Amori e amicizie tra i banchi di scuola

di _Fy
(/viewuser.php?uid=91229)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo arrivato ***
Capitolo 2: *** Tra fiabe e segreti ***
Capitolo 3: *** Confessioni ***
Capitolo 4: *** Rotta di collisione ***
Capitolo 5: *** Un diavolo tentatore ***
Capitolo 6: *** Nessun vincitore e nessun vinto ***
Capitolo 7: *** Tra paure e incertezze ***
Capitolo 8: *** Un pomeriggio da dimenticare ***
Capitolo 9: *** Confessioni ***
Capitolo 10: *** Non mi arrenderò ***
Capitolo 11: *** Diventa mia amica ***
Capitolo 12: *** Dubbi e incertezze ***
Capitolo 13: *** Le incomprensioni sono così strane, sarebbe meglio evitarle sempre.. ***
Capitolo 14: *** Quando gli occhi ti parlano ***
Capitolo 15: *** La forza del coraggio ***



Capitolo 1
*** Un nuovo arrivato ***


Salve a tutte, mi chiamo Federica e vorrei proporvi questa storia! Spero sia gradita!^^ Inoltre, mi farebbe piacere leggere anche qualche vostro parere! Detto questo, buna lettura.

Ancora una volta era riusciata ad arrivare tardi. Correva tra i corridoi deserti della sua scuola; una mano stratta al petto stringeva tra sè un libro sgualcito e un quaderno degli appunti. Alcune ciocche dei capelli lasciati sciolti le coprivano la visuale finendole davanti agli occhi, altre invece le si erano posate sulle labbra dischiuse. Una volta raggiunta la sua meta si fermò di colpo, portò la mano libera sul petto come a voler fermare il ritmo incessante del suo cuore, il respiro le era diventato pesante mentre uno strato di rossore le imporporava le guance; con la mano scansò le ciocche ramate di capelli che le si erano appiccicate al viso e inghiottì quanta più aria possibile per riuscire a regolare il respiro poi, come per darsi coraggio, sospirò profondamente e bussò alla porta della sua classe

- Avanti!

La voce del professore era a mala pena udibile, coperto dallo spesso strato di legno che costituiva la porta, eppure non le era sfuggito il tono spazientito che aveva assunto; immaginò che l'interruzione non fosse stata di suo gradimento. Ancora una volta sospirò, tentando di raccimulare tutto il suo coraggio poi, con mano tremula, abbassò la maniglia e la porta si aprii mostrando venti paia di occhi che la fissavano incuriositi. A testa bassa mormorò qualche scusante, poi si affrettò a raggiungere il suo posto, la frangia le impediva la visuale e si ritrovò ad inciampare nei suoi stessi piedi procurando l'ilarità di tutti i suoi compagni. Riversò gli occhi al cielo e cercando di allontanare da sè il pensiero di quell'ennessima figuraccia, raggiunse il suo posto per davvero. Il professore Loconte, insegnate di diritto, dopo averla guardata male senza emettere alcun suono, riprese la sua lezione.

- Quindi stavamo dicendo che la proprietà può anche essere espropiata per motivi di interesse generale a condizione che...

Si ritrovò a perdere il filo della spiegazione non appena una pallina di carta venne a contatto con la sua testa; alzò lo sguardo cercando di capire chi fosse l'artefice di quella che lei amava definire, una bambinata e Intercettò il volto della sua migliore amica che le sorrideva e le indicava il minuscolo pezzo di carta che poco prima l'aveva colpita. Si affrettò ad aprirlo e a leggere quello che si trovava al suo interno.

 

-Ancora in ritardo! Sei un caso disperato... Bella caduta prima XD-

Liliana, sapeva essere dolce quanto irritante. Eppure le voleva bene così com'era, senza sotterfugi, senza se e senza ma. Ricordava ancora il giorno in cui l'aveva incontrata e di come, a prima vista, le fosse apparsa così antipatica. Quel giorno, primo giorno delle scuole elementari, entrabe si guardavano attorno spaesate, lei, quella che ben presto sarebbe diventata la sua amica per l'eternità, era rimasta seduta al suo posto con lo sguardo basso, torturandosi le dita per l'imbarazzo. Ben presto si rese conto del suo sguardo e i loro occhi si incontrarono, cioccolato e menta. Ricordava bene di come avesse poi abbassato lo sguardo con un sorriso di scherno dipinto sulle labbra sottili. Ricordava bene come ne fosse rimasta infastidita.

 

-Non mettere il dito nella piaga Lily u.u-

Cercando di non essere beccata dal professore, lanciò in maniera alquanto goffa, quel pezzetto di carta richiuso in malo modo. Rimase ad osservare la sua amica mentre leggeva con minuziosa attenzione quelle poche righe notando ogni lieve spostamento della sua pelle, ogni tentativo vano nella speranza di non lasciarsi andare a delle risate, probabilmente dovuta al ricordo della sua magra figura.E si lasciò ancora sopraffare dai dolci ricordi della sua infanzia. Ricordava la sua Lily, in piede davanti al suo banco; non l'aveva ancora notata, troppo presa a rigirarsi la penna tra le mani. Si era schiarita la voce per attirare la sua attenzione poi, non avendo ottenuto alcun risultato, aveva esordito con un "ciao" emesso con voce alquanto spazientita. Ricordava di aver guardato, quella bambina davanti a lei, per minuti che parvero ore, di essersi soffermata sul suo sorriso sincero, sugli occhi verdi così grandi ed espressivi e quella treccia scomposta che le ricadeva da un lato. Quello, probabilmente, fu l'inizio di tutto, l'inizio di una grande amicizia che aveva vinto ostacoli di ogni tipo.

 

-Lo sai che amo prenderti in giro, non ti arrabbiare :P Piuttosto, le hai sapute le novità?-

 

Con movimenti rapidi e veloci, Liliana, era riuscita a passarle nuovamente il messaggio; lei invece, nel tentativo di afferrare al volo il biglietto, aveva creato un terribile frastuono con il banco guadagnandosi, ancora una volta, un'occhiataccia da parte del professore. Sorrise, scusandosi con lo sguardo senza utilizzare le parole, poi, dopo essersi assicurata di non essere più sotto lo sguardo severo del professore, si accince ad aprire il foglietto e a leggerne il contenuto.

 

-Novità?? Solite voci di corridoio immagino! Sai che queste dicerie mi stuzzicano la curiosità, sei perfida!-

Liliana sorrise divertita di fronte al modo di fare della sua migliore amica; spesso le aveva ricordato che prima o poi, quella sua caratteristica, l'avrebbe ficcata in qualche guaio.

 

-Si vocifera che, chissà quando e chissà da dove, debba venire un nuovo studente cacciato dal suo vecchio istituto...Saretta cara, spero proprio sia un tipo carino :P-

Sara piegò le sue labbra carnose in una sua tipica smorfia mentre, spazientita, faceva ciondolare la sua chioma a destra e a manca.

 

-Pensi sempre ad una cosa tu, assurdo. La classica romanticona in cerca del principe azzurro delle fiabe.... Orami è fuori moda, usciresti mai con un tipo in calzamaglia? Mia nonna risulterebbe più virile!-

Liliana trattenne a stento le risa; non che ci fosse poi molto da ridere su ciò che l'amica aveva scritto ma quano meno ci aveva visto dell'impegno.

Il suono della campanella segnò l'inizio della pausa pranzo; Sara si ritrovò a sospirare sollevata. Liliana, nel frattempo, le si era avvicinata sorridendo << Allora, cara la mia sbadata, immagino tu abbia avuto una giornata movimentata>> gli occhi le si erano accesi di ilarità mentre le sue labbra tremavano per l'evidente difficoltà a trattenersi dal ridere.

- Come sei simpatica questa mattina, un vero zuccherino! Bando alle ciance, cosa facciamo questo pomeriggio?

Sara iniziò a raccogliere le sue cose dal banco.

- Mmmh, potremmo studiare insieme?

Continuò poi.

Liliana la guardò scettica facendo schioccare la lingua sul palato.

- Scherzi, vero? Finirebbe come l'ultima volta! Che ne dici di fare shopping? Infondo non ci andiamo da molto ed ho giusto bisogno di qualche maglietta nuova.

Sara finse di pensarci su, infondo l'idea di girovagare tra i negozi non le dispiaceva affatto, tanto più che si trovavano nel periodo natalizio; avrebbe potuto osservare le lucine colorate appese in città, magari si sarebbe fatta sera e la magia natalizia si sarebbe fatta più evidente; sorrise entusiasta.

- Ok, mi hai convinta.

Si guardarono complici ed insieme attraversarono il lungo corridoio dell'istituto.

- Oh, è arrivata già mia madre.

Osservò Sara non appena uscite da scuola.

- Non posso aspettare con te questa volta, ci vediamo oggi pomeriggio, va bene?

Liliana annuì sorridente.

- Tranquilla, ci vediamo oggi

Si sporse e stampò un piccolo bacio sulla guancia paffuta della sua migliore amica che sorrise.

- Va bene, ciao!

La salutò con la mano e si voltò correndo verso sua madre che, spazientita, aveva già iniziato a suonare il clacson. Sua madre era una donna molto buona, forse fin troppo. Aveva divorziato da suo padre quando lei aveva ancora pochi anni di vita, da allora si era presa cura di lei da sola; quando ci pensava le veniva sempre un magone all'altezza della gola e gli occhi le si facevano lucidi. Suo padre invece, non lo vedeva spesso, era partito per lavoro tempo addietro e aveva fatto ritorno solo nei periodi di festa. Cosa provasse nei suoi confronti non lo sapeva, lo amava e lo odiava probabilmente.

- Come è andata la tua giornata?

Sospirò al ricordo di quella lunga e imbarazzante mattinata.

- Poteva andare peggio credo.

Sua madre, Caterina, sorrise distogliendo per un attimo gli occhi dalla strada, poi scese il silenzio.

Una volta tornata a casa e aver pranzato, si stese sul letto esausta e lasciò che le sue emozioni le scivolassero addosso. Chiuse gli occhi respirando profondamente, quasi come se stesse dormendo mentre il vuoto si affacciava nella sua testa. Poi scivolò nell'oblio.

Si sveglio un'ora più tardi e con suo sommo orrore, dopo aver controllato l'ora dalla piccola sveglia posta sulla cassettiera accanto al suo letto, si scoprì in ritardo. Scese velocemente dal letto, uscì dalla sua stanza e corse nel piccolo bagnetto situato accanto alla sua camera, si spogliò di tutta fretta e girò le manopole della doccia infilandosi al suo interno senza neppure aver controllato la temperatura.

- Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah!

Gridò con tutto il fiato che aveva; l'acqua era decisamente congelata. Un'ora più tardi era pronta; controllò la sua immagine allo specchio. Davanti a lei c'era una ragazza dai capelli lunghi e ramati, la frangia forse un po' troppo lunga, le scendeva sugli occhi nocciola dal taglio a mandorla, il naso era dritto e all'insù, le labbra carnose il tutto incorniciato da un volto a forma di cuore. Non era molto alta, non superava il metro e sessantacinque ma quantomeno era fisicamente proporzionata; sorrise soddisfatta, afferrò la borsetta lasciata sulla sedia della scrivania e corse fino allo porta di casa << Io vado>> non attese risposta e chiuse la porta dietro di sè.

- Cosa ne pensi di questa?

Liliana le presentò sotto al naso l'ennesima maglietta.

- Mi piace, è carina! Ma non trovi che quel rosso acceso sia quanto meno esagerato?

Liliana osservò perplessa la maglia che stringeva tra le mani.

- Naaah

Esordì poi, facendole una linguaccia.

Sara si ritrovò ad osservare la sua migliore amica, probabilmente nulla di quello che poteva indossare le sarebbe stato male; Liliana era una ragazza davvero molto bella, i capelli castani, lunghi fino alle spalle, le scendevano ad onde, gli occhi erano grandi e verdi, il naso era dritto e proporzionato, le labbra sottili ed il viso era ovale. Era molto alta e slanciata; molto più di quanto lo fosse lei.

-Perchè non provi questo vestito?

Si riscosse dai suoi pensieri e guardò il vestito che la sua migliore amica le stava porgendo; ne rimase disgustata.

- Quello?! Scherzi, vero? E' orrendo ahahaha i vestiti a fiori non gli indossa più nemmeno mia nonna

Risero, come solo due vere amiche potevano fare.

-Scherzavo, magari però potresti prendere quello!

Sara rimase incantata dal vestito che le aveva indicato Liliana; un vestito corto fino alle ginocchia, color glicine, il suo colore preferito.

-Magari possiamo abbinarci qualche accessorio viola.

Continuò poi

- E' meraviglioso

Mormorò Sara avvicinandosi e toccandone il tessuto morbido.

-Allora? Cosa stai aspettando?! Provalo!

Liliana afferrò il vestito e con poca delicatezza la spinse nel camerino; non petava più tirarsi indietro, tanto valeva provarselo.

Si guardava allo specchio poco convinta, con le mani cercava di appiattire le pieghe della gonna.

- Allora hai finito?

Dietro la tendina, Liliana attendeva l'amica spazientita muovendo un piede ritmicamente sul pavimento.

- Si, ora esco!

Sospirò profondamente per poi dare le spalle allo specchio e scostare la tendina del camerino; il piede dell'amica, alla sua vista, aveva smesso di agitarsi e il sul suo volto si era dipinto un sorriso radioso

-Sei stupenda!

Quasi non lo urlò.

- Dici?

Sara non ne era molto convinta.

-Assolutamente

Asserì lei e Sara si ritovò ad arrossire.

- E' stata una buona idea prendere questa cioccolata calda, te lo concedo

Avevano appena terminato di fare compere; alla fine Liliana aveva convinto l'amica ad acquistare quel vestito che tanto l'aveva colpita << Se mi dessi ascolto più spesso>> Sara le rispose con una linguaccia poi riprese a bera la sua cioccolata.

- Secondo te come sarà questo nuovo fantomatico ragazzo? Dicono abbia qualcosa di strano. E' stato cacciato dal suo vecchio istituto, si vocifera abbia ricattato un professore.

Sara si ritrovò ad arcuare un sopracciglio scettica.

- Ma finiscila, sono solo chiacchiere di qualche sciocco. E tu ci caschi con tutte le scarpe

Liliana sorseggiò la sua cioccolata.

- Vedremo

Esordì tranquilla.

-Uhm

Mormorò lei prima di imitare la sua amica. Liliana la fissò per un tempo che parve lunghissimo, poi iniziò a ridere.

-Cos'hai da ridere?

Tentò di emettere un suono ma le risa erano davvero troppe e non riusciva proprio a parlare.

-Allora?!

 Sara iniziava seriamente ad innervosisrsi; Liliana tentò di darsi un contegno riacquistando la sua serietà.

- Sei completamente sporca, dimmi un po' come hai fatto a macchiarti anche il naso?

Scoppiò nuovamente a ridere ma stavolta si unì a lei anche Sara.

Il giorno dopo a scuola era arrivata stranamente in orario; quella mattina le voci di corridoio erano notevolmente aumentate così tanto da arrivare persino a lei; gli studenti si ammassavano nelle classi eccitati fino a quando il professore, con la sua entrata in aula, non mise un po' d'ordine.

-Ragazzi, seduti!

Si schiarì la voce per poi continuare.

-Come credo sappiata, oggi a scuola è arrivato un nuovo studente, il suo nome è Matteo Padovano e rimarrà con noi per i prossimi 2 anni

Liliana si girò verso Sara facendole l'occhiolino al quale lei risposi con un'alzata di spalle; il rumore della porta la riscosse ed i suoi occhi si incatenarono alla figura che man mano stava avanzando nella classe, nell'aula infatti, era appena entrato un ragazzo abbastanza alto e slanciato, i capelli castano dorati svolazzavano ad ogni suo passo, le mani erano riparate all'interno delle tasche dei jeans, i suoi occhi però, le erano ancora preclusi.

- Bene, lui è Matteo, fatelo ambientare e siate cordiali

Aveva terminato così il professor Loconte ma Sara sembrava non averci fatto caso; un paio di occhi color ghiaccio l'avevano distolta, un paio di occhi che ora la stavano fissando.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Tra fiabe e segreti ***


Un paio di occhi color ghiaccio l'avevano distolta, un paio di occhi che ora la stavano fissando. 


Sara rimase sorpresa e incantata.

I suoi occhi sembravano essersi incatenati a quelli del nuovo arrivato; non seppe davvero descrivere quali sensazioni le suscitavano ne tanto meno quello che vi leggeva dentro.

Quello sguardo sembrava volesse solo trasmetterle freddezza.

Eppure, sforzandosi un pochino riuscì a scorgere qualcosa di diverso, una luce strana che trasmetteva dolcezza e immenso dolore.

Ne rimase sconvolta.

Abbassò lo sguardo e si ritrovò ad arrossire; aveva fissato per chissà quanto tempo un perfetto sconosciuto ed ora nella sua testa volteggiava solamente la sciocca e alquanto banale  preoccupazione sull'idea che aveva dato di sè a quel nuovo ragazzo. 

Come poteva uno sguardo turbarla tanto? 

Eppure, persa in quegli occhi, si era sentita smarrita, indifesa, insicura.

-Pssssss 

Venne distratta da Liliana che, con grande determinazione, tentava di attirare l'attenzione della sua migliore amica.

-Tutto bene?

Le sussurrò.

Sara osservò per qualche secondo Liliana; lo smarrimento e la confusione nei suoi occhi scomparvero per lasciare posto alla tenerezza. 

-Tutto bene.

Sorrise sincera; la sua migliore amica le restituiva la sicurezza che non sempre sembrava possedere. Era sempre stato così tra di loro, si appoggiavano le une all'altra nei momenti di difficoltà confortandosi a vicenda, anche quando non erano a conoscenza dei turbamenti dell'altra, uno sguardo, un sorriso, riusciva a riportare la serenità perduta. 

Mille volte Sara si era interrogata su cosa fosse davvero l'amicizia e altrettante volte si era domandata se la sua amicizia con Liliana fosse destinata a durare in eterno o a finire come ogni altra cosa.

Eppure era sinceramente convinta che per i sentimenti non vi fosse fine. Per lei l'amore era un sentimento così potente da non poter terminare; da qualche parte nel profondo dei cuori, i sentimenti e l'importanza che nel corso della vita avevano assunto le persone, sarebbero rimaste immutate per sempre. 

Magari un giorno avrebbero intrapreso strade diverse ma di una cosa era sicura; non avrebbe mai dimenticato Liliana, i loro cuori sarebbero rimasti per sempre legati. 

Tra un pensiero ed un altro, la lezione terminò. Sara non si era più concessa di guardare quel ragazzo, stranamente, sentiva di averne paura.

-Avevi una strana espressione prima.

-Non preoccuparti, non era nulla.

-Se lo dici tu. Hai visto com'è carino il nuovo arrivato?! Sembra un ragazzo così misterioso e affascinante! 

-Il cavaliere oscuro senza macchia e senza paura che aspetta solo la sua bella principessa! Immagino che il ruolo della principessa in pericolo spetti a te, vero Lily? 

Camminavano nel corridoio della scuola. Intorno a loro solo un gran vociare e una marea di ragazzi: chi sparlottava, chi correva verso la prossima lezione, chi ripassava, chi ne approfittava per mangiucchiare qualcosina. Eppure la maggioranza si era accalcata vicino gli armadietti per raccontarsi le varie dicerie sul nuovo arrivato.

-Certo che spetta a me! Lo hai visto anche tu quanto è carino! 

-Povera me, credo mi aspettino infiniti discorsi su quanto sia bello, affascinante e appellativi simili per un bel pò di tempo! 

-Quanto sei antipatica quando fai così! 

-Dammi almeno il permesso di lamentarmi, le tue cotte sono incredibilmente lunghe e quella che si deve sorbire una marea di racconti dettagliati è la sottoscritta! Che poi, finisce sempre che ti stufi e mandi tutto a quel paese.

La sua voce aveva assunto una nota di rimprovero, eppure sul suo volto non traspariva altro che affetto. 

