The Mark

di frankyfitzgerald
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Control is an illusion. ***
Capitolo 2: *** 2. Heart beat. ***
Capitolo 3: *** 3. Shake it Out ***
Capitolo 4: *** 4. Coming Home ***



Capitolo 1
*** 1. Control is an illusion. ***





NOTE: Welcome alla mia nuova FF! Allora, tanto per iniziare vi voglio dire che per scrivere questa FF mi sono ISPIRATA alla saga 'House of the Night',ma non vi troverete tutti i personaggi al suo interno.

Secondariamente: questa FF è diversa da quelle che scrivo di solito quindi apprezzerei che mi diceste se fa completamente schifo o che ù_ù

Terzo (e ultimo,prometto): Illuminatemi d'immenso sui vostri nickname su Twitter nei commenti,così potrò linkarvi i prossimi capitoli se vorrete!

 

NB. Jamie in questa FF è Josh Hutcherson,quindi dovreste immaginarvelo in tutto e per tutto come lui!

 

 

 

 

JAMIE

 

 

Control is an illusion..

 

Boston, Massachusetts.

 

La pioggia batteva sui vetri dell'aula di chimica creando così un rumore alquanto fastidioso che sembrava disturbare tutti coloro si trovavano seduti al loro fianco, ormai il tempo aveva continuato a comportarsi così da più di una settimana e sembrava non voler cambiare, almeno non per i giorni precedenti alla partita decisiva di football che aveva risollevato gli animi di ogni singolo studente della scuola, persino dei più 'sfigati' se così si possono definire, ma non di Jamie.

Il suono della campanella segnalò la fine delle lezioni e con ciò la piena libertà di Jamie che si catapultò fuori dalla classe alla velocità della luce, non voleva essere messo sotto pressione più di quanto non lo fosse già stato, ormai era quasi un rito: ogni studente o professore lo incontrasse per i corridoi doveva fermarlo per dirgli quanto credevano in lui e nelle sue capacità sul campo e questo, molto probabilmente, avrebbe fatto piacere a chiunque,ma non a lui, non al figlio di uno dei più grandi sostenitori del 'Popolo della Fede' del paese, uno di quegli uomini che erano così convinti della sacralità del corpo che non si era mai permesso di venire a vedere una delle partite del figlio. Chiedere a Jamie di che 'orientamento' fosse il padre sarebbe stato inutile oltre che molto rischioso,quello era uno degli argomenti che potevano essere considerati taboo con lui, soprattutto da quando la televisione locale aveva regalato alla chiesa del padre un intero servizio sulla loro propaganda contro gli 'abomini della natura' o come tutto il resto del paese li conosceva: i vampiri.

Nel corso degli anni Jamie aveva provato a documentarsi a riguardo,a cercare di capire il perché di tutto quell'odio da parte di suo padre e di suo fratello Paul nei confronti di quegli esseri attingendo, persino, a vecchissimi film e telefilm che erano andati in onda quando lui non era ancora nato,ma tutto ciò che aveva visto non era altro che sangue, urla e uomini e donne dalle facce rugose,ma nulla riguardo suo padre,nulla che avrebbe potuto spiegare quel genere di comportamento.

Quel giorno Jamie era talmente preso dai suoi pensieri che nemmeno le solite manate di sostegno che gli venivano propinate sulle spalle dai compagni riuscivano a riportarlo alla realtà, i cartelloni sui quali campeggiava la scritta 'Campionati Nazionali di Football – Finali del 2038' gli passavano sulla testa come se niente fosse e lui non poteva fare altro che proseguire verso la porta d'uscita che l'avrebbe portato al parcheggio.

« Come sta il nostro campione preferito? » la voce acuta e irritante della sua ragazza, Emily, lo riportò alla realtà. Più di una volta, quando si trovava in camera sua da solo, si era trovato a domandarsi perché aveva acconsentito a uscire con lei per la prima volta quella sera d'autunno, ma ogni volta preferiva mollare i suoi ragionamenti a metà per paura di rendersi conto che il motivo per cui stava ancora con lei era solo che in caso contrario avrebbe dovuto affrontare una fiumana di ragazzine con gli ormoni a palla che avvrebbero cercato di tendergli agguati in reggiseno persino negli spogliatoi maschili.

Sbuffando e contando fino a dieci per non tirarle un pugno in pieno viso, Jamie si voltò verso di lei e in men che non si dica si trovò i suoi grandi occhi neri puntati sul viso pronti a cogliere ogni minimo segno di debolezza o di tentennamento, cosa che sapeva non sarebbe mai successa a causa di tutti gli anni di tentata e mancata manipolazione del padre.

« Se tu gli permettessi di andare a casa a riposarsi starebbe molto meglio di quanto non stia attualmente » si guardò in giro per esser sicuro di non esser circondato da troppa gente visto che la risposta che le aveva appena dato avrebbe senza dubbio dato il via a una delle sue reazioni isteriche, ma si accorse, a suo mal grado, che intorno a lui non si trovavano solamente quasi tutti i suoi compagni di squadra, ma anche gran parte del corpo studentesco che, pur non sapendo nulla di loro due, avrebbe dato di tutto per vivere la loro vita anche solo per un giorno.

« Si può sapere cosa ti aspetti da me?! » le sue pupille si dilatarono il doppio del normale e per qualche secondo Jamie temette che gli occhi le fuoriuscissero finendo direttamente sulla sua maglietta bianca. L'intero corpo studentesco nei paraggi si voltò di scatto a causa della voce stridula di Emily e fu come se per qualche secondo il tempo si fosse fermato, quasi come se qualcuno avesse schiacciato il pulsante 'pausa' sul vecchissimo telecomando che aveva ancora suo padre. « Io cerco di essere la fidanzata migliore di questo mondo, cerco di renderti degno di essere al mio fianco, dovresti essermi grato! Non a tutti viene data la possibilità di avere questa fortuna,questo raggio di sole nella vita » le sue parole uscirono con la stessa scioltezza con la quale uscivano le sue quotidiane stronzate dalla sua bocca, l'unica differenza fu che quella volta Jamie non riuscì a trattenere una risata fragorosa; sapeva benissimo che suo padre stravedeva per lei e che molto probabilmente, al solo pensiero che il figlio l'avrebbe potuta mollare, lo avrebbe riempito di botte così come aveva sempre fatto ogni qual volta non si dimostrava all'altezza delle sue aspettative, ma quella volta non gliene poteva fregare di meno.

« Emily, » Jamie allungò le mani verso le guance della ragazza per poi appoggiargliele gentilmente sopra accarezzandole la pelle con entrambi i pollici senza perdere per un secondo il contatto visivo. « Io ti mollo. » le sue parole furono seguite da un “ohhhh” di stupore di tutti coloro che li circondavano, il che fece comparire uno strano sorriso sulle labbra di Jamie: era sempre stato convinto del fatto che tutte le persone di quella scuola fossero delle specie di automi creati in serie e inseriti in massa nello stesso edificio,ma in quel momento ne aveva avuto la riprova. Non tollerava nessuno, nemmeno i suoi compagni di squadra,nemmeno il suo migliore amico (se così lo si poteva definire), l'unico motivo per cui aveva deciso di far parte della squadra di football era perché sapeva che questo avrebbe fatto incazzare a morte suo padre.

