Almost Lovers

di Juniper Fox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Apart ***
Capitolo 2: *** Closer to love ***
Capitolo 3: *** Sooner or later ***
Capitolo 4: *** Somebody I used to know ***
Capitolo 5: *** Tonight we'll forget the world ***



Capitolo 1
*** Apart ***


Autrice: Juniper Fox
Titolo: Almost Lovers.
Personaggi principali: Draco Malfoy, Pansy Parkinson.
Genere: Sentimentale, Angst, Drammatico. Malinconico. Forse (forse) romantico.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Het, triangolo (?).
Introduzione: Draco osservò Pansy sparire nel nulla. Non cercò di afferrarla, sapeva che non ci sarebbe riuscito. In quel momento, più che mai, la ragazza gli era parsa evanescente e in un qualche modo inarrivabile. Avrebbe dovuto comportarsi diversamente?
Nda: Prima di tutto, complimenti per essere arrivati fin qui! Ora, questa storia sarà una mini-long composta da una decina di capitoli - capitolo più, capitolo meno. 
Questo può essere considerato il prologo. La storia è work-in-progress, quindi gli aggiornamenti varieranno tra la settimana e i dieci giorni (LOL, mi sembra di parlare del tempo).
Una cosa importante è la dedica. Questa storia è tutta per MedusaNoir, che secoli or sono aveva richiesto una Draco/Pansy. Here you are, honey! Scusa il ritardo. E se volete, andate a leggere anche le sue storie, perché sono davvero belle. Just sayin.. 
Al prossimo capitolo! 

Juniper  
 


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Apart


Should have known you’d bring me heartache
Almost lovers always d
o
(Almost lovers, The Fine Frenzy)


 

Il cielo, quella mattina, non lasciava passare nemmeno il più piccolo raggio di sole; le nuvole erano di un grigio talmente scuro da sembrare nere, se viste attraverso le chiome degli alberi. L’aria era carica di umidità e probabilmente la sera sarebbe piovuto, ma in quel momento vi era solo un vento caldo che faceva vibrare i rami dei salici piangenti sparsi per il parco.


Dirigendosi sotto uno dei tanti alberi, Pansy Parkinson pensò che detestava quei salici piangenti: rendevano tutto ancora più triste, e quel venticello le faceva quasi venire i brividi. Si era imposta di partecipare alla cerimonia ma ora, nel calpestare l’erba soffice e tagliata in modo impeccabile, in lei affioravano mille dubbi. Prima di tutto, Pansy odiava i cimiteri e quello in cui lei si trovava adesso sembrava fin troppo perfetto come luogo. Le dava la nausea. In secondo luogo, non sapeva se sarebbe riuscita a reggere fino alla fine. Quando Theodore le aveva mandato un gufo comunicandole che la madre di Vincent voleva dare al figlio una degna sepoltura era rimasta interdetta. Del ragazzo, dell’amico con cui divideva le cioccorane e gli zuccotti sottratti ai primini, non era rimasto nulla. L’Ardemonio aveva distrutto tutto ciò che Tiger era stato, lasciando di lui soltanto un ricordo nelle persone che gli avevano voluto bene. E, a modo suo, Pansy lo aveva considerato un amico. Pensandoci, comunque, la ragazza aveva compreso che la cerimonia sarebbe servita a lei, agli amici e, più nello specifico, alla madre di Vincent. Doveva essere difficile aver perso un figlio e non avere un luogo dove piangerlo. La tomba vuota sarebbe servita come unico appiglio nel baratro del dolore di quella donna.


Riuniti in uno degli angoli all’estremità del cimitero c’erano volti noti e alcuni sconosciuti, che Pansy pensò essere parenti dell’amico. Con un gesto nervoso si sistemò il vestito nero e si avvicinò alla madre di Vincent. Sapeva di doverlo fare anche se non aveva né lacrime né parole per esprimersi, troppo nervosa e leggermente imbarazzata per stare di fronte a quella signora dal viso arrossato e dagli occhi gonfi di lacrime. Si limitò a porgerle la mano, che la donna prontamente stritolò nella propria presa, e pronunciò la frase di circostanza che sua madre le aveva insegnato da piccola. In poco meno di due minuti, Pansy fu libera di allontanarsi dai parenti e avvicinarsi alle poche persone conosciute.

« Spero che la cerimonia non duri troppo » esordì la ragazza una volta accanto a Blaise e Theodore. I due si scambiarono un’occhiata ma non furono troppo duri nel risponderle, ben sapendo quanto lei si sentisse in difetto in situazioni come quella. Blaise, al contrario, era calmo e tranquillo, perché per lui i funerali sembravano aver perso qualsiasi importanza. Dopotutto, cinque dei sei mariti della madre erano morti e negli ultimi anni lui aveva passato molto tempo nei cimiteri.

« Meno di un’ora e sarà tutto finito » le comunicò, sorridendo tristemente. « Era importante venire oggi, lo sai »

Da quando la guerra era finita, loro non si erano quasi più visti. Era passato poco più di un mese, questo è vero, ma a Pansy mancavano quelle piccole cose che a Hogwarts erano diventate routine. Sicuramente era così anche per gli altri. Quella mattina, nonostante l’occasione non fosse decisamente allegra, avevano trovato un modo di ritrovarsi per stare insieme. Era importante essere lì per Vincent, era importante essere lì per loro stessi.

 

*



A pomeriggio inoltrato non era rimasto quasi nessuno. Se avesse potuto, se ci fosse riuscita, Pansy avrebbe sorriso dello sbaglio di Blaise. Seduti intorno alla tomba dell’ex compagno di scuola, lei, Daphne, Theo, Gregory, Blaise e Draco continuavano ad osservarsi senza parlare realmente. Nessuno sorrideva. Avevano parlato del tempo trascorso a casa, lontano dalla guerra e dai giudizi della gente. Serpeverde significava, ora più che mai, il male e il tradimento. La parte sbagliata della guerra. Eppure, in quel cimitero perfetto, loro si sentivano in qualche modo salvi.

Quei pensieri tristi furono interrotti dal sospiro di Theodore: « Credo che me ne andrò a casa. Greg, vieni con me? » domandò il ragazzo all’amico. I due, già da qualche tempo, condividevano un appartamento nella piccola comunità magica di Ipswich, nel Suffolk, poiché entrambi avevano deciso di allontanarsi dal centro affollato di Londra e dalle proprie famiglie – o quel che ne restava. Goyle annuì e, dopo essersi alzato e aver borbottato un saluto, si smaterializzò con Nott.

« Devo passare da Millicent, le porterò anche i vostri saluti » disse Daphne una volta in piedi. Sia lei che Pansy le erano state particolarmente vicino in quegli ultimi mesi: entrambe sapevano bene quanto l’amica fosse rimasta scossa dalla morte di quello che sarebbe dovuto diventare suo marito una volta finita Hogwarts. Da fuori nessuno avrebbe mai sospettato un legame tra Vincent e Milli, ma i due erano sempre stati molto discreti. Non amavano le effusioni pubbliche e, probabilmente, l’amore fraterno si era evoluto in qualcosa di più intimo  solo nell’ultimo periodo, ma tutti loro conoscevano bene il legame che univa i due ragazzi. Quel giorno Millicent aveva decretato che sarebbe stato troppo assistere al funerale, scegliendo perciò di rimanere a casa dei genitori, nel Kent. Prima che Daphne ebbe modo di salutare, tuttavia, Blaise le si affiancò, deciso a non rimanere in quel posto «per un minuto di più ». Pansy, in cuor suo, sapeva che nelle parole di Daphne c’era un fondo di verità, così come la noia di Blaise aveva un fondamento; non le sfuggì, però, un sorriso abbozzato dei due appena prima del solito “pop”.

« Mi rivolgerai la parola, adesso che siamo rimasti soli? »

In tutte quelle ore che avevano passato insieme, costantemente fianco a fianco, Draco non le aveva rivolto la parola. Al suo arrivo si era limitato ad un cenno del capo, gli occhi fissi su di lei solo per qualche istante. Durante la cerimonia, Pansy aveva avvertito la presenza del biondo proprio dietro di lei: le loro spalle si erano sfiorate e lei aveva sentito il respiro caldo di Draco nel passargli accanto. Nemmeno quando la funzione era giunta al termine e la famiglia era andata via, lasciando solo i ragazzi a chiacchierare.. nemmeno allora Draco l’aveva guardata – o rivolto la parola. Pansy non capiva se il mutismo fosse stato imposto dal contratto pre-matrimoniale, sempre che ce ne fosse uno, o se il ragazzo si comportava così per farla impazzire. Di certo non sarebbe stata la prima volta.

