Like an Hell

di Mika_mika
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo_1 ***
Capitolo 2: *** capitolo_2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** capitolo_1 ***


1_capitolo primo

1_capitolo primo

 

 

Un suono insistente, quasi perforante, che pareva stringerlo in una morsa lottando per tirarlo fuori da quella bella sensazione.

Impossibile far finta di nulla…

Stropicciandosi gli occhi ancora stanchi, un ragazzo biondo, piuttosto arruffato dai cambi di posizione durante il sonno, si tirò su, decidendosi infine ad abbandonare quel calore così accogliente che solo un piumone o un altro essere umano ad tuo fianco può dare. (più il piumone, però!XDndA =.= ndTutti)

Spense quell’aggeggio infernale più comunemente chiamato sveglia, e rimase circa trenta secondi seduto sul morbido materasso, nella penombra, tentando di schiacciare il sonno definitivamente.

Infine, stiracchiandosi e rabbrividendo appena per il cambio di temperatura improvviso provocato dall’uscita dal letto, si avvicinò alla finestra e sbirciò attraverso le fessure della serranda. Osservò attentamente le luci brillanti dai colori fosforescenti che illuminavano la città notturna, infrangendosi incuranti sulla sua pelle brunita dai bei lineamenti dolci e un po’ infantili. Lineamenti solcati da una vena d’insicurezza…

Un’insolita espressione di nostalgia…

Si sentiva strano.

Sapeva che quella era casa sua, ma non la riconosceva in tutto e per tutto.

A stento ricordava chi era…

Tuttavia, quasi inconsciamente, sapeva di essere in ritardo, in ritardo per qualcosa di importante…essenziale…

Era a conoscenza di dov’era l’armadio con i vestiti…quale lato della credenza doveva aprire per trovare il caffè…

Si preparò in fretta, guardandosi intensamente allo specchio, con gli occhi azzurri puntati in quelli perfettamente simmetrici del suo riflesso, si allacciò al collo una catena dagli anelli leggermente larghi, alla quale era attaccato uno strano ciondolo.

Discretamente grande, pesantuccio, e con una forma abbastanza singolare:

una croce rovesciata, simbolo proibito per molti, guardato con perplessità da altri, alla fine del braccio più lungo della quale, uno pseudo-cerchio che la faceva sembrare in tutto e per tutto un ventaglio non pieghevole giapponese dalla strana impugnatura anomala.

Singolare, inutile dirlo, ma percepiva chiaramente la sua importanza.

Con passo svelto, aprì la porta e, afferrato al volo lo zaino che aveva precedentemente preparato, uscì di casa, scendendo infine in strada.

Ancora quella sensazione di sdoppiamento…

Una parte di lui conosceva alla perfezione quel luogo, per l’altra, al contrario, esso era del tutto sconosciuto.

Un’unica sensazione accomunava entrambe, nello strano limbo dei sensi in cui sembravano trovarsi tutte e due:

la tensione.

Quel luogo avrebbe messo in agitazione chiunque, anche la persona col sangue più freddo esistente, data l’atmosfera di pericolo che aleggiava ovunque.

La strada sembrava letteralmente inghiottita dalle tenebre, così profonde da apparire innaturali.

Vapori si alzavano dai buchi delle fognature e, seppur illuminata dalle insegne al neon dei locali, che garantivano una discreta visibilità, a quell’ora così tarda ad ogni passo si sentiva sempre più barcollante…più titubante…più inghiottito da quel buio…

Eppure lui ricordava la luce che di giorno si rifletteva sui vetri dei palazzi di una grande e viva città.

Nella sua mente poteva senza fatica ritrovare le immagini del traffico, della gente frettolosa per strada, brulicante come api operaie in un alveare, dei suoi pochi neo-compagni di scuola, della sorridente vecchietta che gli aveva affittato quel modesto appartamento in cui viveva ora, e che di tanto in tanto veniva a sincerarsi del suo buono stato di salute.

Ma in quel momento la strada era affollata di ben altri individui.

Nell’arco di dodici ore tutto cambiava, persino il nome dei quartieri.

Solo un folle, come gli era stato detto al suo arrivo, avrebbe girato al calar del sole, poiché era sufficiente che esso calasse, privando la città della sua luce calda e rassicurante, perché ceffi ben poco raccomandabili uscissero come formiche dalle loro tane.

Non si sentiva decisamente ben accetto, in quella città…

Ogni sguardo che incontrava…

Per ogni strada nella quale passava…

Sentiva occhi su occhi, insistenti…

Quasi famelici…

Che si posavano su ogni centimetro del suo avvenente corpo, dal fisico sapientemente modellato, quasi a volerlo divorare.

Ma, in questo percorso, in un modo o nell’altro, irrimediabilmente, tutti loro si scontravano col pendaglio.

E lì ogni loro brama pareva dissolversi nel nulla, e quegli stessi sguardi svoltavano subito altrove, velocemente, come a voler evitare qualcuno potesse testimoniare che si erano soffermati un po’ troppo sulla sua persona.

Non riusciva a ricordarsi lucidamente il motivo, ma quel ciondolo lo teneva al sicuro, su questo non v’erano dubbi…

Ed oltre a questo…

Quel gioiello era importante…

Terribilmente importante per lui…

 

Le sue gambe, senza alcuna esitazione che, per come lui si sentiva, avrebbero dovuto teoricamente avere, continuarono invece imperterrite a percorrere la lunga via principale.

Il suo sguardo, che, leggermente, ma a ragione, guardingo, incontrò tre figure a lui familiari.

“Kiba!”, pensò, quasi a volerlo esclamare ad alta voce. Tuttavia il suo corpo non pareva della stessa opinione, e si guardò bene dal seguire l’entusiasmo espresso dalla sua sorpresa.

Il castano camminava attorniato da lupi, al fianco della madre e della bella sorella maggiore, al centro della strada deserta, incuranti del possibile passaggio di qualsivoglia automezzo.

Sguardo sicuro, aria altezzoso di chi non teme nulla, come se la giacca di pelle nera con le maniche tagliate e sfilacciate potesse proteggerli da tutto e da tutti, come se il collo impellicciato e il lupo ringhiava aggressivo nello stemma sulla schiena avesse la facoltà di mordere sul serio, e allontanasse ogni malintenzionato.

Per un attimo, i loro volti s’incrociarono, ricambiando i suoi occhi sperduti con un espressione di arrogante curiosità, che sembrò poi tramutarsi in qualcosa che appariva tanto come complicità.

“il clan Inuzuka e i suoi famigerati lupi…” si ritrovò a pensare, mentre continuava a camminare.

Guardandosi poi nuovamente intorno, notò altri due nuclei familiari a lui noti, due esponenti dei quali erano intenti in una tranquilla e disinteressata conversazione in un bar.

“il clan Nara, ammantata di nero, e il clan Akimichi…storiche alleate, la cui fedeltà non ha mai vacillato…di loro mi posso serenamente fidare…”

Si fermò, pochi minuti dopo, di fronte ad una abitazione; contrariamente a tutte le altri circostanti, essa era di gusto tipicamente giapponese.

Prese la cordicella abilmente intrecciata che pendeva da un lato della tettoia di legno d’alta qualità sotto la quale si trovava, e suonò.

Attese.

Una giovane domestica, in kimono blu scuro, venne ad aprirgli il grande portone d’ebano massiccio, sul quale troneggiava imponente il simbolo della croce col ventaglio bianco e rosso.

Gettò un ultimo sguardo alla placca in ciliegio, sul quale erano incisi e ripassati ad inchiostro nero, tre ideogrammi di hirigana: うさわ.

Gli si inchinò con molto rispetto, conducendolo attraverso il giardino ben curato, in cui si sentiva il lontano scrosciare dell’acqua, che probabilmente si trovava sul retro.

Entrarono dentro la dimora vera e propria. La ragazza ebbe appena il tempo di farlo accomodare nell’atrio, che sul gradino, che segnava l’inizio della parte della casa nella quale si doveva evitare di entrare con le scarpe, per non rovinare il parquet di legno pregiato, tipico di una casa orientaleggiante come quella, comparve un ragazzo. Era bello quanto un sogno...sarebbe stato inumano riuscire a soprassedere a quegli occhi neri e profondi, a quei capelli corvini, perfettamente pettinati e acconciati col gel in modo tale che stessero tutti all’indietro. Un kimono nero, lungo anch’esso, gli fasciava il fisico allenato, e il colore che sembrava dominare in tutto il suo vestiario faceva un contrasto quasi accecante con quella pelle bianca e vellutata, del medesimo tono della morte. Lo stemma familiare troneggiava infine sulla schiena, mentre la stoffa che avrebbe dovuto ricoprire il petto era tenuta leggermente lenta, così che non ci si doveva sforzare più di tanto per vedere gli splendidi pettorali.

Costui fissava l’appena sopraggiunto ospite con intensità non comune.

«A-Ah…signorino Sasuke-san…» sussurrò la cameriera, colta di sorpresa e forse un po’ intimorita dall’aria di superiorità innata del giovane.

«Grazie, Tatsumi…ora lasciaci» mormorò, con una voce profonda che fece vibrare sia la giovane che il ragazzo.

Quando il moro ritenne che ella si fosse allontanata a sufficienza, mentre la guardava dirigersi verso un’altra ala dell’enorme casa, tornò a posare il suo sguardo su di lui, che si stava togliendo con calma ed attenzione le scarpe.

«Sei in ritardo, Naruto…» lo rimproverò, sempre con la voce bassa che lo contraddistingueva.

L’altro mugugnò.

Sasuke si leccò le labbra, cercando di trattenere la voglia che lo stava invadendo.

In  realtà, solitamente, non si faceva più di tanti scrupoli…

Ma in casa sua…

Sotto l’autorità indiscussa di suo padre…

In quei momenti…

Ogni cosa gli appariva sbagliata…

Tentò di distrarsi, convincendosi che, se pensava ad altro, poteva non sentirsi a quel modo.

Non appena il biondo ebbe finito, gli voltò le spalle con l’estrema disinvoltura che lo contraddistingueva, e s’incamminò per i lunghi corridoi, perfettamente lindi, della casa in legno.

«…allora…come va?...com’è la situazione» chiese Naruto, impacciato e intimidito da tutto quell’sovrannaturale silenzio al quale non era abituato.

Sasuke sospirò quasi con gravezza.

«male, purtroppo…solo nell’ultima settimana, abbiamo ricevuto tre rivendicazioni.

I nostri nuclei operativi sono sparsi per tutto il nono Girone…va sempre peggiorando, di ora in ora…

Il clan Hyuga del quinto girone è in crisi totale»

Un altro sospiro, prima di riprendere a parlare.

« da parte mia, temo fortemente che, prima o poi, vengano meno al patto di Hel e si rinchiudano in sé stessi, come sono soliti fare in situazioni che faticano a controllare...

mio padre, però tiene molto alla loro alleanza…dice che dobbiamo restare uniti…»

Si fermò di fronte all’apertura dell’ennesimo shoji.

Si girò, guardandolo negli occhi azzurri, intristiti e preoccupati  per il suo racconto.

«…ho paura…per questo sei qui…» ammise, per poi voltarsi e far scivolare la porta di carta di riso sul tatami.

Entrarono in uno dei numerosi salotti, che poteva vantarsi di essere uno dei più belli.

«aspettami qui. Vado a chiamare mio padre…mi raccomando, lascia parlare me, qualsiasi cosa accada…»

così dicendo lo superò, concedendosi un lieve intreccio tra le loro dita, che si strinsero con dolcezza.

Le une fredde, le altre tiepide…

Si strecciarono però nel giro di qualche secondo, come si confà giustamente ad ogni contatto mangiucchiato dal fuori norma.

