The Nightmare that Became Reality.

di La_Morg
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione. ***
Capitolo 2: *** L'inizio di tutto. ***
Capitolo 3: *** Una lettera. ***
Capitolo 4: *** Alla ricerca della Verità. ***
Capitolo 5: *** L'Arrivo al Castello. ***
Capitolo 6: *** La donna dagli occhi di ghiaccio. ***
Capitolo 7: *** Ombre dal Passato. ***
Capitolo 8: *** Una fuga e un ritorno. ***
Capitolo 9: *** Inquieto Vivere. ***
Capitolo 10: *** L'incubo che diventò realtà. Parte I ***



Capitolo 1
*** Introduzione. ***


The Nightmare that Became Reality.

Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAPITOLO 1: Introduzione.

Mi risvegliai madida di sudore.
Guardai l'ora sulla radiosveglia: segnava le due e cinque minuti.
Non mi resi immediatamente conto di essere tornata alla realtà; solo qualche istante dopo realizzai che tutto ciò che avevo visto, o meglio, sognato era solo frutto della mia immaginazione.
Ma tutto sembrava così reale...così...vero...Ma davvero era solo un sogno?
Oramai capitava molto spesso di svegliarmi all'improvviso da quell'incubo. Tutte le notti la stessa storia: io che ero rinchiusa in una gabbia, coperta solo da un lenzuolo inspiegabilmente candido e pulito. La gabbia era inspiegabilmente socchiusa e apparentemente in quella stanza non c'era nessuno...solo un animale che saltò fuori da sotto un tavolo su cui erano appoggiate delle carni...l'animale mi spaventò, ma la mia attenzione venne poi attratta da un collare che trovai per terra con inciso un nome: "Hewie". Sì, Hewie, proprio il nome del mio adorato pastore svizzero che ormai è con me da tre anni. Il fatto è che io ho trovato Hewie abbandonato in mezzo a una strada, molto probabilmente da una persona crudele che non si meritava affetto da nessuno, mentre nel sogno, anzi, incubo lo trovai legato ad un albero, scoprendo che era lui "l'animale" che mi aveva spaventato.
E nell'incubo era lui l'unico a starmi accanto in quel luogo claustrofobico: ero costretta a nascondermi sotto al letto di una stanza in cui c'erano dei vestiti (inspiegabilmente fatti apposta per me) da un gigante deforme che pensava fossi la sua bambola, dopodichè mi ritrovavo a dover fuggire da una donna (o almeno così sembrava, dato che non provava alcuna emozione) che mi inseguiva con un pezzo di vetro. E quando pensai che il peggio fosse passato ecco che compariva davanti a me un uomo all'inizio incappucciato che in seguito scoprì il suo volto e si rivelò essere il fratello gemello di mio padre...e pure lui mi inseguiva reclamando il mio ventre. Il fatto è che io NON ho mai avuto uno zio (mio padre è, o almeno, era figlio unico) e se avessi avuto uno zio di certo non sarebbe stato un simile pervertito...
Infine, dopo essermi liberata anche del terzo inseguitore, ecco che arrivai in una stanza dove c'era...qualcuno. Una persona dalla voce roca che mi inseguiva e che continuava a parlare di un certo Azoth...anche la donna senza emozioni e lo pseudo-zio pervertito continuavano a ripetere "Azoth". Ma nelle parole di quella persona c'era qualcosa di strano. Era come se volesse nutrirsi di qualcosa e poi finalmente trovare la sazietà. Sembrava avesse...fame. Fame di sapere.
Il mio incubo fortunatamente terminò con me che riuscivo a scappare da quell'oscuro castello che inspiegabilmente portava il mio stesso cognome e sentivo solo l'eco di quella persona che continuava ad urlare il mio nome e ripeteva all'infinito quella parola. Azoth.
Ogni notte questo incubo mi tormentava. E la cosa che mi faceva più rabbia è che non riuscivo a ricordare il volto di quella persona misteriosa, e nemmeno il suo nome. Forse perchè inconsapevolmente volevo in realtà scoprire chi era. Ma continuavo a ripetermi che era solo un brutto sogno e che non dovevo farci troppo caso.
Inoltre avevo cose ben più importanti da pensare, tra cui il lavoro....Già, era meglio non pensarci troppo, altrimenti Karena si sarebbe arrabbiata.
Karena era il mio datore di lavoro, mi aveva offerto un posto in un museo d'arte e guidavo i visitatori mostrando loro le opere d'arte esposte. Dopo l'università e la laurea, ebbi la fortuna di trovare questo impiego: forse non era il massimo, ma avere a che fare con l'arte per me era la cosa più importante. Questo fatto mi fece quasi dimenticare il mio incubo, ma sapevo che se continuavo a cercare di trovargli un senso, Karena, che si preoccupava molto per me, mi avrebbe rimproverato. Lei in fondo era una delle poche persone di cui mi fidavo, e non volevo metterla in ansia con le mie paure.
Quindi per il momento lasciai perdere l'incubo e mi riaddormentai, per poi risvegliarmi per tornare nella realtà che per il momento era l'unica cosa che contava per me.
Lavoro, amici, soddisfazioni...erano queste le cose che ormai facevano parte della mia vita. Ma ancora non sapevo che la Verità era un altra.

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Capitolo 2
*** L'inizio di tutto. ***


The nightmare that became reality.

Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso, in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAP 2: L'inizio di tutto.

"L'alchimia serve a separare il vero dal falso." - Paracelso

Mi svegliai di buon'ora, mi alzai e quando uscii dalla porta della mia camera da letto trovai Hewie, che insolitamente era tranquillo.
Strano, ogni mattina arrivava nella mia stanza a farmi le feste, mentre quel giorno era così....guardingo. Come se avesse fiutato qualche pericolo nell'aria.
« Hewie? » lo chiamai cercando di attirare la sua attenzione, e lui rispose abbaiando, per poi raggiungermi e farsi accarezzare.
Le coccole al mio cane mi fecero dimenticare momentaneamente le mie preoccupazioni, per cui preparai la colazione e dopodichè mi diressi verso il museo, salutando, un pò a malincuore per il fatto che sarebbe rimasto da solo a casa (anche se ero sicura che si sarebbe divertito con il suo svago preferito, un pezzo di corda intrecciata da rosicchiare comprato pochi mesi fa), il mio adorato pastore svizzero bianco.