« Non ho questa gran voglia di parlare » esclamò Draco con tono piatto. La realtà era che, forse per la prima volta, si sentiva in imbarazzo con Pansy. Inoltre, la tristezza per la perdita di Vincent, che lui cercava di mascherare, sembrava voler rompere quella maschera di apatia che era solito indossare – più per comodità che altro.

La ragazza passò una mano sull’erba, strappando una margherita e lasciandogli il tempo di formare un altro pensiero. Il suo silenzio le rivelava che il ragazzo era teso, anche se non conosceva il motivo di quello stato. Il vento caldo che quel mattino li aveva accompagnati ora si era quietato, lasciando che l’umidità gravasse ancora di più sui presenti. « Me lo devi » sussurrò Pansy, alzando finalmente lo sguardo verso Draco, attaccandolo silenziosamente. Il tono della ragazza non era scontroso, anzi, ma al biondo non sfuggirono le parole non dette. Ormai la conosceva piuttosto bene. « Ogni volta te ne vai senza dire una parola, non ti fai mai sentire.. » Pansy si chiese come mai stesse parlando ad alta voce. Era un discorso che aveva provato infinite volte, ma mai aveva pensato di farlo realmente a Draco. Da dove veniva tutto quel coraggio? No, si disse, non era coraggio. Era pure e semplice rabbia. Risentimento. Invidia, forse, perché lui evidentemente non aveva bisogno di lei. E acidità, proprio come a scuola, quando quello che diceva aveva sempre una nota di cattiveria dentro.

«Pensavo di renderti le cose più fac- »

« Stronzate! » soffiò Pansy, ora visibilmente arrabbiata. Spostò una ciocca leggermente umida dalla fronte senza mai togliere lo sguardo dal ragazzo. « Rendi le cose più facili a te stesso, in questo modo. Perché quando si tratta di rapporti interpersonali sei uno schifoso egoista. Puoi provare a raccontarti delle balle, se pensi di stare meglio e avere la coscienza a posto. Io però, a differenza di altri, ti conosco. Non osare dirmi che lo fai per me ».

Draco la guardò allibito. Non aveva dimenticato quanto Pansy potesse essere dura e realista nel parlare, ma era passato molto tempo dalla sua ultima sfuriata. In fin dei conti, Draco reputava quelle parole una svolta significativa. Fino a quel momento, infatti, Pansy gli aveva riservato il trattamento dell’indifferenza: era per questo che lui si era ripromesso di non parlarle, anche se non gliel’avrebbe mai detto. Così, da quando Draco le aveva comunicato che si sarebbe fidanzato ufficialmente con Astoria, lei aveva iniziato a non mostrarsi interessata. Daphne, quindi, era diventata una sorta di tramite e traduttrice: per sapere qualcosa su Pansy, Draco si rivolgeva a lei – ovviamente i resoconti della bionda erano molto filtrati e pieni zeppi di parolacce, perché la signorina Greengrass era graziosa ma decisamente sboccata.

« D’accordo. Lo faccio per me » disse Draco dopo qualche minuto di silenzio. « Sono egoista e non voglio parlarti, contenta? »

« Sì, decisamente. A questo punto non abbiamo più niente da dirci, Draco. Sii felice » e con il “pop” che aveva accompagnato gli amici al loro arrivederci, Draco osservò Pansy sparire nel nulla. Non cercò di afferrarla, sapeva che non ci sarebbe riuscito. In quel momento, più che mai, la ragazza gli era parsa evanescente e in un qualche modo inarrivabile. Avrebbe dovuto comportarsi diversamente? Sì, ovvio, pensò. Alzandosi, comunque, fu certo che Pansy non si aspettava un suo inseguimento, un suo tentativo. Lanciando un ultimo sguardo in direzione della tomba, sospirò e si preparò alla vita che sarebbe cominciata per lui fin da ora.

Pop.

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Capitolo 2
*** Closer to love ***


Autrice: Juniper Fox
Titolo: Almost Lovers.
Personaggi principali: Draco Malfoy, Pansy Parkinson.
Genere: Sentimentale, Angst, Drammatico. Malinconico. Forse (forse) romantico.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Het, triangolo (?).
Introduzione: Draco osservò Pansy sparire nel nulla. Non cercò di afferrarla, sapeva che non ci sarebbe riuscito. In quel momento, più che mai, la ragazza gli era parsa evanescente e in un qualche modo inarrivabile. Avrebbe dovuto comportarsi diversamente?
Nda: Questo è The Cobb  

Closer to love



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Pull me out of the dark 
Just to show me the way 
Cryin' out now 
From so far away... 
You pull me closer to love 
Closer to love 
(Closer to love – Mat Kearney)


Erano passati nove mesi da quella calda giornata di Giugno. Marzo era appena iniziato e, nonostante il freddo nelle ultime settimane fosse diminuito, le temperature rimanevano ancora piuttosto basse. Non vi erano segni di primavera nell’aria, cosa che dispiaceva molto gli abitanti di Londra, impazienti come non mai. Quell’anno, infatti, l’inverno era stato insolitamente freddo e la neve aveva ricoperto le strade per molte settimane.

A Lyme Regis, dove aveva preso casa da poco, Pansy trascorreva le giornate ad osservare il mare. A differenza dei suoi conoscenti, infatti, lei amava l’inverno e la pioggia, che quando bagnava le strade lasciva un profumo particolare che la ragazza aveva percepito anche in una pozione di Amortentia. Da quando la neve aveva smesso di cadere, sostituita dalle tempeste tipiche di quel tratto di mare, Pansy passava gran parte del tempo su una lingua di terra rocciosa che si gettava direttamente in mare: i cittadini la chiamavano “The Cobb”, ed era un’attrazione turistica per i Babbani che arrivavano a Lyme Regis. Pansy ne era rimasta così affascinata che aveva deciso di comprare casa proprio lì vicino – un capriccio che le fece superare, in minima parte, l’avversione per i Babbani. Erano due mesi che abitava in quella piccola casetta a due piani che affacciava sul mare.

Come ogni sera al tramonto, Pansy era arrivata fino alla fine del Cobb, si era seduta con le gambe a penzoloni e aveva osservato attentamente il lento calare del sole e l’infrangersi delle onde contro la scogliera. Il mare era mosso, probabilmente sarebbe arrivata presto un’altra tempesta.

«Così rischi di prenderti un altro raffreddore» esclamò una voce alle spalle della ragazza. Voltandosi, Pansy vide un ragazzo bruno con lo sguardo puntato su di lei e sorrise. Non era un sorriso ampio e solare, ma già il fatto che fosse riuscita a curvare gli angoli della bocca era una grande conquista, per lei. Con il capo fece un cenno al ragazzo e questo si mise a sedere accanto a lei, coprendo entrambi con un coperta di lana.

«Mi chiedevo quando saresti arrivato» gli disse, e appoggiò la testa alla sua spalla. Da quando aveva fatto la prima visita alla cittadina, uno o due mesi prima di comprare casa, aveva conosciuto questo ragazzo bruno. Era più alto di lei – non che ci volesse tanto, ma le piaceva – e aveva gli occhi castani. Banale marrone, dunque, al primo impatto; eppure Pansy si era accorta che gli occhi del ragazzo sembravano risplendere. Nello sguardo, infatti, Jeff – così si chiamava – aveva sempre una luce che aveva incuriosito Pansy fin dal primo istante, anche se controvoglia. All’inizio, tuttavia, la ragazza si era intestardita e lo aveva respinto in ogni modo possibile e a lei conosciuto: la diffidenza maggiore proveniva dal fatto che lui non si era mai presentato come mago, nemmeno dopo aver visto Pansy confondere sterline e galeoni in un negozio. Inoltre, l’amore e i ragazzi erano le ultime cose che le servivano, in quel momento. Non era passato granché dall’addio a Draco, a quel tempo, e soprattutto era appena stata data la notizia delle imminenti nozze del biondo. Decisamente, il momento era assolutamente sbagliato. Eppure, Jeff non si era arreso e aveva scoperto dell’amore di Pansy per i fiori, portandole una viola ogni volta che la ragazza tornava al paese. Anche questo per Pansy era un affronto. Ovviamente Jeff non poteva sapere che le viole erano i fiori che soleva regalarle Draco.

Pansy scoprì che Jeff era un mago una mattina di Dicembre. Lei, in quel periodo, si smaterializzava direttamente sulla punta estrema del Cobb e vi rimaneva per poco, in modo da poter osservare le prime luci dell’alba e smaterializzarsi nuovamente senza essere vista. Quel giorno, però, la pioggia cadeva incessante e la materializzazione di Pansy fu seguita dal suo scivolare nell’acqua. Jeff, che rientrava a casa in quel momento, la vide e non esitò a tirar fuori la bacchetta per aiutarla. Si era aspettato dei ringraziamenti, per buona educazione, e invece si ritrovò una Pansy livida di rabbia perché le aveva tenuto nascosto la propria natura magica e perché pedinare la gente non era una cosa da gentiluomini. Il carattere gioviale del ragazzo lo aveva indotto a farsi una bella risata, mentre Pansy aveva iniziato a starnutire.

