Tricking Kate -fidanzata per finta di Little Firestar84 (/viewuser.php?uid=50933)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tricking Kate- fidanzata per finta ***
Capitolo 2: *** Missing moments 1: scommesse& addominali ***
Capitolo 3: *** Missing moments 2: fratelli coltelli ***
Capitolo 4: *** Missing moments 3: piccole bugie fra colleghi ***
Capitolo 5: *** Missing moments 4: cene e pettegolezzi e perversioni ***
Capitolo 6: *** Missing moments 5: aftermaths ***
Capitolo 7: *** Missing moments 6. piccolo interludio ***
Capitolo 8: *** Missing moments 7. (non esattamente) il più bel giorno della vita ***
Capitolo 9: *** Due verità non fanno esattamente una bugia ***
Capitolo 1 *** Tricking Kate- fidanzata per finta ***
Saleva
tutti! eccomi qui, di nuovo nel modno del romanticismo più
sfrenato, con il mio contributo al jisbon day... leggete (oppure, se
siete i mighty judges del jisbon day, rileggete, dato ceh
quà e là sono stati fatti dei piccoli
cambiamenti) e fatemi sapere!
Seduta
alla sua
scrivania, Lisbon osservava con occhio interrogativo la curiosa scena
che le si
stava parando davanti, iniziando
a
provare una certa fitta di panico ed ansia: Jane, come aveva
già fatto per
tutta la mattinata, camminava avanti ed indietro davanti alla sua
porta, per
poi tornare al suo divano, sedervisi per alcuni momenti grattandosi il
capo
quasi fosse preda di chissà quale dilemma, per poi tornare
nuovamente a
tracciare quel solco sul pavimento.
Oddio,
cosa ha combinato stavolta? Chiuse
gli occhi e prese
un profondo sospiro quando lo vide fermarsi, per l’ennesima
volta, davanti alla
porta fissandosi i piedi, ormai certa che avesse effettivamente davvero
combinato
chissà cosa- o che lo stesse per fare, comunque. La donna
richiamò a sé tutta
la pazienza che aveva, o perlomeno quella che le era rimasta dopo anni
e anni
di costanti guai causati da suddetto consulente, supplicando qualsiasi
potenza
superiore fosse mai esistita e esistesse che non fosse così
grave. Ormai si era bruciata quasi tutti i favori in giro,
per
colpa di Jane, e Bertram e Hightower avevano dovuto stringere non poche
mani
per ottenere il miglior avvocato disponibile in California (un
Assistente
Procuratore di Los Angeles che ai tempi d’oro era stato un
difensore degno di assegni
con molti zeri) cosicché dalla morte di John Il Rosso il
consulente uscisse il
più pulito possibile.
Sì,
avevano anche mentito
per lui. E nessuno di loro era del tutto certo che se lo meritasse,
soprattutto
Lisbon, che aveva creduto che l’uomo a cui così
tanto, troppo, teneva, sarebbe
corso da lei sentiti gli spari, compreso che era ferita,
invece…
“Jane,
smettila di
passeggiare e viene dentro una buona volta…”
sibilò lei a voce non troppo alta,
ma nemmeno troppo bassa, chiudendo già gli occhi e
massaggiandosi un punto
della fronte tra gli essi, sentendo nervosismo, preoccupazione e
sì, anche
paura, montare in lei all’idea di cosa quell’uomo
poteva aver fatto- sempre che
lo avesse già fatto. C’era sempre la speranza che
lui volesse solo uscirsene
con qualche assurda idea, qualche folle piano che voleva mettere in
azione,
quasi non avesse capito cosa il giudice gli avesse detto quando lo
aveva
assolto dall’accusa di omicidio volontario e premeditato. Non capiva che era sotto
controllo,
monitorato costantemente, che alla minima avvisaglia sarebbe stato
buttato
fuori dal CBI e, di conseguenza, in galera? Il giudice Stevenson era
stato
chiaro: Jane aveva ucciso sì per difendersi da
quell’uomo, armato, ma era pur sempre
riscontrabile il reato di eccesso di legittima difesa- e aveva
tralasciato il
fatto che la pistola che aveva non era sua, bensì di Lisbon. La galera, anche se poca,
sarebbe stata il
minimo, soprattutto in virtù del comportamento irrispettoso
e un po’ troppo
allegro che il mentalista aveva tenuto durante il processo. Per loro
fortuna,
però, Stevenson era noto per essere magnanimo,
perciò si era accontentato di
lasciarlo fuori a patto che non facesse altre sciocchezze e continuasse
a
collaborare col CBI, a stipendio minimo, una sorta di lavoro
socialmente utile,
aveva detto….
Non
può essere peggio dell’omicidio…pensò
la donna,
osservandolo sedersi davanti a lei, guardandola con occhi da cucciolo e
con un
leggero…cos’era, nervosismo, e le sue guance erano
davvero arrossite? “cosa
hai combinato stavolta, Jane?”
“Penso
di aver commesso
un piccolissimo errore, che ha però generato un grosso
problema, e avrei
bisogno del tuo aiuto per porre rimedio a questa sfortunata
situazione.” Le
spiegò con quanta più falsa calma
tranquillità possibile. Lisbon non era certa di cosa
provare. Certo, che Jane
chiedesse aiuto era una cosa positiva, significava che finalmente aveva
capito
una volta per tutte cosa significasse fare parte di un gruppo e, nel
loro caso,
di una sorta di famiglia surrogata, ma se le chiedeva aiuto, e se lo
chiedeva a
lei in particolare invece che a Cho o Rigsby o Grace… allora
era davvero grave.
Del tipo, “la responsabile di Jane è a un punto
dal perdere il posto di lavoro
a causa del suo indisciplinato consulente”.
Le
cose si stavano
davvero mettendo male. Soprattutto
per
lei. Prese un profondo sospiro, trattenendo a stento il desiderio di
lasciare
cadere la testa sul legno della scrivania, chiedendosi se, nel mondo
esterno,
ci fosse lavoro per una ex poliziotta quarentenne che nella vita non
aveva
fatto altro se non sbattere dietro le sbarre criminali e sopportare
consulenti
tendenti all’idiozia e incapaci di seguire qualsivoglia tipo
di legge e regola
morale e/o etica.
Forse
Burger King o
McDonald’s non si limitavano ad assumere adolescenti
brufolosi come sembrava.
“Sentiamo…stavolta
a
chi dovrò supplicare clemenza?” Jane
a
malapena represse un sorrisino di soddisfazione nell’udire il
tono esasperato,
ma anche arrendevole, nella voce di Lisbon. C’erano volte in
cui l’uomo si
stupiva di quella donna, che seppure facesse scenate ogni qual volta
lui se ne
usciva con qualcosa, criticandolo fino quasi
all’esasperazione (di entrambi),
finiva sempre con arrendersi a quelle che lei stessa definiva
“folli
idee”. E
che il 98% delle volte finivano
per rendergli onore svelando come avesse avuto ragione fin dal
principio, a
dispetto di cosa lei credesse. “Jane?”
Lui
alzò gli occhi
verso di lei, svegliato da quella specie di stato di torpore in cui era
caduto
mentre rifletteva e
ricordava tante
occasioni passate, la voce di lei che gli provocò un piccolo
sussulto, un balzo
del cuore che più volte ultimamente era accaduto e a cui
Jane preferiva non
pensare troppo, terrorizzato da cosa potesse effettivamente
significare, per
loro ma, soprattutto, nello specifico, per lui…. John il
rosso poteva essere
morto e sepolto, ma non era certo di essere pronto, qualsiasi cosa
fosse che
gli provocava quel tuffo al cuore, e
forse non lo sarebbe mai stato... e comunque, c’era il non
certo piccolo
particolare che Lisbon non meritava una persona come lui, un ex
ciarlatano che
si era trastullato nel mentire e raggirare persone che credevano in lui
per
raggiungere i suoi biechi fini, dimenticandosi di tutto e tutti, anche
di
coloro che avrebbe dovuto mettere prima di ogni altro, se stesso
incluso… il
suo più grande errore, il suo più grande
rimpianto, ciò che ancora adesso lo
rendeva uomo solo a metà, un essere spezzato, che non viveva
da molto tempo per
accontentarsi solamente di sopravvivere, di vedere le vita altrui senza
essere
protagonista della propria… e Lisbon, che tante ne aveva
già passate nella sua
esistenza, si meritava di meglio di una cosa del genere.
“Allora,
il problema è
che… Kate sta arrivando in città” le
disse, sorriso sornione, tentando di sembrare
il più normale e tranquillo possibile. Cosa che, era quasi
certo, gli stava riuscendo
alla perfezione, anche se ultimamente Lisbon lo stava davvero mettendo
alla
prova. Era sempre riuscito a ingannare chiunque, perfino se stesso, e
lei…
quella donna… era incredibile come, nel corso dei sette anni
passati insieme,
l’uno al fianco dell’altra, in cui tanto avevano
condiviso, come semplici colleghi
prima e come amici, e forse anche qualcosa di più, poi, lei
avesse capito quali
fossero i suoi punti deboli, i buchi nella sua corazza. Sapeva che lei
era il
buco più grande, la più grande delle sue
debolezze?
Lisbon
rimase in silenzio
per alcuni interminabili secondi, il battito del suo cuore
così lento da sembrare
impercettibile, quasi fosse stato fermo, e tutto per un nome. Kate, aveva detto Jane, un nome di
donna, un nome di donna che lei non conosceva, che mai aveva sentito
prima di
allora. Qualcuno che lo rendeva nervoso, che lo
preoccupava…e non certo in modo
negativo. “Kate?” chiese, tentando di sembrare il
più naturale possibile,
terrorizzata all’idea che lui capisse, che sapesse cosa
immaginarlo con
un’altra donna le facesse, e lei non poteva certo
permetterlo. Mai sembrare
debole, mai farsi veder troppo umana, troppo… donna,
soprattutto da lui.
Avrebbe potuto sopportare ogni umiliazione, ma non l’amore
non corrisposto, non
se lui lo avesse saputo, sarebbe stato troppo, troppo umiliante, troppo
demoralizzante. Non sarebbe stata più in grado di lavorare
con lui, di averlo
al suo fianco, e se non poteva avere Jane nella sua vita come
amante… allora si
sarebbe accontentata di averlo come amico, ma rinunciare a lui del
tutto, correre
il rischio di vederlo sparire, allontanarsi da lei? Non se la sentiva
ancora di
correre un tale rischio, non era ancora pronta, anche se sapeva che
questo
stato di grazia, in cui, nonostante fosse libero dai fantasmi del
passato, Jane
era anche un uomo libero da legami sentimentali, non sarebbe durato per
sempre.
Un giorno lo avrebbe visto camminare verso il tramonto con
un’altra donna, e
allora, solo allora si sarebbe decisa a rinunciare, ad allontanarsi,
farsi da
parte. Ma non ora, non era pronta…Non era giusto che stesse
già accadendo.
“Non
ti ho mai detto di
Kate? Strano, avrei detto che…” la
squadrò, occhio interrogativo, chiedendosi
se Teresa gli stesse mentendo o meno, un piccolo sorriso, luminoso, che
gli
graziava il volto segnato dagli anni, dalla sofferenza e baciato dal
caldo sole
della California, un sorriso birichino, a cui la donna rispose
abbassando gli
occhi, le guance imperlate da una deliziosa colorazione rossa scura.
“Strano.
Ero certo che ci fosse almeno nel mio file. Oh, beh, niente di grave,
è un errore
a cui posso facilmente rimediare. Kate è mia
sorella.”
“Tu
non hai una
sorella…” ridacchiò
lei, con
un’espressione sorridente sul viso, certa più che
mai che Jane la stesse
prendendo in giro. Poteva essere che lei non fosse a conoscenza di un
fatto
così elementare, che lui avesse scordato di dirglielo, che
glielo avesse
deliberatamente nascosto?
Guardò
con espressione
leggermente torva l’uomo davanti a lei, e rammentò
che si trattava di Patrick
Jane. Certo che poteva aver fatto una cosa del genere. Era il tipo di
cose che
lui faceva ogni giorno, svelare i segreti altrui e nascondere i propri,
celandoli dietro (falsi) sorrisi e battute, giri di parole e
tergiversando così
a lungo da dimenticare l’argomento di partenza.
“Oh,
sì, ce l’ho
eccome, anche se per la legge Kate è la mia sorella illegittima. Paradossalmente,
però, abbiamo gli stessi genitori,
solo che lei è nata fuori dal matrimonio, mentre i miei
erano sposati quando
hanno avuto me, e non hanno mai sentito il bisogno di rettificare la
situazione, cosa che, lasciamelo dire, le è tornata
parecchio utile quando i nostri
vecchi hanno divorziato. Almeno lei è riuscita a sbarazzarsi
una volta per
tutte del nostro paparino….”
“Tu
hai una sorella maggiore…”
“Maggiore
e… eccessivamente autoritaria. Adoro Kata, ma…
lei ha certe idee su come dovrei
vivere la mia vita, idee su cui io non sono propriamente
d’accordo… e così ogni
sua visita finisce con me che mi rintano da qualche parte con la scusa
di un
caso fuori da Sacramento onde evitare futili scontri o in un futile
scontro che
escala in un colossale litigio con tanto di urla e, mi sembra, una
volta anche
dei piatti spaccati sul pavimento. Ma quello potrei anche averlo
sognato..”
“Le
da fastidio che tu
lavori con noi? Capisco che possa essere preoccupata, che lo possa
vedere come
un lavoro pericoloso, però… non è un
pochino esagerata? Non è che tu abbia una
pistola o io ti faccia andare in prima linea contro chissà
quale feccia… di
solito sei tu che ti cacci da solo in certe situazioni quando io ti ho
chiesto
esplicitamente di starne fuori.”
Lisbon
scrollò il capo, leggermente sconvolta e sì, lo
doveva ammettere, disturbata, poi
si voltò verso Jane, occhi spalancati, ricordando una frase
che tempo prima
Pete, l’amico circense di lui, le aveva detto.
“E’ perché lavori con noi,
perché siamo poliziotti e tu sei un Jane? E’
questo che la disturba, il fatto
che hai un minimo di parvenza di onestà adesso?”
L’affermazione
“minimo
di parvenza di onestà” non piacque troppo
all’uomo, che osservò la donna
davanti a lui a denti stretti, braccia incrociate, tentando di non
innervosirsi
e non fare battutine che avrebbero dato fastidio alla donna, nonostante
dovesse
ammettere di essere stato innervosito da quelle parole.
“è il fatto che io non
sia sposato a darle fastidio.”
“Oh.”
Disse solo lei,
arrossendo e distogliendo lo sguardo, non sapendo cos’altro
aggiungere.
“Sì,
Kate è parecchio
disturbata dal fatto che io mi ostini ancora a non frequentare nessuna
donna, e
perciò ha fatto sua missione presentarmi quante
più single di sua conoscenza
possibili, con mio sommo dispiacere. E questo ci riporta al punto di
partenza:
mi serve il tuo aiuto.”
“Senti
Jane, se vuoi
che menta per te, dica che hai un caso fuori città, ok, va
bene, non sono
d’accordo con i tuoi metodi, però posso farlo, se
significa davvero così tanto
per te. Ma se fossi nei tuoi panni…”
“No,
no, no, non si
tratta di questo… il fatto è che…
l’altro giorno mi ha telefonato, e ha iniziato
a raccontarmi per filo e per segno dell’amica di un amica di
un’amica che
vorrebbe presentarmi, e che sarei dovuto assolutamente andare a cena
con loro
una di queste volte…e… so che avrei dovuto dirle
solo di smetterla di impicciassi,
ma… Kate sa essere così tenera, e ha a cuore il
mio bene, per quanto possa
essere paradossale, e perciò… non mi venuto in
mente niente di meglio di….
dirle che avevo incontrato più o meno qualcuno e che siamo
follemente
innamorati e stiamo…. Progettando il nostro…
futuro insieme… matrimonio, figli,
questo… genere di cose.”
“Jane…”
disse lei,
esasperata, massaggiandosi le tempie. Se c’era una cosa che
sapeva, era che da
quel tipo di bugie non poteva uscire nulla di buono. Per non parlare
del fatto
che stava rabbrividendo. Aveva un brutto presentimento. Tutto quello
che Jane
aveva detto…
“Lo so, lo so,
credimi, solo che…. Ci ho messo
sette anni a chiuderle la bocca, ed è stato…
liberatorio! Solo che lei poi ha
preteso tutti i dettagli, e
così, io ho improvvisato,
e potrei… le ho detto che stiamo per sposarci. Noi due. Perciò,
fingeresti di essere la mia promessa
sposa per qualche giorno in nome di uno dei più duraturi
rapporti di amicizia
della tua vita e non dire che non è vero perché
so che è così?” le disse tutto
di un fiato, senza quasi respirare, occhi chiusi per evitare di vedere
la sua
espressione furiosa una volta che avesse capito la gravità
di cosa lui aveva
fatto.
Ma
seguì solo il
silenzio. Un lungo, interminabile, silenzio.
“Lisbon?” la chiamò, nella stessa
maniera in cui, poco prima, lei aveva chiamato lui. Jane
aprì gli occhi,
chiedendosi quale punizione Lisbon avrebbe decretato, ma non vide
rabbia sul
volto della donna. Solo… sembrava che fosse stata
trasportata in un altro
mondo, un mondo in cui le regole del suo non esistevano, un luogo dove
non
comprendeva poco o nulla.
“giusto
per
ricapitolare… dato che non vuoi che tua sorella ti organizzi
appuntamenti al
buio… tu le hai detto che ti stai per sposare. Con
me.”
“Ehm,
sì?” Lisbon si
lasciò sprofondare sulla sua poltrona, espirando e
inspirando profondamente,
occhi chiusi, tuttavia, nel momento in cui Jane lasciò la
sedia per andare
vicino a lei, sedendosi sul bordo della scrivania, la donna fu
pienamente
consapevole della presenza dell’uomo. Sembrava potesse
sentirlo, il calore di quel
corpo maschile, gli ormoni che emanava, quel profumo… la
pelle del viso che
profumava di dopobarba marino, la fragranza di bucato appena fatto del
completo
grigio, la sensazione di freschezza e, in generale, di pulito che
proveniva
dalla sua persona. “non sarebbe chissà cosa,
dovresti solo fingere per qualche
giorno di essere innamorata di me. Non ti chiedo di essere sdolcinata o
di
trovarmi eccessivamente irresistibile…nonostante sappia che
sia difficile non
trovarmi irresistibile” la sua voce era bassa, una carezza
vellutata sospirata
a fior di pelle, e Lisbon si chiese se Jane non lo sapesse, che lei
davvero lo
trovava irresistibile, e che in un mondo perfetto, nel mondo delle
illusioni,
nei suoi sogni più segreti, talmente segreti che a lungo
erano stati celati a
lei stessa, lui le chiedeva di essere sua non per una recita, ma per
sempre,
per davvero.
Non
le sarebbe mai
capitata un’altra occasione del genere, e forse…
forse era quello di cui aveva
bisogno per scordare Jane, per poter andare avanti una volta per tutte
e avere
delle storie che potessero essere definite tali, e non scappatelle di
una notte
nella speranza che lui si svegliasse e si accorgesse della sua
esistenza,
decretando di non poter più vivere senza l’amore
di Teresa Lisbon.
“Non
ero tanto male
come attrice da ragazza…” ammise lei, un
sorrisetto falso mentre scrollava con
finta nonchalance le spalle, occhi negli occhi con Jane, che le
sorrideva
trionfante come quando risolvevano un caso grazie ad una brillante sua
intuizione.
Decisamente, quell’uomo non si smentiva mai.
“Dovremmo
fare molta
attenzione, però. Kate può essere peggio di me
quando si tratta di analizzare
le persone, non sarà facile ingannarla…. dovremo
essere molto convincenti, se
vogliamo passarla liscia.” Jane fece una pausa, come se
stesse riflettendo, e
si volse nuovamente verso di lei. Lei rimase a bocca aperta, il viso
paonazzo,
ben conscia di dove quel discorso stesse andando a parare, terrorizzata
ma al
contempo eccitata dalla situazione che si stava venendo a creare. Conosceva troppo bene
quell’uomo. “Lisbon, a
questo proposito, temo che dovrai trasferirti a casa mia per un
po’ di giorni,
e che dovrai abituarti a condividere con me la
camera…”
Sì,
era decisamente sia
terrorizzata che eccitata da quella prospettiva. Eccitata
perché sarebbe stata,
anche se solamente per finta, la compagna di Patrick Jane, e
terrorizzata
perché c’era la concreta possibilità
che lui scoprisse la verità su cosa lei
provasse davvero per lui…. E che lei lo perdesse.
***
Alcuni
giorni dopo,
Jane accolse Lisbon nella sua cosiddetta “umile
dimora”, in vista della farsa
che avrebbero messo in scena da lì a poche ore.
L’appartamento
di Patrick
Jane a Sacramento aveva poco o nulla della classica casa da scapolo.