Arrivai in tempo a lavoro, e trovai Karena ad aspettarmi.
« Ben arrivata...tutto bene? » mi domandò. In quell'attimo ero indecisa se rivelarle che avevo avuto nuovamente quel sogno oppure non dirle nulla per non farla agitare ulteriormente, dato che negli ultimi tempi la vedevo piuttosto nervosa. Oltre ad essere preoccupata per me avevo il presentimento che una qualche faccenda personale ultimamente la turbava...per cui decisi di fare finta di nulla.
« Sì, tutto a posto. A parte Hewie che ieri sera ha continuato ad abbaiare disturbando un pò il mio sonno! » mentii, cercando di sembrare di buon umore. Il mio finto sarcasmo a quanto pare in quella situazione funzionò.
« Evidentemente non era soddisfatto della pappa che gli avrai dato...!» replicò Karena. Lei più di chiunque altro sapeva quanto volessi bene a quel cane e ormai conosceva tutto di Hewie. Lei, pur non amando molto i cani (preferiva i gatti, ma per quanto ne sapevo da un bel pò di tempo si rifiutava di allevare un animale per via di un trauma avuto in passato, forse uno shock avuto durante l'infanzia), adorava Hewie e mi ripeteva sempre che ero fortunata ad averlo come amico a quattro zampe.
La chiaccherata finì lì, Karena mi lasciò andare a prepararmi per l'arrivo dei visitatori, anche se ormai sapevo benissimo quello che dovevo fare.

I visitatori continuavano a guardare ammaliati le varie opere d'arte del museo, notai anche che alcuni ragazzi, che probabilmente frequentavano il primo anno delle superiori, si misero a ridere guardando il ritratto di Van Gogh (forse trovavano spiritoso il suo orecchio "mancante"...ma per me non lo era affatto!) e vidi poi la loro professoressa rimproverarli. Il giro continuò quando mostrai ai visitatori i quadri di Rembrandt, Monet, Manet, Gauguin, Cezànne e infine Picasso. I ragazzi rimasero impressionati da uno dei suoi quadri, e una alunna mi chiese in che periodo dipinse quel quadro. Le spiegai il periodo preciso cercando di non annoiarla troppo, ma al contrario era affascinata, e fui contenta di constatare che c'era qualcuno tra quegli studenti che non era venuto al museo solo per passatempo, ma per sapere di più sui capolavori dei vari autori esposti.

Arrivò presto l'ora di pranzo, e mi diressi al bar ristorante dove andavo di solito per ordinare qualcosa da mangiare. Quel giorno mi ero portata dietro lo smartphone che mi avevano regalato alcuni compagni d'università per il giorno del mio compleanno e...ripensai al sogno. Curiosa di sapere che cosa significava la parola "Azoth" decisi di fare una ricerca sul browser.
"L'azoth viene considerato come medicina universale in alchimia. Viene rappresentato dal simbolo del Caduceus e diventò una parola poetica per l'elemento mercurio...." Continuai a leggere l'articolo comprendendo piano piano il significato di quella parola. Mi ricordai che in passato un insegnante di scienze alle superiori ci parlò in una lezione dell'alchimia, della "pietra filosofale" di Flamel e di molto altro ancora. Ma non ci parlò di questo. Evidentemente questo azoth probabilmente lo si cercava per scopi personali che sicuramente non erano a fin di bene.
Finii di leggere l'articolo riflettendo proprio su questo fatto. Perchè gli inseguitori del sogno cercavano l'Azoth? E io cosa c'entravo?? In quel momento ero determinata a voler sapere chi fosse l'uomo anziano del sogno, volevo scoprire la Verità, volevo sapere il perchè di quel sogno. Ma ancora non sapevo che me ne sarei potuta pentire amaramente.

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Fiona Belli
Età: 22 anni
Segni particolari: è bionda, ha una strana voglia sulla schiena, adora gli animali e suonare il pianoforte.
Occupazione: Laureata in Storia dell'Arte, attualmente lavora come guida turistica al museo d'arte di Basilea. Fiona è una ragazza tranquilla e riservata, laureata in Storia dell'Arte per via della passione che nutre per le opere artistiche in generale. A 18 anni ha perso i genitori per via di un terribile incidente stradale, dal quale ha subito un trauma che a quanto sembra le ha fatto perdere la memoria degli eventi successivi. Ultimamente si risveglia nel mezzo della notte facendo sempre lo stesso incubo: essere rinchiusa in un tetro castello ed inseguita da una serie di stalkers che reclamano tutti la stessa cosa: l'Azoth.

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Capitolo 3
*** Una lettera. ***


The nightmare that became reality.

Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso, in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAP 3: Una lettera.

Ho osservato tutti gli esseri: pietre, piante e animali e mi sono sembrate come lettere sparse rispetto alle quali l'uomo è parola viva e piena. - Paracelso

Rilessi le parole dell'articolo e continuavo a non comprendere il collegamento tra me e quella cosa chiamata Azoth...c'era qualcosa che non sapevo? Qualcosa che forse mio padre non mi aveva rivelato? Eppure ero più che certa che mio padre in tutta la sua vita non mi aveva mai nascosto nulla: sapevo che i miei nonni erano morti prima che io nascessi (a quanto pare quando ebbero mio padre loro avevano quasi compiuto 36 anni e morirono entrambi a 71 anni per un infarto, almeno così papà mi aveva raccontato) e sapevo anche che proveniva da una famiglia di professori molto stimati, proprio come lui. Per il resto non sapevo nulla, ma all'improvviso mi ricordai di una cosa che mi rivelò prima che capitasse l'incidente.

*FLASHBACK*
Ero in macchina con i miei genitori, erano appena cominciate le vacanze e loro erano venuti a prendermi per tornare a casa. Durante il viaggio, pensai al fatto che presto avrei deciso di frequentare l'Università di Basilea. Grazie al mio tedesco come seconda lingua (mia madre Ayla era franco-tedesca) sarei riuscita sicuramente a seguire le lezioni e magari trovare un appartamento vicino all'edificio universitario. Avevo optato per la facoltà di Storia dell'Arte, i miei genitori sapevano quanto amavo l'arte e mio padre, che rispettava la mia decisione seppur avrebbe preferito che frequentassi una facoltà scientifica come fece lui in passato, mi disse una cosa. "Sai, tuo nonno amava moltissimo farsi ritrarre. E odiava le macchine fotografiche. Riteneva che la pittura fosse la migliore forma di rappresentazione di un'immagine e odiava le fotografie. L'unica cosa che riusciva ancora a sopportare era il cinema, anche se riteneva che certi attori fossero delle mezze cartucce, almeno così lui li definiva". Appena ebbe finito di dire quelle parole si mise a ridere, mentre mia madre sorrise, anche se sembrava un pò...pensierosa. Mio padre invece sembrò quasi pentirsi di aver detto quelle parole, forse perchè voleva dimenticarsi di qualcosa, o qualcuno, che lo aveva ferito.
All'improvviso, sbucò dal nulla un auto che ci sorpassò e portò fuori strada l'auto di mio padre, urlai e poi ci fu il buio.
*FINE FLASHBACK*

Quelle parole mi fecero venire ad un tratto molti interrogativi: perchè mio padre non mi disse mai il nome dei suoi genitori? A volte sembrava che disprezzasse perfino il suo cognome: Belli.

