Story of a fairytale love

di iam_theinsecure
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** When the story started ***
Capitolo 3: *** Maybe the Lucky Girl wasn't so lucky ***
Capitolo 4: *** The first letter ***
Capitolo 5: *** The confusion of emotions ***
Capitolo 6: *** Probably everything is changed ***
Capitolo 7: *** Tears ***
Capitolo 8: *** We can't go back ***
Capitolo 9: *** Yeah, she's her best friend ***
Capitolo 10: *** News ***
Capitolo 11: *** The secret ***
Capitolo 12: *** The departure ***
Capitolo 13: *** Room 22 ***
Capitolo 14: *** The heart beats like a wild horse ***
Capitolo 15: *** The time escapes me ***
Capitolo 16: *** Moments ***
Capitolo 17: *** This is my home too ***
Capitolo 18: *** This is that one direction ***
Capitolo 19: *** For the first time ***
Capitolo 20: *** The girls ***
Capitolo 21: *** The love under the sun ***
Capitolo 22: *** I should have kissed you... for the last time ***
Capitolo 23: *** I should ink my skin with your name ***
Capitolo 24: *** The crazy countdown ***
Capitolo 25: *** Now we are finally together... more than before ***
Capitolo 26: *** Maybe someone else has found love ***
Capitolo 27: *** The roller coaster ***
Capitolo 28: *** Maybe everything is starting to break ***
Capitolo 29: *** I'm sick and you know, even if i can't say it to you ***
Capitolo 30: *** The time that we are losing ***
Capitolo 31: *** Don't forget us ***
Capitolo 32: *** L.A. I'm coming ***
Capitolo 33: *** Kiss me... like you wanna be loved ***
Capitolo 34: *** We will work out the problem... together. ***
Capitolo 35: *** We didn't lose anything ***
Capitolo 36: *** Another goodbye ***
Capitolo 37: *** I found the way ***
Capitolo 38: *** If this is a dream, please, don't wake me up ***
Capitolo 39: *** Flavor of coffee ***
Capitolo 40: *** An happy ending ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


« BUONE FESTE »
Quell’insegna luminosa, appesa ad uno dei balconi di uno dei condomini al lato della superstrada, augurava, a chiunque ci posasse l’occhio anche solo per un secondo, un Buon Natale e un Felice Anno Nuovo; Anne, nell’auto ferma al semaforo, l’aveva ignorata completamente, quell’insegna, sbuffando e voltando lo sguardo dall’altra parte, verso il finestrino lontano due posti, alla sua sinistra.
“ Nemmeno tutti gli auguri di questo mondo potranno cambiare le cose…”
Telefono lasciato a casa perché strascarico, sia di soldi che di batteria, niente orologio al polso… l’unico modo per sapere quanto tempo ci stavano impiegando per tornare a casa era ricordarsi la scaletta delle canzoni sul suo mp3.
“ Sono riuscita ad ascoltarmi Up All Night, One Thing, Everything About You, Na Na Na  e questa dannata riproduzione casuale ha deciso di infilarci in mezzo More Than This circa una decina di volte! Come se il mio umore possa peggiorare. “
Povera Anne... era stato tutt’altro che un buon Natale per lei.
Erano passate settimane dal suo ritorno da Londra e da quando era tornata in Italia non aveva ricevuto che brutte notizie: i suoi genitori non si potevano più permettersi i suoi due annuali soggiorni a Londra che avrebbe veramente tanto voluto diventassero un’abitudine ( ne aveva bisogno ), la scuola le andava malissimo (rischiava di perdere l’anno, dicevano, aveva la testa da tutt’altra parte, ripetevano), ma come biasimarla.
Una parte del suo cuore e della sua mente erano rimaste a quella persona di cui da troppo tempo non aveva più avuto notizie, quella persona che la lontananza non le stava permettendo di vivere, quella persona che le mancava più di qualsiasi altra: Harry, quel ragazzo che a migliaia conoscevano, quel ragazzo che era sulla bocca di migliaia di ragazze da un poco più di un anno, ma che le aveva aperto il suo cuore come mai aveva fatto con nessuna ragazza prima di lei, diceva.
Quel ragazzo le aveva rubato il cuore e la loro storia, anche se fatta di piccoli e corti attimi che chiunque altro, se non in preda ad un amore così forte come quello che Anne provava, avrebbe già dimenticato, è una di quelle storie che non si riescono a raccontare con poche parole, in poco tempo, attraverso poche righe: la loro è una lunga storia. 

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Capitolo 2
*** When the story started ***


Tutto ebbe inizio mesi prima, praticamente secoli per Anne che, però, ricordava ogni singolo momento come se ne avesse immortalato le immagini con una videocamera.
Uno stupido progetto che la professoressa di inglese del liceo aveva avuto la brillante idea di far fare ai propri studenti: già, uno stupido progetto che però si rivelò l’inizio di tutto.
 
Seconda superiore... liceo linguistico.
Anne non era che una ragazzina di quindici anni: cicciottela, voluta bene da tutti, sempre sorridente, solare, spensierata, non curante del proprio aspetto fisico che molte volte le era di intralcio, anche per sciocchezze come fare colpo su un ragazzo; dell’aspetto fisico, in fondo, se ne curavano in pochi e perché doveva farsene un problema proprio lei che aveva una vita davanti?
La regina, però, della preoccupazione, era sua madre: da quando, alle elementari, Anne aveva iniziato a prendere chili a causa dello sviluppo che, incombente, già dalla quarta elementare la stava facendo sentire a disagio, la madre non faceva altro che ripeterle quanto avrebbe potuto crearle seri problemi in futuro.
Non abbiate compassione, però, per Anne: ha imparato a farci l’abitudine, fidatevi.
Era dall’estate tra la prima e la seconda superiore, che nella testa della professoressa ronzava l’idea di un… beh! Vado subito al sodo: a settembre propinò a tutta la classe il tipico progetto chiamato, in seguito, “ My English Pen Friend ”.
Si, dai… avete presente gli amici di penna? Quelli stranieri ai quali ti tocca scrivere papiri rigorosamente corretti e che se, alla fine dell’anno scolastico, riesci a stare loro simpatica la professoressa ti alza la media di un voto: ecco quelli. 
Naturalmente nella classe c’erano persone a cui questo progetto piaceva e chi invece pensava che un’idea peggiore per rovinarsi la reputazione con qualcuno che nemmeno avresti mai incontrato non poteva esserci.
C’era a chi, Anne e la sua migliore amica Sophie comprese, quest’idea non faceva né caldo né freddo: certo, da un lato avresti avuto un impiccio oltre allo studio, dall’altro lato però avresti potuto farti un amico inglese e questo non capitava spesso.
La professoressa, allora, di conseguenza a quelli che non facevano che lamentarsi, aveva reso il progetto facoltativo e dichiarò che  non avrebbe avuto ripercussioni sul voto di fine anno se non l’aggiunta di qualche più.
« Perché no? In fondo non costa niente! La prof si è messa già d’accordo con quella professoressa di quella scuola di Londra…! Dai Anne! In fondo lo sai anche tu che è un’idea magnifica! Magari poi facciamo conoscenza con due ragazzi bellissimi! » 
Sophie era passata dalla parte dei “ secchioni ” ai quali occhi quest’idea aveva reso la professoressa una dea e adesso stava cercando di convincere Anne ad aderire al progetto insieme a lei.
Occhietti dolci e musetto da cucciolo, Sophie usava sempre questa tattica per convincere Anne a fare qualcosa per lei ed aveva SEMPRE funzionato.
« Finiscila! Lo sai che non so resistere a quella tua faccia simile all’espressione di un cucciolo che è stato appena abbandonato sul ciglio di una strada deserta! Ok… puoi andare a dire alla professoressa che noi ci stiamo »
Sophie la stritolò in un abbraccio di ringraziamento e le giurò che non se ne sarebbe pentita e che ne sarebbe valsa la pena.
Adesso non restava che aspettare che la professoressa si mettesse d’accordo con quella della scuola londinese per sorteggiare le coppie di ragazzi e poi il progetto avrebbe avuto inizio.

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Capitolo 3
*** Maybe the Lucky Girl wasn't so lucky ***


Una settimana di tempo e il progetto, aderito da quasi la metà della classe, aveva avuto inizio.
Sophie era stata assegnata ad una ragazza di nome Alicia e come potrete benissimo immaginare, la ragazza non ne fu felicissima, anzi: per tutti i giorni seguenti maledisse se stessa per aver avuto la brillante idea di acconsentire a quel progetto. A dire il vero le era passato anche per la testa di chiedere alla professoressa di cambiarle compagno: insomma, stava per chiederle esplicitamente di metterla in coppia con un ragazzo, preferibilmente bello e interessante. Poi però, grazie a Anne, che non aveva fatto altro che consolarla, Sophie si era rassegnata e aveva già mille idee e argomenti da scrivere ad Alicia nella loro prima lettera.
Curiosi di sapere a chi era stata assegnata Anne? 
Anne era stata assegnata ad un ragazzo che, le assicurò la professoressa, era considerato il migliore della classe, se non uno dei migliori elementi di quella scuola di Londra.
“ Esattamente ciò di cui avevo bisogno. Un secchione che sicuramente non si curerà per niente di ciò che gli dirò se non della grammatica con cui scriverò in una lingua che a mala pena parlo. E come se non potesse mancare, la ciliegina sulla torta: questo ragazzo è anche un secchione e pure bruttino, scommetterei, in fondo lo sono tutti i secchioni! ”
Dopo che la professoressa le consegnò nome ed indirizzo, Anne non aveva fatto altro che pensare a quanto fosse stato controproducente per lei e Sophie acconsentire.
« Harry Styles… ma che diavolo di cognome è Styles? Non so nemmeno se lo sto pronunciando bene! »
  Sophie, per sentirsi meno frustrata di quanto in realtà lo fosse, perchè alla sua amica era capitato un ragazzo e a lei invece una tipa di cui non le piaceva nemmeno il nome, aveva iniziato a criticare quel poco che entrambe sapevano.
« So che stai cercando di insultarlo solo per sentirti meno invidiosa del fatto che a me sia capitato un ragazzo e a te no! » le sorrise Anne, con un’espressione che chiaramente diceva: “ Hei! È la verità! Non prendertela con lui! ”
Bene. Ora che aveva il suo indirizzo, il suo compito per la prossima settimana era di scrivergli una lettera dove si sarebbe presentata a questo Harry. 
Ah! E non poté mancare la raccomandazione della professoressa che a fine lezione, quel martedì, aveva raccomandato ai ragazzi del progetto di scrivere nel miglior inglese possibile, aiutandosi anche con il dizionario, se ne avevano bisogno, e che se avevano qualche dubbio avevano l’obbligo di chiederle consigli.
Dopo pranzo, Anne si ritrovò quel foglio che vuoto sulla scrivania la stava fissando, impaziente che la ragazza scrivesse quelle prime parole in una lingua di cui, per l’emozione, aveva quasi dimenticato quella poca e scarsa grammatica che aveva acquisito dalla scuola.
Un gigantesco dizionario di inglese, rilegato in una strana imitazione in plastica del vecchio cuoio con cui venivano rilegati una volta i libri, tentava invano di infonderle sicurezza, in fondo c’era sempre il suo aiuto per qualsiasi dubbio. Poi un messaggio interruppe quel fissarsi a vicenda tra il foglio inanimato e Anne.
 
[ ALLORA, LUCKY GIRL, HAI GIA’ SCRITTO LA LETTERA PER STYLES? IO HO APPENA FINITO DI SCRIVERE LA MIA PER ALICIA. DOMANI LE ANDIAMO A SPEDIRE INSIEME? COSI’ MAGARI USCIAMO ANCHE UN PO’ ] 
 
Sophie aveva iniziato a chiamarla con quel soprannome inglese per renderle ancora più pesante la sua sfacciata fortuna di essere in coppia con un ragazzo e aveva anche cominciato a riferirsi al londinese chiamandolo per cognome, per creare distacco.
 
[ NON ANCORA. NON SO CHE SCRIVERE! …… E’ COME SE IN QUALCHE MODO MI SENTISSI IMBARAZZATA!! COME SE CE L’AVESSI DAVANTI E NON SAPESSI COSA DIRE! ED E’ PARECCHIO STRANO ]
 
Ci mise secoli per rispondere, perché il suo nuovo cellulare non le permetteva di scrivere con la stessa velocità con cui le rispondeva con il vecchio cellulare, che a differenza di quello, aveva i tasti. 
La risposta di Sophie arrivò dopo meno di 40 secondi.
 
[ EHI! NON MI ANDARE IN CONFUSIONE PER COSì POCO! IN FONDO E’ UNA LETTERA! NIENTE DI COMPLICATO! TI DEVI SOLO PRESENTARE, SCRIVERE QUELLO CHE FAI NEL TEMPO LIBERO… COSE DEL GENERE. SCRIVIGLI DI QUANTO SIA SPECIALE LA TUA MIGLIORE AMICA :DDDD ]
 
[ LO SO, MA… AL DIAVOLO! CERCHERO’ ISPIRAZIONE SOTTO LA DOCCIA! A DOPO… ]
 
Era come un fastidio per Anne raccontare di sé stessa: non lo aveva fatto con nessuno prima, nemmeno con Sophie! Alla sua migliore amica era bastato passare tutti i giorni insieme per almeno 5 ore per capire il suo carattere e per abituarsi a ciò che era sua abitudine fare. Non aveva mai dovuto raccontare niente a nessuno: tutti coloro che facevano parte della sua vita avevano imparato a conoscerla dal vivo, non attraverso ciò che l’immaginazione riusciva a creare da una lettera.
Lasciò il dizionario e il foglio ancora vuoto sulla scrivania della sua camera, spense la luce e dopo aver raccomandato alla madre, in salotto, di non aprire nessun rubinetto perché stava per farsi una doccia, si chiuse a chiave nel bagno e lasciò che lo scorrere continuò dell’acqua piacevolmente calda l’aiutasse a fare chiarezza su ciò che avrebbe potuto raccontare di sé. 

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Capitolo 4
*** The first letter ***


“ Dear Harry… ”
 
“ Almeno so come cominciare… SU, ANNE! DEVI SOLO RACCONTARGLI DI TE…” e nella sua mente partì una scaletta di ciò che avrebbe tranquillamente detto di sé.
La sua età, dove viveva, che scuola faceva, come si chiamavano i suoi genitori, se aveva fratelli e sorelle e quali erano i loro nomi, che cosa le piaceva fare nel tempo libero, …
Anne scoprì pian piano con quanta naturalezza e velocità quelle parole le stessero uscendo dalla testa per poi trasferirsi su quel foglio che da vuoto cominciò a riempirsi di parole, parole inglesi.
“ E ora? Come concludo la lettera? Dopo che avrà letto tutto quello che gli ho scritto sicuramente inizierà ad implorare che la fine non sia lunga quanto il resto. “
Sempre con quell’imbarazzo addosso Anne decise di concludere la lettera con:
 
“ … This is me. Now, how are you? I’ll wait your response. (: See you soon.
                                                                                                           
                                                                                   Your italian pen friend, Anne ”
 
“ Bene. Finito. ” ed esattamente con la stessa velocità con cui quell’imbarazzo che affliggeva Anne era arrivato, quel sentimento se ne andò, lasciando la stanza di Anne in una silenziosa tranquillità.
 
[ FINALMENTE HO FINITO DI SCRIVERLA. MENO DIFFICILE DI QUANTO IMMAGINAVO. (: SI LO SO. SONO STATA UNA CRETINA A FARMI TUTTI QUEI COMPLESSI. SANTA TU CHE MI SOPPORTI! DOMANI COMUNQUE POSSIAMO BENISSIMO ANDARE A SPEDIRLE DOPO SCUOLA ]
 
Mettendoci, come al solito, due ore, Anne inviò un messaggio alla sua amica prima di raggiungere i suoi genitori che nel salotto stavano iniziando a reclamare la sua presenza.
 
[ HALLELUJAH! CE L’HAI FATTA! ADESSO SPERA SOLO CHE A STYLES PIACCIA CIO’ CHE HAI SCRITTO (: CHE STAI FACENDO? ]
 
«Tesoro, la finisci di stare attaccata a quel cellulare?? Vieni a sederti qui, su!» e con un gesto della mano, la madre di Anne le fece segno di andarsi a sedere sul divano davanti alla televisione, tra lei e suo padre.
Sicuramente avevano qualcosa da dirle.
Era figlia unica e in più era la tipica figlia che non si apre mai completamente ai genitori, perciò Anne aveva imparato come si comportava sua madre quando aveva voglia di “ chiacchierare ” e con quanta velocità quella sua voglia di ascoltare sua figlia finisce per sparire appena si aveva finito di parlare di scuola.
Con uno sbuffo, Anne lasciò il cellulare sul mobile in corridoio, vicino al telefono di casa, e, lasciandosi affondare nei morbidi cuscini del divano color mogano, diede il via al terzo grado di sua madre.

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Capitolo 5
*** The confusion of emotions ***


Solita mattinata scolastica: due ore di arte, una di storia e altre due ore di musica passate ad appena sopportare l’approfondimento sull’ossessione del professore, il canto gregoriano.
Per quanto Anne non volesse perdersi nei suoi pensieri, era così annoiata che affogarvi senza sperare di avere scampo era l’unica soluzione meno dolorosa.
Aveva giocherellato con quella lettera per tutto il tempo: aveva letto ripetutamente l’indirizzo del mittente e del destinatario, aveva fissato il francobollo per una mezz'oretta abbondante.
" La campanella, finalmente... "e si fiondò con velocità al banco di Sophie che già con il cappotto addosso stava sistemando le sue cose nel suo zaino.
« Andiamo? Prima che quello che ho scritto mi sembri troppo stupido e decida di strappare la lettera»
«Cosa? Finiscila Anne! Sono sicurissima che gli piacerà ciò che gli hai scritto, hai un modo tutto tuo di scrivere e sai quanto mi piaccia. Sai anche quanto questa tua insicurezza mi faccia arrabbiare. Piuttosto... preoccupati di quello che ti dirà lui. Magari ti racconterà della sua tossicodipendenza o di quanto lo faccia sentire bene tagliarsi le vene... » e con una linguaccia Sophie riuscì a sollevarle il morale come solo lei riusciva a fare.
L'amica la prese a braccetto e facendosi spazio fra la folla di studenti che, ammassati come un gregge di pecore, uscivano dalla scuola, camminarono una decina di minuti fino a quando non arrivarono alla cassetta della posta nella piazzetta del paese. Decisero che quel giorno era abbastanza freddo per una buona cioccolata calda e si chiusero in un bar piccolo e caldo.
 
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Quella sera a casa, a tavola, davanti a quel libro che era da mesi letto solo a metà, davanti al soffitto della sua stanza, Anne non fece che pensare al lungo viaggio che quella lettera avrebbe fatto, a quando sarebbe arrivata al suo destinatario e a quanto tempo avrebbe dovuto aspettare per una risposta.
L'attesa la stava divorando: avrebbe tanto voluto prendere quel progetto con leggerezza come Sophie, ma non ci riusciva.
Per Anne, tutte le persone che entravano nella sua vita avevano un valore: con loro provava emozioni, con loro passava momenti che sarebbero diventati ricordi indissolubili nella sua mente.
Con questo Harry cosa avrebbe avuto in futuro oltre ad un rapporto basato su un amicizia e sulla lontananza resa meno lontana da delle stupide lettere?
Era non sapere rispondere a questa domanda che la rendeva cupa e impaziente.
Odiava quella sensazione di vuoto.
Odiava tutto ciò che era qualcosa di nuovo, mai provato prima. 
Infreddolita si infilò sotto le coperte, cercando nel sonno la tranquillità che tanto aspettava. 

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Capitolo 6
*** Probably everything is changed ***


I giorni seguenti la tensione dell'attesa andò ad affievolirsi ogni giorno di più. 
Sophie aveva praticamente vietato a se stessa di ricordare a Anne in continuazione della lettera, anzi, non ne parlavano praticamente mai.
La scuola rendeva Anne impegnata abbastanza da non avere nemmeno il tempo di pensare e passarono così settimane dall'invio della lettera senza nemmeno che Anne se ne accorgesse. 
Già... Anne si era completamente dimenticata della lettera e quando se la vide sulla scrivania in camera sua provò una marea di emozioni che le parole che userò renderanno poco l'idea: sorpresa, il cuore che a mille le urlava nelle orecchie ad ogni battito, impazienza di leggere ogni singola parole più di una volta ( sicuramente a prima lettura ci avrebbe capito ben poco ), immensa curiosità, poi però si fecero strada tra tutte la paura e la tensione. 
Decise di aprirla con calma.
Lesse l'indirizzo del mittente e il suo indirizzo di casa insieme al suo nome: erano stati entrambi scritti a mano.
Ne analizzò la scrittura: Harry non aveva deciso di scrivere quella lettera al computer e ciò in qualche strano modo rendeva Anne felice. 
Aveva una scrittura imprecisa che faceva strani ghirigori e riccioli sulle ' l '  e sulle ' f ', ma appena lo sguardo di Anne si posò sulla sua firma... il cuore ancora a mille.
La trovava stranamente adorabile. 
Arrossita di colpo davanti a quella firma così personale, ma così bella e originale ( a differenza della sua che era odiabile ); si fece coraggio e aprì la busta dal francobollo inglese. 
 
" Dear Anne... " 
 
Naturalmente non sto a scrivervi tutta la lettera che le ha scritto. Mi limiterò a tradurvela... scusate.
 
"... finalmente ho qualcuno con cui parlare. Adesso ho te... "
 
E a queste parole Anne non potè che arrossire.
Le spuntò un enorme sorriso da ebete, gli occhi le luccicavano di una strana luce e le guance rosse ardevano. Quel ragazzo la stava rendendo in uno strano modo felice, felice come mai si era sentita.
 
" Che dire di me... sai il mio nome, sai dove vivo e descrivermi fisicamente mi sembra veramente imbarazzante, perché molto probabilmente non sarei fedele alla realtà.
Saprai sicuramente anche che sono considerato da tutti uno dei migliori elementi della scuola... esatto, sono uno di quelli che chiameresti secchioni, ma, devo deluderti: qui a scuola sono il re delle feste. Conosciuto da tutti non per la mia media scolastica alta, ma per i cuori che spezzo e per le innumerevoli ragazze che ho fatto innamorare di me. " 
 
Insomma... il tipo se la stava tirando poco. 
Ma questo non riuscì a cancellare dal viso di Anne quel suo sorriso a 32 denti.
 
" Oltre quello che la gente vede, sono un ragazzo solare e scherzoso, un romanticone quando voglio.
Amo veramente tanto leggere, soprattutto libri di avventura, quelli in cui ti ci perdi dentro, dai quali non vorresti mai uscire, quei libri che ti fanno sentire un altra persona per tutto il tempo in cui li leggi. E... il mio debole? La musica... ho sempre sognato di diventare una di quelle persone che campano cantando ed è ciò che voglio dalla mia vita. 
Beh... sono felicissimo di poter parlare con te tramite queste lettere: non capita tutti i giorni di fare nuove conoscenze così interessanti. 
Aspetterò la tua risposta... a presto.
    
                                                                                                                                                                                                                                         - Harry Styles "
 
Le guance non le smettevano di fumare, quel sorriso non smetteva di risplendere.
La rilesse una decina di volte e ognuna di esse, come se fosse la prima volta che i suoi occhi si posavano su quella scrittura, su quelle parole, Anne rideva alle stesse parole e il suo cuore cominciava a galoppare a quel "... Adesso ho te... " .
Sensazioni strane, mai provate prima. Emozioni che la facevano sentire leggera come una foglia, pronta a spiccare il volo a momenti. 
Oppure era semplicemente la stanchezza. Gli occhi all'improvviso iniziarono a pensare tonnellate.
Involontariamente, senza pensarci, Anne diede un bacio alla lettera di Harry, la nascose fra le pagine del libro di storia nello zaino e si infilò nel letto.
" Non avrei mai pensato di provare queste emozioni. Anne, ma che ti sta prendendo?? "  e con quella strana consapevolezza che qualcosa dentro di lei era cambiato si addormentò, ancora con quel sorriso sulle labbra.

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Capitolo 7
*** Tears ***


" Eccoti... allora non mi sono immaginata tutto. Era tutto vero: quelle parole, quei sentimenti... tutto reale. "
Era stata una nottata piena di sogni... sogni che avevano lasciato un retrogusto dolce. 
Appena si era svegliata il suo pensiero andò subito a lui, gli aveva mandato il buongiorno, nonostante sapesse che quel suo pensiero non gli sarebbe mai arrivato, e quel buongiorno fu la prima parola che la bocca di Anne pronunciò, quella mattina. 
All'improvviso si era preoccupata se tutto ciò che aveva provato, se quelle parole che avevano scaturito in lei un mare di fuochi d'artificio fossero state reali e non frutto della sua fervida immaginazione.
Era corsa a vedere se la lettera era ancora nascosta fra le pagine del libro di storia, se quelle parole erano ancora su quel foglio di carta, se tutta quella miriade di lettere e punteggiature avessero ancora gli stessi riccioli e ghirigori che aveva trovato adorabili.
Era tutto esattamente come l'aveva lasciato la sera prima, tutto era dove doveva essere e ora anche quell'Harry a cui Anne non era riuscita a dare un ruolo nella sua vita aveva trovato posto nel suo cuore: si era guadagnato un posto fra le persone speciali con poche parole, con quella sola lettera.
 
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I mesi seguenti furono pieni per Anne: la scuola, la madre che l'aveva iscritta ad un corso di piscina che la faceva arrivare a fine giornata super assonnata e stanca, Sophie che aveva trovato uno strano ragazzo per il quale si era presa una gran bella cotta e poi... beh, poi naturalmente c'era Harry.
Lo scambiarsi lettere divenne pian piano qualcosa di sempre più frequente: l'attesa di una risposta divenne sempre più breve.
Arrivarono a scambiarsi lettere anche più delle normali 2 volte al mese, posta prioritaria permettendo.
Si raccontavano ciò che accadeva loro durante la giornata, ciò che avevano provato, novità inattese e cose di tutti i giorni.
Il loro, ogni lettera letta, divenne uno di quei rapporti che non ti aspetti mai di avere a quell'età: un rapporto di fedeltà e amicizia assoluta, separata da qualcosa di insulso come la distanza, che pian piano però iniziava a farsi sentire.
Già... per Anne la distanza stava diventando qualcosa di più importante di quanto mai avesse voluto: pensava che fino a quando non lo avesse detto ad Harry avrebbe potuto essere solo un problema suo, un problema che avrebbe superato non parlandone mai con nessuno, nemmeno con se stessa.
Ma poi arrivò la lettera di Harry: quella lettera le aveva spezzato il cuore in mille pezzi, aveva riempito i suoi occhi di lacrime, per la prima volta.
Per la prima volta, grazie alle parole di Harry, aveva capito quanto la lontanza le pesasse veramente, quanto avesse pian piano smesso di usare così tante parole per descrivere ciò che provava, semplicemente perché avrebbe voluto che il suo sguardo parlasse per lei.
Quella lettera le aveva fatto capire quanto avesse bisogno di una persona come Harry al suo fianco, quanto da tempo la stesse cercando e quanto, adesso, fosse importante averla trovata.
 
" ... sorry, but i can't. The distance is the problem. There isn't a day that i don't think of you, what you do, if you are thinking of me... The reality is that i feel something for you, but i don't know what it is beacuse i haven't you here.
I'm sorry... it's me. You're special for me, really important, but the problem is me. I can't bear the distance. Sorry... "
 
E a quelle parole Anne desiderò con tutto il cuore di poter prendere il primo mezzo di trasporto che le fosse capitato a tiro, anche una bicicletta o un triciclo, e di poterlo raggiungere.
Desiderava con ogni parte del suo corpo poterlo abbracciare, poter fargli vedere quanto quelle parola la rendessero felice ma la uccidessero allo stesso tempo, avrebbe voluto guardarlo nei suoi occhi...
Avrebbe voluto essere con lui. 
Prese velocemente un foglio bianco e lasciò che quell'oceano di parole che da mesi non aveva voluto scrivergli uscissero da quella penna. Forse per la prima volta nella sua vita aveva aperto completamente il suo cuore a qualcuno, senza paura di venir ferita, e forse per la prima volta nella sua vita stava lasciando che quelle emozioni la facessero piangere.
Le lacrime bagnavano la lettera, offuscavano la vista di Anne, ma non le importava: avrebbe dovuto dirgli tutto da quando la lontananza si stava facendo sentire, ma adesso, nonostante si fosse tenuta tutto dentro per tanto tempo, era il momento di esplodere, di dire tutto.
Quella marea di parole, confuse, piene di ripetizioni, rendevano perfettamente quanto fosse grande la confusione nella sua mente e nel suo cuore. 
Parole offuscate e sbiadite dalle lacrime, quelle parole che concludevano tutto, che rischiavano di ferirla più di qualunque lama, quelle parole che non erano altro che puro sentimento...
 