-Hai ragione Sara però sento che stavolta sarà diverso.

-Come le ultime 14 volte.

Sara rise e ben presto anche Liliana abbandonò la sua aria offesa per lasciarsi trasportare da quell'attimo di ilarità che le aveva avvolte. 

-Hai seguito quello che ha detto il professore oggi?

-Dal bel fustaccione dagli occhi magneci al professore. Non facciamo passi avanti così! Comunque non ho sentito una parola Lily.

-Lo avevo immaginato, ti ho vista persa in chissà quale groviglio di pensieri; cosa stava macchianando il tuo cervellino?

Liliana le si avvicinò guardandola con aria indagatrice; con quell'espressione dipinta sul viso, più che un essere umano, sembrava un personaggio di qualche manga.

-A nulla di interessante!

Si affrettò a dire Sara; di certo non avrebbe mai potuto svelare alla sua migliore amica quali erano stati i suoi pensieri, non se riguardavano proprio la sua nuova cotta. 

-Mmmmh, sarà! Eppure mi sei sembrata alquanto strana oggi! 

-Vaneggi.

Esclamò facendole una boccaccia.

-Se lo dici tu! 


Matteo era seduto su una pancina posta nell'atrio della scuola. Guardava il cielo assorto mentre qualche raggio di sole gli illuminava i capelli color miele, creando un gioco di colori. 

Era talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorse della presenza di una ragazza che sostava al suo fianco. 

-Ciao

-Uhm

I suoi occhi si posarono finalmente su di lei.

Era una ragazza carina, capelli scuri raccolti in una coda scomposta ed un paio di occhi azzurri, talmente chiari da ricordare il cielo sgombro dalle nuvole.

Forse non abbastanza carina da attirare le sue attenzioni.

Non così meritevole.

Non così importante da portarlo via dai suoi pensieri. 

Non così carina da cancellare le sue colpe.

-Mi chiamo Chiara, tu sei quello nuovo vero?

-Sai benissimo che sono quello nuovo, che bisogno hai di chiedermelo?

Rispose in tono acido senza prendersi la briga di guardarla negli occhi.

-Oh scusa, volevo solo fare amicizia con te.

-Bhè, spiacente di deluderti ma non ho bisogno della tua amicizia.

Si alzò senza aggiungere altro, senza riservarle nemmeno uno sguardo. Camminava dritto davanti a sè, le mani riposte nelle tasche dei jeans, lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi freddi come i ghiacciai, assenti.

Non aveva alcuna voglia di fare amicizia, non aveva voglia di parlare con qualcuno, di illudersi di nuovo.

Non voleva credere ancora.

Non voleva sperare.

Si appoggiò al tronco di un albero, con il piede iniziò a tirar calci ai sassolini sul terreno mettendoci fin troppa forza; avrebbe potuto ferire qualcuno, lo sapeva bene, eppure non sembra importargli. 

Niente avrebbe fatto così male come il peso che in quegli anni aveva portato lui.

Niente poteva ferire di più.




Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Confessioni ***


Il dizionario italiano, definisce l'amore come un affetto assiduo e fortemente radicato per qualcuno.

Ma per Liliana, quel sentimento tanto acclamato, così potente e magico, capace di ispirare la gente, di dar vita a canzoni e poesie, era sconosciuto. 

Certo, conosceva il profondo amore che la legava ai suoi genitori.

Conosceva l'amore che la legava alla sua migliore amica.

Aveva visto l'amore di un cane per il suo padrone.

L'amore di una madre che accoglieva suo figlio tra le braccia per la prima volta e che continuava a tenerlo a sè per tutta la vita.

L'amore era radicato negli occhi della gente.

L'amore di una nonna, che stanca, osservava suo marito con affetto, come fosse ancora il primo giorno.

L'amore di un padre che ogni mattina si alzava presto per andare a lavoro in modo da assicuare ai suoi cari una vita felice. 

L'amore era visibile in una carezza.

In un bacio.

L'amore si trovava tra le parole sussurrate deglia amanti.

In un abbraccio.

In un sorriso.

In uno sguardo.

In un tacito conforto.

In una lacrima che, lenta, scende lungo il viso.

Pensava a tutto questo mentre distesa, attendeva con ansia l'ora in cui si sarebbe vista con la sua migliore amica. 

E continuò ancora a buttar giù una lista di esempi:

L'amore di due giovani che si promettono lealtà e fedeltè eterna unendosi nel sacro vincolo del matrimonio.

L'amore che i bambini sapevano tirar fuori con i piccoli gesti.

L'amore per i libri.

L'amore per la musica.

L'amore per Dio e per una fede che non sempre dava i suoi frutti. 

L'amore di una vedova che rimpiangeva suo marito. 

L'amore che traspariva dai ricordi.

L'amore di quei giovani, che erano pronti a rischiare anche la propria vita, per i loro ideali.

L'amore era per lei, l'unico sentimento talmente potente da poter contrastra tutto: l'odio, la paura, l'incertezza, l'orgoglio. 

Girò la testa da un lato e di malavoglia si sporse verso il comodino per poter afferrare il suo cellulare e vedere che ora fosse. Come sospettava, Sara era nuovamente in ritardo; una caratteristica della sua personalità a cui ormai si era abituata, come del resto si era abitauata a molte altre cose.

A differenza sua, Sara, era una ragazza tremendamente disordinata, una grande pasticciona e in sua compagnia finiva sempre per fare qualche magra figura.

A scuola era quasi un disastro, molte volte si era ritrovata a passare notti insonne per poterle spiegare gli argomenti che, durante il giorno, non aveva portato a termine. Troppo pigra, troppo distratta. 

Molte volte avevano litigato per i suoi diffetti o per quelli dell'amica.

Molti erano stati i silenzi che Liliana, si scoprì di odiare.

Molte incertezze e poche sicurezze.

Troppe paure e poco coraggio.

Eppure, erano riuscite a crescere insieme, incontrandosi e scontrandosi sempre a metà strada.

Avevano vissuto la loro amicizia con il cuore e con l'anima.

Avevano sperimentato emozioni che pochi erano riusciti a provare.

I suoi pensieri vennero interrotti da un lieve bussare alla porta della sua camera.

-Avanti!

La porta si aprì con estenuante lentezza. A poco a poco, la figura di Sara si rese visibile agli occhi della padrona di casa che la guardava con rimprovero, ricevendo in cambio, uno sguardo incerto e dispiaciuto.

-Ti sembra questa l'ora di arrivare?

Sara avanzò di qualche passo lasciandosi dietro di sè la porta ancora spalancata.

- Perdonami, mi ero appisolata un attimo e ho fatto tardi.

Liliana continuava ad osservarla con un cipiglio offeso, poi, i suoi lineamenti si addolcirono lasciando il posto ad un sorriso rassegnato.


 


- Dai, non importa. Vieni qui!

Liliana battè una mano sul materasso per indicare il posto in cui Sara si sarebbe dovuta accomodare.

-Arrivo!

Sara sorrise radiosa; era contenta che Liliana avesse ancora una volta sorvolato sulle sue mancanze.

Si avvicinò al letto, si tolse le scarpe in malo modo, le quali, finirono inrimediabilmente sotto il materasso, poi, goffamente, si accomodò a gambe incrociate accanto all'amica.

- Cosa stavi combinando prima che io arrivassi?

- Tu hai mai conosciuto l'amore? Parlo dell'amore tra ragazzi, quello che ti consuma il cuore e che ti fonde il cervello, che ti rende stupido e sentimentale, che non ti fa dormire la notte, che ti fa sorridere come un idiota anche se va tutto male, quello che un attimo prima ti fa toccare il cielo con un dito e il secondo dopo ti fa sprofondare nel vuoto.

Sara rimase interdetta per qualche secondo.

La domanda dell'amica a lei parve del tutto inaspettata e si ritrovò ad aver bisogno di qualche attimo di tempo per poter ritrovare la lucidità perduta.

- No, non l'ho mai provato.

- E ti piacerebbe?

- Non saprei risponderti a questa domanda. Non ho molta fiducia nell'amore, ho visto il legame che univa i miei genitori spezzarsi e il loro affetto spegnersi, ho visto mia madre piangere e nei suoi occhi ho letto disperazione, l'ho vista rialzarsi a fatica e ho sentito i suoi singhiozzi attutiti dal cuscino. Non so se riuscirei a rischiare tutto, mettere in gioco me stessa e il mio cuore per poi riceverlo a pezzi.

Poche volte Liliana aveva ascoltato Sara parlare dei suoi genitori. 

Sara mostrava sempre un sorriso allegro non facendo mai trasparire nulla di quali erano i suoi reali sentimenti. 

D'altro canto Sara faceva fatica ad aprirsi; non sopportava quella sensazione di fragilità che la imprigionava facendola sentire stretta ed immensamente sola. Non sopportava quel magone che le si formava in gola e quelle lacrime represse che spingevano per poter uscire. Aveva imparato ad ignorare, aveva chiuso se stessa dietro ad un grande muro.

Aveva imparato a proteggersi.

A concedere il suo affetto a pochi.

Rimaneva coperta e protetta nel suo involucro per sfuggire alla realtà che sembrava volesse ampliare maggiormente le crepe che, come cicatrici, si erano disegnate sul suo cuore. 

Liliana osservò l'amica; i suoi occhi erano diventati lucidi, la voce le tremava e la fatica che stava facendo era evidente.

- Che osservazione deprimente! Cambiamo argomento o finirai per togliermi ogni entusiasmo.

Sara le fù grata.

- Comunque cara Saretta, necessito del tuo aiuto! Devo trovare il modo per parlare con quel figone del nuovo arrivato! Ho parlato con la ragazza della 3B e ha detto che è scontroso quanto bello! Si mormora che abbia ridotto in lacrime una ragazza che gli si è avvicinata.

- E tu vortresti entrare nelle grazie di un tipo simile?

- Lo domerò come un agnellino! E poi è troppo carino!

Sara scosse la testa spazientita; con Liliana era sempre la stessa storia. 


La giornata trascorse velocemente e ben presto arrivò il momento dei saluti. Sara e Liliana si abbracciarono baciandosi le guance paffute, promettendosi di rivedersi l'indomani mattina a scuola.

Una volta arrivata a casa, Sara ripensò alla giornata trascorsa in compagnia della sua migliore amica e un alone di tristezza la colse improvvisa mentre ricordava quel discorso che tanto l'aveva scossa. Una lacrima solitaria le solcò una guancia, prontamente asciugara con il dorso della mano. Sara non voleva piangere, sapeva bene che, una volta aperti gli argini, avrebbe fatto fatica a richiuderli. Provò a concentrarsi su tutte le cose positive che le erano capitate e tentò di convincersi che, per quanto doloroso e pauroso fosse alle volte, vivere era un'esperienza meravigliosa. 


Ancora una volta era arrivata in ritardo, i corridoi scolastici erano vuoti e lei doveva affrettarsi a prendere i suoi libri dall'armadietto.

Sospirò agitata e cercò di prepararsi psicologiacemente alla clamorosa sfuriata che il professore le avrebbe rivolto. Troppo concentrata in ciò che stava facendo, non si accorse di un ragazzo che la stava osservando incuriosito.

-Ciao

Gli si avvicinò di soppiatto,compiendo movimenti lenti e rogolari come fossero studiati nei minimi dettagli. 

Sara rimase sconvolta; ancora quel ragazzo, ancora quegli occhi freddi che la scrutavano. 


Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Rotta di collisione ***


-Ciao

Sara, sorpresa, emise un gemito strozzato attutito prontamente dalla sua mano che, con estrema velocità, si era posata sulle sue labbra.

Strinse forte i suoi libri al petto come per proteggersi, mentre il cuore aveva aumentato il suo ritmo.

-C-ciao

Balbettò.

Gli occhi di Matteo la scrutavano insistenti; Sara si sentiva imbarazzata, le guance le si erano colorate di rosso, il cuore sembrava non voler

arrestate la sua folle corsa mentre il respiro diventava sempre più pesante. 

Si schiarì la gola e trasse un profondo respiro avanzando di un passo dalla sua posizione.

- Vado in classe.

Non attese risposta e con gli occhi bassi fissi sulle sue scarpe color avorio, avanzò velocemente verso la sua lezione.

-Aspetta!

Si fermò poco più distante da lui, protesa in avanti, pronta a fuggire.

Nel silenzio, riecheggiavano solo i passi lenti e incalzanti di Matteo che avanzavano verso di lei e il leggero fruscio della camicia bianca che

indossava.

Si posizionò alle sue spalle e avvicinò il suo volto all'orecchio della ragazza e le sue labbra si piegarono in un sorriso di scherno.

-Ti accompagno

Il suo respiro caldo si infranse sulla sua pelle e Sara fu percorsa da un leggero brivido.

Leggero ma così intenso da scuoterla interamente.

Fino a farle tremare il cuore.

Paura.

Attrazione.

- No, grazie.

La sua voce risuonò incerta.

-Se ti preoccupa che io possa scomodarmi, tranquilla, andiamo nella stessa classe.

La voce di Matteo era calda e suadente e Sara ne rimase incantata.

Liliana.

Un pensiero.

Un attimo di lucidità.

- E vacci allora, ma senza di me.

Si girò trovandoselo di fronte, i loro volti erano a pochi centimetri l'uno dall'altro, tanto vicini da fondere i loro respiri; ma Sara non sembrò

notarlo, troppo impegnata a sfidarlo con lo sguardo, troppo persa in quel mare di ghiaccio, così freddo e profondo da imprigionarla.

Per un attimo immagino di leggervi dentro.


Dietro quella scintilla di impertinenza, dietro quella lastra di indifferenza, Sara ritrovò ancora quel profondo dolore che, il giorno prima, l'avevano

turbata e per un attimo desiderò di poggiare la sua mano sulla guancia del ragazzo coperta da uno strato di leggera peluria e di lasciarvi una


tenera carezza.

Desiderò di potergli davvero leggere dentro.

Desiderò poter sciogliere quei ghiacciai.

Desiderò vedere i suoi occhi sorridere.

-Sara!

La voce di Liliana la scosse e velocemente, accortasi dell'eccessiva vicinanza tra di loro, arretrò di qualche passo.

Liliana avanzava lentamente nella loro direzione, i suoi occhi la scrutavano indagatori mentre, perfettamente in sintonia con il suo stato

d'animo, un sopracciglio si arcuò mostrandole decisamente una Liliana alquanto perplessa. 

-Ciao Lily! 

Sara si sentiva come una bambina appena colta in fragrante con le mani nella marmellata.

Credeva di non aver fatto nulla di sbagliato, eppure nella sua mente aveva bisogno di ripetersi più volte quanto quei suoi pensieri fossero

innocenti.

Liliana aveva finalmente raggiunto la sua meta, trovandosi di fronte alla sua migliore amica e il ragazzo per cui aveva una cotta.

I suoi occhi scrutavano insistentemente i due, mentre nella sua testa una multitudine di pensieri presero forma.

- Allora, non mi presenti? 

Esclamò Liliana senza alcuna intonazione particolare.

Sara si ritrovò in evidente difficiltà; tra lei e Matteo non vi erano state presentazioni ufficili o frasi di cortesia ma solo qualche fugace attimo di

emozioni intense che l'avevano scossa ogni qual volta si perdeva nei suoi occhi.

-Piacere Matteo!

La sua voce, penso Sara, aveva un'intonazione molto diversa rispetto a poco prima, quando quelle labbra erano state tanto vicine al suo orecchio, talmente tanto da sentire il suo respiro leggero infrangersi sulla sua pelle chiara e provocarle un brivido.

Piacere e paura.

Gli occhi di Matteo non avevano abbandonato ancora la dolce figurea di Sara che, a testa china, sembrava assorta in chissà quanti pensieri spinosi.

Questo, non era sfuggito agli occhi di Liliana, che continuava a far oscillare il suo sguardo tra lei e Matteo.

-Molto piacere, io sono Liliana.

Per un attimo, lo sguardo freddo di Matteo, si posò su di lei e a Liliana mancò il respiro.

Matteo si limitò ad annuire con la testa, poi senza aggiungere nient'altro, voltò le spalle e andò via.

Il tempo sembrava essersi cristallizzato, Sara e Liliana non si erano ancora mosse, nel corridoio non si sentivano altro che i loro gentili respiri che lenti si disperdevano nell'aria.

-Andiamo in classe.

Liliana sembò riscuotersi dopo aver sentito la voce dell'amica; si girò ad osservarla e fu accolta dal suo sorriso sincero ma lei non riuscì a non guardarla con sospetto.


Ma infondo, cos'è l'amicizia? 

Un sorriso condiviso.

Una risata tra le lacrime.

Un dare e ricevare senza mai chiedere.

Una mano nel vuoto.

Una luce nel buio.

Una carezze leggera.

Un abbraccio gentile.

Una voce che ti parla.

Un orecchio che ti ascolta.

Due mani che si ricongiungono.

Due cuori che si ritrovano, forse per la prima volta, forse per sempre.

Così simile all'amore eppur così diverso.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Un diavolo tentatore ***


Immobile guardava camminare davanti a sè la sua migliore amica.

 

Non le aveva creduto e ciò l'aveva profondamente ferita eppure nel suo cuore non riusciva a farsi strada nessun sentimenti simile alla rabbia o alla delusione, in lei albergava solo il dubbio e il senso di colpa.

 

Sara aveva imparato a sentirsi colpevole fin dal giorno in cui suo padre aveva varcato la porta di casa.

 

Non aveva avuto più la gioia di vederlo rientrare, accadeva solo nei suoi sogni.

 

Più volte da bambina, la madre le ripeteva che solo lei poteva convincere suo padre a far ritorno a casa ma Sara nutriva troppa vergogna e troppa paura per poterglielo chiedere.

 

Era cresciuta sentendosi colpevole.

 

Era cresciuta nella consapevolezza che tutti prima o poi vanno via, anche un padre.

 

La paura di perdere anche Liliana la rese agitata e pian paino, dai suoi occhi, iniziarono ad uscire calde lacrime.

 

- Lilì aspettami!

 

Urlò.

 

Liliana arrestò il suo passo ma non si volto ad osservare il volto dispiaciuto della sua amica.

 

-Non è come credi davvero, è solo un equivoco! A me non interessa minimamente, non mi piace è troppo criptico! Inoltre piace a te, come potrei farti un torto simile?

 

Liliana sospirò. Sapeva che Sara non le avrebbe mai fatto del male intenzionalmente, conosceva il suo carattere impulsivo e la sua ingenuità; erano state amiche per tanto tempo, erano come sorelle e Sara le aveva sempre fatto un pò da sorella maggiore.

 

Liliana spesso si chiedeva se l'atteggiamento dell'amica nei suoi confronti non fosse determinato dal suo bisogno di ricevere le stesse premure che lei le riservava.

 

Sara si prendeva sempre cura di lei, c'era sempre nei momenti di bisogno, le regalava immenso affetto e amicizia nonostante non fosse pienamente ricambiata; lei non era certo una ragazza affettuosa, era piuttosto introversa e riservata, eppure Sara era sempre riuscita a toccare la parte più profonda del suo cuore, non arrivando, tuttavia, mai ad entrarci realmente.

 

- Sta tranquilla

 

Liliana le accennò un sorriso ma nemmeno questa volta sembrò contagiare i suoi occhi.

 

Sara se ne accorse ma preferì fingere che tutto andasse bene, le sarebbe costato troppo dolore vedere la realtà.

 

- Credi che ci convenga entrare a seconda ora? Il professore non avrà una pessima scusa per ucciderci questa volta

 

Liliana finse di pensarci su portandosi teatralmente un dito sulle labbra sottili

 

-Uhm, andiamo ragazza cattiva, nascondiamoci nel bagno!

 

Sara rise prendendo a braccetto l'amica e ciondolando, come fossero sbronze e appena uscite da un locale notturno, si diressero a passo svelto e poca discrezione verso i servizi igienici. 

Poco più in là, nascosto tra i tanti armadietti, Matteo osservava curioso la scena.

