Alkasir Herak ~ Il ciondolo dei mondi

di LuLu96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Addio ***
Capitolo 2: *** Imprevisto ***
Capitolo 3: *** Il cielo ***
Capitolo 4: *** Allenamento ***



Capitolo 1
*** Addio ***


Percorsi in fretta e furia la strada. Dovevo muovermi, avevo poco tempo. Evitai con facilità il manubrio del motorino che ostruiva parte dello stretto passaggio, filavo veloce senza badare alle svariate buche sul cemento. Grazie alle tante volte che avevo percorso quella strada, ormai, ne conoscevo ogni centimetro.
*Al, non abbiamo tempo: dobbiamo aprire e chiudere la porta prima che arrivino.*
*Accidenti Gal! Sei tremendo! So che devo muovermi, ma non posso andare più veloce di così.*.
Galian, il mio migliore amico.  Era davvero stressante alle volte. Storsi la bocca e alzai un sopracciglio mentre formulavo quel pensiero.
Avevo ormai percorso tutta la via principale e svoltai a destra, correndo su per le scale. Fortunatamente a quell'ora non c'era nessuno, erano tutti a casa al caldo, con le loro famiglie, intenti a mangiare un ottimo pasto, caldo anch'esso, e soprattutto con la certezza che la sera sarebbero stati al riparo nei loro letti. Il ciondolo che portavo al collo si fece d'un tratto pesante. Mi fermai all'improvviso. Lo presi in mano stringendolo e cercando di alleviare quel fardello.
Gal mi prese la mano.
“Stanno arrivando” sussurrai. Non riuscii a tenere per me quel pensiero. Ripresi a camminare più veloce di prima. Grazie al cielo quella strada era sempre deserta, nessuno si sarebbe accorto di quanto strana fosse quella scena.
Arrivai finalmente alla piscina. Dovevo parlare con una persona, prima di andare. Appoggiai la schiena al muro del cancello e aspettai. Solo Sam arrivava sempre venti minuti prima degli altri.
Era l'una e trentanove e cinquanta secondi. Contai quei dieci secondi che mancavano.
*Dieci*
Appena pensato quell'ultimo numero, sentii il rombo di un motorino e lo vidi subito spuntare da dietro la curva.
Parcheggiò, mise il casco nella sella e scrollò la testa. Una cascata di riccioli biondi mossi al vento mandò il suo profumo fino a me. Il mio cuore già iniziò a battere. Perché quel ragazzo doveva avere quell'effetto su di me?
Sam si girò e mi guardò negli occhi. Mi sorrise. Mi mancò quasi il fiato. Galian mi strinse ancora la mano:
*Coraggio.*
Feci per voltarmi verso di lui, ma subito mi fermai. Con Sam che mi guardava, non era il caso di voltarmi a guardare una persona che solo io potevo vedere.
Sam venne verso di me, mi mise una mano sul fianco e mi diede un bacio sulla guancia.
*Ok, ora sono davvero K.O.*
“ Ciao! “ mi disse “ Che ci fai qua? E come ti sei vestita? Non che tu stia male, ovvio…”
Abbassai lo sguardo sui miei vestiti. Indossavo una maglia nera a maniche corte, che a dire la verità mi stava un po’ corta e mi scopriva qualche centimetro di pelle sulla pancia se alzavo le braccia, una felpa verde miliare, dello stesso colore dei pantaloni, le estremità dei quali erano infilate in stivaletti di cuoio marrone-arancione. Non proprio l’abbigliamento adatto ad una ragazzina di sedici anni.
Presi un gran respiro. Era il momento della verità.
“ Devo dirti una cosa, Sam, una cosa molto importante.” Sperai che avesse voglia di ascoltarmi.
“ Certo, dimmi tutto.”
“ Seguimi.” Intimai.
Senza nemmeno aspettare la risposta m’incamminai verso una strada che scendeva dietro la piscina, dove non c'era mai nessuno.
Mi voltai e aspettai che mi raggiungesse.
“Gal, intanto tu apri.”
Dissi senza badare se Sam mi avesse sentito o no.
*Ok, vado a chiamare gli altri.*
Annuii. “ Bene.”
“ Ma con chi parli?” mi chiese Sam con aria confusa, “ Non c'è nessuno a parte te e me.”
*Si comincia.*
“E' di questo che volevo parlarti.” Un respiro profondo, non volevo spaventarlo troppo.
“ Ascolta, io non sono una ragazza come le altre.”
“Lo so: tu sei diversa, sei speciale.”
*Oh mamma!*
Arrossii violentemente. Non doveva dirlo ora! Non potevo permettermi di lasciare che qualcuno mi facesse cambiare idea.
“Grazie... ma non intendevo in quel senso.” Ancora una pausa e poi ripresi. “ Sto per partire, Sam. Me ne vado.”
Sul suo volto si dipinse un'espressione che non riuscivo a interpretare. Mi sembrava triste, sconcertata, confusa. Ma questo era quello che vedevo attraverso un filtro, quello dell'amore che provavo per lui.
Cacciai quei pensieri, aprii la bocca per continuare a parlare, ma Sam mi precedette:
“Come te ne vai? Dove? Quando?”
“Ora.” risposi “E non posso dirti dove.”
Dentro di me si stava aprendo una voragine e quando lui parlò di nuovo mi parve di iniziare a cadere, senza capire dove fosse il fondo. Forse non c'era.
“ E quando torni?” Mi chiese.
La mia risposta fu secca, ma la dissi con voce tremolante allo stesso tempo:
“ Non torno”
Lasciai il tempo a lui e anche a me di assimilare la notizia, che nel momento esatto in cui uscì dalle mie labbra diventò concreta.
“ Non torni.” Sussurrò sconvolto, stavolta ne ero certa.
“No.” Lo guardai negli occhi “ Ascoltami, devi promettere che non lo dirai a nessuno. Sei l'unico che lo sa e che deve saperlo. Neppure i miei devono saperlo.”