" I Think that i love you like i've never loved anybody... this is what helps us to go on. We'll find a way to stay together, i promise. " 
 
E poi firmò... senza scrivere il solito " aspetterò una tua risposta ": era sicura le avrebbe risposto subito, come lei avrebbe fatto.
Ancora con le lacrime agli occhi si infilò gli auricolari del suo mp3 e si isolò completamente dal mondo. 
La confusione di quelle note non le davano il tempo di pensare, erano sottofondo ad una cascata di lacrime.

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Capitolo 8
*** We can't go back ***


" Ma quanto cavolo ho dormito? "
Erano le sette del mattino e Anne ricordava con assoluta certezza di essersi addormentata appena finito di fare i compiti, il pomeriggio prima. 
La stanchezza dopo quel lungo pianto evidentemente l'aveva stordita talmente tanto che quelle ore di sonno erano diventate più che necessarie per riprendersi da quello stordimento.
Ma appena Anne provò ad alzarsi, capogiri e nausea la investirono, rendendole impossibile alzarsi dal letto per andare in bagno. 
A quel punto chiamò la madre che come una perfetta infermierina le misurò la febbre.
« Eh no... Mi dispiace Anne, ma io non ti mando a scuola con 38 di febbre. Oggi stai a casa »
" Accidenti, ci mancava solo la febbre " 
Prima di andare a lavoro, sua madre le suggerì di rimanere a letto il più tempo possibile perché i capogiri e la nausea erano solo sintomi dell'alzamento di temperatura. 
Anche se avesse voluto non avrebbe comunque potuto muoversi di lì senza cadere o vomitare, perciò a Anne non rimase altra scelta se non quella di rimanere a letto in quella stanza completamente al buio. 
Il mal di testa la stordiva e grazie al cielo riuscì a dormire per tutto il tempo, fino al ritorno dei suoi genitori per l'ora di pranzo.
 
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[ CAVOLO ANNE, MA CHE FINE HAI FATTO?? DOVEVAMO ANDARE AD IMBUCARE LE NOSTRE LETTERE POI MI DOVEVI RACCONTARE COME STA ANDANDO CON STYLES! RISPONDI.. UN BACIO]
 
Il messaggio di Sophie svegliò Anne da un sonno inquieto: il mal di testa le dava fastidio e la febbre le provocava sbalzi di temperatura pazzeschi.
 
[ SCUSA SOPHIE, MA STO POCO BENE. HO LA FEBBRE, LA NAUSEA E UN MAL DI TESTA PAZZESCO. POTRESTI PASSARE DA CASA MIA A PRENDERE ANCHE LA MIA DI LETTERA?? E' IMPORTANTE ]
 
Appena Anne si ricordò di ciò che stava succedendo con Harry i suoi occhi si riempirono di nuovo di lacrime.
Harry che le diceva quanto la distanza lo facesse soffrire, che sentiva qualcosa per lei, che lei era importante... poi quelle sue parole, quella sua promessa, quel confessare i propri sentimenti.
Le lacrime tornarono a farsi sentire: quel pianto, mai cessato, ma ancora vivo dentro di lei, fu un mix di tristezza e rabbia e ciò non fece che peggiorare il mal di testa.
 
[ OK... SE E' IMPORTANTE, PASSO. LASCIA CHE ME LA DIA TUA MADRE PERO', NON VORREI AMMALARMI ANCHE IO. ;P CERCA DI RIPRENDERTI... UN BACIO]
 
Fece appena in tempo a leggere l'ultimo messaggio di Sophie che la stanchezza la stordì di nuovo e la costrinse ad addormentarsi. 
 
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I cinque giorni peggiori della sua vita: la febbre e il mal di testa non la lasciarono in pace nemmeno mentre dormiva e quelle poche ore che passava sveglia, Anne non faceva che pensare ad Harry, a quella lettera, a come tutto sarebbe cambiato appena avesse letto dei suoi sentimenti. 
" Ed è proprio vero che far sapere a qualcuno dei tuoi sentimenti porta al pentimento... "
La sua migliore amica, Sophie, quel pentimento lo stava provando proprio in quei giorni in cui la sua amica non poteva starle vicina: quel ragazzo per cui si era presa una cotta l'aveva fatta sentire speciale, veramente voluta, fino a quando, come un coniglio, appena saputo di quanto le cose si stessero facendo serie per Sophie, aveva smesso di farsi sentire, di farsi vedere e aveva lasciato la ragazza con il cuore spezzato. 
Di conseguenza a questo esempio ( che più in orario di così non poteva essere ) Anne aveva iniziato a farsi delle domande, su lei ad Harry.
" E se ora che le cose sono cambiate Harry decidesse di non scrivermi più? E se tutto peggiorasse? Se i sentimenti che proviamo peggiorino la situazione? Tutto diventerà più forzato, inizieremo a pesare a ciò che scriveremo nelle lettere per paura di ferire l'altro... le cose cambieranno. " 
Iniziava a farsi strada fra quelle domande, la consapevolezza che i sentimenti avessero cambiato tutto per sempre. 
Era diventato impossibile tornare indietro... 

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Capitolo 9
*** Yeah, she's her best friend ***


" Finalmente si torna a scuola... non ne potevo più di stare a deprimermi sotto quelle coperte e quella marea di fazzoletti "
Strano, ma vero, Anne aveva veramente voglia di uscire, di stare a scuola, fra la gente, di sentire le parole della gente e non solo quelle che nei suoi pensieri non facevano altro che interrompere il silenzio.
Aveva bisogno di staccare la spina: fra lei e i suoi pensieri solo un muro spesso di indifferenza. 
Non avrebbe più voluto starci male o preoccuparsi fino a quando non sarebbe arrivata la risposta di Harry, se fosse mai arrivata. 
Non avrebbe dato peso al tempo che sarebbe trascorso, non avrebbe contato i secondi, i minuti, le ore, i giorni, le settimane che sarebbero passate prima di avere fra le mani la lettera di Harry.
Avrebbe aspettato, sì, ma avrebbe anche passato ogni giorno con il sorriso sulle labbra, come faceva prima.
 
" Adorate cuffie alle orecchie e addio mondo... "
Era la frase che dava ufficialmente inizio alla sua giornata: per tutto il tragitto da scuola a casa, appena il tempo di ascoltare una canzone da 4 minuti e un'altra a metà, la testa di Anne era accupata da centinaia di parole, di note e l'immaginazione viaggiava, sognando improbabili video musicali nei quali lei era la protagonista assoluta.
Strano modo di cominciare la giornata, vi direte. In troppi, forse praticamente tutti, la mattina la cominciano camminando a stento in posizione retta e un po' più come zombie, ma questa è una delle poche cose che rendono Anne diversa dagli altri. 
La musica le dava vita, speranza, allegria e a volte le dava quelle emozioni che niente riusciva a farle provare... per lo meno fino a prima di aver conosciuto Harry.
Appena arrivata a scuola, si andò a piazzare vicino a Sophie che per festeggiare il suo ritorno le aveva praticamente regalato il posto vicino a lei con il consenso della coordinatrice ( Sophie aveva detto di aver veramente sudato per quel consenso, aveva dovuto giurare che avrebbe iniziato a studiare seriamente). 
« Abbiamo del tempo da recuperare » le aveva detto Sophie quella mattina, abbracciandola e dandole il bentornata.
Era mancata troppo tempo: anche se erano solo 5 insulsi giorni, Anne sentiva di aver perso secoli e ora doveva rimediare. 
Il pomeriggio dopo scuola lo passò a casa di Sophie: schifezze, tv, computer e tante tante chiacchiere. 
Parlarono di scuola, poi passarono a ciò che avrebbero fatto durante le vacanze di natale, poi passarono all'argomento più delicato: ragazzi.
« Su... come va con Styles? E' da parecchio che non mi dici niente, anzi, credo tu non mi abbia mai raccontato come stanno andando veramente le cose. Ti sei sempre limitata a rispondermi " Va tutto bene... parliamo di scuola, tempo libero, solita noia... " e fino ad ora mi è bastato, ma sono passati quasi tre mesi e non credo voi abbiate parlato solo di questo »
Era impossibile nasconderle qualcosa: nonostante cercasse di non farle capire niente, lei riusciva a capire sempre, solo guardando come si comportava, se c'era qualcosa che non andava.
« Ok... hai centrato alla grande il punto. Non ti si può nascondere niente! Beh... le cose sono parecchio cambiate, forse troppo questa volta. Sophie, te lo giuro, non ho mai provato dei sentimenti così per nessun ragazzo, per nessuno. E ora che da entrambe le parti si sta iniziando a sentire il peso della distanza, beh... entrambi stiamo iniziando a provare qualcosa. All'inizio pensavo di essere solo io quella che non vedeva l'ora di leggere quello che scriveva l'altro, quella che contava le ore, i giorni, le settimane che passavano prima di ricevere un'altra lettera... e fino a quando ero solo io, la distanza, i miei sentimenti, erano qualcosa che non aveva importanza, che potevo benissimo nascondere per sempre. Ma il fatto è che... c'è qualcosa adesso. Qualcosa di speciale che ha reso tutto diverso. Non si può più tornare indietro; è come se mi sentissi frenata. La lontananza è troppa, non ho mai incontrato Harry di persona, ho solo lasciato che le parole che diceva fossero indiscutibilmente vere...»
« Frena, Anne, frena. Ma che cavolo stai dicendo? Non pensare all'amore come qualcosa per cui bisogna vergognarsi, come se fosse qualcosa che una volta che viene allo scoperto inizia a complicare le cose! NO! L'amore che tu e Harry provate, perché è AMORE non QUALCOSA, ha solo migliorato le cose. Sarete felici insieme, anche se non ora. L'amore che provate vi renderà più forti, lotterete per quello che provate e la lontananza non conterà. La lontananza vi aiuterà solo a rendere il vostro rapporto speciale e saldo, perché, pensaci, se avessi Harry dietro l'angolo magari non lo avresti nemmeno mai considerato. Amica mia, abbi fiducia nei sentimenti veri come l'amore che state provando e vedrai che troverete il modo per stare insieme »
Argomento troppo delicato. 
Le parole di Sophie erano pura e semplice verità e quella verità colpì Anne con tanta violenza che le lacrime aveva iniziato a bagnarle il viso ancora prima che se ne rendesse conto.
Si vergognava di farsi vedere in quelle condizioni dalla sua amica: avrebbe voluto essere l'unica fra le due ad essere la spalla su cui piangere nel momento del bisogno, quella che ti rassicura, quella sicura e che non si faceva condizionare dalle emozioni... voleva essere ciò che non era. 
Poi braccia calde e rassicuranti l'avvolsero. 
Quello era l'abbraccio della sua migliore amica, il miglior abbraccio dalla migliore.
« Tutto andrà bene... te lo prometto »
Per la prima volta nella sua vita credette in quella promessa: anche Anne ne era convinta.
" Sistemeremo tutto, Harry. "

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Capitolo 10
*** News ***


"... we have something to fight now. What i feel is real, Anne, is something strong, special, remeber that. Everything will be ok... i promise. " 
Aveva riletto quella frase almeno una decina di volte.
Era strano per lei trovarci della speranza ad ogni lettura. 
Era questo che trapelava da quelle parole: speranza... e sentimento vero. 
Quel sorriso da ebete follemente innamorata ora aveva deciso di non lasciare il suo viso per nessun motivo al mondo.
La notte Anne sognava il loro primo incontro: niente più pianti, ma sorrisi, risate e tanta nuova speranza ad ogni nuova lettera. 
Quell'amore che provavano li stava aiutando ad aver fiducia e a sognare, perché finalmente potevano farlo senza aver paura di essere delusi: nessuno dei due voleva questo per l'altro o per se stesso. 
Quell'amore crebbe insieme a loro e, come il loro rapporto, divenne sempre più forte: ora li rendeva felici, non più timorosi del futuro.
Le lettere si facevano lunghe, piene di parole sdolcinate, di racconti di giornate passate a pensare all'altro, di filmoni mentali su ciò che avrebbero potuto fare insieme, di viaggi: già, a Anne sarebbe tanto piaciuto andare a Londra.
Ora che Harry aveva qualcosa per cui combattere, la musica diventò più che una passione: era attraverso la musica che esprimeva tutto ciò che provava, con l'unico rimpianto di non poter far sentire ad Anne come cantava del loro amore, ma sempre accompagnato dalla speranza di poterle cantare ciò che provava, un giorno. 
I mesi passarono, le vacanze di Natale, con particolare velocità, avevano lasciato tanta voglia di tornare a non fare niente e anche quelle di Pasqua arrivarono, per la gioia di Anne e Sophie che quelle vacanze le passarono insieme: i genitori di Sophie dovevano andare in Francia per un viaggio di lavoro (viaggiavano spesso all'estero), avevano lasciato Sophie, come ogni volta che partivano, a casa di Anne. 
Risate, chiacchiere fino a tardi, film strappalacrime ogni sera e tanto tanto shopping. 
In un lampo arrivò Maggio e tante, tante novità.
 
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A settembre Harry avrebbe partecipato ai provini per un programma televisivo chiamato " Xtra Factor ": uno di quei talent show dove la gente che ha l'amore per la musica riesce a riporre in essa ogni sua aspettativa per il futuro, uno di quei programmi dove ogni concorrente il premio finale e la gloria se la deve veramente sudare.
Anne era assolutamente entusiasta e fiera di Harry: ce l'avrebbe fatta, ne era sicura.
Quando, in quella lettera lunga chilometri e piena di parole confuse e di tanta felicità, Harry diede una delle notizie più belle che potesse mai ricevere, Anne sentì per la prima volta quel sentimento che si chiama orgoglio.
Era orgogliosa di Harry, nonostante la sua entrata nella casa di quel programma significava non sentirlo più per settimane. 
Nonostante questo, dopo il loro saluto, non ci fu giorno in cui Anne non sperasse che una sua nuova lettera arrivasse il più tardi possibile, almeno fino a quando non sarebbe tornato vittorioso a casa. 
 
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Nonostante Anne non avesse visto nemmeno mezza puntata ( non aveva la tv satellitare e, anche se ce l'avesse avuta, si era promessa di voler vedere Harry per la prima volta di persona), aveva contato comunque le settimane e ne erano passate più di dieci. 
All'undicesima settimana arrivò la lettera di Harry. 
Quella lettera era il riassunto di tutto ciò che era successo ad Harry in quelle dieci settimane: durante alcuni provini per l'assegnazione della squadra e del giudice a cui questa sarebbe stata assegnata, Harry era stato scartato proprio all'ultimo.
Aveva pianto, non voleva tornare a casa e continuare a pensare che non ce l'aveva fatta. Quella era l'occasione della sua vita... ma non fu la fine.
I giudici, infatti, avevano deciso che il suo posto non era da solo su un palco, come solista, ma come membro di una boy band. 
Zayn, Liam, Niall e Louis erano diventati i suoi migliori amici da quando Simon, il giudice, li aveva riuniti a formare un gruppo e cantare con loro era la cosa che Harry aveva sempre sognato di fare perché era con loro che la musica e il canto diventavano divertimento e passione. 
Le settimane dentro la casa erano state piene di prove, ma erano riusciti ad arrivare in finale. 
Un passo dalla vittoria, il loro sogno comune era di vincere quel contratto e di continuare, insieme, a fare ciò che adesso amavano di più: fare la loro musica insieme.
Ma purtroppo arrivarono solo terzi. 
Non era finita, però, non poteva finire: Simon, infatti, qualche giorno dopo la loro uscita da Xtra Factor, aveva chiesto loro di firmare comunque un contratto discografico, mettendoli bene al corrente che se non fosse andata bene non avrebbero più avuto possibilità di diventare famosi.
Ovviamente, senza pensarci un secondo di più, avevano accettato e insieme erano diventati i " One Direction ". 
" Cavolo se sono orgogliosa di te, Harry " 
Le lacrime che rigavano il viso di Anne erano lacrime di nostalgia, sì, ma anche di orgoglio e di felicità.
Aveva sentito, leggendo le parole di Harry, quanto aver trovato quei ragazzi gli avesse dato finalmente un posto nel mondo. 
Con loro si sentiva in famiglia, con loro faceva la cosa che più amava al mondo ed era grata ad ognuno di quei quattro ragazzi. 
In particolare, Anne, nei mesi a seguire, era diventata molto amica di Zayn. 
Si telefonavano spesso: con lui riusciva a stare al telefono ore, senza stancarsi mai, nemmeno dei silenzi che a volte si creavano. 
Quell'amicizia era la cosa più salda e pura che avesse mai potuto avere con un ragazzo che viveva a chilometri di distanza e nonostante Sophie ne fosse gelosa ( pensava che le stesse rubando l'amica, Anne lo sapeva, la conosceva troppo bene) ogni sera si telefonavano e attaccati a quella cornetta, la maggior parte delle volte all'insaputa di Harry, Anne e Zayn cantavano, chiacchieravano... oppure stavano semplicemente in silenzio.
Gli voleva bene come ad un fratello e lui le voleva bene come ad una sorella. 
Sapevano di poter contare l'uno sull'altra sempre e comunque e presto anche Zayn trovò il suo posto fra le persone speciali a cui Anne aveva riservato un posto nel suo cuore. 

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Capitolo 11
*** The secret ***


Niente debiti a fine anno e una media più che sufficiente, traguardi importanti per Anne che quei voti se li era sudati fino all'ultimo giorno di scuola: già, perché la professoressa di algebra non le aveva fatto recuperare la materia con un interrogazione e aveva deciso di rimandarla a settembre. 
Ma niente da fare, Anne doveva assolutamente fare tutto il possibile per non avere nemmeno un'insufficienza: si rimboccò le maniche e l'ultimo giorno di scuola, mentre il resto della sua classe era nel giardino davanti alla scuola a giocare a pallavolo con i professori e il resto della scuola, lei era in classe con la professoressa di algebra a rimediare alla sua insufficienza con un interrogazione che le salvò l'estate e il suo nuovo progetto.
Ah.. già! IL PROGETTO! 
In cambio della promozione e dell'assenza di debiti, Anne aveva chiesto una sola cosa ai suoi genitori.
Sarebbe stata disposta anche a stare a casa per tutti gli altri due mesi e mezzo di vacanze estive, ma quelle due settimane erano importanti per lei.
Aveva messo da parte quei soldi da quando aveva conosciuto Harry, era riuscita a trovare, con l'aiuto di Sophie e di sua madre, un albergo dove stare e con suo padre aveva progettato e prenotato il biglietto per l'aereo: finalmente avrebbe incontrato Harry.
Elettrizzata, era come se quel " si " dei suoi genitori avesse dato un nuovo risvolto alla sua vita: una vita piena di felicità, dove Harry aveva un volto e una voce finalmente. 
Non riusciva a non pensare ad altro: finalmente niente più studio o ansia per la scuola, finalmente aveva tutto il tempo per pensare ad Harry. 
Però avrebbe dovuto ancora aspettare parecchio: una stanza d'albergo prenotata per fine stagione costava molto meno di una prenotata a metà luglio, ma aveva aspettato tanto, cos'erano due mesi in più?
 
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« Zayn, you know that i can't keep somethig secret to the people that i love. This time is too difficult, because is Harrry the person to whom i can't say that i will come to HIS house. IT'S DIFFICULT! » strillò Anne alla cornetta argento del telefono di casa in un inglese sicuramente scorretto.
« Be calm, Anne. I've just solved the question: He won't know about your arrival until the day that you'll be in London, ok? Ops, sorry. I gotta go... we're on a irish radio now and we are going to be on air... Talk to you soon. Bye » e come se gli avessero strappato il telefono dalle mani, Zayn riattaccò, lasciando Anne disperata dall'altra parte del telefono.
Mancava finalmente qualche giorno: era da giugno che Anne faceva il conto alla rovescia e per tutto il tempo aveva lasciato nascosto ad Harry che lei sarebbe andata a trovarlo. 
Fino a quando mancavano mesi tenerglielo nascosto non era stato per niente difficile, anzi, era facile parlare d'altro perché era qualcosa di lontano, ma ora che era prossima a partire iniziava a pentirsi di non aver avvisato il diretto interessato. 
- Si sarebbe preoccupato sicuramente del mezzo di trasporto e dell'alloggio che avresti preso e con le sue manie da perfetto fidanzatino sarebbe stato disposto anche a farti venire a prendere in elicottero - le aveva detto Zayn per convincerla del tutto a continuare a mantenere la cosa segreta e, in fondo, non aveva torto, anzi. 
Rassegnata andò a controllare il cellulare che, completamente solo, l'aspettava sul suo letto. 
 
[ ANNE, TI HO FATTO 100 SQUILLI! DOVE CAVOLO SEI? ]
 
" Oddio! Dovevo andare in piscina con Sophie, è vero! Sicuramente sarà rimasta da sola e avrà lasciato che gli altri non perdessero il pullman " 
 
[ DIMMI CHE SEI ANCORA ALLA FERMATA E CHE NON TE NE SEI ANDATA CON GLI ALTRI CON L'AUTOBUS! TI RAGGIUNGO SUBITO! VOLO! ]
 
Volando, si precipitò a prendere la borsa con tutti gli asciugamani che aveva già preparato, prese il suo cappello di paglia con il fiocco arancione, si mise le sue infradito arancioni e si fiondò fuori di casa, pronta a correre fino alla fermata dell'autobus. 
 
[ MA CERTO CHE TI HO ASPETTATA, SCEMA! IO NON VADO DA NESSUNA PARTE SENZA DI TE. GLI ALTRI SONO ANDATI, SBRIGATI ]

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Capitolo 12
*** The departure ***


Il giorno della partenza era finalmente arrivato.
Quella notte Anne non aveva chiuso praticamente occhio: era riuscita a mala pena a fare due ore di sonno inquieto.
Si sarebbe addormentata sicuramente appena l'aereo fosse decollato: meglio così, avrebbe evitato discrorsi strani con tipi strani conosciuti su un aereo.
« Mamma mia, Anne, che fine ha fatto quel fiore della mia amica? Quelle poche ore di sonno ti hanno trasformata in uno zombie orribile »
Anne, con l'aria trasandata e super stanca, rispose con un verso mostruoso che fece rimanere sua madre di sasso. 
" Non l'avrebbero svegliata nemmeno le cannonate, a lei " pensò di risposta Anne, appena si ricordò di quanto la sua amica avesse dormito particolarmente bene quella notte.
Appena aveva toccato cuscino aveva iniziato a ronfare come un orso in letargo.
Solo una volta si era svegliata: aveva leggeremente aperto gli occhi, si era girata verso di lei, aveva notato che Anne era ancora sveglia a fissare il soffito e facendo spallucce affondò con violenza sul suo doppio strato di cuscini e crollò di nuovo.
In ricordo a quella scena le scappò un leggero sorriso. 
Mangiò a mala pena quei pochi cereali che era riuscita a versare nella sua tazza e dopo aver bevuto la sua spremuta d'arancia si andò a mettere sotto la doccia. 
Quella doccia l'aiuto a svegliarsi un po', ma il calduccio dei suoi vestiti appena stirati la rilassò a tal punto che non vedeva l'ora di potersi finalmente sedere al suo posto, su quell'aereo, e poter lasciare che la mascherina che Sophie le aveva regalato le chiudesse gli occhi. 
« Su, tesoro, muoviti! L'aereo non aspetta noi per decollare »
Odiava quando sua madre le metteva fretta, ma per questa volta, date le circostanze, le diede retta.
Finì di sistemarsi velocemente e scese giù di sotto con la sua valigia color fragola.
 
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L'aereoporto non era così grande come si aspettava. 
Era semplicemente un grosso edificio al lato di un enorme pista di atterraggio dove centinaia e migliaia di persone, ammassate come delle sardine, correvano qua e là con valige enormi.
E già... era arrivato il momento dei saluti. 
Di certo le sarebbe immensamente mancato parlare con la sua migliore amica: farle uno squillo di telefono, aspettare che la richiamasse e passare ore a parlare era diventata l'abitudine di cui non avrebbe mai potuto fare a meno. 
Le sarebbe mancato tutto di Sophie, ma in fondo erano solo due settimane e mezzo. Appena tornata a casa avrebbero rimediato raccontandosi tutto.
« Mi raccomando, piccola, responsabile e sicura di te, come sempre » suo padre l'abbracciò calorosamente, schioccandole un bacio pungente, a causa della barba, sulla guancia.
« Ciao, tesoro. Divertiti a casa Styles e, mi raccomando, sempre educata come ti abbiamo insegnato ad essere  »
" Ecco il saluto più difficile " 
Ancora prima che quel pensiero si sbiadisse nella mente di Anne, Sophie le si fiondò addosso in lacrime. 
Come poteva rimanere indifferente quando stava lasciando la sua migliore amica da sola per due settimane e mezzo?
« Saranno le due settimane e mezzo più lunghe della mia vita »
Lacrime, quel " Ti voglio bene " prima che l'abbraccio si spezzasse, poi la chiamata del suo volo. 
Il padre l'accompagnò all'imbarco, controllò che avesse portato tutto con lei.
« Sei cresciuta piccola mia, ti voglio bene  »
Fu l'ultima frase che sentì prima che il portellone si chiudesse. 
Quella voce era il suo definitvo arrivederci alla sua casa, all'Italia.
" Eccomi, Harry. Sto arrivando" 

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Capitolo 13
*** Room 22 ***


“ Ecco l’albergo. Wao. Una catapecchia. “  e, dopo aver pagato gentilmente il tassista che l’aveva accompagnata dall’aeroporto all’ albergo, insieme alla sua valigia color fragola, si diresse verso l’entrata e con altrettanta gentilezza forzata si presentò al caposala. 
Portava uno strano caschetto ramato biondo ( all’apparenza un parrucchino ), ma va beh.
Consegnandole le chiavi le augurò una buona permanenza in un inglese biascicato male per la dentatura storta e due odiosi incisivi sporgenti che, ciliegina sulla torta, rendevano quella parlata umida e un susseguirsi di cannonate di sputi. 
“ Qualche minuto in più a parlare con quel tipo e, giuro, avrei iniziato a farmi la doccia direttamente nella Hole dell’albergo “
Anne non faceva che pensare a quando poi, appena arrivata nella sua camera, si fosse finalmente gettata su un morbido letto e finalmente avrebbe lasciato che la stanchezza le facesse dimenticare le ore di viaggio passate in quella seconda classe infernale, che più che la sezione di un aereo sembrava la riunione di una compagnia circense ( e non mi riferisco alla confusione… mi riferisco anche alla puzza ).
“ Cosa?!?!?! Niente tipo che mi viene a prendere la valigia? Ok, che costava poco, ma mi sarei aspettata almeno un po’ di accoglienza. - Sarà esattamente come stare a casa – aveva detto mamma, ma non pensavo fosse esattamente come a casa, dove, per ogni cosa, devo sempre provvedere da sola…!! Va beh.. tanto vale muoversi e usare l’ascensore.”
Pessima idea.
Per tutto il tempo della salita al terzo piano l’ascensore non aveva fatto altro che sbuffare, ma almeno ci arrivò intera alla stanza.
In fondo al corridoio del terzo piano, a destra, stanza 22: un appartamento piccolo, ma accogliente, un salotto che faceva anche da camera da letto con un’enorme finestra che lasciava entrare in tutta la stanza le luci delle vie di Londra. 
Uno spettacolo che lasciò Anne senza fiato. 
Nessun’altra città le aveva mai fatto quell’effetto: si sentiva stranamente piccola, intimidita da tutto quel nuovo che le passava accanto lasciandole scorrere brividi dietro la schiena. 
Davanti a quel panorama era come se Anne si sentisse spaesata, ma a casa. 
Viaggiavano mille pensieri nella sua testa, sfrecciavano alla velocità della luce senza nemmeno lasciare una traccia: il primo arrivava, poi il secondo subito lasciava sbiadire il primo lentamente, il terzo prevaleva sui passati, offuscandoli velocemente, battendoli in una guerra ad armi impari e così fecero tutte le centinaia di ricordi ed emozioni successive.
Quella confusione la cullava in un sonno sempre più profondo.
Anne si mise il suo pigiama con gli orsacchiotti, diede un ultimo sguardo al panorama che ancora per la centesima volta le mozzò il fiato e si fiondò nel morbido e profumato letto matrimoniale.
“ Eccomi Londra. Eccomi Harry “ e con un sorriso stampato sul viso lasciò che la stanchezza vincesse e si addormentò con una felicità che mai aveva provato. 