 

Un sorriso si era inconsciamente disegnato sulle sue labbra, il primo sorriso sincero dopo tanto tempo; si domandò come fosse riuscita una ragazza talmente buffa e imbranata a colpirlo tanto.

 

Matteo sapeva bene quanto fosse pericoloso quell'interesse, sapeva quanto in realtà dovesse tenersi lontano da quella ragazza tanto semplice quanto bella, sapeva che le avrebbe fatto solo del male, eppure, nonostante tutto, quando la incontrava nei corridoi non poteva evitare di guardarla.

 

Sbuffò, poggiando pesantemente la testa sugli armadietti che, a loro volta, produssero un tonfo.

 

Doveva essere più attento.

 

Per quel giorno, decise poi, sarebbe tornato a casa, lontano dai libri, dalle seccature e dalle ragazze, pronte ad additarlo come un ragazzo strano solo perchè non voleva conoscere nessuna di loro.

 

Sorrise, pensando che forse strano lo era davvero; chissà come appariva agli occhi di quella ragazza? 

 

Se solo avesse saputo, cosa avrebbe pensato di lui? 

 

Ma soprattutto, perchè tanto domande su cosa potesse pensare di lui una ragazza sconosciuta? 

 

Oscillò la testa freneticamente; doveva dimenticare tutto quello che gli stava frullando per la testa.

 

Con un sospiro, si diresse verso l'uscita pronto a fuggire da quegli occhi dal color del cioccolato che tanto faticava a dimenticare.

 

Nel bagno, Sara e Liliana, ridevano e scherzavano come se nulla di quello che prima le aveva turbate fosse accaduto realmente.

 

- Te lo immagini se il professore entrasse qui dentro scoprendoci?

 

- Saretta, se il professore entrasse qua dentro non credo gli convenga dire che ci ha trovate qui, non trovi?

 

-E perchè mai scusa?

 

- Siamo nel bagno delle ragazze testona! Se entrasse qui sarebbe come dire che è un vecchio polipo pervertito

 

- Ooooh, è vero! 

 

- Ma perchè alle volte sei idiota? Zuccona!

 

Gli occhi di Sara si chiusero in due fessure mentre le labbra iniziarono a formare un tenero broncio.

 

- Ehi, a chi hai dato dell'idiota? 

 

- Ma certamente a te Saretta cara

 

Sara si finse offesa per qualche minuto, giusto il tempo di sentire le esili braccia dell'amica stringerla con affetto; adorava sentirla così vicina, adorava avere qualcuno con cui scherzare, con cui litigare, mandarsi a quel paese e fare pace, certa che niente e nessuno avrebbe potuto mandare all'aria quella splendida amicizia che si era creata nel tempo. Sara aveva faticato tanto per riuscire a metter su quel rapporto, mattoncino dopo mattoncino, era riuscita a scalfire quel grosso muro da cui Liliana sembrava essere protetta. Neanche per Liliana doveva essere stato facile, di certo non era una ragazza semplice da capire eppure lei, con semplicità, le era entrata dentro.

Matteo sedeva ai piedi di un grande albero; alla fine non era riuscito ad allontanarsi troppa dalla scuola, voleva vederla ancora e sentirla ridere, voleva specchiarsi ancora nei suoi occhi allegri che nascondevano in sé una nota di malinconia e rimpianto, voleva bearsi ancora del suo dolce profumo; ormai era diventato inutile negarlo, l'incontro con quella ragazza gli aveva mosso qualcosa dentro.

Non poteva fingere con se stesso, non poteva negare di aver sentito il desiderio di spostarle una ciocca ribelle di capelli che, dispettosa, le si era poggiata sul viso, non poteva mentire dicendo di non essersi incanto ai suoi grandi occhi che lo guardavano impauriti e affascinati, non poteva non ammettere di aver nutrito il desiderio di poggiare una sua mano sulla sua pelle solo per accertarsi che fosse morbida come gli sembrava.

Sospirò ancora, come se non fossero abbastanza tutti quelli che aveva fatto fino ad allora. 

Si ritrovò ancora a pensare che non voleva turbare la quiete di quella ragazza incatenandola ad un mostro come lui, forse, si chiese, sarebbe potuto diventare una presenza lontana quanto costante.

Un diavolo tentatore, così vicino eppur così lontano.

Sorrise a quella descrizione di sé pensando a quanto fossero assurdi quei pensieri e a quanto lui sembrasse assurdo in quel momento. Cosa gli stava succedendo? 

Non poteva farsi abbindolare dal primo paio di occhi da cerbiatta che incontrava, infondo di donne ne aveva avutre tante e tante altre ne poteva avere.

Perchè proprio lei?

Sorrise amaramente rivolgendo lo sguardo al cielo  mentre i suoi occhi perdevano quella durezza che solitamente gli contraddiceva.

- Perdonatemi

Sussurò al vento.

- Tutto bene? 

Sorrise beffardo sentendo quella voce.

Un diavolo tentatore.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Nessun vincitore e nessun vinto ***


Salve! Non posterò per parecchio tempo o almeno credo visto che un viaggio mi attende... Nonostante non abbia ricevuto critiche o commenti o comunque qualche segnale che ciò che scrivo non è tanto orrendo, continuerò a farlo per il piacere di scrivere ed esprimermi! Grazie mille a tutti =) Vi lascio ad un breve capitolo.

- Tutto bene?

Matteo si girò con ancora quel sorrisino stampato sulle labbra e lasciò che i suoi occhi incontrassero quelli timorosi di Liliana.

Si soffermò ad osservarla; doveva ammettere che la ragazza di fronte non aveva nulla da invidiare alle altre, era ben proporzionata, il fisico appariva alto e slanciato, il viso piccolo e ovale, era incorniciato da dei capell castani, lunghi e lisci che le scendevano fin sopra le spalle, i suoi occhi erano di un color verde menta così grandi e gentili, il naso dritto e poco più in basso le labbra sottili che ben si addicevano al suo volto così armonioso. 

- Dove hai lasciato la tua amichetta?

A Liliana non sfuggi quell'interesse malcerato che Matteo fece emergere dalle sue labbra; a prima vista la sua poteva apparire come una provocazione e seppur in realtà lo fosse, a Liliana non erano certo passati in osservati gli sguardi che i due tendevano a mandarsi.

- Ti interessa la mia amica, vedo.

Liliana non era certo il tipo da farsi passare la mosca al naso, raccolse quella provocazione sperando con tutta se stessa che il suo tener testa a quel ragazzo così bello, potesse cacciare su di sé un filino di quell'attrattiva che Sara sembrava esercitare su di lui.
Matteo, dal canto suo, rimase piacevolmente sorpreso dalla grinta della ragazza, non abbastanza tuttavia da meritarsi le sue attenzioni ma nonostante ciò decise di continuare quel piccolo gioco che si era venuto a creare, un gioco senza regole che non avrebbe portato a nessun vincitore e nessun vinto.

- Potrebbe o potresti interessarmi tu, chi lo sa.

Il suo sguardo magnetico sembrò far vacillare Liliana per qualche attimo; in vita sua non aveva mai incontrato degli occhi così belli, le ricordava la neve, l'inverno, la cioccolata calda, le coperte e il fuoco che scoppietta nel camino, si perchè quello sguardo riusciva a tarsmetterle anche calore. 

Si chiese cosa gli rendesse così freddi e caldi nello stesso tempo. 

- Ah si? Interessante allora!

Liliana tentò di sembrare più sicura di quanto non fosse ma la sua voce a tratti tremante, faceva chiaramente intendere quando non lo fosse realmente.

Matteo aveva vagliato l'idea di utilizzarla per arrivare alla ragazza dagli occhi di cioccolato, tuttavia per quanto fosse meschino e crudele, per quanto più volte si fosse etichettato come un mosto, non voleva arrivare ad utilizzarla, ferire ancora i sentimenti di qualcuno.

No, non lo avrebbe permesso.

Nonostante per lui, in amore, non esistessero regole, conosceva ancora una volta il prezzo da pagara.

Inoltre, si era ripromesso poco prima di non interferire più nella vita di quella ragazza, per quanto alto potesse essere il suo interesse, per quanto questo sentimento a lui sembrasse così sconosciuto e per quanto nonostante tutto nutrisse la voglia di esplorarlo ancora e ancora, non poteva infangare ancora un'altra vita, lui non ne era degno. 

- Ti lascerò nel dubbio credo, io vado.

- Ti andrebbe di uscire con me e Sara oggi?

Il suo era stato un invito azzardato ma non voleva proprio demordere, non velava rinunciare a quel ragazzo, ormai aveva ben compreso di essere entrata in una delle sue tante fasi di innamoramento, eppure, quella volta, le sembrò diverso. 

Sapeva che, mettere in mezzo la sua migliore amica, sarebbe stato l'unico modo per assicurarsi la presenza di Matteo.

Non le importava il mezzo, voleva raggiungere il fine.

Matteo si sarebbe ricreduto presto sul suo conto, l'avrabbe rivalutata e scelta alla fine.

Dal canto suo, il ragazza, era rimasto paralizzato davanti a quella proposta così allettante.

Ragione e sentimento sembravano scontrarsi dentro di lui senza però portare a nessun risultato; ancora una volta non vi era nessun vincitore e nessun vinto. Sembrava proprio che, quella strana giornata, vertesse proprio su quelle posizioni, sull'incertezza e l'inconcretazza, su quella battaglia che da tempo ormai, sembra lo stesse divorando dentro. 

Poi, l'istinto prevalse e quasi con inconsapevolezza si ritrovò ad accettare, maledicendosi due secondi dopo; il suo istinto non lo aveva mai portato a nulla di buona.

Come quella sera. 

- Perfetto, avevamo deciso di fare un pochino di shopping e poi andare in qualche locale, naturalmente la nostra compagnia ti costerà fatica e pazienza ma ne vale la pena. Ci vediamo alla gelateria del centro verso le 17.30! A dopo!

Fuggì via senza neanche dargli il tempo di ribattere; ormai era visibilmente incastrato, e dire che a lui lo shopping non era mai nemmeno piaciuto! 

Sospirò messo alle strette; certo, avrebbe potuto dare buca ma nella sua mente, l'immagine del volto sorridente di Sara, lo fece desitere dal suo intento. Infondo, si ritrovò a pensare, quanto atroce poteva essere?

 

 

Liliana si rese conto di aver combinato un bel pasticcio; infondo lei e Sara non avevano preso alcun appuntamento e la ragazza poteva anche decidere di non accompagnarla.

Sapeva quanto potesse essere testarda alle volte.

Infondo Sara sarebbe comunque venuta se avesse fatto gli occhi dolci, quello che non sarebbe riuscita a sopportare erano le varie lamentele che ne sarebbero conseguite nonostante tutto. 

La sua migliore amica aveva un grande cuore ma il più delle volte era pesante e polemicosa e questo per lei, era di difficile sopportazione. 

Affrettò il suo passo per raggiungere nuovamente il bagno; aveva lasciato Sara ad attenderla lì quando, attirata dal rumore di quei passi che immediatamente aveva ricondotto a Matteo, non aveva resistito e con una scusa accampata in aria, era fuggita via come se avesse il diavolo alle calcagna.

Sorrise pensando che forse lo aveva davvero; Matteo era diventato il suo diavoletto personale. 


Una volta raggiunta la fatidica porta, la aprii con timore, come se Sara potesse realmente già essere a conoscenza del motivo di quella lunga sparizione; tuttavia, una volta dentro, ad accoglierla non trovò un paio di occhi sospettosi come aveva temuto, bensì il volto sorridente della sua amica che la guardava con affetto. Questo la fece sentire colpevole, di cosa poi non lo seppe. 

- E il libro?

- Come?! 

Liliana si sentì presa in contro piede.

- Eri uscita di fretta e furio con questa giustificazione.

Sara nutrì il sospetto che la sua cara amica potesse averle rifilato una scusa qualunque, sospetto che divenne realtà non appena Liliana aprì nuovamente la bocca per parlare.

- Matteo mi ha chiesto di uscire, vieni con me ti prego.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Tra paure e incertezze ***


Avevo accennato al fatto che per un pò di tempo non avrei più scritto ma, mentre stavo prendendo le ultime cose da portare con me in viaggio, mi è venuta l'ispirazione! xDDD Buona lettura! 

Sara riteneva che amicizia e amore fossero due sentimenti vicini, facce della stessa medaglia, così simili e diversi nello stesso momento.

Si domandò se realmente fossero legami privi di qualsiasi macchia, non era forse l'amore anche egoismo?

Le avevano insegnato che l'amore era anche lasciar anadare ma ben presto si rese conto di quanto impossibile fosse per l'uomo amare senza voler anche possedere; lo aveva capito quando, per la prima volta anni prima, si era innamorata.

Il suo primo amore importante, i primi baci, il primo ti amo, gli sguardi nascosti, le carezze accennate, i baci leggeri e quelli passionali, i primi litigi, quei dolori così piccoli ma che venivano vissuti come grandi e insormontabili, i battiti accelerati, quella voglia di gridare al mondo intero la propria felicità, le canzoni che sembrano parlare tutte del vosto amore, le lettere nascoste e mai date, gli imbarazzi e le incomprensioni, quel saluto che sembrava l'ultimo, le corse e gli appuntamenti, le gelosie e i rimpianti, le lacrime e gli abbandoni, quella voglia di gridare e il vuoto che lento si alberga nel cuore. 

Amare era possedere; lei aveva tentato di opporsi e aveva annullato se stessa. 

Una lacrima le rigò il volto, non voleva ricordare, quell'esperienza le bruciava ancora l'anima; non l'aveva percepito come un travolgente amore adolescenziale il suo, più che altro le era parso l'ennesimo abbandono. Più volte in quel periodo, l'immagine del suo ragazzo che la scaricava per l'ennesima volta si sovrapponeva a quella di suo padre con le valigie in mano che solcava la soglia della porta, senza voltarsi per guardare indietro, sicuro che quello che lasciava alle sue spalle non valesse nemmeno un'ultima occhiata, un ultimo ripensamento.

Alle sue spalle, c'era lei.

Era riuscita a riprendersi grazie all'aiuto della sua migliore amica, prendersi cura di lei, lottare per entrare nel suo cuore, aveva salvato anche il suo.

Eppure, molte volte aveva creduto che, come per l'amore, anche l'amicizia la portava ad annullarsi completamente per qualcuno, vivere appoggiandosi a qualcun'altro, dove l'avrebbe portata? 

Era certa di aver vissuto e di vivere sentimenti reali? Quelli tanto decantati nelle canzoni e nelle poesie.

Anche loro erano stati macchiati dall'egoismo umano, l'uomo non era capace di amare con passione e altruismo e lei non faceva eccezione.


Stesa sul letto, ripensava alla proposta poco allettante che la sua migliore amica le aveva fatto in quell'angusto bagno della scuola; per quanto l'istinto le aveva suggerito di scappare a gambe levate e rifugiarsi in Cina, non era stata capace di dare un tale dispiacere a Liliana.

*Inizio flashback*

- Matteo mi ha chiesto di uscire, vieni con me ti prego.

Sara si ritrovò a pensare a come la sua, più che una richiesta, sembrasse un ordine.

- Che cosa?! E cosa c'entro io tra di voi?! Non se ne parla!

La sua voce era ferma e il suo sguardo non ammetteva repliche, eppure sapeva bene quanto Liliana potesse essere convincente alle volte. 

Sapeva che, prima o poi, avrebbe ceduto. 

- E dai, è importante per me, sai quanto mi piaccia Matteo!

La guardò scettica mentre gli occhi dell'amica sembrava si stessero trasformando in due cuoricini.

- Ma ti prego Lili, non lo conosci neppure! Cosa sai di lui?

- Che è figo, tanto mi basta.

Liliana accennò un sorriso furbo che poco si sposava con quell'aspetto così angelico.

Sara dal canto suo, rimproverava mentalmente l'amica per la sua superficialità.

- Hai notevoli elementi per il giudizio devo dire! Se vuoi conoscere il primo ragazzo decente che ti capita tra i piedi, anche a rischio di trovarti davanti l'ennesimo disadattato sociale, fai pure! Ma ti prego, lasciami fuori questa volta.

- Oh andiamo, sei la mia migliore amica, come potrei lasciarti fuori da questa parte della mia vita? 

Ed eccola lì la chiave per aprire il suo cuore, mandare a quel paese l'orgoglio e il buon senso; d'altronde, come poteva provocarle un dispiacere? Come dire no a tanta dolcezza?

Sospirò e Liliana seppe di aver vinto; Sara aveva ceduto ancora una volta.

- E va bene!

Non servivano altre parole, Liliana si era già gettata al collo della sua amica.

*Fine flashback* 

Sapeva di essersi cacciata in un grosso guaio; aveva ripromesso a se stessa di stare alla larga da Matteo e da tutto ciò che lo riguardasse, tutto pur di non arrecare un dispiacere a Liliana, tutto pur di non sentirsi ancora colpevole.

Non potè negare a se stessa che, seppur una minima parte di lei, era contenta di rivederlo ancora. Era fortemente inutile negare la realtà dei fatti, Matteo l'aveva colpita; forse per i suoi occhi, glaciali e tristi che sembravano nascondere chissà quale segreto, forse per il modo di fare, così misterioso e attraente allo stesso tempo, per la sua sicurezza che forse mascherava una gran paura di avvicinarsi a qualcuno, per quello sguardo che sembrava poterle leggere dentro, quel suo modo di sorridere e di abbassare gli occhi come a nascondere una sua debolezza, i piccoli gesti, il suo apparire così diverso dagli altri. 

Posò una mano tra i capelli ramati tirandoseli leggermente; non erano certo i pensieri giusti da formulare in quell'occasione! Avrebbe invece dovuto escogitare un piano per poter passare inosservata, non fare cazzate ma soprattutto per potersela svigniare il prima possibile. 

Con uno scatto finì con la faccia schiacciata sul cuscino mentre le sue gambe si muovevano ritmicamente sbattendo sul materasso e dalle sue labbra fuorisucivano una serie di gridolini acuti; chi l'avesse vista in quel momento, l'avrebbe certamente giudicata come pazza.

- Tesoro che succede?

Sua madre era entrata nella stanza spaventata dal fracasso che la figlia stava facendo.

- Mamma, quante volte ti ho detto che devi bussare?

- Si, lo so! Ma mi hai spaventata, tutto bene?

Una parte di Sara avrebbe voluto svuotare finalmente tutto quello che sembrava la stesse facendo ammattire ma una parte di lei, quella più grande e timorosa, decise di tenersi dentro tutto.

Era sempre stata così lei, felice fuori e problematica dentro. Fin da bambina, raramente la madre l'aveva vista piangere, solo la sua stanza era testimone delle sue lacrime, del suo dolore, delle sue paure e vergogne. 

Voleva dare a tutti l'impressione di essere forte, di esserne uscita fuori incolume, finendo per prendersi anche responsabilità che a lei non competevano, finendo per fare anche da madre a sua madre, da piccola, la vedeva troppo debole e distrutta e voleva proteggerla. 

Caterina questo lo aveva compreso, nonostante non la vedesse mai piangere, sentiva l'eco dei suoi singhiozzi e, affranta e in pena per quella bambina che piangeva sola stretta al suo cuscino, unico testimone del suo dolore, si appoggiava alla sua porta, rimanendo lì fino all'ultima delle sue lacrime. 

- Tutto bene mamma.

Sorrise e Caterina finse di crederci.

- Va bene amore, quando vuoi però io sono in soggiorno a guardare la televisione.

Sara annuì con poca convinzione.

Caterina sorrise e chiuse la porta ormai rassegnata chiedendosi dove avesse sbagliato ancora.

Sara tornò con lo sguardo sul suo cuscino lilla, non che lo stesse osservando davvero, la sua attenzione era rivolta a quello che l'avrebbe attesa tra poche ore; quasi rassegnata si alzò dal letto con passo leggero e si diresse verso il bagno per iniziare a prepararsi.

Matteo sedeva su di una panchina all'ombra, intorno a sé vi era solo erba verde e fiori dai vasti colori mentre accanto alla panchina su cui si stava riposando, si ergeva una grossa quercia; era il suo posto preferito, un posto lontano dal mondo, come amava chiamarlo lui, pronto a cullarlo tra i pensieri più dolci e quelli più dolorosi, unico testimone dei suoi sorrisi più tristi. 