Decise di non rimanere li a sorbirsi l'attacco isterico della, ormai ex, fidanzata e aprì la porta d'ingresso/uscita dandole uno spintone con il gomito sinistro. La pioggia nel frattempo non aveva cessato di cadere nemmeno per un secondo, ogni singola buca che si trovava sul terreno che circondava la scuola si era tramutata in un piccolo stagno dove le foglie cadute dagli alberi potevano tranquillamente galleggiare. L'autunno si faceva sentire come ogni anno sempre più in anticipo e questo in qualche modo lo faceva sorridere, era quasi come se quelle giornate tetre e buie lo facessero sentire molto più a casa di quanto non lo facesse una giornata soleggiata dove tutto ciò che si poteva sentire erano gli uccelli cantare e il ronzio delle api.

« Amico,ma che ti prende? » la voce di Tyler, il suo migliore amico, fece tornare in lui lo stesso istinto omicida che era riuscito a placare qualche secondo prima,ma nonostante l'estrema voglia di sbatterlo al muro e finirlo di pugni, si limitò a voltarsi e ad affrontare lo sguardo sconvolto dell'amico che, fin dai tempi della scuola materna, aveva sempre visto in lui una specie di idolo. « Mollare Emily? E' la ragazza più bella di tutta la scuola,amico! Non ne troverai una così figa. » odiava il fatto che dovesse ripetere la parola 'amico' in ogni singola frase e odiava il fatto che per lui fosse necessario tirargli un pugno sulla spalla ogni qual volta gli rivolgesse la parola.

Tutto d'un tratto una folata di vento più potente delle altre alzò un cumulo di foglie delle dimensioni di un cane da caccia e le fece schiantare contro la staccionata dove si trovavano le biciclette degli studenti con una forza impressionante dando vita a una serie di raggi di luce molto simili a quelli che Jamie aveva visto quando aveva provato a prendere una pasticca durante una delle sue serate fuori con la squadra. « Hey Amico,sto parlando con te! » Un insieme di strane sensazioni e sentimenti contrastanti iniziarono ad agitarsi all'interno del suo corpo e nel giro di pochi secondi presero il sopravvento schiacciando completamente ogni suo controllo razionale. Si voltò di scatto scaraventando l'amico contro il muro esterno della scuola. « Non chiamarmi mai più amico » le parole uscirono ben scandite dalla bocca serrata di Jamie mentre gli occhi di Tyler guardavano terrorizzati quelli dell'amico che presentavano una stranissima striscia color oro all'interno di entrambe le iridi. Nessuno dei due si mosse e Jamie, senza nemmeno accorgersene continuò a far pressione sulle spalle di Tyler fino a quando non si udì un sonoro 'crack' che ne segnò la rottura; fino a quel momento nessuno si era reso conto di quanto stesse accadendo,ma i pianti e le urla del migliore amico nonché portiere della squadra di lacrosse, fecero accorrere tutti coloro che non si erano affrettati a tornare a casa.

« Perché? » fu tutto ciò che Tyler riuscì a pronunciare tra un singhiozzo e l'altro mentre il medico della scuola cercava di controllare lo stato delle sue spalle. Jamie indietreggiò,era quasi come se qualcosa o qualcuno avesse preso il controllo della sua mente,come se avesse vissuto tutto quell'avvenimento da spettatore e non fosse stato lui a compiere quelle azioni.

« Guardate la sua spalla! » l'urlo di una ragazzina del primo anno lo riportò nuovamente alla realtà e, una volta voltatosi verso i compagni di scuola si rese conto che tutti lo stavano fissando terrorizzati mentre alcuni di loro scattavano delle foto con i loro cellulari ultra-tecnologici. Gli ci volle qualche secondo per connettere e per metabolizzare la frase della ragazza e solo allora decise di guardare il motivo di così tanto interesse e di così tanto stupore. Era un marchio. Un marchio blu scuro dalla forma di una spirale si trovava sulla sua spalla destra e bruciava quasi quanto quella volta in cui il fratello, forse per errore o forse intenzionalmente, lo aveva buttato sulla superficie da cottura. Gli ci volle qualche secondo per connettere tutto: le urla degli astanti, i professori che gli dicevano che non gli avevano mai fatto nulla di male, persone che scappavano: era stato marchiato.

Non perse nemmeno un attimo e si voltò per iniziare a correre nella direzione di casa sua, non gli interessava di aver lasciato a scuola la sua macchina nuova di zecca o di essere a maniche corte sotto la pioggia scrosciante, lui era stato marchiato ed era quello che contava più di qualsiasi altra cosa al mondo. Correva e cercava in ogni modo di non rendere visibile quell'abominio, cercava di non farlo vedere perché non voleva che qualcuno chiamasse il 'Popolo della Fede' per farlo scomparire chissà dove e fargli fare chissà quale fine. Perché era quella la fine che aveva fatto Madleine,la fine che avevano fatto Rudy e Woody, la fine che aveva fatto la piccola Gemma: erano tutti scomparsi, trascinati fuori dalle proprie case dall'orientamento religioso che ormai aveva conquistato tutto il paese e di cui il padre era il rappresentante a Boston.

Arrivato a casa sbatté la porta d'entrata con tutta la forza possibile e chiuse gli occhi giusto per il tempo che gli ci voleva per metabolizzare il tutto, sapeva che non avrebbe mai potuto rimanere in quella casa, che suo padre avrebbe fatto scomparire anche lui e che suo fratello non lo avrebbe mai aiutato,ma la triste verità era che non aveva nessuno, nessuno a cui fare riferimento e nessuno a cui chiedere aiuto. Corse in camera sua e tirò fuori da sotto il letto il borsone che aveva sempre utilizzato per tutte le trasferte di football che aveva fatto dall'inizio della sua carriera liceale e incominciò a buttarci dentro tutto ciò che gli sarebbe servito una volta fuori di casa, sapeva che doveva anticipare il padre che senza ombra di dubbio era già venuto a conoscenza di quanto era accaduto al figlio. Chiuse la borsa in tutta velocità e fu allora che sentì la voce tonante del padre in fondo alle scale seguita da quella del fratello che cercava di manipolarlo per farlo scendere senza dover ricorrere alla forza. Si guardò intorno e l'unica via di fuga che trovò fu la sua finestra,sapeva che si sarebbe sfregiato quasi completamente saltando fuori da li, ma non aveva altra scelta, quindi l'aprì di scatto e, una volta salito sul tetto a spiovente, saltò giù finendo nel cespuglio di ortiche che era cresciuto indisturbato sul retro della casa; in altre circostanze avrebbe urlato di dolore,avrebbe imprecato contro tutto ciò che lo circondava, ma non se lo poteva permettere: doveva scappare da li il più in fretta possibile. Decise di tagliare per il giardino dei vicini, di sicuro la bimba di 7 anni che veniva lasciata sempre sola dai suoi genitori non avrebbe fatto la spia,quindi iniziò a correre sperando di trovare un luogo dove rifugiarsi per poi riuscire a formulare un piano migliore; le sirene riempivano l'aria dell'intero isolato: il padre doveva aver avvertito le autorità di quanto era accaduto e,dato che ormai non era praticamente più tollerabile avere un futuro vampiro in giro per la città, tutte le forze dell'ordine si erano mobilizzate.

