Why not?

di MAMMAESME
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Why not? ***
Capitolo 3: *** Viaggiando verso il Kansas ***



Capitolo 1
*** Why not? ***


WHY NOT?

La doccia non aveva lavato via il senso di disagio che mi accompagnava da quando eravamo partiti per quel viaggio.

Ripensare a Rose, al giorno in cui dovetti piantarle un paletto nel cuore, non aveva migliorato il mio già pessimo umore.
- Damon, devi andare tu con lei a Denver - mi aveva quasi ordinato Stefan. – E’ meglio se vi mettete in contatto con Rose lontano da qui … La mia presenza è più utile vicino ad Alaric: tu gli sei troppo amico e se si dovesse presentare la necessità … sarebbe il mio lato oscuro contro il suo.-
Le sue parole avevano una logica ferrea … troppo ferrea … quasi studiata, mentre i suoi occhi raccontavano tutta un’altra storia … altri dubbi … altri tormenti.
Lui ed Elena erano sul sentiero del riavvicinamento, nonostante la sua dipendenza al sangue umano fosse ancora una minaccia … nonostante lei non approvasse i miei metodi di “cura” eppure …
Eppure, nonostante sapesse dei miei sentimenti verso di lei, nonostante l’ardente disperata gelosia che tentava invano di celare nei pugni inconsciamente serrati, la sua voce ostentatamente gelida m’imponeva di partire con Elena.
Sarebbe stata la prima volta, dopo le nostre divergenze, dopo che mi aveva fatto spezzare il collo da mio fratello, dopo che aveva archiviato il mio “ti amo” tra i “problemi da evitare”, che saremmo stati insieme un po’ più del tempo di poche caustiche battute.
… e adesso lei riposava nella camera al di là della porta del bagno …
Buttai a terra l’asciugamano con cui mi stavo asciugando i capelli e mi guardai allo specchio: una ruga solcava la mia fronte troppo crucciata … troppo tesa nello sforzo di non varcare quel fragile limite, buttare Jeremy dal balcone e …
Insieme ai pantaloni, infilai la mia maschera d’indifferenza ed entrai nella camera semibuia. Jeremy era uscito per chissà dove … ed Elena sembrava dormire tra le lenzuola bianche. Non indugiai con lo sguardo sui suoi capelli abbandonati sul cuscino … non mi fermai a guardale la pelle nuda delle sue spalle scoperte…
Mi ricordai della bottiglia di bourbon sul comodino … l’afferrai e mi diressi verso il tavolino accostato alla finestra, i mentre infilavo la camicia, guardai fuori per assicurarmi che Kol non avesse rintracciato il nostro motel.
Versai il liquido ambrato in uno squallido bicchiere di plastica; mi sedetti sulla sedia scricchiolante, appoggiando i piedi sull’altra, di fronte a me.
Rose era alla ricerca di Mary per ricostruire l’origine della nostra bloodline: da quella notizia dipendeva il proseguimento della mia “non vita”, la mia precaria eternità … ma in quel preciso istante non me ne importava nulla!
Il suo profumo inondava l’aria, coprendo l’odore di stantio e di deodorante dozzinale che impregnava quelle pareti tristi e spoglie di ogni decoro.
Avevo quasi rinunciato al pensiero di lei … avevo lasciato campo libero al mio redento fratellino … ed ora lei era lì … sola … con me … in un motel … nella stessa camera … eppure lontana anni luce …
Fissavo ostinatamente il bicchiere, lottando inutilmente contro il richiamo della sua presenza.
La frustrazione divenne insopportabile, così trangugiai quel pessimo liquore, cercando di ingoiare anche quel nodo fastidioso che si era insinuato nella mia gola.
Fissavo ostinatamente il vuoto, lottando inutilmente contro il richiamo della sua presenza.
Mi voltai e trovai i suoi occhi incollati su di me, lo sguardo languidamente posato sul mio corpo seminudo …
Incrociando il mio sguardo sorpreso chiuse gli occhi, imbarazzata, affondando il viso un po’ più a fondo nel cuscino.
