Non tutto è come sembra.

di TimeLady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


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Capitolo uno

 

La scuola. Quell'orrido posto dove annoiano le persone e le inducono al suicidio.
Odiavo quel posto e lo odio tutt'ora. Per una come me, iperattiva e dislessica, era una tortura.
Andavo alla Saint Thomas di New York, piena di bulletti idioti che ti prendevano in giro per qualsiasi cosa, anche la più minima e insignificante.
Odio ammetterlo, ma la loro vittima preferita ero io, anche se alla fine non mi facevano niente, perchè scappavo prima.
Ci vedreste me, magra e deboluccia come sono, a prendere a pugni loro, alti e grossi come gorilla?
Proprio no... 
Vivevo nell'isola di Manatthan, in una casa minuscola vicino all'Empire State Building e con mia madre. Mio padre non sapevo neanche chi fosse e mia madre non voleva neanche parlarmene, nonostante le chiedessi in continuazione sue notizie.
A proposito: mi chiamo Elle e ho 14 anni, sono dislessica e iperattiva se non si era capito, mia madre mi riempe di profumo alla rosa, odio la scuola, sono magra, alta nella media, occhi solitamente azzurri ma che variano rispetto al tempo, capelli marroni con riflessi rossi e mossi.
Comunque, quel giorno che mi cambiò totalmente la vita (lo so, lo dicono tutti...) era l'ultimo giorno di scuola. Per me era la fine di un supplizzio, ma anche l'inizio di un altro: le uova e i gavettoni erano il mio incubo.
So che può sembra una roba a cui pensano sole le Miss Universo e robe varie, ma io le uova sui capelli non-le-posso-sopportare! Per non parlare dell'acqua: io e lei proprio non ci intendiamo. L'ultima volta che sono andata al mare, per poco non affogavo travolta da un onda.
Comunque, quando suonò la campanella, corsi fuori all'impazzata per evitare la folla e soprattutto per scappare. Sapevo che i soliti idioti mi avrebbero preso di mira, siccome l'anno prima avevo avuto la fantastica idea di far sapere al mondo che odiavo le uova e l'acqua. 
Spalancai la porta di ingresso d'ingresso con un calcio mentre il bidello mi guardava con occhi assassini, ma non feci nenche in tempo a scendere uno scalino che un gavettone mi colpì in piena faccia. Il lieve trucco che avevo cominciò a scivolare lungo le guance. Perchè non avevo usato la matita impermeabile, perchè?! 
- Ahahahah sei una sfigata! Ahahahah -
Era il bullo più bullo della scuola che si divertiva un mondo a tormentarmi. Sempre lui, solo lui, che trascinava tutta la sua banda. Mi sono sempre chiesta che cosa mai gli avessi fatto...
Sta di fatto che mi girarono i cinque minuti e urlai in faccia.
- Lo sfigato sei tu che te la prendi con i più piccoli -
Come gran finale gli feci una linguaccia e corsi via da quell'orrido posto, cercando di imboccare strade laterali siccome ero sicura che mi stesse inseguendo. Non mi ero mai permessa di rispondergli così perchè sapevo che mi avrebbe pestato di brutto. 
"Che cretina che sono stata" mi ripetevo in cuontinuazione nella mia mente, mentre correvo a perdifiato per le vie di Manhattan.
Cercai di tornare a casa, il luogo più sicuro che a quel tempo conoscevo.
Stavo correndo da almeno 10 minuti e la stanchezza si faceva sentire sul mio corpo deboluccio e tutt'altro che allenato a dovere. Ma non finiva lì: inboccai una vietta e mi trovai davanti a un vicolo cieco.
Ero nei guai, guai seri.
Lanciai la cartella celeste dall'altra parte del muro e cominciai ad arrampicarmi. Beh, diciamo che cercavo di arrampicarmi.
Quando avevo quasi raggiunto la fine del muro, sentii una voce tuonare alle mie spalle.
- ELECTRA ROBINSON! - 
Per lo spavento scivolai giù dalla parete, graffiandomi tutte le mani.
Ma c'era anche un altro problema: nessuno, a parte mia madre e me sapeva il mio nome intero. Forse mio padre, ma dubito che se fosse stato lui mi avrebbe riconosciuto. Ero sicura, anzi sicurissima, di non averlo mai detto a nessuno o mi avrebbero preso in giro a morte.
Mi girai tremante.
Un cosa, o meglio, un essere si stagliava davanti a me. Era rivoltante: aveva un corpo umanoide, tutto coperto di scaglie come quelle dei pesci, i denti erano come quelli dei cani e sia i piedi che le mani erano palmati, tipo quelle delle anatre. Inoltre aveva anche una specie di spada attaccata al fianco. Per poco non mi venne da vomitare. 
- Chi anzi cosa saresti? - mi sforzai di chiedere con tono fermo, anche se si riusciva a scorgere una nota di paura.
- Io sono Lykos, il telchino! E tu, sei il mio prossimo pasto, mezzosangue! -
Mezzosangue?
Ma che cacchio stava dicendo?!
Non sapevo di che nazionalità fosse mio padre, ma di sicuro era di New York visto che mia madre non ha mai lasciato quello schifo di città!
Cominciò ad avanzare e tirò fuori la sua arma. Mischiate un alga gigante con una sciabola e avete ottenuto quello schifo di lama.
Anche se sembrava del tutto innocua per via delle alghe, delle quali avevo potuto consatatare la morbidezza l'estate prima quando ne avevo ingoiata una. In ogni caso era meglio non correre il pericolo di scoprire troppo tardi la sua inefficacia o meno.
Saltai sul cassonetto della spazzatura di fianco a me e cercai di arrampicarmi sul muro presa dal panico. Continuavo a scivolare e la paura di certo non aiutava.
Pregavo il cielo di far succedere qualcosa: un fulmine, un tornado, uno squarcio nel terreno, un infarto... Qualsiasi cosa pur di ucciderlo.
Mi venne un colpo quando sentii la sua mano viscidosa che mi teneva la caviglia. Scivolai definitivamente per terra e proprio mentre alzava la spada algosa (o quel che era), arrivó un fulmine che lo centrò in pieno. Rimasi a terra, tremante, mentre quell'essere si sbriciolava davanti ai miei occhi. Quando fu diventato una polvere nera sottilissima, scomparve del tutto.
Pregare il cielo era servito a qualcosa, anche se mi sentivo più debole, come se quel fulmine avesse preso energia dal mio corpo.
- Stai bene? - chiese una voce.
Alzai gli occhi dal punto dove era scomparsa quella cosa e vidi un ragazzo più o meno della mia età, che avanzava pian piano sulle stampelle.
Scattai subito sulla difensiva.
- E tu chi sei?! Che cosa vuoi da me?! Cercherai anche tu di uccidermi?! -
- Calmati. Non ti voglio uccidere, mi chiamo Soter e sono qui per aiutarti - mi disse.
Non capivo come potesse aiutarmi: ero debole, spaventata affamata e, sembrerà strano, avevo sonno. Non riuscivo a capacitarmi dell'idea che lui, ancora più invalido di me riuscisse a darmi una mano.
Senza dire niente frugò per un po' nel suo zaino cachi e tirò fuori un conteiner.
- Tieni, mangia questo - disse porgendomi un cubetto di una cosa non identificata che aveva pescato dal conteiner.
- Che cos'è, veleno?! - chiesi allarmata scrutando e annusando il cubetto che mi aveva dato.
- No. É nettare di anbrosia e ti farà stare meglio -
Dopo averlo guardato ancora un po' di traverso, lo portai alla bocca, esitante. Aveva un buon sapore di cioccolato fondente e mi sentii subito meglio.
- Yumh! Buona! -
- Stai meglio? -
- Si grazie Soter! -
- Ora andiamo, non c'è tempo da perdere -
Mi porse la mano e, con una forza che non mi sarei mai aspettata, mi fece alzare e mi tascinò letteralmente via mentre cercavo di spiegargli che il mio zaino era dall'altra parte del vicolo. Mi ricondusse per le vie da cui ero passata primaper poi svoltare in una via familiare. Infine ci fermammo davanti a un portone di una casa. Solo allora capii dove eravamo arrivati.
- Ehi! Come fai a sapere dove abito?! - gli chiesi in tono brusco mentre lo fissavo incredula.
Mi guardò facendo un sorrisetto, ma non rispose e suonò semplicemente al citofono.
- Si? -
Rispose mia madre. Il citofono le faceva un voce metallica, tipo robot.
- Sono Soter. Il momento è arrivato -
Il momento?
Che momento?!
Perchè stavano tutti parlando di cose senza senso quel giorno?!
Si sentì un click e il portone si aprì, salimmo con l'ascensore fino al 7° piano e suonammo alla porta di casa mia. Si sentì il rumore inconfondibile delle pantofole di mia madre e poi la porta si aprì. Mia madre, con il fiatone, ci si parò davanti agli occhi.
- ELLE! Stai bene tesoro?! - chiese abbracciandomi e inondandomi di tutto quel profumo alla rosa che odiavo. Non feci neanche in tempo a rispondere che ci incitò ad entrare - Entrate, veloci! - e ci spinse dentro di forza.
- Credo che l'abbia aggredita un telchino, ma se l'è cavata egregiamente -"disse Soter rivolto a mia madre mentre appoggiava le stampelle al muro e si sedeva sul divano azzurro.
- Elle, veloce! Prepara un borsone con dentro solo lo stretto necessario! -
Non capivo cosa cacchio stesse succedendo, ma obbedii a mia madre.
Completato il borsone me lo misi in spalla e tornai in salone.
Erano entrambi davanti alla porta di casa e mia madre aveva in mano le chiavi della macchina.
- Mamma, ma dove stiamo andando? -
- Te lo spiego in macchina. Ora veloci, andiamo! -
Scendemmo in ascensore e quando fummo quasi fuori dal condominio, mia madre mi bloccò e mi spruzzò del profumo alla rosa tutto addosso.
- Mamma! -
- Scusa tesoro, ma è strettamente necessario -
Mi prese per le spalle, mi spinse nel sedile posteriore della Fiat 500 blu elettrico e partimmo sgommando.
- Ora mi spiegate cosa sta succedendo?! -
Mia madre e Soter fecero uno sguardo d'intesa.
- Tesoro, avrei dovuto dirtelo tempo fa, ma avevo paura di perderti. Tu non sei come gli altri ragazzi, Elle. Tu sei una mezzosangue, tesoro. Un semidio. Gli Dei degli antchi greci esisto e tu sei figlia di uno di loro -
Rimasi scioccata. Io, un semidio. E non sembrava affatto uno scherzo.
- Ti ho protetta cospargendoti di profumo per non farti trovare dai mostri - continuò mia madre - Ma oggi è successo. Sei stata quasi uccisa da un telchino. Non so più a cosa pensare. ei in pericolo adesso. Solo un posto è sicuro, ma io non posso venire*
A quelle porele mi bloccai. Il cuore cominciò a battere più forte, sempre più velocemente.
- Mamma cosa stai dicendo? Io non ti lascio... - le dissi mentre una lacrima solitaria solcava la mia guancia.
- Invece si, tesoro. Non è per sempre. Dopo l'estate potrai tornare di nuovo a casa... - mi disse in tono rassicurante e rivolgendomi un piccolo sorriso.
Soter si intromise nel nostro triste discorso, sempre rivolto a mia madre.
- Signora, siamo arrivati -
Mia madre scrutò fuori dal finestrino.
- Me lo ricordavo diverso -
- I tempi sono cambiati, signora -
- Bah, abbiamo già perso troppo tempo. Elle - disse mentre fermava l'auto a bordo della strada e si girava per guardarmi - Mi mancherai -
- Anche tu -
- Ci vediamo dopo l'estate! - mi urlò mentre Soter mi guidava su per la collina che si trovava a lato della strada. Mi girai appena in tempo per vedere la Fiat 500 blu elettrico sgommare via, così come era partita.
- Forza, che ci stanno aspettando! - mi incitò Soter mentre saliva a una velocità impressionante la collina. Quando scalai anche io quella montagna d'erba, Soter stava guardando fisso davanti a sè, con aria raggiante. Guardai anche io. Un arco bianco conadido si trovava al centro di una radura verdeggiante e sull'architrave portava una scritta. Stranamente riuscii a comprenderla, ma Soter mi anticipò.
- Benvenuta al Campo Mezzosangue, Elle -

