Terrore Nell'aria

di Moco Foco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Jennifer ***
Capitolo 2: *** 15 Giugno ***
Capitolo 3: *** Il risveglio ***
Capitolo 4: *** La verita' ***
Capitolo 5: *** La grande fuga ***



Capitolo 1
*** Jennifer ***


Mi chiamo Jennifer Johnson e ho 15 anni. Sono una ragazza timida che sogna di trovare un ragazzo. Insomma...sono una normale adolescente. Ho i capelli lunghi marroni, sono abbastanza alta, precisamente 1,73, e i miei occhi incuriosiscono molte persone. Uno e' azzurro e l'altro marrone. Non ho mai incontrato un'altra persona con le mie stesse caratteristiche. Ho un fratello piu' grande che non vedo da anni. Si e' trasferito in Francia con la sua ragazza quando avevo solamente 5 anni. I miei genitori lavorano tutto il giorno. Mia mamma e' una psicologa e mio padre un dottore-scienziato. Ha un laboratorio sotto terra in cui fa tutti i suoi esperimenti strambi e non mi fa mai entrare. La mia vita e' normale e devo dire, abbastanza noiosa. Ogni mattina mi sveglio presto e subito dopo una bella tazzona di latte, vado a scuola. La mia BFF e' Francesca. Noi due ci parliamo sempre, ma lei vive vicino all'aereoporto di Linate. L'ultima cosa che dovete sapere di me e' che AMO LA NUTELLA!

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Capitolo 2
*** 15 Giugno ***


Era un giorno come gli altri. Stavo portando a spasso il mio cane, Teppa. Faceva caldo, il sole brillava nel cielo limpido e le persone si abbronzavano nel loro giardino mentre i bambini si spruzzavano con le pistole d'acqua. Ci eravamo appena trasferiti in Italia per il lavoro di mio padre. Proprio in quel periodo alla televisione avevano fatto vedere che l'ospedale nel centro di Milano aveva appena creato una cura per la leucemia. Il 15 Giugno doveva essere una data storica che tutti avrebbero ricordato e celebrato, invece ha segnato quasi la fine della specie umana. Mentre passeggiavo tranquillamente nel parco, stavo parlando al cellulare con Francesca. Ad un certo punto la sentii urlare assieme alle altre persone attorno a lei, e di sottofondo un'esplosione gigantesca. Io mi zittii mentre lei gridava cercando di spiegarmi cosa fosse successo. Contemporaneamente mi mandava delle foto sull'accaduto: l'aereo che trasportava piu' di 100 pacchi di quella cura era esploso e tutti gli anni spesi sulla creazione di quella medicina erano scomparsi con l'aereo. Io, terrorizzata, corsi subito da mia mamma, ma l'ultima cosa che vidi fu il marciapiedi a due millimetri dalla mia faccia.

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Capitolo 3
*** Il risveglio ***