Anzi, se
doveva essere sincera, Lisbon era quasi del tutto certa che quella casa
fosse
più adatta ad una famiglia che ad un uomo solo che non
sembrava avere in
programma di farsi una famiglia, non più, non di nuovo,
almeno: non si trattava
solo del fatto delle numerose stanze (4), del giardino, dove Lisbon
avrebbe
visto bene un piccolo parco-giochi casalingo, né
dell’ottimo e tranquillo
quartiere, vicino ad alcune delle più prestigiose e migliori
scuole della
città. Era una sorta di vibrazione che però la
donna percepiva, come se
dall’oscurità in cui quell’uomo era
sprofondato tanto, troppo a lungo, stesse
finalmente emergendo la luce della speranza… una speranza
che però Teresa non
era certa di volere e poter accogliere, conscia che, avesse mai deciso
di farsi
un futuro, Jane non avrebbe mai scelto lei come possibile candidata.
“Kate
arriverà domani,
fino ad allora, sentiti libera di esplorare e di fare quello che vuoi
di questo
posto. So che non c’è molto tempo, ma non sarebbe
un problema se tu volessi
dare il tuo tocco personale qua e là.” Le disse,
raggiante ma, allo stesso
tempo, titubante, mentre, una volta aperta la porta, la accompagnava in
cucina,
le valigie lasciate nell’ingresso e temporaneamente
dimenticate.
Lisbon
si fermò sulla soglia
della cucina, appoggiata allo stipite, e osservò
l’uomo che da tanto tempo
conosceva lavorare tra i fornelli con la classica maestria che mostrava
in
tutti i campi, quasi fosse stato davvero un mago. La vista della
naturalezza
con cui lui si destreggiava, il suo brio, le tolsero il fiato, lacrime invasero i suoi occhi e
a
malapena Teresa soffocò un grido di sofferenza, conscia
ancora una volta che
quella vista, unica e rara, non si sarebbe più ripetuta, e
se mai fosse
avvenuto, non sarebbe stato per lei.
“Cosa
hai detto a Kate
di noi due?” gli chiese dopo un attimo, occhi fissi sul
pavimento, Jane che
ancora le dava le spalle, quasi la sua preghiera di non essere scoperta
fosse
stata udita.
“Il
tuo nome, che ci
siamo conosciuti quando sono entrato a lavorare al CBI ma che ho
aspettato che
John fosse morto per poter fare la prima mossa, terrorizzato
all’idea di
perderti e certo di non essere abbastanza degno di te.” Le
rispose lui, a voce
bassa, un tono di voce strano, che Teresa non riuscì a
comprendere. Alla fine,
lui emise un risolino di soddisfazione, ma che sembrava voler celare
qualcosa.
“ho pensato che sarebbe
stato più facile
se mi fossi attenuto il più possibile alla
verità”
La
verità, pensò
lei. La verità era che loro due non erano una
coppia, e se Jane avesse mai avuto qualcosa da dire al riguardo, era
certa che
non lo sarebbero mai stati. Perché lui era Patrick Jane, e
lei… lei era solo
Teresa Lisbon, agente che lui aveva usato e ancora usava.
“Tutto qui?” gli chiese,
una smorfia di delusione che le metteva in evidenza il volto, e Jane
sorrise,
perché non aveva bisogno di vederla per immaginarla, per
sapere. “Se Tommy mi
dicesse che si sta per sapere, in qualità di sorella
maggiore impicciona gli
farei come minimo il terzo grado!”
“In
effetti mi ha chiesto
come sei” sorrise, il suo volto illuminato, e lei lo
raggiunse, intingendo un
dito nella salsa che lui stava cucinando e leccandolo poi, un brivido
percorse
il corpo di Jane, che si fissò a guardarla, battito
accelerato e pensieri
tutt’altro amichevoli che invadevano la sua mente,
concernenti per lo più quel
letto nuovo di zecca che poco o nulla aveva usato, e sempre da solo.
“le ho detto
che sei gentile e divertente, devota al tuo lavoro e adori la tua
famiglia.”
I
loro occhi si posarono
nello stesso istante sul tavolo, le loro dita si sfiorarono nel momento
in cui
entrambi tentarono di afferrare una posata, poi, con voce bassa, Jane
riprese a
parlare, le sue dita strette intorno a quelle di lei, che gli sorrideva
con il
volto velato di tristezza, conscia che quello non lo avrebbe mia avuto,
non per
davvero, almeno. “le ho detto che avrebbe capito
perché ho deciso di risposarmi
non appena ti avrebbe visto.” Le disse, poi, quasi si fosse
accorto
dell’intimità tra loro e ne fosse stato
spaventato, riprese la sua mano, e
iniziò a scherzare, ma non troppo. “Saremo
fortunati se Kate non insisterà per
farci sposare mentre lei è qui…”
“Già,
e noi non lo
vogliamo…” Teresa riuscì a rispondere
con un debole sorriso, mentre si sedeva a
tavola, davanti a lui, e iniziava a giocherellare col cibo senza alcun
interesse o voglia di mangiare davvero.
“No,
non lo vogliamo
assolutamente” la risposta di Jane era piatta, e non vi era
traccia di sorriso
o di scherzo alcuno, poi, senza dire nulla, si alzò dal
tavolo, lasciandola
sola a guardare nel vuoto, a chiedersi cosa stesse accadendo, cosa lei
potesse
aver fatto. Forse che era troppo per lui? Il ricordo di essere stato
marito era
per lui ora contaminato da quella farsa, dall’idea di
scambiare l’amata moglie
con lei, semplice e banale com’era, ben differente da Angela,
lei che nel loro
mondo era considerata alla strenua di alta nobiltà?
“Jane?”
chiese lei,
dopo un attimo, una piccola nota di panico nella sua voce. Sapeva che
non
avrebbe dovuto pensarlo, dovuto immaginare una cosa del genere, ma non
poteva
permettere che tutto finisse, non ancora. Voleva avere Jane per
sé, anche se
per poco, anche se per finta, e forse, chissà,
quell’esperienza le sarebbe
servita a farsi passare quel colossale innamoramento non corrisposto,
venendo a
contatto con il vero Jane…
“Dammi
la mano” si
voltò verso di lui, e lo vide entrare dalla porta della
cucina, andare verso di
lei e sedersi al suo fianco. Posando una scatolina rossa e oro sul
tavolo, una
scatola che Teresa capì subito cosa contenesse, e anche se
non lo avesse fatto,
lo avrebbe capito nell’attimo in cui lui prese la mano
sinistra della donna
nella sua.
“Non…
non ce n’era
bisogno…” balbettò lei mentre lui le
faceva scivolare lentamente l’anello al
dito, il viso macchiato di rosa.
“Kate
avrebbe mangiato
la foglia se non ti avessi dato un anello appropriato.” Lui
la guardò, ma lei
non se ne accorse. Era troppo presa dalla vista dell’anello
al suo dito, la
mano di Jane ancora intorno alla sua, calda e avvolgente e protettiva.
“Spero
non ti spiaccia se non ho preso i diamanti, ma so che non ti si
addicono. Sono
troppo freddi… e tu non sei…fredda. Ti
piace?” Teresa si morse un labbro mentre
guardava l’anello, lacrime che minacciavano di emergere
vittoriose, non sapeva
se per l’anello in sé, antico, con smeraldi e
perle, semplice e di classe, o se
per il tono della voce dell’uomo davanti a lei, ansioso quasi
la sua fosse
stata davvero una proposta di matrimonio.
“E’
bellissimo” disse
lei, e i loro occhi si incontrarono, il verde delle iridi di Teresa
identico
agli smeraldi dell’anello e altrettanto luminoso e brillante.
Jane ingioiò a
vuoto, incapace di distogliere gli occhi dalla visione che aveva
davanti, un
sogno che, in un certo senso, diveniva realtà, anche se solo
per finta, e la
tentazione di avvicinarsi ancora di più, poggiare le sue
labbra su quelle di
lei, assaggiarla ed assaporarla quasi l’ebbe vinta
sull’innata razionalità
dell’uomo. “lo adoro ed è…
perfetto.”
Se
questa fosse una vera proposta, lui mi bacerebbe ora, pensò
lei, azzardandosi ad alzare gli occhi e a guardarlo.
Jane
tremò quando lei
compì quella semplice seppur significativa azione, e
distolse lo sguardo,
alzandosi subito dal tavolo e incamminandosi verso la sua stanza,
terrorizzato
all’idea di come quasi aveva ceduto a quella tentazione, non
poteva farlo.
Teresa meritava di meglio, e poi… non sarebbe stato giusto
per nessuno dei due,
rendere le cose più imbarazzanti di com’erano.
Teresa era stata così gentile da
accettare di fargli quel favore, non poteva certo sedurla
così, rischiando che
lei credesse che fosse solo un gioco, un mezzo... né
tantomeno lui sarebbe
sopravvissuto se lei lo avesse usato come un intermezzo tra una storia
e
l’altra, mentre attendeva l’arrivo del grande
amore- un amore che di certo mai
e poi mai sarebbe stato lui. Né sarebbe sopravvissuto al
rigetto…o, se peggio
ancora, l’avesse persa per sempre.
“Sai,
pensavo che
dovremmo dormire insieme mentre tu e Kate siete qui… mia
sorella mi conosce e
sa che non sono esattamente all’antica, e non crederebbe mai
che tu ed io
viviamo insieme, alla vigilia delle nozze, ma che non condividiamo
nemmeno la
stessa stanza….” Jane si fermò e si
voltò verso di lei, guance rosse e pensieri
molto impuri che le riempivano la testa, e non per la prima volta la
donna
pregò che davvero lui non sapesse leggere la mente.
“intendo dire… dormire, nel
senso di dormire, per quanto entrambi possiamo dormire, con me che
soffro di
insonnia e tu che magari hai difficoltà a prendere sonno in
un letto nuovo.
Cioè… dividere una stanza. Platonicamente,
intendevo dire.”
E
cos’altro potrebbe volere lui da me? Si
chiese, delusa,
Teresa, sospirando, mentre lo seguiva nella camera da letto, i piatti
sistemati
velocemente in lavastoviglie, un peso sulle spalle che la faceva
sentire stanca
come non era da mesi a quella parte, quasi tentata di urlargli che
desiderava
che lui la facesse sua, la segnasse, marcasse, passasse ore e ore a
fare
l’amore con lei, fino a che non fossero stati entrambi
sfiniti e ebbri di
piacere e beatitudine.
“Se
vuoi, posso
prendere un cuscino e dormire sul pavimento…” le
disse, voce bassa, triste,
mentre prendeva dall’armadio uno dei pigiami che era solito
mettersi e lei
gettava sul letto la valigia, pronta a disfarla, rimpiangendo di non
aver messo
dentro nessun capo sexy-non che le sarebbe servito, considerato che lui
non era
interessato e che l’aveva vista più e
più volte con le varie casacche sportive
dono dei suoi fratelli con cui lei dormiva da anni.
“Oh,
non dire idiozie,
Jane! Se tua sorella ti assomiglia come dici, allora credo non si
farà problemi
e piombarti in camera senza bussare, anche solo per il gusto di vedere
se
davvero dormiamo insieme!” gli urlò dietro mentre
andava nel piccolo bagno
interno per cambiarsi, per riemergere nel giro di pochi istanti
cambiata di
tutto punto, gli occhi fissi su Jane, seduto sul bordo del letto a
disagio.
“Questo letto è enorme, e dubito fortemente che tu
tenterai di palparmi nel
sonno!” rise,
falsa, mentre lo guardava,
sdraiarsi sotto le coperte con indosso il pigiama azzurro con i
bottoni, il
lato del letto opposto a quello che di solito lei usava per dormire, in
una
maniera tipica di Jane, che tutto sapeva e tutto capiva-forse anche i
sentimenti
del suo capo, se il fato davvero la odiava.
“Buonanotte,
allora” le
disse lui mentre spegneva la luce, perplesso e a disagio, il letto che
scricchiolava mentre lei fingeva di mettersi comoda al suo fianco.
“Buonanotte
anche a te”
sospirò, chiudendo gli occhi, tentando di dimenticare che
l’uomo che amava era
a soli pochi centimetri da lei, sdraiato in un letto avvolto dalle
tenebre… lo
stesso letto in cui lei avrebbe tentato, quasi certamente inutilmente,
di
dormire.
***
Lisbon
non sapeva che
ora fosse quando si svegliò, sapeva solo che sia lei che
Jane si erano mossi
nel sonno, orbitando l’uno in direzione dell’altro.
Lei era distesa su un
fianco, la schiena contro il petto di lui, un braccio
dell’uomo intorno alla
sua vita, il respiro caldo e regolare di Jane sui lunghi capelli scuri,
una
sensazione che risvegliò desideri che a lungo aveva represso
e negato, desideri
e… bisogni.
Senza
sapere
esattamente il perché lo stesse facendo, lentamente, si
voltò nell’abbraccio
dell’uomo, e non seppe cosa provare quando si rese conto che
lui non si stava svegliando.
Gioia, perché sapeva che troppo a lungo l’uomo era
stato perseguitato
dall’insonnia e dagli incubi, e tristezza mista a delusione,
perché lui non
reagiva alla sua presenza in alcun modo, e non certo come lei reagiva a
lui.
Anzi,
stava reagendo in
un certo qual modo- si era infatti girato, ricadendo con un pesante
tonfo con
la schiena sul materasso, quasi avesse voluto inconsciamente
allontanarsi da
lei, sciogliere quell’abbraccio, un gemito soffuso che aveva
lasciato le sue
labbra, quasi stesse sognando.
Le
sue labbra. Teresa
non riusciva a fare a meno di osservarle nella penombra della stanza,
un
pensiero fisso che non voleva lasciarla, la attanagliava. Baciarlo. Una
volta,
una sola, per sapere cosa si provava. Doveva saperlo, anche se era
consapevole di
quanto fosse stupido e pericoloso.. .Si accoccolò contro di
lui, mani sul petto
caldo e labbra contro la gola dell’uomo, occhi chiusi per
godere appieno del momento,
dell’esperienza di respirare quell’essenza unica
che era Patrick Jane.
Le
sue labbra si
posarono sulla mascella di Jane, lasciando una scia di piccoli e
leggeri baci,
mentre le sue mani scivolavano sotto alla giacca del pigiama per
toccare i muscoli
ancora ben definiti dell’uomo. Sapeva che non era giusto, che
era pericoloso, che
avrebbe sofferto, ma non poteva farne a meno, era troppo tardi, ormai
aveva iniziato
a giocare col fuoco e non poteva tirarsi indietro, per quanto sapesse
di
correre il concreto rischio di bruciarsi, ma lui era…
troppo, era la sua droga
preferita, e lei ormai era dipendete dalle scosse che toccarlo le
provocava. Le
sue labbra scesero sulla gola, baci che divennero morsi di piacere e di
lussuria, le mani iniziarono a slacciare i bottoni della camicia,
sempre più
avide, e il respiro di Jane appariva soffocato,
spezzato…bloccato.
Aprì
gli occhi,
spalancati con terrore, per scoprire che sotto di lei, Jane era
sveglio, ma
invece di allontanarla, lui la strinse ancora di più a
sé, poi, la mani
sinistra si insinuò sotto a quella maglietta che a lungo lo
aveva perseguitato
nelle sue rare incursioni nel mondo dei sogni, esplorando la pelle e la
carne
calda e arrendevole di Teresa, facendola bruciare con un solo tocco,
mentre la
destra si impossessò del capo della donna, afferrando i
capelli scuri e
guidandola verso il proprio viso; si guardarono senza fiato per un
attimo, poi
le loro bocche si toccarono, sfiorandosi
ancora e ancora e ancora, le labbra di Jane calde e persuasive sulle
sue,
eccitazione che saliva sempre di più mentre si baciavano
avidi, quasi avessero
voluto recuperare il tempo perduto, quasi temessero di perdere altro
tempo e
non lo volessero assolutamente.
Teresa
trattenne il
fiato mentre lui le sfilava la maglietta, ma decise di non pensarci,
non ora.
lo avrebbe fatto poi, una volta che tutto fosse finto. Ora lo voleva, e
voleva
che lui la facesse sua. Voleva che divenissero una cosa sola, anche
solo una
volta. Così, lo spogliò, e quando lui
continuò a baciarla mentre la toccava e
la faceva sua, si perse nella sensazione, nel piacere inarrestabile che
quel
ritmo tranquillo ma regolare di Jane che si muoveva in lei presto le
avrebbe
portato…
Lui
soffocò il grido primordiale
che la scarica dell’orgasmo gli aveva provocato
mordicchiandole la pelle delle
spalle, affondando il viso tra i seni di lei, molto più
disposta a vocalizzare
quel piacere che troppo a
lungo aveva desiderato,
pregustato, sognato, e mentre gli effetti della passione non erano
ancora
scemati, Jane, nudo, si staccò da lei con uno scatto, e andò a
sedersi sul bordo del letto, lontano
da lei. Lei, che lo raggiunse comunque.
“Jane….”
Gli disse, toccandogli
a malapena la spalla, le sue dita che sfioravano la pelle calda a
sudata,
carica di feromoni, paura del disgusto, sofferenza per il rigetto e
felicità,
ma anche un leggero velo di vergogna, per cosa era appena avvenuto
presenti in
egual misura in lei. “Scusa. Io…. Mi
sono…. Fatta trasportare.”
“vale
per entrambi”
replicò lui, tentato di scrollare le spalle con falsa
nonchalance ma incapace
di farlo. “scusa, non
volevo che
accadesse, io… mi spiace. Non avrei dovuto.”
“Davvero
ti spiace?”
gli chiese, delusa, il sentimento chiaro nella sua voce, occhi fissi
sulla
pelle impregnata di sudore dell’uomo.
“No”
le rispose lui con
sincerità, le sue labbra graziate da un vero sorriso e uno
sguardo malandrino e
malizioso. “ma è stato molto
irresponsabile da parte mia.
Non mi sono nemmeno preoccupato di…”
imprecò a bassa voce. “potrei averti messa
incinta!”
“Beh,
almeno su questo
puoi stare tranquillo, prendo la pillola” gli rispose
sorridendo, appagata come
non lo era da molto tempo a quella parte, sollevata dal modo in cui lui
stava
reagendo a cosa era appena successo tra di loro, ma allo stesso tempo
dibattuta. Come poteva rinunciare a una sensazione del genere? Non
poteva, non ancora.
Tempo di andare all’attacco, prima che lui se uscisse con
qualcosa del tipo che
non sarebbe mai più accaduto. “Sai, non credo che
abbiamo fatto del male a
nessuno. E poi… siamo entrambi adulti, e non
c’è niente di male in quello che abbiamo
fatto… perciò, dato che dobbiamo dividere un
letto…” disse, mentre gli mordeva
il collo e lasciava che le sue mani esplorassero il corpo di Jane, i
suoi occhi
chiusi per godere appieno della sensazione delle mani di Teresa sulla
sua calda
pelle lievemente abbronzata. “direi che dovremmo
approfittarne… almeno finché
Kate è qui…”
“Sì…
e poi….non è
necessario che…. Siamo adulti e possiamo gestire la
cosa…in modo adulto
responsabile come i due adulti responsabili che siamo”
ansimò lui, conscio di
come la realtà fosse lontana da quello che aveva appena
affermato.
“Mi
spiace solo di averti
svegliato..” disse lei, falsamente, mentre le sue labbra
attaccavano il petto
del suo nuovo amante.
“Davvero?”
Jane
spalancò gli occhi, e con una mossa rapida e inattesa
invertì le loro
posizione, facendola finire sulla schiena e gettandosi sopra di lei, il
suo
intero corpo occupato ad attaccarla nelle previsione del dolce attimo
di
piacere che possederla nuovamente gli avrebbe procurato, avrebbe
procurato ad
entrambi.
“no”
ammise lei,
sorridendo con altrettanta malizia, mentre le sue labbra attaccavano di
nuovo
quelle di Jane.
***
Teresa
si svegliò molte,
molte ore dopo al suono della sveglia, sul comodino un biglietto di
Jane che le
diceva che era andato a prendere la sorella all’aeroporto,
nessun riferimento
alla notte bollente che avevano condiviso- un particolare che a
malapena lei
notò, andando nel panico appena constatato quanto tardi
fosse. La donna spalancò
gli occhi di colpo, pupille dilatate per il panico e non per il
desiderio stavolta,
e corse in bagno senza nemmeno rimettersi la maglietta, decisa a
mettere a
posto una volta sistemata lei stessa-ed il resto della casa, a cui
doveva dare
ancora un paio di tocchi qua e là, nella speranza che Kate
credesse che lei, in
quella casa, davvero ci viveva; sapeva che non avrebbe avuto dubbi sui sentimenti che nutriva
per Jane,
sentimenti che, rifletté mentre indossava la camicetta verde
smeraldo che
sapeva lui adorava, erano sbocciati molto tempo prima, per fiorire
lentamente,
nel corso degli anni, a mano a mano che il vero Patrick Jane si
mostrava a lei
nella sua interezza. Quello, ecco, quello le aveva sempre dato
speranza, il
fatto che con lei fosse sempre stato aperto e onesto, con lei e lei sola, con nessun
altro. Le aveva fatto
sperare che le cosse fossero diverse, che il mentalista nutrisse ben
altri
sentimenti per lei… ma prima di allora lui non aveva dato
prova alcuna di
amarla. L’aveva fatta sua la notte precedente, e aveva detto
di non aver
rimpianti al riguardo, ma non necessitava di essere chissà
quale genio per
sapere che differenza abissale ci fosse tra il sesso e
l’amore.
