Anche se sta sera siamo qui...

di Hina93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


lll

ANCHE SE STA SERA SIAMO QUI...


Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
E' il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
E' la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.

Quando l'amico vi confida il suo pensiero,
non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo.
E quando tace,  il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore:
Nell'amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa
nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia.
Quando vi separate dall'amico non rattristatevi:
La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate,
come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura.
E non vi sia nell'amicizia altro scopo che l'approfondimento dello spirito.
Poiché l'amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero
non è amore,
ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.

E il meglio di voi sia per l'amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea,
fate che ne conosca anche la piena.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell'amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose
il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.


Poi c’è chi scappa per amore, o chi scappa dall’amore.                    La famiglia è la patria del cuore.
Chi lo cerca o chi vuole evitare d’incontrarlo
.
E a chi manca il coraggio per fare qualunque passo..                   


CAPITOLO I


“Avanti Hinata guardati intorno, è pieno di ragazzi! Non puoi sbavare dietro a quello stupido di mio cugino!” urlò Karin.
Hinata abbassò lo sguardo arrossendo notevolmente.
“Pronto? Terra chiama Hinata!” riprese la rossa, strattonando l’amica.
“E che non ci posso fare nulla Karin... mi piace da una vita ormai… Io lo…”.
“No, non dirlo!” urlò lei.
Karin si mise in piedi sul letto, imitando una danza tribale, dicendo a tempo “Non dirlo, non dirlo, non dirlo!”.
Hinata fissò sconcertata la migliore amica, aspettando ardentemente l’arrivo di Temari. Lei l’avrebbe salvata da quella pazza furia rossa.
“E se provassi a uscire con qualcuno di diverso? Non so Kiba, il tuo amico, lui sembra simpatico!” disse Karin sedendosi pesantemente.
“No Karin, lui è il mio migliore amico e poi esce con Ino. E’ sempre la solita storia, io non voglio qualcuno di diverso io.. Karin?” fece incerta la mora.
La ragazza con gli occhiali, era diventata seria, fissando la migliore amica con aria truce.
“Non devi nominare il nome della regina delle oche. Non puoi parlare di cacche che camminano così Hinata! Non davanti a me!”
Hinata annuì, deglutendo rumorosamente.
“M-mi d-dispiace..” balbettò, portandosi le mani davanti al petto.
“Fa niente, ti ho già perdonata! Tornando a noi: Hinata hai vent’anni, diventerai una brillante psicologa, dimmi quanti uomini hai avuto nella tua vita?”.
Hinata abbassò lo sguardo.
Perché Temari non arrivava?
“Nemmeno uno anzi si: hai baciato per sbaglio l’uomo insetto di Kafka!” disse schifata la rossa.
“Non parlare di Shino in quel modo!” rispose la Hyuga.
“Va bene, va bene. Il punto è: mio cugino finché guarderà quella sottospecie di essere geneticamente modificato dai capelli rosa, non si accorgerà di te!”.
Hinata abbassò gli occhi perlati sconsolati, forse Karin aveva ragione.
Qualcuno bussò alla porta e, Hinata fu felice di vedere quattro buffi codini color sabbia comparire da dietro la porta.
Temari era sempre stata la sua ancora di salvezza, era la mamma di entrambe le ragazze.
Hinata pensò a come, loro tre, erano diventate amiche.
Erano esattamente gli opposti, in tutto e per tutto.
Ma forse il bello era quello.
Hinata amava l’imperfezione delle sue migliori amiche. Amava gli sbagli di entrambe. Amava il carattere così strano di Karin, ma che nascondeva una tristezza infinita, una voglia grande di essere amata.
Amava il modo con cui Temari si buttava nelle situazioni, pensando sempre ai suoi fratelli e all’unico ragazzo che mai avrebbe amato Shikamaru.
Sapeva che poteva imparare da loro, erano le persone che più ammirava al mondo.
Loro la accudivano come una bambina, le parlavano, le davano consigli, le imparavano cos’era la vita.
Entrambe erano cresciute troppo presto, in modo diverso ma sapevano quanto poteva essere amara e dura la vita.
Sapevano girare per la strada come delle pazze e lei, la povera e ingenua Hinata, le seguiva a fatica, affascinata come aveva sempre fatto per tutta la vita con le persone come loro.
Nel loro trio, ognuno aveva il suo ruolo.
Karin era quella che parlava sempre la casinista, quella con le idee radicali che. Lei sapeva sempre cosa fare, in qualsiasi situazione, tranne in quelle d’amore o davanti a Suigetsu.
Temari era la riflessiva, la forte, l’intelligente, quella che sapeva sempre cosa dire e cosa fare.
Il ruolo del gruppo di Hinata era sempre quello di tacere e osservare.
Non che non interessasse quello che lei pensavo o dicesse. Non era considerata noiosa o altro, ma non la importunavano più di tanto, conosce il suo carattere.
Ma è strano come la vita volge le cose a tuo favore. Non corso degli anni, era diventata un’ottima osservatrice, proprio perché nessuno le chiedeva la sua opinione. Sicché lei taceva e raccoglieva segreti.
“Quale sarebbe il problema?” chiese Temari, girando svogliatamente una rivista di moda.
“Sto dicendo a Hinata di lasciar perdere mio cugino una volta per tutte!”.
Temari annuì convinta, poi fissò Hinata.
“In fondo ha ragione Karin, ma allo stesso tempo hai torto: Hinata non lascerebbe mai perdere il buon baka, è troppo innamorata!” disse sorridendo.
Hinata rispose con un timido sorrise, ringraziando con uno sguardo Temari che ancora una volta l’aveva salvata.
“Parliamo piuttosto della tua infatuazione per Suigetsu, Karin..” disse Temari.
La rossa si mise a posto gli occhiali stizzita.
“Infatuazione? Non direi! Quella specie di merluzzo è insopportabile, lo odio!”
“Non dire fesserie, si vede che incomincia a interessarti, quasi quanto ti interessava l’Uchiha..” disse Temari, strizzando l’occhio a Hinata, piuttosto divertita.
“Temari tu pensa al tuo Orso Yoghi, a Tutankhamon e a Catman! E io penso allo stoccafisso!”.
Hinata sgranò gli occhi e fissò Karin. Temari si limitò a sorridere furba.
“Ti sei fregata da sola, bella mia!” disse.
Mostrò a Hinata una maglia che le piaceva particolarmente, e l’amica annuì sorridendo.
Karin si alzò, cercando di nascondere il rossore che colorava le gote.
“Sei una strega, e tu la complice!” osservò Karin, girandosi e mettendosi a posto gli occhiali.
“Cosa centro io? E Hinata? Sei tu che ti sei fregata da sola!”.
“K-karin non c’è niente di strano. Se ti piace Suigetsu è un bene: è un bel ragazzo, simpatico, un po’ pieno di sé, ma tutto sommato bravo.”
Karin fece per dire qualcosa, ma un'altra furia rossa entrò nella stanza, facendo spaventare Hinata.
“Karin chi è Suigetsi?” chiese Kushina Uzumaki, radiosa come sempre.
“Suigetsu zia, Suigetsu!” osservò Karin.
“Suigetsu, Suigetsi, Sushi come si chiama! Non ho potuto non ascoltare i vostri discorsi!” disse sedendosi accanto a Hinata, lasciando in mezzo alla stanza la cesta dei panni.
“Allora, allora, allora racconta un po’ alla zia Kushina!”.
Karin la fissò truce.
“Zia sei di troppo! La media di questa stanza ,prima che tu arrivassi, era dei venti.. Fai un po’ te!”.
Kushina mantenne il suo sorriso spontaneo che assomigliava moltissimo a quello di Naruto ma, Hinata notò lo strano ticchettio delle dita della donna.
“F-forse signora U-uzumaki Karin intendeva d-dirle che non ne v-vuole parlare..” balbettò Hinata.
Kushina sembrò rilassarsi e la fissò.
“Ne sono sicura anche io! Mia nipote fa parte del ramo antipatico della famiglia! Con permesso!”.
Uscì com’era entrata, fulminando Karin con uno sguardo che, fece rabbrividire Hinata.

