lo spostamento d'aria le muoveva i capelli e la veste rosa:
“Mi dispiace, non credevo che sarebbe stato così pericoloso: l’ho fatto solo per aiutarvi…"

CONTINUA…

ANTICIPAZIONI
La situazione in cui i due protagonisti si troveranno non sarà delle più facili. Nonostante ciò, finalmente, dopo tanti anni di incomprensioni, avranno modo di passare del tempo insieme da soli. Daranno sfogo alla loro passione che era stata soffocata, ricordandosi prima di tutto di essere un uomo e una donna che si amano.

Un ringraziamento, veramente sentito e dovuto, va a NACOCHAN, la mia beta, che con paziente abilità, ha saputo aiutarmi a rimettere in piedi questo capitolo nel modo migliore possibile.
NOTA
Dal mio punto di vista è scontato che Ares/Marte e Afrodite/Venere abbiano avuto una relazione; perché mi baso sulla mitologia classica, sia greca che romana, dove tra gli déi era una fatto piuttosto normale che i parenti stretti si accoppiassero e avessero figli. Non a caso gli stessi Zeus ed Era erano allo stesso tempo sia fratello e sorella, che consorti, nonché re e regina. Ho voluto mettere questo appunto, per coloro che magari non hanno avuto una formazione classica, o sono giovani, e comunque non tutti sono tenuti a sapere questi fatti e da ciò che ho scritto sopra, potrebbero rimanere leggermente turbati (grandi autori e artisti, tra cui Ovidio nelle 'Metamorfosi' per quanto riguarda la letteratura latina, o Omero nel VII canto 'dell’Odissea', hanno splendidamente trattato gli Amori tra Marte e Venere).
È vero, nel telefilm non era presente questo riferimento, ma mi è sembrato che il farne menzione rendesse più interessante la vicenda.
Inoltre, spesso nell’arte questo tema è stato oggetto di ispirazione, e più volte gli artisti l’hanno interpretato in chiave simbolica: “Solo l’Amore può placare la Guerra”(esempio nel de 'Rerum Natura di Lucrezio' che si apre con l'invocazione a Venere, Dea dell'Amore, unica a poter estinguere la sete di sangue di Marte, Dio della Guerra), “l ‘Unione di opposti necessaria…” ecc..
Di altri esempi se ne trovano moltissimi, metto qualche links qui sotto:

http://www.artinvest2000.com/canova-venere-marte.jpg

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Capitolo 2
*** Capitoli II -Il Confronto ***


Documento senza titolo

Capitolo II
Il confronto

 

La versione con le immagini e gifs di questa fanfiction la potete trovare sul mio sito: http://marishalna.altervista.org/

Cliccate su questo link per vedere il wallpaper associato:

http://i101.photobucket.com/albums/m75/shalna/Xenaq-ares-ultima-battaglia.jpg

 

Ares e Xena sono stati risucchiati all’interno di un varco spazio-temporale; un demone, inviato da Lucifer, ha il compito di rapire Xena.
I protagonisti chiariranno, finalmente, molte delle incomprensioni nate in passato.
I due capitoli successivi e l’epilogo saranno molto romantici ed erotici, ma non mancheranno gli scontri.
 
Per rinfrescarvi la memoria su come è stato conflittuale, ambiguo, e pieno di passione il rapporto tra Xena ed Ares, potete vedere questo video fatto da me qui: http://www.youtube.com/watch?v=PxJZ8MO26uI

Episodi di riferimento:
"Seeds of Faith" e "Succession" per gli accenni a Gabrielle.
"The Haunting of Amphipolis" (Xena contro il maligno), con dei dovuti cambiamenti, per la parte sul demone.
"Coming Home"," Old Ares had a Farm", "Path of Vancance", "Anphipolis under Siege", "Livia", e molti altri per  le scene romantiche tra Xena ed Ares.

 http://i101.photobucket.com/albums/m75/shalna/buco.jpg

Ares teneva ancora Xena strettamente a sé, quando ella aprì gli occhi. La  forza, che li aveva risucchiati nel buco spazio-temporale, li aveva scaraventati da qualche altra parte.
“Dove siamo?” Lei si toccò il taglio posto sopra il sopracciglio sinistro, dal quale perdeva vistosamente sangue. Si guardò intorno; era un ambiente roccioso e brullo, crescevano rade le piante e la luce del sole filtrava appena attraverso le nubi fitte.
“Per ora, non ne ho idea…”
“Emh, Ares, potresti lasciarmi, adesso!”
“Oh, scusa, va bene.” Il dio si sollevò agilmente, porse una mano alla guerriera per aiutarla ad alzarsi, ed ella l’afferrò.
La donna strinse i denti: non riusciva a stare un piedi, poiché il vecchio trauma alla schiena era stato aggravato da una nuova e profonda ferita.
“Umh, credo che resterò ancora un po’seduta.” Sentenziò con un sorriso bieco.
L’altro si piegò sulle gambe, chinandosi, e le prese il mento con due dita per invitarla a guardarlo.
“Cosa c’è? Fa male?”
“Sì.” Ammise con un grugnito. Non avrebbe voluto trovarsi in quella situazione, che non era certamente tra le più semplici e piacevoli: non poteva camminare, né combattere, ed era costretta ad affidarsi proprio a lui.
Che guaio patetico…
Ma perché non era rimasta in quelle meravigliose terme a godersi il suo bagno, anziché preoccuparsi dell’ennesimo impiccio legato al Dio della Guerra?
Ares le sorrise ironico ma rassicurante, capendo perfettamente quale peso rappresentasse per Xena quella circostanza. Era palese che per lei tutto ciò era un grosso fastidio; il doversi mostrare debole e in difficoltà, per una con un orgoglio smisurato come il suo, abituata ad essere l’elemento risolutivo in ogni avversità, doveva essere piuttosto penoso.
“Non preoccuparti: non dovrai sopportarmi a lungo, infatti, userò i miei poteri di guarigione su di te.”
L’altra annuì, anche se avrebbe voluto protestare sprezzante, ma non era nella posizione per farlo.
Lui scostò i pesanti capelli d’ebano che le scendevano sulle spalle, raccogliendoli nel pugno, in modo da slacciarle più agevolmente la corazza di cuoio marrone.
Xena si fece scappare un lieve gemito di dolore, schiudendo le labbra, dopo che il dio aveva posato le dita intorno alla ferita.
L’altro notò, con una certa ammirazione, che lo sguardo della donna rimaneva fisso e fiero, nonostante il dolore dovesse essere notevole.
Il dio cercò di irradiare dalle mani l’energia taumaturgica, ma, stranamente, non accadeva nulla.
Allarmandosi, sollevò i palmi, e aggrottò la fronte: i suoi poteri… non li aveva!
“Maledizione!” Imprecò infuriato, scattando in piedi.
“Che succede?”
Egli cercò di mettere in ordine i propri pensieri per cercare di capire che cosa gli stesse accadendo di preciso. Xena vide lo smarrimento nei suoi occhi scuri, perché essi vagarono, per qualche istante, in tutte le direzioni. Dopodiché, lui li chiuse e li riaprì ritrovando sicurezza.
“In passato ho affrontato altre creature del genere… Che esseri ripugnanti! Ebbene, credo che questo mi accada perché è riuscito a ferirmi.”
“Ma come? Gli dèi non sono invulnerabili?”
“Certo, gli uomini non possono farci nulla, ma gli esseri che appartengono alla sfera sovrannaturale sì. E, tu, che hai avuto il potere di uccidere le divinità, concessoti dagli arcangeli, dovresti saperlo. Ma non c’è da mettersi in agitazione: era solo un demone di infimo livello, mi ha fatto solo un graffietto. L’unico inconveniente è che ho perso temporaneamente i miei poteri, perché le energie si sono concentrate nel richiudere la ferita. Sapevo di questo, ma ti confesso che contavo di averne a sufficienza per guarirti.”
“E se mi stai mentendo? E se fosse tutta una finzione per restare più tempo con me? O peggio, perché hai qualche piano malefico da portare a termine?”
Lui mise una mano sull’elsa della spada.
“In passato avrei anche potuto, ma ora… non avrei nessun motivo.”
Lo squadrò arcigna:
“Bene, allora… spogliati!”
“Cosa?”
La fissò alzando un sopracciglio e corrugando al fronte.
“Voglio vedere la tua ferita, avanti!”
L’altro modulò la voce galantemente:
“Xena, non devi inventarti delle scuse del genere per vedermi senza vesti…”
E le fece l’occhiolino.
L’altra ringhiò, digrignando i denti:
“Ma ti pare il momento? O mi stai prendendo in giro?”
Lui, allora, con un’aria di sfida, come se si apprestasse ad uno scontro funesto, si slacciò il cinturone e lo fece scivolare a terra; aprì la fibbia della cintura, alla quale erano assicurate la spada ed il pugnale e, si liberò anche di quella, disarmandosi; e infine, si tolse la casacca borchiata gettandola a terra.
Allargò le braccia spavaldamente.
“Eccola qui, contenta?”