Non aveva mai capito cosa ci fosse di diverso tra i vampiri appena marchiati e quelli che avevano passato la trasformazione, non aveva mai capito tutta quella paura da parte delle persone come lui, o meglio, delle persone come quello che lui era stato fino a qualche ora prima, nei loro confronti.

Continuò a correre nella direzione del bosco appena fuori della città ringraziando il cielo di avergli dato una casa in periferia quando notò una donna dai lunghi capelli neri ferma al ciglio della strada con lo sguardo fisso su di lui; i suoi occhi erano nero corvino,ma qua e la erano visibili alcune strisce d'oro proprio come quella che era comparsa all'interno delle sue iridi. La donna allungò la mano verso di lui e gli fece segno di attraversare la strada per seguirla e lui, senza motivo apparente,decise di farlo, decise di fidarsi di quella donna completamente coperta da una lunga veste nera come la notte che terminava con un leggero strascico per terra. Una volta arrivato al suo fianco la donna sorrise debolmente prima di aprire la bocca e di lasciare uscire il suono più melodico che avesse mai sentito in tutta la sua vita « Non è sicuro qui per te, Jamie. Devi venire con me. La 'Casa della Notte' sarà la tua nuova dimora, li sarai al sicuro. » . Non c'era un motivo preciso per cui avrebbe dovuto prestare attenzione e seguire i consigli di quella donna, non l'aveva mai vista prima di allora e non era il classico ragazzo a cui bastavano un paio di belle gambe per fargli perdere la testa, ma tutto ciò che riuscì a fare fu annuire in modo impercepibile e decidere di seguire quella donna su una macchina parcheggiata a pochi metri di distanza.

Le sirene continuavano a riempire l'aria che li circondava e il cuore di Jamie batteva a una velocità quasi impressionante, era come se gli stesse per venire un attacco di cuore,ma dentro di lui il livello di agitazione era pari a zero. « Non ti preoccupare,è tutto normale. » sussurrò la donna una volta che entrambi furono entrati nella macchina; Jamie guardò dritto davanti a lui e in un secondo sentì il cuore stringersi quasi come se qualcuno lo avesse stritolato tra le sue mani, i suoi occhi si chiusero e in men che non si dica il suo battito del cuore si fermò causandone la morte.

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Capitolo 2
*** 2. Heart beat. ***



NOTE. Vi ricordo che NON ho intenzione di riprendere gli eventi della saga 'House of the Night' paro paro,quindi non vi aspettate di ritrovare flashback strani oppure tutti i personaggi che avete imparato a conoscere nei libri.

N.1 Mi ero ripromessa di scrivere prima la parte di Margaret,ma non ce l'ho fatta, l'ispirazione per la storia di Steven mi è venuta durante una di queste notti di insonnia e ho dovuto descrivere/ fare entrare in scena prima lui.
N.2 Il personaggio a cui è ispirato Steven in questa FF è Logan Lerman,quindi immaginatevi lui quando parlerò questo ragazzo.
N3. Spero che vi piaccia questo capitolo,non ho la forza di rileggerlo,ma come al solito: se apprezzate allora recensite e lasciatemi il vostro twitter bla bla bla.
N4. Io su twitter sono @ludwigsvoice o @1DirectionITALY , come vi pare LOL.


STEVEN.


"Heart beat, a heart beat,
I need a..heart beat, a heart beat"



