HELL WAS MADE IN HEAVEN

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitoli 17 [interludo] e 18 ***
Capitolo 18: *** capitolo 19 ***
Capitolo 19: *** capitolo 20 ***
Capitolo 20: *** capitolo 21 ***
Capitolo 21: *** capitolo 22 ***
Capitolo 22: *** capitolo 23 ***
Capitolo 23: *** capitolo 24 ***
Capitolo 24: *** capitolo 25 ***
Capitolo 25: *** epilogo ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


 

HELL WAS MADE IN HEAVEN

 

CAPITOLO 1

 

Buio totale.

Non si riusciva a vedere niente e a Derek faceva male la testa. Se avesse vomitato a momenti non se ne sarebbe meravigliato.

Cercando di non sbattere contro ai mobili che si trovavano lungo il percorso, si diresse verso il bagno del suo appartamento. Barcollava senza equilibrio…i postumi della sbronza che si era preso la notte prima alla festa.

«Non mi farò più trascinare da quegli idioti a delle feste…sto di merda…» borbottò appoggiandosi sul bordo del lavandino e fissando il suo riflesso nello specchio.

Aveva un aspetto distrutto: era pallido e con due occhi scuri a causa delle occhiaie profonde che si ritrovava. Ed era già tanto se riusciva a distinguere i suoi lineamenti visto che il mal di testa gli stava annebbiando la vista.

Un miagolio amichevole proveniente da un micino nero che si stava strusciando sulle sue gambe salutò il ragazzo.

«Salve anche a te, Devil.» biascicò Derek chinandosi per accarezzare il gatto che si mise subito a fare le fusa e lo seguì in camera.

«Cazzo, sono solo le 6!! Ho dormito solo tre ore!!» esclamò Derek dopo aver lanciato una fugace occhiata alla sveglia. Si lasciò cadere di schiena sul letto chiudendo gli occhi.

«Devil!» protestò quando il gatto cominciò a dargli delle testate per reclamare le coccole «Fammi dormire!». Il gatto non accennò a desistere finché il suo padrone non cominciò a grattargli la testolina.

«E adesso lasciami dormire in pace, per favore.» ordinò Derek al suo gatto quando questo aveva finito di rigirarsi in preda ad un attacco di felicità.

«Non dovresti trattare così male il tuo gatto…».

«Quante cazzo di volte ti ho detto di non apparire all’improvviso, Morgan???» protestò Derek dopo essersi ripreso dallo spavento.

«Ah ah ah! Sei ancora così suscettibile alle mie apparizioni improvvise dopo tutti questi anni?» chiese l’uomo che aveva parlato prima. Era piuttosto alto e vecchio, come era dimostrato dalla folta barba candida.

«Hai usato il termine giusto: IMPROVVISE! Mi cogli sempre nel momento peggiore!».

«La prossima volta comparirò davanti alla porta e suonerò il campanello, così sarai contento.» replicò Morgan facendo schioccare le dita in modo da far alzare le tapparelle e far entrare la luce mattutina nella stanza.

«Non per contraddirti…ma io avrei voluto dormire!» obiettò Derek parandosi il viso dalla luce con una mano.

«Ora non puoi, devo affidarti un compito.» disse Morgan «Alzati.».

«Sono ancora ubriaco per metà, non credi che le mie condizioni non siano adatte a ricevere un incarico in questo momento?» chiese Derek rimanendo disteso.

«Cos’hai bevuto ieri sera?».

«Vodka…».

«Allora bevi un dito di vodka e starai bene come prima. Funziona sempre, così potrò illustrarti  il tuo incarico.» disse Morgan.

«Ne dubito…e poi non ho vodka in casa.» contestò Derek.

«Non hai vodka in casa? Devo dire che la cosa mi sorprende…ma non importa. Alzati comunque e vestiti!» gli ordinò Morgan uscendo dalla stanza.

«Credo che disubbidirò ai tuoi ordini per una volta…» sentenziò Derek chiudendo gli occhi.

«Alzati.» ripeté Morgan. Derek sentì una forza invisibile spingerlo dietro la schiena e si ritrovò sbalzato fuori dal letto.

«Maledetto vecchio…».

«Guarda che ti ho sentito, sai?!» urlò Morgan dal salotto. Per tutta risposta Derek si limitò a storcere la bocca in direzione di Devil che lo guardava disteso su un fianco sul bordo del letto.

«Cos’è successo?» esclamò Derek. Morgan osservò con disprezzo la T-shirt e i jeans del ragazzo.

«Se ti vesti sempre così non ho difficoltà a capire quali sono i tuoi problemi con le donne…».

«Se tu fossi una donna non mi sarei vestito! Ma non perdere tempo e dimmi cos’è successo.» obiettò Derek abbandonandosi su una poltrona.

«Devi proteggere un demone che ha tradito il suo gruppo in favore di noi druidi.».

«Che demone è?» chiese Derek con tranquillità.

«E’ una ninfa infernale.».

«Una delle ancelle di Lucifero???» domandò preoccupato Derek.

«Precisamente. Ci ha avvertiti di una spedizione di demoni acchiappa-anime che era stata inviata da Lucifero in una guerra. Grazie a lei abbiamo evitato a molti caduti una dannazione eterna all’Inferno.» spiegò Morgan.

«Ma adesso Lucifero l’ha scoperta e le dà la caccia, giusto?» disse Derek.

«Vedo che nonostante la sbronza sei ancora sagace…» lo canzonò Morgan.

«E quando arriverà tra di noi dove starà?» domandò Derek ignorando Morgan.

«Qui da te, naturalmente!» rispose questo con un sorriso.

«Oh, no…non se ne parla neanche! Non se ne parla proprio!».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

 

Scappava.

Si infilava in un vicolo dopo l’altro di quella sconosciuta città cercando di depistare quelli che la stavano inseguendo, con il mantello che le avvolgeva il corpo.

Non era facile per lei passare inosservata tra la gente con un mantello in una calda giornata di luglio, ma a lei non importava.

Voleva scappare.

Poco importava se la gente si accorgeva di lei.

Aveva il fiatone ormai. Le sembrava di correre da ore. E se si fosse persa? Sarebbe stata la fine. L’avrebbero catturata e ricondotta davanti a lui, il quale l’avrebbe interrogata sotto tortura, costretta a confessare il proprio tradimento e poi fatta barbaramente svanire. Il dolore e la vergogna sarebbero stati orribili.

Doveva evitarlo.

Se avesse saputo pregare l’avrebbe fatto: avrebbe pregato di riuscire a trovare quell’aura prima che loro trovassero lei. Ma l’avrebbe ascoltata nessuno una preghiera proveniente da lei? Intanto l’aura si stava avvicinando. Si fermò cercando di individuarne la provenienza.

Un bambino la guardò spaesato.

«Non hai caldo a correre con quel mantello?».

Quella voce era così innocente…risuonò nelle sue orecchie come un fischio penetrante provocandole lo stesso effetto di una punta metallica raschiata su una lavagna. Portandosi dolorante le mani alle orecchie ricominciò a correre in direzione della stazione della città che riusciva ad avvistare già dalla sua posizione. L’aura proveniva da un luogo lì vicino.

Cosa le stava succedendo? Perché il suo animo era così confuso? La voce innocente di quel bambino le aveva confermato la sua natura, ma lei sentiva di doverla rinnegare. Perché? Lei era nata per quello scopo: servire il Signore delle Tenebre in modo di permettere al male di diffondersi nel mondo. Era nata così. Era il suo destino…cosa stava cambiando?

“Una coscienza?”.

Non poteva essere. Lei era un demone e i demoni non avevano una coscienza, né potevano ottenerne una così dal niente. Gli umani avevano una coscienza, loro avevano il libero arbitrio, non i demoni, non lei.

Sempre più vicina.

Poteva quasi sentirla sua…era l’aura che stava cercando.

C’era quasi. Ancora poco e sarebbe stata in salvo.

Voleva sorridere.

Quasi sfinita si lasciò cadere addosso a uno dei pilastri di cemento che sostenevano le rotaie soprelevate del treno.

Pochi metri. Doveva resistere a tutti i costi.

Con un ultimo slancio si fiondò lungo la strada che le correva davanti…lungo un vicolo laterale…in un vicolo cieco. Sentendo l’aura sempre più forte e invocante si infilò in una delle porte dei condomini che si affacciavano sul vicolo e cominciò a salire le scale a quattro gradini alla volta.

Una volta là sarebbe stata salva.

Primo piano.

Secondo piano.

Terzo piano.

“Dove sei?”. Cominciava a credere di non poterla più individuare con precisione, tanto era forte il suo magnetismo in quel momento.

Al quinto piano si trovò davanti a tre porte.

Si fiondò sulla più lontana sperando con tutto il suo essere che non fosse chiusa. Si spalancò.

«Oh, sono lieto di presentarti Psyche.» disse un uomo anziano e di colore, colui che emanava l’aurea, a un altro umano dall’aria un po’ sbattuta. «Sarà lei che dovrai proteggere.».

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

 

«Vieni qui, Psyche…» disse Morgan rivolgendo un sorriso rassicurante alla ninfa.

Psyche rimase sulla porta indecisa sul da farsi, guardando diffidente i due individui. Non si fidava.

«Non avere paura, hai seguito la mia aura per arrivare qui. Sai che questo vuol dire che non voglio farti del male. Vieni.» ripeté Morgan con tono gentile.

La ninfa si fece avanti, chiudendosi la porta alle spalle. Derek la guardò incuriosito. Gli erano già capitati un sacco di demoni da proteggere, ma quella era la prima volta che gli capitava un demone così simile ad un essere umano. Se l’avesse incontrata per strada l’avrebbe scambiata per una donna normalissima: alta, con una folta capigliatura scura, ma i suoi occhi erano innaturali…cambiavano colore in continuazione.

«Io sono Morgan, Psyche, e lui sarà il tuo protettore, Derek.» spiegò con semplicità Morgan rivolgendosi al demone «Io sono un druido.».

«Come sai il mio nome, druido?» chiese la ninfa rivelando la sua voce.

«Ho ricevuto il compito di metterti al sicuro. E’ per questo che so di te molte cose anche se tu non mi hai mai visto.». Psyche non sembrò tranquillizzarsi molto.

«Togliti il mantello, avrai caldo…» disse Derek vedendo che la ninfa ansimava e sudava. Si alzò per aiutarla ma Psyche non sembrava essere d’accordo con la decisione del ragazzo e cercava in tutti i modi di allontanarsi da lui diffidente. «Dài, non fare così! Siamo qui per proteggerti, non per farti del male!».

Dicendo questo Derek si avvicinò al demone appoggiandole una mano sulla spalla.

Avendo l’impressione di essere in trappola, Psyche si dimenò rompendo in questo modo i lacci che legavano il mantello, che cadde a terra.

«Ma…» balbettò Derek, rimasto col mantello in mano.

«Che ti succede, umano?» domandò Psyche fissandolo con occhi gialli.

«Hai la coda! Ho protetto un sacco di demoni, ma nessuno di questi aveva la coda!» esclamò sconvolto Derek mentre Morgan lo guardava divertito.

«Solo le ninfe infernali ne hanno una perché derivano dall’essenza di Lucifero in persona, che tu sai benissimo avere la coda.» gli spiegò Morgan.

Derek continuò a fissare allibito la coda di Psyche che le spuntava da un vestito nero ottenuto avvolgendo su sé stessa della stoffa stracciata.

«Mi stai dicendo che lei è un derivato di lucifero in persona???» esclamò.

«Voi druidi mi avete affibbiato un protettore che non sa niente della mia natura???» protestò Psyche.

«Mi scusi, mia signora, ma non ho un libro che classifica i demoni con tanto di descrizione e illustrazione allegati! Io non sono uno stregone, è compito di Morgan darmi informazioni. Cosa che non aveva ancora fatto…» obiettò Derek.

«Non è colpa mia se sei duro ad alzarti e non ho fatto in tempo a dirtelo.» disse Morgan «Ora potrai conoscerla con tutta la calma di cui disponi…ti spiegherà lei in persona.».

«Io non ho intenzione di fare da insegnante a un umano!».

«Hey, si dà il caso che l’”umano” abbia il compito di proteggerti e che possa benissimo fare a meno!».

«Come pensi che possa proteggermi un umano senza poteri come te? Tanto valeva rimanere negli inferi a…».

«Farti svanire?!».

«Calmi, ragazzi…Psyche, Derek sarà anche un umano privo di poteri, ma è un ottimo protettore, il migliore che ci sia. Fidati di lui.» intervenne Morgan alzandosi dal divano.

«Voglio parlarti un attimo…» gli si rivolse Derek, scortandolo in cucina. «Ma sei impazzito??? Mi vuoi morto??? Mi mandi in casa una creatura che discende direttamente da Satana in persona!!! Non ci metterà niente a trovarla!!!».

«Abbiamo nascosto la sua aura, non la troveranno, non i cacciatori almeno. Se Lucifero in persona comincerà a cercarla te lo faremo presente.» lo tranquillizzò Morgan.

Derek lanciò un’occhiata nell’altra stanza dove Psyche stava ferma in piedi, con la coda arrotolata attorno alla gamba. «Sei sicuro, Morgan?» chiese.

Ma Morgan non gli rispose: era scomparso.

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

 

Psyche non si fidava di quegli uomini.

Uomini.

Umani. Non si sarebbe mai aspettata che un umano potesse emanare un’aura di richiamo tanto potente. A dirla tutta non si aspettava così nemmeno i druidi…durante il passaggio di informazioni che lei aveva fornito a loro non ne aveva mai visto uno. Comunicavano attraverso telepatia innestata da loro.

«Allora…devo sapere qualcosa della tua…specie.» le disse quello che avrebbe dovuto diventare il suo protettore. A quanto pareva l’altro era scomparso.

«Ti ho detto che…».

«Non ti sto chiedendo di farmi da insegnante.» la interruppe lui «Ti farò delle domande a cui risponderai con semplicità.».

«E a che ti servirebbe, umano…».

«Derek…».

«…UMANO, a cosa ti servirebbe sapere com’è la mia razza se tanto non hai il potere di difendermi? Morirai non appena arriverà il primo cacciatore.» disse lei sferzando l’aria con la coda in segno di sfida.

«Non sarà così facile per lui uccidermi, vedrai. Non ho poteri magici, è vero, ma so svolgere il mio compito o i druidi non ti avrebbero affidata a me. E, per la cronaca, io mi chiamo Derek.» ribatté lui senza perdere la calma.

