Per ricostruirlo di Akane (/viewuser.php?uid=27)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di un abisso ***
Capitolo 2: *** Sempre più giù ***
Capitolo 3: *** una decisione difficile ***
Capitolo 4: *** Resurrezione ***
Capitolo 1 *** L'inizio di un abisso ***
TITOLO:
Per ricostruirlo
AUTORE: Akane
SERIE: RPF-
Linkin Park
GENERE:
sentimentale, drammatico
TIPO: 4
capitoli, slash
RATING:
arancione per gli argomenti…
PAIRING:
MikeXChester (Bennoda forever)
DISCLAMAIRS: i
personaggi non sono miei ma di loro stessi poiché reali, ciò che faccio
io è solo immaginare e non faccio male a nessuno. Se non nella fic…
NOTE: il primo
capitolo lo scrissi mesi fa convinta che sarebbe stata una fic
demenziale erotica. Poi è uscito il nuovo singolo ed è diventata una
cosa seria. Ho anche letto delle interviste che spiegavano
dettagliatamente la storia dell’ernia iatale di Chester, del suo
decorso e vari altri dettagli, quindi le cose che ho inserite riguardo
la sua salute ed il resto sono vere, così come le sue varie reazioni ed
il fatto che è andato in tour in quelle condizioni. Quello che ho
scritto è la mia un’interpretazione della realtà e dei fatti realmente
accaduti. In aggiunta ci sono le scene di loro due insieme, ovviamente,
ma non serve dirlo.
Ho già scritto
di questo periodo di Chester in Meteora, inizialmente doveva infatti
essere un prequel di quella serie ma poi sono andata avanti in altro
modo… a quanto pare non riesco a smettere di scrivere di quel periodo
di Chester e di metterli insieme in tutti i modi ma sempre in quel
momento… probabilmente è veramente lì che si sono fidanzati!!!
Comunque
godetevi questa fic. Siccome sostanzialmente la sua crisi e la
resurrezione l’ho già approfondita a dovere, qua si tratta di una
versione alternativa -fino ad un certo punto- con l’aggiunta di scene e
dettagli ulteriori che nell’altra non c’era. In realtà non è uguale a
Morto all’alba, anzi, però di base la storia è quella. Cambiano le
scene, i dettagli… insomma, è venuta così!
Ho scritto gli
ultimi tre capitoli in un pomeriggio, quindi è andata da sé!
Spero vi
piaccia.
Siccome è già
pronta pubblico circa un capitolo ogni 5 giorni. Il prossimo sarà
lunedì. Buona lettura. Baci Akane
PER RICOSTRUIRLO
CAPITOLO 1:
L’INIZIO DI UN
ABISSO
- Ma che
diavolo chiami me? Hai mal di schiena e non riesci a muoverti, mi
spieghi cosa pensi che possa fare io? Mica ho la bacchetta magica,
cazzo! Chiama tua moglie! -
La voce di Mike
arrivò isterica all’orecchio di Chester e capì subito di aver fatto una
cazzata a chiamare lui, suo malgrado non potendolo ammettere sbraitò al
telefono un po’ per superare il proprio dolore ed un po’ per imporsi
sull’altro.
- HO LITIGATO
CON SAM! NON E’ QUA E NON ME NE FOTTE DI DOVE SIA MA TU VIENI SUBITO E
AIUTAMI ALTRIMENTI MUOIO, CAZZO! -
Mike capendo
che avrebbe anche potuto continuare ad urlare pur di farsi
accontentare, decise di risparmiare le sue corde vocali per il tour di
prossimo inizio e sbuffando mise giù il telefono alzandosi dal computer.
Ancora non
capiva cosa diavolo pensava potesse fare lui se aveva mal di schiena!
Mica era un
fisiatra!
Nonostante
questo non poté che sentirsi anche vagamente orgoglioso di essere stato
il primo a cui Chester aveva pensato.
Corse da lui a
rotta di collo e nel giro di pochi minuti fu a casa sua, salutò i
cuccioli che gli aveva portato lui stesso in casa diventandone la mamma
ed entrò da dietro nel sistema che lui e pochi intimi sapevano.
Quando fu
dentro lo chiamò non avendo idea di dove fosse, poi la sua voce
melodiosa gracchiò da sopra e dedusse che fosse in camera; salì le
scale saltando i gradini due a due, all’ultimo si inciampò finendo per
fare gli ultimi in ginocchio e si rese conto che forse aveva un tantino
troppa frenesia e schiaffeggiandosi si calmò.
Era assurda
tanta fretta, aveva solo mal di schiena, che diavolo poteva mai essere
di così grave?
- QUANTO CAZZO
TI CI VUOLE PER VENIRE? - Chester sembrava stesse morendo e quando
sbucò in camera lo vide steso nel letto immobile a pancia in su, dritto
e rigido come un morto. Anche il pallore e le occhiaie non erano male
ed essendo in boxer si vedeva tutta la sua eccessiva magrezza.
Mike si fermò e
non trattenne un’aria impressionata.
- Chez, sembri
morto! - Nemmeno l’esclamazione la trattenne, se era per quello.
- Grazie, eh?
Lo so da me che sto male da morire, porca puttana! E sono solo come un
cane, troia merda! - Il solito linguaggio scurrile a cui Mike era
abituato.
Si avvicinò
ridacchiando, se ne diceva tante significava che non stava poi tanto
male, no?
- Cosa posso
fare? - Chiese non sapendo effettivamente come essergli utile.
- Aiutami ad
alzarmi che devo pisciare, non riesco a muovermi senza cainare come una
merda. Poi mi prendo degli antidolorifici. -
- Scusa ma mi
hai chiamato solo per aiutarti ad alzarti? - Chiese incredulo.
- Certo cazzo,
come pensi che faccia, mi piscio a letto? - Il rapper sorvolò e
sospirando paziente si avvicinò immaginando di avere a che fare con suo
figlio. Si chinò e facendosi passare un braccio intorno al collo lo
cinse a sua volta e cercando di essere delicato l’alzò. La valanga di
insulti lo investì come una locomotiva e piegando il capo dall’altra
parte si chiese se potesse avere la grazia di non sentirne altri almeno
per un po’. Non ne ebbe.
Quando dopo
molta fatica riuscì a metterlo in piedi girò la testa per guardarlo, si
era fatto stranamente silenzioso e capendo quanto stesse male cominciò
a preoccuparsi seriamente.
- Chez, ma stai
veramente male… - Come se fino a quel momento avesse fatto finta!
- Che cazzo
pensi ti abbia chiamato a fare, per capriccio? - Chiese scorbutico.
- No ma non
pensavo a questi livelli… sei giallognolo! - non riusciva nemmeno a
smettere di guardarlo, lo trovava davvero spaventoso e nel tenergli un
braccio intorno alla schiena sentiva anche le ossa. Era troppo magro… -
Ma stai mangiando? - Chiese infatti sempre più preoccupato
palpeggiandolo.
- No ma mi
piscio addosso se non ti sbrighi! - Grugnì stufo mentre si teneva le
parti basse per farsi da tappo.
Mike arrossì e
riscuotendosi si sbrigò a portarlo al bagno. Sembrava non riuscisse
nemmeno a camminare da solo e la cosa era davvero allarmante.
- Ce la fai? -
Chiese premuroso giunto davanti al water.
- Vuoi tenermi
il cazzo tu? - Chiese sgarbato e con una vaga punta di malizia che fece
arrossire ulteriormente il povero assistente. Senza dire nulla si
affrettò a mollarlo e a girarsi. Non c’erano veri problemi nel vedersi
nudi o a fare i propri bisogni insieme, per lo meno in teoria non
sarebbero dovuti esserci… Mike a quanto pareva ne aveva… e l’aveva
scoperto solo ora!
Quando sentì
l’acqua dello sciacquone tornò a guardarlo e come si aspettava lo trovò
con il braccio teso verso di lui e l’altro a tenersi la schiena, doveva
fargli molto male. Gemette quella decina di volte nel tragitto fino al
lavandino e all’armadietto dei medicinali e preoccupandosi sempre più,
cominciò a chiedere ansioso:
- Ascolta, ma
non è meglio andare in ospedale? Ti vedo troppo male… secondo me non è
solo il solito mal di schiena… -
- Fammi
prendere sta roba, se non mi passa andiamo. - Dando per scontato che
Mike sarebbe rimasto con lui tutto il tempo.
Lo vide
prendere gli antidolorifici e senza per quello preoccuparsi di meno lo
riaccompagnò fuori.
- Con questa
roba devi mangiare qualcosa o ti rovini lo stomaco… -
Ma non fece in
tempo a convincerlo che lo vide sudare copiosamente quasi subito.
Ormai era
chiaro che la cosa stava degenerando e nel vederlo faticare tanto per
qualunque tipo di movimento, si fermò in camera, lo sedette nel letto
dove rimase rigido tenendosi nel lenzuolo, tirava e il colore non era
affatto migliorato.
- Chez, chiamo
il medico, stai troppo male, sudi freddo, sei spaventoso e… - silenzio.
- E non insulti! - La cosa davvero grave era che non parlava e lui
stava diventando sempre più isterico e più questo succedeva, più
l’altro si innervosiva.
Voleva
insultarlo come meritava e gridare ma la sola idea di fare qualunque
cosa, anche solo parlare, lo faceva vomitare e quando vide Mike
scuotere la testa sempre più isterico, nella confusione del suo
malessere generale che prendeva la punta della testa da quella dei
piedi, e prendere il telefono fu lieto che capisse cosa cercava di
dirgli.
Non riusciva
nemmeno a muovere i muscoli della mascella dal tanto che era contratto
per il dolore.
Tutti quelli
del corpo erano tirati al limite dell’impossibile e volendo solo
gridare si ritrovò a girare gli occhi a macchina per guardare prima
Mike terrorizzato e preoccupato e poi i vestiti. Solo le pupille
riusciva a girare.
Alla fine Mike
capì e prima di fare la chiamata a non sapeva nemmeno lui chi, l’aiutò
a vestirsi.
