Tricking Kate -fidanzata per finta

di Little Firestar84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tricking Kate- fidanzata per finta ***
Capitolo 2: *** Missing moments 1: scommesse& addominali ***
Capitolo 3: *** Missing moments 2: fratelli coltelli ***
Capitolo 4: *** Missing moments 3: piccole bugie fra colleghi ***
Capitolo 5: *** Missing moments 4: cene e pettegolezzi e perversioni ***
Capitolo 6: *** Missing moments 5: aftermaths ***
Capitolo 7: *** Missing moments 6. piccolo interludio ***
Capitolo 8: *** Missing moments 7. (non esattamente) il più bel giorno della vita ***
Capitolo 9: *** Due verità non fanno esattamente una bugia ***



Capitolo 1
*** Tricking Kate- fidanzata per finta ***


Saleva tutti! eccomi qui, di nuovo nel modno del romanticismo più sfrenato, con il mio contributo al jisbon day... leggete (oppure, se siete i mighty judges del jisbon day, rileggete, dato ceh quà e là sono stati fatti dei piccoli cambiamenti) e fatemi sapere!

Seduta alla sua scrivania, Lisbon osservava con occhio interrogativo la curiosa scena che le si stava parando davanti,  iniziando a provare una certa fitta di panico ed ansia: Jane, come aveva già fatto per tutta la mattinata, camminava avanti ed indietro davanti alla sua porta, per poi tornare al suo divano, sedervisi per alcuni momenti grattandosi il capo quasi fosse preda di chissà quale dilemma, per poi tornare nuovamente a tracciare quel solco sul pavimento.

Oddio, cosa ha combinato stavolta? Chiuse gli occhi e prese un profondo sospiro quando lo vide fermarsi, per l’ennesima volta, davanti alla porta fissandosi i piedi, ormai certa che avesse effettivamente davvero combinato chissà cosa- o che lo stesse per fare, comunque. La donna richiamò a sé tutta la pazienza che aveva, o perlomeno quella che le era rimasta dopo anni e anni di costanti guai causati da suddetto consulente, supplicando qualsiasi potenza superiore fosse mai esistita e esistesse che non fosse così grave. Ormai si era bruciata quasi tutti i favori in giro, per colpa di Jane, e Bertram e Hightower avevano dovuto stringere non poche mani per ottenere il miglior avvocato disponibile in California (un Assistente Procuratore di Los Angeles che ai tempi d’oro era stato un difensore degno di assegni con molti zeri) cosicché dalla morte di John Il Rosso il consulente uscisse il più pulito possibile.

Sì, avevano anche mentito per lui. E nessuno di loro era del tutto certo che se lo meritasse, soprattutto Lisbon, che aveva creduto che l’uomo a cui così tanto, troppo, teneva, sarebbe corso da lei sentiti gli spari, compreso che era ferita, invece…

“Jane, smettila di passeggiare e viene dentro una buona volta…” sibilò lei a voce non troppo alta, ma nemmeno troppo bassa, chiudendo già gli occhi e massaggiandosi un punto della fronte tra gli essi, sentendo nervosismo, preoccupazione e sì, anche paura, montare in lei all’idea di cosa quell’uomo poteva aver fatto- sempre che lo avesse già fatto. C’era sempre la speranza che lui volesse solo uscirsene con qualche assurda idea, qualche folle piano che voleva mettere in azione, quasi non avesse capito cosa il giudice gli avesse detto quando lo aveva assolto dall’accusa di omicidio volontario e premeditato.  Non capiva che era sotto controllo, monitorato costantemente, che alla minima avvisaglia sarebbe stato buttato fuori dal CBI e, di conseguenza, in galera? Il giudice Stevenson era stato chiaro: Jane aveva ucciso sì per difendersi da quell’uomo, armato, ma era pur sempre riscontrabile il reato di eccesso di legittima difesa- e aveva tralasciato il fatto che la pistola che aveva non era sua, bensì di Lisbon.  La galera, anche se poca, sarebbe stata il minimo, soprattutto in virtù del comportamento irrispettoso e un po’ troppo allegro che il mentalista aveva tenuto durante il processo. Per loro fortuna, però, Stevenson era noto per essere magnanimo, perciò si era accontentato di lasciarlo fuori a patto che non facesse altre sciocchezze e continuasse a collaborare col CBI, a stipendio minimo, una sorta di lavoro socialmente utile, aveva detto….

Non può essere peggio dell’omicidio…pensò la donna, osservandolo sedersi davanti a lei, guardandola con occhi da cucciolo e con un leggero…cos’era, nervosismo, e le sue guance erano davvero arrossite? cosa hai combinato stavolta, Jane?”

“Penso di aver commesso un piccolissimo errore, che ha però generato un grosso problema, e avrei bisogno del tuo aiuto per porre rimedio a questa sfortunata situazione.”  Le spiegò con quanta più falsa calma tranquillità possibile. Lisbon non era certa di cosa provare. Certo, che Jane chiedesse aiuto era una cosa positiva, significava che finalmente aveva capito una volta per tutte cosa significasse fare parte di un gruppo e, nel loro caso, di una sorta di famiglia surrogata, ma se le chiedeva aiuto, e se lo chiedeva a lei in particolare invece che a Cho o Rigsby o Grace… allora era davvero grave. Del tipo, “la responsabile di Jane è a un punto dal perdere il posto di lavoro a causa del suo indisciplinato consulente”.

Le cose si stavano davvero mettendo male.  Soprattutto per lei. Prese un profondo sospiro, trattenendo a stento il desiderio di lasciare cadere la testa sul legno della scrivania, chiedendosi se, nel mondo esterno, ci fosse lavoro per una ex poliziotta quarentenne che nella vita non aveva fatto altro se non sbattere dietro le sbarre criminali e sopportare consulenti tendenti all’idiozia e incapaci di seguire qualsivoglia tipo di legge e regola morale e/o etica.

Forse Burger King o McDonald’s non si limitavano ad assumere adolescenti brufolosi come sembrava.

“Sentiamo…stavolta a chi dovrò supplicare clemenza?”  Jane a malapena represse un sorrisino di soddisfazione nell’udire il tono esasperato, ma anche arrendevole, nella voce di Lisbon. C’erano volte in cui l’uomo si stupiva di quella donna, che seppure facesse scenate ogni qual volta lui se ne usciva con qualcosa, criticandolo fino quasi all’esasperazione (di entrambi), finiva sempre con arrendersi a quelle che lei stessa definiva “folli idee”.  E che il 98% delle volte finivano per rendergli onore svelando come avesse avuto ragione fin dal principio, a dispetto di cosa lei credesse. “Jane?”

Lui alzò gli occhi verso di lei, svegliato da quella specie di stato di torpore in cui era caduto mentre rifletteva  e ricordava tante occasioni passate, la voce di lei che gli provocò un piccolo sussulto, un balzo del cuore che più volte ultimamente era accaduto e a cui Jane preferiva non pensare troppo, terrorizzato da cosa potesse effettivamente significare, per loro ma, soprattutto, nello specifico, per lui…. John il rosso poteva essere morto e sepolto, ma non era certo di essere pronto, qualsiasi cosa fosse che gli provocava quel tuffo al cuore,  e forse non lo sarebbe mai stato... e comunque, c’era il non certo piccolo particolare che Lisbon non meritava una persona come lui, un ex ciarlatano che si era trastullato nel mentire e raggirare persone che credevano in lui per raggiungere i suoi biechi fini, dimenticandosi di tutto e tutti, anche di coloro che avrebbe dovuto mettere prima di ogni altro, se stesso incluso… il suo più grande errore, il suo più grande rimpianto, ciò che ancora adesso lo rendeva uomo solo a metà, un essere spezzato, che non viveva da molto tempo per accontentarsi solamente di sopravvivere, di vedere le vita altrui senza essere protagonista della propria… e Lisbon, che tante ne aveva già passate nella sua esistenza, si meritava di meglio di una cosa del genere.

“Allora, il problema è che… Kate sta arrivando in città” le disse, sorriso sornione, tentando di sembrare il più normale e tranquillo possibile. Cosa che, era quasi certo, gli stava riuscendo alla perfezione, anche se ultimamente Lisbon lo stava davvero mettendo alla prova. Era sempre riuscito a ingannare chiunque, perfino se stesso, e lei… quella donna… era incredibile come, nel corso dei sette anni passati insieme, l’uno al fianco dell’altra, in cui tanto avevano condiviso, come semplici colleghi prima e come amici, e forse anche qualcosa di più, poi, lei avesse capito quali fossero i suoi punti deboli, i buchi nella sua corazza. Sapeva che lei era il buco più grande, la più grande delle sue debolezze?

Lisbon rimase in silenzio per alcuni interminabili secondi, il battito del suo cuore così lento da sembrare impercettibile, quasi fosse stato fermo, e tutto per un nome. Kate, aveva detto Jane, un nome di donna, un nome di donna che lei non conosceva, che mai aveva sentito prima di allora. Qualcuno che lo rendeva nervoso, che lo preoccupava…e non certo in modo negativo. “Kate?” chiese, tentando di sembrare il più naturale possibile, terrorizzata all’idea che lui capisse, che sapesse cosa immaginarlo con un’altra donna le facesse, e lei non poteva certo permetterlo. Mai sembrare debole, mai farsi veder troppo umana, troppo… donna, soprattutto da lui. Avrebbe potuto sopportare ogni umiliazione, ma non l’amore non corrisposto, non se lui lo avesse saputo, sarebbe stato troppo, troppo umiliante, troppo demoralizzante. Non sarebbe stata più in grado di lavorare con lui, di averlo al suo fianco, e se non poteva avere Jane nella sua vita come amante… allora si sarebbe accontentata di averlo come amico, ma rinunciare a lui del tutto, correre il rischio di vederlo sparire, allontanarsi da lei? Non se la sentiva ancora di correre un tale rischio, non era ancora pronta, anche se sapeva che questo stato di grazia, in cui, nonostante fosse libero dai fantasmi del passato, Jane era anche un uomo libero da legami sentimentali, non sarebbe durato per sempre. Un giorno lo avrebbe visto camminare verso il tramonto con un’altra donna, e allora, solo allora si sarebbe decisa a rinunciare, ad allontanarsi, farsi da parte. Ma non ora, non era pronta…Non era giusto che stesse già accadendo.

“Non ti ho mai detto di Kate? Strano, avrei detto che…” la squadrò, occhio interrogativo, chiedendosi se Teresa gli stesse mentendo o meno, un piccolo sorriso, luminoso, che gli graziava il volto segnato dagli anni, dalla sofferenza e baciato dal caldo sole della California, un sorriso birichino, a cui la donna rispose abbassando gli occhi, le guance imperlate da una deliziosa colorazione rossa scura. “Strano. Ero certo che ci fosse almeno nel mio file. Oh, beh, niente di grave, è un errore a cui posso facilmente rimediare. Kate è mia sorella.”

“Tu non hai una sorella…”  ridacchiò lei, con un’espressione sorridente sul viso, certa più che mai che Jane la stesse prendendo in giro. Poteva essere che lei non fosse a conoscenza di un fatto così elementare, che lui avesse scordato di dirglielo, che glielo avesse deliberatamente nascosto?

Guardò con espressione leggermente torva l’uomo davanti a lei, e rammentò che si trattava di Patrick Jane. Certo che poteva aver fatto una cosa del genere. Era il tipo di cose che lui faceva ogni giorno, svelare i segreti altrui e nascondere i propri, celandoli dietro (falsi) sorrisi e battute, giri di parole e tergiversando così a lungo da dimenticare l’argomento di partenza.

“Oh, sì, ce l’ho eccome, anche se per la legge Kate è la mia sorella illegittima. Paradossalmente, però, abbiamo gli stessi genitori, solo che lei è nata fuori dal matrimonio, mentre i miei erano sposati quando hanno avuto me, e non hanno mai sentito il bisogno di rettificare la situazione, cosa che, lasciamelo dire, le è tornata parecchio utile quando i nostri vecchi hanno divorziato. Almeno lei è riuscita a sbarazzarsi una volta per tutte del nostro paparino….”

“Tu hai una sorella maggiore…”

Maggiore e… eccessivamente autoritaria. Adoro Kata, ma… lei ha certe idee su come dovrei vivere la mia vita, idee su cui io non sono propriamente d’accordo… e così ogni sua visita finisce con me che mi rintano da qualche parte con la scusa di un caso fuori da Sacramento onde evitare futili scontri o in un futile scontro che escala in un colossale litigio con tanto di urla e, mi sembra, una volta anche dei piatti spaccati sul pavimento. Ma quello potrei anche averlo sognato..”

“Le da fastidio che tu lavori con noi? Capisco che possa essere preoccupata, che lo possa vedere come un lavoro pericoloso, però… non è un pochino esagerata? Non è che tu abbia una pistola o io ti faccia andare in prima linea contro chissà quale feccia… di solito sei tu che ti cacci da solo in certe situazioni quando io ti ho chiesto esplicitamente di starne fuori.”  Lisbon scrollò il capo, leggermente sconvolta e sì, lo doveva ammettere, disturbata, poi si voltò verso Jane, occhi spalancati, ricordando una frase che tempo prima Pete, l’amico circense di lui, le aveva detto. “E’ perché lavori con noi, perché siamo poliziotti e tu sei un Jane? E’ questo che la disturba, il fatto che hai un minimo di parvenza di onestà adesso?”

L’affermazione “minimo di parvenza di onestà” non piacque troppo all’uomo, che osservò la donna davanti a lui a denti stretti, braccia incrociate, tentando di non innervosirsi e non fare battutine che avrebbero dato fastidio alla donna, nonostante dovesse ammettere di essere stato innervosito da quelle parole. “è il fatto che io non sia sposato a darle fastidio.”

“Oh.” Disse solo lei, arrossendo e distogliendo lo sguardo, non sapendo cos’altro aggiungere.

“Sì, Kate è parecchio disturbata dal fatto che io mi ostini ancora a non frequentare nessuna donna, e perciò ha fatto sua missione presentarmi quante più single di sua conoscenza possibili, con mio sommo dispiacere. E questo ci riporta al punto di partenza: mi serve il tuo aiuto.”

“Senti Jane, se vuoi che menta per te, dica che hai un caso fuori città, ok, va bene, non sono d’accordo con i tuoi metodi, però posso farlo, se significa davvero così tanto per te. Ma se fossi nei tuoi panni…”

“No, no, no, non si tratta di questo… il fatto è che… l’altro giorno mi ha telefonato, e ha iniziato a raccontarmi per filo e per segno dell’amica di un amica di un’amica che vorrebbe presentarmi, e che sarei dovuto assolutamente andare a cena con loro una di queste volte…e… so che avrei dovuto dirle solo di smetterla di impicciassi, ma… Kate sa essere così tenera, e ha a cuore il mio bene, per quanto possa essere paradossale, e perciò… non mi venuto in mente niente di meglio di…. dirle che avevo incontrato più o meno qualcuno e che siamo follemente innamorati e stiamo…. Progettando il nostro… futuro insieme… matrimonio, figli, questo… genere di cose.”

“Jane…” disse lei, esasperata, massaggiandosi le tempie. Se c’era una cosa che sapeva, era che da quel tipo di bugie non poteva uscire nulla di buono. Per non parlare del fatto che stava rabbrividendo. Aveva un brutto presentimento. Tutto quello che Jane aveva detto…

 “Lo so, lo so, credimi, solo che…. Ci ho messo sette anni a chiuderle la bocca, ed è stato… liberatorio! Solo che lei poi ha preteso tutti i dettagli,  e così, io ho improvvisato, e potrei… le ho detto che stiamo per sposarci. Noi due.  Perciò, fingeresti di essere la mia promessa sposa per qualche giorno in nome di uno dei più duraturi rapporti di amicizia della tua vita e non dire che non è vero perché so che è così?” le disse tutto di un fiato, senza quasi respirare, occhi chiusi per evitare di vedere la sua espressione furiosa una volta che avesse capito la gravità di cosa lui aveva fatto.

Ma seguì solo il silenzio. Un lungo, interminabile, silenzio. “Lisbon?” la chiamò, nella stessa maniera in cui, poco prima, lei aveva chiamato lui. Jane aprì gli occhi, chiedendosi quale punizione Lisbon avrebbe decretato, ma non vide rabbia sul volto della donna. Solo… sembrava che fosse stata trasportata in un altro mondo, un mondo in cui le regole del suo non esistevano, un luogo dove non comprendeva poco o nulla.

“giusto per ricapitolare… dato che non vuoi che tua sorella ti organizzi appuntamenti al buio… tu le hai detto che ti stai per sposare. Con me.”

“Ehm, sì?” Lisbon si lasciò sprofondare sulla sua poltrona, espirando e inspirando profondamente, occhi chiusi, tuttavia, nel momento in cui Jane lasciò la sedia per andare vicino a lei, sedendosi sul bordo della scrivania, la donna fu pienamente consapevole della presenza dell’uomo. Sembrava potesse sentirlo, il calore di quel corpo maschile, gli ormoni che emanava, quel profumo… la pelle del viso che profumava di dopobarba marino, la fragranza di bucato appena fatto del completo grigio, la sensazione di freschezza e, in generale, di pulito che proveniva dalla sua persona. “non sarebbe chissà cosa, dovresti solo fingere per qualche giorno di essere innamorata di me. Non ti chiedo di essere sdolcinata o di trovarmi eccessivamente irresistibile…nonostante sappia che sia difficile non trovarmi irresistibile” la sua voce era bassa, una carezza vellutata sospirata a fior di pelle, e Lisbon si chiese se Jane non lo sapesse, che lei davvero lo trovava irresistibile, e che in un mondo perfetto, nel mondo delle illusioni, nei suoi sogni più segreti, talmente segreti che a lungo erano stati celati a lei stessa, lui le chiedeva di essere sua non per una recita, ma per sempre, per davvero.

Non le sarebbe mai capitata un’altra occasione del genere, e forse… forse era quello di cui aveva bisogno per scordare Jane, per poter andare avanti una volta per tutte e avere delle storie che potessero essere definite tali, e non scappatelle di una notte nella speranza che lui si svegliasse e si accorgesse della sua esistenza, decretando di non poter più vivere senza l’amore di Teresa Lisbon.

“Non ero tanto male come attrice da ragazza…” ammise lei, un sorrisetto falso mentre scrollava con finta nonchalance le spalle, occhi negli occhi con Jane, che le sorrideva trionfante come quando risolvevano un caso grazie ad una brillante sua intuizione. Decisamente, quell’uomo non si smentiva mai.

“Dovremmo fare molta attenzione, però. Kate può essere peggio di me quando si tratta di analizzare le persone, non sarà facile ingannarla…. dovremo essere molto convincenti, se vogliamo passarla liscia.” Jane fece una pausa, come se stesse riflettendo, e si volse nuovamente verso di lei. Lei rimase a bocca aperta, il viso paonazzo, ben conscia di dove quel discorso stesse andando a parare, terrorizzata ma al contempo eccitata dalla situazione che si stava venendo a creare.  Conosceva troppo bene quell’uomo. “Lisbon, a questo proposito, temo che dovrai trasferirti a casa mia per un po’ di giorni, e che dovrai abituarti a condividere con me la camera…”

Sì, era decisamente sia terrorizzata che eccitata da quella prospettiva. Eccitata perché sarebbe stata, anche se solamente per finta, la compagna di Patrick Jane, e terrorizzata perché c’era la concreta possibilità che lui scoprisse la verità su cosa lei provasse davvero per lui…. E che lei lo perdesse.

***

Alcuni giorni dopo, Jane accolse Lisbon nella sua cosiddetta “umile dimora”, in vista della farsa che avrebbero messo in scena da lì a poche ore.