«Il tuo nome non cambia il fatto che tu sia un umano…».

«Senti…il mio compito è quello di proteggerti, ma non mi costerebbe niente distrarmi quando un cacciatore deciderà di attaccarti. E so che i tuoi poteri in confronto a quelli dei cacciatori sono irrisori.» la minacciò il giovane, irritato dalla sua arroganza.

Sul volto di Psyche si delineò un’espressione di puro terrore.

«E ora rispondi alle domande che ti farò.» disse l’umano  «Il colore dei tuoi occhi ha un significato?».

«Se diventano gialli ti conviene starmi lontano, diventano rossi in poco tempo e allora sono guai seri per te e per tutti.» rispose piatta Psyche.

Un gatto nero fece la sua comparsa nella stanza miagolando allegramente e dirigendosi verso di lei. Cominciò a strusciarsi sulle sue gambe e a fare le fusa.

«Hai un gatto.» constatò la ninfa chinandosi a prendere in braccio il micio.

«Si chiama Devil.» disse Derek guardando diffidente il suo compagno di appartamento in braccio a Psyche.

«Perché gli hai dato un nome come questo?» domandò lei contrariata rabbrividendo nel sentire quel nome.

«Perché mi piaceva e poi è un gatto nero…chiamala deformazione professionale…».

«A lui non piace.» decretò lei.

«Chi te l’ha detto?» sbottò Derek infastidito dalle sue continue critiche.

«Lui.».

«Lui?».

«Andiamo…lo sanno tutti che i gatti sono gli animali del Demonio! Io sono una sua emanazione, è logico che io riesca a parlare con loro!» esclamò lei.

«Pensavo fosse solo una credenza medievale. Non ci ho mai dato molto peso…» replicò lui un po’ scettico.

«Mi sembri un protettore un po’ ignorante…».

«Oh, scusami se nessuna ninfa  si è messa a parlare col mio gatto finora!» sbuffò Derek.

«Continua con le domande…» gli disse Psyche.

«A che ti serve la coda?».

«E velenosa, posso usarla come arma. E’ molto sensibile.» rispose lei muovendola: una lunga coda rossa terminante in una punta piatta nera a forma di seme di picche.

Devil reclamò di scendere dalle sue braccia e lei lo ripose a terra. Il micio si diresse verso il padrone e gli saltò in grembo senza preavviso.

«Dio, Devil! Fa’ attenzione!» lo rimproverò Derek.

Quel nome.

Le sue orecchie vennero pervase nuovamente da un fischio acutissimo.

Un fischio straziante che non accennava a finire.

Psyche si portò le mani alle orecchie con dolore e si raggomitolò a terra in preda ai convulsi.

L’umano la guardava sconcertato e cercava di chiederle qualcosa, inginocchiato vicino a lei, ma lei non sentiva altro che un forte fischio.

Troppo forte.

Non capì cosa stesse succedendo, ma in poco tempo la stanza in cui si trovava venne come invasa da tanti piccoli moscerini che cominciarono ad oscurarle la vista.

Buio totale.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

 

Si stava riprendendo. Era svenuta da un’ora ormai.

«Che cosa è successo?» chiese aprendo gli occhi.

«Sei svenuta.» le rispose Derek appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate. «Piuttosto A TE cos’è successo…».

«Hai detto…quel nome. Mi fa lo stesso effetto che mia fa una voce innocente: la mia testa viene pervasa da un fischio, solo che in questo caso è molto più potente.» rispose Psyche cercando di puntellarsi sui gomiti.

«Resta sdraiata, sei ancora debole.» le intimò Derek.

«Io non sono debole…» obiettò lei ricadendo pesantemente sul materasso.

«Dicevi?» la canzonò lui «Riposati se non vuoi farti uccidere.» concluse avviandosi in salotto. Lei ubbidì e si accoccolò sotto le coperte per dormire.

“Una ninfa infernale…sono messo veramente male questa volta.” pensò Derek abbandonandosi sulla poltrona.

Non era il suo primo incarico: un protettore diventava tale a 15 anni e lui ne aveva già 23, di demoni da proteggere ne aveva già avuti a bizzeffe e di tutti i tipi. Ma mai una ninfa.

Come gli aveva detto Morgan le ninfe erano dirette emanazioni di Lucifero ed erano state create per servirlo. Erano come sue figlie, nessuna aveva mai tradito. Perché lei sì? Mistero che doveva risolvere se voleva proteggerla.

Se solo avesse accettato di essere protetta! Ma a quanto pareva lei preferiva svanire che essere protetta da un umano. Avrebbe dovuto portare pazienza con lei, già lo sentiva. D’altronde era un demone, e sapeva bene che nessun demone aveva un carattere affabile e gentile: non era nella loro natura.

Il campanello.

“Ci mancava solo che venisse a trovarmi gente!” pensò Derek sbuffando e avviandosi verso la porta. Il mal di testa gli stava dando la nausea.

«Sean…».

«Hey, amico! Come va? Già in piedi alle 8? E io che ero venuto a svegliarti…come sei messo a postumi?» gli chiese un ragazzo più o meno della sua età, fermo sulla porta.

«Vuoi che ti spacchi la testa?» sibilò Derek tra i denti . Sean lo scostò di lato per entrare.

«Non mi fai nemmeno entrare…maleducato!» scherzò l’amico.

«Sean, non è il momento…adatto! Non puoi tornare dopo?».

«Perché parli così sottovoce?» chiese l’amico «Ah…». Sean era arrivato sulla soglia della stanza da letto di Derek e osservava Psyche sdraiata sotto le lenzuola del suo letto. «Ora capisco…hai “ospiti” in casa…ci siamo dati da fare stanotte!».

«NO! Non è come credi tu!!» protestò Derek accorgendosi dell’ enorme granchio che aveva preso Sean.

«Noooo! Ok, va bene, come vuoi tu…» disse lui osservando maliziosamente l’amico. «Tolgo il disturbo…MA, domani mi racconti tutto! Ciao!».

Derek non fece in tempo a ribattere che l’amico uscì velocemente come era entrato.

“Lui pensa che io e…Psyche??” pensò restando a fissare la porta come un fesso. Intanto il cervello gli pulsava nel cranio, come una batteria. Non riusciva più a pensare lucidamente. Tum…tum…tum…tum…

Non resse più: i veri postumi della sbronza si fecero sentire in un colpo solo. Corse in bagno parandosi la bocca con una mano.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

 

«Non è possibile che io debba rimanere chiusa qui senza potere uscire!» protestò Psyche infuriata. Derek le aveva appena spiegato la situazione e le aveva vietato di uscire di casa, onde evitare di essere rintracciata e catturata dai cacciatori.

«Non mi interessa la tua opinione! E’ così e basta. Tu non esci di qui senza di me.» sentenziò il suo protettore «E poi sarebbe difficile farti passare inosservata…» continuò accennando alla sua coda e ai suoi occhi cangianti.

«Dunque sono scappata per salvarmi dalla cattura per essere costretta a rimanere prigioniera comunque?!».

«Non sei prigioniera, sei al sicuro. E’ completamente diverso!» esclamò Derek stanco di discutere continuamente con lei.

«Al sicuro bloccata in una casa di 20mq con un umano che mi controlla…no, non sono prigioniera!» disse Psyche con una punta di sarcasmo acido.

«Ma sei una ninfa o una regina che deve essere servita dai suoi paggi??? Io ti devo proteggere, non posso mandarti in giro con i cacciatori che stanno sulle tue tracce!! Qui sei al sicuro perché la tua aurea è protetta, come te lo devo dire?!».

Gli occhi di Psyche cominciarono a tingersi di giallo nel fissare Derek con disprezzo. Rimasero così per qualche secondo prima di cominciare di nuovo a cambiare. Uccidere il suo protettore non sarebbe stata un’idea saggia, lo capiva. Si limitò a rivolgergli un ultimo sguardo irato prima di voltarsi per andare nella sua stanza, la stanza di Derek.

«Dove hai intenzione di andare?» la bloccò lui.

«Il più lontano possibile da te, umano.» sibilò lei tra i denti. Non riusciva a soffrire il fatto di avere vicino a sé un essere tanto inferiore, le faceva vergogna.

«Non in camera mia! Per causa tua sono stato svegliato alle 6 e non ho potuto dormire abbastanza, ho pure rimesso, se ti fa piacere saperlo…ora la stanza è in MIO possesso!» disse Derek bloccandole il passaggio sulla soglia della porta.

«Sai che se stai fermo lì ti possono rapire i folletti?» sbottò Psyche sperando con tutto il suo essere che un folletto decidesse di sbucare fuori proprio in quel momento per far scomparire il suo protettore. Lo odiava, ne era certa.

«Non possono rapire un protettore: sono immune a questi problemi di secondo ordine grazie alla magia dei druidi. Mi dispiace, ma per vedermi scomparire dovrai aspettare che mi faccia fuori o un cacciatore o Lucifero in persona.» sorrise lui con aria trionfante.

Psyche rabbrividì nel sentir pronunciare il nome di Lucifero, quasi temesse che sentendosi evocato potesse giungere lì e catturarla.

Aveva paura.

Sapeva che l’unico in grado di salvarla era il suo protettore, quel Derek, ma non era disposta a farsi proteggere da un essere umano…non poteva…lei era un demone!

«Che ti succede? Hai paura che arrivi Lucifero a prenderti?». La sua domanda la sorprese. «E’ facile capire che ne hai il terrore: i tuoi occhi diventano viola. Il loro colore rappresenta il tuo stato d’animo vero? Me n’ero già accorto…Bé, sappi che finché ci sono io Lucifero non può rintracciarti. Tranquillizzati.» disse lui gonfiando il petto «E ora, buon pomeriggio. Io vado a dormire!».

Aveva già capito!

Psyche fissò il ragazzo chiuderle la porta della stanza in faccia come se ci fosse abituata tanto era stupita dalla rapidità con cui l’umano aveva compreso il significato dei suoi occhi. Non capiva quando aveva avuto il tempo per osservarli. Come aveva fatto a collegare il loro colore al suo umore?

Era questa la caratteristica di Psyche, lo stato d’animo. Era la ninfa della psiche, infatti.

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


 CAPITOLO 7

 

Derek si svegliò verso le 9 di sera, ancora distrutto a livello dello stomaco, ma con un mal di testa in meno.

Osservò incuriosito un fagottino di coperte che si trovava sul pavimento della sua camera. Devil non poteva essere, era lì accoccolato vicino a lui. Chi?

Piano piano si alzò per andare a controllare l’oggetto non identificato, mantenendo la stanza nella semioscurità.

«AH!».

«AH!».

Entrambi i soggetti fecero un salto di  molti centimetri per lo spavento. Psyche osservò Derek e lui osservò lei col petto che ondeggiava su e giù per il fiatone. Difficile dire chi dei due provasse il desiderio omicida più profondo nei confronti dell’altro a causa dello spavento preso. Un luccichio giallo provenne dal fagottino.

«Che…cosa…ci…fai…IN CAMERA MIA!» sbraitò Derek, si ricordava benissimo di averla chiusa fuori.

«Volevo dormire…e di là…».

«Avevi paura?».

«NO!...non mi sentivo a mio agio…ecco…» disse Psyche abbassando lo sguardo sulla coperta che l’avvolgeva: il suo stesso mantello.

«Potevi svegliarmi…mi hai spaventato.» disse Derek scivolando a sedere sul pavimento, appoggiando la schiena al letto. Devil si svegliò e cominciò a dare delle testate affettuose al suo padrone.

«Se ti avessi svegliato ti saresti arrabbiato.» rispose Psyche coprendosi di più col mantello.

«Tanto ormai…cosa ti cambiava?».

«Non possiamo continuare a litigare in eterno, dovrò stare qui finché i druidi non troveranno per me un posto sicuro dove rimanere. Ho idea che ci vorrà molto tempo e io e te dobbiamo cercare di convivere.».

«Wow! A cosa devo questa conversione improvvisa?» esclamò Derek sorpreso alzando di scatto lo sguardo e scontrando così violentemente la testa contro il musetto di Devil che protestò.

«Gli hai fatto male!» piagnucolò Psyche accogliendo Devil che si andò ad adagiare tra le sue ginocchia.

«La cosa è reciproca…e ora non dirmi che sei pure empatica coi gatti!» disse Derek massaggiandosi la testa. Psyche non rispose, si limitò ad accarezzare mite il gatto che cominciò a fare le fusa.

«Credo che io e te si debba ricominciare tutto da capo.» sentenziò Psyche «E’ meglio se tu conosci qualcosa di più sulla mia razza.».

«Sono tutto orecchi!» disse il ragazzo mettendosi comodo.

«Credo che tu sappia qual è la funzione di noi ninfe infernali: siamo delle serve di Lucifero; curiamo il suo nutrimento, il suo alloggio e lui ci utilizza come una cassaforte. Tutti i suoi pensieri vengono riversati in noi ninfe: Psyche, Sophia e  Subconscio…».

«…una per ogni tipologia di “mentalità” per così dire.».

«Esattamente, e credo non ti sia difficile capire il perché di questa cosa.».

«La mente e i pensieri sono la causa principale del peccato?» azzardò Derek.

«Sembra banale, ma è così. Ognuna di noi ninfe ha una sua caratteristica che la differisce dalle altre: Sophia predice il futuro, Subconscio legge nel pensiero e io…».

«…manifesti i tuoi stati d’animo e percepisci quelli degli altri.».

«In questo modo Lucifero è in grado di eliminare i suoi avversari maggiori.» concluse Psyche.

«Siete la sua arma segreta…e lui confida i suoi piani a voi perché…?» domandò Derek.

«Perché ciò che ci viene detto da lui rimane nelle nostre menti, come una cassaforte.».

«E tu non puoi rivelarle?».

«No.».

«E allora perché sei in questa situazione se non puoi rivelare ciò che ti viene comunicato da Lucifero?».

«I druidi sono entrati nella mia testa, ho comunicato così con loro. Il problema più grosso è che la mia natura non mi darebbe la possibilità di tradire il mio signore. Perché io l’ho fatto?» Psyche era riuscita a esporre il dubbio che l’attanagliava da giorni e giorni.

«La tua coscienza si sarà fatta viva…» disse tranquillamente Derek.

«Derek» disse Psyche pronunciando per la prima volta il nome del suo protettore «io sono un demone, non ho una coscienza.».

 

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

 

Era vero.

Lei era un demone, per quanto simile a un essere umano era pur sempre un demone.