Temari se ne andò poco dopo, doveva uscire con Shikamaru e preparare la cena ai suoi fratelli.
Hinata rimase a chiacchierare del più e del meno con la rossa.
Discussero di moda, musica e libri.
La Hyuga guardò l’orologio posto sul comodino e si alzò.
“Devo andare Karin.. Ci vediamo domani!” disse allegra Hinata.
Karin la salutò, scompigliandole i capelli.
Hinata uscì dalla stanza, ormai sapeva, dove orientarsi in quella casa.
Scese le scale e vide la signora Uzumaki preparare la cena.
Sarebbe stato maleducato uscire senza nemmeno salutarla.
Si avvicinò e gentilmente le sorrise.
“Oh già te ne vai?” chiese la donna accorgendosi della mora.
“Si signora, volevo salutarla prima di andare via..”
“Ma come sei gentile! Torna presto.. Ah Minato, lei è Hinata, un’amica di Karin!”
Hinata si girò e, fissò il padre di Naruto, arrossendo vistosamente.
Era identico a suo figlio, la copia perfetta.
Aveva gli stessi capelli biondi, gli stessi occhi azzurri. Aveva un’espressione intelligente e gentile.
Non lo aveva mai visto, anche se Karin ne parlava spesso. Aveva sempre pensato che fosse una persona differente, e non così simile al suo Naruto.
Sorrise e le tese la mano.
“Piacere Hinata, tu devi essere una Hyuga..” osservò.
Hinata annuì e, tremando leggermente prese la mano dell’uomo.
Era calda, forse troppo per la sua mano così fredda.
“P-piacere mio s-signor Minato..”.
“Siete inconfondibili, avete tutti questi occhi così particolari. Io li trovo meravigliosi, non trovi Kushina?” fece l’uomo sorridendo alla ragazza.
Kushina lasciò i fornelli e, si diresse verso la ragazza e la osservò.
“Lo trovo anche io! Fuori dal comune, inoltre devi vedere com’è gentile e educata! Altro che quella fricchettona di mia nipote!”.
Hinata sorrise, avrebbe voluto dire che Karin era molto gentile e buona con lei, mai si trattenne.
“Smetti di parlar male di tua nipote Kushina, infondo le vuoi bene..”.
Hinata arrossì. Era vero che era un uomo gentile e altruista, lo zio di Karin.
“Io d-dovrei andare.. Mio p-padre sarà in pensiero..” fece sorridendo timidamente.
Entrambi la salutarono con un caloroso sorriso.
“Aspetta ti accompagnano alla porta..” fecero all’unisono.
Hinata ringraziò.
“Torna presto a trovarci, Hinata!” fece la madre di Naruto, muovendosi come un’adolescente.
“Lo farò, signora..”.
Minato aprì la porta, e Hinata mise un solo piedi fuori che, si ritrovò il busto di un ragazzo davanti al viso.
Alzò lentamente gli occhi, sperando che non fosse lui, che fosse qualcun altro e non Naruto.
Incontrò due occhi color del cielo che appena la videro, sprizzarono gioia.
“Ciao Hinata!” urlò Naruto.
La ragazza in questione rimase per molti minuti a fissare Naruto come un ebete. Non erano mai stati così vicini. Poteva sentire il suo odore, sapevo di salsedine. Poteva indugiare sulle spalle muscolose e atletiche del ragazzo, vedere quanto era abbronzato.
Arrossì.
“Hinata ti senti bene?” chiese, mettendosi alla sua altezza e fissandola negli occhi.
Gli mise una mano sulla fronte, indugiando un attimo.
“Sei piuttosto calda, hai la febbre?”
“I-io... I-io... I-io… I-io sto bene, g-grazie N-naruto!” esordì, spostandosi da quel contatto in modo quasi violento, forse troppo per i suoi gusti.
Naruto ritrasse la mano, rimanendo stupito dal suo gesto che, non era passato inosservato a nessuno.
“Allora è perfetto! Sei venuta a trovare Karin?”.
Hinata annuì, maledicendosi.
Perché era così stupida? Lui forse c’era rimasto male... era tutto sbagliato, le cose non dovevano andare così.
“S-si.. S-scusate ora devo andare..”.
Salutò di nuovo e, com’era abituata a fare davanti a Naruto, scappò.

Nota dell’autrice

Hola gente! Era da un po’ che non scrivevo, e perciò ho deciso di iniziare questa piccola storia. Non è qualcosa di originale, forse un po’ scontata come trama ma ammetto che a me piacciono, perciò mi sono dilettata a scriverne una. Magari è un lavoraccio, non lo so.. Io ci provo!! Poi sarete voi a smontarmi oppure no!
Sarà una storia breve, di tre o quattro capitoli al massimo. Descriverò la storia di un’amicizia nata fra tre personaggi che, per chi guarda Naruto sono opposti cioè: Hinata, Karin e Temari.
Del rapporto tra questi due cugini Naruto e Karin. Premetto che ho deciso di farli diventare cugini dopo che si è scoperto nel manga, grazie a Kabuto, che Karin è appartenente alla famiglia Uzumaki. Semplicemente questo.
Inoltre descriverò, nelle linee generali, il rapporto e l’atmosfera che si vive in casa Uzumaki.
E infine l’amore, così diverso che vede protagoniste le amiche. Hinata che ama Naruto, e riuscirà a dirglielo in una situazione di difficoltà. Sono una NaruHina.. xD Mio miglior o peggior difetto!
Karin che supererà il suo cinismo, scoprendo di apprezzare Suigetsu. E infine Temari che vive, anzi vivrà, un intensa storia d’amore con Shikamaru.
Da qui ci saranno anche altri paring che a ma piacciono... come accenni KibaIno, GaiKakaAyame (Il trinagoloo che io addooro. Il mio tessoro!) e altri..
Le frasi che ci sono all’inizio, non sono messe a caso. Spero che vi piacciano!
Se avete consigli o altro, sono ben graditi!! Con affetto, vi mando un bacione!! Hina93

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


l

CAPITOLO II

Ci sono persone che ti entrano nel cuore senza un motivo,
senza una ragione..
ci son persone che ti prendono l’anima e l’abbracciano
con uno sguardo o con una parola..
lì rimangono per sempre impresse
e qualunque cosa accada sai che non potrai fare a meno di amarle!