Tornai a casa, un pò stanca per via della giornata passata a rimproverare altri ragazzini che continuavano ad annoiarsi e prendere in giro i compagni interessati alle opere d'arte, e un pò frastornata dalle scoperte che avevo fatto. Mi diressi verso la porta del mio appartamento quando vidi nella posta una lettera. Non una lettera qualsiasi, come bollette telefoniche o cartoline, ma una lettera con un sigillo. Sul sigillo era incisa la lettera "B". Dopo averlo rimosso, lessi le parole scritte su quella lettera:

"Cara Fiona,
se hai ricevuto questa lettera, significa che il destino è dalla nostra parte.
Purtroppo, la vecchiaia mi sta lentamente consumando e tu, che sei l'unica persona di cui io possa fidarmi, sei la sola erede del mio castello.
Ti prego, ho bisogno che tu venga da me per realizzare il mio ultimo desiderio: vedere te, il frutto che il mio adorato figlio Ugo ha dato alla luce.
Sono sicuro che tu sia diventata una donna studiosa come lo era lui, e spero di poterti incontrare presto, sempre se tu accetterai di venire qui, a Castel Belli.
Includo in questa lettera le istruzioni per raggiungere il mio castello, sperando davvero che tu riesca a leggere queste parole.

Con affetto,
Lorenzo Belli"
.

Ancora non riuscivo a crederci. Quindi, mio nonno, sempre se questo "Lorenzo Belli" era davvero mio nonno, era ancora in vita? Ma come poteva essere possibile, mio padre era sempre sincero con me...perchè avrebbe dovuto nascondermi una cosa simile?

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Lorenzo Belli
Età: 93 anni
Segni particolari: è il nonno di Fiona, è molto anziano ed è costretto a stare su una sedia a rotelle.
Occupazione: ignota

Lorenzo Belli è il padre di Ugo, quindi nonno di Fiona. La ragazza credeva che fosse defunto già da tempo, in realtà è vivo e vegeto e vuole rivedere la nipote come ultimo desiderio prima di morire. Sembra che sia associato in qualche modo con Aureolus Belli. Vive nei pressi di Einsiedeln, in una remota località della Svizzera, e la sua casa, il Castello Belli, si trova nel mezzo di una foresta.

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Capitolo 4
*** Alla ricerca della Verità. ***


The nightmare that became reality.


Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso, in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAP 4: Alla ricerca della Verità.

Ma è proprio vero che nella terra ci sono ancora molte cose che non conosco, che Dio farà manifestare cose mai viste e mai rivelate che non abbiamo mai saputo. - Paracelso

La notte successiva alla giornata piena di scoperte fu molto lunga e insonne. Non riuscii a dormire, forse per la paura di fare nuovamente quel sogno, ma il motivo principale della mia insonnia era in realtà la poca fiducia di mio padre nei miei confronti. Probabilmente non dovevo pensarla in quel modo, ma leggendo e rileggendo quelle parole compresi che con molta certezza quel Lorenzo Belli era davvero mio nonno.

La prova di questo era il nome di mio padre, Ugo, citato nella lettera. Se volevo sapere come stavano le cose, l'unica possibilità era cercare Lorenzo Belli e parlargli direttamente faccia a faccia. Decisi che il giorno successivo sarei partita per andare a cercarlo e quindi incontrarlo, anche se avevo il timore che fosse una trappola, uno scherzo di cattivo gusto architettato con molta probabilità da una persona spietata. In ogni caso mi sarei portata dietro qualche strumento per difendermi, come lo spray al peperoncino che comprai quando ero appena arrivata in città e non avevo ancora la macchina, per cui essendo costretta a percorrere la strada a piedi c'era il rischio di scontrarsi con qualche malintenzionato, dunque lo spray mi avrebbe fatto comodo, ma per mia fortuna non lo avevo ancora usato.

Il giorno successivo mi svegliai, mi cambiai molto in fretta e, dopo aver dato la pappa ad Hewie, telefonai a Karena.
Composi il suo numero di cellulare. Era libero, ma sfortunatamente dopo diversi squilli non rispose.
Le lasciai comunque un messaggio sulla sua segreteria telefonica:
"Ciao, sono Fiona. Avrei preferito parlarti direttamente, ma a quanto pare sei impegnata e non puoi rispondere...ti lascio questo avviso: purtroppo oggi non verrò a lavorare, perchè...perchè non mi sento molto bene e credo dovrò stare a casa per un pò di giorni. Non è nulla di grave, ma è meglio che rimanga a casa...A presto!"

In quel momento non riuscii a capire perchè decisi di tenere nascosta la notizia che avevo scoperto a Karena e mentirle con la scusa della malattia, ma ritenevo che era giusto così, sapevo che era molto apprensiva nei miei confronti, e volevo agitarla con quella scoperta improvvista. In fondo era una cosa che riguardava me e mio nonno, e preferivo risolvere la faccenda da sola. Dopo aver lasciato il messaggio, scesi nel cortile del condominio per prendere la mia macchina, e mi accorsi che c'era anche Hewie a seguirmi...
"Piccolo, vuoi venire anche tu? E va bene...anche perchè mi dispiacerebbe lasciarti solo a casa per un pò".

Era vero, avevo intuito che molto probabilmente ci avrei messo diversi giorni per trovare mio nonno, ma ancora non sapevo invece quanto lungo era il mio viaggio per tornare a casa.
Ma soprattutto, quanto dura potesse essere quella Verità.

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Hewie
Età: 7 anni
Segni particolari: è il fedele amico a quattro zampe di Fiona. E' un pastore svizzero e ha il pelo bianco.
Occupazione: nessuna

Hewie è il cane che Fiona ha trovato un giorno per caso abbandonato e ha deciso di tenerlo con sè. E' molto ubbidiente e fiuta immediatamente il pericolo, e se necessario corre subito in aiuto della sua padrona.

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Capitolo 5
*** L'Arrivo al Castello. ***


The nightmare that became reality.


Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso, in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAP 5: L'Arrivo al Castello.

