ARE YOU SURE THAT THIS IS HATE?

di Johnny_sWife
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1. Emma's call ***
Capitolo 2: *** 2. My hungry. ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1. Emma's call ***


Quel ultimo giorno dell’anno si era fatto buio presto, prima del solito. Nuvoloni neri avevano oscurato il cielo e una tempesta si preparava , giusto in tempo per ripulire il casino fatto dagli studenti dell’ultimo anno la sera prima, nel parco dei Limoni.
All’interno di villa Parker tutto era immobile, fuorché il rumore dell’ardente fuoco che scoppiettava nel caminetto.
L’orologio appeso sopra di me suonò, facendomi capire che oramai erano già le 17 di pomeriggio. Le 17 precise.
Lanciai una strana occhiata a quell’oggeto e mi avvolsi nel fumo della mia sigaretta , ancorà a metà dato che l’avevo appena accesa.
Sprofondai nella poltrona di pelle marrone scura. Quella poltrona era di famiglia, l’aveva fatta fare la mia bis-bis-bis-bis nonna per il suo ventesimo compleanno. A quanto pare era una cosa molto importante per mia madre per cui cercai di non sporcarla con la cenere.
Tirai ancora da quella sigaretta facendola diminuire a vista d’occhio, probabilmente sarebbe finita in ben poco ma la cosa non m’importava dato che avevo un intero pacchetto a mia disposizione. Anzi, molto più di un pacchetto, ne avevo tre.
Quel pomeriggio ero uscita col mio ragazzo, e lui fumava da morire, così ne abbiamo comprati un po e ce li siamo divisi.
Il mio ragazzo si chiama Jack, è un tipo davvero “okay”. È diverso da quelli della nostra comotiva, lui non mi usa solo per il sesso, sono certa che mi vuole bene, me l’ha saputo dimostrare in parecchie occasioni. Per esempio alla festa di Emma, la mia migliore amica: Una super-sexi gli aveva proposto di fare un “giochino” e lui a rifiutato se bene io gli avessi dato il permesso. Diciamo che era davvero un bravo ragazzo, e oltre tutto era anche bellissimo.
Dell’aspetto fisico di Jake amavo particolarmente i suoi occhi. Erano verdi, verdi e intensi. Come definirli? Stupendi. E i suoi capelli? Vogliamo parlarne? Biondi, lisci, corti, gli stavano un incanto. E poi quelle labbra… ecco diciamo che era bello, tanto per fare prima.
Io? Beh, si, anche io sono bella, diversa, molto diversa da lui, ma ugualmente bella. Partiamo dall’inizio però: Mi chiamo Eleonore, Eleonore Parker. Vivo a Londra da circa dieci anni, prima abitavo a New York ma quando mio nonno è venuto a mancare mio padre a voluto che tutti ci trasferissimo qua per dargli onore. Avevo solo sette anni quindi non capivo bene e non potevo lamentarmi, ma cavolo, ero stata strappata via dalla mia vita per una sciocchezza e questo l’ho sempre rinfacciato a mio padre. Sono alta, i miei capelli sono castani , lunghi, fino a sotto il seno e boccolosi in fondo. Gli occhi sono chiarissimi, azzurri, quasi color ghiaccio. Il naso, è.. normale. E anche le labbra direi, più tosto normali , credo. Caratterialmente sono una ragazza molto semplice, mi piace divertirmi e vivo il presente. Diciamo che qualcuno mi definisce “volgare e aggressiva” ma io a quelle persone rispondo con un bel vaffanculo.
Le cose che odio sono un bel po: a partire dal cavolfiore per arrivare al colore giallo. E in mezzo c’è un enorme lista di fastidiosissime cose. Ma c’è una cosa che odio più di tutte: una band, i ONE DIRECTION. Non riesco davvero a sopportarli. C’è ne è uno in particolare, non mi ricordo il suo nome, ma ha i capelli come quelli di mia nonna.
Emma dice che non dovrei insultarli, dice che se non mi piacciono devo solo ignorarli, ed ha ragione, ma è proprio più forte di me. Insomma, neanche Justin Bieber mi piace, ma non lo insulto, perché nella sua banalità fa cose sue, ma loro, loro, gli odio proprio!
In ogni caso non mi va di parlare di quei cinque frocetti , ora l’unica cosa che voglio fare è godermi la sigaretta .
Il silenziò si ruppe col vibrare del mio i-phone 4S. Sbuffai e diedi l’ultimo tiro prima di lasciar cadere nel posacenere quel intruglio di tabbacco e nicotina che mi dava tanto felicita. Afferrai con la mano destra il celullare e dopo aver visto il numero accettai la chiamata portando il cellullare vicino all’orecchio.
“Emma, tesoro dimmi” dissi io con tono dolce.