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Capitolo 14
*** The heart beats like a wild horse ***


“ Perfetto. Ho solo un cavolo di indirizzo postale. E tipo non so nemmeno se per colpa dei paparazzi mi tocca coprirmi come se fuori ci fossero – 10 gradi… ODDIO, I PAPARAZZI. E se mi beccano? “
Nemmeno era uscita dalla doccia della sua stanza che nella mente di Anne crebbero le preoccupazioni più impensabili: all’inizio il suo problema principale era farsi carina per il primo incontro con Harry, poi però si ricordò di come lui fosse una star adesso, di cosa questo comportava e dei paparazzi.
E il problema non era solo essere carina per lui, ma anche non destare sospetti e soprattutto non farsi beccare dai paparazzi: sicuramente l’avrebbero creduta una fan completamente pazza che cercava di intrufolarsi in casa di Harry, una qualche fanatica.
Al solo pensiero di ciò che la stampa avrebbe potuto scrivere di lei su tutti i giornali inglesi, un brivido di preoccupazione e di pentimento le attraversò la schiena: sì, pentimento.
“ Forse non avrei dovuto fare tutta questa strada per incontrarlo. Avrei dovuto aspettare, che ne so, che venisse in Italia e che mi chiedesse di vederci. È vero che Zayn mi ha promesso di avergli detto tutto e di non avergli permesso nemmeno un attimo che si preoccupasse, ma cavolo adesso come faccio? “
Si preparò in fretta. Erano le dieci meno dieci ed era ancora in albergo. 
Avrebbe dovuto essere davanti casa Styles alle 10 e mezza. 
Non ce l’avrebbe mai fatta ad essere puntuale, come suo solito.
Si asciugò velocemente i capelli che quel giorno avevano deciso di uscire perfettamente mossi, si mise i vestiti che aveva da settimane deciso di indossare per quell'incontro e passò velocemente al trucco: un po' di correttore e fondotinta, una riga di matita sopra e sotto e tanto tanto mascara. 
Probabilmente gli occhi erano l'unica cosa che le piaceva di se stessa... e come se questo potesse già essere una cosa troppo straordinaria per una ragazza con così poca autostima, c'erano gli occhiali che ne celavano la bellezza e la delicatezza. Avrebbe voluto utilizzare delle lenti a contatto, almeno in quell'occasione, ma per un motivo o per un altro non aveva mai avuto il coraggio di comprarne e provarne un paio.
" O cacchio! Le dieci! " e in perfetto orario il clackson del taxi che, in strada, aspettava solo che scendesse. 
Si infilò il suo giacchetto grigio, chiavi della camera da ridare al caposala, telefonino e il suo piccolo e strambo portafoglio a forma di muso di maiale. 
Niente borsa. 
Non era nel suo stile e poi le stava scomodo portarne una.
Si diede un ultima occhiata allo specchio, un filo di lucidalabbra color pesca e volò fuori dalla stanza e giù per le scale con la velocità di un razzo. Diede le chiavi della stanza al caposala dicendo in fretta che probabilmente sarebbe tornata tardi quella sera e dopo averlo salutato corse con la stessa velocità fuori dall'hotel e si fiondò nel taxi.
" O cavolo! L'indirizzo dov'è adesso? Ero certa di avercelo in tasca " 
Il tassista impaziente aspettava che Anne gli desse l'indirizzo della destinazione, ma non riusciva veramente a trovare quel cavolo di biglietto.
« Eccolo! » urlò e porse il biglietto al tassista per paura che la sua pessima pronuncia potesse far arrabbiare ancora di più l'autista o, peggio, magari l'avrebbe anche portata nel posto sbagliato.
Il tassista ringraziò con un gesto del capo e partì con una velocità che non spaventò Anne, anzi, fu grata per la fretta dell'autista, almeno sarebbe arrivata meno in ritardo. 
Nonostante la velocità Anne riuscì ad ammirare comunque la maestosità e la bellezza dei viali periferici di Londra: c'erano vecchiette appartate davanti alle loro case che chiaccheravano, bambini che giocavano a pallone, una donna con una carrozzina color pesca e signori in giacca e cravatta che salivano al volo su autobus che a mala pena si fermavano per qualche secondo ad aspettare che la gente vi ci salisse.
Era una città che racchiudava tranquillità, ma allo stesso tempo era piena di vita frenetica e frizzante. 
Era la città più bella che Anne avesse mai visto, se ne innamorò perdutamente.
" Oddio... eccola. " e si ritrovò davanti la casa più elegante e imponente che avesse mai visto. 
Anne fece bruscamente segno al tassista di fermarsi ancora qualche centinaio di metri da quella casa: il tassista obbedì frenando bruscamente e dopo aver riscosso dalla ragazza la sua somma, con tanto di mancia, Anne scese dal taxi giallo e il cuore le iniziò a battere all'impazzata. 
Era come se quel momento fosse stato atteso con tanta felicità che appena arrivò, Anne si sentì spaesata... impaurita.
" Sono davvero a pochi metri da casa sua... Cuore, ti prego, smetti di galoppare " 
Un rumore improvviso fece arrestare il battere frenetico del suo cuore.
Un fruscio... qualcosa o qualcuno era dietro ad un cespuglio, vicino al cancello di quell' enorme casa. 

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Capitolo 15
*** The time escapes me ***


" Paparazzi.. avrei dovuto proprio immaginarmelo. Quali insulse persone senza un briciolo di scrupoli potevano essere nascoste dietro un cespuglio a spiare la vita privata di una famosa star? Chi se non i paparazzi. ODDIO! Cretina, e se ti beccano?? Nasconditi! " e ancor prima che quella piccola vocina dentro la sua testa le avesse comandato di andarsi a nascondere, un enorme mano color nocciola le tappò la bocca e un braccio muscoloso della stessa tonalità di carnagione le cinse i fianchi. Stretta in quella morsa d'acciaio, qualcuno, con estrema forza, la trascinò dietro il muretto che recintava casa Styles, verso un entrata secondaria, nascosta. 
Anne cominciò a divincolarsi con forza: cercava di liberarsi da quella stretta che a ogni suo movimento diventava più serrata, fino a diventare impossibile alcun movimento.
Allora, presa dall'istinto, cominciò ad urlare. 
<< Shhhhhh!!! ANNE, CAVOLO, MI STAI FACENDO MALE! >>
Quella voce... l'avrebbe riconosciuta tra mille. 
Dall'altra parte del telefono, era stata la sua perfetta consolatrice: quella voce era la sua ancora di salvezza quando aveva qualcosa che non andava e quando provava vergogna a raccontarla a qualcuno che avrebbe potuto giudicarla, Anne vi si rintanava. 
Spesso chiedeva a quella voce di cantarle qualche canzone, l'aiutava a prendere sonno.
Era stata e sarebbe stata per sempre quella voce di cui non avrebbe mai potuto fare a meno.
La voce di Zayn.
Era ancora immobile in quella stretta.
Ma all'improvviso, appena si realizzò nella sua testa il pensiero di aver finalmente a pochi centimetri la persona di cui sentiva da parecchio la mancanza e che aveva tanto sognato di incontrare, il suo corpo iniziò a tremare, i suoi occhi si gonfiarono di lacrime che con timore scendevano piano piano dalle sue guance finendo per bagnare la mano di Zayn che era ancora sulla sua bocca, non più serrata in una morsa, ma delicata.
Gli occhi che frenetici cercavano quelli color cioccolato dell'amico, le lacrime, che ogni secondo, si facevano più numerose, che meno timide e più sfacciate avevano chiamaremente intenzione di rovinarle il trucco, le labbra che tremolanti si aprivano in un sorriso misto ad una smorfia di assoluta tristezza e malinconia, le braccia che in quel tremare fecero uno scatto fulminio.
Cercò in quell'abbraccio di stringere a sè ogni parte del corpo di Zayn: aspettava da troppo tempo quel contatto, avrebbe voluto durasse in eterno. 
Le braccia di lui che la stringevano a sè in una stretta calda che le infondeva assoluta sicurezza.
Il viso affondò nella morbida e profumata camicia azzurra, le lacrime non la finivano di scendere e di conseguenza arrivarono i singhiozzi.
<< Ecco la mia piccola Anne. >> 
Quelle parole sussurate dolcemente fecero ricordare a Anne quante volte aveva sognato quel momento, quante volte aveva avuto bisogno solo di pensarlo per poter stare bene. 
<< Ti prego... ferma il tempo perché voglio che questo momento duri in eterno >> 
Quelle parole, quella sua capacità di capire al volo ciò che pensava, quel suo modo speciale di leggerle nel pensiero... 
Era Zayn... il suo Zayn. 

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Capitolo 16
*** Moments ***


Era tutto successo così in fretta che Anne non ebbe nemmeno il tempo di capire dove era finita. 
Retro di casa Styles, Zayn l'aveva praticamente fatta nascondere a destra dell'enorme porta-finestra che dava in cucina. 
« Allora... com'è andato il viaggio? »
Era tesa: Zayn lo aveva capito. 
Le braccia che all'improvviso avevano sciolto il loro abbraccio per finire, serrate, lungo i suoi fianchi. Mascella serrata e sguardo smarrito.
Aveva di colpo realizzato quanto il momento che aspettava da mesi stesse ormai arrivando e questo la spaventò a morte. 
Zayn aveva capito ciò che stava provando e come sempre stava cercando di sciogliere la tensione: se non avesse aperto bocca probabilmente Anne avrebbe iniziato da un momento all'altro a saltare su e giù per il giardino battendo pugni e strappandosi i capelli come una scimmia impazzita. 
« Eh?? Ah... il viaggio. Insomma. Una seconda classe da far invidia al portabagagli. Per l'albergo... bel posticino. C'è abbastanza tranquillità da dormire la notte e questo basta »
Non aveva di certo dato modo a Zayn di stare tranquillo con quelle parole, ma la preoccupazione per altro le aveva fatto perdere completamente il cervello.
« Beh... è arrivato il grande momento, eh? » chiese Zayn indicando la porta-finestra alla loro sinistra. 
Le aveva preso la mano, l'aveva guardata con sguardo fiducioso...
« Andrà tutto bene » le aveva sussurrato e qualche secondo dopo Zayn era già davanti alla porta-finestra. 
Con la mano libera aveva impugnato la maniglia e l'aveva aperta.
Era davvero ad un passo dal suo sogno: la persona che più le era mancata al mondo era a qualche metro da lei, forse in salotto o al piano superiore. 
Allora perché aveva tanta voglia di scappare? Di chiedere a Zayn di fermarsi, di dimenticarsi che lei era stata lì e di tornare all'albergo? 
Aveva paura. Ne aveva sempre avuta quando ad aspettarla, nell'imminente futuro, c'era il vuoto più totale. Ma doveva farcela: non avrebbe lasciato che quella sua stupida paura rovinasse tutto.
Aveva fatto chilometri per incontrarlo, aveva lottato per quell'incontro. Non poteva mollare. 
Quei pensieri la stavano distraendo.
Il suo sguardo analizzava ogni mobile della cucina e come sottofondo solo i suoi pensieri.
La mano di Zayn che all'improvviso stringeva sempre di più la sua, il suo sguardo, che distratto ed estraneo al resto del mondo, fissava le loro mani sempre più strette, poi...
" Eccolo "
E il mondo si fermò. 
Per secondi, forse qualche minuto, che però sembrarono secoli, il mondo si fermò.
 
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Due enormi occhi verdi... calamite micidiali che rendevano Anne una bambola.
Erano diventati per Anne l'unica ragione per cui la terra girava intorno al sole, l'unica ragione per cui c'era vita su quel pianeta. 
Può sembrare stupido, ma se ne innamorò a prima vista e in quello stato sarebbe stata in grado anche di dire che quegli occhi erano la perfezione o che fossero frutto della perfezione divina o cretinate del genere.
" Oddio, eccola. Che meraviglia "
Già... perché Anne non era l'unica ad essere incantata da qualcosa: anche Harry era da minuti ormai immobile a fissare i meravigliosi occhi color nocciola di Anne.
Improvvisamente Anne cominciò a tremare, i suoi occhi bruciavano e la vista si fece annebbiata: le lacrime cominciarono a scorrerle sul viso senza freno.
" Ma perché sto piangendo? "
Anne smarrita si asciugò le lacrime dal viso: non avrebbe voluto farsi vedere piangere, ma subito Harry le fu accanto e la strinse nell'abbraccio che da sempre Anne aspettava.
Le sue braccia che la circondavano, il cuore di Harry che batteva all'impazzata sotto il suo orecchio che appoggiato al suo petto lasciava che quel ritmo frenetico entrasse, le lacrime che incessanti ora cadevano sulle sue guance per poi finire sul maglione grigio di Harry.
« Non posso vederti piangere, muoio dentro, non lo capisci? » le sussurò.
" Sta piangendo... per me? " e d'istinto le dita di Anne andarono ad asciugare le lacrime di lui, che dolci ne bagnavano il viso delicato e morbido.
Quel suo sorriso perfetto e dolce, le fossette che comparirono dal nulla, la mano di Harry sulla sua, la pelle morbida e liscia, quel tocco, di due mani che da mesi si sono cercate ma mai incontrate, le loro dita che si intrecciavano alla perfezione come i pezzi di un puzzle si possono incastrare solo con altri pochi.
Il mondo si era fermato. Per interminabili minuti per entrambi non ci fu che l'altro in quella stanza. 
Ora Anne non tremava più: si sentiva al sicuro, amata.
E poi di nuovo l'incontro con quei due occhi verdi che le mozzavano il fiato.
Quello sguardo che da prima rattristato adesso la supplicava: la pregava di dirgli che non era un sogno, che lei era realmente fra le sue braccia, che la lontanza adesso non esisteva più, che quel momento sarebbe potuto durare per l'eternità se solo lo avessero voluto, che quel contatto non gli sarebbe più mancato per l'eternità.
« Non vado da nessuna parte, Harry. Sono qui... per te »
Parole, in fondo non erano che parole, ma per entrambi furono l'inizio di qualcosa di meraviglioso, del periodo più felice che avessero mai passato.
Avrebbero sfruttato ogni secondo di quelle due settimane; nessuno dei due voleva lasciarsi mai più e per la prima volta quel non lasciarsi mai era diventato quasi possibile.

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Capitolo 17
*** This is my home too ***


Ora, seduti sul divano del salotto, continuando a guardarsi negli occhi e a sorridersi dolcemente, il peso della lontananza era completamente sparito: in cambio, quel vuoto che aveva lasciato, avevano pensato a riempirlo la felicità di essersi finalmente trovati e la curiosità di sentire l'altro parlare, di scherzare insieme.
Ora che erano insieme non c'era più il bisogno di scrivere per raccontare qualcosa all'altro: dovevano solo aprire bocca e lasciare che le parole uscissero senza aspettare settimane per una risposta.
Quella marea di parole che uscivano dalla bocca di Harry incantavano Anne come i topolini di quella favola lo erano della melodia del loro pifferaio magico.
Entrambi stavano fissando le loro mani sul cuscino del divano che si avvicinavano piano pian piano fino a trasformare quei millimetri che le separavano in nulla: esse, ora incriociate, si erano di nuovo trovate ed entrambe, tremanti, erano come contente di essersi ritrovate, come fosse stata la prima volta.
« Anne, smettila di guardarmi così! Finisco per dimenticarmi parti di parole... mi deconcentri! »
" Oddio! Lo sto guardando male! Anne piantala di fissarlo con quello sguardo incantato e maledettamente innamorato, lo spaventi! "
Ma come poteva smettere se non riusciva nemmeno a comandare alle braccia di smettere di tremare? 
« Non pensare nemmeno per un secondo che non mi piaccia come mi guardi... »  e la distanza tra i loro volti si fece all'improvviso qualcosa di piccolissimo.
Le dita della mano destra di lui che le prendevano il mento avvicinando il viso di Anne al suo, le labbra ormai distanti poco più di qualche millimetro.
" Ma... che sta facendo? Non voglio baciarlo... cioè, certo che voglio baciarlo! Ma non ora! E' presto... "
La mente di Anne intanto cercava con tutte le sue forze di interagire con gli arti che non ne volevano sapere di rispondere ai suoi comandi: le braccia avrebbero dovuto alzarsi e scanzarlo, le gambe avrebbero dovuto alzare il busto, la testa avrebbe dovuto allontanarsi da quella stretta, ma niente.
Poi un bacio ad interrompere quella confusione totale che solo dentro Anne stava creando confusione e rumore.
Un bacio sulla guancia... già.
Non sulle labbra come Anne aveva ipotizzato: un dolce e leggero bacio sulla guancia bastò per far tacere quella confusione che sparì all'improvviso subito dopo che le labbra di Harry si staccarono dalla morbida pelle del viso di Anne.
Quel bacio delicato si portò via anche la tensione che affliggeva Anne e ridonò alla sua mente il controllo degli arti, del suo intero corpo che ora, non più intorpidito e immobile, era rilassato e cosciente di ogni movimento.
« Su! Raccontami del viaggio... com'è l'albergo dove alloggi? Ti sei trovata bene? » le chiese curioso e straordinariamente sorridente.
« Si... tranquillo. Il viaggio è andato alla grande, ho praticamente dormito tutto il tempo. Poi l'albergo dove sto è appartato, mi sono subito sentita come a casa » e corse nella mente di Anne il ricordo della gran fatica che aveva dovuto fare da sola per portare la valigia fino al terzo piano e della splendida camera. 
« Va beh... poi la camera dove sto è qualcosa di meraviglioso. Pensa che nella camera da letto c'è un' enorme finestra da dove si possono vedere i quartieri periferici di Londra: è qualcosa di spettacolare. Sai, sei veramente fortunato a vivere in un posto così splendido come Londra » e il suo pollice cominciò ad accarezzare quello dell'altro in uno strano modo che sarà potuto sembrare strano, anche stupido, ma che invece ai due sembrò dannatamente dolce. 
« HAROLD EDWARD STYLES, vuoi venire a dare una man... ma... ma... ANNE! »  e mollando le buste strapiene della spesa davanti alla porta di casa, Louis era corso come una saetta, a braccia aperte, pronto a fiondarsi su Anne e a stritolarla in uno dei suoi abbraccia saldi, ma che ti facevano capire subito quanto fosse felice di vederti e di abbracciarti. 
« Anche io sono felice di vederti Lou » disse Anne cercando di rispondere a quella sua stretta con la stessa intensità: era il loro modo di dimostrarsi quanto fossero felici di essersi trovati e Anne lo trovava adorabile.
« Ma che ci fate con tutte quelle bus... » questa volta a non concludere la frase fu Anne che subito si ritrovò tra le braccia di Liam.
Quella stretta salda quanto quella di Louis, ma molto più delicata e morbida, quella mano aperta ad accarezzarle la schiena: il tocco delle mani di Liam sulla pelle le aveva provocato dei brividi, che piacevoli le percorrevano il corpo. 
Cosa strana, ma a cui Anne non diede tanta importanza. 
Poi arrivò il turno di Niall.
L'irlandese non era nemmeno entrato in casa che già dal giardino aveva visto gli amici salutare qualcuno: mollò le buste stracolme ancora in giardino, per qualche secondo non diede retta al cibo ( cosa tanto unica quanto rara ) e correndo come un matto, ora abbracciava Anne ridendo come un matto e facendola girare alzandola per aria come se pesasse meno di una piuma. 
« Sapevo ti avrei trovata a casa al mio arrivo »
Anne, non tanto sorpresa, allora capiì che Zayn aveva informato tutti quanto Harry del suo arrivo.
Era contenta di vederli così felici della sua presenza: era come essere a casa, tra la famiglia composta da numerosi fratelli maggiori che aveva sempre desiderato avere.
« Beh... sono a casa » e stratta in un enorme abbraccio di gruppo capì che non era solo l'Italia la sua casa, con i suoi genitori e Sophie, ma anche fra quei cinque ragazzi.

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Capitolo 18
*** This is that one direction ***