- Giusto, hai
ragione, ora ti vesto, non puoi andare da nessuna parte così. Poi ti
porto io in ospedale che facciamo prima così non devo spiegare niente,
quando sono così divento un‘incapace! - Chester provando ad
immaginarselo si calmò un po’ ma non fu abbastanza perché si ritrovò di
nuovo a stringere i denti nel momento in cui Mike gli mise le mani
addosso.
Eppure doveva
essere bello…
Fu un pensiero
al volo completamente incontrollato e irrazionale a cui non diede peso
per lo stato in cui era.
Mike gli infilò
i jeans e glieli lasciò abbassati in modo da alzarglieli dopo, quindi
gli infilò la maglia e obbligandolo a movimenti un po’ più ampi
dell’immobilità di prima, cominciò ad ansimare per la fatica ed il
dolore. Gli occhi lucidi e Mike un’anima in pena che ansimava a sua
volta in simbiosi con lui, era come se stessero male insieme, fu
davvero una cosa anomala ma nessuno avrebbe dimenticato il momento
successivo.
Quando dovette
alzarlo per mettergli su i jeans, Chester gli si aggrappò convulso come
se non sapesse più stare in piedi e stringendogli le braccia al collo
lo fece faticare non poco nel completare il lavoro.
Dopo tanto
sforzo da parte di entrambi Mike lo tenne a sé abbracciandolo senza
rifletterci. Era in uno stato pietoso, continuava a sudare ed era
sempre più rigido. Gli toglieva il fiato da tanto che lo stringeva ma
non era per quello che non si scioglieva da lui e che se lo teneva
aggrappato in quel modo, era perché gli appariva tanto fragile e
sottile che nel lasciarlo andare aveva paura di non riuscire più a
riprenderlo.
La paura che
cominciò a provare in quel momento fu l’inizio di un abisso che sarebbe
durato molto tempo.
- Devi
lasciarmi perché così non riesco a chiamare… - Fu lì che si accorse di
aver freneticamente cambiato idea dieci volte nel giro di un minuto e
solo allora capì di essere nel panico per le condizioni di Chester.
Condizioni
sempre peggiori.
Quando il
ragazzo si lasciò cadere nel letto Mike pensò che l’avesse fatto
apposta per permettergli di chiamare il 911 ma quando realizzò che
invece stava tremando in maniera troppo vistosa per essere una cosa
pseudo normale, per un momento non vennero anche a lui le convulsioni.
Cominciò a
chiamarlo con voce da ultrasuoni e inginocchiandosi su di lui sul letto
si coprì la bocca senza sapere cosa diavolo fare.
Nemmeno provava
a riflettere, la mente completamente spenta e solo il viso pallido di
Chester che soffriva in quel modo atroce davanti a lui, gli occhi
all’indietro.
“Ha
le convulsioni! Chester ha le convulsioni! O porca puttana, Chester ha
le convulsioni! Che cazzo faccio? Cosa diavolo si fa in questi casi?
Non ricordo un fottuto nulla!”
Ma senza
saperlo si trovò a fare né più né meno ciò che andava fatto. Fece
attenzione che non cadesse e non si ferisse da solo e solo quando finì
e rimase svenuto si ricordò della regola basilare.
Chiamare i
soccorsi.
Spentosi per
dei proverbiali minuti atroci, gli stessi delle convulsioni di Chester,
compose il numero e chiamò l’ambulanza ma fu talmente isterico al
telefono che capirono a malapena di dover venire a quell’indirizzo a
prendere qualcuno che forse stava per morire.
Asciugandogli
senza nemmeno accorgersene il sudore dal viso sciupato e segnato, finì
per carezzarlo preoccupato, l’ansia lo stava divorando e pensando che
fosse così avere un cancro gli prese la mano e se la strinse sulle
labbra. Non aveva la minima idea di che cosa stava facendo, tanto meno
che non era normale. Sapeva solo che era terribile vederlo così e che
voleva si svegliasse e lo insultasse come al solito. Voleva litigarci
per divertirsi, voleva sentirlo gridare e vederlo saltare, ma rimase a
guardarlo mentre il cervello continuava ad annegare in una preghiera
senza fine. Una preghiera che aiutasse Chester.
Riprendersi non
fu traumatico, il peggio fu la degenza.
- Ma cosa cazzo
ho? -
- Non possiamo
esserne certi senza tutti i risultati in mano e non azzardiamo ipotesi
inutili. -
- E’ grave,
ecco cosa c’è! -
- Ma no, signor
Bennington… è solo che non vogliamo allarmarla per niente… -
- Sti cazzi! Se
non fosse grave me lo direste subito, evitate di dirmi cosa ho solo
perché è grave e non sapete come dirlo! Fanculo, voglio saperlo! -
- Non è
assolutamente così, mi creda! -
- Allora
dimettetemi! -
- Non se ne
parla, dobbiamo essere sicuri. -
- Sto per
morire! Ho un cancro allo stadio terminale ed aspettate che vengano i
miei per farmelo dire da loro! Allora sappiate che sprecate il vostro
tempo, mio padre non sa dare le notizie e mia madre è ipocondriaca e vi
muore lì se glielo dite! Per non parlare di Mike! Ditelo a Rob, lui sa
dare le notizie! -
- No, davvero,
mi creda, non è niente del genere. Vogliamo solo avere i risultati in
mano prima di parlarne. Non si preoccupi prima del tempo! -
- Prima del
tempo? Vuol dire che però dovrò preoccuparmi? Lo vedi! Dimmi di cosa
sto per morire! -
Il dottore non
sapendo più come fare benedì l’entrata di Mike e dal suo sguardo il
ragazzo capì subito quanto insopportabile dovesse essere stato Chester
fino a quel momento, non poté che sorridere divertito.
- Non lo
convincerà mai finchè non gli mostrate le prove! - Disse scherzando
provando a sdrammatizzare. In realtà era il più teso di tutti ma
cercava di non tornare a fare l’isterico come era successo al telefono.
- Vi lascio
soli, appena so qualcosa lo saprete subito. Intanto il signor
Bennington dovrà rimanere a dormire qua. Ci vorrà almeno un giorno per
sapere tutto. -
Chester fece
una smorfia da ‘ti uccido’ e vedendo che aveva preso in mano la sua
flebo per tirargliela, Mike corse per fermarlo permettendo così al
povero dottore di andarsene.
Quando furono
soli, Chester sospirò insofferente.
- Mike, sto per
morire! Perché non mi dicono niente? - Il tono lamentoso di chi era
veramente al limite massimo. A Mike si strinse il cuore e il momento
delle risate svanì quando capì quanto stava male interiormente.
Era meglio di
ore prima ma era ancora sciupato e pallido, oltre che pieno di mal di
schiena.
Sedendosi sul
bordo del letto scivolò con la mano dal polso che aveva dovuto fermare
fino alla mano e tenendogliela fra le sue lo strinse senza preoccuparsi
di apparire melenso o effemminato. Non gli importava e nemmeno a
Chester. Gli era solo lieto che stesse lì con lui e lo tenesse ancorato
sul mondo.
Il compagno
sospirò cercando di placare entrambi gli animi in subbuglio e
scambiandosi degli sguardi molto significativi e comunicativi, quello
di Mike sfociò presto nel dolce e comprensivo.
Era scosso, non
sapeva cosa farci e oltretutto era anche pieno di paura e quello lo
sapeva gestire ancora meno.
- Hai chiamato
Sam? - Chiese per cambiare discorso. Chester si riprese in fretta e
nonostante rimanesse steso e pressoché immobile, dimostrò un disprezzo
quasi immediato in reazione al nome.
- No e non
intendo farlo! Non gliene fotte un cazzo di me! Quando avevo bisogno di
lei c’eri tu! Allora che stia dove diavolo è, fanculo! - Sbottò infatti
acceso. Ad un forte giramento di testa trattenne il respiro e chiuse
gli occhi premendo la mano libera sulla fronte.
Anche quel
semplice gesto era faticoso e pesante. Alzarsi dal letto era
praticamente impensabile.
Mike più
preoccupato per quello che per la litigata con sua moglie, rispose
piano stringendo la presa:
- Come stai
ora? -
Il tono si
placò immediatamente e come se fossero di nuovo altre persone, rispose
flebile distogliendo lo sguardo dal suo. Aveva quasi timore dei suoi
occhi in qualche modo. Pensieri gli giravano in testa portati da
paranoie e da un’infanzia traditrice.
- Ancora di
merda… all’idea di alzarmi mi gira la testa e a quella di mangiare mi
vien da vomitare ancor prima. Non ho proprio forze e se provo a girarmi
da questa posizione la schiena mi uccide. Cazzo, Mike, cos’ho? - E dire
che Mike era anche più agitato di lui… come poteva tranquillizzarlo?
Mordendosi il
labbro cercò un sorriso tirato che non lo convinse per nulla.
- Dai, cosa
vuoi che sia? Sei il solito esagerato! Quelle cose non le devi nemmeno
pensare! - Peccato che nonostante volesse scherzare e sdrammatizzare
non gli venisse niente.
Chester capì
che anche lui era preoccupato e si arrabbiò con sé stesso per essere la
causa di quella sua ansia. Normalmente gli piaceva essere al centro
dell’attenzione, ma in quel caso non era per niente bello.
- Hai paura
anche tu. - Mormorò come se caricasse una pistola.
- Perché ce
l’hai tu. Ammetti che vederti spaventato non è comune! - questa gli
uscì quasi bene e Chester accennò ad un vago sorriso piccolo piccolo
ammettendo che aveva ragione.
- Ma glissano
quando gli chiedo cos’ho… quando ti fanno la visita preliminare e
vedono i sintomi si fanno sempre un’idea, perché non vogliono dirmi
niente? Mi dicono solo che non è il caso di preoccuparsi prima di
sapere qualcosa di sicuro, questo per me vuol dire che comunque è
qualcosa di preoccupante altrimenti stanerebbero subito ogni cazzo di
dubbio, no? Io voglio solo essere tranquillizzato… Mike, vacci a
parlare tu, magari ti dicono qualcosa… - Mike sorrise complice.