L’appartamento di Patrick Jane a Sacramento aveva poco o nulla della classica casa da scapolo. Anzi, se doveva essere sincera, Lisbon era quasi del tutto certa che quella casa fosse più adatta ad una famiglia che ad un uomo solo che non sembrava avere in programma di farsi una famiglia, non più, non di nuovo, almeno: non si trattava solo del fatto delle numerose stanze (4), del giardino, dove Lisbon avrebbe visto bene un piccolo parco-giochi casalingo, né dell’ottimo e tranquillo quartiere, vicino ad alcune delle più prestigiose e migliori scuole della città. Era una sorta di vibrazione che però la donna percepiva, come se dall’oscurità in cui quell’uomo era sprofondato tanto, troppo a lungo, stesse finalmente emergendo la luce della speranza… una speranza che però Teresa non era certa di volere e poter accogliere, conscia che, avesse mai deciso di farsi un futuro, Jane non avrebbe mai scelto lei come possibile candidata.

“Kate arriverà domani, fino ad allora, sentiti libera di esplorare e di fare quello che vuoi di questo posto. So che non c’è molto tempo, ma non sarebbe un problema se tu volessi dare il tuo tocco personale qua e là.” Le disse, raggiante ma, allo stesso tempo, titubante, mentre, una volta aperta la porta, la accompagnava in cucina, le valigie lasciate nell’ingresso e temporaneamente dimenticate.

Lisbon si fermò sulla soglia della cucina, appoggiata allo stipite, e osservò l’uomo che da tanto tempo conosceva lavorare tra i fornelli con la classica maestria che mostrava in tutti i campi, quasi fosse stato davvero un mago. La vista della naturalezza con cui lui si destreggiava, il suo brio, le tolsero il fiato,  lacrime invasero i suoi occhi  e  a malapena Teresa soffocò un grido di sofferenza, conscia ancora una volta che quella vista, unica e rara, non si sarebbe più ripetuta, e se mai fosse avvenuto, non sarebbe stato per lei.

“Cosa hai detto a Kate di noi due?” gli chiese dopo un attimo, occhi fissi sul pavimento, Jane che ancora le dava le spalle, quasi la sua preghiera di non essere scoperta fosse stata udita.

“Il tuo nome, che ci siamo conosciuti quando sono entrato a lavorare al CBI ma che ho aspettato che John fosse morto per poter fare la prima mossa, terrorizzato all’idea di perderti e certo di non essere abbastanza degno di te.” Le rispose lui, a voce bassa, un tono di voce strano, che Teresa non riuscì a comprendere. Alla fine, lui emise un risolino di soddisfazione, ma che sembrava voler celare qualcosa. “ho pensato che  sarebbe stato più facile se mi fossi attenuto il più possibile alla verità”

La verità, pensò lei. La verità era che loro due non erano una coppia, e se Jane avesse mai avuto qualcosa da dire al riguardo, era certa che non lo sarebbero mai stati. Perché lui era Patrick Jane, e lei… lei era solo Teresa Lisbon, agente che lui aveva usato e ancora usava. “Tutto qui?” gli chiese, una smorfia di delusione che le metteva in evidenza il volto, e Jane sorrise, perché non aveva bisogno di vederla per immaginarla, per sapere. “Se Tommy mi dicesse che si sta per sapere, in qualità di sorella maggiore impicciona gli farei come minimo il terzo grado!”

“In effetti mi ha chiesto come sei” sorrise, il suo volto illuminato, e lei lo raggiunse, intingendo un dito nella salsa che lui stava cucinando e leccandolo poi, un brivido percorse il corpo di Jane, che si fissò a guardarla, battito accelerato e pensieri tutt’altro amichevoli che invadevano la sua mente, concernenti per lo più quel letto nuovo di zecca che poco o nulla aveva usato, e sempre da solo. “le ho detto che sei gentile e divertente, devota al tuo lavoro e adori la tua famiglia.”

I loro occhi si posarono nello stesso istante sul tavolo, le loro dita si sfiorarono nel momento in cui entrambi tentarono di afferrare una posata, poi, con voce bassa, Jane riprese a parlare, le sue dita strette intorno a quelle di lei, che gli sorrideva con il volto velato di tristezza, conscia che quello non lo avrebbe mia avuto, non per davvero, almeno. “le ho detto che avrebbe capito perché ho deciso di risposarmi non appena ti avrebbe visto.” Le disse, poi, quasi si fosse accorto dell’intimità tra loro e ne fosse stato spaventato, riprese la sua mano, e iniziò a scherzare, ma non troppo. “Saremo fortunati se Kate non insisterà per farci sposare mentre lei è qui…”

“Già, e noi non lo vogliamo…” Teresa riuscì a rispondere con un debole sorriso, mentre si sedeva a tavola, davanti a lui, e iniziava a giocherellare col cibo senza alcun interesse o voglia di mangiare davvero.

“No, non lo vogliamo assolutamente” la risposta di Jane era piatta, e non vi era traccia di sorriso o di scherzo alcuno, poi, senza dire nulla, si alzò dal tavolo, lasciandola sola a guardare nel vuoto, a chiedersi cosa stesse accadendo, cosa lei potesse aver fatto. Forse che era troppo per lui? Il ricordo di essere stato marito era per lui ora contaminato da quella farsa, dall’idea di scambiare l’amata moglie con lei, semplice e banale com’era, ben differente da Angela, lei che nel loro mondo era considerata alla strenua di alta nobiltà?

“Jane?” chiese lei, dopo un attimo, una piccola nota di panico nella sua voce. Sapeva che non avrebbe dovuto pensarlo, dovuto immaginare una cosa del genere, ma non poteva permettere che tutto finisse, non ancora. Voleva avere Jane per sé, anche se per poco, anche se per finta, e forse, chissà, quell’esperienza le sarebbe servita a farsi passare quel colossale innamoramento non corrisposto, venendo a contatto con il vero Jane…

“Dammi la mano” si voltò verso di lui, e lo vide entrare dalla porta della cucina, andare verso di lei e sedersi al suo fianco. Posando una scatolina rossa e oro sul tavolo, una scatola che Teresa capì subito cosa contenesse, e anche se non lo avesse fatto, lo avrebbe capito nell’attimo in cui lui prese la mano sinistra della donna nella sua.

“Non… non ce n’era bisogno…” balbettò lei mentre lui le faceva scivolare lentamente l’anello al dito, il viso macchiato di rosa.

“Kate avrebbe mangiato la foglia se non ti avessi dato un anello appropriato.” Lui la guardò, ma lei non se ne accorse. Era troppo presa dalla vista dell’anello al suo dito, la mano di Jane ancora intorno alla sua, calda e avvolgente e protettiva. “Spero non ti spiaccia se non ho preso i diamanti, ma so che non ti si addicono. Sono troppo freddi… e tu non sei…fredda. Ti piace?” Teresa si morse un labbro mentre guardava l’anello, lacrime che minacciavano di emergere vittoriose, non sapeva se per l’anello in sé, antico, con smeraldi e perle, semplice e di classe, o se per il tono della voce dell’uomo davanti a lei, ansioso quasi la sua fosse stata davvero una proposta di matrimonio.

“E’ bellissimo” disse lei, e i loro occhi si incontrarono, il verde delle iridi di Teresa identico agli smeraldi dell’anello e altrettanto luminoso e brillante. Jane ingioiò a vuoto, incapace di distogliere gli occhi dalla visione che aveva davanti, un sogno che, in un certo senso, diveniva realtà, anche se solo per finta, e la tentazione di avvicinarsi ancora di più, poggiare le sue labbra su quelle di lei, assaggiarla ed assaporarla quasi l’ebbe vinta sull’innata razionalità dell’uomo. “lo adoro ed è… perfetto.”   

Se questa fosse una vera proposta, lui mi bacerebbe ora, pensò lei, azzardandosi ad alzare gli occhi e a guardarlo.

Jane tremò quando lei compì quella semplice seppur significativa azione, e distolse lo sguardo, alzandosi subito dal tavolo e incamminandosi verso la sua stanza, terrorizzato all’idea di come quasi aveva ceduto a quella tentazione, non poteva farlo. Teresa meritava di meglio, e poi… non sarebbe stato giusto per nessuno dei due, rendere le cose più imbarazzanti di com’erano. Teresa era stata così gentile da accettare di fargli quel favore, non poteva certo sedurla così, rischiando che lei credesse che fosse solo un gioco, un mezzo... né tantomeno lui sarebbe sopravvissuto se lei lo avesse usato come un intermezzo tra una storia e l’altra, mentre attendeva l’arrivo del grande amore- un amore che di certo mai e poi mai sarebbe stato lui. Né sarebbe sopravvissuto al rigetto…o, se peggio ancora, l’avesse persa per sempre.

“Sai, pensavo che dovremmo dormire insieme mentre tu e Kate siete qui… mia sorella mi conosce e sa che non sono esattamente all’antica, e non crederebbe mai che tu ed io viviamo insieme, alla vigilia delle nozze, ma che non condividiamo nemmeno la stessa stanza….” Jane si fermò e si voltò verso di lei, guance rosse e pensieri molto impuri che le riempivano la testa, e non per la prima volta la donna pregò che davvero lui non sapesse leggere la mente. “intendo dire… dormire, nel senso di dormire, per quanto entrambi possiamo dormire, con me che soffro di insonnia e tu che magari hai difficoltà a prendere sonno in un letto nuovo. Cioè… dividere una stanza. Platonicamente, intendevo dire.”

E cos’altro potrebbe volere lui da me? Si chiese, delusa, Teresa, sospirando, mentre lo seguiva nella camera da letto, i piatti sistemati velocemente in lavastoviglie, un peso sulle spalle che la faceva sentire stanca come non era da mesi a quella parte, quasi tentata di urlargli che desiderava che lui la facesse sua, la segnasse, marcasse, passasse ore e ore a fare l’amore con lei, fino a che non fossero stati entrambi sfiniti e ebbri di piacere e beatitudine.

“Se vuoi, posso prendere un cuscino e dormire sul pavimento…” le disse, voce bassa, triste, mentre prendeva dall’armadio uno dei pigiami che era solito mettersi e lei gettava sul letto la valigia, pronta a disfarla, rimpiangendo di non aver messo dentro nessun capo sexy-non che le sarebbe servito, considerato che lui non era interessato e che l’aveva vista più e più volte con le varie casacche sportive dono dei suoi fratelli con cui lei dormiva da anni.

“Oh, non dire idiozie, Jane! Se tua sorella ti assomiglia come dici, allora credo non si farà problemi e piombarti in camera senza bussare, anche solo per il gusto di vedere se davvero dormiamo insieme!” gli urlò dietro mentre andava nel piccolo bagno interno per cambiarsi, per riemergere nel giro di pochi istanti cambiata di tutto punto, gli occhi fissi su Jane, seduto sul bordo del letto a disagio. “Questo letto è enorme, e dubito fortemente che tu tenterai di palparmi nel sonno!”  rise, falsa, mentre lo guardava, sdraiarsi sotto le coperte con indosso il pigiama azzurro con i bottoni, il lato del letto opposto a quello che di solito lei usava per dormire, in una maniera tipica di Jane, che tutto sapeva e tutto capiva-forse anche i sentimenti del suo capo, se il fato davvero la odiava.

“Buonanotte, allora” le disse lui mentre spegneva la luce, perplesso e a disagio, il letto che scricchiolava mentre lei fingeva di mettersi comoda al suo fianco.

“Buonanotte anche a te” sospirò, chiudendo gli occhi, tentando di dimenticare che l’uomo che amava era a soli pochi centimetri da lei, sdraiato in un letto avvolto dalle tenebre… lo stesso letto in cui lei avrebbe tentato, quasi certamente inutilmente, di dormire.

***

Lisbon non sapeva che ora fosse quando si svegliò, sapeva solo che sia lei che Jane si erano mossi nel sonno, orbitando l’uno in direzione dell’altro. Lei era distesa su un fianco, la schiena contro il petto di lui, un braccio dell’uomo intorno alla sua vita, il respiro caldo e regolare di Jane sui lunghi capelli scuri, una sensazione che risvegliò desideri che a lungo aveva represso e negato, desideri e… bisogni.

Senza sapere esattamente il perché lo stesse facendo, lentamente, si voltò nell’abbraccio dell’uomo, e non seppe cosa provare quando si rese conto che lui non si stava svegliando. Gioia, perché sapeva che troppo a lungo l’uomo era stato perseguitato dall’insonnia e dagli incubi, e tristezza mista a delusione, perché lui non reagiva alla sua presenza in alcun modo, e non certo come lei reagiva a lui.

Anzi, stava reagendo in un certo qual modo- si era infatti girato, ricadendo con un pesante tonfo con la schiena sul materasso, quasi avesse voluto inconsciamente allontanarsi da lei, sciogliere quell’abbraccio, un gemito soffuso che aveva lasciato le sue labbra, quasi stesse sognando.

Le sue labbra. Teresa non riusciva a fare a meno di osservarle nella penombra della stanza, un pensiero fisso che non voleva lasciarla, la attanagliava. Baciarlo. Una volta, una sola, per sapere cosa si provava. Doveva saperlo, anche se era consapevole di quanto fosse stupido e pericoloso.. .Si accoccolò contro di lui, mani sul petto caldo e labbra contro la gola dell’uomo, occhi chiusi per godere appieno del momento, dell’esperienza di respirare quell’essenza unica che era Patrick Jane.

Le sue labbra si posarono sulla mascella di Jane, lasciando una scia di piccoli e leggeri baci, mentre le sue mani scivolavano sotto alla giacca del pigiama per toccare i muscoli ancora ben definiti dell’uomo. Sapeva che non era giusto, che era pericoloso, che avrebbe sofferto, ma non poteva farne a meno, era troppo tardi, ormai aveva iniziato a giocare col fuoco e non poteva tirarsi indietro, per quanto sapesse di correre il concreto rischio di bruciarsi, ma lui era… troppo, era la sua droga preferita, e lei ormai era dipendete dalle scosse che toccarlo le provocava. Le sue labbra scesero sulla gola, baci che divennero morsi di piacere e di lussuria, le mani iniziarono a slacciare i bottoni della camicia, sempre più avide, e il respiro di Jane appariva soffocato, spezzato…bloccato.

Aprì gli occhi, spalancati con terrore, per scoprire che sotto di lei, Jane era sveglio, ma invece di allontanarla, lui la strinse ancora di più a sé, poi, la mani sinistra si insinuò sotto a quella maglietta che a lungo lo aveva perseguitato nelle sue rare incursioni nel mondo dei sogni, esplorando la pelle e la carne calda e arrendevole di Teresa, facendola bruciare con un solo tocco, mentre la destra si impossessò del capo della donna, afferrando i capelli scuri e guidandola verso il proprio viso; si guardarono senza fiato per un attimo, poi le loro bocche si toccarono,  sfiorandosi ancora e ancora e ancora, le labbra di Jane calde e persuasive sulle sue, eccitazione che saliva sempre di più mentre si baciavano avidi, quasi avessero voluto recuperare il tempo perduto, quasi temessero di perdere altro tempo e non lo volessero assolutamente.

Teresa trattenne il fiato mentre lui le sfilava la maglietta, ma decise di non pensarci, non ora. lo avrebbe fatto poi, una volta che tutto fosse finto. Ora lo voleva, e voleva che lui la facesse sua. Voleva che divenissero una cosa sola, anche solo una volta. Così, lo spogliò, e quando lui continuò a baciarla mentre la toccava e la faceva sua, si perse nella sensazione, nel piacere inarrestabile che quel ritmo tranquillo ma regolare di Jane che si muoveva in lei presto le avrebbe portato…

Lui soffocò il grido primordiale che la scarica dell’orgasmo gli aveva provocato mordicchiandole la pelle delle spalle, affondando il viso tra i seni di lei, molto più disposta a vocalizzare quel piacere che troppo  a lungo aveva desiderato, pregustato, sognato, e mentre gli effetti della passione non erano ancora scemati, Jane, nudo, si staccò da lei con uno scatto,  e andò a sedersi sul bordo del letto, lontano da lei. Lei, che lo raggiunse comunque.

“Jane….” Gli disse, toccandogli a malapena la spalla, le sue dita che sfioravano la pelle calda a sudata, carica di feromoni, paura del disgusto, sofferenza per il rigetto e felicità, ma anche un leggero velo di vergogna, per cosa era appena avvenuto presenti in egual misura in lei. “Scusa. Io…. Mi sono…. Fatta trasportare.”

“vale per entrambi” replicò lui, tentato di scrollare le spalle con falsa nonchalance ma incapace di farlo. “scusa,  non volevo che accadesse, io… mi spiace. Non avrei dovuto.”

“Davvero ti spiace?” gli chiese, delusa, il sentimento chiaro nella sua voce, occhi fissi sulla pelle impregnata di sudore dell’uomo.

“No” le rispose lui con sincerità, le sue labbra graziate da un vero sorriso e uno sguardo malandrino e malizioso.  “ma  è stato molto irresponsabile da parte mia. Non mi sono nemmeno preoccupato di…” imprecò a bassa voce. “potrei averti messa incinta!”

“Beh, almeno su questo puoi stare tranquillo, prendo la pillola” gli rispose sorridendo, appagata come non lo era da molto tempo a quella parte, sollevata dal modo in cui lui stava reagendo a cosa era appena successo tra di loro, ma allo stesso tempo dibattuta. Come poteva rinunciare a una sensazione del genere? Non poteva, non ancora. Tempo di andare all’attacco, prima che lui se uscisse con qualcosa del tipo che non sarebbe mai più accaduto. “Sai, non credo che abbiamo fatto del male a nessuno. E poi… siamo entrambi adulti, e non c’è niente di male in quello che abbiamo fatto… perciò, dato che dobbiamo dividere un letto…” disse, mentre gli mordeva il collo e lasciava che le sue mani esplorassero il corpo di Jane, i suoi occhi chiusi per godere appieno della sensazione delle mani di Teresa sulla sua calda pelle lievemente abbronzata. “direi che dovremmo approfittarne… almeno finché Kate è qui…”

“Sì… e poi….non è necessario che…. Siamo adulti e possiamo gestire la cosa…in modo adulto responsabile come i due adulti responsabili che siamo” ansimò lui, conscio di come la realtà fosse lontana da quello che aveva appena affermato.

“Mi spiace solo di averti svegliato..” disse lei, falsamente, mentre le sue labbra attaccavano il petto del suo nuovo amante.

“Davvero?” Jane spalancò gli occhi, e con una mossa rapida e inattesa invertì le loro posizione, facendola finire sulla schiena e gettandosi sopra di lei, il suo intero corpo occupato ad attaccarla nelle previsione del dolce attimo di piacere che possederla nuovamente gli avrebbe procurato, avrebbe procurato ad entrambi.

“no” ammise lei, sorridendo con altrettanta malizia, mentre le sue labbra attaccavano di nuovo quelle di Jane.

***

Teresa si svegliò molte, molte ore dopo al suono della sveglia, sul comodino un biglietto di Jane che le diceva che era andato a prendere la sorella all’aeroporto, nessun riferimento alla notte bollente che avevano condiviso- un particolare che a malapena lei notò, andando nel panico appena constatato quanto tardi fosse. La donna spalancò gli occhi di colpo, pupille dilatate per il panico e non per il desiderio stavolta, e corse in bagno senza nemmeno rimettersi la maglietta, decisa a mettere a posto una volta sistemata lei stessa-ed il resto della casa, a cui doveva dare ancora un paio di tocchi qua e là, nella speranza che Kate credesse che lei, in quella casa, davvero ci viveva; sapeva che non avrebbe avuto dubbi  sui sentimenti che nutriva per Jane, sentimenti che, rifletté mentre indossava la camicetta verde smeraldo che sapeva lui adorava, erano sbocciati molto tempo prima, per fiorire lentamente, nel corso degli anni, a mano a mano che il vero Patrick Jane si mostrava a lei nella sua interezza. Quello, ecco, quello le aveva sempre dato speranza, il fatto che con lei fosse sempre stato aperto e onesto, con lei  e lei sola, con nessun altro. Le aveva fatto sperare che le cosse fossero diverse, che il mentalista nutrisse ben altri sentimenti per lei… ma prima di allora lui non aveva dato prova alcuna di amarla. L’aveva fatta sua la notte precedente, e aveva detto di non aver rimpianti al riguardo, ma non necessitava di essere chissà quale genio per sapere che differenza abissale ci fosse tra il sesso e l’amore.