Così il secondogenito, quasi fosse stato rincuorato da quel contatto umano, andò a cercare il capoclan degli Uchiha.

 

 

                                               ………continua………

 

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Capitolo 2
*** capitolo_2 ***


2_secondo capitolo

2_secondo capitolo

 

 

Naruto rimase a fissare la schiena ampia e forte di Sasuke, sulla quale torneggiava il simbolo di famiglia, che, dato il suo incedere cadenzato, si allontanava lentamente.

Classe…stile…

Null’altro.

Forse una lieve vibrazione di pericolo…

Ma queste tre semplici cose, unite al suo aspetto magnetico, lo rendevano completamente, totalmente, irresistibile.

Le lunghe dita candide e affusolate di strinsero attorno alla rientranza del legno che costituiva l’intelaiatura per la carta di riso, e lo fece scorrere con un movimento sinuoso.

Del tutto intenzionato ad uscire, se non fosse stato che qualcuno parato di fronte a lui glielo impedì.

Naruto trattenne il respiro.

Una sensazione forte, fortissima, di pericolo, che gli stritolò la bocca dello stomaco, nel momento in cui i suoi profondi occhi azzurri si posarono sul rosso intenso come sangue arterioso che caratterizzava quelli dell’altro.

Imponente, con un’aria di giustificata superiorità (leggasi: so’ figo solo io NdHiei&A), incombeva sul moro dall’alto dei suoi quindici centimetri in più.

Faceva evidentemente parte del clan, vista non solo la sua straordinaria somiglianza con Sasuke, ma anche il fatto che portasse il loro classico kimono nero.

Affascinante, sensuale, attraente, col torace quasi totalmente scoperto, poiché la stoffa era libera di ricadere al lato delle spalle.

Il biondo era incapace di staccargli gli occhi di dosso, e lo stesso accadeva all’altro, il quale, però, si soffermava molto di più, per non dire un po’ troppo, sul collo dall’aspetto morbido e caldo, sotto cui poteva quasi sentire il sangue che pulsava ritmicamente, portando ossigeno e nutrimento alle cellule.

Una zaffata di vita…non solo per il suo proprietario…

Si leccò voluttuosamente le labbra, e avrebbe volentieri continuato a fissarlo, se non fosse che l’astio che sentiva trasparire dagli occhi scuri di colui che aveva di fronte si era fatto talmente persistente da non essere più ignorabile.

Sasuke, difatti, continuava insistentemente a guardarlo, con una muta richiesta imperativa, che non avrebbe accettato un “no” come risposta: “la vuoi finire?!”.

Un live sorriso sufficientemente bastardo inarcò le labbra carnose.

«otooto…» cominciò.

« hanase, nii-san» (dimmi, fratello) sibilò lui con evidente ostilità per colui che aveva osato fissare per troppo tempo quella che lui considerava una sua esclusiva proprietà.

« Chi è quel ragazzino, otooto?» domandò, decisamente interessato.

«questi non sono fatti che ti riguardano, fratello» sbottò seccamente «piuttosto…dov’è nostro padre? Avrei bisogno di parlargli…»

« a che pro?» tentò d’informarsi.

Il rifiuto della confidenza fu però tanto secco quanto immediato «nemmeno questi sono affari che ti riguardano…»

Questi sbuffò «nostro padre sta ancora dormendo. Appunto per questo, dì a me, che penso i-…»

«chi è che sta ancora dormendo, Itachi?»

una voce aspra e roca alle sue spalle fece trasalire il maggiore, tarpando ogni sua baldanza nei confronti del fratello, per poi farlo voltare quasi atterrito.

« To-too-sama…»

«in persona» rispose lui seccamente, per poi posare lo sguardo sul suo secondogenito «mi cercavi, Sasuke?».

Il ragazzo piegò reverenzialmente la schiena, in un assai rispettoso inchino rivolto al genitore.

« Sì, padre mio. Avevo l’ardire di voler conferire con la vostra persona».

Lo sguardo affilato dell’uomo si spostò dal figlio minore al ragazzino biondo che osservava la scena con i grandi occhi azzurri sgranati, cominciando ad intuire quale potesse essere l’argomento.

« Va bene, figlio mio. Siediti, e parliamo con calma».

Sasuke eseguì, inginocchiandosi al fianco di Naruto, il quale si spostò lievemente cosicché le loro spalle si sfiorassero leggermente.

Il capofamiglia, nel frattempo, si era accomodato su un cuscino all’estremità opposta dello tsuge (tavolino basso giapponese, altrimenti detto tsukue!NdA), per poi voltarsi freddamente verso il primogenito che aveva osato mancargli di rispetto.

Molte cose lo irritavano, ma poche riuscivano a stimolare la prima scintilla della sua ira, ed una di queste era l’arroganza da parte dei suoi figli, che lui e sua moglie avevano diligentemente educato affinché fossero una perla di perfezione in mezzo ad un mucchio di pietre informi.

E quell’atteggiamento da parte di Itachi lo aveva decisamente indisposto nei suoi confronti.

«Lasciaci, Itachi» sibilò quasi «ritirati nelle tue stanze e restavi. Quando avrò finito con Sasuke, mi recherò da te».

Il giovane deglutì come se gli fosse stata fatta la peggiore delle minacce esistenti al mondo, poi chinò la testa, inchinandosi, e sparì dietro lo shoji.

«E ora, Sasuke…» lo invitò con un cenno della mano ad esporgli la questione.

« Padre, lui è Naruto Uzumaki» cominciò.

L’uomo si dispose benevolo quando vide il ragazzino che, sempre tacendo, s’inchinava, riconoscendo in modo indiscusso la sua autorità.

« Un essere umano adolescente…» constatò sottovoce.

« Sì, padre. È il mio donatore, ed è proprio per questo che mi rivolgo a voi» disse Sasuke, stringendo lievemente, sotto lo tsuge, la piccola mano morbida e calda di Naruto tra le sue dita gelide, avendo la certezza di non essere visto.

« Cosa desideri che io faccia per te? Non mi chiedi mai molto, dunque ti accontenterò ben volentieri, se sarà in mio potere ciò che tu mi chiederai»

« Non riesco ad immaginare qualcosa che non sia in vostro potere, padre» mormorò il moro.

L’uomo sorrise a quella piccola forma di adulazione, priva di ipocrisia poiché fermamente sentita.

« In ogni caso, vorrei chiedervi di scortare Naruto altrove, in un luogo più sicuro di questa città, in cui voi sapete bene quale sia la situazione…»

« Sì…purtroppo lo so fin troppo bene…»

« appunto per questo dovreste facilmente capire la mia preoccupazione per lui» proseguì « Adoro il suo sangue, padre, e non sopporterei di doverne fare a meno per colpa di qualche infimo demone minore dal quale lui, con tutto l’impegno, non è e non sarà mai in grado di difendersi!».

Al padre non sfuggì come il figlio si stesse infervorando a quella prospettiva funesta, evidentemente irritante solo da immaginare.

Doveva piacergli proprio molto il gusto della linfa vitale di quello…

« Non sapevo che ti piacessero le cose dolci, Sasuke. Pensavo ti dessero la nausea…»

« Non mi piacciono, infatti, i sapori melassi da ragazzine isteriche (ogni riferimento a fatti o personaggi reali e con capelli rosa shoking è puramente voluto!XDndA). Lui è tutta un’altra cosa»

liquidò rapidamente la questione.

L’uomo si alzò in piedi, sovrastando i due ragazzi, che furono costretti ad alzare la testa.

« E va bene, figliolo. Questa stessa notte il tuo donatore partirà alla volta di Skià (ombra, in greco!ndA&hiei), che è a circa tre ore di viaggio da qui, Nuxpolìs (“città della notte” in greco!NdA&H). Rimarrà lì, protetto da alcuni dei nostri, fino alla fine dei tumulti» sentenziò, con somma gioia di entrambi « Posso affidargli una scorta o, se lo preferisci, puoi accompagnarlo tu stesso, visto che gli sei così attaccato; a patto, però, che tu sia di ritorno la notte di domani» disse.

« Preferisco la seconda opzione, grazie mille».

S’inchinò fino a terra, posando la fronte sulle mani adagiate sul tatami, imitato così celermente da Naruto che il loro movimento fu quasi contemporaneo.

Il capofamiglia sorrise nuovamente, aspettando che il biondo si rialzasse per prendergli il volto morbido tra le dita ghiacciate. Quello rabbrividì lievemente, ma non si scostò.

« Mi piace, figliolo. L’hai scelto decisamente bene. E’ molto ubbidiente e rispettoso, ma nei suoi occhi vedo anche l’autonomia. Un donatore perfetto, bravo»

Sasuke apparve lusingato dal complimento.

« Può rimanere tranquillamente qui, in attesa della partenza. Passa un buon resto di serata, figlio mio».

«buona serata anche a voi, padre»

Con quest’augurio, l’uomo sparì dietro la porta scorrevole, diretto in camera del figlio maggiore.

Appena il legno batté contro la fine del canale di scorrimento, lasciandoli soli, Naruto di voltò verso Sasuke, con un sorriso luminoso che gli si apriva sul volto.

Così come la fredda luna bianca brilla solo grazie ai raggi riflessi dell’opposto sole, così un leggero inarcarsi di labbra pallide fu il massimo con cui Sasuke riuscì a rispondere alla splendida e calorosa espressione che arricciava graziosamente il bel volto di Naruto.

Con lentezza, il moro allungò una mano bianca e affusolata per passarla poi tra i capelli color grano dell’altro, che vi si strusciò contro, soddisfatto.

« Vieni con me» sussurrò Sasuke alzandosi, seguito da Naruto, e uscendo dalla stanza.

« Dove mi porti?» gli chiese, trotterellandogli al fianco.

« Seguimi, e lo scoprirai» rispose criptico Sasuke, con un sorrisino.

Lo condusse imperterrito per alcuni lunghi corridoi, mentre l’altro lo seguiva guardando a terra, quasi ipnotizzato dai riflessi del parquet, fin quando il moro non si fermò di botto, e lui non andò a sbattere con la fronte sulla sua schiena.

Con un « Ite!» cadde seduto, facendo voltare l’Uchiha, il quale gli mostrò uno sguardo così buffo, tra lo stupito e lo sconvolto, che il biondo non poté fare a meno di ridere.

Sasuke ridacchiò a sua volta, trovando la situazione alquanto paradossale, per poi porgergli una mano e aiutarlo a rialzarsi.

« Ma che combini?» chiese con un lieve sorriso, osservando il ragazzo che ancora rideva, brillando quasi di luce propria nella penombra che invadeva la casa, senza accennare a voler lasciare quella mano fredda, la quale, a sua volta, strinse la sua di buon grado.

« Comunque, siamo arrivati!» così dicendo, con un cenno della testa, gli indicò uno shoji aperto che dava su una porzione laterale del grande giardino.

Sasuke si lasciò scivolare aggraziatamente, prima sulle ginocchia, per poi far pendere le gambe al di fuori, sfruttando il lieve salto tra il pavimento della casa, sopraelevata, rispetto al terreno sottostante.

Naruto lo seguì poco dopo, titubando lievemente, indeciso se soddisfare o meno il desiderio di appoggiare la testa sulla sua spalla, finché non fu lui stesso ad afferrargli dolcemente un lato della testa e a sistemarlo.

«Se lo vuoi fare…fallo e basta» lo rimproverò bonariamente «ma non farti tutti questi problemi»

Il biondo sorrise sereno, strusciandosi lievemente su di lui, e dilettandosi nel provare e riprovare la piacevole sensazione della seta pregiata che gli scorreva sulla pelle.