Hinata entrò sorridendo nel ristorante-bar dove lavorava Temari, tenendo al petto il libro di psicologia che il loro prof aveva chiesto di comprare.
E come il solito, appena entrava in quel bar, i clienti si voltarono a guardarla, esaminandola minuziosamente. Hinata si sentì soffocare, non sopportava essere osservata in quel modo.
Da bambina, e poi da ragazza aveva sempre fatto in modo di diventare invisibile ai più. Per questo si vestiva in quel modo così poco alla moda, con felpe larghe e jeans.
Temari la rimproverava sempre, diceva che non doveva vestirsi così, che il suo modo di vestire svalutava la sua figura aggraziata ed elegante.
Poi, come tutto era nato, l’attenzione passò a un’altra persona che entrava, in un circolo vizioso senza fine.
Hinata si chiese a cosa pensavano quando vedevano entrare qualcuno di nuovo. Forse si facevano domande, come si faceva lei mentre osservava qualcuno?
Lei aveva sempre avuto quest’abitudine di farsi delle domande sulla persona che aveva davanti: si chiedeva se era felice, cosa avrebbe voluto o cosa aveva dalla vita, che mestiere faceva. Allora si faceva mille e mille film mentali su di loro, sorridendo da sola, pensando che infondo la felicità esistesse.
Era anche per questo che aveva deciso di fare psicologia. Voleva scoprire, capire la psiche umana. Suo padre era stato contrario della sua scelta, avrebbe voluto che facesse giurisprudenza continuando la tradizione di famiglia, ma, per la prima volta nella sua vita, aveva deciso di fare di testa sua.
Con determinazione, così insolita nella sua persona, aveva detto a suo padre che non le sarebbe importato nulla, lei avrebbe fatto psicologia.
Per la prima volta stupì suo padre, e riuscì a sconfiggerlo. Hinata aveva sempre pensato che assecondandolo, ubbidendo cecamente avrebbe reso fiero suo padre. Quel padre così freddo, invece aspettava quel gesto, quella presa di opposizione. Era iniziato un dialogo tra loro, si erano scoperti e finalmente Hinata era serena, serena di entrare a casa e parlare tranquilla.
“Ciao Hinata, cosa ti offro?” chiese Temari, finendo di asciugare un bicchiere.
“Sono venuta a trovarti, passavo di qui..” disse sedendosi.
Temari sorrise e le porse un bicchiere d’acqua, poi la sua attenzione fu catturata da qualcuno che la fece sorridere furba.
“Che c’è?” chiese Hinata titubante.
Temari le fece segno con la testa di girarsi.
Hinata obbedì e osservò un uomo dai capelli argentati con le mani nella tasca e un’aria piuttosto affascinante entrare nel locale. Era seguito da un uomo strano, che sorrideva tutti e sprizzava felicità da tutti i pori.
La giovane Hyuga lo guardò meglio negli occhi, riconosceva quello sguardo triste. Lo aveva anche lei, tutti i giorni lo specchio glielo mostrava. Soffriva per amore, non era ricambiato dalla persona che amava.
“Viene ogni giorno, e fa sempre le stesso cose. Ordina una tazza di the, legge il giornale e saluta me, il vecchio Teuchi e Ayame, poi se ne va..” disse.
“Non c’è nulla di strano..” provò a dire Hinata.
“Lui si siede sempre al solito tavolo che Ayame prepara con cura, in cui lascia sempre sotto al portatovaglioli un bigliettino. Subito dopo che lui entra, Ayame chiede di uscire e spariscono nella stessa direzione. Oggi c’è il suo amico, un certo Gai, quando lo segue si limita a fissare Ayame in ogni suo movimento..”.
“Stanno insieme, indubbiamente..” osservò Hinata sorridendo.
“Lo credo anch’io... Ah l’amore!” disse sospirando.
Hinata si girò, fissando i due uomini seduti al tavolo.
Ayame doveva essere il segreto dell’uomo dai capelli argentati. Forse stavano insieme, ma, pensò Hinata l’uomo non voleva farlo sapere.
In quella sua aria affascinante, c’era qualcosa di molto riservato, forse aveva avuto problemi con la famiglia.
L’uomo dalla strana acconciatura attirò la sua attenzione.
Parlava moltissimo, era quasi logorroico. Badava a esaltare la giovinezza e a creare nuove sfide al giovane uomo seduto, che sembrava ascoltarlo in modo interessato senza mai staccare gli occhi dalla cameriera.
Hinata osservò con tristezza l’uomo. Sapeva cosa provava, lei lo provava ogni giorno.
Era semplicemente innamorato del suo migliore amico, ma il caso voleva che il migliore amico fosse innamorato di Ayame.
“Hinata, ti sei incantata?”.
Hinata sorrise debolmente all’amica.
“Aspettami, chiedo un favore a Teuchi e arrivo!”.
Sparì per poco tempo.
“Andiamo a comprare un vestito Hinata, e non dire di no!”.
Hinata fu trascinata dalla sua migliore amica fuori dal locale.

“Temari io..”.
“Tu cosa?” disse seria fissandola.
“Il vestito è bellissimo.. E anche le scarpe..” osservò Hinata, stringendo le borse.
“Lo so!” fece fiera.
“Temari... perché non hai continuato a studiare?” chiese improvvisamente Hinata.
Temari sorrise.
“Come potevo? Devo lavorare, badare alla casa, ai miei fratelli.. Forse un giorno continuerò!” disse certa.
Hinata sorrise timidamente e annuì.
“E con Shikamaru, va tutto bene?”.
“Si lamenta sempre, dorme ogni giorno, mi chiedo come possa avere i massimi voti all’università. Mi rompe e basta!”.
Hinata rise, senza darle spiegazioni. Era sempre stato così.