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http://i101.photobucket.com/albums/m75/shalna/Ares-ferita-2.jpg


Sul suo addome, si apriva uno squarcio superficiale di circa dieci centimetri, dal quale era fuoriuscita una piccola quantità di sangue, che si era già coagulato.
“Visto? Questa volta ho detto la verità.”
“Vieni più vicino, perché voglio esaminarla bene.”
Lui ubbidì e lei la osservò con uno sguardo critico.
“Umh, non è grave…”
“Che ti avevo detto?”
“Questo vuol dire solo che, oltre al fatto di non potermi muovere, sono bloccata in questo orribile non-so-dove con te! Aaah!”
Venne colta da una fitta.
“Non agitarti,  -cercò di calmarla, non ancora rivestitosi e con il perfetto torso bruno che faceva bella mostra di sé- o la tua ferita si aggraverà. Vedrai che quell’odioso di Ares riprenderà le sue capacità nel giro di due ore. Solo un po’ di pazienza…”
“Va bene. Avrei una richiesta da farti… "
“E che sarebbe?”
“Nel frattempo, ti siederesti dietro di me, facendo appoggiare la mia schiena alla tua in modo che io possa rimanere dritta e, trovare così un po’ di sollievo dal dolore?”
L’altro senza rispondere si abbassò, le sfibbiò il fodero della spada, le sciolse definitivamente la pesante e stretta corazza e, gliela sfilò via con molta cautela. La donna, restando vestita soltanto di una tunica leggera, tirò un sospiro di sollievo. Terminato ciò, il dio fece quello che gli aveva chiesto.
L’altra si appoggiò e si rilassò.
“Meglio?”
“Sì…” La guerriera chiuse gli occhi: la pelle di Ares era piacevolmente calda e la sua schiena salda ed ampia.
No, dopotutto non era tanto male quella situazione.
Se lui avesse potuto vedere il sorriso soddisfatto che passò in quel momento sulla bocca della donna…
“Sai, quando non hai i tuoi poteri sei, quasi, simpatico.”
“Divertente! Ah, ah! -Rise sarcastico il dio- E tu sei una donna piacevole, quando la smetti per un po’ di fare la guerriera tutta d’un pezzo. Non che non mi piaccia questo lato del tuo carattere, intendiamoci, anzi, lo adoro, -e tutti i lineamenti del suo viso furono in moto- Ma quando abbassi un po’ la guardia, sei molto più stuzzicante. Comunque, non mi interessa dove siamo, potrei rimanere anche all’Inferno con te, ma non me ne importerebbe niente.”
“Ma vuoi smetterla di fare il cascamorto con me!”
“Oh, è una delle mie priorità, non posso farci nulla.”
E lui avrebbe pagato per potersi girare e vedere gli occhi della donna; avrebbe voluto accertarsi se quelle parole avevano suscitato in lei una totale indifferenza o una qualche emozione.
“Quando lo capirai che per te non c’è speranza?”
“E, tu, fin quando continuerai ad essere così cocciuta da non ammettere quello che provi per me?”
“E, tu, fin quando ti illuderai?”
“Finché avrò vita e, visto che sono tornato ad essere immortale…”
“Sei un caso perso.”
“Aaah, fin quando negherai a te stessa che mi vuoi? Arriverà quel giorno in cui non ce la farai più…"
“Uh, smettila! Desideri che io sia sincera?”
“Certo…”
“Ti dirò solo questo, poi sei pregato di lasciarmi riposare: non  potrò mai fidarmi di te per tutto ciò che mi hai fatto in passato. Non credo proprio che tu possa essere cambiato, in fondo rimarrai sempre lo stesso.”
Ma mentre Xena affermava questo, le parole di Afrodite le risuonavano nella mente: “Ha salvato una neonata; l’ha presa tra le sue braccia e le ha sussurrato:’Non aver paura, un giorno potrai difenderti da sola perché sarai una guerriera.’ E poi quel: “è bravo a dissimulare quello che prova davvero.”
“Per quanto mi riguarda, potrai ripetermi infinitamente queste cose, ma… -Gli occhi del dio vagarono in molte direzioni- … c’è qualcuno che sta arrivando, lo sento. Dovremmo spostarci in un posto più riparato, per esempio là, in quel gruppo di rocce più alte.”
Lui si alzò, raccolse le armi e si rivestì.
Guardingo osservò la zona e ascoltò qualcosa che Xena non udì.
“Siamo in netto svantaggio, finché non recuperò le mie capacità. Ce la fai a camminare?”
“Ci provo…”
La guerriera si sollevò, ma vacillò e si appoggiò d’istinto al braccio di Ares.
“Che ne dici, se ti porto in spalla?”
“Non sono un  relitto.”
“Lascia stare i convenevoli, sono vicini: dobbiamo nasconderci.”
Il dio si abbassò sulle ginocchia.
“Avanti, salta su!”
Xena dovette ubbidire e mise le braccia attorno al suo collo per non scivolare, mentre lui le afferrava le gambe. Egli si mosse veloce e, senza sforzo, la trasportò al sicuro.
Mentre stavano acquattati, videro passare un numeroso drappello di guerrieri che trasportava dei prigionieri legati per il collo in fila su di un unico asse di legno.
“Chissà, dove li stanno portando…”
Bofonchiò la guerriera.
“Non ci riguarda, ce ne andremo tra breve.”
“Eppure, questo posto mi sembra familiare, mi pare un territorio appartenente alla Mongolia…”
Ma si distrasse da quel ragionamento, perché Ares le appoggiò le labbra sulla fronte.
“Che stai facendo?”
“Sto sentendo se hai la febbre…”
La sua bocca, contornata dalla barba scura, era gradevolmente fresca e morbida
“E questa dove l’hai imparata?”
“Quando sono stato umano, naturalmente. Umh, sì, è calda. Sarebbe meglio che, tu, te ne stia ferma: o potresti peggiorare!”
Effettivamente la donna cominciava a stare peggio: la ferita doveva essere più grave di quanto avesse creduto.
“Vuoi appoggiarti?”
Lo fissò;  il suo sguardo era così diverso dal solito, intenso… umano.
“Tu, ti stai approfittando un po’ troppo di questa mia temporanea immobilità!”
Le sorrise con inusuale dolcezza.
“Sempre caparbia? Eh, sì…”
La fronte della donna era imperlata di gocce di sudore e, gli occhi le si erano fatti gonfi e rossi: era scossa da brividi di freddo.
Il dio le mise un braccio intorno alle spalle e la trasse al petto.
“Ares?”
Protestò debolmente.
“Permettimi di scaldarti…”
Lei si lasciò andare, non aveva più molte forze.
“Senti, Xena, ma perché Lucifer ti manda i suoi scagnozzi? Che gli hai combinato?”
“Oh, puoi immaginarlo… A proposito, pensi che quel demone potrebbe essere in giro da queste parti?”
“Forse…”
“Siamo proprio messi bene!... Cambiando argomento, sai, ho notato una cosa strana.”
“Che?”
“Che hai combattuto con particolare perizia contro quell’essere. Non è che ti batti bene solo quando sai di non essere scorto?”
“Ma, tu, non eri svenuta?”
“Semicosciente… Non è che spesso fingi, e ti fai sconfiggere facilmente di proposito, specialmente da me?”
“Schh…Riposati.”