All’Uchiha venne quasi un istintivo attacco di tenerezza verso quella creaturina innocente e fiduciosa che, pur conoscendo alla perfezione la sua natura demoniaca, vi soprassedeva tranquillamente.

«Ti piace questo posto?» gli chiese «è uno dei miei preferiti in tutta la casa dopo il tetto…»

«Sì! È molto bello!» esclamò, ritratto della sincerità « perché non mi porti sul tetto?» soggiunse poi.

« Perché è pericoloso, e ti fai male» rispose, semplicemente.

« Non è vero!» protestò, gonfiando le guance in un buffo tentativo di manifestare la sua stizza.

Sasuke sospirò, per evitare di sghignazzare, per poi prenderlo sotto il mento, in un modo molto simile a quello usato da suo padre poco prima « Naruto…»

Il ragazzo sbatté le palpebre sui begl’occhi, sorpreso da quell’improvvisa vicinanza.

« …ho appena ottenuto la tua salvezza… non far sì che ti perda solo per un capriccio…»

Naruto arrossì, con gli occhi umidi dall’aver sentito parole del genere pronunciate da quella voce profonda che non pareva ne sarebbe mai stata capace.

Annuì mestamente, con lo sguardo basso, per poi sporgere titubante le mani allungate, chiedendo silenziosamente un abbraccio, così da tentare di placare almeno un minimo quell’enorme agitazione che si sentiva dentro a causa di quel futuro a tal punto incerto.

Richiesta che fu soddisfatta senza che espressioni particolare solcassero il viso dell’altro, il quale si limitò ad avvolgergli le spalle con le braccia forti, portandoselo sul petto ormai da tempo incapace di emanare calore.

Si sciolsero poco dopo, con un sorriso di dispiacere del biondo, che si lasciò scivolare con la testa sulle sue ginocchia.

« Che c’è?» gli chiese il moro, perplesso.

«Ho sonno, Sasuke…» pigolò voltandosi di lato e chiudendo gli occhi con un sospiro profondo.

Sasuke scorse con gli occhi sui bei tratti rilassati, passando dolcemente con una nocca sulla guancia, e dispiacendosi alquanto quando egli rabbrividì per il freddo improvviso, accoccolandosi di più tra la stoffa del kimono per riflesso.

Improvvisamente, le pupille gli si dilatarono, come un cerchio nero sull’iride d’un tratto diventata rossa.

Il respiro accelerava, di pari passo con l’adrenalina che entrava in circolo nel corpo.

Appena la bocca dalle labbra pallide si socchiuse per prendere aria, i canini affilati ne approfittarono per allungarsi con uno scricchiolio delle mascelle.

La figura di Naruto si rifletteva in tutta la sua innocenza nei suoi occhi, fissi su di lui, e la stretta allo stomaco così tremendamente simile all’eccitazione aumentava.

Il palpito regolare del cuore dormiente gli rintronava nelle orecchie come tamburi d’incitamento prima di una battaglia, spingendolo ad avvicinarsi al suo collo vellutato.

Ma quando le lunghe dita si accostarono alla maglia per rendere più agevole l’approccio al collo, il contatto gelido sulla pelle tanto calda portò la designata vittima a destarsi di scatto.

I grandi occhi chiari come il paradiso si sgranarono per la sorpresa mista al terrore di trovarsi il compagno in quello stato così di colpo.

L’incontro con quell’azzurro così intenso parve riscuotere Sasuke dalla dominazione del puro istinto.

Si ritirò, affannato ed ansimante di desiderio, posandosi una mano sul volto a coprire gli occhi.

« Scu…scusami…»

Naruto si tirò a sedere, guardando il moro che tentava di asciugare le stille di sudore che lente traspiravano dai pori della pelle candida sulla fronte, con il petto che si alzava e si abbassava velocemente.

Il biondo appariva combattuto.

Sapeva cosa voleva l’Uchiha, ed era già accaduto altre volte.

Per lui, l’avrebbe fatto ancora, ma non riusciva a non aver paura del dolore…ne aveva così tanta paura che sentiva le viscere stritolarglisi  al solo pensiero.

Deglutì, chiudendo gli occhi, e quando li riaprì, il suo sguardo era fermo.

« Sasuke…» al suo richiamo, le iridi ancora scarlatte si posarono su di lui, che stava slacciando lentamente il fiocco della cordicella che teneva stretto il collo della maglia.

Vi mise due dita all’interno, allargandola, scoprendosi tutta la gola e l’attaccatura delle spalle.

Gli occhi rubino di Sasuke vi scorsero sopra quasi famelici, sempre più fissi man mano che il biondo si avvicinava verso di lui.

Aprì le braccia in un sensuale invito, e il biondo vi si accoccolò dentro, aggrappandosi alla sua schiena, e inclinando a testa, per posarla sulla sua spalla.

Trattenne il respiro quando, carezzandolo, il moro cominciò a leccargli la base del collo.

Un mugugno soddisfatto quando lui lo strinse di più a sé, in un lento ed eccitante preludio.

Infine, la bella bocca si aprì, facendo affondare in un movimento fluido i canini in corrispondenza della vena.

« nhg…nhaaa…» i gemiti di dolore di Naruto, aggrappato saldamente alla sua schiena e con le mani serrate sulla stoffa, non facevano che aumentare il suo piacere.

Tirò un lungo sospiro di beatitudine, mentre cominciava a succhiare quel sangue caldo che poteva eleggere, senza ombra di dubbio, come il suo preferito.

Il calore si propagava lungo tutto il suo corpo, dandogli la sensazione di benessere più grande del modo, che lo spinse a serrare più forte le braccia sui fianchi morbidi di Naruto.

Questi, dal canto suo, gemeva piano dell’orecchio dell’altro, mentre stringeva allo spasmo la seta tra le dita.

Gli occhi socchiusi, vacui, a cui si andava ad aggiungere il respiro caldo, frammentario e quasi febbricitante.

Faceva male…Dio, se faceva male…ma al contempo, quel dolore aveva anche un che di piacevole, se abbinato al pensiero che quella era l’unione più profonda che potesse avere col ragazzo.

Sé stesso…dentro di lui…che gli scorreva dentro…una parte di sé, che ormai gli apparteneva…

I suoi occhi dalla visuale sfocata dal velo di lacrime incrociarono una figura mezza nascosta dietro la porta scorrevole, che ricambiò il suo sguardo, quasi con complicità, con un sorriso dolce sul volto.

«aaahhn…» la sua bocca si aprì in un gemito più prolungato, mentre Sasuke inglobava un altro battito del suo cuore.

La figura continuava a sorridere, sia a lui che al vampiro, come a voler dire che conosceva bene quella situazione.

Infine, proprio mentre il moro si decideva, con sforzo immane, a staccarsi da lui, onde evitare di ucciderlo, essa si eclissò.

Naruto voltò gli occhi liquidi a guardarlo mentre si leccava le labbra dal liquido carminio, in modo assai voluttuoso, e le sue iridi tornavano nere.

Gli sorrise stancamente, mentre lui gli baciava la fronte e lo lasciava cadere addormentato sulla sua spalla, ancora avvinghiato a lui, con un ultimo piccolo gemito.

 

 

                                                           …continua…

 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


3_ terzo capitolo

3_ terzo capitolo

 

" ahhn…" Naruto si svegliò con un lieve gemito, leggermente rifocillato, trovandosi ancora abbracciato a Sasuke, che gli stava leccando la ferita, per rimarginargliela con la saliva ed al contempo carpirne le ultime stille di sangue.

Con sguardo stanco e, per certi versi, un po’ assonnato, Naruto sorrise a quelle lente e sensuali coccole, non del tutto disinteressate.

" come va?" gli chiese, continuando a tenerlo in braccio.

" tutto ok!"

Nonostante la voce trillante ed il gran sorriso, Sasuke poteva ben immaginare il suo malessere.

Gli tirò indietro i capelli, facendogli socchiudere gli occhi.

" dobbiamo andare. È venuto a chiamarci mio padre".

Il biondo arrossì, evidentemente imbarazzato al pensiero di essere stato colto in una tale avviluppata posizione con il figlio di quell’uomo così autoritario e composto.

Non disse nulla, limitandosi a staccarsi rassegnato da quel corpo forte e scolpito.

" vai a prendere la tua roba…partiamo tra massimo mezz’ora…"

Gli fece di nuovo da guida lungo i tortuosi corridoi, finché non tornarono di fronte allo stesso salottino dove il ragazzo poté recuperare la sua borsa.

Si misero in attesa all’ingresso, Sasuke in piedi, Naruto, seduto sul gradino, che dondolava le gambe quasi infantilmente.

Il moro stava per accarezzargli la spettinata capigliatura color grano, quando una voce che lo chiamava lo interruppe.

"Sasuke, tesoro…"

insieme all’interpellato, si girò anche l’altro, rimanendo quasi senza fiato per la bellezza della figura che i suoi occhi incrociarono.

Lunghi capelli neri scalati, pelle chiara dall’aspetto morbido, labbra carnose e lineamenti dolci del viso e del corpo rendevano il suo aspetto quasi angelico.

Stava giusto chiedendosi chi potesse mai essere, quando il giovane si stacco dal suo fianco, sussurrando: " Madre…".

Quella semplice parola creò un po’ di sconvolgimento in Naruto, poiché per lui, orfano da quando aveva memoria, assumeva una valenza molto forte.

La madre…la madre…la madre…

Quella bella donna era colei che aveva messo al mondo Sasuke…

Dal suo seno lui si era nutrito quando ancora non era autosufficiente…

Dalle sue braccia era stato cullato e riscaldato…

Dalla sua voce il suo infantile spirito era stato rilassato e dolcemente condotto verso il sonno…

Era certamente uno dei suoi legami più forti, e questo la rendeva sfolgorante agli occhi del biondo.

Le labbra soffici e tiepide della donna si posarono sulla fronte marmorea del figlio, mentre le loro dita s’intrecciavano, stringendosi.

" madre, come mai siete qui?"

" ma come? La tua mamma non può salutarti se ti appresti a partire?"

" non ho mai detto questo…" mormorando queste parole, Sasuke inclinò la testa verso sinistra, guardando altrove.

Il biondo sorrise. Il suo compagno era più che palesemente in imbarazzo, tant’è che anche l’abitudine di guardare sempre la gente negli occhi, suo vanto e principio personale, veniva meno.

Tutto ciò solo per una dolce donna mortale che gli stringeva le dita fredde e gli parlava così come una madre è solita fare.

Anche la donna sorrise.

E, dal modo in cui lo fece, quell’inarcarsi dolce ed al contempo birichino, con la comprensione sul volto, Naruto sovrappose alla perfezione la sua figura angelica con la sagoma pressoché indistinta che aveva spiato Sasuke mentre si nutriva da lui.

Arrossì, ed in quel momento la donna parve notarlo.

" Sasuke, non mi presenti?" chiese, alludendo al ragazzino seduto per terra.

" ah. Scusatemi, madre. Lui è Naruto Uzumaki…" appena pronunciato il suo nome, egli si alzò, inchinandosi come gli sembrava più giusto fare secondo il protocollo in quella casa. Sembrò che ci avesse visto giusto, dato lo sguardo d’apprezzamento di Sasuke.

" Naruto, questa donna è mia madre"

" molto piacere!" esclamò. In effetti, per lui era decisamente un piacere, per non dire un onore, aver potuto imprimere nella sua memoria una persona di tale bellezza.

" altrettanto " risposte lei, parlando a voce bassa come era solita fare, mantenendo così la sua aura di mistero, anche solo involontariamente. " è lui che devi accompagnare?"