La Hyuga si era messa per la prima volta il vestito che Temari le aveva fatto comprare per forza, insieme alle scarpe troppo alte. Sembrava un equilibrista e non si sentiva a suo agio in quel vestito troppo corto per i suoi gusti.
Aveva promesso che lo avrebbe messo, e come al solito era caduta nella loro trappola.
Girò il supermercato con fare incerto, tenendo il cestino della spesa.
Prese una bottiglia d’acqua, il dolce preferito di Karin e di Temari. Una bottiglia di vino rosso che suo padre le aveva consigliato, e varie cose.
Arrossì quando alcuni ragazzi le sorrisero maliziosamente.
“Hinata oggi sei.. sei..” fece il macellaio, lasciando tralasciare la frase.
“G-grazie..”.
Andò alla cassa e pagò con la carta di credito che il padre le aveva regalato per il suo compleanno, ringraziò e uscì.
“Hinata! Hinata sei tu?” urlò qualcuno.
La Hyuga si voltò, rimanendo imbambolata mentre fissava Naruto correre verso di lei.
“Allora sei tu! Non ti avevo riconosciuta!” esordì Naruto.
Hinata arrossì notevolmente, soprattutto quando lo sguardo di Naruto si soffermò sulle sue gambe scoperte e sul seno che da sempre aveva voluto nascondere.
“Allora dove andavi?” chiese sorridente, mettendosi una mano dietro alla nuca.
Faceva così solo quando era imbarazzato.
“S-stavo andando i-in macchina..”.
“Anche io! Cioè anche io ho la moto nel sotterraneo” fece.
Hinata annuì e s’incamminò accanto a Naruto.
“Prendi l’ascensore?” chiese sorridente il biondo.
Hinata, inevitabilmente, arrossì e annuì.
“Dopo di lei, madame!” disse appena l’ascensore arrivò.
Entrò circospetta, sussultò appena vide la sua immagine allo specchio, non le piacevano gli ascensori, ma con lei c’era Naruto.
Si rilassò fissando il suo amore che parlava.
Sorrideva e annuiva, mentre lo sentiva parlare della sua facoltà universitaria, dei suoi amici, delle sue passioni.
Improvvisamente l’ascensore fece un brutto rumore e si fermò.
Hinata urlò, coprendosi le orecchie con le mani e chiudendo gli occhi.
Il tempo si fermò improvvisamente.
“Hinata? Hinata stai bene?” continuava Naruto scrollandole le spalle.
Hinata fissò gli occhi azzurri di Naruto, troppo vicini al suo viso.
“I-io.. S-si..” disse discostandosi leggermente.
“Accidenti mi hai fatto prendere uno spavento!” disse preoccupato, sospirando.
“H-ho p-paura d-degli a-ascensori.. M-mi d-dispiace..” balbettò, vergognandosi di se stessa.
“Tutti hanno paura di qualcosa, anche io..” disse Naruto, dopo qualche minuto di silenzio.
“Ora aspetto, telefono ai pompieri, tu intanto spingi il bottone del campanello!” disse sorridente.
Hinata ubbidì e aspettò che finisse di parlare.
Rimase a fissarlo, incantata dalla sua serietà mentre parlava.
Assomiglia terribilmente a suo padre in quel momento.
Finì di chiamare e sospirò.
“Pompieri chiamati, verranno presto!” disse, sedendosi per terra.
Hinata fece lo stesso e calò il silenzio. Un silenzio carico di tensione.
“Hinata posso chiederti una cosa?” chiese improvvisamente Naruto.
La ragazza annuì con lo testa.
“Ma io non ti piaccio nemmeno un po’? Ti sono così antipatico?”.
Hinata sussultò e sgranò gli occhi, fissando Naruto che la guardava come un bambino.
“I-io.. N-no tu mi p-piaci.. P-perché pensi c-che..” riuscì a dire.
“Sei sempre così in imbarazzo con me, sembra che non sopporti la mia compagnia. A volte mi chiedo cosa ti ho fatto, Karin dice che non capisco nulla di te.. Eppure ogni volta che provo a parlarti tu svieni, scappi o semplicemente mi rispondi con monosillabi!” fece serio.
Hinata si sentì attaccata, offesa e non capita.
“Perché non capisci?” sussurrò, chiudendosi come un riccio.
“Cosa dovrei capire, scusa?” chiese inconsapevolmente.
La Hyuga lo fissò severa e si alzò in piedi, mentre cercava di reprimere le lacrime.
“Perché non capisci niente! Perché Karin ha ragione a dire che sei un bambino! Uno di quelli stupidi bambini che non capisce che mi piaci da una vita! Che sono innamorata di te da... nemmeno mi ricordo più da quanto! Che ho gioito davanti ai tuoi successi, che non sono riuscita nemmeno a disprezzare Sakura quando vi eravate messi insieme! Perché tu eri felice, perché lo sentivo e lo vedevo! Nemmeno quando non capivi ed io, come una stupida a fissarti, sperando che un giorno avrei potuto camminare al tuo fianco, che non sarei più stata nell’ombra! Tu sei stata la mia guida, la persona che più mi ha ispirato! Io voglio essere come te: coraggiosa, indomabile! Sono stata una vita a guardarti, vedendo la vita degli altri andare avanti, come la tua.. e io? Io sempre qui, sempre dietro a arrossire a sperare.. sperare.. sperare.. E io mi sono stancata di sperare!” disse, in un fiato, diventando paonazza.
“Hinata io..” cercò di dire Naruto, mentre la fissava.
“Ti prego... ” sussurrò, fissandolo “non devi dire niente..”.
Calò di nuovo il silenzio.
Hinata sentì lo sguardo di Naruto addosso, non smetteva di fissarla.
Si sentì nuda davanti a quegli occhi, nuda davanti a quello sguardo. Sentiva come se avesse il potere di guardarla nel profondo dell’anima. Si sentiva strana, come ogni volta che ascoltava River Flows in You, e non capiva perché.*
Quegli occhi avevano uno strano potere, come se capissero, che vedessero tutto sotto una luce diversa e che infondo.. Infondo ora la vedevano come una donna  matura, forte nella sua fragilità. Sì forte. Era lo stesso sguardo che suo padre le riservò quando s’impose di fare ciò che voleva della sua vita, lo stesso sguardo che Karin e Temari le avevano regalato quando, per la prima volta si era imposta di fare ciò che voleva, che sentiva di fare, come quando si era avvicinata a Shino cercando di non vederlo come il suo grande amico, ma come qualcosa di diverso. E malgrado le avessero detto che non avrebbe funzionato, lei lo aveva fatto, anche se forse sapeva che erano nel giusto.
Lo stesso sguardo che suo cugino le riservò quando, per la prima volta ebbe la decenza di rispondergli, di fargli capire quanto poteva valere e che forse, il suo stare in silenzio non era simbolo di debolezza, ma di forza.
Sentì le lacrime fare capolino, ma le tenne per sé, combattendo con forza per non lasciarle uscire, per non mostrarsi ancora più debole.
Passarono due ore, in un silenzio carico di rumore.
Improvvisamente l’ascensore si mosse e Naruto si alzò, fissando con gioia il giovane pompiere che sorrideva.
“Tutto bene? Siamo arrivati appena abbiamo potuto!”.
“Oh grazie signore, grazie!” ripete Naruto.
“E lei signorina sta bene?” chiese sempre lo stesso pompiere fissando Hinata.
La Hyuga annuì e salutò. Voleva andarsene, non ne poteva più di stare lì.
“Aspetta Hinata ti devo parlare!” fece Naruto prendendole il polso.
Lei prontamente si staccò e scosse la testa.
“No..” riuscì a dire.
Non voleva sentire quello che gli doveva dire, lo sapeva già cos’era: le solite scuse, le solite moine per dire che la vedeva come un’amica e non qualcosa di più.
Corse su quei trampoli e più di una volta rischiò di cadere, e entrò in macchina. Partì.