L’odore della pelle del dio era così aspro ma inebriante, le sue braccia robuste, il suo petto saldo. Era un’emozione che credeva non avrebbe mai provato con Ares; si sentiva confortata, come se, all’improvviso dopo tanto combattere, dopo essere stata lei a difendere e a salvare tutti, fosse, invece, all'improvviso, colei che doveva essere protetta e tenuta al sicuro.
Da quando non si faceva toccare più da uomo?
Da quando aveva smesso di non porre più fiducia nel genere maschile?
Non le importava di questo. In quella stretta non c’era sensualità ma tenerezza, la stessa che aveva provato, soltanto, da bambina quando suo padre la teneva sulle ginocchia. Dopo non c’era stato più tempo per queste cose, dopo c’erano solo le battaglie e la morte. In quei tempi gli uomini erano stati  nemici da abbattere o amanti da blandire per i suoi scopi. Sì, così era stato con Borias (Aristarco) e il luogo, dove si trovavano in quel momento, le ricordava proprio quel periodo passato con lui.


Il dio sentì un formicolio consueto percorrergli il corpo: i suoi poteri stavano tornando a pulsargli dentro a pieno regime.
Tenere tra le braccia Xena a quel modo, senza il solito desiderio impellente, era un’esperienza nuova e veramente gradevole. Non osava muoversi per non spezzare l’incanto e benedì cento volte quella ferita che gli aveva dato quella possibilità.
Le appoggiò il mento e la guancia alla testa corvina, aumentando la  presa.
E avrebbe voluto rimanere così con lei ancora per un po’, ma ella peggiorava sempre di più e le sue capacità divine erano tornate.
In quell’occasione gli costò veramente molto essere onesto, anche se ritardò la cosa ancora per qualche minuto.
Senza dirle nulla, irradiò una luminescenza azzurra e la guarì.
La donna sentendosi d’un tratto rinvigorita, si sciolse immediatamente dall’abbraccio e, scattò in piedi come se nulla fosse, rivestendosi in fretta.
Sguainò la spada, che aveva risistemato dietro alla schiena, e si incamminò nella direzione in cui si erano allontanati i guerrieri che trasportavano tutti quei prigionieri.
“Dove vai? Non vuoi tornare?”
Le urlò lui, ammirandola per la forza d’animo e la vitalità.
“No, prima devo liberare quella povera gente.”
E cominciò a correre nel turbinio delle frange di cuoio della sua gonna .
Oltrepassata la collina, Xena vide che, in fondo alla valle, all’esterno di un villaggio di catapecchie, vi erano molti corpi a terra e tracce del passaggio del fuoco, ovunque.
Giunta lì, la guerriera si abbassò e prese un po’ di terra bruciata tra due dita: non era passato molto tempo da quando i guerrieri avevano assaltato quella gente; probabilmente, avevano fatto altri prigionieri, uccidendo quelli che ritenevano inutili come donne, vecchi e bambini. Forse, c’era ancora qualche superstite da salvare.
Senza farsi remore, cominciò a frugare tra i corpi ed urlare a gran voce:
“C’è qualcuno vivo? Sono qui per aiutarvi.”
Sentì un rumore e si mise in guardia.
Da un nascondiglio sbucarono tre ragazzi, che, tremanti e piangenti, si avvicinarono appoggiandosi a lei.
“Hanno portato via i nostri genitori…”
Accarezzò la testa del fanciullo; parlava la lingua dei Mongoli, che lei ben conosceva.
“Ma chi è stato? E dove li hanno condotti?”
“Sono stati i mercenari che servono la Conquistatrice, Xena…”
“Chi?”
“Xena… Li hanno portati verso nord-ovest al suo accampamento.”
Spalancò la bocca e gli occhi.
“Andate a vedere se ci sono altri rimasti in vita: vi prometto che via aiuterò!”
Li rassicurò sorridendo.
E i tre sgattaiolarono via in un baleno.