Chi vuole conoscere l'uomo deve guardarlo nel suo complesso e non come una struttura messa su alla meglio. - Paracelso

Ormai ero in viaggio sulla strada che conduceva al Castello Belli ormai da più di due ore, assieme a Hewie che dormiva beatamente sul sedile posteriore. Lessi le ultime indicazioni della mappa che era allegata con la lettera di Lorenzo Belli: "Prosegui per l'autostrada per prendere quindi l'uscita che ti porterà ad Einsiedeln, gira a destra dopo il primo incrocio e dopodichè ti troverai in una foresta. Alla fine di essa ti troverai al Castello Belli, la mia residenza". Trovai presto l'uscita per Einsiedeln e successivamente percorsi una via piuttosto disabitata. Lì c'era l'incrocio che mi avrebbe condotto nella foresta citata da Lorenzo nelle indicazioni.

Mi fermai al semaforo - era rosso - e notai in quel momento una macchina ferma dal lato opposto della strada, parcheggiata davanti ad un bar (forse l'unico bar della zona). Da lì uscì un uomo con addosso un impermeabile nero e un cappello che gli copriva il volto. Lo guardai e lui a sua volta alzò lo sguardo osservandomi attentamente. Non riuscii a vedere bene il suo viso, ma mi sentii stranamente a disagio. Mi accorsi che il semaforo era diventato verde, dunque svoltai a destra. Mentre stavo svoltando, notai solamente che quell'uomo era salito frettolosamente sulla sua vettura.

Ancora non capivo perchè Fiona mi aveva lasciato solo quel messaggio, e nessun altra informazione. Di solito quando non stava bene, se non mi trovava sul cellulare, mi contattava direttamente sul numero di telefono di casa mia, oppure ancora sulla linea del museo (ovviamente se io ero già lì), mentre questa volta invece...quel messaggio non mi convinceva molto, sapevo che negli ultimi tempi aveva degli incubi ed ero seriamente preoccupata per lei. Inoltre nel mio Ordine circolavano strane notizie: pochi mesi fa alcune ragazze furono rapite da ignoti nei pressi della remota Foresta della Nebbia. Il che mi faceva pensare ad una sola persona: Aureolus Belli. Quell'alchimista dannato che a quanto pare era ancora in vita e utilizzava i suoi studi per avere immortalità, eterna giovinezza e infiniti poteri. Sapevo che Fiona era una Belli (all'inizio pensavo fosse solo omonimia, invece era davvero sua lontana parente!) e, secondo mio padre, sembrava che possedesse dentro di lei una fonte di illimitato potere. E, forse, quel maledetto del suo antenato la voleva per sè. Ma io, Karena Rosenkreutz, membro dei cavalieri dell'Ordine della Rosa Crucis, l'avrei fermato con ogni mezzo, anche a costo della vita. Dovevo riuscire a contattare Fiona al più presto.

Dopo aver intrapreso la strada che mi avrebbe condotto alla Foresta della Nebbia, mi accorsi che l'auto guidata da quel tizio con l'impermeabile mi stava seguendo. Provai non poco disagio quando mi accorsi, attraverso lo specchietto retrovisore della mia vettura, che quell'uomo aveva gli occhi azzurri...sembrava...no, non era possibile...probabilmente avevo le traveggole. Preferii lasciar perdere e proseguire lungo la stradina per la foresta. Quando arrivai ad un bivio, intrapresi la strada di destra come indicato sulla mappa, mentre l'auto che mi seguiva svoltò a sinistra per poi perdersi nell'oscurità. Trovai infine un cancello. Ero arrivata al Castello Belli. Per un attimo ebbi un senso di dejà vu, cosa che mi parve senza alcun significato...perchè mi era così familiare questo edificio?
,
Scesi dalla macchina con Hewie sempre al mio fianco ed aprii il cancello. Vidi una fontana e delle scale, ma, mentre stavo per salire verso la porta situata alla cima, mi accorsi che c'era...un gigante deforme! Cercai di trattenere il respiro, ma lui si girò lentamente accorgendosi della mia presenza. Rimasi immobile sperando di non fare qualche passo falso. Anche lui restò per qualche tempo immobile...per poi fare un inchino. Ringraziai il cielo per questo, anche se non comprendevo il senso di quel gesto. Lo vidi andarsene...i suoi modi di fare sembravano quasi come quelli di un bambino, con quei suoi grandi occhi scuri. Arrivai alla cima delle scale e aprii la porta, che conduceva ad una camera da letto, forse per ospiti. Per terra trovai una chiave con un simbolo: rappresentava il pianeta Saturno. Dopo averla raccolta notai tre diversi dipinti...in uno dei tre era raffigurato un signore anziano...possibile che fosse lui mio nonno?

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Karena Rosenkreutz
Età: 35 anni
Segni particolari:ha i capelli castani, porta gli occhiali anche se preferisce le lenti a contatto e nel tempo libero dipinge.
Occupazione: Responsabile turistica del museo d'arte di Basilea, ma segretamente fa parte dell'Ordine della Rosa Crucis.

Karena è la figlia di Heinrich Rosenkreutz, un nobile tedesco che attualmente vive a Monaco di Baviera. Entrambi fanno parte dell'Ordine di Rosa Crucis, fondato molti anni prima da Christian Rosenkreutz, il loro antenato. Sembra che l'alchimista Aureolus Belli, noto per le sue malsane idee sulla vita eterna, avesse fatto parte di quell'Ordine e lo avesse fondato assieme a Christian Rosenkreutz, ma in seguito lo abbandonò per proseguire la sua opera in incognito. Pur sapendo che Fiona è una Belli, Karena decide di tenere nascosta la verità su di lei e su Aureolus Belli. Sa degli incubi della sua amica, per cui decide di continuare a tenerla d'occhio. Ha appena scoperto che l'alchimista è ancora vivo, da qualche parte, ed è decisa a trovarlo per poi portarlo alla Sede dell'Ordine per avere più informazioni su di lui. Anche se non sa ancora che dovrà prima avere a che fare con una vecchia conoscenza...

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Capitolo 6
*** La donna dagli occhi di ghiaccio. ***


The nightmare that became reality.


Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso, in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAP 6: La donna dagli occhi di ghiaccio.

Non è la neve che causa l'inverno, ma l'inverno che causa la neve. - Paracelso

Continuai a guardare i dipinti appesi in quella camera da letto: ormai ero più che certa che l'uomo anziano del quadro che si trovava vicino alla porta era senza ombra di dubbio mio nonno. Ma la cosa strana che mi balzò all'occhio era...l'abbigliamento che indossava, che di certo non apparteneva a quest'epoca. Magari era un uomo che adorava le cose antiche e a giudicare dalla residenza in cui viveva, era una persona che non amava molto le innovazioni, come mi aveva raccontato mio padre. Mi voltai e guardai invece il quadro in cui era ritratto un uomo adulto, alquanto affascinante, con i capelli lunghi e rossicci. Rimasi a fissarlo per qualche tempo (beh, in fondo ero una ragazza e mi piacevano gli uomini con gli occhi azzurri!!) e provai un senso di nostalgia...mi sembrava quasi di conoscerlo, anche se non l'avevo mai visto prima d'ora. Infine osservai il dipinto posto all'angolo opposto della stanza e vidi lo stesso uomo, ma più giovane e con un aspetto molto elegante. Finita l'osservazione dei quadri (l'arte era davvero la mia passione e avrei voluto esaminare nei minimi particolari quelle opere dipinte da chissà chi), afferrai la maniglia della porta per uscire, ma qualcosa, o meglio, qualcuno mi fermò.