Accucciato lì, Matteo rifletteva sulla sua imminente uscita con Sara e Liliana e ancora una volta si diede dell'idiota; come aveva potuto accettare una simile offerta? 

Eppure, non poteva attribuirsi alcuna colpa, lui aveva deciso di lasciar perdere ma il destino aveva deciso di ostacolarlo o di metterlo alla prova ma aveva fallito ancora.

Con sommo orrore notò che era ormai ora di incamminarsi verso il luogo d'incontro; sorrise rassegnato e con passo felpto si indirizzò verso il suo purgatorio.

Liliana era ancora davanti allo specchio per mirare la propria figura; aveva scelto un vestito color terra con qualche ricamo qui e là, lungo fino alla coscia, il suo viso era pulito se non per quel leggero filo di matita e per il lucido sulle labbra che le donavano un aspetto più maturo regalandole qualche anno in più.

Era impaziente anche se leggermente intimorita, l'ansia le stava bruciando dentro provocandole un accenno di nausea e qualche crampo allo stomaco. Si domandò cosa avrebbe pensato Matteo vedendola in quei panni, fuori dall'ambiente scolastico e dalle sue ligie regole, se avrebbe notato quel luccichio negli occhi che lei ora poteva vedere riflesso allo specchio, si chiese se l'avrebbe trovata bella. Troppe domande e poche risposte.

Ormai l'ora era giunta e non c'era più tempo per sognare ad occhi aperti; doveva agire. 


Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Un pomeriggio da dimenticare ***


Sara era arrivata nel luogo dell’appuntamento in netto anticipo; molto probabilmente, l’ansia che le attanagliava lo stomaco, aveva reso i suoi movimenti molto più veloci di quanto pensasse.

 

Sospirò e con gli occhi puntati verso il cielo, spaziò tra le nuvole bianche che sottili le davano l’impressione di star osservando un paesaggio innevato; da bambina si ritrovava spesso a guardare il cielo sognando di poter volare e raggiungere le soffici nuvole, sognava di saltarci sopra, era convinta che avessero la stessa consistenza del sapone a contatto con l'acqua, come quando la madre le riempiva la vasca per farsi il bagno. Sognava di poterle assaggiare e le immaginava dolci come lo zucchero filato.

 

A quei pensieri si ritrovò a sorridere e per un momento, mentre lo sguardo era ancora rivolto verso quella distesa di azzurro, si sentì di nuovo bambina.

 

Matteo camminava con sguardo alto e fiero tra le strade ghermite di gente, le spalle incurvate all'interno però, tradivano una leggera tensione e insicurezza mentre le sue mani giacevano nelle tasche strette dei suoi jeans.

 

Sapeva di essere leggermente in anticipo ma questo non gli causò nessun fastidio, anzi gli concesse un leggero sollievo.

 

Perso nei suoi pensieri non si accorse subito della presenza di Sara; la osservò da lontano tuttavia, man mano che si avvicinava, poteva guardarla meglio.

 

Troppo presa nei suoi pensieri non si accorse dei suoi occhi che la studiavano incantata; Sara gli appariva come la più bella tra le meraviglie: i capelli ramati lasciati sciolti, con il sole, davano vita a giochi di luce rendendo la sua chioma vicina al rosso- arancione, le spalle rilassate e le mani congiunte tenevano strette una piccola borsetta bianca, il corpo fasciato da un delizioso vestito azzurro la cui gonna svolazzava mossa dal vento accarezzandone la pelle chiara delle sue gambe, il viso rivolto verso l'alto, il profilo del naso e le labbra carnose leggermente dischiuse.

 

Gli occhi, gli erano rimasti preclusi.

Avanzò con calma per godersi ancora per qualche attimo quella splendida visione mentre il suo cuore, a differenza delle sue gambe, sembrava battere più velocemente; Matteo si domandò cosa fosse quella leggera sensazione di calore che si diradava dal cuore fino a riscardalrlo interamente, si chiese perchè il suo cuore avesse accelerato i suoi battiti, perchè desiderasse immergersi nei suoi occhi cioccolato, accarezzarle il viso e chiederle di salvargli l'anima.

Ormai pochi passi lo dividevano da lei, la vetta era vicina ed il cuore più leggero.

-Ciao

Sara sussultò; era rimasta a contemplare il cielo per interi minuti che le parvero ore e la voce di Matteo l'aveva sorpresa non poco. Si girò con timore e subito i suoi occhi si incatenarono a quelli di lui " un pezzettò di cielo" pensò estasiata osservando le iridi azzurre del ragazzo.

- Ciao

Sara abbassò gli occhi imbarazzata interrompendo il contatto visivo tra i due.

-Come... Come va?

Matteo si sentì fragile e forte allo stesso tempo, sentì una leggera felicità montargli dentro ma nello stesso momento, si sentì il più idiota tra gli idioti.

Le parole del suo migliore amico gli vennero in mente e come un flash, rivide il suo volto sorridente nei suoi pensieri " Matteo, quando incontrai Laura la prima volta mi colpii immediatamente, accanto a lei mi sentivo fragile e insicuro e questo mi faceva paura, io che non ho mai avuto paura di niente, ma guardandola negli occhi capii che lei sarebbe stata l'unica che con una sola parola mi avrebbe potuto dare il mondo o precludermelo per sempre"; Matteo aveva riso alle parole dell'amico dandogli della femminuccia, a lui non sarebbe mai successo.

Ora, guardando la ragazza davanti a sé riuscii finalmente a comprendere quello scintillio negli occhi che, Luca, aveva ogni qual volta guardava la sua ragazza; si chiese se anche lui adesso, guardandola, avesse quella luce speciale.

- Tutto bene, credo. Tu? 

Sara sentiva il disagio crescerle dentro e pesarle come un macigno.

- Si, ora bene.

La ragazza alzò finalmente il viso rivolgendogli la sua espressione crucciata.

- Perchè ora?

Matteo la osservò incerto; nella sua testa si affacciavano centomila risposte, mille reazioni diverse, tanti finali.

Aprii le labbra ma prima che potesse emettere una risposta qualcuno lo interruppe.

-Ciao ragazzi, siete qui da molto?

Liliana avanzava allegra verso di loro, avvolta nel suo vestitino color terra; Matteo non seppe se esserle grato per quell'interruzione o viceversa. 

-Ciao tesoro

Enunciò Sara.

Il suo sguardo tradiva ancora una nota di ansia; aveva capito che le parole che Matteo le stava per dire, avrebbero potuto cambiare tutto, forse, facendo precipitare la sua intera vita nel baratro.

Decise che sarebbe stata più attenta e si sarebbe tenuta a distanza.

Matteo, dal canto suo, non si prese il disturbo di dar fiato alla sua bocca, semplicemente, la salutò con un lieve cenno del capo.

Liliana osservava sospettosa i due; l'aria era talmente tesa da poterla tagliare con un coltello. Tuttavia, finse indifferenza, tanto più che sapeva che Matteo, presto o tardi, avrebbe cambiato idea. 

A Matteo, quel clima, pesava come le parole che non aveva detto; con la coda dell'occhio osservò Sara che timidamente sorrideva alla sua cara amica.

-Allora, andiamo?

Matteo e Sara annuirono poco convinti ma ormai rassegnati, si incamminarono al fianco di una solare Liliana.

Entrarono in un piccolo negozietto e subito Liliana si fiondò tra i vari articoli trascinando con sé la povera Sara.

Sara, dal canto suo, tentava di lasciarsi coinvolgere dall'entusiasmo della sua amica e di dimenticare la presenza di Matteo e dei suoi occhi, che per un istante, aveva creduto fossero il suo pezzetto di cielo personale e che per un attimo, le avevano fatto tremare il cuore.

Matteo osservava divertito la scena; aveva colto lo scorso interesse della ragazza e osservando i suoi occhi si meravigliò di quanto affetto lasciassero trasparire quando si posavano su Liliana.

Si rese conto che, quell'affetto, sarebbe costato caro al suo cuore.

Con gli occhi, seguì ogni minima smorfia del suo viso che si presentava ogni qual volta Liliana le metteva sotto il naso una magliatta che non le piaceva, osservò i suoi sorrisi e i suoi occhi grandi che si illuminavano quando invece trovava qualcosa che invece era di suo gusto.

Desidò vederla sempre così.

Desiderò bearsi delle sue espressioni anche nei giorni avvenire.

Desiderò vederne ancora.

Notò con sommo piacere come il rosso le donasse e rise vedendo la sua espressione imbronciata di fronte alle pretese di Liliana, sorrise intenerito quando la vide specchiarsi incerta provandosi una maglietta azzurra, osservò incantato le sue labbra che si muovevano leggere per parlare, osservò la sua mano che, lentamente alzava la sua massa di capelli ramati lasciando scoperto il collo candido, si beo del suo profumo fruttato ogni qual volta le passava accanto e di quelle rare volte in cui lei lo sfiorava involontariamente causondogli un brivido.

-Noi qui abbiamo finito

Esordì Liliana avvicinandosi a lui.

- Bene, che si fa?

- Che ne dite di andare al bar a prendere un gelato?

Sara annuì distrattamente e Matteo si ritrovò a fare altrettanto.

Seduti al tavolino della gelateria, ognuno mangiava assorto il suo gelato; Liliana aveva scelto fragola e limone, Sara aveva optato per i suoi gusti preferiti, nocciola e cioccolato bianco mentre Matteo gustava il suo gelato alla nutella e fior di latte.

Il silenzio veniva rotto solo dalle innumerevoli domande di Liliana al quale seguivano brevi risposte o lievi cenni del capo.

- Ti trovi bene nella nostra scuola?

- Si

- Strano, non ti ho visto far amicizia con nessuno

- Non sono un tipo molto estroverso

Sara ascoltava annoiata quel mezzo interrogatorio, solo una domanda le suscitò interesse.

- Perchè ti sei trasferito qui?

Matteo sussultò, non voleva ricordare.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Confessioni ***


- Perchè ti sei trasferito qui?

Matteo sussultò, non voleva ricordare.

Matteo si perse nei ricordi, gli occhi vacui, le labbra semi dischiuse e il respito agitato.


*Inizio Flashback*

Come ogni pomeriggio da ormai 14 anni, Matteo sedeva sulla solita panchina insieme al suo migliore amico di sempre, Luca.

Luca, a differenza di Matteo, aveva 4 anni in più ma questo non aveva impedito i due di stringere una grande amicizia; Luca nutriva per Matteo affetto sincero e, avendolo conosciuto già da quando lui era in fasce, grazie al legame esistente tra le loro madri, si riteneva per lui come un fratello maggiore.

Quel giorno Luca era più strano del solito e a Matteo non sfuggì affatto il pessimo umore dell'amico.

- Dimmi un po', hai forse litigato con Laura? Ti vedo abbattuto!

Luca fece un sorriso smorzato confermando i timori dell'amico; Lui e Laura erano fidanzati da 2 anni ormai, si erano conosciuti un caldo pomeriggio d'estate, lei era seduta sulla loro panchina a leggere assorta un libro mentre lui si era recato da quelle parti per incontrarsi, come di consuetudine, con Matteo.

Luca ricordava ogni minimo dettaglio di quel momento, ricordava perfettamente quel cappello di paglia con un delizioso fiocchetto rosso che si sposava bene con la massa di capelli bruni elegantemente legati in una treccia laterale, ricordava il suo vestitino rosso che, mosso dal vento, svolazzava sfiorandole la pelle abbronzata, le gambe accavallate, i piedi piccoli rinchiusi in un paio di ballerine del medesimo colore del vestito, la posa statica in cui si era rinchiusa, il libro stretto tra le mani a cui dedicava tante attenzioni.

A lui, non era mai piaciuto leggere.

Gli si avvicinò, desideroso di poter vedere anche il suo viso, domandandosi se fosse armonioso come il suo corpo.

- Cosa leggi?

La ragazza non alzò gli occhi dal suo libro continuando a leggere senza prestare alcuna attenzione al ragazzo che le stava di fronte.

- Ehi, sei sorda?

La ragazza sbuffò ma continuò a non staccare gli occhi dalle pagine consumate del suo libro; evidentemente, pensò Luca, deve averlo letto molte volte.

- Non sono affatto sorda, semplicemente non mi va di fare conversazione con te. 

La sua voce era monocorde, priva di qualsiasi inclinazione, eppure il ragazzo ne colse ugualmente la dolcezza.

- Ma che caratterino che hai, una vera micetta! Andiamo, cosa stai leggendo?

-Se te lo dico poi ti toglierai dai piedi?

- Può darsi.

- Orgoglio e pregiudizio.

-Sembra noioso!

-Non lo è!

Affermò piccata, rivolgendo finalmente il suo sguardo al ragazzo che le stava di fronte.

Dal canto suo Luca era rimasto affascinato dal viso della giovane, lo definì semplice eppure anche estremamente bello.

Laura aveva un paio di occhi castani, i quali alla luce del sole tendevano al verde scuro, le labbra leggermente sproporzionate, il labbro inferiore era molto più pieno rispetto al labbro superiore, le ciglia lunghe le donavano uno sguardo da cerbiatta indifesa, il quale strideva con il suo temperamento forte, il naso piccolo e lievemente schiacciato, gli zigomi alti, il tutto racchiuso in un viso piccolo e ovale.

- E di cosa parla?

- Sei scemo?! Lo dice il titolo stesso. Parla dell'orgoglio e del pregiudizio di un lui e di una lei, di fraintendimenti, rifiuti ed equivici i quali poi terminano in un amore perfetto. 

-Uhm, cosa potrebbe mai esserci di interessa in due citrulli orgogliosi che si innamorano?

- Quanto sei superficiale! Il loro amore è riuscito a superare l'orgoglio e il pregiudizio, è andato oltre, ha superato le avversità. La paura e l'orgoglio sono i nemici dell'amore, ti bloccano e ti fanno perdere tutto, ci vuole coraggio per abbatterli! Ci vuole coraggio anche per amare!

- Coraggio?

- Si, amare qualcuno significa farlo entrare dentro, abbattere le difese e i muri che ci proteggono, significa condividere, correre il rischio di perdere, conoscersi e accettarsi per come si è, amare più i difetti di come si apprezzino i pregi, nonostante ci si ritrovi a maledirli ogni singolo istante.... Amare è tante cose, non si spiega si prova e basta.

Luca stette in religioso silenzio, riflettendo sulle parole della ragazza.

La guardò notando come il respiro le si fosse fatto più pesante dopo quella valanga di parole che erano uscite dalle sue labbra; si chiese se avesse avuto il tempo di respirare.

-Piacere, mi chiamo Luca! Ti va di leggere il libro insieme?

Laura sorrise e annuì.

-Piacere, io sono Laura.

Si scambiarono una stretta di mano unendo così le loro anime; quel gesto diede inizio alla loro storia.

Da quel giorno Laura e Luca continuarono ad incontrarsi tutti i pomeriggi per leggere insieme il libro che aveva permesso loro di innamorarsi.

Matteo aveva sentito spesso quella storia, fino a conoscerne ogni particolare, come se quel giorno fosse stato un silenzioso spettatore, l'unico fortunato a poter assistere alla nascita di quel meraviglioso amore.

- Allora? Proprio non le va di venire alla festa stasera?

Luca scosse il capo.

-No, e non vorrebbe che ci andassi nemmeno io! Sai quanto non le piacciano i miei amici, detesta il fatto che possa stare in loro compagnia.

- Ah le donne! Che seccatura.

- Come ti sbagli caro mio, le donne non sono affatto una seccatura! Sono le porte che ti aprono il mondo.

-Bleah, da quando sei così sdolcinato?

-Da quando mi sono innamorato!

- Che schifo, io non mi innamorerò mai! 

Luca rise dando una piccola pacca sulla spalla di Matteo.

- Non sai che ti perdi caro mio!

Quella fu la loro ultima conversazione.

*Fine flashback*

- Non sono affari tuoi

Sbottò improvvisamente Matteo, il volto era saturo d'ira, eppure Sara scorse anche immenso dolore.

Matteo si alzò, lanciò una banconota sul tavolino e andò via lasciando Liliana e Sara basite.

Sara non capì il motivo ma dentro di sé sentiva il cuore correre e l'ansia salirle; gli occhi di Matteo avevano perso la loro freddezza, si erano riempiti di dolore e tormento e lei aveva desiderato di potergli accarezzare il viso e alleviare quel dolore che attanagliava la sua anima, che lo rendeva scostante e rigido.

Gli sembrò un cucciolo ferito, che solo, si leccava le profonde ferite.

Desiderò curarlo.

- Che gli è preso?

Mormorò Liliana ancora basita.

- Non lo so.

Si ritrovò a sussurrare.


Erano passati due giorni da quel disastroso appuntamento e Matteo aveva deciso di ignorarle nonostante gli strani sguardi, i sorrisi preoccupati che sia Sara che Liliana gli mandavano durante la lezione.

Sara quel giorno era salita in terrazza durante la pausa delle lezioni, il vento le scompigliava i capelli che le finivana inrimediabilmente davanti agli occhi.

Quel giorno anche Matteo ebbe la stessa idea ed entrando notò subito la ragazza.

Solo Sara sembrava non essersi accorta della sua presenza; Matteo si avvicinò con cautela per non farla spaventare, godendosi la visione dei suoi lineamenti distesi e dei suoi lunghi capelli che svolazzavano mossi dal vento.

-Ciao.

Sarà sussultò spaventata lasciandosi scappare un gridolino acuto.

-Scusami, ti ho spaventata?

Si portò una mano sul petto dove il cuore batteva impazzito, si domandò se fosse per lo spavento o per la vista di Matteo; sembra diverso dalle altre volte, così privo di difese ed i suoi occhi, non trasmettevano più alcuna freddezza, solo immenso dolore.

- Non preoccup..

-Li ho uccisi.

Matteo aveva detto quelle parole che tanto lo tormentavano, ricordando ancora uno volta la storia del primo incontro di Luca e Laura che il suo migliore amico gli aveva raccontato più volte, rimembrò le parole che Laura aveva sputato con tanto ardore. 

Per amare occorreva essere coraggiosi, lo stesso coraggio che gli ci era voluto per poter dire quella frase.

Si rese conto che in quel momento lui stava amando.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Non mi arrenderò ***


-Li ho uccisi.

 

Sara rimase paralizzata; le labbra si erano lievemente dischiuse e tutto di lei era immobile, eccetto i suoi capelli che, mossi dal vento, continuavano a ricaderle davanti agli occhi.

 

- Li ho uccisi.... Li ho uccisi....

 

Matteo ormai aveva rotto gli argini che proteggevano il suo cuore e aveva permesso al suo dolore di sommergerlo completamente.

 

- Co...Come?

 

Sara parve riprendersi dal suo tepore, eppure internamente le sembrava ancora tutto fermo, immobile, vuoto.

 

- A Laura non erano mai piaciuti gli amici di Luca, lei sapeva che non era gente da frequentare. Quel pomeriggio avevano litigato per quello e Luca aveva ceduto, non avrebbero partecipato quella sera, per amor suo aveva deciso di darle ascolto, tutto pur di non litigare con lei. Ma io ci tenevo ad andarci, Luca non mi aveva mai portato con sé, ero molto più piccolo di lui e mia madre non mi aveva dato il permesso. Però, pochi giorni prima lui mi aveva assicurato che per una sera potevamo fare uno strappo alle regole ed io ero così contento di poter stare con lui, era come un fratello per me. Ero anche riuscito a convincere Laura, sarebbe venuta con noi a quella festa. Abbiamo bevuto, gli amici di Luca avevano insistito così tanto e nonostante le occhiatacce di Laura lui non ha saputo rifiutare. Laura si è arrabbiata, voleva tornare a casa ma Luca non era in condizioni di guidare, tuttavia è stato costretto, non poteva far andare Laura da sola. Era buoio, troppo e i riflessi di Luca erano troppo lenti. Una macchina ha sterzato all'improvviso, Luca ha provato ad evitarla ma non c'è riuscito... Sono l'unico sopravvissuto. Se.. Se io quella sera, se non avessi insistito tanto ad andare a quella stupida festa, loro adesso...