 

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Beh ecco il primo capitolo della storia. Immagino che abbiate già capito la parentela di Elle...
Comunque, spero di farvi avere il secondo capitolo al più presto, ma credo che ci vorrà un po' di più, siccome la connessione internet va e viene.
Spero vi piaccia :D

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


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Capitolo due



Avrei passato la mia estate in un campo.
Che schifezza.
Odiavo i campi, pieni di persone che correvano in giro, con una sola doccia e le stanze in comune.
- Su, andiamo! - mi incitò Soter cominciando a camminare verso l'arco bianco. Lo seguii, dopotutto non avevo la più pallida idea di dove mi trovavo e anche volendo non sarei potuta scappare.
Quando finalmente raggiungemmo il centro di quell'obrobrio, spalancai la bocca per lo stupore.
Mi sarei aspettata di trovare secchioni con enormi lenti d'ingrandimento che osservavano gli insetti, bulli che tiravano gavettoni ai più piccoli e animatori che rincorrevano i ragazzini più pestiferi.
Oh no. Non era così.
C'erano ragazzi che duellavano con le spade in un arena, che facevano tiro con l'arco, che combattevano a mani nude, invece altri ancora... Beh, non facevano niente, ma avevano le gambe da capra e per una ragazza di Manhattan era davvero strano uno spettacolo del genere.
- Vieni, ti faccio vedere la tua cabina -
Soter mi trascinò per tutto il campo mentre dei ragazzi con l'armatura mi guardavano squadrandomi, come se fossi io quella vestita in modo strano.
- Soter, perchè mi guardano male? - chiese distogliendo lo sguardo da un gruppo di ragazze che continuava a fissarmi.
- Non ti guardano male. Sono solo impauriti - disse Soter mentre salutava una ragazza tutta verde e vestita di... alberi?
- Impauriti da me? Stai scherzando?! -
- No, affatto! Tu, solo con un gesto della mano, potresti incenerirli tutti quanti -
- Sì certo. Come se io adesso alzassi la mano e quel fiorellino si disintegras... -
Un fulmine colpì in pieno il fiorellino bianco stante davanti a me che si disintegró all'istante.
Spalancai gli occhi e fissai il mucchietto di polvere sull'erba e poi Soter, che mi guardava con aria compiaciuta.
- Come cavolo ho fatto a... a... a fare quello?! -
- Ogni figlio di Zeus può farlo! -
- Fi-Figlia di Zeus? Il padre degli Dei? Io? -
- Sì, sì e sì - disse contando le domande con le dita - Oh, eccoci arrivati. Tua sorella purtroppo non è in casa -
- Mia sorella? -
- Sì, Talia Grace. Ora è una Cacciatrice -
Vedendo che stavo già per chiedere qualcosa mi zittì rispondendo prima lui.
- Le spiegazioni a dopo. Adesso sistema la tua roba -
Entrai nella struttura bianca, con un grosso numero 1 attaccato alla parete sul portico. Aveva alcune rifiniture color argento sui bordi delle scale e sul tetto erano dipinte tante piccole nuvole con dei lampi qua e là.
Aprii la porta e un intenso profumo di temporale mi investì.
Appoggiai la borsa all'entrata e avanzai verso il centro della stanza.
Due letti azzurri e grigi si trovavano vicino alla finestra che dava sul retro della casa; una lunga scrivania era addossata alla parete e ricoperta di libri principalmente su Zeus ma anche sugli altri Dei greci; alzando lo sguardo al soffitto notai che era tutto dipinto di blu scuro e punteggiato di stelle argento che sembrava brillassero sul serio; invece vicino all'entrata era posizionato un grosso armadio argento che splendeva ai raggi del sole. Le tende grigio chiaro svolazzavano al leggero venticello estivo che le gonfiava fino a farle sembrare una grossa nube temporalesca.
Mi avvicinai a uno dei due letti, quello verso la finestra, e notai che vi era appoggiata una lunga scatola rettangolare con attaccato un bigliettino giallognolo. Afferrai il bigliettino e mi preparai al supplizzio della lettura. Stranamente era facilmente decifrabile.