Riprovai più e più volte a chiamare Fiona, ma non riuscii a contattarla: il suo cellulare era irraggiungibile e a casa non c'era. Avevo così la conferma che mi aveva mentito, e ci rimasi molto male. Ormai ero più che sicura che Aureolus Belli c'entrava con questa faccenda e volevo indagare a fondo. Chiamai dunque mio padre per avere ulteriori informazioni.
"Pronto? Padre, sono Karena. Devo dirti una cosa...Fiona deve aver scoperto qualcosa da quel maledetto del suo avo, e sento che sta per cadere in una trappola..." dissi a mio padre appena rispose al telefono.
"Questa non ci voleva. Allora passeremo alla fase successiva del nostro piano: vai a Castello Belli, l'ultima abitazione di Aureolus Belli annotata sui nostri registri, e cerca di trovare Fiona al più presto. Lei non deve assolutamente scoprire chi è quell'uomo e soprattutto cosa vuole fare di lei! Ti lascio le indicazioni per e-mail, mi raccomando...sta attenta." replicò mio padre, che come me era deciso a proteggere l'incolumità di Fiona.
"D'accordo, e non preoccuparti. Me la caverò come sempre." gli puntualizzai. Ormai ero uno dei membri più forti dell'Ordine, e conosceva dunque perfettamente le mie abilità.
"Va bene, ma tieni d'occhio anche quel maledetto di Riccardo..." appena nominò quel nome, provai immediatamente un forte senso di rabbia. Sentii il sangue gelarmi nelle vene. Dopo aver salutato mio padre, riattaccai...ma pensavo ancora a lui. Riccardo. Un giorno l'avrei rivisto....e quando quel giorno sarebbe arrivato, mi sarei potuta finalmente vendicare.
Mathilde, avrai ciò che meriti: la morte di colui che ha rovinato la tua vita.

Mi voltai e vidi...una donna. Ma sembrava così perfetta da sembrare effettivamente una donna...e il suo modo di guardarmi...era freddo. Hewie iniziò a ringhiare, quasi come per dirmi di non fidarmi di lei. Stava continuando a stringermi il polso, forse per impedirmi di uscire dalla porta, ma riuscii a liberarmi dalla sua stretta presa quando mi accorsi che in mano teneva...un attizzatoio!!! Mi ricordai all'improvviso del sogno, e che in esso c'era una donna, che mi inseguiva tenendo in mano un pezzo di vetro...anche se i miei ricordi erano annebbiati mi resi conto che la donna nel sogno e la donna che in quel momento era davanti a me erano la stessa persona! Ancora non riuscivo a crederci, ma d'istinto incominciai piano piano ad allontanarmi da lei. Quando arrivai finalmente alla porta che conduceva all'esterno, la aprii rapidamente e scappai assieme a Hewie, senza richiudere la porta (avevo troppa fretta di fuggire da quello sguardo di ghiaccio...) e senza voltarmi indietro.

La principessa alla fine era tornata al suo castello. La ragazza che il mio padrone considerava preziosa. Sì, davvero preziosa. Anch'io volevo essere preziosa come lei...e per esserlo avrei dovuto fare solamente una cosa...avere il suo Azoth. L'essenza pura della donna. Sì, doveva essere mia.
"Daniella, per il momento torna alle tue faccende, ma cerca di trattenere Fiona nel castello."
Sì, mio padrone...avrei trattenuto la principessa...a modo mio. Andai quindi in cucina per preparare la cena, appoggiando l'attizzatoio vicino alla stufa.

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????
Età: 57 anni
Segni particolari: è un uomo che solitamente indossa un cappuccio oppure un cappello e impermeabile per nascondere il suo volto.
Occupazione: ignota

L'uomo col cappello e impermeabile che Fiona incontra nel suo viaggio verso Castello Belli. Sembra che sappia chi sia Fiona...

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Capitolo 7
*** Ombre dal Passato. ***


The nightmare that became reality.

Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso, in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAP 7: Ombre dal passato.

Non sia di altri chi può esser di se stesso. - Paracelso

Ero tornata nel cortile che avevo percorso per raggiungere quella che sembrava proprio una camera da letto per ospiti. Peccato che ad accogliermi era arrivata quella donna. Hewie, che si era messo a ringhiare non appena si era accorto della sua presenza, di certo la pensava come me: quella non era una donna, era una pazza! Mi guardai intorno per verificare che lei non mi stesse seguendo, e nel frattempo constatai che era meglio trovare una mappa del castello, dato che non volevo gironzolare troppo a vuoto, perdermi e in particolare evitare "la cameriera dagli occhi glaciali". Però trovai, grazie all'aiuto del mio amico a quattro zampe, una scatola contenente quelli che sembravano essere medicinali, probabilmente realizzati con delle erbe, anche se non ne ero del tutto sicura. Sulla scatola c'era scritto "Recreatio".
Presi la scatola e cercai un'altra strada per entrare nel castello ma sfortunatamente le porte erano tutte bloccate. Dovevo dunque tornare indietro, anche se non mi allettava per nulla l'idea di dover avere nuovamente a che fare con quella donna...

Decisi di partire quello stesso giorno alla ricerca di Fiona. Dalle indicazioni di mio padre scoprii che la dimora di Aureolus Belli si trovava in una remota foresta di Einsiedeln e che probabilmente Fiona si era diretta lì. Salii sulla mia Wolkswagen nera, la misi in moto e appoggiai pesantemente il piede sull'acceleratore. Dovevo essere là al più presto, altrimenti...Fiona avrebbe rischiato di fare una brutta fine. Ripensai a Mathilde e quell'evento passato che cercavo di cancellare dalla mia mente, invano.