Non so' quanto tempo passo', ma quando mi risvegliaimi sentii disorientata. La stanza puzzava, le finestre erano barricate, c'erano fili e schermi attorno a me e non riuscivo a capire cosa stesse succendendo. La mia prima reazione fu di togliere gli aghi conficcati nelle mie braccia magre e deboli. Era tutto buio, ma quando i miei occhi si adattarono, riusci a capire dove mi trovavo. Ero nel laboratoio di mio padre, ma lui non c'era. Il muro era di un colore verdastro e c'erano delle macchie piu' scure che mi sembravano rosse ovunque. Per terra c'era una pozzanghera di un liquido scuro. Non capivo che cos'era. Mi avvicinai lentamente cercando di non cadere. Mi faceva male la testa. Quando ero abbastanza vicina alla "pozzanghera" mi accorsi che vicina ad essa c'era una gabbia ricoperta da un lenzuolo nero e bianco. Da quella gabbia potevo sentire dei rumori strani. Per vedere meglio accesi la luce. Mi accieco' per circa 3 secondi. Il muro verdastro era ricoperto di sangue e il pavimento pure. Il mio stomaco stava per cedere. Tolsi il lenzuolo che copriva la gabbia misteriosa e vidi una persona. Mi guardava attentamente, mentre saliva cadeva dalle sue labbra bianche e secche. Dalle sue braccia si potevano vedere benissimo le vene, gli occhi erano un rosso fuoco e mi scrutavano attentamente. Il corpo era completamente ricoperto di sangue e sul collo aveva una ferita dalla quale non usciva alcun liquido anche se era recente e molto profonda. Incuriosita, ma allo stesso tempo disgustata da quella "cosa" davanti a me, feci un passo in avanti. Fece uno scatto veloce verso di me, afferrandomi con le sue dita lunghe e sudice. Urlai a squarciagola, mentre le braccie di quell'essere mi avvicinavano sempre di piu' alla sua bocca. A quel punto, la porta si apri e vidi mio padre. Prese una pistola, non so da dove, e sparo' alla strana creatura davanti a me. Il botto mi spavento', ma subito dopo ero libera. Mio padre mi strinse fra le sue braccia muscolose. Ero disorientata e non capivo cosa stesse succendendo. Mille domande uscirono dalla mia bocca piu' veloci della luce. Mio papa' mi zitti e mi porto' subito al piano superiore senza lasciandomi. Mia madre era li. I suoi capelli biondi erano sciolti e le sue gambe magre mi facevano ridere. Corse verso di me e anche lei mi abbraccio' forte fra le sue braccia morbide e profumate di fresia. Anche in questa stanza, il salotto, le finestre erano sigillate con pezzi di legno e la porta era tutta ricoperta di travi inchiodate. A quel punto, mi guardarono e mi spiegarono tutto.

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Capitolo 4
*** La verita' ***


Mi hanno raccontato, mentre tremavano dalla paura, che tutti i nostri amici, parenti e vicini erano in un certo modo morti, a causa della medicina nell'aria o per un morso, e poi dopo pochi secondi "resuscitati" avendo una fame terribile e cibandosi delle persone che incontravano. Mio padre mi disse che durante la mia incoscienza, ha avuto tempo di studiare una di quelle strane creature "morte". Questo spiega la gabbia e il suo contenuto nel laboratorio.... Secondo lui, il virus ,che si e' diffuso velocemente,  ti divora il cervello lentamente fino alla morte e poi, dopo pochi minuti, ti trasforma in uno spietato assassino affamato di carne. Io non credevo a quello che le mie orecchie sentivano. Mi dissero che la maggior parte delle persone vicino a Linate si sono traformate subito. Queste, affamate, si sono sparse in cerca di cibo. Se una di loro ti morde o graffia sei letteralmente fottuto, detto papale papale. Pero' c'era di piu'. Le uniche persone immuni e che possono salvare l'umanita' sono quelle con le stesse caratteristiche degli occhi che ho io. Mio padre non sa il perche' ma ,secondo la sua teoria, prelevando una piccola quantita' di DNA si potrebbe trovare un antidoto. Il vero problema era arrivare all'ospedale nel centro di Milano, dove c'erano tutti gli strumenti adatti alle ricerche. Io pensavo che tutto questo fosse solamente un brutto sogno, ma le mie idee cambiarono subito. Nel silenzio potevo sentirli. Udivo passi pesanti ovunque. Per guardare fuori, spostai con cautela le lenzuola che rivestivano la finestra. Non credevo ai miei occhi. La quantita' di sangue sulle strade mi faceva venire la nausea. Ero, e lo sono ancora, un'appassionata di zombie. Non credevo nella loro esistenza, ma da quel giorno tutto cambio'. Non so cosa feci in quel momento, ma le coperte caddero e tutte quelle persone sanguinolente smisero di vagare e si girarono verso di me. Nonostante cio', rimasi impietrita. Riuscivo a vedere il mio riflesso sul vetro e non riuscivo a pensare. I morti viventi cominciarono ad avvicinarsi, camminando verso il loro obbiettivo che purtroppo ero io. Cominciai ad urlare e i miei genitori afferrarono la mia mano immobile e mi portarono in garage. Presi Teppa e, non so il perche', un barattolo di Nutella anche se non avevo fame. 