Come la completa cretina Anne si era addormentata sul divano.
La sera prima avevano cucinato abbastanza da sfamare un intero esercito, nonostante fossero solo in sei. Avevano preso il primo film divertente che era capitato loro sotto mano dall’enorme porta cd, affianco alla televisione, si erano fiondati sui divani in salotto e avevano continuato la cena con pop corn, patatine e schifezze varie, la metà divorate da Niall aiutato da Harry.
Finito il film era calato per alcuni secondi un silenzio assoluto o per lo meno fu silenzio ciò che sentì Anne, che ingenuamente non si era per niente preoccupata di ciò che i ragazzi si stavano bisbigliando segretamente.
Il silenzio prima della tempesta di cuscini che soffocò lei ed Harry, ignari di quel complotto.
“ Vogliono la guerra “
Avevano iniziato a tartassarsi di cuscinate, divisi in due squadre: Harry, Anne e Zayn da una parte del salotto, dietro al divano color lampone, e Niall, Louis e Liam dall’altra nascosti dietro quello dai cuscini color pesca.
Harry colpiva con ferocia Louis che, accartocciato come un foglio di carta da buttare, fingeva di essersi fatto male al braccio per farlo smettere: naturalmente alle grida imploranti e agli occhi di Louis che improvvisamente si era fatti sofferenti Harry non seppe resistere e subito si bloccò fiondandosi sul finto braccio dolorante di Louis, lasciando che l’amico prendesse anche la sua arma per poi incassare quattro belle cuscinate in piena faccia.
«Niall se ti azzardi a guastarmi i capelli giuro che non farò più passare nemmeno una briciola da quella tua bocca, capito? »
Guai a chi gli tocca i capelli.
Zayn aveva bloccato Niall, sin dalla prima cuscinata, con minacce.
Ora seduti sul divano, non ancora fatto territorio di guerra, guardavano gli altri uccidersi a forza di cuscinate e spintoni: Zayn tifava per Harry e Niall per Louis.
In un altro angolo della casa, più appartato, quasi completamente coperti da piume c'erano Liam ed Anne.
Rossi come due peperoni e ricoperti da un fiume di piume, avevano definitivamente dato tregua alla loro lotta quando si resero conto di quanto fracasso e confusione stessero facendo e di come adesso il salotto di casa Styles sembrasse una stanza reduce dal passaggio di un uragano.
Forse era proprio questo che accomunava quei due: quel senso di responsabilità che nessuno aveva insegnato loro ad avere, ma che puntuale era come un campanello d'allarme che suonava appena si rendevano conto di stare per superare il limite.
«Louis, Harry, dateci un taglio. Ci siamo divertiti abbastanza: è tardi e guardate che confusione c'è in questa camera »
Ancora con il fiatone Liam aveva dato definitivamente un taglio al divertimento e con qualche sbuffo Louis smise di soffocare l'amico disarmato sotto i suoi cuscini e si andò a sedere di fianco a Niall che fiero di lui, per come aveva stravinto su Harry, aveva iniziato a massaggiargli le spalle, come il mentore fa con il proprio pugile.
«E ora chi mette a posto questo casino? »aveva chiesto Anne, ma nessuno seppe rispondere.
Avevano semplicemente iniziato ad alzarsi contro voglia e a dividersi i compiti con qualche occhiata e qualche verso stanco: Zayn si era munito di scopa, Louis lo aiutava con la paletta a raccogliere la marea di piume mescolate a patatine e resti di sacchetti ( un vero porcile ), Liam aveva preparato i sacchi della spazzatura svuotando la cucina di tutti i piatti, i bicchieri e le lattine di plastica e alluminio, Anne ad Harry pensarono a sistemare i poveri cuscini superstiti di quella lotta e i tre divani.
Non fecero altro che sorridersi e guardarsi tutto il tempo quei due: si poteva vedere da chilometri quanto fossero presi l'uno dall'altra.
«Beh... io me ne vado a letto »aveva annunciato Zayn che già sulle scale per il piano superiore stava salutando tutti.
«Mamma mia, Zayn, non sai dormire su un divano?? Si sta tutti insieme stanotte e tu fai l'asociale anche oggi che c'è Anne?»
" Come tutti insieme? Come anche oggi che c'è Anne? Io ovviamente devo tornare in albergo, il caposala sicuramente avrà parlato con mia madre dicendole che non sono ancora tornata. Questa volta sono veramente nei guai" e interrompendo i suoi pensieri aveva all'istante spiegato la situazione ai ragazzi, dicendo che non poteva assolutamente restare.
«Tu non vai da nessuno parte, bella. Chiamalo sequestro di persona, urla se vuoi, ma tu da qui non ti muovi. È tardi ormai »disse Louis in tono troppo serio.
Come potrete benissimo immaginare i ragazzi non volevano lasciarla tornare in albergo e la convinsero a telefonare ai suoi genitori, anche se quella chiamata sarebbe costata un occhio della testa.
«Mamma, giuro, sono con persone affidabili e poi qui a casa di Harry c'è sua madre e il suo patrigno che è un armadio. Non ci succederà niente. Domani, dopo colazione ti chiamo, promesso »
Stava mentendo.
Per la prima volta stava mentendo ai suoi genitori e subito dopo aver pronunciato quelle parole e aver sentito quanto sua madre si fosse tranquillizzata aveva cominciato a sentirsi veramente uno schifo.
«Hei... tutto bene? Mi dispiace veramente tanto per come ti hanno supplicata di restare, ma far cambiare loro idea è veramente qualcosa di impossibile: avremmo finito per litigare»
Harry alle sue spalle l'aveva avvolta in una morbida coperta e per qualche secondo era rimasto con le braccia attorno a lei stringendola in un abbraccio.
«Non ti preoccupare. In fondo è una cosa normalissima rimanere dagli amici a dormire; non è la prima volta che succede, ma il caposala che ha risposto a mia madre era più preoccupato di lei e per questo lei aveva iniziato a preoccuparsi ancora di più. Ha detto che molto probabilmente gli ho fatto perdere dieci anni di vita per lo spavento che gli ho fatto prendere! »
Risero.
La risata di Anne era fragorosa e acuta, quella di Harry dannatamente dolce e leggera.
Quel sorriso, di nuovo quelle fossette e quegli occhi verdi che brillavano... solo per lei, sperava.
Poi quella voglia matta di abbracciarlo, di nuovo, per poi non staccarsi mai più da lui.
Quella voglia matta di sentire ancora il suo profumo, di poter percorrere con le dita quelle fossette che tanto amava, come se con il tatto potesse poi imparare a memoria dove comparivano per non rimanerne sempre stupefatta.
Quella voglia matta di poter di nuovo toccare i suoi riccioli morbidi.
Quella voglia matta di poter di nuovo sentire il suo cuore battere all'impazzata sotto il suo orecchio appoggiato sul suo petto.
Poi tutte queste voglie matte trovarono il loro sfogo: ora avvolta dalle sue braccia poteva soddisfarle tutte nonostante Anne fosse sicura non sarebbe mai riuscita a sfamarle fino alla fine.
Avrebbe sempre avuto fame dei suoi abbracci, del suo profumo, del suo contatto… di lui.
«Niente più confusione... »aveva sussurrato lui, affondando il viso tra i capelli di Anne che quel giorno avevano il profumo della lavanda.
Anne sapeva cosa volevano dire quelle parole: finalmente tutta quell'incertezza, quel posto vuoto che era riservato a quell'Harry di cui non aveva mai sentito la voce apparteneva a quell'Harry dolce e premuroso, a quell'Harry che ora aveva dei riccioli, aveva un profumo, aveva una voce, a quell'Harry che le sapeva donare la felicità e che mai le avrebbe donato sofferenza, a quell'Harry che la teneva stretta in un abbraccio che durò per una notte intera.
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“ Stanno ancora tutti dormendo. Guardali, Anne, non sono adorabili? “ e pian piano realizzò quanto fossero carini mentre dormivano praticamente abbracciati a coppie.
Niall, sul divano dai cuscini color pesca, aveva dato parte della sua coperta a Louis che dormiva per terra, su un sacco a pelo completamente aperto.
Il braccio dalla carnagione chiara di Niall penzolava dal divano ed era finito sul viso di Louis che ogni tanto, ancora dormendo, lo scanzava nonostante questo tornasse sempre a coprirgli il viso (spesso le di dita di Niall gli erano finite nel naso).
Rise. In silenzio, ma rise.
Dall’altra parte del salotto, dentro un enorme sacco a pelo color rosso sangue dormivano abbracciati Liam ed Harry, incappucciato da un tenero cappello a forma di orsacchiotto munito persino di orecchie pelose e morbide.
“ Guardalo come dorme. È semplicemente bellissimo. Un attimo! Zayn? Giusto… ha dormito di sopra da solo. Allora forse sarà meglio che approfitti del fatto che tutti dormono per sistemarmi un po’ in bagno. Avrò un aspetto pessimo. “
Salendo le scale si rese veramente conto di quanto fosse splendido l’arredamento di quella casa che solo da fuori sembrava una di quelle villone che si trovano a Miami o a Los Angeles.
Il pavimento di legno lucido, coperto da un tappeto morbido e spesso, faceva piccoli rumori al passaggio di Anne che ancora a piedi nudi scrutava silenziosamente in cerca del bagno.
“ Ecco… questo dovrebbe essere il bagno “ e senza pensarci un secondo di più aprì la porta.
«Anne! Si bussa prima entrare in bagno! »urlò Zayn.
«Oddio Zayn hai ragione! SCUSA! Credevo stessi ancora dormendo! »e tutta rossa chiuse in fretta la porta desiderando di sparire, di diventare all’improvviso invisibile, di poter scappare senza tornare mai più.
Poi però quell’immagine dannatamente celestiale che aveva cercato di sotterrare sotto quella montagna di vergogna che provava riaffiorò e le guance di Anne cominciarono a fumare ardentemente: quel fisico scolpito, le curve sexy dei muscoli della schiena, le spalle larghe e possenti.
Poi il suo viso dannatamente bello che si voltava e diventava rosso all’istante.
“ Zayn in boxer. Anne era solo Zayn! IL TUO MIGLIORE AMICO! Tuo fratello praticamente… smettila! Ok che è bello, ma chi in quella band non lo è? Ok… piantala di pensarci! “
La sua coscienza come al solito la stava sgridando.
Per farla tacere si alzò all’istante dall’angolino dove si era andata a nascondere, scese le scale e con suo stupore si rese conto che i ragazzi si erano svegliati, ma che Harry stava ancora dormendo.
«Buongiorno Anne!»disse una voce alle sue spalle.
E in un nanosecondo si ritrovò immersa in un abbraccio di gruppo che sarebbe stato dannatamente dolce se non fosse stato per il fatto che i ragazzi puzzavano di sudore ed avevano tutti bisogno di farsi una doccia.
«Oddio! Ragazzi, ma puzzate! »
Liam, Niall e Louis allora strinsero la presa su Anne ridacchiando.
«Mamma mia, che puzzoni »aveva replicato Anne fingendo un tono da aristocratica snob.
«Sua maestà, invece di lamentarsi, perché non pensa a svegliare il principino? Oggi pomeriggio abbiamo da fare e se non si da una mossa lo molliamo qui »disse Liam.
«Ok, ci penso io »e si avvicinò piano piano a quello splendore di Harry che dormiva ancora come un ghiro.
“ Quant’è bello “
Quella pelle perfetta e morbida, quei riccioli dai riflessi dorati sotto i raggi del sole che filtravano da dietro le tende, quell’espressione di serenità… possibile fosse bellissimo anche mentre dormiva?
“ Ho davvero trovato la perfezione? “
Quei pensieri che erano cibo per il suo cuore le peggioravano la respirazione rendendola affannata; il cuore le batteva all’impazzata e la sua mano, coraggiosa, faceva spazzo fra quei ricci per poter accarezzare il viso di Harry.
«Ehi, Harry. È ora di svegliarsi, dormiglione »
E con un lamento, Harry aveva riconosciuto la sua voce, aveva preso la mano di Anne e se l’era avvicinata alla bocca schioccandovi sulla superficie un dolce bacio.
«Buongiorno »
La sua voce appena sveglio: Anne la trovò dannatamente sensuale e… e… speciale.
Era leggermente rauca e grattata, ma scura e fluida: un suono che in pochi potevano sentire, ma che a nessuno di quei quattro ragazzi aveva provocato ciò che aveva provocato in Anne.
Harry uscì dal sacco a pelo ed Anne si ritrovò davanti quella perfezione che sfacciata era coperta solo da un paio di boxer grigi e una canottiera bianca, leggermente attillata e trasparente.
“ Possibile che questi ragazzi non abbiano nemmeno mezzo pigiama addosso quando dormono? “
La coscienza di Anne era rimasta lucida ed un suo commento cinico non poteva mancare, ma nonostante quella piccola parte di Anne fosse rimasta cosciente e lucida, tutto il resto del suo corpo e della sua mente era completamente andato in cortocircuito.
Possibile la bellezza di Harry la rendesse così vulnerabile?
Poi la baciò sulla guancia: ancora quel tocco delicato bastò a mandare via tutta la confusione.
Ora immersa tra le sue braccia si era resa conto di quanto lui profumasse appena sveglio, a differenza degli altri ragazzi, e di come quel suo profumo che ricordava leggermente quello di un bagnoschiuma misto a quello del suo profumo abituale fosse diverso da quello che gli aveva sentito addosso.
“ È questo il profumo della tua pelle? “si era chiesta Anne rispondendosi da sola.
Appena Harry si staccò da lei per andare in cucina, Anne notò qualcuno scendere dalle scale: Zayn.
Con gran stupore, Anne si accorse che l’amico era già vestito e pettinato, a differenza degli altri ragazzi che indugiavano ancora in pigiama.
«Buongiorno Anne »e come se quell’incidente non fosse mai successo Zayn andò ad abbracciarla.
Amava il modo di Zayn di farle capire che le cose erano a posto: ancora tra le sue braccia avrebbe voluto chiedergli scusa.
«Lo so… non è successo nulla. È tutto a posto, dimenticato tutto. Niente imbarazzo, ok? »
Le aveva di nuovo letto nel pensiero.
« Ti voglio bene  »
«Anche io, lo sai »
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Dopo aver fatto colazione, Anne aveva avuto i suoi 20 minuti in bagno per rinfrescarsi e sistemarsi e poi i ragazzi l’ avevano accompagnata all’albergo con l’auto di Harry, ma con Louis alla guida.
Una volta arrivati davanti all’albergo Harry era sceso dall’auto con lei e l’aveva accompagnata fino alla sua camera, al terzo piano.
« Sono stata veramente bene: grazie per la serata e anche per la bellissima mattinata »
«Grazie a te per lo splendido risveglio. Il più bello di sempre »
Le sorrise.
Con quel suo fare dannatamente dolce la stava guardando negli occhi ed Anne, completamente in imbarazzo, era rimasta pietrificata e ricambiava quel suo sguardo con la stessa intensità.
«Comunque ti volevo chiedere se stasera ti andava di uscire. Avevo pensato per una cena in un posto speciale, ti va? »
«Certo che mi va. Noi due soli vero? Niente Louis dispettoso, niente Niall rumoroso, noi e basta? »
«Noi… solo noi. Ti passo a prendere con l’auto qui alle sette »
E schioccandole un dolce e delicato bacio sulla guancia se ne andò, lasciandola sognante davanti alla porta della sua stanza ancora chiusa. 

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Capitolo 19
*** For the first time ***


Aprendo la porta della camera si stupì di trovare tutto perfettamente pulito: il letto matrimoniale rifatto, in bagno non c’era nessuna traccia di acqua e schiuma a terra e niente confusione di asciugamani.
Anne fu contenta di sapere che almeno qualcuno passava a riordinarle la camera: non aveva proprio tempo di pensare a fare quelle cose.
“ Mi ha chiesto di uscire…”
La sua mente stentava ancora a crederci.
Per una parte di lei quell’invito era qualcosa di dovuto, che prima o poi sarebbe arrivato per forza, se no non sarebbe valsa la pena essersi fatta tutte quelle ore di viaggio per incontrarlo.
Però per l’altra parte di lei era qualcosa di inaspettato: una sorpresa, una bellissima sorpresa.
Felicissima, saltellava per la stanza canticchiando una canzone mai ascoltata, inventata sul momento: una melodia piena di frasi sdolcinate e persino di un “ I love you “ che fece rimanere Anne stupita.
Erano parole importanti, parole mai dette, parole che però sarebbe valsa la pena dire.
Piena di speranze controllò l’ora.
«Oddio! È mezzogiorno! »e ringraziando il fuso orario di un’ora e il fatto che i suoi genitori di domenica si svegliassero più o meno per quell’ora si attaccò al telefono dell’albergo e chiamò la madre.
« Ciao tesoro »
« Ciao, mamma. Visto? Come promesso ti ho chiamata e come puoi vedere dal numero sono in albergo, sana e salva, tranquilla ora? »
« Tranquillissima, io. Quello per niente tranquillo era tuo padre. All’idea che tu passassi la notte con cinque ragazzi a dormire nella stessa stanza, beh… ti lascio immaginare. Non ha chiuso occhio e per tutto il tempo aveva minacciato di chiamarti ogni cinque secondi per sentire cosa stavi facendo »
Risero.
Le mancava la risata di sua madre, le mancava quell’amabile spazio che separava i suoi incisi rendendo il suo sorriso unico, le mancavano le scenate del padre quando la sera faceva tardi e si arrabbiava nonostante sapesse che in compagnia di sua figlia c’era solo Sophie e qualche amica.
Le mancavano.
« Senti tesoro, Sophie è qui con noi che fa colazione. Ieri sera l’ho avvertita che avresti chiamato e stamattina ce la siamo trovata davanti casa. Ovviamente vuole parlare con te, te la passo »
" Oddio, Sophie... "
Anne cominciò a sentire uno strano magone allo stomaco, le lacrime pian piano caddero.
« Mamma tranquillizza tu papà e digli che gli voglio bene. Ciao. »
Secondi di silenzio e poi il rumore della cornetta lasciata libera e di una mano che la prendeva portandosela all'orecchio.
« Ehi Anne?? »
Eccola.
Quella voce le era veramente mancata tantissimo: acuta, ma allo stesso tempo frizzante e dolce.
La poteva sentire tutti i giorni e adesso che però non poteva ne sentiva la mancanza.
Le lacrime cominciarono a cadere sempre più frequentemente e sempre in di più, come se avessero aspettato troppo e adesso volessero intimidirla, facendo notare ad Anne la loro impetuosità.
« Ciao Sophie »
La sua voce tremava, le lacrime non la smettevano di correre sul suo viso, le labbra si chiudevano tremanti, poi quel “ Mi manchi “ detto da entrambe, all’unisono.
Risero.
Nonostante entrambe stessero piangendo attaccate ad uno stupido telefono, risero insieme, come facevano prima e come se la distanza non esistesse.
Smisero di piangere e quale occasione migliore per raccontarle ciò che era appena accaduto se non quella?
Quella marea di parole interrotta da qualche gridolino felice ed emozionato di Sophie: era quel parlare con la sua migliore amica che le ridonò carica e speranza.
Quella sarebbe stata una delle giornate più belle di sempre.
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Dopo l’abbuffata della sera prima e quella della megacolazione fatta a casa Styles, all’ora di pranzo Anne non aveva fame.
Ora fissava quel completo che aveva scelto insieme a Sophie, con cui era rimasta a parlare fino all’una.
Maglione enorme color panna che le arrivava fin sotto il sedere, abbinato ad un paio di pantacalze nere e stivali grigi.
Era incerta di quella scelta: era troppo nel suo stile ed aveva come la voglia di vestirsi in modo diverso, come non si sarebbe mai vestita.
“ Devi essere te stessa, in fondo è la vera te che gli è piaciuta. Non devi sembrare nessun’altra. Solo tu “ 
Le parole di Sophie che le echeggiavano nella testa, in risposta alla sua dannata incertezza.
Cercando di rilassarsi si tuffò nella sua trousse piena di accessori ( la metà, tutti regali di Sophie ) e ne uscì un braccialetto azzurro con piume in argento e perline e un paio di orecchini lunghi formati da tre lunghe piume azzurre.
Adorava quando le piume di quegli orecchini si confondevano fra i suoi lunghi capelli castani.
Cercando di organizzare mentalmente un trucco che comprendesse qualche richiamo azzurro si era fiondata sotto la doccia, ancora cantando.
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“ Pronta “
Le sette.
Strano, ma vero, Anne era perfettamente in orario.
Coperta nel suo cappotto grigio ora aspettava solo di sentire il clacson di quella macchina suonare.
Come se le avesse letto nel pensiero, sentì quel suono e chiudendo la porta della stanza scese per le scale, pensando per un attimo al perché non avesse ancora visto nessuno uscire dalle stanze e chiedendosi se ci fossero altri clienti in quell’albergo oltre a lei.
Ma passato anche quello stupido pensiero, Anne restituì le chiavi della sua camera raccomandando al proprietario di non preoccuparsi come l’ultima volta e che sua madre sapeva già tutto di quella serata.
“ Eccolo “
In un cappotto nero Harry la stava aspettando appoggiato alla sua auto.
“ Che meraviglia “ 
Avvicinandosi ad Anne l’aveva abbracciata.
« Sei bellissima »
Non ci fu bisogno di altro per rendere il viso di Anne rosso come un pomodoro.
« Anche tu stai benissimo »rispose impacciata.
Harry, da perfetto gentiluomo, le porse il suo braccio invitandola ad unirsi a lui per una passeggiata.
« Ma come? Non andiamo a cena? »chiese perplessa.
« Avevo detto saremmo andati a cena in un posto speciale, ma nessuno ti aveva detto che quel posto sarebbe stato un ristorante »e accogliendo il braccio di lei attorno al suo le si era avvicinato delicatamente schioccandole un dolce bacio sulla guancia.
« Alla fine hai chiamato i tuoi per tranquillizzarli? »
« Certo. Per mia madre era tutto a posto, era mio padre quello che preoccupato. Non l’ho fatto dormire tutta la notte, mi ha detto »
Risero ed Anne trovò di nuovo quella sua risata dannatamente dolce: uno dei suoni che la rendevano serena, uno dei suoni che non avrebbe mai ascoltato abbastanza per stancarsene.
Come lucciole che vagano nella notte, le luci delle case e dei quartieri di Londra erano uno spettacolo bellissimo.
Lontani dalla confusione del centro della città, il silenzio di quei quartieri era rotto solo dalle risate e dalle chiacchiere di quei due, che ancora a braccetto si raccontavano cosa avevano fatto quelle ore che erano stati lontani.
Anne aveva parlato con sua madre e poi con la sua migliore amica, aveva organizzato tutto e si era immersa nell’acqua calda e profumata della sua vasca per una doccia rilassante.
Harry invece aveva pranzato solo con Niall e Zayn perché Liam e Louis avevano un appuntamento con le loro ragazze. Si erano poi riuniti tutti e cinque per andare alla sede del loromanagementper decidere alcune trattative sul loro arrivo in Italia previsto per il mese di ottobre.
« In Italia? »
« Si… è la prima volta che veniamo ad incontrare le nostre fans in Italia. Non vedo l’ora. Ovviamente devo assolutamente cercare di organizzare qualche giornata con te, ci terrei davvero. Potremmo andare a visitare la Toscana, oppure Venezia » ed ecco che tutti quei progetti di cui parlavano durante il loro scambio di lettere diventarono qualcosa di concreto.
Non erano più semplici viaggi mentali fatti per passare il tempo.
Praticamente tutto deciso, Anne era entusiasta di sapere che dopo quelle due settimane e mezzo avrebbe di nuovo incontrato Harry, in Italia questa volta.
Il silenzio.
Bastarono cinque minuti di silenzio per far viaggiare la mente di Anne che già pensava all’incontro di Sophie con i ragazzi, a quando gli avrebbe presentato i suoi genitori, alle giornate che avrebbe passato ridendo, questa volta con TUTTE le persone a cui teneva, finalmente tutte riunite.
« Eccoci » e davanti ai suoi occhi uno dei posti più romantici che avesse mai visto.
In un angolo appartato, ma luminoso, un enorme coperta a scacchi blu e rossi, un cestino sicuramente pieno di cibo, una bottiglia di vetro scuro, l’altra invece trasparente, un paio di bicchieri di vetro e…
“ Ma… quella bottiglia in quel bidone del ghiaccio è… è… champagne! “  e stupita si rese infine conto che anche una delle due bottiglie di vetro conteneva un alcolico: forse vino, ma pur sempre qualcosa che non era semplice acqua.
“ Mamma mia Anne! Possibile che per una volta non riesci a non soffermarti a pensare a sciocchezze? Champagne e vino… in fondo è una serata romantica, che c’è di male se bevi un pochino! “
Facendo tacere quella sua vocina che la stava infastidendo, aveva bisogno di fare qualcosa: qualcosa che voleva fare già da quando Harry l’aveva presa a braccetto.
La mano di lui ancora sola nella tasca destra del suo giubbotto, la mano di lei che da appoggiata al suo bicipite pian piano scivolava verso la tasca arrivando a toccare la pelle del polso, scoperta dalla manica del giubbotto: le perline lisce e fredde dei due braccialetti che portava al polso, le dita di lei vicinissime alla meta. Poi di nuovo il freddo della sera, ma questa volta la mano di Anne non era sola a combattere quel freddo.
Le loro dita incrociate, il ricordo di quella prima stretta, il cuore che aveva tutta l’intenzione di far sentire quanto andasse veloce: anche Harry stava a stento frenando la voglia di prendere la mano di Anne e di stringerla, di nuovo.
 
Prima vicinissimi, ora distanti mezzo metro.
I due avevano cominciato quella cena romantica chiacchierando e ridendo.
“ Solo tu sai rendermi felice come nessuno prima aveva fatto “quella frase dannatamente dolce e piena d’amore era spuntata all’improvviso nella testa di Anne, come se la coscienza, che in alcuni momenti interveniva arrogante e pungente, adesso si fosse addolcita, anche lei influenzata da ciò che il cuore provava.
Era la verità. Harry riusciva a renderla felice: sentiva una felicità diversa da quell’allegria che provava quando stava con i suoi genitori o con Sophie. La felicità che provava non era qualcosa di passeggero: era qualcosa che una volta chiusi gli occhi e appoggiata la testa sul cuscino, la mattina dopo tornava sempre a bussare alle porte del suo cuore.
Era una felicità sempre presente.
Rimanendo in silenzio, Anne aveva cominciato a fissarlo, come se non volesse perdere nemmeno un secondo di quella bellissima serata.
Lui se n’era accorto, ma non l’aveva messa in imbarazzo chiedendole perché lo stesse fissando, no. Semplicemente le aveva donato uno dei suoi sorrisi migliori.
Anne non avrebbe mai dimenticato nemmeno quello, quando sarebbero stati lontani.
Cominciando a mangiare le delizie che quel cestino custodiva, Harry aveva aperto la bottiglia del vino, versandone un po’ in entrambi i bicchieri.
Una volta finito di mangiare, si erano semplicemente avvicinati: non c’era stato bisogno di parlare nemmeno per questa volta.
« La serata migliore di sempre »
Lei accoccolata sulla spalla di lui ammirava le stelle e le luci che si riflettevano sull’acqua di quel fiume lontanissimo.
« Sei la persona più importante della mia vita »
Quella frase detta tutta d’un fiato, senza sosta, da cui trapelava tristezza e tanta dolcezza, aveva lasciato Anne senza fiato e le lacrime che non sarebbero mai uscite quella sera pronte lo stesso a rovinare quel momento.
Ora i loro visi improvvisamente a pochissimi centimetri di distanza, le loro labbra che come calamite si avvicinavano sempre di più, quegli occhi magnetici che rendevano Anne una marionetta.
Poi finalmente le labbra di Anne trovarono quelle di Harry, per la prima volta.
Avevano cominciato a intrecciarsi freneticamente: in quel quarto di secondo in cui si separavano trovavano una nuova fame che li affliggeva.
Avevano fame l’uno dell’altra ed entrambi, ora che avevano assaggiato e trovato quei baci cibo per la loro anima, non ne avrebbero più fatto a meno.
Il bacio da dolce e romantico divenne avventato e passionale.
Lei che piegava la testa verso l’alto per far scorrere la bocca di lui sul suo collo, per prendere fiato, affannata. La mano di lui che frenetica era finita qualche centimetro più in sopra del sedere e accorgendosi con quel tocco del tessuto del cappotto corse a sbottonarglielo. Le labbra di lui che dopo aver toccato la pelle morbida di lei già sentivano la mancanza delle gemelle ed ecco che di nuovo si incontrarono per non staccarsi più.
Era come se sfilandosi il cappotto di dosso Anne avesse gettato via anche la preoccupazione che aveva per quel momento, lasciandosi completamente andare a ciò che sarebbe accaduto.
La sua mente era completamente annebbiata e il suo corpo senza controllo ora bramava quello di Harry.

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Capitolo 20
*** The girls ***


“ The first time ever i saw your face i thought the sun rose in your eyes. “
Dopo quella montagna di baci, ora abbracciati, Anne avvolta dalla coperta e dalle sue bracca, le aveva fatto ascoltare quella canzone dagli auricolari dell’mp3 che diceva di aver preparato per quell’occasione.
Era quella la musica che ascoltava tutti i giorni.
Quella era una delle canzoni che Harry amava ascoltare mentre le scriveva.
La pelle d’oca, nascosta sotto quel maglione panna, fremeva in risposta ad un mare di emozioni che stavano facendo tremare Anne.
«Fantasticavo sul nostro primo incontro. Non avevamo altro che l’immaginazione… »
«Ma ora siamo qui, insieme »continuò Anne la frase, per lui.
E poi si persero di nuovo l’uno negli occhi dell’altra e nuovamente in quella marea di baci.

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Avrebbe voluto svegliarsi e trovarlo al suo fianco, avrebbe voluto dormire tutta la notte accoccolata tra le sue braccia, avrebbe voluto respirare il suo profumo per una notte intera.
Invece quella mattina si era svegliata sola, nella sua camera d’albergo e a svegliarla, per di più, era stato il telefono in camera sua: sua madre che voleva avere notizie sulla serata.
Ma Anne si era appena svegliata e per di più non per sua volontà, perciò rispose alle domande con risposte secche e prive di entusiasmo: a qualcuna non aveva nemmeno risposto.
Aveva riagganciato e con un verso più simile a quello di ungrizzlyche a quello di una ragazza appena sveglia si era resa conto fosse ora di pranzo.
Avrebbe dovuto mangiare qualcosa: appunto, avrebbe.
Si infilò di nuovo nel letto matrimoniale e affondando tra le lenzuola aveva ripreso sonno.

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[ SPERO TU NON ABBIA NIENTE DA FARE OGGI POMERIGGIO. HO VOGLIA DI STARE UN PO’ CON TE, PER PARLARE… SI, DI IERI SERA ;) xx ]
Non aveva neppure avuto il tempo di farsi una doccia che già dopo un quarto d’ora dall’invio del messaggio si era ritrovato l’amico fuori dalla porta della sua stanza d’albergo.
«Beh… com’è andata ieri sera? »
Anne ci mise parecchio per rispondere: era completamente persa nei ricordi più dolci che avesse mai custodito e il suo sguardo era vuoto e rivolto verso il panorama londinese, fuori dalla finestra.
Zayn sembrava preoccupato.
Perché lo era, lo sapeva solo lui. In fondo per quale motivo sarebbe dovuto andare storto qualcosa?
Forse era stato il messaggio di Anne a farglielo intendere.
L’unica cosa sicura era che stava morendo dalla voglia di sapere qualcosa, ma l’amica, ancora persa a fantasticare con quella sua aria da “ mi sembra di essere leggera come una farfalla ”, non aveva ancora aperto bocca.
«Anne, cazzo, rispondimi »
Quella parolaccia e il tono di voce troppo alto avevano scosso Anne e allo stesso tempo l’avevano scioccata: non pensava fosse veramente così preoccupato.
«Ehi! Calma…!! Non è successo niente di preoccupante, Zayn! È andato tutto perfettamente: una delle serate migliori della mia vita »
Zayn aveva voltato lo sguardo dall’altra parte.
«Zayn… che c’è? »
Anne di scatto cercò di prendere Zayn per le spalle e voltarlo verso di lei, per vederne l’espressione.
Completamente rosso come un peperone aveva iniziato a ridacchiare.
«E io che pensavo fosse successo qualcosa! »
Imbarazzato al massimo e completamente rosso in viso aveva iniziato a ridere grattandosi il collo e alzando il gomito in una strana posizione dannatamente dolce.
«Certo che sei strano, Malik! Perché mai sarebbe dovuto andare storto qualcosa, scusa? »
«Niente… appunto. Non ti preoccupare »
«Mah… chi ti capisce è un genio! »disse Anne confusa.
«Beh… questa personcina qua davanti la maggior parte delle volte riesce a farlo, ma non sempre »
«Sbaglio o mi stai dando della mezza genia? E no, caro mio. Io sono un genio completo, sei tu che sei complicato »
Quella risata che aveva sentito tutte quelle volte da dietro alla cornetta del telefono, adesso finalmente poteva sentirla dal vivo.
«Beh… non vuoi sapere com’è andata ieri sera? »e in risposta a quella domanda Zayn aveva incrociato le gambe, manco si credesse un indiano, aveva preso un cuscino e aveva appoggiato la testa sulle mani aperte a coppa.
«Spara! »
E tremando Anne aveva incominciato a raccontare tutto, senza tralasciare nemmeno mezzo dettaglio che agli occhi di Zayn sarebbe potuto sembra un pochino sconcio.
Con gli occhi fissi sui movimenti delle labbra di Anne, Zayn aveva assorbito ogni parola manco fosse la più assorbente delle spugne.
E poi finalmente quel “ … la miglior serata di sempre ” a concludere quel papiro che però non era stato per niente noioso.
«Wao »
Zayn si limitò a quella parola.
«Beh? Tutto qui? Solo “ wao ” ?»
«Si, solo wao »
«Ah… »
Delusa Anne aveva allora iniziato a studiare l’espressione di Zayn che, assolutamente impassibile, non faceva trapelare manco mezza della felicità che stava tanto nascondendo.
Dopo pochi secondi di silenzio l’amico si era di colpo alzato e camminando su e giù per la camera dopo pochi secondi di silenzio si girò di scatto verso Anne e le saltò addosso, così. Senza motivo.
«Sono felicissimo per voi!! »
«Ma… tutta sta scenata solo per dirmi questo? Questo è il mio migliore amico, il più cretino di tutti! »
E Anne si lasciò stritolare dalle possenti e muscolose braccia dell’amico, lasciando che assorbisse tutte quelle emozioni positive che quell’abbraccio le donava.