Cara Elle,
credo che questa ti servirà per il tuo allenamento al campo.
Fanne buon uso.

Non c'era nessuna firma, solo una piccola saetta al bordo della carta. Capii subito che il mittente del regalo era mio padre Zeus.
- Grazie papà - mormorai sperando che mi sentisse.
Un rombo di tuoni si sentì in lontananza. A quel tempo non capivo ancora che quello era il "Prego" di mio padre.
- Sta arrivando un temporale, meglio che mi sbrighi -
Lanciai il borsone all'interno dell'armadio dall'altra parte della stanza e mi precipitai ad aprire il pacchetto.
Una bellissima spada d'argento quasi mi accecò all'apertuta della scatola.
Estasiata, allungai la mano per prenderla. Mi aspettavo che pesasse tantissimo, invece era molto leggera, fatta apposta per una come me.
La rimirai tra le mani, attenta a non tagliarmi.
Notai che sull'elsa c'era inciso il mio nome intero con l'argento e sulla lama c'era una scritta: "L'istinto è la migliore arma che possiedi. Usala per ristabilire l'ordine nel mondo".
Che filosofo mio padre, pensai.
Sarei stata ore e ore a guardarla, se non mi fossi ricordata che Soter mi stava aspettando e io desideravo spiegazioni su quello strano campo.
Presi la fodera e me la allacciai alla vita, infilando accuratamente la bellissima spada.
Gettando un altra occhiata alla mia nuova stanza, chiusi la porta e saltai gli scalini del portico, atterrando sul vialetti acciottolato.
Soter stava parlando con la tipa verde che prima aveva salutato.
Quando mi vide, la salutò e mi raggiunse.
pSolo dopo qualche secondo mi accorsi che non aveva le stampelle, era a petto nudo e soprattutto, aveva le gambe da capra.
- Ma cos... -
- Sono un satiro. Ho il compito di proteggerti -
Notando che stavo ancora fissando le sue gambe, con un gesto della mano mi fece riprendere dallo stato di shock e cominciò a spiegare.
- Bene Elle. Ora ti spiego come funziona qui -
Cominciammo a camminare seguendo la stradina di ciottoli.
- Prima di tutto devi sapere che qui si allenano i semidei per sopravvivere. Ogni settimana ti allenerai al tiro con l'arco, scherma, corpo a corpo, autodifesa, caccia alla bandiera, volo sui pegasi, corsa delle bighe e allenamenti di gruppo. A proposito di allenamenti di gruppo... Se ne terrà uno domani pomeriggio e credo che tutte le case stiano pregando di finire in squadra con te... - mi confidò facendomi l'occhiolino, per poi abbassare lo sguardo alla mia spada.
Automaticamente portai la mano all'elsa.
- E quella dove l'hai presa?! -
- Un regalo di papà - dissi superandolo.
- Posso vederla? -
Mi fermai in mezzo alla stradina a pensare se dargliela o meno. Mi girai verso di lui estraendo la spada e puntandogliela contro.
- Abbastanza vicino? - chiesi facendo un sorrisetto malizioso. Era divertente vedere la sua faccia terrorizzata con gli occhi fissi sulla punta.
Vedendo che non rispondeva abbassai la spada e gliela porsi.
- Guarda che stavo scherzando... -
Soter tirò un sospiro di sollievo. Prese la spada con molta delicatezza e se la rigirò tra le mani.
Dopo qualche minuto me la ridiede.
- Davvero magnifica... Come si chiama? - chiese mentre la rimettevo nella fodera.
- Le spade hanno un nome? -
Ero davvero imbarazzata. Ero certa che mi avrebbe riso in faccia per quella sciocca domanda.
Invece stranamente mi rispose con calma.
- Certamente! Scegli un nome -
Rimasi un po' a pensare.
Doveva essere bello, d'impatto e che rispecchiasse sia la spada che la mia personalità.
- "Portatrice di Luce" - gli dissi infine.
Perfetto come nome: bello, elegante, pacifico, e rispecchiava sia la spada splendente che la mia voglia di ristabilire l'ordine.
- Davvero un bel nome... Comunque, ti stavo dicendo che qui al campo alleniamo gli eroi. Ogni tanto vi viene affidata un impresa, che dovrete portare a termine anche a costo della vita. Un ultima cosa e poi andiamo a conoscere i ragazzi del campo - disse dirigendosi verso una radura piena di ragazzi con un grande falò spento circondato da tavolate - Qui al campo troverai molti amici, ma devi sempre fidarti del tuo istinto. Capito? -
Tutti con questa storia dell'istinto. Prima mio padre e adesso lui. Ci mancava solo che un farfallina gialla che mi stava passando davanti in quel momento si possasse sulla mia spalla per dirmi "Segui il tuo istinto".
Alzai i pollici verso di lui per fargli vedere che avevo capito.
- Bene. Ora, il tuo tavolo è quello lì, il cibo è là e non spaventarti se tutti ti guardano male -
Detto questo mi diede una piccola spinta d'incoraggiamento. Quando mi girai per guardalo, non c'era già più.
Mi feci coraggio e avanzai verso il falò.
Appena entrata nella radura tutti, e sottolineo tutti, gli occhi erano puntati su di me e mettevano un certo disagio.
Senza guardare nessuno e camminando con fare deciso, con una mano sull'elsa della spada, avanzai verso il tipo che dava da mangiare. Preso il vassoio, andai al mio tavolo e mi sedetti.
O perlomeno cercai.
Infatti beccai la panca con lo stinco e caddi in avanti sul tavolo, riuscendo però ad appoggiare il vassoio.
Potete immaginare le risate generali.
Primo giorno e già ero la più ridicola del campo.
Rialzandomi, mi sedetti per bene dal tavolo cercando di non fare altre cavolate del genere.
Cominciai a mangiare tranquillamente anche se di tanto in tanto sentivo dei commenti poco carini sulla mia caduta, che mi facevano stare male. Avevo ragione a odiare ancora più di prima quel campo.
Quando ormai il pranzo era quasi finito una ragazza mora e in carne, vestita con un'armatura dorata, si mise vicino al falò spento, con le mani sui fianchi.
- Ora ascoltatemi bene, pivelli! - urlò ai mezzosangue con una voce davvero possente.
Mi andò di traverso un chicco d'uva per colpa sua.
- Domani si terrà l'allenamento di gruppo, e voglio che ognuno di voi si alleni al meglio. Ora andate ad allenarvi, o vi spezzo le ossa una per una! Chiaro?! -
Wow. Beh, faceva veramente paura quella ragazza ma perlomeno si faceva ascoltare.
Infatti le persone si avviarono in fretta verso le varie arene. Io decisi di apettare che la folla si fosse allontanata per andare a vedere le attività in tutta calma, quindi restai felicemente seduta nel mio tavolo a mangiare l'uva.
Quando pensavo di essere rimasta sola, sentii dei passi dietro di me.
Una ragazza magra, occhi verdi smeraldo e con dei fiori tra i capelli mori, si avvicinò al mio tavolo e si sedette di fianco a me. Aveva un buonissimo profumo di erba appena tagliata.
- Sei Electra Robinson, giusto? -
Alzai lo sguardo dal piatto e la guardai per bene.
- Chiamami Elle -
- Io sono Melissa Tumper, figlia di Demetra -
Mi porse la mano e mi sorrise. Le sorrisi anche io e le strinsi la mano.
- Appena arrivata e già ti tocca subire le urla di Clarisse. Ti devi essere fatta una brutta impressione del campo... -
Un sorrisino mi apparse un volto, ricordando tutti i miei pensieri appena avevo messo piede in quello strano campo.
Vedendo che non davo segni di vita si mise davanti a me e mi passò una mano davanti al volto.
- Terra chiama Marte. Sei ancora con noi? - chiese ridendo.
Risi anche io e risposi.
- Marte chiama Terra. Qui tutto okei, passo. Attendo nuovi ordini, passo -
Scoppiammo entrambe a ridere come matte.
Quando ci fummo riprese, ci asciugammo le lacrime e lei continuò.
- Sei davvero simpatica. Comunque ci convine andare o Clarisse ci spezza davvero le ossa... -