Lei
aveva fatto l’amore
con Jane? Assolutamente sì. E lui? Non ne era certa, e
francamente, per quanto
le fosse sembrato giusto, per quanto una parte di lei lo pensasse
ancora,
doveva ammettere di temere le ripercussioni delle loro azioni. Cosa
sarebbe accaduto
da lì a una settimana, una volta che Kate se ne fosse andata?
Si
stava ancora
sistemando i capelli ribelli nello specchio dell’ingresso
quando sentì la
chiave scattare all’interno della serratura, e corse ad
attenerli, tentando di
apparire il più naturale possibile, conscia che se davvero
Kate era come il
fratello non le sarebbe sfuggito il particolare che avessero passato
ore e ore
sotto le lenzuola a darsi piacere reciproco. Arrossiva ancora al
riguardo.
Probabilmente aveva perfino quello sguardo, quello che nei romanzetti
rosa che
leggeva ma che negava di possedere le fanciulle avevano dopo una notte
d’amore,
quell’aria un po’ svampita, sognate, ma decisamente
sexy a detta dei
protagonisti maschili.
Non
appena la porta si
aprì, Teresa non ebbe nemmeno il tempo di dire una parola
che fu travolta da un
tornado biondo: Kate, la copia femminile del fratello, leggermente
più vecchia,
una somiglianza sconvolgente con la Samantha di Sex & the city,
le gettò le
braccia al collo, stringendola nell’abbraccio più
caloroso che avesse ricevuto
da molto tempo a quella parte, lacrime che scendevano copiose
macchiando la
blusa della poliziotta. “Oh, Teresa, sono così
felice di conoscerti, non sai
quanto sia felice che Rick abbia trovato qualcuno!”
piagnucolò, per poi metter
le mani sulle spalle di Teresa e allontanarla come per squadrarla,
prima di
voltarsi con aria interrogativa e un po’ indispettita verso
il fratellino.
“Rick, perché non mi avevi detto che è
così carina?” Sentendo
quell’affermazione,
un pezzetto del cuore di Teresa si frantumò. Lui non aveva
detto alla sorella
che eli fosse carina… perché? Perché
non la considerava carina? O semplicemente,
aveva detto il minimo indispensabile e quella era semplicemente
un’altra delle
affermazione che lui aveva tenuto per sé?
Jane
sorrise sornione.
“Lei non è carina. Carina non è un
aggettivo che le si addice” disse,
raggiungendo Teresa e baciandola, veloce ma deciso e con una certa
passione,
come per segnarla. Teresa non reagì bene, lo
guardò delusa, parecchio di brutto,
ormai certa di quali fossero stati i motivi di Jane per tenere nascosta
quell’informazione.
Certo, sapeva di non essere una gran bellezza, ed era conscia che la
moglie di Jane
era stata l’equivalente della principessa delle favole, ma
essere trattata
così, davanti a quella che sarebbe dovuta essere, seppure
per finzione, la sua
futura cognata, non era per nulla gratificante. A volte, detestava la
disarmante onestà di quell’uomo. “Lei
è la donna più bella su cui abbia messo
gli occhi, e non te l’ho detto perché volevo che
te ne rendessi conto da sola” sospirò,
occhi persi in quelli di Teresa, inconsciamente avvicinandosi al volto
della
donna per poggiare di nuovo le sue labbra su quelle di lei. Teresa
rabbrividì,
confusa, sconvolta da quanto onesto e sincero e vero fosse sembrato
Jane nel
dire quelle parole.
Kate
rise. “Tipico di
Rick. Dice una mezza cattiveria, poi rimedia dicendo una cosa
tremendamente
giusta, aggiudicandosi l’ultima parola e rendendosi
tremendamente adorabile…”
la donna rise di nuovo, e si guardò intorno, rapita e
sognante, gli occhi fermi
su una foto nell’ingresso, il fratello in smoking e Teresa in
abito da sera
scuro, un braccio di lui intorno alla vita di lei, occhi negli occhi e
sorridenti, quasi cospiratori, isolati dal resto del mondo, calici di
champagne
in mano quasi a brindare a quella magia tutta loro. La stessa Teresa
sobbalzò
alla vista di quella foto, lei stessa ne aveva una copia, non certo in
bella
mostra, ma tra le pagine del suo libro preferito, mentre
Jane… l’aveva
conservata per tutti quegli anni. E lei non ne era mai stata a
conoscenza. Tutto
questo… la confondeva. Iniziava a
credere che forse le sue speranza non erano così mal
riposte, forse davvero
erano fatti per stare assieme, forse l’amava come lei amava
lui… “Teresa,
grazie. Non hai idea dei progressi che hai fatto fare a mio fratello.
Finalmente
ha smesso di vivere spostandosi di motel in motel!”
Teresa
arrossì, occhi
bassi. “beh, ricordaglielo quando il mio disordine patologico
inizierà a farsi
sentire seriamente!”
“A
casa sua c’erano
ancora degli scatoloni imballati nel bel mezzo del salotto. Dopo 4 anni
che
viveva lì.” Scherzò lui, un braccio
introno alla vita di Teresa, rammentando la
volta in cui era stato da lei per salvarla, scoprire cosa fosse
accaduto
durante delle ore che la sua memoria aveva cancellato.
“Mi
fai fare un giro?”
le chiese quella che, in un mondo perfetto sarebbe dovuta essere sua
cognata, prendendola
sotto braccio e camminando in direzione delle scale. Teresa
ringraziò il giro
fatto precedentemente con Jane e rifatto da sola, ed il fatto che non
fosse un
maniero alla Mashburn; difatti, le ci volle solo un attimo per arrivare
davanti
alla stanza che era stata assegnata all’altra donna, dove
entrò assaporando
l’atmosfera, la biancheria fresca, le saponette profumate
alla lavanda, i
cioccolatini e il vino californiano che Teresa aveva messo
lì per lei. “ho la
netta impressione che questo tocco sia tuo. Grazie, ma non dovevi
viziarmi così
tanto. Per quanto io debba ammettere di adorare quando mi
viziano!”
Teresa
scrollò le spalle,
arrossendo lievemente. “ho viziato tre fratelli
più piccoli, viziare altre persone
di tanto in tanto mi piace, non è un peso, anzi.”
Kate
si sedette sul letto,
e iniziò a guardarsi alternativamente le mani e a volte
Teresa, gli occhi colmi
di lacrime che da anni attendevano di essere versate per questa
speciale
occasione. “Sai, era da tanto che non vedevo Rick
così felice… amava così tanto
Charlotte e Angela… ed è tutto merito tuo. Dopo
la loro morte…si è chiuso dietro
un muro, rifiutandosi di fare entrare chiunque, ma tu… tu
hai abbattuto quel
muro. Non lo vedevo così felice da anni, così
sereno, rilassato… ed è tutto merito
tuo. Ti ama così tanto…. Ti supplico, Teresa, non
spezzargli il cuore, lo
uccideresti.” Il
respiro le morì in
gola, colta dall’ironia della situazione, sconvolta quanto
poco Kate in realtà assomigliasse
al fratello- non aveva bisogno di chiedere a Jane se lui la amasse o
meno,
perché sapeva che la risposta era no. Quello che
c’era tra loro era solo una parentesi,
breve, destinata a finire spezzandole il cuore. Ma non poteva fare
altrimenti.
Jane era la sua droga, e non voleva morire senza aver saputo come fosse
essere
sua, appartenergli.
Anche
se solo per
finzione: nella settimana seguente, il giorno appartenne al lavoro, le
serate a
Kate e le notti a loro e loro soli, notti in cui, a dispetto della
situazione,
e della presunta mancanza di sentimenti, entrambi finivano per cedere
alle
lusinghe della carne e dei sentimenti, perdendosi nel buio
l’uno nell’altra
senza mai essere sazi abbastanza. Questo, tuttavia, non era il lato
peggiore,
non per Teresa. Una cosa era amare Jane per il fatto che fosse un
amante
notevole e disponibile, un altro amarlo perché era
semplicemente sé stesso,
perdersi nel vederlo fare le piccole cose, come guidare la sua
“vecchia
carretta” o mentre leggeva il giornale o parlava con Kate,
sentirsi il cuore
schiacciato dalle emozioni che la consumavano come fuoco. Un fuoco che
i
discorsi di Kate, gli stessi ogni giorno, altro non facevano che
alimentare, insieme
ai sogni e, sì, lo sapeva, alle illusioni.
“Non
capisco perché non
fare progetti, parchè non potete decidere una
data?” sbottava spesso lei mentre
cucinavano tutti assieme alla sera.
“Perché
non c’è fretta…
ormai il matrimonio non è più un passo obbligato
per poter vivere insieme o
farsi una famiglia.”
“Sì,
ma normalmente,
organizzare un matrimonio richiede tempo. E la tua
famiglia e quella di Teresa avranno bisogno di prendere
delle
ferie per poter venire…”
“Veramente,
i miei
fratelli non sanno ancora di questa… evoluzione nei miei
rapporti con Patrick”
rispose Teresa, arricciando un po’ il naso, conscia di dover
inventarsi
qualcosa, perché forse Kate non aveva le doti deduttive di
“Rick”, ma sapeva
ficcare il naso dove non le competeva molto bene. “volevo
dirglielo di persona.
Soprattutto a Tommy, lui è così protettivo verso
di me, nemmeno fossi stata
davvero la mamma…”
“Ok,
va bene, ma tu sei
un’adulta, e se Rick non si da una mossa, potresti cambiare
idea, e io non voglio! Davvero
volete che le cose restino così,
davvero volete rischiare di lasciarvi?”
“Sorellina,
quale parte
di stiamo bene così non hai capito?” la prese in
giro lui, dandole una gomitata
leggera nel fianco mentre sbucciavano verdure. “davvero,
smettila Kate. Diventi
insopportabile quando inizi a manovrare le esistenze altrui.”
“Andiamo,
Rick, non
vuoi rischiare di perderla, vero?”
“No”
ammise lui, voce
bassa, voltandosi verso Lisbon. “non voglio”
Gli
occhi di Teresa si riempirono
di lacrime, e si voltò verso Jane, abbracciandolo da dietro,
dolci baci sul
collo ricoperto di morbidi e profumati ricci biondi. “e io
non vado da nessuna
parte. Amo questo posto, e, incredibile ma vero, amo anche
te.” Lo
strinse, piangendo di nascosto, o
perlomeno provandoci. Sperò che Kate potesse credere che
quelle fossero lacrime
di gioia, quando invece, piangeva solo perché sapeva che
nulla di quello che
aveva detto era vero.
In
tutta risposta, Jane
si voltò verso di lei, e lasciò ancora una vota
che le sue labbra ricadessero
su quelle di Lisbon, in un dolce e lento movimento che era ormai
divenuto
rutine per loro. Kate batté le mani una volta, lacrime di
gioia, quasi squittendo
per la commozione. “a questo
punto non
posso che esser certa che voi due siate davvero pazzi l’uno
per
l’altra…insomma, vi deciderete una buona volta a
decidere quando sarà il matrimonio?”
“Presto”
mormorò lui, a
fior di labbra, senza mai staccare gli occhi da quelli di Teresa,
terrorizzato
dall’idea di cosa avrebbe fatto una volta finita la
messinscena, una volta che
lei non fosse più stata sua anima e corpo, senza sapere che
nella mente di lei scorrevano
gli stessi identici pensieri.
***
Kate
andò via, come il
turbine che era stato, lasciando una scia di devastazione e disordine
alle sue
spalle, in pieno stile Jane, spezzando ancora di più il
cuore di Teresa, che
sapeva sarebbe stata “lasciata” da lì a
momenti da Jane, una volta esaurito il
suo compito di attrice provetta; l’unica raccomandazione che
la bionda fece
prima di mollare gli ormeggi fu quella di fissare una data e non
permettere a
Jane di lasciarsi sfuggire quel tesoro di donna che lei era. Come fosse
stato
possibile.
Teresa
si fermò ancora
un giorno, più per prendere le sue cose e raccattarle
dall’appartamento di lui
che per altri motivi, motivi che di certo Jane non avrebbe mai e poi
mai
condiviso a detta di lei, ma anche perché
l’immacolato mentalista aveva a cuore
l’ordine di casa, se non altro, e lei voleva rimettere le
cose come le aveva
trovate. Colossale
errore.
Stava
mettendo a posto
il comodino di Jane quando notò delle monetine sparse, e non
sapendo dove
metterle, decise di aprire il cassetto per ritirarle lì;
l’interno era
immacolato come l’esterno, immacolato e spoglio, se non per
una cosa… una
cornice capovolta, una cornice che Teresa sapeva cosa potesse contenere
senza
neppure voltarla.
Tuttavia,
lo fece, e
scoprì di aver avuto ragione: Jane, accanto al letto, teneva
una foto della defunta
moglie, la bella, angelica, femminile ed aggraziata Angela, nulla a che
spartire
con lei… si sentì morire all’idea di
come lui amasse dopo tanti anni ancora
quella donna, di come fosse stato certamente sconvolto e turbato
dall’idea di dover
dividere il suo letto con un'altra-probabilmente per questo aveva
nascosto e
capovolto la foto, quasi sua moglie potesse essere ferita da un simile
gesto,
un simile oltraggio, quasi lui la stesse tradendo.
Mordendosi
le labbra
per soffocare i gemiti del pianto, Teresa ripose la cornice dove
l’aveva
trovata, non prima di aver però notato un altro oggetto,
piccolo, comune, che
lei aveva imparato a conoscere molto bene nel corso degli
anni… la fede nuziale
di Jane; prese in mano il piccolo manufatto, terrorizzata, quasi
potesse
esserne scottata, e notò per la prima volta
un’incisione sull’interno, Con
amore, per sempre tuo.
Gettò
cornice e fede
nel cassetto, richiudendolo sbattendolo con forza, incapace di
proseguire oltre
nella menzogna, di soffocare le lacrime. Avrebbe dovuto affrontare
prima la
realtà, e ora la realtà aveva deciso di
affrontare lei, sbattendole i sentimenti
inesistenti di Jane in faccia…
Jane non
l’avrebbe mai amata come ancora amava Angela, non avrebbe mai
amato nessuna come
lei, e lo doveva accettare, una volta per tutte, vederlo come un dato
di fatto.
Anche perché, lo sapeva, Jane manteneva sempre le sue
promesse, specie quelle
fatte a quella bellissima donna. Le aveva giurato di uccidere John il
Rosso e
lo aveva fatto. Ora… ora avrebbe mantenuto la promessa di
non lasciarla mai, di
esser per sempre suo, di amarla per sempre.
Schiacciata
dal dolore
di quella consapevolezza, che mai e poi mai lui l’avrebbe
amata, Teresa tolse
di casa ogni cosa che fosse sua, cancellando ogni traccia del suo
passaggio, in
modo che potessero tornare anche solo a una porzione delle loro
precedente
normalità, decisa a tentare di andare avanti, di
dimenticarlo, farsi una vita
con qualcuno che non fosse lui, e fece i bagagli prima che lui potesse
tornare,
desiderosa come mai prima di allora di evitarlo, almeno per un
po’. Sarebbero
stati bene, si ripeté lei, avevano solo bisogno di tempo,
soprattutto lei, ma
prima o poi le ferite sarebbero passate.
Per
la prima volta
superò tuti i limiti di velocità per un qualcosa
che non fosse un caso, occhi bruciati
dalle lacrime, rossi, inconsapevole del dolore che lui avrebbe provato
una
volta tornato a casa.
***
Teresa
era accasciata
sul suo divano a mangiare gelato quella sera, masochistamente avvolta
in una
comoda maglietta, la stessa che aveva indossato la prima notte in cui
lei e
Jane erano finti a letto insieme in un groviglio di arti e labbra e
gemiti di
piacere e coperte, occupata a piangersi addosso, conscia che, per
quanto avesse
pianto fino ad allora, mai e poi mai le sue lacrime sarebbero finite.
Stava
tropo male, era stata troppo stupida, troppo ingenua, troppo cocciuta.
“Teresa,
apri, lo so che
sei qui!” sentì la voce di Jane urlare dietro alla
porta, i pungi decisi contro
il legno, entrambi rumori molesti che la sua vicina avrebbe denunciato
con
enorme piacere. Sentiva le lacrime, il dolore, la rabbia nella voce di
lui.
Possibile che…. “Teresa, ti prego!”
Lo
fece, Teresa non
sapeva perché, ma lo fece, gli aprì la porta, e
lo vide, lì, davanti a lei, distrutto.
Rare volte lo aveva visto così. “hai portato via
le ,tue cose…” le disse, non un’accusa,
la voce spezzata dalle lacrime, dal dolore, singhiozzi che gli si
bloccavano
nella gola.
“credevo
che sarebbe
stato più facile.. e poi…” strinse i
denti, occhi chiusi, anche lei vittima di lacrime
traditrici. “avevamo detto che saremmo stati insieme fino a
che Kate fosse
stata qui. Ora possiamo…puoi dirle che il matrimonio
è saltato, che mi sono
tirata indietro. Sono certa che capirà.” Le
lacrime le scendevano copiose, silenti.
Mai e poi mai avrebbe potuto celarle, nemmeno se la pioggia fosse
scesa,
unendosi a loro.
Il
dolore, il rimpianto
erano chiari, e non era necessario essere un mentalista
perché lui lo vedesse.
Lui lo sapeva. Forse, rifletté, perché lui stesso
provava quelle emozioni… fu
quasi paradossale, ma leggere ciò che vedeva in Teresa, quel
dolore, la
consapevolezza di non essere amata da lui, gli diede un certo senso di
gioia, di
conforto, di speranza… perché se soffriva a causa
sua, allora, allora forse….
Forse lo amava come lui amava lei, forse si era sbagliato, aveva
ingannato sé
stesso per tanti, troppi anni, celandosi dietro alla maschera del
dolore, della
vendetta.
“Sarà
difficile dire a
Kate che non ci sarà nessun matrimonio. Non mi
perdonerà mai, sai? Però,
chissà…” gettò lui, sullo
scherzo, mani in tasca, appoggiato allo stipite,
occhi incollati al pavimento. “so che è stato poco
più di una settimana, ma siamo
andati d’accordo, e…. sarei felice
se
tu volessi tornare. Cosa ne pensi?”
Lo
guardò, confusa, non
certa di aver capito. “io… cosa… non
capisco, dove vuoi arrivare?”
“Sto…parlando
di una moglie,
Lisbon” si grattò il capo, e sollevò
gli occhi, trovando quelli di lei, che da
incredula era divenuta sgomenta. “so che non è un
granché come proposta, ma ti
sto chiedendo di sposarmi. In questo modo risolverei anche i miei
problemi con
Kate, e non avrei da dirle nulla… se non lo avessi capito,
sono leggermente terrorizzato
da mia sorella….”
“Oh,
beh, certo, sposarsi
per far contenta tua sorella, ottima ragione!”
sbottò, quasi tentata di
sbattergli la porta in faccia. Cosa che avrebbe fatto, se lui non
avesse messo
il piedi in mezzo, fermandola, ed evitando di essere chiuso fuori,
forse per sempre,
non solo dalla casa ma dalla vita di quella donna che lo aveva salvato
senza
nemmeno rendersene conto. “E cosa mi dici di Angela, eh? Cosa
credi che
penserebbe, sapendo che non ti vuoi sposare per amore, ma per
convenienza?”
Teresa non poteva nemmeno più celare i singhiozzi anche se
ora a quelli di dolore
si erano uniti quelli di rabbia, rabbia perché Jane la
voleva, ma non amore,
giusto un contentino, e nemmeno per lei, lei, che tanto glia aveva dato
in
tanti anni…
“Ok,
punto primo”
iniziò a puntualizzare lui, occhi negli occhi con Teresa, a
pochi millimetri
dal suo viso, uno scatto felino così rapido
nell’avvicinarla che lei a malapena
se ne era resa conto. “Angela vorrebbe il meglio per me, mi
vorrebbe felice.
Secondo, ci sono ragioni peggiori del conforto e della sicurezza per
sposarsi”
lui dietreggiò bell’attimo in cui vide passare un
lampo di rabbia negli occhi
di Teresa, e lei si fece avanti, minacciosa, una mano ina ria pronta a
colpirlo
a palmo aperto. La donna davanti a lui era furiosa, furibonda oltre
ogni ragionevole
limite. Non credeva alle sue orecchie…. Lui non voleva
nemmeno fingere di
amarla, e forse se lo avesse fatto, lei non gli avrebbe nemmeno
creduto, coscia
che il suo cuore non avrebbe mai stato suo, ma per sempre della sua
prima
moglie.