 

Gli occhi di Matteo si erano riempiti di lacrime che, piano, iniziarono ad abbandonare i suoi occhi per scivolare sulla sua pelle e infrangersi sulle sue labbra; Matteo non aveva mai pianto dopo la morte del suo migliore amico, aveva stretto a sé quel dolore, senza permettergli di scappare via, di abbandonarlo, forse per punizione o forse, solo per non sentirsi vuoto, privo di qualsiasi emozione.

 

Sara osservò in silenzio il ragazzo e ai suoi occhi non apparve più così freddo, anzi sembrava emanare un immenso calore; i suoi occhi lucidi la guardavano spaventati e le sembrò di potervi leggere una richiesta d'aiuto che lei prontamente accettò.

 

Gli si avvicinò e con dolcezza richiuse il suo volto tre le mani lasciando che quel tormento arrivasse anche a lei.

 

- Non è colpa tua.

 

Sussurrò appena; la gola le si era seccata e le lacrime avevano iniziato ad uscire anche dai suoi occhi.

 

Matteo la guardò e immerso in quel profondo dolore scorse un piccolo angolo di felicità; accanto a lei il dolore diminuiva e il suo animo gli sembrava meno sporco di quel che era, guardando gli occhi della ragazza aveva la sensazione di sentirsi a casa, di trovarsi al sicuro, lontano dai pericoli e dalla confusione.

 

- E' colpa mia invece! Se non avessi insistito loro quella sera non sarebbero morti, sarebbero ancora vivi! E' colpa mia! E' solo colpa mia, io non dovevo mettermi in mezzo, Laura lo sapeva che non erano persone da frequentare ma io sono stato troppo egoista! Il mio egoismo li ha uccisi e ha ucciso anche il loro amore.

 

Sara lo ascoltò dispiaciuta, dai suoi occhi le lacrime non smettevano di fuoriuscire.

 

-Ascoltami, non è colpa tua, ok? Non potevi saperlo, non lo hai costretto a bere e lui non doveva mettersi a guidare in quelle condizioni! Tu non...

 

-Smettila! Non dire queste assurdità! Come puoi parlare in questo modo? Lui lo ha fatto per non lasciare sola Laura, lui faceva sempre la cosa giusta!

 

Sara lo abbracciò tenendolo stretto, la testa di Matteo era appoggiata al petto della ragazza che lo cullava accarezzandogli i capelli castani.

 

Matteo non reagì, si lasciò cullare da quel dolce tepore sfogando tutte le sue lacrime, proprio come un bambino bisognoso di cure.

 

- Non li hai uccisi tu Matteo, è stata una casualità. Luca non avrebbe dovuto bere, non è perfetto e per una volta ha preso una decisione sbagliata. Probabilmente anche se non avesse bevuto non avrebbe potuto evitare lo schianto e sarebbe morto ugualmente.

 

- Ma se io non avessi insistito ad andarci allora loro...

 

- Sarebbero potuti morire in altre occasioni o forse no, la vita è un rischio, è un'avventura, non sai mai quello che potrà capitarti e non è colpa tua se quell'automobilista vi è venuto addosso, non è colpa di nessuno.

 

Matteo si lasciò cullare da quelle parole e per un attimo il peso della sua anima gli sembrò più leggero.

 

- Si sarebbero dovuti sposare e conoscere la gioia di diventare genitori, vivere la loro vita nelle gioie e nelle difficoltà che l'amore comporta, rompere piatti e bicchieri per l'ennesimo litigio e fare pace facendo l'amore, crescere un figlio e vederlo diventare adulto, gioire il giorno del suo diploma, alla laura, al suo matrimonio e alla nascita del primo nipotino e una volta vecchi e stanchi morire insieme, amandosi come il primo giorno. Era questo il destino che meritavano, il loro amore era così grande, lo vedevo nei loro occhi quando si guardavano.

 

- Non hai distrutto il loro amore, sono morti amandosi.

 

- Ma erano arrabbiati.

 

- La rabbia non cancella l'amore, nulla può, solo il tempo ha questo potere.

 

- No, un amore come il loro non conosce tempo.

 

Sara ascoltò dubbiosa ma non se la sentiva di ribattere a quell'affermazione, voleva lasciarlo in quella calda illusione, il tempo poi lo avrebbe fatto ricredere e come se fosse un bambino lo lasciò nel tepore di quella piccola bugia. 

Stretta tra le braccia di Matteo, Sara iniziò a pensare alla morte; ricordò quando sua nonna morì quando lei aveva appena cinque anni, la madre le raccontò che la nonna sarebbe andata in cielo e si sarebbe trasformata in una stella. Lei, ogni notte, si ritrovava ad osservare il cielo cercando di scorgere la stella più grande, certa che quella era la sua cara nonna che la vegliava.

Negli anni poi, aveva compreso la piccola bugia ma nonostante ciò, più di una volta si era ritrovata con il naso rivoltò al cielo inconsciamente intenta nella ricerca della stella più grande che ci fosse, vederla le metteva serenità.

- Una volta la mamma mi disse che le persone che se ne vanno non ci lasciano mai del tutto, continuano a vivere nella memoria dei loro cari, nei loro cuori. Tu non hai mai dimenticato i tuoi amici, non hai mai dimenticato il loro amore ed è per questo che hai concesso loro di continuare a vivere e di amarsi.

Matteò non fiatò, si limitò ad ascoltare e a richiamare alla sua memoria l'immagine dei volti sorridenti dei suoi migliori amici.

- Ricorda sempre il loro sorriso e quanto grande fosse il loro amore, parlane e falli vivere nei tuoi discorsi, racconta di loro ai tuoi cari e loro vivranno per sempre.

Matteo si allontanò lievemante dalla dolce presa di Sara, il giusto necessario per permettergli di specchiarsi ancora una volta nei suoi occhi e quando finalmente gli trovò, ne osservò estasiato la lucentezza. Con una mano le scacciò una piccola lacrima intappolata tra le folti ciglia e mai come allora desidò baciarla.

Sara sentiva il cuore battere furiosamente intrappolata negli occhi di ghiaccio di Matteo; sapeva che quella situazione stava prendendo una brutta piega e che questo non avrebbe giovato né a lei né alla sua amicizia con Liliana così, spinta da una forza che non credeva di possedere, si alzò e corse via.

Matteo non osò muoversi dalla sua posizione, aveva osato troppo e lo sapeva ma aveva deciso che voleva ancora bearsi di quella sensazione, voleva sentirsi meno sporco e questo avveniva solo al suo fianco, voleva conoscere quel sentimento che Luca decantava tanto e per cui era morto, voleva sentire ancora quel calore all'altazza del cuore che, piano, si diradava in tutto il corpo fino a poter avvertire dei formicolii ai piedi, velava avere Sara accanto a sé, voleva lasciarla entrare proprio come era accaduto poco prima.

- Non mi arrenderò.


Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Diventa mia amica ***


Il cielo era incredibilmente limpido quella sera, nessuna nuvola oscurava le stelle; Sara le guardava assorta dalla piccola finestra situata nella sua stanza, le ammirava incantata mentre sulle sue labbra vi era dipinto un'accenno di sorriso che le donava un aspetto malinconico, lontano, proprio come i suoi pensieri. Ripensava alla conversazione avuta con Matteo quella mattina e a come inevitabilmente gli si fosse avvicinata, non solo con il corpo ma anche con la mente.

Il pensiero di poter perdere qualcuno che amava l'aveva sempre spaventata; quando aveva perdurto la nonna, era poco più che una bambina e faticava, adesso, nel richiamare a sé le emozioni che una perdita comporta. 

Lei in realtà, aveva sempre creduto di aver vissuto un piccolo lutto che non era riuscita a superare: l'abbandono del padre.

Non era certamente paragonabile alla morte dei tuoi più cari amici ma, seppur in maniera diversa e con minor intensità, le sensazioni erano simili: rabbia, senso di colpa, paura, dolore, vuoto.

Le stesse emozioni che aveva scorto la prima volta in quegli occhi color del ghiaccio, nascoste da quello strato di freddezza e indifferenza che costituivano solo una maschera creata accuratamente per proteggersi, per tenersi lontano dalle persone, per paura di poter fare ancora del male, per paura di farsi ancora del male. Quelle stesse emozione che ritrovava sempre lì ogni qual volta i loro occhi si incontravano e lei poteva immergersi dentro, senza temere il gelo.

Quelle stesse emozioni che leggeva nei suoi occhi ogni qualvolta si specchiava: la stessa maschera, due modi diversi di proteggersi.

Non aveva mai pensato così tanto alla morte prima d'allora e si sorprese non poco nello scoprire di non temerla: la fine non la spaventava, restare invece le faceva paura.

Chi resta soffre, chi va non è più nulla. 

Lo squillo del telefono la distolse dai suoi lugubri pensieri; Sara si affrettò a recuperare il suo cellulare che, chissà per quale arcano motivo, era finito sotto le varie coperte che giacevano attorcigliate ai piedi del suo letto disfatto. Si ritrovò più volte a maladire se stessa per il suo disordine e la sua pigrizia prima di schiacciare la cornetta verde del suo cellulare.

- Pronto?

Troppo concentrata nel recupero del cellulare prima che la chiamata si interrompesse, aveva dimenticato di guardare chi la stava chiamando. 

- Sara, sono papà! 

A Sara mancò un battito; da quando non sentiva suo padre? Ormai aveva perso il conto dei giorni.

- Ciao papà, come stai? 

- Tutto bene, sono solo un po' stanco, ho finito adesso di lavorare e sto tornando a casa. E tu? 

- Tutto bene.

Semplice, chiara, senza fronzoli, falsa.

- Che si dice? Tutto bene a scuola? 

- Tutto bene, i miei voti non sono calati e continuano ad essere almeno decenti, il professore si è ormai abituato ai miei ritardi e la mattina non mi sgrida più, si limita solo a qualche occhiataccia.

- Cerca di impegnarti! Comunque sono arrivato a casa tesoro, ci sentiamo nei prossimo giorni, ok?

L'espressione "nei prossimi giorni" non si poteva esattamente definire coerente alle abitudini del padre ma trattenne le parole e il suo cuore.

- Va bene papà, ciao.

Chiuse la chiamata e si gettò a peso morto sul letto; le chiamate di suo padre le lasciavano sempre un senso di angoscia misto a felicità e nostalgia. Una felicità effimera, sostituita dalla rabbia quando si rendeva conto di quanto fossero sporadiche quelle chiamate. Suo padre aveva sempre giustificato questa sua negligenza imputando la colpa al suo modo di essere non facendo altro che peggiore la situazione nonchè quel precario equilibrio che tra loro si era creato. Avrebbe voluto un piccolo sforzo da parte sua, qualche chiamata in più o un messaggio una volta a settimana, giusto per farle sapere che era ancora vivo e la pensava.

La situazione poi era peggiorata con l'arrivo di Kelly, prima sua compagna e poi nuova moglie. 

Trovava giusto il fatto che il padre si fosse rifatto una vita o almeno una parte di lei, quella matura e cresciuta, reputava fosse così. Eppure molte volte le sembrava di potersi vedere dentro e nel profondo del suo cuore, nascosta in un angolino, poteva scorgere benissimo la se stessa bambina, con le lacrime agli occhi e le guance gonfie dalla rabbia, la bambina gelosa e desiderosa di attenzioni che non voleva alcuna donna vicino a suo padre.

Ritornò indietro con la mente, nel giorno del loro matrimonio; quanti falsi sorrisi aveva dispensato, e quanta falsa felicità aveva mostrato per non far star male suo padre, per non farsi vincere dalla paura e non sentirsi ancora sola mentre lui guardava estasiato la sua compagna. Si era sempre ripetuta di poter accettare la situazione ma di non potersi affezionare in alcun modo a quella donna, in realtà non era stata nemmeno capace di accettare.

Aveva solo cercato di essere forte e di mandare giù l'ennesimo rospo.

Essere forte però non era da lei, la sua forza era solo una maschera ben costruita, una protezione che custodiva al suo interno una ragazza infinitamente fragile, pronta a spezzarsi a causa di un gesto, una parola o un semplice sguardo. 

Una maschera che le aveva consentito di mostrarsi orgogliosa e talvolta acida con suo padre o chi le stava intorno, di camminare a testa alta con sguardo fiero invece di inginocchiarsi a terra e vomitare il suo male.  

Sin da bambina, il suo dolore lo avevano visto solo le pareti della sua camera e la consistenza delle sue lacrime le aveva solo sentite il suo cuscino.

Con ancora quei pensieri per la testa, scivolò nell'oblio mentre una lacrima, sfuggita ai suoi occhi, le scivolava lungo la guancia.

Il mattino seguente Matteo si alzò di buon ora; dopo la confessione fatta a Sara, sentiva ancora l'ombra della leggerezza serpeggiare dentro di sè. Inoltre, il buon proposito di conquistarla, aveva riaccesso quell'assopita fiammella che da tempo non lo scaldava più. Si lavò e si vestì velocemente, dedicando lo stesso scarso tempo alla sua colazione; era impaziente di arrivare a scuola nonostante conoscesse l'attitudine  della ragazza nell'arrivare sempre in ritardo. Voleva arrivare primo e aspettarla in aula, voleva incontrare il suo sguardo e sorriderle, come non aveva mai fatto, come ormai non faceva da tempo, un sorriso speciale, il primo dopo anni per dedicarlo solo a lei. 

Uscì velocemente di casa urlando un saluto ai suoi genitori che lo stavano ancora fissando sorpresi a causa del suo evidente cambiamento; durante il tragitto, si ritrovò a pensare a come l'incontro con una persona, potesse rivoluzionare la vita, cambiare la realtà delle cose, invertire le prospettive e rivoluzionare le idee.

Sara aveva cancellato i suoi incubi, quella notte non aveva rivissuto l'incidente dei suoi migliori amici, bensì aveva sognato il suo sorriso, si era beato dell'eco delle sue risate e aveva riascolta le parole dolci che le aveva rivolto la mattina precedente, parole che lo avevano cullato e avevano lenito le sue ferite come un balsamo. 

Arrivato in classe si sedette al suo posto impaziente; chiunque avrebbe potuto vedere la sua agitazione, lo si poteva notare dai suoi occhi, dalle continue occhiate che rivolgeva alla porta, dai suoi sussulti ogni qual volta questa si apriva e dalla delusione che lasciava trasparire quando scopriva che non era lei.

- Ti vedo agitato questa mattina o sbaglio?

Troppo preso a non staccare gli occhi dalla porta, non si era accorto che Liliana le si era avvicinata ed ora lo stava guardando tra l'incuriosito e il malizioso. 

Le rivolse appena un'occhiata di sfuggita per poi rivolgere il suo sguardo nuovamente in direzione della porta. 

- Uhm

- Noto che sei anche molto loquace.

- Si, certo.

- Si, certo. Cosa?

- Già.

Liliana sbuffò infastidita rendendosi conto che non la stava minimamente ascoltando.

- Allora?

Esordì scocciata.

- Sei venuta con Sara?

Finalmente i suoi occhi incontrarono i suoi e dentro vi scorse una grande intensità e nuova luce.

- Si

- E dov'è adesso?

Le sembrò di sentire una poderosa stilettata al cuore quando si accorse che l'intensità del suo sguardo e quella nuova luce avevano una padrona e non era lei.

- Che ti importa? 

- Lascia stare.

Matteo si alzò di tutta fretta e schizzò via dalla classe lasciandola lì, sola e indispettita.

- Non finisce qua, arriverò al tuo cuore.

Si ripromise la ragazza.

Matteo conoscava solo un posto dove Sara poteva essersi rifuggiata prima delle lezioni, a guidarlo era il suo cuore. 

Si fermò davanti alla porta chiusa della terazza cercando di riprendere fiato dopo la corsa inconsapevole che si era ritrovato a fare per poterla raggiungere il prima possibile; abbassò piano la maniglia, quasi come se temesse la delusione che lo avrebbe attanagliato se non l'avesse trovata o forse ciò che temeva maggiormente era solo quel senso di felicità e di calore che provava ogni qual volta gli era vicino.

Il battito veloce del suo cuore, gli suggeriva che lei era là, l'aveva vista prima ancora che potessero farlo i suoi occhi. 

E infatti era lì, bella da far male nella sua semplicità, bella non per chiunque ma bella per lui.

La prima cosa che Matteo notò furono i suoi capelli, quel giorno non erano liberi ma li aveva imprigionati in un'alta coda di cavallo che le scopriva la nuca, poi si soffermò sulla sua figura armoniosa sentendo nascere dentro di sé il desiderio di specchiarsi nei suoi occhi e leggervi solo sorpresa e felicità, quello stesso sentimento che lo stava invedendo ora.

- Ciao

Sara sussultò spaventata e sentì il cuore correrle nel petto una volta associato il suono di quella voce alla persona a cui apparteneva.

- Ciao

Sussurrò senza voltarsi.

- Cosa fai qui?

- Avevo bisogno di stare da sola.

Sara abbassò il capo trovandosi ad osservare la ringhiera sulla quale era appoggiata, come se gli occhi di Matteo potessero raggiungere i suoi e capire cosa avesse dentro.

- Capisco, ti va di parlarne?

Voleva rispondere con una secca negazione ma qualcosa dentro di lei la spinse a parlare, per la prima volta capì di potersi aprire con qualcuno. 

Si girò permettendo ai loro occhi di incontrarsi, di comprendersi e scoprirsi.

- I miei genitori si sono lasciati quando io ero molto piccola, avevo 4 anni credo. Quel giorno lo ricordo come fosse ieri, ricordo le lacrime di mia madre, la schina di mio padre che avanzava verso la porta con le valigie in mano, senza voltarsi, senza nemmeno guardarmi, ricordo di averlo chiamato spaventata, ricordo che per un momento mi aveva guardata, aveva lasciato le valigie per terra e mi era venuto incontro, mi aveva accarezzata come fossi di cristallo, così fragile da potersi rompere da un momento all'altro, poi mi ha voltato nuovamente le spalle e ha proseguito per la sua strada. In quel momento, qualcosa dentro di me si è rotto davvero. 

Gli occhi di Sara non avevano mai abbandonato quelli del ragazzo così lui potè recepire da essi tutte le emozioni che per tanto tempo aveva provato a nascondere. 

- Mia madre era distrutta ed io la vedevo fragile, così ho iniziato a farmi forte per lei, a prendermene cura, spinta da chissà quali sentimenti, pena o rabbia, per quella donna fragile che si era lasciata scappare l'uomo che amava. Rabbia per lui che era riuscito a voltare pagina così facilmente, quasi come se non fosse la sua vita, come se in tutto quel tempo fosse stato uno spettatore annoiato che decide di cambiare film. Pena per me, una bambina che aveva appena scoperto che anche la persona che dice di amarti più al mondo può darti le spalle e allontanarsi. Rabbia per mia madre che mi aveva addossato la responsabilità di farlo tornare, rabbia per me che non ci sono mai riuscita. 

- Non hai alcuna colpa per quello che è accaduto.

Matteo credette di rivivere la mattinata precedente, solo che ora era lui a dover consalare un cuore ferito, era lui a dover scacciare i suoi fantasmi e farle ritrovare il sorriso.

- Mio padre si stabilì dalla nonna e nonostante abitassimo vicini, lo vedevo solo una volta a settimana per una pizza. Non passavo molto tempo in sua compagnia e spesso capitava che mi facesse buca per uscire con i suoi colleghi di lavoro dimenticandosi di avvertirmi ed io rimanevo ore con il naso e le mani spiaccicate sul vetro in attesa di vedere la sua auto, di vederlo scendere e farmi un cenno di saluto.Quando poi non lo vedevo arrivare, facevo finta di nulla e mi chiudevo nella stanza a piangere, lontana dagli occhi di mia madre, sola nel mio dolore per non pesare sul suo. Le cose sono precipitate quando poi mi ha detto che sarebbe partito per lavoro, stabilendosi in un'altra città perchè il suo mestiere prevedeva questo ogni 5 anni ed io mi sono sentita abbandonata una seconda volta. Non gli ho detto nulla sai? L'ho lasciato partire senza che sapesse come mi sentivo, ho lasciato che vedesse una forza che non mi apparteneva ma che ho tirato fuori per proteggermi da lui, forse per non dargli la soddisfazione di vedermi soffrire, volevo fargli male come lui ne aveva fatto a me, volevo fargli credere che non mi importasse come lui aveva fatto con me. 