Si alzò in piedi e mi fece cenno di seguirla. Dopo essere uscite dalla radura, percorremmo il solito vialetto ed entrammo in una grande casa piena di ragazzi. Appesa a una parete di fronte alla porta, c'era una grossa bacheca piena di volantini e fogli. 
Melissa si mise a leggere la una lista appesa proprio al centro di tutto quel casino.
- Allora gli allenamenti di oggi sono: scherma, tiro con l'arco e corpo a corpo -
- Fantastico. Non so fare niente di tutte queste cose - le dissi uscendo sotto lo sguardo di tutti dalla Casa Grande.
- Sei qui per imparare giusto? -
- Sono un imbranata comunque... -
- Da quanto ho sentito hai disintegrato un telchino. Direi che te la cavi egregiamente -
Già i fulmini. Ma non avevo nessuna intenzione di disintegrare l'avversario.
- Non sono comunque allenata per tutto questo -
- Infatti stiamo andando all'arena di scherma. Così potrai imparare a duellare -
In effetti ci stavamo avvicinando a una specie di grosso capannone da dove si sentiva il clangore delle spade. Ero elettrizzata al pensiero di combattere con la mia nuova spada.
Una volta entrata mi guardai in giro: aveva un soffitto altissimo, il pavimento era di sabbia e lungo tutto il perimetro dell'arena erano piantati dei manichini piuttosto malconci.
- Lui è Quintus - disse Melissa indicandomi un signore che si aggirava tra i duellanti - E quella è la Signora O'Leary - proseguì indicando un grosso, enorme cane nero che saltava da una parte all'altra dell'arena - E lui - concluse indicandomi un ragazzo che faceva giocare l'enorme cane - È Percy Jackson, figlio di Poseidone -
- E dovrebbe interessarmi? -
- È tuo cugino -
- Wow. Beh, grazie Melissa -
- Niente Elle. Vado dalle mie sorelle che avranno bisogno di me per curare le foreste. Ci vediamo dopo! -
Melissa corse via dall'arena salutandomi e io mi avvicinai al mio nuovo cugino.
Quando il cane gigante mi vide arrivare, cominciò a ringhiare.
Indietreggiai. Non avevo nessuna intenzione di venire sbranata.
Il ragazzo moro palcò il cane e si girò. Subito notai i suoi occhi blu mare, davvero particolari.
- Ehm... Ciao -
- Ciao. Sono Percy -
- Lo so... -
Mi guardò con una faccia sorpresa. Non ci badai e mi presentai.
- Sono Elle, figlia di Zeus. Sono appena arrivata al campo -
- Oh sì, quella che a pranzo è caduta -
Abbassai lo sguardo. Bella cosa che mi conoscesse per una figuraccia.
- Scusa - disse vedendo la mia faccia offesa - Hai bisogno di una mano con l'allenamento? -
- Veramente ho bisogno di cominciare l'allenamento. Mi daresti una mano tu? -
- Certo! Prendi una spada tra quelle lì - mi disse mentre tirava fuori una penna.
Aveva intenzione di combattere con una penna.
Avevo capito che il campo era strano, che le persone erano strane, ma quello era assurdo.
- Ho la mia -
Tirai fuori la mia magnifica nuova spada splendente. Percy fece un "Wow" in labbiale e fece scattare la penna.
Si materiallizzò una spada nella sua mano al posto della penna.
Il "Wow" toccò a me.
Credo che Percy non avesse ben capito che non avevo mai lottato con una spada, perchè partì all'attacco.
Senza pensarci due volte parai il suo affondo e lo respinsi. Mi meravigliai da sola di aver fatto una tale mossa senza neanche pensarci prima o addirittura senza averla mai provata.
- Percy ma sei impazito?! Così mi uccidi! -
- No invece -
Scattò il avanti alzando la spada sopra la testa per poi abbatterla contro di me. Alzai la guardia e le nostre spade di incontarono amezz'aria, provocando un forte rumore metallico.
Stufa di quella situazione da sottomessa, attaccai anche io.
Girai su me stessa e, tracciando un arco con la mia spada, andai a ferirlo su un braccio, nonostante avessi mirato alla pancia.
Meravigliata della mia stessa mossa, fissai il rivolo di sangue che scendeva dalla spalla di Percy, sentendomi in colpa come non ero mai stata.
- Oh miei Dei... - esclamai mentre rifoderavo la spada e mi poravo una mano alla bocca - Scusami, non era mia intenzione... Non volevo ferirti... Non so cosa mi è preso... -
Strappai un pezzo della mia camicia (che detestavo) con la spada e feci per avvolgerglielo intorno alla spalla, ma mi bloccò.
- Tranquilla, non è niente di grave -
No, non ero affatto tranquilla. Insomma, chi mai sarebbe tranquillo al pensiero di aver ferito il cugino conosciuto pochi minuti prima durante un combattimento con delle spade come nell'antica Grecia?
Io no.
Tuttavia lasciai stare la sua spalla e gli porsi semplicemente il pezzo di stoffa. Lui lo prese e ci tamponò la ferita, come se niente fosse.
- Comunque sei davvero brava. Sicura di non aver mai maneggiato una spada? -
- Beh... Ho semplicemente provato a fare quello che fanno nei film -
- Bah, comunque sia credo di non poterti allenare. Sono il terzo miglior spadaccino del campo, ma tu mi hai battuto alla grande -
Sorrisi imbarazzata, tirandomi i capelli dietro un orecchio.
- E chi sono i primi due? -
Lui ci pensò un attimo.
- Al secondo posto di sicuro Quintus, mentre al primo... -
- Si...? - chiesi per incoraggiarlo a darmi una risposta.
- E' un traditore -
Lo guardai negli occhi blu mare.
- Nessuno tradisce mai veramente qualcuno -
Lui si girò dall'altra parte e tornò a giocare con il cane enorme, che intanto stava sonnecchiando sopra un manichino con l'armatura.
- Non mi hai ancora dato una risposta - dissi raggiungendolo e posizionandomi tra lui e il mega-cane, con le braccia incrociate.
- Si chiama Luke. E' al comando di Crono ora -
- Crono? Il signore del Tempo? -
Abbassò lo sguardo e comiciò a giocare con la sua penna.
- Sì, lui. Stiamo cercando di distruggerlo, ma diventa sempre più potente e presto muoverà guerra conro l'Olimpo -
Poi alzò lo sguardo e fece una faccia currucciate
- Ma non ti ha avvisato nessuno quando sei arrivata? -
- Ho fatto in tempo a vedere la mia camera, a fare una figuraccia e a venire qui. No, non mi hanno detto niente -
Si scompigliò i capelli ridendo. Se non fosse stato mio cugino ce l'avrei messa tutta pur di piacergli.
- Beh, Elle, direi che sei a posto per domani -
- Direi di sì. Grazie per l'aiuto -
- Ma se non ho fatto niente - disse alzando le spalle e dirigendosi verso l'uscita.
Io lo seguii e assaporai la brezza della sera, che intanto aveva avvolto il Campo Mezzosangue.
Percy si avviò verso il padiglione, quello della mensa, poi notando che non lo stavo seguendo, mi raggiunse di nuovo.
- Perchè non vieni? -
Scrollai le spalle e indietreggiai di qualche passo.
- Non ho fame e tutte queste emozioni mi hanno fatto venire sonno. Io vado a letto -
Per la verità era una scusante. Avevo paura di ritornare là dopo la figura che avevo fatto a pranzo. Mi avrebbero riso in faccia e non avevo nessuna intenzione di sembrare ancora più ridicola prima di aver dimostrato quanto valevo.
Meglio riposare e essere nella miglior forma possibile per l'allenamento del giorno dopo.
- Okei. A domani allora - disse salendo la collinetta e facendomi un segno di saluto con la mano.
- A domani - replicai avviandomi per la stradina che conduceva alle cabine.
Un leggero venticello mi scomigliò i capelli mori, donandomi un senso di libertà.
Raggiunta la mia cabina, aprii la porta e, dopo aver appoggiato la spada sulla scrivania, mi buttai sul letto e mi addormentandomi subito, ancora tutta vestita.
Quella fu la notte più movimentata della mia vita, o così credevo.

