I'll spend forever wondering if you knew I was enchanted to meet you

di Silvia98sissi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Andiamocene. Dove? Via. ***
Capitolo 2: *** Can we fall one more time? ***
Capitolo 3: *** Che sapore ha la felicità? ***



Capitolo 1
*** Andiamocene. Dove? Via. ***


- Marco mi ha lasciata, è tutta colpa tua e di tuo marito! -
- Cosa avremmo fatto io e tuo padre? -
- Avete dettato le regole -
- Quali regole? -
- Voi mi avete impedito di andare con lui in Germania! Vi odio! -
- Io ti ho soltanto detto che dovresti assicurarti che sia una brava persona, visto che lo conosci soltanto da un mese -
- Stai dicendo che io vado con tutti? Stronza ritira quello che hai detto! -
- Io non ho detto proprio niente, adesso hai stufato. Sono tua madre, non puoi permetterti di trattarmi così ogni volta -
- Io posso eccome, puttana -
Ecco che iniziava un'altra delle solite liti tra mia sorella Anna e mia madre Diana, una di quelle liti che iniziava con un - Perchè mi ha lasciata? - o semplicemente con un - Metto la gonna o i jeans? - e finiva con un tentato omicidio da parte di mia sorella.
All'inizio il problema era mio padre, che alzava le mani su mia madre perchè la riteneva una scansafatiche, poi però, la vera causa dei problemi divenne mia sorella, che faceva una strage colossale per ogni minima cavolata che succedeva.
Io ho sempre assistito a litigi di ogni genere, tra mia madre e mio padre, tra mia madre e mia sorella, tra mia sorella e mio padre, o tra tutti e tre.
Ho sempre cercato di difendere mia madre e mia sorella dalle mani di un uomo senza scrupoli, perchè ho sempre tenuto a loro.
Ricordo che otto anni fa nevicò a Roma, era un evento epico, ma mentre i miei amici stavano fuori a giocare con la neve, io mi trovavo dentro casa e assistevo a un'altra guerra familiare.
Piangevo, e le lacrime pesavano tanto.
Ogni volta che le lacrime attraversavano il mio volto mi sentivo come se qualcuno mi avesse appena scaraventato una Range Rover contro. Una Range Rover contro una ragazzina di sei anni, mi sentivo morire.
A sei anni pensavo alle cose da grandi, nella norma nessuna bambina di sei anni deve pensare alle cose da grandi, lo diceva sempre Peter Pan.
Con il tempo capii che il vero problema era mia sorella, che, come mio padre, iniziò presto a picchiare mia madre, o almeno ci provava, visto che io mi trovavo sempre nel mezzo e cercavo di difendere una delle mie ragioni di vita, mia madre.
L'altra ragione per la quale vivo è la musica, quando piango ascolto musica, perchè lei è l'unica che mi accetta per come sono. I miei idoli sono i One Direction, quando mi sento giù canto sempre le loro canzoni, perchè solo in questo modo posso esprimermi. La società mi ha insegnato che una ragazza che pesa più della norma e che porta l'apparecchio perchè ha i denti larghi non può esprimersi, perchè è imperfetta e se sei imperfetta sei una nullità.
Vorrei incontrare i miei idoli, quei cinque ragazzi che mi fanno stare bene, vorrei incontrarli per dirgli che è solo grazie a loro che sopravvivo. Vorrei incontrarli e cantare con loro, vorrei diventare una cantante, vorrei non dover limitarmi a caricare cover su youtube per farmi notare da quelle tre persone che si dedicano ai miei video, vorrei vivere i miei sogni.