- Ho mandato
Brad e Rob perché quando ci ho provato io per poco non me lo mangiavo!
Certo niente confronto a te! - Chester provando ad immaginarlo rise con
stanchezza e più rilassato di prima riuscì a mettere da parte
momentaneamente i brutti pensieri.
Solo rimandati
alla notte.
Mike cercò un
altro spunto per distrarlo ancora un po’ e con un sorriso quasi triste
che non gli si addiceva per niente, gli toccò con l’altra mano i
capelli biondi.
- Ehi, che
colore ci facciamo la prossima volta? -
- Pensavo al
rosso! - Mike non riuscendo ad immaginarsi nessuno dei due di quel
colore pensò che l’avrebbe accontentato lo stesso una volta usciti da
lì, nella speranza che fosse presto.
- Fatta! Appena
esci ci andiamo subito insieme! - Rispose sforzandosi di essere
allegro. In realtà ad ogni minuto che passava così era sempre più
ansioso, a momenti non sarebbe più riuscito a tenersi a freno. Capendo
che prima di tornare ad uscire di testa dalla preoccupazione era meglio
uscire e lasciarlo solo, si fece di nuovo serio.
- Dai, vedrai
che starai bene! - Anche se la flebo al braccio che avrebbe dovuto
aiutarlo non sembrava funzionare molto bene. Solo la schiena gli dava
tregua.
L’immagine
delle sue convulsioni erano troppo vivide.
- Non voglio
dormire qua, Mike… - Mormorò in una pallida imitazione dei suoi
capricci. - odio gli ospedali! - Sempre qualche brutto ricordo legato a
quel posto. - Mi sentirò solo come una merda. -
Mike cercò di
nuovo di sorridere ma ancora non lo lasciava né veniva lasciato.
- Macchè solo!
Con tutte le infermiere che ci sono! -
- Cos’è, mi
stai suggerendo di tradire quella stronza di mia moglie? - Cercò di
stare al gioco ma anche a lui gli veniva male, era quasi una parodia
riuscita male.
- Quanto sei
scemo… chiamala così non sarai solo, stanotte! -
Anche se per un
momento aveva sperato chiedesse a lui di rimanere. Un momento in cui
Chester stesso l’avrebbe voluto.
- Solo quando
sarò disperato. -
- Non puoi non
dirle che sei in ospedale! Hai avuto le c… - ma nel provare a dirlo si
fermò, la voce proprio non gli usciva come se ci fosse un blocco
psicologico e capendo che era proprio così impallidì a sua volta in un
muto ‘mi dispiace’ che non seppe dire. Fu il turno di Chester di
stringere la mano nella propria per fargli capire che andava bene.
- Non devo
essere stato un bello spettacolo. -
- Andrà tutto
bene, non è nulla, ne sono sicuro. - Quando lo disse fu chiaro il suo
voler cambiare argomento come anche il cercare di scappare per
preoccuparsi liberamente ancora un po’, Chester lo capì ma con egoismo
cercò di tenerselo ancora con sé, non voleva separarsi da lui, tutto lì.
- Non lo so,
non mi dicono niente… ed ho visto troppo bene come la vita sa
rivoltarsi contro di me… è solo una puttana che allarga le gambe al
miglior offerente. Io non ho mai avuto niente di buono da offrirle… -
Come filosofia di vita era strana e fantasiosa a modo suo, Mike accennò
solo ad un vago sorriso ma non trovò nulla da dire, non sapeva molto
della sua vita prima, solo che sicuramente ne aveva passate di brutte e
che aveva un passato da tossico o qualcosa del genere. Non sapeva di
preciso niente ma ad un’affermazione simile c’era da credere che
dovesse essere stata bella dura.
Eppure
rifiutava categoricamente di credere che fosse come diceva lui.
- Non questa
volta. - Ma non riusciva ad essere convincente al cento percento e se
ne rendeva conto lui stesso. Fu per questo che decise di andarsene, per
evitare di infossarlo ulteriormente nelle sue paranoie già molto ben
sviluppate di loro.
Riuscì ad
andarsene con fatica e Chester riuscì a chiamare Samantah, a rivederla,
farci pace e a litigarci di nuovo.
Passare la
notte da solo in ospedale con ogni persona del servizio sanitario che
lavorava lì dentro che glissava sulle sue domande, non fu la cosa
migliore per lui che cercava sempre di evitare i propri pensieri.
Lì trovandocisi
completamente solo e non riuscendo proprio ad ignorarli, col buio
tutt’intorno e l’incapacità di convincersi che non era niente e che era
solo esagerato, non riuscì a trattenersi dal chiamare Mike.
Gli rispose
quasi subito e la sua voce non era roca, significava che probabilmente
stava passando la notte sveglio anche lui.
- Chez? Stai
male? - La prima cosa che gli chiese con ansia palpabile fu questo e
Chester si sentì una schifezza nell’avergli provocato quello stato
allucinato, però non poteva proprio farci nulla, assolutamente.
- No no… volevo
solo parlare con qualcuno… ho di nuovo litigato con Sam, così sono qua
solo come una merda e… niente… pensavo… non riesco a dormire… - Si
sentì talmente idiota a giustificarsi che sperò Mike lo fermasse,
quando lo fece gliene fu grato.
- Immagino. A…
a cosa pensi? - era notte e forse fu quello a fare da complice per
quell’atmosfera intima e malinconica da parte di entrambi, o forse no.
Forse era nell’aria ugualmente. Però premendosi il dorso della mano
sulla fronte e chiudendo gli occhi, provò ad immaginarsi Mike lì con
lui e fu tutto più facile.
Non si era mai
aperto, non era mai arrivato a riflettere su certe cose…
- A quello che
conta veramente… facevo un po’ le somme della mia vita… - Mike avrebbe
voluto dirgli che era presto e che era un’idiota ma capiva che aveva
bisogno di dirlo a qualcuno, per questo lo faceva parlare e non lo
fermava.
- Che somme ha
la tua? - Lieto di essere assecondato, Chester proseguì con un peso che
si stava togliendo solo perché poteva dirlo a qualcuno.
- Basse. Prima
di incontrarti era una vera merda ed onestamente anche ora l’unico
aspetto bello della mia vita è il gruppo. Fortunatamente le cose con la
musica sembrano andare bene e penso sia l’unica cosa che mi tiene qua.
Altrimenti l’avrei già fatta finita, credimi. - Mike che non sapeva
niente di preciso della sua vita di prima, disse istintivamente quello
che gli venne. Piano e delicato.
- L’hai avuta
dura fin qua, si? - Si sentiva capito anche se sapeva che Mike non
sapeva niente. A Chester bastava questo.
- Non immagini.
Una merda. Però sono ancora qua, anche se non so per quanto ancora e…
boh… spero di rivederti e continuare a cantare con te… - Fu quello che
gli era premuto tanto dire, per cui non aveva potuto aspettare il
giorno dopo perché poi col giorno era tutto diverso, tutto. I coraggi
svanivano troppo velocemente e le parole giuste erano un terno al
lotto.
La voce di Mike
era incrinata e con la voglia di entrambi di vedersi e tranquillizzarsi
a vicenda, riuscì a malapena a dire:
- Certo che mi
rivedi, idiota. Domani torno per sapere a che punto sono questi
benedetti esami. Cosa credi, che possa fare a meno del mio cantante?
Ora che ti ho trovato non ti mollo più! - non era certo che fosse una
cosa normale da dirsi fra compagni di gruppo, ma la disse comunque e
non se ne preoccupò perché era notte e andava bene così.
Sempre i
pensieri contorti alla Chez.
- Non
azzardarti mai, a qualunque costo, sai! - Questa suonò come una
minaccia ma fu talmente spontanea e liberatoria che sollevò Mike che
sorrise dall’altra parte del telefono.
Era bello anche
sentirsi così indispensabili l’uno per l’altro in un modo che ancora
non riuscivano a mettere a fuoco.
- Se ti può dar
sollievo stavo pregando per te. Parlavo con Dio e gli stavo chiedendo
di lasciarti libero da tutti i pesi continui che ti arrivano
sistematicamente in un modo o nell’altro. Spero che mi ascolti. -
Sapeva che Chester aveva seri problemi con Dio ma lui invece ci credeva
e trovava sollievo nella sua fede. Non rispose, non lo criticò, non
disse niente a proposito se non un flebile e stranissimo ‘grazie’ che
lasciò di sasso Mike.
Parlarono di
tutto e di niente per tutta la notte, senza essere particolarmente
profondi ma nemmeno superficiali.
Niente di
personale, niente sui loro passati, però filosofie di vita, fede,
credenze e soprattutto sensazioni. Fra brutte e belle, la notte passò e
Chester all’alba non aveva più il peso che aveva avuto prima ed anzi
una cosa preziosa da quella pessima situazione l’aveva imparata.
Il Gioco poteva
chiamare fuori quando voleva, bisognava essere pronti e non avere
rimpianti ma soprattutto darsi da fare per individuare le cose
veramente importanti e non mollarle mai per nessuna ragione al mondo.
Chester giurò a sé stesso che non si sarebbe mai e poi mai fatto
sfuggire Mike.
Mai.
Per nessuna
ragione al mondo.
Quando il
giorno dopo lo rivide non seppe dire se fu più il sollievo per lui e il
riaverlo lì davanti ai suoi occhi oppure per la notizia che aveva un
ernia iatale e che non stava per morire. Certo era una brutta bestia ma
si poteva curare e non sarebbe morto.
Gran bella
notizia.
Eppure,
stranamente, ancora più bello fu il sorriso di Mike e poi il suo
piombargli addosso per festeggiarlo con esuberanza.
Quello fu
decisamente migliore di qualsiasi altra cosa, anche se questo gli
provocò una morte anticipata. Pensò che fosse comunque una bella morte.