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Eccomi qui, tornata con il secondo capitolo!
La casa di Zeus non sapevo come fosse, quindi l'ho descritta come me la sono sempre immaginata :)
Melissa, invece, è un nuovo personaggio che ci riserverà tante sorprese...
Credo che ritarderò un po' nello scrivere il prossimo capitolo, ma cercherò di fare il possibile per farvelo avere entro venerdì prossimo.
E ringrazio tutti queli che mi hanno recensito e dato consigli che ho cercato di mettere in pratica :D

Hope you like it!

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


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Capitolo tre



Una donna giovane, non le avrei dato più di 22 anni, era seduta su una panchina di un parco. Lo riconobbi, era Central Park e quella panchina era quella in cui mi sedevo sempre in estate assaporando un gelato.
Indossava un bellissimo vestito bianco, lungo fino alle ginocchia, con una scollatura sul petto, che risaltava le forme. Aveva dei capelli leggermente boccolosi e corti, con dei riflessi rossastri sullo sfondo bruno.
La donna stava leggendo un libro con molta attenzione, quindi non riuscivo a vederla in volto, ma mi sembrava di conoscerla.
Era una semplice sensazione niente di più.
Comunque le si avvicinò un uomo moooolto bello, muscoloso, sorriso da far svenire, occhi azzurri penertanti, vestito in modo semplice con una maglietta azzurra che faceva risaltare i pettorali e dei semplici jeans chiari...
Insomma il tipico modello da sacchetto di Abercrombie.
La ragazza alzò lo sguardo sentendo la presenza di qualcuno e solo in quel momento la rionobbi: era mia madre da giovane.
Avevo già visto una sua foto a Central Park, su una panchina.
Per quello mi sembrava familiare.
Il ragazzo figo fece un inchino a mia madre, che lo guardò lusingata.
- I miei omaggi signora. Stavo passeggiando per il parco e non ho potuto fare a meno di notare la sua infinita bellezza -
Mia madre abbassò il libro e arrossì incontrando lo sguardo del tipo.
L'uomo le si sedette accanto e la fissò estasiato, manco stesse fissando il più grande diamante del mondo.
- Le va un frullato Miss... - chiese mentre la scrutava.
- Marylin - gli rispose - Marylin Robinson -
Mia madre aveva un nome stupendo. Tranne per il fatto che era mora e un po' più magra, da piccolina la chiamavo sempre Marylin Monroe e ogni volta che guardavamo un suo film urlavo "Mamma, guarda! Ci sei tu!"
- Molto piacere Miss Robinson - continuò il giovane signore porgendo una mano a mia madre. Lei la prese e lui l'aiutò ad alzarsi, poi si presentò.
- Io sono Apollo -
Mi venne un colpo quando sentii quel nome.
Apollo? Quell’Apollo? Il Dio del Sole?
Se era quello che credevo mia madre mi nascondeva un paio di cosette oltre a tutto quello che mi aveva nascosto fino a quel momento...
Marylin non si meravigliò per il nome, aveva sempre prediletto i nomi strani, specie se erano collegati all’antica Grecia.
Guardate solo il mio nome Electra, che si trova in un mito greco...
Bah, tralasciando questi particolari che non interessano a nessuno, continuiamo con la descizione di questo sogno alcuanto strano.
Apollo le porse il baccio e, dopo aver accettato con un sorriso, si diressero a braccetto verso un chiosco che vendeva frullati alla frutta.
L’immagine cominciò a dissolversi come fumo davanti ai miei occhi e prese un'altra forma.
Mia madre e quel belloccio di Apollo che si stavano baciando all’angolo di casa mia.
L’immagine si dissolse nuovamente.
Un neonato era tra le mani di mia madre, che lo cullava dolcemente, con alle spalle Apollo, che guardava entrambe con sguardo dolce.
Un'altra volta la scena scomparve per presentarse un'altra.
Il cielo era rannuvolato e minacciava di piovere da un momento all’altro.
Mia madre era sulla soglia di casa che piangeva tenendo in braccio il bambino dai riccioli biondi come il padre.
Apollo li stringeva in un abbraccio mentre una piccola lacrima scendeva lenta sulla sua guancia.
Un rombo di tuoni li fece ridestre.
- Mi stanno aspettando - disse Apollo tristemente mentre rivolgeva uno sguardo alle nuvole cariche di pioggia.
- Addio Apollo - disse mia madre baciandolo leggermente sulle labbra praticamente perfette.
- Addio Mary, addio Aila - concluse lui avviandosi verso la strada e lasciando per sempre casa mia.
 