"sì" rispose subito il moro, abbassando lo sguardo per poi precisarle " non posso lasciarlo qui, madre…"

" capisco e condivido, tesoro. Anche tuo padre voleva mandarmi via, ma io non esco mai di casa e, in qualità di sua legittima moglie, sono sotto la protezione assoluta di Shishui-sama" esplicò la donna, con un bel sorriso.

" nessuno oserebbe toccarvi, madre…l’ira di mio padre sarebbe una cosa dirompente…" convenne il figlio.

Appena citato, il capofamiglia comparve da un corridoio, seguito a tre, quattro passi di distanza dal figlio maggiore, che aveva un’aria alquanto abbattuta. (o sbattuta? <.< NdH-che-fa-allusioni-di-una-supposta-Shishui-Itachi)

" oh, sei qui, Sasuke"

" sì, padre"

Naruto rimase sorpreso del modo in cui gli occhi autoritari dell’Uchiha si riempirono di ciò che sembrava tanto turbamento, quando la moglie si voltò verso di lui, sorridendo.

" moglie mia…non mi aspettavo di trovarvi qui…"

l’Uzumaki fu esterrefatto dal linguaggio formale che regnava sovrano in quella casa. Fino ad ora, gli unici che si davano del "tu" erano Itachi e Sasuke…per tutti gli altri, aveva sentito solo "voi"…

" se non volete che io vi resti, basta che me lo diciate e mi ritirerò nelle mie stanze" sussurrò accondiscendente, " ero qui solo per salutare Sasuke"

" ma figuratevi! Non fatevi di questi problemi!" esclamò lui, improvvisamente animato nella voce, allungando una mano che fu prontamente afferrata dalle lunghe dita affusolate della donna, appena scioltesi da quelle del secondogenito. (è bellissimo questo pezzo! So sweet!^^ ndH)

" ed ora, figliolo…" cominciò, dopo averla condotta al suo fianco, rivolto a Sasuke " è tempo che voi partiate, altrimenti incorrereste nell’alba. Ti accompagnerà Itachi, che guiderà la carrozza"

con sguardo leggermente perplesso, non del tutto a torto, alla fin fine, Sasuke squadrò il fratello, smettendo immediatamente quando incrociò un suo sguardo, così terrificante da gelare un ghiacciaio.

Sapeva che quello sguardo era l’imperativa pretesa di evitare commenti di qualsivoglia sorta.

Dal canto suo, non si lamentò ed evitò di lanciare occhiate di risentimento al genitore, limitandosi ad uscire con tutti gli altri nel buio della notte.

In quel luogo, pressoché immune dalle fastidiose luci artificiali che infestavano la città, era possibile ammirare la splendida perfezione di quella notte di ormai prossimo plenilunio, che gettava la sua perlacea luce su tutto ciò che li circondava come se quel cerchio avesse già raggiunto la completezza.

Un paio di iridi, con un colore perfettamente speculare a quello della volta celeste, si sollevò, ed al loro interno si riflesse il biancore della luna, forte di portare con sé la luce più intensa che al loro proprietario fosse concesso di vedere.

Insieme ad essi, poco dopo, si alzarono anche gli occhi ai quali apparteneva il colore che quel cielo avrebbe avuto passata la notte. Anch’essi riuscirono perfettamente ad apprezzare l’immobilità e l’imperturbabilità di quel satellite, immutabile nella sua posizione.

Sorrise, nel vedere Sasuke così profondamente assorto nella sua contemplazione, che s’interruppe solo nel momento in cui l’arcata della porta nel muro di cinta gliene precluse, seppur per pochi secondi, la visuale. Allora, si voltò verso Naruto che gli camminava al fianco, rimanendogli attaccato per evitare di rimanere troppo a contatto con i suoi parenti, i quali, in un modo o nell’altro, lo mettevano tutti in soggezione.

Come al solito, un sorriso l’accolse, rinnovando nella sua mente il desiderio di proteggerlo da ciò che avrebbe potuto attentare all’incolumità di quell’espressione alla quale si era ormai assuefatto.

Con un ultimo bacio dalla madre, ed uno sguardo significativo dal padre, i tre vennero congedati, potendo così salire sulla carrozza.

Naruto si arrampicò per primo sull’alto veicolo, seguito subito dopo da un Sasuke, irritato, anche se non visibilmente, da qualche sguardo di troppo lanciato da dei demoni di passaggio.

Il biondo si concesse di guardarsi un po’ intorno, mentre la carrozza, condotta da Itachi, partiva alla volta di Skià.

Fece appena in tempo a voltarsi, che due labbra morbide si poggiarono sulle sue.

Quasi rabbrividì per il loro gelo insito, e, sebbene ancora non avesse realizzato alla perfezione la situazione, la sua bocca si socchiuse, spinta da una volontà propria, concedendo a Sasuke un contatto più profondo.

Avvolto dal suo gelo, ma rinfrancato da quell’inaspettata quanto sperata vicinanza, l’Uzumaki intrecciò le mani dietro la sua nuca, abbandonandosi totalmente alla volontà del compagno.

Questi gli cinse i fianchi, attirandolo lievemente a sé, quasi avesse atteso quell’unione da quando Naruto aveva varcato la soglia della sua dimora.

Senza fiato, l’umano fu costretto a staccarsi, non senza rammarico, sedendosi nuovamente composto al suo fianco, allacciando timidamente le loro dita, ricambiato subito, lievemente.

Ancora adesso, se ripensava al modo in cui si erano incontrati, si chiedeva se tutto quello stesse accadendo davvero…se la confusione che, da quando quella sera si era svegliato, gli albergava nella mente, non fosse simbolo di un suo imminente risveglio, e la scoperta che quel giovane vampiro sensuale era stato solo un’allucinazione, e il suo posto non era al suo fianco, ma ancora all’orfanotrofio delle suore…

 

***

 

Prophainaipolis era la capitale di quella grande nazione che era Chosmos.

Nel corso dei decenni la sua influenza economica e politica si era esponenzialmente moltipilicata, di pari passo con le sue dimensioni.

Ora la definizione di "metropoli" cominciava già ad essere insufficiente, poiché, in quella sua inarrestabile avanzata aveva irrimediabilmente inglobato i paesi limitrofi, rendendoli parte di quella megalopoli.

Guardata con ammirazioni da tutte le altre città, dalle più grandi alle più piccole, solo chi vi viveva poteva capire che inferno fosse.

Inferno…

Mai termine fu più adatto per descrivere una situazione.

La città dal doppio nome, frutto dello scontro tra due razze non fatte per la convivenza pacifica:

demoni ed umani.

Non vi fu, a suo tempo, nemmeno un pallido tentativo di scontro per la supremazia.

I secondi, senza possibilità di scelta, si erano dovuti adattare, limitandosi a vivere prima del tramonto, in quella che fu chiamata Luxpolis.

Nessuno sconto, il coprifuoco era assoluto.

Perché, quando subentrava Nuxpolis, non c’era più pietà per nessuno, non fermandosi i demoni davanti a nulla.

Ancora più serrata si era fatta la divisione, nel momento in cui, implacabili, durante il dominio delle tenebre e della Luna, cominciarono ad imperversare lotte all’ultimo sangue tra i vari clan gemellati dei demoni.

Ovviamente, i danni apportati alle strutture ed alle strade durante la notte, perduravano anche durante il giorno.

Danni talmente ingenti da spingere gradualmente gli umani ad una veloce diaspora da quello che ogni giorno di più stava diventando un vero luogo degli orrori.

Ma nulla di ciò trapelava oltre la più estrema periferia della capitale, poiché, per mantenere la reputazione ed una apparenza di saldezza della capitale, il governo, mentre segretamente spostava la sua sede, aveva imbrigliato tutti i media, sopprimendo ogni fuga di notizie.

Nessuno che non fosse coinvolto in prima persona nei tumulti in qualità di abitante di Prophainaipolis, era a conoscenza degli avvenimenti, e a coloro che avevano abbandonato la megalopoli, ciò era stato concesso solo a patto del loro silenzio.

Dunque le reali condizioni della città erano avvolte nel mistero, e non c’era abitante di Chosmos che avesse la possibilità di saperne qualcosa.

Tanto meno coloro che abitavano nel convento orfanotrofio cattolico S. Edvige, in aperta campagna, quindi già normalmente isolato.

L’unica notizia giunta alla madre superiora, tramite il garzone del latte, era stato l’improvviso abbassamento dei prezzi d’affitto.

Subito la dolce ed anziana donna pensò di mandarvi uno dei suoi "bambini" più grandi, cosicché, in città, potesse rifarsi una vita.

Scese in cortile, dove la maggior parte degli ospiti del convento, dai neonati agli adolescenti, stavano giocando.

Appena la vide, un bambinetto dai capelli scuri e ritti in un modo improbabile, con degli occhialoni sulla fronte, le corse in contro.

" Madre Saaaaraaaaa!!!" gli si gettò tra le braccia, che lo strinsero subito dolcemente, avvolgendolo nell’affettuoso calore della donna.

" Buongiorno, Konohamaru" un dolce sorriso si aprì sul volto di entrambi.

" Sai dov’è Naruto?"

" Sì!" rispose lui, orgoglioso di poterle essere utile, e, al grido di " Naruto no niichaaaan!" si precipitò lungo il giardino.

Non era mai stato molto difficoltoso trovarlo. Se non stava giocando con gli altri bambini, si poteva avere la certezza matematica di rintracciarlo sull’altalena dell’albero all’angolo destro del cortile.

Era il suo posto preferito, ed ormai, anche quando era libera, ogni altro orfano, come se si fossero tutti messi d’accordo, evitava di andarci.

Quando il bimbo, trafelato, arrivò lì dicendogli, o almeno provandoci, agitato per via dell’eccitazione, che la madre superiora voleva parlargli, Naruto saltò giù al volo dal pezzo di legno che, attaccato a due funi, fungeva da gioco, e tornò il più velocemente possibile verso la porta che dall’edificio portava al cortile.

Vedendolo avvicinarsi, la donna sorrise, ammirando i cambiamenti che, da quando quella notte di quasi sedici anni fa avevano raccolto quel corpicino infreddolito dal vento, si erano compiuti in quel corpo.

Quello che le procedeva aggraziato verso di lei non era più il bambino che aveva adottato, dandogli casa, cibo e affetto.

Era un’adolescente, anche di indubbia bellezza, dalla quale, però, traspariva tranquillamente l’innocenza che l’educazione cattolica impartitagli gli aveva trasmesso.

I grandi occhi azzurro terso, sui quali, candidamente, sbattevano le palpebre dalle ciglia chiare, i lineamenti dolci del viso e del corpo, le mani dall’aspetto morbido e le guance paffute sulle quali si aprivano due carinissime fossette ogniqualvolta sorrideva, lo rendevano quanto di più simile agli angeli, almeno come la suora se l’immaginava.

Ormai, sebbene gli sarebbe mancato come l’ossigeno, era tempo di dare a quella creatura una possibilità per rifarsi una vita, sfruttando il momento propizio.

Presolo da parte, lo fece sedere su una delle panchine di pietra all’ombra delle querce, e gli esplicò tutto il suo progetto: mandarlo in città sfruttando il calo dei prezzi, che gli avrebbero dato modo di affittare un appartamentino, dargli la possibilità di studiare in una scuola che gli avrebbe fornito un’istruzione ben più qualificata di quella che lì al convento avrebbero mai potuto dargli, in una parola, dargli una prospettiva di futuro.

Naruto comprese, ma non poté fare a meno di guardarsi intorno, chiedendosi, in cuor suo, se una vita al di fuori del convento la volesse davvero, per quanto migliore essa potesse essere considerata.

Lui amava quella struttura in mattoncini rossi, amava l’odore di grano che dai campi circostanti in estate si spargeva fin lì, amava le camerate, amava le aule un po’ arrangiate, amava quel giardino così vissuto, e amava i suoi compagni.