Quell'ultima frase mi uscì dalle labbra senza che riuscissi a controllarla. Non dovevo dirgli che la mia famiglia non sapeva che stavo partendo. Forse glielo avevo detto perché, in fondo, volevo dirgli tutto, e togliermi questo peso. Forse l'avrei messo in pericolo, ma probabilmente avrebbe solo pensato che io fossi pazza, e se ne sarebbe andato e non lo avrei rivisto mai più. Così lo avrei messo al sicuro però.
“I tuoi non lo sanno.... Al, dove vai? Dimmelo. “
“Ok. Vedi questo?” dissi tirando fuori da sotto la maglietta il mio ciondolo con la mano e l'occhio verde. “Questo è un Alkasir Herak, un Ciondolo dei Mondi. Mi permette di viaggiare nei vari mondi creati da libri e film e anche nel tempo, e mi permette di aprire porte. Le persone che abitano questi mondi, gli Warelik Alkasir, possono viaggiare, ma possono arrivare sulla terra solo se uno di noi, i Nuovi, gli Asarat, lo permette loro. Esistono, però, gli Asarat Faseren, che sono.. come dire… presenze, persone che sono assegnate, diciamo così, agli Asarat fin dalla loro nascita, e li seguono e li proteggono e possono viaggiare indipendentemente da loro. Ma in entrambi i casi, solo quelli come me possono vederli e sentirli. Solo coloro che portano un Alkasir Herak. Ora ne è rimasto uno ed è questo qui. Gli altri sono stati perduti o distrutti e i servi del Gwenkashkir, il signore delle forze del male, per farla semplice, sono riusciti ad arrivare sulla terra, non si sa come, e stanno venendo a prendermi.” Spiegai.
Avevo parlato velocissima, senza nemmeno sapere il perché gli avevo raccontato tutto.
Sam era pietrificato, ipnotizzato dalle mie parole, il suo volto una maschera indecifrabile. Finalmente dopo un minuto buono di attesa parlò:
“No, non è vero. Mi stai raccontando un infinità di bugie. Quelle parole... nemmeno riesco a pensarle! “
“Sam. Sam, calmati.” dissi posandogli una mano sulla spalla. “ Questo ciondolo serve anche a catalizzare i miei poteri di Asarat. Ecco guarda!” gli presi la mano con cautela e subito il cuore mi prese a battere più veloce. Lo ignorai. “Che ne dici di andare a Londra? Fine 1800, magari.”
Chiusi gli occhi e diedi la solita spinta in avanti con le spalle, ormai non dovevo nemmeno pensare a dove volevo andare, veniva automatico. Quando aprii gli occhi eravamo a Londra,  a Baker Street. Galian era al mio fianco.
*Dobbiamo chiamare Holmes, non era con gli altri.*
*Lo sapevo, è sempre il solito.*
Poi mi rivolsi a Sam, che si guardava intorno con occhi stupiti e smarriti, con abiti d'epoca diversissimi dalla felpa rossa e dai jeans neri che portava prima di viaggiare. Quegli abiti gli facevano un corpo stupendo, più di quanto non glielo facessero i soliti vestiti. Mi sforzai di non guardarlo. Lo presi per mano e lo portai al portone numero 221 B di Baker Street. Bussai alla porta.
“ Sam calmati! Cerca di sembrare a tuo agio.”
Proprio mentre stavo finendo di parlare, la porta si aprì.
“Buongiorno Holmes. Mi spiega come mai non è con gli altri?”
“Alice! Buongiorno. Ho avuto un contrattempo, avevo scordato il revolver.”
“Credevo il gas acceso...” lo apostrofai. Quell'uomo dimenticava sempre qualcosa, era peggio di me.
“Anche quello.” Fece con il capo un cenno verso Sam “Questi deve essere il famoso Sam, del quale ho tanto sentito parlare. “
Guardai Holmes con occhi di fuoco, sperando che capisse. Per fortuna incrociò il mio sguardo e si frenò la lingua.
“Sherlock Holmes? No, non è possibile. Alice, questo è Sherlock Holmes! Sono diventato pazzo.”
Si girò e si trovò a faccia a faccia con Galian. Il suo viso era una maschera di stupore e confusione. Lo stava guardando negli occhi. Stava guardando Galian. Lo vedeva. Con occhi sgranati mi voltai verso Holmes. Incrociai il suo sguardo. Com’era possibile? L’unico Alkasir Herak esistente era il mio, Sam aveva solo una copia che gli avevo fatto io con una pietra rossa. Chissà perché quando glielo avevo fatto, pensando a lui, mi era venuto in mente il rosso. Il fuoco, la passione. Il deserto! La Retpasir, la Pietra Smarrita! Se avevo capito bene anche Holmes era arrivato alle stesse conclusioni.
“Ma com’è possibile?” mimai con le labbra in sua direzione.
“Non lo so!” Fantastico. L’investigatore della mia squadra, forse uno degli uomini più acuti che erano con me, non sapeva la risposta. Ok, niente panico.
“Ciao, sono Galian.” si presentò il mio amico.
“E da dove diavolo sei spuntato?”
“Sempre stato qui, solo che tu prima non mi vedevi.”
Mi battei una mano sulla fronte, il tatto non era mai stato il forte di Gal.
Sam si voltò verso di me con aria interrogativa. Ricambiai il suo sguardo con uno che voleva significare *Te l’ho detto, non sono pazza.*
Guardai Galian.
*Cos’è successo?* gli chiesi
*L’ha preso in mano, il tuo finto Herak. Forse non è così finto, forse hai la Gersedan.*
*Io? Avere la Gersedan? Non credo proprio.* Feci una pausa, guardandomi i piedi. Poteva anche essere. In fondo non c’erano altre spiegazioni.
*Ma allora dov’è il suo Asarat Faseren?* chiesi cercando di scacciare quella che sembrava l’unica soluzione possibile.
*Non lo so*
Sospirai.
*Vai dagli altri e portati dietro Holmes, e anche il Fugoran, non si sa mai…*
Galian annuì e sparì con Holmes
“Torniamo alla piscina” dissi a Sam, ancora sconcertato. Gli presi la mano e tornai in dietro.
Appena si rese conto di essere di nuovo nella sua epoca, Sam si sfogò:
“Non è possibile. Ma come…?” Mi diede le spalle prendendosi la testa tra le mani. Doveva sentirla come se stesse scoppiando.