Lei aveva fatto l’amore con Jane? Assolutamente sì. E lui? Non ne era certa, e francamente, per quanto le fosse sembrato giusto, per quanto una parte di lei lo pensasse ancora, doveva ammettere di temere le ripercussioni delle loro azioni. Cosa sarebbe accaduto da lì a una settimana, una volta che Kate se ne fosse andata? 

Si stava ancora sistemando i capelli ribelli nello specchio dell’ingresso quando sentì la chiave scattare all’interno della serratura, e corse ad attenerli, tentando di apparire il più naturale possibile, conscia che se davvero Kate era come il fratello non le sarebbe sfuggito il particolare che avessero passato ore e ore sotto le lenzuola a darsi piacere reciproco. Arrossiva ancora al riguardo. Probabilmente aveva perfino quello sguardo, quello che nei romanzetti rosa che leggeva ma che negava di possedere le fanciulle avevano dopo una notte d’amore, quell’aria un po’ svampita, sognate, ma decisamente sexy a detta dei protagonisti maschili.

Non appena la porta si aprì, Teresa non ebbe nemmeno il tempo di dire una parola che fu travolta da un tornado biondo: Kate, la copia femminile del fratello, leggermente più vecchia, una somiglianza sconvolgente con la Samantha di Sex & the city, le gettò le braccia al collo, stringendola nell’abbraccio più caloroso che avesse ricevuto da molto tempo a quella parte, lacrime che scendevano copiose macchiando la blusa della poliziotta. “Oh, Teresa, sono così felice di conoscerti, non sai quanto sia felice che Rick abbia trovato qualcuno!” piagnucolò, per poi metter le mani sulle spalle di Teresa e allontanarla come per squadrarla, prima di voltarsi con aria interrogativa e un po’ indispettita verso il fratellino. “Rick, perché non mi avevi detto che è così carina?” Sentendo quell’affermazione, un pezzetto del cuore di Teresa si frantumò. Lui non aveva detto alla sorella che eli fosse carina… perché? Perché non la considerava carina? O semplicemente, aveva detto il minimo indispensabile e quella era semplicemente un’altra delle affermazione che lui aveva tenuto per sé?

Jane sorrise sornione. “Lei non è carina. Carina non è un aggettivo che le si addice” disse, raggiungendo Teresa e baciandola, veloce ma deciso e con una certa passione, come per segnarla. Teresa non reagì bene, lo guardò delusa, parecchio di brutto, ormai certa di quali fossero stati i motivi di Jane per tenere nascosta quell’informazione. Certo, sapeva di non essere una gran bellezza, ed era conscia che la moglie di Jane era stata l’equivalente della principessa delle favole, ma essere trattata così, davanti a quella che sarebbe dovuta essere, seppure per finzione, la sua futura cognata, non era per nulla gratificante. A volte, detestava la disarmante onestà di quell’uomo. “Lei è la donna più bella su cui abbia messo gli occhi, e non te l’ho detto perché volevo che te ne rendessi conto da sola” sospirò, occhi persi in quelli di Teresa, inconsciamente avvicinandosi al volto della donna per poggiare di nuovo le sue labbra su quelle di lei. Teresa rabbrividì, confusa, sconvolta da quanto onesto e sincero e vero fosse sembrato Jane nel dire quelle parole.

Kate rise. “Tipico di Rick. Dice una mezza cattiveria, poi rimedia dicendo una cosa tremendamente giusta, aggiudicandosi l’ultima parola e rendendosi tremendamente adorabile…” la donna rise di nuovo, e si guardò intorno, rapita e sognante, gli occhi fermi su una foto nell’ingresso, il fratello in smoking e Teresa in abito da sera scuro, un braccio di lui intorno alla vita di lei, occhi negli occhi e sorridenti, quasi cospiratori, isolati dal resto del mondo, calici di champagne in mano quasi a brindare a quella magia tutta loro. La stessa Teresa sobbalzò alla vista di quella foto, lei stessa ne aveva una copia, non certo in bella mostra, ma tra le pagine del suo libro preferito, mentre Jane… l’aveva conservata per tutti quegli anni. E lei non ne era mai stata a conoscenza.  Tutto questo… la confondeva. Iniziava a credere che forse le sue speranza non erano così mal riposte, forse davvero erano fatti per stare assieme, forse l’amava come lei amava lui… “Teresa, grazie. Non hai idea dei progressi che hai fatto fare a mio fratello. Finalmente ha smesso di vivere spostandosi di motel in motel!”

Teresa arrossì, occhi bassi. “beh, ricordaglielo quando il mio disordine patologico inizierà a farsi sentire seriamente!”

“A casa sua c’erano ancora degli scatoloni imballati nel bel mezzo del salotto. Dopo 4 anni che viveva lì.” Scherzò lui, un braccio introno alla vita di Teresa, rammentando la volta in cui era stato da lei per salvarla, scoprire cosa fosse accaduto durante delle ore che la sua memoria aveva cancellato.

“Mi fai fare un giro?” le chiese quella che, in un mondo perfetto sarebbe dovuta essere sua cognata, prendendola sotto braccio e camminando in direzione delle scale. Teresa ringraziò il giro fatto precedentemente con Jane e rifatto da sola, ed il fatto che non fosse un maniero alla Mashburn; difatti, le ci volle solo un attimo per arrivare davanti alla stanza che era stata assegnata all’altra donna, dove entrò assaporando l’atmosfera, la biancheria fresca, le saponette profumate alla lavanda, i cioccolatini e il vino californiano che Teresa aveva messo lì per lei. “ho la netta impressione che questo tocco sia tuo. Grazie, ma non dovevi viziarmi così tanto. Per quanto io debba ammettere di adorare quando mi viziano!”

Teresa scrollò le spalle, arrossendo lievemente. “ho viziato tre fratelli più piccoli, viziare altre persone di tanto in tanto mi piace, non è un peso, anzi.”

Kate si sedette sul letto, e iniziò a guardarsi alternativamente le mani e a volte Teresa, gli occhi colmi di lacrime che da anni attendevano di essere versate per questa speciale occasione. “Sai, era da tanto che non vedevo Rick così felice… amava così tanto Charlotte e Angela… ed è tutto merito tuo. Dopo la loro morte…si è chiuso dietro un muro, rifiutandosi di fare entrare chiunque, ma tu… tu hai abbattuto quel muro. Non lo vedevo così felice da anni, così sereno, rilassato… ed è tutto merito tuo. Ti ama così tanto…. Ti supplico, Teresa, non spezzargli il cuore, lo uccideresti.”   Il respiro le morì in gola, colta dall’ironia della situazione, sconvolta quanto poco Kate in realtà assomigliasse al fratello- non aveva bisogno di chiedere a Jane se lui la amasse o meno, perché sapeva che la risposta era no. Quello che c’era tra loro era solo una parentesi, breve, destinata a finire spezzandole il cuore. Ma non poteva fare altrimenti. Jane era la sua droga, e non voleva morire senza aver saputo come fosse essere sua, appartenergli.

Anche se solo per finzione: nella settimana seguente, il giorno appartenne al lavoro, le serate a Kate e le notti a loro e loro soli, notti in cui, a dispetto della situazione, e della presunta mancanza di sentimenti, entrambi finivano per cedere alle lusinghe della carne e dei sentimenti, perdendosi nel buio l’uno nell’altra senza mai essere sazi abbastanza. Questo, tuttavia, non era il lato peggiore, non per Teresa. Una cosa era amare Jane per il fatto che fosse un amante notevole e disponibile, un altro amarlo perché era semplicemente sé stesso, perdersi nel vederlo fare le piccole cose, come guidare la sua “vecchia carretta” o mentre leggeva il giornale o parlava con Kate, sentirsi il cuore schiacciato dalle emozioni che la consumavano come fuoco. Un fuoco che i discorsi di Kate, gli stessi ogni giorno, altro non facevano che alimentare, insieme ai sogni e, sì, lo sapeva, alle illusioni.

“Non capisco perché non fare progetti, parchè non potete decidere una data?” sbottava spesso lei mentre cucinavano tutti assieme alla sera.

“Perché non c’è fretta… ormai il matrimonio non è più un passo obbligato per poter vivere insieme o farsi una famiglia.”

“Sì, ma normalmente, organizzare un matrimonio richiede tempo. E la tua famiglia e quella di Teresa avranno bisogno di prendere delle ferie per poter venire…”

“Veramente, i miei fratelli non sanno ancora di questa… evoluzione nei miei rapporti con Patrick” rispose Teresa, arricciando un po’ il naso, conscia di dover inventarsi qualcosa, perché forse Kate non aveva le doti deduttive di “Rick”, ma sapeva ficcare il naso dove non le competeva molto bene. “volevo dirglielo di persona. Soprattutto a Tommy, lui è così protettivo verso di me, nemmeno fossi stata davvero la mamma…”

“Ok, va bene, ma tu sei un’adulta, e se Rick non si da una mossa, potresti cambiare idea, e io non voglio!  Davvero volete che le cose restino così, davvero volete rischiare di lasciarvi?”

“Sorellina, quale parte di stiamo bene così non hai capito?” la prese in giro lui, dandole una gomitata leggera nel fianco mentre sbucciavano verdure. “davvero, smettila Kate. Diventi insopportabile quando inizi a manovrare le esistenze altrui.”

“Andiamo, Rick, non vuoi rischiare di perderla, vero?”

“No” ammise lui, voce bassa, voltandosi verso Lisbon. “non voglio”

Gli occhi di Teresa si riempirono di lacrime, e si voltò verso Jane, abbracciandolo da dietro, dolci baci sul collo ricoperto di morbidi e profumati ricci biondi. “e io non vado da nessuna parte. Amo questo posto, e, incredibile ma vero, amo anche te.”  Lo strinse, piangendo di nascosto, o perlomeno provandoci. Sperò che Kate potesse credere che quelle fossero lacrime di gioia, quando invece, piangeva solo perché sapeva che nulla di quello che aveva detto era vero.

In tutta risposta, Jane si voltò verso di lei, e lasciò ancora una vota che le sue labbra ricadessero su quelle di Lisbon, in un dolce e lento movimento che era ormai divenuto rutine per loro. Kate batté le mani una volta, lacrime di gioia, quasi squittendo per la commozione. “a questo  punto non posso che esser certa che voi due siate davvero pazzi l’uno per l’altra…insomma, vi deciderete una buona volta a decidere quando sarà il matrimonio?”

“Presto” mormorò lui, a fior di labbra, senza mai staccare gli occhi da quelli di Teresa, terrorizzato dall’idea di cosa avrebbe fatto una volta finita la messinscena, una volta che lei non fosse più stata sua anima e corpo, senza sapere che nella mente di lei scorrevano gli stessi identici pensieri.

***

Kate andò via, come il turbine che era stato, lasciando una scia di devastazione e disordine alle sue spalle, in pieno stile Jane, spezzando ancora di più il cuore di Teresa, che sapeva sarebbe stata “lasciata” da lì a momenti da Jane, una volta esaurito il suo compito di attrice provetta; l’unica raccomandazione che la bionda fece prima di mollare gli ormeggi fu quella di fissare una data e non permettere a Jane di lasciarsi sfuggire quel tesoro di donna che lei era. Come fosse stato possibile.

Teresa si fermò ancora un giorno, più per prendere le sue cose e raccattarle dall’appartamento di lui che per altri motivi, motivi che di certo Jane non avrebbe mai e poi mai condiviso a detta di lei, ma anche perché l’immacolato mentalista aveva a cuore l’ordine di casa, se non altro, e lei voleva rimettere le cose come le aveva trovate.  Colossale errore.

Stava mettendo a posto il comodino di Jane quando notò delle monetine sparse, e non sapendo dove metterle, decise di aprire il cassetto per ritirarle lì; l’interno era immacolato come l’esterno, immacolato e spoglio, se non per una cosa… una cornice capovolta, una cornice che Teresa sapeva cosa potesse contenere senza neppure voltarla.

Tuttavia, lo fece, e scoprì di aver avuto ragione: Jane, accanto al letto, teneva una foto della defunta moglie, la bella, angelica, femminile ed aggraziata Angela, nulla a che spartire con lei… si sentì morire all’idea di come lui amasse dopo tanti anni ancora quella donna, di come fosse stato certamente sconvolto e turbato dall’idea di dover dividere il suo letto con un'altra-probabilmente per questo aveva nascosto e capovolto la foto, quasi sua moglie potesse essere ferita da un simile gesto, un simile oltraggio, quasi lui la stesse tradendo.

Mordendosi le labbra per soffocare i gemiti del pianto, Teresa ripose la cornice dove l’aveva trovata, non prima di aver però notato un altro oggetto, piccolo, comune, che lei aveva imparato a conoscere molto bene nel corso degli anni… la fede nuziale di Jane; prese in mano il piccolo manufatto, terrorizzata, quasi potesse esserne scottata, e notò per la prima volta un’incisione sull’interno, Con amore, per sempre tuo.

Gettò cornice e fede nel cassetto, richiudendolo sbattendolo con forza, incapace di proseguire oltre nella menzogna, di soffocare le lacrime. Avrebbe dovuto affrontare prima la realtà, e ora la realtà aveva deciso di affrontare lei, sbattendole i sentimenti inesistenti di Jane in faccia…  Jane non l’avrebbe mai amata come ancora amava Angela, non avrebbe mai amato nessuna come lei, e lo doveva accettare, una volta per tutte, vederlo come un dato di fatto. Anche perché, lo sapeva, Jane manteneva sempre le sue promesse, specie quelle fatte a quella bellissima donna. Le aveva giurato di uccidere John il Rosso e lo aveva fatto. Ora… ora avrebbe mantenuto la promessa di non lasciarla mai, di esser per sempre suo, di amarla per sempre.

Schiacciata dal dolore di quella consapevolezza, che mai e poi mai lui l’avrebbe amata, Teresa tolse di casa ogni cosa che fosse sua, cancellando ogni traccia del suo passaggio, in modo che potessero tornare anche solo a una porzione delle loro precedente normalità, decisa a tentare di andare avanti, di dimenticarlo, farsi una vita con qualcuno che non fosse lui, e fece i bagagli prima che lui potesse tornare, desiderosa come mai prima di allora di evitarlo, almeno per un po’. Sarebbero stati bene, si ripeté lei, avevano solo bisogno di tempo, soprattutto lei, ma prima o poi le ferite sarebbero passate.

Per la prima volta superò tuti i limiti di velocità per un qualcosa che non fosse un caso, occhi bruciati dalle lacrime, rossi, inconsapevole del dolore che lui avrebbe provato una volta tornato a casa.

***

Teresa era accasciata sul suo divano a mangiare gelato quella sera, masochistamente avvolta in una comoda maglietta, la stessa che aveva indossato la prima notte in cui lei e Jane erano finti a letto insieme in un groviglio di arti e labbra e gemiti di piacere e coperte, occupata a piangersi addosso, conscia che, per quanto avesse pianto fino ad allora, mai e poi mai le sue lacrime sarebbero finite. Stava tropo male, era stata troppo stupida, troppo ingenua, troppo cocciuta.

“Teresa, apri, lo so che sei qui!” sentì la voce di Jane urlare dietro alla porta, i pungi decisi contro il legno, entrambi rumori molesti che la sua vicina avrebbe denunciato con enorme piacere. Sentiva le lacrime, il dolore, la rabbia nella voce di lui. Possibile che…. “Teresa, ti prego!”

Lo fece, Teresa non sapeva perché, ma lo fece, gli aprì la porta, e lo vide, lì, davanti a lei, distrutto. Rare volte lo aveva visto così. “hai portato via le ,tue cose…” le disse, non un’accusa, la voce spezzata dalle lacrime, dal dolore, singhiozzi che gli si bloccavano nella gola.

“credevo che sarebbe stato più facile.. e poi…” strinse i denti, occhi chiusi, anche lei vittima di lacrime traditrici. “avevamo detto che saremmo stati insieme fino a che Kate fosse stata qui. Ora possiamo…puoi dirle che il matrimonio è saltato, che mi sono tirata indietro. Sono certa che capirà.” Le lacrime le scendevano copiose, silenti. Mai e poi mai avrebbe potuto celarle, nemmeno se la pioggia fosse scesa, unendosi a loro.

Il dolore, il rimpianto erano chiari, e non era necessario essere un mentalista perché lui lo vedesse. Lui lo sapeva. Forse, rifletté, perché lui stesso provava quelle emozioni… fu quasi paradossale, ma leggere ciò che vedeva in Teresa, quel dolore, la consapevolezza di non essere amata da lui, gli diede un certo senso di gioia, di conforto, di speranza… perché se soffriva a causa sua, allora, allora forse…. Forse lo amava come lui amava lei, forse si era sbagliato, aveva ingannato sé stesso per tanti, troppi anni, celandosi dietro alla maschera del dolore, della vendetta.

“Sarà difficile dire a Kate che non ci sarà nessun matrimonio. Non mi perdonerà mai, sai? Però, chissà…” gettò lui, sullo scherzo, mani in tasca, appoggiato allo stipite, occhi incollati al pavimento. “so che è stato poco più di una settimana, ma siamo andati d’accordo, e…. sarei felice se tu volessi tornare. Cosa ne pensi?”

Lo guardò, confusa, non certa di aver capito. “io… cosa… non capisco, dove vuoi arrivare?”

“Sto…parlando di una moglie, Lisbon” si grattò il capo, e sollevò gli occhi, trovando quelli di lei, che da incredula era divenuta sgomenta. “so che non è un granché come proposta, ma ti sto chiedendo di sposarmi. In questo modo risolverei anche i miei problemi con Kate, e non avrei da dirle nulla… se non lo avessi capito, sono leggermente terrorizzato da mia sorella….”

“Oh, beh, certo, sposarsi per far contenta tua sorella, ottima ragione!” sbottò, quasi tentata di sbattergli la porta in faccia. Cosa che avrebbe fatto, se lui non avesse messo il piedi in mezzo, fermandola, ed evitando di essere chiuso fuori, forse per sempre, non solo dalla casa ma dalla vita di quella donna che lo aveva salvato senza nemmeno rendersene conto. “E cosa mi dici di Angela, eh? Cosa credi che penserebbe, sapendo che non ti vuoi sposare per amore, ma per convenienza?” Teresa non poteva nemmeno più celare i singhiozzi anche se ora a quelli di dolore si erano uniti quelli di rabbia, rabbia perché Jane la voleva, ma non amore, giusto un contentino, e nemmeno per lei, lei, che tanto glia aveva dato in tanti anni…

“Ok, punto primo” iniziò a puntualizzare lui, occhi negli occhi con Teresa, a pochi millimetri dal suo viso, uno scatto felino così rapido nell’avvicinarla che lei a malapena se ne era resa conto. “Angela vorrebbe il meglio per me, mi vorrebbe felice. Secondo, ci sono ragioni peggiori del conforto e della sicurezza per sposarsi” lui dietreggiò bell’attimo in cui vide passare un lampo di rabbia negli occhi di Teresa, e lei si fece avanti, minacciosa, una mano ina ria pronta a colpirlo a palmo aperto. La donna davanti a lui era furiosa, furibonda oltre ogni ragionevole limite. Non credeva alle sue orecchie…. Lui non voleva nemmeno fingere di amarla, e forse se lo avesse fatto, lei non gli avrebbe nemmeno creduto, coscia che il suo cuore non avrebbe mai stato suo, ma per sempre della sua prima moglie.