Sorrise sentendosi stupida, sorrise rendendosi conto che in quel momento si stava riscoprendo davvero.

- Non si è mai fatto sentire più di tanto, lui non è tipo da chiamare spesso, però avrei preferito lo facesse, avrei preferito si sforzasse per me, per dimostrarmi qualcosa. Qualche tempo dopo mi ha annunciato che si era fidanzato, non l'ho presa bene ma non potevo fare nulla se non accettare quello che stava accadendo, accettare ma non approvare e non ho approvato fino all'ultimo, fino al giorno del suo matrimonio, fino ad ora. Una parte di me sa che è giusto così ma sento nel mio cuore la me stessa di 4 anni che piange e si dimena, quella parte non è altro che la mia fragilità, il mio non essere andata avanti. Mi fa pena pensare a quella bambina che piange, cresciuta con l'idea che tutti prima o poi vanno via, che cerca in tutti i modi di convincersi che l'amore esiste e per quanto possa essere cinica sull'argomento, ci spera ancora, quella bambina che piange sola lontana dagli occhi altrui, che nasconde le sue ferite come fossero un peccato, come se fossero una debolezza, uno sbaglio. Una bambina che si è addossata colpe e responsabilità, che ha punito se stessa, che aveva paura di essere debole e di sbagliare, che si è chiusa a riccio, spaventata dall'idea di legarsi a qualcuno e perderlo.

Matteo avanzò vero di lei, spinto dalle lacrime che scivolavano copiose dai suoi occhi.

In quel momento lei aveva abbattuto la sua barriera, si era mostrata fragile e insicura, non aveva sorriso e non aveva dato segno di possedere alcuna forza al riguardo, aveva solo mostrato cosa c'era aldilà del muro: una bambina, una donna, una ragazza che aveva cercato per anni di proteggersi dai sentimenti e dall'amore, un sentimento da lei odiato perchè visto come falso e non duraturo, ma nel frattempo tanto desiderato.

La strinse a sé e Sara si lasciò cullare.

- Non sei più sola, ora ci sono io con te. Permettimi di diventare tuo amico, lasciami passare. Lasciami arrivare da quella bambina e cullarla, calmare la sua paura. Lasciati guarire e ti prego, guarisci anche me. Diventa mia amica.

E contro ogi sua aspettativa, cullata dal quel dolce topore che quell'abbraccio le trasmetteva, Sara si ritrovò ad annuire. 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Dubbi e incertezze ***


Solo poche ore più tardi si rese davvero conto del gran pasticcio in cui si era cacciata, essere amica di Matteo le avrebbe fruttato innumerevoli grane nonchè la probabile ira di Liliana; tra fare da terza incomoda ad un'appuntamento a diventare amica del ragazzo che piace alla tua migliore amica c'era una grande differenza e Sara ne era fin troppo consapevole, come era consapevole che per quella volta non avrebbe potuto certo fare appello alla sua ingenuità affibiandola come scusa plausibile ad una sua, ormai evidente, cazzata.

No, si trovava decisamente con le spalle al muro e una grossa valanga di "cacca" pronta a sommergerla.

Sospirò ormai decisa a non prestare ascolto a ciò che il professore stava blaterando ininterrottamente da un'ora, si concesse anzi di riservare alcune occhiate al ragazzo che sedeva poco distante da lei e che a differenza sua sembrava alquanto interessato a quella noiosisissima lezione di storia, tanto da prendere appunti.

Si domandò come avesse fatto ad essere talmente stupida da farsi abbindolare da lui a tal punto da arrivare a mostrargli la sua anima ed il suo cuore ferito, con quale coraggio avesse tirato fuori tutti quei sentimenti che per anni aveva represso, che con fatica era riuscita a sopprimere fino a farli divenire un dettaglio poco importante, un dettaglio pronto a diventare vitale solo nei piccoli momenti in cui sentiva di star cedendo, di essere caduta ancora nel turbine dei suoi ricordi e nella sua stupidità, nella sua incapacità di andare avanti come le persone normali sapevano fare.

" E' passato tanto tempo, è inutile pensarci ancora " quella era la frase che sentiva più spesso quando qualche suo familiare, pungendola nel vivo nel suo dolore, riceveva qualche risposta piena di rancore per un passato ormai lontano; si rendeva conto che il tempo era passato, che molte cose erano cambiate, che lei non era più una bambina, che era cresciuta e maturata, che possedeva delle idee precise e delle risposte che prima non trovava, eppure una parte di sé, forse qualla più importante, il suo cuore, non era riuscito ad andare avanti.

Si riscosse da quei pensieri solo quando una pallina di carta le colpì la fronte lasciandola basita, facendo sorgere in lei un moto di stizza verso la persona che aveva osato distoglierla da quelle riflessioni; quando però incontrò lo sguardo di Matteo osservarla ansioso, il fastidiò svanì e con esso anche i suoi dubbi.

Le sue gote si imporporano al ricordo dell'abbraccio che li aveva uniti poche ore prima e Matteo sembrò intuire i suoi pensieri perchè le regalò un sorriso dolce, uno di quei sorrisi rari che poche volte gli aveva visto fare.

E tutti erano stati rivolti a lei.

Distolse con non poco fatica i suoi occhi da quelli del ragazzo e si concentrò in quella che a tutti gli effetti si stava rivelando un'impresa ardua: aprire il foglietto appallottolato alla perfezione. Quando riuscì nella sua missione, sorrise leggendone il contenuto.

- Ehi, cosa sono quegli occhietti tristi? Non credere che non li abbia notati! Ci vediamo sul terrazzo durante la pausa :) -

Alzò nuovemente lo sguardo puntando i suoi occhi in quelli di Matteo che non avevano ancora lasciato la sua figura e con convinzione, si ritrovò ad annuire. Matteo tornò a guardare il professore di storia pur non prestando ascolto alle sue parole; si sentiva felice, come non lo era stato per molto e questo era avvenuto solo grazie all'incontro con quella ragazza.

Più volte Matteo aveva cercato di dare un nome ai sentimenti che sentiva nascere dentro di sé ma come ogni volta si ritrovava a pensare che era troppo presto per spiegare quel nuovo calore, che era troppo presto anche solo per capire cosa fosse; Sara gli piaceva, questo lo aveva compreso, ma non si trattava solo di un discorso fisico, c'era qualcosa in lei che lo aveva chiamato a sé già dal primo istante in cui l'aveva notata, forse il suo modo di parlare o di gesticolare con le mani, il suo modo di sorridere, un sorriso sincero, uno che parte dal cuore e ti lascia scoperti i denti, il suo modo di sbuffare con gli occhi rivolti verso l'alto facendo muovere la frangetta, il suo modo di spostare le ciocche dei capelli dietro le orecchie, ciocche che irrimediabilmente le tornavano davanti agli occhi, il suo modo di scuotere la testa ogni qual volta stava pensando a qualcosa di negativo o magari la sua buffa espressione quando usciva fuori la lingua colta da un pensiero disgustoso, la sua risata e la sua espressione fiduciosa che si posava su qualsiasi persona che le parlasse, la paura nei suoi occhi quando qualcuno tentava di entrare più in profondità, nel suo cuore, il suo profumo dolce o semplicemente quel suo modo di guardarti capace di rimettere insieme il mondo che sembrava ormai distrutto, di destabilizzarti e trovare la pace.

Forse perchè anche lei aveva conosciuto la sofferenza e malgrato tutto sorrideva ancora, rideva ancora, viveva ancora.

Proprio come non era riuscito a fare lui, limitandosi esclusivamente a sopravvivere.

La campanella suonò e con un'ultima occhiata verso la ragazza, sfrecciò fuori dalla classe per dirigersi verso la terrazza; salì in fretta le scale sentendo i muscoli tendersi ogni qual volta tentava di aumentare il passo percorrendo i gradini due alla volta. Una volta arrivato in cima, si fermò per riprendere fiato, la sua mano chiusa a pugno si appoggiò sul suo petto in prossimità del cuore in modo tale da sentirne i battiti veloci e senza nessuna ragione apparente si ritrovò a sorridere.

Matteo abbassò la maniglia della porta che conduceva alla terrazza e una volta spalancata fu colpito da un soffio di vento freddo che mosse i suoi capelli facendogli istintivamente chiudere gli occhi.

- Matteo

La voce di Sara lo colse impreparato e ci mise qualche secondo prima di trovare il coraggio di girarsi.

- Ehi

- Ehi

Il silenzio era calato inesorabile tra i due costringendo Sara a fissarsi le scarpe in cerca di ispirazione.

- Allora.. Ehm... Oggi in classe ti ho visto giù di morale.

Sara sorrise ma i suoi occhi non lasciavano ancora il pavimento.

- Dici?

- Bhè, in teoria dovresti dirmelo tu.

Sara emise una risata strozzata mentre una sua mano aveva preso a stuzzicare la pelle del suo braccio destro, arrossandola.

- Che stiamo combinando?

- In che senso?

Sara trovò il coraggio di alzare lo sguardo ed immergere finalmente i suoi occhi in quelli di Matteo; per un attimo si guardaro intensamente, i loro occhi sembravano comunicare tutto ciò che le parole non riuscivano a fare lasciando libero sfogo alle emozione e a quei dubbi che spesso venivano a cercarli per mettere a dura prova quel già precario equilibrio che si era creato tra di loro.

- Non fare il finto tonto, sai bene che di mezzo c'è Liliana! Non puoi non aver notato le sue marcate attenzioni nei tuoi confronti.

- Ma a me non interessano le sue attenzioni.

- Ma a me si! E' la mia migliore amica e questo giochetto non è corretto nei suoi confronti! Che ci siamo messi in testa? Aprirci così, come se fosse possibile, come se ci conoscessimo da anni, come se..

- Come se ci fossimo aspettati da anni.

Sara lo fissò ammutolità per qualche secondo prima di tornare nuovamente lucida.

- Non dire idiozie, eravamo fragili e ci siamo sfogati con il primo sconosciuto che ci siamo trovati davanti.

La ragazza lo sorpassò dirigendosi verso la ringhiera; aveva bisogno di incamerare più aria possibile per rimanere razionale e non lasciarsi nuovamente sopraffare dalla sua insicurezza e dal suo cuore.

Matteo la seguì fermandosi a pochi passi da lei, perdendosi a contemplarla mentre i raggi del sole le baciavano le spalle e i capelli.

- No, io non ho affatto scelto la prima ragazza che mi sono trovata davanti, io ti ho scelto, ti ho vomitato addosso il mio dolore perchè una parte di me sapeva che potevo farlo, che avrei trovato finalmente quelle risposte che da troppo tempo cercavo, che mi avrebbero aiutato ad andare avanti. E sono convinto che anche per te è stato lo stesso, non ti saresti mai aperta con qualcuno, non lo hai fatto con nessuno fino ad ora, lo so, lo sento. Sei troppo orgogliosa e testarda per farlo, sei troppo codarda per coinvolgere qualcuno nel tuo dolore, sei troppo spaventata all'idea di non essere accettata, di farti vedere debole.

Sara si girò offrendogli nuovamente la vista del suo viso che adesso appariva sorpreso e infastidito.

- Cosa ti fa credere che io sia realmente così? Cosa ti rende così sicuro di aver capito tutto di me?!

- Non ho compreso tutto di te, ma so quello che provi perchè è lo stesso per me. Solo che, mentre tu sorridi e vivi imponendoti di vedere tutto normale, imponendoti di avere una vita tranquilla e serena come una normale adolescente mascherando le tue paure in diffidenza e il tuo dolore in sorrisi, io me lo sono precluso, ho mostrato al mondo il mio dolore mascherandolo in freddezza.

- Dove vuoi arrivare adesso?

- Voglio diriti solo che tutto quello che è successo non è un caso. Non precludertelo e non precludermelo. Viviamo questa amicizia, è solo questo che ti chiedo.

- Liliana?

- Non lo saprà, a scuola farò l'indifferente ma fuori da queste mura e su questa terrazza, permettimi di essere me stesso. Permettimi di avvicinarmi a te e di sentirmi ancora vivo.

Matteo sembrava implorarla con lo sguardo e osservando quegli occhi resi così dolci, ormai provi di quella freddezza che sembrava animarli nei giorni precedenti, si arrese.

Annuì priva di forze ricavando uno splendido sorriso da parte del ragazzo che adesso la guardava gioioso.

- Allora, ti va di andare al luna park domani?

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Le incomprensioni sono così strane, sarebbe meglio evitarle sempre.. ***


"All'ombra di una sola pianta l'uomo non è mai solo"

 

L'aria fresca le solleticava il viso, scompigliandole i capelli che le sferzavano il volto; le lezioni erano finite da poco più di mezzora e lei aveva sentito la necessità di rifugiarsi altrove, lontana dal caos e dai suoi pensieri, lontana da Matteo e dalla loro neo amicizia proibita, lontana dalla sua migliore amica e dai suoi occhi che tanto faticava a guardare senza sentirsi indegna, falsa, meschina. Aveva trovato riparo presso un grazioso parco dove si ergeva un grande albero secolare; le sue possenti fronde riuscivano a trasmetterle un senso di serenità e di pace tale da allontanare da sé qualsiasi forma di dispiacere. Seduta con le spalle appoggiate al tronco, si lasciò graffiare la schiena dalla corteccia dura del cedro mentre il manto di erba fresca, mossa dal leggero venticello, su cui si era seduta le accarezzava le gambe. Insipirò profondamente chiudendo gli occhi per godere ancora del dolce profumo di terriccio bagnato di cui l'aria era impregnata lasciando andare indietro la testa contro il tronco mentre la sua mente si riempiva di nulla.

 

Non seppe quantificare il tempo trascorso, se fossero passati, secondi, minuti oppure intere ore, il suo corpo si era abbandonato al dolce tepore dell'incoscienza tanto da non avvertire nemmeno più l'aria frizzantina che le procurava la pelle d'oca, si riscosse solo al suono di alcune voci non molto lontane che le arrivarono ovattate, le quali appartenevano ad una giovane coppia che sostava su di una panchina poco più lontana da lei. Sara non fece molta fatica a riconoscere i due giovani, non sapeva i loro nomi ma li aveva intravisti una o due volte in giro per la scuola; girava voce che i due si fossero ritrovati dopo mesi in cui lui aveva sperimentato un'altra ragazza con cui tra l'altro l'aveva tradita in precedenza, si diceva inoltre che lui fosse ritornato dalla povera cornificata perchè a sua volta aveva ricevuto lo stesso trattamento e che quest'ultima lo avesse accolto a braccia aperte. Non era solita ad interessarsi ai gossip ma quelle voci giunte per caso alle sue orecchie, le avevao risvegliato una serie di riflessioni; Sara non riusciva a comprendere come si potesse perdonare un simile comportamento, se fosse opera del vero amore da parte della ragazza o da una totale assenza di dignità, ma di una cosa era certa: se tutto ciò era un effetto collaterale dell'amore, lei non voleva esserne vittima.

 

Si rialzò e una volta in piedi, sbatté le mani sul retro della sua gonnellina celeste per eliminare le tracce del terreno umido, una folata di vento la colpì in pieno viso impedendole di respirare mentre l'orlo della gonna si agitava sbattendo sulle sue cosce; alzò gli occhi verso il cielo reso scuro e carico di nuvoloni, una gocciolina di pioggia le si infranse sullo zigomo destro e lentamente scivolò giù sulla guancia, proprio come se fosse una lacrima. Tastò con le dita la scia umida lasciata dalla pioggia e portandosi le dita davanti agli occhi, osservò la sua mano assorta. Ancora leggermente intontita, prese a camminare sul sentiero che conduceva verso casa, incurante delle gocce, lasciò che la sua mente viaggiasse lontana, rivivendo quel momento in cui Matteo le aveva parlato, riassaporando le profonde sensazioni che l'avevano scossa e tenuta prigioniera impedendole, ancora una volta, di fare la cosa giusta.

 

* Inizio Flashback *

 

- Allora, ti va di andare al luna park domani?

 

Matteo la guardava all'apparenza tranquillo, un sorriso rassicurante si ergeva sulle sue labbra carnose, eppure, i suoi occhi lo tradivano trasmettendo tutto il contrario di ciò che voleva dimostrare. Per quanto Sara volesse rimane indifferente alla sua proposta, quella nota di ansia negli occhi chiari di lui, le scaldò il cuore abbattendo ogni tipo di dubbio e con loro anche le innumerevoli raccomandazioni che si era ripetuta fino alla nausea pur di non cadere vittima di quel grosso guaio.

 

- Si

 

Il suo solo un debole sussurro.

 

- Domani è sabato, ti vengo a prendere nel tardo pomeriggio così facciamo un giro sulle varie attrazioni e poi mangiamo qualcosa insieme, va bene?

 

Sara annuì, parlare le sarebbe costato troppo, doveva risparmiare le sue energie per quando si sarebbe risvegliata dal quel profondo torpore e la verità su quello che stava accadendo le si sarebbe abbattuta contro con violenza.

 

-Allora ci vediamo verso le 18 di pomeriggio nel parco adiacente alla scuola! Torno in classe adesso, la campanella sta per suonare.

 

Le sorrise mesto per poi raggiungere a grandi falcate l'uscita, scomparendo subito dopo dietro la grande porta. La ragazza si lascò cadere sul pavimento freddo, il peso del senso di colpa le gravava sulle spalle e sul cuore.

 

* Fine Flashback *

 

Presa dai ricordi e ormai bagnata dalla fitta pioggerella che si posava indisturbata ovunque trovasse appoggio, Sara era giunta a destinazione; estrasse le chiavi di casa dalla cartellina ormai zuppa e velocemente le inserì nella toppa aprendo il portone e fiondandosi al suo interno, corse su per le scale impaziente di entrare in casa e rifuggiarsi nella sua stanza e una volta giunta davanti alla porta in noce scura della sua abitazione si precipitò ad aprirla. Una volta al suo interno, si concesse pochi attimi di pausa per riprendere fiato; ancora con il fiatone dovuto alla corsa, scansò con la mano le ciocche di capelli bagnati che le si erano attaccate al viso e con rabbia trattenuta si tolse le scarpe sporche di fango appoggiandole sul tappeto.

 

- Sara, sei a casa?

 

- No, sono un ladro venuto in pieno giorno e che per caso ha le chiavi di casa tua.

 

Non riuscì a trattenere il sarcasmo, regalando alla madre l'ennesima risposta acida, frutto della sua grande rabbia. Caterina, nel frattempo, aveva abbandonato i piatti ancora sporchi nel lavello e si era fiondata nel salone per accogliere la figlia, trovandola completamente zuppa, il leggero trucco completamente sciolto le grondava dalle ciglia scivolandole sulle guance lasciandole inevitabilmente delle scie nere.

 

- Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo? Sei tutta bagnata!

 

- No, non voglio niente, voglio solo il silenzio.

 

Caterina abbozzò un sorriso triste, i suoi occhi erano lo specchio delle sue emozioni ed in essi Sara lesse solo preoccupazione e dispiacere.

 

Incapace di poter reggere ancora lo sguardo della madre, si diresse a passo svelto lontana dai suoi occhi raggiungendo il bagno; si spogliò velocemente sfilandosi la gonna e la magliettina bianca che le copriva il busto, per ultimo si tolse l'intimo. Girò le manopole della vasca regolando l'acqua e versandoci al suo interno il bagnoschiuma al cocco che tanto le piaceva, aspettò pochi minuti, il tempo che l'acqua raggiungesse un buon livello, e infine si immerse abbandonandosi alla dolce sensazione dell'acqua calda sulla pelle.