*FLASHBACK*
15 anni fa
Anche se spesso dovevo separarmi da lei, ero disposta a tutto pur di stare in qualche modo vicino a Mathilde. Eravamo cugine, ma per me era come una sorella. Mio padre non ebbe altri figli, per cui lei, seppur figlia di mia zia, era la sola persona su cui potevo fare affidamento e confidarmi. Un giorno mio padre mi parlò di un certo Aureolus Belli, un suo vecchio amico nobile di origini intenzionato a sposarsi. A quanto pare voleva come moglie Mathilde e, nonostante le voci malevoli che giravano nel nostro Ordine su questa persona (si diceva che fosse un alchimista pazzo ed interessato ad avere l'eterna giovinezza attraverso una fonte di potere chiamata Azoth), mio padre riteneva giusto far incontrare i due. Il motivo di questa decisione era soprattutto dovuto al fatto che mia zia, rimasta da poco vedova, non aveva un lavoro e non poteva mantenere mia cugina, e si era rivolta a me e a suo fratello chiedendoci aiuto. Non appena ci era giunta questa notizia, mia zia era assai felice di vedere sua figlia sposata a quell'uomo, a quanto pare molto ricco, e mio padre era d'accordo con lei, anche se era piuttosto dubbioso sulla reputazione del suo amico ("Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio", questo era il suo motto). Anch'io avevo un brutto presentimento ed ero intenzionata ad accompagnare mia cugina alla residenza di Aureolus Belli. All'inizio era contrario, ma poi cedette e ci lasciò andare.

Arrivate alla residenza di Aureolus Belli, entrammo e ci venne incontro un uomo vestito elegantemente, ma con un cappello che gli copriva il volto. Notai il suo sguardo di ghiaccio e mi allarmai immediatamente, passando davanti a Mathilde, per proteggerla. Ma a quanto pare avevo frainteso le intenzioni di quell'uomo.
"Benvenute nella mia residenza, io sono Aureolus Belli! Se non sbaglio tu sei la nipote del mio vecchio amico Heinrich, sono davvero felice che tu abbia accettato di incontrarmi. E tu saresti..."
Interruppi la sua frase parlando al posto suo. "Sono Karena, la figlia di Heinrich. Ho chiesto personalmente a mio padre di poter accompagnare Mathilde e ora sono qui al posto suo".
"Bene, accomodatevi nella mia dimora, ragazze..." Aureolus ci fece entrare nella sua dimora, ma, mentre varcai la soglia, notai sul suo volto un sorriso soddisfatto...e allo stesso tempo sadico.
Capii immediatamente che i miei sospetti erano fondati, e mi misi all'erta, pronta a difendere Mathilde.
*FINE FLASHBACK*

Di nuovo nella camera degli ospiti, notai che per fortuna non c'era nessuno. Aprii la porta e andai avanti per un lungo corridoio, fino a quando non trovai una sala da pranzo. E la cameriera era lì, vicino alla grande tavola imbandita di diverse portate. Hewie ringhiò, ma lei in quel momento non aveva nè un attizzatoio, nè un pezzo di vetro, per cui gli ordinai di stare calmo.
"La cena è servita, signorina" mi disse, invitandomi a sedere. Cercai di non badare a lei (ogni volta che la guardavo mi veniva sempre in mente quell'incubo...!) e mi accomodai. Avevo fatto un lungo viaggio e sentivo di dover recuperare le energie. Ma non sapevo ancora quello che sarebbe successo dopo.

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Capitolo 8
*** Una fuga e un ritorno. ***


The nightmare that became reality.

Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso, in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAP 8: Una fuga e un ritorno.

Siamo angeli che dormono ancora il greve sonno della carne. L'uomo deve destarsi, aprire gli occhi alla verità se non vuole correre il rischio di attraversare la vita come un bruto incosciente. - Paracelso

Seduta a tavola con lo sguardo della cameriera fisso su di me, cercai di mangiare qualcosa, anche se mi sentivo molto a disagio e quel cibo non mi sembrava molto prelibato.
Hewie era accucciato accanto a me, con le orecchie basse. Era ovvio che anche lui stava provando la mia stessa sensazione.
"Sono la donna perfetta" parlò lei all'improvviso, facendomi quasi sobbalzare dalla sedia. "Il mio creatore mi ha detto che sono la donna perfetta." Ribadì.
Creazione in che senso? E chi era il suo creatore? Stavo per porle queste domande, ma lei riprese a parlare.
"Però non provo nulla, nè piacere, nè dolore. Tu sì, vero...principessa?" appena mi rivolse la parola - e di conseguenza volsi il mio sguardo dritto ai suoi occhi - notai il suo sorriso...o meglio, il suo ghigno maligno...
"Eh, sì...tu provi tutto e te lo puoi permettere, erede dell'Azoth. Piccola sudicia principessa..."

Rimasi spaventata da quelle parole piene di cattiveria. A quel punto avevo ormai compreso che mi odiava, ma non comprendevo ancora il motivo per il quale ero collegata con quella cosa chiamata Azoth. Perchè dovrei essere l'erede di una cosa che neanche possiedo? In ogni caso, ormai ero sicura che era meglio stare alla larga da lei, altrimenti mi avrebbe inseguita come nel sogno. Mi alzai lentamente dalla sedia e uscii dalla sala da pranzo, aprendo e richiudendo la porta. Mentre uscivo da lì, riuscii solo a scorgere lo sguardo freddo di quella donna...e un arazzo. Dove avevo già visto quello stemma?

Ero quasi arrivata al luogo indicato da mio padre. Avevo trovato facilmente la strada per la foresta e sentivo che presto sarei arrivata al Castello Belli...di nuovo. Quel luogo maledetto, pieno solamente di insidie e homunculus. All'inizio stentavo a crederci, ma dopo aver verificato con i miei occhi gli orrori di quel posto avevo deciso di diventare un Cavaliere dell'Ordine, per cancellare l'incubo che avevo vissuto, ma soprattutto vendicarmi di Riccardo. Che per me era solamente un infame disposto ad atti tremendi pur di ottenere l'Azoth. Riccardo Belli, o meglio, Aureolus Riccardo Belli.