Poi...
poi si fermò, la
mano a mezz’aria, lacrime agli occhi, piangeva disperata.
“Non sai quanto
vorrei dirti di sì, ma non posso….
Non… non voglio sposarmi senza amore, anche
se… anche se si trattasse di te. Avrei bisogno di sapere di
essere amata…”perché
ti amo “ non è giusto. Mi merito
di meglio. Merito di essere amata” si tolse
l’anello, che aveva chissà come scordato
all’anulare, quasi quello fosse stato il suo posto legittimo,
quasi fosse stato
fatto per lei, e lo mise nel palmo di Jane, chiudendovi le dita
intorno,
stringendo la mano nella sua. Entrambi io loro occhi si persero in quel
gesto,
in quell’istante.
“E se io ti
amassi?” Jane alzò il viso,
sperando di vedere, non ne era certo. Sperava di avvertire speranza,
speranza
che potessero avere un futuro, e che lo avessero insieme.
“sono stato stupido,
Teresa. Io speravo… non lo so, forse speravo che vivendo con
te
questa…infatuazione mi sarebbe passata, ma non è
stato così. E’ stato peggio.
Credevo di fare il tuo bene, perché meriti di meglio di me,
un vecchietto
introverso a col cuore spezzato, che non crede a niente, ma…
sono troppo
egoista, non ce la faccio. Non riesco a rinunciare a te.”
Fece una pausa, e la guardò,
dritta negli occhi, di nuovo a un passo da lei. “ti amo,
Teresa, e non posso stare
senza di te. Voglio svegliarmi la mattina con te al mio fianco. Voglio
tornare
a casa e trovarti ad aspettarmi…. Voglio andare avanti,
Teresa, e c’è una sola
persona con cui possa o voglia farlo: tu”
“E…
e Angela?” gli chiese
di nuovo, pugni serrati intorno alla morbida stoffa del gilet grigio.
“L’ho
amata, ma… ma ora
non sono più diviso, spezzato, ed è tutto merito
tuo…. Non credevo che mi sarei
mai innamorato di nuovo, non pensavo di meritarlo, anzi, sono certo di
non
meritarti, ma…. Tu sei tu, ciò che voglio,
ciò di cui ho bisogno, e ti amo per
quella che sei.” La guardò, serio, un soffio di
labbra da Teresa, al voce bassa
e cupa. “perciò… se te lo chiedessi di
nuovo… dopo averti detto la verità….
Mi
daresti una risposata diversa?” lei annuì
solamente, e lui, col sorriso ricolmo
di lacrime di gioia, prese l’anello dal palmo della mano e lo
ripose nuovamente
nel suo legittimo luogo, l’anulare sinistro della donna che
da molto tempo, più
di quanto volesse ammettere, lui amava. “Mi vuoi
sposare?”
Scoppiò
a ridere, Teresa,
mentre gridava “sì” e gli gettava le
braccia al collo, con Patrick che l’attirò
a sé, baciandola con tale trasporto e passione che
credettero di svenire per la
mancanza di ossigeno.
“Devo
dedurre che tua sorella
inizierà a stressarmi per conoscere tutti i dettagli del
nostro matrimonio?” sospirò,
il capo appoggiato sulla spalla di Jane, sguardo sognate e per nulla
triste o rammaricato.
“Nah,
credo piuttosto che
inizierà a tormentarci per aver un nipote il più
presto possibile!”
“Sai,
non mi dispiacerebbe
vedere cosa si può fare al riguardo…”
gli disse, voce bassa e maliziosa sulle
sue labbra, mentre, afferrandolo per il colletto, lo tirava in casa
quasi fosse
stato un cagnolino fedele. Alle sue spalle, sornione e soddisfatto, lui
faceva
il verso del lupo, pregustando cosa stava per accadere e curioso di
scoprire se
sarebbero stati in grado di aspettare tanto a lungo da arrivare alla
camera da
letto, ora che sapevano entrambi che quello che li legava, quello che
avrebbero
fatto, sarebbe stato amore.
“Qualsiasi
cosa per
zittire mia sorella, eh?”
“Oh,
sì!” ammise lei,
gettandolo sul letto in risposta alla silente domanda che lui si era
fatto
prima, ricadendo poi al suo fianco, il luogo dove aveva ogni intenzione
di restare.
E stavolta, non solo il più a lungo possibile, ma se lui
glielo avesse
permesso, per sempre.
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Capitolo 2 *** Missing moments 1: scommesse& addominali ***
Benvenuti alla
prima puntata di tricking kate-fidanzata per finta! nei prossimi
giorni, aspettatevi un altro paio di piccoli mini-capitoli come questo,
tutti incentrati sui missing moments che non ho descritto
nell'one-shot, tutti in cui il team farà delle comparsate
più o meno lunghe.... enjoy!
Seminascosti
nel cucinino, Cho, Rigsby e Van Pelt osservavano la scena che stava
prendendo
vita davanti a loro, una scena che, negli ultimi giorni, si era
ripetuta più e
più volte, e come ogni volta, rimanevano a grattarsi la
testa e chiedersi cosa
diavolo stesse succedendo.
Che
Jane e Lisbon passassero gran parte del loro tempo lavorativo insieme
non era
mai stato un mistero; dopotutto, come lui stesso aveva più e
più volte ripetuto
a Bertram e a Minelli prima,
Lisbon era
l’unica persona che avesse una minima parvenza di controllo
su di lui, ed
alcune volte era riuscita persino ad essere un’influenza
positiva sull’uomo.
Però... però... non sapevano come spiegarselo, ma
negli ultimi giorni, c’era
qualcosa di diverso; Jane passava ancora gran parte del tempo rinchiuso
nell’ufficio del capo, appisolato o anche semplicemente
sdraiato sul divano che
lui stesso le aveva regalato, però, più che
parlare del caso, sembrava che
confabulassero. Per non parlare del fatto che i ruoli sembravano
essersi
magicamente invertiti. Fino ad allora, Lisbon era sempre stata lei
quella in
soggezione, a disagio quando era con l’uomo (e quale donna
non lo sarebbe
stata, con un Adone simile al suo fianco?) mentre Jane amava fare
battutine a
doppio senso, lasciando intendere che tra loro ci fossero cose che in
realtà
non c’erano, e adesso... adesso, Jane passava il suo tempo ad
arrossire come
una scolaretta, visibilmente imbarazzato e a disagio, mentre Lisbon non
era mai
stata così sorridente e spigliata, nonostante passasse
ancora gran parte del
suo tempo ad arrossire ogni qual volta l’uomo la guardava, le
sorrideva o
proferiva parola. .
“Dite
che Jane ha combinato qualcosa?” chiese Grace, quasi
spaventata. Jane, in
quello stato mentale, non era mai un buon segno, non tanto per
l’uomo stesso,
quanto per il resto del mondo. Specie loro- e il loro beneamato posto
fisso.
Cho
scrollò il capo, braccia incrociate a studiare la scena come
i colleghi. Quel
gesto, però, non era tanto perché non riteneva
che, in quella particolarissima
istanza, i loro posti fossero in pericolo, quanto dovuto al fatto che
non
riusciva a credere che proprio Jane e Lisbon non si rendessero conto di
essere
osservati nemmeno fossero stati due animali in gabbia. Né
riusciva a credere
che non si rendessero conto che la tensione sessuale, e
l’attrazione tra loro,
fossero così forti e tangibili
da poter
essere tagliate con un coltello.
“Effettivamente, ultimamente Jane passa
parecchio tempo a studiare la
fede e guardare Lisbon...”
“Dite
che vanno a letto insieme?”
Per
qualche strano motivo, la domanda di Rigsby gli aveva provocato delle
occhiatacce da parte dei colleghi; con il panino in mano, li
guardò un po’
stupito, e anche offeso. Perché lo guardavano
così, quando si era limitato a
dare voce allo stesso pensiero che attanagliava anche le loro, di
menti? E
comunque, non era certo cieco. Pure un idiota – e
probabilmente anche un
sordo-cieco – sarebbe stato capace di avvertire la tensione
sessuale tra quei
due…
“Lisbon
non lo farebbe mai! Lei è una moderna donna in carriera con
una forte morale!”
Grace era così indignata che Rigsby, quando lei gli si mise
davanti, fece un
passo indietro, terrorizzato all’idea che quelle sottili dite
affusolate che un
tempo lo avevano fatto premere di piacere potessero lasciare un bel
segno rosso
sulle sue guance… un qualcosa che Sarah, di certo, non
avrebbe apprezzato,
preda com’era degli ormoni nell’ultimo trimestre di
gravidanza. Spiegare perché
la sua ex lo aveva preso a sberle? Nessuna spiegazione, nemmeno la
verità,
sarebbe stata credibile. E, al contrario di Jane, a lui, il divano del
salotto
non piaceva. Per nulla.
“Lisbon
no, ma non credo che Jane si farebbe troppi scrupoli nel sedurre il
capo, se
servisse i suoi scopi. Lavorerà pure con noi, ma resta pur
sempre un
manipolatore nato.”
“Jane
non è così! Lui è una brava
persona!” sia Rigsby che Cho alzarono un
sopracciglio all’accaldata difesa che la rossa stava facendo
del mentalista;
lei, si morse il labbro, e le sua guance si colorirono della stessa
tonalità
dei suoi capelli. Abbassò lo sguardo, e iniziò a
giocherellare un po’ con le
dita, a disagio. “Sì,
va bene, è vero,
Jane è un manipolatore, e anche piuttosto
bravo…” Cho le mandò un altro sguardo
inquisitore, mentre Rigsby dovette soffocare una risatina, che quasi
gli fece andare
di traverso il boccone di panino. “va bene, Jane è
molto bravo a manipolare, ma
lo avete detto anche voi, la morte della sua famiglia lo ha reso una
brava
persona. E una brava persona non sedurrebbe mai il proprio capo per
fini
mefistofelici!”
“Oh,
sì, certo Grace, e quella stessa brava persona non ci ha
ricattati perché lo
assecondassimo in tutto e per tutto quando stavamo insieme,
vero?”
“E’
diverso! John non era ancora morto, ma con John morto, lui ora
è davvero una
brava persona!” di nuovo i colleghi la guardarono di brutto,
ma stavolta, Grace
si arrabbiò così tanto che pestò
i piedi
di Rigsby e se ne andò, indignata, voltandosi solo
un’ultima volta quando
arrivò alla porta del cucinino. “E comunque, anche
se l’avesse sedotta o stesse
per farlo, sarebbe solo per amore, perché lui è
una brava persona! Ma tanto
perché voi lo sappiate, sono certa che Lisbon non
disubbidirebbe mai così al
regolamento!”
Batté
la porta, e sia Rigsby che Cho chiusero gli occhi, stringendoli, quando
udirono
il colpo. E furono quasi certi che dei calcinacci fossero caduti loro
sul
capo….
Nel
frattempo, nell’ufficio di Lisbon, Jane se ne stava seduto
sul divano con in
mano una tazza di te- ormai freddo e imbevibile – quasi
vuota, fissandosi la
mano sinistra ogni volta che sembrava che Lisbon non lo guardasse, e
sorridendole sornione ogni volta che lei alzava un sopracciglio verso
di lui
come per chiedergli cos’altro stesse combinando e cosa gli
frullasse per la
testa.
“Devi
dirmi qualcosa, Jane?” chiamarlo Patrick, seppure lui le
avesse chiesto, in
vista dell’arrivo della sorella, di chiamarlo per nome,
sembrava una cosa
impossibile. Ormai era certo che Kate li avrebbe beccato subito. Teresa
lo
avrebbe chiamato Jane e trattato un po’ malamente e sua
sorella avrebbe capito
che era una finta, e lui sarebbe stato costretto ad una ancora
più lunga catena
di incontri al buio con donne per cui lui mai e poi avrebbe avuto alcun
interesse.
“Uhm,
no, sto solo meglio qui, nient’altro. Van Pelt mi fa venire
il mal di testa,
con la sua ossessiva gelosia verso Rigsby e la povera Sara. Capisco che
le
bruci cosa è successo con O’Laughlin, ma credo che
a volte scordi di essere
stata lei a spezzare il cuore del nostro povero agente, e che
perciò non ha
nulla di cui lamentarsi se ora lui ha deciso di rifarsi una vita in cui
lei è
contemplata solo come collega.”
“Dovremmo
parlarle. Non mi piace come sta venendo a patti con la cosa. Ha fatto
tanti
sacrifici per arrivare dove è ora, e sta buttando tutto
all’aria per una cosa
di cui non aveva alcun controllo, e per cui nessuno la ritiene
responsabile.”
“Sai,
sono stupito. Tu sei sempre stata quella che voleva che ricevessi
l’adeguato
sostegno degli strizzacervelli per i miei problemi, e quando io te ne
decantavo
i difetti, hai continuato ad insistere. Ora, dopo la tua deludente
esperienza
con uno di loro, all’improvviso non ritieni necessario che
Grace parli con uno
di loro, anche se ne avrebbe più bisogno di me!” Borbottò
qualcosa portandosi, leggermente
disgustato, la tazza alla bocca, e
Teresa prese un fermacarte in mano, pronta a lanciarglielo, quando le
parole
furono processate dal cervello… una cosa del tipo Ha soltanto bisogno di una bella notte di sesso.
Devo dire a Kate di
presentarle qualcuno…
“Ti
ricordi quella volta che ti ho detto che eri romantico? Mi rimangio
tutto. Sei
solo un porco pervertito.”
“Sono
realista, Lisbon, e lo sai anche tu. Grace tutta questa energia deve
riversarla
su qualcosa, e dato che non
ha uomini
con cui essere predominante dal punto di vista sessuale, lei applica la
forza
bruta sul lavoro. Se, invece, avesse qualcuno con cui dividere il
letto…” fece
una piccola pausa, pensando tra se e se in silenzio, il tutto
accompagnato da
una risata gutturale. La cosa, a Lisbon, non piacque per nulla. Quando
faceva
così significava o che Jane stava tramando qualcosa, o che
stava per fare
qualche battuta idiota (normalmente a doppio senso, e normalmente
riferita a
lei) … “A proposito di letto… non che
io ti debba parlare di un letto, ma mi
chiedevo se non fosse il caso che prendessi un po’ delle tue
cose e portarle da
me. Dovresti iniziare ad abituarti alla casa, non vorrei che, facendola
vedere
a Kate, le dicessi “ecco il bagno” per poi scoprire
che in realtà, dietro la
porta, c’è un ripostiglio…. Ci
scoprirebbe subito, e se ci scoprisse temo che
mi toccherebbe fare ben più che semplicemente uscire con
delle donne per farmi
perdonare.”
Lisbon
si mise le mani davanti alla bocca
quando vide che, contrariamente a quanto aveva creduto, Jane era
davvero serio.
Jane era davvero spaventato dalla sorella… e poi, si prese
la pancia in mano,
perché non poteva davvero resistere. Era davvero…
troppo. Lei viveva nel
terrore che Jane facesse o dicesse qualcosa di stupido, e lui, che dava
sempre
l’aria sicura di sé, che faceva tanto il duro ed
il gradasso (se c’era lei
pronta a nasconderlo dietro alla sua metaforica gonna, ovviamente), era
terrorizzato dalla sorella e non aveva nemmeno il coraggio di dirle che
non se
le sentiva ancora di uscire con una donna, tantomeno di impegnarsi
seriamente.
“Oh,
ridi, ridi, ma vedremo come riderai quando avrai incontrato Kate e lei
inizierà
a farti pressioni per organizzare il matrimonio!”
sbuffò lui alzandosi con
malavoglia dal divano e stiracchiandosi, facendo involontariamente
sì che la
camicia uscisse dai pantaloni e mostrasse una striscia di pelle
all’altezza
dell’addome che Lisbon si ritrovò a fissare a
bocca aperta come un’ebete. “Quella
pazza è capace di dirti che non serve il matrimonio in
bianco, ma che basta una
veloce capatina all’ufficio del giudice di pace, giusto per il gusto di
complicarmi
l’esistenza…”
Accidenti…
ma sono addominali quelli?
E io che credevo che avesse le maniglie
dell’amore… ma come fa che dorme sempre
sul divano? E da dove viene quell’abbronzatura?
Cavolo… chissà i bicipiti ed i
pettorali… inizio a capire perché le donne gli
sbavino dietro. Chissà com’è
senza vestiti. Oddio, spero non dorma nudo… se dovessimo
dividere un letto,
finisce che lo violento se non ha addosso niente, e lui è
così spavaldo e
libertino che è capace di quello e altro, se non altro per
farmi imbarazzare…
“Lisbon?
Ehi, Terra chiama Lisbon…” lui le passò
una mano davanti al volto, e lei non
poté fare altro che arrossire e avvertire l’arrivo
dell’imminente balbuzie.
Davvero aveva fantasticato su Patrick Jane nudo
davanti a lui, l’onnisciente mentalista per cui
lei era un libro aperto?
“Comunque, ci vedismo stasera con, diciamo, vestiti per una
decina di giorni,
per tutte le occasioni, quindi anche un vestitino, quello verde stile impero sotto al
ginocchio che non hai
mai messo andrà più che bene… magari
con i sandali alla schiava in pelle nera
che hai comprato di impulso senza sapere se mai li avresti
usati.” Sorrise
all’imbarazzo di Teresa, presa in
fallo, e si allontanò, dirigendosi verso la porta, per
fermarsi quando aveva
già la maniglia in mano. “Passa quando vuoi, tanto
io vado a casa direttamente
dall’ufficio, e ti avverto: stasera ti vizio con la cena.
È il minimo per farmi
perdonare per tutto questo disturbo…”
Appena
fu uscita dall’ufficio, Teresa batté la testa
contro la scrivania, lanciandosi
qualche centinaio di maledizioni. Cosa le era passato per la testa, di
accettare di fingere di essere la ragazza di Jane per più di
una settimana? Ah,
giusto… se lo ricordò. Lei era una masochista
emozionale, e quale forma di
masochismo emozionale era più forte di fingere di essere la
fidanzata dell’uomo
di cui era innamorata, e che mai e poi mai l’avrebbe amata
perché ancora
innamorato della moglie morta da oltre un decennio?
Altro
che Santa Teresa… chi diavolo era il patrono degli idioti?
Le avrebbe fatto
comodo saperlo.
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Capitolo 3 *** Missing moments 2: fratelli coltelli ***
Per
favore, Ricky! Ti prego, ti
prego, ti prego! Farò la buona, lo prometto!”
“per
l’ennesima volta: ti ho
detto di no! E piantala con gli occhi da cerbiatta, funzioneranno con
gli
idioti che tenti di sedurre, ma temo di doverti dire, sorellina, che io
tendo
ad essere piuttosto immune al tuo fascino femminile! Non puoi venire al
CBI con
noi!” comodamente seduta al tavolo della cucina, Teresa stava
mangiando una Red
Delicious, sperando che nessun boccone le andasse di traverso dal
ridere mentre
si godeva quell’esilarante scena. Non c’era dai
dire: era a dir poco delizioso
avere a che fare con un Patrick Jane che tentava, disperatamente, di
appellarsi
alla professionalità ed era serio. E dire che avrebbe detto
che sarebbe stato
capace di portarsi dietro Kate al solo scopo di rendere a tutti la vita
più
complicata al CBI…
Ok,
magari non era esattamente
scontenta della cosa. Dio solo sapeva con cosa la donna se ne sarebbe
uscita se
mai avesse visto il team. Le cose erano già abbastanza
complicate così
com’erano senza che ci si mettesse di mezzo il team con le
loro scommesse,
Bertram con il suo maschilismo da macho fallito e il moccioso di
Wainright (che
però, visto come era molto, molto infantile, sarebbe stato
capace di scoppiare
a piangere come una donnicciola alla menzione di un matrimonio) , con
loro che
fingevano, a beneficio di Kate, di
essere fidanzati, mentre erano “solo” amici di
letto, anche se in
realtà lui era l’unico a crederlo
perché in realtà lei era innamorata di lui
e…
Come
aveva detto: complicato.
“Uffa!
Se non vuoi farlo per
favore, fallo almeno per rispetto di anzi…” quando
Kate si fermò,
rabbrividendo, all’idea di cosa avesse detto, o quasi, Lisbon
stentò davvero a
trattenersi dal ridere. “per rispetto della tua sorella
maggiore” si corresse,
ricomponendosi.
“Avanti,
sorellina, ammettilo,
guarda che lo puoi dire, alla tua età: anzianità.
Dopo tutto, ormai hai più di
50 anni suonati, e temo di doverti dire che si vedono tutti. Non come
Teresa.