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Assunse un’espressione contrita ed amareggiata: aveva capito dove era. Si trattava, infatti, del suo orribile passato.
Ares le si materializzò alle spalle, in un lampo di luce azzurra, appoggiato alla pertica sulla quale era stato impalato un  povero vecchio. Teneva la mano sull’elsa e il suo sguardo era cinico: era di nuovo il Dio della Guerra.
“Sono stata io…”
“Non puoi cambiare il tuo passato, né aiutare questa gente. Andiamocene!”
Fece un passo verso di lei, sprezzante, guardandosi intorno.
“Perché siamo finiti qui?”
“Non ne ho idea. Io ho aperto un varco per mandare quel demone in una zona di limbo ed è lì che dovremmo essere anche noi. Si tratta, con probabilità, di una delle tante anomalie di quando si viaggia nello spazio-tempo; in realtà, non sono molto ben controllabili queste cose.
Ehi, non c’è da preoccuparsi, vienimi accanto, torniamo indietro.”
“No, se sono qui, forse, ci sarà un motivo. So quello che la mia armata sta per fare, posso…”
“No, se interferisci con il passato, queste azioni potrebbero riversarsi incontrollabilmente sul tuo presente attuale.”
“Potrei almeno convincere la mia altra me stessa a non dare ai centauri il figlio che tra poco partorirà, almeno questo…”
“Non puoi. Vieni via con me…”
“Quante volte dovrò ricordare che le mie mani si sono sporcate del sangue di tanti innocenti? Chi mi vuole punire ancora?”
E alzò la testa verso il cielo fosco.
“Sei cambiata, ormai. Questo è ciò che è accaduto. La Xena del presente, quella che conosco io, mette le sue eccezionali capacità combattive al servizio degli altri. E, mio malgrado, lo sa fare anche bene. Pareva anche a me impossibile, ma si può mutare, può accadere anche ai peggiori, a quelli senza speranza…”
Si voltò verso di lui per guardarlo negli occhi; di nuovo le parole di Afrodite le risuonarono nella mente.
Il vento si stava alzando, la polvere e l’emanazione fraudolenta della morte, che esalava dai corpi, si stavano diffondendo.
“Vorresti dire che questo sta accadendo anche a te? Non posso crederci. Tu, cambiare? Sarebbe come snaturarti.”
Lui impetuosamente con tre passi veloci le fu di fronte, con i lineamenti contratti in un’espressione aggressiva; la girò, costringendola a guardarlo in viso, e la tenne forte per le spalle.
“Non mi credi? Non prendermi in giro. Forse, non ti sei mai accorta del poco impegno che metto nel contrastare te la tua biondina nelle vostre azioni benefiche?”
Teneva le labbra strette in preda al dubbio.
“Non ti convinco, eh?  Non sai che strazio sentire di notte, di giorno, le voci degli uomini, le loro urla di dolore e, le loro grida di aiuto…”
Ella restrinse gli occhi, mostrando compassione nelle iridi azzurre.

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“Oh, ma come, non lo sapevi? Ora, sono io il Re degli Déi, il ruolo di Zeus è ricaduto sulle mie spalle. Io sento un impulso nuovo, cioè quello di aiutare le persone…
Lo ammetto: grazie alla religione di Elì, ho meno lavoro, ma per uno che per centinaia di anni si è beato della strage, del sangue, della morte e della distruzione è uno strazio più che sufficiente!
Sì, Xena, dopo essere stato umano, sono cambiato per causa tua. Tu, non sai cosa riesci a provocare in un uomo o in un dio…quali mutamenti…”
“Io, non…”
Tentò di giustificarsi  la donna.
Lui le urlò in faccia  in preda a un’ira a lungo repressa.
“È  colpa tua, Xena!”
E, dandole le spalle, si allontanò, stringendo i pugni.
Il dio non era, in realtà, arrabbiato con lei, ma con se stesso per la debolezza, che quel sentimento verso quella donna aveva alimentato in lui.
Ella lo rincorse e lo bloccò afferrandogli un polso.

“Ares…”

 Non riusciva trovare le parole giuste per spiegargli che ciò che gli stava accadendo era, sì, doloroso ma positivo.
L’altro si voltò di scatto ringhiando:
“Ma ti pare giusto che tu abbia compiuto tutti quei massacri e, che ti sia stata data, comunque, la possibilità di redimerti? Mentre a me, che sono una divinità, questa opportunità sarà sempre negata?”
“No, non è così…”
“Certo, o forse lo hai dimenticato che sono il Dio della Guerra? Sarò senza fine legato all’oscurità e al male.”
“No, la lotta e il combattimento possono anche essere usati per aiutare gli indifesi. Io combatto tutti i giorni, sanguinosamente alle volte, ma dalla parte giusta. Tu, potresti…”
“Ma pensi che la gente si fiderebbe di me? Per te esiste il perdono, Xena, la Conquistatrice! E per me? Neanche, tu, riesci a perdonarmi… neanche, tu, ti fidi di me, allora, come potrebbero farlo gli altri?”
“Io…”
“Certo, tu, hai quella petulante di Gabrielle, che ti loda, che ti blandisce: la preferisci a me…”
“No, non…”
“No, tesoro, non hai idea di quello che mi hai fatto, di quello che continui a farmi. Sei senza scrupoli. Non ti ricordi di tutte quelle volte che hai cercato di sedurmi solo per un tuo rendiconto? Ti pare stare dalla parte del bene quello? Mi hai mentito! Ti sei trastullata con i miei sentimenti che erano sinceri. Hai giocato con la mia mente!” -Disse lui puntando il dito alla fronte-“Ed, ora, ce ne andiamo.”
“Quella volta ad Anfipoli, hai ragione, mi sono comportata slealmente con te. Sì, ho giocato sporco per salvare mia figlia, ma c’è anche una cosa che non sai; ebbene, quando mi hai chiesto che cosa avessi provato e io ho risposto che non avevo sentito nulla, beh, ti ho mentito. In realtà, quando ti ho baciato, quando ti ho gettato su quel kline, l’ho fatto perché morivo dal desiderio nei tuoi confronti… “
Ares schiuse le labbra in procinto di risponderle in maniera impertinente, ma invece si voltò di scatto:
“Arriva…”
“Cosa?”
“Il tirapiedi del tuo amico Lu!”
Xena sguainò la spada e, prese l’arma con entrambe le mani, allargando e piegando le gambe.

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Il demone apparve in un turbinio d’ aria e fumo, scaraventando i cadaveri in aria e, intorno a loro si fece buio.
La sua risata cavernosa risuonò ovunque.
 Era alato e aveva un aspetto mostruoso: sul capo aveva delle grosse corna ricurve come quelle di un montone, mentre una corazza squamosa e verde gli copriva il petto.
 Si fermò in posizione di difesa, dopo aver fatto roteare il proprio bastone uncinato.
Ares si mise a braccia conserte, spavaldo:
“Solo i demoni di bassissimo livello fanno tutte queste buffonate al loro apparire.”
“Zitto, tu. Io voglio Xena.”
“Si ricomincia!” Sbuffò il dio.
“Va bene, prenditela pure. Io non interverrò questa volta.” E fece un gesto altezzoso con la mano, allontanandosi dal campo di battaglia.
La guerriera con una smorfia arricciò le labbra, rivolta ad Ares:
“Vai pure, tanto io non ho bisogno di te. Non ne ho mai avuto…Sei solo un’incapace, seduttore farfallone! Dici di amarmi, ma io non mi sono mica dimenticata di tutte le donne che nel frattempo ti sei portato a letto…”
Il demone fece un salto; con una piroetta, fu di fronte a Xena e le sferrò un fendente, che ella parò, ruotando il busto, con la lama della sua spada.
Ella reagì subito e gli dette un calcio laterale all’addome, tenendo il piede a martello.