Vedere quell’imbarazzo, quell’inutile timidezza mi procurò un lieve brivido, e l’angolo delle mie labbra si distese in una breve smorfia, che non riuscì a trasformarsi in un sorriso.
La sua rabbia e la sua ostilità si stavano sgretolando, ma ancora non aveva il coraggio di colmare quella distanza che ci teneva separati, fatta di paure, remore e sensi di colpa.
… ma questa volta non avrei fatto io il primo passo …
… questa volta avrei mantenuto le distanze, finchè …
Finchè i suoi occhi non si riaprirono e mi presero come un lazo, costringendomi ad alzarmi.
Appoggiai il bicchiere e lentamente mi avvicinai al letto, senza mai interrompere quel legame magnetico; mi sdraiai sul quell’orribile copriletto fiorato, lasciandolo a barriera tra i nostri corpi.
Questa volta non distolse lo sguardo, rivelando il desiderio di riallacciare un contatto, di ritrovare quella complicità che ci univa quando Stefan era “lontano”.
Inaspettatamente un sorriso lieve, quasi impercettibile, rischiarò il suo volto, cancellando la tensione e ridonandole quello splendore innocente che la illuminava quando era felice, rendendola più bella di un angelo.
Mi sforzai di non accarezzarla … m’imposi di non proferire parola … aspettai … limitandomi a guardarla in attesa.
- Non me ne avevi mai parlato … - disse, lasciando che il sorriso le raggiungesse gli occhi. – di quello che hai fatto per Rose … -
Ancora una volta si aggrappava al mio lato più umano … ancora una volta voleva vedere di me solo una parte … quella più nascosta, quella che lei aveva riportato a galla … quella più vulnerabile!
No! Non le avrei permesso di accedervi ancora … non le avrei permesso di plasmarmi a suo piacimento!
Mi voltai a guardare il soffitto per chiudere quella finestra sulla mia anima.
- Non riguardava te. – risposi con un sospiro infastidito.
- Perché non lasci che le persone vedano il buono che c’è in te? – disse con una dolcezza insidiosa.
- Perché alcune persone, quando vedono del buono, si aspettano una persona buona … - risposi con una certa insofferenza … e voltandomi verso di lei, aggiunsi: - ed io non voglio essere all’altezza delle aspettative di qualcuno. –
La mia espressione dichiarava apertamente che quel qualcuno era lei …
Il suo sorriso si spense al gelo della mia risposta.
“No, Elena … non sarò più come tu mi vuoi, io non negherò più tutte le sfaccettature della mia personalità solo per compiacerti …” pensai.
Incapace di sostenere il mio sguardo che scavava nel profondo, si voltò, trasformando in un sospiro la rabbia e la tristezza che le mie parole le avevano risvegliato … Colpita!
Girandosi supina abbassò le coperte, rivelando la curva morbida del suo seno, che si sollevava al ritmo del suo affanno dovuto forse alla frustrazione … forse a un pianto trattenuto o forse allo stesso impellente desiderio che si stava impadronendo del mio corpo, che stava annebbiando la mia mente.
Ancora non mi mossi …
Ancora non colmai la distanza tra di noi …
Non questa volta, non …
Voltò la testa con una smorfia esasperata, abbandonando le braccia lungo i fianchi, sfiorando con il dorso della sua mano la mia … A quel tocco tutti i miei propositi di un atteggiamento distaccato s’incrinarono.
Le mie dita cercarono le sue trattenendo e accarezzando quel lembo di pelle caldo … tentando di trasmetterle il fuoco della mia passione trattenuta.
I miei occhi s’incollarono su di lei, in attesa di una risposta qualsiasi …
“Parla, Elena” pensai con forza. “Sciogli i nodi che legano i tuoi pensieri e aprimi il tuo cuore … le tue braccia! Dammi uno schiaffo o una carezza … urlami il tuo odio o il tuo amore … proprio tu che mi hai insegnato a non nascondere i miei sentimenti, ad esternarle mie emozioni … proprio tu hai rinchiuso i TUOI sentimenti, le TUE emozioni in un forziere di pregiudizi e di paure …”