E i demoni non avevano una coscienza che permetteva loro di decidere cosa era giusto o sbagliato fare: obbedivano agli ordini  dei loro superiori e basta, e se l’ordine era quello di mantenere un segreto loro lo mantenevano.

«Sei sicura di essere…del tutto demone?» le domandò Derek. In fondo non sarebbe stata la prima volta che Lucifero si fosse unito a donne umane e mortali; lo stesso Merlino, maggior rappresentante dei druidi, era nato dall’unione di Lucifero con una donna umana.

«Sì, altrimenti non avrei la coda. Le ninfe sono emanazioni, non sono generate da un’unione.» gli spiegò Psyche sentendosi un po’ offesa dal fatto che Derek potesse pensare che lei avesse sangue umano nelle sue vene.

«Che io sappia non è mai successo che un demone tradisse, se non per secondi fini.».

«Non ho secondi fini in questo, mi è solo sembrato…giusto farlo.» obiettò Psyche «…e non dovrei saper distinguere tra giusto e sbagliato. Non so cosa mi stia succedendo: questa non è la mia natura!».

«Piuttosto a me sembra strano il fatto che prima mi detestassi e che ora ti confidi addirittura…» disse Derek guardandola spaesato. Nessun demone si era mai confidato con lui: il suo dovere era quello di proteggerli, Morgan lo informava sulle loro caratteristiche e loro erano scontrosi per tutto il tempo. Non era prevista la fase della confessione.

La ninfa alzò lo sguardo azzurrognolo verso di lui per un secondo prima di riabbassarlo.

«Avevo bisogno di togliermi un peso…e poi se si deve convivere tanto vale ridurre gli attacchi.» rispose saggiamente, lasciando che Devil le si accoccolasse sulle spalle a mo di sciarpa.

«Potrei cominciare a diventare geloso…Devil non dà confidenza agli estranei, di solito.» protestò Derek.

«Forse mi preferisce perché non lo chiamo con quel nome orribile…» disse Psyche accarezzando il musetto del gatto con la guancia. Devil ricambiò il gesto con una leccatina affettuosa.

«Non è un nome orribile! E’ un nome particolare…originale…» sbottò offeso Derek.

Devil miagolò piano.

«Ha detto che lui lo odia.» gli comunicò Psyche. Derek uscì dalla stanza borbottando qualcosa a proposito degli amici traditori.

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


CAPITOLO 9

 

Dove accidenti era finita? Era scomparsa approfittandosi del fatto che lui era uscito per fare la spesa e ora non sapeva dove cercarla.

“Dannazione!” pensò Derek mentre si aggirava per le vie della città con i nervi tesi e le orecchie pronte a captare il rumore più impercettibile. Doveva trovarla a tutti i costi. La chiacchierata che avevano fatto qualche giorno prima e il comportamento successivo di Psyche gli avevano fatto credere che la ninfa si fosse finalmente calmata e che avesse accettato il suo stato di protetta, ma evidentemente si era sbagliato: in fondo era pur sempre una demone.

“Se la trovo giuro che quando torniamo a casa la incateno a una sedia! Voglio vedere se riesce a scappare ancora, dopo!” pensava mentre girava l’angolo per entrare in un viottolo a senso unico nella periferia. Quel posto non gli piaceva.

Si fermò un istante per fare mente locale. Se fosse stato un demone dove sarebbe andato? Di sicuro in un posto abbastanza isolato per sfuggire da sguardi indiscreti, soprattutto nel caso di una ninfa, visto che erano munite di coda. “Direi che come posto isolato questo sia perfetto…” si disse Derek guardandosi intorno senza scorgere nessuno. In secondo luogo avrebbe cercato un posto che gli ricordasse il suo ambiente. Derek non era mai stato agli Inferi, ma Morgan glieli aveva descritti nei minimi dettagli e poteva affermare con sicurezza che non c’era luogo in tutta la città più vicino all’immagine dell’Inferno che aveva in testa: si trovava vicino al fiume che attraversava la città, costeggiato da palazzi disabitati e ricoperti di muschi, così alti da impedire al sole di illuminare i vicoli. “Sì…credo che verrei qui…”.

Quasi a confermare i suoi pensieri, si udì un urlo femminile seguito a ruota dal rumore di un dardo lanciato. I cacciatori l’avevano trovata prima di lui. Derek si mise a correre più velocemente possibile in direzione dei rumori…aveva in testa solo i battiti del suo cuore che acceleravano con lui. Non poteva lasciar catturare la sua protetta, non poteva…

«Credo che ora verrai con me…» sghignazzò una voce poco davanti a lui.

«Non credo proprio!» gridò assaltandolo da dietro. Il cacciatore cadde a terra, sorpreso dall’intervento del protettore, ma si rialzò velocemente.

Una figura se ne stava appoggiata a una parete di cemento che fungeva da argine per il fiume sottostante. Pietrificata dalla paura. Derek ebbe appena il tempo di riconoscerla che il cacciatore lo assalì con un dardo. Lo schivò per miracolo.

«Psyche allontanati!» urlò in direzione della ninfa che uscì dallo shock provocatogli dall’arrivo del cacciatore, ma non si mosse.

«Non startene lì! Corri via! Scappa!» urlò nuovamente Derek vedendo che Psyche non si muoveva.

«Non le servirà a niente scappare, quando avrò finito con te, protettore!» sibilò il cacciatore con un’espressione divertita e malefica dipinta in volto.

«Non sottovalutarmi troppo, cacciatore…ho molteplici qualità che tu ancora non conosci!» rispose Derek voltandosi di nuovo a guardare il demone.

«Tutte troppo inutili per salvarti!» disse l’altro saltando verso di lui.

Era l’errore che stava aspettando, l’aveva commesso in fretta, tutto sommato…non aveva usato i dardi preferendo uno scontro fisico. Quando il cacciatore gli fu addosso, Derek sfilò da sotto la camicia che portava un pugnale d’argento a tre lame con l’elsa decorata da due draghi intrecciati e lo trafisse. Il cacciatore svanì all’istante, distrutto.

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


CAPITOLO 10

 

Come aveva fatto a farlo svanire? I demoni erano immortali, potevano essere svaniti solo da Lucifero in persona, il che era un po’ come morire…in realtà era come se non fossero mai esistiti.

«Ti avevo detto di scappare! E, a dirla tutta, ti avevo detto di non allontanarti mai, assolutamente mai, da casa mia! Potevi venir catturata!» la rimproverò il suo protettore. Nonostante lo shock poteva benissimo sentire un leggero senso di colpa che le attanagliava lo stomaco. Abbassò lo sguardo.

«Esigo una spiegazione e…».

«Non credo ce ne sarà bisogno.» esclamò una terza persona colpendolo con un dardo. Derek si accasciò a terra.

Era sola.

Di nuovo.

Psyche tornò a provare terrore.

«Ti stavo cercando…» le disse il cacciatore avvicinandosi a lei.

Non voleva. Non voleva tornare dal suo creatore, voleva rimanere lì finché tutto non si fosse calmato, finché quel brutto sogno non fosse finito…doveva evitarlo!

La paura cominciò a lasciare posto all’istinto di sopravvivenza. I suoi occhi cominciarono a tingersi di un giallo sempre più tendente al rosso, finché questa non fu la tonalità dominante. Intanto il cacciatore le stava sempre più vicino, ignaro del significato che quegli occhi stavano assumendo in quel momento.

E lei scattò. Lo sguardo cattivo come quello di una leonessa che attacca la sua preda. Non c’era più quel bagliore che la rendeva così simile a un’umana nei suoi occhi…vi si poteva leggere solo il desiderio di uccidere. La sua coda velenosa saettava nervosa dietro di lei, impaziente di colpire.

Aveva atterrato il cacciatore e gli stava sopra con le ginocchia strette a premergli sotto il mento. Ma lui era più forte, ed era riuscito a respingerla per potersi rialzare. Psyche spalancò la bocca mostrando due canini appuntiti pronti all’attacco.

«Questo gioco non è divertente…» disse il cacciatore in tono irato, aumentando la potenza del dardo che stava creando tra le mani.

«Sei tu che non sai divertirti!» lo apostrofò Derek da dietro le spalle.

Psyche alzò lo sguardo sorpresa.

«Tu? Dovresti essere morto!» esclamò il demone.

«Giusto: dovrei. Ma fortunatamente non è così!» sghignazzò Derek «Adesso siamo in due…» continuò poi rivolto a lei.

Il cacciatore non sapeva più da che parte guardare: era stretto tra una ninfa combattiva e un protettore che era sopravvissuto ai suoi dardi. Era spacciato.

«Ah!» gridò quando la coda di Psyche gli penetrò nella carne liberando il suo veleno.

Non sarebbe svanito, lo sapeva, ma sperava che la sua mossa l’avrebbe indebolito quel che bastava a permettere a Derek di eliminarlo.

«Addio, amico!» esclamò lui prima di infilzare il cacciatore con il pugnale e farlo così svanire.

Psyche tornò normale. «Grazie…» disse dopo un po’ evitando di guardare il suo protettore negli occhi.

«Di niente, è il mio lavoro!» rispose lui con noncuranza «Torniamo a casa che è meglio.».

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


CAPITOLO 11

 

I due tornarono a casa il più velocemente possibile, cercando attentamente di non incappare in qualche cacciatore sulle tracce di Psyche.

«Senti niente?» le chiese Derek dopo un po’ che camminavano diretti verso l’appartamento. Le aveva chiesto di tenere i suoi sensi da demone in allerta, casomai fosse riuscita a captare un pericolo o qualche aura malvagia.

«No, niente…» rispose lei tesa: era ancora sotto shock per l’attacco.

Derek si vergognò un po’ di ritrovarsi a pensare che forse se lo era meritato. “Chissà che non abbassi un po’ la cresta, adesso…” si era detto pochi minuti dopo la fine della lotta, ma se n’era già pentito: Psyche non faceva altro che guardarsi attorno furtiva e sobbalzava per il minimo rumore. Era ancora visibilmente terrorizzata.

«Non possono farti niente finché ci sono io con te…ecco perché non voglio che ti allontani.» le bisbigliò cercando di calmarla e di rimproverarla allo stesso tempo per avergli disobbedito.

«Ti aveva ucciso…come…?».

«Non ero morto. Ero svenuto. Ti ho detto che i druidi mi hanno reso immune a certi incantesimi e maledizioni: finché la mia testa resta attaccata al corpo possono uccidermi solo Lucifero o il suo Opposto in persona!» sogghignò Derek. Era stato ben attento a non dire “Dio” per evitare un attacco epilettico alla ninfa.

«Sei immortale?» continuò a domandare lei.

«No, sono seminvulnerabile. Sono pur sempre un essere umano, la mia vita finisce, non come sua signoria qui presente!» rispose sorridendo.

Psyche lo osservò critica. «Farei a cambio in ogni momento…» sussurrò poi più a se stessa che a Derek. Lui la guardò spaesato; era la prima volta che un demone gli diceva che avrebbe preferito uno scambio con la mortalità umana. D’altronde, quale umano avrebbe rinunciato a una giovinezza e a una vita eterna? Nessuno.

«Non fissarmi a quel modo, non sai cosa vuol dire essere un demone.» lo riprese Psyche. Ormai erano entrati nel vicolo dove viveva Derek e stavano cercando il palazzone.

«Vero, ma tu non sai cosa vuol dire morire. Non è piacevole, sai?».

«…».

«La regola dice che per diventare invulnerabile bisogna morire almeno una volta. E a me piace molto di più vivere!» esclamò Derek aprendo la porta del suo appartamento.

«Com’è successo?...com’è?» chiese Psyche desiderosa di conoscere qualcosa che non aveva mai provato.

«E’…freddo. Stavo cercando Morgan e ho trovato due demoni. Avevo sedici anni, era impossibile che sopravvivessi a uno scontro con due demoni di sesto girone. Morgan mi ha ritrovato e mi ha “invulnerabilizzato”, se così si può dire.».

Psyche lo guardava allucinata, come se pendesse dalle sue labbra.

«Senti…fatti una doccia mentre io esco, ti rilasserà. Io vado a comprarti dei vestiti; se vuoi uscire di qui ogni tanto non puoi farlo in stracci e mantello. Hai qualche preferenza particolare?» disse Derek preparandosi ad uscire nuovamente. A Psyche non piacque l’idea di rimanere sola in casa, ma capì dallo sguardo di Derek che non doveva preoccuparsi. «Se sei in pericolo lo saprò. Non preoccuparti. Farò più in fretta possibile…a dopo!».

E detto questo uscì.

 

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


CAPITOLO 12

 

Derek mantenne la promessa e tornò nel giro di un quarto d’ora. Aveva impiegato anche troppo tempo per i suoi gusti, ma la commessa continuava a fargli domande su ciò che stava comprando e si metteva a ridere ogni volta che Derek le chiedeva informazioni sul prezzo di un paio di jeans o di una camicetta. “Quella deficiente avrà pensato che sono un travestito! La stupidità umana non ha confini!”.

«Psyche! Ti prego dimmi che non sei scappata di nuovo mentre ero via!» disse Derek entrando nel suo appartamento. Il soggiorno era vuoto, così come tutte le stanze che controllò. Una strana sensazione di panico cominciò a farsi strada tra le sue viscere…arrivato alla porta del bagno sperò con tutto il suo cuore che la sua protetta si trovasse là dentro. Bussò: «Ehm…sei qui dentro? Psyche?».

Nessuna risposta.

«Psyche, ti prego, dimmi se sei qui dentro…» ripeté Derek con un’ansia sempre maggiore che l’assaliva.

Nessuna risposta, di nuovo.

Derek gettò all’aria ogni buona educazione ed entrò nel piccolo bagno con il cuore in gola. Psyche era lì, avvolta in un asciugamano gigantesco, seduta su una seggiolina vicina alla finestra.

«Hey, mi hai fatto spaventare! Perché non mi hai risposto?» esclamò Derek vedendola «Ma…stai piangendo?». Il volto di Psyche era infatti segnato dalle lacrime e i suoi occhi gonfi indicavano che aveva pianto moltissimo.

«Non…sto…piangendo. Io non piango mai…» cercò di difendersi la demone asciugandosi in fretta i solchi bagnati sulle guance «E non guardarmi in quel modo!» disse poi rivolta a Derek che la guardava afflitto.

«E’ normale sfogarsi, anche piangendo. Dopo quello che hai passato oggi pomeriggio non me ne meraviglio…».

