Per ricostruirlo

di Akane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di un abisso ***
Capitolo 2: *** Sempre più giù ***
Capitolo 3: *** una decisione difficile ***
Capitolo 4: *** Resurrezione ***



Capitolo 1
*** L'inizio di un abisso ***


TITOLO: Per ricostruirlo
AUTORE: Akane
SERIE: RPF- Linkin Park
GENERE: sentimentale, drammatico
TIPO: 4 capitoli, slash
RATING: arancione per gli argomenti…
PAIRING: MikeXChester (Bennoda forever)
DISCLAMAIRS: i personaggi non sono miei ma di loro stessi poiché reali, ciò che faccio io è solo immaginare e non faccio male a nessuno. Se non nella fic…
NOTE: il primo capitolo lo scrissi mesi fa convinta che sarebbe stata una fic demenziale erotica. Poi è uscito il nuovo singolo ed è diventata una cosa seria. Ho anche letto delle interviste che spiegavano dettagliatamente la storia dell’ernia iatale di Chester, del suo decorso e vari altri dettagli, quindi le cose che ho inserite riguardo la sua salute ed il resto sono vere, così come le sue varie reazioni ed il fatto che è andato in tour in quelle condizioni. Quello che ho scritto è la mia un’interpretazione della realtà e dei fatti realmente accaduti. In aggiunta ci sono le scene di loro due insieme, ovviamente, ma non serve dirlo.
Ho già scritto di questo periodo di Chester in Meteora, inizialmente doveva infatti essere un prequel di quella serie ma poi sono andata avanti in altro modo… a quanto pare non riesco a smettere di scrivere di quel periodo di Chester e di metterli insieme in tutti i modi ma sempre in quel momento… probabilmente è veramente lì che si sono fidanzati!!!
Comunque godetevi questa fic. Siccome sostanzialmente la sua crisi e la resurrezione l’ho già approfondita a dovere, qua si tratta di una versione alternativa -fino ad un certo punto- con l’aggiunta di scene e dettagli ulteriori che nell’altra non c’era. In realtà non è uguale a Morto all’alba, anzi, però di base la storia è quella. Cambiano le scene, i dettagli… insomma, è venuta così!
Ho scritto gli ultimi tre capitoli in un pomeriggio, quindi è andata da sé!
Spero vi piaccia.
Siccome è già pronta pubblico circa un capitolo ogni 5 giorni. Il prossimo sarà lunedì. Buona lettura. Baci Akane


PER RICOSTRUIRLO

CAPITOLO 1:
L’INIZIO DI UN ABISSO

- Ma che diavolo chiami me? Hai mal di schiena e non riesci a muoverti, mi spieghi cosa pensi che possa fare io? Mica ho la bacchetta magica, cazzo! Chiama tua moglie! -
La voce di Mike arrivò isterica all’orecchio di Chester e capì subito di aver fatto una cazzata a chiamare lui, suo malgrado non potendolo ammettere sbraitò al telefono un po’ per superare il proprio dolore ed un po’ per imporsi sull’altro.
- HO LITIGATO CON SAM! NON E’ QUA E NON ME NE FOTTE DI DOVE SIA MA TU VIENI SUBITO E AIUTAMI ALTRIMENTI MUOIO, CAZZO! -
Mike capendo che avrebbe anche potuto continuare ad urlare pur di farsi accontentare, decise di risparmiare le sue corde vocali per il tour di prossimo inizio e sbuffando mise giù il telefono alzandosi dal computer.
Ancora non capiva cosa diavolo pensava potesse fare lui se aveva mal di schiena!
Mica era un fisiatra!
Nonostante questo non poté che sentirsi anche vagamente orgoglioso di essere stato il primo a cui Chester aveva pensato.
Corse da lui a rotta di collo e nel giro di pochi minuti fu a casa sua, salutò i cuccioli che gli aveva portato lui stesso in casa diventandone la mamma ed entrò da dietro nel sistema che lui e pochi intimi sapevano.
Quando fu dentro lo chiamò non avendo idea di dove fosse, poi la sua voce melodiosa gracchiò da sopra e dedusse che fosse in camera; salì le scale saltando i gradini due a due, all’ultimo si inciampò finendo per fare gli ultimi in ginocchio e si rese conto che forse aveva un tantino troppa frenesia e schiaffeggiandosi si calmò.
Era assurda tanta fretta, aveva solo mal di schiena, che diavolo poteva mai essere di così grave?
- QUANTO CAZZO TI CI VUOLE PER VENIRE? - Chester sembrava stesse morendo e quando sbucò in camera lo vide steso nel letto immobile a pancia in su, dritto e rigido come un morto. Anche il pallore e le occhiaie non erano male ed essendo in boxer si vedeva tutta la sua eccessiva magrezza.
Mike si fermò e non trattenne un’aria impressionata.
- Chez, sembri morto! - Nemmeno l’esclamazione la trattenne, se era per quello.
- Grazie, eh? Lo so da me che sto male da morire, porca puttana! E sono solo come un cane, troia merda! - Il solito linguaggio scurrile a cui Mike era abituato.
Si avvicinò ridacchiando, se ne diceva tante significava che non stava poi tanto male, no?
- Cosa posso fare? - Chiese non sapendo effettivamente come essergli utile.
- Aiutami ad alzarmi che devo pisciare, non riesco a muovermi senza cainare come una merda. Poi mi prendo degli antidolorifici. -
- Scusa ma mi hai chiamato solo per aiutarti ad alzarti? - Chiese incredulo.
- Certo cazzo, come pensi che faccia, mi piscio a letto? - Il rapper sorvolò e sospirando paziente si avvicinò immaginando di avere a che fare con suo figlio. Si chinò e facendosi passare un braccio intorno al collo lo cinse a sua volta e cercando di essere delicato l’alzò. La valanga di insulti lo investì come una locomotiva e piegando il capo dall’altra parte si chiese se potesse avere la grazia di non sentirne altri almeno per un po’. Non ne ebbe.
Quando dopo molta fatica riuscì a metterlo in piedi girò la testa per guardarlo, si era fatto stranamente silenzioso e capendo quanto stesse male cominciò a preoccuparsi seriamente.
- Chez, ma stai veramente male… - Come se fino a quel momento avesse fatto finta!
- Che cazzo pensi ti abbia chiamato a fare, per capriccio? - Chiese scorbutico.
- No ma non pensavo a questi livelli… sei giallognolo! - non riusciva nemmeno a smettere di guardarlo, lo trovava davvero spaventoso e nel tenergli un braccio intorno alla schiena sentiva anche le ossa. Era troppo magro… - Ma stai mangiando? - Chiese infatti sempre più preoccupato palpeggiandolo.
- No ma mi piscio addosso se non ti sbrighi! - Grugnì stufo mentre si teneva le parti basse per farsi da tappo.
Mike arrossì e riscuotendosi si sbrigò a portarlo al bagno. Sembrava non riuscisse nemmeno a camminare da solo e la cosa era davvero allarmante.
- Ce la fai? - Chiese premuroso giunto davanti al water.
- Vuoi tenermi il cazzo tu? - Chiese sgarbato e con una vaga punta di malizia che fece arrossire ulteriormente il povero assistente. Senza dire nulla si affrettò a mollarlo e a girarsi. Non c’erano veri problemi nel vedersi nudi o a fare i propri bisogni insieme, per lo meno in teoria non sarebbero dovuti esserci… Mike a quanto pareva ne aveva… e l’aveva scoperto solo ora!
Quando sentì l’acqua dello sciacquone tornò a guardarlo e come si aspettava lo trovò con il braccio teso verso di lui e l’altro a tenersi la schiena, doveva fargli molto male. Gemette quella decina di volte nel tragitto fino al lavandino e all’armadietto dei medicinali e preoccupandosi sempre più, cominciò a chiedere ansioso:
- Ascolta, ma non è meglio andare in ospedale? Ti vedo troppo male… secondo me non è solo il solito mal di schiena… -
- Fammi prendere sta roba, se non mi passa andiamo. - Dando per scontato che Mike sarebbe rimasto con lui tutto il tempo.
Lo vide prendere gli antidolorifici e senza per quello preoccuparsi di meno lo riaccompagnò fuori.
- Con questa roba devi mangiare qualcosa o ti rovini lo stomaco… -
Ma non fece in tempo a convincerlo che lo vide sudare copiosamente quasi subito.
Ormai era chiaro che la cosa stava degenerando e nel vederlo faticare tanto per qualunque tipo di movimento, si fermò in camera, lo sedette nel letto dove rimase rigido tenendosi nel lenzuolo, tirava e il colore non era affatto migliorato.
- Chez, chiamo il medico, stai troppo male, sudi freddo, sei spaventoso e… - silenzio. - E non insulti! - La cosa davvero grave era che non parlava e lui stava diventando sempre più isterico e più questo succedeva, più l’altro si innervosiva.
Voleva insultarlo come meritava e gridare ma la sola idea di fare qualunque cosa, anche solo parlare, lo faceva vomitare e quando vide Mike scuotere la testa sempre più isterico, nella confusione del suo malessere generale che prendeva la punta della testa da quella dei piedi, e prendere il telefono fu lieto che capisse cosa cercava di dirgli.
Non riusciva nemmeno a muovere i muscoli della mascella dal tanto che era contratto per il dolore.
Tutti quelli del corpo erano tirati al limite dell’impossibile e volendo solo gridare si ritrovò a girare gli occhi a macchina per guardare prima Mike terrorizzato e preoccupato e poi i vestiti. Solo le pupille riusciva a girare.
Alla fine Mike capì e prima di fare la chiamata a non sapeva nemmeno lui chi, l’aiutò a vestirsi.
- Giusto, hai ragione, ora ti vesto, non puoi andare da nessuna parte così. Poi ti porto io in ospedale che facciamo prima così non devo spiegare niente, quando sono così divento un‘incapace! - Chester provando ad immaginarselo si calmò un po’ ma non fu abbastanza perché si ritrovò di nuovo a stringere i denti nel momento in cui Mike gli mise le mani addosso.
Eppure doveva essere bello…
Fu un pensiero al volo completamente incontrollato e irrazionale a cui non diede peso per lo stato in cui era.
Mike gli infilò i jeans e glieli lasciò abbassati in modo da alzarglieli dopo, quindi gli infilò la maglia e obbligandolo a movimenti un po’ più ampi dell’immobilità di prima, cominciò ad ansimare per la fatica ed il dolore. Gli occhi lucidi e Mike un’anima in pena che ansimava a sua volta in simbiosi con lui, era come se stessero male insieme, fu davvero una cosa anomala ma nessuno avrebbe dimenticato il momento successivo.
Quando dovette alzarlo per mettergli su i jeans, Chester gli si aggrappò convulso come se non sapesse più stare in piedi e stringendogli le braccia al collo lo fece faticare non poco nel completare il lavoro.
Dopo tanto sforzo da parte di entrambi Mike lo tenne a sé abbracciandolo senza rifletterci. Era in uno stato pietoso, continuava a sudare ed era sempre più rigido. Gli toglieva il fiato da tanto che lo stringeva ma non era per quello che non si scioglieva da lui e che se lo teneva aggrappato in quel modo, era perché gli appariva tanto fragile e sottile che nel lasciarlo andare aveva paura di non riuscire più a riprenderlo.
La paura che cominciò a provare in quel momento fu l’inizio di un abisso che sarebbe durato molto tempo.
- Devi lasciarmi perché così non riesco a chiamare… - Fu lì che si accorse di aver freneticamente cambiato idea dieci volte nel giro di un minuto e solo allora capì di essere nel panico per le condizioni di Chester.
Condizioni sempre peggiori.
Quando il ragazzo si lasciò cadere nel letto Mike pensò che l’avesse fatto apposta per permettergli di chiamare il 911 ma quando realizzò che invece stava tremando in maniera troppo vistosa per essere una cosa pseudo normale, per un momento non vennero anche a lui le convulsioni.
Cominciò a chiamarlo con voce da ultrasuoni e inginocchiandosi su di lui sul letto si coprì la bocca senza sapere cosa diavolo fare.
Nemmeno provava a riflettere, la mente completamente spenta e solo il viso pallido di Chester che soffriva in quel modo atroce davanti a lui, gli occhi all’indietro.
“Ha le convulsioni! Chester ha le convulsioni! O porca puttana, Chester ha le convulsioni! Che cazzo faccio? Cosa diavolo si fa in questi casi? Non ricordo un fottuto nulla!”
Ma senza saperlo si trovò a fare né più né meno ciò che andava fatto. Fece attenzione che non cadesse e non si ferisse da solo e solo quando finì e rimase svenuto si ricordò della regola basilare.
Chiamare i soccorsi.
Spentosi per dei proverbiali minuti atroci, gli stessi delle convulsioni di Chester, compose il numero e chiamò l’ambulanza ma fu talmente isterico al telefono che capirono a malapena di dover venire a quell’indirizzo a prendere qualcuno che forse stava per morire.
Asciugandogli senza nemmeno accorgersene il sudore dal viso sciupato e segnato, finì per carezzarlo preoccupato, l’ansia lo stava divorando e pensando che fosse così avere un cancro gli prese la mano e se la strinse sulle labbra. Non aveva la minima idea di che cosa stava facendo, tanto meno che non era normale. Sapeva solo che era terribile vederlo così e che voleva si svegliasse e lo insultasse come al solito. Voleva litigarci per divertirsi, voleva sentirlo gridare e vederlo saltare, ma rimase a guardarlo mentre il cervello continuava ad annegare in una preghiera senza fine. Una preghiera che aiutasse Chester.

