Pippo Book

di pippobook
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Flashback ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Era da una vita che non tornavo in questo posto.
Ormai non ricordavo più niente: le vie, le piazze, le case, tutto era cambiato e niente mi faceva tornare ai tempi di quando avevo sei anni.
Quell’isola dall’aereo sembrava così piccola ma poi, quando entri in aeroporto tutto cambia. Oggi è il mio undicesimo compleanno e come regalo ho forse avuto quello di tornare nel posto in cui sono nato e cresciuto, quello nel quale siamo scappati io e mia madre, dove mio padre era morto per tenermi in vita, quel fatidico giorno è stato il giorno nel quale tutto è cambiato.
Uscito dall’aereo ho visto mio madre e i suoi occhi blu erano un misto di felicità e paura: felice poiché tornava dove la sua giovinezza le ha dato dei ricordi bellissimi ma, cinque anni fa le hanno tolto un pilastro importante della sua vita; mentre andavamo verso il ritiro dei bagagli sentivo il profumo salmastro del mare, quel profumo che ho risentito alcune volte mentre ho girato il mondo alla ricerca di pace, quella pace, che un giorno troverò, provando a diventare più forte, non solo di spirito ma anche fisicamente, ma ancora non riesco a esprimere il sentimento che provo ma i ricordi riaffiorano al contrario, non da dove ebbe inizio, ma da dove finì la mia vita qui nelle Isole Paguri: quella notte c’era la luna piena ed io ero spaesato; mi ricordo tanti uomini, io e mia madre che correvamo verso un aereo, tanti uomini intorno ed io con quegli occhi aperti come due lune piene che erano ancora a quell’immagine che, quando ci penso mi fa venire un grande mal di testa.
Ritiriamo i bagagli come in ogni aeroporto e prendiamo un taxi verso la nostra casa, quella casa che lasciai cinque inesorabili anni fa ed i ricordi affiorano ancora: uomini intorni alla casa a combattere con le loro armi un nemico fin troppo forte per tutti loro assieme, ma lottavano; mia madre che prendeva giusto due vestiti e che mi urlava di fare presto, con le lacrime agli occhi e la voce interrotta dai singhiozzi che le procurava il pianto.
Il mal di testa era sempre più forte ma ormai ero così abituato che non lo facevo più vedere alle persone.
Prima di passare per casa però una cosa mi ricordo molto bene ed è che bisogna passare dalla scuola, quel posto nel quale tutto è successo, dove ora è eretta una statua al caduto per dare la possibilità a tutti di poter salvarsi da una persona molto cattiva; mi ricordo ancora quell’arma che trafiggeva mio padre, quell’arma che, anche lui, brandiva ma per un obbiettivo diverso e poi mi ricordo il sangue, tanto sangue che schizzava da tutte le parti, sangue di mio padre che girandosi mi disse con le sue ultime forza: “sii un uomo che porti la pace, giustizia e che possa vivere una vita con il sorriso”.
Ora ho in mente quella parola, quella sensazione che ribolle da cinque lunghi anni dentro di me: VENDETTA.
Il mal di testa sale ancora di più, piano piano perdo le forze ripensando all’uomo che uccise mio padre: capelli argentati fisico scolpito che mette paura e quegli occhi, neri come la pece, quelli nei quali ti perdi e rimani immobile poiché non trovi nessuna via d’ uscita.
Mi ricordo ancora due cose di quella persona: la prima è una ferita lunga tutto il pettorale che gli ha lasciato mio padre, una ferita lunga in orizzontale, l’unico fendente andato a segno nella sua battaglia senza possibilità di vittoria, e poi il suo nome era HEXANOR.
Il mal di testa si fa più acuto, non riesco a trattenerlo, ormai siamo quasi arrivati a casa e vedendola riesco a vedere i bei momenti passati insieme a mio padre: le corse le sue avvertenze a non fare il cattivo bambino; ma poi i suoi occhi neri ritornano ed insieme anche una frase: “ bentornato a casa……figlio mio”.
Casco di punto in bianco senza un minimo di forze, con quella frase che riecheggia nella testa e che mi fa stare ancora peggio.

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Capitolo 2
*** Flashback ***


