De Bello Draconum

di zia_addy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
“ C'erano, un tempo, gli Dei.
 
Gli Dei crearono il Mondo e il Popolo.
Il Popolo viveva insieme agli Dei, ma non era Libero. Gli Dei amavano così tanto il Popolo da creare un Nuovo Mondo, solo per Esso, così che potesse essere Libero.
Il Popolo fu Libero, ma non Solo, poiché gli Dei continuarono a vegliare su di Esso dal Loro Mondo. Parte del Popolo lo capì, come la madre lascia che il figlio vada per la propria strada, ma non lo abbandona, così gli Dei avevano fatto; così cominciarono a Pregare.
 
Nacquero gli Umani.
 
Ma altri non capirono, non importava se gli Dei erano accantoa loro, il loro posto era tragli Dei;
così intrapresero il Cammino della Magia. Riuscirono a completarlo: ottenendo il potere che spettava solo agli Dei divennero Dei loro stessi.
 
Nacquero gli Elfi.
 
Se gli Umani pregavano gli Dei era giusto che pregassero gli Elfi, gli Dei del Nuovo Mondo; così si imposero sugli Umani. Ma gli Umani non erano soli.
Gli Dei discesero nel Nuovo Mondo per proteggere gli Umani. Così nacquero i Draghi; essi erano Umani, dentro ai quali era sigillato un Dio che avrebbe combattuto e li avrebbe protetti.
Ma per pochi Draghi c'erano migliaia di Elfi.
Gli Elfi sterminarono la maggior parte dei Draghi e gli Dei, ormai stremati, abbandonarono il Nuovo Mondo.
 
Gli Umani divennero Schiavi. ”
 

Estratto dal Libro delle Origini   
 

 
***
 

“Non uscire da solo”, “Non parlare agli sconosciuti”... Raccomandazioni normalissime, che tutti abbiamo ricevuto quando eravamo piccoli.
Se nonché, quando esci da solo esci da un villaggio che è più che altro un accampamento, e se “parli con gli sconosciuti” ti ritrovi, nella migliore delle ipotesi, a “tenere compagnia” a qualche ricco Elfo. Perché?
Perché sei di una razza inferiore. Sei un Umano.
Noi Umani, alla fine della Grande Guerra, divenimmo gli schiavi degli Elfi.
Ma non li lasciammo fare; certo, non potevamo combatterli, ma avevamo le nostre risorse. Attualmente ci sono poche centinaia di Umani liberi e non. Quelli liberi vivono in villaggi erranti nelle zone più inaccessibili di questo Mondo. Nonostante tutto, gli Elfi, grazie alla loro Magia, riescono ancora a prenderci, anche se molto più raramente di prima; ma siamo comunque diventati, con il passare del tempo, una merce rara e, di questi tempi, solo i più ricchi possono permettersi un Umano.
Un tempo, quando ancora non avevamo trovato questi rifugi, era quasi all'ordine del giorno che un tuo parente o intere famiglie venissero portate via dagli Elfi. Venivamo usati per i lavori pesanti, perché siamo fisicamente più forti e resistenti di un Elfo, non importava se uno moriva: eravamo tanti, si poteva rimpiazzare. Ma ora è diverso: siamo pochi e ben nascosti, questo ha fatto di noi una merce di lusso.
D'altra parte, gli Elfi hanno cominciato ad “allevarci”: sempre più Umani nascono tra gli Elfi con l'unico scopo di essere, quando sono abbastanza grandi, venduti. E così viene dimenticato tutto, le nostre origini, la nostra cultura, le nostre tradizioni; così, diventiamo davvero gli oggetti che credono siamo. Io rientro in questa casistica.
Fin da quando sono nata mi è stato insegnato a “fare come dice il Padrone”, “non lasciare che si annoi”, eccetera eccetera. “Rendere felice il Padrone” era il mio unico scopo, la mia unica ragione di vita; era tutto quello che sapevo e che era necessario sapessi. Così vissi i miei primi dodici anni di vita; poi, un giorno mi venne detto: “hai dodici anni ormai, non ho più bisogno di te”, e fui venduta. Ma non ad un altro Padrone, ad una Casa d'Aste, che si sarebbe poi occupata di “trovarmi” un altro proprietario. Ma le cose non andarono esattamente come previsto.
Non so esattamente cosa sia successo, non ne ho memoria, fatto sta che mi risvegliai in uno di questi villaggi erranti. Allora non avevo idea di cosa volesse dire vivere e non avevo idea di come funzionasse una normale relazione, fino a quel momento avevo ricevuto affetto solo se mi fossi comportata per bene: dare per ricevere. Mi dovettero insegnare tutto, fu come rinascere.
 

***
 
 
“ ... e f*na*****e i S**** scenderanno a pro*****ne del Loro ****lo e si com***te** a***ra
        (finalmente)          (Sette)                                      (protezione)                            (Popolo)         (combatterà)       (ancora)
    una volta per la **a Li*****.
                             (Sua) (Libertà)
   I D***** rinasceranno, e con Essi la sp*****a. La Loro g***ia sarà grande e res**tu*** al
     (Draghi)                                                               (speranza)                         (gloria)                                  (restituirà)
  ****lo ciò che Gli fu c***el****e ********* ... ”
  (Popolo)                               (crudelmente)      (sottratto)

 Estratto dal Libro delle Profezie    
 

 
 
 
 

 
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
  
Salve a tutti! Questa è la prima storia che pubblico, ma non è opera mia.
Prima che gridiate allo scandalo, devo dirvi che sono una compagna di classe della scrittrice, Chiara, che mi ha chiesto di pubblicare al posto suo.  
Grazie per aver letto.
zia_addy

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


I

 
Corse a perdifiato giù per la collina, spiccò un salto, si appese a un ramo e da lì continuò la sua fuga sugli alberi. Le gare ad arrampicarsi sugli alberi di certo tornavano utili in questi frangenti, ma soprattutto le sequoie giganti della foresta.
Anticipò i suoi inseguitori, si voltò indietro, si dondolò da un ramo per prendere lo slancio e sferrò loro due calci dritti in faccia, atterrandoli. Non poteva permettersi che scoprissero la posizione del rifugio.
Atterrò e riprese a correre.
Per quanto potessero essere veloci gli Elfi, non avevano la minima idea di come muoversi nel cuore di quell'intricata foresta, che si diceva essere maledetta ma in realtà era solo popolata da piccoli spiriti arborei.
Arrivò al Tempio della Sequoia; il Gran Sacerdote, un uomo sulla quarantina, alto, dai capelli e occhi neri, era sulla porta, con l'aria di chi sta aspettando qualcuno.
«Sei in ritardo – disse – si può sapere cosa hai fatto fino ad ora?»
«Oh andiamo, lo sappiamo entrambi che non te ne importa niente. Quindi è inutile che fai finta di farmi il terzo grado.»
«A me di certo non importa, ma a lei – e indicò qualcuno alle sue spalle – sì.»
«Hairi!» Un brivido freddo le corse lungo la schiena. Si voltò e si ritrovò di fronte la Gran Maestra del Tempio. Quest'anziana donna era una delle persone più pericolose di questa terra, nonostante l'aspetto potesse indurre a pensare diversamente. Era  infatti bassa, di corporatura minuta, con lunghi capelli completamente bianchi, ma aveva degli occhi di un azzurro intenso capaci di sguardi penetranti come una coltellata.
«Non devi allontanarti dal Tempio da sola! E non devi assolutamente gironzolare ai confini della foresta! Cosa pensi succederebbe se ti prendessero gli Elfi? Hai vent'anni, non dovresti aver bisogno di farti ripetere le cose ancora e ancora», scosse la testa con aria rassegnata. «comincio a credere che tu sia davvero senza speranze.»
«Ad ogni modo – continuò – l'hanno trovato.»
Fu come se il tempo si fosse fermato.
«L'hanno trovato?» chiese incredula. La Gran Maestra annuì.
Hairi chiuse gli occhi per un secondo, poi disse «Quando partiamo?»
 

***

 
Jona entrò nella sala e diede uno sguardo ai presenti, c'erano quasi tutti, mancava solo Hairi dalla Foresta di Mytra, ma sarebbe arrivata a momenti.
Tutti i presenti sembravano tesi e lui non faceva eccezione. Aveva paura, ma provava anche una certa impazienza. Questo incontro sarebbe stato decisivo, avrebbe cambiato la storia.
Si udì un certo tramestio all'esterno, poi, una giovane donna, alta, sulla ventina e dai capelli rossi incredibilmente lunghi, entrò nella sala. Si spostò per vederla bene in viso, i loro occhi si incontrarono per un istante. Profondi occhi dorati. Non c'era dubbio, era lei.
L'incontro poteva finalmente avere inizio.
 

***

 
Hairi, una volta entrata nella sala, diede un'occhiata in giro. Si trovavano sui Monti Nalgar e la sala in cui si teneva l'incontro non era altro che una grotta nel cuore di uno dei monti della catena. La stanza era pressoché circolare e nel mezzo c'era un tavolo rotondo occupato da dodici persone, ma sei di esse in particolare attirarono la sua attenzione. Avevano gli occhi dorati, esattamente come i suoi.
Le altre sei persone erano probabilmente i Gran Maestri dei templi da cui venivano gli altri sei, anche la Gran Maestra del suo tempio l'avrebbe dovuta accompagnare, ma non era voluta venire adducendo come scusa che “una persona della sua età non poteva affrontare simili viaggi”.
Quando prese posto, si alzò uno dei Gran Maestri e disse «A questo punto dovremmo esserci tutti, direi che possiamo cominciare l'incontro», poi, con l'aria pensierosa, aggiunse «Mi stupisco sempre di quanto siate normali, non assomigliate per niente a come siete descritti nelle favole. A parte gli occhi. Se non fosse per quello, non capirei mai che siete Draghi.»
«Ad ogni modo – continuò – prima di affrontare la questione per la quale ci troviamo qui, propongo un giro di presentazioni, dato che dovrete viaggiare e, con ogni probabilità, combattere insieme.»
«Siccome sei il padrone di casa, dovresti cominciare tu, non ti pare?», disse voltandosi alla sua destra, dove era seduto un uomo molto bello sui trent'anni, con i capelli biondo scuro, lunghi fino alle spalle. Lui lo guardò di sbieco e si alzò dicendo «Per la verità, sei tu il Gran Maestro di questo tempio, quindi, sei tu li padrone di casa. Comunque, – disse volgendo lo sguardo verso di loro – io sono Ivan, e sono felice di darvi il benvenuto su queste montagne.»
Dopo di lui si alzò un giovane poco più grande di lei, con i capelli biondissimi, quasi bianchi, e la pelle di un bianco  spettrale. «Mi chiamo Liam – disse presentandosi – e vengo dal Capo Dei Ghiacci.»
Accanto a Liam era seduta una donna all'incirca della sua età, con lunghi capelli ricci castani, «Mi chiamo Harribel, vengo da Capo Silvestre.»
Dopo di lei c'erano un uomo ed una donna dalla pelle scura, venivano sicuramente dal Deserto di Pharos, entrambi intorno ai venticinque anni, lui era calvo mentre lei aveva una complessa acconciatura di trecce. Si alzarono insieme ma parlò soltanto l'uomo, « Noi siamo i gemelli Ganesh e Raja, veniamo dall'Oasi di Mahar nel Deserto di Pharos.»
Poi si alzò un ragazzo più giovane di lei, con i capelli neri un po' mossi e, cosa molto strana, uno dei suoi occhi non era dorato, ma nero, «Mi chiamo Jona – disse – vengo dal Golfo dei Pirati.»
Infine toccò a lei, « Io sono Hairi, vengo dalla Foresta di Mytra.»
A questo punto, finite le presentazioni, riprese la parola il Gran Maestro.
«Non perdiamo altro tempo – disse – e andiamo subito al sodo. Come ben saprete alla fine della guerra contro gli Elfi fu predetto che i Sette sarebbero scesi, facendo così rinascere i Draghi che avrebbero liberato gli Umani. Ebbene, nessuno credette a questa profezia, avevano tutti perso la fiducia negli Dei e smesso di pregarli; anche adesso quelli che pregano sono quasi esclusivamente i sacerdoti. Questo ha permesso che il rito per far nascere un Drago andasse perduto, e ci è voluto un po' per raggrupparvi, ma alla fine ci siamo riusciti: voi siete i Draghi di cui si parla nella profezia.
«Durante la guerra combatterono unicamente divinità minori, nate dalle preghiere degli uomini e la cui forza dipendeva da esse. Questa volta, combatteranno le Sette Divinità Primordiali, coloro se ci hanno creato. Se veniamo sconfitti anche questa volta, sarà finita per sempre.»
Fece una pausa e poi riprese, «So quanto sembri impossibile una nostra vittoria, siete solo sette, ma non andrete contro gli Elfi da soli. Sin dalla fine della guerra tutti si sacerdoti sono stati preparati a questa nuova guerra, noi combatteremo con voi.»
Per un po' nessuno parlò, poi Harribel intervenne, «Anche se voi sacerdoti combatteste con noi, saremmo comunque troppo pochi, a mala pena duecento persone, contro un esercito di migliaia di Elfi. inoltre, come hai detto tu stesso, sono in pochi quelli che pregano, quindi il vostro aiuto sarebbe comunque minimo.»
«Stai dicendo che vuoi tirarti indietro?» fece Liam.
«No – ribatté Harribel – sto solo constatando un fatto, messa così è un suicidio. Ma è anche vero che non possiamo esserne certi finché non tentiamo, potrebbe anche darsi che non lo sia. I Sette crearono gli Umani tanto quanto gli Elfi, non me ne importa niente se loro hanno la Magia e si credono Dei, noi abbiamo i Sette e loro sono Dei. Voglio che questa schiavitù finisca tanto quanto voi.»
Si adombrò improvvisamente, come se avesse ricordato qualcosa di molto doloroso. Hairi sapeva che, quasi sicuramente, in quella stanza non c'era una sola persona che non avesse perso qualcuno a causa degli Elfi. Non potevano non tentare, era la loro ultima possibilità.
«Se dovessimo perdere anche questa volta – disse – non ci sarà un'altra possibilità, vero? Distrutti i Sette sarà la fine, sia per noi Umani che per gli Dei.»
Il Gran Maestro annuì e rispose «I Sette sono come i pilastri dell'Altro Mondo, se vengono distrutti quel mondo crolla. Se quel mondo crolla è la fine per gli Dei.»
Calò un pesante silenzio. Tutti si rendevano conto di quanto sembrasse folle quell'impresa, ma soprattutto di quanto fosse importante.
Il loro silenzio venne bruscamente interrotto dall'arrivo di una guardia che, tutta trafelata disse «È arrivato un messaggio dal Tempio della Sequoia, è urgente.» Hairi rimase sorpresa. Un messaggio urgente? Cosa poteva essere mai successo? Era preoccupata.
Si alzò e andò a prendere il messaggio. Lo lesse. C'erano scribacchiate in tutta fretta tre parole: “Siamo stati attaccati”.
Sconvolta si voltò verso gli altri e disse «Devo andare. Gli Elfi...» Non riuscì a terminare la frase. La consapevolezza che qualcosa di orribile era certamente accaduto le troncò le parole. Voleva disperatamente che tutti stessero bene, ma sapeva che non poteva essere così. Si rese conto di un'altra cosa: non avevano tempo. Ma lei doveva andare.
Tutti capirono. Ganesh si alzò e le disse «Non ti preoccupare, ti basterà varcare quella soglia – ed indicò la porta d'ingresso – per arrivare al tempio.»
Lo guardò meravigliata e lui spiegò «Ho il potere di manipolare lo spazio, ma non è il momento di preoccuparsi di questo, giusto?»
Ai piedi di Ganesh comparve un sigillo e ci fu un lampo. Andò ad aprire la porta, al posto del corridoio c'era un vortice nero. «Il portale è pronto – le disse – vai.»
Non riusciva a muoversi. Aveva il terrore di affrontare ciò che l'aspettava al di là di quel portale. «Non...» cominciò a dire, ma fu interrotta da Ivan «Andremo tutti, Hairi avrà bisogno del nostro supporto – disse guardandola dritto negli occhi – e poi – si rivolse agli altri – potrebbero esserci altri Elfi.»
«Allora muoviamoci.» fece Liam.
Hairi strinse i pugni, si fece coraggio e varcò il portale.
Fu accecata da una luce bianchissima e quando riaprì gli occhi si ritrovò nella radura dove si trovava il tempio. Ciò che vide fu peggio di quanto avesse immaginato.
La radura, pochi giorni prima piena di fiori e circondata da sequoie, era una distesa di terra bruciata e le sequoie, anch'esse bruciate, erano crollate a terra. Del tempio non rimanevano altro che macerie. Al centro della radura, una statua. Ai piedi della statua, due lapidi.
Quando le vide cadde in ginocchio, distrutta.
La statua non era altri che lo Spirito della Sequoia, del quale, ormai distrutto, non rimanevano altro che le vestigia pietrificate. Era immobile. Il viso deformato da un grido muto di rabbia. E lei, come lo Spirito, era muta. Il suo dolore intrappolato come la sua rabbia.
Qualcuno le posò una mano sulla spalla. Non aveva la forza di voltarsi.
«Hairi!» La voce che chiamo il suo nome la riscosse: era una donna del villaggio.
«Hairi! – chiamò ancora la donna – la Gran Maestra e il Sommo Sacerdote...» si interruppe e abbassò lo sguardo, gli occhi gonfi di pianto. Le lapidi erano sufficientemente eloquenti.
Hairi si impose di essere forte, la Gran Maestra non avrebbe tollerato che se ne stesse lì a piangere. «Chi è stato?», chiese. Era chiaro che non potevano essere stati i mercanti di schiavi, non si sarebbero mai spinti fino a tanto.
«Un esercito – disse la donna – sono venuti dei soldati... Cercavano te.»
La cercavano?
«Sanno di noi? – chiese esterrefatto Liam – com'è possibile?»
Hairi, improvvisamente realizzò. Non sapevano di loro, sapevano di lei. «No – disse – sanno solo di me.»
«Solo di te? – fece Jona – perché?»
Hairi fece un respiro profondo e disse «Perché sono una schiava.»
                        