“Sam…” gli appoggiai la mano sulla spalla “Ora mi credi?”
Si girò verso di me e mi abbracciò.
Cosa?
Era la cosa che meno mi aspettavo che facesse. Un abbraccio? Restai con le mani alzate a mezz’aria e gli occhi spalancati.
“Ti credo” mi disse staccandosi da me, ma tenendomi comunque le mani sulle spalle. “Dimmi tutto”
Sospirai e mi andai a sedere su una panchina lì vicino facendogli segno di sedersi accanto a me.
Quando si sedette iniziai:
“Non c’è molto da dire oltre a quello che già ti ho detto. Devo partire per non farmi trovare, non devo permettere che prendano il Ciondolo. Ho una squadra. Dobbiamo viaggiare nei vari Mondi, io devo studiare e allenarmi. Non sono ancora abbastanza brava.” Dissi abbassando lo sguardo. Speravo che non capisse in cosa dovevo allenarmi. Naturalmente, se me lo avesse chiesto glielo avrei detto. Sam aveva sempre avuto il potere di farmi dire quello che voleva.
“Allenarti? In cosa?”
Ecco. Appunto.
“Beh.. ecco… io… ehm” bofonchiai. Un colpo di tosse.
Mi mise una mano sulla spalla e mi fisso dritta negli occhi:
“Al, in cosa devi allenarti?”
Sospirai.
“Con la spada.” Dissi piano, sperai che non mi avesse sentito.
“Cosa?” sbottò.
Sì. Mi aveva sentito.
“Con la spada? Ma siamo impazziti? Non te lo lascio fare, per nulla al mondo!”
Cosa? Ora lui non mi lasciava usare una spada? Da quando una ragazza non poteva usare una spada?
Mi alzai in piedi arrabbiata.
“Come scusa? Io non ti devo spiegazioni: se non ti sta bene che io usi la spada e mi difenda, pazienza, me ne farò una ragione.”
“No, tu non hai capito” disse con una risatina ironica alzandosi a sua volta. “Tu non ci vai.”
“Ah sì? E chi me lo impedisce? Tu?”
Stavo perdendo la pazienza. Ma come si permetteva?
“Sì, esattamente, io.”
“E perché mai dovresti? E soprattutto come?”
“Ti dimentichi che sono pallanuotista e sono più alto e più forte di te.”
Lo squadrai dalla testa ai piedi. Avevo battuto avversari più forti di lui.
Sorrisi maliziosa, sicura di me.
“Ah sì? Vediamolo? Se mi batti non vado.”
“Ne sei sicura?” disse anche lui sorridendo.
“Avanti” intimai.
Sorrise. Ecco forse quello era l’unico modo che aveva di sconfiggermi. Cercai di non farmi distrarre.
Mi venne contro veloce provando a prendermi una spalla per tenermi ferma. Mi bastò spostarmi di poco per evitarlo.
Provò dall’altra parte, ma di nuovo mi spostai.
Ancora il sorriso mi illuminava le labbra.
Feci un mezzo giro e gli diedi le spalle. Gli presi le mani. Mi colse alla sprovvista. Era più forte di me e riuscì a piegarmi i gomiti sopra le spalle. Avevo le mani bloccate. I nostri corpi erano vicinissimi, i nostri visi si sfioravano quasi. Sorrisi. Stava per vedere la mia mossa migliore. Mi lasciai cadere piegando la gamba sinistra e allungando la destra in mezzo alle sue gambe e stendendo le braccia. Teneva ancora le mie mani. Con la gamba destra spazzai facendogli perdere l’equilibrio e cadere all’indietro. Mi rialzai mentre cadeva e ripiegai le braccia. Lo tenevo sospeso a mezza’aria con i piedi puntati sui miei.
“Direi che ho vinto” dissi con un sorriso mentre lo ritiravo su.
“Direi di sì. Ma come hai fatto? Non ne sembri in grado…”
“Allenamento.”
Lo guardai un’ultima volta negli occhi ripensando ancora al momento in cui eravamo stati così vicini e chiedendomi cosa avesse pensato. Mi sentii arrossire. *Maledizione!*
“Devo andare” dissi abbassando lo sguardo e allontanandomi.
Mi afferrò per un braccio.
“Vengo con te.”
“Cosa?” chiesi con una risata nervosa. Non poteva fare sul serio.
“Vengo con te. Se ho capito bene è pericoloso, non ti lascio andare da sola.”
“Sam, forse non hai capito. Gal?”
*Dimmi Al*
“Apri a Isla Sorna”
*Già fatto*
Gli sorrisi e poi tornai a Sam
“Non puoi venire con me. Punto. Fine della questione.”
“Io vengo” rispose “Hai bisogno di qualcuno che ti protegga.”
“Ci sono molti tra gli uomini più forti e intelligenti dei Mondi con me, credi che tu faresti la differenza?”
Ero stata dura, ma era l’unico modo per farlo desistere.
“La fa per me.”
Ok, colpo finale.
“Non ti voglio con me.” Era una grande bugia, ma era per il suo bene. Volevo solo proteggerlo.
Strattonai il braccio e mi liberai dalla sua presa. Sentivo le lacrime affacciarsi nei miei occhi, ma le ricacciai indietro. Mi riprese e mi tirò a sé.
“Perché?” mi chiese guardandomi negli occhi.
“Non voglio che ti succeda niente di male, voglio che tu sia al sicuro e con me non lo saresti. Sei importante e non voglio rischiare di perderti.”.
Come al solito gli avevo detto tutto. Ormai le lacrime erano sgorgate e mi rigavano il viso. Con il pollice me le asciugò dolcemente. Appoggiai il viso alla sua mano.
“Lascia che venga con te. Ti prego.”
Non sapevo più come difendermi. Volevo che venisse, ma allo stesso tempo volevo che rimanesse al sicuro.
“Roberta non sarebbe contenta sapendoti al pericolo e per giunta con me.”
Per una ragione sconosciuta, o meglio che secondo me per lei era sconosciuta, Roberta, la ragazza di Sam, mi odiava.
“Sei la mia migliore amica, non ti lascio.”