I suoi occhi guardarono increduli le nostre mani … per poi si alzarono, spaventati verso di me.
Incapace di sostenere il mio sguardo, rivolse il suo al soffitto.
Il battito del suo cuore prese un ritmo sincopato …
“ Forza Elena! Abbatti quelle assurde barriere e dimmi quello che i tuoi occhi mi hanno già confessato, urlami in faccia quella che il pulsare impazzito tuo cuore mi sta già gridando!”
La prese il panico … annaspava in cerca di quel respiro che le stavo rubando …
“Elena …”
Lasciò la mia mano come se fosse acciaio rovente e si precipitò fuori dalla stanza, fiondandosi nella luce fredda dei neon, quasi scappasse da un incendio … e da un incendio stava scappando!
“Non illuderti che ti lascerò andare via, Elena, senza quelle risposte che mi devi … senza una spiegazione ai tuoi sguardi … tra di noi c’è solo una sottile lastra di ghiaccio attraversata da una fitta ragnatela di crepe, pronta a crollare alla lieve pressione di una tua parola sussurrata … al calore della tua pelle …”
La seguii senza fretta, sicura di ritrovarla non lontano …
Appena girato l’angolo del corridoio, la vidi appoggiata al distributore automatico … ancora ansimante, chiusa nel golfino che si era buttata addosso.
Avrei voluto afferrarla per le spalle e scuoterla come un salvadanaio, per rubarle due soldi di onestà … Urlarle in faccia che non potevo aspettare oltre, che non le avrei lasciato distruggere tutto quello che avevamo costruito insieme, che non le avrei permesso di affogare nei sensi di colpa il suo amore per me …
Invece mi fermai a un metro da lei … che percependo la mia presenza scosse la testa e mormorò un disperato non …
Le mie sopracciglia si avvicinarono ancora di più, esacerbate dal suo esitare, dal suo continuo negarsi e negarmi quelle emozioni, quelle sensazioni che trasudavano da ogni suo gesto trattenuto, da ogni poro della sua pelle morbida.
Sulle mie labbra nacque quella domanda inevitabile … ineluttabile …
- Perché no? –
E con voce colma di desiderio … stremata per quell’infinita attesa … supplice e perentorio invocai il suo nome.
- Elena … -
E prima che potessi capire … prima che riuscissi solo ad immaginare una reazione … lei si girò e corse verso di me … le sue mani sul mio viso … le sue labbra sulle mie …
E il vento che soffiava poco prima tra i suoi capelli penetrò, freddo, nella mia mente, cancellando ogni pensiero, e scontrandosi con il calore del mio desiderio, generò un ciclone che mi travolse e mi spinse a rispondere a quel bacio inatteso con una bramosia …
Le sue mani sul mio collo premevano per tenermi incollato a lei … pretendevano una risposta che non tardò ad arrivare …
Affondai le mani nel suo corpo … lo feci aderire al mio, avido delle sue carezze … affamato e insaziabile.
Non avevo mai desiderato tanto una donna …
Non ne avevo mai amata nessuna così disperatamente …
Il suo ardore inaspettato … la sua sensualità dirompente mi stava facendo perdere il controllo …
Non riuscivo a staccare la bocca dalla sua … dalla sua pelle …
Dio quanto la volevo …
Le mie mani vagavano alla ricerca dei pochi brandelli di pelle nuda, mentre lei mi mordeva le labbra …
Precipitai irrimediabilmente dentro il vortice dei nostri respiri, dentro e fuori le mie sensazioni … registravo ogni suo gesto … ogni suo slancio con stupore e lo ricambiavo ancora incredulo di ciò che stava accadendo, assorbivo ogni sua vibrazione, le nostre tensioni riverberavano … eravamo avvolti da una rete sottile d’impulsi ed esitazioni.