      
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao  tutti! Siamo già tornate, in realtà è già tornata Chiara, ma ormai mi sento anch'io un po' parte della creazione.
Abbiamo pensato che potesse essere carino inserire subito il primo capitolo. Il secondo è già in fase di stesura.
Grazie per aver letto.
Ade e Chiara
 
ps. saremmo felici di sapere la vostra opinione riguardo alla storia

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


II

 
Improvvisamente, un enorme boato scosse la radura. Istintivamente, Hairi chiuse gli occhi e si coprì la testa per ripararsi dall'esplosione, ma non accadde nulla.
Si alzò e si guardò intorno confusa; tutti erano sani e salvi, nessuno era ferito e la radura era rimasta uguale a prima. Che l'esplosione di poco prima fosse frutto della sua immaginazione? Impossibile. Si guardò ancora intorno e vide Jona a terra, pallido come un cadavere e con gli occhi vitrei.
Sembrava quasi...
 

***

 
Jona si ritrovò per un momento come se fosse sospeso sull'orlo di un precipizio, quasi sul punto di cadere nel vuoto, senza fiato. Poi fu scosso da un battito improvviso e riprese a respirare. Odiava quando succedeva, era decisamente sgradevole; si mise a sedere, aveva un gran mal di testa. Hairi lo stava guardando, aveva un'aria decisamente preoccupata «Stai bene?», gli chiese.
«Sì – rispose – tutto a posto.»
«Ma – ribatté lei – sembravi...»
«Morto?» fece lui con un sorriso storto.
«Già...» Hairi sembrava confusa.
«Il mio potere è quello di proteggere – spiegò Jona – come potrei farlo se muoio al primo graffietto?»
«Sì, ma quello non era un “graffietto”.» ribatté lei.
Jona rise ancora.
 

***

 
Ciò che Jona aveva appena detto ad Hairi l'aveva lascita perplessa ma non era quello il momento di preoccuparsene, non avevano tempo, una truppa di Elfi si stava avvicinando. Ma c'era qualcosa di strano, era come se si muovessero a rallentatore.
«Dobbiamo sbrigarci a sbarazzaci di loro – disse Ganesh – la canzone di Raja sta per finire.»
«Canzone?» chiese Ivan.
«Esatto, mia sorella ha il potere di controllare il tempo – spiegò Ganesh – per farlo si serve di canzoni così che l'obbiettivo vada a tempo con esse.»
Hairi si voltò verso Raja, stava mormorando una lenta cantilena e la sua voce si sentiva appena; era bellissima. Tornò a guardare gli Elfi e un moto di rabbia la travolse.
«Ne serve uno solo vero?» chiese.
«Immagino di sì» le rispose Ivan.
«Perfetto.»
Fece uno scatto in avanti e corse verso la truppa, le sue mani e i piedi erano come avvolti da fiamme azzurre. Gli Elfi si stavano preparando a colpire, spiccò un salto e sferrò un calcio alla tesa ad uno dei soldati; non appena lo colpì, il corpo dell'Elfo finì in frantumi come fosse fatto di vetro. Atterrò, si girò su se stessa e colpì un altro Elfo ancora con un calcio, uno la attaccò alle spalle, ma lei fu più veloce e gli assestò una gomitata sotto il mento; uno dopo l'altro, eliminò tutti gli Elfi fino a che non ne rimase che uno solo. Fece per sferrargli un pugno ma all'ultimo si fermò, ad un soffio dalla sua faccia.
«Buh», gli fece, l'Elfo cacciò un urlo e cadde a terra.
«Dobbiamo immobilizzarlo» fece Liam.
«Lascia fare a me», Harribel mormorò qualcosa e comparve una corda, fece un gesto con la mano, come se stesse dando uno strattone, e la corda si avvolse attorno al corpo dell'Elfo che urlò di nuovo, questa volta di dolore.
«Non credo una corda basti», obbiettò Ganesh «Tranquillo – gli rispose lei – posso creare tutto ciò che voglio e come lo voglio, anche se non posso creare niente di “vivo”. Comunque, nulla potrà distruggere quella corda.»
«Bestie! – urlò improvvisamente l'Elfo – avete il coraggio di chiamare noi Elfi così, quando voi stessi lo siete!»
«Qualcuno ha forse mai detto il contrario?» gli chiese Ivan rivolgendogli uno sguardo di ghiaccio. «Non fraintendere – continuò – noi non combattiamo per la giustizia o per punire i malvagi, noi combattiamo solo per noi stessi. Sì, vogliamo indietro la Libertà nostra e del nostro popolo, ma, prima di tutto, noi vogliamo vendetta. Non siamo eroi.»
L'Elfo lo guardò con odio e disse, pieno di disprezzo, «Se pensate che vi dirò qualcosa, vi sbagliate. Morirei piuttosto.»
«Mi dispiace – gli fece Liam – ma oggi non puoi morire, non ancora per lo meno.» Sul suo volto si dipinse uno strano sorriso mentre di fronte a lui, sopra le sue mani rivolte con i palmi verso l'alto, comparve una specie di pergamena fatta di luce. «Io governo la Vita – spiegò – anche la tua. Non morirai fino a che non deciderò che sarà il momento e oggi, ho deciso che sarà il giorno in cui ci dirai tutto.» Fece scorrere una mano sulla pergamena, alla quale sembrò aggiungersi altra luce, come se avesse scritto su una pergamena vera, qualcosa di nuovo. L'Elfo, che fino a poco prima era in preda ad un'ira violenta, entrò in una sorta di trance, il suo volto si rilassò e gli occhi sembrarono svuotarsi; poi, cominciò a parlare.
«Qualche giorno fa il nostro comandante ci ha chiamati, ci ha consegnato un piccolo ritratto e ci ha ordinato di venire qui, trovare la donna del ritratto e ucciderla. Ci disse che era una missione di estrema importanza, che ne andava della sicurezza del regno e che, se l'avessimo completata con successo, saremmo stati adeguatamente ricompensati.»
«Dove si trova la vostra sede?» gli chiese Liam, «Leuca» rispose quello.
«Bene, grazie mille delle informazioni», Liam fece scorrere nuovamente la mano sulla pergamena che questa volta emanò un bagliore intenso per poi spegnersi; immediatamente dopo, l'Elfo si accasciò a terra, morto.
Ci fu un attimo di silenzio, poi Harribel chiese «Non dovremmo essere troppo lontani da Leuca, vero?»
«A sud est di qui – disse Hairi – si trova il Lago di Leuca, attraversato quello si arriva direttamente alla città. Saranno un centinaio di chilometri in tutto.»
«Questo posto non è per niente sicuro, così vicino ad una città elfica – fece notare Ganesh – perché mai costruirci un tempio?»
«Questo – spiegò Hairi – era uno dei più antichi templi costruiti dagli Umani, risale addirittura a prima della guerra. Scoppiata la guerra, gli abitanti del villaggio che si trovava qui se ne andarono, mentre rimasero i sacerdoti del tempio per non far morire lo Spirito della Sequoia. Un tempo era uno degli spiriti più potenti ma, andati via gli abitanti del villaggio e andando diminuendo sempre di più il numero dei sacerdoti, si indebolì rapidamente. Quando arrivai qui c'erano solamente la Gran Maestra e il Sommo Sacerdote.»
Hairi fece una pausa, lo sguardo triste perso nel vuoto.
«Hairi?» il suono della voce della donna del villaggio la riportò alla realtà, si era completamente dimenticata di lei. La donna aveva un'aria sconvolta, ciò che aveva visto non doveva essere stato un bello spettacolo per lei, ciò nonostante, continuava a mantenere la calma.
«Vai al villaggio – disse Hairi alla donna – e di’ a tutti di non tornare mai più qui. Anzi, di' di spostarsi, il più lontano possibile.» La donna annuì e fece per andarsene, poi si fermò e disse «Pregheremo per voi.»
«Grazie», mormorò Hairi.
La donna si voltò nuovamente e questa volta fu fermata da Ivan «Aspetta! – disse – potreste ospitarci al vostro villaggio?», vedendo gli sguardi sorpresi che gli avevano rivolto gli altri spiegò «Tra poco tramonterà il sole e abbiamo bisogno di organizzarci prima di poter fare qualsiasi cosa.» Gli altri annuirono, effettivamente agire immediatamente e senza un piano, sarebbe stato controproducente. Inoltre erano tutti stanchi, era stata una lunga giornata, prima il viaggio fino ai Monti Nalgar e poi lo scontro con gli Elfi.
«Non dovrebbero esserci problemi – rispose la donna – seguitemi», detto questo si misero tutti in cammino, la donna un po' più avanti di loro.
Tenendo il tono di voce basso, così da non essere sentito dalla donna, Liam disse ad Hairi «Prima hai detto di essere una schiava», «Esatto – fece lei con un tono amaro – o meglio, ero una schiava, ma il marchio resta.» Si fermò, diede loro le spalle, sbottonò la camicia e scoprì la schiena sulla quale spiccava il simbolo del Regno degli Elfi: una stella a otto punte con nel mezzo un occhio.
«Chi porta questo marchio – cominciò a dire mentre si rivestiva in fretta – non è più una persona, diventa un oggetto, diventa proprietà del Regno. Ecco perché possiamo essere venduti e comprati, siamo una merce come un'altra.» Fece una pausa, accelerò il passo, poi continuò «Avrete notato, immagino, che le incursioni degli elfi si stanno facendo più rare – gli altri annuirono – questo succede perché molti Umani nascono tra gli Elfi. Io sono nata tra di loro, non sapevo neanche che ero umana, l'unica cosa che mi avevano insegnato era quello che dovevo fare per servire il mio padrone.» Abbassò lo sguardo, colmo di dolore e rabbia.
«Come hai fatto ad arrivare qui?» le chiese Ivan.
«Non lo so neanche io, non me lo ricordo. Ricordo solo che  quando compii dodici anni, mi dissero che non servivo più. Fu come se il mondo mi crollasse addosso, non sapevo niente e non sapevo fare niente; non avevo idea di come avrei potuto continuare a vivere. Poi c'è un vuoto fino al mio risveglio al Tempio. Probabilmente avrò usato i miei poteri.»
Si passò una mano sul viso, tenendo lo sguardo fisso a terra disse «E’ tutta colpa mia, se al posto di seminare quegli Elfi, li avessi uccisi, ora tutto questo non sarebbe successo. Io... »
La sua voce si incrinò e non riuscì a continuare; provava un dolore indicibile, si sentiva in colpa, voleva piangere, voleva urlare, ma non ci riusciva. Rimaneva in silenzio.
Non voleva continuare a pensarci quindi, per cambiare argomento, chiese a Liam «Il tuo potere è quello di governare la Vita, quindi puoi decidere il destino delle persone?», Liam sorrise e rispose «Più o meno, ma è più complesso di quanto non sembri.»
«Spiegati allora» fece Harribel.
«Quel fascio di luce che avete visto prima – esordì lui – era ciò che viene comunemente chiamato, appunto, destino ed è come un libro solo che, diversamente da quanto si crede, non è già scritto, ma viene scritto man mano che viviamo. Quando nasciamo sono scritte solo due cose, “sei nato” e, in quanto creature mortali, “morirai”, ma non sono scritti né il come né il quando della nostra morte, in quanto sono determinati dalle nostre decisioni. Infatti, durante il corso della nostra vita, ogni decisione che prendiamo viene scritta e ne influenza il corso; inoltre, le nostre decisioni possono influenzare anche la vita delle persone che ci circondano; quindi, è possibile che vengano scritti avvenimenti futuri, ma sempre riguardanti un futuro o imminente o abbastanza prossimo. Io non posso modificare il passato di una persona, in quando il passato è “morto”, e non posso scriverne direttamente il futuro poiché la sua vita non mi appartiene; quello che posso fare è modificare il presente o anticipare il futuro in quanto “non nato”. Per farvi un esempio, l'Elfo aveva detto “non vi dirò niente”, io ho modificato la sua decisione presente di non dire niente, nell'opposto “vi dirò tutto” e poi ho “dato vita” all'evento legato alla sua morte.»
«Vedi di non farci brutti scherzi», gli fece Ganesh. Liam rise e disse «Potete stare tranquilli.»
«Io mi stavo chiedendo un'altra cosa – disse Harribel – come abbiamo fatto a rimanere illesi dopo l'esplosione?»
«Sono stato io – fece Jona – il mio potere è quello di proteggere; esattamente come farebbe uno scudo, posso prendere su di me il danno subito da altri, ma anche solamente il loro dolore fisico.»
«Ma se, ad esempio, qualcuno perde una mano – fece lei – tu la perdi al posto suo?»
«No – disse lui con un sorriso – perderei semplicemente la quantità di sangue che perderebbe quella persona e proverei il suo stesso dolore.»
«Quindi, tornando all'esplosione – chiese ancora Harribel – quando non ha avuto alcun effetto, tu ci hai “protetti”?»
«Esattamente – rispose lui – tutte le ferite che vi avrebbe causato, le ho subite io.»
«Ci avrebbe uccisi», obbiettò lei.
«È vero – disse lui – ma io non posso essere ucciso come qualunque persona, solamente in un modo che non vi dirò, non perché non mi fidi, ma perché è bene che resti segreto. Inoltre, possiedo capacità di guarigione notevolmente superiori rispetto a quelle di una persona normale, se non fosse così non potrei proteggere nessuno.»
«Ancora una cosa – disse Harribel – prima mi pare che Ganesh abbia detto che Raja manipoli il tempo facendo andare a tempo le cose con la propria voce», «Sì, esatto» replicò lui.
«Quindi è per questo che non parla?» chiese infine lei, «Ancora esatto», le rispose Ganesh.
«Fai un sacco di domande, sai?» fece Liam ad Harribel che, arrossendo violentemente gli disse «Scusami tanto!» e accelerò il passo; tutti quanti scoppiarono a ridere.
Camminarono per circa un'ora e quando raggiunsero il villaggio, la donna che faceva loro da guida li portò dall'Anziano del Villaggio, che così anziano non era e dal quale furono accolti con grande entusiasmo.
«È un onore avervi qui – disse – siete la nostra speranza e sappiate che pregheremo per voi.»
«Grazie» rispose Hairi con un piccolo inchino.
«Non essere così formale! – protestò lui – Ci conosciamo da una decina d'anni! Da quando arrivasti al Tempio della Sequoia.» Lo sguardo di lei si rabbuiò e l'anziano le posò un mano sulla spalla e con tono greve le disse «Mi dispiace», lei scosse la testa, in silenzio. L'Anziano del Villaggio si rivolse poi agli altri «Vi faremo preparare degli alloggi e tra poco sarà pronto da mangiare, quando tutto sarà pronto manderò qualcuno a chiamarvi. Fate come se foste a casa vostra», «Vi siamo molto grati» ringraziò Ivan.
«Basta con le formalità! – protestò ancora lui – Ora via, andatevene», detto questo si voltò dichiarando finito l'incontro.
 