Vorrei, vorrei, vorrei... vorrei ma non posso, questi sono solo sogni, e Anna dice che i sogni sono inutili, ti illudono.
Passo tutto il tempo a sognare, ecco cosa faccio nel tempo libero, e per tempo libero si intendono quelle cinque ore di scuola, le uniche ore in cui posso vivere in santa pace, senza dover rendere conto di quello che faccio a nessuno, senza assistere a nessuna guerra, senza che il mio cuore sanguini.
Se la vostra professoressa di scienze vi chiede che cos'è un buco nero, disegnate casa mia. La casa di Taylor Rossi, una quattordicenne che sogna inutilmente, una ragazza che non può realizzare i suoi sogni perchè è troppo impegnata a difendere sua madre dalle mani di una ragazza senza pietà.
Ogni volta che mia sorella fa la pazza, una specie di intuito mi suggerisce il momento esatto in cui devo rifugiarmi con mia madre al bagno, per evitare che succeda qualcosa di grave, anche se, considerando i parametri della normalità, qualcosa di grave accade ogni giorno.
- Anna, finiscila, non puoi trattare tua madre così, è così che ripaghi una donna che ti ha sempre amato? - dissi a mia sorella.
- Amato? Senti ragazzina obesa coi denti larghi, fatti i cazzi tuoi. Sei una mignotta, mi fai schifo. Sei una merda - rispose.
Quelle parole mi stavano folgorando il cervello. Che ho fatto di male per meritarmi questo?
- Rimango sempre più affascinata dal tuo modo di dimostrare a una persona che le vuoi bene. Finiscila di insultare, non sei nessuno. Io faccio schifo? Guardati e poi parli - continuai.
- Perchè io ho qualcosa che non va? Sono perfetta, tu fai schifo, dimmi, cosa farebbe schifo di me? - Rispose.
Cosa potevo dirle? Aveva ragione, era perfetta. Con quei denti dritti, quel fisico da urlo, quei capelli mori trattati così bene da far invidia a miss Italia, quegli occhi marroni... amo gli occhi marroni.
Dopo una pausa continuai:
- Sarai anche.. perfetta esternamente.... ma ti assicuro che non ti invidio per niente, non vedi quanto sei egoista? Pensi solo a te stessa. Ecco perchè Marco ti ha lasciata, sei egoista e acida -
Quelle parole mi uscirono automaticamente dalla bocca, dopo un attimo pensai alla sua reazione. Dio, stava per esplodere. Cosa mi avrebbe fatto? O meglio, cosa avrebbe fatto a mia madre, la donna che ha concepito me, questo mostro umano?
Mia sorella si rivolse a mia madre:
- Puttana, non dici niente? Guarda che mostro che hai fatto. Quanto fa schifo, guardala -
- Mia figlia non fa schifo, non hai la più pallida idea di quello che dici vero? La stai rovinando, guarda cosa le stai facendo passare - rispose mia madre.
- E quello che ho passato io? Te lo sei dimenticato? Anoressia, bulimia, depressione... adesso sono perfetta, e tu non fai altro che guardarti questo schifo di figlia che hai. Mi hai fregato i genitori, Taylor, te la farò pagare - Rispose Anna, irritata.
- Quindi? Vorresti farmi passare tutte quelle cose? Solo perchè le hai passate tu e quindi sarebbe ingiusto essere felice davanti ai tuoi occhi? Finiscila, io non ti ho fregato proprio nessuno - continuai trattenendo le lacrime.
- Sei uno schifo umano. E tu, mamma, mi fa schifo anche solo chiamarti così.. - Anna si rivolse ancora una volta a mia madre.
- E tu saresti una figlia perfetta? -
