Capitolo 4 -
Servare
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Servo, as, avi, atum, are, 1 tr. 1 salvare
Salvare [sal-và-re] v.tr. 1 mettere in salvo; sottrarre a un grave
pericolo
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Stranamente quando si svegliò
quella mattina la luce non lo accecò come faceva sempre, quando i raggi del sole
dispettosi filtravano tra le tende. Questo, però, non gli impedì di avere un mal
di testa allucinante. Per il dolore tenne gli occhi chiusi e si lamentò a bassa
voce. Sentì dei movimenti e dei passi veloci e leggeri che si avvicinavano al
letto
-Mamma- Disse a bassa voce -Come
ti sentì?- Ben sentì chiaramente la preoccupazione nel suo tono. Cercò quindi di
concentrarsi e farle vedere che stava bene
-Buon giorno Alice. Come stai?-
Disse aggirando la sua domanda e esibendo quello che sperava fosse un sorriso e
non una smorfia di dolore
-Direi buona notte. Dopo che sei
svenuto hai dormito per due giorni. Sono le tre del mattino- Oh, ora capiva
perché non si era svegliato con il sole, visto che era notte fonda -E non
rispondermi con un’altra domanda, mamma! Sono preoccupata! Sei sicuro di stare
bene?-
Ben la guardò per un attimo, la
sua faccia era contratta con un’espressione a metà tra l’ansioso e il nervoso.
le sue iridi verdi così simili alle sue erano stanche e aveva delle borse
violacee sotto gli occhi, chiari segni che non aveva dormito mentre lui era
svenuto. Sorrise. Quella bambina gli faceva una tenerezza
-Vieni qui- Le disse indicandole
di entrare nel letto con lui. Lei annuì e si sistemò sotto le lenzuola
abbracciandolo in vita e posando la sua testa sul suo petto. Lui sorrise di
nuovo e prese ad accarezzarle i lunghi capelli castani -Sto bene, davvero. Mi è
rimasto solo un po’ di mal di testa, ma non è nulla di grave. Ci posso
convivere. Ora dormiamo, domani mattina devi andare a scuola-
Alice non era ancora del tutto
convinta, Ben non aveva perso quel tic all’occhio sinistro ogni volta che
mentiva, come in quel caso, ma lasciò perdere. Sperava davvero non fosse nulla
di grave, come dicesse lui. E che quei dannati la smettessero di cercare di
portaglielo via
-Mamma, sei davvero felice di
essere qui come me?- Ben la guardò stralunato
-Certo che sono felice, cosa stai
dicendo?- Lei si calmò a sentire quelle parole -Io non ti abbandonerò- Disse
…
… e mentre si
addormentava si chiese perché per una frazione di secondo avesse pensato che non
l’avrebbe abbandonata come avevano fatto con lui …
… Ma a chi stava
pensando?
Lui aveva sempre e
solo vissuto da solo con Alice.
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Gwen continuava a fissare il
volto impassibile del cugino, in una vana speranza di vederlo svegliarsi. Erano
passate alcune ora dall’apparizione di quella bambina e che fosse vera o no era
di sicuro la causa dello stato attuale del ragazzo. Azmuth era sparito dicendo
che avrebbe cercato un modo per risvegliare Ben, ma non sapevano ne quanto ci
avrebbe messo, ne se fosse riuscito nel suo intento.
In quel momento entrò Kevin, in
mano due caffè fumanti. Entrambi si erano rifiutati di lasciare il suo fianco,
apssando così diverse notti svegli. Il giovane osmosiano aprì la bocca per
chiederle se c’erano stati dei miglioramenti, ma un rapido sguardo al corpo
immobile di Ben e allo sguardo triste e sconfitto di Gwen lo fecero
desistere.
-Grazie- Disse la ragazza quando
afferrò il caffè che le veniva offerto, ne bevve un sorso senza mai staccare gli
occhi dal volto del cugino
-Gwen guarda un attimo qualcosa
d’altro. Non ti stai facendo per niente del bene a fissarlo per tutto il tempo.
So cosa provi ma…-
-Anche volendo non ci riesco.