*FLASHBACK*
Aureolus ci accompagnò verso una delle stanze del castello, che si rivelò essere la sala da pranzo. Sì voltò e si rivolse a me.
"Se non ti dispiace, Karena, ora vorrei parlare a quatt'occhi con Mathilde. Da soli."
Non appena pronunciò quelle parole, mi rifiutai categoricamente di obbedirgli. Non avevo alcuna intenzione di lasciare sola mia cugina con uno sconosciuto, soprattutto con uno come lui.
"Spiacente, ma senza di me, Mathilde non se ne va da nessuna parte. Mio padre forse ti avrebbe lasciato campo libero, ma io no. Non lascio mia cugina da sola con uno come te, Aureolus." ormai avevo capito che aveva intenzione di usare Mathilde per i suoi scopi, e gli avrei impedito di andare avanti nel suo piano.
"Dunque sei proprio una Rosenkreutz...una maledetta ficcanaso che dovrebbe evitare di mettere il becco in faccende che non le riguardano. Mi hai deluso, Karena..."
Detto ciò, si tolse il cappello e rimasi senza parole. Davanti a me c'era Riccardo. Il mio ex-compagno. Non volevo crederci, era lui Aureolus Belli?!
Ero distratta, e mi accorsi solo all'ultimo che Riccardo aveva preso per il polso Mathilde e stava fuggendo con lei, portandola via e chiudendo a chiave la porta della stanza in cui era entrato, impedendomi di proseguire.
Non feci altro che sbattere i pugni contro la porta, sentendomi tremendamente in colpa per ciò che era successo.
*FINE FLASHBACK*

Dopo quell'accaduto, avevo deciso di scoprire tutta la verità sui Belli (ed è per questo che avevo deciso di assumere Fiona al museo ed avere più informazioni possibili su di lei) e sapere se c'era qualcun altro oltre a Riccardo. Dato che mi aveva mentito molte volte durante la nostra "relazione", ero sicura che mi aveva mentito anche quel giorno. Non era lui Aureolus Belli.

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Capitolo 9
*** Inquieto Vivere. ***


The nightmare that became reality.


Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso, in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAP 9: Inquieto Vivere.

Ciò che vediamo con gli occhi esterni è l'ultima materia. - Paracelso

Mi sentivo priva di forze. Anche se avevo a malapena assaggiato quella minestra dal sapore alquanto strano, il mio stomaco era in subbuglio. Non osavo immaginare quali potessero essere gli ingredienti di quella pietanza e camminai a passo lento, in cerca di un bagno, anche se non ero del tutto sicura di trovare una toilette in questo castello. Fortunatamente una toilette c'era.
Entrai subito nella stanza con Hewie sempre al mio fianco e richiusi la porta. Tenetti in considerazione la doccia come possibile nascondiglio per non farmi scoprire dalla cameriera, ma per il momento avevo bisogno di riprendere le forze. Mi avvicinai al lavandino e tirai fuori il medicinale che avevo trovato. Quella scatola conteneva alcune pillole: ne presi una e dopodichè bevetti un sorso d'acqua dal lavandino per farla mandare giù. Mi sentii immediatamente meglio. Ero di nuovo pronta per proseguire nella ricerca di mio nonno.

Ero giunta al Castello Belli. Quel posto era rimasto squallido proprio come lo visitai per la prima volta. Tutte quelle erbe rampicanti sembravano voler nascondere tutti gli orrori avvenuti negli anni precedenti...oppure  volevano semplicemente impedire l'accesso agli indesiderati, me compresa.
Notai subito la macchina di Fiona parcheggiata vicino al cancello e non esitai ad entrare. Trovarla era ormai la mia priorità. Non volevo avere un altro peso sulla coscienza.

*FLASHBACK*
Frustata per la cattura di mia cugina, cercai in tutti i modi di sfondare quella porta, invano.
Tornai indietro e trovai un'altra porta, ringraziando la buona sorte per il fatto che era aperta. Entrai e mi ritrovai in un corridoio scuro: mentre andavo avanti trovai quello che sembrava proprio un Homunculus. Era del tutto simile ad un essere umano ma era immobile e continuava a mormorare tra sè e sè frasi senza senso. Forme di vita create artificialmente, ma che non posseggono un'anima. Così mi disse in passato mio padre, e aveva ragione. Quell'essere non provava niente, forse nemmeno si era accorto di me. Procedetti per la mia strada passando oltre quell'essere. Dopo qualche passo però una mano mi afferrò le caviglie. L'Homunculus continuava a stringere la presa e continuava a ripetere a voce alta una sola parola. Azoth.
Cercai di non agitarmi troppo, altrimenti avrei peggiorato la situazione. Ringraziai nuovamente la buona sorte: notai un pezzo di legno appoggiato su un divano e lo conficcai con tutta la forza che avevo nel braccio dell'Homunculus, che lasciò la presa e riprese a mormorare come prima. Nonostante la ferita, continuava a parlottare da solo come se nulla fosse successo. Riuscii dunque a proseguire senza ulteriori interruzioni, con la speranza di trovare al più presto Mathilde.
*FINE FLASHBACK*

Dopo essere uscita dal bagno, mi misi nuovamente alla ricerca di una mappa, nella speranza di poterla trovare anche strappata, dato che mi importava solo uscire da quel castello al più presto. Tornai indietro nella sala da pranzo, per poi andare in un corridoio; al fondo di esso c'era una porta, questa volta aperta, entrai e mi trovai in un laboratorio. Lo capii facilmente per il fatto che c'erano diversi attrezzi, come alcune beute. Inoltre c'era un caminetto che continuava a bruciare: mi chiesi immediatamente a cosa potesse servire una stanza del genere in questo posto così desolato, ma ciò che mi incuriosii di più era una statua gigante fatta di terra che bloccava l'uscita. Mi accorsi immediatamente dell'apertura posta sull'addome di essa e compresi che per spostarla ci voleva una specie di chiave. Decisi di tornare ancora indietro per andare avanti nel corridoio (non lo avevo ancora percorso del tutto) e trovai un'altra porta, sempre aperta. Quando entrai nella stanza, vidi che era vuota, piena di ragnatele, ma soprattutto...distrutta. Il pavimento era incrinato, il lampadario era caduto a terra e c'era una gabbia per uccelli arrugginita: dentro di essa c'erano alcuni resti.
Infine notai una strana macchina da scrivere, anch'essa arrugginita. Appena mi avvicinai verso lo strumento, sentii uno scricchiolio e non feci in tempo a voltarmi che la porta improvvisamente si chiuse. Mi spaventai non poco: cercai comunque di tranquillizzarmi e di concentrarmi su quell'attrezzo. La mia attenzione fu dunque attirata da un foglietto che sporgeva dalla macchina: lo presi e lessi le parole scritte su esso:

"Benvenuta nel castello Belli, mia cara Fiona.
Sono più sicuro che tu ora sia qui, a cercarmi in questo castello apparentemente abbandonato.
Ho bisogno che tu venga al più presto nel posto in cui mi trovo, dato che quel maledetto di Riccardo, che si ritiene di essere il vero erede di questo castello, mi dà la caccia e sono costretto a restare nascosto qua, con l'unica speranza di poterti incontrare.
Ti lascio questo documento riguardante lo Seferru Yetira, sicuramente ti sarà utile per andare avanti e dare vita anche a ciò che è stato plasmato dalla terra.
Con affetto,
Lorenzo Belli"