«Scusa il ritardo, ma dovevo finire un saggio» sorrise Jeff. Dopo aver finito gli studi, il ragazzo aveva deciso di fare richiesta ad un giornale specializzato nella trasfigurazione, sua materia preferita. Pansy annuì e tornò ad osservare il cielo, meditabonda.

«Ceniamo insieme stasera» disse la ragazza. Jeff continuò a sorridere, perché non era una domanda o un’affermazione. Era un ordine. Tipico di Pansy. Ora che iniziava a conoscerla, il suo caratterino era una continua fonte di divertimento. Adorava farla arrabbiare, le si gonfiavano le gote in modo buffo e tendeva ad arricciare il naso, assumendo un’espressione oltraggiata che secondo lui aveva un qualcosa di tenero. Non aveva mai fatto troppe domande sul suo passato, ma sapeva che Pansy aveva frequentato Hogwarts e che si era trovata nel bel mezzo della guerra contro Lord Voldemort. Jeff aveva condotto delle ricerche sull’argomento, perché avendo la madre americana aveva frequentato l’International Magic Academy nella sede di Key West, in Florida; il ragazzo aveva dunque scoperto, superficialmente, cosa volesse dire essere un Serpeverde. Nel Regno Unito, poi, aveva capito che vigevano ancora certe regole riguardo allo status delle famiglie – non che in America la cosa fosse poi tanto diversa, ma di certo la gente era più aperta a nuove esperienze – e quindi la tradizione esercitava ancora un certo fascino e un discreto potere.

«Cosa vorresti prepararmi?» domandò Jeff innocentemente.

«Cosa ordineremo agli elfi di preparare, intendi» esclamò Pansy girandosi verso Jeff. «Pesce. Pesce alla griglia appena pescato»

«Prima o poi dovrai imparare a cucinare, sai? Le persone normali non hanno paura di sporcarsi le mani» la prese in giro. Nel tempo, aveva imparato che la ragazza odiava sporcarsi le mani per cucinare.

«Cucinare è inutile. Se cucinassi mi sporcherei le mani, se mi sporcassi le mani non  potrei toccarmi i capelli o il viso. O i vestiti. Senza i vestiti andrei in giro nuda e, col tempo che c’è, morirei senz’altro. É questo che vuoi?»

Jeff strabuzzò gli occhi, chiedendosi come dal cucinare si fosse passati alla morte per congelamento. Dopo aver perso qualche minuto a cercar di trovare una risposta, decise di rinunciare. Capire Pansy, a volte, gli risultava estremamente difficile. Pensò che fosse per il suo essere inglese e non ci pensò più.

«Andiamo, ormai è buio, e se vuoi cenare dovrò cominciare a preparare, dato che ho detto a Dot di andare a trovare tua mamma fino a domani»

Ghignando, Jeff iniziò a correre a più non posso, rincorso da una Pansy infuriata per le libertà che si prendeva il ragazzo.

Vi era un sorriso vero dipinto sul suo volto.

 

*


 

Convivevano da cinque mesi, adesso. Era metà dicembre e la neve aveva iniziato  cadere. A Lyme Regis il cielo era perennemente bianco, mentre il mare mosso non permetteva a nessuno d’imbarcarsi e uscire in mare aperto. Pansy trascorreva le giornate tra il Cobb e il piccolo laboratorio di pozioni che aveva ricavato dalla cantina nel seminterrato di casa sua. In realtà, più che dedicarsi alle pozioni, Pansy si dedicava a coltivare le erbe rare che venivano usate dagli ospedali della regione dell’Inghilterra. Presto, se fosse riuscita a trovare qualcuno con cui mettersi in società, avrebbe voluto allargare la sua attività anche a Galles e Scozia.

Jeff viveva insieme a lei, anche se quando aveva incarichi di particolare difficoltà per il giornale tendeva a tornare a casa propria per concentrarsi e non disturbarla. Il ragazzo era stato una ventata d’aria fresca: con lui era tornata a sorridere, forse anche più di prima; era rilassata, perché sapeva di avere qualcuno su cui poter contare e, sebbene il suo caratterino fosse rimasto lo stesso, adesso era diventata leggermente più autoironica. Insomma, una nuova versione non riveduta e lievemente corretta della vecchia Pansy.

Quando quella sera suonò il campanello, Pansy mandò Dot ad aprire e ripose con cura gli strumenti da lavoro per poi salire al pian terreno. Sulla porta, Jeff stava porgendo la giacca all’elfa chiedendo della fidanzata.

«Sono qui» rispose avanzando, «ben tornato!»

Jeff le si avvicinò e le posò le mani sui fianchi, appoggiando poi le labbra su quelle di lei. Era diventato un rito, ormai, quel gesto. Tutte le sere, se durante il giorno era stato fuori, tornava, l’abbracciava e la baciava. Puntualmente, Pansy si ritraeva leggermente perché solleticata dalla barba di Jeff. Tutto ciò la faceva sentire amata e sembrava quasi una loro tradizione – certo, una tradizione dovrebbe avere radici più profonde, si era detta Pansy, ma non aveva avuto esitazioni nel mettere a tacere la vocina: era lei a comandare, non un qualche pensiero formulato per il troppo vino. Quale vino?, chiedeva nuovamente la vocina.

«Quando dovrebbe venire quei tuoi amici?» domandò Jeff finita la cena. «Era tutto squisito, Dot, grazie» aggiunse. In tutto quel tempo, Pansy non aveva ancora imparato a cucinare. Scosse la testa al pensiero e tornò a guardare la ragazza, che aveva in mano un bicchiere di succo di zucca bollente.

«Dovrebbero arrivare domani sera per cena. Si fermeranno qui per qualche giorno, il tempo di discutere di affari. Non sono sicura che andrete d’accordo, ma se sopporti me penso tu riuscirai a sopportare anche loro» esclamò Pansy meditabonda. Bevve un sorso di succo e ordinò a Dot di togliere le stoviglie dalla tavola.

Jeff stava per replicare quando si sentì un rumore provenire dal vetro. Girandosi, Jeff vide un barbagianni bianco con al collo un sottile nastro nero. Aprì la finestra per lasciarlo entrare: aveva già visto quell’animale, ma non sapeva dire con precisione a quale degli amici di Pansy appartenesse. Vedendolo atterrare delicatamente sul tavolo ora pulito, Pansy sorrise e lo accarezzò.

«Ciao Astro» disse sottovoce la ragazza. Prese il biscotto che Dot le stava allungando e lo sbriciolò, permettendo al barbagianni di mangiare qualcosa. Alzando lo sguardo, dovette spiegare a Jeff chi fosse. «Questo è Astro, il barbagianni di Theodore. Lo vedi il fiocchetto nero? E’ un regalo di Blaise. Gliel’ha fatto perché Greg, il coinquilino di Theo, ha un barbagianni identico, ma femmina, di nome Cleopatra»

Jeff annuì. «Ha un foglietto legato alla zampa»disse poi. Pansy non lo aveva notato. Sempre con delicatezza, Pansy si fece consegnare la piccola pergamena.

«Vorrà comunicarmi con precisione l’orario d’arrivo. Theo è mo-»

Jeff non seppe mai cosa fosse Theo. Pansy lasciò cadere la pergamena e senza dire niente si smaterializzò. Preso dal panico, il ragazzo corse a raccogliere il messaggio dal pavimento, senza capire – ancora una volta – come quelle poche parole avessero potuto sconvolgere così tanto Pansy. Del passato parlava poco, e lui non aveva fatto molte domande. Pensava che la sua ragazza volesse lasciarsi tutto alle spalle, ma in qualche modo, adesso, ciò da cui stava scappando sembrava essere tornato prepotentemente. Cosa sarebbe successo, Jeff proprio non lo sapeva. La trovò in lacrime sul Cobb, bagnata dalla testa ai piedi e in stato di semi-shock. O apatia. Lo sguardo era perso all’orizzonte, e Jeff pensò che la mente della ragazza fosse immersa nei ricordi. Con pazienza, la prese e la riportò a casa, asciugandola e mettendola a letto. La osservò addormentarsi, le guance ancora bagnate dalle lacrime. Nel chiudere gli occhi, Jeff ripensò a quelle due brevi frasi..

Narcissa è morta. Vieni da Draco.