Hinata dopo che si sistemò i capelli dietro alle orecchie, uscì dalla macchina. Aveva l’aria sbattuta e fissò la casa dei coniugi Uzumaki.
Aveva raccontato la sua avventura a Karin. La rossa le aveva assicurato che Naruto non c’era che doveva immediatamente andare a parlarle.
A casa sua, pensò Hinata, sarebbe stato troppo pericoloso parlare di uomini: aveva scoperto che suo padre era molto geloso di lei e sua sorella.
Chiuse la macchina.
Un rumore. Un rumore di una moto che arriva la fece sussultare.
No. No, non poteva essere.
Naruto parcheggiò in fretta e furia la moto, togliendosi il casco.
“Sapevo che saresti venuta qui!” disse.
Hinata non rispose, ma si limitò ad abbassare gli occhi. Non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi.
“Ti devo parlare..” fece stranamente serio il biondo.
Hinata a quel punto alzò il viso, arrossendo davanti a lui.
“Io non v-voglio.. Non c’è n-niente da dire..”.
“E invece si..”.
“N-no.. I-io non voglio che t-tu abbia p-pietà di me..” rispose.
“Io non ti commisero Hinata, mai l'ho fatto!” rispose Naruto grattandosi la testa.
“N-non lo voglio n-nemmeno..” rispose, stringendo la stoffa del vestito.
“Quello che mi hai detto mi ha spiazzato.. Io non lo avevo capito e mi dispiace averti fatto soffrire.. così..”.
Hinata arrossì, cercando una via di fuga. Sperava nell’intervento di Karin, di Temari o della madre di Naruto, ma niente.
“Sono uno stupido, Karin o Sasuke hanno ragione.. Sono un vero stupido… Mi dispiace moltissimo Hinata..” fece sincero.
Hinata si sciolse davanti a quel sorriso, al suo modo di guardarla. Sorrise debolmente, anche se mentiva, voleva sentire quella bugia.
“S-scuse accettate... A-amici?” fece incerta.
Si spaventò davanti al ghigno che comparve sul suo viso, e per un momento ritrovò in lui gli stessi tratti di Karin.
“No, non siamo amici..” osservò.
Alla Hyuga cadde il mondo addosso. Sentì le lacrime farsi sentire ma, sta volta, lasciò che cadessero.
“P-perché? I-io... I-io... ” fece in ansia.
“Hinata, non piangere ti prego, io non sono tuo amico perché non possiamo esserlo.  Anzi, semplicemente non voglio essere tuo amico perché..”.
Hinata notò che si avvicinava sempre più a lei e, involontariamente si spostò all’indietro, fino ad andare a sbattere contro la macchina.
Era in trappola.
“Perché?” chiese in un sussurro Hinata.
Non ricevette risposta ma, le labbra di Naruto premettero contro le sue.
Un’esplosione di emozioni. No peggio di un’esplosione avvenne nel corpo di Hinata.
Sentì Naruto che dolcemente chiedeva l’accesso alla sua bocca, dandole leggeri colpi di lingua e morsi.
Lei glielo concesse, mentre ancora non credeva che stesse succedendo.
Il suo primo bacio con Naruto sapeva di arancia e cannella, ed era davanti a casa sua, in mezzo alla strada.
Lei si era sempre aspettata qualcosa di romantico.
Incominciò a rispondergli, delicatamente e lui le prese i fianchi, portandosela vicino.
Il bacio si approfondì sempre di più, poi lui si staccò, fissandola radioso come un bambino.
“Adesso capisci perché?”
Hinata non rispose subito ma rimase a fissarlo arrossendo.
“Q-quindi ora c-cosa s-siamo?” chiese titubante.
“Siamo non amici, non ti prometto niente ma ci voglio provare!” fece, battendosi il pugno su una mano.
Hinata gli regalò uno splendido sorriso e, lo abbracciò.
Osservò casa Uzumaki e giurò, di aver visto chiudere le tende da qualcuno che aveva una folta chioma rossa.

“Hai visto Minato? Quella sembra essere la nuova fidanzata di Naruto!” fece Kushina.
“Credo sia giusta per lui..” osservò Minato.
“Si lo penso anche io, da quando l’ho vista ho capito che lei era innamorata di Naruto! Quando quella volta è scappata dal nulla dopo che l’aveva solamente toccata o che arrossiva... Caspita speravo che scegliesse una ragazza come sua madre e invece..” disse battendo il pugno.
“E chi ti dice che in verità non sia come sua madre?” fece divertito Minato.
“A me non pare, ma magari cambio idea, e comunque non capisco: perché si sono incontrati proprio qui? E tutto troppo casuale... A meno che..” disse girandosi verso la cucina, fissando la nipote che beveva dell’acqua e la guardava stizzita.
“Cosa sono? Verde?” chiese.
“Perché fai la dura, quando fai tutto ciò?” chiese improvvisamente la zia avvicinandosi.
“Io non ho fatto niente, se Hinata si è dichiarata e Naruto ha abboccato... Cavoli loro!” disse spostandosi verso il divano.
Minato sorrise e la seguì, prese il giornale e si sedette.
Karin rimase con le gambe incrociate, guardandosi le unghie fresche di smalto.
La signora Uzumaki si avvicinò a sua nipote e le diede una leggera carezza, poi ritirò la mano appena sentì la ragazza irrigidirsi.
Era tale e quale a sua madre. Non sapeva quanto le mancava sua madre, non parlava mai di sua sorella con Karin. Non riusciva nemmeno a dirle quanto le voleva bene. Tra lei e Karin c’era un muro, un muro che si era sgretolato con il tempo ma continuamente sua nipote lo restaurava.
Con Minato aveva un rapporto diverso, e anche con Naruto. Per quanto lo prendesse in giro lo amava, forse lo considerava un fratello.
E ora... Ora aveva fatto tutto ciò, e non si prendeva il merito dei baci e delle parole che si sussurravano sua figlio e la sua migliore amica.
Karin la fissò, tra l’imbarazzato e lo scontroso ma si trattenne a farle una battutina.
“Io..” disse Kushina, sentendo l’occhio del marito puntato su di loro.
Qualcuno bussò e, scuotendo la testa andò ad aprire.
Naruto la salutò, seguito da Hinata che aveva un bellissimo sguardo sognante, mentre teneva una torta nelle mani.
“Sono arrivato da poco e ho visto Hinata! Ciao papà, e ciao strega!” disse.
Minato, lo salutò, facendo accomodare l’ospite.
“Brutto stupido che non sei altro, non ti permettere! Essere inferiore!” osservò acida Karin, prendendo il polso di Hinata e trascinandola in camera sua.
Kushina sorrise appena Naruto fissò gli occhi di Hinata, sorridendogli in modo provocatorio.
“E va bene! Mamma cosa c’è per cena? Ho fame! Anzi no, spero ci sia il ramen! Vado a farmi una doccia!” disse.
Kushina lo fissò in modo strano.
“C’è il ramen e pensavo di invitare Hinata, tu sei d’accordo?”.
Naruto annuì e rispose “Karin ne sarebbe felice!”
“Perfetto allora, diglielo ti prego.. Ah Naruto sei sporco di lucidalabbra, proprio qui..” disse portandoglielo via con il dito.
Naruto si grattò la testa imbarazzato.
“Ah... grazie!” disse.
“Ho già visto questo lucidalabbra poi, molto buono e poi lo ha simile Hinata, quella ragazza ha un gran gusto!” osservò, girandosi verso la cucina.
Naruto arrossì debolmente e suo padre gli regalò un sorriso, alzando le spalle.
Sua madre era così, non ci poteva fare nulla!