Dopo aver letto attentamente quelle frasi, rimasi piuttosto stupita: chi era Riccardo? E soprattutto, cosa c'entrava con la famiglia Belli? Le mie domande rimasero senza risposta, mi concentrai invece sul "Seferru Yetira" menzionato nella lettera. Girai il foglietto e vidi stampate parole apparentemente prive di significato. Ma una di esse era evidenziata di rosso: EMETH.
Cosa poteva significare? Cercai di associare questa parola con l'ultima frase della lettera di mio nonno..."dare vita anche a ciò che è stato plasmato dalla terra"...Mi venne subito in mente la statua gigante di terra, e compresi immediatamente che "EMETH" era la parola chiave: la digitai dunque sulla macchina da scrivere. Dopo aver fatto ciò, ne uscì fuori una piastra: la tolsi e ritornai nel laboratorio. Inserii la piastra nel gigante che...prese improvvisamente vita e si spostò verso uno degli angoli della stanza.
Varcata la porta, iniziai a sentirmi sollevata: mi trovavo nuovamente all'esterno e speravo di poter trovare al più presto il luogo in cui si trovava mio nonno, ma mi sbagliavo. Il mio incubo stava per diventare realtà.

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Capitolo 10
*** L'incubo che diventò realtà. Parte I ***


The nightmare that became reality.

Non volevo rendermi conto di come stavano le cose. Non volevo rendermi conto che tutto ciò che ho sempre pensato essere falso, in realtà era la verità. La pura Verità.
E non volevo rendermi conto che quell'incubo era reale. Non volevo. Ma dovevo.


CAP 10: L'incubo che diventò realtà. Parte I

Se conosciamo l'anatomia dell'uomo interiore, possiamo vedere la natura delle sue malattie al pari dei rimedi. - Paracelso

Fiona

Ero appena uscita fuori da quella specie di laboratorio ed ero nuovamente all'aria aperta. La puzza di chiuso di quella stanza mi aveva quasi otturato i polmoni e respirare nuovamente aria pulita mi faceva sentire quasi libera. Ma non appena realizzai di essere finita su un balcone con delle scale completamente distrutte e con una scaletta a pioli mi sentii quasi in trappola. Ebbi come il presentimento che avrei dovuto ancora affrontare diverse difficoltà prima di incontrare mio nonno, il fantomatico Lorenzo Belli. Stavo quasi per perdere le speranze e una parte di me sarebbe voluta tornare indietro e uscire da questo posto, ma ero troppo orgogliosa da voler abbandonare tutto e rinunciare a conoscere la verità sulla mia famiglia e su quell'incubo. Ero ormai sicura che Lorenzo sapeva tutto.

Chiamai Hewie e non appena arrivò al mio fianco - era rimasto indietro ad annusare, forse in cerca di qualche oggetto utile o semplicemente di uno svago - scesi la scala a pioli lentamente. Nonostante le mie vertigini riuscii a toccare terra senza farmi male, mentre Hewie fece un balzo saltando prima sull'architrave di un portone - che sicuramente mi avrebbe portato nuovamente in un'altra stanza senza via d'uscita - e poi sul terreno.
Il portone, come volevasi dimostrare, era chiuso, ma mi accorsi di un'altra porta nelle vicinanze: era socchiusa. Quasi come per dirmi "è qui che devi entrare se vuoi proseguire".

Mi avvicinai all'entrata e sentii il suono di un pianoforte. Riconobbi subito il pezzo che "l'anonimo pianista" stava suonando: era la Liebestraum III di Liszt. Il sogno d'amore. Questa musica mi fece venire in mente i ricordi della mia adolescenza, ovvero quando mio padre mi insegnò a suonare il pianoforte. Ed era proprio la Liebestraum III il pezzo che imparai per primo.
Entrai e immediatamente mi resi conto di essere finita in una specie di "ripostiglio" degli strumenti. Notai diversi spartiti sparsi per il pavimento, un arpa riposta in maniera alquanto strana (solitamente le arpe dovrebbero essere esposte, non riposte su uno scaffale...) e infine un luccichio. Era una chiave, e il mio istinto mi diceva che era quella la chiave per aprire il portone.
Stavo per afferrarla ma all'improvviso il piano smise di suonare.

Karena

Ero entrata nel Castello e controllai immediatamente in quella maledetta stanza per ospiti (o meglio, la stanza per "le prede" di Aureolus Belli). "C'è nessuno? Fiona, dove sei?" chiamai a gran voce. Sfortunatamente non arrivò alcuna risposta, per cui decisi di uscire dalla stanza e cercare altrove. Prima di varcare la soglia notai solo due occhi che mi stavano fissando dal ritratto di quel maledetto alchimista. E seguivano ogni mio movimento.
A quanto pare non ero da sola, pensai.

Fiona

Guardai verso l'alto e vidi l'anonimo pianista: aveva il volto coperto da un cappuccio e riuscii a scorgere solo il suo sorriso. Sì alzò e si allontanò dal pianoforte rivolgendosi a me.
"Bentornata a casa, mia cara Fiona."
Che cosa intendeva dire? Che questo castello era casa mia? Sciocchezze, pensai, non ero mai stata qui prima d'ora ed era impossibile che questo posto infernale fosse casa mia. Ne ero più che certa. Ma le parole successive di quell'uomo contraddirono ogni mio pensiero.
"Ti vedo stranamente...spaesata. Non ricordi più che tu 4 anni fa hai avuto un incidente d'auto e io ti ho salvata? Sembra proprio di no, a quanto pare. Beh, lascia che ti rinfreschi un pò la memoria: io, Riccardo, sono custode di questo castello, e tu ne sei l'unica erede."
Dopo aver ascoltato quelle parole, mi sentii stranamente male. Come faceva quell'uomo, un perfetto sconosciuto, a sapere che i miei erano morti in un incidente d'auto? Inoltre ero più che sicura di essermi ritrovata in un letto d'ospedale a seguito di quella tragedia e solo Hewie era rimasto al mio fianco. E' stato lui ad avermi salvata. Oppure...c'era qualcun'altro?
I miei ricordi successivi a quella tragedia erano annebbiati...ma il mio sogno era limpido come un ruscello. E in quel sogno...c'era anche l'uomo che ora era di fronte a me.

Iniziai a convincermi del fatto che quello non era solo un sogno. Ma un ricordo che cercavo a tutti i costi di cancellare dalla mia mente.

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Note post capitolo: Chiedo perdono per questo aggiornamento "ritardato", avviso subito che non so ancora quando aggiungerò il capitolo undici (ormai credo di essere arrivata a metà del racconto), ma vi posso assicurare che completerò questa fanfiction. Grazie ancora per le vostre recensioni, soprattutto grazie a FiammahGrace, che come me apprezzano Haunting Ground non solo come gioco survival horror, ma come storia piena di significato.

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