Poi... poi si fermò, la mano a mezz’aria, lacrime agli occhi, piangeva disperata. “Non sai quanto vorrei dirti di sì, ma non posso…. Non… non voglio sposarmi senza amore, anche se… anche se si trattasse di te. Avrei bisogno di sapere di essere amata…”perché ti amo “ non è giusto. Mi merito di meglio. Merito di essere amata” si tolse l’anello, che aveva chissà come scordato all’anulare, quasi quello fosse stato il suo posto legittimo, quasi fosse stato fatto per lei, e lo mise nel palmo di Jane, chiudendovi le dita intorno, stringendo la mano nella sua. Entrambi io loro occhi si persero in quel gesto, in quell’istante.

 “E se io ti amassi?” Jane alzò il viso, sperando di vedere, non ne era certo. Sperava di avvertire speranza, speranza che potessero avere un futuro, e che lo avessero insieme. “sono stato stupido, Teresa. Io speravo… non lo so, forse speravo che vivendo con te questa…infatuazione mi sarebbe passata, ma non è stato così. E’ stato peggio. Credevo di fare il tuo bene, perché meriti di meglio di me, un vecchietto introverso a col cuore spezzato, che non crede a niente, ma… sono troppo egoista, non ce la faccio. Non riesco a rinunciare a te.” Fece una pausa, e la guardò, dritta negli occhi, di nuovo a un passo da lei. “ti amo, Teresa, e non posso stare senza di te. Voglio svegliarmi la mattina con te al mio fianco. Voglio tornare a casa e trovarti ad aspettarmi…. Voglio andare avanti, Teresa, e c’è una sola persona con cui possa o voglia farlo: tu”

“E… e Angela?” gli chiese di nuovo, pugni serrati intorno alla morbida stoffa del gilet grigio.

“L’ho amata, ma… ma ora non sono più diviso, spezzato, ed è tutto merito tuo…. Non credevo che mi sarei mai innamorato di nuovo, non pensavo di meritarlo, anzi, sono certo di non meritarti, ma…. Tu sei tu, ciò che voglio, ciò di cui ho bisogno, e ti amo per quella che sei.” La guardò, serio, un soffio di labbra da Teresa, al voce bassa e cupa. “perciò… se te lo chiedessi di nuovo… dopo averti detto la verità…. Mi daresti una risposata diversa?” lei annuì solamente, e lui, col sorriso ricolmo di lacrime di gioia, prese l’anello dal palmo della mano e lo ripose nuovamente nel suo legittimo luogo, l’anulare sinistro della donna che da molto tempo, più di quanto volesse ammettere, lui amava. “Mi vuoi sposare?”

Scoppiò a ridere, Teresa, mentre gridava “sì” e gli gettava le braccia al collo, con Patrick che l’attirò a sé, baciandola con tale trasporto e passione che credettero di svenire per la mancanza di ossigeno.

“Devo dedurre che tua sorella inizierà a stressarmi per conoscere tutti i dettagli del nostro matrimonio?” sospirò, il capo appoggiato sulla spalla di Jane, sguardo sognate e per nulla triste o rammaricato.

“Nah, credo piuttosto che inizierà a tormentarci per aver un nipote il più presto possibile!”

“Sai, non mi dispiacerebbe vedere cosa si può fare al riguardo…” gli disse, voce bassa e maliziosa sulle sue labbra, mentre, afferrandolo per il colletto, lo tirava in casa quasi fosse stato un cagnolino fedele. Alle sue spalle, sornione e soddisfatto, lui faceva il verso del lupo, pregustando cosa stava per accadere e curioso di scoprire se sarebbero stati in grado di aspettare tanto a lungo da arrivare alla camera da letto, ora che sapevano entrambi che quello che li legava, quello che avrebbero fatto, sarebbe stato amore.

“Qualsiasi cosa per zittire mia sorella, eh?”

“Oh, sì!” ammise lei, gettandolo sul letto in risposta alla silente domanda che lui si era fatto prima, ricadendo poi al suo fianco, il luogo dove aveva ogni intenzione di restare. E stavolta, non solo il più a lungo possibile, ma se lui glielo avesse permesso, per sempre.

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Capitolo 2
*** Missing moments 1: scommesse& addominali ***


Benvenuti alla prima puntata di tricking kate-fidanzata per finta! nei prossimi giorni, aspettatevi un altro paio di piccoli mini-capitoli come questo, tutti incentrati sui missing moments che non ho descritto nell'one-shot, tutti in cui il team farà delle comparsate più o meno lunghe.... enjoy!

Seminascosti nel cucinino, Cho, Rigsby e Van Pelt osservavano la scena che stava prendendo vita davanti a loro, una scena che, negli ultimi giorni, si era ripetuta più e più volte, e come ogni volta, rimanevano a grattarsi la testa e chiedersi cosa diavolo stesse succedendo.

Che Jane e Lisbon passassero gran parte del loro tempo lavorativo insieme non era mai stato un mistero; dopotutto, come lui stesso aveva più e più volte ripetuto a Bertram e a Minelli  prima, Lisbon era l’unica persona che avesse una minima parvenza di controllo su di lui, ed alcune volte era riuscita persino ad essere un’influenza positiva sull’uomo. Però... però... non sapevano come spiegarselo, ma negli ultimi giorni, c’era qualcosa di diverso; Jane passava ancora gran parte del tempo rinchiuso nell’ufficio del capo, appisolato o anche semplicemente sdraiato sul divano che lui stesso le aveva regalato, però, più che parlare del caso, sembrava che confabulassero. Per non parlare del fatto che i ruoli sembravano essersi magicamente invertiti. Fino ad allora, Lisbon era sempre stata lei quella in soggezione, a disagio quando era con l’uomo (e quale donna non lo sarebbe stata, con un Adone simile al suo fianco?) mentre Jane amava fare battutine a doppio senso, lasciando intendere che tra loro ci fossero cose che in realtà non c’erano, e adesso... adesso, Jane passava il suo tempo ad arrossire come una scolaretta, visibilmente imbarazzato e a disagio, mentre Lisbon non era mai stata così sorridente e spigliata, nonostante passasse ancora gran parte del suo tempo ad arrossire ogni qual volta l’uomo la guardava, le sorrideva o proferiva parola. . 

“Dite che Jane ha combinato qualcosa?” chiese Grace, quasi spaventata. Jane, in quello stato mentale, non era mai un buon segno, non tanto per l’uomo stesso, quanto per il resto del mondo. Specie loro- e il loro beneamato posto fisso.

Cho scrollò il capo, braccia incrociate a studiare la scena come i colleghi. Quel gesto, però, non era tanto perché non riteneva che, in quella particolarissima istanza, i loro posti fossero in pericolo, quanto dovuto al fatto che non riusciva a credere che proprio Jane e Lisbon non si rendessero conto di essere osservati nemmeno fossero stati due animali in gabbia. Né riusciva a credere che non si rendessero conto che la tensione sessuale, e l’attrazione tra loro, fossero così forti e tangibili  da poter essere tagliate con un coltello.  “Effettivamente, ultimamente Jane passa parecchio tempo a studiare la fede e guardare Lisbon...”

“Dite che vanno a letto insieme?”

Per qualche strano motivo, la domanda di Rigsby gli aveva provocato delle occhiatacce da parte dei colleghi; con il panino in mano, li guardò un po’ stupito, e anche offeso. Perché lo guardavano così, quando si era limitato a dare voce allo stesso pensiero che attanagliava anche le loro, di menti? E comunque, non era certo cieco. Pure un idiota – e probabilmente anche un sordo-cieco – sarebbe stato capace di avvertire la tensione sessuale tra quei due…

“Lisbon non lo farebbe mai! Lei è una moderna donna in carriera con una forte morale!” Grace era così indignata che Rigsby, quando lei gli si mise davanti, fece un passo indietro, terrorizzato all’idea che quelle sottili dite affusolate che un tempo lo avevano fatto premere di piacere potessero lasciare un bel segno rosso sulle sue guance… un qualcosa che Sarah, di certo, non avrebbe apprezzato, preda com’era degli ormoni nell’ultimo trimestre di gravidanza. Spiegare perché la sua ex lo aveva preso a sberle? Nessuna spiegazione, nemmeno la verità, sarebbe stata credibile. E, al contrario di Jane, a lui, il divano del salotto non piaceva. Per nulla.

“Lisbon no, ma non credo che Jane si farebbe troppi scrupoli nel sedurre il capo, se servisse i suoi scopi. Lavorerà pure con noi, ma resta pur sempre un manipolatore nato.”

“Jane non è così! Lui è una brava persona!” sia Rigsby che Cho alzarono un sopracciglio all’accaldata difesa che la rossa stava facendo del mentalista; lei, si morse il labbro, e le sua guance si colorirono della stessa tonalità dei suoi capelli. Abbassò lo sguardo, e iniziò a giocherellare un po’ con le dita, a disagio.   “Sì, va bene, è vero, Jane è un manipolatore, e anche piuttosto bravo…” Cho le mandò un altro sguardo inquisitore, mentre Rigsby dovette soffocare una risatina, che quasi gli fece andare di traverso il boccone di panino. “va bene, Jane è molto bravo a manipolare, ma lo avete detto anche voi, la morte della sua famiglia lo ha reso una brava persona. E una brava persona non sedurrebbe mai il proprio capo per fini mefistofelici!”

“Oh, sì, certo Grace, e quella stessa brava persona non ci ha ricattati perché lo assecondassimo in tutto e per tutto quando stavamo insieme, vero?”

“E’ diverso! John non era ancora morto, ma con John morto, lui ora è davvero una brava persona!” di nuovo i colleghi la guardarono di brutto, ma stavolta, Grace si arrabbiò così tanto che  pestò i piedi di Rigsby e se ne andò, indignata, voltandosi solo un’ultima volta quando arrivò alla porta del cucinino. “E comunque, anche se l’avesse sedotta o stesse per farlo, sarebbe solo per amore, perché lui è una brava persona! Ma tanto perché voi lo sappiate, sono certa che Lisbon non disubbidirebbe mai così al regolamento!”

Batté la porta, e sia Rigsby che Cho chiusero gli occhi, stringendoli, quando udirono il colpo. E furono quasi certi che dei calcinacci fossero caduti loro sul capo….

Nel frattempo, nell’ufficio di Lisbon, Jane se ne stava seduto sul divano con in mano una tazza di te- ormai freddo e imbevibile – quasi vuota, fissandosi la mano sinistra ogni volta che sembrava che Lisbon non lo guardasse, e sorridendole sornione ogni volta che lei alzava un sopracciglio verso di lui come per chiedergli cos’altro stesse combinando e cosa gli frullasse per la testa.

“Devi dirmi qualcosa, Jane?” chiamarlo Patrick, seppure lui le avesse chiesto, in vista dell’arrivo della sorella, di chiamarlo per nome, sembrava una cosa impossibile. Ormai era certo che Kate li avrebbe beccato subito. Teresa lo avrebbe chiamato Jane e trattato un po’ malamente e sua sorella avrebbe capito che era una finta, e lui sarebbe stato costretto ad una ancora più lunga catena di incontri al buio con donne per cui lui mai e poi avrebbe avuto alcun interesse.

“Uhm, no, sto solo meglio qui, nient’altro. Van Pelt mi fa venire il mal di testa, con la sua ossessiva gelosia verso Rigsby e la povera Sara. Capisco che le bruci cosa è successo con O’Laughlin, ma credo che a volte scordi di essere stata lei a spezzare il cuore del nostro povero agente, e che perciò non ha nulla di cui lamentarsi se ora lui ha deciso di rifarsi una vita in cui lei è contemplata solo come collega.”

“Dovremmo parlarle. Non mi piace come sta venendo a patti con la cosa. Ha fatto tanti sacrifici per arrivare dove è ora, e sta buttando tutto all’aria per una cosa di cui non aveva alcun controllo, e per cui nessuno la ritiene responsabile.”

“Sai, sono stupito. Tu sei sempre stata quella che voleva che ricevessi l’adeguato sostegno degli strizzacervelli per i miei problemi, e quando io te ne decantavo i difetti, hai continuato ad insistere. Ora, dopo la tua deludente esperienza con uno di loro, all’improvviso non ritieni necessario che Grace parli con uno di loro, anche se ne avrebbe più bisogno di me!”  Borbottò qualcosa portandosi, leggermente disgustato, la tazza alla bocca,  e Teresa prese un fermacarte in mano, pronta a lanciarglielo, quando le parole furono processate dal cervello… una cosa del tipo Ha soltanto bisogno di una bella notte di sesso. Devo dire a Kate di presentarle qualcuno…

“Ti ricordi quella volta che ti ho detto che eri romantico? Mi rimangio tutto. Sei solo un porco pervertito.”

“Sono realista, Lisbon, e lo sai anche tu. Grace tutta questa energia deve riversarla su qualcosa, e dato che  non ha uomini con cui essere predominante dal punto di vista sessuale, lei applica la forza bruta sul lavoro. Se, invece, avesse qualcuno con cui dividere il letto…” fece una piccola pausa, pensando tra se e se in silenzio, il tutto accompagnato da una risata gutturale. La cosa, a Lisbon, non piacque per nulla. Quando faceva così significava o che Jane stava tramando qualcosa, o che stava per fare qualche battuta idiota (normalmente a doppio senso, e normalmente riferita a lei) … “A proposito di letto… non che io ti debba parlare di un letto, ma mi chiedevo se non fosse il caso che prendessi un po’ delle tue cose e portarle da me. Dovresti iniziare ad abituarti alla casa, non vorrei che, facendola vedere a Kate, le dicessi “ecco il bagno” per poi scoprire che in realtà, dietro la porta, c’è un ripostiglio…. Ci scoprirebbe subito, e se ci scoprisse temo che mi toccherebbe fare ben più che semplicemente uscire con delle donne per farmi perdonare.”

 Lisbon si mise le mani davanti alla bocca quando vide che, contrariamente a quanto aveva creduto, Jane era davvero serio. Jane era davvero spaventato dalla sorella… e poi, si prese la pancia in mano, perché non poteva davvero resistere. Era davvero… troppo. Lei viveva nel terrore che Jane facesse o dicesse qualcosa di stupido, e lui, che dava sempre l’aria sicura di sé, che faceva tanto il duro ed il gradasso (se c’era lei pronta a nasconderlo dietro alla sua metaforica gonna, ovviamente), era terrorizzato dalla sorella e non aveva nemmeno il coraggio di dirle che non se le sentiva ancora di uscire con una donna, tantomeno di impegnarsi seriamente.

“Oh, ridi, ridi, ma vedremo come riderai quando avrai incontrato Kate e lei inizierà a farti pressioni per organizzare il matrimonio!” sbuffò lui alzandosi con malavoglia dal divano e stiracchiandosi, facendo involontariamente sì che la camicia uscisse dai pantaloni e mostrasse una striscia di pelle all’altezza dell’addome che Lisbon si ritrovò a fissare a bocca aperta come un’ebete. “Quella pazza è capace di dirti che non serve il matrimonio in bianco, ma che basta una veloce capatina all’ufficio del giudice di pace,  giusto per il gusto di complicarmi l’esistenza…”

Accidenti… ma sono addominali quelli? E io che credevo che avesse le maniglie dell’amore… ma come fa che dorme sempre sul divano? E da dove viene quell’abbronzatura? Cavolo… chissà i bicipiti ed i pettorali… inizio a capire perché le donne gli sbavino dietro. Chissà com’è senza vestiti. Oddio, spero non dorma nudo… se dovessimo dividere un letto, finisce che lo violento se non ha addosso niente, e lui è così spavaldo e libertino che è capace di quello e altro, se non altro per farmi imbarazzare…

“Lisbon? Ehi, Terra chiama Lisbon…” lui le passò una mano davanti al volto, e lei non poté fare altro che arrossire e avvertire l’arrivo dell’imminente balbuzie. Davvero aveva fantasticato su Patrick Jane nudo  davanti a lui, l’onnisciente mentalista per cui lei era un libro aperto? “Comunque, ci vedismo stasera con, diciamo, vestiti per una decina di giorni, per tutte le occasioni, quindi anche un vestitino, quello verde  stile impero sotto al ginocchio che non hai mai messo andrà più che bene… magari con i sandali alla schiava in pelle nera che hai comprato di impulso senza sapere se mai li avresti usati.”  Sorrise all’imbarazzo di Teresa, presa in fallo, e si allontanò, dirigendosi verso la porta, per fermarsi quando aveva già la maniglia in mano. “Passa quando vuoi, tanto io vado a casa direttamente dall’ufficio, e ti avverto: stasera ti vizio con la cena. È il minimo per farmi perdonare per tutto questo disturbo…”

Appena fu uscita dall’ufficio, Teresa batté la testa contro la scrivania, lanciandosi qualche centinaio di maledizioni. Cosa le era passato per la testa, di accettare di fingere di essere la ragazza di Jane per più di una settimana? Ah, giusto… se lo ricordò. Lei era una masochista emozionale, e quale forma di masochismo emozionale era più forte di fingere di essere la fidanzata dell’uomo di cui era innamorata, e che mai e poi mai l’avrebbe amata perché ancora innamorato della moglie morta da oltre un decennio?

Altro che Santa Teresa… chi diavolo era il patrono degli idioti? Le avrebbe fatto comodo saperlo.

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Capitolo 3
*** Missing moments 2: fratelli coltelli ***


Per favore, Ricky! Ti prego, ti prego, ti prego! Farò la buona, lo prometto!”

“per l’ennesima volta: ti ho detto di no! E piantala con gli occhi da cerbiatta, funzioneranno con gli idioti che tenti di sedurre, ma temo di doverti dire, sorellina, che io tendo ad essere piuttosto immune al tuo fascino femminile! Non puoi venire al CBI con noi!” comodamente seduta al tavolo della cucina, Teresa stava mangiando una Red Delicious, sperando che nessun boccone le andasse di traverso dal ridere mentre si godeva quell’esilarante scena. Non c’era dai dire: era a dir poco delizioso avere a che fare con un Patrick Jane che tentava, disperatamente, di appellarsi alla professionalità ed era serio. E dire che avrebbe detto che sarebbe stato capace di portarsi dietro Kate al solo scopo di rendere a tutti la vita più complicata al CBI…

Ok, magari non era esattamente scontenta della cosa. Dio solo sapeva con cosa la donna se ne sarebbe uscita se mai avesse visto il team. Le cose erano già abbastanza complicate così com’erano senza che ci si mettesse di mezzo il team con le loro scommesse, Bertram con il suo maschilismo da macho fallito e il moccioso di Wainright (che però, visto come era molto, molto infantile, sarebbe stato capace di scoppiare a piangere come una donnicciola alla menzione di un matrimonio) , con loro che fingevano, a beneficio di Kate,  di essere fidanzati, mentre erano “solo” amici di letto,  anche se in realtà lui era l’unico a crederlo perché in realtà lei era innamorata di lui e…

Come aveva detto: complicato.

“Uffa! Se non vuoi farlo per favore, fallo almeno per rispetto di anzi…” quando Kate si fermò, rabbrividendo, all’idea di cosa avesse detto, o quasi, Lisbon stentò davvero a trattenersi dal ridere. “per rispetto della tua sorella maggiore” si corresse, ricomponendosi.