Lasciargli sarebbe stato un colpo al cuore, ma non poteva rifiutare quella proposta.

Sapeva, o almeno sperava, che anche la madre superiora tenesse a lui quanto lui a lei, e quindi immaginava che anche per lei non sarebbe stato un passo facile.

Fu per questo che sul suo volto si aprì il suo usuale sorriso luminoso quanto il sole che splendeva in cielo, e la sua voce disse squillante: " Grazie dell’opportunità, madre! Andrò volentieri e la renderò fiera di me!".

E fu così che il giorno dopo tutti gli ospiti dell’orfanotrofio S. Edvige si riunirono in quella stradina di campagna, sulla quale passava l’unico autobus che portava in città, dove Naruto era diretto.

Dai più grandi, che avevano pressoché l’età di Naruto, fino a quelli che non sapevano nemmeno parlare e camminare, ed erano tenuti in braccio, si erano tutti recati lì, per salutare quell’angelo biondo che se ne andava, con tutta probabilità per sempre.

Tutti sapevano che ne avrebbero sentito la mancanza…

Come dimenticare quella figura che, zampettando da un’ala all’altra dell’orfanotrofio, andava svegliando tutti i suoi abitanti, mandato dalle suore, con il suo: " è mattina! È mattina! Forza, non state lì a poltrire! È una bellissima giornata della quale ringraziare nostro Signore!"?

Come fare a meno di quella presenza che c’era sempre quando serviva, pronta a consolare chiunque, senza fare discriminazione?

Per l’innocenza quasi esagerata di chi si sarebbero sbattuti una mano sulla fronte, coprendosi gli occhi?

Chi si sarebbero divertiti a far imbarazzare?

Di certo non quel quasi sedicenne, che si allontanava sul pullman scalcinato di cui era l’unico passeggero, sporgendo la testa dal finestrino per salutarli, con i capelli già per conto loro arruffati che venivano scossi dal vento.

Gli ci vollero ben sei ore per arrivare in città, e dunque, sebbene fosse partito alle nove di mattina, arrivò che erano le quattro fatte, ed il giorno era già nella seconda metà inoltrata del suo percorso.

La prima cosa che fece, fu recarsi ad un’agenzia immobiliare che gli era stata indicata.

Durante il tragitto non poté fare a meno di stupirsi di quanto apparisse desolata quella che avrebbe dovuto essere la capitale.

Resti di carrozzerie d’auto erano abbandonati lungo le vie, pressoché deserte; lampioni distrutti, e cartelli stradali che sembravano piegati a forza fino a terra.

Le poche persone che andavano in giro erano alquanto circospette, e proseguivano sul loro cammino senza guardare nessuno.

Fu arduo trovare qualcuno che gli desse ascolto per ottenere informazioni sulla via che gli serviva. Chiunque tentasse cortesemente di fermare, scostava la sua mano che timidamente si era appoggiata sul braccio per ottenere attenzione, e riprendeva a camminare.

Solo una vecchietta, dopo circa un quarto d’ora in cui il biondo cominciava a sospettare dell’educazione dei cittadini, si degnò di fermarsi al suo: " Mi scusi…".

Gli sorrise in un modo dolce che gli ricordò tremendamente le suore che aveva da meno di un giorno lasciato e che tuttavia gli mancavano già, e gli disse: " Dimmi caro, hai bisogno di qualcosa?".

Sollevato di aver trovato finalmente qualcuno disponibile, il ragazzo chiese: " Mi saprebbe cortesemente indicare il modo per arrivare all’agenzia immobiliare Funomari, per piacere?"

Piacevolmente lusingata da tutta quella gentilezza nei modi che il sedicenne aveva, gli rispose: " fra quattro traverse giri a destra, poi trovi una rotonda, prendi la prima a sinistra e l’agenzia dovrebbe essere il sesto negozio sul lato destro"

Tra sé e sé, Naruto ripeté più volte le direttive complicate, immaginando già che così tante cose se le sarebbe scordate nel giro di due minuti, e questo non andava bene.

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalla voce sottile della vecchina, che gli chiese: " ma stai forse cercando casa?"

" sì, sono appena arrivato in città, e non so assolutamente come orientarmi!" rispose con un sorriso imbarazzato " devo anche trovare un appartamento in affitto…"

" Ma in tal caso non c’è bisogno che tu faccia tutto questo giro!"

il ragazzo inclinò la testa di lato, socchiudendo la bocca in quella che, nel suo modo di comportarsi, equivaleva ad una dimostrazione di perplessità e di mancata comprensione.

La signora rise, sopraffatta dalla graziosità di quel piccolo.

" Mio figlio ha lasciato da poco la città, ed il suo appartamento è libero! Se ti fa piacere, sarò ben contenta di affittartelo! Vorrei offrirtelo gratuitamente, ma con i tempi che corrono…"

non poté finire la frase, interrotta da una fiera indignazione da parte dell’altro.

" Mi rifiuterei di non ricompensarla per la gentilezza! Non ci pensi nemmeno, per favore!"

ma, nonostante le parole quasi stizzite, all’espressione corrucciata che poco gli si addiceva, un gran sorriso euforico si aprì sul bel viso, e una serie di ringraziamenti resi quasi inconsulti dall’agitazione di aver trovato alloggio e dalla fretta di esprimere la sua riconoscenza presero ad essere pronunciati.

L’anziana lo condusse dunque al quartiere, che, sebbene a sua detta si trovasse quasi in pieno centro, non cambiava per questo l’aspetto trasandato che sembrava avere la periferia nella quale il suo autobus si era fermato.

La distruzione regnava ovunque a Luxpolis, e l’impressione che Naruto ne ebbe fu di gran lunga diversa dallo splendore con il quale veniva descritta al di fuori dei suoi confini.

La casa era graziosa, ed ampiamente sufficiente per un solo inquilino.

Riuscendo a fatica a bloccare il fiume di parole di gratitudine che aveva già cominciato nuovamente a sommergerla, la vecchina si apprestò a lasciarlo tranquillo a sistemarsi e a riposarsi, adducendo però un ultimo consiglio, pronunciato con voce grave.

" Naruto…" cominciò, interrompendosi per sospirare profondamente " …già mi sei caro, quindi faresti una cosa per questa povera nonnina?"

" Ma certo, signora!" esclamò subito lui.

" E dunque ti prego, piccolo, ti scongiuro, non uscire mai…MAI" calcò particolarmente su quesa parola, facendo quasi sobbalzare il biondo "…mai…dopo il calar del sole. Al tramonto, corri a casa, chiudi le imposte e abbassa le serrande, intesi?"

Naruto asserì, perplesso, ma deciso ad ubbidire, e la sua padrona di casa lo lasciò.

Passò gran parte del pomeriggio prima a spolverare e a pulire la sua nuova abitazione canticchiando serenamente, il tempo restante a sistemarvi i suoi esigui averi.

Quando finì, il suo stomaco brontolante lo condusse in cucina, che però non poté far nulla per placarlo, poiché di vettovaglie non c’era nulla.

Pensò bene di uscire a mangiare, visto che, durante il percorso, non gli era parso che ci fossero veri e propri negozi alimentari.

Mancava un’ora al tramonto, e l’Uzumaki era fermamente convinto che entro allora sarebbe riuscito a mangiare e a tornare a casa.

Quando, tuttavia, fu costretto a disilludersi, poiché, sebbene già le strade e i palazzi si stessero tingendo dell’arancione intenso del sole calante, e le ombre si fossero allungate a dismisura, lui non aveva ancora trovato un posto lontanamente somigliante ad un ristorante, proseguì nella sua ricerca, ritenendo che un paio di ore sottratte al coprifuoco indebitamente non sarebbero state la sua morte, in particolare se esse erano spinte dalla necessità.

Non si accorse che, per un piccolo lasso di tempo intermedio, si trovò ad essere l’unico passante in quelle enormi vie sconfortanti.

Non si accorse, di punto in bianco, la frequentazione delle stesse cambiò di punto in bianco, decisamente in peggio.

Non si accorse nemmeno degli sguardi famelici che si posarono a decine sul suo corpo giovane e fresco, mentre proseguiva tranquillo per la sua strada.

Svoltando senza conoscere la sua direzione, si ritrovò in una ampia strada ai lati della quale sorgevano grandi edifici circondati da mura.

Il tutto gli pareva abbastanza promettente per il suo obiettivo, considerando che essi erano totalmente diversi dai palazzoni fatiscenti fin’ora incrociati.

Il suo sguardo fu irrimediabilmente attratto da un massiccio portone d’ebano che portò il ragazzo a prediligerlo tra molti altri.

Sfruttò la lunga corda raffinata a suo modo che pendeva da un lato dell’alto stipite, e la tirò titubante, ma anche incredibilmente affascinato dall’architettura orientaleggiante del luogo.

Attese non per molto che gli venissero ad aprire, e una ragazza che poteva avere non più di uno, due anni più di lui fece capolino dietro il pesante legno, osservandolo perplessa.

Si tirò tuttavia da parte, pensando che, se qualcuno aveva avuto l’ardire di bussare a casa Uchiha doveva averne un motivo valido e non ci teneva a essere rimproverata dal signore o dai signorini nel caso che avesse precluso l’ingresso ad un ospite desiderato.

La cosa che la lasciava più dubbiosa era l’orario, insolitamente azzardato nella sua prestezza, considerando gli inquilini della casa.

Ma Naruto questo non lo sapeva, e fu per questo che, atterrito dal lusso sobrio che traspariva da ogni filo d’erba del giardino, la prima cosa che domandò al giovane a dir poco stupendo che gli si parò davanti, ancora assonnato eppur fiero e composto nella sua insita eleganza, fu: " Spero che non sia troppo espansivo come costo…".

Dalle nubi del sonno appena concluso, il ragazzo dai capelli mori gettati all’indietro fece parecchia fatica a rispondere con qualcos’altro che non fosse il: "… Che?" sommesso, pronunciato con la voce sensuale.

Un brivido passò attraverso essa lungo la schiena del quasi sedicenne, che, mentre un atroce dubbio cominciava ad attanagliarlo, pose timidamente una domanda piuttosto stupida: " Ma questo non è un ristorante…?".

L’altro strabuzzò gli occhi neri, non riuscendo a credere a ciò che le sue orecchie lievemente a punta gli avevano trasmesso.

Squadrò da capo a piedi quell’esserino pigolante che gli si parava di fronte.

Un essere umano, la cosa era più che evidente.

Ma, se aveva osato uscire dopo il crepuscolo, e come se non bastasse recarsi nella dimora di uno dei più grandi clan esistenti, o era irrimediabilmente stupido, cosa che, a dir tutta la verità, non metteva del tutto in dubbio, o non aveva sul serio idea di ciò a cui era andato incontro.

" come ti chiami, ragazzino?"

" Na-Naruto Uzumaki…piacere…"

" da quanto tempo sei qui?"

" sono arrivato oggi dalla campagna…"

una breve pausa di silenzio, prima che egli riprendesse a parlare.

" ora mi spiego molte cose. Se fossi qui da anche solo una settimana, avresti dovuto già sapere che questo non è assolutamente un ristorante, bensì la casa del clan Uchiha"

a questa sconvolgente rivelazione, il povero neo abitante di Luxpolis non poté far altro che cominciare a pronunciare la sua solita raffica di scuse, arrossendo profondamente fino alla punta dei capelli color grano.

Non era possibile! Non era possibile! Non era possibile!

Non poteva aver fatto una figura del genere! Non sul serio!

Il giovane si scostò una ciocca ribelle di capelli dietro l’orecchio, sorridendo tra sé per quell’imbarazzo.