Riprendersi non fu traumatico, il peggio fu la degenza.
- Ma cosa cazzo ho? -
- Non possiamo esserne certi senza tutti i risultati in mano e non azzardiamo ipotesi inutili. -
- E’ grave, ecco cosa c’è! -
- Ma no, signor Bennington… è solo che non vogliamo allarmarla per niente… -
- Sti cazzi! Se non fosse grave me lo direste subito, evitate di dirmi cosa ho solo perché è grave e non sapete come dirlo! Fanculo, voglio saperlo! -
- Non è assolutamente così, mi creda! -
- Allora dimettetemi! -
- Non se ne parla, dobbiamo essere sicuri. -
- Sto per morire! Ho un cancro allo stadio terminale ed aspettate che vengano i miei per farmelo dire da loro! Allora sappiate che sprecate il vostro tempo, mio padre non sa dare le notizie e mia madre è ipocondriaca e vi muore lì se glielo dite! Per non parlare di Mike! Ditelo a Rob, lui sa dare le notizie! -
- No, davvero, mi creda, non è niente del genere. Vogliamo solo avere i risultati in mano prima di parlarne. Non si preoccupi prima del tempo! -
- Prima del tempo? Vuol dire che però dovrò preoccuparmi? Lo vedi! Dimmi di cosa sto per morire! -
Il dottore non sapendo più come fare benedì l’entrata di Mike e dal suo sguardo il ragazzo capì subito quanto insopportabile dovesse essere stato Chester fino a quel momento, non poté che sorridere divertito.
- Non lo convincerà mai finchè non gli mostrate le prove! - Disse scherzando provando a sdrammatizzare. In realtà era il più teso di tutti ma cercava di non tornare a fare l’isterico come era successo al telefono.
- Vi lascio soli, appena so qualcosa lo saprete subito. Intanto il signor Bennington dovrà rimanere a dormire qua. Ci vorrà almeno un giorno per sapere tutto. -
Chester fece una smorfia da ‘ti uccido’ e vedendo che aveva preso in mano la sua flebo per tirargliela, Mike corse per fermarlo permettendo così al povero dottore di andarsene.
Quando furono soli, Chester sospirò insofferente.
- Mike, sto per morire! Perché non mi dicono niente? - Il tono lamentoso di chi era veramente al limite massimo. A Mike si strinse il cuore e il momento delle risate svanì quando capì quanto stava male interiormente.
Era meglio di ore prima ma era ancora sciupato e pallido, oltre che pieno di mal di schiena.
Sedendosi sul bordo del letto scivolò con la mano dal polso che aveva dovuto fermare fino alla mano e tenendogliela fra le sue lo strinse senza preoccuparsi di apparire melenso o effemminato. Non gli importava e nemmeno a Chester. Gli era solo lieto che stesse lì con lui e lo tenesse ancorato sul mondo.
Il compagno sospirò cercando di placare entrambi gli animi in subbuglio e scambiandosi degli sguardi molto significativi e comunicativi, quello di Mike sfociò presto nel dolce e comprensivo.
Era scosso, non sapeva cosa farci e oltretutto era anche pieno di paura e quello lo sapeva gestire ancora meno.
- Hai chiamato Sam? - Chiese per cambiare discorso. Chester si riprese in fretta e nonostante rimanesse steso e pressoché immobile, dimostrò un disprezzo quasi immediato in reazione al nome.
- No e non intendo farlo! Non gliene fotte un cazzo di me! Quando avevo bisogno di lei c’eri tu! Allora che stia dove diavolo è, fanculo! - Sbottò infatti acceso. Ad un forte giramento di testa trattenne il respiro e chiuse gli occhi premendo la mano libera sulla fronte.
Anche quel semplice gesto era faticoso e pesante. Alzarsi dal letto era praticamente impensabile.
Mike più preoccupato per quello che per la litigata con sua moglie, rispose piano stringendo la presa:
- Come stai ora? -
Il tono si placò immediatamente e come se fossero di nuovo altre persone, rispose flebile distogliendo lo sguardo dal suo. Aveva quasi timore dei suoi occhi in qualche modo. Pensieri gli giravano in testa portati da paranoie e da un’infanzia traditrice.
- Ancora di merda… all’idea di alzarmi mi gira la testa e a quella di mangiare mi vien da vomitare ancor prima. Non ho proprio forze e se provo a girarmi da questa posizione la schiena mi uccide. Cazzo, Mike, cos’ho? - E dire che Mike era anche più agitato di lui… come poteva tranquillizzarlo?
Mordendosi il labbro cercò un sorriso tirato che non lo convinse per nulla.
- Dai, cosa vuoi che sia? Sei il solito esagerato! Quelle cose non le devi nemmeno pensare! - Peccato che nonostante volesse scherzare e sdrammatizzare non gli venisse niente.
Chester capì che anche lui era preoccupato e si arrabbiò con sé stesso per essere la causa di quella sua ansia. Normalmente gli piaceva essere al centro dell’attenzione, ma in quel caso non era per niente bello.
- Hai paura anche tu. - Mormorò come se caricasse una pistola.
- Perché ce l’hai tu. Ammetti che vederti spaventato non è comune! - questa gli uscì quasi bene e Chester accennò ad un vago sorriso piccolo piccolo ammettendo che aveva ragione.
- Ma glissano quando gli chiedo cos’ho… quando ti fanno la visita preliminare e vedono i sintomi si fanno sempre un’idea, perché non vogliono dirmi niente? Mi dicono solo che non è il caso di preoccuparsi prima di sapere qualcosa di sicuro, questo per me vuol dire che comunque è qualcosa di preoccupante altrimenti stanerebbero subito ogni cazzo di dubbio, no? Io voglio solo essere tranquillizzato… Mike, vacci a parlare tu, magari ti dicono qualcosa… - Mike sorrise complice.
- Ho mandato Brad e Rob perché quando ci ho provato io per poco non me lo mangiavo! Certo niente confronto a te! - Chester provando ad immaginarlo rise con stanchezza e più rilassato di prima riuscì a mettere da parte momentaneamente i brutti pensieri.
Solo rimandati alla notte.
Mike cercò un altro spunto per distrarlo ancora un po’ e con un sorriso quasi triste che non gli si addiceva per niente, gli toccò con l’altra mano i capelli biondi.
- Ehi, che colore ci facciamo la prossima volta? -
- Pensavo al rosso! - Mike non riuscendo ad immaginarsi nessuno dei due di quel colore pensò che l’avrebbe accontentato lo stesso una volta usciti da lì, nella speranza che fosse presto.
- Fatta! Appena esci ci andiamo subito insieme! - Rispose sforzandosi di essere allegro. In realtà ad ogni minuto che passava così era sempre più ansioso, a momenti non sarebbe più riuscito a tenersi a freno. Capendo che prima di tornare ad uscire di testa dalla preoccupazione era meglio uscire e lasciarlo solo, si fece di nuovo serio.
- Dai, vedrai che starai bene! - Anche se la flebo al braccio che avrebbe dovuto aiutarlo non sembrava funzionare molto bene. Solo la schiena gli dava tregua.
L’immagine delle sue convulsioni erano troppo vivide.
- Non voglio dormire qua, Mike… - Mormorò in una pallida imitazione dei suoi capricci. - odio gli ospedali! - Sempre qualche brutto ricordo legato a quel posto. - Mi sentirò solo come una merda. -
Mike cercò di nuovo di sorridere ma ancora non lo lasciava né veniva lasciato.
- Macchè solo! Con tutte le infermiere che ci sono! -
- Cos’è, mi stai suggerendo di tradire quella stronza di mia moglie? - Cercò di stare al gioco ma anche a lui gli veniva male, era quasi una parodia riuscita male.
- Quanto sei scemo… chiamala così non sarai solo, stanotte! -
Anche se per un momento aveva sperato chiedesse a lui di rimanere. Un momento in cui Chester stesso l’avrebbe voluto.
- Solo quando sarò disperato. -
- Non puoi non dirle che sei in ospedale! Hai avuto le c… - ma nel provare a dirlo si fermò, la voce proprio non gli usciva come se ci fosse un blocco psicologico e capendo che era proprio così impallidì a sua volta in un muto ‘mi dispiace’ che non seppe dire. Fu il turno di Chester di stringere la mano nella propria per fargli capire che andava bene.
- Non devo essere stato un bello spettacolo. -
- Andrà tutto bene, non è nulla, ne sono sicuro. - Quando lo disse fu chiaro il suo voler cambiare argomento come anche il cercare di scappare per preoccuparsi liberamente ancora un po’, Chester lo capì ma con egoismo cercò di tenerselo ancora con sé, non voleva separarsi da lui, tutto lì.
- Non lo so, non mi dicono niente… ed ho visto troppo bene come la vita sa rivoltarsi contro di me… è solo una puttana che allarga le gambe al miglior offerente. Io non ho mai avuto niente di buono da offrirle… - Come filosofia di vita era strana e fantasiosa a modo suo, Mike accennò solo ad un vago sorriso ma non trovò nulla da dire, non sapeva molto della sua vita prima, solo che sicuramente ne aveva passate di brutte e che aveva un passato da tossico o qualcosa del genere. Non sapeva di preciso niente ma ad un’affermazione simile c’era da credere che dovesse essere stata bella dura.
Eppure rifiutava categoricamente di credere che fosse come diceva lui.
- Non questa volta. - Ma non riusciva ad essere convincente al cento percento e se ne rendeva conto lui stesso. Fu per questo che decise di andarsene, per evitare di infossarlo ulteriormente nelle sue paranoie già molto ben sviluppate di loro.
Riuscì ad andarsene con fatica e Chester riuscì a chiamare Samantah, a rivederla, farci pace e a litigarci di nuovo.