“Oh, Xena, è colpa tua…Tu, te ne stavi sempre con Capelli d’Oro, ed io dovevo pur trovare delle distrazioni.”
Le rispose il dio che si stava godendo il combattimento: ogni volta che Xena si muoveva, le si alzava la gonna lasciando ben visibili le cosce sode e muscolose.
Il mostro agitava con maestria il bastone, mentre ella energeticamente respingeva  i colpi, accompagnando ogni sua azione con grida feroci.
La donna si abbassò evitando l’ennesimo fendente.
“Certo, ma l’elenco è lungo… non mi sono dimenticata che ci hai provato anche con Gabrielle!”
La guerriera saltò in aria, fece una capriola e, scendendo, colpì con le ginocchia il faccione del nemico, che, barcollando, venne respinto tre passi indietro perdendo l’arma.
Il suo atterraggio fu perfetto: scese in posizione di difesa.
“E ti dirò… - rispose sarcastico Ares, passandosi le dita  vanitosamente lungo la mascella, compiaciuto di sé- che alla fanciulla la cosa non è dispiaciuta e nemmeno a me…”
“Bastardo! Ma lei non ti ha ceduto e ti sta bene.”
“Ci è mancato poco… non è così ingenua come credi. Penso che sotto, sotto io le piaccia molto; sì, è affascinata da me. In realtà, non ho voluto insistere; perché avrei dovuto sporcare la tua dolce poetessa? Poi, tu, ne avresti sofferto troppo… e lo sai che non mi piace farti del male sul serio.”
Era in parte vero quello che le stava dicendo.
Ares, all’inizio, aveva provocato Gab soltanto per fare ingelosire Xena, ma quando lui aveva fatto sentire i suoi poteri alla donna, per indurla in tentazione, era accaduto qualcosa di molto profondo e vigoroso tra loro, in cui anche egli stesso si era sentito coinvolto. Ma, comunque, non aveva più importanza, ormai…

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“Iaaah!” Urlò Xena, facendo roteare la spada e avventandosi sul nemico in una massa di capelli corvini agitati.
Il demone questa volta reagì inaspettatamente e le afferrò il polso bloccandoglielo. La voltò e la acciuffò per la chioma, impedendole di muoversi.

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“Ora la condurrò via con me."

Il dio sorrise bieco:
“Ma, tu, sai solo queste due battute?”
Xena reagì e si liberò agevolmente rivoltandosi e, sferrandogli alcuni calci veloci ed efficaci. Saltò a debita distanza, riprendendo fiato.
Fu in quel momento che Ares le apparve alle spalle e la afferrò saldamente. Le sfilò il Chakram dal fianco e lo puntò al collo della guerriera.
“Che stai facendo, maledetto!”
“Finisco questo duello che si sta protraendo un po’ troppo. Allora, servitore di Lucifer, l’ho presa. Te la do, ma in cambio voglio qualcosa…”
“Che cosa vuoi, Dio della Guerra?”
“Per prima cosa sapere il motivo per il quale Lu si sta affannando tanto per averla.”
“Il mio signore desidera che ella prenda il posto che le spetta accanto a lui, nella direzione dell’Inferno; in quanto ella si è procurata questa onorificenza uccidendo uno dei suoi capi più valorosi, Mephistopheles."
Il dio annuì in segno di approvazione.
“Brava, bel pasticcio! -Le sussurrò all’orecchio- Non me lo avevi detto…"
“Era un dettaglio.”
Rispose tra i denti la guerriera.
L’altro premette la lama più insistentemente sotto al mento di lei.
“E come potrei avere io questa carica?”
“Semplice, Dio della Guerra, ammazzando l’erede. Uccidi, Xena!”
“Essere uno dei capi dell’Inferno non sarebbe male…”
“Tu, che ne dici?
Chiese Ares rivolto a lei.
“Ti odio!”
E gli sputò.
Le dette una scarica elettrica e la Principessa Guerriera cadde a terra in ginocchio, stordita.
Poi, il dio le tirò i capelli con ferocia.

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“Quindi, se lei muore, meccanicamente il titolo passerà a me. Giusto?”
“Esattamente.” E il demone aveva già la bava alla bocca, pregustando lo spettacolo.
“Ti maledico, Ares…Come puoi farmi questo?”
Bofonchiò Xena, mentre il dio aveva già alzato il braccio muscoloso armato del Chakram per colpirla.
Esitò per qualche breve istante, con il viso contratto in un’espressione feroce ed oscura, poi, la ferì, recidendo con un sol colpo preciso la giugulare.
Il sangue scorse rapidamente come un macabro fiume sulla corazza della donna.
Lui si chinò immediatamente e le prese la mano, l’appoggiò al ginocchio, e la guardò negli occhi, finché ella non si spense rapidamente.

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La adagiò con cautela a terra, dopodiché, cominciò a pronunciare delle parole in una lingua sconosciuta, cantando.

Delle alte fiamme avvolsero il suo corpo e prima che il demone potesse accorgersi di quello che stava accadendo, il dio gli aveva già lanciato una palla di fuoco disintegrandolo.
Ares si abbassò su Xena, ancora avvolto da un’aura scarlatta e, la strinse a sé.
Rapidamente la resuscitò e, prendendola in braccio, si trasferì, conducendola da un’altra parte.

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Continua…

Il capitolo III è già on-line.

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Capitolo 3
*** Capitolo III -Perché? ***


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Capitolo III

Perché?