E capire che si
stava facendo coinvolgere troppo da Mike non servì ad evitarlo e a
correre ai ripari, perché contro certe cose non si poteva combattere,
solo assecondarle.
Chester
assecondò ma forse assecondò un po’ troppo e soprattutto un po’ tutto.
Anche le cose sbagliate.
|
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Capitolo 2 *** Sempre più giù ***
*Ecco
qua gente... un nuovo capitolo di questa fic che ne conta 4 in tutto.
Questa volta Chester è uscito dall'ospedale, hanno scoperto che si
tratta di una rognosissima ernia iatale per niente facile da curare me
comunque curabile e qua iniziano i veri problemi perchè fra il video da
registrare -con Chez che non fa play back nemmeno a costringerlo- e
l'inizio del tour, le cose per uno che sta male e non tiene niente
nello stomaco vomitando di continuo, non sono facili. Il prossimo
capitolo lo pubblico sabato e mostrerà un Mike disperato prendere una
decisione drastica. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO 2:
SEMPRE PIU’ GIU’
La musica
ripartì per l’ennesima volta e per l’ennesima volta, dopo qualche giro
di strumenti, dovette interrompersi con un secco ‘merda’ di uno dei due
cantanti che corse via dal set del video di Numb per rifugiarsi in
quello che ultimamente era diventato la sua seconda casa… il bagno!
Il regista
stufo gridò lo stop e fermò le riprese, la musica cessò e con lo
sguardo esasperato cercò Mike che capì ed andò sulla scia di Chester.
Non servì dire nulla ma era ovvio cosa pensasse. A Mike dispiaceva che
il regista volesse fare a meno di Chester e rimpiazzarlo con un play
back ma se anche lui non era d’accordo e voleva cantare nonostante
fosse solo un video, non l’avrebbe mai autorizzato. Anche perché far
fare qualcosa a Chester contro la sua volontà non era possibile.
Raggiuntolo al
bagno aperto, lo vide riverso nella tazza del water a vomitare e
gridare insieme per il dolore acuto che aveva.
Quell’ernia
iatale era decisamente un gran fastidio.
Mike increspò
la fronte preoccupato, quanto sarebbe andato avanti così?
Se mangiava
buttava fuori tutto nel giro di subito, se non mangiava vomitava
comunque la bile, dimagriva a vista d’occhio e a parte il discorso
delle nausee continue soffriva tantissimo e lui era uno che solitamente
sopportava tutto.
Sospirò e si
avvicinò chinandosi sul compagno, gli toccò la schiena e leggero
cominciò a carezzarla in una sorta di massaggio circolare che doveva
rilassarlo.
Chester era
tutto teso come una corda di violino, gridava ad ogni sforzo e
stringeva la tazza su cui aveva immerso la faccia come se fosse il
nemico. Non era niente di lui.
Quando parve
finire si alzò ma rimase in ginocchio per terra, Mike si accucciò e con
un asciugamano bagnato gli passò il viso ripulendoglielo, glielo lasciò
premuto sulla fronte e sugli occhi per dargli un po’ di sollievo.
Vomitava di continuo e le riprese del video, cominciate appena tre
settimane dopo il suo ricovero in ospedale, non andavano avanti di una
virgola.
Avevano già
girato le altre ma lui e Mike erano nella maggior parte di esse e
appena cantava gli veniva da vomitare.
Era proprio
doloroso per lui tutto quello ma si intestardiva a non rimandare
nemmeno mezza data sulla tabella di marcia, si imbottiva di
antidolorifici e sperava che la cura che gli stavano dando facesse
effetto ma la schiena lo faceva sempre impazzire e lo stomaco non
teneva niente.
Il cantare era
come un agonia però non si sarebbe mai fatto vincere, mai. Chester
senza forze si lasciò curare dal compagno e prendendogli debolmente
l’estremità della felpa larga che indossava, tirò per appoggiare
pesantemente la testa sulla sua spalla. Ansimava e cercava di
trattenere un altro conato di vomito.
- Non ce la
faccio… - mormorò piano, a Mike si strinse il cuore in una morsa, non
voleva che si arrendesse ma ancor di più che stesse così male.
- Allora
rimandiamo e basta… - Disse infatti senza poter trattenersi. A quello
Chester trovò una presa più consistente della sua maglia e gli afferrò
il fianco stringendo. Era morbido, adorava il suo fianco. Non usò molta
forza ma Mike sussultò lo stesso.
- No cazzo, non
mi arrenderò mai! Dobbiamo fare sto cazzo di video e lo faremo! È solo
una fottuta ernia iatale! - Replicò a denti stretti sforzandosi anche
per quell’istante. Mike preoccupato scosse il capo carezzandogli le
braccia e la schiena, l’asciugamano bagnato era fra la propria spalla
ed il suo viso che vi premeva sopra; sembrava incapace di smettere di
carezzarlo dolcemente.
- Ma stai male…
- E forse era l’unico veramente preoccupato per lui, forse gli altri lo
odiavano per tutti i problemi che stava creando, per i rallentamenti,
per quelli che sembravano solo capricci a volte… forse lo odiavano in
generale punto e basta… però Mike ci teneva veramente e per lui non
voleva mollare.
E per sé stesso.
Era solo la sua
stupida salute, lui era più forte, aveva superato un sacco di cose
terribili nella sua vita, nessuno l’avrebbe messo in ginocchio, mai!
- Riprendiamo!
- Disse alla fine tirandosi su comunque con uno sforzo non indifferente.
L’asciugamano
cadde e si scoprì il suo viso pallido, le occhiaie profonde, gli occhi
piccoli e rossi tutti lacrimosi per gli sforzi che faceva vomitando e
cantando a quel modo e poi vomitando di nuovo.
Mike sospirò,
non era convinto ma sapeva quanto testardo fosse ed alla fine con una
carezza sul viso che servì ad asciugarglielo, si alzò e l’aiutò
cingendogli la vita stretta. Era paurosamente magro.
Come poteva
andare avanti così?
Avere le forze
per cantare in quel modo e fare ogni altra cosa?
Le sue energie
le vomitava tutte…
Spaventato e
per la prima volta sin nel profondo per la consapevolezza di quel
pensiero, Mike l’accompagnò fuori.
La risposta
l’avrebbe trovata durante il tour e non gli sarebbe piaciuta.
Tirò con molta
insistenza e testardaggine la corda fino a che, con mille interruzioni
per le sue incursioni al bagno, riuscirono a finire le riprese del
video.
Dopo di questo
partirono per il tour di Meteora ma non fu proprio una mossa vincente.
A livello produttivo e lavorativo fu un autentico successo che in pochi
al loro secondo album poterono vantarsi d’avere, ma su un piano
personale fu un disastro.
Se Mike
l’avesse saputo o solo vagamente immaginato avrebbe annullato il tour
intero pur di non farlo finire in quel modo, ma ormai che tutto era
cominciato di cose da fare non rimasero molte se non osservare e stare
pronti alla degenerazione finale.
La salute di
Chester non migliorò nonostante le cure e le sofferenze dovute alla sua
salute continuarono a tormentarlo fino a che per sopportare i dolori
atroci alla schiena e le continue nausee non cominciò ad esagerare con
gli antidolorifici.
Del resto lui
aveva un modo di cantare molto scalmanato, non si risparmiava di certo
ed era una tortura anche una sola canzone… fra l’altro doveva cantare
quasi ogni sera per oltre un’ora e praticamente di continuo, come
poteva pretendere di stare meglio?
Quanto tempo
quella vita? Minimo due anni per un tour completo?
La cura
sull’ernia iatale magari avrebbe fatto effetto prima ma cosa sarebbe
rimasto di lui nel frattempo?
Dopo l’ennesima
corsa di Chester giù dal palco per filare a vomitare, Mike sospirò e si
strofinò il viso non sapendo dove sbattere la testa.
Lui continuava
ad andare avanti così ma era un vero ‘andare avanti’? Come poteva?
Il suo stomaco
non teneva niente dentro, dove le trovava le forze per saltare sul
palco come faceva? E la schiena? Non aveva dolori atroci? Sapeva che li
aveva, aveva smorfie continue sul volto appena si girava, appena
usciva, appena erano soli… però saltava sempre. E cantava.
Ma non mangiava
o meglio lo faceva il meno possibile col risultato di essere comunque
sempre nel bagno a vomitare.
“Ma
interessa solo a me la sua salute? Perché cazzo gli altri mi chiedono
solo se riusciremo a finire il tour? Chi se ne frega del tour, cazzo!”
Quella sera,
dopo l’ennesimo concerto prosciugante di Chester, Mike aveva insistito
per fermarsi a dormire in albergo e ripartire il mattino presto verso
la prossima tappa. Aveva visto il compagno particolarmente malmesso e
sapendo che non avrebbe retto se non avesse dormito bene almeno una
notte, prese la situazione in mano e cominciò a dare ordini a destra e
a manca a chiunque fosse coinvolto in quel tour.
Occuparono
mezzo albergo, in pratica, di cui tre camere per loro per lasciare
quelle a più posti agli altri membri dello staff.
Rob con Brad,
Joe con Dave e lui con Chester.
Aveva fatto di
proposito a stare con lui per poterlo controllare e vedere ciò di cui
avrebbe avuto bisogno, convinto infatti che gli altri non lo
sopportassero più per tutti quei suoi crolli, voleva assicurarsi che
nessuno lo trattasse male.
Chester non
riusciva a vedere quanto ci tenesse a lui, quanto si sforzava di non
fargli mancare niente nei limiti del possibile, quanto gli stesse
dietro pur senza farsi notare per non essere asfissiante.
Non riusciva
proprio a vedere molte delle cose che aveva e che Mike faceva per lui,
così come non percepiva la sua enorme preoccupazione, non vedeva le sue
espressioni turbate quando correva a vomitare dopo aver mangiato, non
sentiva quando lo difendeva con gli altri che proponevano una soluzione
alternativa a Chester… non sapeva, non sapeva molte cose ed andò avanti
in quel suo personale inferno convinto di essere sempre più solo, che
anche Mike fosse come gli altri che ormai non lo sopportavano più.