Quel bambino aveva un non so che di dolce ed innocente, che lo rendeva incredibilmente attraente agli occhi di uno della sua razza.

Ma uno dei suoi punti di forza era l’autocontrollo ferreo e non avrebbe seguito il suo istinto demoniaco nemmeno se avesse avuto la certezza di avere di fronte una sorgente inesauribile di sangue sopraffino.

" Io sono Sasuke Uchiha, secondogenito del capoclan. Se ti fa piacere ti indicherò io un vero luogo dove tu possa mangiare"

Ancora profondamente rosso, Naruto abbassò la testa, annuendo piano e pigolando un " Sì grazie, sarebbe molto gentile da parte sua…".

Fu così che uscirono, nella notte tiepida in cui la visuale delle stelle veniva irrimediabilmente preclusa dall’eccesso di luci elettriche, che rendevano il cielo una patetica distesa di nero sbiadito.

Ora, dopo un intero giorno, Naruto si rendeva veramente conto di aver cambiato domicilio…di aver cambiato vita, per sempre…

Non era più in quella che per tanti anni aveva chiamato casa…

Non c’erano più le risate dei suoi compagni, che tanto spesso aveva chiamato fratelli e sorelle…

Non c’era più il profumo di terra ed erba che si spandeva per tutta la sconfinata campgna...

Non c’era più quel cielo talmente pieno di stelle da dare lo stordimento…

C’era solo quello strano ed incredibilmente affascinante ragazzo al suo fianco, nel silenzio più assoluto, che lo accompagnava fuori dal giardino più che modesto della sua più che modesta casa.

Oltrepassarono il grande portone che già prima aveva avuto modo di ammirare, e, appena fuori da esso, Sasuke prese, con parole il più semplici possibile, ad indicargli il luogo più vicino dove placare la sua fame.

Non si trovava però nemmeno a metà della sua spiegazione, che si bloccò, per motivi ignoti a Naruto. Lo vide solo sollevare lo sguardo in un punto lievemente laterale rispetto ai suoi occhi azzurri all’inverosimile.

Una schiera di demoni minori si teneva a debita distanza da loro due, appostati in semicerchio, poiché intimoriti dall’aura del vampiro e dalla fama che lo precedeva, ma l’Uchiha sapeva che, non appena le imposte della sua abitazione avessero ruotato sui cardini e la serratura fosse scattata, tutti quelli sarebbero stati pronti a saltare addosso a quell’innocente ragazzino ed a sbranarlo dopo averlo orrendamente seviziato.

Routine, ma il moro non seppe perché la cosa, in quel frangente, gli avesse dato così fastidio.

Sapeva solo che il solo pensiero gli provocò un senso di repulsione che lo spinse a prendere una decisione quanto meno impulsiva e apparentemente inspiegabile.

Fissando dritto in quegli occhi cerulei che non davano segno di essere stati turbati da una tragedia incombente proprio ai suoi danni, fosse per altro che non ne aveva nemmeno avvertito il sentore, disse con la voce pacata: " senti, è troppo complicato da spiegare. Vieni con me, ti accompagno e andiamo a mangiare insieme".

L’euforia del ragazzino a quelle parole fu quanto di più sconvolgente gli fosse mai capitato di vedere. Il suo sorriso, già incredibilmente largo, si aprì ancor di più, illuminando il suo volto infantile e paffuto a giorno.

"carino…" si ritrovò suo malgrado a pensare il demone maggiore.

Naruto si affiancò dunque a lui, che, sentendosi ancora osservato, si voltò, vedendo che i bruscolini erano ancora lì con quegli sguardi allupati.

Un’occhiata.

Una semplice occhiata in cui le iridi nere di Sasuke si tinsero di un rosso carminio, trasudando istinto omicida da tutti i pori.

Bastò questa a farli desistere tutti dal loro intento.

Scemarono rapidamente, lasciando i due da soli.

In realtà, pensò il biondo, la strada si rivelò essere abbastanza semplice, e, nella sua ingenuità, si chiese come mai Sasuke lo avesse creduto così imbelle da non riuscire a memorizzarla.

Subito, però, si rispose che, dopo la figura fatta in precedenza, il dubbio poteva essere legittimo.

Si sedettero insieme ad un piccolo ed appartato chioschetto, gestito da un demone di categoria infima che fu onorato di ritrovare seduto sulla sua panca un esemplare di stirpe come il moro.

Egli, preso da chissà quale attacco di generosità, ordinò, sforzandosi anche di fare un po’ di conversazione sebbene ciò fosse ostico al suo carattere, e pagò addirittura il conto, anche se il proprietario sarebbe stato più che disposto a soprassedere.

Apprese così, durante quella serata, buona parte della storia di Naruto, e di come un ragazzino, che trasudava innocenza da tutti i pori, si fosse ritrovato in quel posto, della cui natura non era nemmeno consapevole.

Quella città sarebbe stata la sua tomba, ne era certo.

Troppo bello, troppo innocente, troppo ingenuo, troppo…appetitoso.

Troppo tutto, per sopravvivere in quel luogo.

Lui stesso, sebbene estraneo all’istinto animalesco che controllava la maggior parte di quelli della sua razza poiché nobile, faticava a trattenersi dall’azzannare quella pelle brunita.

Tanto più gli fu difficile ad un certo punto, quando il sedicenne ebbe la brillante idea di stiracchiarsi, reclinando la testa all’indietro e mettendo in bella mostra il collo morbido, emettendo in aggiunta un gemito di soddisfazione.

O diavolo…

Dovette chiudere gli occhi tornati scarlatti per il riemergere della sua indole vampiresca. Ci mise qualche secondo a riprendersi, e, quando le palpebre chiarissime si rialzarono, era ben deciso a nutrirsi di lui nel caso si fosse trovato ancora in pose sconvenienti, ma, per fortuna dell’altro, si era rimesso composto.

" grazie della cena, Sasuke! Anzi, grazie di tutto!"

una voce trillante ed un largo sorriso che fecero pentire immediatamente Sasuke si aver pensato anche solo per un attimo di privarlo di quella forza vitale che gli scorreva dentro.

" di nulla" disse, pacato, per poi aggiungere " dove abiti? Ti riaccompagno a casa"

" ma no! Non ce n’è bisogno!!" provò a declinare l’altro.

" io credo di sì. Cammina"

categorico e sicuro di sé, tanto che Naruto non trovò nemmeno la forza di ribattere.

Si limitò ad indicargli sommariamente la zona, poiché non ricordava il nome della via, e non ricevette l’irritazione che si aspettava per la sua inettitudine.

Sasuke semplicemente ascoltò con attenzione le sue descrizioni, riuscendo finalmente a focalizzare la zona.

" ok. Ho capito il posto. Ti ci porto, e vediamo se ti torna in mente"

paziente. Incredibilmente paziente dei suoi confronti, e il biondo si ritrovò a sentirsi un po’ in colpa per quella sua mancanza di autosufficienza.

Sebbene fosse un ragazzo esagitato e vitale, non era in grado di prendersi cura di sé stesso oltre un certo punto, poiché non gli era mai stato insegnato; le suore non si erano mai preoccupate di renderlo autonomo, ma non avevano esitato a mandarlo a vivere da solo.

Lo disse al moro, scusandosi ripetutamente con lo sguardo fisso a terra.

L’Uchiha sorrise. Che dolce che era…proprio un cucciolo…

Scosse la testa, schifato dalla melassa che il proprio pensiero trasudava. Cosa diamine si metteva a pensare?!

" non preoccuparti. Non mi arrechi alcun disturbo" si limitò a tranquillizzarlo.

L’Uzumaki gli trotterellava a fianco preso da un’allegria che lui stesso non riusciva a spiegarsi. Non capiva cosa fosse quella sensazione di calore che gli pervadeva il corpo e quella morsa affatto spiacevole che gli circondava il cuore ogniqualvolta i suoi occhi color ciano incrociavano l’abisso senza fondo di quelli dell’altro, non appena scorgeva di sfuggita l’ombra di un inarcarsi di labbra su quel volto perfetto ma inespressivo.

Tornarono dunque verso i quartieri più centrali della città, che, per una volta, non coincidevano con i più fiorenti.

Se possibile, Naruto li trovò maggiormente inquietanti di come erano apparsi al suo arrivo quel pomeriggio.

Sarà per l’atmosfera ancor più tesa e pericolosa. Sarà per una nebbia sottile che si aggirava per le strade all’altezza dell’asfalto logorato, tra le cui crepe profonde spariva per ricomparire subito dopo.

Sarà per quegli sguardi che si sentiva addosso e che gli facevano passare un intenso brivido di terrore puro dietro la nuca…

Fatto sta che un tremito di paura lo scosse, e non seppe nemmeno perché.

Gli sguardi non erano passati inosservati nemmeno all’altro ragazzo, che, d’improvviso, si premurò di passagli un braccio attorno alle spalle, attirandolo a sé e continuando così a camminare.

Naruto arrossì intensamente.

"che…che…che stai facendo?"

" nulla che non abbia un buon motivo per fare"

una risposta secca, che fece cedere ogni protesta di Naruto che si limitò ad abbandonarsi a quella lieve stretta sulla sua scapola sinistra, che lo aveva oltremodo tranquillizzato e aveva alleviato la sensazione opprimente di migliaia di occhi puntati su di lui.

Nessun demone avrebbe osato avvicinarsi ad umano che sembrava essere tanto caro ad un nosferatus che portava così ostentatamente lo stemma di Uchiha, ma questo il ragazzo non poteva saperlo.

Arrivarono infine nella via che il biondo riconobbe come quella dov’era allocata la sua abitazione, e, esaltandosi ben oltre il necessario, lo fece notare a Sasuke.

Egli insistette per accompagnarlo fino alla porta di casa, che Naruto lasciò aperta per restare qualche minuto a parlare con l’altro ragazzo.

" Grazie di tutto, Sasuke!"

sebbene la tromba delle scale fosse invasa dalla penombra, il sorriso di Naruto si notava comunque, poiché i suoi denti bianchi e regolari catturavano e riflettevano la poca luce presente.

" di niente. Ma non azzardarti ad uscire mai più quando tramonta il sole, intesi?"

questi annuì mestamente, con un faccino da cane bastonato che addolcì lievemente il tono dell’Uchiha.

" è pericoloso, hai visto che gente che gira. Concludi tutte le tue commissioni prima del crepuscolo, e segui i consigli che ti ha dato la tua padrona di casa"

" va bene…" strascicò un po’ la "e" centrale, assumendo un tono infantile " ma ci rivedremo prima o poi, vero Sasuke?"

il moro rimase perplesso da un desiderio del genere, soprattutto se espresso da un essere umano: non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui un ragazzino avrebbe chiesto di rivederlo.

" forse…"

un "forse" che voleva dire "no", ma la mente semplice di Naruto non ne travisò il significato analitico, e si limitò ad essere contento per quella speranza.

Salutò allegramente la sua nuova conoscenza, chiudendosi la porta alle spalle.

Sasuke scese le scale del condominio senza rumore alcuno, tornando in strada, e pensando, frattanto, che forse sarebbe stato un po’ triste non poter rivedere quel sorriso…

Naruto era quanto di più simile alla luce del sole che gli era stata descritta avesse mai potuto vedere.

Tristezza che fu subito surclassata da parecchio sconcerto e tentennamento, quando, il giorno successivo, il ragazzino fu nuovamente davanti alla sua porta dopo il tramonto con quel suo immancabile sorriso ed un: "Ciao, Sasuke!"

Uno sconcertato silenzio seguì le parole giulive, sconcertato dal fatto che davvero quell’esserino mortale potesse essere nuovamente davanti a lui.