«Ho detto che non sto piangendo!» ripeté Psyche infastidita. «…scusa…» disse poi dispiaciuta al suo protettore; in fondo se era ancora lì era solo per merito suo che era riuscito a trovarla in tempo.

«Fa niente, ti capisco…non è mai bello farsi trovare deboli.» la consolò Derek mettendole una mano sulla spalla. Psyche si voltò a guardarlo sorpresa: era la prima volta che le rivolgeva parole di conforto e che la toccava. «Io vado a preparare qualcosa da mangiare…ti ho preso dei vestiti. Sono in camera mia.».

Detto questo Derek uscì dal bagno e lasciò la demone da sola. Psyche tornò a guardare fuori dalla finestra, pensierosa. Osservava le macchine attraversare il ponte in lontananza, gli uomini chiacchierare lungo la strada, il paesaggio dell’intera città estendersi in orizzontale perfettamente visibile dalla sua posizione al terzo piano. Osservava e pensava a quanto invidiava ognuno di quei mortali disprezzati da lei fino a quel momento.

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


CAPITOLO 13

 

«Ti avevo avvertito di non lasciarla sola!! Mi hai deluso questa volta, ragazzo!» sbottò Morgan rivolto a Derek che stava cercando di sfogare tutta la sua vergogna e il suo nervoso sulla carota che stava tagliando.

«Le avevo detto di non allontanarsi, speravo che mi avrebbe dato retta! Ma a quanto pare…».

«Ti sei sbagliato! Mi meraviglio di te! Dopo otto anni pensavo che non ti saresti fidato a lasciare un tuo protetto da solo! Sono sempre demoni, per quanto reietti!» lo riprese Morgan.

«Non succederà più, ok?! Anche perché non credo che lo rifarà…» disse Derek voltandosi a guardare Morgan in faccia.

«Potevano prenderla se non arrivavi in tempo.».

«Ma sono arrivato in tempo, quindi il problema non esiste!».

«Derek, se lei fosse stata catturata Lucifero avrebbe capito qual è il nostro nascondiglio! E’ una sua ninfa: l’avrebbe costretta a rivelargli tutto ciò che sa su di noi prima di svanirla!! Ti rendi conto della gravità della situazione?!».

«Ne sono perfettamente cosciente. Non c’è bisogno che me lo ricordi…» sussurrò Derek tornando ad accanirsi sulla carota.

«A me non sembra…».

«Bé, non me ne frega un cazzo di quello che sembra a te! Sono quasi morto per la 14 volta oggi per difenderla e non intendo sentirmi dire che non capisco la gravità della situazione!» sbottò il ragazzo con un rancore sconosciuto a Morgan.

«Derek, non sto dicendo che…» azzardò Morgan.

«Sì che lo stai dicendo!».

«Fammi finire!» lo interruppe «Non sto dicendo che non capisci la gravità della situazione, sto dicendo che fino a questo momento l’hai presa un po’ troppo sotto gamba.».

Derek fissò vacuo il suo riflesso nel vetro della finestra della cucina. “Sotto gamba…mi hai affidato una ninfa senza dirmi niente di lei, e ora pretendi che io abbia capito tutto e che non sbagli!” pensò con rabbia.

«Non fare l’offeso, ora. Sai che il mio compito è anche quello di riprenderti quando sbagli. Era come quando andavi a scuola: se prendevi un brutto voto venivi ripreso dal tuo insegnante.» disse Morgan in tono più paterno.

«Non ho mai amato molto andare a scuola.» rispose Derek gelido. Morgan fece per mettergli una mano sulla spalla per calmarla, ma poi ci ripensò vedendo lo sguardo scuro di Derek.

«Ehm…non so se l’ho messi bene, ma…». Psyche entrò nella stanza titubante e un po’ in imbarazzo, un po’ per non essere abituata a quegli abiti, un po’ perché si sentiva messa in mostra, cosa che odiava.

Indossava un paio di jeans estivi un po’ larghi e una camicetta gialla con allacciatura a tre quarti. La coda era accuratamente nascosta avvolta attorno a una gamba, appena percepibile sotto i pantaloni abbastanza larghi da coprirla.

«Io…» iniziò Derek guardandola sorpreso «…sei…».

«Meravigliosa.» gli corse incontro Morgan. Gli occhi di Psyche si colorarono di un allegro azzurro.

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


CAPITOLO 14

 

«Come sarebbe a dire “hanno fallito, non l’hanno presa”??» esclamò Lucifero contrariato balzando in piedi dal suo seggio d’avorio.

«Il protettore l’ha trovata in tempo, mio signore, e i due cacciatori sono stati eliminati…» sussurrò terrorizzato il piccolo demone inchinandosi profondamente davanti al re demoniaco.

«Se c’è una cosa che odio più che mai dei protettori è la loro capacità di far svanire i miei demoni quando dovrei essere io il solo in grado di poterlo fare!» disse contrariato quest’ultimo.

«Forse i cacciatori non sono il mezzo adatto per andarla a cercare, mio signore.» disse una voce femminile proveniente dall’ombra dell’entrata alla stanza.

«Forse dovremmo provarci noi.» continuò un’altra voce femminile.

«Sophia, Subconscio! Mie dilette…» esclamò deliziato Lucifero all’entrata delle due ninfe «Ho sempre detto che i miei demoni migliori siete voi insieme ai Peccati Capitali.».

«Manda noi a cercare Psyche!» insistette Subconscio prostrandosi ai piedi del suo signore.

«Non ora, voi sarete la mia ultima risorsa. Se altri due inetti di cacciatori mi deluderanno manderò voi due a cercare vostra sorella, ma non temete: non vi priverò del privilegio di vederla svanire.» rispose Lucifero.

«Devo incaricare altri due cacciatori, mio signore?» domandò discretamente il piccolo demone.

«Sì, i più forti che riesci a trovare. E di loro che non provino a scappare: è meglio per loro se sarà il protettore a svanirli piuttosto che io. E ora va!». Il piccolo demone scomparve dopo essersi proferito in elogi del suo signore.

«Voglio essere io a catturarla!» protestò Sophia agitando nervosamente la sua coda «Tanto so già che falliranno.».

«Sai anche tu che la tua capacità di prevedere il futuro non è affidabile se rivolta a dei demoni…anche se ho la sensazione che sarà così.» commentò Lucifero.

«Se la prenderò io sarò felice di torturarle la mente il più dolorosamente possibile!» disse Subconscio.

«Psyche pagherà il tradimento!» le diede manforte Sophia.

«Ah ah ah, mie creature, non siate impazienti. Avrete tutto ciò che vi spetta.».

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


CAPITOLO 15

 

«Perché ascolti canzoni che dicono “l’inferno non è un cattivo posto dove stare”? Sono orribili.» sentenziò Psyche rivolta a Derek il quale alzò ulteriormente il volume del lettore CD della sua macchina.

«Non sono orribili! E poi lo fanno per darsi un’immagine, non perché lo pensino.» rispose.

«Io rimango del parere che sono orribili, e tu, in quanto protettore di demoni, dovresti essere il primo a odiarli.» replicò lei.

«E invece mi piacciono, qualcosa in contrario?» domandò Derek voltandosi per un momento a guardarla.

Psyche non rispose e si voltò a guardare fuori dal suo finestrino. Stavano in viaggio da circa un’ora, ma Derek si era rifiutato di dirle dove la stava portando, sperava solo che fosse un posto tranquillo e che non incappassero in altri cacciatori. Aveva ancora addosso la paura di due settimane prima e probabilmente era quello il motivo per cui Derek la stava portando lontana dalla città: per farla rilassare e per dimenticare l’accaduto.

«A che stai pensando?» le domandò lui dopo parecchi minuti di silenzio.

«A niente.» rispose lei cercando una posizione più comoda sul sedile; la cintura di sicurezza le dava una tremenda sensazione di trappola e si dimenava come una bambina piccola.

«Ti ho detto che non devi più pensarci.» replicò Derek leggendo tra le righe.

Psyche gli rivolse uno sguardo viola e penetrante «A volte mi chiedo se sai leggere nella mente come Subconscio…» disse.

«Non serve essere una ninfa infernale per capire che il tuo niente significa cacciatori. E comunque speravo che l’avventura ti avesse dimostrato la mia abilità di protettore: speravo non avessi più paura quando sei con me.» disse Derek con un mezzo sorriso stampato in faccia. Psyche sorrise, fu il suo primo sorriso. Derek fu felice di essere riuscito a scioglierla un po’.

«Fra quanto arriviamo?» chiese lei tornando a guardare fuori dal finestrino.

«Ci siamo quasi. Ancora dieci minuti e poi potrai toglierti la cintura.» rispose lui ridendo. In realtà sapeva che l’unica cosa che manteneva Psyche nella macchina era proprio quel pezzo di stoffa duro che l’appiccicava al sedile: era una fortuna che non sapesse come si mettesse e si sfilasse.

«Come fate a rimanere legati con questa cosa senza impazzire?!» chiese Psyche che non riusciva a mettersi comoda.

«Pensiamo che se non resistiamo a tenerci la cintura ci arriva una bella multa. I soldi sono un ottimo deterrente.» rispose Derek con semplicità. Psyche non sembrò soddisfatta della risposta, forse sperava in qualche trucco per non sentirsi intrappolata dietro la fascia e che le impedisse di sclerare.

«Rilassati…è l’unico modo per non sentirla.» le disse lui mentre svoltava in una stradina laterale. Psyche cercò di distendere i nervi, ma i suoi occhi stavano diventando di un giallo sempre più arancio.

«Arrivati!».

«Era ora…» commentò Psyche schiarendo gli occhi «Toglimi quest’affare di dosso!».

«La gentilezza che non hai mai avuto…» decretò Derek «Ecco fatto: sei libera.».

Psyche non se lo fece ripetere due volte e in men che non si dica balzò fuori dall’auto. Erano in un paesino marittimo, si sentiva l’odore di mare a miglia dalla riva e i gabbiani che starnazzavano in cielo lasciavano pochi dubbi. Psyche si voltò verso Derek «Perché siamo qui?».

«Perché voglio che ti distrai e che ti rilassi – come pensava – e perché è estate e d’estate si va al mare.» disse lui chiudendo la macchina e avviandosi per una stradina.

Psyche sorrise felice seguendo Derek che la stava scortando alla spiaggia e che canticchiava canzoni da vecchio marinaio per darsi un tono.

«Sei stonato.» disse lei per il puro gusto di farlo arrabbiare.

«Comcomecossa??» esclamò lui avvicinandosi a lei come per riuscire a sentire meglio «Come sarei io??».

«Stonato.» disse lei allontanandosi da lui temendo vendetta.

«Ti do 10 secondi per ritrattare tutto o è meglio che ti metti a correre.» l’avvisò Derek.

«Sei stonato!» ribadì Psyche cominciando ad aumentare il passo e finendo con il correre per scappare da Derek che aveva cominciato a rincorrerla assetato di vendetta.

 

L’acqua era piacevolissimamente calda e le onde che si infrangevano sulla spiaggia le bagnavano dolcemente le caviglie. Era rilassante e il rumore dell’acqua contribuiva a distenderle i nervi. Derek la osservava seduto su uno scoglio, stando ben attento a non perderla di vista: essendo lontani da casa la sua aura era rintracciabile dai cacciatori che sarebbero potuti apparire in ogni momento e questa era l’ultima cosa che desiderava, portare Psyche a rilassarsi per trovare la fonte delle sue paure non sarebbe stato il massimo. Ma poteva succedere. Meglio stare attenti.

«Perché mi fissi?» gli chiese la ninfa voltandosi a guardarlo. Per un momento ebbe un tuffo allo stomaco per il colpo, era così concentrato nei suoi pensieri che la voce di Psyche lo aveva totalmente preso alla sprovvista.

«Non ti fisso, ti tengo d’occhio. Non si sa mai…» rispose.

«Se hai paura che scappi ancora perché mi porti in giro?» domandò ancora lei.

«Perché spero vivamente che tu non lo faccia, ma non mi fido al 100%: sei sempre un demone.» disse Derek facendole posto sullo scoglio.

«Se hai paura che scappi allora starò qui, così mi terrai d’occhio senza fissarmi.» sentenziò Psyche sedendosi accanto a lui.

«Ti piace il posto?» le chiese speranzoso di essere riuscito nel suo intento.

«Molto. E’ rilassante…e poi mi piace l’acqua.» rispose lei facendo dondolare i piedi, quasi si sentisse in imbarazzo.

«Strano…pensavo che ai demoni piacesse il fuoco…o forse è vero che gli opposti si attraggono?».

«Credo sia per quello: l’acqua completa il fuoco. Forse mi sento completata dall’acqua.».

«E a che stai pensando, ora?» domandò ancora Derek.

«Al mare.» rispose Psyche alzando lo sguardo verso di lui per vedere se ci credeva o meno.  Un arcobaleno di colori invase le iridi della ninfa facendole sembrare di vetro.

«Facciamo progressi, da niente a al mare…vuol dire che ho avuto l’idea giusta.» commentò Derek sforzandosi di distogliere gli occhi da quelli di Psyche che gli avevano fatto contorcere stranamente lo stomaco.

«Grazie.» bisbigliò la ninfa vergognandosi di quella parola che aveva appena pronunciata.

Per la seconda volta Derek si voltò a guardarla e suo malgrado sentì di nuovo il suo stomaco contorcersi nel fissare gli occhi multicolori di Psyche che lo fissava silenziosa e non seppe come, ma un secondo dopo la stava baciando. Un bacio lungo e dolce, senza motivo. Quando si staccarono Psyche lo guardava interrogativa. Voltò il viso dall’altra parte carico di imbarazzo e sensi di colpa. «Scusa…non so che mi è preso.» disse rifiutandosi di tornare a guardarla in faccia.

«Non è successo niente.» decretò lei calma togliendosi la sabbia dai piedi e rimettendosi le scarpe «Torniamo a casa.».

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Capitolo 16
*** capitolo 16 ***


CAPITOLO 16

 

Almeno era riuscito nell’intento di distrarla. Ma che cosa gli era passato per la testa??? L’aveva baciata, così, senza un motivo! Ne aveva sentito il bisogno e l’aveva fatto! Complimenti, Derek, ottimo comportamento! Senza contare che era pure una sua protetta! Si sentiva come se fosse stato l’insegnante pedofilo di una liceale. E quello che lo faceva impazzire più che mai era che lei stava facendo finta che niente fosse accaduto, il che lo metteva ancora di più a disagio. E Morgan l’avrebbe saputo…e l’avrebbe rimproverato nuovamente, gli avrebbe detto che stava diventando irresponsabile come protettore.