Lei dimostra molti anni in meno dei suoi 39” sorrise,
credendosi tanto furbo,
ma capì di aver commesso un grave errore nel momento in cui
il silenzio avvolse
la cucina. Alzò gli occhi, e le donne lo stavano fulminando,
stringendo tra i
pugni cosa avevano avuto in mano fino ad un attimo prima. La mela di
Teresa
stava addirittura perdendo succo, che colava in gocce che le
percorrevano lievi
il braccio. Jane, in un’altra situazione, avrebbe trovato la
cosa stuzzicante,
e ne avrebbe approfittato per inventarsi un qualche giochetto erotico
(che,
aveva visto con la pratica, Teresa apprezzava parecchio) ma aveva la
netta
intenzione che lo sguardo omicida di Teresa lasciasse sottintendere che
il
sesso fosse l’ultima cosa che le stesse passando per la
testa. Era molto più
facile che stesse macchiando per faro fuori e nascondere il suo
cadavere…
Teresa
e Kate se ne andarono come
due furie dalla stanza, ma solo dopo avergli lanciato contro una
pentola di
rame ciascuna, il loro piccolo ringraziamento per il suoi commentino
sulla loro
età. E a Teresa non interessava se lui lo aveva fatto per
farle un complimento:
che gli uomini non dovessero fare alcun commento
sull’età delle loro donne era
una cosa conosciuta da tutti, una regola elementare di comportamento. E
se
l’idiota non lo sapeva o non ci arrivava con quel suo dannato
cervello
machiavellico, peggio per lui. Non gli avrebbe certo reso le cose
facili solo
perché il sesso era divino! Anzi, adesso che ci
pensava… dopo giorni e giorni
passati ad amarsi ogni notte, avrebbe iniziato uno sciopero del sesso!
O magari
no… lo cosa non le avrebbe dato alcun beneficio. Beh, ad
ogni modo: un modo per
punirlo lo avrebbe trovato. Se lo meritava, l’idiota.
Chissà
se
sarebbe riuscita a fargli portare via il divano per qualche
giorno…
Rick
l’aveva fatta grossa.
L’aveva, in pratica, chiamata vecchia…solo
perché lei era più nella cinquantina
di lui! Ok, lei era nella cinquantina, punto, però non era
certo che il
fratellino glielo ricordasse, né che le ricordasse che la
sua vita
sentimentale, ultimamente (ok, da parecchi anni a quella parte, se
doveva
essere onesta) era fatta di notti da una botta e via e poco altro,
preferibilmente con idioti o con ricconi che poi erano davvero molto,
molto gentili
con lei. A proposito di ricconi… Si ricordò che
Teresa era stata, brevemente,
fidanzata con uno di loro, un pezzo grosso dell’artiglieria e
degli armamenti
bellici e dell’informatica, e che Patrick, nonostante lo
osannasse di continuo,
non era stato un granché bravo a nascondere la sua gelosia e
la nota di amaro
nella voce ogni qual volta le parole Lisbon (O Teresa) e Mashburn
venivano
messe nella stessa frase. Chissà se il tizio era ancora
single. Doveva farsi
dare il numero. Chissà che non sarebbe riuscita a farla
pagare la fratellino
facendosi vedere al braccio del tizio che meno lui sopportava sulla
faccia
della terra….
Beh,
per adesso si sarebbe
accontentata di farsi scarrozzare per tutto il CBI. Nonostante lui le
avesse
detto esplicitamente di no. Così imparava a chiamarla
anziana,
quell’antipatico.
“Posso
aiutarla…?” la voce
tentennate di una giovane donna risvegliò Kate dal suo
turbamento, e mettendo
in mostra la sua migliore interpretazione della perfetta casalinga Bree
Van De
Kamp, cosa che, unita al luccichio assassino, fece impallidire van
Pelt, che
decise di mettere qualche passo di distanza tra lei e la bionda. Kate,
invece,
aveva una mezza voglia di comportarsi nemmeno avesse visto un
cucciolo… quella
bambolina di porcellana dai capelli rossi aveva pistola e distintivo,
eppure
era così carina e così tenera!
Uhm.
Iniziava a capire perché Rick non avesse mai voluto avere
appuntamenti. Se
tutte le donne del CBI erano così.. e se lo diceva lei che
era etero convinta, doveva essere
vero sul serio!
“Oh,
sì, vede…” si avvicinò con
fare cospiratorio, sghignazzando come un’ochetta. Adesso
sì che van Pelt aveva
voglia di chiamare la sicurezza… o per lo meno Ron. Lui era
grande e grosso, di
certo non si sarebbe fatto intimorire da quella bionda, giusto? Anche
se… non
sapeva perché, ma quegli occhietti diabolici avevano un
nonsoché di familiare.
“Sto cercando la mia futura cognata.”
“…è
forse stata arrestata per
omicidio?” chiese Grace, quasi certa che le risposta fosse
sì. Non avevano
nessun caso al momento, e stavano ancora avendo a che fare con le
ripercussioni
burocratiche del caso di John il rosso (specialmente lei, che
continuava a
picchiare e sparare a sospettati e passava più tempo dalla
strizzacervelli che
alla scrivania, a cui Lisbon l’aveva praticamente legata), ma
forse la donna si
era sbagliata e doveva solo andare da un altro team. Dio lo volesse.
Non aveva
voglia di finire con un coltello o un proiettile in corpo…
“ma
no, sciocchina! Sto cercando
Teresa Lisbon!” la
risposta di Kate uscì
fuori accompagnata da un’altra, ennesima, risata da
gallina/oca, a cui, però,
fece seguito una pacca sulla spalla, questa molto, molto poco
femminile. Adesso
la tizia non metteva più i brividi a Grace. Le dava sui
nervi e basta. E dio
solo sapeva se i suoi nervi non ne avevano già viste
abbastanza, tra
Craig , Wayne che si metteva con Sara
dopo averle detto di smetterla di fare l’amica con lui e
Styles che voleva
farle da strizzacervelli. Oh, e non era certo da dimenticare il fatto
che
vedesse pure il sopracitato fidanzato morto e ammazzato da
lei…
“Tommy,
James o Mattew?” chiese,
sperando, per il bene della piccola (e adorabilmente tosta) Annie, che
quella
non fosse la futura matrigna. Per prima cosa, la tizia aveva almeno 15
anni in
più di Tommy, e
per seconda,
frammentarie notizie giunte alle sue orecchie indicavano che
l’ex moglie di
Tommy, e madre della ragazzina, fosse totalmente svitata e senza
controllo, e
va bene che non c’è due senza tre, però
non si diceva anche che sbagliando si
imparava?
“Uhm?
Oh, i fratelli di Teresa!” il
volto di Kate si illuminò a giorno a sentire quei nomi, che
nel giro di poche
ore dal suo arrivo erano diventati già familiari-
soprattutto grazie al suo
brillante terzo grado a Teresa. Teresa era stata titubante a raccontare
della
sua famiglia – e alcune delle sue domande erano state
stoppate dal gelido
sguardo di Rick - ma
ad un certo punto,
erano saltate fuori le foto, e lei non si era più fermate. E
Rick aveva sorriso
e riso, una cosa che da tanto, troppo tempo non lo vedeva fare, quando
erano
usciti fuori il nome di Tommy, il “sono un garante per la
libertà vigilata e
non un cacciatore di taglie come dici tu Teresa” e di sua
figlia, la teen-ager
Annie, che aveva come idoli personali la zia ed il suo consulente, di
cui voleva
seguire le orme divenendo una machiavellica poliziotta. “Oh,
no, no, io sono
Katerine, la sorella di Rick!”
“…Rick?”
sussurrò Van Pelt, un
sopracciglio alzato verso il cielo. E poi… e poi fece un
paio di collegamenti.
Quegli occhi e quella sorta di… spensieratezza (come pure la
maschera di
elegante compostezza) avevano un qualcosa di familiare… e
dato che il nome
“Rick” non poteva essere l’abbreviazione
di “Walter” – altresì detto
l’ultima
relazione seria di Lisbon (a meno che il tizio non fosse fissato con i
giochi
di ruolo. Non che lei avesse dei dubbi al riguardo…), allora
il nome Rick non
poteva che essere effettivamente
l’abbreviazione di… di…
“JANE?!”
“Sì!
Esatto! Rick è il mio
fratellino! Fratellino che, a quanto vedo, non parla di me con
nessuno!” Come
aveva poi fatto a proposito dei suoi colleghi, aggiunse lei
mentalmente. Con la
sola eccezione di Lisbon, che era pressoché argomento
costante di
conversazione. Ad un certo punto l’aveva pure odiata, tanto
Rick la esaltava…mise,
tuttavia, nonostante l’equità della situazione, il
broncio, Kate, però quel
broncio da monella. Quello stesso che il fratello le aveva detto essere
funzionante solo con gli uomini sessualmente attratti da lei (anche se
le sue
parole erano state leggermente più offensive); Grace,
invece, storse il naso.
Non sapeva se roderle perché Rigsby aveva avuto ragione e
adesso avrebbe preso
tutti i soldi che nel corso degli ultimi mesi avevano messo da parte, o
se
essere felice che, almeno un pochino, aveva avuto ragione.
Perché Jane non
avrebbe mai sposato il capo se non l’avesse amata, giusto?
Quindi, ok, andavano
a letto insieme, ma almeno stavano insieme.
Alla
fine, silenziosamente e
molto compostamente, la rossa squittì tra se e se,
mordendosi le labbra per
evitare di squittire sul serio per la gioia; “Oh, io sono
Grace Van Pelt, è
sempre bello incontrare qualcuno che ha avuto a che fare con Jane prima
che…
sì, insomma, quando girava con il circo” si
corresse all’ultimo minuto, di
nuovo mordendosi le labbra ma per tutt’altro motivo. Aveva la
netta sensazione
che la frase “prima che uscisse fuori di testa
perché aveva finto di essere un
sensitivo, non che io creda che lui stesse davvero fingendo, e aveva
parlato
male di John il rosso stuzzicandolo fino a che lo schizzato non gli
aveva
massacrato la famiglia” non suonasse troppo bene. Non
esattamente una cosa da
dire all’inizio di una conversazione per rompere il ghiaccio.
“Fiera.
Noi giravamo con la
fiera, non con il circo. Io ero un’artista, ok? Sono una
ballerina di teatro,
non una “ballerina esotica” che si fa chiamare
così perché non vuole ammettere
di essere una spogliarellista!” Raddrizzandosi la borsetta
sulla spalla,
l’avvenente bionda (decisamente una Jane) mollò
senz’altro aggiungere la rossa,
e andò a sedere alla scrivania del giovane moro. Era
decisamente carino, si
disse. Chissà se era anche single…
l’avrebbe chiesto a Patrick.
Grace
scrollò le spalle. Certo, era seccante vedere donne che
flirtavano con il “suo”
Wayne, ma dopotutto aveva di che essere allegra. Presto avrebbe dovuto
aiutare
Teresa ad organizzare un matrimonio che, ne era certa, avrebbe avuto un
budget
a 5 cifre… e cosa c’era di meglio di un bel
vestitino tutto vezzoso giallo
canarino e merletti per la damigella d’onore- lei?
Lisbon
se ne stava tutta
tranquilla seduta alla sua scrivania a lavorare, e non era giusto, non
era per
niente giusto, pensò Jane, seduto a gambe incrociate sul
divanetto bianco con
indosso il suo solito sorriso, la sua maschera di falsa
tranquillità. Lui non
era per nulla tranquillo, e non era giusto che lei fosse
così, così… così
tranquilla rispetto a quello che era successo tra di loro, e che ancora
stava
succedendo.
Non
che la volesse vedere
agitata, tutt’altro, ma voleva… voleva che Teresa
capisse, e lei sembrava
essere cieca alle piccole attenzioni in più che negli ultimi
giorni le aveva
dedicato. Teresa doveva capire. Doveva capire che quello che
c’era tra di loro
non era solo sesso, e che una cosa alla “amici con
benefici” non era quello che
andava cercando, né quello che voleva da lei.
Non
lo aveva mai voluto, a dire
la verità. Desiderato? Assolutamente sì (le aveva
detto o no che era
impossibile non amarla?), ma non aveva preso seriamente in
considerazione
l’idea di rendere reali le sue fantasie, nemmeno in un mondo
dove John non esisteva
più, qual era il loro al momento. C’erano sempre
state troppe cose tra di loro
- il passato di entrambi con il suo carico di fantasmi, John che
minacciava il
loro mondo, il fatto che non si sentisse abbastanza degno di stare con
lei, e
che, di conseguenza, l’avesse spinta più e
più volte nelle braccia di altri
uomini – e mai e poi mai avrebbe pensato di fare la prima
mossa. E difatti, non
lo aveva fatto, ma lei aveva preso l’iniziativa, risvegliando
una belva in lui
al primo tocco. E lui, non era stato in grado di fermarsi, era stato
come un
fiume in piena, una volta assaporata Teresa, lei, così viva,
soffice e
consapevole e disinibita e desiderosa di lui tra le braccia, aveva
dovuto
cedere, dando un calcio alla razionalità, e le aveva ceduto
con gioia. Più e
più volte.
L’idea
di tornare a essere
colleghi non gli piaceva per nulla.
Una
settimana prima non avrebbe mai preso in considerazione una cosa del
genere-
anzi, la sua idea era stata quella di tentare di scoprire qualche lato
negativo
di Lisbon che gliela facesse amare di meno – ma adesso,
credere, pensare che
sarebbero dovuti tornare a essere solo colleghi lo faceva morire. Non
poteva
più mentirle. Le avrebbe detto tutto, e poi avrebbe agito a
seconda delle
conseguenze. I segnali che anche lei provasse c’erano, ma non
era del tutto
certo, perché Lisbon tendeva ad essere traslucente, a
cambiare come un vetro
smerigliato con la luce, ma a volte, come lo guardava, come lo
toccava…
Doveva
dirle la verità. Se lei lo
avesse amato, tutto a posto, avrebbero avuto il loro e vissero felici e
contenti, e se invece i suoi sentimenti non fossero stati reciprocati,
avrebbe
fatto le valigie e seguito Kate dovunque fosse che lei stava andando.
Ma doveva
parlare, doveva tentare, quel limbo non era una condizione che un umano
potesse
tollerare, e nel limbo era già stato
sepolto una volta, per oltre dieci anni, e di nuovo, non
ci sarebbe
stato per davvero.
Ok,
adesso glielo avrebbe detto.
Basta fare il codardo e nascondersi dietro alla metaforica gonna del
suo capo. Era
ora di mostrarle chi portasse i pantaloni nella loro relazione. Beh,
più o
meno…
Senza
indugiare oltre, si alzò, e
camminò a passo deciso verso Teresa, tentando di avere
quello che sperava
essere una sguardo suadente e malizioso, ma che però non
doveva essere troppo
malizioso. Ci mancava ancora che la sua principessa arrabbiata credesse
che
voleva suggerire porcherie al lavoro… “Senti,
Teresa, c’è una cosa di cui
vorrei parlarti da un po’ di tempo…”
iniziò lui tranquillo, ingoiando la saliva
e esitando non appena lei alzò gli occhi dai fogli e lo
guardò col sorriso e
gli occhi luminosi. Si ricordò quella volta che Teresa, poco
prima della morte
di John, si era trovata legata ad una bomba, e lui aveva usato quella
stessa
frase… e aveva quasi ammesso tutto, per poi rimangiarsi ogni
cosa addicendo le
più incredibili scuse non appena lei era uscita dai guai.
“Cos’è,
hai fatto qualche guaio
anche standotene seduto qui?” gli chiese col sorriso,
arrossendo e mettendosi
una ciocca di capelli dietro l’orecchio. E lui sorrise di
rimando, colmo di
soddisfazione: Teresa stava flirtando con lui come una scolaretta alla
prima
cotta! Doveva dirle tutto. Perché, davvero, ormai non
c’erano dubbi. Lui le
piaceva!
Con
nuova risolutezza, Jane si
incamminò verso la scrivania, e la raggiunse, e si
chinò verso di lei pronto,
non lo sapeva ancora, se a baciarla o dirle la verità,
quand’ecco che, mentre
era chino su di lei e le loro labbra stavano per schiudersi per
suggellare un
vero primo bacio d’amore…
…la
porta d’ingresso dell’ufficio
si aprì, sbattendo contro il muro e rivelando una
terribilmente agitata Van
Pelt. Stava iniziando a odiare quella donna, sul serio. E, doveva
ammetterlo,
aveva finalmente capito perché Lisbon non sopportasse che
lui entrasse senza
bussare prima.
“Lisbon!
Perché non ce lo hai
detto? Oh, sono così felice per voi!” Grace
trotterellò verso di loro, che si
erano separati di scatto, così veloce che nemmeno avessero
preso la scossa, e
stava abbracciando alternativamente entrambi squittendo come un
topolino.
Teresa gli lanciò un’occhiata gelida, segno che
riteneva che lui si fosse fatto
vedere mentre indugiava – o tentava di indugiarsi –
in un qualche bacio rubato,
o che si fosse fatto scappare qualcosa… e stava iniziando a
pensarlo anche lui,
quando però si rese conto di chi era la persona da cui
Rigsby tentava di
fuggire: Kate. Quella strega! “Posso aiutarti a organizzare
il matrimonio? Non
preoccuparti, tu non dovrai fare nulla, ci penserò io! Ho
già in mente l’abito
perfetto per te! E tu, Jane, tira fuori dalla naftalina lo
smoking!”
“…lo
smoking?” sussurrò Teresa
con il sangue che si congelava nelle vene. Oh, no, non stava davvero
succedendo…
“hai
ragione! Molto meglio il
tight! E abito
lungo per le signore!”
“Abito
lungo…?”
“Ho,
immagino già un matrimonio
estivo, la sera, nella cattedrale, con qualche centinaio di
invitati….”
“…centinaio?”
Teresa
stava impallidendo così
tanto che Jane temette che stesse per svenire; decise di andare in
soccorso di
entrambi, e mentre Grace stava per lanciarsi in un’altra
folle idea, presa la
“fidanzata” per le spalle e guardò la
collega negli occhi con sguardo da
cucciolo. “Oh, sì, Grace sono delle idee davvero
meravigliose! E se ne
parlassimo una di queste sere a cena?”
Grace
uscì, un po’ col broncio, e
loro due poterono finalmente prendere un sospiro di sollievo in attesa
di
decidere quale sarebbe stata la prossima mossa. Poi, però,
avvenne
l’impensabile, nella forma di un urlo di van Pelt.
“Ehi,
ragazzi, Jane ed il capo ci
hanno invitato a cena a casa loro domani sera per parlare del loro
matrimonio!”
Lisbon
gli lanciò un’occhiata omicida, e lui si
ritrasse nel suo attico. Vivere gli piaceva ancora troppo.
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Capitolo 4 *** Missing moments 3: piccole bugie fra colleghi ***
Piccole
Bugie Fra Compagni di
Squadra
Quando
entrò nell’ufficio di
Lisbon senza bussare, come suo solito, fu per puro miracolo che Jane
evitò, con
grande maestria ed abilità dettata da anni ed anni di
esperienza, di essere
beccato in piena testa da quello che sembrava un romanzo russo formato
rotocalco; fu con altrettanta maestria che Jane mostrò la
sua migliore interpretazione
degli occhi da cucciolo abbandonato a Lisbon, che con quel mattone
aveva appena
tentato di farlo fuori.
“Sei
morto” lo minacciò,
indicandolo con un dito accusatorio,
furibonda, rossa in volto per la rabbia, col fiatone. Lui
non batté
ciglio, anzi: Lisbon arrossata in volto col fiatone e con quella voce
rauca non
lo intimidiva affatto, perché gli ricordava
un’altra certa situazione in cui
lei era rossa, col fiatone e la voce rauca, una situazione in cui
nell’ultima
settimana si erano
trovati almeno una
volta ogni notte, una situazione molto, molto gradevole; allo sguardo
predatorio del suo consulente, Lisbon, stranamente, arrossì,
guardando da
un’altra parte col broncio, conscia che, se mai avesse posato
gli occhi su di
lui, i suoi propositi omicidi sarebbero svaniti, insieme alla sua
credibilità.
E comunque, era stata chiara: niente sveltine in ufficio.
“Allora,
sentiamo, cosa ho fatto
stavolta? Perché mi sono comportato piuttosto bene nelle
ultime settimane.
Nessuna vedova assassina o presunta tale
sedotta, niente ricatti o manipolazioni estreme, non mi
sono fatto
rapire né ho rapito nessuno, non ho sparato né mi
sono fatto sparare, nessuno,
compreso il sottoscritto, è stato sospeso. Ritengo che alche
il numero delle
lamentele nei miei confronti sia diminuito, merito della tua benigna
influenza,
non c’è dubbio. Perciò te lo
chiederò di nuovo, mia cara: cosa avrei fatto di
così grave da meritare la morte, o peggio ancora, di essere
esiliato dal nostro
talamo nuziale?”
Lui
ridacchiò, lasciandosi andare
contro lo schienale della sedia davanti alla scrivania di Lisbon, e
lei,
arrossendo ancora di più, si limitò, a tirargli
un sacchetto delle brioches
accartocciato addosso, che lui finse essere un’arma di
distruzione di massa,
massaggiandosi il gomito colpito nemmeno fosse stato preso nel mezzo di
due
fuochi di mitra. “Oh, donna, fai attenzione! Sono solo un
consulente, non un
rude poliziotto come voi! Sono molto delicato, dovresti avere maggiore
cura di
me!”