Passare la notte da solo in ospedale con ogni persona del servizio sanitario che lavorava lì dentro che glissava sulle sue domande, non fu la cosa migliore per lui che cercava sempre di evitare i propri pensieri.
Lì trovandocisi completamente solo e non riuscendo proprio ad ignorarli, col buio tutt’intorno e l’incapacità di convincersi che non era niente e che era solo esagerato, non riuscì a trattenersi dal chiamare Mike.
Gli rispose quasi subito e la sua voce non era roca, significava che probabilmente stava passando la notte sveglio anche lui.
- Chez? Stai male? - La prima cosa che gli chiese con ansia palpabile fu questo e Chester si sentì una schifezza nell’avergli provocato quello stato allucinato, però non poteva proprio farci nulla, assolutamente.
- No no… volevo solo parlare con qualcuno… ho di nuovo litigato con Sam, così sono qua solo come una merda e… niente… pensavo… non riesco a dormire… - Si sentì talmente idiota a giustificarsi che sperò Mike lo fermasse, quando lo fece gliene fu grato.
- Immagino. A… a cosa pensi? - era notte e forse fu quello a fare da complice per quell’atmosfera intima e malinconica da parte di entrambi, o forse no. Forse era nell’aria ugualmente. Però premendosi il dorso della mano sulla fronte e chiudendo gli occhi, provò ad immaginarsi Mike lì con lui e fu tutto più facile.
Non si era mai aperto, non era mai arrivato a riflettere su certe cose…
- A quello che conta veramente… facevo un po’ le somme della mia vita… - Mike avrebbe voluto dirgli che era presto e che era un’idiota ma capiva che aveva bisogno di dirlo a qualcuno, per questo lo faceva parlare e non lo fermava.
- Che somme ha la tua? - Lieto di essere assecondato, Chester proseguì con un peso che si stava togliendo solo perché poteva dirlo a qualcuno.
- Basse. Prima di incontrarti era una vera merda ed onestamente anche ora l’unico aspetto bello della mia vita è il gruppo. Fortunatamente le cose con la musica sembrano andare bene e penso sia l’unica cosa che mi tiene qua. Altrimenti l’avrei già fatta finita, credimi. - Mike che non sapeva niente di preciso della sua vita di prima, disse istintivamente quello che gli venne. Piano e delicato.
- L’hai avuta dura fin qua, si? - Si sentiva capito anche se sapeva che Mike non sapeva niente. A Chester bastava questo.
- Non immagini. Una merda. Però sono ancora qua, anche se non so per quanto ancora e… boh… spero di rivederti e continuare a cantare con te… - Fu quello che gli era premuto tanto dire, per cui non aveva potuto aspettare il giorno dopo perché poi col giorno era tutto diverso, tutto. I coraggi svanivano troppo velocemente e le parole giuste erano un terno al lotto.
La voce di Mike era incrinata e con la voglia di entrambi di vedersi e tranquillizzarsi a vicenda, riuscì a malapena a dire:
- Certo che mi rivedi, idiota. Domani torno per sapere a che punto sono questi benedetti esami. Cosa credi, che possa fare a meno del mio cantante? Ora che ti ho trovato non ti mollo più! - non era certo che fosse una cosa normale da dirsi fra compagni di gruppo, ma la disse comunque e non se ne preoccupò perché era notte e andava bene così.
Sempre i pensieri contorti alla Chez.
- Non azzardarti mai, a qualunque costo, sai! - Questa suonò come una minaccia ma fu talmente spontanea e liberatoria che sollevò Mike che sorrise dall’altra parte del telefono.
Era bello anche sentirsi così indispensabili l’uno per l’altro in un modo che ancora non riuscivano a mettere a fuoco.
- Se ti può dar sollievo stavo pregando per te. Parlavo con Dio e gli stavo chiedendo di lasciarti libero da tutti i pesi continui che ti arrivano sistematicamente in un modo o nell’altro. Spero che mi ascolti. - Sapeva che Chester aveva seri problemi con Dio ma lui invece ci credeva e trovava sollievo nella sua fede. Non rispose, non lo criticò, non disse niente a proposito se non un flebile e stranissimo ‘grazie’ che lasciò di sasso Mike.
Parlarono di tutto e di niente per tutta la notte, senza essere particolarmente profondi ma nemmeno superficiali.
Niente di personale, niente sui loro passati, però filosofie di vita, fede, credenze e soprattutto sensazioni. Fra brutte e belle, la notte passò e Chester all’alba non aveva più il peso che aveva avuto prima ed anzi una cosa preziosa da quella pessima situazione l’aveva imparata.
Il Gioco poteva chiamare fuori quando voleva, bisognava essere pronti e non avere rimpianti ma soprattutto darsi da fare per individuare le cose veramente importanti e non mollarle mai per nessuna ragione al mondo. Chester giurò a sé stesso che non si sarebbe mai e poi mai fatto sfuggire Mike.
Mai.
Per nessuna ragione al mondo.

Quando il giorno dopo lo rivide non seppe dire se fu più il sollievo per lui e il riaverlo lì davanti ai suoi occhi oppure per la notizia che aveva un ernia iatale e che non stava per morire. Certo era una brutta bestia ma si poteva curare e non sarebbe morto.
Gran bella notizia.
Eppure, stranamente, ancora più bello fu il sorriso di Mike e poi il suo piombargli addosso per festeggiarlo con esuberanza.
Quello fu decisamente migliore di qualsiasi altra cosa, anche se questo gli provocò una morte anticipata. Pensò che fosse comunque una bella morte.
E capire che si stava facendo coinvolgere troppo da Mike non servì ad evitarlo e a correre ai ripari, perché contro certe cose non si poteva combattere, solo assecondarle.
Chester assecondò ma forse assecondò un po’ troppo e soprattutto un po’ tutto. Anche le cose sbagliate.