«Come si toglie questo affare?» chiese Psyche una volta arrivati, riferendosi alla cintura. Il fatto che non avesse fatto storie per tutto il viaggio e che non aveva chiesto a Derek di togliergliela personalmente era un cattivo segnale.

«Schiaccia il bottone arancione che hai a sinistra.» rispose lui in tono piatto evitando di guardarla o di mostrarle il bottone.

Psyche si tolse la cintura e scese dall’auto senza una parola. Così fece Derek e così. Silenziosi e distaccati, salirono le scale fino al terzo piano.

Entrambi si accorsero subito che qualcosa non andava: la puzza di zolfo, la porta dell’appartamento aperta e bruciacchiata, l’ingesso a soqquadro…due cacciatori.

«Finalmente…» disse uno dei due apparendo sulla soglia della camera di Derek. Come aveva fatto a non sentirli, Psyche? Era un demone, doveva percepire le loro aure! Ma l’appartamento era protetto…le aure dei due cacciatori erano nascoste…e come avevano fatto loro a trovare l’appartamento?

«Come siete arrivati fino a qui?» chiese Derek mentre uno dei cacciatori chiudeva la porta dietro di lui con uno schianto. Psyche era visibilmente in preda al panico.

«Seguendo la scia che la ninfa h lasciato dietro di se quando siete usciti per la vostra vacanzina estiva…» rispose il cacciatore «Una ninfa lascia una scia d’aura molto potente, non lo sapevi?».

Avrebbe voluto seppellirsi per essere stato così stupido! Avrebbe dovuto pensarci che portare in giro Psyche, con l’aura che aveva, sarebbe stato come mettere una freccia gigante lampeggiante sull’appartamento con una scritta al neon che diceva “qui c’è la ninfa infernale Psyche!”!

«Sei un protettore un po’ distratto…» sghignazzò l’altro cacciatore «I nostri colleghi dovevano essere proprio stupidi per farsi svanire da te.».

«Dacci la ninfa e noi ce ne andiamo risparmiandoti la vita.».

«Mai!» obiettò Derek tenendo sotto mira i cacciatori e cercando di non perdere di vista Psyche.

«Avanti, la prenderemmo comunque, una volta che ti avremo ucciso…non ne vale la pena…» replicò il cacciatore.

«Mi uccidereste comunque, tanto vale combattere un po’ e divertirsi, prima…» disse Derek sorridendo in segno di sfida.

«A divertirci saremo solo noi, temo…» sospirò uno dei due demoni preparando un dardo tra le mani e giocherellandoci.

«Psyche, nasconditi…» sussurrò Derek alla ninfa che si stava agitando sempre di più, ma che non si mosse. «Psyche, stavolta no, stavolta dammi ascolto.».

Psyche lo guardò, gli occhi giallo scuro sempre più arancioni, poi rossi «No.». E quel no fu indiscutibile: sarebbe rimasta lì. Derek la guardò con rimprovero, ma non disse nulla, mentre vedeva che la ninfa srotolava la coda fuori dai pantaloni dove l’aveva tenuta nascosta. (NON FATE COMMENTI, DEPRAVATI PERVERTITI!! ndJ)

«Che teneri che siete…» sghignazzò uno dei cacciatori «Ma ora basta scherzare.» e così facendo scagliò un dardo contro Derek che lo schivò per miracolo, mandandolo a schiantarsi contro la parete alle sue spalle.

«Di solito chi mi distrugge la casa mi fa molto arrabbiare…» disse Derek con l’aria di un attore da serial che avrebbe potuto risultare comica, in un’altra situazione.

«Non puoi attaccarci, umano.» disse l’altro cacciatore cercando di arrivargli alle spalle.

«Io no…ma lei sì.» rispose lui indicando Psyche che si era totalmente trasformata. Di nuovo l’istinto di sopravvivenza che prevaleva, di nuovo quell’atteggiamento animale e demoniaco terrorizzante, con un dardo sempre più grande che gli si formava nella mano destra.

Colpì il cacciatore che cercava di assalire Derek da dietro mandandolo a sbattere contro il muro. Il protettore colse l’occasione di debolezza nemica per svanire il primo dei due demoni. Ora ne rimaneva solo uno.

«Più facile del previsto…fortuna che dovevate eliminarmi subito!» esclamò sarcastico Derek.

«Sei vivo solo perché c’è lei che può difenderti, in realtà è lei che difende te!» sbottò l’unico cacciatore rimasto, in preda al panico.

«Non è colpa mia se ho buone conoscenze!» disse Derek schivando un altro dardo proveniente dal demone.

«Credo che dovreste cominciare coi saluti…» disse questo cominciando a sparare dardi a mitraglia.

«Hai ragione…che maleducati…» rispose Derek arrivandogli dietro con una capriola «Addio!» e lo perforò col pugnale, svanendole.

La casa tornò a essere silenziosa e Psyche tornò a essere normale, nascondendo di nuovo la coda.

«Dove hai imparato a fare quelle cose lì?» chiese curiosa accennando alla capriola.

«Ah…niente…mi piacciono i film di Bruce Lee…» rispose lui con indifferenza mettendo via il pugnale. Psyche lo guardò scettica, ma non fece altre domande: era salva un’altra volta.

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Capitolo 17
*** capitoli 17 [interludo] e 18 ***


CAPITOLO 17

 

«Un’altra volta?? Quel cacciatore ha svanito altri due cacciatori??». Lucifero era adirato, si muoveva per la sala del trono con nervosismo misto a ira. Quell’umano lo stava facendo imbestialire con la sua sfacciataggine, e in più non era ancora riuscito a riprendersi Psyche, il che lo minava nell’orgoglio poiché la ninfa era una sua stessa emanazione.

«Mi dispiace, mio signore, ma le loro aure demoniache sono svanite poco fa…» disse il piccolo demone con voce strascicata e tremante.

«E’ colpa tua che non hai scelto i migliori!» replicò Lucifero scagliando un dardo contro il piccolo demone che svanì all’istante, colpito. Ora si sentiva meglio, aveva sfogato parte della sua rabbia.

«Ora toccherà a noi, e noi non ti deluderemo, Lucifero! Troveremo Psyche e te la riporteremo, dopo aver ucciso l’umano…» esclamò Sophia alzandosi dal suo giaciglio insieme alla sorella.

«Siete le ultime a cui posso rivolgermi, ma comincio a pensare che quel protettore sappia il fatto suo e che abbia il potere di distruggervi…se ciò dovesse accadere avrà il piacere di incontrarmi di persona. Chissà se i suoi druidi l’hanno addestrato anche ad affrontare i demonio…».

«Non ce ne sarà bisogno, vedrai.» intervenne Subconscio avvicinandosi a Lucifero.

«Trovatela e portatemela…il piacere di vedere suoi occhi diventare neri per la paura sarà la gioia più grande che potrò provare.» disse lui accarezzando il mento della ninfa.

«Considerala già prostrata ai tuoi piedi.» rispose Sophia infilandosi il mantello e uscendo dalla stanza.

 

CAPITOLO 18

 

«Cos’è successo questa volta??? Perché i cacciatori sono riusciti a trovarla? Come hanno fatto?!» sbottò Morgan rivolto a Derek che ascoltava passivo le accuse del druido, evitando di guardarlo negli occhi. Sapeva benissimo che Morgan era già a conoscenza dei particolari dell’accaduto e delle cause, che le sue erano tutte domande retoriche: le faceva per dare modo all’animo di Derek di vergognarsi di se stesso.

«Rispondimi!».

«Che vuoi che risponda?! Sai già tutto senza che io ti stia a raccontare i particolari! Anche perché credo che tu conosca anche quelli…» esclamò Derek lanciandogli uno sguardo carico di rancore. Un brivido gli percorse il corpo. Sperava che almeno un particolare di quello che era successo quel giorno gli fosse sfuggito: quel piccolo particolare avvenuto sullo scoglio.

«Voglio che tu ammetta di avere commesso un secondo errore grave, Derek! Che le parole “ho fatto una gran cavolata” escano dalla TUA bocca!» replicò Morgan.

«Ho fatto una gran cazzata, contento?!» disse Derek scattando in avanti per l’impeto con cui aveva pronunciato quella frase. L’occlumanzia non era il suo forte, ma sperava che la magia di Morgan non andasse a indagare nella sua testa.

«Che mi stai cercando di nascondere, Derek?» chiese il druido con una calma che lasciava intravedere il rimprovero.

«Niente.» rispose il ragazzo cercando di autoconvincersi, cercando di chiudere le porte della sua mente a quella del vecchio.

«Cos’è successo ieri di così vergognoso da nascondermi?» continuò Morgan.

«Ho detto niente.».

«Derek, ti conosco abbastanza da sapere che non sei un buon bugiardo né un bravo occlumante.».

Non ci riusciva. Aprì le porte alla magia di Morgan che spalancò piano piano gli occhi e la bocca preannunciando le parole che avrebbe pronunciate in seguito.

«COS’HAI FATTO? Derek, per amor del cielo, è una tua protetta! Le conosci le regole!».

«Non so che mi è preso, va bene?! Un momento prima parlavamo e un momento dopo…non lo so che cos’è successo, ok? Non mi è mai capitato con nessuna mia protetta!» sbottò Derek sentendo crescere in sé la rabbia.

«Mi stai deludendo, Derek. E sai quanto mi costa dirlo…Non hai mai fatto errori e adesso ne fai uno dietro l’altro! Ti ho consegnato Psyche perché ti ritenevo il migliore, e invece mi sembri il quindicenne ignorante che aveva appena scoperto il suo destino!» esclamò Morgan, deluso.

«Già, destino…gran bel destino! Rischiare di farsi uccidere per dei traditori, in fondo non sono che questo!». Non avrebbe dovuto dirlo. Un rumore proveniente da vicino la porta della cucina gli fece capire che Psyche aveva sentito tutto il discorso e di sicuro quell’ultima battuta non le era piaciuta.

«Credo che ora sarai contento…» disse rivolto a Morgan.

«Non scaricare su di me le tue colpe: hai 23 anni ormai, è ora che cresci, ragazzo mio.» rispose questo prima di sparire.

«Bravo…sparisci! E’ l’unica cosa che sai fare!» urlò al vuoto. “Sei uno stronzo, Derek, lo sai?” gli disse la sua coscienza. Lo sapeva…si sentiva attaccato da tutte le parti, fisiche e mentali. Avrebbe voluto spaccare tutto per la rabbia, ma si accorse che la prima cosa da fare era andarsi a scusare con Psyche.

«Eilà…senti…» sussurrò piano entrando nella sua camera da letto, dove Psyche stava piangendo silenziosamente, accarezzando Devil che faceva le fusa.

«Vattene.».

«Senti…lo so che ho detto una cosa pesante, ma è così che reagisco quando mi sento in trappola o ho i coglioni girati. E’ sbagliato, ma perdo il controllo di me e dico cose che normalmente non direi mai…» continuò Derek andandosi a sedere vicino a lei.

«Credi che l’abbia scelto io?! Ti ho già detto come è successo tutto: sono stati i druidi a entrarmi nella mente! Non sarei in questo casino se non fosse per loro!» esclamò lei voltandosi a guardarlo, gli occhi gialli di rabbia.

«Lo so…è per questo che mi sento uno stronzo ad aver detto quello che ho detto, ma ti chiedo di metterci una pietra sopra, ok? Basta Morgan a dirmi che l’ho deluso come protettore.».

«Tu sei un buon protettore…» sentenziò Psyche in quello che fu un inaspettato complimento. Devil alzò uno sguardo curioso verso di loro.

«Grazie, ma Morgan ha ragione: non posso portarti in giro come se niente fosse, o almeno non così lontano e non per così tanto tempo. Ho messo a rischio la tua esistenza.» commentò Derek sentendosi un po’ in imbarazzo.

«Se non mi avessi portata in quel posto avrei continuato a pensare ai cacciatori ancora a lungo…hai fatto bene a portarmi via.» disse Psyche.

«Bella forza! Ci hanno attaccati due ore dopo!» disse amaro Derek.

«Ma non avevo più tutta quella paura che avevo prima.».

Derek la guardò riconoscente. Non avrebbe mai pensato che l’unico sostegno sarebbe arrivato proprio da lei, quella ninfa che all’inizio era così scontrosa e snob. Qualcosa dentro di lui cominciò a godere.

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Capitolo 18
*** capitolo 19 ***


CAPITOLO 19

 

Caronte navigava la sua barca portatrice di anime muovendo dolcemente un remo nell’acqua, dolcezza che non riservava però verso i dannati che trasportava ai quali rivolgeva maledizioni e epiteti volgari. Sull’altra sponda dell’Acheronte comparvero dal buio due demoni avvolte in un mantello scuro che richiamarono l’attenzione del traghettante.

«Vecchio, attracca!» disse la demone dai capelli dorati.

Caronte ubbidì bestemmiando contro le due figure. «Voi demoni non dovreste salire a bordo della mia imbarcazione, io trasporto solo dannati…» borbottò.

«Credo che questa ti farà cambiare idea…» disse la stessa demone scostando leggermente il mantello per mostrare al vecchio una coda rossa e affusolata terminante in un seme di picche. Caronte sgranò gli occhi cerchiati di rosso in un’espressione di paura e reverenza.

«Se avete il pedaggio credo non ci saranno problemi…» disse chinando il capo davanti alle due ninfe.

«Prendi le tue monete e traghettaci fino a Minosse. Non fare domande.» sentenziò la ninfa coi capelli ramati mettendogli in mano due monete argentee.

Caronte ubbidì silenziosamente tornando a insultare i dannati mentre raggiungeva il secondo girone.

«Confessatevi a Minosse, prima di procedere!» ordinò il vecchio alle anime che scendevano dalla barca, una volta arrivati a destinazione. Queste sbarcavano piangendo e commiserandosi, non fu per cui difficile per Minosse distinguere le due ninfe in mezzo a loro.

«Perché siete qui? Il vostro posto è il Centro della Terra, perché siete risalite?» domandò Minosse facendo girare la sua coda attorno alla vita per sei volte, in risposta ai peccati dell’anima che gli si era appena confessata.

«Portaci rispetto, mezzo demone, è il tuo stesso signore che ci manda.» sibilò freddamente Sophia.

«Lucifero ha qualcosa da rimproverarmi?» domandò nuovamente il guardiano preoccupandosi.