La frenesia ci portò contro il muro alle sue spalle … dove lei continuo ad offrirmi le sue labbra: ero totalmente concentrato sulle emozioni che la sua bocca mi regalava, sulla sua vita sottile stretta tra le mie mani … i suoi fianchi … la sua fragilità!
La mia bocca scivolò sul suo collo … sulle sue spalle … verso il suo seno … vicino al suo cuore … Lei si lasciava baciare … ricambiando la mia voracità … ed io ero perso nelle sensazioni che stavo assimilando con le labbra … con le dita.
“Ti voglio, adesso! …. Fermami!”
Quasi consapevole del mio disperato richiamo, mi sollevò la testa ma, invece di invocare una pausa … invece di fermare quell’eruzione devastante, si nascose in un altro bacio … un altro ancora …
Con uno sforzo disumano mi separai da quella fonte di estasi per fissarla negli occhi: non potevamo consumare l’atto estremo di un amore tanto grande, contro il muro di una squallido motel … non potevamo rendere miserrimo l’incontro delle nostre anime …
Mi guardò solo per un attimo … e in quello scorcio di cielo scorsi delle nuvole grigie …
Il mio cuore implose: vidi desiderio … scorsi la resa ad una passione che la devastava … ma non trovai i suoi sentimenti … non il suo amore.
E fu come l’onda che s’infrange sullo scoglio: lo avvolge, lo colpisce, lo bagna … ma non riesce a scavare nel profondo …
… ed io non mi sarei accontentato di un guscio vuoto!
Ma non riuscivo a fermare le mie mani … non riuscivo a staccarmi da lei che si aggrappava alle mie spalle, che si arpionava al mio cuore!
La incollai a quel pilastro freddo … incollandomi a lei.
“E’ questo che vuoi, Elena? Essere una come tante? Essere trattata come una qualsiasi delle innumerevoli donne che sono passate tra le mie braccia, scivolate sul mio corpo e cancellate dalla mia memoria? … o forse è esattamente il contrario … mi stai usando? Per cosa …? Perché …?”
Dovevo trovare la forza di finire quello che lei aveva cominciato, ma l’incontrollabile attrazione … il delirio di quegli abbracci sconsiderati m’impedivano di staccarmi da quella parete, di frapporre una pur minima distanza tra i nostri corpi serrati.
Ancora un tocco delle sue dita sul mio collo … ancora una carezza delle sue labbra e l’avrei presa in braccio e rinchiusa nella stanza … le avrei strappato quei sottili lembi di stoffa che indossava e avrei baciato ogni singola cellula della sua pelle profumata, finchè non mi avesse supplicato di prenderla … Avrei fatto l’amore con lei, finchè non avesse gridato tutto l’amore che ancora teneva imbavagliato in un angolo della sua coscienza …
… e al diavolo Jeremy … al diavolo la bloodline, … Klaus … Stefan!
Al diavolo il mondo intero …
Ancora un secondo … e avrei preso ciò che era già mio … le avrei donato ciò che si era già presa … avrei …
- Elena …? –
La voce di Jeremy fu come uno spillo in un palloncino sospeso a mezz’aria … e i brandelli delle mie illusioni caddero a terra.
- O mio Dio … Jeremy … io … - rispose Elena al richiamo del fratello, con la voce e l’espressione di chi stava compiendo un’azione riprovevole.
Il mio sguardo si posò sul suo tentativo di nascondersi nel golfino, prima di girarmi, trattenendo la mia furia.
- Rose ha trovato Mary. Vive in Kansans. – ci comunicò Jeremy.
Vedere Elena sprofondare nell’imbarazzo davanti a suo fratello, per il solo fatto che ci stavamo baciando, fu peggio che una cascata di ghiaccio …
Non solo non voleva ammettere i suoi sentimenti … ma li considerava una colpa, qualcosa di cui doversi vergognare …
Il mio volto tornò ad essere una maschera di pietra … ricostruii un muro attorno alla mia anima fragile ed esclamai, allontanandomi a fatica dal mio centro di gravità:
- Bene … andiamo! –