***

 
Il loro gruppo si era sparpagliato per il villaggio e Jona gironzolava da solo in quel piccolo labirinto, la foresta, infatti, era molto fitta e a terra non c'era spazio per le abitazioni degli abitanti che quindi erano costruite sugli alberi. Le case non erano altro che dei tendoni, i tiranti si aggiungevano all'intrico dei rami creando una specie di ragnatela e, trovandosi sempre piuttosto in alto, sembravano sospese; in realtà, guardando da sotto si potevano scorgere delle piattaforme di legno sulle quali poggiavano le tende. Per raggiungere le abitazioni, erano piantati nei tronchi degli alberi dei pioli, come a formare delle scale a chiocciola, oppure pendevano semplicemente delle scale di corda. Era uno spettacolo singolare vedere le persone destreggiarsi tra un albero e un altro, soprattutto man mano che l'oscurità calava sulla foresta e venivano accese delle lanterne di carta, sospese tra una tenda ed un'altra, che conferivano un'aria fiabesca alla foresta e facevano sembrare gli abitanti creature eteree.
Fu raggiunto da un uomo che gli disse che la cena era pronta e si avviò con lui.
 

***

 
Hairi era seduta presso un fiumicello che sapeva essere un affluente del Fiume Garna, il fiume che, insieme al Fiume Kabor, alimentava il Lago di Leuca. Se ne stava lì, nascosta dietro ad alcuni carri; erano già venuti a dirle che la cena era pronta, ma non aveva fame.
«La cena si raffredderà se non ti sbrighi.»
Colta di sorpresa, scattò in piedi voltandosi e vide Ivan, sorrideva e le disse «Scusa, non volevo spaventarti», «Non fa niente» rispose lei rilassandosi, poi aggiunse «Non ti preoccupare per me, vai a mangiare altrimenti si raffredda anche il tuo di cibo.»
Ivan la fissò per un momento, poi disse, spiazzandola «Dovresti piangere, sfogarsi quando si deve fa bene. Inoltre, non dovresti sentirti in colpa per quanto e successo. Non è colpa tua.»
Per chissà quale motivo, le lacrime che prima aveva tanto cercato, ora le vennero spontaneamente e cominciò a piangere, come ricordava di non aveva mai fatto; lui l'abbracciò e le accarezzò la testa. Rimasero così per un po' e quando finalmente lei si calmò, si staccò da Ivan, si asciugò gli occhi con la manica e gli disse «Scusami ti ho bagnato la camicia», lui sorrise e le disse «Non è niente. Forza, andiamo a mangiare, gli altri ci staranno aspettando.»
Arrivarono ad un piccolo spiazzo, dove era stata apparecchiata una tavola su una grande tovaglia distesa per terra, gli altri erano seduti e li stavano aspettando. Quando li videro arrivare Harribel esclamò «Eccovi finalmente!», «Scusatemi – fece Hairi – è colpa mia», «Vorrà dire – continuò Harribel – che se si è raffreddato il cibo, ce lo riscalderai con quelle strane fiammelle blu.»
Hairi rise e disse «Ci troveremmo senza nulla da mangiare: quelle fiamme possono solo distruggere e distruggerebbero anche me, se le usassi per troppo tempo.»
«Allora poche chiacchiere e mangiamo, sembra tutto così buono», disse Harribel con entusiasmo.
Hairi prese posto e si servì, c'erano tanti tipi di focaccia, condita in svariati modi, sia dolce che salata, formaggi e molta frutta.
Ad un certo punto, Ivan esordì «Sarebbe il caso di dedicarci a quanto ci ha rivelato l'Elfo», gli altri annuirono e Ivan continuò «Come era prevedibile, gli Elfi sanno della profezia, quindi, per impedire che questa si avveri hanno cercato di uccidere Hairi. Ciò significa che hanno paura e dunque, si terranno sull'attenti, soprattutto quando si renderanno conto che la truppa che hanno mandato non farà ritorno.»
«Immagino che a Leuca ci sarà un esercito pronto a darci il benvenuto, dunque.» fece Jona «Esattamente – replicò Ivan – quindi, è bene essere pronti per ogni evenienza. Avremo anche dalla nostra parte i poteri dei Sette, ma loro hanno un esercito che può usare la Magia.»
Tutti annuirono, poi Ganesh disse «A proposito di poteri, non sappiamo ancora qual' è il tuo», «E’ vero – fece Ivan – ma rimedierò.»
«Io governo la Morte – spiegò – quindi, oltre a dare la morte, posso controllare gli spiriti dell'Altro Mondo, gli Dei minori in poche parole; posso evocarli così come assumerne direttamente i poteri. Inoltre, posso far rivivere un evento passato e parlare con le anime dei defunti, ma una volta soltanto.»
Gli occhi di Hairi sembrarono accendersi per un momento, Ivan se ne accorse e le chiese «Vorresti parlare con la Gran Maestra?», «Sì – rispose lei – sono certa che ci potrà dare una mano.»
«Lo penso anch'io – disse lui – ma prima di parlarci, voglio che pensi esattamente a cosa chiederle, non sprecare questa opportunità.»
«Lo so», disse lei con nuova determinazione nello sguardo.







 
  Salve a tutti di nuovo! Avete visto come siamo brave e celeri? Sì come no xD Allora abbiamo cercato di seguire i suggerimenti datici da Ransie-un sacco di numeri che non mi ricordo xD
Cosa ne pensate? Dateci un parere, ne saremmo entrambe felici (io di più perchè Chiara mi stressa sempre per sapere se ci sono nuove recensioni)
Ci rivedremo presto (o almeno credo, dipende da Chiara)
Addy e Chiara

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


III

 
Hari stava passeggiando per la foresta tentando di raccogliere le idee, ma aveva un mare di pensieri che le turbinavano nella mente e non riusciva a decidere quali fossero le domande più adatte da fare alla Gran Maestra; voleva chiederle così tante cose. Alla fine optò per la soluzione più semplice e si diresse verso il luogo di incontro, lo stesso posto dove avevano mangiato.
Pensava di non trovare nessuno, invece, erano già tutti lì e quando la videro le loro facce si animarono, sembravano emozionati all'idea di parlare con un'anima defunta. Lo era anche lei, ma in maniera diversa.
«Hai deciso cosa chiederle?» le chiese Ivan.
«Non esattamente – rispose lei – ci sono troppe cose che vorrei sapere, quindi ho deciso che le chiederò semplicemente di raccontarci cosa è successo.»
«Procediamo allora,» replicò lui.
Ivan si inginocchiò a terra, impose la mano destra sul terreno e cominciò a recitare una preghiera funebre. Come quando Ganesh aveva aperto il portale per il Tempio della Sequoia, ai piedi di Ivan comparve un sigillo, molto più complesso di quello di Ganesh però. Il sigillo si allargò fino ad occupare tutto il piccolo spiazzo dove di trovavano, ai margini si ersero delle colonne di luce e un altro sigillo comparve sopra le loro teste; era come se si trovassero in un tempio circolare. Di fronte a Ivan comparve un piccolo globo argenteo che cominciò a cambiare forma, fino a prendere le sembianze della Gran Maestra.
Ivan terminò la preghiera, si rialzò e disse «È un onore conoscerla, Gran Maestra del Tempio della Sequoia,» la figura ricambiò il saluto con un sorriso ed un cenno del capo, Ivan si rivolse quindi ad Hairi, «Vieni» le disse invitandola a farsi avanti, mentre lui si spostava accanto agli altri.
Hairi si sedette di fronte alla Gran Maestra, ancora non riusciva a crederci, fece per parlare ma fu interrotta.
«Diversamente dai Sommi Sacerdoti, che si occupano dei riti religiosi e possono solo invocare la protezione degli Dei – disse la Gran Maestra – noi Gran Maestri veniamo addestrati a combattere servendoci dei poteri del Dio del nostro tempio ed è nostro compito addestrare voi Draghi, qualunque sia il vostro Dio. Per quanto mi riguarda, questo compito l'ho assolto, non ho più niente da insegnarti, ma – fece una pausa – darò a tutti voi un consiglio: tenetelo d'occhio» ed indicò Jona.
 

***

 

Jona era stupefatto, tutti gli sguardi erano rivolti verso di lui e non capiva perché mai dovessero tenerlo d'occhio; voleva chiedere spiegazioni ma, come Hairi, fu anticipato dalla Gran Maestra.
«Se non state attenti, morirà.»
Ora era ancor più stupefatto di prima, «Non è così facile uccidermi,» riuscì a dire.
«Sarà difficile per un Umano, ma per un Elfo è molto più semplice. Beh, il problema non si porrebbe se la Preghiera fosse stata recitata completamente.»
«Jona non è un Drago “completo”?» chiese perplesso Liam.
«Esattamente – rispose la Gran Maestra – per quello ha un solo occhio dorato. Se la Preghiera fosse stata recitata per intero lui potrebbe persino proteggere dal potere di Hairi e sarebbe immortale.»
Tutti quanti erano rimasti attoniti e lo fissavano increduli, si sentiva in imbarazzo.
«Davvero?» chiese infine Hairi.
«Sì – rispose lui –  oltre ad essere immortale, una volta cresciuto avrei smesso di invecchiare; decisero di non completare il rito per farmi avere una vita “normale”. Immagino abbiano pensato che sarebbe stato triste vedere tutte le persone che ami invecchiare e morie, mentre tu rimani sempre uguale e vivi per sempre.» Fece un pausa, poi aggiunse «Sono contento che abbiano scelto così, non potrei mai sopportare di vivere in eterno.»
 

***

 
Hairi era senza parole, non riusciva a credere che l'immortalità potesse esistere davvero, persino gli Dei potevano morire.
«Ad ogni modo – riprese a dire la Gran Maestra, interrompendo i suoi pensieri – ho un cattivo presentimento. È vero che la truppa mandata al Tempio doveva solo uccidere te, Hairi, ma ho l'impressione che stiano tramando qualcosa, quindi state attenti, tutti quanti. Non credo di avere nient'altro da dirvi.»
Hairi fu colta dal panico, non l'avrebbe più rivista, non riusciva a dare voce a tutto ciò che avrebbe voluto dirle e la figura della Gran Maestra cominciava a farsi sempre meno nitida.
«Grazie! Per tutto quello che hai fatto per me.» fu l'unica cosa che le riuscì di dirle.
Si sentì immensamente stupida, con tutte le cose che avrebbe potuto dire aveva detto “grazie”?
Ma sembrava che alla Gran Maestra non importasse delle parole, le sorrise dolcemente, i suoi occhi azzurri brillavano come gemme, allungò la mano come per accarezzarle il viso e mormorò «Prego.» Poi sparì.
Scomparvero anche i sigilli e tutto tornò come prima, Hairi sospirò e poi disse stancamente «Andiamo a dormire domani sarà una giornata difficile.» Si alzò in fretta e, senza aspettare gli altri, cominciò ad avviarsi, voleva stare un po' da sola, probabilmente non sarebbe riuscita a chiudere occhio.
Arrivò al suo alloggiò e si stese sulle coperte messe a terra di cui si componeva il letto, chiuse gli occhi; l'immagine della Gran Maestra le tornava continuamente in mente e le sembrava di poter sentire il tocco della sua mano e il suo calore; sorprendentemente, si addormentò.
Il giorno seguente si alzarono all'alba e dopo aver fatto colazione ed essersi preparati per la partenza, salutarono e ringraziarono l'Anziano del Villaggio dell'ospitalità e si diressero a sud est del villaggio, in direzione della città di Leuca. Si fermarono poco fuori del villaggio, «Stavo pensando – disse Harribel – con il tuo potere, Ivan, tu puoi assumere il poteri degli Dei minori, quindi non ti sarebbe possibile privare gli Elfi della loro magia? In fondo non sono altro che Dei minori, sono stati creati da Sette per poi diventare divinità loro stessi.»
«Ci ho già provato una volta – rispose Ivan – ma non riesco a controllarla ed è come se fosse una droga, mi fa perdere il controllo di me. Quando tentai per la prima volta ho quasi distrutto una montagna e per poco non morivo.»
«Meglio lasciar perdere e avviarci, allora» disse lei.
Ganesh aprì un portale e disse «Questo portale dovrebbe portarci direttamente all'interno del Palazzo Ducale.»
«Il Duca di Leuca era il mio padrone – disse Hairi con un tono piatto – sarà contento di rivedermi, soprattutto sana e salva.»
«Andiamo» disse Liam ed entrò per primo nel portale, uno dopo l'altro, tutti lo seguirono.
Come preannunciato, quando uscirono si trovarono dentro al Palazzo Ducale, in una delle stanze riservate alla servitù.
«Avrei preferito la sala principale – disse Ganesh con disappunto – ora ci toccherà vagare per questo immenso palazzo.»
«Ci saremmo dovuti spostare comunque – ribatté Hairi – per quanto ne so, il Duca passa la maggior parte del suo tempo nello studio.»
«Facci strada, allora» fece Ganesh.
Hairi si mise in testa al gruppo e si avviò verso lo studio del Duca, erano passati otto anni da quando aveva lasciato quella casa ma ricordava ancora dove si trovavano tutte le stanze. Rivide se stessa correre per quei corridoi dai pavimenti di marmo coperti da eleganti tappeti e dalle pareti tappezzate di bellissimi quadri. Per togliersi dalla mente quell'immagine volse lo sguardo fuori dalle grandi finestre che illuminavano i corridoi e concentrò la sua attenzione sui palazzi al di là della strada lastricata. Aveva sempre ammirato la bellezza di quei grandi edifici finemente decorati da bassorilievi, avevano grandi finestre con graziosi balconi sorretti da barbacani intarsiati, i grandi portoni e le imposte delle finestre in legno scuro contrastavano con il candore dell'intonaco.
Un'elegante carrozza catturò la sua attenzione e le riportò alla mente altri ricordi della sua vita lì, era terribilmente sgradevole. Per dodici anni era stata un uccello in una gabbia dorata, da fuori poteva sembrare che fosse una privilegiata, che fosse felice, ma in realtà viveva con il costante terrore di essere inadeguata e di essere rimpiazzata, come un giocattolo vecchio.
Non c'era nessuno in giro per il palazzo anche se, conoscendo le abitudini di palazzo, potevano tranquillamente star ancora dormendo. Tuttavia, il sospetto che fosse una trappola persisteva ma ormai erano lì e qualunque cosa fosse successa dovevano tenersi pronti. Arrivarono alla porta dello studio «Siamo arrivati,» disse, fece un respiro profondo e aprì la porta.
Il Duca era seduto alla sua scrivania e guardava fuori dalla finestra alla sua destra, quando entrarono volse lo sguardo verso di loro e disse «Vi stavo aspettando, benvenuti a Leuca.» Li osservò ancora per un momento poi si rivolse ad Hairi «La mia piccola principessa – disse con un sorriso falso – da quanto tempo non ci vediamo.»
Voleva prenderlo a pugni e sfiguragli quella bella faccia ma si trattenne e gli disse con astio «Non sono qui per una rimpatriata.»
«Peccato – fece lui calmo – sarebbe stato divertente, ma penso di sapere perché siete qui. Volete dichiarare guerra a noi Elfi.»
«Non è esatto – lo corresse Ivan – voi ci avete dichiarato guerra, distruggendo il Tempio della Sequoia, noi stiamo solo rispondendo.»
«Vorresti farmi credere che non avreste iniziato una guerra se non avessimo distrutto quell'insignificante ed inutile tempio? – ribatté l'Elfo – per favore, voi Umani non vedete l'ora di riprendervi la vostra “libertà” e continuate a credere in quegli stupidi Dei che vi hanno abbandonato non una, ma due volte. Insomma, vi rendete conto di quanto ridicoli siete? Sette persone che credono di poter sconfiggere un esercito di migliaia e migliaia di Elfi, anzi di Dei.»
Hairi sentiva che avrebbe perso la pazienza se quell'Elfo non avesse chiuso la sua dannatissima bocca, più parlava più la sua rabbia aumentava.
«Tuttavia – fece Ivan, calmo – avete sentito il bisogno di distruggere l'insignificante ed inutile tempio e di tentare di uccidere una di queste ridicole sette persone.»
Sulla faccia dell'Elfo balenò per un attimo un lampo d'ira, ma poi riprese la sua espressione calma anche se si notava che Ivan l'aveva punto sul vivo ed Hairi pensò a quanto fosse grande l'ego di quell'uomo.
«Non provi un po' di vergogna? – continuò Ivan – agitarsi tanto per dei semplici Umani.»
«Fai poco il buffone – rispose il Duca – credi che importi a qualcuno della vostra guerra? Credete che se vincerete, gli Umani al servizio di noi Elfi vi accoglieranno come salvatori? Anzi, credete che anche solo sappiano che state combattendo per loro? Non sanno neanche chi o cosa sono, come possono anche semplicemente immaginare la vostra esistenza.» Fece una pausa, li guardò quasi come se avesse pietà di loro e aggiunse «Nessuno pregherà per voi, siete da soli.»
«Ti sbagli se pensi che siamo da soli,» disse Ivan con durezza.
«E chi avreste – chiese l'Elfo – i vostri Dei? Le preghiere degli Umani?» cominciò a ridere; Hairi voleva sempre più fargli del male, tanto male.
«Come siete ingenui – disse ancora lui – secondo voi, cosa bisogna fare per annientare un popolo? Mandare un  gruppetto di soldati a distruggere un piccolo tempio? Davvero avete pensato che fosse tutto lì, che non avessimo fatto altro?»
Ad Hairi si gelò il sangue nelle vene, era quella la trappola, l'attacco al tempio non era altro che un'esca per portarli a Leuca e loro avevano abboccato. Perché non erano ancora stati uccisi allora? Un pensiero attraversò la sua mente e l'Elfo gli diede voce al posto suo.
«Mentre voi siete qui ad intrattenermi, le nostre truppe si stanno occupando dei vostri insulsi villaggi. Trovarli non è così difficile come immaginate e quanti sarete in tutto, diecimila? Neanche quanto il nostro esercito.» Sul viso del Duca si dipinse un sorriso malvagio.
Hairi non poteva credere a quanto appena sentito, ma sapeva che non mentiva, li avevano sterminati tutti. Mentre loro credevano di avere ancora qualche margine di sorpresa, gli Elfi sapevano già tutto, ma non solo, per secoli avevano creduto di riuscire a sfuggirgli nascondendosi nella foresta, sulle montagne, nel deserto; ma erano sempre stati pedine nelle mani degli Elfi. Non sarebbe riuscita a trattenersi, lo sapeva.
L'Elfo rise di nuovo, con disprezzo, e disse «Chi pregherà per voi adesso?»