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Dopo aver passato tutto il pomeriggio insieme, Zayn l’aveva invitata a passare la serata con lui e i ragazzi a casa Styles: ovviamente aveva accettato e con qualche consiglio di Zayn si era vestita e preparata per la serata in appena 20 minuti.
“ Oltre alla buonanotte non ho più sentito Harry… “e poi crebbe all’improvviso l’impazienza di riaverlo accanto, di poterlo baciare di nuovo, questa volta tranquillamente davanti ai ragazzi, come una vera coppia.
“ Una vera coppia… è questo che siamo “ e convinta aveva varcato la soglia.
Quattro paia di braccia pronte a salutarla con un caloroso abbraccio: le ultime, quelle più importanti, la avvolsero per minuti interminabili.
«Finalmente sei qui, splendore »e con i visi lontani ormai poco più di un centimetro le loro labbra si ritrovarono per salutarsi, dopo che si erano lasciate tanto tempo prima.
«Emh… odio rovinare questo vostro momento, ma esistono altri posti per le smancerie: tipo un motel! » annunciò ironico Louis interrompendo quel momento con una finta tosse.
«Tommo cucina invece di dire cretinate!! »li difese Liam.
«Già, Lou! Non sento nessun buon odorino! Sicuro di riuscire a cucinare qualcosa di commestibile? Ho fame e non voglio mangiare la solita pizza di gomma che ci toccherà ordinare a mezzanotte! »si lamentò Niall che davanti alla tv stava giocando ad un videogioco.
«No problem! Ho detto che cucinerò io e cucino io »e sbattendo la porta della cucina si sentì improvvisamente il suono di pentole cadute a terra.
«No problem »ripeté Louis aprendo di scatto la porta che aveva appena chiuso.
Tutti scoppiarono a ridere.
Solo Niall continuò imperterrito a schiacciare con foga i tasti di quel joystick, superconcentrato in quella lotta stellare tra lui, una navicella minuscola color viola, e il nemico, una navicella, invece, enorme e superarmata.
«No…!! Ho perso! »
L’urlo di Niall sconfitto interruppe quella risata comune.
«Harry, ma i tuoi non sono mai in casa? »
«So che questa casa è intestata a loro da quando sono entrato nella band, ma questa ormai, da quando ho compiuto 18 anni, è casa mia e dei ragazzi, per lo meno per il periodo in cui non siamo in giro per tour e cose varie »
«Capito »
Completamente in disparte Liam stava al telefono con qualcuno e dalla conversazione sembrava stesse cercando di convincere quella persona a fare qualcosa.
Niall aveva appena cominciato la rivincita a quel videogioco con ancora più grinta di prima e Zayn invece stava tranquillo, steso sul divano di fianco al biondino: completamente in silenzio, aveva chiuso gli occhi e sembrava completamente concentrato sui suoni dei tasti del joystick e quelli della tv.
Ad un certo punto Zayn si alzò di scatto, proprio quando Niall aveva perso anche la sua ultima vita, gli strappò il joystick di mano e cominciò a schiacciare velocemente i tasti giusti nel momento giusto, arrivando in pochissimo tempo all’ultimo livello, lasciando Niall sconcertato e fomentatissimo: l’irlandese dagli occhi azzurri stava praticamente guardando il pakistano dagli occhi a mandorla come se avesse davanti il dio dei videogiochi.
«Ecco. Ho vinto »e impassibile Zayn aveva restituito il joystick all’amico tornando a stendersi sul divano lì vicino.
Ancora coccolata al petto di Harry, Anne non si era resa conto che era passato veramente tantissimo tempo da quando era entrata in quella casa.
«Ops! Scusa »e scansandosi di scatto dal petto di lui, tutta rossa in viso, guardava verso il basso.
«Non pensare che non volessi tenerti tra le mie braccia ancora per ore, tesoro »e prendendole il mento con due dita aveva appoggiato delicatamente le labbra sulle sue, in un bacio che durò solo qualche secondo.
«È pronto! »urlò Louis da dietro la porta ancora chiusa della cucina.
Pasta, purea di patate e carne: con enorme stupore di Anne, si sorprese di trovare a tavola qualcosa che a casa, in Italia, erano piatti tipici che mangiava praticamente quasi più di due volte a settimana.
«Et voilà! Si mangia all’italiana oggi »
Il citofono.
 «Queste devono essere le ragazze »disse Liam andando ad aprire la porta.
“ Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette e… otto! E si, sembra proprio che ci siano due ospiti in più “
Anne si voltò e davanti ai suoi occhi due delle ragazze più belle ed eleganti che avesse mai avuto l’onore di incontrare: la prima, che doveva essere la fidanzata di Liam perché lo bacio sulle labbra, era alta, carnagione leggermente scura, capelli ricci e voluminosi, labbra carnose e lucide che racchiudevano un sorriso solare e perfetto; l’altra, che invece doveva essere la fidanzata di Louis perché lo vide slacciarsi il grembiule e raggiungerla subito per salutarla con un dolce bacio, era poco più bassa della prima, lunghi capelli lisci, castano scuro, sguardo dolce e allo stesso tempo sensuale e magnetico, labbra carnose e rosse.
«Wao »
«Anne questa è la mia ragazza, Eleonor »gliela presentò Louis.
«Piacere di conoscerti Anne »e abbracciandola l’aveva stordita sfornando un sorriso dannatamente dolce e solare, secondo solo a quello dell’altra ragazza.
«E lei è Danielle »
Erano vestite molto meglio di lei.
Danielle portava un vestito attillato di pizzo nero a maniche lunghe, ma che corto lasciava scoperte le gambe, senza calze, e un paio di scarpe nere lucide che lasciavano intravedere l’unghia smaltata di prugna dell’alluce di entrambi i piedi.
Eleonor invece portava un paio di jeans attillati, chiari, una maglietta color nocciola di qualche taglia più grande, che le cadeva da un lato lasciando che si vedesse la canottiera nera di sotto, una cintura color cioccolato in vita e un paio di Vans ai piedi.
«Beh? Ora possiamo mangiare, per favore? Qui lo stomaco comincia a fare storie! »
Niall irritato aveva posto fine a quello scambio di saluti e presentazioni e tutti si sedettero a tavola.

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Capitolo 21
*** The love under the sun ***


[ TESORO, OGGI. NOI. I RAGAZZI. PICNIK. ]
 
“ Ma perché mi ha scritto come se stesse scrivendo in codice? “si chiese Anne, sorridendo a quel messaggio di Harry.
 
[ CERTO. ALLE TRE SONO DA TE ;D ]
 
Aveva appena chiuso il telefono quando la vibrazione l’avvisò dell’arrivo di un’altro messaggio.
 
[ TESORO, SONO DANIELLE. TI VA DI FARE UN GIRO CON ME ED ELEONOR? UN GIRETTO PER NEGOZI ;D TI PASSO A PRENDERE TRA CIRCA UN’ORETTA. A DOPO xx ]
 
“ Ma possono essere più dolci di così quelle due ragazze? “
Anne le adorava e lo stesso Eleonor e Danielle la trattavano con il massimo della dolcezza, facendola sentire di famiglia.
Corse a darsi una rinfrescata.
Le ragazze sarebbero state lì nel giro di una mezz’oretta.
Approfittando della bella giornata e del caldo di quell’ora Anne decise di indossare un paio di jeans corti a pantaloncino, una maglia bianca gonfia e sotto una canottiera dello stesso colore.
Prese l’unica borsa che si era portata, una piccola tracolla di pelle chiara che conteneva giusto solo un cellulare ed un portafoglio e andò ad aspettare le ragazze che non tardarono ad arrivare nel giro di 10 minuti.
«Buongiorno splendore »l’aveva abbracciata Eleonor.
Bellissima come sempre, la ragazza portava un vestito color pesca stretto fino a sopra alla vita e gonfio a palloncino fino alle ginocchia, un paio di sandali alla greca e una lunga collana con un fiore rosa.
«Come stai? »la salutò Danielle, anche lei con un abbraccio.
Anche lei bellissima da mozzare il fiato, portava invece una lunga gonna con motivi floreali che le arrivava fino a terra, sotto si intravedevano un paio di scarpe aperte a far vedere la punta dell’unghia dell’alluce smaltata, alte con il tacco in sughero, sopra abbinata alle scarpe azzurre una canotta dello stesso colore.
«Tutto bene, grazie. Voi? »
«Una meraviglia »dissero all’unisono, scoppiando a ridere.
Evidentemente capitava spesso che quelle due ragazze dicessero e pensassero la stessa cosa nello stesso momento: se non fossero state così diverse esteticamente, nel modo di vestirsi e nel modo di comportarsi tutti le avrebbero scambiate per sorelle.
«Beh andiamo? »e salirono tutte e tre sul taxi giallo che stava aspettando davanti all’hotel.
«Sai, Anne, è da mesi che Harry non fa che parlare di te, praticamente sempre. Ormai quel ragazzo stava cominciando ad impazzire! Alternava giornate in cui era talmente felice da saltellare e ballare praticamente ovunque, a giornate in cui non spiccicava manco mezza parola »cominciò Danielle.
«E guai a chi chiedeva di te in quei giorni! »continuò Eleonor.
«Come mai? »chiese.
«Beh… diciamo solo che se qualcuno ti avesse nominata come minimo non l’avremmo visto più uscire dalla sua camera per ore »
«Povero… »e la vibrazione al cellulare interruppe la conversazione.
 
[ SICURO SEI CON LE RAGAZZE ADESSO. SOLO UNA COSA: TI PENSO, SEMPRE. ]
 
Uno dei messaggi più dolci che avesse mai ricevuto.
Diventata rossa di colpo aveva risposto velocemente.
 
[ ANCHE IO TI PENSO, SEMPRE. ]
 
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«Mai fatto miglior shopping »disse Anne con alle braccia una decina di sacchetti di dimensioni, colori e pesi differenti.
«Elle, reggi queste che apro la porta »
Danielle mollò una dozzina di buste di fianco ad Eleonor che era rimasta immobile per non rischiare che qualcosa le cadesse a terra.
«Peazer, muoviti che qui cado! »disse spazientita l’amica.
«Subito! »e abilmente infilò una mano dentro l’immensa borsa color mogano: senza nemmeno guardare dove stesse frugando ne uscì un mazzo di chiavi.
Trovò la chiave giusta fra quella marea di ciondoli e portachiavi bellissimi ed aprì la porta di casa Styles.
«Hai una tua chiave Dan? »chiese Anne, curiosa.
«Da pochissimo veramente »
Entrarono nella casa e mollarono la marea di borse in salotto.
La porta a finestra da dietro alla cucina era completamente spalancata e ciò che rimaneva di un venticello estivo lasciava entrare in casa tutti i profumi dei giardini del vicinato.
«Ragazzi? »urlò Eleonor.
«Siamo qui, tesoro! »urlò Louis in risposta, entrando dalla porta a finestra della cucina.
Si avvicinò alle ragazze e dopo aver abbracciato Danielle e Anne, aveva preso i fianchi di Eleonor e l’aveva baciata con estrema dolcezza.
Danielle le prese la mano e insieme si diressero verso il giardino sul retro.
“ Che meraviglia “
Fuori in giardino, Zayn e Liam stavano facendo volare due splendidi aquiloni.
«Eccoti »e prendendola alla sprovvista e alle spalle, Harry aveva cominciato a baciarle il collo provocandole tanti piccoli brividi che in pochi secondi le percorrevano ogni centimetro di pelle, dal contatto delle sue labbra con essa alle estremità del suo corpo.
Poi un appassionato bacio che sembrò durare secoli e di nuovo il suo sapore sulle labbra, che le sarebbe rimasto ancora per minuti dopo quel bacio.
Quando quel sapore cominciava a svanire Harry trovava sempre una scusa per baciarla di nuovo, per fare in modo che quel sapore rimasto non svanisse mai del tutto, come se anche lui anche lui lo sentisse svanire: una volta gli era caduta la forchetta e senza nemmeno aspettare che lei finisse il boccone le aveva stampato un dolce bacio sulle labbra, un’altra volta si era sporto per prendere una cosa che Niall gli stava passando e aveva fatto lo stesso, un’altra ancora, invece, aveva solo interrotto la sua conversazione con Zayn, l’aveva presa per un polso e facendole fare una leggera giravolta l’aveva baciata, mai chiedendo il permesso.
Amava quel suo modo di sorprenderla ogni volta, di lasciarla senza fiato.
«Ragazzi fate scendere quelle farfalle che si va a fare il picnic » disse Niall.
Harry la prese per mano e la portò fuori di casa, davanti ad un furgoncino che aveva tutta l’aria di essere lo stesso modello della Mistery Machine di Scooby Doo, solo di colore diverso.
«Cosa c’è, ci improvvisiamo la Scooby Gang oggi? »
«È uno dei pochi veicoli che Lou può guidare! E poi ci stiamo tutti e otto »
Ed ecco spuntare di nuovo quell’irresistibile sorriso e insieme ad esso la voglia matta di baciare quelle morbide labbra e di poter affogare nell’immensità dei suoi occhi.
Anne gli si avvicinò di scatto, con la stessa velocità allungò le mani e aggrappandosi al suo collo lo attirò a sé e con nuova fame delle sue labbra lo aveva baciato, lasciandolo senza fiato.
«Amo il tuo sorriso »
Un fremito a far vibrare la gola di lui e poi, mordendole le labbra, Harry le aveva stretto i fianchi alzandola: prendendola da sotto il sedere aveva fatto in modo che Anne gli si aggrappasse come un koala ad un albero.
I baci durarono interminabili e lunghissimi minuti: il tatto e il sapore delle labbra erano gli unici sensi attivi.
I restanti, la vista, l’udito e l’olfatto, si erano spenti improvvisamente lasciando che l’intensità degli altri vincesse.
«Ehi, ehi, ehi. Non siamo soli, tesoro. Forse è meglio se smettiamo prima che i ragazzi ci becchino e comincino a rompere! »e di nuovo quello stupido senso di responsabilità che non la portava mai a fare, per una volta, la cosa sbagliata, aveva rovinato quel bellissimo momento.
«Si hai ragione »e baciandola per l’ultima volta la prese di nuovo per i fianchi e la fece scendere da quella posizione.
Giusto in tempo per vedere i ragazzi uscire di casa: Zayn portava sotto il braccio i due aquiloni che poco prima stavano facendo volare nel giardino e Louis portava due enormi cestini da picnic, sicuramente pieni visto lo sforzo che ci stava mettendo.

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Capitolo 22
*** I should have kissed you... for the last time ***


Non mi muoverò...
Perchè se un giorno svegliandoti scoprirai che ti manco,
e il tuo cuore inizia a domandarsi dove potrei essere in questo mondo.
Pensando che forse tornerai qui, nel posto dove ci siamo conosciuti,
mi vedrai aspettarti all'angolo della strada.
Non mi muoverò.
 
Quella canzone che le rimbombava nella testa, la traduzione di quelle parole che le era rimasta impressa nella mente, sul cuore, da quando Harry le aveva cantato quella canzone, l'ultimo giorno insieme.
L'avrebbe aspettata, aveva giurato.
In quel momento, seduti sulla panchina del suo giardino, sul retro di casa, quelle parole le avevano strappato il cuore, lo avevano trafitto e poi gettato a terra e ancora calpestato.
Aveva sofferto perché gli arrivederci non erano mai stati il suo forte, perché avrebbe voluto solo stare in silenzio e invece aveva pianto.
Perché gli arrivederci di solito portano tanta speranza, portano impazienza di incontrarsi di nuovo.
Ma quell'arrivederci era diverso: Anne lo sentiva come un addio.
Pioveva e quel lento scrosciare rendeva Anne più triste e malinconica di quanto già fosse.
L'unico lato positivo era che adesso avrebbe potuto confondere benissimo le sue lacrime con quelle del cielo.
Fuori dall'albergo, lei e la sua valigia color fragola stavano dicendo addio a Londra.
Avrebbe portato con se solo bei ricordi di quella città: le risate con Harry e i ragazzi, quella notte passata a parlare con Zayn, il suo primo bacio con la persona che amava, quei momenti così romantici che il solo ricordo la uccideva dentro, quel picnic indimenticabile e pieno di risate, Eleonor e Danielle che erano diventate come sorelle e tanti, tanti altri momenti bellissimi.
Poi si fece strada la nostalgia di casa e quanto i primi giorni la lontananza da casa, da Sophie fosse stata dura da combattere: quel bisogno di condividere quella felicità con la sua migliore amica l'aveva rattristata quando avrebbe dovuto morire dalle risate, ma era inevitabile pensarla sempre.
Era impensabile non le sarebbe mancata.
Poi finalmente il taxi arrivò, fermando quei suoi pensieri che dalla sera prima l'avevano tormentata per tutta la notte.
Lasciò che il tassista le infilasse la valigia nel portabagagli del taxi, poi aprì malinconica lo sportello e si sedette dietro al posto dell'autista.
" Ti prego... voglio che il viaggio di ritorno voli via in un lampo "
Già, perché ora la sua unica preoccupazione era che quelle ore di viaggio passassero come niente.
Disse al tassista la destinazione, lasciò che la testa si appoggiasse con pigra lentezza sul finestrino freddo che si appannava appena per il caldo del suo respiro e lasciò che la nostalgia prosciugasse tutte le lacrime che aveva.
 
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Con la testa appoggiata alla mano, Harry non stava facendo altro che pensare ad Anne, a quanto le sarebbe mancata, a quanto adesso non riusciva più a pensare ad altro che non fosse stare con lei.
Se ne stava andando.
Immaginava come proprio in quel momento in cui lui era lì, seduto ad un tavolo insieme ai ragazzi e a una ventina di uomini in giacca e cravatta, lei stesse scendendo da un taxi qualsiasi, come si stesse dirigendo verso l’imbarco del proprio volo e come quell’aereo gliela stesse portando via.
Poi, preso da un impeto improvviso, era nata in lui la voglia di salutarla di nuovo per l’ultima volta, nonostante lo avesse fatto la sera prima.
« Ragazzi, Paul, scusate non ce la faccio! Devo fare una cosa o sarà uno dei rimpianti più grossi della mia vita »
Dirle quelle parole che avrebbe voluto dirle fin da quando l’aveva trovata, per la prima volta nella cucina di casa sua: quel “ ti amo ” troppe volte strozzato in gola che avrebbe voluto uscire ogni volta che aveva avuto l’occasione di baciarla, ma che non aveva mai avuto il coraggio di sorprenderla così tanto.
Chissà per quale stupidissima paura…
Prese in fretta la giacca e non curante del diluvio fuori, si lanciò in mezzo alla strada, correndo dietro ad un paio di taxi che, occupati, non si erano nemmeno fermati alle sue urla.
Poi, rischiando di farsi mettere sotto, riuscì a fermarne uno e fiondandocisi dentro tutto bagnato urlò con affanno all’autista che lo portasse all’aeroporto con tutta la velocità possibile.
 
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« Passeggeri del volo 124 Londra – Milano richiesti all’imbarco 11  »
“ Eccolo “e rassegnata aveva preso la sua valigia color fragola e si era diretta verso il controllore che le passò accuratamente un metal-detector su tutto il corpo, aprendole braccia e gambe.
Lei indifferente si era fatta perquisire e poi aveva lasciato le mettesse la valigia sul carrello che poi l’avrebbe portata direttamente insieme alle altre valigie che sarebbero salite sull’aereo.
Un lungo corridoio a separare il volo di ritorno a casa e alla normalità dai giorni bellissimi passati a Londra.
Una lacrima che le rigò per l’ultima volta il viso, poi i biglietti restituitale dal controllore e finalmente, facendosi forza, voltò le spalle e disse definitivamente addio a quella bellissima realtà che sarebbe sempre stata la sua ancora di salvezza nei momenti difficili.
 
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“ No! No! È tardi, dannazione! “ e, vedendo come il traffico a qualche isolato dall’aeroporto rallentava tutto, era sceso dal taxi senza nemmeno pagare ed era corso sotto l’acqua.
Aveva rischiato ripetutamente di scivolare, ma non aveva nemmeno badato a quello.
Un unico pensiero disperato: raggiungerla e dirle finalmente tutto ciò che provava per lei, ripeterle ancora quanto fosse importante, baciarla per un’ultima volta.
E poi, finalmente arrivato, aveva guardato il volo 124 Londra - Milano cancellarsi dal tabellone.
Era arrivato troppo tardi.
Il volo era già partito da 10 minuti.
10 fottutissimi minuti.
Se fosse arrivato prima per 10 minuti…
Ora non gli rimaneva altro che il rimpianto.
“ Avrei dovuto baciarti… per l’ultima volta “

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Capitolo 23
*** I should ink my skin with your name ***


[ 16 circa… ]
 
Dovrei tatuarmi il tuo nome sulla pelle […]
Non dovresti mai tagliarti i capelli
Perché io amo il modo in cui li scansi dalla tua spalla.
E non saprai mai
Semplicemente quanto tu sia bellissima per me…
 
«Amico, ma che fai, piangi? »
Stesi su due lettini in plastica bianca, Ed strimpellava qualche nota alla chitarra e Harry, a quanto pareva, era triste come non mai, perso nei suoi pensieri.
Era quel cielo grigio a rattristarlo: il ricordo di quel tentativo fallito, del suo cuore che infranto batteva all’impazzata per la corsa quando invece avrebbe voluto fermarsi, per non ripartire mai più.
Era una ferita ancora aperta nonostante ne fossero passate di acque sotto i ponti!
Erano passate ormai 3 settimane, ma più si avvicina la data che avrebbe portato lui e i ragazzi a Milano e più non faceva altro che pensare a quel rimpianto.
“ Non devo raccontarle niente appena ci rincontreremo. La farei solo stare male “ poi la voce del rosso al suo fianco a interrompere quel pensiero fisso.
«Eh? Scusa, hai detto qualcosa? »
«Come non detto, Styles. Ancora a pensare a quella ragazza… emh… » schioccando le dita come se stesse chiamando un cane, Ed, come ogni volta, non riusciva a ricordare il nome della ragazza che teneva in pena il suo amico.
«Anne »continuò Harry alla dimenticanza dell’amico che troppe volte l’aveva sentito nominare quel nome e che poi manco per mezza era riuscito a ricordarselo.
«Ecco, sì. Stai ancora pensando a lei. Amico, è da settimane ormai che stai con quella faccia e, da quanto mi hanno detto i ragazzi, ne sta risentendo anche il tuo lavoro! Harry hai sbagliato l’assolo al “ Red or Black ”, cos’altro vuoi che succeda di brutto per la tua carriera? »
«Girare il coltello nella piaga non mi aiuta a stare meglio sai? »e, arrabbiato, prese il giubbotto, se lo portò alla spalla e se ne andò, senza nemmeno salutare.
Aveva bisogno di fare un giro, da solo.
 
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[ 17 circa… ]
 
«Nella seconda metà del III secolo, periodi di intolleran… Ehi Anne! Terra chiama Anne!Hustonabbiamo un problema! »e, scherzandoci su, Sophie aveva cominciato a mimare un terremoto.
«Ci sono… »disse Anne, per niente disattenta, ma con il morale sotto i piedi.
Anche lei non faceva che pensare a come era stato vuoto quell’ultimo saluto a Londra: avrebbe voluto fosse un addio da film strappalacrime, avrebbe voluto vedere Harry correre verso di lei tutto bagnato e affannato, avrebbe voluto baciarlo per un ultima bellissima e indimenticabile volta.
Invece non c’era stato nessuno a salutarla, nessun bacio da film, niente di niente.
“ Che delusione… FRENA! FRENA! Tu? Delusa di Harry?!?!? Anne piantala! ”  e per una volta la sua coscienza aveva ragione.
Non doveva essere delusa! Ma quella tristezza non se ne voleva andare: il pensiero costante che il 3 ottobre stava per arrivare le metteva addosso un’ansia terribile.
“ Non devo dirgli niente appena ci rincontreremo. Lo farei solo stare male “
«Beh… non credo allora tu ci sia abbastanza per studiare storia. So che c’è qualcosa che non va, tesoro, lo sento. E sento anche che parlandone ci renderemmo entrambe conto che in fondo il problema è sempre lo stesso irrisolvibile di sempre. Ti va se usciamo? »
«Scusa, Sophie. Ti dispiace se per questa volta torno a casa da sola? Ho bisogno di pensare, di stare sola per fare chiarezza una volta per tutte »
«Certo »e prendendole il giacchetto l’aveva aiutata ad infilarselo.
«Grazie »e schioccandole un dolce bacio sulla guancia aveva preso la borsa piena di libri ed era uscita da casa di Sophie salutando la madre e la sorellina in salotto.
“ Devo solo capire quanto questa distanza mi renda veramente triste. Possibile non abbia ancora capito che è questo il problema? Vorrei fosse qui con me " e calciando un minuscolo sassolino facendolo arrivare dall’altra parte della strada aveva preso il telefono in mano.
Dopo tutte quelle settimane in cui non si erano sentiti, per nessun motivo apparente, aveva cominciato a scrivere quel “ Mi manchi ” quando, ad anticiparla, il messaggio di lui.

 [ MI MANCHI ]

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Capitolo 24
*** The crazy countdown ***


[ MI MANCHI ]
 
Seduta su una panchina, nascosta dietro un parco giochi arrugginito e abbandonato sia dalle persone che dal tempo, stava fissando lo schermo di quel cellulare.
Le lacrime agli occhi.
Stava lasciando che tutta la tristezza accumulata e mai sfogata adesso la lasciasse annegare nelle lacrime che aveva trattenuto per troppo tempo.
Non aveva bisogno di capire ciò che voleva veramente: lo sapeva già. Ne era sicura sin dal momento in cui aveva sentito il sapore delle labbra di Harry, si da quando, la prima volta, era annegata nei suoi bellissimi occhi verdi.
 
[ NON SO COSA MI STIA PRENDENDO. ANCHE TU MI MANCHI, DAVVERO TROPPO. MI CHIEDO SOLO COME POSSIAMO ANDARE AVANTI COSI’… ]
 
Era indecisa se mandarlo o no. 
Ma il suo cellulare, preso da uno dei suoi soliti attacchi isterici, lo aveva comunque inviato, senza che Anne schiacciasse da nessuna parte.
« No! Stupido telefono! >> e prendendosela con il cellulare aveva ricominciato a piangere, questa volta solo per scaricare la tensione, per arrabbiarsi con qualcuno.
“ Ma cosa sto ad arrabbiarmi con un telefono? “ poi la risposta di Harry a bloccare quella sua crisi isterica.
 
[ LO SO CHE NON TI BASTA. NON BASTA NEMMENO A ME. LO SAI… SEI IL MIO MERAVIGLIOSO SEGRETO. MI HAI CAMBIATO COME NESSUNO AVREBBE MAI POTUTO FARE! DEVI ESSERE PAZIENTE, PER ENTRAMBI! MI MANCHI, MA TROVERO’ UN MODO. PENSA CHE TRA POCO SAREMO INSIEME, IN TOSCANA, A VENEZIA… INSIEME. ]
 
E di nuovo con le lacrime agli occhi inviò l’ultimo messaggio, prima di tornare a casa. 
 
[ … INSIEME ]
 
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Le settimane non facevano che passare lente e noiose e, come potrete benissimo immaginare, l’umore di Anne non poteva essere dei migliori: si era persino ammalata di nuovo.
La febbre aveva solo fatto in modo che per 3 giorni smettesse di pensare ad Harry e a quel conto alla rovescia, che poi finalmente arrivò a -2.
“ Due giorni. Solo due giorni e poi di nuovo insieme. Pensaci però, Anne. E dopo che saranno passati quei 3 giorni? Quando potrete di nuovo stare insieme? Non avrai di nuovo la stessa fortuna di poterlo incontrare di nuovo in tempi brevi “ 
Invece di essere felice per quel conto alla rovescia quasi concluso, era triste per il prossimo, che sarebbe durato sicuramente più di qualche settimana: forse sarebbe durato anni, chi lo sa.
 
[ TESORO, IO. TE. STASERA. DISCO? * puppy eyes * ]
 
“ Scritta in codice e pure l’inglese ora? Mi vuole proprio male! “
Quel messaggio le aveva ricordato quello di Harry. L’invito al picnic.
“ Dai Anne. Almeno per questa volta falla contenta! Ultimamente stai facendo davvero poco per renderla felice: sempre a pensare a te stessa! “  e la coscienza, sempre cinica come al solito, a interrompere quei mille motivi che le stavano passando per la testa: tutti contro a quell’idea che le sembrava pessima.
 
[ OK. ALLE 9 E MEZZA A CASA MIA. GNOCCATI (?) ]
 
E ridendo per quel termine buttato lì a caso e inventato sul momento aveva cominciato a pensare a cosa mettersi.
« Anne, la cena! » urlò la madre dalla cucina.
“ Come non detto, aspetterò Sophie per decidere cosa mettermi “
 
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« Su! Questo, questo e questo! Così sarai peeerrrfetta! » e sottolineando quella marea di “ r ” era riuscita a far uscire da quell’armadio il meglio.
Vestito blu a tinta unita, con manica a tre quarti, una cintura che lo stringeva sotto il seno per sottolineare le formose curve di Anne che in quel vestito erano qualcosa di celestiale, doveva ammetterlo anche lei, e un paio di scarpe aperte, alte e nere, dello stesso colore della cintura.
Anne corse in bagno a cambiarsi. 
« Wao. Non dico altro… perché sto sbavando »
« Ma smettila!! » e tutta rossa aveva tentato di darle un calcio rischiando di sbilanciarsi e cadere dai quei trampoli.
« Ma… non credi siano un po’ troppo alti ‘sti trampoli? Comodi si, ma non riesco a stare in equilibrio! »
« Tranquilla… fino a fine serata imparerai anche a ballarci la maccarena su quei cosi » e ridendo si erano messe il cappotto ed erano uscite da quella casa completamente vuota.
I genitori di Anne si erano concessi una serata per loro.
 