Convinto di dover trattare tutti di merda, lui compreso, per poter
difendersi.
Fu così che si
conquistò la nomea di odioso ragazzino da impiccare!
Qualcuno
cominciò a chiamarlo così. Altri lo definirono come un egocentrico
viziato narcisista pieno di sé.
Mike continuò
sempre a difenderlo ma mai davanti a lui per non umiliarlo in qualche
modo, per essere equo con tutti, per non creare ulteriori spaccature
all’interno di un gruppo che ormai stentava sempre più a stare insieme.
Quando uscì dal
bagno, dopo la doccia, trovò Chester, che aveva già fatto la sua per
primo, nel letto tutto piegato su sé stesso a tenersi lo stomaco e a
fare smorfie stringendo i denti.
Tremava dal
dolore e soffriva come in poche volte poteva dire d’averlo visto.
A Mike gli si
contorse lo stomaco allo stesso modo in cui probabilmente l’aveva il
compagno che non lo vedeva.
Cercava di
dormire concentrandosi su sé stesso, sul proprio corpo e sul dolore.
Annullando ogni cosa che lo circondava per sopravvivere.
Mike esitò
chiedendosi a quel punto cosa potesse fare per lui.
Vide la scatola
degli antidolorifici nel comodino del letto matrimoniale in cui erano
stati messi e sospirò. Se non gli faceva effetto cosa avrebbe dovuto
fare?
Lo vide
tendersi come una corda di violino, vide ogni muscolo allo spasmo, lo
vide sudare e tremare e diventare sempre più pallido mentre si mordeva
una mano per resistere.
Era un’anima in
pena e presto lo diventò anche lui guardandolo. Non voleva che fosse
così, non voleva che stesse male, non voleva… si sentì come non si era
mai sentito e sospirando si passò una mano fra i capelli corti e
bagnati, scrollò la testa per togliersi goccioline rimanenti e
decidendo che non l’avrebbe lasciato così mai e poi mai, ormai pronto
per dormire, salì sul letto ma invece di mettersi nel proprio posto
accanto a lui si mise sui cuscini, di traverso, alzò la testa di
Chester e se la mise sul proprio petto in modo da fare lui da cuscino.
Poi lo circondò con le braccia come fosse una cosa preziosa e
l’accarezzò dolcemente.
Era la
posizione più assurda che avesse mai assunto, non aveva senso mettersi
così, a T sopra Chester, però voleva proteggerlo dai mali che
l’affliggevano, essere un sostegno più completo, guardarlo in viso
mentre gli faceva da cupola… voleva… voleva averlo tutto per sé.
Gli parve più
piccolo di quel che non era in realtà e quando le carezze cominciarono
a farsi più intime, sotto la maglia con cui dormiva che ora era tutta
alzata, lentamente Chester si calmò. Smise di tremare e tendersi.
Lentamente tutto si placò.
Mike non seppe
mai se Chester l’avesse sentito o se fosse immerso nell’effetto degli
antidolorifici e nel sonno che faticava a prendere, ma non indagò. Se
lo godette così arrendevole e dolce a suo modo, lo tenne a sé e non si
mosse per tutta la notte continuando solo unicamente ad accarezzarlo
sulla schiena, sul fianco, sulla spalle, sul braccio, sulle mani unite
a pugno sotto il mento e sul viso. E a guardarlo. Rimase sveglio per la
gran parte della notte fino a che, dopo avergli baciato la testa lì
dove arrivava, si addormentò anche lui.
Non avrebbe mai
avuto la minima idea che Chester l’aveva sentito eccome. Appena era
uscito dal bagno aveva subito percepito la sua presenza e quando si era
steso sopra in quel modo avvolgendolo dolcemente aveva creduto di
essere in un sogno. Il dolore che continuò a provare gli fece capire di
essere desto e si godette meglio il suo torace su cui stava il proprio
capo e poi le braccia che lo cingevano protettive, le mani che
l’accarezzavano fin sotto la maglia alzata. Assaporò il suo respiro sul
viso che da lì riceveva e percepì ogni singolo dettaglio di Mike e di
quel momento fino ad imprimerselo per non dimenticarlo mai.
Fino a rendersi
lucidamente conto che se ora stava meglio lo doveva sì agli
antidolorifici che avevano fatto effetto ma anche a quel cuscino umano
che non l’avrebbe mollato per tutta la notte, l’unico che ora sapeva si
preoccupava veramente per lui.
L’unico che
l’avrebbe reso dipendente a vita.
Chester si rese
conto che il calore che provava dentro non aveva niente a che fare con
le medicine, le lenzuola scese alla vita o la notte stessa. Si rese
conto dell’origine di quel calore e lì per lì, per il male in cui
stava, l’accettò come l’unica cosa bella che gli stava capitando.
Perché Mike era lì con lui, gli importava di come stava e voleva solo
che stesse bene.
E dormiva
facendogli da cuscino accarezzandolo con una dolcezza insospettabile.
Lì per lì non
gli importò assolutamente di niente, accettò tutto, gli andò bene tutto.
Solo il giorno
dopo si rese conto che innamorarsi del proprio compagno di gruppo non
poteva certo essere la soluzione ai suoi problemi e di problemi non ne
aveva pochi fra il matrimonio disastroso con sua moglie Samantah, il
rapporto sempre più pessimo con gli altri della band e la salute a
puttane.
Cosa poteva
esserci di peggio?
Prima aveva
pensato che almeno il lavoro andava bene, la musica lo stava
riscattando, ma ora che vedeva non riusciva a fare più nemmeno quella
senza la sensazione di morire ad ogni nota urlata, si chiedeva per
quanto sarebbe riuscito ad andare avanti. E soprattutto quanto prima
che gli altri stufi lo mandassero via.
Quanto sarebbe
andato avanti?
Poco,
pochissimo, ne era assolutamente certo.
Con questa
certezza decise che non sarebbe valsa la pena lasciarsi avvolgere di
nuovo dalle dolci braccia di Mike per stare meglio nel mare di merda in
cui stava affondando.
Decise che non
poteva lasciare che i sentimenti prendessero il sopravvento, che era
sbagliato e che probabilmente era solo pietà quella di Mike… che doveva
trovare un altro modo per stare meglio.
Cosa poteva
esserci di peggio ancora?
Quando si rese
conto che l’unica alternativa a Mike per stare meglio era la droga da
cui era faticosamente uscito anni prima, si rispose.
Ricadere nella
tossicodipendenza. Questo era peggio.
Ma con la
voglia latente di un ex tossico ancora pieno di problemi e con la
convinzione d’averne il doppio di quelli che in realtà aveva, fu
facile. Fu dannatamente facile unirsi a chi del tour già ne faceva uso
dal momento che non erano solo loro a girare per gli stadi a fare
concerti.
Affondare fu
facile come la notte che vinceva sul giorno ogni fottutissima volta.
Del resto era
abituato, sapeva come si faceva.
Era vivere,
vivere bene ed essere felici, che non sapeva come si faceva.
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Capitolo 3 *** una decisione difficile ***
*Proseguiamo
sulle tappo che ben si sanno. Dopo il tour di Meteora i ragazzi hanno
raggiunto un successo pazzesco ma questo gli ha dato alla testa come
succede a tutti. Mike, l'unico rimasto in sé, vede come si stiano
perdendo uno ad uno e soprattutto non sa dove sbattere la testa con
Chester, quello messo decisamente peggio. E' così che prende la
decisione che tutti sappiamo, la decisione che ha visto i Linkin Park
fuori per ben 4 lunghissimi anni. Periodo in cui coincide il picco di
crisi peggiore di Chester e la formazione da parte di Mike dei Fort
Minor. Un periodo che non è un segreto di stato. Vediamo come sono
giunti a quel punto. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO 3:
UNA DECISIONE
DIFFICILE
La droga aiutò
Chester a finire tutto il tour e a fare sera dopo sera tutti i concerti
ad alto livello, lo aiutò pure a non sentire più il dolore per le
proprie condizioni fisiche, ma lo aiutò anche ad affondare sempre più.
Isolandosi
rispetto al gruppo che invece si limitava a far uso di canne e di
alcool, al suo contrario che andava con cose più pesanti, divenne
sempre più un estraneo per loro che comunque già lo conoscevano poco.
La sensazione che fosse un membro esterno al gruppo era sempre più
presente in tutti e se per gli altri cambiava poco perché erano sempre
più disinteressati alla band dopo il successo planetario avuto coi
primi due album, a Mike dispiaceva sinceramente.
Giorno dopo
giorno lo vedeva sempre più distante, spariva di continuo con gente che
non gli piaceva e non aveva davvero idea di che cosa combinasse ma se
accennava all’idea di dormire in albergo diventava come una jena… lo
rifiutava categoricamente come se non volesse nemmeno vederlo, quasi.
Cominciò a
pensare di essere una sofferenza lui stesso… probabilmente lo odiava e
non lo sopportava.
Mike non voleva
finisse così perché al di là del fatto che era consapevole non avrebbe
mai più trovato un cantante più bravo e dotato per il genere di musica
che voleva fare, ci era affezionato ed il fatto di essere l’unico lo
dilaniava ma non poteva mollarlo a sé stesso e fare come suggerivano i
suoi amici che volevano rimpiazzarlo.
Però non sapeva
come fare per convincere Chester a stare con loro e a provare a
costruire un rapporto come si doveva… sembrava non ci fosse verso da
nessuna delle parti perché Brad e gli altri l’avevano praticamente
tagliato categoricamente fuori e Chester stava alla larga da loro il
più possibile.
Non sapeva
proprio come facevano ad entusiasmare le folle…
Capì quale
fosse l’unica cosa da fare una notte al ritorno dal tour.
Gli altri
posizionati alla larga rispetto loro, Mike aveva insistito per sedersi
vicino a Chester, in fondo e da solo.
Doveva aver
appena fatto uso di una qualche sostanza ed ormai Mike pur non avendone
conferma effettiva, l’aveva capito che oltre all’alcool ci dava dentro
con altre cose. Aveva pregato che si fosse limitato come gli altri alle
canne ma così a quanto pare non era stato.