Non era da me. Non ero mai dolce. La dolcezza, come dire, mi disgustava, la lasciavo ai film ecco, ma con Emma, tutto era diverso.
Io e Emma ci eravamo conosciute quando io avevo sei anni e lei cinque, in un campo estivo, a Miami. Eravamo migliori amiche e parlavamo sempre al telefono, e quando mi sono trasferita e sapevo che lei era li, a Londra, ad aspettarmi, ero la ragazza più felice del mondo. Io ero una bimba davvero dolce, sono diventata così come sono col tempo, ci è voluta una buona dose di merda gettata su di me per essere così. Ora solo con lei riesco ad essere me stessa.
Emma era più piccola di me di un anno, aveva fatto la primina ed eravamo riuscite a stare in classe insieme sia alle medie che al liceo mentre alle elementari lei era nella sezione “G” mentre io la “B” . Lei è abbastanza alta, diciamo, nella media, poco più bassa di me ecco. I suoi capelli sono castani e corti, alla maschietta e i suoi occhi grandi e verdi. È davvero una ragazza stupenda, ricorda un po Emma Watson.

“ Ele. Mi dispiace….”

“Ti dispiace? Ma di che stai… Emma? Emma???!
TU . . . TU . . . TU . . .

Guardai il telefono sconvolta. Emma faceva così solo quando era successo qualcosa di veramente, veramente grave. Digitai in fretta il numero e aspettai una risposta, il telefono squillava e squillava ma nessuna risposta. Stavo per attaccare quando ho sentito una flebile voce piagnucolare
“Ele? Posso venire da te? “

“Ti aspetto tra un quarto d’ora. Non ci vedo chiaro, in quetsa storia!”

Sprofondai ancora nella poltrona, mentre sentivo di essere agitata, tanto tanto agitata. Guardai in alto sospirando ma porprio non c’è la facevo a stare seduta. Mi alzai di scatto iniziando a camminare su e giù per il corridoio, ma neanche questo bastava. A passo svelto mi affrettai nella mia camera, accesi il portatile ed entrai su facebook. Di solito mi calmava stare un po su internet ma questa volta… Entrai sul mio profilo e vedendo quelle cose spalancai gli occhi. Ecco, ecco cosa doveva dirmi emma. Ecco che cosa mi stava per rovinare la vita.

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Capitolo 2
*** 2. My hungry. ***