Il leggero vento che attraversava i campi della campagna raggiunse le finestre dell'enorme casa di mattoni che si ergeva su un piccolo monte considerato come luogo proibito da tutti i cittadini dei paesini vicini, una volta raggiunte le finestre l'aria scostò leggermente i tendaggi d'epoca rossi che ondeggiarono appena in modo tale da produrre un effetto di luce particolarmente pittoresco sui libri posizionati in ordine alfabetico nella biblioteca della famiglia che abitava in quel luogo.
« Come procede la sua ricerca sulla Guerra Civile? »  chiese l'istitutrice assunta da una coppia di genitori che non si erano mai presi la briga di chiedere al figlio se preferisse studiare in casa o socializzare con i suoi coetanei relegandolo così a una vita di eterna solitudine.
Le mani del ragazzo corsero lungo l'eterna fila di libri rilegati in pelle con le iniziali d'oro e per qualche secondo chiuse gli occhi assaporando l'odore di antico che veniva emanato da ognuno di quei volumi, amava passare le sue giornate in quella stanza pensando di avere la possibilità di attingere così alla più grande cultura del mondo,non tanto per sentirsi superiore a chi si trovasse all'esterno, ma per sentirsi più vicino a loro di quanto non potesse fare.
Sin da quando era piccolo aveva vissuto in una bolla di vetro e non gli era mai stato permesso di lasciare la residenza senza il lasciapassare di uno dei due parenti e la scorta di quantomeno due macchine dai vetri oscurati, era come se i suoi genitori temessero che qualcosa, qualsiasi cosa, persino l'aria, potesse portargli via o far del male al loro ormai non-più-tanto-bambino. I ragazzi della contea lo immaginavano come un fantasma, pensavano che fosse solo uno dei tanti bambini che la signora della villa aveva perso di cui continuava a portare avanti l'esistenza solo come misura di difesa e di negazione della sua morte, ma lui esisteva e della sua esistenza ne erano a conoscenza solo i suoi genitori,i suoi domestici e quell'anziana donna sui 70 anni che era sempre stata la sua istitutrice fin dalla prima infanzia.
Steven non aveva mai avuto la possibilità di viaggiare, di uscire di casa e socializzare, per questo motivo,nel corso dei suoi diciassette anni i libri da lui letti erano diventati i suoi migliori amici e lui non poteva fare altro che aggrapparsi a quell'amicizia così diversa,ma così perfetta rispetto all'imperfezioni delle relazioni di coloro che vivevano in quel secolo.
« Le ho rivolto una domanda » continuò l'anziana donna nella speranza di essere ascoltata da lui, speranza alquanto vana vista la bassa dose di concentrazione che aveva deciso di dedicare a quella lezione quella mattina.
«  Diciamo che procede » la donna sorrise, in tutti quegli anni non si era mai abituata alla voce melodiosa e allo stesso tempo decisa del ragazzo, non si era abituata al sorriso che riservava ormai solo a lei e che era estraneo ai suoi genitori e soprattutto non si era abituata all'amore per i libri che aveva visto solo in quel piccolo uomo. «  Le dispiace se riprendiamo la lezione domani? Ora gradirei passare del tempo sul tetto in compagnia di un po' di musica,giusto in modo da rilassarmi prima della lezione di box. » il suo modo di rivolgersi nei suoi confronti era diverso da tutti gli altri, non si rivolgeva agli adulti come un ragazzino impretinenente,ma faceva attenzione ad usare sempre i giusti termini e il giusto tono per tutto. La donna acconsentì sapendo che i genitori non sarebbero mai venuti a conoscenza di quello sgarro, a quei due non importava lontanamente dell'istruzione del figlio, ma quantopiù della sua santià fisica: poteva pure essere un ignorante, a loro bastava che fosse vivo.
Steven lasciò la stanza trascinando i piedi lungo il parquet lucido che si trovava su tutto il primo piano dell'abitazione, a ogni passo da lui fatto una di quelle assi di legno emetteva un leggero rumore che sarebbe risultato impercettibile al 90% degli esseri umani sulla terra, ma che per lui non era nient'altro che un segno di essere a casa. Salì le scale e raggiunse una piccola finestrella che indicava la presenza del tetto attraverso la quale, nonostante il suo fisico ben costruito,riuscì a passare senza tanta fatica per poi sdraiarsi lungo le tegole rosse che ricoprivano la parte superiore della casa. Ormai le case moderne erano tutte fatte di vetro, da quello che vedeva, da quella postazione, tutto il pasino di fianco a casa loro era diventato ultratecnologico e casa loro ormai veniva considerata 'd'epoca', cosa che lo faceva sorridere soprattutto perchè era stata costruita pochi anni prima della sua nascita. Estrasse un leggerissimo aggeggio color blu scuro che gli era stato regalato anni prima da una delle cameriere e ammirò la perizia con cui era stato costruito in ogni suo minimo dettaglio,compreso il design che vedeva uno schermo rettagolare posto sopra a un cerchio dove si poteva selezionare, facendo scorrere il dito, la canzone che si voleva ascoltare. « Quando io ero ragazza l'iPod era uno degli oggetti più in voga, signorino. Spero che faccia sognare lei quanto ha fatto sognare me »  aveva detto poche settimane prima di andarsene. Era giovane, Amy, ma il marchio l'aveva portata via, trascinata lontano dalla sua vita e gettata tra le braccia del 'Popolo della Fede' e lui aveva assistito a tutta la scena da un nasconsiglio segreto che aveva scovato qualche mese prima in sua compagnia, era la sua migliore amica,lo era sempre stata,ma ora era morta.
Passò una decina minuti sdraiato in tutta tranquillità quando udì la voce di Samuel, il suo allenatore, chiamarlo per nome aggiungendo una serie di coloratissimi epiteti poco simpatici per movimentare il tutto. Si alzò trascinandosi di nuovo all'interno della sua prigione e si trovò faccia a faccia con l'uomo che l'aveva praticamente costruito « Noto con piacere che ti sei allenato eh? » disse sentendo i suoi muscoli e innervosendo il ragazzo che odiava qualsiasi tipo di contatto fisico « Tanto cosa mi serve avere un fisico ben robusto quando sarò costretto a passare la mia intera esistenza tra queste pareti? » Steven scansò l'allenatore e si diresse verso la sala dove si trovavano tutte le attrezzatture per gli allenamenti che fortunatamente era stata posizionata all'ultimo piano insieme alla sua stanza.
« Sai benissimo che i tuoi genitori vogliono solo il meglio per te, se non lo volessero non mi avrebbero mai fatto venire qui dal mio sperduto paesino del Canada solo per allenarti» Steven si voltò regalandoli un'occhiata di fuoco e senza aggiungere nient'altro, dopo aver indossato i guantoni,incominciò a prendere a pugni il sacco rosso che pendeva dal soffitto dedicando ogni singolo pugno a tutte le persone che fino a quel giorno avevano permesso la sua reclusione e che gli avevano portato via l'unico pezzo di mondo con il quale era mai venuto a contatto. Ad ogni colpo nella sua mente balenava la faccia di una persona e mormorava il suo nome a denti stretti fino a quando un colpo troppo forte fece staccare il sacco dal soffitto e lo fece finire dalla parte opposta della stanza colpendo in pieno la gamba di Samuel che per fortuna non si fece nulla di che.