Continuo a pensare che appena mi allontano lui possa svegliarsi senza che io me
ne renda conto-
Kevin non rispose a
quell’affermazione. In fondo lui si sentiva morire ogni volta che si allontanava
di qualche metro. Andare a prendere i loro caffè era stata come una tortura, ma
visto che Gwen non accennava a muovere un muscolo era dovuto toccare a
lui.
Lui, però, aveva una paura
diversa da quella della ragazza. Continuava a pensare e se lui non dovesse più
svegliarsi? E se dovesse … morire? Non vederlo più sorridere, non vedere più i
suoi occhi verde smeraldo, non sentire più la sua voce. No, stava male solo a
pensarci.
In quel momento la porta si aprì
e sulla soglia apparvero i genitori di Ben leggermente trafelati, forse per la
corsa che avevano fatto per raggiungere il prima possibile il figlio. Sandra
abbandonò la sua borsa e giacca sulla poltrona vicino alla porta e corse al
fianco di Ben stringendogli una mano, mentre Carl lentamente le si affiancò.
L’uomo guardò i ragazzi. Gwen senza guardare suo zio capì cosa volesse dire quel
silenzio così iniziò a parlare
-Si è verificata un’anomalia con
l’Omnitrix. Sembra che Ben abbia immaginato l’esistenza di una bambina a fargli
compagnia all’interno della sua mente, forse come scappatoia per quello che non
aveva trovato nella vita reale. L’Omnitrix l’ha resa … reale- La sua voce era
talmente monotona e priva di sentimenti da fare quasi paura -È apparsa ai nostri
occhi attraverso il dispositivo di ologrammi dell’orologio. Azmuth ora sta
cercando un modo per risvegliarlo ma …-
Si fermò, i due capirono subito
cosa volesse dire. Non volevano crederci, nessuno voleva crederci, ma c’era una
grande probabilità che non si sarebbe mai svegliato. Al solo pensiero di non
rivedere più il figlio, Sandra non riuscì a trattenere le lacrime da scendere
un’altra volta. Gwen quasi invidiò la donna per averne ancora di lacrime da
versare, i suoi occhi invece erano perfettamente asciutti, quasi
aridi
-Ragazzi, dovete dormire un po’.
Questa notte stiamo noi a fargli compagnia- Suggerì Carl, notando le visibili
occhiaie che entrambi esibivano sotto gli occhi.
Nessuno dei due, però, accennò a
muoversi. Gwen rimase immobile nella sua posizione, seduta di fianco al cugino e
Kevin non si mosse dal muro a cui era appoggiato. L’uomo sospiro, sapeva che
anche se avesse insistito quei due non avrebbero lasciato Ben per nessuna
ragione. In qualche modo ne fu felice, suo figlio non aveva mai fatto molte
amicizia ma se le poche che avevano erano così forti, allora andava bene. Forse
c’era solo bisogno che qualcuno ricordasse al ragazzo che non era solo e che
tante persone gli volevano bene.
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Finalmente era arrivato il
weekend, il periodo della settimana che entrambi amavano. Dopo che Alice finiva
la scuola il venerdì sarebbero andati a fare la spesa per la grande maratona di
film del sabato e il grande torneo di videogiochi. Il tutto consisteva in una
visita al supermercato per comprare gli ingredienti per fare pizza, lasagne e
dolci fatti in casa. Non si ricordava nemmeno come o quando avesse imparato a
cucinare, ma era bravo quindi non si lamentava di quel lapsus.
Poi dovevano passare a noleggiare
tanti film da stare svegli tutta la notte fino alle quattro del mattino.