 
 
 
 
 
 Salve! Siamo tornate :D Chiara mi stressa da una settimana perchè io pubblichi anche questo ma ero occupatissima quindi prendetevela pure con me. In ogni caso il prossimo potrebbe essere pronto a breve, ma si vedrà.
Ringraziamo di cuore chi ha recensito e accogliamo volentieri tutte le critiche i consigli che vorrete darci, in sintesi: se vi va recensite, ne saremmo molto felici.
Buona serata a tutte/i

Addy e Chiara

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


IV

 
Hairi si lanciò di corsa contro l'Elfo, spiccò un salto e gli tirò un calcio scaraventandolo a terra di lato, atterrò sulla scrivania, saltò di nuovo e sferrò un altro calcio dal basso verso l'alto, questa volta usando il suo potere. Lui riuscì a schivarlo aumentando la propria velocità con un incantesimo e il calcio di Hairi andò a vuoto sfondando il pavimento. Il Duca si preparò lanciare un nuovo incantesimo, ma Ganesh spostò Hairi alle sue spalle e lei gli tirò un pugno, l'Elfo tentò di evitarlo scansandosi di lato, ma lei riuscì comunque a distruggergli un braccio; l'Elfo urlò di dolore e pronunciò una formula che generò un'onda d'urto che li scaraventò contro le pareti della stanza, rimasero tutti illesi, Jona cadde il ginocchio.
Il Duca fece per fuggire, ma Harribel lo fermò incatenandogli il braccio al soffitto e i piedi al pavimento, davanti a lei comparvero dei dardi che scagliò contro l'Elfo che fece per respingerli con un incantesimo specchio, ma Liam lo sciolse e i dardi andarono a segno.
L'Elfo cominciò a ridere, ma la sua risata fu interrotta da un ascesso di tosse e ben presto finì per vomitare sangue; quando si riprese, sollevò la testa e rivolse loro un ghigno feroce, dalla bocca colava un rivolo rosso scuro.
«È inutile – urlò – anche se mi uccidete, per voi è finita!»
«Va all'inferno» gli disse Ivan, in corrispondenza del suo occhio sinistro comparve un simbolo nero e ai piedi dell'Elfo comparve come una voragine da cui uscirono lunghi tentacoli scuri che si avvinghiarono intorno al suo corpo, facendolo gridare di dolore, e lo trascinarono dentro quel baratro. Come Ivan rilasciò il suo potere, la voragine si chiuse troncando l'urlo dell'Elfo e facendo precipitare la stanza in un silenzio mortale.
Ma quel silenzio durò pochi secondi, ben presto si udirono delle grida provenienti dalla strada e dei passi dirigersi verso dove si trovavano: si stavano avvicinando dei soldati. La porta e parte del muro vennero sfondati da un'esplosione e un manipolo di Elfi fece irruzione nella stanza. Attorno ad Hairi si formò un globo di fiamme che esplose radendo al suolo l'intero palazzo e creando un cratere nel suolo. Cominciarono a precipitare, ma si fermarono a mezz'aria, atterrando su una specie di piattaforma di luce creata da Harribel; Hairi si mise in piedi e vide sotto di sé migliaia di soldati accorrere verso dove un tempo si trovava il Palazzo Ducale.
«Dobbiamo...» cominciò a dire, ma non fu in grado di completare la frase che si ritrovò a volare, scaraventata contro uno dei palazzi circostanti. Si protesse avvolgendo il proprio corpo con le sue fiamme, quando lo colpì, il muro del palazzo si ruppe senza opporre resistenza e lei rotolò all'interno di una stanza da letto. Si guardò intorno, ma non sembrava ci fosse qualcuno in quella casa, l'unico rumore che si sentiva era il baccano fatto dai soldati in strada; non si sentivano urla di civili, dovevano aver fatto evacuare la città prima del loro arrivo. Doveva cercare di riunirsi con gli altri e poi andarsene il più in fretta possibile, probabilmente altre truppe stavano arrivando.
Cercò Jona con lo sguardo, gli altri potevano occuparsi degli Elfi anche da soli, ma lui no e quello che aveva detto la Gran Maestra l'aveva messa in ansia. Lo vide che correva in strada, un gruppo di soldati correva verso di lui; doveva arrivare prima di loro e cercare di evitare il più possibile uno scontro, dopo aver provocato quell'esplosione aveva quasi raggiunto il proprio limite e preferiva evitare di ricorrere a rimedi estremi.
Saltò nel vuoto e conficcò le dita avvolte dalle fiamme nel muro, per rallentare la caduta, raggiunto il suolo corse verso Jona e riuscì a raggiungerlo prima degli Elfi, ma non erano molto lontani e già si preparavano a lanciare dardi magici.
«Continua a correre!» gridò a Jona mentre lei si voltò verso i soldati sferrò un pugno al suolo facendo staccare e impennare i lastroni della strada che finirono addosso agli Elfi; poi si girò in fretta e raggiunse Jona.
«A sinistra!» gli urlò afferrandolo per la manica, «ho visto Raja – continuò – sono sicura che Ganesh sia con lei! Dobbiamo trovare gli altri e andarcene!» Jona la guardò e annuì.
Improvvisamente il tempo si dilatò considerevolmente, era sospesa mentre correva, vedeva attorno a lei gli Elfi che li inseguivano e scagliavano sfere infuocate ad una lentezza incredibile; udì la voce di Raja avvicinarsi, eppure lei e Jona erano praticamente fermi. Ci fu un lampo e poi le tenebre.
Hairi cadde con un tonfo a terra e si ritrovò di faccia nella neve, era successo tutto talmente in fretta che era in preda alla confusione più totale, si sollevò di scatto, barcollò all'indietro e cadde di nuovo; di fronte a lei c'era Ganesh che la guardava preoccupato.
«Stai bene?» le chiese, «sì – rispose – sono solo un po' intontita.»
Si guardò intorno, si trovavano su una montagna e, vestita leggera com'era, cominciava ad avere sempre più freddo, «cosa ci facciamo su una montagna?» chiese.
«Ho pensato – disse Ganesh – che una montagna, in qualsiasi caso, è un luogo difficile da raggiungere.»
«Giusto» rispose lei. Faceva fatica a riordinare i pensieri, era terribilmente stanca, lo diventava sempre di più e il freddo non aiutava. Aveva l'impressione che gli altri stessero discutendo, ma non riusciva a capire una parola di quello che dicevano, la testa cominciò a girarle, le si annebbiò la vista e per un momento non capì più nulla. Riprese per un attimo conoscenza, vide il volto di qualcuno di fronte a lei, ma non riuscì a riconoscerlo e ripiombò nell'oscurità più totale.
 

***

 
Jona vide Hairi svenire e si precipitò da lei, non voleva che fosse ferita, ma si rese conto immediatamente che non si trattava di quello, era semplicemente esausta; radere al suolo un palazzo e senza lasciarne tracce, per di più, non doveva essere uno scherzo.
Temeva il suo potere forse anche più di quello di Liam, ma ancor di più temeva lei. Quando combatteva era spaventosa, il suo sguardo era gelido, il volto di pietra. Quando si era scagliata contro il Duca, però, sulla sua faccia era dipinta un'espressione feroce colma d'odio ancor più terribile; non avrebbe mai voluto averla come nemica.
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Harribel «sta bene?» gli chiese, si voltò e si ritrovò accerchiato dagli altri, visibilmente preoccupati.
«Non è ferita – rispose – deve essere svenuta per lo sforzo.»
Tutti quanti tirarono un sospiro di sollievo.
«Meno male – disse Ivan e poi aggiunse – dovrebbe esserci una grotta qui vicino, muoviamoci.»
Jona aiutò Ivan a caricarsi in spalla Hairi e così si misero in marcia.
 

***

 
Lentamente, Hairi riprese i sensi, fece per alzarsi ma una mano la respinse gentilmente, fino a farla stendere nuovamente; vedeva un volto accanto a sé, ma prima ancora di capire a chi appartenesse, riconobbe la voce.
«Resta giù – le disse piano Harribel – altrimenti sverrai di nuovo. Distruggere un intero palazzo, non ti pare di esagerare?» Harribel sorrideva, ma non c'era gioia sul suo volto, solo stanchezza e tanto dolore.
«Ti porto qualcosa da mangiare,» disse alzandosi.
Hairi si guardò intorno, erano in una grotta e un piccolo fuoco illuminava e tentava di scaldare l'ambiente. Quando tornò, Harribel l'aiutò a tirarsi su e le porse una ciotola con dentro della frutta.
«Dove siamo?» le chiese, «ci troviamo sui Monti Nalgar – rispose lei – questo è uno dei rifugi di emergenza ricavati dalle grotte di queste montagne. Il cibo è andato a prenderlo Ganesh, ma più di questo non ha trovato.»
Hairi scosse la testa «va benissimo» disse e fece una pausa, indecisa, poi prese coraggio e chiese «i villaggi?»
Sapeva che l'Elfo non aveva mentito, ma una parte di lei si opponeva a quella verità e rifiutava di credervi, aveva bisogno di una prova, poi si sarebbe arresa.
«Non mentiva – disse Harribel greve – non è rimasto niente – si interruppe, poi aggiunse – niente e nessuno.»
Si sentì sprofondare, neppure la consapevolezza che quella sarebbe stata la risposta era servita ad alleggerire lo sconforto. Harribel le strinse una mano poi si alzò e andò a sedersi vicino al fuoco.
«Ancora non mi spiego come abbiano fatto – disse Liam – come hanno potuto muovere così tanti soldati in così poco tempo?»
«Tanto per cominciare – rispose Hairi – l'intero Regno Elfico è attraversato da un'articolata rete ferroviaria, in secondo luogo è molto probabile che si siano messi in moto in contemporanea con noi; alla luce dei fatti non è così assurdo credere che sapessero dei nostri spostamenti.»
«Cos'è una rete ferroviaria?» Chiese Jona.
«Una rete ferroviaria – rispose lei con un sorriso accennato – è il sistema di binari su cui viaggiano i treni. Puoi immaginare i treni come tante carrozze attaccate le une alle altre che si muovono non con l'ausilio di cavalli o altri animali da traino, ma grazie ad un incantesimo.»
Jona annuì, Hairi si chiese come se li fosse immaginati i treni e in qualche modo le si risollevò leggermente il morale, ma solo per un attimo.
«Quindi, per riassumere – disse Ivan – mentre noi eravamo in viaggio verso i Monti Nalgar, gli Elfi muovevano i loro eserciti, poi hanno usato l'attacco al Tempio della Sequoia come esca, i soldati contro cui abbiamo combattuto al Tempio sono serviti da diversivo per attirarci a Leuca e in questi due giorni che abbiamo impiegato a spostarci dai Monti a Leuca hanno attaccato i villaggi.»
«Senza dubbio un bel piano.» Commentò secco Liam.
Nella grotta piombò un silenzio inquietante, rotto talvolta dallo scoppiettio della legna che bruciava, tutti avevano delle facce depresse e lo sguardo perso nel vuoto dei propri pensieri. Hairi mangiò in silenzio, rannicchiata nel suo giaciglio; le tornavano in mente le parole del Duca e la sua faccia arrogante, più ci pensava, più la sua desolazione si trasformava in una rabbia impotente.
«Era tutto un illusione – eruppe – una farsa creata ad arte da loro.»
Gli altri si voltarono a guardarla, quasi sorpresi che avesse ancora la forza di arrabbiarsi.
«È finita – disse Liam – fa male ammetterlo ma è così, non ci resta più niente.»
«Come se avessimo avuto qualcosa in primo luogo,» replicò Ganesh .
«A questo punto – aggiunse Hairi – non sarebbe così assurdo pensare che anche la profezia che ci ha portato a combattere, fosse stata ideata dagli Elfi.»
«E a cosa gli sarebbe servito?» chiese Jona.
«A distruggere i Sette – gli rispose Ivan – morti i Sette è la fine degli Dei, ricordi? In questo modo loro sarebbero stati gli unici Dei e si sarebbero sbarazzati della nostra unica arma contro di loro.»
«Esattamente» fece Hairi.
Di nuovo il silenzio riempì la grotta.
Cosa avrebbero fatto adesso? Che senso aveva continuare quella guerra quando non era rimasto nulla per cui combattere?
Hari credeva di impazzire, dentro di sé si dibatteva un forte desiderio di vendetta che gridava di farla pagare a quei maledetti Elfi. Ma lei era distrutta nell'animo e nel corpo, non aveva più la forza di reagire e così, quell'ultimo grido di ribellione rimaneva segregato dentro di lei e la tormentava, senza lasciarle via di scampo da quella pena.
«Vorrei poter tornare indietro nel tempo» disse d'un tratto Harribel.
Tornare indietro nel tempo. Quelle parole erano riuscite a liberare Hairi dal suo tormento, forse c'era ancora una possibilità. Forse.
«Facciamolo» disse, gli altri la guardarono senza capire, «cosa?» chiese Liam.
«Torniamo indietro nel tempo,» disse lei convinta.
Tutti la guardavano come se fosse uscita di senno: era così assurdo quello che diceva?
«Non ci è rimasto nulla e tanto meno nessuno, per cui combattere. Qui, in questo tempo, per lo meno. Se tornassimo indietro a quando si combatté la guerra contro gli Elfi, potremmo addirittura impedire gli Elfi ci rendano schiavi. Potremmo impedire che tutto questo accada.»
«È almeno possibile?» chiese Harribel, sembrava stesse seriamente prendendo in considerazione quella proposta.
Ganesh scosse la testa e disse «non credo sia fattibile, per Raja passato e futuro sono tempi intoccabili.»
Anche se in cuor suo sapeva che sarebbe stato quasi sicuramente impossibile, Hairi rimase delusa. Ci aveva creduto davvero, ci si era aggrappata come ad un'ancora di salvezza e adesso sprofondava di nuovo.
«Forse sì, invece» disse Ivan, Hairi si sentì rianimare da quelle parole e tutti gli sguardi furono rivolti verso di lui, che spiegò «posso far riaccadere eventi passati, quindi al posto di andare noi nel passato, ci basterà portare il passato da noi.»
«Non è poi così diverso dall'andare indietro nel tempo,» fece Liam.
«Vero – disse Ivan – ma c'è una fondamentale differenza tra le due cose. Quando si viaggia indietro nel tempo è come spostarsi in una nuova dimensione, il passato è indipendente dal presente, quello che faccio io, invece, consiste nel sovrapporre il passato al presente.»
Fece una pausa e rivolse loro uno sguardo greve, poi continuò «ma vi avverto, questo rito, come quello per riportare le anime defunte su questo mondo, richiede un dispendio costante di energia; il passato viene “forzato” a rimanere nel presente. Se dovessi perderne il controllo, passato e presente potrebbero mischiarsi e parte del passato potrebbe rimanere intrappolata nel presente. Per sempre.»
Ci fu un momento di silenzio, ognuno stavano considerando la nuova opportunità e quello che comportava, poi Ganesh disse «Per me si può fare, anzi, si deve. Voi che dite?»
Tutti annuirono. Forse la profezia non mentiva, dopo tutto.
«E allora preparatevi a dare il benvenuto al passato!» esclamò Ivan con un sorriso.