 

Sentì i muscoli distendersi, la sensazione di umido e di freddo che l'avevano accompagnata nel pomeriggio, sparire e finalmente si concesse un piccolo sorriso.

 

Poco meno di un'ora dopo, l'acqua era ormai diventata tiepida e la sua pelle si era raggrinzita risultando ruvida al tatto; con rammarico, si decise ad uscire abbandonado quel piccolo angolo di paradiso. Una sua mano corse ad afferrare il suo accappatoio color glicine appeso con cura accanto a quello color giallo limone della madre, lo indossò rabbrividendo al tocco della spugna dura contro la sua pelle fragile, lo strinse a sé allacciandolo alla vita tramite un cinturino dello stesso colore del suo accappatoio e poi, veloce come era entrata, uscì diretta verso la sua stanza.

Giunta finalmente nella sua camera, quella che da anni considerava il suo riparo dal mondo, Sara si lasciò cadere a peso morto sul letto emettendo un lieve sospiro; i capelli umidi le si sparpagliarono sul viso solleticandole la pelle procurandole un leggero fastidio, ma le sue mani ancorate al suo morbido cuscino non avevano intenzioni di lasciarne la presa, lasciando così che quel tocco pungente la infastidisse proprio come stavano facendo in quel momento i suoi pensieri.

Chissà cosa avrebbe potuto pensare Liliana di lei se solo avesse scoperto la verità, chissà se fosse riuscita a capire, se sarebbe riuscita a perdonare le sue piccole debolezze, i suoi grandi errori. Una pallida e solitaria lacrima scese dal suo occhio sinistro infrangendosi trai suoi capelli ramati, unica e sola testimone di quel grande rimpianto e di quel sordo dolore che le ricordava che una parte di lei, era felice.

 

Liliana quel pomeriggio era assorta nei suoi pensieri; Sara da qualche giorno a quella parte, aveva assunto atteggiamenti ambigui, che poco si accumunavano al suo carattere gioviale, sembrava quasi volesse evitarla, difficilmente la guardava negli occhi e la loro unione sembrava si stesse man mano indebolendo. Conosceva il carattere della sua migliore amica, seppur fosse riservata e poco incline a raccontare ciò che la turbava, questo non l'aveva mai portata ad allontanarsi dal mondo, ad allontanarsi da lei.

Sara le mancava terribilmente, in quei giorni anche il suo umore non era dei migliori; Matteo sembrava non voler cedere alla sua corte spietata, non concedendole la minima attenzione, sembrava sempre viaggiare lontano, fuori dalla portata di chiunque, il suo cuore era troppo distante da raggiungere. Eppure, i suoi occhi attenti non si erano sbagliati, in quei giorni Matteo sembrava essere meno freddo, qualche volta, mentre seduta al suo banco lo scrutava, lo vedeva sorridere appena e lanciare occhiate furtive a Sara, la quale però, non sembra farci caso, troppo assorta nel suo mutismo e nei suoi pensieri.

Sbuffò alzandosi dal letto che l'aveva ospitata per un paio di ore, il suo sguardo vagò per le pareti azzurrine della sua stanza soffermandosi su una foto incorniciata che la ritraeva insieme alla sua migliore amica; quella foto era stata scattata un anno prima durante una fiera, si erano divertite parecchio quel giorno, avevano vagato per tutto il tempo tra le varie bancarelle, perdendosi tra gli oggetti più strani, avevano riso tanto attirando anche le attenzioni dei passanti che curiosi lanciavano loro qualche occhiatina perplessa. Lei e Sara erano fatte così, sapevano divertirsi con poco, ridere di gusto davanti a qualcosa di stupido, proprio come se fossero ancora bambine.

Sorrise e con gli occhi andò alla ricerca del suo cellulare, trovandolo poco dopo sulla scrivania in mogano scuro; lo afferrò digitando velocemente il numero di Sara e incerta osservò per pochi attimi la cornetta verde prima di pigiarla, presa da chissà quale dubbio, per poi portarsi l'apparecchio all'altezza del viso e attende di sentire il suono della sua voce.

- Pronto?

Gracchiò il suo interlocurore; evidentemente, pensò Liliana, l'aveva svegliata chiamandola.

- Sara, sono Lily! Non ci siamo sentite spesso così volevo domandarti se questo sabato non avessi impegni! Magari potremmo andare per locali.

Liliana attese alcuni secondi prima di ricevere una risposta.

- Veramente questo sabato non posso.

- Ah, e come mai?

- Avevo..... Ehm, la mamma mi ha chiesto di andare con lei ad una cena con le sue amiche, gliel'ho promesso e lei ci teneva tanto quindi non posso tirarmi indietro.

- Oh

Sara si accorse della nota di delusione che era fuoriuscita dalle labbra di Liliana e si sentì subito contagiata da quella tristezza; stava ancora mentendo alla sua migliore amica, senza ragione, senza alcun senso. Dove l'avrebbe portata quella storia?

- Domenica mattina però possiamo fare colazione insieme, se ti va!

Liliana annui, nonostante fosse conscia che Sara non potesse cogliere il suo assenso.

-Va bene, allora ci vediamo domenica?

- A domenica.

Il suono metallico le annunciava che Sara aveva chiuso la chimata; posò il cellulare dove lo aveva trovata mentre un pensiero scorreva indisturbato nella sua testa: Cosa stava accadendo alla loro amicizia?

Sabato mattina era giunto troppo presto; Sara quel giorno si era alzata con un gran mal di testa. Quella notte aveva faticato davvero tanto a cadere tra le braccia di morfeo, i suoi pensieri, l'impazienza, l'ansia e le sue continue domande, avevano impedito al sonno di arrivare, finché esausta, verso le quattro del mattino, la sua mente non si era arresa all'oblio.

Quel giorno si era alzata tremendamente tardi finendo così per saltare la scuola; pensò tutta via che forse era meglio così, non avrebbe retto alla vista di Matteo ne a quella sensazione di debolezza che la coglieva ogni qual volta lui era nei paraggi, per non parlare delle occhiate che le avrebbe riservato la sua migliore amica le quali rappresentavano per lei continui bocconi amari da mandar giù. Inoltre, non era affatto dell'umore per vedere qualcuno, quel senso di impazienza e quella vaga nota di felicità da cui si sentiva pervasa, la disturbavano. Erano solo il chiaro segno che stava tradendo la sua migliore amica e che si stava ficcando in un grosso guaio.

Il suono del campanello la distrasse dai suoi pensieri, scese definitivamente dal letto rendendosi conto solo in quel momento di aver dormito con addosso l'accappatoio umido, infilò le sue ciabatte azzurre che giacevano scomposte ai piedi del letto e con passo lento uscì dalla sua stanza diretta nel salano. Il campanello suonò ancora una volta costringendo Sara ad aumentare la sua andatura.

- Arrivo, arrivo!

Mormorò scocciata.

Emise uno sbuffo; ormai aveva raggiunto la porta, leggermente stizzita girò la maniglia in ferro battuto, pronta ad incenerire chiunque l'avesse disturbata, tuttavia, una volta faccia a faccia con il suo interlocutore, le parole le morirono in gola e la sua espressione arrabbiata scivolò via dal suo viso lasciando che al suo posto ne affiorasse una sbigottita.

- T...Tu??!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Quando gli occhi ti parlano ***


"C'erano cose che volevo dirgli.

Ma sapevo che gli avrebbero fatto male.

Così le seppellii e lasciai che facessero male a me."

 

- T...Tu??!

Sara emise un gemito strozzato mentre lasciava ricadere le braccia lungo i fianchi come fossero prive di vita.

- Tesoro, non sei contenta di vedermi? Volevo farti una sorpresa!

Gli occhi le si fecero lucidi e carichi di lacrime ma Sara non le lasciò libere, rimasero lì, prigioniere dei suoi occhi, cariche di emozioni contrastanti, le stesse emozioni che albergavano nel suo cuore inquieto, le stesse che adesso pulsavano nella sua testa facendole male.

- Pa...papà!

Non voleva mostrarsi debole, non voleva mostrare la sua gioia nel vederlo finalmente al suo fianco, non voleva far vedere la commozione nei suoi occhi, la rabbia sparire sostituita dall'estasi; sapeva che i suoi fantasmi sarebbero ritornati a farle compagnia più tardi ma in quel momento, davanti alla figura di suo padre, davanti a quegli occhi che aveva desiderato più e più volte di poter rivedere, voleva solo godersi quella sottile felicità, quel raggio di sole tenue capace di scacciare via le ombre del suo passato.

Claudio, suo padre, allungò le braccia verso sua figlia in un chiaro invito e la ragazza, senza indugi, mossa solo dal suo istinto, si fiondò al suo interno lasciandosi cullare come fosse ancora una bambina.

In quel caldo abbraccio, si sentì al sicuro, come quando da piccola, nelle notti buie in cui il sonno tardava ad arrivare, stringeva a sé il suo maialino di peluches, un regalo del padre che le ricordava che, nonostante la lontananza, lui c'era. Da piccola, stringerlo le infondeva calore e più volte, con l'indice, aveva tastato la dedica che il padre le aveva lasciato: "Al mio più grande amore" diceva.

Con il tempo, la dedica si era cancellata, così come le sue convinzioni.

Sara chiuse gli occhi, cercando di imprimere dentro di sé quel dolce senso di malinconia e felicità che sentiva nascere dentro, faticò a trattenere le lacrime quando avvertì le labbra del padre posari sulla sua testa lasciandovi un dolce bacio e mai come allora desiderò tornare bambina, solo per godere al meglio quelle attenzioni che tento aveva desiderato.

- Come mai non sei a scuola?

La ragazza sospirò, l'incanto era finito e l'abbraccio si era spezzato.

- Non mi sentivo granché stamani, la mamma ha lasciato che io dormissi.

-Uhm, è in casa adesso?

Sara abbassò lo sguardo scuotendo la testa; si era sempre domandata perchè il padre sembrasse quasi allergico alla sua famiglia, a sua madre o a chiunque avesse avuto rapporti con lei; una separazione, pensò, pone la fine di un matrimonio non i contatti con gli altri e allora perchè suo padre sembrava sempre infastidito quando qualche membro della sua famiglia gli portava i suoi saluti? Che fosse vergogna la sua? L'affetto che nonostante tutto traspariva dalla sua famiglia, lo faceva vergognare a tal punto delle sue azioni da mascherare il tutto con la freddezza? O davvero, per quelle persone che con lui avevano diviso tanto, non provava altro che insofferenza?

- Tranquillo papy, la mamma non c'è. E' uscita a far la spesa, credo.

Suo padre annuì guardando l'interno di quella casa che lo aveva visto felice per qualche tempo, prima che l'amore si spegnesse lasciando spazio all'orgoglio.

- Vuoi entrare?

Il suo, solo un debole sussurro. Il suo tono di voce esprimeva solo insicurezza.

- No, ero venuto solo a chiederti se volessi pranzare con me e Kelly. Siamo qui da una settimana e oggi ripartiamo.

- Una settimana, eh?

La rabbia ritornò prepotente ma il suo orgoglio ferito le impedì di mostrarsi amareggiata, delusa.

- Mi dispiace ma ho da fare.

Si sorprese di come riuscisse ad essere impassibile, di come ormai era diventato facile infilarsi quella maschera di indifferenza, quella che per anni l'aveva tenuta lontano dal suo dolore perlomeno davanti ad occhi altrui perchè dentro di lei, da quando il padre le aveva voltato le spalle, era iniziata una lunga convivenza.

- Capisco, vieni almeno a fare un salto prima che partiamo.

Avrebbe voluto gridare che era stanca del suo egoismo e del suo essere dannatamente cieco, che lei aveva ancora bisogno del suo papà. Tuttavia, ricacciò quelle parole infondo al suo cuore e di nuovo decise di privarsene ancora.

- Vedrò.

- Allora vado, Kelly mi aspetta in macchina. Ciao tesoro mio!

- Ciao papà.

Claudio sorrise dandole subito dopo le spalle, lei chiuse la porta e le sembrò di essere tornata indietro. Ancora una volta.

Sarebbe mai riuscita ad andare avanti?

Come un automa si diresse verso il grande divano in palle che si ergeva di fronte a lei, vi si acciambellò portandosi le ginocchia al petto, stringendole come fossero l'unico appiglio che l'avrebbe potuta salvare dal mare in tempesta che si agitava dentro di lei.

Si sentiva fragile, come fosse davvero fatta di cristallo. Immaginò di trovarsi su di un dirupo, ad un passo dal baratro, pronta a saltare.

- Tesoro?! Cosa è successo?

Non si era accorta dell'arrivo di sua madre, non si era accorta del tempo passato, non si era accorta dei segni rossi sulle gambe che si era procurata con le dita, non aveva sentito i suoi passi avvicinarsi, non si era resa conto di aver alzato la testa, di aver incontrato gli occhi preoccupati della madre, non aveva sentito quelle lacrime allungo trattenute ora scenderle sulle guance. Sembrò risvegliarsi solo quando sentì le esili braccia di Caterina stringerla a sé facendole avvertire il suo profumo, quel profumo che da bambina aveva amato tanto.

- Mamma!

Scoppiò in piccoli singhiozzi che man mano diventavano sempre più acuti, più strazianti.

- Tesoro mio, ci sono io con te. Piangi, piangi che ti fa bene.

- Sono tanto stanca mamma, sono stanca.

Caterina non disse nulla, continuò a cullarla accarezandole i capelli; seppur le faceva male vedere la figlia in quello stato, una parte di lei era felice perchè finalmente sua figlia le aveva permesso di entrare, stava condividendo con lei quella parte debole del suo animo, quella straziata e delusa che aveva rinnegato per anni. Forse, pensò, proprio quel suo rinnegare il dolore accumulato, non le aveva mai permesso di superarlo.

- Sai mamma, se ti avessi potuto suggerire qualcosa nel momento il cui hai conosciuto papà, ti avrei detto sicuramente che dovevi stargli lontana, per non provare un giorno questo senso di nausea ogni qual volta penso di essere sua figlia.

- Sai che non è vero amore, sai che la tua è solo rabbia. La verità è che adori così tanto tuo padre che il suo comportamento ti fa stare male e allora, è meglio fingere di odiare piuttosto che ammettere quello che fa soffrire. Lui ti vuole bene, è tuo padre come può non volertene? Penso che anche lui ne soffra ma il suo carattere è quello, non può cambiare, non può modificarsi.

- Per amore non si cambia?

- No piccola mia, le persone non cambiano. Possono modificare qualcosa ma non si cambia mai.

Sara annuì stringendosi di più in quell'abbraccio, lasciandosi cullare dal battito regolare del cuore di sua madre e sopraffatta da tutte quelle emozioni, si abbandonò all'oblio che l'accolse in un sonno senza sogni.

- Sara? Sono le quattro di pomeriggio e non hai ancora pranzato, svegliati!

- Uhm

Sara si girò su di un fianco rannicchiandosi su se stessa.

- Tesoro? Non puoi poltrire tutto il giorno, non devi uscire stasera?

A quelle parole Sara spalancò gli occhi trovandosi davanti il viso dolce di sua madre.

-Che ore sono?

L'ansia traspariva dalla sua voce; sopraffatta da quella giornata e dalle emozioni che ne aveva comportato, la ragazza aveva del tutto dimenticato il suo appuntamento con Matteo.

- Le 16.00

- Oddio!

Si alzò velocemente dal divano dirigendosi ad ampie falcate verso la sua stanza in direzione del suo armadio, lo aprì iniziando a spulciare tra i vari capi cercando quello più adatto per andare all' luna parck ma che comunque la rendesse quanto meno graziosa e non la facesse sfigurare. Caterina, dal canto suo, non aveva ancora lasciato la sua posizione e il suo sguardo perplesso non aveva abbandonato il punto esatto in cui la figlia era scomparsa.

- Adolescenti, chi li capisce è bravo.

Sorrise alzandosi dal divano e dopo un'ultima breve occhiata si diresse verso la cucina per terminare le pulizie.

- Questo no! Oddio questo fa schifo, ma dove l'ho comprato?! Ma soprattutto, cosa mi passava per la testa in quel momento?

Sull'orlo di una crisi nervosa, Sara stava ancora tentando di trovare tra i suoi vestiti qualcosa di decente.

- Ma io mi vesto sempre così?! Non capisco, sono io o all'improvviso i miei vestiti sono tutti inguardabili! Calma Sara, respira!

Incamerò più aria di quanto ne avesse bisogno cercando di imporsi una lucidità mentale che in quel momento non possedeva; alzò lo sguardo incontrando il suo riflesso in uno specchio e quel che vide le donò un colorito più bianco di quel che aveva in quel momento.

- Oddio che faccia sconvolta!

Sorpassò il letto in malo modo facendo cadere le coperte e i cuscini per terra, fiondandosi poi ad un palmo dallo specchio; con la mano tastò il contorno degli occhi divenuti gonfi e rossi per le lacrime versate, la sua pelle era pallida e provata e Sara credette di poter vedere le scie umide lasciate dalle sue lacrime. Trattene un urlo, giusto per non allarmare la madre e con poca grazia si fiondò sul letto.

- Houston, abbiamo un problema! Magari Liliana potrà aiutarmi!

Sorrise alzandosi dalla sua posizione e ritrovando un barlume di speranza al pensiero che l'amica avrebbe potuto far miracoli ma il suo sorriso si spense pochi secondi più tardi; non poteva chiedere a Liliana di aiutarla a vestirsi e a migliorare quel casino che si ritrovava sulla faccia, dopo tutte quelle bugie ma soprattutto visto quello che stava per fare.

Si lasciò ricadere sul letto sopraffatta da quella tremenda verità; c'era qualcosa che la preoccupava profondamente, ovvero la possibilità che tutta quella faccenda potesse allontanare la sua migliore amica da lei. Sara non lo avrebbe sopportato, per anni Liliana era stata la sua forza, il suo salvagente, il suo punto di riferimento; pur non avendole raccontato quasi nulla, nonostante avesse continuato a tenere per sé quella parte di se stessa, quella nascosta e impenetrabile, Liliana le aveva fatto da cuscinetto molte volte, le bastava stare con lei per dimenticare, seppur per poco, quello che la tormentava.

- E' inutile pensarci adesso.

Mormorò a se stessa.

- Devo smetterla di parlare da sola e cominciare a prepararmi.

Un'ora e mezza più tardi aveva finalmente terminato di prepararsi; aveva optato per la semplicità mettendosi un jeans scuro e stretto, una maglietta bianca che le lasciava una parte della spalla scoperta e un paio di stivali alti alla caviglia dello stesso colore della maglia, non aveva utilizzato molto trucco, aveva solo tentato di mascherare le piccole borse che le erano spuntate sotto gli occhi e per finire aveva utilizzato un filo di matita nera.

- Sono pronta e in ritardo!

Esclamò quando il suo sguardo si posò accidentalmente sulla piccola sveglia situata sul comodino accanto al letto.

Uscì velocemente dalla sua stanza maledicendosi mentalmente per aver optato per i tacchi e afferrò velocemente le chiavi di casa e la borsa appoggiata malamente sul mobile scuro accanto alla porta.

-Mamma io esco, non mi spettare, faccio tardi... Credo!

Caterina si affacciò dalla cucina, rimanendo accanto allo stipite della porta.

- Tesoro dove..

Le parole le morirono in gola, Sara era già andata via.

 

In piedi con le braccia conserte e un piede che si muoveva ritmicamente sull'erba umida del parco, Matteo attendeva l'arrivo di Sara. Era in ritardo e il ragazzo, più di una volta, si era ritrovato a pensare che forse non sarebbe venuta.

-Ciao

Sobbalzò preso alla sprovvista girandosi subito nella direzione da cui la voce era arrivata.

- Ciao

Un sorriso ebete si formò sulle sue labbra.