Avrebbero poi dormito fino all’ora di pranzo, per poi iniziare a giocare fino a
sera. Questo era il loro rito tutti i weekend, forse poco salutare per una
bambina, che doveva fare tutti i compiti entro venerdì sera per poter rispettare
gli orari. Ma era il loro momento
-Mamma! Che ne dici di questo?-
Chiese Alice indicando un film in particolare nello scaffale
-Questo è un horror. L’ultima
volta non sei riuscita a dormire da sola per un’intera settimana- Rispose Ben
scettico sulla scelta
-… È vero …- Disse
imbarazzata
-È meglio se prendiamo i soliti
film d’azione- Continuò il ragazzo prendendone alcuni dagli scaffali più
alti
-Va bene- Ci fu un attimo di
silenzio -Oh, e anche qualcosa di romantico e strappalacrime!- Propose
perentoria e fin troppo eccitata Alice
-Ok, ma solo un paio-
-Tanto lo so che piacciono anche
a te, mamma! Alla fine piangi sempre anche tu- Questa volta fu il turno di Ben
di arrossire
-Che ci posso fare se mi faccio
commuovere! È più forte di me. Cambiando discorso ho sentito che è uscito il
nuovo videogioco di Sumo Slammers- Questa volta il volto della bambina si
illuminò seriamente
-Sì, ne parlavano dei ragazzi a
scuola! Possiamo prenderlo, mamma! Ti prego!!- Fece gli occhi da cerbiatta, cara
eredità di Ben
-Ci puoi scommettere che lo
prendiamo. Come si fa a vivere senza Sumo Slammers!- Disse lui facendo ridere la
piccola Alice
-Lo, so. Secondo te da chi ho
preso questa fissazione?-
E Ben guardando il suo sorriso
non poté non pensare che lei era proprio sua figlia
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-Hai trovato un modo per
svegliare Ben!- Quelle parole pronunciate da Gwen erano state le prime ad avere
un minimo di sentimento dopo la scoperta del coma di Ben. Una luce che poteva
essere solo classificata come speranza tornava a brillare nei suoi occhi verdi,
così simili ma allo stesso tempo così diversi da quelli del cugino
-Ecco, diciamo … sì e no- Fu la
risposta enigmatica di Azmuth
-Come sarebbe a dire! Puoi
svegliarlo, sì o no?!- Esplose Kevin che non sembrava capirci molto
-Il fatto sta che dall’esterno ci
è impossibile svegliarlo. Probabilmente per via dell’Omnitrix stesso. Nemmeno
io, il suo creatore, sono riuscito ad attivarlo e in qualche modo mettermi in
contatto con il ragazzo. Ma se non possiamo fare nulla da fuori …-
-Dobbiamo partire dall’interno!-
Concluse Gwen mentre nei suoi occhi quella luce si faceva sempre più viva.
Soppesò le parole di Azmuth e il suo gesto di assenso alla sua conclusione.
Kevin guardò i due senza capire cosa stava succedendo
-Mi potete spiegare?-
Chiese
-In pratica dobbiamo entrare nella sua testa, probabilmente dalla stessa
entrata
che a preso Ben- Cercò di spiegare Gwen ma l’espressione di perplessità non
abbandonò il volto del ragazzo. Azmuth sospirò
-In poche parole la mia idea
consiste nel farvi addormentare mentre un dispositivo vi collega all’Omnitrix.
Invece di sognare, la presenza dell’Omnitrix vi farà finire nello stesso stato
comatoso di Ben Tennyson e dovreste essere in grado di entrare nella mente del
ragazzo attraverso di esso- Cercò di spiegarsi Azmuth
-Umh, più o meno ho capito. Visto
Gwen, lui è stato più bravo!- Quando ricevette dalla ragazza un’occhiata storta
non poté sentirsi meglio, sembrava essere tornata quella di prima
-Come procediamo?- Chiese la
ragazza all’alieno
-Dopo che vi ho collegati
all’Omnitrix prenderete dei sonniferi per addormentarvi. Il resto dovrete farlo
voi-
-Okay, facciamolo subito- Disse
Kevin mentre Gwen annuì. Prima iniziavano, prima Ben tornava da loro
I due ragazzi si sedettero sulle
due sedia ciascuna ad un lato del letto. Azmuth si mise a lavorare, mise sulla
loro testa delle specie di corone di un metallo che Kevin non aveva mai visto,
da cui partivano alcuni fili muniti di ventose che attaccò alle loro tempie e
fronti. Un cavo più lungo si andava a collegare all’orologio alieno sul polso di
Ben
-Grazie, Azmuth- Disse
all’improvviso Gwen mentre l’alieno sistemava gli ultimi cavi -Nonostante i
casini che Ben ha combinato in passato lo stai aiutando- Azmuth si fermò per
guardare la ragazza
-Sebbene il suo comportamento non
sia stato sempre tra i più consoni, devo ringraziarlo per tutte le volte che a
salvato l’universo-
-Avanti ammettilo, ti sei
affezionato a lui- Disse Kevin. Stava solo cercando di provocarlo, ma sapeva
bene che non si poteva non volergli bene
-Non dire sciocchezze- Disse
forse troppo frettolosamente lasciando intuire che in realtà intendeva l’esatto
opposto. Nella sua mente aveva accettato il fatto di essersi un po’ affezionato
a quel giovane umano -Ora è tutto sistemato. Ecco, prendete queste- Disse
porgendo loro due pillole
-Sicuro che sia sicuro?- Chiese
Gwen guardando perplessa il presunto sonnifero
-In ogni caso è l’unico modo che
abbiamo per riportare Benji alla realtà- Le rispose Kevin mandando giù la
pasticca.
