Dovevano
essere le cinque del pomeriggio ed Emma era intenta a camminare per le
vie della città. Il suo passo sembrava affrettato e il suo
respiro affannato, ma i capelli ricci le ondeggiavano leggeri lungo le
spalle. Non Era in ritardo, ma doveva sbrigarsi a tornare a casa per
prendere tutta la roba che le sarebbe serviva per la festa.
Sarebbe
dovuta essere dal parrucchiere da lì a un’oretta
circa con Sara, la festeggiata del giorno e sua migliore amica.
Ma
era da un po’ che camminava, e tra un pensiero e
l’altro aveva perso di vista la sua meta e la stessa
cognizione del tempo. Si ritrovò all’inizio di una
grande strada costeggiata ai lati da tanti piccoli alberi un
po’ appassiti e percorsa da una dozzina di veicoli al centro.
Non
era mai stata lì prima, eppure la cosa non la
spaventò, anzi, la incuriosì. Ed esattamente come
non sapeva perché fosse finita in quel luogo, allo stesso
modo decise di volerlo scoprire, senza un motivo o una valida ragione.
La
strada era molto lunga e la ragazza non ne intravedeva una vera e
propria fine, ma ad un certo punto vide che sulla sua sinistra si
apriva uno spazio davvero molto grande all’interno del quale
c’era un grande capanno bianco al cui disotto molta gente
parlava e stava seduta attorno a lunghi tavoli. Ai lati della
costruzione erano parcheggiate delle ambulanze,altre autovetture e
persino qualche auto della polizia. Doveva essere un convegno o qualche
roba del genere, pensò la giovane, sapendo di dover andare
avanti per capire dove i suoi piedi erano realmente intenzionati a
portarla.
Ma
per andare avanti era costretta ad attraversarlo, e così
dovette farsi largo tra molti uomini con diverse uniformi e giovani
ragazzi che aspettavano impazienti solo loro sapevano cosa. Poi anche
se alquanto disorientata, a causa dello slalom che stava affrontando,
non riuscì a non vederlo. Si ritrovò davanti ad
un giovane uomo dal gran bell’aspetto: alto e magro quanto
bastava,dalla carnagione molto chiara esaltata dai folti capelli
corvini e dagli occhi azzurri come il cielo. Indossava un paio di jeans
molto aderenti, camicia bianca, scarpe e giacca di camoscio nero e una
cintura munita di pistola e tutto quello che sarebbe servito per far
capire la sua nomina di poliziotto.
Solo
quando questo intercettò il suo sguardo, Emma
capì di essersi fermata. Non si dissero nulla, ma
così all’improvviso, come il colpo di fulmine che
li investì, entrambi in un solo semplice sguardo capirono
che i loro destini da quel momento si intrecciavano.
Emma
ricominciò a camminare, ma non perse lo sguardo di lui:
sapeva che non lo avrebbe perso. E infatti appena lei lo
superò , il giovane le si mise alle calcagna e appena fu
abbastanza vicino le mise un braccio sulle spalle e la strinse forte a
se, come se avesse paura di perderla. Il suo abbraccio le faceva male,
ma era uno di quei dolori buoni che ti fanno salire i brividi lungo la
schiena.
Camminarono
insieme per minuti, senza parole, finché il capanno non
divenne un lontano ricordo. Emma non sapeva se il fatto di trovarsi
lì in quel momento era legato esclusivamente al loro
incontro, ma il fatto di non essersi fermati le disse che
c’era dell’altro.
Ad
un tratto i due arrivarono ad un incrocio dove la strada davanti a loro
continuava ancora desolata senza una fine, ai quali lati si aprivano
due piccole stradine. Si guardarono, e un’altra volta, senza
nemmeno il bisogno di una parola, si avviarono stretti l’uno
all’altra verso sinistra. La stradina che si
presentò loro era molto buia a causa dei grandi palazzi che
non facevano penetrare al suo interno la luce del sole non ancora
tramontato . Erano tanti i bei negozi dai quali molte persone uscivano
ed entravano. Ma ciò che attirò maggiormente
l’attenzione dei due fu un grande camion rosso, fermo in un
angolo, al quale un uomo dai folti baffi e sigaretta in bocca era
appoggiato.
D’altro
non c’era nulla di strano in ciò che i si mostrava
loro davanti , ma un senso d’inquietudine e di assenso prese
forma in Emma. Si bloccò al centro della strada e si
divincolò dal giovane al quale con un sussurro
pronunciò le sue prime parole:
“C’è qualcosa che non va qui!
“. Lo guardò negli occhi e lo vide allarmarsi. Il
rumore di un portello che sbatte, e dal camion fermo uscirono due
uomini dall’aspetto burbero e aggressivo con delle pistole in
pugno. Un colpo sordo e tutta la gente che fino a quel momento
passeggiava tranquilla si precipitò correndo dalla direzione
opposta dei tre omoni armati.
Il
poliziotto allora tiro a se Emma , la guardò dritto nei suoi
bellissimi occhi color nocciola,le prese la mano, e uscendo la sua
pistola la portò con se nella corsa verso la salvezza.
Confondendosi
tra la folla, il giovane sparò più colpi che
poté: centrò uno di quegli orribili uomini in
pieno petto e ne ferì un altro alla gamba. Una mira perfetta
pensò Emma, che non fu poi molto meraviglia dalle
prestazioni del poliziotto: dopotutto c’era un motivo se
entrambi erano lì.
Emma
vide però una donna accasciata in terra che sanguinava e con
decisione lascio subito la mano del giovane e si gettò verso
la povera. Era viva. La sollevò e con l’aiuto di
un ragazzo la portò dietro uno svincolo dove tutti si erano
rifugiati. Furono pochi i civili feriti , ma anche se protetti dal
poliziotto, e ritrovatisi in un’altra strada ormai, nessuno
di loro poteva dirsi ancora al sicuro.
Non
si sentiva alcun suono provenire dalla strada dove fino a poco prima si
stava per consumare quella che sarebbe potuta essere una strage. Poi
Emma, riavvicinatasi al suo bel accompagnatore, prese uno specchietto
che teneva in borsa e lo mise a terra in modo da poter vedere quello
che accadeva appena svoltato l’angolo. Furono due appunto gli
uomini che videro a terra entrambi inerti. Ma il terzo
dov’era?
“Si
è nascosto. Guarda! Lì dietro, dove c’e
il muro del negozio: si vede la punta del piede.” Fece Emma
al suo poliziotto . “Chiama i rinforzi. C’e gente
ferita”. Lui la guardò ammagliato, non vedeva in
lei nessun turbamento, nessuna paura. Prese il telefono e
chiamò. Il grosso uomo armato sembrava fosse uno di quelli
ingaggiati con la forza, che hanno il terrore di essere uccisi e se la
piangono peggio dei poppanti, perché non si mosse di
lì finche l’arrivo di altri poliziotti lo
trascinò fuori dal suo nascondiglio.
Arrivarono
anche delle ambulanze che si occuparono dei feriti.
Dopo
qualche minuto si scoprì che tutto era successo a causa di
un politico che si sapeva dover passare per di là in quel
momento.
“Sono
Alessandro comunque”. Il giovane poliziotto si
prostrò con la mano tesa davanti ad Emma e le fece uno di
quei sorrisini maliziosi che ti fanno mancare il fiato. La giovane
ricambiò il sorriso. “Piacere, Emma”.
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