“La tua migliore amica”
Appoggiai di più il viso al suo palmo. Non lo avrei lasciato per sempre senza fargli sapere quello che provavo per lui. Avvicinai il viso al suo e posai una bacio sulle sue labbra. Dolce e lieve, lo toccavo appena. Premetti un po’ di più sulle sue labbra. Lacrime salate bagnarono ancora il mio volto.
“Scusa. Addio.” Dissi dandogli le spalle e entrando nella porta aperta sul muro dietro di noi.
Oltrepassandola sentii l’orologio della chiesa battere le quattordici e la voce di Sam chiamare il mio nome.

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Capitolo 2
*** Imprevisto ***


Appena oltrepassai la porta mi gettai tra le braccia di Gal, che mi accolse con un grande abbraccio. Le lacrime solcavano il mio volto, gli occhi mi bruciavano e la vista era offuscata. Nascosi il viso nell'incavo della spalla di Gal. *Faresti meglio a voltarti...* "Cosa?" chiesi spaesata. Mi voltai. Attraverso le lacrime riconobbi una cascata di capelli biondi, ricci. Sgranai gli occhi. Non poteva essere. Non a Isla Sorna. Mi avventai verso di lui e iniziai a tirargli dei pugni sul petto a ritmo con le mie parole: "Tu. Sei. Scemo. Idiota. Deficiente. Cosa. Ci fai. Qui?" Mi prese i polsi, nell'intento di fermare la mia raffica di colpi. Nonostante fossi fuori di me, ero ancora abbastanza lucida da non tirare troppo forte per non fargli male. "Calmati! Al, calmati!" Con uno scatto mi liberai dalla sua presa e gli gettai le braccia a collo. Ero veramente sconvolta. Lui non doveva essere in quel posto. Eppure ero troppo contenta che fosse lì. Peró non dovevo esserlo. Dovevo essere arrabbiata, o quantomeno dispiaciuta. Se lui fosse rimasto con me sarebbe stato in pericolo. Peró mi abbracciava forte, appoggiando il viso alla mia spalla. "Tu non dovresti essere qui" dissi, ora più ucalma. "Non ti avrei mai lasciata andare da sola" Sorrisi tra me e me. Cosa dovevo pensare? Mi staccai da lui. "Sai che posto è questo?" Scosse la testa. "È Isla Sorna, Sito B del film di Jurassic Park" Mi guardò tentando di nascondere il terrore che per me era evidente nei suoi occhi. Si schiarì la gola. " I...Isla Sorna?" chiese ostentando tranquillità. Sentii la mia squadra ridacchiare piano a quel malcelato tentativo. "Quella dei dinosauri?" Annuii e con la testa feci un segno verso una scala che pendeva da un grosso albero accanto a noi. Uno dopo l'altro salimmo in casa. L'avevo costruita con il Professor Grent nel periodo in cui avevo iniziato a studiare. Era troppo alta per tutti i dinosauri, fuorchè i brachiosauri che per nostra fortuna erano erbivori. Una volta che tutti fummo nel piccolo, ma accogliente, ingresso mi rivolsi a Sam. Stava attentamente scrutando i volti di ogni persona nella stanza con occhi sgranati e increduli. "Allora, Sam, credo che più o meno conoscerai tutti i presenti, almeno di viso o di fama..." poi mi rivolsi ai miei compagni: "Ragazzi, questo è Sam" Incrociai lo sguardo di Holmes. Ci chiedevamo entrambi la stessa cosa: Sam era un Asarat? Quasi per rispondere alle nostre domande, uno sbuffo e una folta criniera rosso fuoco uscirono dalla botola che dava alle scale. Tutti ci voltammo. Una ragazza di più o meno sedici anni, con una riccia foresta disordinata di capelli rossi fece la sua comparsa nella stanza. "Salve a tutti. Mi chiamo Roshanne, piacere di conoscervi." disse con un sorriso. E lei da dove spuntava? Furtiva lanciai uno sguardo a Sam. Guardava la nuova arrivata con meraviglia e forse una punta di desiderio. La ragazza, infatti, era davvero molto bella. Alta e slanciata, magra, con labbra carnose e grandi occhi verdi, la pelle chiara come porcellana. La gelosia mi assalì. Chi era questa? E cosa voleva da noi? Non feci in tempo a formulare questo pensiero che Achille già si stava lanciando su di lei, con la spada sguainata. "Achille! Fermo!" Vidi Holmes, più vicino alla ragazza, prendere il braccio del guerriero per fermarlo. "No, aspettate!" imploró la ragazza. "Ha ragione." concordó Holmes guardandomi. "Ha diritto si stare qui come ce l'ha lui." sentenzió. Ricambiai il suo sguardo sgranando gli occhi. Aveva capito subito tutto! "Lui non ha alcun diritto di stare qui!" ribattè Achille. "Basta!" intervenni "Tutti e due possono restare, se lo desiderano." guardai Sherlock in cerca di approvazione. Quando annuì continuai: "Si da il caso che Roshanne sia la Asarat Faseren di Sam." A quella dichiarazione l'intera stanza ammutolì, a eccezione della stessa Roshanne e di Holmes. Il povero Sam cadde addirittura a sedere sulla brutta copia di un divano. Guardai la ragazza e mi avvicinai a lui. "Ehi, è tutto a posto. Sta tranquillo. Anche se tu non lo sai lei è sempre stata con te, fin dalla nascita." Negli occhi del ragazzo si dipinse paura, stupore, meraviglia e terrore. Alzó lo sguardo su di me, evidentemente in cerca di aiuto. Intuii che lei gli aveva parlato con la mente. "È una cosa normale, anche io e Gal possiamo farlo e tu puoi farlo con Roshanne. Ora la tua mente è aperta a lei e la sua a te. Non preoccuparti, quando ci farai l'abitudine ti piacerà." provai a rincuorarlo. Guardai la rossa in cerca di sostegno. Lei incroció il mio sguardo e poi ne rivolse uno dolce a lui. Sam si prese la testa tra le mani. Gli stava ancora parlando