A quel punto Anna si avvicinò al tavolino e prese il vaso di legno di mia nonna Santina, che è morta parecchi anni fa, e cercò di colpire mia madre. Mi misi davanti, e lei mi scaraventò il vaso addosso, cinque volte, non pensavo tanto al dolore di quell'oggetto quanto a quello delle sue parole, che mi aggredivano il cuore.
Arrivò il momento in cui spinsi mia madre nel bagno, ma era troppo tardi. Cercai di chiudere la porta ma Anna me la sbattè in faccia. Non mollavo, dovevo chiudere quella maledetta porta, ma neanche lei si arrendeva, lottava, sentii nel corpo tutto il male che mi voleva. Mi prese a calci, mia madre si disperava, cercava di fermarla e di buttarla fuori dal bagno.. ma io cercai di calmarla:
- Tranquilla, ce la faccio. Non peggiorare la situazione. Questi lividi non sono niente in confronto a quelli che mi si sono formati sul cuore -
Riuscii a chiudere la porta, mi sedetti a terra con mia madre. Piangevamo entrambe, adesso sì che sentivamo il peso della tristezza, delle lacrime.
Lei per calmarsi, iniziò a fumare.
Odiavo il fumo, odiavo me stessa.
In questo caso avrei dovuto odiare Anna, o forse avrei dovuto farlo già da tempo, ma l'odio che provavo verso me stessa era più forte.
Io ero la rovina della famiglia, io.
Una scarica di adrenalina si abbattè su tutto il mio corpo, iniziai a prendere a pugni il muro, sempre più forte.
Volevo farmi del male, volevo fare del male a me stessa, io dovevo farlo, nessun altro.
Per la prima volta in vita mia mi sentii soddisfatta.
Ci sono volte nella vita in cui senti il dovere di essere tu a farti del male, tu e nessun altro, perchè gli altri hanno collaborato fin troppo alla tua distruzione.
- Fermati Taylor, fermati!! - Urlò mamma.
- No mamma, voglio farlo, è la prima volta che facciò qualcosa che voglio fare - Continuai.
- Taylor smettila! -
Mi fermai. Chiamai mio padre che stava lavorando a Fiumicino, lui è un tecnico aeronautico dell'Alitalia.
Sentii il bisogno di chiamare lui, quell'uomo che all'inizio causò i problemi, ma che alla fine divenne una vittima, come noi. Solo lui poteva aiutarmi, in qualche modo.
- Papà? Ha fatto la pazza, di nuovo. Ha alzato le mani. Papà aiutami, aiutami - Dissi al telefono, mentre mi gettavo di nuovo tremolante a terra.
- Taylor calmati, adesso calmati. Passami tua madre - Disse papà.
- Luca, non ne possiamo più. Cosa facciamo? Non possiamo neanche uscire dal bagno. è davvero un caso disperato, avevi ragione.. ma adesso, io e Taylor ne abbiamo abbastanza, non ne possiamo più. Cosa faccio? -
- Vattene, andatevene, partite per un po' di tempo, ho la promozione - disse papà al telefono.
- Penso che dovrei pensarci seriamente, Taylor sta male, non può continuare a vivere così - Mamma attaccò al telefono.
Dal salone, Anna alzò l'altra cornetta e parlò con mio padre:
- Siete dei bastardi, io vi uccido. Vi uccido!!! -
Io e mamma sentivamo le urla dal bagno.
Intanto sentivo il mio cuore lacerare, era come se qualcuno lo stesse spremendo. Lo sentivo cedere, non potevo continuare ad essere forte. Mentre guardavo i lividi che si stavano formando sulle mie gambe e sulle mie mani, pensavo al fatto che prima o poi il mio cuore sarebbe esploso.
- Cosa c'è? Ti senti bene? - Chiese mamma.
- Andiamocene - dissi.
- Dove? - chiese.
- Via - risposi.
 