«No, ma sappiamo che tra i dannati del quarto girone c’è un protettore rinnegato. Ci serve parlare con lui, aprici la strada.» gli ordinò Sophia.

Minosse fece quattro giri intorno alla sua vita con la coda e una porta minuscola aprì loro l’accesso nel quarto girone. «Pluto vi lascerà passare, ma avete poco tempo per trovare il vostro protettore, dopodiché dovrete uscire.».

Sophia e Subconscio ignorarono le parole del guardiano ed entrarono nel quarto girone mentre Minosse continuava a confessare anime.

«Cosa volete da me, ninfe? Com’è che Lucifero si spreca a mandarvi da me?» chiese cinico un uomo di circa 30 anni avvicinandosi al punto in cui le ninfe lo avevano convocato.

«Eri un protettore, rinnegato, ma lo eri e ci serve sapere alcune cose da te.» rispose Subconscio.

«Vi servono le mie informazioni? Ma come…difficoltà ad eliminare un protettore? Lucifero mi sta deludendo…» disse l’uomo sghignazzando.

«Bada a come parli, umano!» sbottò Sophia.

«Calmati, ninfa, o non avrai le tue informazioni, le quali mi sembrano essere abbastanza importanti per voi…».

«Spiegaci perché, su quattro cacciatori scelti tra i migliori, tutti e quattro sono stati eliminati dal protettore della preda senza che questo venisse minimamente ferito.» lo interrogò Subconscio.

«I protettori di demoni vengono invulnerabilizzati per evitare di morire ogni volta che un demone lo attacca. In verità è un po’ un paradosso, visto che per diventare invulnerabili bisogna prima morire, ma finora si è rivelata essere una buona protezione.» rispose l’uomo lanciando delle occhiate furtive a Pluto, il guardiano del girono, che squadrava il terzetto con sospetto.

«E quindi un protettore non può essere né ferito né ucciso da un demone?!» domandò Sophia scuotendo contrariata la testa dorata.

«Non esattamente: non può essere ferito né ucciso da dardi o proiettili, ma può essere ferito da arme da taglio o avvelenato, e io so che voi ninfe siete in grado di fare entrambe le cose.» sghignazzò l’uomo.

Sophia e Subconscio si scambiarono un’occhiata. «Quindi basta che lo colpiamo con la coda…» suggerì Sophia.

«Esatto, ma i dardi sono un’ottima distrazione: se lo colpite rimane svenuto per il tempo necessario a catturare la preda.» rispose l’uomo riavviandosi verso il guardino che lo stava richiamando.

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Capitolo 19
*** capitolo 20 ***


CAPITOLO 20

 

«La volete piantare di parlare male di me tu e quel traditore del mio gatto???» sbottò Derek rivolto a Psyche che coccolava Devil seduto sulle sue ginocchia. «Traditore!» sussurrò poi rivolto al gatto che produsse un sonoro miagolio.

«Ha detto di no, che a lui piace avere qualcuno con cui sparlare di te.» tradusse Psyche in tono solenne, ridacchiando.

«Ah sì? E’ così? Bene…allora vedremo quando lei se ne sarà andata quanto resisterai senza cibo!» replicò lui offeso.

«Non mi hai ancora detto dove andrò quando sarà tutto finito…» disse Psyche apparentemente indifferente, anche se in realtà erano giorni che si chiedeva come si sarebbe conclusa quella vicenda.

«Di solito i protetti vengono accolti nel Giardino dei druidi, dopo che si è riusciti a estrarre da Satana la loro essenza.» rispose Derek, felice di poter essere lui a insegnarle qualcosa, per una volta.

«Ah…» si lasciò sfuggire tristemente Psyche. Aveva sperato che dopo quella faccenda avrebbe potuto chiedere a Morgan di renderla umana, voleva vivere tra i mortali, non voleva più essere un demone, anche perché ormai si sentiva legata a quella vita.

«Non ti piace l’idea, eh?» chiese Derek notando l’espressione triste sul viso di lei.

«No no…è…perfetto!» rispose Psyche grattando distrattamente la testolina a Devil.

Derek finse di credere alla sua risposta, ripromettendosi di indagare a fondo più avanti.

A un certo punto Devil smise di fare le fusa e rizzò le orecchie a captare un rumore che solo lui era in grado di sentire. Psyche si irrigidì quando il gatto le saltò giù dalle ginocchia per andare a nascondersi. «Loro…» sussurrò con voce spezzata.

«Loro chi?» chiese Derek preoccupato.

«Le mie sorelle.» rispose la ninfa alzandosi lentamente dalla poltrona per fronteggiare la porta «Sono qui!».

Non fece in tempo a finire la frase che la porta si spalancò con un boato che fece tremare l’edificio semi disabitato. Due ninfe, una bionda e un’altra ramata, fecero irruzione nell’appartamento ricordando a Derek la prima volta che aveva incontrato Psyche.

«Sorella cara, quanto tempo…» disse Sophia con un sorriso beffardo stampato sulle labbra.

«Non è mai troppo poco.» replicò gelida Psyche.

«Non si fanno le presentazioni?» continuò Sophia riferendosi con un cenno del capo a Derek. Psyche sentì un brivido di terrore attraversarle la spina dorsale mentre i suoi occhi diventavano neri. «Salve, umano, io mi chiamo Sophia!» esclamò la ninfa scagliando un dardo molto potente contro il protettore.

«NO!» gridò Psyche in preda alla disperazione. Non era preparata all’arrivo delle sue sorelle, e l’idea che Derek potesse mancarle di sostegno anche solo per pochi minuti la faceva impazzire.

«Cosa succede, sorellina, da quando in qua reputi importante la vita di un essere umano?» chiese Subconscio attaccando a sua volta Derek che aveva evitato il primo colpo.

Psyche tremava, e intanto il passare continuo dei suoi occhi dal nero al giallo intenso mostrava come il suo essere si dividesse sul da farsi.

«Se è me che volete, lasciate perdere Derek!» urlò sentendo la rabbia crescerle in corpo quando Derek evitò per un soffio l’ennesimo dardo.

«Anche per nome lo chiami! Sei proprio cambiata, Psyche!» le disse Subconscio guardandola con disprezzo e cambiando il bersaglio dei suoi attacchi.

La trasformazione di Psyche arrivò appena in tempo e la ninfa riuscì a bloccare il dardo lanciatogli dalla sorella. «Sì, Subconscio, sono cambiata.» rispose ricacciando indietro il dardo che la colpì a una spalla. Derek approfittò del momento di debolezza della ninfa per svanirla col suo pugnale.

«NOOO!» urlò Sophia attaccando Derek con dardi e cercando di sferzarlo con la sua coda.

«Derek, stai lontano dalla sua coda! Non deve toccarti!» urlò Psyche cercando di colpire la sorella.

Sophia saltò addosso a Derek con un movimento felino e lo fece cadere a terra. Bloccato, Derek cercava di rigirare le carte a suo favore respingendo Sophia con tutte le sue forze e cercando di colpirla col pugnale.

«Ah!» gridò quando sentì la cerne del suo fianco sinistro essere divisa da una sferzata della coda della ninfa.

«Ti ho colpito!» gioì sadica Sophia. Ma la sua gioia terminò quando, sfruttando il momento di debolezza della demone, Derek la svanì col pugnale.

«Derek!» esclamò Psyche correndo in soccorso del suo protettore. Ma Derek non si mosse, rimase immobile, sdraiato a terra, con gli occhi chiusi.

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Capitolo 20
*** capitolo 21 ***


CAPITOLO 21

 

«Ti stai svegliando, finalmente…» sussurrò Psyche a un Derek sonnolente.

«Quanto ho dormito?» chiese lui con voce impastata.

«Più o meno 24 ore…» rispose lei alzando le spalle.

«Wow…ho battuto il record di quelli che si prendono tardi la mattina!» disse sarcastico Derek sforzandosi di fare una battuta.

Psyche lo aveva salvato appena in tempo, il veleno contenuto nella coda di Sophia era quasi entrato in circolo: pochi secondi dopo e sarebbe morto. Aveva utilizzato i suoi poteri di ninfa per estrarre la tossina e salvare Derek, e poi l’aveva disteso sul letto a riposare per riprendersi dallo shock.

«Cos’è successo esattamente? Io mi ricordo solo un dolore lancinante al fianco e tua sorella che svaniva…» chiese Derek cercando di tirarsi su.

«Sophia ti ha colpito con la coda e dopo averla svanita sei svenuto.» disse Psyche «Per un momento ho pensato che fossi morto, ma per fortuna sono riuscita a salvarti in tempo.».

«Allora ti devo la vita…sono quasi morto per quattordici volte, entrerò nel guinness dei primati!» esclamò lui sorridendo. Anche Psyche sorrise.

«La prossima volta che incontriamo dei tuoi parenti, avvisami con un certo anticipo, però…così mi preparo all’occasione.».

«Non pensavo che avrebbe mandato loro. Di solito manda al macero centinaia di cacciatori prima di ricorrere alle sue cerchie più strette.» rispose Psyche pensierosa sdraiandosi di schiena.

«A quanto pare ti ritiene molto pericolosa, o compromettente.».

«Dovrai affrontarlo di persona, adesso. Se ha mandato Sophia e Subconscio e tu le hai eliminate verrà lui, e tu dovrai estrarre da lui la mia essenza…giusto?» chiese Psyche.

«Questa volta dovrò vedermela con lui, già…almeno lo vedrò in faccia.» rispose Derek.

«Non l’hai mai visto??? Non hai mai combattuto con lui??? E gli altri tuoi protetti come hai fatto a liberarli? Hai…».

«Ho detto che si deve estrarre da Lucifero l’essenza del demone protetto, non che solitamente è mio compito. E’ un druido che lo fa.» disse Derek bloccando il flusso di domande di Psyche.

«E perché questa volta dovresti farlo tu?» domandò ancora la ninfa.

«Perché l’ho fatto arrabbiare io e Lucifero cercherà me. E poi credo che la tua essenza, in quanto ninfa sia più difficile da estrarre, Lucifero non lascerà che gliela strappino.» replicò lui.

«Non mi sembra un motivo valido. Se non può riuscirci un druido, come puoi riuscirci tu che non hai poteri? E poi è a causa loro che tutto questo è cominciato, dovrebbero rimediare loro a tutto.» obiettò Psyche girandosi su un fianco per guardare Derek negli occhi.

Derek si sentiva impotente. Come faceva a spiegare a Psyche che in realtà era lui stesso a voler sfidare Lucifero una volta per tutte? Che era stufo di quel continuo proteggere e nascondersi, lottare e rischiare di morire continuo? Che tutto quello che voleva era vivere come pareva a lui e non seguendo le regole dei druidi, o dipendendo dalla rabbia che Lucifero provava nei suoi confronti?  Che lo faceva per dimostrare qualcosa a se stesso e, anche se si rifiutava di ammetterlo, anche per risultare migliore ai suoi occhi?

«A cosa pensi?» gli chiese Psyche dopo qualche minuto di silenzio.

«A niente.» rispose lui precipitosamente.

«Li conosco io, i tuoi niente…» replicò lei facendogli il verso. Derek scoppiò a ridere.

«Ahi!» si lasciò sfuggire sentendo una fitta al costato.

«Ti fa male?» chiese preoccupata Psyche appoggiando dolcemente una mano sul fianco di Derek.

«Se sei tu a toccarmi no…» sussurrò Derek meravigliandosi nel sentir pronunciare quelle parole dalla sua stessa bocca. Era riuscito a dare sfogo a quel sentimento che gli provocava quelle strane contorsioni dello stomaco ogni volta che Psyche gli rivolgeva uno sguardo o gli si avvicinava.

Psyche alzò lo sguardo dal costato del ragazzo e lo guardò con uno sguardo enigmatico. A quel punto fu inevitabile: lei e Derek si scambiarono il loro secondo bacio, ma questa volta non fu dolce e pacato come il precedente, ma rispecchiava la passione che i due stavano provando in quel momento. Derek sentì sparire il dolore al fianco, o forse l’ euforia del momento glielo aveva fatto dimenticare, forse ancora era il contatto con Psyche che lo faceva sentire bene. I loro baci divennero più passionali, più ritmati mentre i loro corpi si strusciavano l’uno contro l’altro come a volersi scambiare gli odori (vi prego, non commentate quest’ultima espressione…però, Lefty, a te imbarazza, ma io mi diverto!ndJ). Derek cominciò a baciarle il collo dopo esserle arrivato sopra, e lei avvolse la sua coda intorno ai fianchi di lui stringendolo a sé. Si sentivano come due poli di attrazione. Si spogliarono dolcemente, quasi a voler controbilanciare il sentimento che provavano e che scoppiava loro dentro con i loro gesti. E alla fine sentirono i loro esseri avvicinarsi e fondersi, fino a diventare un tutt’uno. Alla fine il mondo era sparito, non c’erano più druidi, demoni, cacciatori o dolori: c’era solo il loro completarsi.

 

«NO!» gridò Lucifero vedendo le due essenze di Sophia e Subconscio staccarsi dal suo corpo sottoforma di due piccole stelle nere «NO!».

L’umano le aveva svanite, gli aveva tolto le uniche due creature a cui tenesse veramente, quelle che lui considerava le sue figlie. «Maledetto…» sibilò tra i denti girando a vuoto nella stanza del trono «Svanisci i miei demoni! Svanisci TU quello che IO ho creato?! Tu…tu e i druidi che ti proteggono!! Hai svanito le mie ninfe!».

Stava impazzendo. Sentiva la rabbia invadergli il corpo insieme all’istinto omicida che lo portava a desiderare ardentemente di uccidere il protettore che aveva eliminato le sue ninfe. «Ti troverò, umano, e allora vedremo se basterà l’aiuto di Psyche o la tua invulnerabilità a salvarti.».

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Capitolo 21
*** capitolo 22 ***


CAPITOLO 22

 

Questa volta no, non gliel’avrebbe passata, non l’avrebbe perdonato. Derek stava seduto sulla poltrona del suo soggiorno con i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani, aspettando l’arrivo di Morgan da un momento all’altro. Era strano che non fosse già arrivato, o forse era la sua tensione che gli faceva sembrare ore i secondi che scorrevano lenti, facendo aumentare in lui il dispiacere per la delusione che si sarebbe dipinta sul volto del druido una volta raggiunto l’appartamento.