Chester era
crollato sfinito probabilmente preda di un effetto soporifero
dell’ultima pasticca presa, quindi non lo sentì sedersi vicino… almeno
in teoria.
Mike era
convinto dormisse profondamente però ad una curva particolarmente a
gomito del bus il ragazzo di cui era rimasto quasi niente, si fece
cadere addosso a lui.
Erano dei
sedili doppi ed ampi più che comodi dove spesso passavano le notti da
una città all’altra.
Mike se lo
sentì crollare addosso, sul braccio, quindi senza pensarci convinto che
dormisse ancora, l’alzò e se lo posizionò meglio cingendolo come fosse
un bambino che gli dormiva contro.
Poté così
guardarlo da vicino e vederlo mettergli a sua volta un braccio intorno
alla vita, come se si aggrappasse a lui.
Scrutandolo si
illuse di vederlo riposare più sereno e tranquillo, quindi gli asciugò
il sudore dalla fronte provocato dai veleni che aveva preso e sospirò
spostando gli occhi neri oltre il finestrino oscurato da cui per fuori
non si vedeva dentro.
Il paesaggio
notturno correva veloce e distingueva poche luci indistinte, qualche
camion che andava sulla corsia opposta l’illuminava di più ogni tanto.
Per il resto il cielo e la notte.
Stavano
tornando a casa, l’ultimo concerto era stato fatto, era stato bello e
triste sotto il punto di vista professionale ma a livello personale non
sapeva interpretarlo se come un peso in meno oppure una grave futura
mancanza.
Perché il
ragazzo aveva la sgradevole impressione che una volta arrivati a casa
Chester avrebbe continuato a perdersi e sarebbe stato davvero
irraggiungibile, molto più di quanto non lo era ora…
Non voleva che
tutto quel bellissimo progetto coi Linkin Park si perdesse ma
soprattutto non voleva perdere Chester… però non era lì… non era lì con
lui e non lo era mai stato…
Cosa fare?
Come aiutarlo?
Forse era
proprio continuare con loro che l’affossava ulteriormente… forse non ce
l’avrebbe mai fatta a risollevarsi finchè non gli avrebbe dato una
pausa dal gruppo.
Forse dovevano
prendersela tutti per riflettere su cosa volevano fare ed eventualmente
come continuare.
Si erano quasi
auto distrutti tutti anche se Chester non l’avrebbe battuto nessuno. Ma
un altro album ed un altro tour così non era disposto a farlo.
Dilaniato da
due parti entrambe importanti per lui…
Come sistemare
tutto? Come impedire il fallimento totale? La distruzione di ogni cosa,
persone per prime?
Come ricucire,
riordinare, risollevare…
Come aiutare
Chester?
Forse era
proprio il caso di fermare momentaneamente ogni cosa.
Anche i ragazzi
erano esausti e a suon di canne non sarebbero andati avanti a lungo,
lui era l’unico che non ne aveva mai toccate perché seguiva una fede ed
una filosofia di vita ben precisa e non aveva voluto far parte di
quello. Sentirsi così esterno lui, ora, era strano… era il fondatore
del gruppo, la mente, la parte un po’ centrale che faceva quasi tutto…
eppure si sentiva fuori…
Lui di forze
per andare avanti ne aveva a volontà ed anche di idee… non voleva
fermarsi ma riconosceva che gli altri ne avevano bisogno per capire
cosa volevano fare e come. E per rimettersi in piedi. Pulirsi tutti.
Specie Chester.
Decise così che
avrebbe imposto a tutti una pausa con la scusa di capire che musica
avrebbero voluto fare e se avrebbero in caso davvero voluto continuare
in quel modo.
Decise che in
qualche modo avrebbe preso le cose nelle sue mani ma non pensò che
avrebbe dovuto magari usare un modo più efficace e diretto.
Lì per lì
credette davvero che quello fosse il modo più adatto e meno invasivo.
Avrebbe
cambiato idea ma sarebbe stato tardi.
O quasi.
La litigata che
ne conseguì una volta tornati a casa e trovato sul piatto del tavolo
questa decisione di Mike che a quanto pareva non avrebbe ammesso
repliche, fu epica perché tutti persero la pazienza a partire da
Chester che non era famoso per averne per proseguire con Brad, Joe e
Dave e perfino Rob.
Rob che
solitamente rimaneva sempre calmo aveva una paura fottuta di tornare ad
affondare come anni fa, al tempo del liceo, gli era successo. Quando il
gruppo con Brad si era sciolto ci era stato tanto male del distacco e
si era messo a drogarsi, poi ne era uscito solo quando l’amico era
tornato a proporgli di formarne un altro insieme a Mike. Allora era
risalito.
Aveva paura che
tutto tornasse come allora.
Gli altri
semplicemente sapevano che quella pausa sarebbe durata per sempre e non
volevano mollare una cosa che gli aveva portato tanto successo ma
soprattutto che gli piaceva.
La loro musica
era unica ed era fantastico farne a quei livelli… vivere facendo quello
che amavano… era stata la cosa più bella mai successa a tutti e quella
pausa la vedevano come una tragica fine.
Fu Brad quello
più sferzante e senza scrupoli, quella volta…
- Se il
problema è Chester, che se ne vada lui! Noi troviamo un altro cantante
e continuiamo, cazzo! - Brad non perdeva mai la calma ma non era uno
che mandava a dire le cose. Quando lo disse tutto si gelò per un
istante e nonostante l’avessero pensato, nessuno avrebbe mai osato
dirlo.
Mike lo guardò
inorridito ma Brad non se ne pentì ed anzi proseguì:
- E’ lui il
vero problema! Lui che si droga e che ha sempre qualcosa che non va! È
lui che non fa gruppo, che non sta con noi, che si fa i cazzi suoi, che
non è uno di noi! -
Mike sospirò
prendendosi il viso fra le mani, contò fino a tre e poi ascoltò lo
scoppio della bomba atomica:
- E PENSATE DI
POTER FARE A MENO DI ME!? DI TROVARNE UN ALTRO COME ME CHE CANTI A QUEI
LIVELLI, CHE SOPPORTI TUTTO COME FACCIO IO, CHE CANTA ANCHE CON UN
ERNIA FOTTUTA IATALE NELLO STOMACO? CHE FRA UNA CANZONE E L’ALTRA
VOMITA E SOFFRE COME UNA MERDA MA CHE STA COMUNQUE SUL PALCO E VA
AVANTI A TUTTI I COSTI? PENSATE DAVVERO DI TROVARE UN ALTRO COGLIONE
COSI’? -
- E’ PROPRIO A
QUEL TUTTI I COSTI CHE NON VA BENE, CHESTER! - Gridò a sua volta Dave
battendo la mano sul tavolo. Fra tutti lui era quello che si infiammava
più facilmente e Chester si alzò in piedi subito pronto a gridare
ancora di più:
- IO QUANDO
FACCIO UNA COSA LA FACCIO CON TUTTO ME STESSO ED E’ PER QUESTO CHE VI
VADO BENE COME CANTANTE, CHE CANTO IN QUEL MODO! -
Dave si alzò
tenendogli testa furibondo:
- NON VA BENE
LO CAPISCI? VEDI COME TI SEI RIDOTTO? HAI SPINTO MIKE A METTERE FINE AL
GRUPPO! -
- IO SONO COSI’
PRENDERE O LASCIARE! -
- LASCIARE, PER
QUANTO MI RIGUARDA! MA SEI SOLO TU A DOVERLO FARE! -
- Ma non ha
detto che è la fine del gruppo, ha parlato di una pausa per… - Rob
tentò di calmarli ma non ci fu verso di ascoltarlo e proseguirono a
gridarsi contro intervallati da Joe e Brad che ci davano dentro.
Solo alla fine,
quando volò qualcosa di decisamente troppo grosso, Mike dovette
intervenire mettendosi in mezzo.
- SE E’ MIKE
CHE NON CE LA FA CHE SE NE VADA LUI! IO NON VOGLIO MANDARE TUTTO A
PUTTANE! -
- MA AMMAZZATI!
MIKE NON SI TOCCA! - Chester aveva spinto Joe che aveva detto una cosa
che comunque non pensava realmente ed il cantante si era acceso come
una dinamite. Dave in conseguenza spinse Chester e prima che questi
potesse reagire distribuendo calci a tutti, Mike si mise letteralmente
in mezzo abbracciando Chester per fermarlo ed allontanarlo di peso. Non
un gran peso, in effetti.
Tutto si fermò,
il cantante per primo che sentendolo abbracciarlo si spense, perfino la
rabbia scemò.
Aveva davvero
detto che Mike non si toccava?
L’aveva fatto?
Poteva anche dire che era l’unica cosa bella della sua vita e che forse
l’amava e poi era a posto.
Ansimante sentì
a stento la voce calma e seria di Mike levarsi fra tutti, una volta
lasciatolo per voltarsi verso gli altri rimasti di stucco a quella
scena.
- E’ per questo
che dobbiamo fermarci e chiederci seriamente cosa intendiamo fare per
il futuro. -
Rob prese Brad
e lo tirò a sedere, Joe andò a camminare distante da lì ma a portata
d’orecchio e Dave si sedette dopo poco prendendosi il viso fra le mani.
Aveva ragione, dannazione.
Chester rimase
in piedi dietro a Mike e da quella posizione poté agganciargli l’indice
col suo senza essere visto da nessuno.
La paura che
ora ci fosse la parola fine definitiva prese anche lui e dopo la rabbia
quel terrore gli stava facendo avere una crisi d’astinenza da droga
insostenibile, per questo lo prese, perché sapeva che gli procurava
sollievo.
Come poteva non
capire quanto serio fosse quello che provava per Mike?