Continua …. Continuo????


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Capitolo 3
*** Viaggiando verso il Kansas ***


SECONDA PARTE
Entrando in camera, Elena afferrò il cappotto e una sciarpa rossa.
La casa di Mary distava circa trecento chilometri, quindi avremmo usato l’auto a noleggio.
Lasciammo le borse al motel, con l’intenzione di tornare a riprenderle a missione compiuta, insieme ai bagagli di quello scocciatore di Jeremy: Elena era decisa a riportarlo a casa.
Elena salì velocemente in macchina e prese posto sul sedile accanto al mio, lasciando Jeremy alle nostre spalle.
Misi in moto bruscamente, ed il motore emise un rombo irritato.
Guidavo nel buio, avvolto dal silenzio, lo sguardo fisso alla strada, tentando di concentrarmi sulla nostra missione … su Scary Mary …
L’avevo conosciuta molto tempo prima … diciamo pure che me l’ero portata a letto, come mi ero portato a letto … quante? … centinaia di donne. Da quando Sage mi aveva insegnato ad accantonare in un angolo della mente la mia ossessione per Kath, a godermi la vita, vampire … umane … per sangue o per sesso, cambiavo femmine come cambiavo le camicie: una nuova ogni giorno! … o anche più di una. Divertente? … da “morire”!
Ma … nessuna andava oltre la superficie della mia pelle, dura e impermeabile ad ogni sentimento!
Solo tre donne erano andate oltre … avevano scavato nel profondo e raggiunto il mio cuore.
Mia madre … Kath … Elena!
Nessuna di loro mai completamente mia.
Mia madre: un volto vago nelle mie memorie di bambino … l’immagine della dolcezza e della dedizione.  Mio padre l’aveva sempre rimproverata perché mi trattava con troppa condiscendenza: lei capiva la mia indole ribelle, il mio carattere esuberante … quello stesso carattere che mio padre voleva castrare con sue regole ferree.  Per sei anni dovetti combattere con lui per le sue attenzioni, finchè Stefan non le rubò la vita venendo alla luce …
Katherine: passione e morte. Per quella donna, per quell’affascinante, conturbante vampira, avevo tradito la mia stessa anima, rinnegato i miei valori. Le avevo donato il mio sangue e la mia vita … ma non bastava … IO non le bastavo: lei voleva anche LUI ...amava anche LUI … forse solo LUI.
Elena: la SUA ragazza … una piccola fragile umana che aveva avuto la forza di sfondare le mie difese, infilare le mani nei miei sentimenti, costringendomi a sentire ogni emozione repressa, a vivere ogni sensazione rimossa … e a soffrire ancora!
Elena … il suo sapore era ancora sulle mie labbra, il suo calore sulle mie dita: il desiderio di lei vibrava incessantemente nelle mie viscere!
Voltai appena lo sguardo e la vidi rannicchiata sul sedile, la testa inclinata, lo sguardo nella notte che scorreva veloce dal finestrino laterale: riflessi nel vetro i suoi occhi erano turbati, alla ricerca di una ragione che non voleva trovare, di una risposta che non voleva ascoltare.
Era una notte strana.
Andando alla ricerca delle mie origini sovrannaturali avevo trovato, invece, la causa della mia rinnovata umanità: sentirla fremere tra le mie braccia aveva riacceso quei sentimenti che volevo spegnere …
Non era bastata Rebekah … non era servito bere fino ad ubriacarmi … ritrovare un nuovo legame con Stefan: il mio amore per lei ardeva sotto le ceneri dei miei vani tentativi di strapparmela dall’anima!
Avremmo potuto parlare … avremmo dovuto! Avevamo più di tre ore di viaggio, immersi nelle ombre di un paesaggio spettrale.
Beh … prima avrei dovuto addormentare il noioso adolescente che vegliava dietro di noi: avevo incontrato il suo sguardo, tra l’accusatore e il disgustato, nello specchietto retrovisore e la tentazione di buttarlo giù dall’auto fu difficile da contenere.
Parlare … di cosa, poi?
Avevamo in sospeso mille discorsi, dubbi ed incertezze … risposte acerrime e silenzi ridondanti …
Parlare di quella passione debordante che era esplosa solo una manciata di tempo prima …?
Parlare … per dirle cosa? Le avevo già detto tutto!
Per chiederle cosa?  Lei non avrebbe risposto!
Mi aggrappai con più ferocia al volante e premetti sull’acceleratore: forse non avremmo visto l’alba e ancora non avevamo il coraggio di vivere il presente!
Che cosa stava pensando chiusa nel suo cappotto grigio?