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Confusione assurda, luci che ti confondevano e ti facevano perdere l’equilibrio.
Non aveva bevuto che due birre offerte da un paio di amici di Sophie, ma tutto girava comunque.
« Sophie io esco un secondo! » aveva urlato all’amica che di fianco a lei agitava la testa come una pazza.
Una chiomata in faccia le bastò come risposta e uscì immediatamente da quel posto, completamente disorientata.
Ora il silenzio e il freddo della notte le avevano dato la svegliata giusta per poter arrivare almeno alle due del mattino.
Poi uno squillo sul cellulare: l’ennesimo dopo altri dieci e il display del cellulare che la svegliò ulteriormente, lanciandole quel nome come se le avesse appena fatto un gavettone di acqua ghiacciata.
 
[ - HARRY - ]
 
“ Cosa?!? “ e il suo cervello, andato completamente, cominciò a partorire pensieri ogni dieci secondi.
Il respiro affannato e poi trovò il messaggio.
 
[ TESORO SONO A CASA TUA. DOVE SEI? ]
 
“ Harry. A casa mia. Ora che mancano due giorni a quando dovrà arrivare. È arrivato prima?!?! Ma… come? Quando? Dove? Come? Perché? E adesso che faccio? Mollo Sophie?? No… ma io lì dentro non ci torno! “  e come se l’amica le avesse letto nel pensiero, eccola che usciva, tutta spettinata.
« Tesoro sei uscita senza dire niente?? »
« Io ti ho detto che uscivo ma tu… ah! Al diavolo! Sophie, Harry è a casa mia, ORA! >> 
« Cosa?!?! >> e cominciò a sclerale agitando ancora di più Anne.
« Si! A casa mia!! ADESSO! » 
« E che aspetti?? VAI! »
E correndo a mala pena su quei trampoli aveva preso borsetta e giubbotto e si era diretta verso la strada principale, piena di luci.
Fortunatamente era riuscita a beccare un taxi che, davanti all’albergo, dall’altra parte della strada, aveva appena fatto scendere la sua ultima cliente: una vecchietta di ottant’ anni che non poté che metterci tre ore per scendere.
Ci si fiondò dentro, inciampando. Quasi urlò al conducente il proprio indirizzo di casa e quello subito partì, comprendendo la fretta.
 
“ Arrivata finalmente “  pagò di fretta, senza ricevere il resto e uscì dal taxi.
Ed eccolo. 
Perfetto come lo ricordava, Harry la stava aspettando sulle scalinate davanti casa sua. 
Scarpe nere lucide e perfettamente allacciate, un paio di calzoni marrone scuro; sopra una giacca grigia e sotto un maglione leggero, marrone scuro, che nascondeva a mala pena le due catenine di cui non si separava mai, ma che nessuno era mai riuscito a vedere completamente.
I riccioli più folti dell’ultima volta, le labbra più rosse, gli occhi più magnetici e l’attrazione più forte di tutto il resto.
Aveva alzato lo sguardo dal cellulare, lo aveva infilato velocemente nel taschino e vedendola scendere in quel bellissimo vestito blu l’aveva trovata dannatamente attraente.
Aveva corso senza celare minimamente l’impazienza che aveva di abbracciarla e una volta che il taxi si fu allontanato abbastanza, le aveva preso il viso fra le mani e baciata con tutta la passione che aveva.
« Mi sei mancata » e una lacrima scorse su quel viso perfetto.

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Capitolo 25
*** Now we are finally together... more than before ***


Il primo bacio dolce e malinconico.
Il secondo pieno di felicità.
Il terzo bramoso e passionale.
Possibile ci possa essere al mondo attrazione e bramosia più forte di quella di due amanti separati contro la loro volontà?
Non avevano aperto gli occhi nemmeno per un istante, non si erano separati se non per pochi secondi, ma poi erano tornati subito a baciarsi, come se quella sarebbe stata l’ultima volta.
Anne aveva preso frettolosamente le chiavi di casa, aveva aperto il portone bianco e ancora stretta tra le braccia di Harry l’aveva spinto dentro.
Le mani di lei che frenetiche avevano sbottonato il giubbotto e che ora erano finite a sfilarsi i tacchi; lui che, dopo averle sfilato il cappotto, la teneva per la schiena indietreggiando in casa.
« Le scale… la mia camera è di sopra »disse Anne, con il fiatone.
Le mani di lui ancora spinte sulla schiena per tenerla stretta a sé, le braccia di Anne ancora aggrappate al suo collo tenendolo sempre vicino: le scale le avevano salite senza separarsi, inciampando qua e là.
Niente a distrarli, erano arrivati velocemente alla sua stanza; completamente al buio, Anne lo aveva spinto sul letto, spogliandosi del vestito blu, senza vergogna.
Il silenzio interrotto dal loro respiro affannato e davanti a loro un’intera notte d’amore.
« Ti amo »
Lui che coraggioso era riuscito a rendere quella loro prima volta la cosa più dolce e romantica di sempre e a confessare con quelle semplici parole ciò che la distanza non gli permetteva di dimostrarle ogni giorno, come avrebbe voluto.
« Anche io ti amo »
Tremando, Anne lo aveva attirato di nuovo a sé e lo aveva baciato con passione.
“ Ora siamo finalmente insieme… più di prima “  e una lacrima di pura felicità le aveva rigato il viso.

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Capitolo 26
*** Maybe someone else has found love ***


«Buongiorno amore »e senza preoccupazioni strane come l’alito mattutino e cose varie, Harry l’aveva baciata, con la stessa intensità della marea di baci di quella notte, come se quella passione, quel sentimento, lo provasse ogni volta che era con Anne, come se non potesse mai finire.
«Buonissimo giorno anche a te »
Poi alla mente la marea di bellissimi ricordi di quella notte seguiti dalla più agghiacciante e preoccupante delle rimembranze.
«ODDIO I MIEI! »e correndo alla porta, mettendosi prima qualcosa addosso, aveva fatto segno ad Harry di rimanere immobile.
Percorrendo il corridoio era passata davanti alla camera dei suoi genitori: il letto non ancora disfatto e giù di sotto, il salotto esattamente come la sera prima l’avevano lasciato lei e Sophie.
“ Chissà dove sono finiti “ e tornata in camera aveva controllato il cellulare.
                                                                                  
[ - 3 CHIAMATE PERSE: MAMMA – UN MESSAGGIO RICEVUTO: MAMMA ]
 
E con fretta e preoccupazione l’aveva aperto.
 
[ TESORO IO E TUO PADRE AVEVAMO BISOGNO DI STARE UN PO’ SOLI… SIAMO ANDATI A CENA NEL RISTORANTE SOTTO QUELL’ALBERGO DI CUI TI PARLO SEMPRE, IN CENTRO. CI SIAMO FERMATI Lì. TORNIAMO PER L’ORA DI PRANZO. UN BACIO ]
 
E ringraziando solennemente gli ormoni in subbuglio, non ancora estinti, dei suoi genitori, si era lasciata cadere sul letto di peso, sollevata di non aver rischiato niente.
Harry, ancora immobile al suo fianco, con aria interrogativa, aspettava spiegazioni.
«I miei… sono rimasti a “ dormire ” nell’albergo dove sono andati a cena. Mamma va matta per quel posto »e sottolineando con delle virgolette fatte con le dita la parola dormire, aveva schioccato un bacio sulla guancia di Harry e si era rifondata sotto le coperte.
Imbarazzata, aveva ritrovato sotto le coperte il meraviglioso fisico di Harry.
Poi il ricordo di tutta quella passione, di tutto quell’amore e le guance che si fecero di botto ardenti.
«Ah! Pure loro una notte di fuoco, insomma. Mai, però, come la nostra »
Quella frase l’aveva fatta arrossire ancora di più.
“ Già… una notte di fuoco “ e pensieri imbarazzanti corsero dietro ai ricordi: le sue mani che percorrevano centimetro per centimetro la schiena di lui, le braccia, il petto, le mani di lui che la abbracciavano, che ad ogni tocco sulla pelle di lei la facevano sussultare di desiderio.
Harry che percorreva la sua pelle tremante: ormai sapeva ogni parte del suo corpo a memoria, nonostante tutta la camera fosse stata per tutta la notte al buio.
Poi tornarono a baciarsi, abbracciati sotto le coperte.
 
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Quel pomeriggio, niente Harry.
Anne aveva assolutamente bisogno di parlare con Sophie e il ragazzo aveva delle cose con i ragazzi e Paul da fare in preparazione alla signing session del 3 ottobre.
«Tesoro, ma è meraviglioso! »e stritolandola in uno di quegli abbracci da cui ne esci mezza dolorante, Sophie, entusiasta come sempre, si complimentava con lei per una così… così… delicata come perdere la verginità con la persona che si crede sia quella giusta.
Perché ad Anne sembrava la cosa giusta solo perché insieme a lei c’era Harry.
Fosse successo con qualcun altro, cosa che Anne non poteva nemmeno immaginare, non ci riusciva, probabilmente si sarebbe sentita uno schifo e non così dannatamente felice e leggera.
«Già… è davvero bellissimo come io mi sia sentita bene. Spero tu possa trovare qualcuno molto presto: che tu possa capire la mia felicità e provarla appieno. Sarebbe la miglior cosa che possa succedere alla migliore »
Poi il cellulare di Anne a vibrare, sul tavolo.
 
[ AMORE STASERA CHE NE DICI SE USCIAMO A CENA TUTTI E SETTE INSIEME? ]
 
Harry.
E poi un'altra vibrazione. Un altro messaggio.
 
[ SWEETHEART, STASERA A CENA TUTTI INSIEME! SIACI! (?) ]
 
Zayn.
Riconosceva a chilometri di distanza come quelle parole dessero dannatamente di lui. Era da lui parlare in quel modo così strano e buffo ed era anche da lui inventarsi termini completamente grammaticalmente scorretti.
E questo la faceva sorridere sempre, anche quando in passato sorridere le era diventato un qualcosa di forzato.
«Ei Sophie, i ragazzi hanno chiesto se stasera ci va una pizzata insieme, accetto anche a nome tuo ovviamente. Dai, così te li presento finalmente! »
«Certo, sarebbe un piacere! Pensa a tutte quelle ragazze che vorrebbero essere al mio posto… pensarci ti fa sentire così… strana »
«Non ci avevo mai pensato. La gente non sa di me ed Harry, perciò nessuna vorrebbe essere me… o te »
«Per ora… »
«Come per or… »e interrompendo quella frase di netto, aveva spostato la sua completa concentrazione sul cellulare, che preso da un altro dei suoi sempre più frequenti attacchi isterici, non le stava dando modo di inviare una risposta affermativa ai due ragazzi.
 
[ PERFETTO. ALLE 7 SOTTO CASA MIA? NON VEDO L’ORA. ]
 
Per Harry.
 
[ OK. A STASERA. OVVIAMENTE PORTO ANCHE SOPHIE. ]
 
Per Zayn.
 
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Un paio di pantaloni neri attillati, un maglioncino leggermente scollato viola abbinato al colore delle scarpe alte. Solito capotto lungo fino alle ginocchia e niente borsetta. Capelli sciolti e soliti occhiali neri a coprire il trucco.
Sophie invece quella sera aveva sfoggiato i migliori acquisti di sempre: una maglietta a righe orizzontali blu stretta poco sotto il seno dall’inizio di una lunga e stretta gonna blu con motivi floreali. Scarpe alte blu scuro. Una lunga treccia da un lato e una perfetta linea di eyeliner che le rendeva lo sguardo sexy e dolce allo stesso tempo.
«Wao. E meno male, tesoro, che questa volta non ti ho detto di infighirti! »rise Anne, facendole segno di fare una giravolta per poterla guardare meglio da tutti i lati.
“ Semplicemente meravigliosa “
Anche se si metteva qualcosa di semplice, Sophie sapeva sempre come abbinare perfettamente una maglietta ad un paio di pantaloni, un paio di scarpe ad un vestito e un paio di orecchini ad una borsa.
Sophie riusciva sempre, ogni volta che uscivano insieme, a farle perdere completamente l’autostima, nonostante l’amica le facesse sempre centinaia e centinaia di complimenti.
Era semplicemente meravigliosa e forse era anche proprio per il portamento fiero e noncurante del giudizio della gente che quella sua bellezza diventava sfacciata e mozzafiato.
Anne avrebbe voluto avere quella consapevolezza di essere bella, quel “ si guardatemi, so di essere splendida stasera ” che si poteva benissimo leggere sull’espressione di Sophie quando si usciva.
Forse era proprio quello il segreto: mai far capire alla gente che tu non ti senta bella o comincerà a crederlo anche lei.
Lo squillo di Harry ad avvertirle del loro arrivo.
Scesero le scalette fuori casa con una tale eleganza da sembrare modelle su una passerella.
Completamente rimasto senza fiato, Harry aveva baciato Anne in modo delicato e dolce.
«Ragazzi questa è la mia migliore amica Sophie »
«Piacere »e invece di ricevere una marea di strette di mano, Sophie venne assalita da una marea di braccia, che, senza timore o vergogna, l’avevano abbracciata come se la conoscessero da secoli, come se fosse una di famiglia.
Le piacque subito come quei cinque ragazzi erano riusciti a farla sentire a proprio agio: era cosa piuttosto strana, soprattutto da parte di cinque ragazzi.
Ma quando restarono solo un paio di braccia ad accoglierla, successe l’impensabile.
Gli occhi di Sophie che fino ad allora avevano sempre guardato in basso se non per qualche breve e sfuggente sorriso, ora erano incollati a quelli color nocciola di Zayn.
“ Mio Dio… che meraviglia è mai questa? “si chiese Sophie, confusa e ammaliata.
«Piacere, Zayn »e da lui niente abbraccio.
Una stretta di mano e niente più.

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Capitolo 27
*** The roller coaster ***


Le montagne russe. 
Il cuore di Sophie era in piena corsa sulle rotaie di quelle montagne chiamate “ dell’amore”.
Ogni volta che sentiva i suoi occhi nocciola posarsi su di lei, ogni volta che, alzato lo sguardo dal piatto, incontrava quello dannatamente adorabile e magnetico di Zayn, il cuore partiva, impaziente di galoppare fino a chissà quale traguardo.
« Ehi amico! Guarda che se la stai fissando di nascosto… beh, ti avviso. Ci stai riuscendo alla grande! » disse Niall sarcastico.
« Eh?!?! Io?? fissare?? No!! Sophie… non è carina?!?! Non stiamo insieme!! » quasi urlò il pakistano, cadendo da chissà quale nuvoletta.
« Ma chi ha detto niente!! » scoppiò a ridere il biondino, quasi sputando i resti di un boccone. 
 
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« Ragazzi non vi offendete, vero, se io e Anne stiamo un po’ da soli per conto nostro? » disse Harry, prendendola per mano.
« Styles… Styles. E lo chiedi pure?!?! Muoviti e fai il tuo dovere amico! EH BUM! » e con uno strano movimento di bacino e una spinta di braccia all’indietro, Louis imitò… beh… imitò un’inculata, detta “ papele papele”.
Diventato improvvisamente rosso per quel gesto da completo cretino, Harry aveva bisbigliato un “ meglio se ci allontaniamo da quei matti ” all’orecchio di Anne, che rise maliziosa, anche lei diventata rossa.
« Sono proprio una bellissima coppia » disse Sophie sognante.
« La rende felice… e questo in amore è la cosa principale perché tutto funzioni » 
Zayn che le comparve improvvisamente alle spalle.
Le si era avvicinato fino a che le loro braccia non furono a centimetri di distanza.
Il cuore di Sophie che non la smetteva di galoppare.
« Hai ragione » 
E poi il silenzio.  
Non uno di quei silenzi leggeri: quello fu carico di imbarazzo e di attesa.
Entrambi attendevano solo che l’altro cominciasse a dire qualcosa. 
Un qualcosa che non arrivò mai. 
Niall, che si intromise tra loro e che prendendoli a braccetto, li aveva convinti ad andare a comprare uno di quei buonissimi gelati italiani interrompendo così quel momento imbarazzante.
 
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« Ragazzi io me ne prendo un altro. Voi volete qualcosa? » disse Niall, dopo aver finito di divorare il terzo gelato cioccolato e menta. 
« Un altro?!?! Niall, siamo a quota quattro con questo! E qui i gelati non sono piccoli come quelli che mangi di solito! Finirai per stare sveglio tutta la notte perché ti lamenti del mal di pancia, ti avverto! » disse Liam preoccupato.
« Tranquillo fratello. Non mi sentirai emanare nemmeno un lamento stanotte » e felice andò alla cassa e si fece preparare quel quinto gelato che sparì meno in fretta degli altri.
« Ehi Sophie… t-ti va di an-andare a fare un giro? » disse Zayn balbettando in un modo stranissimo che lasciò Louis, Liam e Sophie stupiti… quasi scioccati.
« Emh… si, certo » rispose lei, senza esitazione, sorridendo nel modo più solare e allegro possibile.
Poi di nuovo quel silenzio imbarazzante. Quella tensione nell’aria ed entrambi che attendevano che qualcuno dicesse qualcosa.
« Io… » dissero all’unisono.
« Comincia prima tu » propose Zayn.
« Wao, che principe. No, dai comincia tu. Di solito cominciano sempre a parlare i ragazzi. E poi mi sembrava dovessi dirmi qualcosa quando mi hai chiesto di fare un giro. Spara » 
Con naturalezza, Sophie aveva allentato la tensione senza che nemmeno se ne accorgesse.
Possibile le venisse così naturale comportarsi con quei ragazzi come se li conoscesse da una vita? Era qualcosa di strano, ma meraviglioso. Erano poche le occasioni in cui riusciva a sentirsi in imbarazzo e la maggior parte di queste volte era per colpa di Zayn. O, per meglio dire, di ciò che provava per quel meraviglioso principe azzurro: per quello che aveva provato fin dal primo momento in cui, sentendo la sua voce e incontrando i suoi occhi, aveva sorpreso il suo cuore a galoppare e le sue guance ad arrossire.
« Ok. Comincio io… anche se non è una cosa facile da dire, anche perché è qualcosa di frettoloso, di provato pochissimo tempo fa, di qualcosa che sento possa essere abbastanza importante da cambiare le cose ancor prima che qualcosa nasca fra noi. Provo qualcosa per te » disse tutto d’un fiato e senza fermarsi continuò.
« Fin dal momento in cui ti vidi comparire dietro Anne, fin dal momento in cui ti strinsi la mano, vergognato e frenato dalla confusione che avevo dentro. Dopo aver visto i tuoi occhi però… ho capito. La confusione è cessata e insieme a quel silenzio, nella mia mente e nel mio cuore si è fatta strada l’idea che anche tu provassi lo stesso… beh, che tu… » cominciò di nuovo a farfugliare.
Impacciato più che mai, se Sophie non lo avesse fermato con quel bacio, probabilmente il ragazzo sarebbe finito in iperventilazione o nel panico più totale.
In preda a quell’uragano di sentimenti che diventavano concreti ad ogni parola di Zayn, Sophie lo aveva fermato. 
Con un bacio.
Con il bacio più dolce e romantico del mondo.
I loro cuori che facevano a gara a chi correva più veloce, le loro labbra che si assaggiavano timidamente, le mani di lui che si facevano spazio fra i capelli sciolti di lei per andarne ad accarezzare il viso ormai in fiamme, le mani di lei che su per le braccia muscolose e possenti salivano fino alle spalle per poi andare ad accarezzarne la pelle del collo, che da morbida si fece ruvida, che al contatto con le sue dita era stata percossa da brividi.
Entrambi avevano la pelle d’oca e il cuore che correva su e giù, sulle montagne russe.

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Capitolo 28
*** Maybe everything is starting to break ***


[ 14 marzo – 17: 39 -  cinque mesi dopo – a casa di Sophie ]
 
[ HO SOLO PAURA CHE TU POSSA TROVARE IL RAGAZZO PERFETTO ANCORA PRIMA CHE IL DESTINO CI DIA LA POSSIBILITA’ DI CONOSCERCI, COME SE LA DISTANZA NON CI FOSSE MAI STATA]
 
E come se quei bellissimi giorni di ottobre passati insieme non fossero mai esistiti, Sophie aveva dimenticato i baci di Zayn, ne aveva dimenticato il sapore.
Non le rimaneva che la sua voce, che aveva sentito tre settimane prima e che, anche se non poteva, voleva poter sentire ancora.
Sophie, davanti allo schermo del suo pc, leggeva l’ultima frase di quell’ultima e-mail strappa lacrime.
Zayn le aveva inviato quella mail pochi giorni prima di partire per l’America, poco prima che il suo lavoro lo occupasse davvero per troppo tempo, tempo prima della disgrazia di suo zio.
Appena aveva saputo di quello che era successo, Sophie aveva combattuto contro se stessa, contro l’impulso che aveva di chiamarlo, ma per rispetto verso lui e i suoi famigliari aveva evitato.
Ora piangeva davanti a quello schermo, sola. Sola a combattere per avere bei voti a scuola, a combattere per Anne che stava gettando la spugna.
Più forte di tutti, adesso stava combattendo quella guerra da sola: sola contro tutti, contro quel buio della depressione che aveva avvolto l’amica che non riconosceva più, contro quella voglia di mollare tutto, contro quel briciolo di rispetto che aveva per se stessa che le diceva di aspettare fosse lui a farsi sentire.
Stava per dare di matto. Stava impazzendo.
 
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[ 14 marzo – 17:40 – cinque mesi dopo – a casa di Anne ]
 
Amore mio,
ora sei in America. Te la starai spassando alla grande, immagino.
Conosco Louis: non ti avrà permesso nemmeno per un secondo di pensare a me e quindi di essere triste. E questo è un bene. Davvero.
Io qui, da sola, invece non faccio altro che pensarti.
Come potrei non farlo?
Poi, però, arrivano dei momenti in cui cerco di smetterla. Costringo me stessa a cercare un modo per non farlo, non rendendomi conto che facendo così non faccio altro che peggiorare le cose.
Non mi manchi, di più. E stare a scriverlo in una lettera che probabilmente non ti invierò mai, mi fa sentire ancora peggio.
Sto annegando nella tristezza, di nuovo. Mi sto aggrappando ai ricordi, al sapore delle tue labbra che non ricordo nemmeno più, al tuo profumo che potrei riconoscere tra mille.
Mi sto aggrappando al ricordo dei tuoi occhi.
Riguardo le nostre foto: ti ricordi le risate la sera del nostro primo picnic insieme? Io no…
La memoria mi inganna e la mente la sta aiutando.
Sono cinque settimane che plasmo quei ricordi come voglio.
Dopo quei baci bellissimi sotto quell’albero, a Londra, ci ritroviamo magicamente nel mio letto, abbracciati, in Italia, e da tarda sera in pochi secondi si fa già mattina, come se quelle settimane non fossero mai passate veramente.
Non ho nemmeno più i ricordi, vedi?
Sophie mi aiuta, per quel che può fare.
Zayn non si sta facendo sentire: lo capisco e mi dispiace veramente per suo zio.
Invece tu hai smesso di farlo senza motivo.
Anzi, io ho dovuto trovare una scusa, per te: il tuo lavoro che ti impegna 24 ore su 24.
E mai, come ora, mi sono sentita sola e persa a questo mondo.
Mi sto chiudendo in me stessa: non parlo nemmeno più di quello che la notte mi fa piangere.
Mi chiudo in quei ricordi distorti e confusi, che ormai non sono altro che fantasia. Quei momenti li ho vissuti solo io nella mia testa; tu non puoi ricordarli. Li ho vissuti solo io, nella mia testa, in un altro mondo.
Ho solo bisogno di un tuo abbraccio, tutto qui. Non chiedo troppo, ma vedi come il mondo stia facendo girare tutto al contrario?
Non vedi come il destino e la fortuna stiano remando contro di noi?
“ Troveremo il modo per stare insieme ” mi hai scritto l’ultima volta.
Quell’ultima frase di quel tuo ultimo messaggio.
Questa frase ce l’ho tatuata sul cuore perché è la frase che da cinque settimane non fa che formare echi nella mia testa. È questa la frase che compare dappertutto, perché appena rispunta nella mia testa, prendo una penna e la scrivo dove mi capita, anche sui muri della mia camera.
Sembro una psicopatica.
Da quando ho smesso di mangiare, i miei non fanno che guardarmi con compassione e ribrezzo, come fossi un mostro orribile.
Già, perché i miei occhi, diventati ormai rossi per il bruciore delle lacrime, ora hanno solchi viola e neri sotto.
Ho smesso di mangiare, non te l’ho detto prima?
Non è un segreto, anche se non ne vado fiera. Ma non ho fame.
Sophie mi ha portata a mangiare un gelato ieri pomeriggio: sono arrivata a metà, poi lei ha mangiato il resto.
Nemmeno un gelato intero riesco a mangiare che il vuoto che ho dentro lo spinge fuori: vuole tutto lo spazio possibile, anche quello nel mio stomaco.
Stai ancora cercando il modo per stare insieme a me?
Probabilmente no, ne sono sicura.
Eppure io l’ho trovato per quanto possa essere impossibile che qualcuno mi lasci fare una pazzia del genere.
17 anni. Ci sono quasi.
Mi basta arrivare alla terza superiore per dire addio agli studi e venire via con te.
Hai abbastanza soldi per entrambi e poi una persona in più su quel bus non darà fastidio.
Occupo poco spazio, sai?

No… pessima idea.
Sono solo film mentali che mi aiutano a non perdere quel granello ormai invisibile di speranza.
Eccole.
 Le lacrime. Di nuovo a rompere le scatole.
Ogni volta il bruciore agli occhi aumenta: sta diventando anche doloroso sfogare il dolore che ho dentro.
Sono sicura non potrò mai più piangere: le finirò tutte adesso, le lacrime.
Beh… continuo a pensarti. Sempre.
Anche se tutto sta andando malissimo.
Ti amo.
                                                                                                              
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   Forse ancora tua, Anne.
 
Poi aveva preso quel foglio, lo aveva accartocciato e gettato in un angolo.
Aveva spento la luce e al buio era annegata nelle notte di More Than This. 

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Capitolo 29
*** I'm sick and you know, even if i can't say it to you ***


« Amore… no!! » e nonostante volesse urlare, quel grido non uscì mai dalla gola di Anne, che sudata e scioccata era nel suo letto.
Il cuore che batteva all’impazzata per lo spavento, gli occhi che confusi non vedevano che chiazze di colore comparse tra il buio più totale, le mani che a tastoni cercavano l’unica fonte di luce, il cellulare, il fiato che accelerava ogni volta, come se non ci fosse aria in quella stanza, la gola che diventava secca, la bocca pastosa.
Era nel panico più totale e in quella confusione le immagini agghiaccianti di un Harry che le voltava le spalle.
Aveva bisogno del suo aiuto, aveva bisogno di lui e proprio quando le sue parole e il suo aspetto glielo avevano fatto capire, Harry si era voltato disgustato, lasciandola sola, piangente.
Era questo che la spaventava più di qualsiasi altra cosa ed era quello che stava succedendo.
« Tesoro! Tesoro! Siamo qui, sono mamma » disse la madre entrando nella stanza.
La luce.
Quella luce accecante e quelle parole dannatamente forti. Non sopportava più nemmeno quelle.
Poi delle braccia ad accoglierla in un abbraccio che non riusciva a riscaldarla: un abbraccio freddo che avrebbe dovuto frenare il suo tremare, ma che invece peggiorò le cose.
La madre che spaventata era diventata di pietra, appena aveva visto come la figlia stesse piangendo completamente nel panico, se ne andò, chiuse la porta senza nemmeno chiederle se stesse bene.
La lasciò sola.
Ora che aveva bisogno di qualcuno, lasciò la figlia sola, al buio.
 