 
 
 
 
 
 
 Ciao a tutte!
Immagino che siate principalmente donne, però se ci sono degli uomini facciano pure i segnali di fumo (alias ci dicano di esserci) e noi provvederemo.
Bene, bando alle ciance. Siamo in ritardo, tutta colpa del mio computer e della beta (ossia io) che è fancazista fino alla morte ed è pure un "lettore pigro" (testuali parole di chiara), nel senso che è pignola sulle cose possibili e impossibili.
In ogni caso ringraziamo tutti i nostri lettori, in particolar modo:
Ransie88219 (hai visto mi sono ricordata i numeri) per avreci inserito fra le storie preferite e per aver recensito;
ladyathena per averci inserito nelle storie ricordate;
Nebbia di latte per averci inserito nelle seguite.
Addy e Chiara



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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


V

 
Ivan si guardò attorno sovrappensiero e poi disse «Abbiamo un problema.» Gli altri lo guardarono tesi, sapeva che non erano dell'umore di affrontare nuove complicazioni e del resto non lo era neanche lui, ma purtroppo ne avrebbero dovuta affrontare una enorme.
«Questa – spiegò – non è esattamente la posizione migliore per un rito di questo genere, si può effettuare anche qui, ma ci vorrebbe più tempo, molto più tempo.»
«Come sarebbe a dire?» chiese secca Harribel.
«Come ho detto – rispose lui – quello che mi accingo a fare è portare il passato nel presente. Dovete immaginare passato e presente come due dimensioni distinte che andranno a sovrapporsi l'una sull'altra e, ovviamente, dovranno combaciare perfettamente. Per collegare due dimensioni bisogna aprire dei portali, il modo più facile per collegare i due mondi passato e presente, è quello di aprire i portali in corrispondenza dei Pilastri del Mondo, ovvero dove si trovano i Seggi dei Sette.»
«Ma i Sette non si trovano nell'Altro Mondo?» domandò Ganesh.
«Sì – disse Ivan – ma come vi spiegò il Gran Maestro del mio tempio durante l'incontro, i Sette sono come i pilastri dell'Altro Mondo ed il punto è che l'Altro Mondo si trova “sopra” questo mondo, quindi i Seggi si trovano nel nostro mondo; per la precisione sono uno per ogni Capo e ad ognuno di essi dovrebbe trovarsi un Tempio o un Altare che funge da Seggio, appunto.»
«È vero – disse Harribel – io vengo da Capo Silvestre e il mio tempio è dedicato al Dio della Creazione.»
Anche Liam annuì e disse «il tempio di Capo dei Ghiacci è dedicato al Dio della Vita.»
«Ma perché aprire dei portali lì renderebbe la cosa più semplice?» chiese Jona.
«Perché – rispose Ivan – il passato è morto e quindi si trova nell'Altro Mondo, i Seggi sono in naturale collegamento con esso, dunque è come se in quei luoghi esistesse già un portale che bisogna solo attivare. La  nostra posizione diventa un problema perché oltre ai portali che si apriranno in corrispondenza dei Seggi, si aprirà, obbligatoriamente, un altro portale in corrispondenza della mia posizione, in quanto io sarò il tramite tra le due dimensioni. Quest'ultimo ha il compito di “agganciare” il mondo passato in corrispondenza dell'Abisso del Mondo, il luogo, oltre ai Seggi, dove naturalmente il nostro mondo è in collegamento con quello degli Dei e che si trova esattamente al centro. Dovete tener presente che il posto del passato non è il mondo dei vivi, portarlo qui significa imprigionarlo e dunque servirsi di “catene” che lo trascineranno dal mondo dei morti al nostro. »
«Quindi, in poche parole, le due dimensioni non combacerebbero?» domandò Hairi.
«Esatto – rispose lui – le catene che dipartiranno dai seggi dovranno prima far sovrapporre i due mondi e poi unirli, il che oltre ad essere una perdita immane di tempo, potrebbe costarmi la vita.»
«Non mi sembra un problema raggiungere l'Abisso – osservò Ganesh – anche se è in pieno territorio elfico nulla mi impedisce di creare un portale per raggiungerlo.»
«Il problema, suppongo, è che quel luogo, come i Capi, è sigillato» disse Hairi.
«Sigillato?» chiese Harribel perplessa.
«Proprio così – rispose Hairi – ne ho sentito parlare per la prima volta dal Duca, quando ancora ero al suo servizio. Oltre a rivestire un'importante carica amministrativa, apparteneva all'Ordine, un'organizzazione al servizio del Re composta dai più potenti maghi. Comunque, una volta stava organizzando un viaggio insieme ad un funzionario di corte, sarebbe dovuto andare a Città di Capo Naël, poi a Città di Capo Ilia ed infine a Città di Capo Nord. Li sentii parlare di sigilli che andavano rinnovati e del fatto che qualcun altro si sarebbe dovuto occupare “dell'Abisso”; non capii a cosa si riferissero, me lo spiegò poi la Gran Maestra. Gli Elfi temendo il potere di quei luoghi li sigillarono, ma questi sigilli necessitano di essere rinnovati siccome gli incantesimi vengono lentamente consumati dal potere emanato dai Seggi.»
«Quindi – disse Liam – prima di poter procedere dobbiamo sbloccarli.»
«Esattamente – fece Ivan – ma sicuramente gli Elfi avranno ormai sigillato anche quelli che prima si trovavano nel nostro territorio e vi avranno posto delle guardie, o qualcosa di simile. Quindi non possiamo semplicemente, uno dopo l'altro, rimuovere i sigilli; una volta che ne avremo tolto uno, gli altri Elfi verranno avvisati e ci ritroveremo addosso l'intero esercito.»
«Il miglior modo sarebbe rimuoverli tutti in una volta – osservò Harribel – ma tu, Ivan, devi trovarti per forza nell'Abisso e quindi uno dei Seggi rimarrebbe sigillato.»
«C'è un'altra cosa – fece Ganesh – come facciamo a rimuovere i sigilli?»
«Dovrebbe bastare la nostra presenza – disse Hairi – il potere dei Seggi entrerebbe in “risonanza” con il nostro amplificandosi e diventando tale da distruggere il sigillo.»
«Se creassi una bambola? – propose Harribel – Liam potrebbe darle vita, sarebbe anche in grado di combattere gli Elfi.»
«Però non possiederebbe il mio potere – obiettò Ivan – come farebbe a rompere il sigillo?»
«Normalmente si usa un incantesimo inverso a quello del sigillo – rispose Hairi – il metodo che vi ho appena detto può essere usato solo da noi.»
«Conosci questo incantesimo?» le chiese Liam.
«Non esiste una formula fissa – rispose lei – varia in base a quella del sigillo, quest'ultima possiamo trovarla negli archivi dell'Ordine oppure direttamente sul Seggio. È scritta in lingua elfica ma non dovrei avere problemi a tradurla.»
«Oppure – disse Ivan – potremmo come prima cosa andare nella Città di Capo Nord dove si trova il Seggio della Morte e sciogliere quel sigillo, poi ognuno si occupa del proprio Seggio e io dell'Abisso. Però è piuttosto debole come piano.»
«Anche quello per uccidere il Duca lo era – commentò Ganesh – però direi che è riuscito piuttosto bene.»
«Non hai tutti i torti – rispose Ivan con un mezzo sorriso – sbrighiamoci a prepararci allora. Anche se non è detto che abbiano previsto una mossa simile da parte nostra, è meglio non perdere tempo, altrimenti gli Elfi potrebbero rinforzare la sicurezza in quei luoghi.»
 

***

 
Hairi stava rapidamente cambiando i propri abiti con alcuni trovati lì nel rifugio, intanto pensava e ripensava a quello che stavano per fare, era tesa come non mai; trasse un profondo respiro e raggiunse in fretta gli altri.
«Pronti?» Chiese arrivando.
«Pronti», risposero loro; Ganesh aprì un portale e uno dopo l'altro vi entrarono, in un attimo furono a Città di Capo Nord.
Si trovavano su una spiaggia, da lì potevano scorgere i tetti a spiovente della città e un'enorme scogliera a strapiombo sul mare, «il Seggio dovrebbe essere lassù» disse Ivan.
«Prima di andare lassù – fece Harribel – vorrei sistemare una cosa.»
Hairi si voltò verso di lei e la vide evocare quindici leoni bianchi, alti quanto un uomo adulto, seduti e immobili come statue di pietra.
«Cinque sono per proteggere questo Seggio – spiegò Harribel – quattro sono per Ivan quando sarà nell'Abisso  gli altri sei sono per Raja, Ganesh e il nostro piccolo Jona – lo fissò intensamente e poi, evocando altri tre leoni, aggiunse – forse è meglio se ti affido a cinque di loro, invece che due.»
«Devo dar loro vita?» le chiese Liam.
«Ovvio – rispose lei – e dì loro di proteggere chi di dovere.»
Liam sospirò e rispose «agli ordini.»
Lei gli chiese allora «perché quella faccia affranta? Volevi anche tu un cucciolo?»
«E tu chiameresti “cuccioli” quei bestioni enormi?» ribatté lui, ma Harribel non rispose e si limitò a sorridere. Liam allungò la mano destra verso i leoni, come se stesse offrendo loro qualcosa, ripeté una formula varie volte e finalmente i leoni presero vita e si alzarono scrollandosi, gli occhi vuoti davano loro un aspetto spettrale.
«Per sicurezza – aggiunse Harribel – dì a quelli di Ivan di guidarlo attraverso l'Abisso.»
Liam mosse quasi impercettibilmente le labbra e poi disse «fatto.»
«Forza – disse Ivan – muoviamoci.»
Si misero in marcia, con cinque dei leoni in testa e gli altri accanto ai loro protetti. Raggiunta la scogliera trovarono uno stretto e ripido sentiero che vi si inerpicava sino in cima, lo percorsero adagio, Hairi, che chiudeva la fila, continuava a lanciare, preoccupata, occhiate alla città. Finalmente, quando ormai stava per albeggiare, raggiunsero la cima e videro il Seggio, era una specie di altare ottagonale, attorno ad esso era stata legata una catena dalla quale pendevano una serie di tavolette di legno su cui erano incisi strani simboli e una morsa di ferro che presentava le stesse incisioni, era invece fissata sul piano dell'altare, come un coperchio.
«Quello sarebbe un sigillo? – chiese perplesso Ivan – Non ha un'aria molto “magica”.»
Detto questo si avvicinò per esaminarlo, ma appena fu a pochi passi da esso cadde all'indietro, come respinto da una qualche forza: i simboli incisi sulle tavolette si erano illuminati e attorno all'altare era comparso un cerchio dal quale si innalzava una barriera.
«Ora ci assomiglia di più» commentò seccato e rialzandosi rilasciò il proprio potere, un simbolo nero apparve in corrispondenza del suo occhio sinistro, come era successo durante il combattimento con il Duca, ma, diversamente da allora, era comparso anche un sigillo ai suoi piedi.
Hairi cominciò a provare un terrore crescente, ma non riusciva a capirne il perché, era una paura irrazionale ed era come se fosse insita nel suo animo; si domandò se anche gli altri si sentissero così. La barriera, intanto, aveva cominciato a dissolversi, come anche le tavolette, la morsa invece resisteva tenacemente, anche se sembrava che qualcosa la stesse spingendo dal basso. D'un tratto un fascio di luce eruppe dal centro dell'altare rompendo la morsa e andando a formare una colonna che sembrava sorreggere il cielo.
Hairi guardò verso la città e vide accendersi molte luci, «si stanno mettendo in moto – disse –  dobbiamo sbrigarci ad andarcene da qui.»
«Ecco i portali – disse Ganesh aprendone sette, uno accanto ad ognuno di loro – il portale accanto a voi – spiegò – vi porterà al vostro seggio.»
«È possibile lasciarli aperti e cambiarne la destinazione?» chiese Ivan.
«Certo» gli rispose Ganesh.
«Allora – riprese Ivan – quando vedrai apparire una catena fai in modo che i portali portino dove sono io, così saremo insieme quando avrò completato il rito.»
«Ma non sarà pericoloso lasciare scoperti i Seggi durante il rito? – chiese Liam – gli Elfi potrebbero interferire.»
«Tranquilli, non è un problema – rispose Ivan – una volta “agganciato” il passato, l'unico modo per fermare il rito è uccidermi.»
«Ci vediamo tra poco, allora» disse Harribel e prima di entrare nel proprio portale eresse una barriera attorno al Seggio, «per sicurezza» aggiunse e poi scomparve nel portale.
Dopo di lei si avviarono anche gli altri, Hairi per ultima. Quando uscì dal portale si ritrovò direttamente di fronte al Saggio, e a giudicare dal paesaggio doveva essere a Città di Capo Naël.
«Chi va là?» chiese una voce imperiosa alle sue spalle. Lei voltò la testa e guardò da sopra la spalla il suo interlocutore, si trattava di un soldato ed era a capo di una piccola truppa, dovevano essere le guardie mandate a proteggere i Seggi.
«Sparite dalla mia vista» disse.
 

***

 
Ivan era arrivato presso l'Abisso del Mondo e non aveva trovato nessun esercito ad aspettarlo come aveva immaginato, ma sapeva che era solo questione di tempo, prima o poi sarebbero arrivati. Doveva fare il più in fretta possibile, una volta iniziato il rito l'unica cosa che poteva fare era completarlo, questo voleva dire che sarebbe stato completamente alla mercé degli Elfi; ma confidava nei leoni di Harribel, era sicuro avrebbero trattenuto gli Elfi abbastanza a lungo.
Raggiunse la sponda dell'Abisso, era un'enorme voragine nel terreno, un pozzo nero di cui non si vedeva la fine e nel quale si riversavano le acque di cinque fiumi formando gigantesche cascate.
«E adesso?» Pensò ad alta voce, non aveva idea di come raggiungerne il centro. Due dei  leoni, come in risposta alla sua domanda, si fecero silenziosamente avanti e oltrepassarono la sponda, sorprendentemente non precipitarono nel vuoto: dove erano passati si era formato una specie di sentiero luminoso; adesso capiva cosa intendesse Harribel con “guidarlo attraverso l'Abisso”. I due leoni si fermarono e si voltarono a guardarlo come se lo stessero esortando a seguirli, si affrettò quindi a raggiungerli, iniziando così la sua discesa nell'Abisso.
 

***

 
«Non avvicinatevi a lei! Se lasciate che vi tocchi verrete distrutti!»
Hairi cominciava a trovare irritante la stupidità di quegli Elfi, davvero credevano che bastava starle lontani per riuscire a sconfiggerla? Poveri illusi.
«Se pensate che in questo modo io non riuscirò a colpirvi vi sbagliate di grosso» disse loro.
Delle fiamme le circondarono i piedi, crebbero fino a formare una sfera attorno a lei, le trattenne per qualche secondo come se stesse caricando una molla e poi le lasciò andare. L'esplosione ruppe il Sigillo alle sue spalle, ma non raggiunse gli Elfi, era stata intercettata da una barriera molto potente e di fronte a lei si parava un muro di fiamme azzurre. Quando finalmente le sue fiamme cominciarono a diradarsi, Hairi si ritrovò faccia a faccia con un membro dell'Ordine.
«Andatevene! – gridò quello ai soldati – non è un avversario che potete affrontare.»
«Non puoi affrontarmi nemmeno tu se è per questo,» gli disse Hairi in tutta calma.
«È pericoloso sottovalutare i propri avversari» le rispose.
«Non sono io che ti sottovaluto –  ribatté lei – sei tu che ti sopravvaluti.»
L'Elfo mormorò qualcosa e Hairi si ritrovò le braccia ammanettate da due catene, come se fosse stata appesa, «sei davvero un idiota se pensi di potermi sigillare» gli disse.
«Questo è tutto da vedere,» rispose lui.
«No, ti sbagli – fece lei e detto questo diede uno strattone alle catene che si ruppero come niente, poi aggiunse – tu non sai con chi hai a che fare.»
 

***

 
Ivan era riuscito a connettere l'Abisso con il passato, ora mancavano solo i Seggi. Per il momento tutto era andato bene, com'era prevedibile erano arrivati dei soldati, ma non erano discesi nell'Abisso, si erano appostati sulle sponde e lo attaccavano da lì; ma non uno di quegli attacchi lo aveva raggiunto, i leoni di Harribel se li mangiavano letteralmente. Improvvisamente ci fu un'esplosione molto forte alle sue spalle, si voltò e vide che si trattava di uno dei leoni. Osservò attentamente gli altri e vide che il loro corpo era come attraversato da crepe, gli vene in mente quando aveva cercato di assorbire la magia degli Elfi, evidentemente era come un veleno anche per loro. Doveva sbrigarsi, di questo passo si sarebbe trovato in guai seri.
 