Mi svegliai di soprassalto nella mia cabina, respirando a fatica.
Avevo un mal di testa tremendo e il bussare insistente alla porta non migliorava la situazione.
- Un attimo! - urlai saltando giù dal letto ancora in preda ai capogiri e alle immagini del sogno che affollavano la mia testa. Afferrai i primi jeans e la prima maglietta che trovai e me li infilai in fretta e furia. Mi feci una coda di cavallo mentre mi avviavo ad aprire la porta.
Melissa mi guardava sorridente ai piedi del portico.
- Pronta per la gara a coppie? - chiese avvicinandosi all’entrata.
- Veramente mi sono appena svegliata dal sonno più agitato della mia vita - le dissi stiracchiandomi e facendo uno sbadiglio.
- Una cosa normale per noi Mezzosangue - disse lei con noncuranza mentre entrava nella cabina dopo un mio invito.
- A si?! - dissi ancora mezza rincoglionita massaggiandomi le tempie e ricostruendo mentalmente tutto il sogno. Solo ora mi sorgevano delle domande: chi era quella bimba tra le braccia di mia madre di nome Aila e di cui lei non me ne aveva mai accennato l’esistenza? Se quell’Apollo del sogno era il Dio, allora avrebbe dovuto trovarsi al campo.
- ... e quindi Clarisse ci vuole tutti lì tra dieci minuti - concluse Melissa alzando gli occhi al cielo. Era probabile che avesse appena intrattenuto un discorso acceso, ma avevo sentito solo l’ultima parte.
- Scusa, non stavo ascoltando - le confessai dispiaciuta - Cos’è che hai detto? -
Melissa fece una faccia esasperata e mi strinse tutto il suo discorso in un mini riasaunto.
- In poche parole l’allenamento a coppie inizia tra dieci minuti e se non ci muoviamo, Clarisse ci ficca la testa nel cesso -
Non avevo intenzione di vedere la mia testa ficcata nel cesso per colpa di una figlia di Ares, quindi mi alzai e indossai (con qualche difficoltà) l’armatura che Mel mi aveva gentilmente portato.
- Ma sta cosa pesa più del mio zaino di scuola! - protestai.
- Ti abituerai - disse raccattando le mie cose e porgendomele una volta fuori dalla stanza.
Mi agganciai la spada alla vita e mi diressi con lei verso il punto di ritrovo, che era l’entrata della foresta di abeti. Mentre ci aggregavamo al gruppo, feci una treccia di fortuna, per evitare che i capelli mi andassero negli occhi durante l’allenamento.
Una volta che anche gli ultimi due ritardatari furono arrivati (Melissa me li indicò come Travis e Connor Stoll, figli di Ermes e gran rompipalle), Quintus cominciò a nominare le coppie di eroi.
- Percy e Annabeth - dal gruppo si alzò uno sbuffo, probabilmente perché non erano capitati con lui. Intanto mio cugino guardò con entusiasmo la ragazza bionda che si staccò dal gruppo e lo raggiunse.
Poco innamorato mi dicevano...
- Grover e Tyson - un satiro guardò con terrore un ciclope che lo guardò con altrettanto terrore.
- Connor e Melissa -
Mel spalancò gli occhi e la bocca per lo stupore mentre mi guardava totalmente allibita.
- Ditemi che è uno scherzo... - implorò mentre guardava Connor che stava abbracciando il fratello facendo finta di piangere come un dannato.
- Mi dispiace ma è così Mel! - le dissi sorridendo mentre Connor si avvicinava a noi.
- Tu! - esclamò la ragazza mentre puntava un dito contro il figlio di Ermes - Azzardati a fare una cazzata e ti trancio la testa sul momento! -
- Qualcuno è nervosetto oggi? - chiesi Connor con un ghigno divertito sulla faccia.
Mel sbuffò e si allontanò con lui mentre gli lanciava frecciatine tutt’altro che amichevoli, a cui lui rispondeva con un sorriso divertito.
Chi capiva i ragazzi era bravo...
Un'altra sfilza di nomi veniva chiamata e io stavo attenta cercando si sentire il nome Aila, ma inutilmente.
- Travis e Electra -
Per tutti gli Dei! Mi era toccato l’altro gemello!
Mi girai verso di lui, che mi guardava con sguardo esultante, mentre gli altri sbuffavano un'altra volta. Si avvicinò a me e mi sorrise amichevole, non come Connor che aveva un ghigno divertito.
- Così sei figlia del Nonno, eh? - affermò una volta che mi ebbe affiancato.
- Scusa? - chiesi non capito a chi si riferisse con il soprannome Nonno.
- Ma sei ritardata? Di Zeus! -
- Ritardata lo dici a tua sorella... - non feci in tempo a finire che Travis si girò e urlò un nome di una ragazza, che puntò gli occhi su di noi e lui le diede della ritardata.
Da quell’aggettivo capii che era una delle sue sorelle.
Mi misi a ridere.
- Era per dire... -
Mi sorrise di nuovo. Simpatico però, non come diceva Melissa che era un rompipalle.
- Bene ragazzi! - esclamò Quintus, facendomi girare e notando che tutti erano a coppie - Lo scopo è questo: nel bosco sono stati lasciati liberi alcuni mostri, che portano al collo dei piccoli sacchettini che dovete recuperare una volta sconfitti. Solo in uno di questi sacchettini c’è la corona d’alloro, che voi dovete trovare. Vince chi la trova per primo. Buona fortuna e non ammazzate nessuno! - disse prima di dileguarsi insieme alla signora O’Leary.
Le coppie cominciarono a entrare con calma nel bosco, con le spade sguainate e gli scudi alzati.
Mi girai verso Travis che se la stava prendendo con comodo.
- Allora? - chiesi mettendo una mano sulla spada e guardandolo.
Mi guardò come se si stesse accorgendo solo in quel momento che eravamo nel bel mezzo di un allenamento. Tirò fuori la spada e alzò le scudo.
- Pronta per il primo allenamento? - chiese sorridendo, anche se era più simile a un ghigno.
Sguainai Portatrice di Luce e sorrisi.
- Fica! - esclamò lui fissando la spada.
- Grazie - gli risposi - Vogliamo andare? -
- Dopo di lei, Miss - disse lui con un inchino, facendomi segno di avanzare.
- Guarda che ti trancio la testa come farà Mel a tuo fratello se non la smetti - lo minacciai.
- A chi vuoi darla a bere... - replicò lui con uno sbuffo.
- A te - risposi entrando nel pieno del bosco.
Sobbalzavo per il minimo scricchilio del bosco mentre Travis sembra abbastanza tranquillo, ma comunque con i sensi all’erta.
- Come è stato il tuo primo allenamento? - gli chiesi dopo un po’ che avanzavamo per la boscaglia.
- Sono finito in infermeria con uno squarcio sulla gamba - rispose lui con una certa nonchalence.
Lo fissai saventata.
- Ehi, sto scherzando! - mi rassicurò lui.
Tirai un sospiro di sollievo.
- Mi hanno solo dato una botta in testa all’inizio dell’alenamento e sono svenuto -
- E tu questo lo chiami solo?! -
- Preferivi lo squarcio? -
- No, molto meglio la botta -
E lì si interruppe il discorso, perché un rumore di rami rotti ci fece sobbalzare entrambi.
Girammo lo sguardo verso destra, da dove era venuto il rumore e indietreggiammo per il terrore.
Un enorme scorpione nero come la notte si stava avvicinando a velocità sorprendente, schioccando le lunghe tenaglie e fissandoci con quei suoi occhietti rossi alcuanto inquietanti.
Per non parlare del pungiglione: grosso come... come qualcosa di grosso e certamente molto velenoso.