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Capitolo 3
*** Sooner or later ***


Autrice: Juniper Fox
Titolo: Almost Lovers.
Personaggi principali: Draco Malfoy, Pansy Parkinson.
Genere: Sentimentale, Angst, Drammatico. Malinconico. Forse (forse) romantico.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Het, triangolo (?).
Introduzione: Draco osservò Pansy sparire nel nulla. Non cercò di afferrarla, sapeva che non ci sarebbe riuscito. In quel momento, più che mai, la ragazza gli era parsa evanescente e in un qualche modo inarrivabile. Avrebbe dovuto comportarsi diversamente?
Nda: Sono in madornale ritardo con il capitolo, sì. A parte questo, spero vi piaccia.


 


Sooner or later

 

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Heartbreak comes, rollin’ in like a storm
Sooner or later
Trying to swim but you’re sinking like a stone, alone
(Sooner or later – Mat Kearney)

 


 

Il nero le aveva sempre donato, su questo non c’erano mai stati dubbi. Lo specchio di fronte a lei, in quel momento, rifletteva un’immagine che Pansy non vedeva da tempo: borse sotto gli occhi, capelli arruffati, unghie piene di pellicine e croste, naso arrossato. L’ultima volta che lo specchio le aveva rimandato quell’aspetto era stato quasi due anni prima, dopo la morte di Vincent e la separazione da Draco. Allora, comunque, era decisamente più magra per colpa dello stress, perciò stavolta non si sarebbe dovuta lamentare. Non così tanto.
 
Era passato soltanto un giorno dall’arrivo di Astro e dalla notizia della morte di Narcissa. Il tempo andava via via migliorando, infatti in quel momento aveva addirittura smesso di piovere. Il cielo era ancora carico di grosse nuvole grigie, ma Pansy era sicura che sarebbe tornato il sole. Decise di allontanarsi dallo specchio e andare ad aprire la finestra del bagno, luogo in cui si era rinchiusa fin dal mattino presto. Jeff era stato un tesoro con lei: lui non aveva mai assistito ad una crisi di quella portata – Pansy si era infatti autodiagnosticata delle crisi d’apatia e di shock che la portavano a svuotare completamente la mente – e, nonostante ciò, era riuscito a calmarla e a farla tornare in sé.
 
Quella notte, tuttavia, non aveva dormito perché troppo indecisa su cosa avrebbe dovuto fare. Theo le aveva detto esplicitamente di raggiungerlo a Malfoy Manor appena possibile, poi da lì avrebbero deciso quando celebrare il funerale. Sapeva che ci sarebbero stati tutti, ad aspettarla. Avrebbe finalmente rivisto Daphne, dopo tanto tempo passato lontane l’una dall’altra, in contatto solo tramite gufo. La sua amica trascorreva molto tempo all’estero a causa dei dissapori con la madre e con la sorella. Per qualche tempo avevano vissuto insieme, poi avevano deciso di prendere strade diverse. La mora pensò a quello che le avrebbe detto la bionda se l’avesse vista in quel preciso istante: «Alza il culo e datti una sistemata. Voglio vedere il tuo nuovo ragazzo, devo decidere se portarmelo a letto facendoti credere che sono sbronza». Gli angoli della bocca di Pansy si sollevarono leggermente. Sì, era di Daphne che aveva bisogno, e la sua migliore amica l’avrebbe aiutata a suon d’imprecazioni e sorrisi.
 
Non uscì dal bagno per almeno un’altra ora. Si fece una doccia bollente, di quelle che sembrano riscaldare il cuore e ustionare la pelle; rimase sotto il getto d’acqua per molto tempo, non avrebbe saputo dire quanto. Idratò la pelle e pettinò i capelli bagnati, che le si attaccarono al collo. Andò in camera lasciandosi dietro una nuvola di vapore, aprì l’armadio e prese un vestito nero, sobrio e dalle maniche lunghe. Si permise la frivolezza di un paio di calze di pizzo. Una volta vestita, tornò in bagno e si truccò quel tanto che bastava a nascondere le occhiaie, simbolo della nottata in bianco appena passata. A quel punto l’orologio le comunicò che erano passate due ore e trentacinque minuti: tra poco sarebbe tornato Jeff e, insieme, si sarebbero smaterializzati a Malfoy Manor. Non pensò a Draco, cacciò l’ex ragazzo da parte e si concentrò su quello che avrebbe trovato. Di nuovo. Astoria. Chara e Pollux Greengrass, i genitori. La madre di Blaise, probabilmente accompagnata dal marito di turno. La signora Tiger, sebbene quello fosse un incontro che Pansy non avrebbe voluto fare. Millicent e i genitori. Chi altro ci sarebbe stato? I Black erano quasi tutti morti, ormai, e nessuno avrebbe portato al funerale dei quadri chiacchieroni e scorbutici. No, sarebbe stata tra persone conosciute e a casa di nemici. Non riusciva ancora a considerare i Greengrass come persone affidabili, e mai l’avrebbe fatto. Il pensiero tornò prepotentemente su Draco e Astoria, il loro imminente matrimonio, la convivenza al Manor.
 
Il campanello suonò riscuotendo Pansy dai suoi pensieri. Il solito tempismo perfetto di Jeff: il ragazzo non si era ancora abituato a smaterializzarsi direttamente in casa, nonostante lei gliel’avesse ripetuto un milione di volte. Abitudine ed educazione, diceva lui. Pansy si limitava a scuotere la testa sorridendo. Afferrò la mano del ragazzo non appena le fu vicino, la strinse talmente forte da farsi male. Ordinò a Dot di badare alla casa e, per niente pronta, si smaterializzò a miglia di distanza per affrontare la realtà.

 

*

 

Malfoy Manor sembrava in qualche modo più grande, dopo due anni di assenza. Dopo aver percorso il breve tratto, Pansy si fermò davanti al grande cancello in ferro lavorato. Voleva tornare indietro e mandare un bigliettino di scuse – le dispiaceva immensamente, ma non sarebbe riuscita a liberarsi per..
 
«Devo ammetterlo, avevo scommesso sulla tua assenza» esclamò una voce allegra dietro ai due ragazzi.
 
Pansy si voltò e si ritrovò davanti Blaise, elegantemente vestito e con un’espressione leggermente annoiata sul viso. Il broncio durò giusto il tempo di avere l’amica a meno di un metro, poi Blaise si aprì in un caldo sorriso, mostrando i denti bianchi e perfetti. Pansy non riuscì a dire niente perché Blaise l’aveva già abbracciata: non poté fare altro che bearsi del profumo fresco e leggermente pungente dell’amico, stringendolo tanto da aggrapparsi alle spalle di lui, quasi fosse stata sul punto di cadere. Jeff, lasciato momentaneamente da parte, si schiarì la voce e incrociò le braccia al petto.
 
«Il tuo amico fa tenerezza. Stai tranquillo, non sono io quello di cui devi preoccuparti» rise Blaise, e si avvicinò a Jeff per poi tendergli la mano. «Blaise Zabini. E detto tra noi, preferisco le bionde»
 
L’espressione di Jeff divenne subito più rilassata. Strinse la mano di Blaise e gli sorrise a sua volta. «Jeff Pace King, piacere»
 
«Oh, uno yankee. Capisco. Bel cambiamento, Pans»commentò il moro.
 
«Vai a quel paese, Zabini» soffiò la ragazza. «Dov’è Daphne?»
 
«Oh, la tua dolce metà deve ancora arrivare, sai che le piace dormire»sorrise Blaise, «Ora, se non vi dispiace, sarebbe meglio entrare. Sanno che siamo arrivati, penseranno che non vogliamo vederli. Non è cortese!»
 
Jeff prese nuovamente la mano di Pansy, consapevole che tra non molto si sarebbe ritrovato faccia a faccia con una delle persone più importanti del passato della propria ragazza. La stretta di lei non era così salda come quando si erano smaterializzati lì, e di questo Jeff prese nota mentalmente. I giorni successivi sarebbero stati un vero inferno per lui, estraneo catapultato in una realtà chiusa ed elitaria come quella Purosangue inglese. Fu grato a sua madre per essere voluta rimanere in America piuttosto che trasferirsi nel Regno Unito come da suggerimento paterno.
 
Al movimento di bacchetta di Blaise i cancelli si aprirono, permettendo ai i tre ragazzi di avanzare lungo il vialetto che portava al grosso portone in mogano intagliato. Ad attenderli c’era l’elfo domestico che Pansy e Blaise si erano divertiti a tediare durante l’infanzia: «Benvenuti signorino Zabini e signorina Parkinson e signorino accompagnatore della signorina. I signo– »
 
«I signori sono qui, Hep, torna pure nelle cucine» dalla scala laterale in marmo italiano a sinistra dell’ingresso scesero Astoria Greengrass e sua madre Chara. Sui loro visi era ben in mostra un sorriso cordiale, uno di quelli che tutti sapevano essere finti ma che nessuno si azzardava a contestare per il buon senso. E il decoro. E per non arrivare alle bacchette, probabilmente. «Blaise, che piacere vederti così presto! Pensavo che Daphne ti avrebbe convinto a non venire..» celiò Astoria una volta ferma davanti ai tre ragazzi.
 