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Si trovavano su di una collina boscosa, ed era appena calata la sera;  i grilli avevano cominciato a cantare.
Quando Xena rinvenne, mentre la brezza frizzantina le soffiava lievemente sul viso, l’odore dei fiori e dell’erba fresca la avvolsero, inebriandola. Era tutto così tranquillo...
Fu come se fosse stata a lungo immersa e persa nel mare, per, poi, riemergere, infine, a riprendere fiato:
“Ares!”
Fu la prima parola che pronunciò, ancora con la bocca impastata.
L’interpellato era lì in piedi.
Ella si alzò, notando che l’aveva rivestita di una veste chiara e leggera.
Gli sorrise.
“Davvero, bella messa in scena, bravo!”
E batté le mani.
Lui fece un inchino teatrale mettendo un braccio dietro alla schiena, rivolgendosi ora a destra, ora a sinistra, come se ci fosse un pubblico invisibile.
“Anche, tu, Xena, non sei stata male! Pensa che, quando mi hai maledetto, ci ho creduto sul serio.”
Si imbronciò e aggrottò la fronte annuendo.
“Ora sei tu l’erede di Mephistopheles, ti sei guadagnato un bel posto all’Inferno: non sei contento?”
“Umh, per ora non ci andrò.”
“Ti cercheranno!”
“Non c’è problema.”
“E dire che, per un attimo, ho pensato che tu volessi veramente fare parte dei generali di Lucifer…”
L’altro incalzò:
“E poi, perché mi hai assecondato senza opporti?”
“Semplice, mi sono fidata di te.” Gli occhi azzurri e maliardi sorrisero dolcissimamente.
Lui rise a fior di labbra, ma non come faceva Ares il dio, ma come faceva l’Ares l’uomo, in modo sincero e gentile.
“Avevi detto che non potevi fidarti di me; Xena, cosa ti ha fatto cambiare idea?”
“Non lo so. Diciamo che sono stata fortunata. Mi hai tolto da un grosso impiccio…”
“Hai sentito dolore?”
“No, sei stato rapido.”
Lui abbassò il capo, imbarazzato.
“Come hai eliminato il demone?”
Chiese la guerriera appoggiandosi al tronco di un albero con le braccia conserte.
“Cose da déi…”
“Sei così potente?”
“Solo, quando è necessario…”
Xena avrebbe voluto porgergli altre domande. Ma non ce ne era bisogno, perché adesso molte cose le erano chiare, ed una in particolare: Ares spesso fingeva. Sì, era un bravo simulatore e dissimulatore; tanto abile che, alle volte, non se ne era accorta o non aveva voluto farlo. Sì, certo, il dio non le aveva mai mostrato la sua vera forza.
E nemmeno aveva cercato, in nessun caso, di fare del male sul serio a lei e a Gabrielle.
Se lo avesse voluto, per lui, sarebbe stato semplice, una sciocchezza.
“Senti, Xena, posso chiederti soltanto una cosa e poi ti riporterò alla tua vita di sempre?”
“Dimmi…”
“Prima dello scontro, mi hai detto che quel giorno, mentre Anfipoli era sotto assedio, mi avevi mentito e che in realtà avevi provato qualcosa nei miei confronti…”
La donna gli fu di fronte, tanto vicina da sfiorarlo con il proprio corpo.
 “Sì, è vero. Lo ammetto. Però… Non ricordi? Mi hai fatto quella domanda davanti a Gabrielle, che avrei dovuto risponderti?”
“Già, lei…”
“Sì, non voglio in nessun modo ferirla. Non è giusto che io l’abbia tradita con te.”
“Ma, in realtà, vorrei farti notare - lui le prese la mano- che non abbiamo concluso molto in quell’occasione.”
Gli sfuggì, allontanandosi e abbassando le ciglia folte.
Rise bieca stringendo il pugno.
“Ti ringrazio per quello che hai fatto oggi. È  stato un po’ irruente come soluzione, ma, sinceramente, non ti biasimo: non c’era altro modo.  A Quanto pare, ho un altro debito con te. Comunque, credo che sia arrivato il momento di andare. E, per favore, mi ridaresti la mai corazza e le mie armi?”
Le afferrò il polso, l’attirò al petto massiccio e la prese con una certa decisione per la vita.
Il suo sguardo era duro ed inesorabile.
“Dovunque andrai, qualunque cosa farai, vorrei ricordarti che lo stesso fuoco che brucia dentro di te, brucia in me; anzi, sono io che brucio dentro di te e, per questo, non potrai mai sbarazzarti definitivamente di me. E né io di te…"Aveva aggiunto con una punta di malinconia.
“Mi hai rivolto questa stessa frase molto tempo fa, ma sei tu a non essere lo stesso di allora…”
Le loro bocche erano talmente vicine da sfiorarsi e lui si perse nel suo respiro.

“Sei talmente bella, quando combatti…”
E un attimo dopo, Xena tornò ad essere rivestita della propria corazza.

Con uno scatto, egli unì le labbra alle sue con voracità, vinto dal desiderio.
La donna, tuttavia, lo respinse, appoggiando la mano aperta al suo petto, cercando di distanziarlo.

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“No, ti prego…”
“Lo sai che cosa ho provato quando ti ho uccisa poco fa? L’ identico strazio che per venticinque lunghi anni ho sopportato credendoti morta, mentre in realtà giacevi ibernata nella tomba di ghiaccio che io stesso ti avevo costruito. Ho vissuto nell’oscurità per tutto quel tempo, ti ho pianta…
Ero tornato più feroce di prima…”
Lei aveva cominciato a camminare, mentre l’altro la seguiva.
“Questo mi ha fatto ricordare con chi ti ho trovato, dopo essermi svegliata da quel sonno… Eri l’amante di mia figlia, Eve!”
“Oh, su via… è una vecchia storia. Non sono più quello. Che cosa devo fare perché, tu, senta quello che provo?”
E la prese di nuovo.
“E lasciami!”
Si divincolò, voltandosi.
“La tua presenza, Ares, ha portato nella mia vita solo sofferenza, eppure…”
Il dio le apparve di fronte sbarrandole la strada.
“Eppure…”
Eppure… guardandolo negli occhi percepiva di essere compresa.
Lo sentiva simile a sé:
lui era la battaglia,
il raggiro,
la verità,
il nemico e l’alleato,
la lama della spada che vibra ronzando durante un duello, mentre tutto tace.
La fiamma…
il desiderio…
ciò che nella mischia le dava la forza per sopraffare il nemico, per non cadere sotto i suoi colpi.
Lui era necessario per l’equilibrio del mondo,
per lei era necessario:
lui era il padre,
l’amante,
il marito,
l’ uomo e,
l’Ingannatore Divino.
Lui era davvero parte di lei.

E con questi pensieri nell’anima gli baciò lievemente il labbro superiore.

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Fu Ares questa volta a tirarsi indietro, leggermente incredulo.
La fissò intensamente per capire se avesse il permesso di continuare e, quello che vi lesse gli riempì il cuore di intensa gioia.

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Reclinò la testa da un lato e si avvicinò di nuovo lentamente; fu Xena a leccargli ferinamente la bocca, chiudendo gli occhi.
La strinse e la baciò con vorace intensità e, quando si disgiunse, le tirò in modo provocante il labbro inferiore.
Di nuovo fu lei a prendere l’iniziativa e, mettendogli una mano sulla guancia, lo accostò di nuovo a sé.

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Le dita della donna gli accarezzarono i corti e setosi capelli corvini, per, poi, scendere sui muscoli delle sue braccia.
Ares la teneva come un oggetto tra i più preziosi, muovendosi all’unisono con lei, mentre la guerriera gli passava le mani sul torace villoso, insinuandosi nell’ apertura a 'v' della sua casacca.
Il dio la spinse con violenza contro un albero dal fusto centenario, e le baciò il collo, avidamente, discendendo sempre più giù fino ai seni sodi.