“Avanti, sorellina, ammettilo, guarda che lo puoi dire, alla tua età: anzianità. Dopo tutto, ormai hai più di 50 anni suonati, e temo di doverti dire che si vedono tutti. Non come Teresa. Lei dimostra molti anni in meno dei suoi 39” sorrise, credendosi tanto furbo, ma capì di aver commesso un grave errore nel momento in cui il silenzio avvolse la cucina. Alzò gli occhi, e le donne lo stavano fulminando, stringendo tra i pugni cosa avevano avuto in mano fino ad un attimo prima. La mela di Teresa stava addirittura perdendo succo, che colava in gocce che le percorrevano lievi il braccio. Jane, in un’altra situazione, avrebbe trovato la cosa stuzzicante, e ne avrebbe approfittato per inventarsi un qualche giochetto erotico (che, aveva visto con la pratica, Teresa apprezzava parecchio) ma aveva la netta intenzione che lo sguardo omicida di Teresa lasciasse sottintendere che il sesso fosse l’ultima cosa che le stesse passando per la testa. Era molto più facile che stesse macchiando per faro fuori e nascondere il suo cadavere…

Teresa e Kate se ne andarono come due furie dalla stanza, ma solo dopo avergli lanciato contro una pentola di rame ciascuna, il loro piccolo ringraziamento per il suoi commentino sulla loro età. E a Teresa non interessava se lui lo aveva fatto per farle un complimento: che gli uomini non dovessero fare alcun commento sull’età delle loro donne era una cosa conosciuta da tutti, una regola elementare di comportamento. E se l’idiota non lo sapeva o non ci arrivava con quel suo dannato cervello machiavellico, peggio per lui. Non gli avrebbe certo reso le cose facili solo perché il sesso era divino! Anzi, adesso che ci pensava… dopo giorni e giorni passati ad amarsi ogni notte, avrebbe iniziato uno sciopero del sesso! O magari no… lo cosa non le avrebbe dato alcun beneficio. Beh, ad ogni modo: un modo per punirlo lo avrebbe trovato. Se lo meritava, l’idiota.

Chissà se sarebbe riuscita a fargli portare via il divano per qualche giorno…

Rick l’aveva fatta grossa. L’aveva, in pratica, chiamata vecchia…solo perché lei era più nella cinquantina di lui! Ok, lei era nella cinquantina, punto, però non era certo che il fratellino glielo ricordasse, né che le ricordasse che la sua vita sentimentale, ultimamente (ok, da parecchi anni a quella parte, se doveva essere onesta) era fatta di notti da una botta e via e poco altro, preferibilmente con idioti o con ricconi che poi erano davvero molto, molto gentili con lei. A proposito di ricconi… Si ricordò che Teresa era stata, brevemente, fidanzata con uno di loro, un pezzo grosso dell’artiglieria e degli armamenti bellici e dell’informatica, e che Patrick, nonostante lo osannasse di continuo, non era stato un granché bravo a nascondere la sua gelosia e la nota di amaro nella voce ogni qual volta le parole Lisbon (O Teresa) e Mashburn venivano messe nella stessa frase. Chissà se il tizio era ancora single. Doveva farsi dare il numero. Chissà che non sarebbe riuscita a farla pagare la fratellino facendosi vedere al braccio del tizio che meno lui sopportava sulla faccia della terra….

Beh, per adesso si sarebbe accontentata di farsi scarrozzare per tutto il CBI. Nonostante lui le avesse detto esplicitamente di no. Così imparava a chiamarla anziana, quell’antipatico.

“Posso aiutarla…?” la voce tentennate di una giovane donna risvegliò Kate dal suo turbamento, e mettendo in mostra la sua migliore interpretazione della perfetta casalinga Bree Van De Kamp, cosa che, unita al luccichio assassino, fece impallidire van Pelt, che decise di mettere qualche passo di distanza tra lei e la bionda. Kate, invece, aveva una mezza voglia di comportarsi nemmeno avesse visto un cucciolo… quella bambolina di porcellana dai capelli rossi aveva pistola e distintivo, eppure era così carina e così tenera!  Uhm. Iniziava a capire perché Rick non avesse mai voluto avere appuntamenti. Se tutte le donne del CBI erano così.. e se lo diceva lei che era etero convinta, doveva essere vero sul serio!

“Oh, sì, vede…” si avvicinò con fare cospiratorio, sghignazzando come un’ochetta. Adesso sì che van Pelt aveva voglia di chiamare la sicurezza… o per lo meno Ron. Lui era grande e grosso, di certo non si sarebbe fatto intimorire da quella bionda, giusto? Anche se… non sapeva perché, ma quegli occhietti diabolici avevano un nonsoché di familiare. “Sto cercando la mia futura cognata.”

“…è forse stata arrestata per omicidio?” chiese Grace, quasi certa che le risposta fosse sì. Non avevano nessun caso al momento, e stavano ancora avendo a che fare con le ripercussioni burocratiche del caso di John il rosso (specialmente lei, che continuava a picchiare e sparare a sospettati e passava più tempo dalla strizzacervelli che alla scrivania, a cui Lisbon l’aveva praticamente legata), ma forse la donna si era sbagliata e doveva solo andare da un altro team. Dio lo volesse. Non aveva voglia di finire con un coltello o un proiettile in corpo…

“ma no, sciocchina! Sto cercando Teresa Lisbon!”  la risposta di Kate uscì fuori accompagnata da un’altra, ennesima, risata da gallina/oca, a cui, però, fece seguito una pacca sulla spalla, questa molto, molto poco femminile. Adesso la tizia non metteva più i brividi a Grace. Le dava sui nervi e basta. E dio solo sapeva se i suoi nervi non ne avevano già viste abbastanza,  tra Craig , Wayne che si metteva con Sara dopo averle detto di smetterla di fare l’amica con lui e Styles che voleva farle da strizzacervelli. Oh, e non era certo da dimenticare il fatto che vedesse pure il sopracitato fidanzato morto e ammazzato da lei…

“Tommy, James o Mattew?” chiese, sperando, per il bene della piccola (e adorabilmente tosta) Annie, che quella non fosse la futura matrigna. Per prima cosa, la tizia aveva almeno 15 anni in più di Tommy,  e per seconda, frammentarie notizie giunte alle sue orecchie indicavano che l’ex moglie di Tommy, e madre della ragazzina, fosse totalmente svitata e senza controllo, e va bene che non c’è due senza tre, però non si diceva anche che sbagliando si imparava?

“Uhm? Oh, i fratelli di Teresa!” il volto di Kate si illuminò a giorno a sentire quei nomi, che nel giro di poche ore dal suo arrivo erano diventati già familiari- soprattutto grazie al suo brillante terzo grado a Teresa. Teresa era stata titubante a raccontare della sua famiglia – e alcune delle sue domande erano state stoppate dal gelido sguardo di Rick -  ma ad un certo punto, erano saltate fuori le foto, e lei non si era più fermate. E Rick aveva sorriso e riso, una cosa che da tanto, troppo tempo non lo vedeva fare, quando erano usciti fuori il nome di Tommy, il “sono un garante per la libertà vigilata e non un cacciatore di taglie come dici tu Teresa” e di sua figlia, la teen-ager Annie, che aveva come idoli personali la zia ed il suo consulente, di cui voleva seguire le orme divenendo una machiavellica poliziotta. “Oh, no, no, io sono Katerine, la sorella di Rick!”

“…Rick?” sussurrò Van Pelt, un sopracciglio alzato verso il cielo. E poi… e poi fece un paio di collegamenti. Quegli occhi e quella sorta di… spensieratezza (come pure la maschera di elegante compostezza) avevano un qualcosa di familiare… e dato che il nome “Rick” non poteva essere l’abbreviazione di “Walter” – altresì detto l’ultima relazione seria di Lisbon (a meno che il tizio non fosse fissato con i giochi di ruolo. Non che lei avesse dei dubbi al riguardo…), allora  il nome Rick non poteva che essere effettivamente l’abbreviazione di… di… “JANE?!”

“Sì! Esatto! Rick è il mio fratellino! Fratellino che, a quanto vedo, non parla di me con nessuno!” Come aveva poi fatto a proposito dei suoi colleghi, aggiunse lei mentalmente. Con la sola eccezione di Lisbon, che era pressoché argomento costante di conversazione. Ad un certo punto l’aveva pure odiata, tanto Rick la esaltava…mise, tuttavia, nonostante l’equità della situazione, il broncio, Kate, però quel broncio da monella. Quello stesso che il fratello le aveva detto essere funzionante solo con gli uomini sessualmente attratti da lei (anche se le sue parole erano state leggermente più offensive); Grace, invece, storse il naso. Non sapeva se roderle perché Rigsby aveva avuto ragione e adesso avrebbe preso tutti i soldi che nel corso degli ultimi mesi avevano messo da parte, o se essere felice che, almeno un pochino, aveva avuto ragione. Perché Jane non avrebbe mai sposato il capo se non l’avesse amata, giusto? Quindi, ok, andavano a letto insieme, ma almeno stavano insieme.

Alla fine, silenziosamente e molto compostamente, la rossa squittì tra se e se, mordendosi le labbra per evitare di squittire sul serio per la gioia; “Oh, io sono Grace Van Pelt, è sempre bello incontrare qualcuno che ha avuto a che fare con Jane prima che… sì, insomma, quando girava con il circo” si corresse all’ultimo minuto, di nuovo mordendosi le labbra ma per tutt’altro motivo. Aveva la netta sensazione che la frase “prima che uscisse fuori di testa perché aveva finto di essere un sensitivo, non che io creda che lui stesse davvero fingendo, e aveva parlato male di John il rosso stuzzicandolo fino a che lo schizzato non gli aveva massacrato la famiglia” non suonasse troppo bene. Non esattamente una cosa da dire all’inizio di una conversazione per rompere il ghiaccio.   

“Fiera. Noi giravamo con la fiera, non con il circo. Io ero un’artista, ok? Sono una ballerina di teatro, non una “ballerina esotica” che si fa chiamare così perché non vuole ammettere di essere una spogliarellista!” Raddrizzandosi la borsetta sulla spalla, l’avvenente bionda (decisamente una Jane) mollò senz’altro aggiungere la rossa, e andò a sedere alla scrivania del giovane moro. Era decisamente carino, si disse. Chissà se era anche single… l’avrebbe chiesto a Patrick.

Grace scrollò le spalle. Certo, era seccante vedere donne che flirtavano con il “suo” Wayne, ma dopotutto aveva di che essere allegra. Presto avrebbe dovuto aiutare Teresa ad organizzare un matrimonio che, ne era certa, avrebbe avuto un budget a 5 cifre… e cosa c’era di meglio di un bel vestitino tutto vezzoso giallo canarino e merletti per la damigella d’onore- lei?

Lisbon se ne stava tutta tranquilla seduta alla sua scrivania a lavorare, e non era giusto, non era per niente giusto, pensò Jane, seduto a gambe incrociate sul divanetto bianco con indosso il suo solito sorriso, la sua maschera di falsa tranquillità. Lui non era per nulla tranquillo, e non era giusto che lei fosse così, così… così tranquilla rispetto a quello che era successo tra di loro, e che ancora stava succedendo.

Non che la volesse vedere agitata, tutt’altro, ma voleva… voleva che Teresa capisse, e lei sembrava essere cieca alle piccole attenzioni in più che negli ultimi giorni le aveva dedicato. Teresa doveva capire. Doveva capire che quello che c’era tra di loro non era solo sesso, e che una cosa alla “amici con benefici” non era quello che andava cercando, né quello che voleva da lei.

Non lo aveva mai voluto, a dire la verità. Desiderato? Assolutamente sì (le aveva detto o no che era impossibile non amarla?), ma non aveva preso seriamente in considerazione l’idea di rendere reali le sue fantasie, nemmeno in un mondo dove John non esisteva più, qual era il loro al momento. C’erano sempre state troppe cose tra di loro - il passato di entrambi con il suo carico di fantasmi, John che minacciava il loro mondo, il fatto che non si sentisse abbastanza degno di stare con lei, e che, di conseguenza, l’avesse spinta più e più volte nelle braccia di altri uomini – e mai e poi mai avrebbe pensato di fare la prima mossa. E difatti, non lo aveva fatto, ma lei aveva preso l’iniziativa, risvegliando una belva in lui al primo tocco. E lui, non era stato in grado di fermarsi, era stato come un fiume in piena, una volta assaporata Teresa, lei, così viva, soffice e consapevole e disinibita e desiderosa di lui tra le braccia, aveva dovuto cedere, dando un calcio alla razionalità, e le aveva ceduto con gioia. Più e più volte.

L’idea di tornare a essere colleghi non gli piaceva per nulla.  Una settimana prima non avrebbe mai preso in considerazione una cosa del genere- anzi, la sua idea era stata quella di tentare di scoprire qualche lato negativo di Lisbon che gliela facesse amare di meno – ma adesso, credere, pensare che sarebbero dovuti tornare a essere solo colleghi lo faceva morire. Non poteva più mentirle. Le avrebbe detto tutto, e poi avrebbe agito a seconda delle conseguenze. I segnali che anche lei provasse c’erano, ma non era del tutto certo, perché Lisbon tendeva ad essere traslucente, a cambiare come un vetro smerigliato con la luce, ma a volte, come lo guardava, come lo toccava…

Doveva dirle la verità. Se lei lo avesse amato, tutto a posto, avrebbero avuto il loro e vissero felici e contenti, e se invece i suoi sentimenti non fossero stati reciprocati, avrebbe fatto le valigie e seguito Kate dovunque fosse che lei stava andando. Ma doveva parlare, doveva tentare, quel limbo non era una condizione che un umano potesse tollerare, e nel limbo era già stato  sepolto una volta, per oltre dieci anni, e di nuovo, non ci sarebbe stato per davvero.  

Ok, adesso glielo avrebbe detto. Basta fare il codardo e nascondersi dietro alla metaforica gonna del suo capo. Era ora di mostrarle chi portasse i pantaloni nella loro relazione. Beh, più o meno…

Senza indugiare oltre, si alzò, e camminò a passo deciso verso Teresa, tentando di avere quello che sperava essere una sguardo suadente e malizioso, ma che però non doveva essere troppo malizioso. Ci mancava ancora che la sua principessa arrabbiata credesse che voleva suggerire porcherie al lavoro… “Senti, Teresa, c’è una cosa di cui vorrei parlarti da un po’ di tempo…” iniziò lui tranquillo, ingoiando la saliva e esitando non appena lei alzò gli occhi dai fogli e lo guardò col sorriso e gli occhi luminosi. Si ricordò quella volta che Teresa, poco prima della morte di John, si era trovata legata ad una bomba, e lui aveva usato quella stessa frase… e aveva quasi ammesso tutto, per poi rimangiarsi ogni cosa addicendo le più incredibili scuse non appena lei era uscita dai guai.

“Cos’è, hai fatto qualche guaio anche standotene seduto qui?” gli chiese col sorriso, arrossendo e mettendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. E lui sorrise di rimando, colmo di soddisfazione: Teresa stava flirtando con lui come una scolaretta alla prima cotta! Doveva dirle tutto. Perché, davvero, ormai non c’erano dubbi. Lui le piaceva!   

Con nuova risolutezza, Jane si incamminò verso la scrivania, e la raggiunse, e si chinò verso di lei pronto, non lo sapeva ancora, se a baciarla o dirle la verità, quand’ecco che, mentre era chino su di lei e le loro labbra stavano per schiudersi per suggellare un vero primo bacio d’amore…

…la porta d’ingresso dell’ufficio si aprì, sbattendo contro il muro e rivelando una terribilmente agitata Van Pelt. Stava iniziando a odiare quella donna, sul serio. E, doveva ammetterlo, aveva finalmente capito perché Lisbon non sopportasse che lui entrasse senza bussare prima.

“Lisbon! Perché non ce lo hai detto? Oh, sono così felice per voi!” Grace trotterellò verso di loro, che si erano separati di scatto, così veloce che nemmeno avessero preso la scossa, e stava abbracciando alternativamente entrambi squittendo come un topolino. Teresa gli lanciò un’occhiata gelida, segno che riteneva che lui si fosse fatto vedere mentre indugiava – o tentava di indugiarsi – in un qualche bacio rubato, o che si fosse fatto scappare qualcosa… e stava iniziando a pensarlo anche lui, quando però si rese conto di chi era la persona da cui Rigsby tentava di fuggire: Kate. Quella strega! “Posso aiutarti a organizzare il matrimonio? Non preoccuparti, tu non dovrai fare nulla, ci penserò io! Ho già in mente l’abito perfetto per te! E tu, Jane, tira fuori dalla naftalina lo smoking!”

“…lo smoking?” sussurrò Teresa con il sangue che si congelava nelle vene. Oh, no, non stava davvero succedendo…

“hai ragione! Molto meglio il tight!  E abito lungo per le signore!”

“Abito lungo…?”

“Ho, immagino già un matrimonio estivo, la sera, nella cattedrale, con qualche centinaio di invitati….”

“…centinaio?”

Teresa stava impallidendo così tanto che Jane temette che stesse per svenire; decise di andare in soccorso di entrambi, e mentre Grace stava per lanciarsi in un’altra folle idea, presa la “fidanzata” per le spalle e guardò la collega negli occhi con sguardo da cucciolo. “Oh, sì, Grace sono delle idee davvero meravigliose! E se ne parlassimo una di queste sere a cena?”

Grace uscì, un po’ col broncio, e loro due poterono finalmente prendere un sospiro di sollievo in attesa di decidere quale sarebbe stata la prossima mossa. Poi, però, avvenne l’impensabile, nella forma di un urlo di van Pelt.

“Ehi, ragazzi, Jane ed il capo ci hanno invitato a cena a casa loro domani sera per parlare del loro matrimonio!”

Lisbon gli lanciò un’occhiata omicida, e lui si ritrasse nel suo attico. Vivere gli piaceva ancora troppo.

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Capitolo 4
*** Missing moments 3: piccole bugie fra colleghi ***


Piccole Bugie Fra Compagni di Squadra

Quando entrò nell’ufficio di Lisbon senza bussare, come suo solito, fu per puro miracolo che Jane evitò, con grande maestria ed abilità dettata da anni ed anni di esperienza, di essere beccato in piena testa da quello che sembrava un romanzo russo formato rotocalco; fu con altrettanta maestria che Jane mostrò la sua migliore interpretazione degli occhi da cucciolo abbandonato a Lisbon, che con quel mattone aveva appena tentato di farlo fuori.

“Sei morto” lo minacciò, indicandolo con un dito accusatorio,  furibonda, rossa in volto per la rabbia, col fiatone. Lui non batté ciglio, anzi: Lisbon arrossata in volto col fiatone e con quella voce rauca non lo intimidiva affatto, perché gli ricordava un’altra certa situazione in cui lei era rossa, col fiatone e la voce rauca, una situazione in cui nell’ultima settimana  si erano trovati almeno una volta ogni notte, una situazione molto, molto gradevole; allo sguardo predatorio del suo consulente, Lisbon, stranamente, arrossì, guardando da un’altra parte col broncio, conscia che, se mai avesse posato gli occhi su di lui, i suoi propositi omicidi sarebbero svaniti, insieme alla sua credibilità. E comunque, era stata chiara: niente sveltine in ufficio.

“Allora, sentiamo, cosa ho fatto stavolta? Perché mi sono comportato piuttosto bene nelle ultime settimane. Nessuna vedova assassina o presunta tale  sedotta, niente ricatti o manipolazioni estreme, non mi sono fatto rapire né ho rapito nessuno, non ho sparato né mi sono fatto sparare, nessuno, compreso il sottoscritto, è stato sospeso. Ritengo che alche il numero delle lamentele nei miei confronti sia diminuito, merito della tua benigna influenza, non c’è dubbio. Perciò te lo chiederò di nuovo, mia cara: cosa avrei fatto di così grave da meritare la morte, o peggio ancora, di essere esiliato dal nostro talamo nuziale?”

Lui ridacchiò, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia davanti alla scrivania di Lisbon, e lei, arrossendo ancora di più, si limitò, a tirargli un sacchetto delle brioches accartocciato addosso, che lui finse essere un’arma di distruzione di massa, massaggiandosi il gomito colpito nemmeno fosse stato preso nel mezzo di due fuochi di mitra. “Oh, donna, fai attenzione! Sono solo un consulente, non un rude poliziotto come voi! Sono molto delicato, dovresti avere maggiore cura di me!”