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Capitolo 2
*** Can we fall one more time? ***


A quel punto per un attimo tutto rallentò, quello fù l'istante più lungo della mia vita. Notai che il profondo battito del mio cuore, in quel momento di rallenty, faceva più rumore del getto dell'acqua che cadeva nel lavandino.

Forse era un segno, forse qualcuno mi stava concedendo un po' di tempo per pensarci, forse dovevo riflettere un po' a lungo sulla mia affermazione, forse quella non doveva essere una delle tante proposte che faccio ogni giorno, forse quella fissa non doveva passare, forse dovevamo andarcene sul serio.

Mi strizzai gli occhi cercando di spazzare via le lacrime dal mio viso, ma sapevo che era inutile: i miei occhi non volevano smettere di piangere.

Anche se cercavo di non pensare a ciò che era appena successo, anche se provavo ad essere positiva, le lacrime cadevano, era come se ormai avessero trovato la capacità di autocontrollarsi, e lo stesso accadeva al resto del mio corpo che non ne voleva sapere di alzarsi da terra.

- è questo ciò che vuoi? - mi chiese mamma - vuoi partire? -

E finalmente, dopo quel lungo istante colmo di pensieri, risposi: - si, voglio andarmene, con te -

Mia sorella uscì e sbattè con violenza la porta di casa.

Uscimmo dal bagno e vedemmo che non c'era quasi più niente di sano in casa.

- Ti piacciono i piatti che tua zia mi ha regalato per il 25° anno di matrimonio? - disse mia madre indicando i vetri rotti a terra, forse cercava di essere ironica.

Andai in camera e notai che Anna aveva rotto anche i poster dei One Direction.

Quei pezzi di carta erano le uniche cose che mi facevano sentire protetta, le uniche cose grazie alle quali mi sentivo me stessa. So che può sembrare stupido pensare al fatto che dei fogli mi fortifichino, ma è così, è come quando guardi una foto del tuo amore segreto e ti senti forte, perchè capisci che se vuoi raggiungerlo devi lottare.

- Dai Taylor, li ricompreremo.. non pensarci - disse mamma.

- Non ci penso, tanto non è la prima volta che Anna infrange i miei sogni - dissi.

- Ma puoi ricominciare, un'altra volta - continuò.

- Che vuoi dire? - chiesi.

Mia madre andò in giardino e chiamò mio padre:

- è deciso, partiamo - disse mamma

- è meglio così. Dove vorreste andare? - chiese papà.

- a Londra e staremo lì tutta l'estate. Luca.. tu come farai? - disse mamma.

- Come ho sempre fatto. Dovete pensare un po' a voi stesse, Taylor deve pensare un po' a se stessa - disse papà.

- è per questo che la porto a Londra, vorrei che si dedicasse ai suoi sogni e che non pensasse soltanto a difendermi, per una volta - disse mamma.

- Hai ragione. Quando volete partire? - chiese papà

- il prima possibile - rispose mamma

- Quì risulta che c'è ancora un volo per la giornata di oggi ed è alle 21:45 - disse papà

- tra due ore? Ce la faremo, prenotalo - disse mamma

- mi mancherete -

- ci mancherai anche tu - disse mamma mentre asciugava le ultime lacrime che le rimanevano sul viso.

Mamma entrò

- Ho sentito bene? Londra? - chiesi

- Si, andiamo a Londra - rispose

- Mamma, ti voglio bene!! -

- Anche io tesoro, sbrigati, prepara i bagagli, dobbiamo andarcene prima che Anna ritorni -

Iniziai a preparare i bagagli, intanto pensavo al fatto che per una volta il fato era dalla mia parte.

Londra? Cioè, dico, LONDRA! Quella bellissima città in cui i sogni diventano sempre realtà, quella città in cui vivono i miei idoli, quella città in cui anche la ragazza più goffa della ragazza più goffa delle ragazze più goffe di tutto il mondo può vestirsi in modo elegante.. per una volta mi sentivo felice, fortunata.

- Mamma, secondo te realizzerò i miei sogni laggiù? - chiesi

- Mai dire mai - rispose

- Potremo ricominciare di nuovo? - chiesi ancora prima di salire sull'aereo

- Potremo ricominciare di nuovo, stoppare il nastro e riavvolgerlo. Ci riusciremo - rispose

Can we fall one more time?

Stop the tape and rewind

Sì, in quel momento ero la ragazza più felice e fortunata del mondo..!  