Elena … dove sei? Tu, l’unica con cui condividerei la mia esistenza, con chi sei, adesso? Stai ripensando alle mie mani o sono altre mani che vorresti sul tuo volto triste, a toglierti con una carezza quel velo che offusca il tuo splendore? Fammi un cenno … dammi un segnale …”

Come poteva rimanere indifferente? Era poi indifferenza la sua? O paura che se i nostri sguardi si fossero incrociati, tutti i turbamenti che avevano scosso le fondamenta del suo essere … del mio essere … sarebbero riemersi, incontrollabili?
La bloodline … la mia stessa sopravvivenza … quella di mio fratello … erano echi lontani di una coscienza che non riusciva a staccarsi da quel muro, da un bacio che era già un ricordo.
L’unica cosa che desideravo era accostare al bordo della strada, spaccare il collo a Jeremy (tanto aveva ancora l’anello), prendere Elena e ricominciare da dove lui ci aveva interrotti … perché dopo tutto quel tumulto, quel terremoto emotivo, i muri sarebbero crollati … e ci saremmo finalmente trovati nudi, l’uno di fronte all’altra, spogliati da ogni maschera o pregiudizio, liberi di amarci contro tutto e contro tutti …
Fissando il nero oltre il parabrezza, le immagini fluirono spontanee …


Sbandai bruscamente e mi ritrovai a un centimetro di uno dei tanti alberi che costeggiavano la strada. Jeremy ed Elena si scossero dal loro torpore e urlarono spaventati.
Spensi la macchina sotto il fuoco dei loro sguardi inferociti.

  • Jeremy … tu rimani in macchina: io e tua sorella dobbiamo parlare! – gli ordinai mentre, fissando i suoi occhi, piegavo la sua volontà.
Scesi dall’auto, sbattendo violentemente la portiera; in una frazione di secondo raggiunsi quella di Elena e la spalancai, investendola con l’aria fredda della notte.
  • Scendi, per favore … - le dissi con un tono che non ammetteva repliche.
Per la prima volta dalla nostra partenza da Denver, mi rivolse lo sguardo e la parola.
  • Damon … dobbiamo … non dovremmo … - balbettò confusa.
  • Dobbiamo …  cosa? Non m’importa nulla di Mary … di Klaus … del mondo intero! – grugnii.
  • Non dovremmo … cosa? Non dovemmo parlare di quello che è accaduto? Non dovremmo ricominciare da dove ci hanno interrotto? … Perché? Dammi un buon motivo! –
Mentre inveivo, l’afferrai per un gomito e la guidai dove nessun eventuale passante potesse vederci … fuori dalla vista del suo fratellino iperprotettivo … soggiogato, ma non del tutto stupido!
Dopo qualche metro nella boscaglia umida, mi bloccai e, prendendola per le spalle, la costrinsi contro la corteccia di un tronco, le mie braccia a precluderle ogni tentativo di fuga.

  • Abbiamo lasciato un certo discorso in sospeso … qualcosa che tu hai cominciato  …  - le mormorai con voce roca.
  • Damon … ma ti sembra questo il momento! Abbiamo una missione … dobbiamo trovare Mary … - rispose, ritrovando un po’ della sua determinazione.
  • Ancora con questi “dobbiamo”! Bene: visto che questa voce verbale ti piace molto allora ti dico io cosa devi … Devi dirmelo! – la mia voce si abbassò in un ringhio profondo.
La mia mano seguì la linea del suo collo per fermarsi sulla sua gola, sotto la scarpa rossa …
  • Devi ammetterlo … - continuai, avvicinandomi al suo viso.
Per tutta risposta, le sue labbra si serrarono, mentre cercava di liberarsi dalla mia presa ferrea.
Dalla gola, feci scivolare le dita sotto la sua nuca, sotto i suoi lunghi capelli che strinsi in un pugno, facendole reclinare la testa all’indietro. Le mie labbra si avvicinarono alle sue, fino a sentire il calore del suo respiro.

  • Devi confessarlo … -
Il suo petto ricominciò a danzare al ritmo del suo cuore impazzito: ad ogni sospiro i bottoni del suo cappotto sfioravano la mia camicia …
Non la baciai … mi spostai lentamente … la mia guancia sfiorò la sua, mentre mi avvicinavo al suo orecchio. Le sue braccia giacevano inermi lungo il corpo.