“Sta zitto, idiota!” gli rispose lei, ma Jane sapeva già che qualsiasi cosa lui avesse fatto, qualunque fosse stato il motivo per cui lei ce l’aveva con lui, ormai era tutto risolto ed era stato perdonato. Il sorriso di Teresa la diceva tutta in materia. “E’ tutta colpa tua. Sai, non so se sarò mai capace di perdonarti…”

“Oh, ma, Lisbon, io conosco alcuni modi molto efficaci per farti rilassare… modi che sono certo mi faranno guadagnare il tuo perdono. Ma sono curioso: dimmi, cosa avrei fatto di così terribile da meritarmi la morte o un sempiterno odio?” allo sguardo allusivo, Lisbon, non potendo arrossire di più, si limitò a mordicchiarsi il labbro,  borbottando un altro sta zitto a denti stretti e indicando, a braccia conserte, il tomo gigante che lei gli aveva lanciato contro appena messo piede in ufficio: “Southern California Bride Magazine”, raccolta completa dei numeri  dell’anno precedente, più un sottile volumetto della stessa rivista sulla scrivania di Teresa, con in copertina il corrente mese ed anno.

“Considerato che mia sorella non ha messo piede in ufficio oggi, devo forse dedurre che Van Pelt stia tentando di cambiare, seppure temporaneamente, professione?” Jane, ridendo, e non certo sotto i baffi, fece scorrere veloci le pagine del mattone, soffermandosi su quelle che la rossa aveva messo in evidenza con una serie di post-it;   Come scegliere un abito da damigella che non ti faccia odiare dalle tua amiche, e Sposarsi per la prima volta a 40 anni in California, fra le altre cose, tentarono di rubate la sua attenzione prima di finire dove  sarebbero dovuti essere fin dal principio: il cestino della spazzatura, spirito ecologista al diavolo per una volta. Certo, però, che il fatto che lei avesse effettivamente guardato quel giornale lo faceva sentire leggermente… su di morale. Il fatto che Lisbon si interessasse di matrimoni significava forse che desiderasse sposarsi? Era lui, come voleva sperare, il papabile candidato? E se non lo era, come passare dalla mera seduzione fisica di tipo sessuale a quella ben più complicata di tipo emozionale-affettivo?

“Andiamo, Lisbon, non prendertela. So che è stressante e difficile da digerire, ma come ti ho detto, Van Pelt tutta questa energia la deve buttare da qualche parte, e dato che di sesso sembra non parlarsene…”

“Cosa, le facciamo organizzare il nostro matrimonio perché lei non è in grado di vivere con le conseguenze delle sue azioni e di rifarsi una vita perché si lascia ossessionare dal passato e crede che ci siano giusto due uomini decenti sulla faccia della terra?”

“Dai, cosa ti costa lasciare che sogni un po’? Nessuno si fa male, lo hai detto tu che siamo due adulti che potevano benissimo gestire la cosa…”

“Jane, qui non si tratta solo di farmi avere delle riviste. Qui si tratta di Van Pelt che mi fa avere una lista delle date disponibili in tutte le chiese ed uffici pubblici abilitati alla celebrazione di matrimoni in Sacramento nei prossimi sei mesi,  con tanto di annesso elenco dei documenti necessari per procedere alla cerimonia, per, usando sue parole, arrivare preparata alla fatidica data prima che arrivino i fatidici 40.” Dimmi Jane, questo ti preoccupa?” gli chiese, con le mani in grembo, tentando di sembrare il più tranquilla possibile. Il che, lui lo sapeva, significava che era davvero, davvero furiosa, e che l’omicidio non era poi così difficile da contemplare come ipotesi. 

“Ah”

“Già, Jane, ah. E sai a cosa dico ah io? Lo dico al fatto che stasera dobbiamo cenare tutti da  n… da te, e che quelle due pazze sono capaci di farci trovare un giudice di pace seduto al tavolo con noi, cosicché io possa sposarmi prima dei fatidici 40!” continuò lei con falsa calma, anche se Jane poteva vedere il polso battere sul suo collo, il battito del cuore accelerato dalla furia e gli occhi splendenti e infuocati come nel bel mezzo di una battaglia.

“Beh, dopotutto non sarebbe nemmeno contrario al regolamento interno …” borbottò lui sottovoce, sperando che lei non lo avesse sentito. Purtroppo per lui, il silenzio che era calato su di loro, unito allo sguardo omicida e la mano che stringeva il fermacarte di ottone, gli disse che sì, lei lo aveva sentito, e che non le importava nemmeno che lui avesse effettivamente letto il regolamento interno del CBI.

“Jane, non è per nulla divertente. Ci tengo al mio lavoro, e Bertram e Ardilles sono già convinti che io mi lasci comandare a manetta da te, perciò non ho alcuna intenzione di dar loro ulteriore ragione di dubitare della mia pro… delle mia capacità come agente capo, cosa che, lascia che te lo dica: accadrebbe se voci di un imminente matrimonio tra noi due  giungessero alle loro orecchie, perciò adesso stammi a sentire: tu alzi le tue chiappe dalla sedia e vai di là a spiegare a tutti perché non ci stiamo per sposare, o giuro su Dio che farò in modo che tu trascorra anche solo qualche ora in galera con gli amici del padre di Rigsby, presente quei motociclisti grandi, grossi e violenti che tu hai fatto arrestare e  ti hanno giurato vendetta?”  Lui, ingoiando la saliva, fece segno di sì – a tutto – e lasciò la stanza senza proferire ulteriore parola.

Ok, magari la faccenda della seduzione avrebbe richiesto un po’ più di energie del previsto, se Lisbon era davvero così contraria all’idea di sposarlo, ma non avrebbe certo demorso. Il primo passo, averla nel suo letto, era stato fatto, adesso aveva solo da far sì che rimasse lì con lui vita natural durante.

Prima, però, doveva fare in modo di rimanere vivo….

“Chiedo scusa, signori e signore, potrei avere la vostra attenzione? Dovrei fare un annuncio….”  Con il suo impeccabile fare da showman, Jane si mise al centro della piccola sala conferenze, squadrando col suo sorrisetto da so tutto io gli altri 4 membri della sua unità, intenti a scambiarsi carte riguardanti l’ultimo caso che avevano chiuso solo poche ore prima, in tempo record. Cho non tradiva nessuna emozione, come suo solito, mentre invece Lisbon continuava ad avere quel luccichio omicida negli occhi, e Grace… Grace sembrava il personaggio pazzo di qualche cartone animato giapponese degli anni ’80, con gli occhioni enormi e le mani incrociate a preghiera come a sperare che il vero amore dovesse vincere da un secondo all’altro. Iniziava a capire sia sua sorella che, soprattutto, Lisbon: quella donna era davvero, davvero terrificante. Avrebbe dovuto iscriverla ad un sito per incontri piccanti e organizzarle qualche appuntamento. Rientrare in contatto con la realtà con un po’ di sano, vecchio sesso non avrebbe certo potuto farle male. “No, van Pelt, non sto per annunciare la data del matrimonio.”

La rossa si mise a singhiozzare in silenzio con grossi lacrimoni, quasi avesse voluto convincerlo a farlo davvero quel dannato annuncio.  Davvero non sapeva che il manipolatore non poteva essere manipolato? Poi, l’uomo prese un grosso respiro, e chiudendo gli occhi- perché una piccola bugia la stava per dire, in un certo senso, e non se la sentiva di mentire troppo a quelli che troppe, troppe volte gli avevano salvato le chiappe, e soprattutto non era certo di poter resistere agli occhioni tristi di Grace – disse quello che gli premeva di ammettere senza indugiare, tutto di un fiato. “Lisbon ed io non stiamo insieme”

Il silenzio cadde nella stanza, sguardi inquisitori vennero mandati all’indirizzo della presunta coppia, e, sorpresa delle sorprese, a rompere il silenzio non fu nessun altri se non Rigsby. “Ma perché, i matrimoni di interesse si danno ancora?”

“No, Rigsby, i matrimoni di interesse, generalmente, non si fanno più. Non tra le persone normali, almeno.” Sbuffò Lisbon tenendo gli occhi chiusi per meglio controllare il suo pessimo umore, che andava via via peggiorando col passare dei secondi.

“Allora vi sposate perché Jane ti ha messa incinta! Ah! Lo sapevo che sa la spassavano! Pagate, miscredenti!”

“Non sono incinta!” urlò Lisbon- senza negare la parte relativa allo spassarsela col consulente -  interrompendo il giubilo del subordinato che stava collezionando una caterva di banconote dai due colleghi, che guardavano l’uno con aria da “vergognati, cosa hai fatto”, l’altra con “non credo che potrò resistere all’idea-che il vero amore non possa trionfare e voi siete così perfetti insieme”… mentre invece Jane guardava verso l’alto, con aria attenta e concentrata, mezza sognante, già immaginandosi una biondina con gli occhi verdi o un moretto con gli occhi azzurri. Che poi, non era così impossibile… Ok, Teresa prendeva la pillola, ma c’era una finestra tra lo 0,1 ed il 5% di possibilità che qualcosa fosse andato storto e il contraccettivo non avesse funzionato…. Chissà se una gravidanza avrebbe giocato a suo favore. L’idea di farsi una famiglia avrebbe fatto desiderare - ammettere- a Lisbon che tra loro c’era ben più di una semplice amicizia, di una  relazione da “amici di letto”?

“Tutto quello che avevo scommesso che però vanno comunque a letto insieme”

“Noi non andiamo a letto insieme!” sbottò Lisbon, sibilando a denti stretti, imbarazzata e incapace di guardare gli altri negli occhi per la colossale bugia che stava raccontando,  mentre  il denaro continuava ad essere scambiato tra Cho e Rigsby, ed i due non sapevano più cosa spettasse a chi. E Jane, intanto, si nascondeva la bocca dietro una mano, sperando di apparire naturale e che nessuno si rendesse conto che se la stava ridendo della grossa perché la sua dolce Teresa, da buon poliziotto che era, non sapeva come mentire decentemente- un particolare che a Cho, se il suo sguardo suggeriva qualcosa, non era passato inosservato.

“Quello che Lisbon sta tentando di dirti, Grace, è che dovresti smetterla di organizzarci il matrimonio, perché non ci sarà nessun matrimonio. Lisbon ha accettato di fingere di essere la mia fidanzata perché Kate era preoccupata che io fossi solo…” io suoi occhi si abbassarono, a la tristezza calò su di lui e sulla sua voce, la maschera che ancora una volta cadeva per un attimo, lasciando intravedere, sotto, il vero uomo – e a Lisbon quasi vennero le lacrime agli occhi, credendo che stesse  pensando alla scomparsa dell’amata moglie, e  non al difficile compito che lo attendeva, quello di conquistare la donna che ora lui amava.

“Perciò stasera niente cena? Ma io ci contavo! E Sarah è stufa di stare chiusa in casa!”

Lisbon scoppiò a ridere, incapace di controllare la testa che cadde sul tavolo con un sonoro “thund” mentre le amni stringevano il ventre. “Tranquillo, Rigsby, per te c’è sempre cibo disponibile. A patto che tu finga di non sapere che è tutta una falsa…” Per ora pensò Jane, mangiandosi Lisbon con gli occhi neanche fosse stato il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso con davanti nonna e nipote con tanto di mela in bocca.

 Cho alzò gli occhi al cielo, facendo cenno di no col capo e sospirando davanti a quella plateale bugia da parte del suo superiore- e la manifesta incapacità di Rigsby e van Pelt di rendersi conto che il capo non stava dicendo loro tutto.  Quelli erano davvero incredibili. 

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Capitolo 5
*** Missing moments 4: cene e pettegolezzi e perversioni ***


“Ti ricordi cosa ti ho detto, giusto?”

Sarah guardò di brutto il compagno, risistemando il piccolo Ben nel passeggino, e fece un grosso respiro, uno di quelli che indicava che non ne poteva più di ripetere la stessa cosa ancora e ancora. “Wayne, mi studio a memoria memorie legali ed orazioni! Certo che mi ricordo cosa devo dire e come mi devo comportare!”

“Lo so, e, credimi, sei la migliore quando si tratta dell’aula di tribunale, ma sai, qui è il capo, e se combino qualcosa, c’è la concreta possibilità che per i prossimi sei mesi tu non mi veda perché Lisbon deciderà di darmi il turno di notte, o peggio, potrei decidermi che è meglio la morte che dover passare goni singolo minuto della mia esistenza professionale accanto a Jane…”

Sarah fece cenno di no col capo; uomini, pensò, sempre così melodrammatici…. E poi, cosa c’era di male in Jane e Lisbon? Lei aveva il buon senso di ammettere quando qualcuno – lei – era  una vera dura, più dura della stessa poliziotta, mentre Jane… beh, lui sapeva essere un vero cavaliere. E per un ultra-quarantenne, sapeva riempire quei completi davvero niente male. “Wayne, lo so, me lo avrai ripetuto oltre un centinaio di volte. Devo fingere che Lisbon e Jane stiano insieme anche se non è così.”

“Come fai a dirlo con così tanta…. Insomma, non è come pensare ai tuoi che, sì, insomma, lo sai, no?”

“Eh?”

“Sul serio, pensare a loro insieme, non è un po’ come…. Pensare ai tuoi insieme?”

Lei sgranò gli occhi. Davvero quell’uomo non era come sembrava. Grande, ma tanto, tanto tenero, e sotto sotto, un sempliciotto. Oddio, ma davvero aveva fatto un figlio con uno degli orsetti del cuore? E poi, va bene che lui a Lisbon ci teneva, ma paragonarla a sua madre? E cosa aveva quel gran figo di Jane a spartire col padre? Qui, pensò l’avvocato, Edipo ci cova.

Non lo degnò nemmeno di una risposta.

“Wayne! Ma che bello vederti!  E tu devi essere Sarah, e questo, il piccolo Ben, giusto?” una bionda tutto pepe aprì loro la porta quando il dito era ancora per aria, pronto a suonare, e li portò dentro, praticamente trascinandoli. La donna quasi soffocò col suo abbraccio Sarah, e lasciò un bacio di rossetto scuro sulla guancia del neonato che era talmente scioccato da non riuscire più nemmeno a piangere; Sarah ebbe pietà della sua stessa creatura, facilmente scioccata per la vita. 

“Sarah, lei è Kate Jane, la sorella maggiore di Jane… di Patrick… di Patrick Jane, insomma.”  Wayne arrossì, mentre la bionda ridacchiava sotto baffi metaforici e gli metteva a posto la giacca; davvero quell’omone era dolce, e talmente imbranato da non riuscire a chiamare suo fratello per nome.

“Oh, Kim! Sono arrivati… meno male, iniziavo a sentirmi così a disagio! Quei due sono più sdolcinati di noi due!” esordì una voce femminile nell’altra stanza, voce che presto divenne una persona reale che si unì loro, sbaciucchiando il piccolo Ben, che mordicchiava il suo giocattolo con grossi lacrimoni agli occhi, tanto era scioccato; la madre, intanto, apriva e chiudeva i pungi,  stringendo i denti on de evitare di dire cose eccessivamente cattive mentre la bionda ossigenata con il ciuffo rosa sbaciucchiava il suo piccolo. “Sarah, tesoro, dovresti essere meno tesa! Benni potrebbe rimanere sconvolto se continui così!” e facendo ciao-ciao con la mano, la bionda se ne andò, di nuovo verso il suo “ragazzo”, a cui saltò addosso senza troppi preamboli sbaciucchiandoselo nemmeno fossero stati chiusi da soli in una camera d’albergo. 

Oh, sì, sdolcinata lei, questa è buona. Io userei un altro termine, e lo farei in un’arringa accusatoria. “Ma che bello, c’è pure la prostituta!” sibilò mentre disinfettava la faccia del figlio con una salviettina. Dio solo sa dove sono state quelle labbra…

Detestava quella donna, davvero. Non tanto per il piccolo particolare che si era intrattenuta in attività illegali in passato, quanto per il fatto che… beh, una donna come Summer metteva sotto pressione tutte le altre donne. Non aveva dubbi su Wayne, ma quella… aveva una cattiva influenza sugli altri (Cho). E poi, giravano voci in giro, sui giri che ancora frequentava, e temeva che se lei li avesse frequentati, l’avrebbe fatto anche Cho, e Cho, da migliore amico di Wayne, avrebbe potuto voler vedere “mixate” le compagnie, mettendo loro in mezzo.

Quasi quasi era meglio Van Pelt, che sarà pure stata l’ex di Wayne (di cui lui parlava e parlava all’inizio della loro relazione, in modo talmente soffocante che aveva pensato, lì per lì, di mollarlo), ma almeno la rossa aveva avuto il cervello di capire cosa era meglio per il suo (ex) ragazzo e farsi da parte per la di lui felicità. Adesso, quasi erano amiche. Anche se quasi era la parolina magica del caso…

“Sara!” Sibilò Wayne, ma lei non era certa che lui avesse detto il suo nome, dato che i denti stretti lui li aveva davvero, per non farsi sentire più di tanto.

“Che c’è? E’ vero! Lo sai benissimo. E qui noi non parliamo di illazioni. Ci riferiamo a precisi fatti, ai precedenti e infine anche flagranza di reato alla reiterazione dello stesso, a proposito del quale…”

E lei andò avanti, ma mentre si incamminavano verso la sala da pranzo, raggiungendo Kate e “Kim” e la sua ragazza, lui non sentì nemmeno mezza parola, impegnato com’era a immaginare pannolino sporchi e  rigurgiti di neonati per smorzare la libido. Doveva davvero essere innamorato pazzo se, dopo due anni, ancora tutte le volte che faceva l’avvocato in sua presenza lui si arrapava e resisteva a stento al bisogno patologico e bestiale di saltarle letteralmente addosso, strapparle i vestiti a morsi, buttarla a terra e fare l’amore con lei in loco, al diavolo i presenti. Sfortunatamente, però, pensare a cose da neonato non aveva più effetto per lui, perché pensare a Ben gli faceva pensare al fatto che lei fosse rimasta incinta dopo che lei lo aveva preparato ad un interrogatorio in tribunale, recitando la parte dell’avvocato dell’accusa bastardo; in particolare, ricordava molto bene lo stanzino dell’unità, adibito a magazzino, e l’ex divano di Lisbon, su cui quell’angioletto era stato concepito.   

Ok, magari immaginarsi vecchie nonnine rugose in costumi da bagno comportarsi da femme fatale poteva essere d’aiuto…

Andò a sbattere contro qualcosa, e si fermò di botto, arrossendo in volto come un bimbetto colto sul fatto, e le mani andarono immediatamente a coprire l’inguine, sperando di non attirare troppo l’attenzione, nel caso le nonnine non avessero ancora sortito l’effetto sperato; fortunatamente, chi contro cui era andato a sbattere- Sara – non era maliziosa come Summer. “Wayne, stai bene?”

“Uhm, sì, scusa, stavo solo….sai, io, ecco, vedi, il fatto è che…” era sempre stato un pessimo bugiardo, ma tuttavia lo aveva sempre fatto. Però, con Sara, la sua capacità era ben lontana dallo zero. Nel senso che proprio non ci riusciva a farlo. Non riusciva nemmeno a pensare di mentirle. Fortunatamente, Jane lo salvò all’ultimo istante dall’ammettere un’imbarazzante verità , dandogli una sonora pacca sulle spalle.

“Wayne, vecchio mio! Ehy, vedo che hai di nuovo incontrato mia sorella, spero che si sia comportata bene, sai, Kate ha una certa idea delle relazioni tra uomini e donne, molto… aperta.” Gli diede un’latra pacca, ripesando al mattino del giorno precedente, quando, senza troppi convenevoli, la sorellina aveva messo gli occhi sul bruno, infischiandosene di informarsi prima se fosse libero o meno. “Anche se tuttavia dubito che ti disturberà ancora. Le ho sentito dire qualcosa a proposito di carne fresca e di insegnare ad un certo cocco di mamma com’è una vera donna e come deve essere un vero uomo…”

“tua sorella e Wainwright? Che schifo!”