telepaticamente! "Forse se gli parlassi a voce sarebbe meglio, almeno per ora..." Lei annuì. "Sam puoi fidarti di me. Sono al tuo fianco da tanto, sapevo che prima o poi ce l'avremmo fatta. E lo sapevi anche tu... Sapevi di non essere normale." La guardai confusa per un secondo, poi mi ricordai che lui stesso mi aveva detto una cosa simile... Appoggiai le mani sulle sue ginocchia e le feci scorrere lente e dolci sulle sue coscie, cercando il suo sguardo. Improvvisamente mi venne una voglia matta di baciarlo, proprio come avevo fatto poco prima. Era stato una garbuglio indistricabile di emozioni, tra cui un desiderio che avevo tenuto a bada a lungo e che ora era diventato incontrollabile, un calore, come un fuoco che mi bruciava da dentro e partiva dalle labbra e si spandeva in tutto il corpo, e un senso di necessità. Avevo bisogno di lui. Un bisogno fisico. Cacciai quei sentimenti, che in quel momento potevano solo causare guai. "Ragazzi dobbiamo procurarci acqua, cibo e legna. Ci dividiamo in tre gruppi, i soliti. Noi cerchiamo cibo, il gruppo di Dan l'acqua, quello di Aragorn la legna. Sam tu e Roshanne restate pure qui, vi farà bene parlarvi un po' da soli..." lo guardai con uno sguardo dolce, preoccupato. Gli presi il viso con la mano destra dopo che mi ero alzata. Incrociai i suoi occhi ancora confusi, anche se un po' più tranquilli di prima. Senza aggiungere altro mi gettai giù dalla scala, facendo scivolare mani e piedi lungo i due corrimano. Uno dopo l'altro scesero e si posizionarono in cerchio. Scrutai i volti di tutti. "Guglielmo, ce la fate? Forse sarebbe meglio se voi rimaneste qui..." provai a convincere il vecchio maestro. Conoscevo la sua tempra, ma quello non era il posto adatto a vecchi frati. "Andró con la mia squadra, come ho sempre fatto." sentenzió il francescano in un tono che non ammetteva repliche. Lo guardai preoccupata. Se lui fosse morto, con lui sarebbe scomparsa gran parte della nostra conoscenza sugli Asarat e sui mondi. Nonostante gran parte della sua sapienza fosse nelle facoltà di Holmes, non potevamo permetterci di perderlo. Ogni persona, nella mia squadra aveva un compito, era necessaria e indispensabile. Guglielmo, Holmes e Watson erano le due menti più vivaci che avessi mai avuto la possibilità di conoscere. Achille, Aragorn, Alessandro e Massimo gli spadaccini più capaci esistenti tra i vari mondi. Robin il migliore arciere; Dan e Rasty erano capaci di ideare e mettere in atto piani infallibili; Indiana era lo storico più preparato che si poteva trovare; Grent, il maggiore esperto di dinosauri e Eragon, miglior mago e cavaliere di draghi. Infine c'eravamo io e Gal e ora anche Sam e Roshanne. Una squadra numerosa, ma che facilmente poteva passare insosservata, grazie alle nostra abilità. Ognuno mi insegnava qualcosa, quello che era in suo potere. Diventando Warelik Alkasir Guglielmo e Holmes avevano scoperto e imparato la lingua Asarat e ottenuto una copia del libro con tutte le informazioni necessarie. Lanciai uno sguardo un Aragon e Achille. Annuirono. Dovevano assolutamente proteggere Guglielmo, non doveva morire. Annuii di nuovo all'indirizzo di tutti i presenti. Le squadre si divisero e ognuna prese una direzione differente. "Secondo te è possibile?" chiesi rivolta a Holmes quando ormai eravamo lontani dagli altri. "Sì. Evidentemente hai la Gersedan, e l'Herak che hai fatto per Sam è vero, o almeno lo è diventato." C'era qualcosa che non tornava. Se era come Sherlock aveva ipotizzato, allora perchè Sam non aveva conosciuto Roshanne appena aveva preso il ciondolo in mano? Lo aveva ormai da tanto tempo... Espressi i miei dubbi a voce alta e Holmes, che evidentemente si era già posto quelle domande, rispose preparato: "Evidentemente dipende dal viaggio. Questo è stato il primo viaggio che Sam ha fatto consapevolmente, quando è venuto a Londra se ne era reso conto, ma solo nel suo inconscio. Questo spiegherebbe perché ha potuto vedere Galian, ma non perchè quando ti ha detto che ti credeva non ha visto Roshanne" *Galian, tu avevi scelto di farti vedere usando siamo andati a Londra?* *No, Al. Solo Holmes o chi apparteneva al mondo degli Alkasir avrebbe potuto vedermi* Come pensavo. Non serviva a risolvere la questione, ma forse a semplificarla. Holmes riprese a parlare: "Sam ha posto totale fiducia nel ciondolo solo quando ci ha visti tutti riuniti sull'isola e per questo Roshanne è riuscita a raggiungerlo definitivamente." Il suo ragionamento non faceva una piega, era lineare e logico, come tutto ció che aveva a che fare con l'investigatore, eccezion fatta per il disordine. Mentre parlavamo, tutti avevamo colto una ventina di frutti a testa. Mangiare dinosauri non era consigliabile, così mentre eravamo lì dovevamo fare una dieta vegetariana. Ci incamminammo sulla strada per tornare a casa. Quando arrivammo alla radura vedemmo le altre due squadre arrivare una con delle saccocce piene d'acque, l'altra con tanta legna. Eravamo a posto per qualche giorno. Salimmo utilizzando la carrucola per trasposta re tutto sull'albero. Quando sbucai dalla scala, dopo aver aiutato a caricare, vidi Sam e Roshanne sorridere e guardarsi ogni tanto. Si stavano parlando telepaticamente. Aveva impeto subito. Sorrisi felice, ce l'aveva fatta.