L’interpellato fece spallucce e rispose con un tono tanto zuccheroso quanto falso alla bionda. «Mia cara, nemmeno Daphne può impedirmi di rispondere ad un tuo invito. Inoltre, sai quanto io adori far arrabbiare tua sorella»
 
Pansy roteò gli occhi e distolse lo sguardo, disgustata dalla risatina civettuola di Astoria e dall’ironia non così sottile di Blaise. Jeff, non abituato alle finzioni artistiche dei Purosangue inglesi, si sentiva un pesce fuor d’acqua. Sinceramente, lui preferiva di gran lunga i Babbani: meno storie e meno giri di parole, ma forse perché loro non erano in possesso di bacchette magiche. Dato che Pansy sembrava ignorare apertamente le buone maniere – probabilmente più per insofferenza che per vuoto di memoria – decise di presentarsi da solo. Leggermente impacciato, fece un passo in avanti per fare il baciamano a Chara Greengrass e rivolgere poi un cenno rispettoso alla figlia.
 
«Sono Jeff Pace King, lieto di conoscervi. Vi ringrazio dell’invito, nonostante i motivi siano tutt’altro che piacevoli»
 
«Per le palle di Merlino, Pans, perché i tuoi fidanzati devono sempre essere così noiosamente leccaculo?» Daphne Greengrass fece la sua entrata al Manor dal nulla. «Sono arrivata stanotte, e Draco è stato così gentile da farmi preparare una camera» aggiunse poi notando gli sguardi allibiti dei suoi familiari.
 
Blasie, ora, tentava di nascondere un attacco di risate. Jeff era immobile a fissare la nuova arrivata con una scala di espressioni che avrebbe fatto invidia ad un attore professionista. Pansy sospirò e fece un gesto con la mano, lasciando intendere che la colpa non era sua. «Non sono io a rincorrerli, Daphne. Sono loro che tentano disperatamente di attirare la mia attenzione. Ed essendo pigra, chi sono io per negarmi gli agi e le comodità?»
 
«State parlando come se qui ci foste solo voi due» intervenne Blaise. «Siete odiose quando lo fate. Poi ti chiedi perché litighiamo, Daph? Sei una primadonna. E sei egoista. E non mi lasci spettegolare con voi»
 
«Santa Morgana, Blaise, sei sicuro di esserti cosparso di fuliggine per coprire la tua pelle arcobalenata e luccicante, stamattina?»
 
«Non esiste la parola “arcobalenata”, bionda» borbottò Pansy massaggiandosi la tempia.
 
«No, l’ultima volta che ho controllato era tutto nero. E tu lo sai perché eri con me»
 
«L’ultima volta che ho controllato, Theo era appena andato via»
 
«Ma sentila! Tu eri con mia madre a prendere il tè. Mia madre!»
 
«Oh, c’era anche il suo attuale marito, se è per questo. A proposito, credo che divorzieranno presto. Lui non faceva che guardarmi..»
 
«Non sembra, ma quei due vanno a letto insieme» sussurrò una divertita Pansy a Jeff, che ormai aveva rinunciato a cercare di capirci qualcosa.
 
La voce di Chara, ad un certo punto, zittì tutti. «Daphne. Modera il linguaggio e presentati al nostro ospite. Pansy, è bello vederti. Sei in ottima forma, ti trovo leggermente più in carne di prima»
 
«Mà, non rompere. Questa non è casa tua, è di Draco»
 
Il tono mieloso della donna, alla risposta della figlia, si fece ancora più caramellato – devo essere ubriaca per associare miele e caramello alla voce di mia madre, pensò Daphne sbuffando.
 
«E’ casa di Draco e Astoria, tesoro. Sono fidanzati, a breve si sposeranno»
 
«Sì, è per questo che Astoria ha l’anello di Narcissa al dito» ribatté sarcastica Daphne, facendo di nascosto l’occhiolino a Pansy. «Faranno tanti marmocchi e vivranno felici e contenti. Che Beda sia lodato!»
 
Blaise, a quel punto, pensò che la bionda aveva già detto troppo e le fece un incantesimo non verbale senza che lei se ne accorgesse. Astoria, imbarazzata ma pur sempre con espressione trionfante, si diresse verso Pansy e le prese la mano, quasi fossero vecchie amiche. La moretta s’irrigidì impercettibilmente, ma rimase in silenzio.
 
«Pansy non sai quanto sia contenta di vederti. A Draco farà piacere averti qui e vedere che l’hai dimenticato come lui ha dimenticato te» a quel punto la stretta di Astoria si fece più salda e la ragazza, pur continuando a sorridere, abbassò la voce in modo che solo Pansy potesse sentirla. «Se solo osi intrometterti, ti rinchiudo nelle segrete del Manor e faccio in modo che tu non venga mai ritrovata»
 
L’apatia riprese il controllo di Pansy, che rispose ad Astoria con tono piatto. Non c’era traccia di minaccia e di tristezza nella sua voce. «Conosco le segrete meglio di te»
 
Dal nulla, Hep si materializzò all’ingresso. «Padron Draco è tornato» cinguettò l’elfo precipitandosi ad aprire la porta. Quando il portone di mogano lasciò passare il padrone di casa, tutti trattennero il respiro. Nessuno pensava che Draco si sarebbe tornato così. Chara era quella più sconvolta, seguita da Astoria, letteralmente in soggezione. Daphne, Blaise e Pansy capivano perfettamente la mossa, invece, e avevano imparato ad andare oltre le apparenze tempo addietro. Jeff, dal canto suo, era diviso a metà, combattuto tra la soggezione e l’eccitazione.
 
Davanti a loro, in abiti blu notte e grigio fumo, stavano Draco e Lucius Malfoy.

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Capitolo 4
*** Somebody I used to know ***


Autrice: Juniper Fox
Titolo: Almost Lovers.
Personaggi principali: Draco Malfoy, Pansy Parkinson.
Genere: Sentimentale, Angst, Drammatico. Malinconico. Forse (forse) romantico.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Het, triangolo (?).
Introduzione: Draco osservò Pansy sparire nel nulla. Non cercò di afferrarla, sapeva che non ci sarebbe riuscito. In quel momento, più che mai, la ragazza gli era parsa evanescente e in un qualche modo inarrivabile. Avrebbe dovuto comportarsi diversamente?
Nda: Sono in madornale ritardo con il capitolo, sì. A parte questo, spero vi piaccia.


 


Somebody I used to know

 

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You can get addicted to a certain kind of sadness
Like resignation to end

Always the end
(Somebody that I used to know – Gotye)

 
 
 

Strano a dirsi, nessuno aveva pianto. Non in pubblico. Il funerale si era tenuto quella mattina a mezzogiorno, ovvero a diciannove ore esatte dal ritorno di Lucius e Draco a casa. Era stato tutto molto discreto, cosa bizzarra e nuova per i Malfoy, ma evidentemente qualcosa nell’animo dei due uomini era cambiato. Narcissa era la persona che, nonostante tutto, aveva tenuto unita la famiglia; la sua perdita era stato un duro colpo per entrambi, sebbene essi non erano disposti ad ammetterlo. La prima donna amata, l’unico punto fermo in mezzo alle pazze scelte compiute da Lucius e successivamente imposte a Draco. Qualcuno che aveva saputo essere paziente, discreta e anche sottomessa, ma che era comunque riuscita a ribellarsi al Signore Oscuro nel modo più semplice: mentendo. Questo faceva di lei una persona molto coraggiosa. Draco e Lucius, durante la funzione, lasciarono che la melodia preferita di Narcissa salisse fino in cielo, scortandola così alla sua nuova residenza, certi che un giorno si sarebbero riuniti a lei.
 

*

 
 
A pranzo non era sceso nessuno. Jeff era consapevole che, forse, non era il caso di mangiare da solo nel salone di Malfoy Manor. Tuttavia, dopo aver deliberatamente ignorato i morsi della fame per un po’, era stato costretto ad arrendersi. Aveva lasciato Pansy in camera a dormire, ma era quasi sicuro che la sua ragazza sarebbe stata svegliata ben presto da quella pazza di Daphne. Davvero, Jeff non capiva come facesse Pansy a sopportare la bionda e Blaise. Anni di pratica, risolse.
 