- Ragazzi, a
livello lavorativo dobbiamo chiederci che musica vogliamo continuare a
fare. Tanti album tutti uguali in serie? Quello sempre quello per tutta
la nostra carriera? Automi… prigionieri di noi stessi fino ad odiare la
musica e renderci ridicoli? O cambiare un po’? Cambiare come? Che senso
ha la nostra musica? Ma soprattutto rispondetevi a questo… vogliamo
farla insieme? Ha senso? Perché avevamo cominciato? Dobbiamo capire
cosa vogliamo fare e come… e se vogliamo andare avanti così non va
bene. Bisogna farlo seriamente, sistemarci, rimetterci a nuovo.
Rivoluzionare noi stessi per primi. Creare dei rapporti. Pulirci. - Il
riferimento alle sostanze che in molti usavano fu chiaro ed esplicito e
tutti calarono il capo come fossero schiaffeggiati da lui.
Per quanto
brutto fosse aveva ragione.
Non replicarono
niente e Mike rimase stordito della presa del dito di Chester sul
proprio tanto che facendo un passo indietro per appoggiarsi a lui, gli
fece capire che sarebbe stato sempre con lui lo stesso. Di non
preoccuparsi.
Chester ci
credette davvero e si aggrappò unicamente a questo sapendo che non
avrebbe potuto farcela da solo e che al mondo ormai lui era l’unico a
cui importava veramente qualcosa.
- Non è un
addio, non è una fine, spero solo che possa essere un altro inizio…
perché dobbiamo farlo come si deve o ci ridurremmo oltre che ad odiare
ciò che facciamo e con chi stiamo… anche noi stessi… non deve
succedere… corriamo ai ripari ora finchè siamo in tempo. Fermiamoci e
pensiamoci. Come vogliamo farlo? Io non voglio che finisca… - Ma finì
tutto nel silenzio poiché uno ad uno se ne andarono senza proferire
parola fino a che, rimasti soli lui e Chester, il prima non si voltò e
prendendogli le mani gliele massaggiò stringendole come fossero
atrofizzate. Chester rimase colpito da quel gesto e non si oppose, però
le forze stavano svanendo, ora nemmeno la vicinanza di Mike l’aiutava.
Aveva bisogno di farsi ma non voleva lì davanti a Mike. Con lui non
l’aveva mai fatto.
Dopo le mani
Mike risalì alzandogli le maniche della maglia, scoprì le fiamme
tatuate e poi gli avambracci. Chester capì cosa voleva fare ma non si
oppose e non si arrabbiò, solo si vergognò di sé stesso.
- Non mi faccio
in vena. - Per ora… lo pensò ma non lo disse, spaventato che l’averci
pensato lo portasse a farlo veramente.
Mike ne fu
sollevato, da quella in vena era più dura pulirsi.
-
Disintossicati, Chester. Poi torneremo a fare quello per cui abbiamo
iniziato. Essere felici con la musica. La nostra. Insieme. - l’avrebbe
preso per una proposta di futura unione se Chester non avesse avuto in
quel momento troppo bisogno di tirare di coca, quindi non la colse del
tutto prendendola solo come una promessa di redenzione.
Dopo essersi
guardati a lungo in silenzio, Mike gli carezzò il viso con dolcezza
sperando capisse quanto ci tenesse a lui e quanto sperasse che si
risollevasse e ce la facesse, quindi senza aggiungere altro se ne andò
lasciandolo solo. Pregando che tutto si mettesse a posto.
Non sarebbe
successo tanto facilmente.
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Capitolo 4 *** Resurrezione ***
*Ecco
l'ultimo capitolo. Solito periodo, crisi di Chester. Come
un'ossessione. Si sposa troppo bene con l'ultima canzone, Burn it down.
Ecco qua, ora finiamo e vediamo come Mike risolve, perchè poi è sempre
Mike che risolve tutto. E' vero che nel momento in cui i Linkin Park si
prendono la pausa (imposta da Mike) lui forma i Fort Minor e Chester ci
dà dentro con la droga arrivando al tentato suicidio. Sfiora la morte
per un pelo, non è mai stato peggio, ma è proprio lì che Mike tronca
misteriosamente col secondo gruppo e torna a casa per rivisitare i
Linkin Park e rimetterli in piedi. E Chester si disintossica e si
rimette. Questa è cronaca. La mia aggiunta è cosa succede fra quando
Mike tronca coi Fort Minor e quando riprende coi Linkin Park. Ecco qua.
Spero che vi sia piaciuta, sappiate comunque che non smetterò mai di
scriverne, che ne ho in mente sempre centomila e che ho un'AU lunghetta
da sviluppare, sarà un progetto di quelli tosti però ci sto lavorando.
Come sto lavorando su una certa threesome. Per sentire la canzone
cliccate sul titolo! Grazie d'avermi seguito. Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO 4:
RESURREZIONE
Il
ciclo si è ripetuto
Come
esplosioni tuonanti nel cielo
Tutto
ciò di cui avevo bisogno
Era
l’unica cosa che non riuscivo a trovare
E
tu eri lì nel cambiamento
In
attesa di farmi sapere
Lo
stiamo costruendo
Per
romperlo di nuovo
Stiamo
costruendo questo
Per
bruciarlo
Non
possiamo aspettare
Di
raderlo al suolo
I
colori in conflitto
come
le fiamme che salivano tra le nuvole
Volevo
aggiustarlo
Ma
non riuscivo a smettere di demolirlo
E
tu eri preso dal cambiamento
Preso
nel bagliore ardente
E
io ero lì nel cambiamento
In
attesa di farti sapere
Lo
stiamo costruendo
Per
romperlo di nuovo
Stiamo
costruendo questo
Per
bruciarlo
Non
possiamo aspettare
Di
raderlo al suolo
Mi
hai detto sì / mi hai sostenuto
Ed
io c’ho creduto quando mi hai detto quella bugia
Io
ho giocato al soldato, tu hai giocato al re
E
mi hai colpito quando ho baciato quell’anello
Hai
perso il diritto di tenere la corona
Ti
ho reso forte, ma tu mi hai deluso
Così
quando cadrai toccherà a me
E
soffierò sul fuoco come incendi ardenti
Lo
stiamo costruendo
Per
romperlo di nuovo
Stiamo
costruendo questo
Per
bruciarlo
Non
possiamo aspettare
Di
raderlo al suolo
/Burn
it down/
Se solo Mike
avesse saputo le tenebre in cui aveva invece gettato Chester con quel
gesto volto in realtà ad aiutarlo e salvarlo dalla sua stessa fine, non
avrebbe mai e poi mai fatto niente di tutto quello.
Era rimasto
l’unico in grado di fare ancora musica, concerti, canzoni e tour, per
questo con tutte le idee esplosive della sua testa mise su i Fort Minor
in attesa che i ragazzi si riprendessero dai loro rispettivi abissi.
Che aveva
talento era innegabile, che c’era chi aveva più bisogno di lui anche.
Lo fece in
totale buona volontà, però le conseguenze furono terribili e quando
Chester seppe del suo secondo gruppo musicale la prese come un addio
definitivo, un lasciarlo per sempre, un non aspettarlo, un pugnalarlo
come tutti gli altri.
Nel giro di un
anno lasciò la moglie, s’inabissò ulteriormente nella droga e si
distrusse isolandosi dal mondo.
In breve niente
famiglia, niente amore, niente amici, niente lavoro, niente passione,
niente per cui valesse la pena andare avanti e vivere… niente di
niente… e la forza per pulirsi e risollevarsi finì insieme alla voglia
di vivere.
Tentò il
suicidio e fu salvato per un pelo; quando la notizia arrivò a Mike
dall’altra parte del mondo, in pieno tour coi Fort Minor, lo mollò a
metà annullando le ultimissime date per tornare di filata a Los Angeles
da Chester.
Per tutto il
tempo del viaggio si maledì insultandosi credendo di poter morire lui
stesso se non fosse arrivato in tempo. Si chiese cosa avesse avuto in
testa quando aveva piantato tutto e tutti dicendo di arrangiarsi a
risollevarsi da soli, si chiese perché fosse stato così egoista, si
chiese se ci fosse qualcosa da salvare, ormai.
Perché aveva
scelto la strada più facile per sé stesso spacciandola per una forma
d’aiuto per i suoi amici ma se per gli altri poteva essere servita
perché sembrava stessero meglio, per Chester no.
Chester così
fragile e facile all’auto distruzione, agli abissi e alle tenebre,
facile ai veleni del passato, facile alla sua stessa fine.
Chester così
importante per lui per lasciarlo a sé stesso… eppure l’aveva fatto…
eppure l’aveva mollato credendo di non essere capace di tirarlo fuori
dal suo pantano. L’aveva fatto perché era solo un idiota ed ora poteva
averlo perso per sempre.
Pensandolo,
credendolo, pianse come un bambino, da solo, nell’ultimo sedile
dell’aereo privato mentre tornava in America. Pianse convinto d’aver
perso la cosa più importante della sua vita.
Pianse perché
quella cosa non era il gruppo, la musica, la passione o la sua
famiglia.
Quella cosa
importante era Chester e capirlo ora alla notizia del suo tentato
suicidio fu deleterio. Fu la fine. Fu inaccettabile. Fu distruttivo. Fu
doloroso.
Ma da quel
dolore, da quelle sue stesse lacrime versate per la persona che capiva
di volere sopra ogni altra, ritrovò sé stesso, la parte decisa e sicura
e capì soprattutto ciò che doveva fare.
Ritrovò ogni
cosa che aveva perduto e sicuro che avrebbe ricostruito tutto ciò che
ora era andato in pezzi, rialzò la testa.
Per Chester era
stata la cosa più dura che aveva mai dovuto vivere.
Arrivare a
capire che non si era mai usciti dai problemi del passato, problemi per
cui si era già tentato di farla finita, e guardare in faccia quelli
nuovi del presente, fu deleterio.
Non fu capace
di tirarsene fuori e quando gli arrivò la notizia dei Fort Minor buttò
completamente all’aria tutto, matrimonio compreso, per convincersi che
l’unica cosa bella della sua vita era definitivamente andata.