« Che fine hanno fatto i miei insegnamenti sul controllo della rabbia? » Steven alzò lo sguardo, ma non appena il suo viso riuscì a tornare all'altezza normale un enorme mal di testa lo colpì alla sprovvista facendolo cadere per terra, era come se uno sciame d'api vi si fosse infilato all'interno e non volesse uscirne nemmeno per tutto l'oro del mondo. Si schiacciò contro il muro e portò entrambe le mani alle tempie schiacciandole nel tentativo di mandar via quel suono insopportabile mentre teneva la testa contro il muro. « Ma che diavolo....»
« Cacciali dalla mia testa! Mandali via! » Urlò Steven voltandosi verso colui che era quasi diventato un suo amico alla fin della fiera, gli prese il polso destro con la mano sinistra e glielo strinse a tal punto da bloccargli la circolazione.  
Samuel si staccò dalla presa e si allontanò di scatto dal compagno di allenamenti non appena notò che sull'iride destra era comparsa una striscia d'oro, lo avevano sempre avvertito sul ragazzo, ma lui non aveva mai voluto credere a tutte le voci che aveva sentito sul suo conto e in quel momento era li, di fronte a uno degli abomini della natura che lo avrebbero dovuto terrorizzare quando in realtà non riusciva a pensare ad altro se non a come portarlo in salvo. Scostò i capelli bagnati di sudore dalla fronte dell'amico alla ricerca del marchio, ma non vi era segno di nessuno di quei simboli che mostravano a scuola e da cui ti dicevano di tenerti alla larga. « Brucia »  Sussurrò Steven portandosi il braccio sul retro del collo; non appena compì quel gesto Samuel non perse nemmeno un secondo per scostarlo da muro e controllare a che cosa stesse facendo riferimento e finalmente eccolo lì, il marchio.
« Dobbiamo muoverci. Devo portarti lontano da qui,il più lontano possibile. »  Disse a denti stretti tirando su il corpo sudato di Samuel. « Ma tu devi collaborare, cerca di non guardare negli occhi nessuno,okay?»  Il ragazzo annuì appena e in men che non si dica si trovarono a scendere le scale alla velocità della luce, era ora di pranzo e questo significava che tutti erano affaccendati in cucina in vista del grande ritorno dei parenti del ragazzo.
Samuel prese le chiavi della sua macchina grigio metallizzato dal portachiavi all'ingresso, ma non appena fece per aprir la porta si sentì frenare da una voce scura e tetra. « Il ragazzo non va da nessuna parte. Il suo destino è tra le fiamme, è tutto ciò che si merita per essere diventato uno di loro.» era Emmett, il loro maggiordomo,un uomo di mezza età che aveva vissuto gli anni bui in cui una specie di vampiri modificata dall'ex Sacerdotessa della Casa della Notte si aggirava per le città di tutto il Nord America e si divertiva ad uccidere chiunque si trovasse sulla sua strada. « Ho già chiamato il 'Popolo della Fede' saranno qui a momenti.»
Samuel si guardò in giro e per puro caso riuscì a incontrare lo sguardo della tutrice del ragazzo che continuava a indicargli una botola nascosta nel parquet antico del piano terra di cui lei custodiva, per non so quale motivo, una copia della chiave. Nel giro di due secondi Steven si trovò trascinato lungo metà del corridoio d'entrata e buttato dentro questa botola seguito dal suo protettore quando ad un tratto uno dei suoi polsi fu afferrato dal maggiordomo di casa che, pur avendo sempre mantenuto un comportamento cordiale e affabbile, in quel momento sembrava appena uscito da un film dell'orrore.
«Sul mio cadavere. » Esordì l'anziana donna che per anni aveva insegnato a Steven quali fossero i valori che un essere umano doveva seguire dando una bastonata in testa all'impertinente che cadde a terra con un tonfo rumoroso. « Portalo alla 'Casa della Notte' più vicina, li sapranno cosa fare di lui, sbrigati, non hai molto tempo.» disse chiudendo la botola e infilandosi la chiave in tasca ringraziando il cielo che il resto della servitù fosse nell'altra ala della casa.
Samuel prese di peso Steven e lo buttò in macchina accendendola non appena si fu seduto sul sedile. Il motore, ormai a energia solare, della macchina iniziò a produrre il suo solito borbottio per poi finalmente far sentire tutta la sua potenza proprio quando si aprì la porta del garage.
« Ce la faremo, continua a tenere duro » mormorò vedendo che il viso di Steven si faceva sempre più pallido e che il suo respiro era sempre più flebile, non aveva mai assistito ad alcuna lezione sulla sua specie,ma era sicuro che le cose non dovessero andare esattamente così, lui non avrebbe dovuto sentirsi così debole e non avrebbe dovuto sudare così tanto, c'era qualcosa che non andava in tutto quello. Passò l'ora e mezza di guida continuando a voltarsi per controllare di avere ancora un essere vivente al suo fianco e non appena si trovò davanti al cartello d'acciaio battuto che indicava i pressi della meta d'arrivo emise un sospiro di sollievo. La vegetazione che circondava quel luogo era decisamente più libera e più incolta di quella del resto della città,ma la maestosità del posto avrebbe scioccato anche il più grande oppositore della specie.
« Identificazione, prego. »  disse un uomo sulla quarantina alzando una finestrella di vetro per controllare meglio l'identità dei visitatori.
« Non c'è tempo per questo genere di stronzate, il mio amico ha un marchio,è sul retro del suo collo e da quando gli è comparso non ha smesso di sudare freddo. » Bastò quella frase per mobilitare il guardiano che non perse tempo a chiamare l'interno per chiedere aiuto nel soccorso del ragazzo.
« Lo porti dentro, si sbrighi, le daranno l'aiuto di cui ha bisogno.» Samuel non fece nemmeno finire la frase all'uomo e ingranò immediatamente la quinta marcia per raggiungere quello che sembrava l'ingresso principale dei visitatori dove vide una serie di persone pronte a soccorrere l'amico che sembrava davvero in bruttissime condizioni. Non appena spense il motore della macchina si affrettò per raggiungere la portiera del sedile del passeggero, ma i vampiri stavano già prendendosi cura del suo amico adagiandolo su di una barella.
« Non deve preoccuparsi, ci prenderemo cura noi di Steven, lo stavamo aspettando. » Disse una giovane donna dai lunghi capelli neri con indosso un vestito dello stesso colore che accarezzava il pavimento. « Mi chiamo Zoe, Zoe Redbird e sono la Sacerdotessa della  'Casa della Notte'.» la sua voce aveva un effetto tranquillante che lo fece quasi cadere in uno stato di trance, ma fu proprio nel momento in cui stava per chiudere completamente gli occhi che un corvo nero gracchiò sulle loro teste facendolo sobbalzare.
« Io, io.. Non mi dovrei trovare qui» disse in fretta facendo il giro della macchina per tornare al posto di guida « C-chiamerò per avere sue notizie.» chiuse la portiera e guidò a tutta velocità allontanandosi il più possibile da quel luogo senza smettere di domandarsi se la scelta da lui fatta fosse stata corretta o meno.
« Portiamo il ragazzo..» Zoe fermò immediatamente Dorothea facendole segno di non proseguire la frase e si avvicinò al ragazzo ponendogli la mano sul petto per controllarne il battito cardiaco. « E' morto, portatelo in infermeria. La sua trasformazione sta iniziando.» il resto degli insegnanti si lanciarono uno sguardo comune e annuirono in contemporanea chi aprendo il portone principale e chi portando la barella sulla quale si trovava il corpo esanime di Steven consapevoli del fatto che quello non sarebbe stato uno studente come gli altri, un po' come Zoe,  a suo tempo, non era stata una studentessa come le altre.