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Capitolo 2
*** Sempre più giù ***


*Ecco qua gente... un nuovo capitolo di questa fic che ne conta 4 in tutto. Questa volta Chester è uscito dall'ospedale, hanno scoperto che si tratta di una rognosissima ernia iatale per niente facile da curare me comunque curabile e qua iniziano i veri problemi perchè fra il video da registrare -con Chez che non fa play back nemmeno a costringerlo- e l'inizio del tour, le cose per uno che sta male e non tiene niente nello stomaco vomitando di continuo, non sono facili. Il prossimo capitolo lo pubblico sabato e mostrerà un Mike disperato prendere una decisione drastica. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO 2:

SEMPRE PIU’ GIU’

La musica ripartì per l’ennesima volta e per l’ennesima volta, dopo qualche giro di strumenti, dovette interrompersi con un secco ‘merda’ di uno dei due cantanti che corse via dal set del video di Numb per rifugiarsi in quello che ultimamente era diventato la sua seconda casa… il bagno!
Il regista stufo gridò lo stop e fermò le riprese, la musica cessò e con lo sguardo esasperato cercò Mike che capì ed andò sulla scia di Chester. Non servì dire nulla ma era ovvio cosa pensasse. A Mike dispiaceva che il regista volesse fare a meno di Chester e rimpiazzarlo con un play back ma se anche lui non era d’accordo e voleva cantare nonostante fosse solo un video, non l’avrebbe mai autorizzato. Anche perché far fare qualcosa a Chester contro la sua volontà non era possibile.
Raggiuntolo al bagno aperto, lo vide riverso nella tazza del water a vomitare e gridare insieme per il dolore acuto che aveva.
Quell’ernia iatale era decisamente un gran fastidio.
Mike increspò la fronte preoccupato, quanto sarebbe andato avanti così?
Se mangiava buttava fuori tutto nel giro di subito, se non mangiava vomitava comunque la bile, dimagriva a vista d’occhio e a parte il discorso delle nausee continue soffriva tantissimo e lui era uno che solitamente sopportava tutto.
Sospirò e si avvicinò chinandosi sul compagno, gli toccò la schiena e leggero cominciò a carezzarla in una sorta di massaggio circolare che doveva rilassarlo.
Chester era tutto teso come una corda di violino, gridava ad ogni sforzo e stringeva la tazza su cui aveva immerso la faccia come se fosse il nemico. Non era niente di lui.
Quando parve finire si alzò ma rimase in ginocchio per terra, Mike si accucciò e con un asciugamano bagnato gli passò il viso ripulendoglielo, glielo lasciò premuto sulla fronte e sugli occhi per dargli un po’ di sollievo. Vomitava di continuo e le riprese del video, cominciate appena tre settimane dopo il suo ricovero in ospedale, non andavano avanti di una virgola.
Avevano già girato le altre ma lui e Mike erano nella maggior parte di esse e appena cantava gli veniva da vomitare.
Era proprio doloroso per lui tutto quello ma si intestardiva a non rimandare nemmeno mezza data sulla tabella di marcia, si imbottiva di antidolorifici e sperava che la cura che gli stavano dando facesse effetto ma la schiena lo faceva sempre impazzire e lo stomaco non teneva niente.
Il cantare era come un agonia però non si sarebbe mai fatto vincere, mai. Chester senza forze si lasciò curare dal compagno e prendendogli debolmente l’estremità della felpa larga che indossava, tirò per appoggiare pesantemente la testa sulla sua spalla. Ansimava e cercava di trattenere un altro conato di vomito.
- Non ce la faccio… - mormorò piano, a Mike si strinse il cuore in una morsa, non voleva che si arrendesse ma ancor di più che stesse così male.
- Allora rimandiamo e basta… - Disse infatti senza poter trattenersi. A quello Chester trovò una presa più consistente della sua maglia e gli afferrò il fianco stringendo. Era morbido, adorava il suo fianco. Non usò molta forza ma Mike sussultò lo stesso.
- No cazzo, non mi arrenderò mai! Dobbiamo fare sto cazzo di video e lo faremo! È solo una fottuta ernia iatale! - Replicò a denti stretti sforzandosi anche per quell’istante. Mike preoccupato scosse il capo carezzandogli le braccia e la schiena, l’asciugamano bagnato era fra la propria spalla ed il suo viso che vi premeva sopra; sembrava incapace di smettere di carezzarlo dolcemente.
- Ma stai male… - E forse era l’unico veramente preoccupato per lui, forse gli altri lo odiavano per tutti i problemi che stava creando, per i rallentamenti, per quelli che sembravano solo capricci a volte… forse lo odiavano in generale punto e basta… però Mike ci teneva veramente e per lui non voleva mollare.
E per sé stesso.
Era solo la sua stupida salute, lui era più forte, aveva superato un sacco di cose terribili nella sua vita, nessuno l’avrebbe messo in ginocchio, mai!
- Riprendiamo! - Disse alla fine tirandosi su comunque con uno sforzo non indifferente.
L’asciugamano cadde e si scoprì il suo viso pallido, le occhiaie profonde, gli occhi piccoli e rossi tutti lacrimosi per gli sforzi che faceva vomitando e cantando a quel modo e poi vomitando di nuovo.
Mike sospirò, non era convinto ma sapeva quanto testardo fosse ed alla fine con una carezza sul viso che servì ad asciugarglielo, si alzò e l’aiutò cingendogli la vita stretta. Era paurosamente magro.
Come poteva andare avanti così?
Avere le forze per cantare in quel modo e fare ogni altra cosa?
Le sue energie le vomitava tutte…
Spaventato e per la prima volta sin nel profondo per la consapevolezza di quel pensiero, Mike l’accompagnò fuori.
La risposta l’avrebbe trovata durante il tour e non gli sarebbe piaciuta.

Tirò con molta insistenza e testardaggine la corda fino a che, con mille interruzioni per le sue incursioni al bagno, riuscirono a finire le riprese del video.
Dopo di questo partirono per il tour di Meteora ma non fu proprio una mossa vincente. A livello produttivo e lavorativo fu un autentico successo che in pochi al loro secondo album poterono vantarsi d’avere, ma su un piano personale fu un disastro.
Se Mike l’avesse saputo o solo vagamente immaginato avrebbe annullato il tour intero pur di non farlo finire in quel modo, ma ormai che tutto era cominciato di cose da fare non rimasero molte se non osservare e stare pronti alla degenerazione finale.