Non sapevo cosa fare. Non sapevo se piangere o arrabbiarmi. Decisi di fare entrambi. Come? Come poteva essere possibile? “ Fanculo! “ dissi urlando, come se quella parola avrebbe potuto risolvere tutti i mie problemi.
Mi alzai dalla sedia buttandola a terra mentre le lacrime mi bagnavano le guance.
Era possibile? Era tutto vero o era solo nella mia testa? No, non potevo crederci, non ancora una volta almeno. Perché? Perché di nuovo ? Perché doveva farlo ancora? Me lo meritavo forse?
Mi sedetti sul letto, con il viso tra le mani, piangevo, piangevo come una matta, eppure era questa la mia vita, era colpa mia evidentemnte.
Dovevo sicuramente avere qualcosa di sbagliato. Si, era sicuro, altrimenti non sarebbe successo per due volte. Dovevo calmarmi dovevo, e avevo un unico modo per farlo.
Mi alzai dal letto tirando su col naso, tutto il mascara scolato mi faceva sembrare un clown triste. Frugai sulla mia scrivania fino al trovare quella scatolina. La aprii prendendola in mano.
La guardai sconvolta. Ecco, ci stavo ricascando.
Mi tolsi la maglietta velocemente e presi la lametta in mano. Sospirai profondamente e la posai sul braccio facendo prima un leggero graffio poi uno più profondo, facendo si che il sangue mi colasse ovunque.
Mi accasciai a terra e iniziai a respirare, no. Quel taglio, quell’unico taglio non mi bastava, dovevo farne ancora.
Respirai intensamente e alzai il braccio, pronta a farlo ancora, ma sentii dei passi che mi bloccarono.
Il sangue usciva a fiocchi e non potevo alzarmi, non ne avevo le forze, quindi mi limitai a spostare lo sguardo verso la porta, in attesa che qualcuno l’aprisse.
Ecco, subito dopo il mio pensiero , Emma entrò nella stanza, guardandosi attorno. Quando posò lo sguardo su di me notai nei suoi occhi la disperazione.
Si precipitò su di me, mi aiutò, non ricordo altro.
Quando mi risvegliai, circa un ora dopo, ero nel mio letto, coperta da coperte e piumoni a più non posso. Emma stava venendo verso di me, sorridendo con un piatto di zuppa in mano.
“ Ecco, tutto tuo “ disse sorridendo dolcemente, come se non fosse accaduto nulla, il polso bruciava da morire, dovevo essere andata più a fondo del solito. La scrutai severamente sedendomi dritta.
“ E mai possibile, Emma?” Mi guardò confusa. “sono svenuta e tu fai finta di nulla. Voglio parlare di questa cosa, siediti” Emma sospirò, sapeva che avevo ragione . Si sedette sul letto e mi guardò, con sguardo dolce, sembrava mia madre.
“ Ele, Jack è uno stronzo, ti ha tradita, lo so, ma è stata quello a sforzarlo.”
Mi alzai, presi tutte le forse che avevo e mi alzai. “E stata quella?” “Si” io c’ero, l’ha pagato.” “Che troia!”.
Infilai le scarpe e un giacca iniziai a scendere le scarpe.
“Dove cazzo stai andando? Sei impazzita?” sbottò lei dall’alto delle scale. “ Non hai notato nulla?”
Mi voltai a guardarla, è vero, aveva qualcosa di diverso. Sfoggiava una misè davvero elegante. Un vestitino a fiorellini, corto e bianco e aveva degli orecchini a cerchio. Poteva non essere molto, ma se si conosceva la sua personalità si poteva capire che cera un nuovo ragazzo.
“Scusa se non mi preoccupo se tu ti scopi uno nuovo ma mi sono appena lasciata dopo due anni di fidanzamento, e se non te ne fossi accorto mi sono appena ripresa dopo esser svenuta.”
“si parla solo e sempre di te” disse lei scendendo le scale “ ciao”
La guardai male. “Emma! “ dissi urlando. Le corsi dietro e la presi per un polso. “ Non mi filo di questo solo perché sto passando un brutto periodo, lo capisci? “
Si, volto, tenendo lo sguardo basso “ si, scusami, mi dispiace, è stata una piccola crisi “
La guai dispiaciuta,in fndo aveva ragione, ma ora non èilmomento. Le sorisii per qualche secondo e poi tornai a fissarla il solito sguardo.
” Devo andare , ora! “ Dissi per poi affrermi ad uscire di casa. Emm si volto e mi guardò impauria, sapeva che stava per accadere qualcosa di brutto ma non immaginva cosa.
“ Dove? “ disse lei urlando, ma era tardi, ero già lontana, pronta ad affrontre la situazione.
Camminai circa un quarto d’ora, fino ad arrivae di fronte all’istituto “ Sant. Louis ” , dove studiava quella battona mora.
Ellis, era la ragazza con cui Jack aveva pomiciato. Era davvero bella ma aveva la fama della toria. Era alta, mora, con gli occhi chiarissimi e il naso dritto.
A dire il vero, quando la vidi in giardino, ne fui colpita. Non mi aspettavo di trovarla subito, anzi, mi sarei aspettata di dover girare mezza scuola e di dover fare irruzione in una classe, ma meglio così.
Mi avvicinai a lei, con passo svelto. Non sapevo che fare, non sapevo cosa dire, ma dovevo affrontarla, non era da me lasciare le cose così come stavano.
Quando le arrivai dietro avevo deciso di affrontarla con calma, di parlarle, ma la sentii dire alla sua amichetta quanto il MIO uomo baciasse bene, e no, questo era inaccettabile, me l’avrebbe pagata, oh si che l’avrebbe fatto! Sentivo la rabbia scorrermi dentro, sentivo che stava per scattare qualcosa. Con un dito le toccai la spalla facendola voltare, e allora accadde.
Si voltò, con sguardo fiero, e io non risposi di me. Che troia! Era questo l’unico pensiero che avevo. Mi morsi con forza il labbro inferiore per poi darle un pugno in piena faccia, e non un pugnetto, uno forte, tanto da farla cadere.
Non era ciò che avevo intenzione di fare e me ne pentii, ma devo dirlo era stato divertente e ne era valsa la pena.

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