  • Parla …! –
Lei alzò le braccia e posò le sue mani contro il mio petto, cercando inutilmente di allontanarmi da lei.
  • Sicura che è questo che vuoi? Prima, il tuo respiro … i tuoi occhi … le tue labbra, mi avevano fatto capire l’esatto contrario … -
  • È stato un momento di … - non riuscì a finire la frase.
  • Di … - la incalzai.
Il silenzio urlò una riposta che non avrei mai voluto sentire. Fissai le sue mani che mi respingevano … le stesse che mi avevano stretto convulsamente un paio d’ore prima.
Mi allontanai di un passo …

  • Voglio sentirtelo dire …ORA… - esclamai, digrignando i denti.
Uno spicchio di luna affrontò le nuvole dense e riuscì a trafiggere le foglie, posando un raggio di luce sul volto sconvolto di Elena, colorando d’argento la sua pelle candida.
La mia voce si addolcì appena.

  • Coraggio Elena … sputa quel rospo che ti sta soffocando: dimmi qualsiasi cosa! Dimmi che mi odi … che mi detesti … Che sono un mostro, perché è quello che sono! Che ami mio fratello … perché è migliore di me. E’ ora che tu apra il tuo cuore, che tu affranchi quei sentimenti schiavi delle tue paure, incatenati alla tua morale inutile e crudele. Sei davanti ad una scelta: LUI sta ritrovando lo Stefan che amavi, lo sta ricostruendo pezzo per pezzo … LUI potrebbe riportarti in quel limbo di buoni sentimenti in cui vi siete cullati prima che … che mi salvasse la vita. Con me viaggeresti tra inferno e paradiso … buio profondo e luce accecante … Cosa vuoi, Elena ? Cosa sei disposta a rischiare? Che cosa sei disposta a perdere? –
Le parole mi uscirono in un rantolo impaziente e spazientito …
  • Non m’importa chi sceglierai domani … cosa accadrà dopodomani … questa notte voglio sentire dalla tua voce quello che il tuo corpo mi ha già detto! –
Con la punta della lingua s’inumidì le labbra, che si schiusero per parlare … ma le parole le morirono in gola.
Mi allontanai di un altro passo, continuando a fissare le sue spalle, scosse dai brividi.

  • Questa notte o mai più, Elena … - minacciai.
Ancora silenzio.
Un altro passo mi separò da lei …

  • Finita questa faccenda di Mary, dopo che ti avrò riportata a Mystic Falls  … me ne andrò e non mi rivedrai mai più … -
Le voltai le spalle e feci per dirigermi all’automobile …
Un gemito mi colpì alla schiena come un dardo …

  • Damon … -
Mi fermai … in attesa …
  • Non andartene … non lasciarmi …
Sentii l’erba frusciare …
Le sue braccia s’infilarono sotto le mie, tese nello sforzo spasmodico di resistere alla tentazione di voltarmi e stingerla  fino a toglierle il respiro, … la sua testa si posò sul mio giubbotto di pelle …

  • Damon … rimani … io … - mi supplicò.
Afferrai le sue mani, senza voltarmi …
  • Damon … io ti amo … Damon … -
 
  • DAMON … ATTENTO!! –
La voce di Elena divenne reale!
La visione era così potente che mi fece sbandare!
Ripresi immediatamente il controllo dell’auto … ma non delle mie emozioni.
 Lei mi guardò sgomenta per un attimo, poi si rinchiuse nel suo silenzio, scuotendo la testa.
Cercavo inutilmente di dare un senso alla serata … un significato al suo slancio … una ragione al suo negarsi!
Chissà se alla fine … quando e se non ci sarebbero stati altri nemici da combattere, amici da salvare, fratelli da recuperare … LEI avrebbe trovato il coraggio di affrontare i suoi sensi di colpa e finalmente avrebbe esternato suoi sentimenti per me … (perché LEI provava qualcosa per me!) … godendo ogni istante della sua vita mortale come se fosse l’ultimo, senza rinnegare la sua parte più selvaggia … i suoi turbamenti più profondi …
Chissà …
  • Girate a destra … e avete raggiunto la destinazione. - Annunciò il navigatore con cortesia preregistrata e falsa.
Il futuro doveva aspettare.
Al momento dovevo far visita ad una “vecchia” amica …
 

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