“Sta
zitto, idiota!” gli rispose
lei, ma Jane sapeva già che qualsiasi cosa lui avesse fatto,
qualunque fosse
stato il motivo per cui lei ce l’aveva con lui, ormai era
tutto risolto ed era
stato perdonato. Il sorriso di Teresa la diceva tutta in materia.
“E’ tutta
colpa tua. Sai, non so se sarò mai capace di
perdonarti…”
“Oh,
ma, Lisbon, io conosco
alcuni modi molto efficaci per farti rilassare… modi che
sono certo mi faranno
guadagnare il tuo perdono. Ma sono curioso: dimmi, cosa avrei fatto di
così
terribile da meritarmi la morte o un sempiterno odio?” allo
sguardo allusivo,
Lisbon, non potendo arrossire di più, si limitò a
mordicchiarsi il labbro, borbottando
un altro sta zitto a denti
stretti e indicando, a braccia conserte, il tomo gigante che lei gli
aveva
lanciato contro appena messo piede in ufficio: “Southern
California Bride
Magazine”, raccolta completa dei numeri
dell’anno precedente, più un sottile
volumetto della stessa rivista
sulla scrivania di Teresa, con in copertina il corrente mese ed anno.
“Considerato
che mia sorella non
ha messo piede in ufficio oggi, devo forse dedurre che Van Pelt stia
tentando
di cambiare, seppure temporaneamente, professione?” Jane,
ridendo, e non certo
sotto i baffi, fece scorrere veloci le pagine del mattone,
soffermandosi su
quelle che la rossa aveva messo in evidenza con una serie di post-it;
Come scegliere un abito da damigella che non ti faccia
odiare dalle tua
amiche, e Sposarsi per la prima
volta
a 40 anni in California, fra le altre cose, tentarono di
rubate la sua
attenzione prima di finire dove
sarebbero dovuti essere fin dal principio: il cestino
della spazzatura,
spirito ecologista al diavolo per una volta. Certo, però,
che il fatto che lei
avesse effettivamente guardato quel giornale lo faceva sentire
leggermente… su
di morale. Il fatto che Lisbon si interessasse di matrimoni significava
forse
che desiderasse sposarsi? Era lui, come voleva sperare, il papabile
candidato?
E se non lo era, come passare dalla mera seduzione fisica di tipo
sessuale a quella
ben più complicata di tipo emozionale-affettivo?
“Andiamo,
Lisbon, non
prendertela. So che è stressante e difficile da digerire, ma
come ti ho detto,
Van Pelt tutta questa energia la deve buttare da qualche parte, e dato
che di
sesso sembra non parlarsene…”
“Cosa,
le facciamo organizzare il
nostro matrimonio perché lei non è in grado di
vivere con le conseguenze delle
sue azioni e di rifarsi una vita perché si lascia
ossessionare dal passato e
crede che ci siano giusto due uomini decenti sulla faccia della
terra?”
“Dai,
cosa ti costa lasciare che
sogni un po’? Nessuno si fa male, lo hai detto tu che siamo
due adulti che
potevano benissimo gestire la cosa…”
“Jane,
qui non si tratta solo di
farmi avere delle riviste. Qui si tratta di Van Pelt che mi fa avere
una lista
delle date disponibili in tutte le chiese ed uffici pubblici abilitati
alla
celebrazione di matrimoni in Sacramento nei prossimi sei mesi, con tanto di annesso elenco
dei documenti
necessari per procedere alla cerimonia, per, usando sue parole,
arrivare
preparata alla fatidica data prima che arrivino i fatidici
40.” Dimmi Jane,
questo ti preoccupa?” gli chiese, con le mani in grembo,
tentando di sembrare
il più tranquilla possibile. Il che, lui lo sapeva,
significava che era
davvero, davvero furiosa, e che l’omicidio non era poi
così difficile da
contemplare come ipotesi.
“Ah”
“Già,
Jane, ah. E sai a cosa dico
ah io? Lo dico al fatto che stasera dobbiamo cenare tutti da n… da te, e che
quelle due pazze sono capaci
di farci trovare un giudice di pace seduto al tavolo con noi,
cosicché io possa
sposarmi prima dei fatidici 40!” continuò lei con
falsa calma, anche se Jane
poteva vedere il polso battere sul suo collo, il battito del cuore
accelerato
dalla furia e gli occhi splendenti e infuocati come nel bel mezzo di
una
battaglia.
“Beh,
dopotutto non sarebbe
nemmeno contrario al regolamento interno …”
borbottò lui sottovoce, sperando
che lei non lo avesse sentito. Purtroppo per lui, il silenzio che era
calato su
di loro, unito allo sguardo omicida e la mano che stringeva il
fermacarte di
ottone, gli disse che sì, lei lo aveva sentito, e che non le
importava nemmeno
che lui avesse effettivamente letto il regolamento interno del CBI.
“Jane,
non è per nulla
divertente. Ci tengo al mio lavoro, e Bertram e Ardilles sono
già convinti che
io mi lasci comandare a manetta da te, perciò non ho alcuna
intenzione di dar
loro ulteriore ragione di dubitare della mia pro… delle mia
capacità come
agente capo, cosa che, lascia che te lo dica: accadrebbe se voci di un
imminente matrimonio tra noi due
giungessero alle loro orecchie, perciò adesso
stammi a sentire: tu alzi
le tue chiappe dalla sedia e vai di là a spiegare a tutti
perché non ci stiamo
per sposare, o giuro su Dio che farò in modo che tu
trascorra anche solo
qualche ora in galera con gli amici del padre di Rigsby, presente quei
motociclisti grandi, grossi e violenti che tu hai fatto arrestare e ti hanno giurato
vendetta?” Lui,
ingoiando la saliva, fece segno di sì –
a tutto – e lasciò la stanza senza proferire
ulteriore parola.
Ok,
magari la faccenda della seduzione avrebbe richiesto un po’
più di energie del
previsto, se Lisbon era davvero così contraria
all’idea di sposarlo, ma non
avrebbe certo demorso. Il primo passo, averla nel suo letto, era stato
fatto,
adesso aveva solo da far sì che rimasse lì con
lui vita natural durante.
Prima,
però, doveva fare in modo di rimanere vivo….
“Chiedo
scusa, signori e signore,
potrei avere la vostra attenzione? Dovrei fare un
annuncio….” Con
il suo impeccabile fare da showman, Jane
si mise al centro della piccola sala conferenze, squadrando col suo
sorrisetto
da so tutto io gli altri 4 membri della sua unità, intenti a
scambiarsi carte
riguardanti l’ultimo caso che avevano chiuso solo poche ore
prima, in tempo
record. Cho non tradiva nessuna emozione, come suo solito, mentre
invece Lisbon
continuava ad avere quel luccichio omicida negli occhi, e
Grace… Grace sembrava
il personaggio pazzo di qualche cartone animato giapponese degli anni
’80, con
gli occhioni enormi e le mani incrociate a preghiera come a sperare che
il vero
amore dovesse vincere da un secondo all’altro. Iniziava a
capire sia sua
sorella che, soprattutto, Lisbon: quella donna era davvero, davvero
terrificante. Avrebbe dovuto iscriverla ad un sito per incontri
piccanti e
organizzarle qualche appuntamento. Rientrare in contatto con la
realtà con un
po’ di sano, vecchio sesso non avrebbe certo potuto farle
male. “No, van Pelt,
non sto per annunciare la data del matrimonio.”
La
rossa si mise a singhiozzare
in silenzio con grossi lacrimoni, quasi avesse voluto convincerlo a
farlo
davvero quel dannato annuncio. Davvero
non sapeva che il manipolatore non poteva essere manipolato? Poi,
l’uomo prese
un grosso respiro, e chiudendo gli occhi- perché una piccola
bugia la stava per
dire, in un certo senso, e non se la sentiva di mentire troppo a quelli
che
troppe, troppe volte gli avevano salvato le chiappe, e soprattutto non
era
certo di poter resistere agli occhioni tristi di Grace –
disse quello che gli premeva
di ammettere senza indugiare, tutto di un fiato. “Lisbon ed
io non stiamo
insieme”
Il
silenzio cadde nella stanza,
sguardi inquisitori vennero mandati all’indirizzo della
presunta coppia, e,
sorpresa delle sorprese, a rompere il silenzio non fu nessun altri se
non
Rigsby. “Ma perché, i matrimoni di interesse si
danno ancora?”
“No,
Rigsby, i matrimoni di
interesse, generalmente, non si fanno più. Non tra le
persone normali, almeno.”
Sbuffò Lisbon tenendo gli occhi chiusi per meglio
controllare il suo pessimo
umore, che andava via via peggiorando col passare dei secondi.
“Allora
vi sposate perché Jane ti
ha messa incinta! Ah! Lo sapevo che sa la spassavano! Pagate,
miscredenti!”
“Non
sono incinta!” urlò Lisbon-
senza negare la parte relativa allo spassarsela col consulente - interrompendo il giubilo del
subordinato che
stava collezionando una caterva di banconote dai due colleghi, che
guardavano
l’uno con aria da “vergognati, cosa hai
fatto”, l’altra con “non credo che
potrò resistere all’idea-che il vero amore non
possa trionfare e voi siete così
perfetti insieme”… mentre invece Jane guardava
verso l’alto, con aria attenta e
concentrata, mezza sognante, già immaginandosi una biondina
con gli occhi verdi
o un moretto con gli occhi azzurri. Che poi, non era così
impossibile… Ok,
Teresa prendeva la pillola, ma c’era una finestra tra lo 0,1
ed il 5% di
possibilità che qualcosa fosse andato storto e il
contraccettivo non avesse
funzionato…. Chissà se una gravidanza avrebbe
giocato a suo favore. L’idea di farsi
una famiglia avrebbe fatto desiderare - ammettere- a Lisbon che tra
loro c’era
ben più di una semplice amicizia, di una
relazione da “amici di letto”?
“Tutto
quello che avevo scommesso
che però vanno comunque a letto insieme”
“Noi
non andiamo a letto
insieme!” sbottò Lisbon, sibilando a denti
stretti, imbarazzata e incapace di
guardare gli altri negli occhi per la colossale bugia che stava
raccontando, mentre il denaro continuava ad
essere scambiato tra
Cho e Rigsby, ed i due non sapevano più cosa spettasse a
chi. E Jane, intanto,
si nascondeva la bocca dietro una mano, sperando di apparire naturale e
che nessuno
si rendesse conto che se la stava ridendo della grossa
perché la sua dolce
Teresa, da buon poliziotto che era, non sapeva come mentire
decentemente- un
particolare che a Cho, se il suo sguardo suggeriva qualcosa, non era
passato
inosservato.
“Quello
che Lisbon sta tentando
di dirti, Grace, è che dovresti smetterla di organizzarci il
matrimonio, perché
non ci sarà nessun matrimonio. Lisbon ha accettato di
fingere di essere la mia
fidanzata perché Kate era preoccupata che io fossi
solo…” io suoi occhi si
abbassarono, a la tristezza calò su di lui e sulla sua voce,
la maschera che
ancora una volta cadeva per un attimo, lasciando intravedere, sotto, il
vero
uomo – e a Lisbon quasi vennero le lacrime agli occhi,
credendo che stesse pensando
alla scomparsa dell’amata moglie,
e non al difficile
compito che lo
attendeva, quello di conquistare la donna che ora lui amava.
“Perciò
stasera niente cena? Ma
io ci contavo! E Sarah è stufa di stare chiusa in
casa!”
Lisbon
scoppiò a ridere, incapace
di controllare la testa che cadde sul tavolo con un sonoro “thund” mentre le amni
stringevano il
ventre. “Tranquillo, Rigsby, per te c’è
sempre cibo disponibile. A patto che tu
finga di non sapere che è tutta una
falsa…” Per
ora pensò Jane, mangiandosi Lisbon con gli occhi
neanche fosse stato il
lupo cattivo di Cappuccetto Rosso con davanti nonna e nipote con tanto
di mela
in bocca.
Cho alzò gli
occhi al cielo, facendo cenno di
no col capo e sospirando davanti a quella plateale bugia da parte del
suo
superiore- e la manifesta incapacità di Rigsby e van Pelt di
rendersi conto che
il capo non stava dicendo loro tutto. Quelli
erano davvero incredibili.
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Capitolo 5 *** Missing moments 4: cene e pettegolezzi e perversioni ***
“Ti
ricordi cosa ti ho detto,
giusto?”
Sarah
guardò di brutto il
compagno, risistemando il piccolo Ben nel passeggino, e fece un grosso
respiro,
uno di quelli che indicava che non ne poteva più di ripetere
la stessa cosa
ancora e ancora. “Wayne, mi studio a memoria memorie legali
ed orazioni! Certo
che mi ricordo cosa devo dire e come mi devo comportare!”
“Lo
so, e, credimi, sei la
migliore quando si tratta dell’aula di tribunale, ma sai, qui
è il capo, e se
combino qualcosa, c’è la concreta
possibilità che per i prossimi sei mesi tu
non mi veda perché Lisbon deciderà di darmi il
turno di notte, o peggio, potrei
decidermi che è meglio la morte che dover passare goni
singolo minuto della mia
esistenza professionale accanto a Jane…”
Sarah
fece cenno di no col capo;
uomini, pensò, sempre così
melodrammatici…. E poi, cosa c’era di male in Jane
e
Lisbon? Lei aveva il buon senso di ammettere quando qualcuno
– lei – era una
vera dura, più dura della stessa poliziotta,
mentre Jane… beh, lui sapeva essere un vero cavaliere. E per
un ultra-quarantenne,
sapeva riempire quei completi davvero niente male. “Wayne, lo
so, me lo avrai
ripetuto oltre un centinaio di volte. Devo fingere che Lisbon e Jane
stiano
insieme anche se non è così.”
“Come
fai a dirlo con così
tanta…. Insomma, non è come pensare ai tuoi che,
sì, insomma, lo sai, no?”
“Eh?”
“Sul
serio, pensare a loro
insieme, non è un po’ come…. Pensare ai
tuoi insieme?”
Lei
sgranò gli occhi. Davvero
quell’uomo non era come sembrava. Grande, ma tanto, tanto
tenero, e sotto
sotto, un sempliciotto. Oddio, ma davvero aveva fatto un figlio con uno
degli
orsetti del cuore? E poi, va bene che lui a Lisbon ci teneva, ma
paragonarla a
sua madre? E cosa aveva quel gran figo di Jane a spartire col padre?
Qui, pensò
l’avvocato, Edipo ci cova.
Non
lo degnò nemmeno di una
risposta.
“Wayne!
Ma che bello
vederti! E tu devi
essere Sarah, e
questo, il piccolo Ben, giusto?” una bionda tutto pepe
aprì loro la porta
quando il dito era ancora per aria, pronto a suonare, e li
portò dentro,
praticamente trascinandoli. La donna quasi soffocò col suo
abbraccio Sarah, e
lasciò un bacio di rossetto scuro sulla guancia del neonato
che era talmente
scioccato da non riuscire più nemmeno a piangere; Sarah ebbe
pietà della sua
stessa creatura, facilmente scioccata per la vita.
“Sarah,
lei è Kate Jane, la
sorella maggiore di Jane… di Patrick… di Patrick
Jane, insomma.” Wayne
arrossì, mentre la bionda ridacchiava
sotto baffi metaforici e gli metteva a posto la giacca; davvero
quell’omone era
dolce, e talmente imbranato da non riuscire a chiamare suo fratello per
nome.
“Oh,
Kim! Sono arrivati… meno
male, iniziavo a sentirmi così a disagio! Quei due sono
più sdolcinati di noi
due!” esordì una voce femminile
nell’altra stanza, voce che presto divenne una
persona reale che si unì loro, sbaciucchiando il piccolo
Ben, che mordicchiava
il suo giocattolo con grossi lacrimoni agli occhi, tanto era scioccato;
la
madre, intanto, apriva e chiudeva i pungi,
stringendo i denti on de evitare di dire cose
eccessivamente cattive
mentre la bionda ossigenata con il ciuffo rosa sbaciucchiava il suo
piccolo.
“Sarah, tesoro, dovresti essere meno tesa! Benni potrebbe
rimanere sconvolto se
continui così!” e facendo ciao-ciao con la mano,
la bionda se ne andò, di nuovo
verso il suo “ragazzo”, a cui saltò
addosso senza troppi preamboli
sbaciucchiandoselo nemmeno fossero stati chiusi da soli in una camera
d’albergo.
Oh, sì, sdolcinata lei, questa
è buona. Io userei un altro termine, e
lo farei in un’arringa accusatoria. “Ma
che bello, c’è pure la prostituta!”
sibilò mentre disinfettava la faccia del figlio con una
salviettina. Dio solo sa dove sono state
quelle labbra…
Detestava
quella donna, davvero. Non
tanto per il piccolo particolare che si era intrattenuta in
attività illegali
in passato, quanto per il fatto che… beh, una donna come
Summer metteva sotto
pressione tutte le altre donne. Non aveva dubbi su Wayne, ma
quella… aveva una
cattiva influenza sugli altri (Cho). E poi, giravano voci in giro, sui
giri che
ancora frequentava, e temeva che se lei li avesse frequentati,
l’avrebbe fatto
anche Cho, e Cho, da migliore amico di Wayne, avrebbe potuto voler
vedere “mixate”
le compagnie, mettendo loro in mezzo.
Quasi
quasi era meglio Van Pelt,
che sarà pure stata l’ex di Wayne (di cui lui
parlava e parlava all’inizio
della loro relazione, in modo talmente soffocante che aveva pensato,
lì per lì,
di mollarlo), ma almeno la rossa aveva avuto il cervello di capire cosa
era meglio
per il suo (ex) ragazzo e farsi da parte per la di lui
felicità. Adesso, quasi
erano amiche. Anche se quasi era la parolina magica del caso…
“Sara!”
Sibilò Wayne, ma lei non
era certa che lui avesse detto il suo nome, dato che i denti stretti
lui li
aveva davvero, per non farsi sentire più di tanto.
“Che
c’è? E’ vero! Lo sai
benissimo. E qui noi non parliamo di illazioni. Ci riferiamo a precisi
fatti,
ai precedenti e infine anche flagranza di reato alla reiterazione dello
stesso,
a proposito del quale…”
E
lei andò avanti, ma mentre si
incamminavano verso la sala da pranzo, raggiungendo Kate e
“Kim” e la sua
ragazza, lui non sentì nemmeno mezza parola, impegnato
com’era a immaginare
pannolino sporchi e rigurgiti
di neonati
per smorzare la libido. Doveva davvero essere innamorato pazzo se, dopo
due
anni, ancora tutte le volte che faceva l’avvocato in sua
presenza lui si
arrapava e resisteva a stento al bisogno patologico e bestiale di
saltarle letteralmente
addosso, strapparle i vestiti a morsi, buttarla a terra e fare
l’amore con lei in
loco, al diavolo i presenti. Sfortunatamente, però, pensare
a cose da neonato
non aveva più effetto per lui, perché pensare a
Ben gli faceva pensare al fatto
che lei fosse rimasta incinta dopo che lei lo aveva preparato ad un
interrogatorio in tribunale, recitando la parte dell’avvocato
dell’accusa
bastardo; in particolare, ricordava molto bene lo stanzino
dell’unità, adibito
a magazzino, e l’ex divano di Lisbon, su cui
quell’angioletto era stato
concepito.
Ok,
magari immaginarsi vecchie
nonnine rugose in costumi da bagno comportarsi da femme fatale poteva
essere d’aiuto…
Andò
a sbattere contro qualcosa,
e si fermò di botto, arrossendo in volto come un bimbetto
colto sul fatto, e le
mani andarono immediatamente a coprire l’inguine, sperando di
non attirare
troppo l’attenzione, nel caso le nonnine non avessero ancora
sortito l’effetto
sperato; fortunatamente, chi contro cui era andato a sbattere- Sara
– non era
maliziosa come Summer. “Wayne, stai bene?”
“Uhm,
sì, scusa, stavo solo….sai,
io, ecco, vedi, il fatto è che…” era
sempre stato un pessimo bugiardo, ma
tuttavia lo aveva sempre fatto. Però, con Sara, la sua
capacità era ben lontana
dallo zero. Nel senso che proprio non ci riusciva a farlo. Non riusciva
nemmeno
a pensare di mentirle. Fortunatamente, Jane lo salvò
all’ultimo istante dall’ammettere
un’imbarazzante verità , dandogli una sonora pacca
sulle spalle.
“Wayne,
vecchio mio! Ehy, vedo
che hai di nuovo incontrato mia sorella, spero che si sia comportata
bene, sai,
Kate ha una certa idea delle relazioni tra uomini e donne,
molto… aperta.” Gli diede
un’latra pacca, ripesando al mattino del giorno precedente,
quando, senza
troppi convenevoli, la sorellina aveva messo gli occhi sul bruno,
infischiandosene
di informarsi prima se fosse libero o meno. “Anche se
tuttavia dubito che ti disturberà
ancora. Le ho sentito dire qualcosa a proposito di carne fresca e di
insegnare
ad un certo cocco di mamma com’è una vera donna e
come deve essere un vero uomo…”
“tua
sorella e Wainwright? Che schifo!”