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“Toglimi la corazza…”
Lo implorò e l’altro, con uno schiocco di dita, la fece sparire.
“Oh, sì!” Farfugliò lui, tremante, bloccandosi nel contemplare quanto fosse magnifica. Non gli sembrava vero di riaverla, dopo tutto quel tempo in cui aveva cercato di sedurla e, di riportarla di nuovo sulla sua strada, inutilmente.
Era stato un mentore per lei; quando era una giovane donna, era stato il suo maestro e il suo amante. Lei era stata un‘eccezionale allieva e aveva imparato le tecniche di combattimento rapidamente. Dopo, era cambiata e, non aveva più seguito il cammino della battaglia fine a sé stessa, e quello della malvagità. In conseguenza a ciò, lo aveva lasciato.

Ma era accaduta una cosa nuova, un’anomalia; era il Dio della Guerra che aveva cambiato strada, e aveva preso il sentiero che Xena seguiva.
L’altra gli domandò sensualmente:
“Cosa c’è? Perché ti sei bloccato?”
“Sei davvero meravigliosa …”
E gli risero gli occhi.
“Xena, pensavo a tutto quello che è successo e…”
“Ares, prendimi, sono tua per questa notte…”
Il dio spalancò la bocca stupito.
“Perché, adesso? E mai, prima?”
Lui fremeva a causa della smania di possederla.
“Non chiedermi nulla, ti prego. Prendi ciò che hai sempre voluto.”
Con un'altro schiocco di dita, egli fu privo delle armi e della casacca.
“Ascoltami, Xena, voglio condividere con te il mio potere: non l’ho mai fatto con nessuna mortale…”
Il suo palmo cominciò a brillare di una luce rossa ed intensa; la appoggiò alla bocca dello stomaco della donna. Lei ansimò, mettendo la propria mano sulla sua, mentre lui la passava sulle sue membra. Dopo poco, il dio la ritrasse.


“Vuoi?”
“Sì…”
E gli toccò le labbra con voluttà, mentre egli veniva avvolto da un’aurea scarlatta dalla quale scaturivano delle alte fiamme.
Il dio esitava.
“Non lo fai perché ti senti in debito con me?”
“No.”
Gli morse le bocca con voracità, stringendosi a quel corpo slanciato e rubusto, percepì che il desiderio di lui cresceva, mentre gli passava bramosamente le mani sui pantaloni di pelle.

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“Dimmi, perché?…”
Lui le palpò le natiche. Ed ella sorrise bieca, sussurrando con voce roca:

“Oh, Ares…”

 La sua energia stava rapidamente avvolgendo anche il corpo della guerriera.

“Perché?”

Le domandava insistentemente il dio, mentre si abbassa sul suo petto, baciandole dolcemente tra i seni.
La sua pelle era di seta.
Lei mugolò di piacere, mentre lui le succhiava un capezzolo.

“Perdonami, mia principessa, per tutto il male che ti ho fatto…”

Si era inginocchiato, mentre con le labbra scivolava sul suo corpo pieno, sempre più in basso.

“Ti prego, assolvimi, mia signora. Tu, mi hai sconfitto…”

Lei si lasciava andare, inarcandosi, sotto il suo tocco esperto.

“Comprendimi, mia guerriera, ero pazzo d’amore per te e la follia mi ha reso cieco.”

“Sì, ti perdono, mio sposo.”

E sentendosi chiamare a quel modo lui sobbalzò, e sollevò lo sguardo per osservare la sua espressione, rimettendosi in piedi.
“Cosa?”
E la scosse leggermente per le spalle.
Lei gli sorrise astutamente, le scintillarono gli occhi e, con una mossa fulminea, lo stese a terra; si sedette a cavalcioni sopra di lui, bloccandolo.
“Ehi!”
La guerriera abbassò il viso sul suo, che venne inondato dai suoi lunghi capelli. Gli diede un pizzicotto, tirandogli la barba.
“Noi siamo sposati… mi hai costretta con un ricatto, ma quel rito è stato celebrato ed esiste anche un contratto che lo testimonia.”
“Sì, giusto... ma non abbiamo mai consumato quel matrimonio.” Osservò l’altro con una punta di risentimento.
“Io non l’avevo mai considerato valido, ma per oggi voglio che lo sia. Vorrei che per questa volta sia…”
Il dio con rinnovato impeto le chiuse la bocca con un bacio, sondandole la lingua.

“Dimmi, perché ora?”

L’altra non diede risposta, e lo morse con brama e ferocia, più, e più volte, sul torace bruno e sul collo.

“E, ora, Dio della Guerra, feriscimi con la tua spada! Non troverai resistenza da parte mia.”

E fiera allargò le lunghe braccia chiare, come se offrisse il petto.

Lui in preda ad un languore troppo a lungo represso, si svestì completamente e la sollevò aprendole le gambe, spingendola contro il tronco di un albero.
Dopo, ci fu solo un fuoco che pervase entrambi; palpitarono all’unisono e, tutto il mondo vibrò con loro in un infinito presente.

“Perché?”

La voce del dio pareva non venisse direttamente da lui, ma che fosse ovunque, intorno, come un eco.

 

 

Giacevano sdraiati sulle foglie secche che passavano dal marrone al giallo dorato, esausti ma soddisfatti.
“Ehi, ne è valsa la pena di aspettare tanto…”
Xena indugiò con lo sguardo sulle sue fattezze perfettamente proporzionate.
“Non è stato facile resisterti per tutto questo tempo, Ares…”
“Umh, - si girò verso la donna prendendola per il mento- non mi sono mai sentito così appagato… completo. E, tu?”
Lei abbassò le palpebre:
“É difficile spiegarti quello che ho provato. Il tuo Potere è…”
“Si chiama Potere del Fuoco e ha una duplice natura. Nessuno sa di questo, tranne tu. Non lo uso mai, eccetto in casi veramente eccezionali; infatti, mi rende in grado di uccidere i demoni…e molto altro ancora.”
L’altra si alzò sul busto allarmata:
“Ah, ma allora, tu, potresti…”
L’altro rise, con una risata che non era per nulla molesta, come lo era stata, invece, nei tempi passati.
“No, non preoccuparti. Non lo userò mai per conquistare il mondo e cose simili.”
Xena si rilassò e si buttò tra le sue braccia, cingendogli il collo, sorridendo come una ragazzina.
“Per un attimo, ho pensato al peggio.” Lo spinse a terra, mentre le foglie scricchiolavano vivacemente sotto di loro.
Continuarono a rotolarsi, allegramente, ridendo, finché la passione non si impadronì ancora di loro e, più selvaggiamente di prima, si presero nuovamente molte volte.

Vedere la felicità riflessa negli occhi del suo vecchio nemico, riempì il cuore di Xena di una gioia immensa. Sì, certo, che lo amava. Lo aveva sempre fatto, in fondo. E per questo motivo, ogni volta, che lui si era comportato slealmente, una parte nascosta di lei ne aveva sofferto terribilmente, sanguinando.
Quel congiungimento le aveva dato un’estasi che mai avrebbe immaginato, e si ritrovò a pensare che poter ripetere ancora quell’esperienza sarebbe stato straordinaro.
Non poteva…
Non aveva risposto alla sua domanda.
No, non voleva dirgli che lo amava, perché se lo avesse fatto lo avrebbe illuso.
Non poteva rimanere con lui, perché c’era un’altra persona che amava, Gabrielle.