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Capitolo 3
*** Il cielo ***


Quella notte non riuscii a dormire. I pensieri mi affollavano la mente, non volevano concedermi il sollievo del sonno. Mi ostinavo a tener gli occhi sbarrati, a non aprirli nemmeno di una fessurina minuscola, alta pochi millimetri. Macchie viola scuro mi apparivano senza forma davanti alle pupille e mi venivano incontro ingrandendosi, senza badare al gran fastidio che mi procuravano. Mi girai dall'altra parte, con l'intento di scacciarle. Per un po' funzionó, ma dopo poco rieccole apparire e con loro anche tutti i miei tormenti. Quello che in teoria avrebbe dovuto tenere maggiormente occupata la mia mente, ovviamente, era il fatto che Sam era un Asarat, come ció era possibile e perché la sua Faseren si era manifestata solo adesso. Ma no, quello era solo il contorno di quello che mi frullava per la testa. Sam era venuto fin qui, a Isla Sorna, senza sapere di essere un Asarat senza sapere niente del mondo che avrebbe dovuto affrontare, senza conoscere la sofferenza che avrebbe potuto provare e soprattutto ignorando il pericolo in cui metteva se stesso, oltre che tutto il resto della squadra. E l'aveva fatto per me. Perchè? Cosa lo aveva spinto a fare una sciocchezza simile? "L'amore" sussurró una vocina nella mia testa. Mi voltai leggermente verso Gal. Dormiva. Era a conoscenza dei miei pensieri, erano in un angolo remoto dei suoi sogni, e avrebbe potuto ascoltarli, se avesse voluto, ma aveva previsto questa mia reazione e non se ne era preoccupato più di tanto, se ne sarebbe occupato il giorno dopo. Mi rifiutavo di credere che Sam avesse fatto tutto questo per amore nei miei confronti, quando lui per primo diceva che eravamo solo amici. Sì, doveva essere proprio per l'amicizia che mi aveva seguita fin lì, non c'era altra spiegazione. Dentro il mio cuore, peró, la speranza che fosse stato per amore non mi abbandonava e continuava ad attaccare il mio sistema nervoso. Dovevo assolutamente calmarmi. Aprii gli occhi con un sospiro scocciato e mi voltai completamente a guardare il viso di Gal. Era sereno e sulle labbra spuntava un sorriso. Mi alzai silenziosa e uscii dalla stanza. Percorsi il corridoio fino alla stanza di Sam e Roshanne. Aprii piano la porta prestando attenzione a non farla cigolare. Se lo avessi svegliato e mi avesse visto lì, in camera sua, la situazione avrebbe potuto farsi davvero imbarazzante... Mi riaccostai la porta alle spalle e mi sederti per terra, vicino al suo letto. Anche la rossa dormiva e non si era accorta di nulla. Incrociai le gambe all'indiana e osservai il volto del ragazzo. La fronte era corrucciata, gli occhi strizzati e le labbra contratte in un'espressione preoccupata. Avrei voluto dargli sollievo da ogni preoccupazione, prendere su di me tutto ció che lo tormentava e lasciare così che lui dormisse un sonno tranquillo e sereno. Anche in quell'espressione, peró, il suo viso rimaneva la cosa più bella che io avessi mai visto. Più bello dell'esemplare di Archaeopteryx che si era appollaiato davanti alla finestra; più bello del mare dei Caraibi, della rocca dell'abbazia, del deserto. I riccioli biondi gli incorniciavano il volto e cadevano leggeri sulla fronte e ai lati del viso. La fronte era alta e ampia. Le labbra rosse erano carnose e mi provocavano dentro un desiderio quasi irrefrenabile di poggiarvi sopra le mie. Strinsi le labbra in un moto di indecisione e deglutii. Avvicinai piano il viso al suo. Il mio respiro si faceva sempre più pesante e affannato. Mi avvicinai ancora e ancora, appoggiandomi anche sulle mani per accostarmi a Sam. Sentivo il calore delle sue labbra sulle sulle mie, sentivi quasi il suo sapore. Alt! Che diavolo stavo combinando? Non potevo baciarlo, non avrebbe risolto la situazione, né dimostrato niente. Con gli occhi sbarrati mi allontanai dal letto di Sam e ritrai silenziosa dalla stanza. Percorsi il lungo corridoio che portava all'altra scala, quella sul retro della casa, quella che portava al cielo. Salii rapida saltantando qualche piolo qua e là per essere più veloce. Sbucai nel nero della notte. Il cielo era scuro, alto, ma al contempo più vicino di quello che ero abituata a vedere. La stelle illuminavano la volta celeste, indisturbate. Le luci della città offuscano uno degli spettacoli più belli che l'uomo possa mai aspirare a contemplare. E l'uomo stesso si impediva di ammirarlo. Mi sdraiai sul solito ramo, quello più alto e più grosso. Non so quanto tempo stetti lì ad aspettare, ma finalmente cullata dai rumori della foresta riuscii ad addormentarmi.

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Capitolo 4
*** Allenamento ***


Quando mi svegliai la schiena mi faceva male. Dormire su un ramo non era proprio la cosa più comoda del mondo. Se non altro, però, ero riuscita a riposare per qualche ora.
*Al, vieni a mangiare qualcosa*
Mangiare. Non avevo fame, per niente. Guardai ancora un po' il cielo azzurro, senza ombra di una nuvola. Mi sembrava una presa in giro. Il mio umore, infatti, non era migliorato dalla sera prima. Era ancora nero e cupo, e quel cielo terso mi sbeffeggiava, si prendeva gioco di me. Mi alzai piano dal ramo e scesi veloce rientrando in casa. Mi diressi all'ingresso, dove mangiavamo. La tavola era apparecchiata con ciotole di legno contenenti pochi frutti, per non sprecarli. Mi sedetti e presi quello che mi sembrava essere un mango. Sam scese allegro, seguito da Roshanne. 
"Che fame che ho! Che si mangia?" chiese.
"Frutta" risposi secca. Non mi piaceva il modo in cui sorrideva ed era allegro. Certo il suo sorriso mi mozzava il fiato, mandando il mio cuore a mille, e il fatto che era felice mi rendeva felice a mia volta, ma non si rendeva conto della stupidaggine che aveva fatto seguendomi? "E non strafare, ci deve bastare per tre giorni" lo ammonii arrabbiata mentre prendeva anche lui un frutto simile ad un mango. Roshanne lo imitó senza una parola. Mangiai svelta e poi salii in camera mia, dove Gal si stava già mettendo gli abiti da allenamento, quelli con cui io ero partita.
*Ne prendo uno tuo per Sam e uno mio lo do a Roshanne*
Presi i vestiti e tornai da loro nell'ingresso.