“Oh,
andiamo, Wayne, lo sappiamo tutti
che sotto sotto sei un maschiaccio cattivo, cattivo, ed un gran
sporcaccione,
per giunta. Non dovresti fare la parte del puritano, sai? Non quando
tuo figlio
è stato concepito su un divano del CBI… non che
io abbia a che ridire, il
divano non era il mio, perciò…” Wayne
arrossì e simultaneamente rabbrividì
all’idea
del suo superiore e quella… mantide insieme, poi,
però, vide cosa Jane gli
stesse indicando col capo, e non
seppe
se ridere o compatire il suo superiore. Solo perché era un
cocco di mamma/
figlio di papà/ presuntuoso saputello bastardo e stronzo si
meritava di essere
LETTERALEMNTE messo all’angolo da una donna che gli si
strusciava addosso mordicchiandogli
il lobo dell’orecchio, mente
lui
rabbrividiva ad occhi chiusi, e non certo di piacere. Ok, si meritava
anche di
peggio, dopo tutte quelle che gli aveva fatto passare. Vabbè
che lui sospendeva
Jane se Jane faceva qualcosa, e non se la prendeva con loro,
però rimaneva uno
stronzo, perciò, sì, se lo meritava.
Sempre
che poi non avesse deciso
di vendicarsi di loro una volta che l’uragano avesse levato
le tende….
“Ehy,
Wayne, ciao! E’ bello
rivederti, Sara, e ciao anche te, cucciolo! “Lisbon si
chinò sul bambino e gli
diede un bacino e poi iniziò a giocherellare con lui, il
sorriso sul volto,
radiosa, e Jane si sciolse come neve al sole. Si ritrovò con
gli occhi un po’
umidi, un sorriso da idiota e a sospirare come una ragazzina
innamorata, preso
com’era da quella scena. Lisbon con un bambino? Una cosa
così meravigliosa che
non poteva fare a meno di volerla vivere di nuovo, ancora,
preferibilmente con
un figlio suo.
Il
lato neandertaliano del suo
cervello lo fece sogghignare come un vecchio pervertito
all’idea di metterla
incinta… lo yoga l’aveva resa molto,
molto…slanciata e flessuosa, e c’erano un
mucchio di posizioni che favorivano la fertilità, posizioni
che non vedeva l’ora
di sperimentare entro i confini della camera da letto, es e tutto fosse
andato
come diceva lui, una volta smammata Kate, entro
i confini… beh, dove avessero voluti. Kate
non era certo l’unica della famiglia ad essere di
mentalità aperta per quel che
riguardava il sesso, e se Lisbon aveva accettato di prendere in
considerazione
l’idea degli amici di letto, nemmeno lei,
perciò…c’era di che festeggiare.
Sara
intercettò il suo sguardo –
il rossore di risposta di Lisbon non appena anche lei quegli occhi li
aveva
visti - e strizzò gli
occhi con fare interrogativo,
mordendosi il labbro un attimo prima di afferrare il compagno per un
gomito
piuttosto energicamente, facendolo scattare. “Wayne, non
trovi che Jane sia
strano?”
“Jane,
strano? No, credimi, tu
non lo conosci ancora bene, ma è sempre il
solito.” Le rispose dandole un
pizzicotto sulla guancia nemmeno fosse stata una bambina sciocca. Sarà, pensò lei,
ma quei due sembravano
davvero una coppia.
Qui
gatta ci cova…
“…
c’è qualcosa di diverso da
quando sono venuta qui per il trasloco… non sembra anche a
te, Grace?” Come
Sara aveva precedentemente pensato, lei e van Pelt non erano
esattamente
amiche, ma erano civili, per lo meno. E poi, entrambe condividevano
la passione per i particolari. Perciò,
sì, ricordavano ogni singolo pezzo d’arredamento
che Jane aveva in casa al momento
della festa alcune settimane prima.
Grace
fece segno di sì, con fare
cospiratorio, mentre entrambe guardavano una scena che molto
probabilmente i “padroni
di casa” non sapevano essere spiata; Lisbon, in cucina, si
era messa sulle
punte per prendere una ciotola in uno scaffale piuttosto alto, e Jane
le si era
messo alle spalle, prendendola con una mano, mentre con
l’altra l’aveva
afferrata per un fiano, portandola contro il suo corpo, baciandole
malizioso il
collo, e lei non aveva dato segno alcuno di essere imbarazzata dal
gesto, anzi,
sembrava essersi spinta lei stessa verso l’abbraccio di lui.
“Sono
tutte cose che Lisbon aveva
a casa sua, e per giunta, hai visto come si muove per casa? Non faceva
così
nemmeno da lei. E questo” sibilò un po’
gelosa, ma con le lacrime agli occhi “E’
solo la punta dell’iceberg.”
“Oh,
e avresti dovuto vederlo mentre
Teresa aveva in braccio Ben! Se la stava mangiando con gli occhi!
Temevo che le
sarebbe saltato addosso per metterla incinta nel bel mezzo della sala
da
pranzo!”
“Dio
santo, è un crimine quanto i
loro figli saranno belli e perfetti! Ma ti rendi conto di che razza di
geni
erediteranno? Sexy manipolatori con una tendenza al comando ”
“Grazie
al cielo, allora non sono
l’unica a pensare che quei due stiano fingendo di
fingere!”
“Io
ho la visione romantica della
cosa, Cho crede che sia solo sesso. Wayne…”
“Oh,
per favore, Wayne prende per
oro colato tutto quelle che Jane dice, perciò crede che
stiano davvero
fingendo!”
Dalla
cucina, intanto, arrivò la
voce di Kate, squillante e argentina- e poterono perfino sentire il
respiro
affannoso del terrorizzato Luther, che sembrava essere scampato ad un
attentato
e non a un tentativo di molesta sessuale - “oh,
ragazzi, siete così teneri! Avete già
deciso la data delle nozze, poi? Perché i vostri amici
vorranno saperlo in
anticipo, e lo voglio sapere anche io. E poi ci vuole tempo per
prenotare nei
posti migliori, e non parlatemi delle prove degli abiti! Teresa, hai
poi deciso
se vuoi il bianco? Perché credo che….”
Grace sentì qualcosa cadere dalle mani
di Lisbon- una pentola o un pesante coperchio- e non poté
che pensare che in
ufficio Jane si sarebbe già beccato una piallatrice o un
fermacarte in testa.
Ma
soprattutto, che Jane in
smoking era uno schianto, e che Lisbon sarebbe stata un sogno in abito
bianco. Perché
di certo lo avrebbe scoperto da lì a poco, perché
non c’era via che credesse
che loro due stessero mentendo. Erano troppo perfetti per non essere
veri. Più veri
della finzione.
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Capitolo 6 *** Missing moments 5: aftermaths ***
capitolo corto, ma sapete, serviva un po'....
e ricordate: il tutto accade DOPO la fine dell'one.shot!
Jane
non si lamentava di certo,
perché c’erano cose be peggiori di una Teresa
Lisbon completamente nuda,
spaparanzata nel suo stesso letto, accoccolata contro il suo corpo-
anche
questi nudo. Aveva
un po’ da ridire sul
fatto che l’indice di lei continuasse
a
tamburellare contro il suo capezzolo. Non che fosse doloroso, ma era
parecchio
fastidioso…
“Teresa?
Credi che andrai ancora
avanti per molto? Credevo di averti sfinita…” Le
chiese in tono
semi-canzonatorio.
“Sta
zitto, idiota, sto pensando”
Jane trattenne a malapena un ghigno. Certe cose non cambiavano mai.
Anche se
erano passati dall’essere colleghi e amici
all’essere amici di letto, e poi a
fidanzati dopo una specie di rottura, lei era sempre acida con lui.
Ah,
sì, la amava davvero…
“Reese,
se il tuo adorato
cervello sta immaginando tutti i possibili scenari in cui noi sveliamo
il
nostro segretuccio ai nostri colleghi…beh, sappi che non
devi farti
assolutamente problemi. Nessuno crede che noi non siamo una
coppia.”
“eh?”
“credono
che stessimo fingendo di
non stare insieme.”
“non
stare insieme” ripeté lei
per enfatizzare la cosa.
Lui
le stropicciò la frangia, e
poi la baciò sul capo, veloce e tenero, poi, senza
aggiungere null’altro, andò
nuovamente sotto le coperte, facendo accoccolare Teresa accanto a
lui….
-------------------------------
Si
erano divisi i ruoli, lui
avrebbe pensato al capo, e eli al team. Il suo tema. Il team a cui
aveva
mentito. A fin di bene, ma pur sempre una menzogna era.
Si
schiarì la gola, mentre,
dall’ascensore ancora aperto, Jane le faceva segni di
incoraggiamento; lei
camminò piano, e poi, quando arrivò
davanti alle scrivanie si fermò, chiudendo gli occhi per la
vergogna, rossa
come un peperone, parlando così veloce che dubitava
l’avessero capita.
“Jane
ed io ci sposiamo a
ottobre!”
Poi,
il silenzio, e dopo…
“Dannazione,
capo! Adesso mi
toccherà portare Sara in crociera!”
E
poi, due braccia che in pratica
la stavano stritolando, e setosi e lungi capelli che le sfioravano il
capo.
“oh, capo, che bello! Posso are la damigella! Non sai che
grandi idee ho già!
Ho, lo sapevo, io e Sara lo avevamo detto che eravate troppo belli
insieme per
far finta!”
Lisbon
si divincolò dalla morsa
di Grace, e mentre si allontanava, mogia, mogia, verso il suo ufficio,
si rese
conto che Cho non aveva parlato. E che sembrava piuttosto compiaciuto.
---------------------
Jane
non badò a preamboli né a
cortesie. Si limitò ad entrare nell’ufficio di
Bertram, a squadrare lui e poi
la segretaria, e poi sorrise, incrociando le mani sul petto come in
fare
vittorioso.
“Sua
moglie è la figlia di un
importante imprenditore. L’ha sposata solo per interesse, ma
quella stessa famiglia,
lei sa che se scoprissero dei suoi tradimenti la distruggerebbero, e
potrebbe
mandare un bel bacio alla sua carriera. Perciò
sarò gentile: non mi scapperà
nulla sulla relazione parallela che h avuto negli ultimi… 5
anni con la qui
presente Amber se lei farà in modo che Lisbon ed io possiamo
sposarci. Tutto
chiaro? Sì? Bene, silenzio assenso, ci vediamo,
direttore!”
-----------------------------
“Jane,
voglio davvero sapere come
hai convinto il direttore ?”
“Uhm,
direi di no. Credi sia
stato troppo… amorale per i tuoi alti standard. E non
fraintendermi, i tuoi
alti standard sono perfetti! Ma sai, io preferisco un approccio
più.. diretto.
E poi, guarda il lato positivo, potrai sposarti in abito
bianco!”
“manco
morta” gli ripose,
chiudendogli la porta della camera da letto di lui i faccia.
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Capitolo 7 *** Missing moments 6. piccolo interludio ***
Alla
notizia delle nozze, Grace
aveva ripreso, immediatamente, in mano le riviste da sposa, nonostante
l’evento
fosse stato fissato da lì a sei mesi. Sfortunatamente, per
qualche starno
motivo, la rossa e la bionda (Kate) si
erano
messe a confabulare per telefono, decretando ogni singolo particolare
della
cerimonia e tagliando fuori dai preparativi i futuri coniugi, se non
per
sobillarli di richieste e prove che, in un mondo normale, sarebbero
state fatte
a settimane, e non mesi, di distanza; Teresa, al riguardo, doveva
ammettere di
sentirsi confusa. Da una parte, provava in minimo di tenerezza nel
vederle
prodigarsi per eli, e poteva anche capire che le due… ehm,
zitelle,
desiderassero organizzare almeno un matrimonio nelle loro vite- e che
Grace
volesse organizzare un matrimonio che funzionasse. Dall’altro
alto, proprio perché
il matrimonio di Grace non era finito nei più rosei dei modi
(aveva ben sparato
al fidanzato a 24 ore dalle nozze, no?) Teresa non era del tutto certa
che
chiedere alla rossa – o meglio, permetterla- di aiutarla
fosse di buon auspicio…
E
poi… non era solo il fatto che
si sentisse a disagio nel fatto che fossero loro ad organizzare il
matrimonio. Era
il fatto che lo stessero organizzando, punto. Addirittura, una bella
mattina,
le “maestre di cerimonia”, come Patrick le aveva
scherzosamente soprannominate
ridendosela della grossa, l’avevano anche informata che non
solo il matrimonio
sarebbe stato fatto in chiesa (cosa non facile da digerire per un ateo
come
Jane) ma che sarebbe avvenuto nella cattedrale cittadina, davanti a
centinaia
di persone, ovvero tutti i “big” –
celebrità, ricchi, politici, avvocati,
magistrati, pubblici ministeri, capi della polizia – che nel
corso degli anni
avevano incrociato le loro strade.
Per
un po’ Teresa aveva fatto finta di nulla, sorridendo
sforzatamente, anche
perché erano anni che non vedeva la rossa così
felice, e che Jane sbuffasse
quando nessuno vedeva- soprattutto ora che anche lui scopriva cosa si
provasse
ad essere vittima delle “maestre di cerimonia”-
non sembrava importare a nessuno. Lui, dopotutto, a tutto
quello che era
convenzionale sbuffava sempre, e se rideva di tanto in tanto, era
perché vedere
Teresa scendere a patti e fingere (pessima attrice) era davvero un
divertimento, come pure lo era scommettere con Cho su quando sarebbe
scoppiata.
Lui aveva detto che alla menzione di abito bianco – virginale
– sarebbe andata
in escandescenza, il collega invece credeva che sarebbe benissimo
potuta andare
fino in fondo, giusto per portare ancora una volta a compimento la
missione da
complesso di Santa Teresa.
Teresa,
però, con grande terrore
di Jane, che già si vedeva in smoking davanti a centinaia di
persone, non
cedeva nemmeno di un passo. Fino a che, una bella sera, mentre lui era
sdraiato
a letto a guardarsi un documentario del National Geographic, la sposa non
entrò in stanza fumante, con le
mani sui fianchi, polverizzandolo con lo sguardo. Ripassò
mentalmente la sua
posizione, rendendosi conto che nelle ultime 72…(ok, nelle
ultime 24 ore,
esagerare non era il caso e una relazione non lo aveva cambiato
così tanto,
anche se la sua donna era Teresa), non
aveva fatto nulla per farla arrabbiare; ergo, era arrabbiata con le due
donne,
ergo, era salvo dalla tortura!
Sorrise
fino alla punta dei
capelli, strofinandosi, sogghignando, le mani dalla soddisfazione,
già
pregustando le parole che Teresa avrebbe detto…
“Niente
matrimonio ad ottobre” …
e detto sorriso scomparve, lasciando spazio e bocca aperta, occhi
spalancati in
preda al terrore e pure qualche lacrimuccia mentre lui le si gettava ai
piedi,
abbracciandole le gambe mentre la supplicava di non farlo soffrire di
nuovo
come a prima volta che avevano rotto. “Jane? Ma che
fai?”
“giuro
che chiederò scusa a chi
vuoi, farò tutto quello che vuoi, diventerò anche
il tuo giubbotto
antiproiettile personale, ma non lasciarmi, Teresa! Niente ipnosi o
manipolazione, giuro!”
Sollevò
un sopracciglio, quasi
tentata di accettare la sua proposta, ma principalmente, era talmente
patetico
da farle pena, perciò, senza indugiare oltre,
finì la frase che prima aveva,
inutilmente, tentato di portare a compimento.
“…perché ho già organizzato
tutto
per il primo sabato del mese prossimo. L’appuntamento
è alle dieci in
municipio. Cho è il tuo testimone, Minelli sarà
il mio. Domani dobbiamo andare
a firmare i documenti”
“Oh”
poi, però, si riprese. “Uh.
Sapevo che non avresti retto a
quelle
due!”
Teresa
alzò un sopracciglio, non
essendo del tutto certa di volergli credere. Certo,
all’inizio Patrick non era
stato loro vittima, ma essenzialmente, lui le aveva detto di accettare
le cose
com’erano e non farsi nessun problema, che al matrimonio non
avrebbe dovuto
pensarci lei, perché avevano già due wedding
planner, per giunta a gratis. “Oh,
no, non è quello. È che è
già abbastanza imbarazzante sposarsi a
quarant’anni
per giunta con quello che tutti definiscono l’uomo della mia
vita, ma farlo a
quarant’anni e col pancione, grazie, ma non grazie”
e così dicendo, scese in
cucina, sorridendo come una gattina maliziosa- aveva
voglia di patatine.
“…pancione?”
le chiese,
imbecillito, seguendola come un fedele cagnolino mentre andava in
cucina.
“Sì,
sai, quella cosa che viene
alle donne incinte, normalmente dal quinto mese in poi….
Accidenti, ma non
avevamo ancora un sacchetto di patatine?”
“Nel
freezer ci sono quelle
surgelate, due minuti in microonde. Ma non prendevi la
pillola?” le chiese, iniziandosi
a preparare il tè, con una nonchalance che era ben lungi dal
provare- ma la
soddisfazione e l’autocompiacimento,
quelle sì, c’erano, eccome se c’erano!
“la
sera che me ne sono andata da
casa tua ho scordato di prenderla. A mia difesa, ero certa che non mi
sarebbe
più servita, e quando sei arrivato tu… la mia
concentrazione non era delle più
salde, diciamo.” Ammise, arrossendo.
“Oh,
beh, uno sbaglio
accettabile, specie se si chiamerà Patrick jr. o
Patricia..”
Lei,
quasi gli prese le mani
nella porta del frigorifero.
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Capitolo 8 *** Missing moments 7. (non esattamente) il più bel giorno della vita ***
Non
esattamente il più bel giorno
della vita
“Con
tutto quello che hai
nell’armadio hai trovato solo questo, non avevi davvero
nient’altro da
metterti?”
“Tu
adori il gessato, Teresa….”
“sì,
beh, uno sforzo però lo
potevi fare! Spendere un po’ di tutti quei soldi che hai
tenuto da parte per un
completo nuovo proprio no, eh?”
“Ho
appena comprato e arredato
casa. E poi anche tu sei vestita
normale…”
“per
non parlare della macchina.
Hai una collezione di auto vintage che vale milioni di dollari, e tu,
il giorno
del mio matrimonio, mi porti in giro con la Citroen, che sono
più le volte che
ti molla per strada che quelle che funziona! Lo sai che ho perso il
conto delle
volte che qualcuno è dovuto venirti a prendere
perché il tuo gioiellino a metà
strada ti aveva piantato in asso?”
“E’
il nostro matrimonio, Teresa,
il nostro matrimonio. Se non inizi a considerarmi, potrei finire col
sentirmi
un prostituto…”
“E
come volevasi dimostrare, di
tutto quello che dico il signore sente solo quello che gli fa
comodo!”
“Ho
portato la macchina a
revisionare ieri, Teresa, non ci abbandonerà a
metà strada.”
“Sarà
meglio, ma sappi che io
comunque sono ancora arrabbiata con te, perciò, non
aspettarti nient’altro che
passare da solo sul divano la tua
prima
notte di nozze. Tanto hai avuto anni per abituarti, no?”
“E
di grazia, che cos’è che avrei
fatto, stavolta?”
“Oh,
certo, perché tu adesso non
lo sai!”
“Ehy,
ehy, ehy, vacci piano, non
è tutta colpa mia! Tu avevi detto che non era necessario che
io usassi altre
precauzioni perché tu prendevi la pillola! E anche se sono
lusingato che tu te
lo sia scordato a causa mia, non credo che….”
“Non
sto parlando di quello,
idiota! Parlo del fatto che è causa tua se Minelli non
è potuto venire, e io mi
sono dovuta abbassare a chiedere a Summer di farmi da
testimone!”
“Ehy!
Io sono qui, potreste
smettere di fare finta di essere soli?”
“Summer,
nessuno ha chiesto la
tua opinione. Ti sembra forse che io abbia chiesto la tua opinione? Non
credo
proprio. Perciò adesso chiudi il becco, oppure giuro su Dio
che mi scorderò di
chiudere un occhio sul fatto che un certo informatore confidenziale va a letto con un suo certo
referente di nome
Kim.”
“Ma
non è giusto! Lo fai suonare
tanto come se io….”
“Summer,
credimi, non è il caso
di contraddire Teresa. Dalle un paio di giorni” o magari di settimane. O di mesi. “e
vedrai che le passerà.”
“Mi
stai forse dando della pazza,
Jane? O dell’isterica, magari?”
“Oh,
no, no, certo che no. Dico
solo che per via del matrimonio e di tutto il resto, ultimamente sei
particolarmente…. Stressata, ecco tutto.”