Doveva essere un’allucinazione del sonno appena cessato, ma nemmeno chiudendo gli occhi e mordendosi l’interno di una guancia il corpo ben fatto spariva dalla sua vista.

Quindi era davvero lì…sconvolgente. Davvero sconvolgente. Non solo perché non aveva capito delle parole semplici come " non devi uscire la sera", ma più che altro che fosse riuscito ad arrivare incolume fin lì per la seconda volta!

"Ma sei cretino?!!" esclamò esasperato il moro evitando volutamente di moderare le parole.

"...mh..sei cattivo..." mugugnò il ragazzo rabbuiato dal suo esordio reclinando il capo.

"No!Sei tu che hai qualcosa che non va!!Non ti avevo forse detto di non girare di sera??!!!"

"...si..."

"Ed allora che ci fai qui a quest'ora??!!"

"...Ecco...io...volevo rivederti..."

"...Che?!...Perché mai?..."

"...Tu...sei il mio unico amico in questa città..."

Sasuke sbigottito rimase senza parole a guardarlo ancora incredulo per ciò che aveva detto.

Un…"amico", eh? Il ragazzino evidentemente proprio non comprendeva, se definiva amico uno degli esseri più subdoli esistenti al mondo.

Un "amico", secondo la definizione umana del termine, ti sta accanto e ti supporta.

Un vampiro, invece, ti segue silenzioso come una lince, guidato dal dolce battito del tuo vitale cuore, attendendo l’occasione propizia per azzannarti e sottrarti tutto il liquido primario per la tua stessa esistenza.

E stai pur certo che una volta che l’avrà trovata, non esiterà nemmeno un secondo, perché è un essere privo di anima, e dunque la pietà non è una sua caratteristica.

Nato predatore e predatore morirà.

Quando, e, soprattutto, se morirà.

Imperterrito, però, Naruto proseguiva nel parlare.

"...Ieri era sabato...quindi oggi non c'è stata scuola...non ho conosciuto nessun altro oltre te e la padrona di casa...scusami...probabilmente non sto facendo altro che disturbarti dall'altro giorno...solo che...mi sento tanto solo... ....Giuro che non ti infastidirò molto!...mi bastava anche solo venire a salutarti...ed a ringraziarti ancora...Grazie...penso di esser stato davvero fortunato ad aver incontrato anche solo una volta una persona gentile come te..."

In altre occasioni, anche se si fosse trattato di un demone, non si sarebbe trattenuto dall’interromperlo, unicamente per domandare, in un’apoteosi di tatto, cosa a lui sarebbe dovuto importare delle seghe mentali di un cretino.

Non seppe perché, almeno non esattamente, ma non lo fece.

Forse per la tenerezza che era insita in tutto il corpo e gli atteggiamenti di quel coso, che evitava con tutto se stesso di fissarlo e si guardava le scarpe da tennis un po’ consunte.

"...non so se aver pena per lui o vergognarmi di me stesso..."

"...Scusami se ti ho dato noie!.." intonò esibendo un sorriso piuttosto forzato."...Allora io vado!..."

Avrebbe potuto restare in silenzio, fissarlo andare via mentre lasciava libera di scorrere quella lacrima che ora pungeva sul bordo dei suoi occhi, e vederlo sparire dalla sua misera esistenza per sempre.

In fondo, di pasti pronti poteva trovarne tanti…dov’era il problema…?

"...Proprio un inguaribile cretino..."pensò il vampiro vedendolo voltarsi e fare pochi passi. " Aspetta!!" lo richiamò.

Il giovane si voltò di scatto.

"Ti accompagno io...casomai ti perdessi di nuovo...ti va di prendere del ramen?"propose sforzandosi di apparire assolutamente piacente a dispetto della confusione che lo attanagliava, costringendolo a massaggiarsi le tempie

Le labbra del ragazzo si schiusero mostrando uno splendido sorriso a trentadue denti."Sì! Grazie!!"

Lo portò nuovamente al chiosco del ramen che li aveva sfamati la sera prima, con una vena di nervosismo che gli pulsava in fronte.

Nella sua mente allenata da secoli di ragionamenti, una decisione si delineò infine con una precisione che gli mise quasi tristezza: dirgli la verità, e cercare di far capire al bambino che quell’attraente corpo da sedicenne ospitava quale fosse la sua vera natura, per costringerlo poi ad allontanarsi da lui ed a dimenticarlo per sempre.

Una insolita malinconia lo prese mentre guardava le labbra piene schiudersi per mangiare l’ennesimo boccone.

Non capiva il perché ma gli dispiaceva dovergli rivelare la sua natura e quella del suo mondo.

In fondo quello strano umano gli faceva quasi tenerezza, con la sua espansività, e non era riuscito a dare un nome a quello che aveva provato quando la sua voce cantilenante l’aveva definito "amico".

Non poteva di certo immaginare che quell’ "amico" avrebbe potuto azzannarlo e dissanguarlo da un secondo all’altro, e proprio per questo ritenne che fosse suo dovere spiegargli un po’ di cose riguardo alla città in cui si trovava.

Si scosse. "Cosa ti prende,Sasuke?!Non ti starai mica affezionando ad un misero essere umano?!!...Ora gli dirai tutto e sarà meglio per tutti e due...già... Se non te la senti di ucciderlo allora scaccialo!Mandalo lontano...via da te...è la scelta più logica...quella migliore... "

Ci girò abilmente intorno, finché non fu il momento propizio per dare il colpo.

" vedi Naruto…io non sono esattamente come te…non sono esattamente umano…"

" ma cosa dici, Sasuke! Noi siamo tutti figli di Nostro Signore, indiscriminatamente!"

il sorriso allegro e comprensivo, si affievolì parecchio quando vide Sasuke avere un moto di stizza alle parole "figli di Nostro Signore".

" è appunto questo che intendo. Io sono uno degli ultimi esseri che il TUO" marcò particolarmente su quella parola " Signore, riterrebbe figli. Io sono un vampiro, Naruto"

questi sbatté le palpebre sugli occhi grandi e cerulei, per poi esordire con un’affermazione che fece capire a Sasuke l’inutilità delle sue precedenti parole: " e allora? Non possiamo essere amici lo stesso?"

una manata sulla fronte candida fu la risposta del demone alla testolina bionda inclinata di lato.

Un momento di silenzio per elaborare la situazione.

"…Naruto…"

" sì?"

" ma tu LO SAI, cos’è un vampiro?"

" no" rispose " perché, è importante?"

fu quello l’esatto momento in cui Sasuke ponderò seriamente il suicidio.

Va bene essere cresciuti dalle suore, va bene essere l’innocenza personificata, ma, per Lucifero, c’era un limite a tutto!

Eppure doveva trovare il modo di spiegargli la propria natura demoniaca.

" allora…hai mai sentito parlare di quelle cose che svolazzano di notte, ti entrano dalla finestra e ti succhiano il sangue mordendoti il collo?"

aveva fatto un po’ leva sul folklore popolare, ma l’ " ah!" convinto di Naruto gli diede la speranza di aver colto nel segno.

Speranza alquanto vana.

" un pipistrello!" (se fosse stato davvero Naruto qui doveva dire:<> ^O^ )

dov’era un muro, che così ci sbatteva la testa?

" no!"

naruto abbassò la testa, socchiudendo gli occhi a quell’urlo improvviso, così inatteso da parte di un tipo come Sasuke.

" dai, Naruto…quelle cose che ti si appiccicano addosso e ti tolgono tutto il sangue e fanno tanto tanto male…"

gli stava parlando come ad un bambino di tre anni, ma il dubbio che fosse quello il modo giusto di rivolgerglisi era più che legittimo.

" ah! Le sanguisughe dello stagno accanto al convento!"

altro tentativo fallito, il cui unico risultato fu la perplessità di Sasuke riguardo a che razza di orfanotrofio l’avesse ospitato, visto che le sanguisughe erano tipiche di un clima tropicale e ovunque sarebbero potute stare, fuorché in campagna…

perse la pazienza, prendendo Naruto per il colletto e avvicinandoselo al volto, mentre con uno scricchiolio della mascelle due lunghi canini superavano le labbra, mentre con un suono gutturale gli occhi di Sasuke divennero rossi come il sangue di cui si nutriva.

Il ragazzino sobbalzò.

" Sa…Sasuke…"

" hai capito adesso?!" la voce era decisamente più demoniaca, e spaventò non poco il sedicenne, il quale però, sempre con gli occhi sgranati, allungò titubante la mano destra.

L’avvicinò al suo viso, e, poiché Sasuke non accennava a scostarsi, fece scorrere il morbido polpastrello dell’indice lungo una delle zanne lievemente umide di saliva.

Il demone rabbrividì di piacere, mentre non resisteva all’impulso di accogliere quello stesso dito all’interno della bocca calda, cominciando a succhiarlo piano carpendovi il sapore del proprietario.

L’altro restò immobile, sorpreso da quel gesto improvviso, analizzando le strane sensazioni che gli davano gli incisivi stretti attorno alla sua falange, e la lingua che accarezzava piano la pelle.

Ad un suo richiamo lievissimo, Sasuke mollò la presa non senza sforzo, poiché il calore del sangue che scorreva nelle morbide vene del polso poco più sotto era pressoché irresistibile.

" hai capito?" ripeté, recuperando un minimo di autocontrollo.

" sei un demone…" fece fatica anche a pronunciare la parola, mentre un senso di confusione lo attanagliava.

" sì. Come lo sono tutti coloro che girano per questa città al tramonto. Prophainaipolis ha altri due nomi non ufficiali, assegnategli da coloro che vi abitano. Luxpolis di giorno, quando sono gli umani che hanno il diritto di girare per le strade. Ma quando, per la loro incolumità sono costretti ad abbandonarla, è lì che subentra Nuxpolis, dove sono i demoni a farla da padroni"

Naruto annuì mestamente, sconcertato.

" capisci ora, che non possiamo essere amici?"

Naruto rialzò lo sguardo, imbronciato.

" non è vero! Io voglio essere comunque tuo amico!"

Sasuke pensò di aver sentito male.

"…eh?"

" io voglio essere tuo amico! Capisco gli altri demoni, ma tu non sei cattivo! Tu mi hai riportato a casa ieri sera, e mi hai protetto da tutti gli altri! Forse sei tu che non vuoi avermi intorno?"

a quella domanda, il biondo assunse uno sguardo abbacchiato che ebbe l’effetto di far cedere Sasuke.

" ma no, non è quello il punto…è che non puoi continuare ad uscire quando si fa buio, sono due volte che ti va bene, ma alla terza non arriverai vivo davanti al portone di villa Uchiha…"

l’espressione da cucciolo non spariva

" e va bene, va bene, ho capito!" sbottò il moro all’improvviso " ti passerò a prendere io a casa, non uscire da solo!"

il sedicenne sorrise, ritratto della felicità. Al punto che Sasuke si affrettò a rettificare.

" ma appena avrai cominciato la scuola, questa manfrina deve finire!"

il biondo gli era già saltato al collo, abbracciandolo forte.

" ok!" esclamò tutto contento, convinto che sarebbe riuscito a proseguirla, "questa manfrina".

E da quel giorno, verso le nove di sera, Sasuke Uchiha suonava al campanello di Naruto Uzumaki, portandolo a volte in giro per la città, altre volte limitandosi a fargli compagnia in casa.

Non si nutriva nemmeno più per mantenere quell’abitudine.

Tant’è che fu in una notte sul tetto di un alto grattacielo su cui Sasuke lo aveva portato per vedere le stelle di cui tanto aveva detto di sentire la mancanza, che la natura demoniaca si risvegliò al suo interno, sollecitata dall’impellente bisogno di sangue.