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Capitolo 3
*** Che sapore ha la felicità? ***


Mentre ero in viaggio non facevo altro che pensare alle parole di Anna e più ricordavo, più la tristezza si tramutava in rabbia che provavo verso la vita stessa.
- Mamma, che ci sto a fare quì? - chiesi mentre ci preparavamo tutti all'atterraggio
- Quì dove? - chiese ancora mamma
- Quì, nella vita. Spiegamelo perchè io non lo capisco. Tutte le persone che amo mi prendono in giro, sono brutta, sono stupida, sono inutile, non ho uno scopo e mi nutro di sogni impossibili da realizzare. Mamma, perchè devo subire tutto io? Che sapore ha la felicità? - Spiegai.
- Tu non sei inutile, non sei brutta, non sei stupida e non ti nutri di sogni impossibili da realizzare perchè niente è impossibile. Il fatto è che sei cresciuta nel modo sbagliato, troppo velocemente, non hai studiato i valori della vita e non hai potuto goderne - disse mamma.
- Si ma fa tanto male, sul serio. Fa male avere dei sogni e sentirsi dire ogni giorno che si è dei poveri illusi. Vorrei sapere qual'è il mio scopo, ma penso che nessuno saprà mai rispondere a questa domanda - Dissi, ormai arresa.
- Se proprio vuoi saperlo, il tuo compito è stare con me. Sei il mio angelo, mi difendi sempre ed io non saprei cosa fare senza di te. Non so se ti basta, ma questo è ciò che sei, sei il mio angelo, subisci tante cose e alla fine verrai ripagata e realizzerai tutti i tuoi sogni, credimi, perchè io credo in te - Concluse
- Io non saprei cosa fare senza di te mamma, sei la mia unica speranza - dissi, prima di scendere dall'aereo.
Ero a Londra, non potevo crederci. Era tutto così vero che non riuscivo a crederci. A volte ti capita di credere per così tanto tempo nei tuoi sogni, che ti abitui all'idea e capisci che essi sono solamente sogni, poi li realizzi e ti sembra un po' surreale il fatto di essere riuscito a concludere qualcosa. Eppure era tutto vero, io mi trovavo lì, ero nell'aeroporto di Londra, era tutto reale e io dovevo crederci, perchè ero un angelo e gli angeli vengono ripagati per quello che fanno, prima o poi.
Camminammo parecchio, eravamo massimo quindici persone, perchè non capita a tutti di scappare di casa, prenotare alla svelta un biglietto per Londra e partire alle nove e quarantacinque di sera.
Vedemmo una luce, una forte luce che ci abbagliava completamente, ma no, Ghost Whisperer non centrava niente, non stavo morendo, o forse sì.. visto che mi trovavo a Londra la città dove - anche la ragazza più goffa della ragazza più goffa di tutte le ragazze più goffe del mondo può portare un vestito elegante - , quella era la luce che emettevano le strade di Londra, lì c'era l'uscita.
Ecco, il mio sogno più grande stava per realizzarsi, ero vicinissima all'uscita, stavo per mettere piede nella città dei miei sogni quando..
- Non potete passare - disse un addetto alla sicurezza in inglese
- Scusi? Cosa vuol dire che non possiamo passare? - Chiese, sempre in inglese, una signora italiana che stava camminando con noi da un bel po'.
- Significa che finchè non ve lo dico io, voi non passate - ribattè lui.
- Ma perchè? - chiedemmo io e mia madre
- Perchè è appena atterrato un ragazzino famoso e finchè lui non esce dal retro le porte rimangono chiuse, potrebbe crearsi un grande caos, ci sono troppe ragazzine lì fuori - disse l'addetto alla sicurezza
Un ragazzino famoso? Non è che... no... troppo impossibile....
- Come si chiiama questo ragazzino? Da dove viene? - Chiesi impaziente
- Viene dall'America, è stato lì per un po'.. penso che si chiami *Nìl Horàn* - disse