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« Harry ti prego! Harry rispondimi!! »
Louis nel panico, aveva l’amico svenuto, fra le braccia.
La vista gli si era annebbiata di colpo, mentre stava parlando con Louis, la stanza aveva cominciato a girare e all’improvviso si era sentito sbattuto qua e là, come travolto dalla centrifuga di una lavatrice.
« Amico, ma che… » disse Zayn, entrando nella stanza.
« CHIAMA QUALCUNO!! HARRY E’ SVENUTO, CAZZO! »
Louis era stato aggressivo con l’amico, ma questo solo perché nonostante stesse schiaffeggiando Harry per farlo rinvenire, l’amico non rispondeva, ancora senza sensi tra le sue braccia, a terra.
Nel giro di due minuti appena, Paul entrò insieme ad un gruppetto di paramedici in tutina arancione, che presero Harry e lo fecero stendere su una barella.
Gli misurarono la pressione, poi il battito cardiaco; gli controllarono le pupille con una piccola torcia e videro se il corpo rispondeva a dei piccoli impulsi del tutto involontari.
Niall aveva cominciato a mordersi le labbra e le unghie: i suoi occhioni azzurri adesso erano lucidi.
« Amico, andrà tutto bene, vedrai » e Liam lo abbracciò, tranquillizzandolo per quanto si poteva.
Louis arrabbiato camminava avanti e indietro per la stanza.
« Se non fosse per tutto questo stress… se non fosse per tutte queste cose che facciamo ogni giorno… se solo fossimo in Europa… forse… »
« LOUIS PIANTALA DI DIRE QUESTE COSE! ZITTO! » lo ammonì Paul che cercava, più di tutti, di non farsi prendere dal panico.
Poi finalmente il braccio di Harry si mosse e insieme a quel movimento, i ragazzi poterono vedere Harry aprire gli occhi e tentare di alzarsi.
« C-Cosa è successo? » disse Harry massaggiandosi la testa.
Louis, dall’altro lato della stanza, con scatto fulmineo, si era fiondato sull’amico e ora lo abbracciava piangendo.
« Ho temuto il peggio… non farmi mai più scherzi del genere >> e a quell’abbraccio si unirono gli altri tre ragazzi altrettanto preoccupati.
« Ragazzi… Anne… le è successo qualcosa! L’ho visto! »
Nella sua mente i flash di una visione spaventosa: Anne che piangeva al buio, in una stanza.
Aveva solo sentito quel lamento e poi aveva visto una mano magrissima che gettava un pezzo di carta in un angolo della medesima stanza.
Era successo qualcosa ad Anne ed Harry lo aveva sentito.

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Capitolo 30
*** The time that we are losing ***


[ LO SO. AVREI DOVUTO FARMI SENTIRE, AVREI DOVUTO CHIAMARTI OGNI GIORNO, MA CREDIMI SE TI DICO CHE SE AVESSI FATTO COME IL MIO CUORE MI DICEVA SAREBBE STATO PEGGIO, PER ENTRAMBI. FORSE NON L’HO FATTO PER IL POCO TEMPO A DISPOSIZIONE: NON MI SAREBBERO MAI BASTATI CINQUE MISERI MINUTI AL TELEFONO CON TE. FORSE È ANCHE QUESTO IL PROBLEMA: NON MI BASTA STARE AL TELEFONO E SENTIRE LA TUA VOCE E NON CHIAMARTI PER NIENTE MI AIUTAVA A STARE MEGLIO. A CERCARE ALMENO DI NON PENSARTI, NONOSTANTE LO ABBIA FATTO OGNI SECONDO, NOTTE E GIORNO. MI MANCHI, TI AMO, PIÙ DI QUANTO TU POSSA IMMAGINARE E NON POTERTELO DIMOSTRARE OGNI GIORNO… MI UCCIDE. HO AVUTO UN COLLASSO: LA SCORSA SERA, MENTRE STAVO PARLANDO CON LOU, IN ALBERGO, SONO SVENUTO. E TI HO VISTA. STAI MALE COME IMMAGINO VERO? L’HO VISTO. MENTRE ERO INCONSCIENTE. È FOLLE, MA TI HO VISTA PIANGERE E HO VISTO CHE FINE HAI FATTO FARE A QUEL FOGLIO DI CARTA. NON RIESCO NEMMENO A CHIEDERTI DI AVERE SPERANZA: LA STO PERDENDO ANCHE IO. L’UNICA COSA DI CUI SONO CERTO È CHE TI AMO, CHE NON VOGLIO CHE FINISCA QUALCOSA CHE NON ABBIAMO NEMMENO FATTO COMINCIARE. TI AMO, NON RIESCO A FARE ALTRO. PERDONAMI. ]
 
Aggrappata a quel messaggio come la pianta rampicante spende tutte le sue forze per crescere lungo una ringhiera, l’aveva riletto cinque volte quel messaggio e continuava a piangere.
Voleva riuscire a scrivergli un messaggio, voleva riuscire a tranquillizzarlo con qualche parola, ma non voleva mentirgli: lui era l’unico a cui non avrebbe mai negato la verità. Non meritava di non sapere.
 
[ SI, STO MALE. PIANGO, LE LACRIME RIEMPIONO IL MIO STOMACO, VUOTO ORMAI DA SETTIMANE. SI, SONO ANORESSICA, E SI, SONO CADUTA NEL BUCO NERO DELLA DEPRESSIONE, E ANCORA SI, NON NE VADO PER NIENTE FIERA. IL MONDO SI È PRESO IL MIO SORRISO E, INSIEME A QUELLO, LA MIA SPERANZA. TI AVEVO SCRITTO UNA LETTERA: GIÀ. QUEL FOGLIO DI CARTA ERA UNA LETTERA, ERA UNO SFOGO CHE FORSE NON TI FARÒ MAI LEGGERE. SE POSSO EVITARE CHE TU STIA MALE ULTERIORMENTE… BEH, SAREI DISPOSTA ANCHE A TENERMI TUTTO DENTRO. TI AMO. È L’UNICA COSA CHE MI È RIMASTA. ]
 
E poi… quando stava per premere ‘ invio ’ , cancellò tutto.
Questa volta niente attacco isterico del cellulare a farla innervosire: questa volta quel messaggio era sparito. Quelle parole non sarebbero mai arrivate ad Harry: solo voi ne siete a conoscenza.
Avrebbe scaricato una parte di quel peso ad Harry, l’avrebbe fatto stare male.
Lasciò il telefono sul comodino della sua camera e involtinata in una coperta che la faceva sembrare meno magra, era andata in salotto, a guardare un po’ di tv ora che i suoi erano entrambi a lavoro.
 
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«Amico, ma che ti prende?? Sei strano e questo non mi piace »disse Zayn.
«Scusa. Voglio restare solo »
Lo schermo dell’iPhone in mano acceso sulla schermata dei messaggi.
Un papiro. E il nome di quella cartella di messaggi a farne capire il destinatario: “ Mum ”.
- Gli mancherà la madre. In fondo, da quando i suoi hanno divorziato, è diventato molto protettivo e dolce nei suoi confronti. Zayn, capiscilo. Oggi è anche la giornata della mamma – aveva pensato il pakistano.
«Ehi. Pure tu di cattivo umore? »
«Si… mi unisco ad Harry »disse Niall con un musone che arrivava a terra.
«Ma… che gli è preso anche a lui? »Zayn mimò le parole a Louis e Liam che sui divanetti avevano da fare con i loro cellulari, di sicuro con Twitter.
«Le fans… se così si possono chiamare »disse Louis, prestandogli attenzione anche se per pochi secondi.
«Come?!?! DI NUOVO?!?! »disse esasperato.
Si voltò verso la stanza in cui quei due si erano chiusi e vide, appena in tempo, Niall chiudere la porta, tristissimo.
Nemmeno Zayn sapeva cosa fare.
Confuso non sapeva se deprimersi o se giocherellare e svagarsi, magari su Twitter a far sclerare milioni di ragazze che sicuro, per un suo RT, avrebbero pagato oro.
Odiava quel non poter accontentarle tutte, per questo stava poco e niente su quel social network, a differenza dei suoi due amici.
Piuttosto preferiva andare su Youtube dove poteva immergersi nei bellissimi video che quelle tante fans facevano per lui, per loro.
Ed ecco che gli arrivò un messaggio.
 
[ NON TI SEI FATTO SENTIRE, NON CE L’HO CON TE PER QUESTO. TI VOGLIO BENE, SEI MIO FRATELLO. E MI MANCHI, SOLO QUESTO. TI VOGLIO BENE. ]
 
Anne.
E davanti a quel messaggio il suo cuore si riempì di felicità.
Anche lei gli mancava.
Più di qualsiasi altra persona al mondo, avrebbe voluto condividere anche con lei quelle bellissime meraviglie che l’America stava riservando loro.
Quella neve del primo giorno, quel bellissimo sole arrivato poi.
Avrebbe voluto condividere tutto quello con Anne e… con Sophie, la ragazza a cui aveva donato il cuore.
Ce l’aveva ancora lei.
 
[ ANCHE TU MI MANCHI, TROPPO. VORREI AVERV… EMH, AVERTI QUI, CON ME. TI VOGLIO BENE, TROPPO. ]
 
E poi si chiuse nella sua camera d’albergo.
Chris Brown come sottofondo e poi crollò nel sonno più assoluto, un sonno che vinse sulla noia e l’indecisione su cosa fare.
 
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E così… come se niente fosse, le settimane stanno passando amore mio e io miglioro.
Forse ho di nuovo trovato la forza per andare avanti, per abbattere questo muro che mi ero costruita attorno, per non cadere più in basso, per rialzarmi.
E si, è ancora merito tuo. Lo è sempre in fondo.
Mi aggrappo a quei video bellissimi che Sophie mi fa vedere tutti i pomeriggi: ci stiamo le ore a guardarvi.
Ridiamo e piangiamo: si… sono diventata una tua fan, ora che quel buco nero si è risucchiato via anche quel poco che ricordavo di Londra, di me, di te, di noi, della nostra prima volta, dell’Italia insieme.
Sono una Directioner. Lo avresti mai detto?
So ogni vostra canzone: le ascolto tutti i giorni.
La tua voce mi aiuta a cominciare la giornata. Adesso la comincio sorridendo.
La vostra musica mi ha salvata e tutt’ora mi sta ancora aiutando a guarire e non vi ringrazierò mai abbastanza.
Ti amo. E voglio bene ad ognuno degli altri quattro ragazzi.
E no… questa lettera non te la spedirò.
Voglio che tu la legga mentre io ti guardo arrossire, sorridere e forse piangere, di felicità però.
Te la darò di persona. E la farai leggere agli altri perché in queste parole c’è un enorme ringraziamento anche a loro che sono i miei fratelli ormai, che sento far parte della mia famiglia.
Ragazzi, vi voglio bene.
Niall adoro la tua risata che è la più bella del mondo: non smettere mai di farlo.
Louis adoro i tuoi occhi che sono lo specchio del tuo animo solare e limpido.
Liam adoro i tuoi abbracci, i più rassicuranti del mondo.
Zayn, il mio migliore amico, il fratello che ho sempre voluto avere. Ti voglio bene, non dimenticarlo mai.
E poi tu Harry, la persona che più amo al mondo, la persona che non dimenticherò mai. Un giorno avrò la fortuna di trovarti sempre al mio fianco, fin da quando mi sveglierò la mattina a quando andrò a letto la sera.
Ti amo. Non smetterò mai di ripetertelo.
Ciao a tutti.
 
                                                                                                                                                                                                   La vostra Anne, una delle tante Directioners.
 
P.S. Zayn qui c’è qualcuno che non si è dimenticato nemmeno per un secondo di te, che ti pensa, sempre. E che ti aspetterà, dovessero passare mesi.

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Capitolo 31
*** Don't forget us ***


' Solo tu sai come farmi volare.
Lo fai sempre, mi basta ascoltare la tua voce per sentirmi a metri da terra.
E invece questa volta, con la stessa velocità con cui mi fai stare bene, questa notizia mi ha demoralizzata, mi ha completamente buttata a terra, ferita.
American Summer Tour.
Come potrei non odiare queste parole che sono l’ennesimo “ scordati Harry per l’eternità ” ??
Perché non sei nemmeno tornato in Europa che già escono le date di un vostro tour estivo, dall’altra parte del mondo.
Primi in America e si organizza un tour estivo nel giro di qualche giorno.
Primi in Italia e tutte quelle ragazze vi vedono da dietro ad uno schermo, vi sentono ringraziarle virtualmente e basta.
Bella merda, non credi?
E io che come la cretina mi sto sfogando scrivendo, come se questo possa risolvere le cose o renderle meno squallide e dolorose.
Manchi ad ognuna delle ragazze con cui ogni tanto mi sento su twitter: le più forti organizzano addirittura dei piani per farsi notare da voi.
Stanno pensando di mandarvi delle lettere, tutte con la stessa scritta e con lo stesso simbolo che indichi che quelle lettere sono tutte dalle stesse fans italiane: vi vogliono qui.
Non posso dire lo vogliano più di altre fans, perché ci sono stati che è come se non esistessero sulle cartine che i vostri menager prendono in considerazione per l’organizzazione di tour.
E con quello che si dice, non si realizzerà il loro sogno, né per quest’anno, né per l’anno prossimo, visto il tour Inghilterra-Irlanda.
E noi? Se c’è ancora un noi, che facciamo?
Niente, aspettiamo. So già che questa è la risposta.
Aspettiamo. Io intanto però non mi sento più sola come lo ero prima.
Ho Sophie che a momenti sta peggio di me che almeno qualche attacco di euforia ce l’ho.
La musica mi aiuta, le Directioners lo fanno tutti i giorni, ci teniamo compagnia e ci facciamo da spalla a vicenda.
Si piange insieme, rideremo mai comunque insieme?
Non dimenticateci, solo questo.
Ve lo chiedo a nome di tutte: non fatelo, potrebbe distruggerci. '

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Capitolo 32
*** L.A. I'm coming ***


«Tesoro! Ti è arrivata una lettera »
«Una lettera?? Ma cosa dici?? Non credo sia per me, controlla! »
Pigrissima come sempre, Anne non era uscita nemmeno dalla sua stanza: semplicemente comunicava con la madre, tre stanze più lontana, urlando come faceva ogni volta che non aveva tempo o voglia di andare nell’altra stanza.
«Anne se ti ho detto che c’è scritto il tuo nome vuol dire che è per te! Muoviti e vieni a prenderla! »
E sbuffando stava per risponderle ‘ Non me la puoi portare tu?? Ti costa tanto? ’, ma discutere di nuovo per la pigrizia era l’ultima cosa che aveva voglia di fare.
“ Di chi potrà essere?? “
 
[ HARRY STYLES – JW MARRIOT DESERT RIDGE RESORT & SPA – PHOENIX ]
 
“ HARRY?!?! “e trattenendo un gridolino isterico, aveva cominciato a tremare tutta e il cuore aveva cominciato a correre all’impazzata.
Era così magra e fragile in quella sua corporatura ormai consumata, che non era più florida e robusta come prima.
Sembrava impossibile credere di poterla vedere tremare in quelle condizioni senza vederla cadere nemmeno per salire in camera sua.
Invece aveva corso, per la casa, felicissima nonostante non sapesse ancora cosa quella busta custodiva: in fondo non le importava più di tanto, sapeva. Niente avrebbe potuto farla stare male se era qualcosa che le spediva Harry.
«Qualche regalino da Dallas? No… Anne è una busta, non un pacco! »e aveva continuato a parlare da sola, ipotizzando regali che non avrebbero mai potuto entrare in quella busta di appena 30 centimetri.
Poi, gettandosi sul letto, in camera sua, e chiudendosi la porta alle spalle, l’aveva aperta graffiandosi il dito con la carta tagliente e spessa.
«Ahia! »disse, ciucciandosi il dito che perdeva gocce lievi di sangue.
«Vabbè… dopo ci metterò un cerotto »e una volta aperta la busta, gli occhi le si spalancarono, incapaci di piangere in quel momento in cui anche la mente aveva perso la capacità di pensare qualcosa o anche solo di dare di matto.
“ Biglietti aerei “
Solo due parole nella sua mente e poi le parole della lettera ad occupare quel silenzio.
 
 
Ciao amore mio.
 
Mi manchi. Ora che sono in America e che dovrei essere così felice non passa giorno che non pensi a quanto potrei averti qui, solo dicendo quattro parole ad uno dei tanti manager che ci seguono ogni giorno.
E boh… io la cazzata l’ho fatta. Mi sono fatto avere due biglietti, uno per l’andata e uno per il ritorno, mi sono fatto prenotare un’altra stanza nel nostro stesso albergo ad L.A.
I biglietti sono per questo fine settimana: ti prego, accettali, ne abbiamo bisogno. NE HO BISOGNO. Fammi sapere.
Ti amo.
 
Tuo Harry. xx
 
Semplice e diretta.
Non avrebbe avuto bisogno di farselo ripetere due volte: aveva subito letto l’orario di partenza scritto vicino al numero del volo, aveva preso una valigia e presa dalla solita pigrizia aveva urlato alla madre.
«MAMMA! IO PARTO PER LOS ANGELES. HO IL VOLO VENERDì! »
Niente risposta.
Probabilmente aveva urlato troppo piano.
No, la madre non era né in cucina né in salotto. Sicuramente era uscita.
“ Meglio così “
Prese il telefono di casa.
«Anne?? »
«Sophie. A casa mia. Subito. Parto per L.A. venerdì »e poi riattaccò sicura di aver evitato le si rompessero i timpani per gli urletti isterici di Sophie.
 
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[ DOBBIAMO PARLARE. ALLE 10 NEL SALOTTO CHE UNISCE LE NOSTRE STANZE. TRANQUILLA PERO’… SISTEMEREMO TUTTO ]
 
E l’ansia in quel momento le trafisse il cuore.
La sera prima era arrivata tardi in hotel e non aveva salutato nessuno dei ragazzi, nemmeno Harry l’aveva aspettata sveglio.
Però… qualcuno c’era.
Paul.
Era andato a prenderla in aeroporto con un’auto con i vetri oscurati, le aveva portato le valigie fino alla stanza e le aveva augurato la buona notte tranquillizzandola che avrebbe avuto tutto il tempo per stare con i ragazzi che il mattino seguente non avevano impegni fino alle tre del pomeriggio.
Quel messaggio aveva interrotto la sua colazione appena cominciata.
Non l’ha più finita. Le si era chiuso lo stomaco di botto, dopo quelle parole.
Non poteva stare tranquilla.
“ Se solo avesse usato parole diverse per dirmi che aveva bisogno di tanto tempo da passare insieme… ma c’è qualcosa che non va, altrimenti non avrebbe detto quel ‘ sistemeremo tutto ‘ . C’è qualcosa che non va e questo mi spaventa a morte “
 
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[ 9:50 ]
 
Anne era pronta da almeno cinquanta minuti e aveva passato tutto il tempo a ritoccarsi il trucco, bere bicchieri d’acqua senza avere sete, guardarsi allo specchio e sbuffare e camminare su e giù per la sua bellissima stanza.
Poi qualcuno bussò alla porta.
«Tesoro?? Sei sveglia?? Apri, sono Zayn »
«Meno male che sei tu »e senza nemmeno aspettare entrasse si era fiondata fra le sue braccia tremando, ma senza perdere nemmeno mezza lacrima.
«Ehi… ehi… ehi… tesoro , ma cosa è successo?? »
«Zayn… è Harry. C’è qualcosa non va e dobbiamo parlare, tra… cinque minuti! Oddio, l’ansia mi sta uccidendo! »disse guardando l’ora al cellulare.
«Uh… emh… »
Il campanello ad interromperlo.
Zayn sapeva qualcosa e non l’aveva messa al corrente di niente.
Il cuore aveva cominciato a battere all’impazzata e il corpo tremava come non mai.
«Anne… sono Harry »e in risposta a quella voce, come se anche il suo cuore l’avesse sentita, si era improvvisamente frenato, rallentando radicalmente di battito producendole qualche capogiro.
Non era pronta a sentire cose c’era che non andava.
Voleva svegliarsi da quel bruttissimo sogno che era la sua vita.

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Capitolo 33
*** Kiss me... like you wanna be loved ***


«Sono stato con un’altra ragazza… la scorsa settimana, a New York »
Testa bassa: quelle parole non aveva nemmeno avuto il coraggio di dirle guardandola in faccia.
«Non sembri nemmeno dispiaciuto… »
Anne era sul punto di scoppiare: per la prima volta nella sua vita aveva provato rabbia, quella con la R maiuscola.
Girava per quella stanza.
Lo sguardo correva da un mobile all’altro, le mani nei capelli, la gamba destra che prese improvvisamente a calci una delle quattro poltrone supercostose di quel salotto di hotel.
«Porca puttana… che male! »e ancora più incazzata si era seduta sul divano, con la caviglia che le pulsava tra le mani.
«Ferma! Fammi vedere »
Harry, di scatto, si era inginocchiato davanti a lei e aveva avvicinato le sue mani alla caviglia.
«No! Non ti avvicinare nemmeno… vattene! Che venga qualcun altro… NON. VOGLIO. IL. TUO. AIUTO »
Anne aveva scandito quelle ultime parole, lo aveva guardato negli occhi con sicurezza e con rabbia: lo voleva lontano.
Non lo aveva mai voluto così lontano come quel giorno.
Harry si alzò e si allontanò, ancora a testa bassa.
«Mi dispiace… non sai quanto »e poi si chiuse la porta alle spalle.
 
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Si era stesa su quel divano.
La caviglia, ancora pulsante, non faceva altro che farla innervosire ancora di più.
Il soffitto.
Si stava perdendo in quella marea di piante e fiori e nella testa un’unica enorme domanda.
“ Come ha potuto? Dopo tutto quello che ci è successo… dopo la mia malattia! Non ci credo… SVEGLIATEMI! “
E Liam, come se le avesse letto nel pensiero, era entrato nella camera a testa bassa, occupato con il telefono.
Sapeva che Harry le aveva raccontato di Allyson, poi vide la caviglia nuda e gonfia e capì cosa l’aveva trattenuta a rimanere.
«Non intendo ascoltare le tue minacce; non ti lascio fino a quando non ti avrò curata… in tutti i sensi »
Liam si era avvicinato ad un mobile, ne aveva uscita una cassetta bianca con una croce rossa, le aveva fatto segno di sedersi, le aveva sfilato il calzetto grigio con estrema dolcezza e delicatezza e aveva cominciato a fasciarle la caviglia, senza parlare.
Anne, stupita, lo fissava.
“ Quant’è dolce… perché non mi sono innamorata di uno come te? “
E in risposta a quel pensiero, Liam aveva alzato lo sguardo incrociando quello di Anne.
Due bellissimi occhi castani ad affievolire tutte quelle emozioni che la stavano ferendo.
«Baciami… come vuoi sentirti amata »e Liam aveva in pochi secondi accorciato la distanza tra i loro visi e spento la rabbia con un bacio.

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Capitolo 34
*** We will work out the problem... together. ***


«No… Liam, non posso… non posso fare questo a Dan. Non posso farti questo… rovinerei tutto. Sarei lo sbaglio più grosso della tua vita »
Lo aveva allontanato con dolcezza.
La mano di Liam ad accarezzarle il viso che adesso si stava rigando di lacrime.
Non avrebbe voluto piangere, ma era come se tutto quel dolore che non riusciva a sfogare prima, avesse rotto gli argini che le lacrime stavano bloccando e adesso, insieme a loro, stava uscendo tutto ciò che provava.
Si alzò zoppicando dal divano e si chiuse in camera, a piangere.
 
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«Mi chiedo solo una cosa: come ti sei permesso, tutto qui »
Harry, disgustato e arrabbiato, aveva visto tutto e ancora da dietro la porta semiaperta si era ora avvicinato all’amico applaudendo, serio.
«Io… »
«No, guarda. Non c’è nemmeno bisogno tu dica niente »lo aveva interrotto «non pensavo potessi fare una cosa del genere. Sono disgustato… ma non per la pugnalata alle mie spalle, ma per quello che stavi per fare ad una delle migliori ragazze del mondo. Nessuno potrebbe amarti come fa Dan e nonostante questo, mi stupisce come tu abbia potuto cercare quell’affetto che non può darti lei, a causa della distanza, da Anne »
«Volevo solo farla stare meglio… »
«E ti sembra che baciarla potesse farla stare meglio?!?! L’AVRESTI SOLO CONFUSA DI PIU’! TI HA FERMATO E HAI VISTO COSA E’ SUCCESSO!! »
«Ehi… ehi… Harry, amico, calmati »
Lou era uscito dalla sua stanza stropicciandosi l’occhio destro con la mano: stava dormendo ed era stato svegliato dalle urla di Harry.
«Lou, torna in camera! Qui non c’è niente da vedere »
L’amico,turbato dal tono di voce, aveva indietreggiato automaticamente guardando il riccio nel mezzo del salotto con occhi sgranati.
«Ok… Harry, calma! Non c’è bisogno che ti scaldi… »
«Non c’è bisogno che io mi scaldi?? Ma se mi sta cadendo tutto il mondo addosso?? Mi manca casa, sono stanchissimo, vengo imbottito di vitamine per ogni pasto che faccio, e ne facciamo quattro ogni giorno, sto perdendo l’amore della mia vita per una stupida ragazza di cui voglio dimenticare anche il nome, sto litigando con uno dei miei fratelli e sto rispondendo male ad un altro. Dimmi Lou, cosa c’è peggio di questo?? »
E poi videro una delle scene peggiori che potessero vedere: il loro amico si era messo le mani fra i capelli e si era coperto il viso con i gomiti.
Harry era scoppiato a piangere.
«Ragazzi… forse è meglio se mi lasciate parlare con lui »
Anche Anne aveva ascoltato tutto dalla sua camera.
«Andrà tutto bene, Liam. Tranquillo… non ce l’ho con te e nemmeno lui »e aveva abbracciato i due spettatori di quel triste monologo che era finito con Harry in lacrime.
Seduta sulla poltrona di fronte a lui lo stava guardando; lui, con le mani sugli occhi a coprire tutto il viso, stava continuando a piangere, ora in preda ai singhiozzi.
«Ehi… amore, calmati. Smettila di piangere »ma appena si avvicinò per prendergli le mani, si ritrasse ricordando ciò che era successo prima.
«Lo sai… non dovrei essere io quello da consolare. Lasciami stare male… me lo merito »
«Te lo meriti? Perché hai fatto uno degli errori più grossi della tua vita? Perché per quella cazzata mi stai perdendo? Non ti meriti nulla di questo… »
«Anne io… io non ricordo cos’è successo con Allyson. Mi ricordo di essere uscito con lei la sera, in un pub. Mi ricordo di aver bevuto, ma la mattina dopo ero solo in camera mia e avevo solo un suo messaggio che diceva ‘ Grazie per la bellissima nottata’. Ma io non so se ci sono andato a letto… nemmeno i ragazzi lo sanno dire, non mi hanno visto »
«Eri… »
«Nudo? No. In mutande e nessun… »
«Ho capito. Nessun preservativo scartato in giro »
«Sembra tutto un grande incubo… dimmi che mi sveglierò e che ti troverò al mio fianco, bellissima come sei sempre. Dimmi che mi sveglierò e ti vedrò sorridere »
«Purtroppo questa è la vita. Fosse così facile rendersi conto di stare solo sognando. So solo che siamo qui, a risolvere il nostro problema perché non voglio semplicemente andarmene o consolarmi con il primo ragazzo che mi dice di volermi baciare, perché ti amo, perché non voglio mandare all’aria la storia più importante della mia vita per un tuo sbaglio »interrotta dallo sguardo di lui che appariva da dietro alle mani, ora appoggiate sulle gambe, aveva sorriso, lasciandosi alle spalle tutto, semplicemente perché glielo diceva il cuore «si, hai sentito bene, amore. Ti amo e voglio che risolviamo il problema »
«Ma… »
Si era fiondato su di lei prendendole il viso fra le mani e cominciando a baciarla con fretta, con foga.
«Ehi… ehi… piano »lo aveva allontanato.
«Cosa?? Non vuoi baciarmi? »
«Non pensare nemmeno per un secondo che non provi una voglia matta di baciarti… ma… mi hai ferita. Non posso dimenticare tutto in qualche minuto » 
«Lo so… perdonami. Hai bisogno di tempo… »e si ritrasse.
Ora erano passati a fissarsi.
I loro occhi non avrebbero mai perso quell’attrazione che li spingeva a perdersi gli uni in quelli dell’altro.
Anne sapeva non avrebbe mai potuto stare senza Harry, nonostante quello che era successo.
Avrebbero risolto tutto insieme, dovevano farlo per la loro felicità.