“Era inevitabile…” continuava a ripetersi “…se tornassi indietro lo rifarei. Era inevitabile…”. Lo era veramente? L’attrazione che si era instaurata tra lui e Psyche era destino o era solo una delle conseguenze dei ripensamenti di Derek a proposito del suo compito? Si era allontanato dalla stanza dove Psyche era addormentata per evitare di torturarsi i nervi con le immagini di quello che era successo, ma sembrava che il rimorso lo torturasse comunque. No, non era un rimorso. Non si sentiva in colpa per quello che aveva fatto, e sapeva che l’aveva fatto perché provava qualcosa per Psyche, non per dispetto a Morgan. Ma Morgan non l’avrebbe capito. Già lo sentiva «Sono le regole, ragazzo! Non si può! Non è per cattiveria, ma non puoi disubbidire alle regole. Mi meraviglio di te, una volta non eri così!...».

“Ma una volta avevo 15 anni.” si disse Derek “Una volta credevo che fosse la cosa più fica di questo mondo, non capivo che cosa significava.”.

Era arrivato. Aveva sentito l’aria muoversi al suo arrivo, poteva percepire il suo respiro deluso e vecchio stargli davanti, contemplandolo. Non sollevò la testa dalle mani, però, la tenne bassa aspettando che fosse lui a parlare.

«Derek…».

«Ciao, Morgan.» disse alzando finalmente lo sguardo «Come va?».

«Sai perché sono qui.» obiettò Morgan con tono stanco.

«Già…vi sarete divertiti, a entrare nella mia mente in quel momento, vero?» sdrammatizzò Derek con un sorriso irriverente.

«Non scherzare, ragazzo, ciò che è successo è grave. E’ la terza volta che mi mandano a rimproverarti, non mi è mai successo prima, con nessuno dei miei protettori intendo.» Morgan non era scherzoso quel giorno, e Derek sapeva che per quanto potesse cercare di scherzarci sopra non avrebbe eliminato quell’espressione di padre deluso dalla faccia del druido.

«Che vuoi che ti dica? Che mi dispiace? Che è stato un momento di pura follia? Non posso farlo, dovrei mentirti.» rispose Derek allontanando lo sguardo dagli occhi di Morgan.

«E’ questo il problema, Derek, tu lo rifaresti. Hai infranto la prima regola del protettore: MAI, ascoltami bene, MAI creare legami affettivi con i propri protetti. Quando lei entrerà a far parte della nostra comunità e tu non potrai più vederla che farai, eh? Ti deprimerai pensando alla gran stupidata che hai fatto?».

«Quando mi rimproveri senza usare turpiloqui mi fai sentire ancora più colpevole…» obiettò Derek «E comunque non voglio più essere un protettore.».

«Cosa?» chiese Morgan sperando di non aver afferrato bene le parole del ragazzo.

«Hai capito perfettamente.».

«Perché?».

«Perché sono stufo di esserlo.» rispose il ragazzo «E non tirarmi fuori la storia del destino, non attacca, non più.» aggiunse poi bloccando il pensiero che stava per formulare Morgan.

«Sbagli a scegliere in base a una donna, che poi non è propriamente una donna, ma è una demone, nemmeno se ne sei follemente innamorato.» sentenziò il druido.

«Non ho scelto in base a lei, ho scelto in base a me.» ribatté Derek sentendosi un po’ offeso.

«Credo che tu debba pensarci ancora su.» disse il vecchio calcando la sua espressione delusa. Derek si sentiva come il figliol prodigo che abbandonava il padre, ma lui non aveva alcuna intenzione di ritornare sui suoi passi come il personaggio evangelico.

«Io…» cercò di dire Derek, ma Morgan lo bloccò con un gesto della mano.

«No, voglio che tu ci pensi su. Me lo dirai con certezza quando tornerò.» e detto questo sparì, lasciando Derek da solo in preda ai dubbi.

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Capitolo 22
*** capitolo 23 ***


CAPITOLO 23

 

Psyche si svegliò poco dopo la partenza di Morgan dall’appartamento e rimase immobile, con gli occhi spalancati nella semioscurità della stanza. Si sentiva strana, conscia di aver provato una sensazione che non aveva mai conosciuto prima, un’esperienza che le era stata negata nei suoi anni di ninfa e che nonostante ciò le era sembrata un corso naturale degli eventi. Non capiva come aveva fatto a vivere senza aver mai conosciuto prima quella sensazione, senza sapere cosa significasse sentirsi completi, finiti, perfetti. Era cambiato tutto, primo fra tutti il rapporto tra lei e Derek. In due mesi che avevano vissuto insieme non si era mai accorta di quello che stava accadendo tra di loro; credeva che il fatto di essere felice semplicemente perché Derek era vicino fosse una logica conseguenza del fatto che lui era in grado di proteggerla, che con lui era al sicuro. Quando si trovava agl’Inferi insieme alle sue sorelle non era mai entrata in contatto con nessun altro demone all’infuori di Lucifero e delle altre ninfe, perché il suo ruolo rendeva assolutamente necessario che lei non entrasse in contatto con possibili traditori o nemici, di conseguenza non aveva mai provato sentimenti all’infuori dell’odio e del disprezzo. Una volta credeva di amare Lucifero come un padre, ora si rendeva conto di come in realtà lei lo temesse.

Un debole miagolio avvisò Psyche della presenza di Devil nella stanza che le dava gentilmente il buon giorno.

«Ciao, micio…» mugugnò lei con la voce ancora impastata dal sonno. Devil rispose con un miagolio un po’ più allegro montando sul letto con un salto aggraziato.

«E il tuo padrone dov’è?» gli chiese accarezzandolo dolcemente.

«Qui…» sussurrò la voce calda di Derek entrando nella stanza e sdraiandosi accanto a lei. «Come stai?».

«Dovrei essere io a chiedertelo… sei tu quello che per poco non moriva avvelenato.» disse Psyche sorridendo radiosa al ragazzo. Devil si tolse di mezzo dai due, come se avesse compreso di essere di troppo.

«Ad essere sinceri non sento più niente…» rispose Derek attorcigliando una ciocca dei capelli di Psyche attorno all’indice.

«Sei guarito in fretta…».

«Merito della guaritrice.» mormorò lui in tono malizioso accarezzandole i fianchi nudi sotto le lenzuola.

«Allora credo che non ti servano più le mie attenzioni…» obiettò Psyche cercando di allontanarsi da Derek.

«Ah ah ah!…credo di sentire ancora una fitta al fianco…» finse di lamentarsi lui contorcendosi sul posto.

«Davvero…?» disse Psyche con un sorriso perverso facendo retromarcia e stringendosi al corpo di Derek che smise all’istante di lamentarsi e l’abbracciò per impedirle di allontanarsi un’altra volta.

«Sì…mi fa molto male…».

«Allora credo che si dovrà procedere a un altro trattamento.».

«La cosa mi incuriosisce molto…» rispose Derek con una punta di perversa curiosità nel tono della voce.

«La curiosità va accontentata…» sentenziò Psyche avvicinando il suo volto a quello di Derek che le catturò le labbra in un bacio appassionante e lungo.

Derek sentiva due vocine dentro di sé bisticciare: la parte più umana lo spronava a continuare quello che si era iniziato, ma l’altra vocina, la sua coscienza, gli impediva di togliersi (i pantaloni. Scusate…ma mi veniva spontaneo come commento. ndJ) dalla mente l’immagine di Morgan che lo rimproverava deluso. Quell’immagine gli impediva di concentrarsi su quello che stava succedendo, su quello che stava succedendo per la seconda volta. Stavolta avrebbe ricommesso l’errore per cui era stato appena ripreso. L’avrebbe fatto. Non era una vendetta, non era un modo per far arrabbiare i druidi, era una cosa che desiderava perché amava Psyche…non era vero. La vocina coscienziosa gli stava mettendo davanti la verità: stava per fare l’amore con Psyche un’altra volta per dare una delusione a Morgan, per convincerlo del fatto che lui non era un buon protettore, per farsi togliere l’incarico senza troppa fatica. Stava usando Psyche per qualcosa che voleva lui. Non poteva.

«Che succede?» chiese la ninfa dopo che Derek l’aveva spinta di lato con un gesto improvviso. «Ti ho fatto male? Che…?».

«Non posso farlo, non dopo quello che mi ha detto Morgan.» si limitò a risponderle lui. Non era sicuro di voler parlare con lei di quello che aveva detto al druido, l’avrebbe tenuto per sé.

«Morgan è stato qui?! Quando?» esclamò allarmata la ninfa scattando a sedere sul letto.

«Un’ora fa, più o meno…credo che sia superfluo spiegartene il motivo.» rispose Derek con uno sbuffetto contrariato. Una delle due voci gli stava ancora suggerendo di mandare Morgan a quel paese.

«Ti ha punito? Se devono punirti per causa mia, è meglio che lasciamo perdere…» disse Psyche precipitosamente.

«No, non mi hanno punito e no, non voglio lasciar perdere.» obiettò Derek «Ma non è corretto che io e te facciamo l’amore di nuovo dopo che lui è venuto a rimproverarmi con quell’espressione delusa stampata in faccia…non posso…sarebbe come dirgli che di quello che ha detto non me ne fregava un cazzo.».

«Che ti ha detto?».

«Non voglio ripeterlo.» decretò Derek alzandosi dal letto e riallacciandosi i jeans. Psyche lo guardò contrariata. «Non è perché voglia tenerti nascosto qualcosa, ma non mi fa piacere ripetere i rimproveri che mi ha fatto.» si giustificò lui.

«Che hai intenzione di fare?» gli chiese allora lei.

«Non ne ho la più pallida idea, ma devo trovare un compromesso: non voglio rinunciare né a te né alla sua amicizia, e non voglio che mi facciano scegliere obbligatoriamente fra voi due.» disse Derek appoggiandosi con le mani al davanzale della finestra della stanza per guardare fuori.

«Hai detto una cosa bella.» sussurrò Psyche.

Derek si voltò a guardarla. Era bella, molto, con quei capelli scuri che le coprivano dolcemente le spalle, quell’espressione determinata che non l’abbandonava mai, quegli occhi enigmatici e intriganti, quel corpo dai movimenti felini e sinuosi…eppure sentiva che quello che provava andava oltre la sua bellezza. Strano. Era sempre stato uno attratto principalmente dall’aspetto fisico di una ragazza, le sue storie precedenti non erano mai state brillanti né tanto meno durature. Colpa sua, sempre, ma non era in grado di legarsi molto a una persona, aveva imparato a non legarsi troppo dopo essere diventato un protettore: se fosse morto avrebbe fatto star male qualcuno che gli voleva bene o, ancora peggio, se qualcuno a cui LUI teneva fosse morto a causa del suo incarico sarebbe impazzito. Non si era mai legato a nessuno. Fino a quel momento.

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Capitolo 23
*** capitolo 24 ***


CAPITOLO 24

 

Lucifero agitava furioso le grandi ali congelando l’aria intorno a sé. I dannati e i demoni minori si prostravano al suo passaggio interrogandosi sul perché il loro signore stesse vagando personalmente attraverso i gironi. La presenza in pubblico di Satana, infatti, era alquanto insolita, non lasciava quasi mai la sala del trono e le poche volte che necessitava di comunicare coi vari gironi mandava il piccolo demone. Ma il piccolo demone non c’era più, e questo avrebbe già dovuto lanciare un allarme sui sudditi di Lucifero i quali rabbrividivano per il terrore.

Ignaro di tutti gli avvenimenti appena accaduti, Caronte continuava a sbarcare peccatori sulla sponda dannata dell’Acheronte, coprendoli ripetutamente di insulti e percuotendoli con il lungo remo. Lucifero si avvicinò rapidamente all’imbarcazione e con un movimento fulmineo della mano lanciò tutti i dannati rimasti su di essa in acqua. «Portami fuori dall’Inferno, traghettante, subito.» disse poi salendo a bordo.

Caronte non credeva ai propri occhi: il signore oscuro che saliva al mondo mortale di persona! Cosa stava succedendo? Prima le due ninfe e ora lui…

«Non hai sentito, vecchio?! Ti ho detto di portarmi fuori!!» ruggì Lucifero sbattendo minacciosamente le ali.

«Sì…sì…subito, mio signore…» gracchiò il vecchio cominciando a remare in direzione contraria.

Lucifero non proferì più parola fino al Limbo dove incontrò i nuovi dannati pronti a salire sull’imbarcazione. «Attracca qui.» ordinò al vecchio che si avvicinò ubbidiente alla sponda.

I nuovi arrivati guardarono all’occupante della barca con estrema soggezione mentre questo si alzava in tutta la sua imponenza e poggiava piede a terra, sbattendo le ali con forza sempre maggiore, ad indicare l’aumentare della sua ira e della sua impazienza: non poteva aspettare un minuto di più, doveva assolutamente uccidere il protettore.

 

Ancora una volta Derek doveva trovarsi a discutere. Ancora una volta doveva cercare di far valere le sue ragioni contro quelle di tutti gli altri druidi. Ancora una volta si sentiva inerme di fronte agli argomenti apportati da questi. Doveva trovare un modo per affermare le sue ragioni, doveva assolutamente riuscire a convincere quei vecchi saggi che a volte anche loro potevano trovarsi in torto…ma in quel momento non ci riusciva.

«Forse dovremmo toglierti l’incarico.» disse un vecchio druido dai lunghi capelli bianchi.

«NO!» obiettò Derek, non poteva permettere che gli togliessero definitivamente Psyche, non ora che era tutto finito «Non potete togliermi l’incarico! Le due ninfe sono morte, Lucifero verrà a cercarla di persona! Nessun altro protettore riuscirebbe ad affrontarlo…non ci riuscite nemmeno voi!».

«Frena la lingua, ragazzo, non sei nella posizione più adatta a criticarci, né tantomeno a proclamarti il protettore migliore del secolo.» lo zittì un altro druido. Derek tacque.

 

 

«Secondo me ha ragione, non possiamo togliergli ora l’incarico della ninfa, sarebbe troppo rischioso sia per lei che per Derek…ormai lo cercherà ovunque, ha ucciso le sue ninfe.» intervenne Morgan. Derek avrebbe voluto abbracciare Morgan per il suo appoggio, dopo quello che era successo, dopo quello che gli aveva chiesto, non se lo sarebbe aspettato.

«Non lo so, Morgan, Derek ha dimostrato di avere grandi capacità in passato, ma questa è una situazione delicata e…» rispose il druido dalla chioma candida.