Il moro riportò l’attenzione sul tavolo a cui era seduto e sospirò. Aveva faticato non poco a trovare il salone giusto, ma adesso che era finalmente riuscito a trovarlo – dovrebbero comunque mettere dei cartelli, pensò – la fame era aumentata. Non volendo osare raggiungere le cucine, anche perché si sarebbe perso, aveva pensato di rimanere in attesa di un elfo. Di nuovo, nessuno si era presentato. Era nel bel mezzo di un’accurata analisi dell’architettura del soffitto, quando una voce lo raggiunse.
 
«Se continui ad aspettare, morirai di fame»
 
Jeff si voltò e vide due ragazzi venirgli incontro. Li aveva intravisti quella mattina al funerale ma, dato che nessuno aveva parlato, si era semplicemente limitato ad un cenno col capo. Mentre avanzavano verso di lui, Jeff li osservò meglio. Il primo era alto e dai capelli corti e scuri, il viso sottile e leggermente appuntito. Il naso e la bocca ricordavano vagamente quelli di un coniglio. L’altro, accanto a lui, era più in carne e più basso di almeno una spanna. I suoi capelli erano più chiari, mentre gli occhi erano di un bel nocciola. Sembravano essersi vestiti in modo coordinato, nonostante le fatture degli abiti fossero totalmente diverse. In ogni caso, dovevano avere più o meno la stessa età di Pansy e, quindi, due anni in meno di lui. Il ragazzo-coniglio si avvicinò fino a tendergli la mano.
 
«Theodore Nott,» disse educatamente, poi indicò l’altro «mentre lui è Gregory Goyle»
 
Jeff gli strinse la mano. «Jeff Pace King, io sono..»
 
«Sei il ragazzo di Pansy, lo sappiamo» esclamò il ragazzo più lontano, Gregory. Aveva una voce leggermente roca, a differenza di Theodore, la cui voce era controllata anche se certe parole sembravano uno squittio.
 
In quel momento entrò Blaise, accompagnato dal profumo del dopobarba. Theo storse il naso.
 
«Blaise, hai perso le facoltà olfattive? Profumi così tanto da puzzare!»
 
«Pardon, mon ami. Alla mia pulzella il profumo del dopobarba fa starnutire, e dopo abbiamo un appuntamento»
 
«Se ti sentisse chiamarla pulzella ti schianterebbe fino alla morte» dichiarò Gregory raggiungendoli. «In ogni caso, io e Theo eravamo venuti a mangiare qualcosa, e abbiamo incontrato Jeff»
 
Blaise annuì solennemente. «Sì, giusto, tu non conosci le regole di casa Malfoy» disse rivolgendosi al ragazzo. «Ma stai pur tranquillo, cavaliere, hai trovato tre ottimi Ciceroni, sebbene io sia il più bello»
 
«Zabini, piantala di fare il pavone vanesio e fai la persona seria» brontolò Theo.
 
«E che gusto c’è?» sbuffò l’interpellato. «D’accordo, ricomponiamoci» Blaise fece un cenno agli altri, che lo seguirono, e si diressero verso le cucine.
 
«Devi sapere che qui al Manor, gli elfi rispondono solo a Draco o Lucius» cominciò Theo, rivolto a Jeff.
 
«E se ci sono ospiti?» chiese allora il ragazzo.
 
«Si arrangiano!» rise Blaise. «No, non è così, ovviamente. Diciamo che questa è una situazione particolare»
 
«Basta trovare Hep. Quell’elfo ci conosce bene, e Narcissa, quando eravamo piccoli, faceva in modo che si occupasse di noi» spiegò Greg. «Per trovarlo, però, c’è da andare in cucina. A lui piace cucinare, quindi è sempre lì»
 
Jeff annuì. Seguendo i tre ragazzi, in poco tempo arrivarono alle cucine della tenuta. Erano le cucine più grandi che Jeff avesse mai visto, e la sorpresa gli era dipinta sul viso.
 
«Wow» fu tutto quello che riuscì a dire.
 
«Ti ci abituerai,» disse Theo «ho come l’impressione che ti terrai ben stretta Pansy»
 
«Se ci riuscirà» celiò Blaise.
 
Jeff li guardò. Con la coda dell’occhio vide Gregory scuotere la testa, con l’aria di uno che la sapeva lunga. Qualcosa non andava. Era un agguato voluto? O magari era stato un commento casuale, quello di Theodore?
 
«Pansy è la mia ragazza» disse semplicemente.
 
«Oh, lo sappiamo» acconsentì Blaise, che in quel momento Jeff sentiva di odiare con tutte le sue forze. «Ma mi chiedo, quanto durerà? Quanto conosci Pansy?»
 
«La conosco. Abbastanza» ripeté Jeff imperterrito. «E’ la mia ragazza»
 
Zabini sorrise, l’espressione di Greg si fece ancora più truce e Theo tornò a voltarsi verso di lui.
 
«Blaise, smettila. Pansy è contenta, me l’ha riferito lei stessa»
 
Greg intervenne per dare man forte all’amico. «Ho letto anche io, ha ragione. E’ una donna, ormai. Ed è capace di scegliere ciò che più la rende felice»
 
«Oppure sta solo accantonando la tristezza e optando per il minore dei mali»esclamò Blaise, testardo, fissando Jeff.
 
«Sentite» disse furente Jeff «prima di tutto, io sono qui: non parlate come se fossi assente. In secondo luogo, non ho costretto Pansy a stare con me. Lei è felice e, soprattutto, è tranquilla. E poi chi dovrebbe rubarmela? Draco, forse? Pansy stessa mi ha detto che tra loro è finita. E’ un capitolo chiuso della sua vita. Non avete nessun diritto di trascinarmi qui e aggredirmi in questo modo!»
 
«A quanto vedo abbiamo un’altra prima donna, qui, oltre a Blaise e Daphne»
 
I quattro si girarono quasi di scatto verso la voce, trovando Draco seduto sul gradino di una scala dietro le assi in legno che facevano da soppalco. La realizzazione li colpì come una doccia fredda: aveva sentito tutto il discorso su Pansy. Con molta calma – fin troppa, per Jeff – Draco scese le scale e li raggiunse. Lasciò cadere il piatto che aveva in mano per terra, lasciando che un elfo si materializzasse in tempo prima che toccasse terra e si rompesse. Li guardò uno ad uno, soffermandosi in particolare su Jeff. Sembrò studiare il nuovo ragazzo per un po’, poi finalmente si decise a parlare.
 
«Conoscere abbastanza Pansy non vuol dire conoscerla del tutto»
 
«Non hai più pretese su di lei. L’hai lasciata sola. Le hai spezzato il cuore»
 
«Lei ti ha detto questo?»
 
«Non ce n’è stato bisogno. Le sue azioni e i suoi occhi parlavano da soli»
 
«Allora non sai niente. Ti ha solo preso in giro»
 
Greg decise d’intervenire per evitare maggiori seccature.
 
«Smettetela. Vi state comportando da bambini. Draco, per favore, lascia stare Jeff. Se vuoi bene a Pansy, capirai anche tu che non è il caso di far arrabbiare il suo fidanzato»
 
«Ragazzo» lo corresse Blaise, zittito subito dopo da un pestone al piede da parte di Theo. Zabini guardò male l’amico e gonfiò le gote, soffiando contro il moro. «Che vuoi? Per essere fidanzati serve un anello»borbottò piano, in modo che Jeff non lo sentisse.
 
Draco sorrise, ma Jeff sapeva che la sua espressione era una maschera. «Certo. Non è il caso di litigare, hai ragione Greg. Non vorrei dover sbattere fuori il mio prezioso ospite. Pansy si arrabbierebbe, e una gattina arrabbiata non la tiene nessuno…»
 
Blaise seguì Draco fuori dalle cucine, diretti chissà dove. Greg guardò Theo, il cui viso era talmente rassegnato da far quasi tenerezza. Il ragazzo, infatti, si avvicinò all’altro e gli mise una mano sulla spalla, comunicandogli silenziosamente il proprio sostegno. Theo, notò Jeff con un filo d’imbarazzo, adesso stava sorridendo e stava lentamente abbassando il viso fino a coprire quello di Gregory.
 
Quando Jeff realizzò che i due si stavano baciando, si ritrovò imbambolato a fissarli. Era imbarazzato e sentiva il collo diventare sempre più rosso. Cercò di riprendersi e tentò di andarsene, ma nella manovra urtò un elfo e inciampò in una mattonella leggermente sporgente. Borbottando cose senza senso, riuscì finalmente ad uscire dalla stanza, accompagnato dal ridere dei due ragazzi.