“Oh, andiamo, Wayne, lo sappiamo tutti che sotto sotto sei un maschiaccio cattivo, cattivo, ed un gran sporcaccione, per giunta. Non dovresti fare la parte del puritano, sai? Non quando tuo figlio è stato concepito su un divano del CBI… non che io abbia a che ridire, il divano non era il mio, perciò…” Wayne arrossì e simultaneamente rabbrividì all’idea del suo superiore e quella… mantide insieme, poi, però, vide cosa Jane gli stesse indicando col capo, e  non seppe se ridere o compatire il suo superiore. Solo perché era un cocco di mamma/ figlio di papà/ presuntuoso saputello bastardo e stronzo si meritava di essere LETTERALEMNTE messo all’angolo da una donna che gli si strusciava addosso mordicchiandogli il lobo dell’orecchio,  mente lui rabbrividiva ad occhi chiusi, e non certo di piacere. Ok, si meritava anche di peggio, dopo tutte quelle che gli aveva fatto passare. Vabbè che lui sospendeva Jane se Jane faceva qualcosa, e non se la prendeva con loro, però rimaneva uno stronzo, perciò, sì, se lo meritava.

Sempre che poi non avesse deciso di vendicarsi di loro una volta che l’uragano avesse levato le tende….

“Ehy, Wayne, ciao! E’ bello rivederti, Sara, e ciao anche te, cucciolo! “Lisbon si chinò sul bambino e gli diede un bacino e poi iniziò a giocherellare con lui, il sorriso sul volto, radiosa, e Jane si sciolse come neve al sole. Si ritrovò con gli occhi un po’ umidi, un sorriso da idiota e a sospirare come una ragazzina innamorata, preso com’era da quella scena. Lisbon con un bambino? Una cosa così meravigliosa che non poteva fare a meno di volerla vivere di nuovo, ancora, preferibilmente con un figlio suo.

Il lato neandertaliano del suo cervello lo fece sogghignare come un vecchio pervertito all’idea di metterla incinta… lo yoga l’aveva resa molto, molto…slanciata e flessuosa, e c’erano un mucchio di posizioni che favorivano la fertilità, posizioni che non vedeva l’ora di sperimentare entro i confini della camera da letto, es e tutto fosse andato come diceva lui, una volta smammata Kate,  entro i confini… beh, dove avessero voluti. Kate non era certo l’unica della famiglia ad essere di mentalità aperta per quel che riguardava il sesso, e se Lisbon aveva accettato di prendere in considerazione l’idea degli amici di letto, nemmeno lei, perciò…c’era di che festeggiare.

Sara intercettò il suo sguardo – il rossore di risposta di Lisbon non appena anche lei quegli occhi li aveva visti -   e strizzò gli occhi con fare interrogativo, mordendosi il labbro un attimo prima di afferrare il compagno per un gomito piuttosto energicamente, facendolo scattare. “Wayne, non trovi che Jane sia strano?”

“Jane, strano? No, credimi, tu non lo conosci ancora bene, ma è sempre il solito.” Le rispose dandole un pizzicotto sulla guancia nemmeno fosse stata una bambina sciocca. Sarà, pensò lei, ma quei due sembravano davvero una coppia.

Qui gatta ci cova…

“… c’è qualcosa di diverso da quando sono venuta qui per il trasloco… non sembra anche a te, Grace?” Come Sara aveva precedentemente pensato, lei e van Pelt non erano esattamente amiche, ma erano civili, per lo meno. E poi, entrambe  condividevano la passione per i particolari. Perciò, sì, ricordavano ogni singolo pezzo d’arredamento che Jane aveva in casa al momento della festa alcune settimane prima.

Grace fece segno di sì, con fare cospiratorio, mentre entrambe guardavano una scena che molto probabilmente i “padroni di casa” non sapevano essere spiata; Lisbon, in cucina, si era messa sulle punte per prendere una ciotola in uno scaffale piuttosto alto, e Jane le si era messo alle spalle, prendendola con una mano, mentre con l’altra l’aveva afferrata per un fiano, portandola contro il suo corpo, baciandole malizioso il collo, e lei non aveva dato segno alcuno di essere imbarazzata dal gesto, anzi, sembrava essersi spinta lei stessa verso l’abbraccio di lui.

“Sono tutte cose che Lisbon aveva a casa sua, e per giunta, hai visto come si muove per casa? Non faceva così nemmeno da lei. E questo” sibilò un po’ gelosa, ma con le lacrime agli occhi “E’ solo la punta dell’iceberg.”

“Oh, e avresti dovuto vederlo mentre Teresa aveva in braccio Ben! Se la stava mangiando con gli occhi! Temevo che le sarebbe saltato addosso per metterla incinta nel bel mezzo della sala da pranzo!”

“Dio santo, è un crimine quanto i loro figli saranno belli e perfetti! Ma ti rendi conto di che razza di geni erediteranno? Sexy manipolatori con una tendenza al comando ”

“Grazie al cielo, allora non sono l’unica a pensare che quei due stiano fingendo di fingere!”

“Io ho la visione romantica della cosa, Cho crede che sia solo sesso. Wayne…”

“Oh, per favore, Wayne prende per oro colato tutto quelle che Jane dice, perciò crede che stiano davvero fingendo!”

Dalla cucina, intanto, arrivò la voce di Kate, squillante e argentina- e poterono perfino sentire il respiro affannoso del terrorizzato Luther, che sembrava essere scampato ad un attentato e non a un tentativo di molesta sessuale -  “oh, ragazzi, siete così teneri! Avete già deciso la data delle nozze, poi? Perché i vostri amici vorranno saperlo in anticipo, e lo voglio sapere anche io. E poi ci vuole tempo per prenotare nei posti migliori, e non parlatemi delle prove degli abiti! Teresa, hai poi deciso se vuoi il bianco? Perché credo che….” Grace sentì qualcosa cadere dalle mani di Lisbon- una pentola o un pesante coperchio- e non poté che pensare che in ufficio Jane si sarebbe già beccato una piallatrice o un fermacarte in testa.  

Ma soprattutto, che Jane in smoking era uno schianto, e che Lisbon sarebbe stata un sogno in abito bianco. Perché di certo lo avrebbe scoperto da lì a poco, perché non c’era via che credesse che loro due stessero mentendo. Erano troppo perfetti per non essere veri. Più veri della finzione.

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Capitolo 6
*** Missing moments 5: aftermaths ***


capitolo corto, ma sapete, serviva un po'....
e ricordate: il tutto accade DOPO la fine dell'one.shot!

Jane non si lamentava di certo, perché c’erano cose be peggiori di una Teresa Lisbon completamente nuda, spaparanzata nel suo stesso letto, accoccolata contro il suo corpo- anche questi nudo.  Aveva un po’ da ridire sul fatto che l’indice di lei continuasse  a tamburellare contro il suo capezzolo. Non che fosse doloroso, ma era parecchio fastidioso…

“Teresa? Credi che andrai ancora avanti per molto? Credevo di averti sfinita…” Le chiese in tono semi-canzonatorio.

“Sta zitto, idiota, sto pensando” Jane trattenne a malapena un ghigno. Certe cose non cambiavano mai. Anche se erano passati dall’essere colleghi e amici all’essere amici di letto, e poi a fidanzati dopo una specie di rottura, lei era sempre acida con lui.

Ah, sì, la amava davvero…

“Reese, se il tuo adorato cervello sta immaginando tutti i possibili scenari in cui noi sveliamo il nostro segretuccio ai nostri colleghi…beh, sappi che non devi farti assolutamente problemi. Nessuno crede che noi non siamo una coppia.”

“eh?”

“credono che stessimo fingendo di non stare insieme.”

“non stare insieme” ripeté lei per enfatizzare la cosa.

Lui le stropicciò la frangia, e poi la baciò sul capo, veloce e tenero, poi, senza aggiungere null’altro, andò nuovamente sotto le coperte, facendo accoccolare Teresa accanto a lui….

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Si erano divisi i ruoli, lui avrebbe pensato al capo, e eli al team. Il suo tema. Il team a cui aveva mentito. A fin di bene, ma pur sempre una menzogna era.

Si schiarì la gola, mentre, dall’ascensore ancora aperto, Jane le faceva segni di incoraggiamento;  lei camminò piano, e poi, quando arrivò davanti alle scrivanie si fermò, chiudendo gli occhi per la vergogna, rossa come un peperone, parlando così veloce che dubitava l’avessero capita.

“Jane ed io ci sposiamo a ottobre!”

Poi, il silenzio, e dopo…

“Dannazione, capo! Adesso mi toccherà portare Sara in crociera!”

E poi, due braccia che in pratica la stavano stritolando, e setosi e lungi capelli che le sfioravano il capo. “oh, capo, che bello! Posso are la damigella! Non sai che grandi idee ho già! Ho, lo sapevo, io e Sara lo avevamo detto che eravate troppo belli insieme per far finta!”

Lisbon si divincolò dalla morsa di Grace, e mentre si allontanava, mogia, mogia, verso il suo ufficio, si rese conto che Cho non aveva parlato. E che sembrava piuttosto compiaciuto.

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Jane non badò a preamboli né a cortesie. Si limitò ad entrare nell’ufficio di Bertram, a squadrare lui e poi la segretaria, e poi sorrise, incrociando le mani sul petto come in fare vittorioso.

“Sua moglie è la figlia di un importante imprenditore. L’ha sposata solo per interesse, ma quella stessa famiglia, lei sa che se scoprissero dei suoi tradimenti la distruggerebbero, e potrebbe mandare un bel bacio alla sua carriera. Perciò sarò gentile: non mi scapperà nulla sulla relazione parallela che h avuto negli ultimi… 5 anni con la qui presente Amber se lei farà in modo che Lisbon ed io possiamo sposarci. Tutto chiaro? Sì? Bene, silenzio assenso, ci vediamo, direttore!”

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  “Jane, voglio davvero sapere come hai convinto il direttore ?”

“Uhm, direi di no. Credi sia stato troppo… amorale per i tuoi alti standard. E non fraintendermi, i tuoi alti standard sono perfetti! Ma sai, io preferisco un approccio più.. diretto. E poi, guarda il lato positivo, potrai sposarti in abito bianco!”

“manco morta” gli ripose, chiudendogli la porta della camera da letto di lui i faccia.

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Capitolo 7
*** Missing moments 6. piccolo interludio ***


Alla notizia delle nozze, Grace aveva ripreso, immediatamente, in mano le riviste da sposa, nonostante l’evento fosse stato fissato da lì a sei mesi. Sfortunatamente, per qualche starno motivo, la rossa e la bionda (Kate) si  erano messe a confabulare per telefono, decretando ogni singolo particolare della cerimonia e tagliando fuori dai preparativi i futuri coniugi, se non per sobillarli di richieste e prove che, in un mondo normale, sarebbero state fatte a settimane, e non mesi, di distanza; Teresa, al riguardo, doveva ammettere di sentirsi confusa. Da una parte, provava in minimo di tenerezza nel vederle prodigarsi per eli, e poteva anche capire che le due… ehm, zitelle, desiderassero organizzare almeno un matrimonio nelle loro vite- e che Grace volesse organizzare un matrimonio che funzionasse. Dall’altro alto, proprio perché il matrimonio di Grace non era finito nei più rosei dei modi (aveva ben sparato al fidanzato a 24 ore dalle nozze, no?) Teresa non era del tutto certa che chiedere alla rossa – o meglio, permetterla- di aiutarla fosse di buon auspicio…

E poi… non era solo il fatto che si sentisse a disagio nel fatto che fossero loro ad organizzare il matrimonio. Era il fatto che lo stessero organizzando, punto. Addirittura, una bella mattina, le “maestre di cerimonia”, come Patrick le aveva scherzosamente soprannominate ridendosela della grossa, l’avevano anche informata che non solo il matrimonio sarebbe stato fatto in chiesa (cosa non facile da digerire per un ateo come Jane) ma che sarebbe avvenuto nella cattedrale cittadina, davanti a centinaia di persone, ovvero tutti i “big” – celebrità, ricchi, politici, avvocati, magistrati, pubblici ministeri, capi della polizia – che nel corso degli anni avevano incrociato le loro strade.  Per un po’ Teresa aveva fatto finta di nulla, sorridendo sforzatamente, anche perché erano anni che non vedeva la rossa così felice, e che Jane sbuffasse quando nessuno vedeva- soprattutto ora che anche lui scopriva cosa si provasse ad essere vittima delle “maestre di cerimonia”-  non sembrava importare a nessuno. Lui, dopotutto, a tutto quello che era convenzionale sbuffava sempre, e se rideva di tanto in tanto, era perché vedere Teresa scendere a patti e fingere (pessima attrice) era davvero un divertimento, come pure lo era scommettere con Cho su quando sarebbe scoppiata. Lui aveva detto che alla menzione di abito bianco – virginale – sarebbe andata in escandescenza, il collega invece credeva che sarebbe benissimo potuta andare fino in fondo, giusto per portare ancora una volta a compimento la missione da complesso di Santa Teresa.

Teresa, però, con grande terrore di Jane, che già si vedeva in smoking davanti a centinaia di persone, non cedeva nemmeno di un passo. Fino a che, una bella sera, mentre lui era sdraiato a letto a guardarsi un documentario del National Geographic,  la sposa non entrò in stanza fumante, con le mani sui fianchi, polverizzandolo con lo sguardo. Ripassò mentalmente la sua posizione, rendendosi conto che nelle ultime 72…(ok, nelle ultime 24 ore, esagerare non era il caso e una relazione non lo aveva cambiato così tanto, anche se la sua donna era Teresa),  non aveva fatto nulla per farla arrabbiare; ergo, era arrabbiata con le due donne, ergo, era salvo dalla tortura!

Sorrise fino alla punta dei capelli, strofinandosi, sogghignando, le mani dalla soddisfazione, già pregustando le parole che Teresa avrebbe detto…

“Niente matrimonio ad ottobre” … e detto sorriso scomparve, lasciando spazio e bocca aperta, occhi spalancati in preda al terrore e pure qualche lacrimuccia mentre lui le si gettava ai piedi, abbracciandole le gambe mentre la supplicava di non farlo soffrire di nuovo come a prima volta che avevano rotto. “Jane? Ma che fai?”

“giuro che chiederò scusa a chi vuoi, farò tutto quello che vuoi, diventerò anche il tuo giubbotto antiproiettile personale, ma non lasciarmi, Teresa! Niente ipnosi o manipolazione, giuro!”

Sollevò un sopracciglio, quasi tentata di accettare la sua proposta, ma principalmente, era talmente patetico da farle pena, perciò, senza indugiare oltre, finì la frase che prima aveva, inutilmente, tentato di portare a compimento. “…perché ho già organizzato tutto per il primo sabato del mese prossimo. L’appuntamento è alle dieci in municipio. Cho è il tuo testimone, Minelli sarà il mio. Domani dobbiamo andare a firmare i documenti”

“Oh” poi, però, si riprese. “Uh. Sapevo che non avresti retto  a quelle due!” 

Teresa alzò un sopracciglio, non essendo del tutto certa di volergli credere. Certo, all’inizio Patrick non era stato loro vittima, ma essenzialmente, lui le aveva detto di accettare le cose com’erano e non farsi nessun problema, che al matrimonio non avrebbe dovuto pensarci lei, perché avevano già due wedding planner, per giunta a gratis. “Oh, no, non è quello. È che è già abbastanza imbarazzante sposarsi a quarant’anni per giunta con quello che tutti definiscono l’uomo della mia vita, ma farlo a quarant’anni e col pancione, grazie, ma non grazie” e così dicendo, scese in cucina, sorridendo come una gattina maliziosa-  aveva voglia di patatine.

“…pancione?” le chiese, imbecillito, seguendola come un fedele cagnolino mentre andava in cucina.

“Sì, sai, quella cosa che viene alle donne incinte, normalmente dal quinto mese in poi…. Accidenti, ma non avevamo ancora un sacchetto di patatine?”

“Nel freezer ci sono quelle surgelate, due minuti in microonde. Ma non prendevi la pillola?” le chiese, iniziandosi a preparare il tè, con una nonchalance che era ben lungi dal provare-  ma la soddisfazione e l’autocompiacimento, quelle sì, c’erano, eccome se c’erano!

“la sera che me ne sono andata da casa tua ho scordato di prenderla. A mia difesa, ero certa che non mi sarebbe più servita, e quando sei arrivato tu… la mia concentrazione non era delle più salde, diciamo.” Ammise, arrossendo.

“Oh, beh, uno sbaglio accettabile, specie se si chiamerà Patrick jr. o Patricia..”

Lei, quasi gli prese le mani nella porta del frigorifero.

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Capitolo 8
*** Missing moments 7. (non esattamente) il più bel giorno della vita ***


Non esattamente il più bel giorno della vita

 

“Con tutto quello che hai nell’armadio hai trovato solo questo, non avevi davvero nient’altro da metterti?”

“Tu adori il gessato, Teresa….”

“sì, beh, uno sforzo però lo potevi fare! Spendere un po’ di tutti quei soldi che hai tenuto da parte per un completo nuovo proprio no, eh?”

“Ho appena comprato e arredato casa. E poi anche tu sei vestita  normale…”

“per non parlare della macchina. Hai una collezione di auto vintage che vale milioni di dollari, e tu, il giorno del mio matrimonio, mi porti in giro con la Citroen, che sono più le volte che ti molla per strada che quelle che funziona! Lo sai che ho perso il conto delle volte che qualcuno è dovuto venirti a prendere perché il tuo gioiellino a metà strada ti aveva piantato in asso?”

“E’ il nostro matrimonio, Teresa, il nostro matrimonio. Se non inizi a considerarmi, potrei finire col sentirmi un prostituto…”

“E come volevasi dimostrare, di tutto quello che dico il signore sente solo quello che gli fa comodo!”

“Ho portato la macchina a revisionare ieri, Teresa, non ci abbandonerà a metà strada.”

“Sarà meglio, ma sappi che io comunque sono ancora arrabbiata con te, perciò, non aspettarti nient’altro che passare da solo sul divano la tua  prima notte di nozze. Tanto hai avuto anni per abituarti, no?”

“E di grazia, che cos’è che avrei fatto, stavolta?”

“Oh, certo, perché tu adesso non lo sai!”

“Ehy, ehy, ehy, vacci piano, non è tutta colpa mia! Tu avevi detto che non era necessario che io usassi altre precauzioni perché tu prendevi la pillola! E anche se sono lusingato che tu te lo sia scordato a causa mia, non credo che….”

“Non sto parlando di quello, idiota! Parlo del fatto che è causa tua se Minelli non è potuto venire, e io mi sono dovuta abbassare a chiedere a Summer di farmi da testimone!”

“Ehy! Io sono qui, potreste smettere di fare finta di essere soli?”

“Summer, nessuno ha chiesto la tua opinione. Ti sembra forse che io abbia chiesto la tua opinione? Non credo proprio. Perciò adesso chiudi il becco, oppure giuro su Dio che mi scorderò di chiudere un occhio sul fatto che un certo informatore confidenziale va  a letto con un suo certo referente di nome Kim.”

“Ma non è giusto! Lo fai suonare tanto come se io….”

“Summer, credimi, non è il caso di contraddire Teresa. Dalle un paio di giorni” o magari di settimane. O di mesi. “e vedrai che le passerà.”

“Mi stai forse dando della pazza, Jane? O dell’isterica, magari?”

“Oh, no, no, certo che no. Dico solo che per via del matrimonio e di tutto il resto, ultimamente sei particolarmente…. Stressata, ecco tutto.”