«Merlino, ti prego, non togliergli l’incarico. Aspetta che sia tutto finito, casomai ne riparleremo poi del destino del ragazzo.» disse Morgan cercando velocemente di cogliere lo sguardo di Derek. Quando lo trovò, il ragazzo capì quello che Morgan aveva silenziosamente detto, quello che aveva trasmesso a lui e non agli altri druidi.

«Se la fiducia che riponi nel ragazzo è sufficiente a convincerti delle sue possibilità, allora io non sarò da meno.» sentenziò Merlino prima di voltarsi verso Derek «Terrai l’incarico, ma se si ripresenteranno problemi verrai destituito. E’ chiaro, Derek?».

«Chiarissimo.» rispose il giovane chinando la testa in segno di rispetto. Detto ciò i due druidi giunti insieme a Morgan se ne andarono.

«Derek, io-».

«MORGAN! Che succede?!» Psyche interruppe il neonato discorso del druido entrando nella stanza «Di chi erano le voci che ho sentito?».

«Psyche, credo che Derek abbia qualcosa da dirti.» disse Morgan lanciando al ragazzo un profondo sguardo esortativo. Ma Derek non disse nulla, rimase silenzioso guardando un lembo dela mantello di Morgan. «Derek…».

«Erano dei druidi quelli che ho sentito parlare?» insistette Psyche rivolgendosi questa volta a Morgan.

«Sì.».

«E cosa dicevano? Non vorranno punire Derek, vero? Perché se è per quello che è successo, lui-».

«C’è una possibilità che mi tolgano la tua protezione. Ecco cosa dovevo dirti.» la interruppe Derek trovando la forza per sorreggere lo sguardo di rimprovero di Morgan.

«E lo faranno?» chiese Psyche mentre sul suo volto si delineava una linea di tristezza.

«Probabile.» si affrettò a rispondere Derek prima che Morgan potesse intervenire «Ma per il momento Morgan li ha convinti a concedermi una proroga.».

«Ma loro non…» iniziò a protestare Psyche prima di interrompersi da sola. «Sentite freddo anche voi?» chiese in preda allo smarrimento mentre un brivido le percorreva la schiena.

«No…perché?» le domandò Derek allarmandosi. Devil cominciò a miagolare sonoramente entrando nel soggiorno.

«Sta arrivando…anche Devil lo sente…» sussurrò Psyche indietreggiando di qualche passo «Sta arrivando…» insistette venendo scossa da un altro brivido.

«La stanza si sta oscurando!» esclamò Morgan rivolto a Derek il quale aveva ormai capito cosa stava succedendo. Era arrivato il momento, la sfida era vicina, tremendamente vicina.

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Capitolo 24
*** capitolo 25 ***


CAPITOLO 25

 

La forza con cui Lucifero abbatté la porta fu tale da far tremare l’intera palazzina. Il demone per eccellenza entrò nell’appartamento con le ali spiegate, che continuavano a battere provocando un’aria gelida, e gli occhi dall’iride rosso e minaccioso.

«Direi che sei arrabbiato!» disse Derek sarcasticamente.

Psyche lo guardò preoccupata. Aveva intenzione di farsi uccidere così in fretta? Per quanto i druidi avessero munito Derek di invulnerabilità era sicura che quella non sarebbe bastata a salvarlo dagli attacchi di Lucifero.

«Non scherzare con me, umano!» ruggì Lucifero creando nella mano una potente sfera di energia.

«Se ci dobbiamo scontrare voglio essere chiamato per nome…Lucifero!» urlò Derek per sovrastare il rumore creato dal soffiare del vento gelido creato dalle grandi ali.

«Derek, non sfidare più di tanto la sorte, la tua invulnerabilità non è sufficiente!» urlò Psyche in preda alla disperazione. Non poteva perdere anche Derek, non poteva rimanere sola.

«Non è un problema…» sussurrò Derek preparandosi allo scontro con Lucifero.

«Nasconditi, umano, prima che io ti polverizzi!».

«Ti ho detto di chiamarmi Derek!» ripeté il ragazzo, ottuso.

«Come vuoi, allora muori, Derek.» replicò Lucifero scagliando la sfera energetica addosso al giovane che riuscì a schivarla per un pelo.

«Prevedo che sarà un bello scontro, sicuramente migliore di quelle dei tuoi cacciatori o delle tue ninfe…».

I due sfidanti ingaggiarono una dura lotta, fatta di colpi bassi e giochi d’astuzia che non facevano pendere l’ago della bilancia né dalla parte dell’uno né dalla parte dell’altro. Intanto Morgan e Psyche cercavano di aiutare Derek il più possibile deviando o annullando i colpi di Lucifero, ma Psyche sentiva che non avrebbe retto a lungo: Lucifero stava lentamente, ma inesorabilmente attirando a sé l’essenza della ninfa che non riusciva più a scagliare dardi e a ribellarsi al richiamo. Morgan lo notava, ma Derek era troppo impegnato a schivare i colpi per farlo. Doveva riuscire a far allontanare Psyche dalla stanza, il più in fretta possibile.

«Psyche, afferra la mia mano.» disse il druido protendendo una mano verso la ninfa.

«Ma noi dobbiam-».

«AFFERRA LA MIA MANO!!» ripeté Morgan costringendo Psyche a ubbidirgli. Non appena Psyche afferrò la mano del vecchio i due scomparirono lasciando da soli Derek e Lucifero nel loro combattimento.

«NO! Quel druido se l’è portata via!» urlò Lucifero scagliando una sfera potente addosso al muro, nel punto in cui prima si trovava Derek.

«Che succede, volevi un pubblico?» domandò sarcastico lui cercando di colpirlo col pugnale. Se fosse riuscito anche solo a scalfirlo avrebbe fatto liberare l’essenza di Psyche dal suo corpo e poi…sarebbe finito tutto.

«Non scherzare con me, Derek, non provocarmi più di quanto tu non abbia già fatto se non vuoi subire una fine lenta e dolorosa!».

«Avanti…se non scherziamo un po’ non è più eccitante…» continuò Derek mentre la coda di Lucifero sferzava l’aria cercando di colpirlo «Inutile, mi sono allenato con Sophia e Subconscio!».

«L’unica cosa che mi dispiace è che alla tua morte non potrò averti sotto le mie grinfie all’Inferno!» gridò Lucifero riuscendo quasi a catturare Derek con l’appendice velenosa.

«Il dispiacere è tutto mio, mi piace giocare con te!» commentò il ragazzo avvicinandosi pericolosamente al demonio.

«Continua a scherzare, ma qui il più vulnerabile sei sempre tu!».

«Ma a me basta sfiorarti per farti sparire, lo sai che una volta che io sarò riuscito a sottrarti l’essenza di Psyche tu verrai rispedito immediatamente nel tuo regno!» continuò a ridere Derek. Provocando Lucifero stava lentamente aprendo una via al loro contatto, infatti il demone aveva ormai abbandonato l’uso di sfere di energia e stava basando tutto il suo attacco sull’uso della coda.

«La tua difficoltà starà nel riuscire a farlo!» esclamò Lucifero scagliando un dardo contro Derek il quale lo ricevette in piena spalla venendo così sbalzato qualche metro lontano da lui.

«Serve ben altro per uccidermi!» sentenziò Derek rialzandosi a fatica. L’impatto col terreno era stato così duro da riaprire la ferita causata dalla coda di Sophia. La sua maglietta cominciò lentamente a impregnarsi di sangue.

«Molto meno serve per indebolirti, però!».

«Sarà la battaglia più eccitante della mia vita.»

«E sarà anche l’ultima!» gridò Lucifero scagliandosi sul ragazzo il quale fu abbastanza veloce da scivolare di lato prima che il demone gli atterrasse sopra.

«Almeno non invecchierò!» replicò Derek assaltando a sua volta lo sfidante. C’era quasi, non mancava più tanto ormai, il varco si era aperto…

«Le tue preoccupazioni dovrebbero volgersi altrove…» sibilò Lucifero. Ormai erano così vicini che non serviva più che urlassero, potevano sentirsi perfettamente.

«Anche le tue.» decretò Derek arrivando di fronte a Lucifero, così vicino che i loro petti quasi si toccavano. La lama del pugnale del protettore si infilò decisa nella carne del demonio, provocando in questo un immenso dolore nel sentire l’essenza di una sua creatura scivolargli via dal corpo. Una piccola stellina nera si librò verso l’alto scomparendo a poco a poco «Ho vinto…» sussurrò Derek prima di accasciarsi al suolo.

Lucifero era sparito con un boato, lasciando solo nella stanza il ragazzo, disteso a terra in una posa scomposta. Sul pavimento la pozza di sangue causata dalla sua coda che aveva attraversato da parte a parte il corpo di Derek.

 

«Perché mi hai portata via?! Aveva bisogno del nostro aiuto!!» gridò Psyche rimproverando Morgan. Erano nella palazzina, Psyche faceva gli scalini quattro a quattro per raggiungere l’appartamento di Derek. Morgan aveva preferito rimaterializzarsi fuori in modo da evitare a Psyche l’immagine immediata di ciò che lui sapeva già avrebbe trovato una volta entrata nell’appartamento. Giunti davanti alla porta abbattuta Psyche capì subito che c’era qualcosa che non andava: era tutto silenzioso. Dov’era Derek? Se la battaglia era finita Derek avrebbe dovuto essere lì a imprecare per i dolori…e invece non si sentiva niente.

«Psyche, credo che-» cercò di dire Morgan, ma venne zittito bruscamente da un gesto repentino della mano della ninfa.

L’aveva trovato. Dietro un divano il corpo esanime di Derek stava immerso in una pozza di sangue mentre Devil miagolava disperato sentendo nell’aria quello che era successo. Lo shock fu tale che il suo corpo non era provvisto di lacrime al momento. Avrebbe voluto piangere, urlare, gridare, spaccare ogni casa avesse sottomano…ma non ci riusciva. Rimase lì immobile a guardare Derek, immersa nel silenzio della stanza. Nemmeno Morgan parlava.

«Siamo arrivati troppo tardi…» riuscì a sussurrare dopo qualche minuto di silenzio.

«Credo che io e te dobbiamo parlare di una certa cosa.» le si rivolse Morgan.

«Non dovevi portarmi via…NON DOVEVI PORTARMI VIA!!!» gridò la ninfa mentre gli occhi cominciavano a riempirglisi di lacrime. Era arrabbiata con Morgan, era colpa sua se tutto ciò era successo, l’aveva portata lontana quando forse lei sarebbe riuscita a salvarlo. E improvvisamente una sensazione di colpa la invase completamente: era morto per lei, per darle la libertà. E lei, cos’aveva fatto per lui? Niente, era scappata via per la paura.

«Psyche, ascoltami…era-».

«NON VOGLIO ASCOLTARTI!» urlò la ninfa gettandosi sul corpo di Derek cercando in qualche modo di rianimarlo, ben sapendo quanto fosse impossibile.

«Ma-».

«NO! Lui è morto perché è rimasto solo! E’ morto per darmi la possibilità di essere libera e io non ho fatto niente, sono scappata via come una codarda!».

«Ti prego, ascoltami! Era-».

«La sua invulnerabilità non era sufficiente, l’avete lasciato in balia di se stesso!».

«La sua morte era inevitabile, perché-».

«I responsabili siete voi!».

«NO, PSYCHE! È’ LUI CHE ME L’HA CHIESTO!» urlò Morgan interrompendo le accuse di Psyche mosse prevalentemente dal dolore.

La ninfa rimase annichilita «Come…te l’ha chiesto lui?».

«Mi ha pregato di convincere i druidi a lasciargli l’incarico per fronteggiare Lucifero, prima che arrivassero a discutere del suo caso. Voleva farlo perché era l’unico modo che aveva per smettere di essere un protettore.» spiegò Morgan sforzandosi di mantenere un atteggiamento dignitoso evitando di piangere.

«E non ha pensato a quello che avrei fatto io una volta morto lui?» sussurrò piano Psyche accarezzando dolcemente i capelli di Derek «Io adesso sono sola…».

«Non lo sei, invece: la tua meta finale è sempre stato il Giardino dei druidi. Lì troverai altri demoni rinnegati come te, riuscirai a dimenticare.» cercò di consolarla Morgan.

Psyche non lo guardò nemmeno in faccia. Non avrebbe mai dimenticato quegli ultimi due mesi.

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Capitolo 25
*** epilogo ***


EPILOGO

 

Un’immensa distesa verde piena di piccoli laghi. Psyche si era immaginata una cosa del genere, l’arrivo al Giardino non la stupì. L’avevano accolta un druido dai lunghi capelli e barba bianchi di nome Merlino e un altro druido dall’espressione un po’ arcigna. Guardandosi intorno vedeva tutti questi giovani demoni impegnati in varie arti, pensò che alla fine sarebbe diventata un druido anche lei. L’idea non le piaceva. Non riusciva  convincersi di quello che le era successo, il funerale di Derek qualche ora prima l’aveva privata di ogni gioia e predisposizione alle belle sensazioni.

«Vieni, Psyche, ho una cosa da mostrarti…» le disse Morgan conducendola verso un gazebo decorato da numerose ghirlande. Lei lo seguì riluttante, non l’aveva ancora perdonato.

«Non credo che mi troverò bene qui…» sussurrò al druido raggiungendo la struttura.

«Io invece credo di sì.» obiettò il vecchio dipingendo un sorriso sulle proprie labbra.

Psyche non capiva come poteva essere così felice, lei avrebbe voluto morire. Se non l’aveva fatto era solo perché non era di natura mortale. «Girati…».

Psyche si voltò quasi per costrizione…e allora sentì la gioia più grande invaderle tutto il corpo. Derek era lì, in carne ed ossa, vivo, e le sorrideva.

«Sorpresa!» esclamò il ragazzo allargando le braccia per accogliere la ninfa che gli saltò in braccio piangendo di felicità.

«Ma…io…tu…».

«Ero morto, lo so…ma era tutto calcolato. Quando n protettore muore arriva anche lui al Giardino, è come un paradiso creato apposta per noi. L’unica clausola è che devo essere ucciso da un demone e quindi ho pensato bene di cogliere la palla al balzo! Tanto sapevo che ti avrei ritrovata qui.» spiegò Derek accarezzando dolcemente una guancia a Psyche.

«Perché non me l’hai detto???» chiese lei contrariata.

«Perché volevo che fosse una sorpresa…e volevo vedere come reagivi.» decretò lui.

«Ma perché proprio con Lucifero dovevi?» domandò ancora Psyche.

«Perché uno come me deve uscire di scena con un gran finale.».

 

THE END

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