Gwen lo guardò per un secondo,
poi annuì e anche lei ingoiò la pillola. Dopo pochi minuti entrambi si sentirono
la testa più leggera, la loro vista si fece più offuscata, le palpebre erano
sempre più pesanti fino a che i loro occhi no si chiusero definitivamente. I
loro corpi giacevano appoggiati al letto, addormentati
-Fa che funzioni- Furono le
uniche parole di Azmuth
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Quando riaprì gli occhi l’unica
cosa che Kevin notò era il buio. Tutto intorno a lui era completamente nero. Si
guardò intorno finché non vide il corpo di Gwen non molto lontano dal suo mentre
galleggiava nel vuoto. Sarebbe sembrato strano se anche lui non stesse
fluttuando. In qualche modo riuscì ad avvicinarsi a lei e a
svegliarla
-Umh, dove siamo? Ha funzionato?-
Chiese mentre cercava di svegliarsi definitivamente
-Non lo so, ma visto che possiamo
comunicare, credo che abbia funzionato-
-Probabilmente non siamo ancora
nella mente di Ben. Forse siamo nel canale che ci collega all’Omnitrix e questa
energia repulsiva probabilmente viene proprio dall’orologio-
-Perché cerca di
respingerci?-
-Ci considera come degli
estranei, non credo sarà facile superare la sua barriera-
-Non possiamo saperlo finché non
ci proviamo. La repulsione arriva da quella parte-
Seguendo la direzione da cui
proveniva quella forza piano piano iniziarono a vedere una lontana luce verde
che diventava mano a mano più intensa e con lei si intensificava anche
quell’ondata di energia. Avanzare divenne sempre più difficile fino a quando si
resero conto che non sarebbero più riusciti a fare un altro passo
-Non resisteremo a lungo. Come
facciamo a passare?- Chiese Kevin mentre si sforzava
-Forse mi è venuta un’idea. Se mi
collega all’energia dell’Omnitrix magari riesco ad aprire un varco!- Rispose
Gwen.
I suoi occhi divennero rosa
mentre il mana cha la circondava si convogliò in lunghi fili che si immergevano
nella luce verde. Dopo lunghi secondi di stasi si iniziò a formare una breccia
che lentamente andava ad aumentare, fino a diventare grande abbastanza perché
una persona potesse passarci attraverso. Kevin fu il primo a saltarci dentro,
seguito subito da Gwen che riuscì ad entrare appena un momento prima che il
varco si chiudesse.
All’improvviso non furono più
respinti ma risucchiati all’interno da una forza indescrivibile. Il risucchio fu
tale da far perdere loro i sensi. Quando si risvegliarono di nuovo ciò che si
trovarono davanti era ben lontano dal buio vuoto precedente. Strade, palazzi,
case, uffici. Quella era in tutto e per tutto una città con persone e
automobili. Sembrava di essere nella vera Bellwood.
-Ma cosa?- Chiese Kevin stupito
da ciò che vedeva
-Sembra di essere a casa.