***

 
Hairi sarebbe stata in netto vantaggio sull'Elfo, sennonché quello aveva aumentato enormemente la sua velocità e quindi era stata costretta a concentrarsi sulla difesa, senza mai avere la possibilità di sferrare un vero attacco e chiudere lo scontro. Era frustrante.
Finalmente l'Elfo si scoprì tentando un attacco frontale, lei lo parò e gli sferrò un gancio destro nello stomaco, ma non riuscì a sfondare del tutto le sue difese magiche e l'Elfo riuscì a staccarsi da lei con un rapido balzo all'indietro atterrando una decina di metri più in la. Hairi notò che teneva una mano premuta contro l'addome, il suo attacco aveva avuto più effetto del previsto. Bene.
Creò un recinto di fiamme attorno a loro, «non mi scappi!» Esclamò e si lanciò contro di lui, saltò per assestargli un calcio in testa, ma andò a vuoto. Atterrò, afferrò un sasso, lo avvolse con le sue fiamme e lo scagliò contro le gambe dell'Elfo, che cadde a terra urlando di dolore.
«Finalmente la smetterai di correre di qua e di là, mi avevi proprio stufata» gli disse rialzandosi. Fece rimbalzare nel palmo della mano un altro sasso che aveva raccolto, guardò per un momento l'Elfo accasciato a terra, la sua faccia deformata dal dolore e dalla paura era decisamente uno spettacolo che meritava; ma, alla fine, lanciò il sasso.
 

***

 
Ivan era riuscito a collegare i Seggi, ora doveva solo  sovrapporre le due dimensioni. Gli altri lo stavano man man raggiungendo, mancavano solo Hairi e Raja ed era preoccupato; la battaglia lì si stava facendo sempre più dura e immaginava fosse la stessa cosa anche presso i seggi, non voleva che fosse successo loro qualcosa.
«Stanno arrivando – gli disse Ganesh – i loro portali si sono attivati.»
Udendo quelle parole si sentì decisamente meglio e quando le vide uscire dai portali sane e salve ogni preoccupazione lo abbandonò.
La prima cosa che fece Hairi fu erigere una barriera infuocata, dando così agli altri un po' di tregua e a lui un po' di tranquillità per concludere il rito.
«Finalmente! – esclamò Harribel tirando un sospiro – tra i rinforzi che sono arrivatici devono essere dei maghi molto potenti, sono riusciti a rompere tutte le mie difese.»
«Come riescono a distruggere ciò che crei? – chiese Liam incredulo – Non dovrebbe essere indistruttibile?»
«Lo è – rispose Harribel – ma entro un certo limite. Ciò che creo è “puro” e “sacro”, la Magia è “corrotta” ed “empia”, quindi è come un veleno: lentamente corrode ciò che creo fino ad annientarlo e la velocità con cui questo avviene dipende dal tipo di incantesimo.»
«Quindi io non potrei distruggere ciò che crei – notò Hairi – se lo facessi, compierei un atto “sacrilego”. Giusto?»
«Giusto» rispose Harribel.
«Fatto» disse improvvisamente Ivan, tutti quanti si voltarono verso di lui.
«Siamo nel passato?» chiese Ganesh.
«Non ancora – rispose Ivan – ma lo saremo tra poco.» Detto questo indicò il terreno, ai loro piedi era comparso un intricato sigillo che ricreava una stella a sette punte, «Ognuno di voi – spiegò –  deve posizionarsi in corrispondenza di una delle punte, seguendo l'ordine dei Seggi: Vita, Protezione, Creazione, Distruzione, Spazio, Tempo, Morte. In questa fase sono necessari i poteri di tutti quanti noi, quindi, una volta in posizione dovremo prenderci per mano; in questo modo le nostre anime saranno unite ed io potrò accedere ai vostri poteri. Infine reciterò un'ultima preghiera e poi saremo finalmente nel passato.»
Ognuno prese posto, si presero per mano, Ivan chiuse gli occhi, percepì un'enorme forza concentrarsi nel proprio corpo e per un attimo temette che l'avrebbe sopraffatto e che non sarebbe stato in grado di portare a termine il rito; ma, non appena cominciò a recitare la preghiera andò, mano a mano scemando, fino a dissiparsi del tutto una volta pronunciata l'ultima parola.
Nell'Abisso non riecheggiavano più le grida degli Elfi e quando Ivan aprì gli occhi, vide che era sparita la volta di fiamme che li proteggeva dai soldati, al suo posto si trovava un cielo azzurro splendente. Ce l'avevano fatta, erano nel passato.
 
 
 
 
 
 
 
Heilà gente!
Siamo tornate. Sono mortificata per il ritardo, è tutta colpa mia (disse Ade), ho avuto un'estate pienissima e poi il mio pc si è messo a fare i capricci.
In ogni caso i prossimi aggiornamenti saranno più rapidi, parola di lupetto xD
Mi scuso ancora e vi ringrazio in anticipo per averci aspettato.
Ciao Ade e Chiara




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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


VI

 
Hairi stava contemplando assorta quel cielo azzurro che sembrava irreale quando la voce di Jona ruppe il profondo silenzio che li avvolgeva. «Non è strano – esordì – che noi siamo nel passato e gli Elfi no? Dopotutto presente e passato sono stati sovrapposti, perché loro non dovrebbero esserci?»
«Perché sta a me decidere chi può interagire con i morti e chi no – rispose Ivan con un certo compiacimento – quindi in questo momento noi siamo in contatto con il passato, che sarebbe il morto, e gli Elfi possono solo stare a guardare per così dire, in realtà per loro siamo invisibili.»
«A proposito di Elfi – disse Harribel – non è che ci sono degli Elfi a guardia di questo posto?»
«Non credo – fece Hairi pensosa – ma non è poi così improbabile, dovremmo risalire e dare un'occhiata.»
«Oppure andare direttamente dagli Umani – obiettò Ganesh – non vedo perché correre inutili rischi. Chiaramente ho bisogno di sapere la nostra destinazione, “Umani” è troppo generico.»
«Giusto – convenne Hairi – allora potremmo andare al Tempio della Sequoia, dopotutto è il più antico, ci sarà sicuramente qualcuno e inoltre Leuca non dovrebbe essere stata ancora fondata.»
«Mi sembra una buona idea – disse Ivan – vogliamo andare?»
Tutti quanti assentirono e partirono così alla volta del Tempio. Hairi ripensò all'ultima immagine che aveva di quel posto: un santuario di morte, ma quando poi uscì dal portale con ancora quella visione negli occhi, fu abbagliata da quel verde brillante che credeva non avrebbe più rivisto. Al di là del verde e marrone degli alberi, però, non c'era altro colore, non un singolo Umano.
«Non c'è nessuno – disse Liam deluso – dove...»
«Zitto – lo interruppe Hairi sottovoce – qualcuno ci osserva.»
In mezzo al fruscio delle foglie le era sembrato di sentire un altro suono, più aspro, uno scricchiolio, rametti spezzati forse...
«Giù!» Gridò e intanto spalancò le braccia scatenando due esplosioni che in un attimo raggiunsero i due Elfi che stavano per attaccarli. Uno dei due era però riuscito ad evitare il suo contrattacco e si preparare a lanciare il proprio. Hairi si voltò per affrontarlo ma improvvisamente si sentì mancare l'aria, annaspò nel tentativo di respirare ma invano. Cadde a terra e la vista le si riempì di puntini neri fino a oscurarsi completamente.
 

***

 

“Aria!” pensò con tutte le sue forze Harribel e i suoi polmoni si riempirono del prezioso elemento, ancora un attimo e avrebbe perso i sensi e sarebbe morta. Diede uno sguardo agli altri, avevano perso tutti conoscenza ma grazie alla sua aria non sarebbero morti. Guardò dunque l'Elfo, aveva un'espressione corrucciata, doveva aver capito cosa lei aveva fatto e ora stava tentando di toglier loro l'aria che era riuscita a creare; ma non ce l'avrebbe fatta, mai.

Sembrò essersene reso conto perché lanciò un nuovo incantesimo, lei sentì la terra tremare sotto i suoi piedi, spiegò allora quattro paia di ali ed evocò sei aquile giganti per i suoi compagni e spiccò il volo appena in tempo per evitare enormi spuntoni di roccia emersi dal terreno. L'Elfo fece allora come un salto e volo veloce come un proiettile verso di lei, roteò in aria con incredibile agilità e le sferrò un calcio. Lei lo parò con il braccio protetto da un'armatura di diamante, la sua gamba era pesante come il piombo e fu  scaraventata a terra.
Creò un'enorme rete che rese elastica in modo da sfruttare la violenza del colpo a suo vantaggio. In un attimo stava volando contro l'Elfo, il suo corpo proteso in avanti mentre braccia e gambe all'indietro. Harribel si fece crescere per tutta la lunghezza degli avambracci affilatissime lame e quando fu a un soffio da lui gettò le braccia in avanti così da tagliargli la testa. Ma fallì. L'Elfo si dissolse come fumo, riapparve dietro di lei e le diede un colpo alla testa. Harribel riuscì a proteggersi appena in tempo, ma di nuovo non poté evitare di venire scagliata a terra. Non poteva ripetere lo stratagemma di prima, siccome stava volando a terra di faccia e non di schiena, così creò un enorme cuscino per attutire la caduta che però quasi la soffocò.
Un pensiero improvviso le attraversò la mente. Fece scomparire il cuscino e rotolò a terra schivando dei dardi magici lanciati dall'Elfo, ma quasi andando a sbattere contro gli speroni di roccia. Si rialzò e guardò in alto verso di lui.
«E così ti piace strangolare la gente eh? – gli gridò – ti accontento!»
Lui la guardò con un'espressione confusa, che si trasformò in stupore quando una serie di anelli si formarono attorno al suo collo fino a materializzarsi in un serpente che prese a strozzarlo, istintivamente lo afferrò tentando di liberarsene, ma ottenne l'effetto contrario e alla fine precipitò con un tonfo a terra, sbattendo contro uno di quegli spuntoni da lui creati.
Sentì la morsa alla gola che la obbligava a respirare artificialmente sciogliersi e così poté cessare di creare aria. Fece atterrare le aquile e si guardò attorno, il paesaggio era stravolto, ma il Tempio era rimasto intatto; per un attimo pensò che quel posto portasse sfortuna.
Raggiunse le aquile e constatò con sollievo che tutti stavano effettivamente bene, soffermò però il suo sguardo su Ivan. Da quando erano nel passato era pallido come un cadavere e aveva notato che aveva il respiro affannato, benché tentasse di nasconderlo, inoltre era certa che quando l'Elfo aveva impedito loro di respirare fossero tornati per un momento nel presente. Avrebbe retto per settimane, forse mesi? Scacciò quel pensiero, non doveva farsi prendere dalla sua tendenza al catastrofismo.
Fuse insieme le sei aquile creandone una sola che potesse trasportarli tutti e caricò così i suoi compagni in groppa alla creatura, si sarebbero certamente svegliati a breve, ma temeva l'arrivo di altri Elfi e quindi voleva andarsene da lì al più presto. Si sistemò sulla testa dell'aquila che prese il volo diretta a nord.
 

***

 
Hairi si svegliò e sentì qualcosa solleticarle il viso, poi udì un battere ritmico, come di ali, quando aprì gli occhi scoprì di trovarsi su di un enorme bestia volante che poi riconobbe essere un'aquila. Si guardò attorno spaesata e vide gli altri che riprendevano conoscenza in quello stesso momento, c'erano tutti a parte Harribel. Fu presa dall'agitazione, ma poi si calmò quando la vide seduta più in là; lei si voltò, un sorriso le illuminò il volto e li raggiunse.
«Per caso siamo morti e adesso stiamo volando all'Altro Mondo?» Le chiese Liam quando arrivò.
«Non essere stupido – rispose lei e lo schiaffeggiò – come puoi vedere sei vivo e vegeto.»
«Come abbiamo fatto a sopravvivere allora? – le domandò Jona – io sono certo di non essere intervenuto.»
«Ho creato l'aria che l'Elfo voleva toglierci – disse Harribel con aria trionfale– voi siete tutti svenuti e io mi sono sbarazzata di lui.»
«È sorprendente che non sia svenuta anche tu», commentò Ganesh.
«Sono piuttosto allenata a trattenere il fiato», fece lei compiaciuta.
«Sai cos'altro mi sorprende? – le disse Liam – che quest'aquila si muova, ai leoni avevo dovuto dare io la vita.»
«Quello si era reso necessario perché non avrei potuto controllarli una volta che ci saremmo separati, altrimenti avrei potuto farli muovere come avrei voluto. Di fatti, sono io a far sbattere le ali a quest'aquila, non lo fa autonomamente», spiegò Harribel.
«Ad ogni modo – li interruppe Ivan – dove stiamo andando?»
«A nord – rispose lei – è la zona con il maggior numero di villaggi, prima o poi qualcuno lo troviamo.»
Lui fece un leggero ceno di assenso, Hairi notò che sembrava incredibilmente stanco, «Continuiamo a muoverci con quest'aquila – eruppe – Ivan, tu hai bisogno di riposarti e noi tutti di organizzarci.»
«Sono d'accordo con Hairi – disse Harribel – secondo me sarebbe meglio se d'ora in poi ti astenessi dal combattere, Ivan. Inoltre, è da un po' che ci pensavo, cosa diremo agli Umani quando li raggiungeremo? “Salve veniamo dal futuro”? Non credo ci accoglieranno a braccia aperte. Poi ci sono gli Elfi, mi sono sembrati diversi, come più forti; ma forse sono solo io che penso sempre alle cose più stupide quando invece potrei creare qualunque cosa.»
«La tua impressione non è sbagliata – fece Ivan – gli Elfi che conosciamo sono arroganti e pieni di sé, credono di aver a che fare con bambini capricciosi che per ripicca fanno i dispetti: non ci prendono sul serio, si credono superiori. Questi invece sanno con chi hanno a che fare, hanno ottenuto la magia da poco, conoscono i loro limiti e ciò di cui sono capaci gli Dei; come loro non ci sottovalutano così noi dobbiamo fare. Comunque avete ragione, non sono in condizione di combattere, farò del mio meglio per non esservi d'impiccio.»
Ganesh scosse la testa e disse «Non vedo come colui che ci permette di essere qui possa essere “un impiccio”.»
Ivan sorrise e poi aggiunse «Per quanto riguarda gli Umani, direi che l'unica cosa che possiamo fare è tentare di spiegare la situazione.»
«Intanto pensiamo a trovarli, poi si vedrà», commentò Liam.
Tutti quanti annuirono e tra di loro calò il silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, nelle proprie ansie e aspettative.
Prima di potersene rendere conto, Hairi si addormentò e quando fu poi svegliata da Raja, il sole era alto nel cielo, indicando che era mezzogiorno se non più tardi. Raja le indicò qualcosa al di sotto di loro, lei si voltò a guardare in quella direzione e vide il mare. Le venne in mente la prima volta che lo aveva visto, era in viaggio con il Duca chissà verso dove e tutto ciò le provocò un certo fastidio, ma poi i sui pensieri furono interrotti da Jona che le disse con una vena di eccitazione nella voce «Siamo quasi arrivati al Golfo dei Pirati, abbiamo già scorto qualche nave.»
Di nuovo Hairi guardò il mare e vide delle piccole figure scure solcarne la superficie, ben presto avrebbero incontrato gli Umani, pensò emozionata.
«Come dovremmo fare per raggiungerli? – chiese Liam – se atterriamo con questa bestia ci attaccheranno di sicuro.»
«Ci attaccheranno in ogni caso», commentò Ganesh.
«Però potremmo...» cominciò Liam ma fu interrotto da due sonori schiocchi e poi cominciarono a precipitare. Era come se si fossero spezzate le ali dell'aquila e non stavano semplicemente cadendo, qualcosa li stava trascinando a terra.
«Non riesco ad aprire un portale!» Esclamò Ganesh e in quel momento Hairi capì cosa stava succedendo, ma non fece in tempo ad aprire bocca che raggiunsero il mare e vi atterrarono violentemente alzando due altissime pareti d'acqua che ricaddero su di loro sotto forma di pioggia. Prima che potessero reagire in alcun modo furono afferrati da delle specie di rami e radici e come la loro cavalcatura scomparve, loro rimasero sospesi in aria.
«Non siamo Elfi! – gridò Hairi – Siamo Draghi! Lo Spirito della Sequoia potrà confermarvelo!»
Tanto gli uomini sulle navi quanto i suoi compagni la guardarono con stupore, ma lei ne era certa: il Gran Maestro e Drago del Tempio della Sequoia era lì, era lui che li aveva catturati e quegli uomini non potevano nasconderglielo.
«Io non ti ho mai vista prima d'ora – disse un uomo che si era appena fatto largo tra le persone che affollavano una delle navi – come fai a conoscere quel nome?»
Hairi lo guardò con attenzione, era un uomo tra i trenta e i quarant'anni, alto e dal fisico possente, aveva barba e capelli scuri, una cicatrice gli attraversava longitudinalmente la parte sinistra del volto e anche se l'occhio sinistro era chiuso, lei riusciva a vedere chiaramente che il destro era dorato.
«Anch'io vengo dal Tempio della Sequoia – rispose lei – solo che noi sette apparteniamo al futuro, capisco che sia abbastanza assurdo, ma è la verità! Questa guerra verrà persa e alla fine della guerra verrà fatta una profezia che annuncia il ritorno dei Draghi ad opera dei Sette, ebbene eccoci qui! Nel nostro tempo gli Umani sono stati prima ridotti in schiavitù e poi sterminati. Per favore, credeteci!»
Gli uomini si guardavano e mormoravano incerti chiedendosi se crederle o meno, poi il Drago disse «Vi porteremo dal Gran Maestro del Tempio dei Venti e ne discuteremo con lui.»
Hairi fu attraversata da un moto di trionfo e i suoi compagni erano visibilmente contenti del risultato, intanto i rami si mossero e li portarono sulla nave dove si trovava il Drago che li condusse sottocoperta e li chiuse in una stanza vuota; poi la nave cominciò a muoversi.
«Come facevi a sapere che il Gran Maestro del Tempio della Sequoia era presente?» Le chiese Jona.
«Ne ho riconosciuto i poteri – rispose lei – lo Spirito della Sequoia rappresenta e protegge i legami familiari e affettivi in generale, il che in battaglia si concretizza con la capacità di immobilizzare e cioè di “legare alla terra”; può anche obbligare delle persone a rimanere insieme e così via. Ecco perché Ganesh non poteva più aprire un portale e, come avrete notato, siamo arrivati in questa stanza senza aver mosso consapevolmente un passo.»
«Non credevo che un Dio minore potesse contrastare uno dei Sette», disse Harribel stupita.
«Per la verità – fece Ganesh – riesco ancora ad aprire un portale, ma è troppo piccolo anche per trasportare soltanto me e si chiude talmente in fretta che vi rimmarrei intrappolato dentro, morendo.»
Ad Hairi sembrò un po' seccato, il che la divertì, ma cercò di non darlo a vedere e piuttosto disse «Adesso non resta che parlare con il Gran Maestro del Tempio dei Venti, speriamo non ci siano problemi.»
«Non credo ce ne saranno – commentò Liam – dopotutto gli Spiriti ci riconosceranno come Umani e allora non potranno continuare a sospettare di noi.»
Quello che diceva era vero, quindi in un certo senso potevano stare tranquilli, ma sapeva che non avrebbero conquistato la loro piena fiducia fino a che non avessero combattuto, dimostrando così di possedere veramente i poteri dei Sette.
Il viaggio proseguì per forse un'oretta, poi il Drago venne a prenderli e li scortò fuori. Il paesaggio era sorprendente, erano circondati da un'imponente scogliera bianca, si trovavano sicuramente in uno dei numerosi fiordi che caratterizzavano la costa a nord del Nuovo Mondo. L'enorme parete rocciosa era punteggiata da palafitte arroccate fino alla sua sommità ed erano collegate da ponti sospesi di corda, inoltre un'infinità di moli si protendeva sul mare per ospitare le numerose navi. Quello a cui avevano attraccato era in una posizione più o meno centrale ed era collegato ad una curiosa scala un po' ricavata dalla roccia, un po' costruita in legno, che conduceva ad un edificio ancor più singolare. Era in legno come tutti gli altri edifici, ma si notava che era stato come costruito in una nicchia, si stagliava imponente oltre la cima della scogliera e con le sue guglie e pinnacoli sembrava una specie di corona.
«Quello è il Tempio dei Venti – disse Jona attirando gli sguardi del Drago e degli altri uomini che li accompagnavano – e quella che stiamo per percorrere è chiamata Scala del Cielo.»
«Piuttosto poetico», commentò Ivan.
«Già», fece secco il Drago sottintendendo che dovevano tacere, e così cominciarono la salita di quella lunga scala che li avrebbe portati un passo più vicini al loro futuro.
 