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Capitolo 3
*** 3. Shake it Out ***



Chiedo umilmente scusa per il terribile ritardo nella pubblicazione di questo capitolo,ma non sono riuscita a fare altrimenti: la maturità e i miei casini personali non mi hanno dato nemmeno il tempo di respirare e sono riuscita a trovare qualche minuto per pensare al capitolo solo qualche giorno fa. Spero di non deludervi e di postare il quarto il più presto possibile.

Note:
Vi ricordo che NON ho intenzione di riprendere gli eventi della saga 'House of the Night' paro paro,quindi non vi aspettate di ritrovare flashback strani oppure tutti i personaggi che avete imparato a conoscere nei libri.

N.1 Margaret in questa Fan Fiction è ispirata a Kaya Scodelario, Effy di Skins. In caso non abbiate visto questo telefilm ve lo consiglio caldamente.
N.2 Nei commenti lasciatemi i vostri nickname di twitter,così per me sarà più facile linkarvi il prossimo capitolo della FF.
N.3 In caso vogliate dirmi che cosa ne pensate anche su twitter ricordatevi che io sono @ludwigsvoice


"Every demon wants his pound of flesh
But I like to keep some things to myself
I like to keep my issues drawn
It's always darkest before the dawn"



MARGARET.


La luce del sole risplendeva contro le finestre della camera da letto dipinta completamente d'azzurro e si rifletteva contro il lampadario fatto di vetri che era stato costruito dall'inquilina che tempo fa aveva occupato quella stanza. Il profumo di pancakes appena cucinati riempiva l'intera palazzina infilandosi persino nei meandri più remoti della camera da letto occupata da Margaret.
Il letto era comodo, non avrebbe mai voluto spostarsi da quel luogo, ma in cuor suo era consapevole del fatto che ogni sua azione era tenuta d'occhio dagli assistenti sociali e che se avesse sgarrato anche di poco avrebbe potuto mettere a serio rischio la sua permanenza in quell'istituto che per altro era la cosa migliore che le fosse mai capitato prima di allora. Si lasciò cullare ancora qualche minuto dai raggi dell'enorme stella che illuminava tutto lo spazio circostante e allungò la mano verso il soffitto per attraversare il riflesso di uno di questi e disegnare delle piccole figure con le particelle di polvere che si trovavano nell'aria. Fuori dalla stanza i rumori dei ragazzini che si affrettavano a raggiungere il piano inferiore per aggiudicarsi una maggiore quantità di pancakes la faceva sorridere, era una delle ragazze più giovani all'interno dell'orfanotrofio e per molti di quei bambini oggi sarebbe stato uno dei tanti giorni di scuola e selezione da parte di possibili famiglie affidatarie mentre per lei non sarebbe stata altro che l'ennesima giornata noiosa.
Nessuno l'aveva mai adottata,aveva passato la vita a essere spostata da un posto all'alto molto in stile 'pacco postale' e la cosa,per quanto l'avesse sempre amareggiata nel corso degli anni, non l'aveva mai lasciata delusa. Nonostante tutti i tentativi di farla affidare a qualche famiglia, ogni coppia aveva sempre visto in lei qualcosa di strano,aveva notato qualcosa che non andava in lei,qualcosa che la rendeva malinconica e solitaria e nessuno avrebbe mai voluto una figlia difficile, era molto più facile vendere i ragazzi felici e soddisfatti che le persone come lei.
« Hai intenzione di passare ancora tanto tempo a crogiolarti nei tuoi pensieri depressi? » Margaret si alzò di scatto e si trovò faccia a faccia con la sua compagna di stanza,l'unica persona la cui età si avvicinava più o meno alla sua e che aveva capito di che pasta era fatta. I suoi capelli erano raccolti in una treccia che le cadeva in modo morbido sulla schiena mentre la sua uniforme scolastica, perfettamente stirata, le si adagiava su ogni sua curva. Invidiava tutto di lei, a partire dal suo corpo perfetto alla Jessica Alba fino al suo carattere che le aveva assicurato il ruolo di cheerleader nella scuola che erano costrette a frequentare. Il fatto di invidiare una persona più piccola di lei di due anni l'amareggiava,ma sapeva di non poter farne a meno: aveva diciassette anni e invidiava una ragazzina di quindici, diciamo che c'era molto della sua vita su cui si sarebbe dovuto lavorare,ma preferiva appunto 'crogiolarsi' nei suoi pensieri piuttosto di provare a rintracciarne la causa.
Si alzò molto lentamente e scosse i capelli per poi sistemarli velocemente passandoci la mano attraverso. Le altre stanze avevano bagni in comune, ma essendo loro due le più grandi dell'intero comprensorio femminile avevano deciso di riservar loro l'unica stanza con bagno in camera e lei non aveva mai smesso di ringraziare la direttrice per questo trattamento. Si chiuse in bagno e si lavò e vestì giusto in tempo perchè Lucy smettesse di elencare tutti i motivi per cui avrebbe dovuto fare più in fretta ogni mattina della settimana e non appena ebbe finito di prepararsi uscì dal bagno con un finto sorriso sulle labbra.
Non sapeva che cosa c'era di sbagliato in lei,ma non si era mai sentita parte di qualcosa,non si era mai sentita completamente accettata dai suoi coetanei e non faceva altro che trovare cose che non andassero in lei,solo lati negativi del suo carattere e della sua vita. Aveva affrontato una serie di sedute di terapia in studi gratuiti,ma nessuno le aveva mai riconosciuto una qualche forma di malattia mentale che potesse spiegare tutti quei pensieri che le attraversavano la mente ogni giorno, il massimo che avevano fatto era stato riconoscerle una profonda forma di depressione per la quale era tutt'ora in cura.
Guardò l'amica e indugiò per un momento immaginandosi come sarebbe stata la vita per lei se fosse stata anche solo ¼ perfetta come lei,ma si riprese immediatamente per poi scendere in sua compagnia al piano di sotto dove le aspettava la colazione quotidiana.
« Buongiorno ragazze, trovate i vostri piatti ai vostri posti,servitevi pure »  esordì Kim, la cuoca nonché responsabile dell'ala femminile di giorno. Margaret si sedette al suo posto e appoggiò lentamente due pancakes sul piatto color porpora che si trovava posizionato davanti cercando di evitare il solito calcolo delle calorie che si trovavano davanti a lei, avrebbe dovuto pensare a altro vista la sua forma fisica asciutta,ma non poteva fare a meno che essere completamente ossessionata dall'essere e dal rimanere magra: tutto per lei era un numero,ogni cibo era una quantità di calorie,non un'insieme di ingredienti squisiti che avrebbero fatto invidia a qualsiasi altra persona.