 

*

 
A pomeriggio inoltrato, Pansy e Daphne erano finalmente uscite dalla stanza in cui si erano chiuse. La bionda, che aveva raggiunto l’amica non appena Jeff era uscito, era rimasta a piangere silenziosamente Narcissa insieme a Pansy. Le due avevano deciso di ingozzarsi le scorte di biscotti nascoste nella camera degli ospiti – erano sicure di trovare qualcosa, dato che loro stesse avevano riempito ogni singolo antro cavo con i loro dolci preferiti. Avevano parlato poco, sdraiate con le mani intrecciate per farsi forza a vicenda; Hep era comparso verso le tre di pomeriggio per portar loro delle bevande, ma oltre all’elfo non era entrato nessuno.
 
Chara, la madre di Daphne, era passata davanti alla stanza verso le quattro con Astoria: le due sembravano tutto fuorché tristi per il lutto. Daphne aveva sempre considerato sua madre un’arrivista, ma aveva segretamente sperato che la donna si sarebbe degnata di mostrare un’espressione consona all’occasione. Purtroppo ciò non era avvenuto, lasciando la ragazza con l’amaro in bocca ancora una volta. Le due Greengrass, madre e figlia minore, avevano infatti deciso di andare a fare shopping per il matrimonio, così da non essere troppo coinvolte dal malumore generale.
 
In quel momento, le due amiche si trovavano nel giardino coperto del Manor. Il sole filtrava pallido dalle vetrate, ma il cielo rimaneva ancora prevalentemente grigio. Il tramonto che d’estate colorava il cielo di tinte meravigliose, quel giorno era decisamente assente. Dopotutto, pensarono le ragazze, era Dicembre. Era già una vittoria aver visto qualche raggio di sole. Sedute al tavolino, in silenzio, sorseggiavano il loro tè, e l’unico suono era quello del vento misto al tintinnare della porcellana.
 
«Dirò a Draco di riservare questo spazio ai narcisi. Lei li amava molto»
 
La voce di Lucius Malfoy le raggiunse nonostante l’uomo avesse parlato piano. Nell’avvicinarsi a loro, Pansy notò che la prigione l’aveva cambiato. Sul viso iniziavano a intravedersi delle rughe, la barba era curata ma più lunga di quanto la tenesse prima. Gli occhi, in particolare, avevano delle piccole rughette e delle borse accennate, segni evidenti dello stato dell’uomo. I capelli, ora con qualche filo bianco, erano lavati e raccolti elegantemente in una coda bassa. Nonostante fosse in casa propria, Lucius indossava uno dei suoi abiti migliori – lo stesso di quella mattina, in realtà. Al polso, poi, era possibile notare un filo sottile che aderiva alla pelle: Pansy sapeva che quello non era un bracciale qualsiasi, ma un nuovo dispositivo di controllo. Era quel piccolo aggeggio che aveva permesso a Draco di riportare a casa il padre da Azkaban per il funerale di Narcissa; quel filo sottile era stato incantato per impedire la materializzazione della persona che lo indossava, restringendone al tempo stesso la libertà di movimento. Theo aveva spiegato che Draco aveva dovuto rivelare agli Auror le coordinate del Manor affinché questi potessero impostare il bracciale solo per Lucius. In due giorni, comunque, l’uomo sarebbe dovuto tornare ad Azkaban per scontare la propria pena.
 
«Sarà molto bello» gli rispose Pansy regalandogli un sorriso. Da piccola aveva avuto una cotta per lui, così come Daphne, ma se la bionda se l’era fatta passare in poco tempo, lei ci aveva messo di più. In qualche modo – e doveva essere un modo molto contorto, pensò la mora – i coniugi Malfoy erano da lei considerati alla stregua di secondi genitori. Inoltre, Narcissa non aveva mai nascosto il suo affetto per la ragazza.
 
Lucius si accomodò al tavolino, la schiena leggermente piegata e gli occhi rivolti al cielo. «Mancherà.. la tua risata» lo sentirono sussurrare. Daphne fece un cenno a Pansy e le due si alzarono per lasciare l’uomo da solo con il proprio dolore. Prima di uscire, però, Pansy prese una rosa dall’aiuola lì vicino e con un rapido tocco di bacchetta la trasfigurò in un narciso.
 
Quando le due ragazze si chiusero la porta alle spalle, Lucius raccolse il narciso e chiuse gli occhi. Un notturno impetuoso esplose nella sua testa, e lui fu nuovamente contento con la sua amata. 

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Capitolo 5
*** Tonight we'll forget the world ***


 

Tonight we’ll forget the world

 

Tonight
We are young
So let’s set the world on fire
We can bur brighter
Than the sun
(We are young – FUN)

 

 

«Toglietegli pure la benda, siamo arrivati!»
 
Blaise sorrideva apertamente, contento che il suo piano fosse riuscito alla perfezione. Era passata una settimana dal giorno del funerale e Draco non aveva ancora messo un piede fuori casa. Blaise e Theo, aiutati dal paziente Greg, erano però riusciti a trascinarlo prima in giardino e poi, tendendogli un agguato, nella tenuta di campagna dei Black.
 
Greg, sconsolato, non poté far altro che eseguire l’ordine. In realtà, era ben contento di aver aiutato i due amici a far fare a Draco un cambio di panorama. Con Lucius nuovamente ad Azkaban, il Manor era ancora più silenzioso e triste. Certo, Daphne e Jeff facevano di tutto per alleggerire l’atmosfera, ma i tre ex-Serpeverde avevano capito che qualcosa turbava il biondo in modo particolare. Qualcuno, si corresse Greg. Era stato obbligatorio chiamare Pansy, ma al momento lei e Draco sembravano aver eretto un muro tra loro, rendendo la Villa ancora più lugubre.
 
Blaise, dal canto suo, sembrava impazzito. Durante una sosta – doveva ammirare le scogliere e prendere una boccata d’aria pura, aveva detto prima di farli fermare su una roccia a strapiombo sul mare – aveva tirato fuori la bacchetta e con un movimento fluido aveva fatto comparire svariate valigie, ora vuote, e il cui contenuto era finito in mare, per il gran divertimento del ragazzo. Greg aveva riconosciuto svariati abiti e scarpe di Daphne tra quei capi, e il pensiero era andato a Pansy e al suo dover sopportare l’isteria dell’amica una volta scoperta la marachella di Blaise. Chissà perché, Pansy tornava sempre, in un modo o nell’altro.
 
«Zabini, patirai atroci sofferenze,» l’affermazione di Draco riscosse Greg dai pensieri. «..e ti pentirai di avermi trascinato fuori dal Manor»
 
Per un momento, uno soltanto, Theo aveva pensato di sentire la tipica frase che il biondo usava da piccolo. “..e aspetta che mio padre lo venga a sapere”. Draco però non era più piccolo; era cresciuto, aveva perso la madre e in un certo senso anche il padre. Sospirando, Nott decise che era ora di calmare gli animi e far sfogare l’amico.
 

*

 

Daphne stava letteralmente impazzendo. Essere costretta a vivere sotto lo stesso tetto della madre e della sorella le ricordava ogni santo giorno perché aveva deciso di scappare di casa e tagliare i ponti con quelle due bisbetiche fanatiche. Purtroppo, però, la sua ragione di vita, ovvero il sesso e, di conseguenza, Blaise, si era trasferita in pianta stabile al Manor per essere più vicino al proprio amico. Di grande importanza, inoltre, era il fatto che qualche giorno prima Blaise avesse preso in ostaggio la seconda ragione di vita di Daphne, e cioè tutti i suoi vestiti più la collezione di scarpe dalla quale la bionda non si separava mai. Lo stesso Blaise che, sempre qualche giorno prima, era svanito nel nulla portandosi dietro Draco, Greg e Theo. Con grande disappunto della ragazza, quindi, il trasferimento in casa di Draco era obbligatorio anche per lei e, per giunta, a tempo indeterminato – almeno finché non fosse riuscita ad escogitare un piano abbastanza sensazionale da mettere nel sacco Blaise, farlo trasferire e riottenere tutti i vestiti.
 
La giornata tipo della bionda cominciava il mattino presto quando, dopo aver rotto la sveglia – che senza un Reparo qui e un altro là non sarebbe sopravvissuta più di dieci secondi – facendola accidentalmente cadere contro la parete opposta al letto, si recava a svegliare Pansy scomodando in tal modo anche Jeff. I due, ormai, non potevano sopportarsi e non passava momento in cui non battibeccassero per un motivo o per l’altro. In realtà, Daphne non aveva motivo di litigare col ragazzo, anzi: le era pure simpatico. Il problema di fondo, purtroppo, era che la noia che l’assillava al Manor la portava ad essere più pazza del solito, quindi aveva deciso che il suo passatempo, durante la permanenza a casa di Draco, sarebbe stato tediare il nuovo ragazzo della sua migliore amica. E, quando voleva, Daphne sapeva essere molto, molto irritante.
 