"Allora, ragazzi, questo è il programma: tutte le mattine faremo allenamento fisico con Massimo, Alessandro e Achille, Robin, Eddard e Jack; al pomeriggio, invece, teoria cioè storia, lingua, erbologia, scrittura, sviluppo della logica e magia con Guglielmo, Holmes e Watson, in più faremo esercitazioni di pianificazione con Dan e Rasty. Alla sera, invece, faremo esercizio di volo, lingua e magia con Eragon e Safira. Dovrete indossare questi, capito? Voi starete con la mia squadra, Alessandro, Holmes, Grent e Robin, oltre a me e Galian. Quando ci divideremo per le missioni verrete con noi. Tutto chiaro?"
Spiegai loro il programma che avrebbero dovuto seguire con durezza, forse troppa, ma volevo che capissero la situazione, cosa davvero rischiavano. E magari li avrei anche incoraggiati a tornare a casa...
"Tutto chiaro" disse Sam annuendo. Nei suoi occhi riuscivo a vedere determinazione e decisione, non un fremito di paura o tentennamento. Era determinato a dare il meglio, e deciso a non tornare indietro. Roshanne lo imitó, nei suoi occhi lo stesso sguardo. Si scambiarono un'occhiata, e con questa i loro pensieri.
Niente, erano convintissimi.
"Bene" dissi annuendo "Vi aspetto fuori"
Afferrai la mia spada dalla rastrelliera. Avevo costruito un laccio di cuoio da farmi passare a tracolla con un anello sulla spalla destra, in cui era infilata la lama in modo che restasse incastrata l'elsa.  Mi calai giù dalle scale. I miei maestri erano già lì, pronti per iniziare. Mi avvicinai a Massimo, lui era il meno severo tra gli spadaccini, il migliore per un principiante. Quando avevo iniziato io, lui era stato la mia ancora di salvezza. L'esigenza di Alessandro mi spronava a fare sempre meglio, Achille, con la sua dote divina, pretendeva sempre tutto e subito.
Ned era più tollerante, esigente, certo, ma meno severo. In realtà, tutti e quattro gli spadaccini erano fondamentali per poter imparare bene.
"Aiutalo, non farlo abbattere, ti prego" dissi piano al generale. Forse farlo sentire troppo debole, troppo inadeguato, avrebbe aiutato a farlo andare via, ma ormai mi ero rassegnata: non se ne sarebbe andato, e io non volevo che se ne andasse. Era un ragionamento troppo egoista. Un senso di colpa spiazzante mi appesantì, creando un nodo in mezzo allo stomaco. Cercai di rilassarmi, ci avrei pensato in un altro momento.
Sentii arrivare dei passi dall'ingresso e poi li vidi scivolare giù dalla scala. La tenuta da allenamento gli stava veramente d'incanto, sembrava una statua greca, senza paragoni. Sentii una gomitata nelle costole e il dolore mi riportó con i piedi per terra, obbligandomi a chiudere la bocca e a smettere di fissarlo.
"Grazie" mormorai a Massimo.
In tutta risposta ricevetti un solo sorriso, divertito, probabilmente, dalla mia figura.
"Bene, ora che ci siete anche voi, possiamo cominciare" annunciai per poi mettermi di fianco a Sam e Roshanne insieme a Gal. Notai che Sam evitava lo sguardo di Achille, e quando l'eroe non lo guardava, lui gli lanciava sguardi timorosi.
*Sarà per l'accoglienza di ieri sera* ipotizzai con Galian, ricevendo il suo muto assenso.
"Molto bene, iniziamo" dissi con tono serio e deciso. "Facciamo vedere loro come vanno le cose qui"
Achille si piantó davanti a me. Alto, forte, con i muscoli ben definiti e visibili e il corpo affusolato e perfettamente proporzionato. All'inizio combattere con lui era impossibile. Combattere con tutti i miei maestri era difficile, a essere sincera. Massimo, peró, mi aveva insegnato a vedere, senza effettivamente usare gli occhi. Per un periodo a cui non saprei dare una stima di tempo il mio maestro mi aveva fatto combattere contro di lui a occhi chiusi, o bendati, o al buio più totale. Il mio udito, così, era diventato ottimo. Sentivo il minimo fruscio intorno a me, perfino i passi più lievi. E così, non vedendo più il mio avversario, combattere contro Achille non era più stato un problema, e pian piano mi abituai a lui, nonostante il suo fisico da scultura greca, per l'appunto.
Achille estrasse la spada e si preparó ad affrontarmi. Iniziò subito con le sue movenze delicate, flessuose, eleganti, ma al contempo forti, potenti, precise, letali.
Parai e schivai cercando di imitare i suoi movimenti. L'arte del combattimento non aveva regole o definizioni, se non la concentrazione costante, su tutto e non sul singolo. L'unico modo per imparare bene era osservare e imitare. Mescolare più stili di combattimento, fino a trovare il proprio. O almeno questo era quello che mi era stato insegnato.
Attaccai non solo con la spada, ma anche con gomiti, mani e gambe. Mescolai allo stile sinuoso e istintivo di Achille, quello più grezzo di Ned, quello studiato di Alessandro, quello preciso di Massimo. Il risultato era imprevedibile ed efficace.
Piano piano anche gli altri si unirono alla nostra danza. Le loro lame arrivavano veloci da ogni lato, minacciando ogni mio punto scoperto. Per primo si inserì Massimo, lo seguì Alessandro e poi Ned. Mi difendevo bene, certo avevo poco possibilità di farcela, ma non me la cavavo affatto male.
Dopo poco i quattro si fermarono, lasciandomi riprendere fiato.
Mi voltai verso i nuovi arrivati, con un sorriso, nonostante il fiato corto. Sul viso di Galian troneggiava un sorriso fiero ed orgoglioso, su quelli di Sam e Roshanne un'espressione stupita e sorpresa.
"Visto? Questo è quello che dovete mirare a saper fare, per poi migliorarlo. Una cosa importante: non siete soli. Molti di quei colpi mi avrebbero colpita se Gal non ci fosse stato. Ció che io non vedevo, lui lo vedeva per me. Dovete imparare a collaborare."