Stava tagliando un triangolo della sua prima fetta di pancakes quando tutto ad un tratto sentì un dolore lancinante sul retro del collo,una fitta che le fece partire un tremolio che le attraversò tutti gli arti superiori e che la portarono a scattare immediatamente per poi sbattere il piatto per terra con un gesto quasi istintivo. Tutti si voltarono verso di lei,ma in quel momento non riusciva a fare altro che pensare al dolore che stava porvando e allo strano rumore che le stava facendo scoppiare la tempia facendole pulsare le vene che vi si trovavano in cima. Portò le mani tra i capelli e cadde dalla sedia finendo tra i cocci di ceramica che si trovavano per terra e in men che non si dica si trovo tra le braccia di Kim che la cinsero e la rivolsero verso di lei nel vano tentativo di dare una spiegazione logica a quanto stava accadendo.
« Fa.. Fa.. Malissimo. » Mormorò a denti stretti per poi abbassare la testa di scatto e iniziare a grattarsi sul retro del collo quasi come se volesse staccarsi la pelle con le sue stesse mani, le sue unghie lasciavano segni pesanti e rivoli di sangue scorrevano lungo la sua pelle,ma era come se una parte del suo collo fosse immune a tutta la sua forza e la sua tenacia. La donna le scostò i capelli e fu attraversata da un brivido di terrore quando notò il segno sulla pelle della ragazza completamente circondato da graffi bagnati del suo sangue. In meno di un secondo riuscì a capire di dover mandare fuori tutti i bambini in modo tale che nessuno capisse che cosa era appena accaduto e che soprattutto nessuno la denunciasse, anche se per sbaglio, alle persone sbagliate. Coprì immediatamente il collo della ragazza e la trascinò contro il muro ricoperto da una carta da parati color verde chiaro facendo segno alla compagna di camera di Margaret di fare uscire tutti gli altri dalla porta principale della stanza. Nonostante il piccolo quoziente intellettivo della ragazza questa capì al volo e portò fuori tutti i bambini per poi tornare dentro e piegarsi di fronte all'amica in preda a un dolore lancinante.
« Che cosa le prende? » Chiese cercando di intercettare lo sguardo dell'amica e di trovare una spiegazione plausibile,ma non ricevette immediatamente una risposta,almeno non quella che avrebbe voluto sentirsi dire. Non aveva mai conosciuto una persona che era stata marchiata o almeno nessuno gliel'aveva mai detto: di solito chi veniva marchiato scompariva e basta e nessuno faceva mai domande su queste misteriose sparizioni perchè sapeva che era meglio non fare domande a proposito.
«  Bisogna portarla fuori di qui,prima che arrivi qualcun'altro e che la veda in queste condizioni, bisogna portarla in quella scuola, la scuola per persone come loro, prima che sia troppo tardi. » la donna prese Kim da sotto le ascelle e la sollevò di peso portandosi una delle sue braccia intorno al collo per poi trascinarla verso l'uscita secondaria della sala da pranzo facendo attenzione che non ci fosse nessuno sulla via del parcheggio. « Io non posso lasciare l'orfanotrofio,ma tu si. Tu sai guidare,prendi la mia macchina e portala in quel luogo,portala in quella scuola. Si trova vicino al bosco situato poco fuori dalla città,se ti dirigi in quella direzione vedrai che la troverai » Spiegò in fretta mentre adagiava il corpo di Margaret sul sedile posteriore cercando di farle meno male possibile. Tutto il suo corpo le faceva male,ogni singola parte di esso era in preda alle fitte più lancinanti che avesse mai potuto sperimentare nei suoi diciassette anni di vita.
« Ma io,veramente.. »  Lucy cercò di trovare una scusa plausibile,ma non appena aprì bocca si ritrovò le chiavi della macchina tra le mani e la donna aveva già iniziato ad aprire la porta del garage per farle uscire e lei si trovò costretta ad entrare in tutta  velocità al posto del guidatore per cercare di aiutare l'amica che ormai, in preda a mille dolori, non faceva altro che urlare e lamentarsi. Una volta sulla strada Lucy infilò la quarta marcia e iniziò a sfrecciare tra i pini che si trovavano lungo la strada girandosi di tanto in tanto per controllare la situazione sul sedile posteriore: Margaret si era calmata,ma il suo viso,completamente sudato, non aveva una bella cera e sembrava quasi che le forze la stessero per abbandonare. «  Non provare a morirmi qui, non ci provare, hai capito? » le parole le uscirono dalla bocca velocemente e in tutta risposta si sentì tornare uno strano sibilo che indicava il tentativo, inutile, di Margaret di risponderle in un qualche modo. Finalmente, dopo tanta strada percorsa, vide un insegna che indicava la famosa scuola di cui aveva tanto sentito parlare,ma che non aveva mai visto nemmeno in fotografia: dicevano che gli umani non potevano entrarvici,ma aveva sentito anche dire che vi erano dei giorni di visita,quindi il tutto non poteva essere completamente vero. Imboccò il vialetto e nel giro di pochi minuti si trovò di fronte al portone principale che si apriva su un parco di dimensioni esorbitanti. Scese dalla macchina in tutta velocità,ma nel preciso momento in cui aprì la porta del sedile posteriore di destra si rese conto che la sua amica non stava più respirando. « No, non mi dire che non ce l'hai fatta, ti prego. » le diede uno scossone e non ricevette alcuna risposta di rimando, provò a avvicinare il viso alla sua bocca,ma non vi usciva nemmeno un fiato. Si alzò lentamente e fece qualche passo indietro,ma non fece in tempo a realizzare il tutto che venne raggiunta da due figure alte e chiare come la seta appena tessuta.
« Da adesso in avanti puoi lasciarla a noi»  la voce dell'uomo era quanto di più sensuale e ipnotico che avesse mai sentito prima d'ora,ma non riusciva a spiegarsi perchè una persona avrebbe potuto pensare a un futuro per una persona morta. « Non è morta, è solo in transizione. Il suo futuro dipende anche dalle prossime ore,quindi è meglio che tu salga su questa macchina e che la lasci nella nostra scuola.»  La donna nel frattempo aveva tirato fuori il corpo esanime di Margaret e se l'era caricato sulla spalla destra per poi fare cenno al portiere di aprire il cancello che si spalancò producendo un leggero suono metallico al suo aprirsi. Lucy si voltò l'ultima volta per la sua amica non consapevole del fatto che presto o tardi l'avrebbe rivista,volente o nolente,ma allo stesso tempo terrorizzata dal fatto che il suo corpo in quel momento si trovava completamente inerme davanti ai suoi occhi. Non riuscì nemmeno a rispondere perchè l'uomo e la donna che le erano venuti incontro avevano già girato i tacchi per addentrarsi nella tenuta di dimensioni maestrali che si ergeva davanti a lei,quindi decise di risalire in macchina e di dirigersi verso la sua scuola,cercando di trovare una buona scusa per spiegare l'assenza della sua amica. Ingranò la terza e si voltò per l'ultima volta nel tentativo di vedere i corpi dei due esseri allontanarsi da lei,ma dovevano essersi mossi a una velocità superlativa dato che non vi era più segno di nessuno dei due e il cancello si era già richiuso silenziosamente. Sospirò interdetta e iniziò ad allontanarsi da quel luogo tetro e nascosto dal mondo, nessuno avrebbe mai dovuto sapere che aveva provato a salvare uno di loro, nessuno e soprattutto il prete dell'orfanotrofio avrebbe mai dovuto scoprire cosa era diventata Margaret.