Mi risveglio in camera mia ed è sera.
Alzandomi di scatto, sento la testa rimbombare e ricado senza forze sul letto con lo sguardo rivolto verso il soffitto. Camera mia al momento è molto semplice da descrivere: un letto, un comodino, un armadio ed una ventola. Sì, perché qui l’inverno è come se non esistesse, ci sono sempre temperature elevate; e pensare che sono stato in posti nei quali l’unica cosa che vedevi era la neve e la nebbia ad un palmo dal naso. Una cosa comica, al solo pensarci mi viene da ridere. Dopo essermi ripreso, scendo in cucina a prendere qualche cosa da mangiare e devo dire che la casa non è proprio cambiata per niente. Arrivato ai fornelli, mi accorgo che mia madre mi ha lasciato in una pentola un po’ di carne da riscaldare.
Quella donna mi protegge come meglio può, conosce tutte le mie cose più segrete e ormai sa che quando svengo per questi forti mal di testa (che ogni volta si manifestano di punto in bianco) l'unica soluzione è farli passare senza dar loro troppa importanza. Il pasto mi rimette in forze e, notando l’ora, mi accorgo che ho dormito per due giorni di fila. Mi sa che il mal di testa mi ha proprio preso tutte le forze!
Decido di fare un giro per vedere cosa ci offre di nuovo quest' isola. Mentre passeggio mi viene in mente che fra una settimana rinizia la scuola dopo le vacanze nazionali e prima di quel giorno voglio passare da un posto in particolare.
Ormai i flashback legati a questi luoghi sorgono spontanei: ricordo come sempre mio padre che mi parlava di una congregazione molto importante, all'interno della quale sarei dovuto entrare anch'io, un giorno. Una specie di fratellanza in cui si combatteva per uno scopo per il quale anche mio padre, prima di me, aveva combattuto fino alla morte. Quando mia madre me ne accennò per la prima volta avevo solo otto anni, ricordo bene.
Era già stato tutto deciso fra lei e mio padre:  in quel periodo ci trovavamo in Italia, più precisamente a Firenze.  Lei, con i suoi occhi preoccupati e ansiosi, mi aveva presentato ad una persona che prendeva il nome di "Mentore".
Quest'uomo rivestiva la carica di Mentore della città, e ricorderò sempre le sue parole mentre mia madre si allontanava da noi:
“Tu, ragazzo, hai un passato che spinge verso conoscenze che non hai mai immaginato. Saranno proprio queste conoscenze che ti permetteranno di trovare risposte alle domande che ti stai ponendo”.
Ascoltando quelle parole ero rimasto allibito da quell’uomo che ancora non conoscevo: vestito con una tunica celebrativa bianca, candida come la neve, e con lo sguardo dolce, ma allo stesso tempo duro.
 Sapevo che quella che avrei deciso sarebbe stata la scelta che mi avrebbe cambiato totalmente la vita.
Quella tunica bianca, per un istante, mi aveva fatto venire in mente il nero degli occhi di lui, colui che volevo rivedere ancora per potergli far sentire, dire, far capire l’odio che provavo nei suoi confronti. Il pensiero inizialmente aveva preso piede nella mia testa, ma la voce del Mentore aveva sfumato piano piano quelle immagini.
Mi ero sentito indifeso, perso, senza la possibilità di scappare, ma in quella mia debolezza avevo percepito la tranquillità, la pace, quello che più mi serviva per trovare un equilibrio.
“Sei speciale, hai un dono che nessuno ha, ragazzo: sei colui che ha dentro di sé la luce più pura, ma anche l’oscurità più buia. Spetterà a te decidere da che parte stare”  Il vecchio Mentore aveva ragione, ma d'improvviso un forte capogiro mi aveva fatto perdere i sensi trascinandomi in un sonno profondo.

Ripresomi, mi ero ritrovato in un posto strano, diverso da quello di prima: ero circondato dal bianco e nero, impaurito e confuso. Non capivo dov'ero.
Quella non era casa mia, e stavo iniziando a vedere più buio che luce. Tutto diveniva tenebra, e  in quell'istante una voce mi aveva chiamato: “Vuoi vedermi? Vuoi vendicarti? Vuoi avere GIUSTIZIA? Allora vieni da me ed avrai quello che desideri”.

“No, ragazzo” aveva aggiunto un' altra voce “La giustizia non si trova nella morte e nelle tenebre, si trova nella luce”. Mi ero ritrovato catapultato in una stanza divisa perfettamente a metà tra bianco e nero e davanti a me si stagliavano due figure: dalla parte oscura vedevo un uomo deperito, gli occhi sgranati, vestiti pieni di buchi ed una spada a doppia mano lunga e grossa. Pensavo che potesse essere un' arma di dolore e distruzione e lo devo ammettere, avevo ammirato quell’arma con la voglia di brandirla e poterla usare a mia volta.
Nella parte piena di luce, invece, avevo visto un Angelo con le ali bianche spianate, un elmo d’oro luccicante ed un bastone; quella lucentezza mi aveva ricordato la pace e la tranquillità, cose mai conosciute prima d'ora.

Le due figure avevano parlato nello stesso momento: “Scegli da che parte stare, ricorda che la tua decisione sarà definitiva."
Mi ero avvicinato con il cuore in gola, che cosa dovevo fare? Uno di loro prometteva la vendetta tanto agognata, l’altro non aveva detto niente, ma il suo silenzio faceva più rumore del caos stesso.
Improvvisamente però qualcosa aveva preso il sopravvento: una terza figura era presente adesso, un uomo che parlava una lingua strana che non comprendevo. Piano piano questa figura si era avvicinata e dentro di me avevo provato una profonda attrazione. Qualcosa di strano, insolito, nessuno aveva sortito quell'effetto su di me prima di allora. L'avevo visto in faccia e il suo volto mi aveva riportato alla mente un libro. Stavo cercando di rammentare di che libro si trattava, quando l'uomo aveva iniziato a parlare nella mia lingua:
“Ebbene, finalmente ci conosciamo ragazzo!”.

“E tu chi diamine sei, come fai ad essere dentro me?”

“Troppe domande, però se vuoi…”.

Stava per continuare, quando l’attacco delle due precedenti figure l'aveva costretto a difendersi brandendo due spade. Ma non riusciva a contrattaccare.

“Combatti Alex, dammi una mano!”

“Perché dovrei combattere? Dammi una semplice mot…”

“Io e te siamo la stessa persona, scegli me ed insieme potremmo fare quel che vogliamo!”

Lo stavano per uccidere, quando il ricordo di mio padre era arrivato come un colpo di fucile nella mente. "No, nessun’altro deve morire"
Avevo preso la mia scelta.

Successe tutto molto rapidamente: mi ritrovai di nuovo nella stanza con il mio Mentore, addosso solo un camice grigio. Venni convocato ed accolto con queste parole: "Alex Denestis, discendente della casata dei Cavalieri Bianchi: da oggi verai chiamato "Alex, il grigio mezzosangue". La tua forza sarà luce e l’oscurità, un insieme che porterà pace!”.


 

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