“Perciò,
secondo te, io sarei in
preda ad un esaurimento nervoso, giusto? Ti sembra forse che stia
ballando
completamente ubriaca e strafatta di psicofarmaci con soltanto una
maglietta
addosso?”
“Solo
la maglietta? Davvero?
Curioso, soprattutto perché sapevi che io ti stavo
guardando…”
“Jane!
Sei un porco maniaco! Ma
di tutto quello che ti ho detto hai solo sentito quello?”
“Uhm,
beh, per rispondere alla
tua domanda, no, non credo tu stia avendo un esaurimento nervoso,
tuttavia, il
perché la mancata presenza di Minelli possa essere additata
come una mia
responsabilità, sfugge alla mia concezione.”
“Minelli
ha dovuto organizzare
all’ultimo minuto una gita con May, la sua fidanzata,
perché hanno litigato!”
“E
a me continua a sfuggire come
questo possa essere additabile a me…”
“chi
è che ha presentato May a
Minelli?”
“Gradirei
ricordarti che quella
fidanzata che io gli fatto conoscere
lo
ha salvato dallo sprofondare nel baratro dell’alcolismo in
cui era caduto dopo
essersi ritrovato improvvisamente in prepensionamento.”
“Ma
davvero! Perciò, non l’hai
utilizzata come merce di scambio per ottenere l’aiuto del
nostro ex capo nello
scoprire chi fosse la talpa!”
“Cosa?
No, e poi ti avevo detto
tutto!”
“Tu
mi hai detto tutto a cose
fatte, e solo perché avevi bisogno che qualcuno ti togliesse
di guai!”
“Perché,
invece di lasciarti
ossessionare da simili sottigliezze, non ti concentri sul fatto
più importante,
cioè che sono stato aperto ed onesto con te?”
“Tu
chiami sottigliezze tre
giorni di sospensione senza paga e sei mesi di terapia su controllo ed
elaborazione
della rabbia?!”
“Oh,
andiamo, io…”
“Chiedo
scusa, ma avrei altre
coppie da sposare dopo di voi, se perciò poteste
cordialmente decidere se sia
il caos di proseguire oltre con la cerimonia o
meno…”
Lisbon
spostò lo sguardo da
giudice Jane, e
viceversa, fulminando
quest’ultimo senza mezze misure. “La cerimonia non
è, non è mai stata né mai
sarà in dubbio, signore. Cos’è, la
prima volta che vede una coppia che ha un
battibecco? Mi
sarò persa qualcosa, ma
ero certa che il matrimonio funzionasse proprio
così!”
“Veramente,
da cosa ricordo io,
voi battibeccavate ancora prima di mettervi
insieme…”
“Summer?
Zitta. E lei” indicò di
nuovo il giudice con un dito, spiazzandole e terrorizzandolo al
contempo.
“arrivi al dunque.”
“Bene,
allora, vuoi tu, Teresa, prendere
il qui presente P…”
“Sì,
lo voglio, prossima
domanda.”
“
Vuoi tu, P…”
“Sì,
lui lo vuole.”
“Lo
voglio? Oh, sì, lo voglio.
Scusa, avevo scordato che mi è concesso parlare al mio
matrimonio!”
“Stai
forse insinuando che sono
despotica?”
“DICO
che gli ormoni ti rendono
despotica, e se sei così ora, temo quando arriverai al sesto
mese!”
“Tu
non vuoi altri figli! Magari
non vuoi nemmeno questo, ammettilo!” singhiozzò
lei, nascondendo il volto
dietro lo scarno mazzo di fiori.
“Cosa?
No! Voglio solo dire che
non sarebbe una cattiva idea chiedere al tuo medico se non ci fosse
qualcosa
contro gli sbalzi di umore in gravidanza!”
“Perciò
non pensi che sia pazza…”
“Pazza?
Oh, sì, certo, ma solo di
me. Per il resto, sei solo adorabilmente
incinta….” Singhiozzando, Teresa gli
si lanciò al collo, e lo ricoprì di bacetti,
mentre tutto il suo trucco si
scioglieva, sotto gli occhi agghiacciati di Summer.
“Bene,
allora, in questo caso, vi
dichiaro marito e moglie e avanti la prossima coppia, per
l’amor di Dio!”
------------------------
“Perciò,
secondo me, questo
stilista ti vestirebbe meglio, per via della linea. Katy è
d’accordo con me!”
Grace esclamò quella sera, mentre, nel patio, si godevano
tutti una bella tazza
di the bollente. A Teresa si raggelò il sangue
all’idea della delusione che le
stavano per dare, era da molto che non la vedeva più
entusiasmarsi per qualcosa
che non fosse pestare o sparare.
“Grace,
ascolta cara, noi
apprezziamo molto quello che state facendo per noi, ma vedi, Teresa ed
io
dobbiamo dirti una cosa. Il matrimonio…”
Grace
subito si incupì a sentire
quelle parole, ed immediatamente si irrigidì, ed
iniziò a tirare su col naso,
quasi sapesse già cosa le volevano dire. E fu allora che
Teresa capì che non
poteva assolutamente dirle
ciò che
avevano prestabilito; quindi, finì la frase del marito
esattamente nel modo
opposto a quello previsto…
“Il
matrimonio dovrà subire
alcune modifiche perché io sono incinta!”
“Ah!
Allora devo subito andare a
vedere qual è il migliore stilista per i vestiti
pre-maman… su internet ci sarà
qualcosa di sicuro… e poi potremmo pensare ad un
menù a tema, magari ispirato
alle voglie! Con tanto cioccolato e tanta panna!” e così, le due
donne svanirono le piccolo
ufficio, a vedere abiti da sposa sul computer che Grace
chiamò un vecchio
catorcio dell’età della pietra, e il povero
consulente finì col lavare i piatti
solo soletto….”
-------------------------
“Non
avrai intenzione di lascarmi
davvero sola soletta in quella grossa e fredda camera da letto la
nostra prima
notte di nozze, vero?” Lisbon, con una camiciola da notte
degna di una
pornodiva, fece capolino da dietro il divano, ottenendo come risposta
che Jane
si voltò, dandole le spalle.
“Jane…” sibilò esasperata a
braccia conserte. Ci
aveva messo ore per apparire al meglio, e
più conturbante e desiderabile che mai, nella sua prima (e
si sperava, unica
prima) notte di nozze, e lui rovinava tutto, come suo solito.
“Teresa,
al giorno d’oggi,
nessuna donna fa sesso la prima notte di matrimonio. Sono
così stanche e stressate
che appena toccano il materasso
crollano addormentate!”
“pianatale
di fare il mentalista
con me! Lo sai che odio quando inizi a gironzolare per la mia
testa!”
“Non
ho “gironzolato per la tua
testa”, per usare la tua colorita definizione del mio
talento. Semmai, sei
stata tu che sei stata così ovvia da….
Uhm…. Sistemarti come una fantasia
maschile uscita da un film porno…”
“Oh,
ma guarda, abbiamo a che
fare con un esperto, vedo! Ma che bravo, davvero adulto, Jane! Quindi
è questo
quello che fai quando io non posso o non voglio dartela vinta, eh?
Scendi in
salotto a vedere un dvd o magari la tv satellitare, e intanto tu ed il
tuo
amichetto vi date una mano l’un l’altro!”
“Sappi
che li guardavo da
adolescente, e se
vogliamo essere
pignoli, io non guardavo i dvd, ma le videocassette!” seguirono minuti di
silenzio, in cui lei
cercò tutti i modi possibile per trascinarlo nel loro talamo
nuziale. “e poi,
sei stata tu a cacciarmi da letto. Per non parlare del fatto che sono
molto
arrabbiato con te. Abbiamo fatto i salti mortali per poterci sposare
come
volevamo noi e scappare alle belve, e tu cosa fai? Mi fai passare le
pene
dell’inferno, e poi dici a Grace di organizzarci un
matrimonio a tema
pre-maman?”
“Grace
era così triste! Una volta
eravamo misere in due, ma adesso lei è l’unica
single rimasta...”
“Non
per molto ancora” sbuffando
esasperato e stanco, Jane si sedette, dando pacche al posto accanto al
suo,
indicandole il suo desiderio che lei lo raggiungesse per meglio
approfondire il
discorso. “Cho sta per lasciare- se non lo ha già
fatto oggi – Summer. Crede
che lei lo stai facendo lentamente ed inesorabilmente sprofondare nel
precipizio sul cui fondo era già caduto ai
tempi degli Avon Playboy.”
“Devi
per forza fare il poetico
per una cosa così seria?” glie chiese, alzando un
sopracciglio e un angolo
delle labbra.
“Lo
sai anche tu che non è una
relazione salutare. Lei non gli fa bene.”
“Non
posso dire ceto dire di
saltare di gioia all’idea che loro due tronchino,
però…” Lisbon fece una pausa,
riflessiva, e concentrò il suo sguardo davanti a
sé. “Però devo essere sincera.
Sono sollevata che le cose stiano andando in questa direzione.
Summer… non
aveva certo un’influenza positiva su Cho.”
“E
di noi due cosa dici? Perché
sai che è questo che la gente dice, che io non abbia
un’influenza positiva su
di te.” Prese la mano di lei nella sua, intrecciando le dita,
e lei lo guardò
affascinata e felice, sorridente.
“Tu
non hai mai permesso che mi
riempissi di antidolorifici al punto da non riuscire nemmeno a stare
sveglia,
rischiando di far morire ammazzato un membro della squadra. A dire il
vero….”
Continuò, lasciandosi cadere sulla spalla di lui.
“tu insistevi sempre perché
trovassi metodi alternativi… the, massaggi, yoga,
ipnosi….”
“Io,
comunque, rimango dell’idea
che dovremmo riflettere sulla cosa. Soprattutto perché, come
hai detto tu,
Grace si sente miserabile perché single, quindi non credo
che sentire Rigsby
fare a Sarah la proposta di matrimonio che lei si aspetta sia una cosa
così….
Carina” e così dicendo, sorridendo mentre le
baciava i capelli, la tirò su, e
sempre con il capo di lei sulla spalla, tenendola per mano,
andò a
dormire.
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Capitolo 9 *** Due verità non fanno esattamente una bugia ***
trick
Eccoci
qui, vi presento l'ultimo capitolo...spero che vi siate divertite
quanto mi sono divertita io, ed a presto con la mia fic per il jisbon
day!
Lisbon
era rimasta impassibile a tutte le sue richieste e suppliche, arrivando
lei
stessa a ricattarlo per farlo cedere – non poteva cacciarlo
di casa, visto che
era lui il proprietario, ma dalla camera da letto, sì
– e alla fine, sbuffando
e alzando gli occhi al cielo, Jane aveva ceduto: se la sua signora e la
sua
combriccola volevano un “vero” matrimonio, un vero
matrimonio la sua signora
avrebbe avuto; inoltre, contro ogni aspettativa, anche la sua ultima
scusa, il
non volere vedere la single Grace miserabile dinnanzi alla proposta di
matrimonio di Rigsby a Sara era stata cancellata dal repertorio,
quando:
A)
Rigsby aveva
chiesto a Sara di sposarlo nel giorno della festa della mamma, facendo
portare
l’anello dalle piccole manine di Ben, racchiuso in una
scatola che era divenuta
nelle sua mani un giocattolo per le gengive pieno in modo rivoltante- ma tenero a detta della
coppia di genitori - di
bave, e
B)
Grace aveva
iniziato a uscire con un tizio che aveva incontrato a terapia di
gruppo, un
ragazzo simpatico che non si sarebbe fatto dominare da lei come aveva
fatto
Wayne né l’avrebbe piegata e manipolata come aveva
fatto Craig o i vari
psicotici/psicopatici per cui la rossa sembrava avere una calamita.
“Sei
assolutamente certa di quello che fai, donna? Perché con
quelle due non si
torna indietro…” scherzò lui una sera,
accoccolandosi contro la sua donna nel
letto. Lei si limitò a fare cenno di sì col capo,
sorridendo un po’ maliziosa
prima di dargli un veloce bacio.
“e
poi, ho visto un abito meraviglioso, e so che è stato fatto
apposta per me.
Perciò… sì, credo proprio che ti
sposerò. Di nuovo, e stavolta…. Per bene.
Davanti a tutti.”
Lui,
capì cosa volesse dire all’istante, e le diede un
bacio sul capo, veloce e
dolce e pieno di significato, l’ennesima manifestazione delle
sue promesse di
amore eterno alla donna persa nel suo caldo abbraccio.
Passarono
i mesi, più velocemente
del previsto, e, tra un caso e una prova vestito, giunse la vigilia
delle
nozze; Kate sarebbe stata da loro per un paio di giorni, e stava
già facendo
sentire la sua presenza altamente autoritativa
e rompiscatole, scatenando una forte emicrania nella
futura mamma e
sposa che assisteva sbigottita alla scena.
“Non
hai un altro posto dove
andare, Rick?” Ah, la dolce Kate, sempre così
diretta e schietta… in un mondo
popolato dalla menzogna, la sua sincerità era corroborante e
sorprendente. Ma
questo non toglieva nulla al fatto che più volte che non
desiderava
ardentemente metterle le mani intorno al collo e strozzarla
perché di farsi gli
affari suoi proprio non ne voleva sapere…
anche
se, forse, se sua sorella
non si fosse mai immischiata a tal punto, lui e Teresa non sarebbero
mai giunti
a quel punto, né avrebbero avuto un figlio in arrivo
-Anderson Jane avrebbe
preso tutto dal padre, almeno dal punto di vista fisico, a detta di
Teresa, che
si sentiva enorme ma felice di esserlo, soprattutto quando al sua
fianco c’era
un uomo che passava il tempo a dire che non c’era niente che
un maschio
eterosessuale monogamo trovasse più sexy della sua compagna,
con forme
arrotondate ripiene di vita creata insieme in un atto di abbandono e
appartenenza totale e di amore e passione.
“Casa
mia, ricordi?” le chiese,
arrotondando un po’ di spaghetti intorno alla forchetta.
“tradizione
vecchia di secoli,
ricordi? Lo sposo non sta sotto lo stesso tetto della sposa!
Cos’è, la vista di
coppia ti ha fatto scordare come si dorme in hotel o cosa si prova a
dormire
sul divano di un amico? Teresa ed io ti abbiamo permesso di mantenere
quel
malsano stile di vita per anni, e adesso, che lo dovresti utilizzare,
non lo
fai?” Teresa ridacchiò a sentire Kate parlare
così. Col nominare tradizioni e
regole, non faceva altro che incentivare Patrick a fare
l’esatto opposto di
quello che lui avrebbe dovuto fare. “Scommetto che hai pure
già visto l’abito
da sposa!”
“Puh,
come se avessi bisogno di
vedere l’abito da sposa di Teresa per sapere
com’è l’abito da sposa di
Teresa….” Fece una pausa, e reclinandosi sulla
sedia all’indietro, indice
destro sul mento e dita della mano sinistra
a battere ritmicamente sul tavolo, iniziò a
(fingere) di riflettere intensamente,
come faceva tanto,
troppo spesso sulle
scene del crimine per scovare il colpevole o semplicemente per
innervosire il
riccastro di turno. “Allora… l’abito da
sposa di Teresa è lungo, con un piccolo
strascico, direi sui 20 centimetri, da non essere troppo di impaccio,
senza
maniche, scollatura a cuore, parzialmente celata dallo scalda cuore in
tinta,
direi pizzo, che indosserà, sia perché il
matrimonio sarà religioso e Teresa
non vuole far venire un infarto al padre con le sue generose curve, sia
perché
ormai è autunno, e se non è freddo, è
comunque fresco qui in questa zona della
California, specie la sera. . È color champagne,
perché il bianco sarebbe una
cosa ipocrita dato che rappresenta lo stato virginale della sposa, stile impero per
accentuare la pancia, perché
Teresa ritiene che questo bambino non debba essere nascosto o negato,
primo
perché ormai è troppo avanti nella gravidanza,
secondo, anche se in realtà è il
motivo principale ma lei non lo ammetterà mai,
perché non ritiene che il
piccolo sia stato concepito nel peccato, perché è
frutto del nostro amore…” Kate
singhiozzo, asciugandosi il naso con un delicato fazzolettino bianco in
pizzo;
decisamente, riteneva Teresa, nonostante l’apparenza e
l’opinione comune, una
donna molto, molto romantica. “scarpe in tinta con cinturino,
tacco medio, 5-7
centimetri, più 5 per via della gravidanza e del
maldischiena. Intimo… ha fatto
una riga su color carne con spalline in silicone, preferendo un bianco
latte,
una variante dello Champagne, senza spalline, gancetto sul davanti,
perché sa
che mi piace. Per lo stesso motivo ha preso le culottes, una specie di
mini-short da donna versione intimo, e
giarrettiera…” le fece gli occhioni da
“vecchio pervertito in calore”, ululando come un
lupo arrapato, e lei rise,
mentre Kate grugnì; Teresa
allungò la
mano, dandogli uno schiaffetto sull’avambraccio.
“A
volte detesto che tu mi
conosca così bene… “ rispose lei con
dolcezza, ma con una punta d’ironia,
ironia che presto si trasformò in vera ilarità,
un piccolo scherno. “e che tu
sia un simile pervertito.” Lui, in tutta risposta, si fece
serio alla battuta
della compagna.
“E
a volte credo di nono
conoscerti per nulla, perché se ti avessi conosciuta
davvero, se ti avessi
capita fino in fondo, forse saremmo arrivati a questo punto molto
prima…” le
prese la mano, baciandola, e la guardò negli occhi, mentre,
accanto, Kate
singhiozzava e di nuovo si soffiava il naso, perché anche
Rick, quando voleva,
sapeva essere romantico. Paradossalmente, fu questo a fargli capire che
era
giunto il momento; si voltò verso la sorella, e,
abbandonando la mano di
Teresa, prese quella della consanguinea. “e a proposito di
questo, c’è una cosa
che dobbiamo dirti… e una cosa che ti vorremmo
chiedere.”
“Vorrei
che tu fossi mia
testimone, Kate, perché senza di te noi oggi non saremmo
qui” iniziò Teresa, stringendo
la mano del compagno e accarezzandogli le nocche, facendo arrossire la
cognata.
“Oh,
io…. Non saprei…. Insomma,
non ho fatto niente…. Sì, Rick ed io abbiamo
parlato, però, insomma….”
E
suddetto fratello fece cenno di
no col capo, occhi bassi, chiaramente che si vergognavano.
“Kate, c’è una cosa
che non ti abbiamo ancora detto… ma Teresa ed io abbiamo
deciso di ammettere la
verità…”
“Quando
ci siamo conosciute… Jane
ed io non avevamo una storia.”
“Teresa
ha acconsentito di
fingere di essere la mia fidanzata perché non volevo che tu
mi obbligassi ad
andare ad altri appuntamenti al buio…”
Kate guardò nel vuoto davanti a se, in
silenzio, mentre, stranamente, il
suo fratellino, non esattamente la persona più timida del
mondo, arrossiva fino
alla punta delle orecchie, senza mai incontrare il suo sguardo.
“e…. insomma,
la finzione è divenuta realtà, ed è
tutto merito tuo, per questo vorremmo che
tu fossi la testimone di nozze di Teresa.” Ma Kate rimase in
silenzio. “Kate?”
“Sono
davvero così terribile?” singhiozzò
lei, che forse non aveva esattamente percepito la magnitudine della
menzogna
che le era stata raccontata così a lungo. Lui fece cenno di
sì, ricevendo una
pedata nello stinco dalla moglie come premio per la sua non esattamente
ricercata onestà.
“Sai…
importi molto bene, per
così dire.” Cercò, invano, di rimediare
alla piccola gaffe, però lo sguardo
assassino di Teresa, che gli riprometteva di cacciarlo
nell’imminente futuro
dalla camera da letto, restava immutato.
“E
gli altri lo sapevano?”
“Non
è che non lo abbiamo detto a
te perché volevamo che lo sapessi per ultima…
è che la squadra doveva saperlo
per poterci appoggiare, e i fratelli di Teresa, a quanto pare Tommy e
Annie
credevano che stesse mentendo quando, per anni, ha continuato a negare
di
essere follemente innamorata di me” e lei lo
ricompensò con un altro calcio. Bella
forza, quei piedini.
“Beh,
allora credo proprio che
dovrò accettare, per farmi perdonare…”
e sospirò, facendo un falso muso; sorrise,
gettando le braccia al collo della
futura sorella acquisita, seduta al sua fianco.
Il
giorno delle nozze, circondati
dalle loro famiglie e dai loro amici, con la presenza
dell’imminente erede
delle due dinastie, Jane sorrise felice e soddisfatto nel constatare
che ogni
dettaglio dell’abito di Teresa era esattamente come lo aveva
immaginato, e
mentre la baciava, una mano sul grembo ricolmo di vita, seppe che
stavolta non
sarebbe stato solo per finta, che
stavolta sarebbe stato per sempre, e non ci sarebbero stati
più inganni.
Beh…
forse solo per chiudere i
casi, magari…
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