Vidi che anche Travis era sbiancato, alla vista del pungiglione che partiva di tanto in tanto in avanti come se volesse colpirci.
- Io direi di darcela a gambe... - cominciò Travis prima di cominciare a correre.
Lo seguii, visto che anche il mega scorpione aveva cominciato a inseguirci. Una volta raggiunto lo presi per un polso e ci nascondemmo dietro un pino.
- Ma cosa ti è saltato in mente?! - sibilai.
- Quella roba ci mangia a colazione! - mi sussurrò lui.
- Hai visto cosa ha al collo? -
- Veramente ero più preoccupato per le tenaglie, il pungiglione, gli occhi rossi... -
Gli tirai uno scapellotto per farlo smettere con la sua stupida lista di cose terrificanti.
- Per tutti gli Dei! Ha quel maledetto sacchettino che dobbiamo prendere! -
- E, di grazia, come pensi di riuscire a prenderlo?! -
- Sei o non sei un ladro?! -
- Si ma... -
- Bene, allora ruberai il sacchettino mentre io cercherò di farlo fuori -
- Il piano è tuo, se crepi, la colpa è tutta tua -
Lo guardai un attimo.
- Andata -
- Allooooora... dove sarebbe il Godzilla? - chiese lui.
- Shhh! - dissi portandomi un dito alle labbra per fargli segno di stare zitto.
Un silenzio innaturale regnava nella foresta, neanche un uccelino cantava e il vento sembrava essere scomparso.
Io e Travis ci osservavamo a vicenda, ma sempre attenti a scorgere anche il più piccolo rumore.
L’albero dietro cui eravamo nascosti si sradicò all’improvviso e senza avere il tempo di reagire, dovemmo buttarci a terra per non venire schiacciati sotto il peso del pino che era stato scagliato come un fulmine verso di noi.
Ci alzammo in fretta impugnando saldamente le spade e cercando di scorgere che cosa aveva distrutto l’albero in quel modo.
Dalla nube di terra alzata a causa dell’impatto con il terreno, sbucò fuori un enorme pungiglione nero, che si dirigeva verso la faccia di Travis.
Feci appena in tempo a urlare in suo nome e spingerlo per terra per evitare che venisse infilzato. Dopo di chè gli feci segno di mettere in atto il piano.
Lo vidi alzarsi e correre dentro la nube, mentre io facevo la mia parte.
- Ehi mostriciattolo! - urlai rivolta alla nube - Vieni a prendermi! - continuai incominciando a correre come un idiota.
Lo scorpione uscì dalla nube di polvere e finalmente riuscii a intravedere travis che correva a pochi metri di distanza da lui. A quel punto frenai e mi misi in posisione d’attacco.
Godzilla mi attaccò con un tenaglia, che scalfii appena con la spada. Fantastico, il piano era andato a monte, visto che aveva una corazza indistruttibile.
Attaccò di nuovo, ma questa volta con il pungiglione che prontamente parai con la spada, indietreggiando di qualche metro.
Intanto Travis avanzava con passo felpato verso un albero a poca di stanza da noi.
Se doveva prendere il sacchettino, però era meglio togliere di mezzo quell’enorme pungiglione che si ritrovava sul didietro e siccome la spada non serviva a niente, l’unico sistema erano i fulmini.
Il punto era: come caspita si chiamavano i fulmini?
Alzai una mano vero il mostro e un fulmine partì dal cielo per poi schiantarsi al suolo a poca distante da lui.
Travis, intanto, per poco non volava giù dall’albero per lospavento.
Mentre il mostro indietreggiava e io avevo capito il meccanismo, alzai nuovamente la mano e feci come se dovessi lanciare una palla a canestro, che in questo caso era il pungiglione.
Un fulmine aprì la sua corazza, che fece ‘pop’ come i pop-corn, e mostrò la carne rossa al suo interno.
Solo un altro fulmine il gioco era fatto.
Feci quel giochetto un'altra volta e andò a segno anche questa, tagliando in due la coda del mostro.
A quel punto travis si lanciò dall’albero su cui si era arrampicato e si sistemò in sella al mostro.
- Lancia il sacchettino e scappa! - urlai.
Un involucrò bianco disegnò una traiettoria nell’aria e cadde in un cespuglio di fragole. Pochi secondi dopo, il mio compagno si lanciava dal dorso del mostro e finiva nello stesso punto del pacchetto.
La mia mano si alzò ancora e un fulmine colpì l’unico punto scoperto sul collo di Godzilla, che stramazzò al suolo ormai morto.
Travis si alzò dal cestuglio con il sacchetto in mano e quaalche foglia tra i capelli e mi raggiunse.
- Bel lavoro... - disse a mezzavoce.
- Grazie - risposi passandomi una mano sulla fronte imperlata di sudore.
Mi girai verso di lui e gli tolsi qualche foglia dai capelli ricci.
- Avevi le foglie nei capelli -
Lui annuì e mi porse il sacchetto. Io slacciai il sacchettò che gli restituii e fissai la piccola scatolina blu tra le mie mani.
- Speriamo sia quella giusta - disse lui trattenendo il fiato nel momento in cui la aprii.
Vuota.
La scatolina era vuota.
Imprecai a bassa voce lanciandola a terra.
Tanta fatica per nulla. Mi lasciai cadere a terra, colta dalla stanchezza e dalla delusione.
Travis si sedette accanto a me, senza proferir parola.
- Tu hai intenzione di andare a stanare un altro di qui cosi? - chiesi sdraiandomi a terra e infischiandomene dello sposrco.
- No. Ma se tu vuoi, andiamo -
- Non alzerò un solo dito - ribattei chiudendo gli occhi e riposandomi.
Sentii Travis sdraiarsi di fianco a me e si mise a giocare co un pugnale che aveva tirato fuori da una tasca.
Non ho la minima idea di quanto rimanemmo lì, ma era rilassante.
Un suono di trombe ci fece alzare di scatto.
- E’ finita - disse lui alzandosi e spolverandosi i pantaloni.
- Finalmente - eslamai alzandomi e spolvernadomi anche io. Sciolsi i capelli per togliere la terra e raccattai la spada.
- Bei capelli - mormorò lui mentre raggiungevamo l’arena.
- Grazie - risposi sorridendo timidamente.
Il primo ragazzo che mi aveva fatto un complimento sul mio aspetto. Forse non ero così brutta come credevo.
Arrivammo all’arena già affollata e riuscii a scorgere Clarisse con la corona d’alloro in testa, che si vantava con i suoi fratelli.
- Ci siamo tutti? - chiese Quintus urlando sopra il rumore.
- Mancano Percy e Annabeth! - urlò di risposta un satiro.
- Dovrebbero già essere tornati da un pezzo - mormorò una voce al mio fianco.
Mi girai e vidi Melissa con la faccia sporca di terra e uno sguardo preoccupato. Al suo fianco c’era Connor che, appena si accorse del fratello, si avvicinò per battergli il cinque.
Ragazzi strani...
- Come è andato l’allemanmento? - chiesi a Mel mentre le persone si stavano cominciando a preoccuparsi.
- Non ne parliamo... - disse con aria scocciata mentre continuava a fulminare con lo sguardo Connor, che sogghignava.
- Ragazzi, un attimo di attenzione! - urlò Quintus, mentre Clarisse lo affiancava - Percy e Annabeth dovrebbero già essere qui da venti minuti e siccome temiamo che sia successo qualcosa, organizzeremo delle squadre di ricerche -
Fantastico. Prima rischio quasi di essere uccisa, poi scopro che il sacchetto era vuoto e infine mio cugino e la sua fiamma scompaiono. Poteva andarmi peggio di così?
 