Capire d’amare
una persona perché poteva essere stato l’unica vera salvezza e
convincersi d’averla persa comunque, non fu sostenibile e cominciò con
le fiale di veleno.
Cominciò in
quel modo che Mike aveva in un qualche modo previsto.
Dopo aver
tentato il suicidio con un’overdose di proposito ed esserne uscito per
i capelli, tornò a casa contro tutto e tutti. Non voleva saperne di
vivere, non sapeva come si faceva, non l’aveva mai saputo, voleva
smettere e basta, dannazione!
Non avercela
fatta da solo era un ulteriore fallimento e la convinzione che Mike non
sarebbe mai tornato gli diede il colpo di grazia.
Solo,
dannatamente solo come sempre, lo maledì e pianse buttando tutto
all’aria.
Con rabbia
colpì mobili ed oggetti, ruppe tutti i servizi che aveva in casa, si
ferì con dei vetri fregandosene e dopo essere quasi crollato esausto,
aver pianto come un dannato ed essere morto dentro definitivamente,
prese una garza dal freezer -aveva cominciato ad usarne da quando aveva
cominciato a piangere ogni notte da solo- e attaccandosela sugli occhi
con dello scotch adatto si buttò sul letto intenzionato a morire così,
senza mangiare, bere, pisciare, alzarsi né nulla.
Dormendo per
sempre e basta.
Era stufo.
Stufo.
Stufo di tutto.
Voleva morire.
Quando Mike
arrivò in città andò di filato da Chester. Entrò da dietro notando il
macello che regnava dentro e lo cercò preoccupato per tutta la casa
terrorizzato all’idea d’aver fatto tardi.
L’ansia crebbe
a dismisura quando stanza dopo stanza si rese conto che non c’era e che
al contrario c’era il caos.
Mobili
all’aria, vetri rotti… cosa aveva fatto?
Vide il frigo
vuoto e gli armadi di cibo svuotati.
Come aveva
vissuto fino a quel momento?
Trovò delle
fiale che buttò nel water, poi salì in camera col cuore che galoppava
nella gola, il sudore freddo e l’angoscia ormai attanagliata al suo
stomaco.
Doveva esserci.
Doveva essere
vivo.
Doveva…
Quando entrò in
camera si accorse d’aver trattenuto il respiro e fatto piano per paura
di non trovarlo.
Sospirò
sollevato ma non si sentì meglio.
Era
paurosamente magro, pallido e sciupato.
Lo guardò
avvicinandosi piano.
Era supino a
pancia in su, una garza probabilmente ghiacciata sugli occhi ed i buchi
sugli avambracci.
Strinse gli
occhi, si sentì morire di nuovo, bruciò tutto sé stesso ma li riaprì e
si inginocchiò sul letto.
Era lì, era
vivo, ora sarebbe andata bene.
Non l’avrebbe
più lasciato a costo di togliergli tutto il sangue dalle vene per
salvarlo!
Non aveva idea
se dormisse o cosa, ma senza la capacità razionale di trattenersi più,
con la colpa che lo schiacciava giù, si chinò sul suo viso e cominciò
lieve a carezzarglielo con le labbra. Non osava toccarlo, parlare,
respirare.
Ma l’accarezzò
sulle guance, sulla fronte, sul naso, sulle garze…
Chester voleva
continuare a sprofondare, cercava e sperava che la sensazione provata
con l’overdose tornasse per magia anche se non aveva niente in corpo.
Era così malmesso che non riusciva a percepire il caldo od il freddo, i
rumori ovattati, nessun movimento intorno. Poteva essere che accadesse
di tutto e che lui fosse morto… magari…
La prima
sensazione effettiva che provò fu qualcosa di leggero e lieve, appena
accennato.
Dovette
concentrarsi per capire.
Era qualcosa di
caldo e non troppo grande.
Morbido ed un
po’ solleticante, ma solo un pochino.
Aveva la garza
sugli occhi, non vedeva niente ma tenne gli occhi stretti e continuò a
restare perfettamente immobile. Nessun muscolo a muoversi, nemmeno il
respiro.
Per un istante
il pensiero più assurdo della sua vita… Mike?
No, non poteva
essere lui… era dall’altra parte del mondo col suo fottuto nuovo gruppo
a divertirsi… l’aveva lasciato come avevano già fatto tutti…
maledizione, perché doveva avere le allucinazioni?
E poi perché
lui?
Perché quelle
erano labbra che l’accarezzavano sul volto ed erano delicate e dolci…
la sensazione del paradiso provata tutte le altre volte che aveva avuto
contatti con lui. Aveva sempre finto di non accorgersene, di dormire e
non percepire… ma ora era il momento di prendere le cose nelle sue
mani… se solo fosse stato vero… ma come? Come poteva esserlo?
Mike era a fare
concerti in Giappone e l’aveva mollato per sempre… lo odiava, forse,
per essere finito nella droga più di prima…
Quando le
carezze delle sue labbra continuarono sulle sue guance, Chester non
riuscì a resistere e sperando vivamente che ora non svanisse, glielo
prese fra le mani. Quando sentì che rimaneva lì, le lacrime da sotto le
garze ormai bollenti si fecero capolino. Era lì.
Era vero.
Lo stava
volendo, chiamando, avendo, prendendo…
Lentamente le
mani di Chester si mossero e gli presero il viso, non servì testarlo
per capire che era lui. Lo sentì sicuro, come se sapesse chi era.
Mike non parlò
ancora, non si tolse, rimase lì a mandare al diavolo sé stesso ed i
propri sbagli.
Non l’avrebbe
mai più lasciato, mai. Per quello che provava per lui. Perché era
grande. Perché lo stava amando. Perché era fragile e doveva tornare a
sorridere.
Mike strinse
gli occhi incapace di guardare ancora il suo pallore e solo allora
Chester lo guidò sulle sue labbra che non aveva ancora osato prendersi.
Fu la prima
volta, un sfiorarsi dolcissimo e delicato. Non altro, solo quello.
Non avrebbe mai
osato fare altro se non quello perché se fosse stato veramente
un’allucinazione, rendersene conto poi sarebbe stato atroce.
Ma istante dopo
istante, mano a mano che le sue labbra rimanevano a percorrerlo,
Chester si sentiva sempre più in sé e sveglio, attivo. Non poteva non
capire che era vero, sentirlo veramente. La pelle sensibile, il
respiro, le lacrime, gli occhi brucianti e lui. Lui morbido, umido ed
intossicante.
Lui. Amore.
Non osò
chiedere più di quello comunque.
Fu Mike a
sistemarsi meglio sul letto, piegare la gamba sotto di sé, alzarsi e
chinarsi ulteriormente. Le braccia appoggiate ai suoi lati e la voglia
di perdersi in lui, la follia dilagante, il fuoco ormai incendiario.
Non poteva fermarsi lì, doveva avere di più, non poteva resistere… era
una vita che resisteva e si fermava… ma prima… prima aveva una cosa da
dirgli… una cosa che aveva sempre sognato di potergli dire, appena
l’aveva visto selvaggio e aggressivo cantare con loro la prima volta.
Scivolò sulla
guancia, lungo la mascella, e sistemato meglio su di lui disse al suo
orecchio, aderendo:
- Sono qua, non
ti lascerò mai più… perdonami, Chez… -
Chester fu lì,
esattamente in quel preciso istante unico ed indicibile che morì.
Morì
definitivamente come aveva voluto e sperato ed invocato nell’apice del
suo dolore.
Ed ora era
veramente morto ma non con tutto sé stesso, solo una parte, quella
peggiore, quella più atroce e terribile, quella più perdente che aveva
sofferto più di tutti e svagliato. Quella fragile con cui si era
drogato allontanando tutti. Quello che aveva lasciato le cose
importanti. Morì quel Chester e pensando a quanto aveva pregato Dio
-non credendoci mai- che Mike tornasse, tornasse da lui e basta, lo
perdonò.
Perdonò Mike
per averlo lasciato a sé stesso nel momento peggiore e non gliene
importò più del dolore che gli aveva inflitto perché aveva capito di
essere innamorato di lui quando l’aveva piantato per i Fort Minor. Non
gli importò niente visto non era a cantare con loro ma era lì e lo
stava riprendendo.
Aveva distrutto
tutto, l’avevano fatto insieme, ed ora erano pronti. Pronti per
ricominciare insieme, da capo, ricostruendo ogni cosa per bene, sana,
bella e per sempre. Incrollabile.
Ora erano
pronti per ricostruire il loro futuro.
Da sotto la
garza ormai bollente, scesero finalmente le lacrime indice di quanto
impregnata fosse.
Le sue lacrime,
il suo dolore che andava, il suo perdono, il loro ritrovarsi dopo una
distruzione totale.
Ora non
rimaneva che ricostruire tutto e non avrebbero più sbagliato.
Dopo di questo
Mike tornò sulla sua bocca e questa volta gliel’aprì con delicatezza
fino a poter farsi strada in lui con la lingua. Aveva un sapore amaro
ma gli diede il proprio confondendolo in modo da equilibrarlo e quando
fu dolce, si intrecciarono aprendosi ulteriormente fino a divorarsi
incapaci di smettere, incapaci di capire perché fosse solo ora la prima
volta, incapaci di rispondersi al perché arrivare a quello, a
distruggersi, per trovare qualcosa di buono e sano.
- Lo
ricostruiremo dopo averlo bruciato… - Mormorò sulle labbra fra un bacio
e l’altro, il crescendo fu assoluto e solo anni dopo Chester avrebbe
capito il senso di quelle parole e le avrebbe inserite in Burn it down.
- Sta con me e
basta. - Fu la sua risposta.
- Ero qua che
ti aspettavo… -
- Amami e
basta. - Pregò fra un bacio e l’altro vincendo sé stesso e le proprie
paure aggrappato all’altro.
Mike l’avrebbe
fatto.
FINE
Note: e come
tutti ben sanno, il gruppo non si è sciolto ma anzi è andato avanti
cambiando, evolvendosi e facendo ciò che amano in modo sano e
grandioso. Sempre insieme!!!! ^____^
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