 
 
 
 
 

Salve! avete visto siao tornate subitissimo, stavolta. Ci perdonate?
So di non aver risposto alle recensioni ma cercherò di farlo entro dopodomani, visto che Chiara mi ha già detto coa dirvi.
Non ci rimane che augurarvi buona lettura e rassicurvi dell'esistenza del prossimo capitolo =)
Ciao Addy e Chiara

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


VII

 
Quando finalmente raggiunsero la fine di quella scala, Ivan si sentì girare la testa e senza rendersene conto si ritrovo in ginocchio, altro che Scala del Cielo, quella scala l'avrebbe portato direttamente all'Altro Mondo se fosse stata anche solo un gradino più lunga. Il Drago gli rivolse un'occhiata sprezzante che gli fece venire il nervoso, i suoi compagni invece lo fissavano preoccupati e gli chiedevano se stesse bene, pensò che si sarebbero precipitati ad aiutarlo se non fosse stato per quell'uomo. Provò a rialzarsi, ma di nuovo fu colto da un capogiro, rimase chino con le mani appoggiate sulle ginocchia e il respiro affannato aspettando che passasse; tutto questo per una scala pensò con fastidio. Con quell'ultimo giramento di testa però, aveva notato che per un attimo si erano ritrovati sospesi per aria e quando guardò di nuovo il Drago notò che sul suo volto era dipinto un certo spavento e per un momento se ne compiacque.
Dopo poco si riprese e così entrarono all'interno del Tempio, li accolse una stanza rettangolare abbastanza lunga, il pavimento all'ingresso era di legno, ma poi veniva sostituito dalla roccia bianca della scogliera e alle pareti, a intervalli regolari erano scolpite delle colonne. L'ambiente era piuttosto buio, tutta la luce sembrava provenire da un'apertura nel tetto in fondo alla sala che illuminava direttamente un altare. Accanto ad esso c'era un uomo poco più giovane di lui, biondo e dal fisico atletico, dagli occhi dorati dedusse che era il Gran Maestro.
Quando li vide li raggiunse in fretta ed esclamò, rivolgendosi all'uomo che li aveva portati lì «Barnabas! Mi spieghi che sta succedendo?»
«Kurt – rispose quello – non c'è bisogno che ti agiti tanto, è tutto sotto controllo. Queste persone – e li indicò con un gesto della mano – affermano di venire dal futuro e di essere i Draghi dei Sette. Lo Spirito della Sequoia mi ha già assicurato che sono Umani, la donna con i capelli rossi, addirittura, pare essere stata benedetta sotto le fronde del Suo Tempio.»
«Anche il ragazzo con un solo occhio dorato pare essere stato benedetto tra questi venti – disse pensieroso Kurt – quello che non ti convince è ciò che affermano vero?»
«Esattamente», confermò Barnabas.
Kurt si rivolse dunque a loro «Potete dimostrare ciò che dite?» Chiese.
«Sì – rispose Ivan – posso farlo io per tutti. Potendo governare la Morte, sono in grado di far riaccadere eventi passati e quindi “morti”, ecco spiegato come abbiamo fatto a venire nel passato. Per quanto riguarda la dimostrazione basta che mi tiriate un pugno.»
«Cosa?» fece quello allibito.
«Un pugno – ripeté Ivan calmo – sono talmente sfinito che basta che mi si tiri un pugno e il futuro interferirà con il passato. Avanti, dammi un pugno, nello stomaco funzionerà meglio.»
Kurt continuò a fissarlo con un certo sconcerto, Barnabas invece non se lo fece ripetere, avanzò verso di lui e gli sferrò un pugno dritto alla bocca dello stomaco che lo fece piegare in due. Di certo non si era trattenuto.
Come aveva immaginato la stanza cominciò ad annebbiarsi come aveva fatto per un momento la sua vista, si ritrovarono come poco prima sospesi nel vuoto e anche i due uomini divennero semi trasparenti. Tutto ciò non durò più di un paio di secondi e quando tutto tornò normale i due erano sorpresi e anche un po' intimoriti.
«Soddisfatti?» Chiese con un sorriso sfottente.
 

***

 
Dopo quest'ultima dimostrazione, Hairi era ancor più in ansia per Ivan e cominciava a credere seriamente che non avrebbe retto; ma forse era così sfinito per la mancanza di sonno e perché avevano mangiato praticamente niente da quando erano partiti alla volta di Leuca. Cercò di convincersene per rassicurarsi, non voleva vedere nessun altro morire.
Anche gli altri sembravano condividere le sue preoccupazioni, Liam si fece avanti, mise una mano sulla spalla di Ivan e disse ai due Gran Maestri «So che ci sono ancora molte cose di cui discutere, ma vi pregherei di rimandarle a più tardi o di scusare almeno Ivan, che è quello che più di tutti noi ha bisogno di riposo.»
«Non sto per morire, posso reggere tranquillamente una semplice discussione», gli fece notare Ivan.
«No, non puoi», gli rispose Liam.
«Sì invece», disse Ivan un po' spazientito.
«No invece», ribadì Liam e quando Ivan fece per ribattere, srotolò la pergamena di luce che era il suo destino e vi scrisse sopra, facendogli dire «Sì, cioè no non posso», il che riuscì un po' strano e mentre Ivan avvampò di rabbia, Liam non si scompose e gli disse tranquillo «Vedo che ragioni.»
«Credo – si intromise cautamente Kurt – che il tuo amico abbia ragione, tanto più che stiamo per partire. Quindi ti conviene riposare fin che sono in corso i preparativi per la partenza, noi intanto ci occuperemo di tutto ciò che c'è da discutere. Sono certo che i tuoi compagni sapranno offrirti un resoconto più che completo di quanto ci diremo.»
A questo punto Ivan si arrese e, chiamato uno degli uomini che erano saliti al Tempio con loro, che però erano rimasti fuori ad aspettare, lo fecero accompagnare all'alloggio di Barnabas; dove gli avrebbero portato da mangiare e avrebbe potuto riposare per il momento.
Hairi era rimasta sorpresa dal fatto che Liam avesse usato il suo potere su Ivan benché si rendesse conto che si stava comportando in modo irragionevole, d'altra parte capiva anche perché Ivan insistesse tanto a restare. Non voleva sentirsi escluso o essere trattato come una specie di infermo. Però secondo lei non aveva motivo di pensarla così, dopo tutto, se non fosse stato per lui, per loro sarebbe stata la fine; tutto sommato era quello che aveva fatto di più per la loro causa.
Barnabas era uscito insieme a Ivan e all'uomo chiamato per accompagnarlo, dicendo però che sarebbe tornato a breve e intanto che lo aspettavano, Kurt chiese a Liam «Che cosa gli hai fatto? Voglio dire, cos'era quella strana luce?»
Ad Hairi Kurt dava l'impressione che si tenesse sulla difensiva, era come se li stesse studiando.
«Quella luce – rispose Liam – era il suo destino. Io ho il potere di controllare la Vita, pertanto posso influenzare il corso della vita di qualcuno, ovvero modificarne il destino e dare la vita, così come toglierla.»
«Capisco», fece Kurt sovrappensiero.
In quel momento rientrò Barnabas che disse «Siccome immagino che siate affamati e lo siamo anche noi due, ho pensato che parlare di fronte ad un bel piatto caldo sarebbe stato l'ideale. Quindi, se volete seguirmi, vi farò strada.»
Indicò con un cenno della mano la porta, esortandoli ad avviarsi ed uscì per primo. Anche se all'inizio le era sembrato piuttosto rude, si stava rivelando inaspettatamente gentile.
Uscirono tutti, Hairi ultima del proprio gruppo con Kurt dietro di lei come chiudi fila. Scendendo le scale aveva modo di osservare l'intero fiordo e una cosa a cui prima non aveva fatto caso le balzò all'occhio, si voltò verso Kurt e gli chiese «Dove sono tutte le donne?»
All'inizio sembrò colto di sorpresa dalla domanda, ma poi rispose «Sono già partite per i Monti Nalgar, come anche buona parte degli uomini. Quelli che vedi, infatti, vengono praticamente tutti dalla Foresta di Mytra, oggi sono arrivati gli ultimi da Capo Silvestre e tra poco partiremo anche noi per raggiungere gli altri. Ma vi spiegheremo tutto nel dettaglio più tardi.»
Hairi annuì piano pensando a quanto appena saputo. Era facile capire perché si stavano riunendo sui Monti: come aveva detto Harribel erano i più popolati, in più offrivano una maggiore protezione dagli agguati degli Elfi. Raggiungere i Monti però poteva essere un po' problematico.
Non potendo raggiungere il Golfo dei Pirati via mare a causa dei forti venti che, soffiando da nord a sud impedivano di arrivare da sud, gli abitanti della Foresta si erano sicuramente mossi via terra, il che oltre a rallentarli era più pericoloso perché era più facile per gli Elfi attaccarli.
Il vero problema si presentava però per quelli che si trovavano nel Deserto di Pharos. Nonostante avessero a favore i venti da sud-est a nord-ovest e potevano quindi raggiungere facilmente il nord, una volta lì si sarebbero trovati di fronte alla Distesa Ghiacciata e, a meno che non fossero entrati nel Golfo di Sirta e attraversato il Mar Yalia, entrando in territorio elfico ed esponendosi così ad un possibile attacco, sarebbe stato difficile per loro raggiungere la terra ferma.
Le venne poi in mente che le città che si affacciavano su quel mare, come Sirta e Città di Capo Nord, risalivano a dopo la guerra, quindi poteva anche essere che attraversarlo non costituisse un pericolo poi così grande. Si augurò di cuore che filasse tutto liscio.
Raggiunsero finalmente il molo al quale avevano attraccato, svoltarono a destra per lo stretto sentiero di ghiaia che si trovava ai piedi della scogliera e raggiunsero un altro molo. Salirono una breve scalinata che li condusse ad una palafitta che raggiunsero servendosi di una scala di corda.
«In otto forse staremo un po' stretti – commentò Barnabas – ma è il massimo che possiamo offrire.»
«Non c'è nulla di cui dobbiate scusarvi – disse Harribel – vi siamo molto grati.»
Lui borbottò qualche parola in risposta che Hairi non riuscì a cogliere ed entrò nell'abitazione, imitato poi dagli altri.
Furono accolti da una stanza più o meno quadrata, con la centro un basso tavolo squadrato, già apparecchiato e con una pentola poggiata nel mezzo. Si accomodarono sui cuscini disposti intorno al tavolo e Kurt servì loro un zuppa di pesce e verdura, Hairi riconobbe carote, cipolla e sedano, ma cera n'era un'altra che la lasciò perplessa.
«Ma queste – sussurrò a Jona che era seduto accanto a lei – sono alghe?»
«Sì – rispose lui a voce un po' troppo alta – sono buone, mangiale.»
Kurt capì di cosa stavano parlando e le disse «Ti consiglio di mangiarle insieme al pesce, da sole potrebbero avere un gusto un po' forte.»
Hairi annuì arrossendo un po', non voleva essere sembrata scortese. Assaggiò le alghe, effettivamente erano buone e non un gusto poi così forte.
«Ripensandoci – fece Kurt – il vostro amico sarebbe potuto restare con noi.»
Liam scosse la testa e disse «Non avrebbe dormito.»
«Giusto», convenne il Gran Maestro.
«Comunque sia – esordì Barnabas – penso sia ora di venire al sodo.»
Tutti quanti si fecero attenti e lui proseguì «Come ho già detto ci stiamo preparando a partire, siamo diretti verso i Monti Nalgar. È  da un po' che gli Elfi sembrano tramare qualcosa ed è arrivato il momento di chiudere questa guerra. Se veramente avete dalla vostra parte i poteri dei Sette sono certo non potremo perdere.»
«Quindi anche gli Elfi si stanno spostando a nord?» Chiese Ganesh.
«Esatto – rispose Kurt – fino ad ora non ci sono state vere e proprie battaglie, quindi quando abbiamo notato che sempre più Elfi marciavano verso nord è diventato chiaro che stavano radunando un esercito.»
«In che senso non ci sono state vere e proprie battaglie?» Fece Liam.
«Posso sapere quanto sapete di questa guerra, esattamente?» Chiese Barnabas un po' seccato.
«Sappiamo quello che si racconta – disse Harribel – che gli Elfi intrapresero il Cammino della Magia e che, una volta completatolo e ottenuta la Magia, si imposero sugli Umani come nuovi Dei, facendo scoppiare così una guerra che perdemmo.»
«Piuttosto approssimativo – commentò lui con una nota di sprezzo – vorrà dire che vi spiegherò tutto dall'inizio.»
Hairi aveva letto svariate storie su questa guerra, ma nei libri degli Elfi era ovviamente raccontata con toni auto celebrativi e gli Umani, d'altro canto, raramente ne parlavano. Quindi era molto interessata a quello che il Gran Maestro stava per raccontar loro.
«Ebbene – disse – circa una ventina di anni fa gli Elfi completarono quello che avevano iniziato altrettanti anni prima e che viene chiamato il Cammino della Magia e questo consiste nel dar forma alla propria Volontà. Come saprete gli Elfi sono “quella parte del Popolo che ha creduto di essere stata abbandonata dagli Dei”. Questi hanno dunque creduto in nessun altro se non loro stessi e d'altra parte non è che avessero altri in cui credere avendo rinnegato gli Dei. Fatto sta che per loro la loro Volontà era ciò che importava, loro ce l'avrebbero fatta con le loro forze e avrebbero dimostrato che non avevano bisogno degli Dei. E ci riuscirono. Trasformarono la loro Volontà in qualcosa di reale e tangibile: la Magia. Noi Umani all'inizio li ammiravamo, ne ammiravamo la determinazione e il fatto che potessero realizzare tutto ciò che volevano. È il sogno di tutti no?
«Poi però lentamente diventarono arroganti, iniziarono a comportarsi come esseri superiori e alla fine arrivammo a un punto di non ritorno. Distrussero uno dei nostri Templi e dichiararono di essere gli Dei del Nuovo Mondo e  che avremo dovuto venerare loro al posto degli Dei che ci avevano abbandonato. Ovviamente ci opponemmo, non avevamo nulla contro di loro, ma quello che dicevano era follia e non potevamo tollerare di essere trattati come schiavi. Non avremmo permesso loro di prendersi la nostra Libertà. Iniziammo una specie di guerriglia, ma naturalmente loro erano molto più potenti di noi e fummo costretti alla fuga e a nasconderci. Poi, grazie ad una preghiera, nacquero i Draghi e così fummo in grado di rispondere adeguatamente ai loro attacchi. E finalmente arriviamo ad oggi, questa volta non si tratta di resistere, questa volta saremo noi ad attaccare.»
Erano passati vent'anni da quando gli Elfi avevano ottenuto la Magia, pensò Hairi, vent'anni. Come  aveva fatto la situazione a degenerare in quella maniera? Lo trovò incredibilmente triste.
Loro sette conoscevano solo gli orribili Elfi che li avevano resi schiavi, ma queste persone ne avevano conosciuto il lato nobile e lo avevano visto trasformarsi in tutt'altro. Il loro rancore era diverso.
«Quindi questa sarà la resa dei conti?» chiese Hairi con una nota amara nella voce.
«Già», rispose Barnabas secco.
Per un momento tra di loro calò il silenzio, poi ripresero a discutere i dettagli della partenza, dove si sarebbero incontrati con gli altri e dove si sarebbero fermati per riposare e per i rifornimenti. Su insistenza dei due Gran Maestri acconsentirono che Ivan si unisse ai bambini e agli anziani, che non potevano combattere, e si sarebbe diretto con loro più a nord, verso Capo dei Ghiacci, dove si sarebbero rifugiati. Ovviamente sapevano che lui non avrebbe mai accettato, ma Liam assicurò che ci avrebbe pensato lui se fosse stato necessario.
Quando si apprestavano ad uscire, Kurt li trattenne «Siete consapevoli – disse esitante – che se veramente riusciste a cambiare il passato, quasi certamente non esisterete più nel futuro?»
Nessuno di loro si scompose, Hairi ci aveva pensato molto e aveva deciso che non le importava, e lo stesso sembravano aver fatto gli altri.
«Certo che ne siamo consapevoli – rispose – ma non è detto che non ci sia la possibilità per noi di rinascere e di incontrarci ancora. Magari in circostanze meno spiacevoli.»
E se fosse successo veramente? Si chiese, si sarebbero ricordati della loro vita precedente? Chissà.
 