La salute di Chester non migliorò nonostante le cure e le sofferenze dovute alla sua salute continuarono a tormentarlo fino a che per sopportare i dolori atroci alla schiena e le continue nausee non cominciò ad esagerare con gli antidolorifici.
Del resto lui aveva un modo di cantare molto scalmanato, non si risparmiava di certo ed era una tortura anche una sola canzone… fra l’altro doveva cantare quasi ogni sera per oltre un’ora e praticamente di continuo, come poteva pretendere di stare meglio?
Quanto tempo quella vita? Minimo due anni per un tour completo?
La cura sull’ernia iatale magari avrebbe fatto effetto prima ma cosa sarebbe rimasto di lui nel frattempo?
Dopo l’ennesima corsa di Chester giù dal palco per filare a vomitare, Mike sospirò e si strofinò il viso non sapendo dove sbattere la testa.
Lui continuava ad andare avanti così ma era un vero ‘andare avanti’? Come poteva?
Il suo stomaco non teneva niente dentro, dove le trovava le forze per saltare sul palco come faceva? E la schiena? Non aveva dolori atroci? Sapeva che li aveva, aveva smorfie continue sul volto appena si girava, appena usciva, appena erano soli… però saltava sempre. E cantava.
Ma non mangiava o meglio lo faceva il meno possibile col risultato di essere comunque sempre nel bagno a vomitare.
“Ma interessa solo a me la sua salute? Perché cazzo gli altri mi chiedono solo se riusciremo a finire il tour? Chi se ne frega del tour, cazzo!”
Quella sera, dopo l’ennesimo concerto prosciugante di Chester, Mike aveva insistito per fermarsi a dormire in albergo e ripartire il mattino presto verso la prossima tappa. Aveva visto il compagno particolarmente malmesso e sapendo che non avrebbe retto se non avesse dormito bene almeno una notte, prese la situazione in mano e cominciò a dare ordini a destra e a manca a chiunque fosse coinvolto in quel tour.
Occuparono mezzo albergo, in pratica, di cui tre camere per loro per lasciare quelle a più posti agli altri membri dello staff.
Rob con Brad, Joe con Dave e lui con Chester.
Aveva fatto di proposito a stare con lui per poterlo controllare e vedere ciò di cui avrebbe avuto bisogno, convinto infatti che gli altri non lo sopportassero più per tutti quei suoi crolli, voleva assicurarsi che nessuno lo trattasse male.
Chester non riusciva a vedere quanto ci tenesse a lui, quanto si sforzava di non fargli mancare niente nei limiti del possibile, quanto gli stesse dietro pur senza farsi notare per non essere asfissiante.
Non riusciva proprio a vedere molte delle cose che aveva e che Mike faceva per lui, così come non percepiva la sua enorme preoccupazione, non vedeva le sue espressioni turbate quando correva a vomitare dopo aver mangiato, non sentiva quando lo difendeva con gli altri che proponevano una soluzione alternativa a Chester… non sapeva, non sapeva molte cose ed andò avanti in quel suo personale inferno convinto di essere sempre più solo, che anche Mike fosse come gli altri che ormai non lo sopportavano più. Convinto di dover trattare tutti di merda, lui compreso, per poter difendersi.
Fu così che si conquistò la nomea di odioso ragazzino da impiccare!
Qualcuno cominciò a chiamarlo così. Altri lo definirono come un egocentrico viziato narcisista pieno di sé.
Mike continuò sempre a difenderlo ma mai davanti a lui per non umiliarlo in qualche modo, per essere equo con tutti, per non creare ulteriori spaccature all’interno di un gruppo che ormai stentava sempre più a stare insieme.
Quando uscì dal bagno, dopo la doccia, trovò Chester, che aveva già fatto la sua per primo, nel letto tutto piegato su sé stesso a tenersi lo stomaco e a fare smorfie stringendo i denti.
Tremava dal dolore e soffriva come in poche volte poteva dire d’averlo visto.
A Mike gli si contorse lo stomaco allo stesso modo in cui probabilmente l’aveva il compagno che non lo vedeva.
Cercava di dormire concentrandosi su sé stesso, sul proprio corpo e sul dolore. Annullando ogni cosa che lo circondava per sopravvivere.
Mike esitò chiedendosi a quel punto cosa potesse fare per lui.
Vide la scatola degli antidolorifici nel comodino del letto matrimoniale in cui erano stati messi e sospirò. Se non gli faceva effetto cosa avrebbe dovuto fare?
Lo vide tendersi come una corda di violino, vide ogni muscolo allo spasmo, lo vide sudare e tremare e diventare sempre più pallido mentre si mordeva una mano per resistere.
Era un’anima in pena e presto lo diventò anche lui guardandolo. Non voleva che fosse così, non voleva che stesse male, non voleva… si sentì come non si era mai sentito e sospirando si passò una mano fra i capelli corti e bagnati, scrollò la testa per togliersi goccioline rimanenti e decidendo che non l’avrebbe lasciato così mai e poi mai, ormai pronto per dormire, salì sul letto ma invece di mettersi nel proprio posto accanto a lui si mise sui cuscini, di traverso, alzò la testa di Chester e se la mise sul proprio petto in modo da fare lui da cuscino. Poi lo circondò con le braccia come fosse una cosa preziosa e l’accarezzò dolcemente.
Era la posizione più assurda che avesse mai assunto, non aveva senso mettersi così, a T sopra Chester, però voleva proteggerlo dai mali che l’affliggevano, essere un sostegno più completo, guardarlo in viso mentre gli faceva da cupola… voleva… voleva averlo tutto per sé.
Gli parve più piccolo di quel che non era in realtà e quando le carezze cominciarono a farsi più intime, sotto la maglia con cui dormiva che ora era tutta alzata, lentamente Chester si calmò. Smise di tremare e tendersi. Lentamente tutto si placò.
Mike non seppe mai se Chester l’avesse sentito o se fosse immerso nell’effetto degli antidolorifici e nel sonno che faticava a prendere, ma non indagò. Se lo godette così arrendevole e dolce a suo modo, lo tenne a sé e non si mosse per tutta la notte continuando solo unicamente ad accarezzarlo sulla schiena, sul fianco, sulla spalle, sul braccio, sulle mani unite a pugno sotto il mento e sul viso. E a guardarlo. Rimase sveglio per la gran parte della notte fino a che, dopo avergli baciato la testa lì dove arrivava, si addormentò anche lui.
Non avrebbe mai avuto la minima idea che Chester l’aveva sentito eccome. Appena era uscito dal bagno aveva subito percepito la sua presenza e quando si era steso sopra in quel modo avvolgendolo dolcemente aveva creduto di essere in un sogno. Il dolore che continuò a provare gli fece capire di essere desto e si godette meglio il suo torace su cui stava il proprio capo e poi le braccia che lo cingevano protettive, le mani che l’accarezzavano fin sotto la maglia alzata. Assaporò il suo respiro sul viso che da lì riceveva e percepì ogni singolo dettaglio di Mike e di quel momento fino ad imprimerselo per non dimenticarlo mai.
Fino a rendersi lucidamente conto che se ora stava meglio lo doveva sì agli antidolorifici che avevano fatto effetto ma anche a quel cuscino umano che non l’avrebbe mollato per tutta la notte, l’unico che ora sapeva si preoccupava veramente per lui.
L’unico che l’avrebbe reso dipendente a vita.
Chester si rese conto che il calore che provava dentro non aveva niente a che fare con le medicine, le lenzuola scese alla vita o la notte stessa. Si rese conto dell’origine di quel calore e lì per lì, per il male in cui stava, l’accettò come l’unica cosa bella che gli stava capitando. Perché Mike era lì con lui, gli importava di come stava e voleva solo che stesse bene.
E dormiva facendogli da cuscino accarezzandolo con una dolcezza insospettabile.
Lì per lì non gli importò assolutamente di niente, accettò tutto, gli andò bene tutto.
Solo il giorno dopo si rese conto che innamorarsi del proprio compagno di gruppo non poteva certo essere la soluzione ai suoi problemi e di problemi non ne aveva pochi fra il matrimonio disastroso con sua moglie Samantah, il rapporto sempre più pessimo con gli altri della band e la salute a puttane.
Cosa poteva esserci di peggio?
Prima aveva pensato che almeno il lavoro andava bene, la musica lo stava riscattando, ma ora che vedeva non riusciva a fare più nemmeno quella senza la sensazione di morire ad ogni nota urlata, si chiedeva per quanto sarebbe riuscito ad andare avanti. E soprattutto quanto prima che gli altri stufi lo mandassero via.
Quanto sarebbe andato avanti?
Poco, pochissimo, ne era assolutamente certo.
Con questa certezza decise che non sarebbe valsa la pena lasciarsi avvolgere di nuovo dalle dolci braccia di Mike per stare meglio nel mare di merda in cui stava affondando.
Decise che non poteva lasciare che i sentimenti prendessero il sopravvento, che era sbagliato e che probabilmente era solo pietà quella di Mike… che doveva trovare un altro modo per stare meglio.
Cosa poteva esserci di peggio ancora?
Quando si rese conto che l’unica alternativa a Mike per stare meglio era la droga da cui era faticosamente uscito anni prima, si rispose.
Ricadere nella tossicodipendenza. Questo era peggio.
Ma con la voglia latente di un ex tossico ancora pieno di problemi e con la convinzione d’averne il doppio di quelli che in realtà aveva, fu facile. Fu dannatamente facile unirsi a chi del tour già ne faceva uso dal momento che non erano solo loro a girare per gli stadi a fare concerti.
Affondare fu facile come la notte che vinceva sul giorno ogni fottutissima volta.
Del resto era abituato, sapeva come si faceva.
Era vivere, vivere bene ed essere felici, che non sapeva come si faceva.

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Capitolo 3
*** una decisione difficile ***


*Proseguiamo sulle tappo che ben si sanno. Dopo il tour di Meteora i ragazzi hanno raggiunto un successo pazzesco ma questo gli ha dato alla testa come succede a tutti. Mike, l'unico rimasto in sé, vede come si stiano perdendo uno ad uno e soprattutto non sa dove sbattere la testa con Chester, quello messo decisamente peggio. E' così che prende la decisione che tutti sappiamo, la decisione che ha visto i Linkin Park fuori per ben 4 lunghissimi anni. Periodo in cui coincide il picco di crisi peggiore di Chester e la formazione da parte di Mike dei Fort Minor. Un periodo che non è un segreto di stato. Vediamo come sono giunti a quel punto. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO 3:

UNA DECISIONE DIFFICILE


La droga aiutò Chester a finire tutto il tour e a fare sera dopo sera tutti i concerti ad alto livello, lo aiutò pure a non sentire più il dolore per le proprie condizioni fisiche, ma lo aiutò anche ad affondare sempre più.
Isolandosi rispetto al gruppo che invece si limitava a far uso di canne e di alcool, al suo contrario che andava con cose più pesanti, divenne sempre più un estraneo per loro che comunque già lo conoscevano poco. La sensazione che fosse un membro esterno al gruppo era sempre più presente in tutti e se per gli altri cambiava poco perché erano sempre più disinteressati alla band dopo il successo planetario avuto coi primi due album, a Mike dispiaceva sinceramente.
Giorno dopo giorno lo vedeva sempre più distante, spariva di continuo con gente che non gli piaceva e non aveva davvero idea di che cosa combinasse ma se accennava all’idea di dormire in albergo diventava come una jena… lo rifiutava categoricamente come se non volesse nemmeno vederlo, quasi.
Cominciò a pensare di essere una sofferenza lui stesso… probabilmente lo odiava e non lo sopportava.
Mike non voleva finisse così perché al di là del fatto che era consapevole non avrebbe mai più trovato un cantante più bravo e dotato per il genere di musica che voleva fare, ci era affezionato ed il fatto di essere l’unico lo dilaniava ma non poteva mollarlo a sé stesso e fare come suggerivano i suoi amici che volevano rimpiazzarlo.
Però non sapeva come fare per convincere Chester a stare con loro e a provare a costruire un rapporto come si doveva… sembrava non ci fosse verso da nessuna delle parti perché Brad e gli altri l’avevano praticamente tagliato categoricamente fuori e Chester stava alla larga da loro il più possibile.
Non sapeva proprio come facevano ad entusiasmare le folle…
Capì quale fosse l’unica cosa da fare una notte al ritorno dal tour.
Gli altri posizionati alla larga rispetto loro, Mike aveva insistito per sedersi vicino a Chester, in fondo e da solo.
Doveva aver appena fatto uso di una qualche sostanza ed ormai Mike pur non avendone conferma effettiva, l’aveva capito che oltre all’alcool ci dava dentro con altre cose. Aveva pregato che si fosse limitato come gli altri alle canne ma così a quanto pare non era stato.
Chester era crollato sfinito probabilmente preda di un effetto soporifero dell’ultima pasticca presa, quindi non lo sentì sedersi vicino… almeno in teoria.
Mike era convinto dormisse profondamente però ad una curva particolarmente a gomito del bus il ragazzo di cui era rimasto quasi niente, si fece cadere addosso a lui.
Erano dei sedili doppi ed ampi più che comodi dove spesso passavano le notti da una città all’altra.
Mike se lo sentì crollare addosso, sul braccio, quindi senza pensarci convinto che dormisse ancora, l’alzò e se lo posizionò meglio cingendolo come fosse un bambino che gli dormiva contro.
Poté così guardarlo da vicino e vederlo mettergli a sua volta un braccio intorno alla vita, come se si aggrappasse a lui.
Scrutandolo si illuse di vederlo riposare più sereno e tranquillo, quindi gli asciugò il sudore dalla fronte provocato dai veleni che aveva preso e sospirò spostando gli occhi neri oltre il finestrino oscurato da cui per fuori non si vedeva dentro.
Il paesaggio notturno correva veloce e distingueva poche luci indistinte, qualche camion che andava sulla corsia opposta l’illuminava di più ogni tanto. Per il resto il cielo e la notte.
Stavano tornando a casa, l’ultimo concerto era stato fatto, era stato bello e triste sotto il punto di vista professionale ma a livello personale non sapeva interpretarlo se come un peso in meno oppure una grave futura mancanza.
Perché il ragazzo aveva la sgradevole impressione che una volta arrivati a casa Chester avrebbe continuato a perdersi e sarebbe stato davvero irraggiungibile, molto più di quanto non lo era ora…
Non voleva che tutto quel bellissimo progetto coi Linkin Park si perdesse ma soprattutto non voleva perdere Chester… però non era lì… non era lì con lui e non lo era mai stato…
Cosa fare?
Come aiutarlo?
Forse era proprio continuare con loro che l’affossava ulteriormente… forse non ce l’avrebbe mai fatta a risollevarsi finchè non gli avrebbe dato una pausa dal gruppo.
Forse dovevano prendersela tutti per riflettere su cosa volevano fare ed eventualmente come continuare.
Si erano quasi auto distrutti tutti anche se Chester non l’avrebbe battuto nessuno. Ma un altro album ed un altro tour così non era disposto a farlo.
Dilaniato da due parti entrambe importanti per lui…
Come sistemare tutto? Come impedire il fallimento totale? La distruzione di ogni cosa, persone per prime?
Come ricucire, riordinare, risollevare…
Come aiutare Chester?
Forse era proprio il caso di fermare momentaneamente ogni cosa.
Anche i ragazzi erano esausti e a suon di canne non sarebbero andati avanti a lungo, lui era l’unico che non ne aveva mai toccate perché seguiva una fede ed una filosofia di vita ben precisa e non aveva voluto far parte di quello. Sentirsi così esterno lui, ora, era strano… era il fondatore del gruppo, la mente, la parte un po’ centrale che faceva quasi tutto… eppure si sentiva fuori…
Lui di forze per andare avanti ne aveva a volontà ed anche di idee… non voleva fermarsi ma riconosceva che gli altri ne avevano bisogno per capire cosa volevano fare e come. E per rimettersi in piedi. Pulirsi tutti. Specie Chester.
Decise così che avrebbe imposto a tutti una pausa con la scusa di capire che musica avrebbero voluto fare e se avrebbero in caso davvero voluto continuare in quel modo.
Decise che in qualche modo avrebbe preso le cose nelle sue mani ma non pensò che avrebbe dovuto magari usare un modo più efficace e diretto.
Lì per lì credette davvero che quello fosse il modo più adatto e meno invasivo.
Avrebbe cambiato idea ma sarebbe stato tardi.
O quasi.

La litigata che ne conseguì una volta tornati a casa e trovato sul piatto del tavolo questa decisione di Mike che a quanto pareva non avrebbe ammesso repliche, fu epica perché tutti persero la pazienza a partire da Chester che non era famoso per averne per proseguire con Brad, Joe e Dave e perfino Rob.
Rob che solitamente rimaneva sempre calmo aveva una paura fottuta di tornare ad affondare come anni fa, al tempo del liceo, gli era successo. Quando il gruppo con Brad si era sciolto ci era stato tanto male del distacco e si era messo a drogarsi, poi ne era uscito solo quando l’amico era tornato a proporgli di formarne un altro insieme a Mike. Allora era risalito.
Aveva paura che tutto tornasse come allora.
Gli altri semplicemente sapevano che quella pausa sarebbe durata per sempre e non volevano mollare una cosa che gli aveva portato tanto successo ma soprattutto che gli piaceva.
La loro musica era unica ed era fantastico farne a quei livelli… vivere facendo quello che amavano… era stata la cosa più bella mai successa a tutti e quella pausa la vedevano come una tragica fine.
Fu Brad quello più sferzante e senza scrupoli, quella volta…
- Se il problema è Chester, che se ne vada lui! Noi troviamo un altro cantante e continuiamo, cazzo! - Brad non perdeva mai la calma ma non era uno che mandava a dire le cose. Quando lo disse tutto si gelò per un istante e nonostante l’avessero pensato, nessuno avrebbe mai osato dirlo.
Mike lo guardò inorridito ma Brad non se ne pentì ed anzi proseguì:
- E’ lui il vero problema! Lui che si droga e che ha sempre qualcosa che non va! È lui che non fa gruppo, che non sta con noi, che si fa i cazzi suoi, che non è uno di noi! -
Mike sospirò prendendosi il viso fra le mani, contò fino a tre e poi ascoltò lo scoppio della bomba atomica:
- E PENSATE DI POTER FARE A MENO DI ME!? DI TROVARNE UN ALTRO COME ME CHE CANTI A QUEI LIVELLI, CHE SOPPORTI TUTTO COME FACCIO IO, CHE CANTA ANCHE CON UN ERNIA FOTTUTA IATALE NELLO STOMACO? CHE FRA UNA CANZONE E L’ALTRA VOMITA E SOFFRE COME UNA MERDA MA CHE STA COMUNQUE SUL PALCO E VA AVANTI A TUTTI I COSTI? PENSATE DAVVERO DI TROVARE UN ALTRO COGLIONE COSI’? -
- E’ PROPRIO A QUEL TUTTI I COSTI CHE NON VA BENE, CHESTER! - Gridò a sua volta Dave battendo la mano sul tavolo. Fra tutti lui era quello che si infiammava più facilmente e Chester si alzò in piedi subito pronto a gridare ancora di più:
- IO QUANDO FACCIO UNA COSA LA FACCIO CON TUTTO ME STESSO ED E’ PER QUESTO CHE VI VADO BENE COME CANTANTE, CHE CANTO IN QUEL MODO! -
Dave si alzò tenendogli testa furibondo:
- NON VA BENE LO CAPISCI? VEDI COME TI SEI RIDOTTO? HAI SPINTO MIKE A METTERE FINE AL GRUPPO! -
- IO SONO COSI’ PRENDERE O LASCIARE! -
- LASCIARE, PER QUANTO MI RIGUARDA! MA SEI SOLO TU A DOVERLO FARE! -
- Ma non ha detto che è la fine del gruppo, ha parlato di una pausa per… - Rob tentò di calmarli ma non ci fu verso di ascoltarlo e proseguirono a gridarsi contro intervallati da Joe e Brad che ci davano dentro.
Solo alla fine, quando volò qualcosa di decisamente troppo grosso, Mike dovette intervenire mettendosi in mezzo.
- SE E’ MIKE CHE NON CE LA FA CHE SE NE VADA LUI! IO NON VOGLIO MANDARE TUTTO A PUTTANE! -
- MA AMMAZZATI! MIKE NON SI TOCCA! - Chester aveva spinto Joe che aveva detto una cosa che comunque non pensava realmente ed il cantante si era acceso come una dinamite. Dave in conseguenza spinse Chester e prima che questi potesse reagire distribuendo calci a tutti, Mike si mise letteralmente in mezzo abbracciando Chester per fermarlo ed allontanarlo di peso. Non un gran peso, in effetti.
Tutto si fermò, il cantante per primo che sentendolo abbracciarlo si spense, perfino la rabbia scemò.
Aveva davvero detto che Mike non si toccava?
L’aveva fatto? Poteva anche dire che era l’unica cosa bella della sua vita e che forse l’amava e poi era a posto.
Ansimante sentì a stento la voce calma e seria di Mike levarsi fra tutti, una volta lasciatolo per voltarsi verso gli altri rimasti di stucco a quella scena.
- E’ per questo che dobbiamo fermarci e chiederci seriamente cosa intendiamo fare per il futuro. -
Rob prese Brad e lo tirò a sedere, Joe andò a camminare distante da lì ma a portata d’orecchio e Dave si sedette dopo poco prendendosi il viso fra le mani. Aveva ragione, dannazione.
Chester rimase in piedi dietro a Mike e da quella posizione poté agganciargli l’indice col suo senza essere visto da nessuno.
La paura che ora ci fosse la parola fine definitiva prese anche lui e dopo la rabbia quel terrore gli stava facendo avere una crisi d’astinenza da droga insostenibile, per questo lo prese, perché sapeva che gli procurava sollievo.
Come poteva non capire quanto serio fosse quello che provava per Mike?
- Ragazzi, a livello lavorativo dobbiamo chiederci che musica vogliamo continuare a fare. Tanti album tutti uguali in serie? Quello sempre quello per tutta la nostra carriera? Automi… prigionieri di noi stessi fino ad odiare la musica e renderci ridicoli? O cambiare un po’? Cambiare come? Che senso ha la nostra musica? Ma soprattutto rispondetevi a questo… vogliamo farla insieme? Ha senso? Perché avevamo cominciato? Dobbiamo capire cosa vogliamo fare e come… e se vogliamo andare avanti così non va bene. Bisogna farlo seriamente, sistemarci, rimetterci a nuovo. Rivoluzionare noi stessi per primi. Creare dei rapporti. Pulirci. - Il riferimento alle sostanze che in molti usavano fu chiaro ed esplicito e tutti calarono il capo come fossero schiaffeggiati da lui.
Per quanto brutto fosse aveva ragione.
Non replicarono niente e Mike rimase stordito della presa del dito di Chester sul proprio tanto che facendo un passo indietro per appoggiarsi a lui, gli fece capire che sarebbe stato sempre con lui lo stesso. Di non preoccuparsi.
Chester ci credette davvero e si aggrappò unicamente a questo sapendo che non avrebbe potuto farcela da solo e che al mondo ormai lui era l’unico a cui importava veramente qualcosa.
- Non è un addio, non è una fine, spero solo che possa essere un altro inizio… perché dobbiamo farlo come si deve o ci ridurremmo oltre che ad odiare ciò che facciamo e con chi stiamo… anche noi stessi… non deve succedere… corriamo ai ripari ora finchè siamo in tempo. Fermiamoci e pensiamoci. Come vogliamo farlo? Io non voglio che finisca… - Ma finì tutto nel silenzio poiché uno ad uno se ne andarono senza proferire parola fino a che, rimasti soli lui e Chester, il prima non si voltò e prendendogli le mani gliele massaggiò stringendole come fossero atrofizzate. Chester rimase colpito da quel gesto e non si oppose, però le forze stavano svanendo, ora nemmeno la vicinanza di Mike l’aiutava. Aveva bisogno di farsi ma non voleva lì davanti a Mike. Con lui non l’aveva mai fatto.
Dopo le mani Mike risalì alzandogli le maniche della maglia, scoprì le fiamme tatuate e poi gli avambracci. Chester capì cosa voleva fare ma non si oppose e non si arrabbiò, solo si vergognò di sé stesso.
- Non mi faccio in vena. - Per ora… lo pensò ma non lo disse, spaventato che l’averci pensato lo portasse a farlo veramente.
Mike ne fu sollevato, da quella in vena era più dura pulirsi.
- Disintossicati, Chester. Poi torneremo a fare quello per cui abbiamo iniziato. Essere felici con la musica. La nostra. Insieme. - l’avrebbe preso per una proposta di futura unione se Chester non avesse avuto in quel momento troppo bisogno di tirare di coca, quindi non la colse del tutto prendendola solo come una promessa di redenzione.
Dopo essersi guardati a lungo in silenzio, Mike gli carezzò il viso con dolcezza sperando capisse quanto ci tenesse a lui e quanto sperasse che si risollevasse e ce la facesse, quindi senza aggiungere altro se ne andò lasciandolo solo. Pregando che tutto si mettesse a posto.
Non sarebbe successo tanto facilmente.