NOTA DELL’AUTRICE

Ebbene ecco qua il secondo capitolo puramente NaruHina!! Siiiiiiiii!! *.* ammetto che sono un po’ in ritardo ma la scuola si fa sentire, devo fare la tesina e studiare per l’esame!! Insomma è così!!
Allora cosa ne pensate? Bhe fatemi sapere!!
J Ringrazio tutto quanti! Quelli che leggono che hanno messo la mia storia tra le seguite!! Grazie a:

1 - chang fa mei [Contatta]
2 - Dado chan [Contatta]
3 - Jack and Carly love [Contatta]
4 - NaruHina4ever [Contatta]
5 - Nasahi_96 [Contatta]
6 - SpitFireScar [Contatta]
7 - valehinata1992 [Contatta]

Veramente grazie di cuore!!
Un ringraziamento speciale va a OnlyPapito e rossette che hanno recensito! Grazie, grazie!!
A prestooo!! Un bacio..
Hina93

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


j

CAPITOLO III

“Baka! Sei solo un Baka! Uno stupido, no peggio dello stupido!” urlò Karin al cugino.
“Avanti Karin, non l’ho fatto apposta! Non volevo entrare così mentre stud.. No Karin.. Karin metti giù quel vaso!” esordì Naruto mettendosi le mani davanti.
“Perché dovrei? Tu, tu essere biondo, indegno figlio della famiglia Uzumaki non hai il diritto di dirmi quello che devo fare!”.
“Ma.. ma se mi fai del male, Hinata si potrebbe arrabbiare e anche Temari!” disse in un momento di lucidità il biondo, mentre si nascondeva dietro al divano.
Karin sembrò pensarci un attimo e sbatte il vaso sul tavolo.
“Odio darti ragione, capra!” disse.
Naruto sospirò e uscì dal suo nascondiglio.
Karin lo fulminò con lo sguardo, lasciandoli capire quanto lo odiava.
“Non volevo disturbarti mentre studiavi, mi dispiace..” disse Naruto, guardandola come un bambino indifeso.
“Non osare fare quegli occhi da cucciolo bastonato con me, non ci sono scuse, ora non mi concentro più!”.
Karin sbatte i piedi come una bambina poi si sedette, lasciando sedere Naruto accanto a lei.
“Io non capisco come facciano a sopportarti Hinata e Temari..” borbottò Naruto.
“E io mi chiedo come Hinata possa sopportare te, bamboccio! Anzi come io, la povera Karin, può sopportare uno come te!” disse per le rime la rossa.
“Scusami... Sei così suscettibile!” osservò Naruto.
Karin scosse il capo e si mise a posto gli occhiali.
“E con Suigetsu?” chiese improvvisamente Naruto.
Karin sussultò impercettibilmente, ma non lo diede a vedere.
“Che cosa vuoi dire?” chiese.
“Si insomma intendo come procede la storia?”
“Per tua informazione, io non sto con quella sottospecie di calamaro umano!”
Karin chiuse gli occhi irritata, muovendo in modo spastico la gamba destra.
“Ma io pensavo che..”.
“Ah perché tu pensi?” chiese scandalizzata Karin.
Naruto gli tirò una linguaccia e subito dopo una cuscinata in pieno volto.
La rossa gli diede un forte pizzico sul braccio, sorridendo sadica.
“Karin! Maledizione!” urlò Naruto.
“Te lo meritavi brutto spilungone!”.
Naruto si alzò tenendosi il braccio dolorante.
“Io non capisco perché fai così! Voglio solo aiutarti! Tu hai aiutato sia me che Hinata!” rispose Naruto.
Karin sorrise furba.
“Io non ho fatto altro che mettere legna sul fuoco, niente di più, e poi non voglio essere aiutata da nessuno. Io non ho bisogno di nessuno!” disse stizzita.
Si alzò, prese la sua giacca.
“Dove vai?” chiese d’istinto Naruto.
“Dove mi pare!” rispose Karin.
“Non fare tardi.. Sai che dopo si preoccupano..” disse premuroso Naruto.
Karin lo fissò un attimo e sorrise debolmente.
“Ok..”.
“E fai la brava!” urlò Naruto.
“Ma senti sei mio babbo o mio cugino?” rispose Karin stizzita.
“Io ci tengo a te! Sei mia cugina!” rispose Naruto innocentemente.
Karin ridusse gli occhi a due fessure e sorrise sadica.
“Fuck you, fuck you very, very muuuch!” lo canzonò.
Naruto chiuse la porta sorridendo, senza vedere il sorriso che sua cugina gli regalò.