 
 
 
 
 
 Heilà! Siamo tornate :) Chiara mi ha esortato oggi a mettere il capitolo nuovo per festeggiare il ritorno dell'ispirazione. Quella ragazza ha un'ispirazione fuggiasca e fuggitiva (ndChiara: prrrrrrr)
In ogni caso grazie per averci seguito fin qui, speriamo che vi piaccia anche questo capitolo.
L'ottavo è in fase di creazione, incrociate le dita e pregate che la fanciulla che ci delizia con le sue malsane idee, alias Chiara, si senta in vena xD
Ciao!





 

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


VIII

 
Finito il pranzo si separarono, Kurt rimase nella palafitta dove avevano mangiato per metterla in ordine, Barnabas invece li accompagnò fino al suo alloggio, dove si trovava Ivan. Arrivati lì li lasciò anche lui dicendo che aveva alcune faccende da sbrigare e che quando tutto fosse stato pronto per la partenza li avrebbe mandati a chiamare.
Quandoentrarono trovarono Ivan che aveva tutta l'aria di essersi appena svegliato, appena li vide chiese «Com'è andata?»
«Non si può dire che si fidino di noi»rispose senza alcuna esitazione Harribel.
«Già – aggiunse Ganesh – non possono non crederci, siccome gli Dei ci hanno riconosciuti come Umani, ma si vede benissimo che ne farebbero volentieri a meno. I cittadini, soprattutto, sono i più sospettosi; d'altra parte l'unica garanzia che hanno che non mentiamo è la parola dei Gran Maestri.»
«Corriamo il rischio che comincino a sospettare che i Gran Maestri li abbiano venduti agli Elfi, o qualcosa del genere» osservò Liam.
Ivan si passò una mano sulla faccia, l'aria perennemente stanca «Direi che di meglio non potevamo sperare.»
«Senza contare il fatto che non siamo ancora stati liberati dai Legami dello Spirito della Sequoia» fece notare Hairi.
«Suppongo dunque che non lasceranno che Ganesh usi un portale» commentò lui.
«Esattamente» rispose quello.
«Devo ammettere che me lo aspettavo»disse Ivan.
Proseguirono la conversazione riassumendo quella che avevano da poco concluso con Kurt e Barnabas, cercando di essere il più accurati possibile.
Hairi si limitò ad ascoltare, non aveva mai amato parlare molto e le sembrava di aver parlato di più negli ultimi giorni, che in tutti i suoi vent'anni di vita; quindi non le dispiaceva affatto restare in disparte. Ascoltando si rese conto di quanto contasse effettivamente l'opinione di Ivan: in un certo senso lui era il capo del gruppo, non tanto perché fosse il più anziano, se così si poteva dire, quanto per il suo ruolo. Oltre ad essersi, da subito, dimostrato una persona affidabile, era diventato il cardine della loro impresa.
Notò anche un'altra cosa, loro sette, in pratica, erano completi estranei. Non sapevano niente gli uni degli altri, se non il nome; ma d'altra parte non avevano avuto grandi occasioni per raccontarsi chissà che cosa, e, a dirla tutta, lei stessa non ne sentivanemmeno il bisogno.Probabilmente, qualora avessero vinto, sarebbero andati ognuno per la propria strada, come se non fosse successo nulla. Immediatamente si rese conto che era inutile porsi quel problema: se avessero vinto sarebbero scomparsi, quindi non si sarebbero rivisti in ogni caso.
La discussione, che si concentrò principalmente sulla battaglia che di lì a qualche giorno avrebbero combattuto, andò avanti per forse un'ora, prima che Barnabas li venisse a chiamare.
«Siamo pronti a partire – disse brusco come al solito – muovetevi.»
Uscirono dalla palafitta e furono guidati di nuovo su per la Scala del Cielo. Hairi vide gli abitanti del villaggio schierati in cima alla scogliera ed ebbe l'impressione che tutti li stessero guardando.
Arrivati al Tempio dei Venti, presero un ponte sospeso che girava a destra e portava ad un'altra scala, che arrivava in cima alla scogliera. Alla fine di quell'ultima scalinata c'era Kurt che disse loro «Procederemo tutti insieme fino al primo punto di ritrovo, che si trova a un giorno di cammino da qui.Là tu – ed indicò Ivan – ti unirai ad un gruppo di sacerdoti incaricati di scortare fino a Capo dei Ghiacci i vecchi e i bambini, che non prenderanno parte alla battaglia, ovviamente.»
Ivan si limitò ad annuire.
«Quanto agli altri – continuò il Gran Maestro – vedete di starmi vicino, gli uomini non vi vedono di buon occhio e non voglio problemi.»
Anche loro annuirono.
«Si parte allora» disse quello.
Si fecero largo tra la folla, Kurt incaricò alcuni uomini di far sapere che si stavano mettendo in marcia e così, piano piano dietro di loro si formò una lunga fila e si addentrarono nella foresta che si parava innanzi a loro.
Erano circondati dal rumore dei passi appesantiti dai bagagli, dal suono della moltitudine di voci degli uomini e, in sottofondo, dai rumori propri della foresta; ma loro sette, affiancati da Barnabas e Kurt, erano completamente avvolti da un silenzio totale. Le espressioni severe dei due Gran Maestri  scoraggiavano anche solo l'idea di una conversazione.
Hairi cominciò a sentirsi a disagio, le sembrò che gli altri condividessero quel suo stesso sentimento. Alla fine quel silenzio fu spezzato dalla persona più improbabile: Raja.
Protese di scatto il braccio destro, come ad indicare qualcosa, Ganesh fu il più rapido a reagire a quell'inaspettato evento.
«Hai visto qualcosa?» le chiese.
Lei agitò la testa, annuendo.
«Probabilmente era solo un qualche animale, la foresta ne è piena» disse Kurt distrattamente.
«Secondo te?» domandò Ganesh alla sorella.
Raja piegò la testa da un lato con aria pensosa, alla fine scrollò le spalle, come per suffragare quell'ipotesi.
«In ogni caso potete stare tranquilli – commentò Barnabas – Kurt non è qui per bellezza», e gli diede una sonora pacca sulla spalla.
«Perché mai la sua presenza dovrebbe rassicurarci?» fece Liam, con una certa asprezza.
«Perché è il Drago dello Spirito dei Venti» rispose subito Jona attirando su di sé gli sguardi di Kurt e Barnabas. «Suppongo» si affrettò ad aggiungere, come messo in soggezione.
«Supponi bene – rispose Kurt – perché non spieghi il resto ai tuoi compagni? Mi sembrano curiosi.»
«Ce-Certamente – balbettò Jona – dunque – cominciò a spiegare -  lo Spirito dei Venti è il protettore di tutti coloro che intraprendono un viaggio o un'impresa, ed è la divinità propiziatrice di tali eventi. Si dice sia estremamente volubile e vendicatore, come i venti dei golfi, può portare tanta fortuna, quanta sfortuna.»
«Quindi, teoricamente – fece Harribel – quel tizio – ed indicò Kurt – è una specie di amuleto porta fortuna?»
«Sempre che “non cambi il vento”» disse Jona.
«Questo che vorrebbe dire?» gli chiese sospettoso Ganesh.
«Come ci spiegò Liam – rispose lui – le decisioni, nostre e di altri, possono influenzare reciprocamente i nostri destini. Dire che lo Spirito dei Venti ci porta fortuna, significa che ci permette di scegliere sempre per il meglio, e fin tanto che non incontriamo ostacoli, possiamo dire di “avere il vento a favore”; ma se gli Elfi, ad esempio, dovessero improvvisamente cambiare una loro decisione, potrebbero trasformarne una nostra da “buona” in “cattiva”. A quel punto avremo “il vento contrario”, fino ad un nuovo “cambio di vento”, ovvero una nuova decisione.»
«Siamo messi bene», commentò con sarcasmo Liam.
«Non credo voi possiate lamentarvi – fece Kurt – voi stessi rappresentate un “cambio di vento”. Sperate solo di non portare “vento contrario”.»
L'atmosfera si gelò completamente e nessuno di loro osò ribattere.
Per il resto del viaggio, nessuno di loro aprì bocca; la tensione era palpabile. Quando poi, non appena cominciò a calare il sole, si fermarono per allestire il campo per la notte, l'atmosfera si alleggerì. Kurt e Barnabas erano impegnati a gestire i propri uomini e loro erano finalmente liberi dai loro sguardi severi.
Hairi si sentì liberata di un peso, ma non riusciva a sbarazzarsi di un altro, ben più grande. Approfittando del fatto di essere soli si confidò con gli altri.
«E se veramente rappresentassimo per loro un pericolo in più?» disse.
«Cosa?» chiesero quasi in coro gli altri, presi un po' alla sprovvista.
«Venendo qui – spiegò – abbiamo fatto ciò che credevamo fosse meglio per noi, ma per loro? Se la nostra presenza non porterà altro che male? E se Kurt sapesse, o avesse semplicemente il presentimento, che qualcosa di brutto stia per accadere?»
«Per le prime due domande – rispose Ivan – ti risponderei che è troppo tardi per farsi problemi del genere, per l'ultima, invece, direi di lasciare che se ne occupi lui stesso.»
Hairi mormorò distratta una risposta di assenso, i suoi compagni sembravano fiduciosi, ma lei era piena di dubbi e tormentata da un profondo senso di incertezza. Si sentiva persa, aveva chiaro di fronte a sé il proprio traguardo, ma non riusciva a vedere la strada per arrivarci.
Con questi stessi pensieri e sentimenti andò a dormire, sperando che il mattino seguente avrebbe portato un po' di luce anche su quel sentiero che le era così oscuro.
Quando Hairi si svegliò, però, non era neppure l'alba. Tutto il campo era in silenzioso fermento.
«Cosa succede?» bisbigliò ad Harribel che dormiva con lei.
«Credo che abbiano deciso di anticipare la partenza – rispose – non so perché, ma ieri sera mi era parso di vedere Barnabas e Kurt discutere piuttosto animatamente; forse è successo qualcosa.»
Hairi accolse malvolentieri quelle parole, non facevano che aumentare i suoi timori.
Si prepararono anche loro in gran fretta e raggiunsero i due Gran Maestri.
«Non c'è bisogno che vi agitiate troppo – disse Kurt vedendoli – abbiamo solo deciso di partire prima. Non c'è alcun pericolo certo, solo, non mi sembra sicuro stare qui fermi troppo a lungo. In ogni caso, è tutto pronto?»
Loro assentirono e non fecero domande, per il momento quella spiegazione andava più che bene.
Si misero in marcia ancora una volta. Jona era a fianco di Hairi e, ad un tratto le sembrò di vederlo cadere a terra, ma non fece in tempo neanche a pensarci che un colpo la raggiunse dietro la nuca.
 

***

 
Jona era sospeso tra la vita e la morte. Uno, due, tre secondi e il suo corpo tornò a vivere.
Si ritrovò di faccia a terra, disteso in una pozza di sangue non suo. Ancora in stato confusionale, alzò la testa: cadaveri.
Si alzò di scatto, si voltò a sinistra, dietro di sé: era circondato da una distesa di corpi. Quando si voltò a destra vide il corpo di Hairi steso supino, lunghe ciocche dei suoi capelli rossi erano sparse sopra e attorno ad esso, intrise di sangue. Poco distante dal gomito destro, a circa un passo da dove dovrebbe essersi trovata, c'era la sua testa. Sembrava rivolta verso di lui e lo fissava con gli occhi sbarrati, non più dorati, ma verdi. I capelli, tagliati corti e asimmetrici andavano via via tingendosi di un rosso carico. Sembrava chiunque, tranne che lei.
Gli venne in mente che doveva andarsene da lì, ma immediatamente fu raggiunto da un colpo alla schiena che lo sbilanciò in avanti, poi da un altro, al petto, che lo ricacciò all'indietro, e poi un altro alla schiena, e un altro, e un altro ancora. Perdeva e riacquistava conoscenza continuamente, ma rimaneva in piedi, a causa della forza dei colpi.
Non riusciva a pensare a niente, non riusciva a capire niente. Gli sembrò fosse passata un'eternità, ma non potevano essere che pochi minuti; poi, in uno sprazzo di lucidità, lo vide: sangue.
La magia veramente era come un veleno.
 

***

 
Il soldato trascinò l'Umano al cospetto del Generale.
«È questo l'Umano con lo stesso potere dell'Abisso?» chiese il Generale non appena lo vide.
«Sì, signore» rispose il soldato.
«Ben fatto» rispose quello con un sorriso.
 
 
 
 
Mea culpa, non riuscivo più a trovare il tempo di correggere. (ade)
scappo che domani ho scuola
scusate ancora
ade e chiara

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