Li guardai con occhi seri. Poi continuai: "Forza, vediamo cosa siete capaci di fare."
Sam estrasse la spada e si posizionó al centro del cerchio. Massimo davanti a lui.
"Avanti, colpiscimi" lo incalzó il generale.
Il ragazzo impugnó più forte la spada, vidi le nocche delle sue mani schiarirsi. Corse verso di lui. Era veloce e la pallanuoto lo aveva fortificato oltre al potere dell'Herak. Vedevo la mascella contratta dallo sforzo e la fronte corrugata dalla concentrazione. Sferró un fendente verticale sul lato destro del corpo di Massimo. Al generale bastó spostarsi poco di lato per schivarlo. Tentó poi un attacco orizzontale dalla posizione in cui era, all'altezza della vita. Il generale schivó anche quello accucciandosi e poi, appoggiandosi all'indietro su una mano, con una gamba fece perdere l'equilibrio al ragazzo. Sam si trovó sdraiato a terra puntellato con i gomiti e con la punta della spada di Massimo puntata alla gola. Il generale aveva un espressione severa, truce, un'espressione che sapevo non appartenergli più. Sam dal canto suo guardava la lama con risentimento, stupore e non mancava anche un po' di paura. Risi piano.
*Iniziamo bene!* anche Gal rise a quelle parole, attirandoci addosso lo sguardo divertito dei guerrieri e quello scocciato e risentito di Sam e Roshanne. Massimo rise rivelando così lo scherza che nascondeva la sua espressione seria. Ritrasse la spada e tese la mano libera verso Sam per aiutarlo ad alzarsi. Quest'ultimo accettó l'offerta schiudendosi in un sorriso. Insieme a lui anche Roshanne si rilassó, ma si vedeva dalla sua espressione che era preoccupata.
"Non male, ragazzo, non male." Ecco perchè avevo voluto che fosse Massimo ad allenare Sam per primo.
"Sei forse diventato cieco, Massimo?" tutti ci girammo verso Achille che appoggiato ad un albero guardava la scena con una punta di superiorità, che sempre lo accompagnava in un duello.
"Achille, è la prima volta che..."
"Non ha importanza." Il condottiero non lasció finire il generale. "È lento, prevedibile, poco sicuro, debole."
Vidi Sam guardare per terra, tenendo appena la spada in mano. Sapevo quanto la parola "debole" gli facesse male, ma non potevo aiutarlo. Non potevo andare lì, mettergli una mano sulla spalla, abbracciarlo e dirgli che ce l'avrebbe fatta. Doveva farlo da solo.
"Achille, non tutti abbiamo il tuo dono. Non puoi pretendere che una persona che non h mai impugnato un'arma combatta come uno noi, come te." Massimo sapeva usare bene le parole. Fece una pausa per far sì che Achille ragionasse su ció che aveva detto.
"Ti ricordi Alice quando ha iniziato?  Non riusciva nemmeno a tener dritta la spada. Certo aveva talento, lo abbiamo verificato subito, ma ti ricordi? Dagli un'altra possibilità. Dalla ad entrambi." A quelle parole il guerriero squadrò Sam, poi abbassó la testa abbandonandola sul petto e tornando a scrutare qualcosa per terra. Guardai il Greco, cercando di immaginare cosa mai avesse nella testa, quali ricordi lo tormentavano. Osservai gli occhi in ombra, preoccupata. Se la mia squadra avrebbe iniziato a discutere ora sarebbe stato un bel guaio. La voce di Sam mi sottrasse ai miei pensieri.
"Achille! Dimmi pure tutto quello che vuoi, ma io non sono debole! Io e Roshanne non ci arrenderemo. Mai. E prima o poi riusciró a sconfiggerti, è una promessa." Lo guardai sbalordita. Quello era un tratto di Sam che era sempre rimasto imprigionato dentro di lui, desideroso di uscire, e che ora ne aveva la possibilità. Achille alzó appena lo sguardo, guardando ancora una volta il ragazzo che aveva osato parlargli in quel modo sfacciato.
"Fa come ti pare." fu la sua unica risposta. Vidi il pugno di Sam serrarsi intorno alla spada. Lo sguardo era fuoco puro, deciso e determinato. *Sì!* esclamammo io e Gal all'unisono.
"Roshanne, devi aiutarlo di più. Come ha fatto prima Gal con me." la ragazza annuì, il fervore di Sam aveva contagiato anche lei.
"Generale?" chiese Sam mettendo si in posizione.
Massimo annuì divertito, orgoglioso del fatto che ció che aveva detto fosse risultato vero.
Sam si rilanció all'attacco. Alzó la sua spada sopra la testa e la caló sul generale, questa volta facendo un semicerchio attorno al corpo del soldato, mirando alle gambe di Massimo. Questi si spostó facilmente, anticipando il colpo, e passó al contrattacco. Anche lui optó per un fendente verticale. Sam, stavolta più concentrato, riuscì a parare il colpo. *Massimo non si si sta impegnando, è ovvio.* commentai.
*Beh, certo, ma per Sam già così è un avversario forte da battere. È meglio per ora che assesti colpi scontati e ovvi, così potranno imparare le basi, sia Sam che Roshanne.* ero d'accordo con Galian, ma la mia preoccupazione era un'altra: Achille se ne era accorto.
*Oh, capisco. È vero, questo è un problema. Sì è davvero irragionevole. Cosa?* Galian aveva risposto a quello che mi frullava per la testa prima che glielo comunicassi, perfino la mia ultima idea. 
*No, scordatelo* continuó *Io non ci parlo. Sai benissimo che c'è un'unica persona a cui da ascolto.*
Sì lo sapevo, ma non ci potevamo andare. Forse peró era la cosa giusta da fare. Avrebbe giovato a tutti. Sospirai. *Va bene* prima andiamo all'abbazia, poi andremo da lui.*
Nel frattempo Sam era di nuovo a terra, ma sia sul suo volto che su quello di Massimo regnava un'espressione soddisfatta.
"Molto meglio, ragazzo"
Sorrisi e li raggiunsi al centro del cerchio che avevamo creato.
"Basta così per stamattina, direi che  ci siamo guadagnati il pranzo."

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