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Capitolo 4
*** 4. Coming Home ***


Eccomi qui con un nuovo capitolo :'D
Non sono completamente ispirata,ma volevo andare avanti e sinceramente l'unico personaggio che mi ispirava era quello di Lerman. Come al solito non sto a ripetervelo,anzi,sì.
COMMENTATE e lasciatemi il vostro nickname nel commento (in caso sia la prima volta) così da potervi avvertire quando aggiorno. E spammeggiate un poquito la FF per me che sinceramente non se la caga nessuno LOL.


Back where I belong, yeah I never felt so strong

 

 

Steven si svegliò in un bagno di sudore mettendosi immediatamente a sedere con la stessa velocità con la quale uno strano liquido che qualcuno gli stava iniettando cadeva leggero come una piuma in un tubicino trasparente. Si guardò in giro guardingo cercando di capire dove fosse capitato,l'ultima cosa che si ricordava era di essere praticamente svenuto in macchina mentre lo stavano trascinando lontano da casa sua. Molto probabilmente in altre circostanze avrebbe pensato di avvertire i suoi,ma uno strano prurito sul retro del collo lo riportò sulla terra e gli fece abbandonare il lettino color candido per dirigersi verso uno specchio che occupava praticamente un'intera parete della stanza all'interno della quale si trovava completamente solo. Si voltò lentamente scostando il camice che gli era stato infilato e vide una leggera cicatrice,il segno di un tatuaggio, sulla sua pelle. Non era un semplice simbolo,ma era uno dei simboli che caratterizzavano quei vampiri di cui aveva sempre sentito parlare,una mezzaluna dalla quale partivano una serie di rami che si allungavano scalando le sue spalle.
« Fossi in te non me lo toccherei,peggiora solo la situazione» Steven sobbalzò al solo suono di quella voce femminile leggermente gracchiante in perfetto stile 'primo mattino'.
« Che cosa?»  Si girò e si trovò faccia a faccia con un ragazza dai capelli color mogano che lo fissava quasi stordita quanto lui con indosso un camice proprio come il suo,solo che il suo era leggermente più lungo e le copriva fino a sopra le ginocchia. « Dove ci troviamo?»  prese una leggera pausa per poi sospirare in attesa di una risposta da parte di quella ragazza che sembrava sapere molto più di lui.
« Quello che hai sul collo è un marchio,siamo entrambi stati marchiati. Loro ci stanno osservando per vedere come rispondiamo alle prime ore da vampiri» la ragazza a lui sconosciuta indicò verso il vetro verso il quale era girato fino a qualche secondo prima e lui si voltò prontamente con sguardo corrucciato.
Normalmente Steven era un ragazzo dal carattere pacato e controllato e non si faceva mai prendere da impeti di rabbia,ma l'idea di venir trattato come un coniglio in gabbia non lo allettava minimamente,quindi fece un bel respiro profondo e scagliò un pugno che infranse completamente il vetro a pochi centimetri da lui permettendogli di trovarsi a contatto con un secondo vetro che dava su una stanza nella quale vi si trovavano cinque figure completamente vestite di nero intente a fissare entrambi. «Lasciateci uscire di qui! Ora!» Il suo tono era deciso e fermo,ma le persone che li stavano osservando non sembravano minimamente impressionati dalla sua azione e si limitarono a premere un pulsante che li nascose nuovamente alla loro vista grazie a un'oscurazione della parete vetrata.
«E' inutile che fai il duro,ci lasceranno andare quando penseranno che possiamo sopravvivere almeno per i prossimi mesi di trasformazione»  La ragazza si lasciò cadere a terra e si portò le braccia intorno alle ginocchia cercando di non pensare a quanto stava accadendo e lui vi si avvicinò senza sapere quanto si potesse fidare di lei. Aveva uno sguardo sofferente e sembrava una di quelle persone che non erano abituate alla compagnia di suoi coetanei,o che lo erano tanto quanto lui insomma. « In ogni caso il mio nome è Margaret,ti servirà in caso io muoia prima della fine di queste sei ore.» Morire? Prima di sei ore? Ma la ragazza era seria o si stava facendo beffe di lui? Steven si voltò e provò a scrutare qualche indizio che gli lasciasse intendere le sue vere intenzioni,ma sembrava terribilmente seria riguardo a tutto ciò che gli aveva appena detto e la cosa lo terrorizzava e non poco. Già metabolizzare il fatto che avrebbe dovuto abbandonare per sempre la sua vita,dato che ci teneva a vivere e a non farsi prendere da quei fanatici della chiesa che si divertivano ad uccidere persone come lui, era difficile,ma anche la morte per ciò che gli era capitato no,non lo poteva accettare.
 Scosse la testa con violenza per cercare di tornare alla realtà,per cercare di risvegliarsi da quell'incubo in cui era stato catapultato,tutto ciò con scarsissimi risultati. « Io sono Steven» Che senso avrebbe avuto non aprirsi con quella sconosciuta? Sembravano essere sulla stessa barca e alla fine confidarsi almeno i propri nomi sembrava il minimo.
« Non siamo i soli,c'è anche un altro ragazzo,solo che lui stranamente non si è ancora risvegliato e hanno tutti un occhio di riguardo in più per il suo caso » iniziò a spiegare la ragazza completamente presa da quanto stava dicendo e indicando un letto ricoperto da una sagoma immobile. Steven si alzò e si avvicinò al corpo fermo dell'altro ragazzo e ne notò i segni sul viso,il sangue rappreso che non era scomparso come invece era successo sul suo corpo e un tatuaggio che aveva già circondato il suo collo per scendere lungo i suoi pettorali. « Non è normale che un tatuaggio sia così avanzato,è per questo che hanno paura per lui,anche per Zoey è una cosa nuova.»  Era quasi come se quella sconosciuta avesse studiato tutte quelle cose da un'infinità di tempo e lui fosse stato catapultato li dentro per puro e semplice errore.
Steven si avvicinò di più al corpo e vi avvicinò il viso per sentire se stava respirando o meno, nessun cavo o tubo di alcuna forma e consistenza era collegato al suo corpo,come se lo volessero tenere sotto controllo,ma tutto in modo moderato e non volessero infierire in alcun modo con quello che stava succedendo. « Ho provato a sentirlo anche io,ma non c'è alcun segno..»  
Non appena pronunciò quella frase si spalancò una porta incavata nel muro bianco e dietro di essa si materializzòuna donna dai lunghi capelli neri e ricoperta da un vestito del medesimo colore che accarezzava il pavimento. Il suo passo era felpato e il suo sguardo completamente ammaliante e coinvolgente,avrebbe potuto incantare chiunque,persino Steven in persona. La donna prima si avvicinò al ragazzo privo di sensi per accarezzargli la fronte e poi si rivolse verso noi due con un sorriso raggiante,i suoi erano i denti più bianchi che avesse mai visto in vita sua.
«Salve a entrambi e benvenuti nella Casa della Notte. Entrambi avete passato il nostro controllo e siete pronti per entrare a fare parte del nostro studentato,ma per ragioni di sicurezza prima di tutto accompagnerò Margaret presso il suo dormitorio.» Margaret fece un balzo in avanti e dopo essersi sistemata i capelli passandoci una mano attraverso accettò i vestiti che gli erano stati porti dall'accompagnatore di quella donna innominata. Ci mise pochi secondi a vestirsi e nel frattempo nella stanza calò il silenzio più imbarazzante di sempre facendo sembrare Steven un cagasotto,cosa che nella maggior parte delle situazioni era anche vera.
Entrambe lasciarono la stanza con fare felice e lui rimase in piedi in quel luogo completamente asettico vicino al corpo di un ragazzo che a quanto pare avrebbe potuto non risvegliarsi più.
Fece giusto in tempo per appoggiarsi al muro quando in mezzo secondò balzò per aria: il ragazzo che fino a qualche istante prima era immobile si era alzato di scatto e si era messo a sedere sull'attenti,il suo respiro era corto e veloce e i suoi occhi erano sbarrati come chissà che cosa. A Steven venne praticamente istintivo alzarsi e correre a controllare come stesse,ma tutto ciò che riuscì a capire del suo farfugliamento era una sola frase ripetuta in continuazione. « Sangue ovunque,dobbiamo salvarci tutti.»  

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