Karin si mosse silenziosa per la strada. Sapeva di essere bella e non faceva nulla per nasconderlo.
Gli piacevano gli sguardi maliziosi che gli lanciavano i ragazzi o quelli invidiosi delle altre donne.
Era molto vanitosa, più del dovuto.
Si rimise a posto gli occhiali e lasciò che i suoi capelli rossi ricadessero sulla schiena in modo sensuale.
Passando per le vetrine del centro, si fermò a guardare il suo profilo.
Era snella, proporzionata, occhi di uno strano color porpora, rossa naturale. Era perfetta.
Sorrise subdola, pensando a quanto, tra le sue migliori amiche, era indubbiamente la più bella. Non che Hinata e Temari non lo fossero, ma non erano vanitose come lei.
La prima volta che aveva il visto il fisico mozzafiato di Temari, l’aveva vista come una rivale. Si era ricreduta presto, quella battaglia non era incominciata nemmeno e, nella sua mente particolare, lei era l’unica vincitrice.
Con Hinata era diverso, lei faceva di tutto per nascondersi, tranne ora che aveva incominciato a essere più femminile, ma con semplicità. Non era una minaccia per lei, anzi nessuno era una minaccia per Karin Uzumaki.
Sì, certo, era perfetta, ma non così tanto.
Scosse la testa e continuò la sua strada.
Chi era lei, infondo? Una persona sola. Si sentiva sempre sola.
Fin da bambina aveva imparato a combattere. Una madre troppo schiva, un padre troppo succube della moglie. Nemmeno si ricordava i loro volti, dopo l’incidente aveva eliminato ogni ricordo di loro dalla mente.
Così si era ritrovata, anzi no, catapultata a casa della famiglia Uzumaki.
Aveva conosciuto sua zia, suo zio e suo cugino: era una famiglia stupida. Ecco cosa aveva pensato fin dal primo momento che li aveva visti.
Crescendo insieme a suo cugino, era diventata un’aliena, convinta che sua zia fosse un mostro che aveva sposato un angelo e suo cugino, bhè suo cugino era semplicemente stupido.
S’isolava continuamente, viveva nel suo mondo imperfetto.
Tuttora viveva come un’estranea in casa dei suoi zii, che erano diventati appieno i suoi affidatari. Forse doveva dire che s’isolava completamente da sua zia Kushina.
Sospirò. Perché lo faceva? Forse perché era simile a lei, perché era sua zia, la sorella di sua madre. Infondo non aveva un vero e proprio motivo. Era simili in ogni cosa che facevano o sceglievano, entrambe avevano imparato ad amare i loro capelli grazie a complimenti dei conoscenti.
Davanti a sua zia, Karin si sentiva inerme con non mai. Per questo litigavano, le dava sempre contro, vivevano in un rapporto d’intolleranza reciproca.
Incominciò, all’età di dodici anni, anche a uscire con gli amici del cugino, erano troppo diversi. Ino Yamanaka e Sakura Haruno la guardavano con diffidenza e lo stesso valeva per gli altri.
Solo suo cugino le stava dietro, quasi amorevolmente. Lo trattava male, lo respingeva, lo prendeva in giro... eppure lui era lì. Non capiva perché lo faceva. Per questo aveva imparato a volergli bene, a rispettarlo, a capire quanto era forte.
Ripensò al dialogo che avevano avuto da poco. Erano sempre così, anche davanti ai genitori di Naruto.
Naruto non insinuava e non pretendeva, però la capiva. La capiva come nessun’altro.
All’età di sedici anni si avvicinò al mondo della droga, dell’alcool, perché lo faceva? Perché era giusto così. Che scopo aveva la sua vita? L’unica sua salvezza era Sasuke, quell’amore così utopico che provava per il migliore amico di suo cugino.
A quel tempo avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, qualsiasi. Ma quelle sue “amiche” , il maiale rosa e l’oca, facevano di tutto pur di non farlo avvicinare a lei. E lei soffriva, soffriva capendo che lui non la guardava , che mai e poi mai sarebbero stati qualcosa.
Con il tempo aveva imparato a scoprire che Sasuke amava unicamente se stesso. Sì, solo se stesso.
Si staccò completamente da quegli amici, uscendo dal mondo della droga, senza tanti aiuti degli amici.
La aiutarono soprattutto i suoi zii, o doveva dire famiglia?
Anche per questo non li sopportava, forse: la facevano sentire debole, indifesa, sempre pronti a proteggerla a difenderla per ogni suo sbaglio.
Anche quando iniziò a tagliarsi le braccia, così per divertimento, i suoi zii erano pronti a giustificarla. Non si erano mai permessi di dargli uno schiaffo o insultarla, dirle di odiarla. Mai. E lei lo desiderava, da ragazza voleva quel trattamento che però non aveva mai ricevuto.
L’unica persona che le faceva notare quando sbagliava era Minato, che con la sua grazia, gentilezza e forza, riusciva a colpirla nel profondo. Rispettava quell’uomo come un padre, e se lei, come figlia, avrebbe potuto scegliere suo padre, lui sarebbe stato perfetto.
Naruto veniva sgridato, soprattutto da sua madre e lei voleva essere come suo cugino, non voleva essere la ragazza problematica difesa dai suoi affidatari.
Oggi, pensava di aver capito che la amavano anche nei suo difetti, quella battaglia era finita.
Oppure era mai iniziata?
E lì che incontro Hinata e Temari, quelle due ragazze che sarebbero diventate le sue migliori amiche.
Erano arrivate nel momento giusto, nel posto giusto.
Erano state le prime che, con prepotenza avevano abbattuto il suo muro. Temari con la forza, Hinata con la dolcezza.
Sorrise debolmente.
Loro erano state delle porte che si erano aperte nella sua vita. Aveva avuto il coraggio di aprirle e di entrare… ed era felice così.
“Guarda un po’ chi c’è! La strega!” esordì qualcuno.
Karin non fece in tempo a rispondere che, andò a sbattere contro qualcuno.
“Stupido brutto maleducato, ti venisse l’acne acuta!” rispose.
Alzò lo sguardo e incontrò due occhi color viola, e un sorriso accattivante da squalo affamato.
“Ah il merluzzo!” esordì.
“Sei sempre carina, Karin, come ricevere una pallottola nel sedere!”
Karin lo fissò, notando che aveva i capelli ancora umidi e il borsone della piscina a tracolla.
La sua pelle, così bianca risaltava contro la maglia scura che portava. L’unico segno di colore erano le guancie arrossate e quegli occhi così strani e magnetici, bellissimi per Karin.
Lo osservò con la coda nell’occhio, era magro, allenato, perfetto. I jeans fasciavano perfettamente le gambe muscolose.
Le sue gote si arrossirono.
“Si lo so, sono troppo bello!” fece, mettendosi in una posa teatrale.
“Ah si? Tu saresti bello? Persino un verme è più affascinante di te!”.
“Non insultare i tuoi simili, Karin non te l’ha mai insegnato nessuno?” rispose per le rime.
“Sei patetico, piovra!”
“Parlò la racchia!”
Karin sbatte i piedi come una bambina.
Non lo sopportava, non lo sopportava!
“Vorrei mandarti a quel paese, ma sono troppo gentile! Ciao!” disse allontanandosi.
“Te ne vai già?” fece contraria Suigetsu seguendola.
“Magari non mi piace stare con quelli che puzzano di pesce marcio..”
“Nemmeno a me piace stare vicino ai quattr’occhi, però lo faccio..” osservò Suigetsu, sorridendo furbo.
A Karin quel ragazzo dava sui nervi ma veramente molto.
Perché riusciva a sfidarla così? Perché metteva alla prova le sue forze?
Davanti a lui si sentiva diversa, provava una strana sensazione. Una sensazione che sapeva cosa significava, eppure si rifiutava di provarla.
Che potesse amare un essere come quello… Bhe allora significava che nella sua vita precedente aveva fatto qualcosa di male, come innamorarsi di un assassino e allearsi insieme a lui. Era il minimo.
“Ti hanno mangiato la lingua?” chiese il ragazzo, incamminandosi accanto a lei.
“Pensavo uomo-pesce!”
“Ah, perché tu pensi?” fece.
Karin sgranò gli occhi e lo fissò. Quella frase, quel suo modo di fissarla, di porsi erano.. erano uguali a suoi! Aveva fatto la stessa cosa a suo cugino!
“Tu mi spii!” urlò Karin, avvicinandosi minacciosa.
“Io cosa? Penso che posso sprecare meglio il mio tempo!” osservò Suigetsu allontanandosi.
Karin non ci vide più.
“Sparisci dalla mia vita!” urlò.
Girò i tacchi, indispettita, ma sentì lo sguardo di Suigetsu che la seguiva.