*

 

Una sera, ad una decina di giorni dalla partenza di Draco, Daphne si ritrovò davanti Blaise, ansioso di parlare con qualcuno di una fantomatica scoperta e divertito dall’isterismo della propria ragazza, che voleva affatturarlo ma si trovava immersa in una vasca piena di schiuma e quindi avrebbe dovuto rimandare. Nessuno dei due aveva pensato di chiudere le porte della stanza perché troppo presi l’uno dall’altra, così quando Jeff tornò in camera – dove, di fatto, alloggiavano lui e Pansy e dove, con suo disappunto, Daphne stava nuovamente facendo il bagno occupando la loro vasca – sentì tutto.
 
«.. sei sicuro?» stava dicendo Daphne dubbiosa, «Non mi pare il caso di fare certi scherzi. Né a me né a Pansy»
 
«Sicuro al cento per cento. Chiedilo anche a Greg e Theo, se non mi credi,» rispose Blaise serio. Poi, cambiando tono, aggiunse «ma non adesso, non vorrei che tornassero etero ammirando le tue grazie»
 
Jeff poteva immaginare il ghigno del ragazzo e la smorfia della ragazza. Si chiese se era certo di voler sentire, fece anche un passo per andarsene, ma la curiosità ebbe la meglio su di lui. Il fatto che Daphne avesse nominato Pansy non faceva presagire nulla di buono, per di più se aggiunto al tono stranamente serio e senza sarcasmo di Blaise.
 
«Continua a rimandare le nozze. Non ti sei mai chiesta perché?»
 
«Ero troppo impegnata a gioire della tristezza di mia madre..» pigolò Daphne.
 
«Sii seria. Io gliel’ho chiesto» rivelò Blaise osservando una bolla di sapone alzarsi dalla vasca.
 
«E..?»
 
«Non amo Astoria» esordì Draco nel rispondere alla domanda di Blaise. Lo sguardo del biondo sembrava altrove, probabilmente si stava perdendo nei ricordi.
 
«E allora perché non annulli il matrimonio?» domandò Greg «Se non la ami non sei costretto a sposarla»
 
«Mi sono sempre chiesto perché tu ti sia fidanzato con lei, tra le altre cose» disse Blaise versandosi un calice di vino. Certi discorsi, secondo lui, era meglio affrontarli con la mente offuscata. “In vino veritas”, dicevano i Babbani.
 
«Un contratto pre-matrimoniale. A mio padre sembrava la cosa migliore. E’ stato scritto quando è nata Daphne, ma successivamente Chara Greengrass ha deciso che era meglio Astoria. Daphne è troppo ribelle. Non mi avrebbe mai sposato»
 
«Vorrei ben vedere, mio buon amico. Mi sarebbe dispiaciuto rendere la mia donzella vedova così giovane»
 
Draco riuscì a sorridere delle parole di Blaise. Era seduto su una delle poltrone della sala, la testa inclinata all’indietro che appoggiava contro lo schienale. Stavano gustando un vino elfico molto pregiato e la testa aveva già cominciato a girare. Eppure, nonostante fosse in quello stato, si sentiva più rilassato che mai. Parlare con qualcuno, in fin dei conti, faceva davvero stare meglio. Quante volte gliel’aveva ripetuto Pansy?
 
«Tante..» sussurrò a se stesso. «Ma lei ora sta con quel Jeff..» continuò.
 
«Sei proprio uno zuccone» gli aveva detto allora Theo. «Pansy è venuta al Manor per starti vicino e tu non l’hai degnata di uno sguardo. Parlale. Dille quello che hai detto a noi»
 
A quel punto, Draco si era alzato. Aveva faticato leggermente a rimanere in piedi senza barcollare, ma una volta riacquistato un po’ di lucidità si era smaterializzato. I tre amici avevano osservato il punto in cui il biondo era scomparso, sorpresi. Una mossa del genere non era da Draco.
 
«..Quindi sono venuto dritto qui, nell’attesa che torni. Mi sono fermato a farti una visita perché ero sicuro che saresti stata nuda» finì Blaise con un sospiro. «E invece no»
 
Daphne, allibita, bagnò inaspettatamente il fidanzato. «Così impari a rubarmi i vestiti e le scarpe,» l’espressione della bionda si fece divertita, «ma ammetto che è stato un toccasana veder mia madre dare i numeri perché andavo in giro nuda..»
 
A quel punto, Jeff decise che le sue orecchie avevano sentito abbastanza. Uscì dalla stanza, lasciando la pazza e il simpaticone ai loro soliti giochetti sul letto in cui lui, di sicuro, non avrebbe mai più dormito.
 

*

 

Pop.
 
Quel suono continuava a infastidire Pansy nonostante fosse da tempo abituata a sentirlo. Tutti facevano “pop” quando si materializzavano. Eppure, lei sarebbe stata in grado di riconoscere quel suono ovunque. A volte Pansy aveva l’impressione di sentirlo nonostante fosse lontana da lui.
 
«Draco» sussurrò girandosi. Non era sicura di poter sostenere una conversazione tranquilla e pacata con lui, e ad essere sincera aveva anche paura di quello che avrebbe potuto provare. Di nuovo.
 
La piccola serra costruita in cima ad una delle due torri del Manor era la stanza preferita di Narcissa, ed era stata la prima stanza che Draco le aveva fatto vedere quando, molti anni prima, si erano incontrati per la prima volta. Se n’era innamorata subito, lei che aveva una passione quasi insana per i fiori e per le erbe. La serra era incantata e la punta della torre, da dentro, non si vedeva, così chi vi entrava aveva l’impressione di essere all’aperto sotto il cielo.
 
Draco le si avvicinò, appoggiandosi a sua volta al parapetto della finestra. Pansy sapeva di buono, di muschio fresco, un profumo delicato che le aveva sempre donato molto. «Non amo Astoria» Ripeté la frase proprio come gli aveva detto Theo, e più lo faceva più si rendeva conto di non averla mai sopportata realmente.
 
Pansy rimase interdetta dalla confessione dell’ex ragazzo. Aveva barcollato leggermente e lei poteva sentire l’odore di vino elfico. Era sparito nel nulla ed era tornato mezzo ubriaco. Per una frazione di secondo fu spaventata, conscia di quello che sarebbe potuto succedere. Sentì la mano fredda di Draco posarsi sul suo fianco e accarezzarlo, proprio com’era solito fare a Hogwarts. Il biondo sapeva che Pansy aveva un debole per quel punto. Quando si girò per fermarlo, se lo ritrovò a pochi centimetri dal viso. Erano l’uno di fronte all’altra, in silenzio, nel loro posto speciale.
 
«Credo di aver amato una sola persona, nella mia vita..» disse Draco avvicinandosi ancora di più al viso di Pansy. Le loro labbra si erano appena sfiorate quando la ragazza si ritrasse. Il biondo la guardò stupito.
 
«Zitto, Draco» gli intimò lei. «Non sai quello che dici»
 
«Lo so benissimo, invece» esclamò lui contrariato. «E vorrei che lo sapessi anche tu. Dimenticati del mondo, stanotte siamo solo tu ed io, come ai vecchi tempi»
 
«Sto con Jeff adesso. Tu hai perso la tua possibilità. Stiamo bene insieme» Pansy provò a fare un passo indietro, ma Draco la tenne ferma.
 
«Quello? Quello non ti conosce affatto, Pans! E non è la persona giusta per te. Ti fa arrabbiare al punto da voler fare l’amore con lui? Ti fa venire i brividi passandoti una mano sulla schiena? Riesci ad amarlo al punto di aver paura di quel sentimento?» ringhiò il biondo. «Non credo. Nessuno ti conosce meglio me»
 
«E nessuno mi ha fatto soffrire più di te. Non sarà l’amore della mia vita, Draco, quello no. Ma non dovrò vivere nel terrore di amare troppo qualcuno. L’ho fatto una volta, e ho amato abbastanza per tutti e due, quando tu all’inizio non ne volevi sapere. Ho resistito, ho pianto, mi sono disperata, è come se una parte di me fosse morta il giorno in cui scegliesti Astoria. Non commetterò lo stesso errore di nuovo. Sei ubriaco e non sai quello che dici. Lasciami!»
 
I due si separarono, rimanendo ad un passo di distanza. Poi, così com’era venuto, Draco scomparve con il solito pop, e Pansy si accasciò a terra per l’ennesima volta, piangendo lacrime che non sapeva più di avere.
 

*

 
«Bentornato, amore» esclamò contenta la ragazza.
 
Draco ignorò il tentativo di conversazione di lei e iniziò a baciarla. In poco tempo i vestiti dei due ragazzi giacquero in un angolo della stanza, spinti via con rabbia. Le urla di piacere che si udirono nel Manor, quella notte, fecero comprendere a Jeff che razza di persona fosse il biondo.

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