Probabilmente Ben ha immaginato di vivere nella sua città natale- Ipotizzò
Gwen
-È strano. Sì, assomiglia molto a
Bellwood, eppure c’è qualcosa di diverso. Ma come lo troviamo?-
-Non saprei. Forse è meglio
iniziare da casa sua- Kevin annuì e si incamminarono verso la casa di Ben. La
passeggiata durò diversi minuti, in quanto fu loro difficile orientarsi. Kevin
aveva ragione, non era identica alla città che conoscevano -Ecco, siamo
arrivati-
-Sbaglio o questa è diversa dalla
casa di Benji?- Chiese il ragazzo confuso
-Sì è diversa, ma questo è il
luogo in cui si dovrebbe trovare, ne sono sicura!- C’era qualcosa che non
andava
-La cosa mi sembra sospetta.
Andiamo a controllare le nostre case- Propose Kevin
Ma quando arrivarono
all’appartamento di Kevin scoprirono che al posto del palazzo c’era una villa
lussuosa, mentre la casa di Gwen non esisteva nemmeno
-Com’è possibile! È come se Ben
non ci avesse nemmeno calcolato quando ha creato questa città!- Gwen si guardava
intorno con fare frenetico senza che nessuno si preoccupasse del suo
comportamento
-Cosa ne sai, magari ci ha messi
come suoi vicini di casa- Disse Kevin cercando di alleviare la tensione con una
battuta
-Non scherzare! Cosa facciamo!
Come lo troviamo ora Ben!- L’ansia nella sua voce si fece ancora più
forte
-Conoscendolo, ci sarà per forza
un posto in cui vendono smoothy. Ci basta trovarlo e aspettare che si faccia
vedere-
-Forse hai ragione. Iniziamo ad
andare in centro e cerchiamo Mr. Smoothy. Magari quello è rimasto al suo posto-
Era la loro unica possibilità di trovare Ben
Non ci misero molto a trovare il
negozio tanto amato dal ragazzo. Mr. Smoothy era forse l’unica cosa davvero
identica all’originale, tanto che sembrava loro di essere ancora nel mondo
reale. Fu allora che lo videro. Nonostante indossasse i soliti indumenti, c’era
qualcosa di diverso in lui. Forse perché stava sorridendo in un modo che loro
non avevano mai visto, come se la sua gioia provenisse direttamente dal suo
cuore. O forse era quella bambina che teneva in braccio come se fosse la cosa
più naturale del mondo. O forse …
-Ben! Gridò Gwen correndogli
intorno, Kevin subito dietro di lei
Il ragazzo si girò nella loro
direzione e nel momento stesso che li vide il suo sorriso sparì dal suo volto
come se non ci fosse mai stato. Al suo posto comparvero confusione e un po’ di
timore. Ma perché mai Ben avrebbe dovuto avere paura di loro? Quando furono a
meno di cinque metri da lui il ragazzo fece dei passi indietro aumentando la
presa che aveva su Alice e disse
-C-Chi siete?-
*Owari Cap.
4*
-Salve a tutti!- ndRan
-Bene, che dire su questo capitolo … vi è piaciuto il finale?- ndJane
-Non essere sadica. Abbiamo una bella e una brutta notizia. Quella bella è
che questo capitolo, oltre ad essere più lungo del solito, è stato postato in
tempo grazie ad una nostra illuminazione che Lunedì, nel nostro ultimo giorno
prima dell’inizio dell’Università, ci ha fatto scrivere di getto tutto il 5°
cap. qui però arriva la brutta notizia, non so se saremo altrettanto brave per
il 6° quindi non so proprio dirvi quando posteremo il 5°- ndRan
-Uff, che se ne facciano una ragione- ndJane
-Non essere scortese con i nostri preziosi lettori! Facciamo qualche altra
considerazione su questo cappy. Non so se si è notato ma ci (mi) piace scrivere
scenette tra Alice e Ben; notare che è la prima volta in cui Ben si riferisce ad
Alice come sua figlia. Non avete trovato Azmuth adorabile? In fondo vuole bene a
Ben- ndRan
-Basta così, non ciò più voglia di scrivere. Finiamola qui ed andiamocene-
ndJane
-Va bene. Leggete e commentate!
Baci- ndRan
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