E Naruto, per una volta, dimostrò una perspicacia che l’altro non gli avrebbe mai attribuito, capendo di chi era la responsabilità del prolungato digiuno del vampiro.

Fu in una notte sul tetto di un alto grattacielo che i denti di Sasuke affondarono per la prima volta in quella morbida pelle brunita, e assaggiarono quel sangue.

Dal momento in cui esso cominciò ad entrare in circolo nel suo corpo, il nosferatus capì che non avrebbe voluto mai più averne altro.

Fu in una notte sul tetto di un alto grattacielo che Naruto accettò di diventare il donatore del secondogenito del capo clan Uchiha, rendendo il loro rapporto stretto come non avrebbe mai osato sperare che diventasse.

Tanto che, ovviamente, pur con l’inizio della scuola non si sciolse, perché ora il biondo era più di un semplice essere umano col sorriso solare e gli occhi color cielo.

E poi più vicini ancora, quando, un paio di settimane dopo, Sasuke aveva deciso di portarlo in uno dei pochi parchi rimasti, superstiti di quella distesa di cemento e distruzione.

Rimasero a lungo distesi sull’erba fresca, a guardare la falce di luna sottile, che ancora resisteva alla luna nuova che voleva prendere il sopravvento.

Il moro ascoltava i ricordi del biondo legati alla luna, guardando il suo profilo che grazie ad essa svettava nell’oscurità, mentre veniva ipnotizzato dalle labbra morbide che si muovevano nell’atto del parlare.

Preso da un improvviso impulso, si ritrovò a chiedergli se gli sarebbe piaciuto avere un altro ricordo legato alla luna, e quando la sua risposta fu affermativa, non gli lasciò il tempo di chiedere il perché che si avventò sulla sua bocca, in un bacio umido e passionale che finì per coinvolgere anche l’umano.

Dimentico delle sue domande sul giusto e sbagliato, dimentico della rigida disciplina che rasentava il puritano impartitagli a suo tempo, il sedicenne intrecciò le braccia dietro alla nuca di quel demone senza età, concedendogli il suo primo bacio, mentre si perdeva in sensazioni che non avrebbe mai immaginato di poter provare.

E ancora quella notte di fine dicembre che non avrebbe mai dimenticato in tutta la sua vita.

La notte in cui, dentro il suo modesto appartamento, a riparo dal freddo che imperversava fuori, lui e Sasuke avevano consumato la loro prima volta insieme.

La notte in cui la sua coscienza cattolica si era ribellata con assai più veemenza che per un bacio, finendo per venire soffocata dall’attaccamento nei confronti del compagno mentre Sasuke lo mordeva e lo prendeva allo stesso tempo, non lasciandogli altre forze se non quelle di addormentarsi al suo fianco, con la testa affondata nell’incavo della sua spalla forte e muscolosa, stremato ma felice come poche volte in vita sua.

Dormì tra le braccia di Sasuke serenamente, mentre l’alba spuntava, impossibilitata a far penetrare la sua luce attraverso le imposte serrate, e passò la mattina in casa insieme a lui, che non poteva azzardarsi ad uscire all’esterno a meno che non volesse finire incenerito.

In quella giornata che passò al buio abbracciato a lui, Sasuke gli appese al collo la catena col simbolo degli Uchiha, dalla quale da quel momento in poi non si sarebbe più separato, poiché lo designava ufficialmente come uno dei protetti del clan.

Infine i tumulti che si aggravavano, la tensione palpabile, il suo compagno sempre più agitato e preoccupato per lui, fino alla decisione imperativa di fargli lasciare quella città che si stava già da tempo svuotando da tutti gli umani.

 

***

 

la mano bianca che si muoveva di fronte ai suoi occhi lo spinse a riemergere dal fiume di ricordi nel quale era affondato.

" perché così assente?" gli chiese il vampiro

" pensavo"

" a cosa?"

" a noi due" un largo sorriso gli si aprì in volto, al pensiero di poter pronunciare la parola "noi" " a come ci siamo incontrati, e a tutto ciò che abbiamo fatto insieme" e arrossì, ripensando agli ultimi ricordi che non poteva ancora far a meno di giudicare come atti immorali, ai quali però non si era mai sottratto, come aveva dimostrato il bacio di pochi minuti prima.

Vide Sasuke sorridere, ricordando a sua volta quale impresa era stata chiarirgli la situazione.

Si appoggiò alla sua spalla, chiudendo gli occhi per godersi meglio la sensazione di quelle dita fredde che gli passavano tra i capelli morbidi e puliti.

Un momento di tranquillità che venne però bruscamente mandato in fumo dal potente scossone che smosse la carrozza, mettendo in allerta Sasuke e spaventando alquanto Naruto.

Il demone si scostò un poco da Naruto, avvertendo la vibrazione dell’aria che solo un’aura nemica riusciva a provocargli, ed ,aprendo la portiera,si affacciò dall'abitacolo.

Riuscì a scorgere tre figure una cinquantina di metri dietro il loro mezzo. Sforzando la sua vista già sovraumana, riconobbe la fascia scura con una fantasia a nuvole rosse e bianche che portavano legata al braccio.

"...Akatsuki..." sussurrò scioccato.

Ma in quel frangente, tutto si sarebbe aspettato fuorché la mano gelida quanto la sua, se non di più, che sentì improvvisamente serrarglisi attorno alla nuca.

Il suo braccio perse la presa sul corpo caldo di Naruto che teneva da una parte per difenderlo.

Fece appena in tempo a voltarsi lievemente verso il familiare.

"...Itachi!...tu..."

"Ciao ciao fratellino" ridacchiò derisorio il vampiro fissandolo sadicamente con occhi carmini, prima di scaraventarlo giù dalla carrozza in corsa facendolo cadere rovinosamente per terra.

All’interno, c’era ancora il diciassettenne, che lo guardava con i suoi occhi azzurri in mezzo al buio della notte, sgomentato, mentre urlava il suo nome.

 

…continua…

 

anf…anf…O.O

fi…FINITOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!>O<

alla fine ce l’ho fatta! Ma di questo capitolo non potete lamentarvi per l’attesa perché non è lungo, E’ KILOMETRICO!>.<

e ora, prima di cominciare a degenerare, diamo il via alle lezioni di demonologia di Hiei-chan!

*spunta Hiei con la lavagnetta fregata a Sasuke che la usa in ti amo in tutte le lingue del mondo di Reki per le lezioni di lingua*

kaire! Salve a tutti!

qui è Hiei che parla e vi da il benvenuto al primo (perché prevedo che saranno davvero tanti O_O…) appuntamento con l’approfondimento (per quei pochi pazzi che voglioni farsi problemi sulla fine che la mia povera mente malata ha fatto fare al proprio personaggio preferito di Naruto) sulla "demonologia".

Innanzitutto, vorrei chiarire un paio di cose: io non sono un professore universitario specializzato sull’argomento, ma semplicemente una ragazza appassionata ed incuriosita da essoterismo e mitologia, quindi chiedi perdono anticipatamente per eventuali errori o invenzioni ai fini della storia.

In secondo luogo vorrei aggiungere che, dopo qualche anno che mi sollazzo in questo vasto mondo di storie, ho capito una cosa: seguendo una qualche linea centrale che non bisognerebbe ignorare, l’esoterismo te lo devi un po’ inventare da te perché è dotato di una tale varietà di fonti che, tra l’altro, spesso si contraddicono o modificano i vari concetti, da riuscire difficilmente a trarne una versione definitiva omogenea.

Quando, ad esempio, incominciai approcciandomi all’angeologia, e lessi "angel sanctuary" rimasi delusa dall’interpretazione della sensei Yuki (e tutt’ora non la condivido, ma non è questo il luogo per una simile discussione), quando poi, procedendo con lo studio, mi ritrovai con ben sei angeli della morte o a dover scegliere tra la costruzione dantesca o cabalistica, rivalutai un po’ il suo lavoro.

Premesso ciò incominciamo il nostro viaggio nel mondo più oscuro di "like an Hell" con il primo esponente di rilievo incontrato a Nuxpolis: Sasuke e la famiglia Uchiha.

Come ormai tutti avrete capito, di tratta di un nucleo familiare, signora e servi a parte, composto da vampiri, nosferat, per essere precisi.

Il nosferat è un non-morto del genere incubus, nato dal folklore rumeno. Ora vi spiego: il non-morto, o defunto secondo la definizione della studiosa rumena Anges Murcoci, è il vampiro che tradizionalmente conosciamo (il morto succhia sangue) e deriva dal fatto che esistono anche quelli viventi (cioè vivi) oltre ad un altro tipo di nome, varcolac, che ora non vi sto a spiegare cosa sia; l’incubus è un mostro che tormenta le persone nel sonno creando, appunto, gli incubi ( nostro uso e consumo abbiamo interpretato questa sua caratteristica come capacità di creare illusioni, lo sharingan).

Il nosferat è in grado di ingravidare una donna e questo non è scontato dato che gran parte delle specie di vampiri è sterile, tranne quella serba e quella degli zingari rom, il "mullo".

I figli generati da questa unione si chiamano moroii, che sarebbero dei vampiri viventi, in genere streghe o stregoni che succhiano il sangue per riti occulti o magie, senza nome (magari a ragazzine isteriche dai capelli rosa!ahahahah!!!...purtroppo però non in questa FF perché la suddetta avrà un compito altamente rilevante: …piangere!!!^O^).

Dopo la morte, i moroii diventano strigoii, e hanno i capelli rosso sangue, occhi blu pallido e due cuori nel petto. Nella religione della Valacchia questi vengono chiamati murony, sono cambia forma e possono trasformarsi in gatti neri o in enormi ragni velenosi.

Gran parte di questa spiegazione è tratta da Dampyr, un albo della Bonelli di cui posso garantire sulla serietà (i Bonelli sono davvero ben documentati!!!).

Naturalmente queste informazioni da noi sono state altamente ripassate a nostro uso, tanto che nel testo ci sono riferimenti anche alla natura morta di Sasuke quando, invece, dovrebbe essere un moroii. Anche il fatto che dei vampiri rumeni vestano alla giapponese è un controsenso ma purtroppo è stato abbassato all’immagine primordiale che avevo configurato nella mia testa (fa più ganzo…-_-‘’’).

Ho qualche scarsa informazione riguardo un tipo di vampiro giapponese: si dovrebbe chiamare Kasha ma è necrofago, non adatto alla nostra storia.

Un ultimo appunto vorrei lasciarlo a proposito della città in cui si è svolto fino ad ora il racconto: il suo nome è Prophainaipolis (città del predire) ma i suoi abitanti chiamano Luxpolis la città di giorno, e Nuxpolis quella di notte (adoro l’allitterazione tra Lux e Nux!!!). sembra complicato come concetto, ma in fondo non lo è. Cioè, su una cartina geografica trovate il nome Prophainaipolis, invece su un quotidiano locale, se, ad esempio, di notte venisse distrutto un edificio, vi sarebbe scritto "a Nuxpolis è stato distrutto un edificio"; come anche di notte, se di giorno ci fosse stata una festa, un demone direbbe "a Luxpolis c’è stata una festa".

Naturalmente ciascuna nomina anche sé stessa con il suo proprio nome.

Se vi aiuta potete immaginarle come se fossero dei quartieri, o delle zone di influenza.

Si trovano nello stesso agglomerato di edifici (città) ma ciascuna delle due ha una sua amministrazione specifica, una sua legge, le sue festività, conduce le sue opere pubbliche senza poter interferire sull’operato dell’altra parte, uno stesso locale potrebbe avere due padroni, ecc ecc…

Spero di essere riuscita a farmi capire e di essere stata sufficientemente chiara e precisa.

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