“Perciò, secondo te, io sarei in preda ad un esaurimento nervoso, giusto? Ti sembra forse che stia ballando completamente ubriaca e strafatta di psicofarmaci con soltanto una maglietta addosso?”

“Solo la maglietta? Davvero? Curioso, soprattutto perché sapevi che io ti stavo guardando…”

“Jane! Sei un porco maniaco! Ma di tutto quello che ti ho detto hai solo sentito quello?”

“Uhm, beh, per rispondere alla tua domanda, no, non credo tu stia avendo un esaurimento nervoso, tuttavia, il perché la mancata presenza di Minelli possa essere additata come una mia responsabilità, sfugge alla mia concezione.”

“Minelli ha dovuto organizzare all’ultimo minuto una gita con May, la sua fidanzata, perché hanno litigato!”

“E a me continua a sfuggire come questo possa essere additabile a me…”

“chi è che ha presentato May a Minelli?”

“Gradirei ricordarti che quella fidanzata che io gli fatto  conoscere lo ha salvato dallo sprofondare nel baratro dell’alcolismo in cui era caduto dopo essersi ritrovato improvvisamente in prepensionamento.”

“Ma davvero! Perciò, non l’hai utilizzata come merce di scambio per ottenere l’aiuto del nostro ex capo nello scoprire chi fosse la talpa!”

“Cosa? No, e poi ti avevo detto tutto!”

“Tu mi hai detto tutto a cose fatte, e solo perché avevi bisogno che qualcuno ti togliesse di guai!”

“Perché, invece di lasciarti ossessionare da simili sottigliezze, non ti concentri sul fatto più importante, cioè che sono stato aperto ed onesto con te?”

“Tu chiami sottigliezze tre giorni di sospensione senza paga e sei mesi di terapia su controllo ed elaborazione della rabbia?!”

“Oh, andiamo, io…”

“Chiedo scusa, ma avrei altre coppie da sposare dopo di voi, se perciò poteste cordialmente decidere se sia il caos di proseguire oltre con la cerimonia o meno…”

Lisbon spostò lo sguardo da giudice  Jane, e viceversa, fulminando quest’ultimo senza mezze misure. “La cerimonia non è, non è mai stata né mai sarà in dubbio, signore. Cos’è, la prima volta che vede una coppia che ha un battibecco?  Mi sarò persa qualcosa, ma ero certa che il matrimonio funzionasse proprio così!”

“Veramente, da cosa ricordo io, voi battibeccavate ancora prima di mettervi insieme…”

“Summer? Zitta. E lei” indicò di nuovo il giudice con un dito, spiazzandole e terrorizzandolo al contempo. “arrivi al dunque.”

“Bene, allora, vuoi tu, Teresa, prendere il qui presente P…”

“Sì, lo voglio, prossima domanda.”

“ Vuoi tu, P…”

“Sì, lui lo vuole.”

“Lo voglio? Oh, sì, lo voglio. Scusa, avevo scordato che mi è concesso parlare al mio matrimonio!”

“Stai forse insinuando che sono despotica?”

“DICO che gli ormoni ti rendono despotica, e se sei così ora, temo quando arriverai al sesto mese!”

“Tu non vuoi altri figli! Magari non vuoi nemmeno questo, ammettilo!” singhiozzò lei, nascondendo il volto dietro lo scarno mazzo di fiori.

“Cosa? No! Voglio solo dire che non sarebbe una cattiva idea chiedere al tuo medico se non ci fosse qualcosa contro gli sbalzi di umore in gravidanza!”

“Perciò non pensi che sia pazza…”

“Pazza? Oh, sì, certo, ma solo di me. Per il resto, sei solo adorabilmente incinta….” Singhiozzando, Teresa gli si lanciò al collo, e lo ricoprì di bacetti, mentre tutto il suo trucco si scioglieva, sotto gli occhi agghiacciati di Summer.

“Bene, allora, in questo caso, vi dichiaro marito e moglie e avanti la prossima coppia, per l’amor di Dio!”

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“Perciò, secondo me, questo stilista ti vestirebbe meglio, per via della linea. Katy è d’accordo con me!” Grace esclamò quella sera, mentre, nel patio, si godevano tutti una bella tazza di the bollente. A Teresa si raggelò il sangue all’idea della delusione che le stavano per dare, era da molto che non la vedeva più entusiasmarsi per qualcosa che non fosse pestare o sparare.

“Grace, ascolta cara, noi apprezziamo molto quello che state facendo per noi, ma vedi, Teresa ed io dobbiamo dirti una cosa. Il matrimonio…”

Grace subito si incupì a sentire quelle parole, ed immediatamente si irrigidì, ed iniziò a tirare su col naso, quasi sapesse già cosa le volevano dire. E fu allora che Teresa capì che non poteva assolutamente  dirle ciò che avevano prestabilito; quindi, finì la frase del marito esattamente nel modo opposto a quello previsto…

“Il matrimonio dovrà subire alcune modifiche perché io sono incinta!”

“Ah! Allora devo subito andare a vedere qual è il migliore stilista per i vestiti pre-maman… su internet ci sarà qualcosa di sicuro… e poi potremmo pensare ad un menù a tema, magari ispirato alle voglie! Con tanto cioccolato e tanta panna!”  e così, le due donne svanirono le piccolo ufficio, a vedere abiti da sposa sul computer che Grace chiamò un vecchio catorcio dell’età della pietra, e il povero consulente finì col lavare i piatti solo soletto….”

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“Non avrai intenzione di lascarmi davvero sola soletta in quella grossa e fredda camera da letto la nostra prima notte di nozze, vero?” Lisbon, con una camiciola da notte degna di una pornodiva, fece capolino da dietro il divano, ottenendo come risposta che Jane si voltò, dandole le spalle. “Jane…” sibilò esasperata a braccia conserte.  Ci aveva messo ore per apparire al meglio, e più conturbante e desiderabile che mai, nella sua prima (e si sperava, unica prima) notte di nozze, e lui rovinava tutto, come suo solito.

“Teresa, al giorno d’oggi, nessuna donna fa sesso la prima notte di matrimonio. Sono così stanche e  stressate che appena toccano il materasso crollano addormentate!”

“pianatale di fare il mentalista con me! Lo sai che odio quando inizi a gironzolare per la mia testa!”

“Non ho “gironzolato per la tua testa”, per usare la tua colorita definizione del mio talento. Semmai, sei stata tu che sei stata così ovvia da…. Uhm…. Sistemarti come una fantasia maschile uscita da un film porno…”

“Oh, ma guarda, abbiamo a che fare con un esperto, vedo! Ma che bravo, davvero adulto, Jane! Quindi è questo quello che fai quando io non posso o non voglio dartela vinta, eh? Scendi in salotto a vedere un dvd o magari la tv satellitare, e intanto tu ed il tuo amichetto vi date una mano l’un l’altro!”

“Sappi che li guardavo da adolescente,  e se vogliamo essere pignoli, io non guardavo i dvd, ma le videocassette!”  seguirono minuti di silenzio, in cui lei cercò tutti i modi possibile per trascinarlo nel loro talamo nuziale. “e poi, sei stata tu a cacciarmi da letto. Per non parlare del fatto che sono molto arrabbiato con te. Abbiamo fatto i salti mortali per poterci sposare come volevamo noi e scappare alle belve, e tu cosa fai? Mi fai passare le pene dell’inferno, e poi dici a Grace di organizzarci un matrimonio a tema pre-maman?”

“Grace era così triste! Una volta eravamo misere in due, ma adesso lei è l’unica single rimasta...”

“Non per molto ancora” sbuffando esasperato e stanco, Jane si sedette, dando pacche al posto accanto al suo, indicandole il suo desiderio che lei lo raggiungesse per meglio approfondire il discorso. “Cho sta per lasciare- se non lo ha già fatto oggi – Summer. Crede che lei lo stai facendo lentamente ed inesorabilmente sprofondare nel precipizio sul cui fondo  era  già caduto ai tempi degli Avon Playboy.”

“Devi per forza fare il poetico per una cosa così seria?” glie chiese, alzando un sopracciglio e un angolo delle labbra.

“Lo sai anche tu che non è una relazione salutare. Lei non gli fa bene.”

“Non posso dire ceto dire di saltare di gioia all’idea che loro due tronchino, però…” Lisbon fece una pausa, riflessiva, e concentrò il suo sguardo davanti a sé. “Però devo essere sincera. Sono sollevata che le cose stiano andando in questa direzione. Summer… non aveva certo un’influenza positiva su Cho.”

“E di noi due cosa dici? Perché sai che è questo che la gente dice, che io non abbia un’influenza positiva su di te.” Prese la mano di lei nella sua, intrecciando le dita, e lei lo guardò affascinata e felice, sorridente.

“Tu non hai mai permesso che mi riempissi di antidolorifici al punto da non riuscire nemmeno a stare sveglia, rischiando di far morire ammazzato un membro della squadra. A dire il vero….” Continuò, lasciandosi cadere sulla spalla di lui. “tu insistevi sempre perché trovassi metodi alternativi… the, massaggi, yoga, ipnosi….”

“Io, comunque, rimango dell’idea che dovremmo riflettere sulla cosa. Soprattutto perché, come hai detto tu, Grace si sente miserabile perché single, quindi non credo che sentire Rigsby fare a Sarah la proposta di matrimonio che lei si aspetta sia una cosa così…. Carina” e così dicendo, sorridendo mentre le baciava i capelli, la tirò su, e sempre con il capo di lei sulla spalla, tenendola per mano, andò a dormire.                

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Capitolo 9
*** Due verità non fanno esattamente una bugia ***


trick

Eccoci qui, vi presento l'ultimo capitolo...spero che vi siate divertite quanto mi sono divertita io, ed a presto con la mia fic per il jisbon day!


Lisbon era rimasta impassibile a tutte le sue richieste e suppliche, arrivando lei stessa a ricattarlo per farlo cedere – non poteva cacciarlo di casa, visto che era lui il proprietario, ma dalla camera da letto, sì – e alla fine, sbuffando e alzando gli occhi al cielo, Jane aveva ceduto: se la sua signora e la sua combriccola volevano un “vero” matrimonio, un vero matrimonio la sua signora avrebbe avuto; inoltre, contro ogni aspettativa, anche la sua ultima scusa, il non volere vedere la single Grace miserabile dinnanzi alla proposta di matrimonio di Rigsby a Sara era stata cancellata dal repertorio, quando:

A)     Rigsby aveva chiesto a Sara di sposarlo nel giorno della festa della mamma, facendo portare l’anello dalle piccole manine di Ben, racchiuso in una scatola che era divenuta nelle sua mani un giocattolo per le gengive pieno in modo rivoltante- ma  tenero a detta della coppia di genitori - di bave, e

B)     Grace aveva iniziato a uscire con un tizio che aveva incontrato a terapia di gruppo, un ragazzo simpatico che non si sarebbe fatto dominare da lei come aveva fatto Wayne né l’avrebbe piegata e manipolata come aveva fatto Craig o i vari psicotici/psicopatici per cui la rossa sembrava avere una calamita.  

“Sei assolutamente certa di quello che fai, donna? Perché con quelle due non si torna indietro…” scherzò lui una sera, accoccolandosi contro la sua donna nel letto. Lei si limitò a fare cenno di sì col capo, sorridendo un po’ maliziosa prima di dargli un veloce bacio.

“e poi, ho visto un abito meraviglioso, e so che è stato fatto apposta per me. Perciò… sì, credo proprio che ti sposerò. Di nuovo, e stavolta…. Per bene. Davanti a tutti.”

Lui, capì cosa volesse dire all’istante, e le diede un bacio sul capo, veloce e dolce e pieno di significato, l’ennesima manifestazione delle sue promesse di amore eterno alla donna persa nel suo caldo abbraccio.


Passarono i mesi, più velocemente del previsto, e, tra un caso e una prova vestito, giunse la vigilia delle nozze; Kate sarebbe stata da loro per un paio di giorni, e stava già facendo sentire la sua presenza altamente autoritativa  e rompiscatole, scatenando una forte emicrania nella futura mamma e sposa che assisteva sbigottita alla scena.

“Non hai un altro posto dove andare, Rick?” Ah, la dolce Kate, sempre così diretta e schietta… in un mondo popolato dalla menzogna, la sua sincerità era corroborante e sorprendente. Ma questo non toglieva nulla al fatto che più volte che non desiderava ardentemente metterle le mani intorno al collo e strozzarla perché di farsi gli affari suoi proprio non ne voleva sapere…   anche se, forse, se sua sorella non si fosse mai immischiata a tal punto, lui e Teresa non sarebbero mai giunti a quel punto, né avrebbero avuto un figlio in arrivo -Anderson Jane avrebbe preso tutto dal padre, almeno dal punto di vista fisico, a detta di Teresa, che si sentiva enorme ma felice di esserlo, soprattutto quando al sua fianco c’era un uomo che passava il tempo a dire che non c’era niente che un maschio eterosessuale monogamo trovasse più sexy della sua compagna, con forme arrotondate ripiene di vita creata insieme in un atto di abbandono e appartenenza totale e di amore e passione.

“Casa mia, ricordi?” le chiese, arrotondando un po’ di spaghetti intorno alla forchetta.

“tradizione vecchia di secoli, ricordi? Lo sposo non sta sotto lo stesso tetto della sposa! Cos’è, la vista di coppia ti ha fatto scordare come si dorme in hotel o cosa si prova a dormire sul divano di un amico? Teresa ed io ti abbiamo permesso di mantenere quel malsano stile di vita per anni, e adesso, che lo dovresti utilizzare, non lo fai?” Teresa ridacchiò a sentire Kate parlare così. Col nominare tradizioni e regole, non faceva altro che incentivare Patrick a fare l’esatto opposto di quello che lui avrebbe dovuto fare. “Scommetto che hai pure già visto l’abito da sposa!”

“Puh, come se avessi bisogno di vedere l’abito da sposa di Teresa per sapere com’è l’abito da sposa di Teresa….” Fece una pausa, e reclinandosi sulla sedia all’indietro, indice destro sul mento e dita della mano sinistra  a battere ritmicamente sul tavolo, iniziò a (fingere) di riflettere   intensamente, come  faceva tanto, troppo spesso sulle scene del crimine per scovare il colpevole o semplicemente per innervosire il riccastro di turno. “Allora… l’abito da sposa di Teresa è lungo, con un piccolo strascico, direi sui 20 centimetri, da non essere troppo di impaccio, senza maniche, scollatura a cuore, parzialmente celata dallo scalda cuore in tinta, direi pizzo, che indosserà, sia perché il matrimonio sarà religioso e Teresa non vuole far venire un infarto al padre con le sue generose curve, sia perché ormai è autunno, e se non è freddo, è comunque fresco qui in questa zona della California, specie la sera. . È color champagne, perché il bianco sarebbe una cosa ipocrita dato che rappresenta lo stato virginale della sposa,  stile impero per accentuare la pancia, perché Teresa ritiene che questo bambino non debba essere nascosto o negato, primo perché ormai è troppo avanti nella gravidanza, secondo, anche se in realtà è il motivo principale ma lei non lo ammetterà mai, perché non ritiene che il piccolo sia stato concepito nel peccato, perché è frutto del nostro amore…” Kate singhiozzo, asciugandosi il naso con un delicato fazzolettino bianco in pizzo; decisamente, riteneva Teresa, nonostante l’apparenza e l’opinione comune, una donna molto, molto romantica. “scarpe in tinta con cinturino, tacco medio, 5-7 centimetri, più 5 per via della gravidanza e del maldischiena. Intimo… ha fatto una riga su color carne con spalline in silicone, preferendo un bianco latte, una variante dello Champagne, senza spalline, gancetto sul davanti, perché sa che mi piace. Per lo stesso motivo ha preso le culottes, una specie di mini-short da donna versione intimo, e giarrettiera…” le fece gli occhioni da “vecchio pervertito in calore”, ululando come un lupo arrapato, e lei rise, mentre Kate grugnì;  Teresa allungò la mano, dandogli uno schiaffetto sull’avambraccio. 

“A volte detesto che tu mi conosca così bene… “ rispose lei con dolcezza, ma con una punta d’ironia, ironia che presto si trasformò in vera ilarità, un piccolo scherno. “e che tu sia un simile pervertito.” Lui, in tutta risposta, si fece serio alla battuta della compagna.

“E a volte credo di nono conoscerti per nulla, perché se ti avessi conosciuta davvero, se ti avessi capita fino in fondo, forse saremmo arrivati a questo punto molto prima…” le prese la mano, baciandola, e la guardò negli occhi, mentre, accanto, Kate singhiozzava e di nuovo si soffiava il naso, perché anche Rick, quando voleva, sapeva essere romantico. Paradossalmente, fu questo a fargli capire che era giunto il momento; si voltò verso la sorella, e, abbandonando la mano di Teresa, prese quella della consanguinea. “e a proposito di questo, c’è una cosa che dobbiamo dirti… e una cosa che ti vorremmo chiedere.”

“Vorrei che tu fossi mia testimone, Kate, perché senza di te noi oggi non saremmo qui” iniziò Teresa, stringendo la mano del compagno e accarezzandogli le nocche, facendo arrossire la cognata.

“Oh, io…. Non saprei…. Insomma, non ho fatto niente…. Sì, Rick ed io abbiamo parlato, però, insomma….”

E suddetto fratello fece cenno di no col capo, occhi bassi, chiaramente che si vergognavano. “Kate, c’è una cosa che non ti abbiamo ancora detto… ma Teresa ed io abbiamo deciso di ammettere la verità…”

“Quando ci siamo conosciute… Jane ed io non avevamo una storia.”

“Teresa ha acconsentito di fingere di essere la mia fidanzata perché non volevo che tu mi obbligassi ad andare ad altri appuntamenti al buio…”   Kate guardò nel vuoto davanti a se, in silenzio, mentre, stranamente, il suo fratellino, non esattamente la persona più timida del mondo, arrossiva fino alla punta delle orecchie, senza mai incontrare il suo sguardo. “e…. insomma, la finzione è divenuta realtà, ed è tutto merito tuo, per questo vorremmo che tu fossi la testimone di nozze di Teresa.” Ma Kate rimase in silenzio. “Kate?”

“Sono davvero così terribile?” singhiozzò lei, che forse non aveva esattamente percepito la magnitudine della menzogna che le era stata raccontata così a lungo. Lui fece cenno di sì, ricevendo una pedata nello stinco dalla moglie come premio per la sua non esattamente ricercata onestà.

“Sai… importi molto bene, per così dire.” Cercò, invano, di rimediare alla piccola gaffe, però lo sguardo assassino di Teresa, che gli riprometteva di cacciarlo nell’imminente futuro dalla camera da letto, restava immutato.  

“E gli altri lo sapevano?”

“Non è che non lo abbiamo detto a te perché volevamo che lo sapessi per ultima… è che la squadra doveva saperlo per poterci appoggiare, e i fratelli di Teresa, a quanto pare Tommy e Annie credevano che stesse mentendo quando, per anni, ha continuato a negare di essere follemente innamorata di me” e lei lo ricompensò con un altro calcio. Bella forza, quei piedini.

“Beh, allora credo proprio che dovrò accettare, per farmi perdonare…” e sospirò, facendo un falso muso;  sorrise, gettando le braccia al collo della futura sorella acquisita, seduta al sua fianco.

Il giorno delle nozze, circondati dalle loro famiglie e dai loro amici, con la presenza dell’imminente erede delle due dinastie, Jane sorrise felice e soddisfatto nel constatare che ogni dettaglio dell’abito di Teresa era esattamente come lo aveva immaginato, e mentre la baciava, una mano sul grembo ricolmo di vita, seppe che stavolta non sarebbe stato solo per finta,  che stavolta sarebbe stato per sempre, e non ci sarebbero stati più inganni.

Beh… forse solo per chiudere i casi, magari…

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