Continua…

L’epilogo è già on-line.

 

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Capitolo 4
*** Epilogo ***


Documento senza titolo

EPILOGO

La versione con le immagini e gifs di questa fanfiction la potete trovare sul mio sito: http://marishalna.altervista.org/

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Ares riaprì il varco spazio-temporale e tornarono di fronte al tempio della Dea dell'Amore.
Trovarono la dea nel medesimo posto dove l’avevano lasciata.
In un volteggiare di veli rosa, ella corse incontro ad entrambi ridendo e abbracciandoli.

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“Eravate spariti un attimo fa, e siete già tornati, meno male. Avevo pensato il peggio.”
I due rimasero stupiti da tanto calore e preoccupazione da parte di Afrodite; era come se si sentisse responsabile, ed ad Ares venne un sospetto.
“Tutto bene, vero?”
I due annuirono sornioni, guardandosi.

“Allora, visto che questa situazione è stata risolta, passiamo a quella successiva. Cerchiamo questa moglie per Ares. Dobbiamo ancora sciogliere l’incantesimo.” Disse Xena entrando nell’edifico sacro, mentre il dio la fissava sorpreso, aggrottando le sopracciglia in un modo piuttosto buffo.
Afrodite andò a cercare le fanciulle che si erano sparpagliate lì intorno.

“Ehi, piccola, non vorrai mica, sul serio, continuare questa stupida farsa?”
“Non ricordi? L’incantesimo non verrà dissipato, finché tu non troverai…Ssh, ho sentito un rumore.”
E con un passo felpato la guerriera si abbassò e, dietro a degli arazzi, trovò nascoste due ragazze.
“Se ne andato il mostro?”
“Sì, potete uscire.”
Le due ancora tremanti si alzarono in piedi e si guardarono intorno, spaurite.
Il dio era in procinto di scappare, abituato come era alle esuberanze nei suoi confronti da parte delle fanciulle sotto incantesimo.
“Perché siamo qui?”
“Già, neanche io me lo ricordo.” Osservò l’altra.
Xena indicò loro il Dio della Guerra, che, spavaldo, mise le mani ai fianchi.
Le due scossero la testa, non capendo e, in fretta, sgattaiolarono fuori.
In quel mentre entrò Afrodite, con un' espressione perplessa, la quale voltò il capo verso le due, che si allontanavano.
Ares rise fragorosamente e corse incontro a sua sorella.
“Oh, Dite, sei riuscita a trovare un modo per togliermi l’incantesimo, vero? Brava!” E la abbracciò sollevandola da terra.
“Ehi, mettimi giù…” Protestò sgambettando.
Non aveva mai visto suo fratello così felice, e non lo era perché era stato sciolto l’incantesimo.
Ares ubbidì, e si rivolse verso la guerriera, che era già sulla porta.
“Bene, io vado, visto che si è tutto risolto…” E uscì.
Il dio la rincorse, mentre la dea aveva cercato di afferrarlo per una spalla in procinto di dirgli qualcosa, ma le era sfuggito.

“Xena, dove vai?”
La prese per un polso, ma lei con uno strattone si liberò.
“Vado da Gabrielle, che è da sua sorella, la raggiungo.”
Freddamente slegò la cavezza del suo cavallo da una staccionata lignea.
“E noi?”
“Io non posso stare con te. Sei il Dio della Guerra…”
“Ma per te non conta quello che c’è stato, la nostra unione?”
Era già montata agilmente in groppa ad Argo.
Scosse il capo sorridendo sprezzante.
“Quando lo capirai?”
“Non credo che l’accetterò mai.”
La fissò negli occhi con amore.
L’altra abbassò il capo e dando un colpo di tallone all’animale partì al galoppo.

Ares non la prese bene.
Si trasferì nel suo tempio e cominciò a rompere tutto.
Con dei calci fracassava le anfore preziose, buttava per aria tutte le offerte e rovesciò l’altare.
Afrodite si materializzò, in una nuvola di scintille rosa, davanti alla statua di culto in mezzo a tutto quel polverone, tappandosi le orecchie.
“Si può sapere che cos’è tutto questo fracasso?”
“Vattene, voglio stare solo!”
Lei grido:
“Ti devo dire una cosa!”
L’altro continuava imperterrito nella sua opera di distruzione.
“Ascoltami… Non sono stata io a toglierti l’incantesimo!”
Lui fece volare tre asce in aria, la dea si abbassò per non esserne investita, mentre queste sia andavano a conficcare nel muro.
“Mi hai sentito? Non sono stata io a… Xena ti ama!”
Ares si bloccò all’istante.
Si volse verso Afrodite e la prese per le spalle. Lei arricciò il naso:
“Mi fai male!”
La scosse con violenza.
“Che cosa?”
La fissò con uno sguardo spiritato.
“L’incantesimo si sarebbe sciolto solo nel caso in cui tu avresti trovato una donna da amare, ma, unicamente, se il tuo sentimento fosse stato sinceramente corrisposto, senza secondi fini. Ebbene, il fatto che sia cessato spontaneamente vuol dire che, senza dubbio, Xena ti ama.”
La mollò, stordito.
Si girò, rivoltò lo scranno che aveva gettato a gambe all’aria e si sedette perplesso e truce, mettendo una mano sotto il mento.
“No… non è possibile.”
“Sì, invece…”
“E perché se ne andata?”
“Non lo so questo, ma sono sicura che è innamorata di te, ma se ne è accorta soltanto oggi. Tu, non ne sai niente?”
Gli fece l’occhiolino maliziosa.
“Dite, tu hai fatto entrare quel demone in questa dimensione attraverso un mundus (pozzo sacro, porta per il mondo infero), vero?”
“Sì.”
“Hai organizzato tutto questo per farci passare del tempo insieme?”
“Sì, volevo che vi uniste, come era giusto che fosse. Spero che tu non sia adirato con me per questo...”
“No, ti ringrazio. Mi hai fatto un grande dono. Ora, però lasciami solo. Tra poco scenderò in battaglia…”
“È il mio lavoro, fratellino! -Mise la mano al fianco graziosamente, alzando la spalla- E poi per te farei questo ed altro…”
La dea gli sorrise mostrando i denti di perla e, dolcemente, gli accarezzò la guancia, sparendo in una nuvola d’oro.

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FINE

 

In realtà, il finale ideale di questa storia lo potete trovare al capitolo II della “Corona della Gloria” qui.

Questa fanfiction è stata finalmente conclusa. Xena ed Ares insieme sono una coppia davvero difficile da trattare, specialmente la Principessa Guerriera  è un personaggio molto complesso, perché spesso vuole fare la parte dell’uomo e della donna contemporaneamente.
Ne sto scrivendo un’altra sempre su questa coppia, che spero di poter portare a termine al più presto.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito il primo capitolo.
Alla prossima.
Shalna

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