Finì di fumare la sua sigaretta, uno sfizio che aveva in comune con Shikamaru, anche sé lui era un vero e proprio fumatore e prese il cellulare.
Aveva ricevuto un messaggio.
Uno era di Temari, che le chiedeva se aveva voglia di uscire con lei e Hinata, rispose di sì.
Poco dopo gli arrivò il messaggio in cui c’era scritto che si sarebbe incontrare al solito posto alle nove di sera.
Sorrise soddisfatta, sarebbe andata a casa e si sarebbe cambiata.
Non aveva voglia di prendere l’autobus, o un taxi e quindi optò per una bella passeggiata.
Girò per le strade, come un’anima in pena.
Quel Suigetsu era... era... Doveva uscire dalla sua vita! Ci pensava troppo! Però era.. era.. come dire.. Doveva smettere di pensare a lui!!
“Io l’ho detto che sei innamorata di me!” fece quell’odiata (o amata?) voce.
Karin si girò, e vide Suigetsu, sorridente.
“Vattene!”
“Avanti una bella racchia come te, deve essere accompagnata a casa.. Poi ho un regalo!”
“Vaffanculo Suigetsu.. Cosa mi interessa poi?” rispose fermandosi.
“E’ per te!” rispose lui, porgendole un fiore.
“Ed io cosa dovrei farci con questo coso?” rispose Karin schifata.
“Prima di tutto è un giglio, seconda cosa: lo accetti?”
Karin ci pensò un attimo, poi annuì.
“Allora accetti la mia sfida.. Interessante..” disse avvicinandosi.
“Che sfida, scusami? Cosa ti sei fumato? L’erba puffa?” chiese Karin.
Suigetsu alzò le spalle ed entrò nel suo appartamento.
Karin non sapeva che abitava lì.
“Ehy sto parlando con te, razza di idiota!” lo seguì.
Percorse le scale, ed entrò nella casa di Suigetsu.
Regnava un certo ordine, ed era tutta colorata da un insolito azzurro, sembrava che si fosse tuffata nel mare.
Come lui, tutto odorava di mare, di salsedine, di buono.
“Esci da casa mia..” fece scontroso.
“No..” rispose Karin, sorridendo sadica, chiudendo la porta.
Suigetsu sbuffò, ma comparve uno sguardo divertito nei suoi occhi.
“Io stavo parlando con te, cosa che dovrebbe onorarti moltissimo... Che sfida avrei accettato?”
“Perché t’interessa?” rispose Suigetsu, sedendosi sul divano.
“Perché sì, non scommetto e non sfido nessuno senza sapere se vincerò.”
“Credi di vincere?” disse, poi rise.
“Io vinco sempre..” rispose Karin, muovendo la chioma rossa.
“Allora chiedimi del giglio..”.
Karin lo fissò perplessa.
“E perché dovrei?”
“Perché ti direi la sfida..”.
“D’accordo, cosa significa il giglio?”
“Il giglio vuol dire: ti sfido ad amarmi... Non so però quanto può essere vero, l’ho sentito in un film!”* disse piano.
Karin lo fissò stupita, diventando rossa. Si grattò la testa, era imbarazzata.
“E quindi?”.
“E quindi niente. So che ti piace giocare, allora facciamolo questo gioco! Parliamo al telefono, usciamo, scherziamo e ridiamo... ”
“E poi?” disse Karin incerta.
“E poi quello che s’innamora prima, perde!” disse Suigetsu.**
Karin lo fissò confusa.
Quel gioco l’aveva già perso in precedenza! Lei lo sapeva! Lei era innamorata di quell’essere!
Suigetsu la guardò fissò, senza staccare i suoi occhi da lei.
La rossa si sentiva a disagio, e anche parecchio.
“E’ un gioco stupido!”
“Hai paura?” disse felice Suigetsu.
La fissò come un pazzo.
“La racchia ha paura!”
“Non è divertente! Non mi va! Rifiuto la tua sfida!”
Karin scoppiò, non poteva offenderla non voleva. Non si doveva permettere!
“ Brutto figlio di una trota imbalsamata, non so cosa sta succedendo! Provo qualcosa per te, qualcosa che non posso assolutamente provare! Hai capito adesso? Suigetsu devi capire! Non posso fare questo! Non posso assolutamente! Quindi qualunque cosa sia va fermata e va fermata subito! Hai capito? È finita!”
Si allontanò, voleva uscire da quella casa. Buttò il giglio per terra.
Poi, come sospinta da un'altra forza, ritornò in casa e lo baciò.
Suigetsu ricambiò poco dopo, forse preso alla sopravista.
Si baciarono, come in modo passionale.
Poi, lui la spinse in stanza da letto.

Karin gemette, gemette come mai aveva fatto nella sua vita.
Non si era mai sentita così viva tra le braccia di un uomo.
I suoi baci, i suoi morsi, tutto era perfetto.
Lo odiava, lo odiava anche in quel momento.
La faceva sentire debole, la faceva sentire desiderata. Lo odiava.
Le sue mani sul suo corpo, le spinte troppo violente che le dava. Lo odiava.
Odiava anche quei suoi occhi che godevano vedendola così, in difficoltà, mentre era posseduta da lui.
Sapeva di aver vinto quella sfida, Karin glielo poteva leggere negli occhi.
Lo odiava.
Lo odiava perché aveva abbattuto l’ultimo mattone del suo muro.
Lo odiava, lo odiava.
“Ti.. odio..” riuscì a dire tra i gemiti, infilzando le sue unghie nella schiena perfetta del ragazzo.
“Non è vero.. mi ami..” disse lui.
“Ti odio.. Ti odio..” disse Karin.
Lui spinse ancora più forte, al limite della sopportazione della rossa.
Gridò.
“Sei un.. bastardo..”.
Allo stremo delle forze, lui si accasciò, sdraiandosi accanto a lei, dopo che entrambi avevano raggiunto il piacere.
“Io invece ti amo..” disse in un sussurrò Suigetsu, stranamente serio.
“Non giocare con me..” rispose Karin, fissandolo.
“Abbiamo giocato per troppo tempo, Uzumaki, quella sfida di prima, l’avevamo già persa entrambi..” disse.
Karin annuì e chiuse gli occhi.
Suigetsu la seguì poco dopo.
Karin aspettò che si addormentasse, poi aprì gli occhi.
“Anch’io, ti amo... Hozuki” disse.

Rientrò a casa, era tardi. Aveva avvisato le sue amiche solo qualche ora prima, e Hinata le aveva risposto che immaginavano che centrasse Suigetsu.
Sapevano perdonarla sempre.
Chiuse la porta e si avviò in cucina.
Incontrò sua zia, in pigiama, con un bicchiere nelle mani.
“Ciao Karin..” disse
“Ciao..” rispose la rossa, cercando di nascondere eventuali segni della sua nottata.
“Stai bene?” chiese, alzando un sopracciglio la zia.
“Sì, certo perché non dovrei?” chiese.
“Così.. mi sembri.. strana..” rispose, fissandola con curiosità.
Karin inghiottì rumorosamente la salita.
“Allora.. buona notte..” fece sua zia, sorridendole.
“Notte..” fece.
La vide andare via.
“Perché non mi chiedi dove sono stata?” chiese seguendola.
Kushina si fermò e sembrò pensarci.
“Perché mi fido di te, e scommetto che ci sia stata una buna ragione..”.
Karin sorrise, arrossendo.
“Si tratta di un uomo, vero?” disse sua zia, avvicinandosi curiosa.
Karin annuì, poi si pentì, doveva essere impazzita.
“E sempre così, noi Uzumaki quando ci innamoriamo siamo così!” sorrise.
Karin rimase impalata come una statua, aspettandosi qualcosa.
“Spero che c’è lo farai conoscere, un giorno..” disse sua zia, interrompendo i suoi pensieri.
“Si, penso di si, zia..” disse sorridendo.

NOTA DELL’AUTRICE

Ecco qua una SuiKarin non avevo mai scritto niente su questa coppia! E’ la mia prova volta! Quindi siate clementiiiii!! Non ho niente da dire in riguardo! Non so ma io vedo il loro rapporto così, pieno di sfide, di battutine acide, di amore travestito da odio! Sarà che sono pazza! Sarà che amo Suigetsu! Ahahahahah ecco qua!!
Ringrazio tutte le persone che leggono semplicemente e alle persone che hanno messo la mia storia tra i preferiti, le seguite e le ricordate!! Grazie infinite, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie a ognuno di voi! Infine un grazie a chi recensisce!
Alla prossima!! Un bacio!! Hina93


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