Matteo non potè fare a meno di osservare la ragazza rimanendone affascinato; di ragazze carine ne aveva viste molte ma mai nessuna era riuscito a colpirlo tanto. In qualche modo sapeva che la bellezza c'entrava poco e niente, quello che colpiva il cuore non era certo un bel paio d'occhi o un bel fisico, piuttosto quel che gli occhi trasmettevano e come il corpo si muovesse. Si perse in quelle iridi di cioccolato e gli sembrò di potervi scorgere un mondo nuovo, dominato da segreti e paure, segreti che voleva scoprire, paure che voleva abbattere solo per vedere quegli stessi occhi gioire.

- Allora, andiamo?

Sara annuì incapace di parlare ancora; quella situazione la metteva a disagio e la paura di essere scoperta le metteva ansia.

Camminarono in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Ogni tanto Matteo lanciava qualche occhiata alla ragazza che camminava distratta al suo fianco, avrebbe voluto spezzare quel silenzio che si era creato, gli era parso troppo scomodo, troppo imbarazzante. Sara, dal canto suo, sembrava decisa a non aprire bocca; si sentiva inadeguata e la paura di dire più di quanto in realtà volesse le impediva di rilassarsi. Matteo aveva già saputo troppo, era andato fin troppo in profondità, aveva scorto la sua anima e questo le faceva rabbia; come aveva fatto un ragazzo spuntato dal nulla a metterla talmente a nudo? Come aveva potuto cedere davanti a lui? Di Matteo sapeva poco e niente, conosceva la sua storia e il suo cordoglio, conosceva una parte di lui, quella celata dietro al muro, tuttavia non conosceva tutto e tutto ciò la spaventava.

- Accidenti!

Si fermarono; Sara finalmente si concesse di osservare il ragazzo attirata dalla sua imprecazione.

-Al diavolo, è chiuso!

Il cipiglio arrabbiato sul volto di Matteo donava al ragazzo un aria al quanto buffa e Sara non riuscì a trattenere le risa che in breve si espansero nell'aria infastidendo il ragazzo.

- Che ci trovi di tanto divertente?

Sara tentò di mettere insieme due parole ma il suo fu solo un vano tentativo; appoggiò le sue mani sulla pancia piatta iniziando ad avvertire dei piccoli dolori dovuti a quel suo scoppio di ilarità improvvisa, cercò sostegno appoggiandosi al cancello chiuso del luna parck mentre Matteo iniziava a guardarla come fosse pazza.

- Allora?

Matteo abbandonò quel cipiglio severo distendendo i suoi lineamenti; quella giornata non aveva preso la piega sperata ma almeno l'aveva fatta ridere e quel sorriso era valso più di qualsiasi altra cosa.

- Ti faccio ridere, eh?

Le si avvicinò con aria da sbruffone deciso a continuare quel piccolo gioco, voleva bearsi ancora del suono argentino di quella risata, vedere i suoi occhi privi di tristezza, le labbra aperte, il volto disteso accompagnare quel piccolo attimo di libertà.

Eccola là la vera Sara; da qualche parte aveva letto che quando una persona ride, mette a nudo se stessa e quel che Matteo stava vedendo era lo spettacolo più bello a cui avesse assistito.

- Scusami, eri troppo buffo!

Esordì la ragazza placando le sue risa.

- Troppo buffo, eh? Ora ti faccio vedere io!

Sara lo guardò spaventata mentre Matteo avanzava verso di lei; gli occhi del ragazzo erano accesi di malizia e questo le procurò un brivido lungo la schiena. Immersa in quelle sensazioni non diede peso al campanellino dall'arme che era scattato nella sua testa, anzi, si lascò contaminare da quell'aria serena e da quel gioco che avevano cominciato.

- Sta lontano da me!

- Ti suggerisco una cosa ragazzina.

Matteo gli si avvicinò ulteriormente, fino a sfiorare il suo corpo con il suo; Sara avvertiva solo il respiro regolare del ragazzo che si scontrava con la pelle calda del suo collo e il battito irregolare del suo cuore.

-Scappa!

Sara lo guardò negli occhi e per un momento la sua attenzione venne catturata dalle labbra del ragazzo che, in quel momento, erano piegate in un sorriso provocatore. Così, contro ogni sua aspettativa, diede retta al suo istinto iniziando a correre dando il via ad un gioco, un gioco che ormai conoscevano bene, un gioco in cui le identità del cacciatore e della povera preda erano indistinte, poco chiare, confuse, nulle.

Sara continuava a ridere concedendosi ogni tanto di guardarsi alle spalle per vedere quanto fosse vicino il suo inseguitore; Matteo correva a pochi metri di distanza, godendosi quei minuti di spensieratezza e in quel momento prese la sua decisione.

- Non sapevo fossi così lento!

Gridò Sara con voce gioiosa.

- Non lo sono infatti!

Matteo alzò il passo ritrovandosi a pochi centimetri da lei.

- Presa!

L'afferrò per il braccio spingendola verso di sé fino a farla scontrare con il suo petto; rimasero immobili, nell'aria solo il rumore dei loro respiri irregolari. Sara non osava alzare lo sguardo dal petto del ragazzo, aveva paura di incontrare i suoi occhi e di leggervi qualcosa dentro, ma più di tutto, aveva paura che incontrando gli occhi di ghiaccio di Matteo lui potesse vedere cosa nascondeva dentro i suoi.

- Ci andiamo a sedere su quella panchina?

Sara annuì trovando la forza di allontanarsi dal ragazzo dirigendosi subito verso la panchina seguita da Matteo.

- Sei cambiato sai?

Esordì la ragazza dopo svariati minuti di silenzio.

Matteo la guardò appena, rivolgendo poi lo sguardo davanti a sé; l'aria si era fatta più fresca segno che le tenebre stavano per calare, non c'era nessuno nei dintorni, c'erano solo loro due, dannatamente vicini nonostante fossero seduti a diversi centimetri di distanza.

- In che senso?

Domandò incerto Matteo.

- Quando ti vidi la prima volta i tuoi occhi erano talmente freddi, sembravi distante anni luce, irraggiungibile nonostante fossi vicino. Ora, guardandoti adesso, i tuoi occhi sembrano più caldi, non hanno perso quella nota di tristezza ma sono meno freddi, direi quasi dolci, il freddo che celva quella parte di te che custodivi con cura, quando sorridi o...

- O...?

- O mi guardi.

I loro sguardi si incontrarono e le loro labbra si piegarono donandosi un lieve sorriso.

- Bhe ecco, quella parte di te, esce fuori.

Finì in un sussurro.

- Fino a qualche giorno fa vivevo in modo diverso. Non ho amici, non ne ho avuti più da quando loro sono morti, ho sempre temuto di avvicinarmi a qualcuno, ho temuto di perdere di nuovo o di ferire ancora. Mi sono sempre mostrato freddo al mondo, non per cattiveria, direi anzi per altruismo! Non volevo toccare più nulla, macchiare ancora. Vivevo nel mio piccolo mondo, non provavo emozioni e questo allontanava il dolore, dolore che ho sempre custodito con cura perchè era l'unica cosa che mi rimaneva di loro, l'unica cosa che mi permetteva di sentirli vicini. Poi però, qualcosa è cambiato.

- Che cosa?

Sara non riuscì a non domandarglielo, voleva sapere, voleva conoscere. Si sentiva come uno studioso sempre affannato di ampliare le sue conoscenze, come se ne dipendesse la vita, come se potesse salvarlo dal resto.

- Sei arrivata tu.

Sara continuò a guardarlo, il fiato corto dall'emozione, il pensiero incessante di quanto tutto fosse sbagliato, le mani che tremavano appena e lo sgurdo di Matteo puntato sui suoi occhi. Non fiatò e Matteo decise di proseguire.

- La prima volta che ti vidi fui attratto dai tuoi occhi o meglio, da quello che vi lessi. Ti sforzavi tanto di apparire solare e gioiosa, così profondamente legata alla vita ma chiunque, sforzandosi un minimo, sarebbe riuscito a scorgere quell'ombra di tristezza che ti porti dentro, che traspare dalle tue iridi. Mi attiravi come una calamita e ho cercato di resistere ma tu, i tuoi occhi, mi riportavano sempre al punto di partenza. Mi avevi catturato l'anima e nemmeno lo sapevi.

Rise, senza alcuna intonazione particolare, rise sentendosi uno stupido, rise sopraffatto dall'imbarazzo, dalla voglia di parlare e di spegnere il cervello che adesso gli urlava di tacere.

- Mi sono accorto delle attenzioni della tua amica, non che lei abbia tentato di celarle, erano piuttosto evidenti se proprio vogliamo dire! Ne ho approfittato, fa schifo dirlo così ma è quel che ho fatto, volevo avvicinarmi e non ho resistito, sapevo che forse avrei potuto rovinare tutto ma mi hai chiamato come una sirena fa con il suo marinaio. Non si è rivelato tutto inutile però, sai? Io mi sono aperto e tu hai fatto lo stesso, inconsciamente mi hai salvato e diavolo non so nemmeno come tu abbia fatto!

- Nemmeno io.

Sussurrò flebile Sara; i suoi occhi ora erano ritornati ad osservare l'asfalto perchè temeva che se solo si fosse azzardata ad incontrare i suoi occhi, avrebbe ceduto cadendo alla sua mercè come una bambola di porcellana.

- Già! Tutto questo però mi ha fatto scegliere e capire una cosa essenziale.

- Cosa?

- Non ho più voglia di tristezza.

Sara alzò la testa di scatto incontrando gli occhi dolci di Matteo; le sembrò di potervi scorgere nuova luce al suo interno, una luce divampante come un fuoco animato da chissà quale emozione e preda delle stesse sensazione, si lascò andare.

- Non sono mai andato a vedere la loro tomba, non ricordo nemmeno di averci mai pianto. Ti andrebbe di andare con me domani?

L'indomani si sarebbe vista con Liliana, avrebbe dovuto dare retta al buon senso e rifiutare, avrebbe dovuto fare fin troppe cose prima di arrivare fino a quel punto ma ormai, contro ogni sua aspettativa, si rese conto di essere in ballo e quel che doveva fare adesso era solo ballare.

- Va bene.

Sussurrò ancora rapita dai suoi occhi.

Avrebbe trovato una scappatoia l'indomani mattina o forse l'unica cosa che domani avrebbe fatto era solo prendersi a calci ma in quel momento, sotto lo sguardo del ragazzo, Sara non avvertì nessuna remora, nessun dolore, nessun senso di colpa.

- Vieni, ti accompagno a casa. Inizia a far freddo qui.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** La forza del coraggio ***


Stavano camminando da ormai qualche minuto; tra di loro era sceso il silenzio, non uno di quei silenzi imbarazzanti da cui vorresti scappare finendo per dire la prima cosa stupida che ti passa per la testa, piuttosto il loro era un silenzio carico di parole senza voce ma capaci di arrivare ugualmente, un silenzio che non spaventa ma che conforta, che non trasmette agitazione ma dona la calma.

Sara ripensava alle parole di Matteo; per anni aveva tentato di trattenere il dolore per sentirsi viva, come se dare le spalle al suo passato non le avrebbe lasciato altro che un vuoto incolmabile, finendo per trovarsi priva di alcun tipo di emozione, come una casa spoglia, senza alcun oggetto, un quadro o una foto che ritrae il viso di una persona cara. Tutto ciò l'aveva sempre terrorizzata, paralizzata a tal punto da non farla vivere, limitandosi a sopravvivere. Sara sapeva che per essere felice bisognava aver coraggio ma lei non si era mai ritenuta una ragazza molto coraggiosa; una volta sua madre le aveva detto che il coraggio aveva diverse strade per nascere, poteva essere frutto della paura, della determinazione, dell'orgoglio ma quello più potente era il coraggio nato dall'amore.

- A cosa pensi?

Sara si girò verso Matteo; sorrise appena tornando a fissare l'asfalto umido delle strade.

- Stavo pensando a quello che mi hai detto prima. Sei stato molto coraggioso, non è semplice voltare pagina.

- Non è semplice perchè, anche se una situazione ci risulta scomoda, ormai ci hai fatto l'abitudine. Voltare pagina significa andare incontro a qualcosa che non si conosce e quindi fa paura ma il cambiamento è necessario. Vedi, non sempre quello che troverai sarà buono, ma è bene tentare perchè provare, sbagliare, soffrire o gioire, sono tutte fasi della vita, fasi effimere perchè appena ti abitui a qualcosa, essa cambia che tu lo voglia o no.

Matteo le sorrise sghembo mostrando una fila di denti bianchi; Sara ne rimase affascinata, poche volte aveva visto il suo sorriso, poche volte era riuscita ad ammirare la sua aria spensierata e si sorprese quando, quasi inconsciamente, desiderò vederlo così più spesso.

- Sei molto profondo stasera!

Sara rise coinvolgendo anche il ragazzo.

- Dici? Luca mi ha sempre detto il contrario, per lui ero profondo come una pozzanghera!

- Doveva conoscerti bene.

Matteo si strinse nelle spalle e per un attimo i suoi occhi si posarono sul manto scuro della notte.

- Una volta mi hai detto che da piccola tua madre ti aveva confidato che chi se ne va diventa una stella, da allora anche io alzo gli occhi al cielo per cercarli, tuttavia mi sono accorto che le stelle grandi sono quelle più isolate, quelle più lontane dalle altre e Luca e Laura non si sono lasciati nemmeno nella morte, perciò ho cercato meglio e le vedi?

Sara seguì la direzione in cui lo sguardo di Matteo sembrava perso, incantato.

- Quelle stelle sono piccole ma sono vicine, intorno a loro non c'è nulla. Immagino che siano loro e ogni notte le cerco e mi regalano un sorriso, mi fanno sentire meno solo e mi danno il coraggio di andare avanti.

-Hai scacciato i tuoi fantasmi allora.

- Oh no, per quello c'è ancora tanta strada.

- Diciamo un passo alla volta allora-

- Si, un passo alla volta.

I loro occhi si incontrarono fondendosi tra di loro e un piccolo sorriso increspò le labbra di Sara.

Matteo ne rimase incantato; parlare con lei non gli era mai sembrato così semplice, aprirsi non era poi così complicato. Sara aveva in mano le chiavi del suo cuore e lui ne era consapevole, l'unica a non essersene ancora resa conto, forse, era lei.

-A me sembra che il tempo passi ma che tutto rimanga uguale.

- E' il tuo cuore a non essere cambiato, i tuoi sentimenti ma tutto intorno a te muta. Tua madre non piange più per tuo padre, lui è andato avanti e si è fatto una vita solo tu continui ad aggrapparti a quello che ormai non c'è più perchè hai paura. Forse, hai solo paura che cambiando pagina tu possa essere felice, hai paura della felicità?

Sara gli rivolse uno sguardo eloquente.

- Come si può aver paura di essere felici?!

- Questo devi dirmelo tu, sei tu che te la stai precludendo.

-Non lo faccio di certo perchè lo voglio!

Sara aveva arrestato il passo costringendo anche Matteo a fermarsi.

Aveva alzato la voce di qualche ottava, le labbra avevano dato vita ad un broncio concepito con l'intento di evidenziare maggiormente il suo disappunto. Agli occhi di Matteo, Sara appariva fragile come una bambina indispettita a cui era stata negata la caramella. Cercò di imprimere bene i suoi lineamenti, le sue labbra incurvate, gli occhi dolci che lo fissavano con astio, le guance e il naso rossi per il freddo.

"Deliziosa" si ritrovò a pensare.

- Io credo non sia così.

- Quindi, la tua stupida teoria, sarebbe quella che io mi costringa alla tristezza per paura di essere felice? E' assurdo!

- Oh avanti Sara, sai anche tu che ho ragione!

- E chi mi dice che attraversata quella porta io non mi ritrovi sola? Senza emozioni?

- La vita è un'emozione continua e andare avanti non significa dimenticare l'affetto che hai provato, cancellare le persone e quello che ti hanno lasciato! Significa solo lasciare che quelle emozioni ti insegnino qualcosa senza farti più male.

- Utopia

- No, coraggio.

- Non mi considero una ragazza coraggiosa.

- Io credo che tu lo sia, hai bisogno solo di una spinta. Mi offro volontario, se ti va!

Sara sorrise con gratitudine; gli occhi le si inumidirono per l'emozione e una piccola lacrima sfuggi al suo controllo.

Matteo le si avvicinò guardandola con dolcezza, allungò una mano verso il suo viso e con delicatezza le portò via quella piccola stilla.

- Grazie.

Mormorò la ragazza.

- Dovere mia principessa.

Matteo le fece un inchino e Sara non si trattene dal ridere finalmente più leggera.

- Che scemo!

- Che tipa, prima mi ringrazi e poi mi dai dello stupido!

- Vuole per caso affermare di non essere uno stupido signor. Padovano?

- Assolutamente signorina Benvenuto.

Ripresero a camminare adesso più vicini, più complici.

Il vento soffiava forte quella sera muovendo le fronde degli alberi, i panni stesi, le piccole foglie cadute. Sara si ritrovò a rabbrividire; si abbracciò sfregando le mani sulle braccia per darsi un pò di calore e si maledì per non aver messo qualcosa di più pesante addosso. Matteo lo notò e con finta disinvoltura le posò un braccio intorno alle spalle attirandola a sé.

- Avrei potuto darti la mia giacca ma ho preferito approfittarne.

- Ehi!

La ragazza protestò debolmente arrendendosi al calore del corpo del ragazzo e a quell'abbraccio che le trasmetteva sicurezza.

"Profuma di buono" si ritrovò a pensare.

Trasse un lungo respiro per bearsi di quell'aroma dolce di cui sembrava essere impregnato il suo vestiario.

- Che profumo usi?

- Non sono solito a mettere profumi, perchè?

- Sai di buono.

Sara arrossì davanti a quella piccola ammissione.

- Sarà l'ammorbidente.

La ragazza si accucciò maggiormente a lui e Matteo la strinse con più forza.

"E' l'odore della sua pelle" pensò.

Timidamente una sua mano si chiuse a pugno stringendo un lembo della maglia di Matteo. Nel punto in cui Sara lo stava toccando, Matteo avvertì un profondo calore, il suo tocco bruciava e la voglia di stringerla per sempre si fece strada nel suo cuore raggiungendo i suoi pensieri.

Sara chiuse gli occhi affidandosi completamente al ragazzo, godendosi a pieno quel momento; sembrava che il freddo, stretta in quella dolce morsa, non la toccasse, la vicinanza con Matteo le forniva protezione dal gelo, dal vento che le frustava il viso, da se stessa e da quelle emozioni che l'avevano turbata. Tutto ora sembrava muto, spento, eccetto il suo cuore che batteva veloce nel petto.

- Lo sai che non so la strada, vero?

Sarà aprì gli occhi rendendosi conto di essere vicino casa.

- Sei sorprendente, mi hai portata alla meta comunque!

- Sono pieno di sorprese io.

- Ma che bravo! Ora levati dalla faccia quel sorriso da sbruffone però!

- Che strega!

Matteo le cinse i fianchi per farle il solletivo.

- No, non di nuovo!

- Okok, pace!

Matteo alzò le mani in segno di resa lasciando il corpo della ragazza il quale si ritrovò nuovamente esposta al freddo.

- Forse è meglio che io vada.

Mormorò Sara placando quell'atomosfera giocosa.

- Ci vediamo domani allora, ti passo a prendere per le undici, va bene?

- Va bene.

Matteo le si avvicinò appoggiando le sue labbra sulla fronte di Sara.

- Buonanotte.

La bocca di Matteo non aveva ancora abbandonato la pelle tiepida della sua fronte e il respiro caldo del ragazzo le si era infranto contro.

Sara fu percossa da brividi, brividi piacevoli e la causa non era il freddo quella volta.

-Buonanotte.

Si girò dandogli le spalle raggiungendo il portone. Non si voltò, sapeva che se lo avesse fatto non avrebbe avuto il coraggio di staccare i suoi occhi da quelli di Matteo, non avrebbe avuto il coraggio di allontanarsi.

Questo la spaventava.

 

Quella notte Sara riuscì a dormire serena, nulla sembrava toccarla. Non la spaventava vedere la sua migliore amica l'indomani mattina, non la spaventavano più le sue emozioni, ne quello che l'attendeva.

Per una volta, voleva essere coraggiosa.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1028922