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Capitolo 4
*** Resurrezione ***


*Ecco l'ultimo capitolo. Solito periodo, crisi di Chester. Come un'ossessione. Si sposa troppo bene con l'ultima canzone, Burn it down. Ecco qua, ora finiamo e vediamo come Mike risolve, perchè poi è sempre Mike che risolve tutto. E' vero che nel momento in cui i Linkin Park si prendono la pausa (imposta da Mike) lui forma i Fort Minor e Chester ci dà dentro con la droga arrivando al tentato suicidio. Sfiora la morte per un pelo, non è mai stato peggio, ma è proprio lì che Mike tronca misteriosamente col secondo gruppo e torna a casa per rivisitare i Linkin Park e rimetterli in piedi. E Chester si disintossica e si rimette. Questa è cronaca. La mia aggiunta è cosa succede fra quando Mike tronca coi Fort Minor e quando riprende coi Linkin Park. Ecco qua. Spero che vi sia piaciuta, sappiate comunque che non smetterò mai di scriverne, che ne ho in mente sempre centomila e che ho un'AU lunghetta da sviluppare, sarà un progetto di quelli tosti però ci sto lavorando. Come sto lavorando su una certa threesome. Per sentire la canzone cliccate sul titolo! Grazie d'avermi seguito. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO 4:

RESURREZIONE

Il ciclo si è ripetuto
Come esplosioni tuonanti nel cielo
Tutto ciò di cui avevo bisogno
Era l’unica cosa che non riuscivo a trovare
E tu eri lì nel cambiamento
In attesa di farmi sapere
Lo stiamo costruendo
Per romperlo di nuovo
Stiamo costruendo questo
Per bruciarlo
Non possiamo aspettare
Di raderlo al suolo
I colori in conflitto
come le fiamme che salivano tra le nuvole
Volevo aggiustarlo
Ma non riuscivo a smettere di demolirlo
E tu eri preso dal cambiamento
Preso nel bagliore ardente
E io ero lì nel cambiamento
In attesa di farti sapere
Lo stiamo costruendo
Per romperlo di nuovo
Stiamo costruendo questo
Per bruciarlo
Non possiamo aspettare
Di raderlo al suolo
Mi hai detto sì / mi hai sostenuto
Ed io c’ho creduto quando mi hai detto quella bugia
Io ho giocato al soldato, tu hai giocato al re
E mi hai colpito quando ho baciato quell’anello
Hai perso il diritto di tenere la corona
Ti ho reso forte, ma tu mi hai deluso
Così quando cadrai toccherà a me
E soffierò sul fuoco come incendi ardenti
Lo stiamo costruendo
Per romperlo di nuovo
Stiamo costruendo questo
Per bruciarlo
Non possiamo aspettare
Di raderlo al suolo

/Burn it down/



Se solo Mike avesse saputo le tenebre in cui aveva invece gettato Chester con quel gesto volto in realtà ad aiutarlo e salvarlo dalla sua stessa fine, non avrebbe mai e poi mai fatto niente di tutto quello.

Era rimasto l’unico in grado di fare ancora musica, concerti, canzoni e tour, per questo con tutte le idee esplosive della sua testa mise su i Fort Minor in attesa che i ragazzi si riprendessero dai loro rispettivi abissi.
Che aveva talento era innegabile, che c’era chi aveva più bisogno di lui anche.
Lo fece in totale buona volontà, però le conseguenze furono terribili e quando Chester seppe del suo secondo gruppo musicale la prese come un addio definitivo, un lasciarlo per sempre, un non aspettarlo, un pugnalarlo come tutti gli altri.
Nel giro di un anno lasciò la moglie, s’inabissò ulteriormente nella droga e si distrusse isolandosi dal mondo.
In breve niente famiglia, niente amore, niente amici, niente lavoro, niente passione, niente per cui valesse la pena andare avanti e vivere… niente di niente… e la forza per pulirsi e risollevarsi finì insieme alla voglia di vivere.
Tentò il suicidio e fu salvato per un pelo; quando la notizia arrivò a Mike dall’altra parte del mondo, in pieno tour coi Fort Minor, lo mollò a metà annullando le ultimissime date per tornare di filata a Los Angeles da Chester.
Per tutto il tempo del viaggio si maledì insultandosi credendo di poter morire lui stesso se non fosse arrivato in tempo. Si chiese cosa avesse avuto in testa quando aveva piantato tutto e tutti dicendo di arrangiarsi a risollevarsi da soli, si chiese perché fosse stato così egoista, si chiese se ci fosse qualcosa da salvare, ormai.
Perché aveva scelto la strada più facile per sé stesso spacciandola per una forma d’aiuto per i suoi amici ma se per gli altri poteva essere servita perché sembrava stessero meglio, per Chester no.
Chester così fragile e facile all’auto distruzione, agli abissi e alle tenebre, facile ai veleni del passato, facile alla sua stessa fine.
Chester così importante per lui per lasciarlo a sé stesso… eppure l’aveva fatto… eppure l’aveva mollato credendo di non essere capace di tirarlo fuori dal suo pantano. L’aveva fatto perché era solo un idiota ed ora poteva averlo perso per sempre.
Pensandolo, credendolo, pianse come un bambino, da solo, nell’ultimo sedile dell’aereo privato mentre tornava in America. Pianse convinto d’aver perso la cosa più importante della sua vita.
Pianse perché quella cosa non era il gruppo, la musica, la passione o la sua famiglia.
Quella cosa importante era Chester e capirlo ora alla notizia del suo tentato suicidio fu deleterio. Fu la fine. Fu inaccettabile. Fu distruttivo. Fu doloroso.
Ma da quel dolore, da quelle sue stesse lacrime versate per la persona che capiva di volere sopra ogni altra, ritrovò sé stesso, la parte decisa e sicura e capì soprattutto ciò che doveva fare.
Ritrovò ogni cosa che aveva perduto e sicuro che avrebbe ricostruito tutto ciò che ora era andato in pezzi, rialzò la testa.