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Capitolo 5
*** La grande fuga ***


I miei genitori avevano gia' fatto i bagagli prendendo tutto il necessario: acqua, cibo, vestiti e alcuni strumenti piu' importanti dal laboratorio di mio padre fondamentali per la ricerca. Appena partimmo i morti affamati erano proprio dietro di noi. La porta aveva ceduto e le finestre erano completamente distrutte. La mia casa non c'era piu' e di sicuro non l'avrei mai piu' vista. Eravamo diretti all'ospedale. Volevamo risposte. Le strade erano invase dagli "zombie". Un gruppo di loro mangiava qualcosa. Sembrava una persona, ma non ne ero sicura. Il suo corpo era a pezzi. Uno di loro tirava una gamba, mentre l'altro mangiava lentamente e con gusto il povero collo della persona ormai irriconoscibile. Un altro gruppo vagava per le strade senza saper cosa stesse facendo. Io li guardavo. Mi mettevano tristezza e, di sicuro, il voltastomaco. Mio padre era pallido come la neve, mentre guidava come un pazzo. Mia madre invece piangeva disperatamente. Pensai che tutti i miei sogni erano svaniti. Non avrei mai incontrato il ragazzo dei miei sogni, non avrei mai avuto una famiglia e dei bambini. Il mio cane abbaiava continuamente alle persone morte fuori. Invidiavo Teppa. Lei non sapeva cosa stesse succedendo e, molto probabilmente, per lei era solo un gioco. Invece non era affatto cosi'. Noi saremo di sicuro morti. Ero, e lo sono ancora, un'appassionata di zombie. Non credevo nella loro esistenza, ma da quel brutto e indimenticabile giorni, le mie idee erano totalmente cambiate! Faceva caldo in macchina e l'aria condizionata non funzionava. Allora decisi di tirar giu' il finestrino sporco dalle nasate di Teppa. L'odore del sangue nell'aria mi diede la nausea, ma era molto meglio di morire di caldo in una macchina circondata da centinaia di quelle cose. Il cellulare di mio padre squillo' e lui rispose con tono serio. Wow, non ci credevo. C'era ancora la linea! A quel punto presi il mio telefono e provai a chiamare Francesca, che non avevo sentito dopo l'esplosione dell'aereo. Non rispondeva e questo mi preoccupava molto. Chiamai tutti i miei contatti, ma nessuno rispose. Mio padre parlava con un certo Luigi... Ahhhh si Luigi, un nostro amico scienziato. Beh dai, almeno un'altra persona, oltre a noi, era sopravvissuta. Dopo circa mezz'ora eravamo a Milano. L'odore era molto forte, le strade erano rosse sangue e eravamo COMPLETAMENTE circondati. L'auto di mio padre si fermo' all'improvviso, svegliando Teppa. La benzina era finita. Mi prese un attacco di panico. Respiravo velocemnte e la testa mi girava. Allora mio papa' richiamo' Luigi. Non lo ascotai perche' ero troppo presa a guardare i morti avvicinarsi incuriositi. Mio madre ci disse di rimanere fermi immobili. Presi Teppa e la strinsi forte fra le mie braccia sudate. Ad un certo punto sentii uno sparo, poi un altro e le persone malate cadevano come sacchi pesanti di patate. Vidi una persona sul tetto di un palazzo che aveva in mano un fucile. Uscimmo in fretta dalla macchina e cominciammo a correre. Anche Teppa correva felice di fianco a me. Non sapevo dove stavamo andando, perche' non vedevo un ospedale attorno a noi. C'erano solo loro.

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