O mio Dio.. quel *Nìl Horàn* era forse una pronuncia ignorante e bimbominchiosa del nome Niall Horan? Cioè, stava parlando seriamente di lui?
- Forse voleva dire *Nail Horan* ? - dissi, evidenziando vanitosamente la mia nuova pronuncia inglese
- Sì, sì è lui - rispose.
Stavo morendo, stavo soffocando, stavo esplodendo. Cioè, uno dei miei futuri mariti mentali era lì o era tutto uno scherzo?
- Sul serio?!! E lui dov.. - non feci in tempo a finire la frase che qualcuno mi spinse e mi fece cadere a terra
- *Idiot!* - esclamai da terra.
Alzai lo sguardo e vidi una guardia del corpo, era veramente enorme.
- Scusa ragazzina, adesso togliti grazie - disse lui, quell'inglese orco rude
- Adesso mi tolgo, stia calmo però.. - Dissi.
Mia madre mi aiutò a rialzarmi da terra:
- Tutto bene? - Chiese.
- Sì, anche se quel tipo è un po' sgarbato - risposi
- Dovresti scusarti, non è così che ci si comporta con le signore - sentìì qualcuno parlare. Si avvicinò a me un ragazzo con una tuta bianca, un cappello new era verde e un paio di supra dello stesso colore.
Un attimo, tuta, new era, supra.. e aveva anche i capelli biondi: QUELLO ERA NIALL!
Tremavo, tremavo come non mai, e stavolta non ero agitata a causa di qualche lite di famiglia o per chissà quale altra tristezza esistente al mondo, tremavo ma ero felice.
- Ciao, io sono Niall - si avvicinò - scusalo per prima -
- P-p-erdonato.. io sono Taylor, tanto per dire qualcosa prima di svenire: io ti amo - dissi, così, senza pensare.
Intanto affondavo nei suoi occhi azzurri, erano così belli.. era come se nel suo sguardo ci trovassi la tranquillità, sì, restare imbambolati a guardare gli occhi di Niall Horan tranquillizza parecchio. Era così dannatamente bello, il suo sorriso era bellissimo.
- Aspetta, io ti conosco! - disse Niall
- Cosa? Uno dei miei idoli mi conosce? Mi sogni anche tu di notte per caso? Ahahah - Dissi, cercando di schiarire la voce e di trattenere le lacrime
- Non sei Taylor Rossi? La ragazza che canta le nostre canzoni su youtube? - chiese.
Rimasi sorpresa, cioè, il mio idolo mi conosceva?
- Si.. sono io... perchè? - Chiesi
- Beh, allora posso ammettere che di notte ti sogno anche io, hai una voce pazzesca - Disse
- Sei serio? Niall Horan dice che ho una bella voce? Ma scusa, come fai a conoscermi? - Continuai.
- Vedo sempre le cover dei nostri fans, e le tue sono tra le più cliccate a Londra - Disse
Londra mi conosceva? Niall Horan mi conosceva? Fino ad allora l'unica fortuna che mi era capitata nella vita era quella di non essere finita ancora in coma, con tutti i casini che ci sono sempre stati dentro casa mia.. e adesso di colpo vado a Londra, conosco Niall Horan e scopro che ama le mie covers. Contorta la vita.
- Scusami, devo scappare, è stato un piacere. Magari ci rivedremo, ti farò conoscere gli altri membri della band - disse prima che le guardie del corpo lo portassero via
- Contaci - dissi
 Forse mia madre aveva ragione, io sono un angelo, e gli angeli vengono ripagati per tutte le cose subite, prima o poi.
Sentivo il cuore battere forte, e le lacrime scendere, lacrime piene di calore, di amore. Piangevo di felicità, quuella fu la sensazione più strana. Un'esperienza nuova, piacevole. Tutto ciò che avevo sempre ritenuto troppo lontano era sotto ai miei stessi occhi.
Mi sentivo rinata, le lacrime erano la pioggia, il mio sorriso era l'arcobaleno. Sì, perchè i sogni possono trasformare i sorrisi meno adorabili in arcobaleni, al diavolo la perfezione, tutti siamo perfetti in un modo insolito.

Eccolo, ecco che sapore ha la felicità. 

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