Per Chester era stata la cosa più dura che aveva mai dovuto vivere.
Arrivare a capire che non si era mai usciti dai problemi del passato, problemi per cui si era già tentato di farla finita, e guardare in faccia quelli nuovi del presente, fu deleterio.
Non fu capace di tirarsene fuori e quando gli arrivò la notizia dei Fort Minor buttò completamente all’aria tutto, matrimonio compreso, per convincersi che l’unica cosa bella della sua vita era definitivamente andata.
Capire d’amare una persona perché poteva essere stato l’unica vera salvezza e convincersi d’averla persa comunque, non fu sostenibile e cominciò con le fiale di veleno.
Cominciò in quel modo che Mike aveva in un qualche modo previsto.
Dopo aver tentato il suicidio con un’overdose di proposito ed esserne uscito per i capelli, tornò a casa contro tutto e tutti. Non voleva saperne di vivere, non sapeva come si faceva, non l’aveva mai saputo, voleva smettere e basta, dannazione!
Non avercela fatta da solo era un ulteriore fallimento e la convinzione che Mike non sarebbe mai tornato gli diede il colpo di grazia.
Solo, dannatamente solo come sempre, lo maledì e pianse buttando tutto all’aria.
Con rabbia colpì mobili ed oggetti, ruppe tutti i servizi che aveva in casa, si ferì con dei vetri fregandosene e dopo essere quasi crollato esausto, aver pianto come un dannato ed essere morto dentro definitivamente, prese una garza dal freezer -aveva cominciato ad usarne da quando aveva cominciato a piangere ogni notte da solo- e attaccandosela sugli occhi con dello scotch adatto si buttò sul letto intenzionato a morire così, senza mangiare, bere, pisciare, alzarsi né nulla.
Dormendo per sempre e basta.
Era stufo.
Stufo.
Stufo di tutto.
Voleva morire.


Quando Mike arrivò in città andò di filato da Chester. Entrò da dietro notando il macello che regnava dentro e lo cercò preoccupato per tutta la casa terrorizzato all’idea d’aver fatto tardi.
L’ansia crebbe a dismisura quando stanza dopo stanza si rese conto che non c’era e che al contrario c’era il caos.
Mobili all’aria, vetri rotti… cosa aveva fatto?
Vide il frigo vuoto e gli armadi di cibo svuotati.
Come aveva vissuto fino a quel momento?
Trovò delle fiale che buttò nel water, poi salì in camera col cuore che galoppava nella gola, il sudore freddo e l’angoscia ormai attanagliata al suo stomaco.
Doveva esserci.
Doveva essere vivo.
Doveva…
Quando entrò in camera si accorse d’aver trattenuto il respiro e fatto piano per paura di non trovarlo.
Sospirò sollevato ma non si sentì meglio.
Era paurosamente magro, pallido e sciupato.
Lo guardò avvicinandosi piano.
Era supino a pancia in su, una garza probabilmente ghiacciata sugli occhi ed i buchi sugli avambracci.
Strinse gli occhi, si sentì morire di nuovo, bruciò tutto sé stesso ma li riaprì e si inginocchiò sul letto.
Era lì, era vivo, ora sarebbe andata bene.
Non l’avrebbe più lasciato a costo di togliergli tutto il sangue dalle vene per salvarlo!
Non aveva idea se dormisse o cosa, ma senza la capacità razionale di trattenersi più, con la colpa che lo schiacciava giù, si chinò sul suo viso e cominciò lieve a carezzarglielo con le labbra. Non osava toccarlo, parlare, respirare.
Ma l’accarezzò sulle guance, sulla fronte, sul naso, sulle garze…

Chester voleva continuare a sprofondare, cercava e sperava che la sensazione provata con l’overdose tornasse per magia anche se non aveva niente in corpo. Era così malmesso che non riusciva a percepire il caldo od il freddo, i rumori ovattati, nessun movimento intorno. Poteva essere che accadesse di tutto e che lui fosse morto… magari…
La prima sensazione effettiva che provò fu qualcosa di leggero e lieve, appena accennato.
Dovette concentrarsi per capire.
Era qualcosa di caldo e non troppo grande.
Morbido ed un po’ solleticante, ma solo un pochino.
Aveva la garza sugli occhi, non vedeva niente ma tenne gli occhi stretti e continuò a restare perfettamente immobile. Nessun muscolo a muoversi, nemmeno il respiro.
Per un istante il pensiero più assurdo della sua vita… Mike?
No, non poteva essere lui… era dall’altra parte del mondo col suo fottuto nuovo gruppo a divertirsi… l’aveva lasciato come avevano già fatto tutti… maledizione, perché doveva avere le allucinazioni?
E poi perché lui?
Perché quelle erano labbra che l’accarezzavano sul volto ed erano delicate e dolci… la sensazione del paradiso provata tutte le altre volte che aveva avuto contatti con lui. Aveva sempre finto di non accorgersene, di dormire e non percepire… ma ora era il momento di prendere le cose nelle sue mani… se solo fosse stato vero… ma come? Come poteva esserlo?
Mike era a fare concerti in Giappone e l’aveva mollato per sempre… lo odiava, forse, per essere finito nella droga più di prima…
Quando le carezze delle sue labbra continuarono sulle sue guance, Chester non riuscì a resistere e sperando vivamente che ora non svanisse, glielo prese fra le mani. Quando sentì che rimaneva lì, le lacrime da sotto le garze ormai bollenti si fecero capolino. Era lì.
Era vero.
Lo stava volendo, chiamando, avendo, prendendo…

Lentamente le mani di Chester si mossero e gli presero il viso, non servì testarlo per capire che era lui. Lo sentì sicuro, come se sapesse chi era.
Mike non parlò ancora, non si tolse, rimase lì a mandare al diavolo sé stesso ed i propri sbagli.
Non l’avrebbe mai più lasciato, mai. Per quello che provava per lui. Perché era grande. Perché lo stava amando. Perché era fragile e doveva tornare a sorridere.
Mike strinse gli occhi incapace di guardare ancora il suo pallore e solo allora Chester lo guidò sulle sue labbra che non aveva ancora osato prendersi.
Fu la prima volta, un sfiorarsi dolcissimo e delicato. Non altro, solo quello.

Non avrebbe mai osato fare altro se non quello perché se fosse stato veramente un’allucinazione, rendersene conto poi sarebbe stato atroce.
Ma istante dopo istante, mano a mano che le sue labbra rimanevano a percorrerlo, Chester si sentiva sempre più in sé e sveglio, attivo. Non poteva non capire che era vero, sentirlo veramente. La pelle sensibile, il respiro, le lacrime, gli occhi brucianti e lui. Lui morbido, umido ed intossicante.
Lui. Amore.
Non osò chiedere più di quello comunque.

Fu Mike a sistemarsi meglio sul letto, piegare la gamba sotto di sé, alzarsi e chinarsi ulteriormente. Le braccia appoggiate ai suoi lati e la voglia di perdersi in lui, la follia dilagante, il fuoco ormai incendiario. Non poteva fermarsi lì, doveva avere di più, non poteva resistere… era una vita che resisteva e si fermava… ma prima… prima aveva una cosa da dirgli… una cosa che aveva sempre sognato di potergli dire, appena l’aveva visto selvaggio e aggressivo cantare con loro la prima volta.
Scivolò sulla guancia, lungo la mascella, e sistemato meglio su di lui disse al suo orecchio, aderendo:
- Sono qua, non ti lascerò mai più… perdonami, Chez… -

Chester fu lì, esattamente in quel preciso istante unico ed indicibile che morì.
Morì definitivamente come aveva voluto e sperato ed invocato nell’apice del suo dolore.
Ed ora era veramente morto ma non con tutto sé stesso, solo una parte, quella peggiore, quella più atroce e terribile, quella più perdente che aveva sofferto più di tutti e svagliato. Quella fragile con cui si era drogato allontanando tutti. Quello che aveva lasciato le cose importanti. Morì quel Chester e pensando a quanto aveva pregato Dio -non credendoci mai- che Mike tornasse, tornasse da lui e basta, lo perdonò.
Perdonò Mike per averlo lasciato a sé stesso nel momento peggiore e non gliene importò più del dolore che gli aveva inflitto perché aveva capito di essere innamorato di lui quando l’aveva piantato per i Fort Minor. Non gli importò niente visto non era a cantare con loro ma era lì e lo stava riprendendo.
Aveva distrutto tutto, l’avevano fatto insieme, ed ora erano pronti. Pronti per ricominciare insieme, da capo, ricostruendo ogni cosa per bene, sana, bella e per sempre. Incrollabile.
Ora erano pronti per ricostruire il loro futuro.
Da sotto la garza ormai bollente, scesero finalmente le lacrime indice di quanto impregnata fosse.
Le sue lacrime, il suo dolore che andava, il suo perdono, il loro ritrovarsi dopo una distruzione totale.
Ora non rimaneva che ricostruire tutto e non avrebbero più sbagliato.
Dopo di questo Mike tornò sulla sua bocca e questa volta gliel’aprì con delicatezza fino a poter farsi strada in lui con la lingua. Aveva un sapore amaro ma gli diede il proprio confondendolo in modo da equilibrarlo e quando fu dolce, si intrecciarono aprendosi ulteriormente fino a divorarsi incapaci di smettere, incapaci di capire perché fosse solo ora la prima volta, incapaci di rispondersi al perché arrivare a quello, a distruggersi, per trovare qualcosa di buono e sano.
- Lo ricostruiremo dopo averlo bruciato… - Mormorò sulle labbra fra un bacio e l’altro, il crescendo fu assoluto e solo anni dopo Chester avrebbe capito il senso di quelle parole e le avrebbe inserite in Burn it down.
- Sta con me e basta. - Fu la sua risposta.
- Ero qua che ti aspettavo… -
- Amami e basta. - Pregò fra un bacio e l’altro vincendo sé stesso e le proprie paure aggrappato all’altro.
Mike l’avrebbe fatto.

FINE

Note: e come tutti ben sanno, il gruppo non si è sciolto ma anzi è andato avanti cambiando, evolvendosi e facendo ciò che amano in modo sano e grandioso. Sempre insieme!!!! ^____^

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