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Capitolo 35
*** We didn't lose anything ***


«From the moment i met you, everything changed… »
La suoneria del cellulare di Harry a interrompere quell’incontro di sguardi e poi quel nome, ‘ Allyson ’, a scuotere quelle belle sensazioni purtroppo destinate a durare solo qualche minuto, destinate a durare troppo poco.
«Che faccio? »
«Rispondi… tranquillo »
«Metto il viva voce però, cerca di fare silenzio. Voglio tu senta tutto »
«Ok »
E dopo aver premuto la cornetta verde, Harry era passato subito alle impostazioni di chiamata e mise il viva voce.
«Hey Harry! Ci sei? »
La voce della ragazza era acuta: non poteva avere più di 18 anni.
«Ma quanti anni ha? »mimò a bassa voce Anne.
«Credo 16 >> le rispose incerto << si, Ally, ci sono. Come stai? »
“ Ah. Adesso la chiama anche con un diminutivo? “
Anne, divorata dalla gelosia, si era alzata di scatto e aveva cominciato a camminare su e giù per il salottino, tentando di non fare rumore.
«Tutto bene. Hey, senti: stasera hai da fare? »
«Cosa?!?! »
Avrebbe voluto urlarle contro, ma non poteva. Si zittì e voltandosi verso il muro aveva cominciato a sbatterci la testa lievemente ripetendosi di fare silenzio e di stare calma.
«Si, scusa. Stasera ho da fare con la mia ragazza. L’ho fatta venire apposta per portarla in un posto speciale e per poter passare tutto il tempo possibile con lei »
E tutta la rabbia e il nervosismo si erano sciolti insieme a lei.
«Wao. Pure tu impegnato? Vabbé. Io ho un debole per il pakistano »
«Pure lui impegnatissimo; piuttosto… cos’è successo l’altra sera a New York? Non ricordo niente »
«Niente di ché… Hai bevuto come una spugna… »
«Vado al dunque… non abbiamo fatto niente, vero? »
La tensione nella stanza salì.
Entrambi preoccupati fissavano il cellulare sul tavolino.
«Ma no, cretino! Hai bevuto, ma all’uno ti ho ficcato nel primo taxi e ti ho mandato in albergo. Eri ingestibile! Ad un certo punto hai cominciato a piangere e a delirare; non facevi che parlare di una certa… Anne! È il nome della tua ragazza? »
«Si… ma allora, non abbiamo fatto niente? »
«No! Ma sei uscito fuori di testa?!?! Ti ho solo offerto qualche drink! »
«Meno male! Grazie mille e, Ally, scusa per il terzo grado! Ci sentiamo »
«Ok… ciao. E salutami Zayn »
«Perfetto. Ciao »
E sommersa da un’ euforia improvvisa, Anne lo abbracciò, annegando nel suo profumo.
Finalmente poté riassaporare a pieno il profumo della sua pelle, la morbidezza dei suoi capelli e ciò che gli era mancato di più: il sapore delle sue labbra.
«Ti amo »e poi intere ore insieme. 

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Capitolo 36
*** Another goodbye ***


«Perché ogni volta diventa sempre più difficile salutarsi? »
Harry la stringeva a sé con tenerezza: le mani, aperte ad occupare quasi tutta la schiena, sembravano abbracciarla in segno di protezione, come un bambino stringe al proprio petto il suo giocattolo preferito che tutti gli altri bambini vorrebbero provare.
«Sta arrivando l’estate. A giugno avrai finito il tour in America. Avremo tutto il tempo del mondo… abbiamo tutta la vita, giusto? »e i bellissimi occhi di lui cominciarono a brillare di una strana tristezza, una tristezza che li rendevano più dolci di quanto già fossero.
«Mi mancherai… ormai dirlo è diventato qualcosa di banale, ma è la verità »
«Amore… ti prego, non fare così. Io adesso devo pensare a salvare l’anno e a non essere bocciata; fammi stare tranquilla, mi raccomando »
Dopo averlo baciato delicatamente sulla morbida guancia e dopo avergli spettinato dolcemente i capelli, si era separata dal suo colpo sussurrando un lieve “ ti amo “.
«Eccoci… »
Passò ad abbracciare Zayn e una nuova malinconia le trafisse il cuore.
«Odio questi continui addii… »
«Mi leggi sempre nel pensiero, tu?!?!? »ed Anne era riuscita a rubare uno dei più bei sorrisi che avesse mai visto.
«Abbi cura di te e… Ah! Quasi dimenticavo! Dai queste lettere a Sophie; le ho scritte per lei, anche se non potevo spedirle. Sapevo avrei avuto l’occasione di fargliele arrivare prima del nostro prossimo incontro »
«Il solito dolcissimo. Ti manca, vero? »
«Tanto… troppo. Non avrei mai immaginato potessi innamorarmi di qualcuno che non posso avere al mio fianco. Non avrei mai nemmeno immaginato di poter superare una cosa del genere, sena perdere la speranza e senza smettere di amarla con la stessa intensità di quel colpo di fulmine »
«Resta sempre cos’, fratello. Ti voglio bene »
Un ultimo abbraccio per poi passare a salutare gli altri tre, rimasti in disparte insieme a Paul.
«Ehi! Cosa sono quei musi lunghi? Su! Voglio vedere quei vostri bellissimi sorrisi! »
«Ci mancherai »e Niall e Louis l’avvolsero nel più dolce e malinconico degli abbracci.
Liam, rimasto in disparte, pensava d non meritarsi un suo saluto, di non meritarsi nemmeno che gli rivolgesse la parola.
«Vi voglio bene »e li baciò con tutta la dolcezza del mondo.
Dopo quel saluto, i due ragazzi si erano uniti a Zayn ed Harry, lasciando Anne sola, di fronte a Liam, tristissimo, e Paul che come un padre fa coraggio ad un figlio aveva cominciato a massaggiare la spalla destra del ragazzo con la sua mano robusta e dal tocco delicato.
«Vieni qui »e, allontanato dal tocco di Paul, Anne lo aveva attirato a se e lo aveva abbracciato accarezzandogli i capelli non più lunghi e folti come prima.
«Mi dispiace… non avrei dovuto comportarmi in quel modo… io… »
«Ehi… ehi… ehi… non dire così. È colpa mia… tranquillo »e lo aveva sentito scoppiare a piangere.
«Scusa, non dovrei piangere è che mi è venuta una paura assurda. Danielle deve sapere tutto… »
Il ragazzo aveva indugiato a concludere quella frase: la paura di ciò che sarebbe potuto accadere lo aveva frenato.
«Ehi, non è successo niente. Anche se tu le raccontassi del mezzo bacio, sono sicura ti perdonerà subito perché in fondo non è successo NIENTE »ed aveva sottolineato quel niente con estrema chiarezza-
«No, non posso dire del niente. Appunto perché non è successo… DOBBIAMO fare finta non sia mai accaduto. Ho deciso »
Liam sciolse l’abbraccio, si pulì le lacrime con le mani.
«Parlerò con Harry… tu pensa a tornare sana e salva a casa. Ti voglio bene, anche se non dovrei »
«Ti voglio bene anche io. Finiscila di mortificarti… sei mio fratello, odio vederti così. Mi hai solo aiutata. Grazie »
Lo vide sorridere: il suo sorriso, uno dei quattro più belli che avesse mai visto, quello di Liam, insieme a quello di Lou, Zayn e Niall, era secondo solo a quello della persona che amava.
Con grande sorpresa, Anne si era ritrovata fra le braccia di Paul.
«Mi raccomando. Abbi cura di te… i ragazzi ti vogliono veramente bene e guardandoti, li capisco benissimo »e poi la chiamata del suo volo.
Di nuovo quel corridoio a separarla da quel bellissimo mondo, dalla sua seconda famiglia.
«Vi voglio bene »e poi gli sportelloni si chiusero.
 
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Per tutta la durata del viaggio non aveva fatto che ascoltare la scaletta di Up All Night in riproduzione casuale.
Appena arrivata, per via del fuso orario, si era sentito stordita e stranamente svuotata.
La stanchezza l’aveva fatta crollare e non aveva fatto altro che dormire fino al giorno dopo.
Era lunedì.
Sarebbe dovuta andare a scuola, lo sapeva, ma non ne aveva assolutamente voglia e i genitori lo avevano capito.
Li sentiva sistemarsi per andare a lavorare.
Non sapeva se mettersi a fingere di dormire o alzarsi tranquillamente, quando ad anticiparla la madre entrò in camera.
«Tesoro, immagino tu sia spossata per il fuso orario. Non ti preoccupare. Pensa a dormire e domani riprendi il ritmo con calma. Noi andiamo a lavoro: cerca di mangiare qualcosa, mi raccomando »
Le aveva stampato un bacio bagnato sulla fronte e aveva chiuso la porta, riportando la stanza di Anne a quella luminosità lieve e poco fastidiosa.
 
[ NIENTE SCUOLA. TESORO, CI RIVEDIAMO OGGI POMERIGGIO. CREDO DORMIRO’ ANCORA UN ALTRO PO’. SONO STANCHISSIMA ]
 
Cliccò invio, aspettò la notifica di arrivo del messaggio e poi si ributtò sotto le coperte.

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Capitolo 37
*** I found the way ***


«BUONE FESTE »
Quell’insegna luminosa, appesa ad uno dei balconi di uno dei condomini al lato della superstrada, augurava, a chiunque ci posasse l’occhio anche solo per un secondo, un Buon Natale e un Felice Anno Nuovo; Anne, nell’auto ferma al semaforo, l’aveva ignorata completamente, quell’insegna, sbuffando e voltando lo sguardo dall’altra parte, verso il finestrino lontano due posti, alla sua sinistra.
“ Nemmeno tutti gli auguri di questo mondo potranno cambiare le cose…”
Telefono lasciato a casa perché strascarico, sia di soldi che di batteria, niente orologio al polso… l’unico modo per sapere quanto tempo ci stavano impiegando per tornare a casa era ricordarsi la scaletta delle canzoni sul suo mp3.
“ Sono riuscita ad ascoltarmi Up All Night, One Thing, Everything About You, Na Na Na  e questa dannata riproduzione casuale ha deciso di infilarci in mezzo More Than This circa e Moments una quattro volte ognuna! Come se il mio umore potesse peggiorare. “
Povera Anne... era stato tutt’altro che un buon Natale per lei.
Erano passate settimane dal suo ultimo soggiorno a Londra e da quando era tornata in Italia non aveva ricevuto che brutte notizie: i suoi genitori non si potevano più permettersi i suoi due annuali soggiorni a Londra che avrebbe veramente tanto voluto diventassero un’abitudine ( ne aveva bisogno ), la scuola le andava malissimo: aveva rischiato di perdere l’anno a giugno, cosa le vietava di mandare all’aria quest’anno quando l’anno precedente era sul punto di mollare? Si chiedevano. Aveva la testa da tutt’altra parte, ripetevano.
Ma come biasimarla.
Una parte del suo cuore e della sua mente erano rimaste a quella persona di cui da troppo tempo non aveva più avuto notizie, quella persona che la lontananza non le stava permettendo di vivere, quella persona che le mancava più di qualsiasi altra: Harry, quel ragazzo che a migliaia conoscevano, quel ragazzo che era sulla bocca di migliaia di ragazze da un poco più di un anno, ma che le aveva aperto il suo cuore come mai aveva fatto con nessuna ragazza prima di lei, diceva.
«Chissà, tesoro, se quest’anno nevicherà. Ci vorrebbe davvero la cara e vecchia neve »
«Già… non ne posso più di questo freddo. Almeno ci fosse la neve a dargli un senso »
Era diventata intollerante a tutto.
La routine la stava rendendo perennemente annoiata, cinica e scontrosa con tutti, con la vita stessa, addirittura.
«Giusto. Che senso ha far freddo se poi non c’è la neve? »ripeté suo padre, completamente d’accordo.
«Ehi papà. Ma… dove stiamo andando? Hai sbagliato. All’incrocio dovevi… »
«Si, lo so »la interruppe «ma prima dobbiamo andare a prendere qualcosa per la cena »
E il cellulare della madre squillò.
«Si, Sophie. Ordina pure due pizze margherita e una capricciosa… ah, hai già fatto? Ok. Arriviamo subito »
“ Sophie che chiama a mamma? Per ordinare la pizza? Boh… che cosa strana “e senza ficcare troppo il naso aveva chiesto: «Sophie cena con noi? »
«Si, tesoro. È già a casa nostra. Noi dobbiamo solo andare a ritirare le pizze, ecco perché abbiamo cambiato strada »
C’era qualcosa che non andava.
Ma impassibile a quel misero ed inutile pensiero inquieto, Anne si rimise le cuffie alle orecchie ed ecco Stand Up a far tacere tutto.
 
 
Solo le loro voci erano capaci di farlo: di zittire tutto il resto, intendo.
Dalle cuffie o semplicemente dalla microscopica cassa interna del portatile… bastavano le loro voci a far tacere il rombo delle auto in strada, i rumori domestici degli inquilini dell’edificio accanto, il cinguettio degli uccellini che ormai erano sempre in di meno.
Stava per arrivare a casa.
Dopo tutto quel giro assurdo che Anne non riusciva a spiegarsi, finalmente vedeva le porte della propria città e il cartello che le urlava dolcemente “ Ben tornata a casa e alla solita noia “.
Le note di ‘ I want ‘ in sottofondo e il suo sguardo che riusciva addirittura ad intravedere casa sua tra tutte quelle del vicinato.
Poi una figura vestita di grigio sulla porta.
Il cuore a mille senza una ragione.
Poi la chiarezza.
Harry.
Avrebbe potuto riconoscere quella sua marea di capelli ricci ovunque.
Si strappò le cuffie con violenza. Non riusciva a credere a suoi occhi, che senza motivo si erano gonfiati di lacrime.
“ No! Non devo farmi vedere in questo stato dai miei! “e in fretta si asciugò gli occhi con le mani.
Suo padre che muto parcheggiava l’auto, la madre che ridacchiando mandava un messaggio a chissà chi, Anne, ancora seduta sui sedili posteriori, cercava nel buio la maniglia dello sportello.
Avevano quella ford da così tanto tempo! Anne sapeva benissimo dov’era! Ma l’emozione le stava giocando un brutto scherzo, come sempre.
Finalmente, affannata, riuscì ad uscire dall’auto.
La sua testa che aveva per pochi centimetri deviato la gomma dura dell’auto e poi il freddo di quella sera a pungerle le guance ancora bagnate di lacrime.
Lo vide voltarsi verso di lei, sentì di nuovo quella forza che attirava i suoi occhi a quelli di lui bellissimi, che attirava il suo corpo a quello bellissimo e perfetto di Harry.
«Meno male che sei qui… io… stavo morendo »e cominciò a piangere.
«Ti avevo promesso che avrei trovato il modo per starti accanto, anche se non posso. Ho trovato il modo »
Le sue labbra a ridarle la forza e la felicità che l’avevano abbandonata dopo quello stesso tocco, mesi prima, e le sue braccia ad azzerare il freddo.

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Capitolo 38
*** If this is a dream, please, don't wake me up ***


«Non posso crederci. Se questo è un sogno, vi prego non svegliatemi »
Furono le ultime parole di Anne prima che le sue labbra si incontrassero di nuovo con le gemelle.
Avrebbero voluto non separarsi mai: quel bacio era sempre stato l’unico modo per dimostrarsi quanto si amavano.
La lontananza non permetteva loro di farlo, questo li distruggeva, questo rovinava quei bellissimi momenti in cui stavano insieme: avevano sempre paura di passare troppo poco tempo insieme e ogni volta che potevano stare insieme si sentivano come se quel tempo lo stessero sprecando.
Il tempo.
Il loro grandissimo nemico.
Nonostante per il giudizio delle altre persone che stavano loro intorno ne avessero a bizzeffe, di tempo, a loro non bastava mai: lo sentivano scivolare loro tra le dita, inafferrabile.
Troppe volte, come quella, avevano semplicemente voluto avere la capacità di fermarlo, per poter assaporare tutto con calma.
Ma il mondo corre, chi si ferma è perduto. Dicono.
«Hai trovato il modo? Ehi, aspetta. Racconta »
Lo aveva allontanato.
Lui, riluttante, con un lamento, aveva seguito quelle braccia che lo spingevano indietro, quelle mani morbide che lo stavano respingendo con dolcezza.
«È qualcosa di insensato, ma… boh, devo almeno dirti tutto. Vieni con me, nel prossimo tour e in tutti quelli che verranno. Paul e i manager non diranno niente se a volerlo e ad organizzare tutto sarò io »
«Ma… è una pazzia »
Si era voltata di scatto.
Le mani le tremavano: Harry aveva avuto la sua stessa idea.
«Cosa pensi, che io non ci abbia già pensato? Che non mi sia passato per la testa di scapparmene di qua e di seguirti fino in capo al mondo? Ma, amore, non posso lasciare i miei genitori, la scuola… Sophie. Non posso, anche se lo vorrei con tutta me stessa. Fino a quando questo sarà il tuo lavoro, fino a quando questa sarà la mia vita, non possiamo fare altro che passare insieme solo quello che è il nostro tempo libero. Dobbiamo accontentarci di ciò che abbiamo e pensare al mio, al tuo, al nostro futuro »
«Dobbiamo smetterla di correre e di affannarci per trovare una soluzione a qualcosa che una soluzione non ce l’ha, lo so. Perdona la mia pazzia »
«Perdonarti la pazzia che mi fa capire solo quanto mi ami? Mai »
Quelle stesse mani che lo avevano allontanato, adesso stringevano il colletto del suo cappotto per attirarlo da dove qualche attimo prima lo avevano allontanato.
«Aspettiamo, come fanno Liam e Danielle e Louis e Eleanor. Possibile noi non riusciamo a darci pace e a stare bene come fanno loro? »
«Ti amo troppo per farmi bastare quei pochi momenti che passiamo insieme »
Le loro labbra che si incontrarono di nuovo.
Poi la neve.
Aveva cominciato a nevicare, come se quelle parole ciniche dette in macchina fossero state ascoltate anche dal cielo, dalle nuvole.
«Ti amo anche io… lo sai. Conta i fiocchi che cadranno dal cielo stanotte e capirai quanto… »

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Capitolo 39
*** Flavor of coffee ***


Era domenica.
Anne ne era sicura, nonostante quella settimana avesse perso completamente la cognizione del tempo.
L’odore amaro del cafè che le inzuppava le lenzuola, la maglietta rossa che le doveva arrivare a malapena sotto il sedere, fino ad arrivarle tra i capelli spettinatissimi.
Il sole che filtrava da dietro le tende nocciola picchiava sulle palpebre che resistevano a fatica all’istinto di aprirsi.
«Sta ancora dormendo… sul divano »
Una voce.
Non una qualsiasi, però.
Era la sua.
Quel timbro leggermente rauco, come di qualcuno che sta per perdere la voce: amava la sua voce al mattino.
Le provocava brividi leggeri che le solleticavano il corpo, lungo ogni suo centimetro, dagli estremi delle sue dita alle braccia, fino alla schiena.
Ancora ad occhi chiusi poteva immaginare benissimo ogni movimento di quelle labbra così buone, succose come pesche d’estate.
Un’ombra a donare pace alle sue palpebre che ormai stavano per soccombere alla luminosità dei raggi.
Poi un bacio, sulla fronte, e i suoi occhi si aprirono improvvisamente lasciando che la sua mente venisse investita dalla più bella immagine di sempre, lasciando che il cuore accelerasse provocandole una serie di singhiozzi imprevedibili.
«Buon-giorno »
Il primo singhiozzo a troncare a metà quella parola.
«Singhiozzo di prima mattina? »
Le braccia di Harry ad avvolgerla, lei ancora fra le coperte impregnate di cafè.
«Mi pass-erà, ne sono sicura »
«Vieni a fare colazione, su »e ancora avvolta nelle coperte si era trovata all’improvviso fra le sue braccia.
Lui che la portava in cucina, come lo sposo accompagna in braccio la sua sposa, fino ad oltrepassare la soglia della loro futura casa, le braccia di Anne aggrappate al suo collo morbido e profumato, il suo naso a provocargli un leggero solletico e poi un secondo bacio, sulla fronte.
«Buongiorno splendore »
Distaccatasi controvoglia dal corpo di Harry, aveva trovato quattro paia di braccia a darle il buongiorno.
«Ho parlato con Sophie, poco fa’ »cominciò Zayn.
«Ah… e che ha detto? »
Era strano.
Sophie aveva parlato con Zayn e non aveva chiesto di lei. Nemmeno un misero messaggio.
Strano.
«Solite cose… le manchiamo, entrambi tantissimo. Ha anche chiesto di voi, ragazzi »
«Ah si?? »dissero all’unisono Liam e Niall.
«Le ho detto che stiamo tutti bene e che finalmente stiamo un po’ più tranquilli e che abbiamo un po’ più di tempo per stare rilassati adesso »aveva concluso il pakistano.
«Nient’altro? »
«Ovviamente ha chiesto di parlare con te, ma ho preferito non ti svegliassero »rispose Harry, versandole del cafè caldo nella tazza che ormai, da una settimana, era diventata sua.
«Ok… »
Le mancava… nessuno poteva affermare il contrario. Ma possibile fosse di colpo diventata gelosa del suo rapporto con Zayn, che stava diventando sempre più speciale e saldo?
A volte nascevano strane paranoie in lei: non riusciva più ad ascoltare le sue confidenze come faceva prima e questo la rendeva irrequieta ogni volta che si fermava a pensare alla loro amicizia.
Ma erano cose normali… sarebbe tutto passato, in fretta.
«Su! Finisci in fretta… abbiamo da fare »disse Harry.
«Da fare?? Cosa?? »
«Ah. Ah. Curiosona! Non te lo dirò. È una sorpresa »
Le tolse la tazza ancora piena a metà dalle mani, la riprese in braccio e la portò fino al bagno, al piano superiore.
«Sistemati… non c’è bisogno che ti dica di farti bella. Lo sei sempre, anche adesso »
La baciò dolcemente.
Ancora il sapore di cafè a intromettersi fra le loro labbra, l’amaro di esso a donare a quel bacio lo stesso retrogusto che quella bevanda ti lascia dopo averne assaporato un sorso.
Chiuse la porta e poi rimase sola, davanti allo specchio.
Era vero: era bellissima, anche con quel trucco sbaffato che aveva lasciato un leggero alone nero sulle occhiaie violacee, anche con quei capelli spettinatissimi.
Quella mattina si era sentita bellissima davanti alla sua immagine mattutina riflessa nello specchio.
Cosa alquanto singolare, ma davvero tanto, tanto piacevole.
Riusciva a vedersi con occhi diversi quando era con lui, riusciva a guardarsi attraverso i suoi occhi verdi e vedere quanto quelle sue tenere imperfezioni la rendessero bellissima.  
 
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«Dove andiamo? »
Lei, curiosissima, era attaccata al suo braccio, bendata.
«Siamo a Londra no? Perché non portarti a fare un giro per la tua città preferita? »
Le tolse la benda e la lasciò, stupita, davanti all’enorme autobus rosso.
Gli autobus inglesi non erano come quelli italiani, grigi e dai sedili rotti e rovinati dalle scolaresche che li imbrattava con pennarelli e con incisioni. Gli autobus inglesi erano unici, i più belli al mondo, per Anne.
Rosso e alto a due piani, quello superiore privo di tetto lasciava che i turisti vedessero al meglio le meraviglie lontane dalla strada di quella meravigliosa città.
Questo autobus però, aveva qualcosa di insolito: niente rosso sulle fiancate, ma una grossa insegna: “ One Direction ”, la scritta nera era stata scritta su uno sfondo rosso, bianco e blu, la bandiera inglese.
«Wao »
«Beh… che fai? Entri o resti lì? »
Le porse la mano a cui lei si aggrappò per salire.
L’autobus, all’interno, era completamente vuoto, tutto per loro.
L’autista era uno di quelli che guidavano il loro pullman: doveva chiamarsi Bobby,aveva sentito.
Ancora mano nella mano, salirono la ripida rampa di scale fatta in metallo che li aveva portati al piano superiore.
Anne aveva sempre desiderato poter salire su un autobus, ma chissà per quale motivo tutte le 3 volte che era stata a Londra non lo aveva mai fatto.
Harry sapeva quanto le avrebbe fatto piacere farlo e aveva semplicemente fatto una telefonata e organizzato un piccolo tour per la città.
Una piccola cabina collegava il piano superiore alla cabina dell’autista; ad Harry basto spingere un pulsante per dare il via al tour panoramico.
 
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Anne non aveva fatto altro che rimanere a bocca aperta per tutto il tempo e ripetere, banalmente, sempre gli stessi “ wao ” e “ ma è bellissimo! ”, aggiungendo a volte anche qualche “ amo Londra ”.
Harry si era limitato a sorridere come un ebete e a fissarla incantato.
Lei non aveva fatto altro che tenere lo sguardo per aria pronta a memorizzare ogni cosa. Lui non aveva smesso di fissarla nemmeno per un secondo, nemmeno quando gli diceva di guardare qualcosa che lui poteva benissimo vedere tutti i giorni.
Non  erano mancate le fans urlanti, come immaginate, ad averli visti su quell’autobus, ma lui non se n’era curato: non era preoccupato lo vedessero con Anne, nonostante le avesse viste bloccarsi nell’intravedere una seconda persona su quell’autobus, nonostante avesse visto nei loro volti lo sconcerto nel vedere che insieme a lui non c’erano i soliti quattro ragazzi, ma una ragazza.
A questo punto non gli interessava se le fans o i media sapessero che stava con Anne, non avrebbe mai dovuto essere un segreto e adesso che probabilmente in giro stava già girando la voce, Harry non era assolutamente disposto a smentirla, anzi.
Questo era un grande passo per la loro relazione: probabilmente sarebbe successo qualcosa di importante appena la voce non sarebbe stata smentita da nessuno e questo fu l’unico pensiero che tormentò Harry per tutto il ritorno, fino alla sera prima di addormentarsi accanto ad Anne che, ignara, non aveva la minima idea di ciò che gli passasse per la testa.
Aveva capito c’era qualcosa che lo assillava, che lo distraeva, ma sapeva benissimo anche che ciò che serviva ad Harry era pensarci un po’ su. Il tempo sistema sempre tutto: avrebbe anche aiutato Harry ad affrontare quel suo pensiero.

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Capitolo 40
*** An happy ending ***


Siamo arrivati alla fine… anche se proprio una fine non è, anzi. Potremmo anche far finta che questo punto sia l’ inizio di una nuova vita, questa volta niente lacrime, niente problemi, solo sorrisi.
Zayn e Sophie adesso vivono insieme in una deliziosa casa alla periferia di Londra, non poco distante dalla scuola dove Sophie continuerà i propri studi, innamoratasi poi delle lingue e dell’inglese.
Louis e Eleanor hanno deciso di prendere anche loro una casa insieme, non poco lontana da quella di Danielle e Liam, che, dopo cinque anni di condivisione, stanno decidendo di sposarsi e di formare una famiglia.
Niall ha finalmente trovato anche lui l’amore: Tracy, una deliziosa compaesana di Louis, con un meraviglioso carattere allegro ed estroverso. Fu un colpo di fulmine: nonostante la sua timidezza, Niall aveva sentito di dover provare a tutti i costi e ne era valsa la pena.
“ Mai stato così felice ” non la finisce di ripetere.
Lei era quella giusta: tutti lo aveva capito sin dal primo incontro.
Beh… chi manca? Ah, si. Giusto.
Harry ed Anne cercheranno casa per circa cinque mesi e proprio quando trovarne una adatta a loro sembrava impossibile, ecco che trovano una villa in centro, come Anne l’aveva sempre sognata.
Anne frequenterà la scuola di lingue con la sua migliore amica e tutto andrà a meraviglia tra lei ed Harry che sarà ogni suo sorriso.
Beh… banale lo so, ma fu tutto perfetto quando si ritrovarono tutti e dieci a vivere nella stessa città.
Altra eterna banalità, ma devo.
E vissero tutti felici e contenti.

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