--------------------------------------------------------
Saaaaalve!
Mi scuso per l’assenza ma non ho trovato tempo per scrivere.
Comunque spero che vi piaccia il capitolo e vi avviso anche che fino alle fine di agosto non avrete niente.
Sorry D:
Vabbè, solo alcune cose e poi mi eclisso: ho sempre avuto un debole per Travis infatti me lo immagino come un figo (non ho niente contro Connor, ma non mi piace il nome...) *------*
Pooooi, Melissa mi fa impazzire quando minaccia Connor.
E infine, buone vacanze a tutti! ^^
 
Baci baci,
CrazyHazel.

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***


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Capitolo quattro



 

  La mia squadra di ricerca era formata da Mel, Malcom, Liz e Will figli di Atena, Kayla e Ridge figli di Apollo, Sarah e Daphne figlie di Demetra e Erick figlio di Dioniso.
L'andamento non procedeva molto bene, anche se tutti si impegnavano al massimo.
Appena Quintus aveva assegnato le squadre, erano tutti partiti in quarta alla ricerca del figlio di Poseidone, tanto importante quanto il campo stesso.
Noi ci eravamo diviso i compiti, o meglio, ognuno faceva quello che sapeva fare meglio.
Melissa e le sue sorelle parlavano con le driadi chiedendo informazioni; Malcom e i figli di Atena stavano cercando di ripercorrere i movimenti di mio cugino e della sua fiamma; i due figli di Apollo andavano in esplorazione davanti a noi; Erick cercava di tirare sul il morale della squadra con qualche battuta e io mi giravo io pollici non sapendo cosa fare.
Non che non volessi fare niente, per carità! Semplicemente era una situazione che non avevo mai incontrato prima d’ora.
Dopo qualche minuto passato a fare niente , cominciai a guardarmi intorno cercando qualche segno di loro e siccome tutti credevano che fossero gravementi feriti (viva la positività!) cercavo principalmente tracce di sangue.
Chiesi al permesso a Malcom, che era il capo della situazione, di fare un giro intorno al campo base della nostra squadra, che consisteva in una piccola radura con al centro un masso dalla superfice piatta che i figli di Atena adoparavno come piano di lavoro. Dopo milioni di raccomandazioni, compresa quella di urlare in caso di pericolo (ma per chi mi aveva presa?! So difendermi io!), mi allontanai correndo.
Per lo più andavo a naso, dove mi diceva l'istinto cercando di trovare (anche per sbaglio) qualche segno che mi facesse capire la loro presenza.
All'improvviso un mano si posò sulla mia spalla.
In una frazione di secondo, i riflessi presero il comando e gli tirai una gomitata nello stomaco. Lo sentii gemere dal dolore e dopo averlo buttato a terra con un calcio, gli puntai la spada alla gola.
Lui alzò il volto e mi fece un sorrisino di scherno.
- Ehi, vacci piano con quella. Potresti tagliare la testa a qualcuno! - disse spostando con un dito la spada.
- Travis, che cacchio ci fai qui? - sbuffai abbassando l'arma e aiutandolo ad alzarsi.
- Veramente io sono Connor - disse spolverandosi l'armatura.
Lo fissai un attimo e poi giunsi a una conclusione.
- Certo e io sono Michelle Obama. Guarda che ti riconosco - gli dissi tirandogli piano un sberla sulla testa.
- Ma come hai fatto?! -
- Tu hai gli occhi più chiari di quelli di tuo fatello - spiegai alzando le spalle - In ogni caso ti ho chiesto cosa ci fai qui -
- Ti ho visto da sopra quell'albero e volevo farti uno scherzetto - disse indicando un albero al nostro fianco.
- E, di grazia, cosa ci facevi su quell'albero? -
- Cercavo Acquaman e la Secchia -
- Mio cugino e la sua fiamma? - chiesi per averne la conferma definitiva.
- Esattamente - rispose appoggiandosi all'albero - Ma a quanto pare non li trova nessuno -
Mi appoggiai anche io e sbuffai, girandomi a guardarlo.
- Di questo passo lo troveremo già morto -
- Sempre che non siano in un luogo appartato a fare altro - sghignazzò lui.
- Travis! - urlai scioccata tirandogli una manata in pancia per fargli smettere di dire sciocchezze. Smorzò la risata e si piegò in due.
- Ouch! -
- Scusa, pensavo di avertelo dato più piano - dissi seriamente spiaciuta. Mi fece segno di non preoccuparsi e si tirò su.
- E poi che ne sappiamo noi? Potrebbe essere davvero come ho detto io - si fermò un attimo e assunse l'aria da superiore. - Dopo tutti sono soli soletti -
- Oh, ma certo! - esclamai staccandomi dall'albero e mettendomi davanti a lui - È come dire che una persona che passerebbe di qui potesse pensare che io e te non stessimo cercando mio cugino ma facendo altro - sbottai.
Travis sussurrò qualcosa che io non riuscii a sentire, ma mi sembrava una risposta alla mia affermazione.
- Cosa? - chiesi gentilemente.
- Niente - disse alzando le mani al cielo come segno di innocenza.
- Potresti dirmi cosa hai detto? - richiesi avvicinadomi a lui con le braccia incrociate.
Mi fissò un attimo e poi cedette.
- Ho detto che fa più caldo dell'estate scorsa -
Se pensava di fregarmi dicendo una cavolata del genere si sbagliava proprio.
- Già, e io sono stupida - replicai prendedolo in giro
- Per favore - lo supplicai facendo il labbruccio. Mi guardò un attimo negli occhi e poi scosse la testa. Lasciai cadere le braccia lungo i fianchi, sconfitta.
- Cattivo - sussurrai facendo una faccia offesa e girandomi di schiena.
- Tanto non te lo dico - disse raggiungendomi - E ora andiamo a cercare quell'idiota di tuo cugino - concluse mettendo una mano sulla mia schiena e spingendomi delicatamente verso destra. Allungai il passo e lui mi raggiunse. Camminai ancora più veloce e ancora una volta mi affiancò. Voleva la guerra? E guerra fu, ma sfruttando l'occasione a mio vantaggio.
- Propongo una gara -
- Che tipo di gara? - chiese lui sempre al mio fianco. - Se io riesco a trovare mio cugino, tu mi dici che cosa hai detto prima - spiegai continuando a mantenere la mia andatura.
- Ma se lo trovo prima io, tu dovrai esaudire un mio desiderio - disse lui porgendomi la mano per stringere il patto.
Lo fissai un po'. Avrebbe potuto chiedermi qualsiasi tipo di cosa, anche la più assurda, ma tanto valeva accettare.
Gli strinsi la mano.
- La caccia é iniziata - dissi con un sorrisino mentre mi allontanavo da lui camminando all'indietro.
- E io vincerò - disse di risposta addentrandosi nel bosco e scomparendo dalla mia vista.
Cominciai a correre. Dovevo assolutamente vincere.
Vagai per il bosco per qualche minuto senza una meta precisa, guardando dappertutto, quando mi ritrovai alla radura del nostro punto d'incontro.
C'era solo Will, figlio di Atena, seduto che disegnava schemi di chimica per terra.
- Ehi Will! - esclamai raggiungendolo.
- Ciao Elle! - disse lui con un sorriso alzando la testa.
- Novità? -
- Neanche una. Sembrano essere svaniti nel nulla -
Bene, avevo ancora una possibilità di ritrovarli.
Elencai a mente i posti dove ero già stata: pino di Talia, la parte vicino alla spiaggia e tutta la parte vicino al ruscello delle neidi. A quanto pareva mi mancava solo il pugno di Zeus, che mi avevano descritto come un grosso masso che assomigliava a un pugno e che segnava il limite del campo.
- Vado a vedere verso il pugno di Zeus - decretai alzandomi.
- La squadra di Clarisse sta andando lì in questo momento - mi informò Will. - Magari li incontro a metà strada. A dopo! -
- Ciao -
E cominciai a inoltrarmi nel bosco verso il pugno di Zeus. Lasciata la radura, cominciai a correre per arrivare prima. Saltati un po' di tronchi di vecchi alberi malati e schivato i cespugli di fragole, andai rovinosamente a sbattere contro qualcosa che veniva dalla mia destra a tutta velocitá. Mi trovai sdraita a terra con la testa che pulsava in un modo pazzesco. Mettendomi seduta e tenendomi la testa tra le mani, aprii gli occhi per vedere cosa fosse stata quella forza oscura che mi aveva travolto. Una ragazza dai capelli scuri e tutti impolverati stava farneticando qualcosa sulle mutande di Ermes.
- Mel! Ma che cacchio stai dicendo? - esclamai riconoscendola e raggiungendola.
- Ciao Gina! Mi daresti una pizza? - disse lei con gli occhi chiusi la voce sognante dopo avermi sentito.
- Meeel, sveglia! - urlai schiaffeggiandola per farla ritornare in se.
- Deve mangiare più cereali! - urlò mettendosi a sedere di scatto.
La guardi con una faccia interrogativa siccome non avevo capito cosa centrassero i cereali. Lei, dal canto suo, mi squadrò un attimo e poi le si illuminarono gli occhi come se mi avesse appena riconosciuta.
- Ehi Elle! Che ci fai qui? -
- Stavo andando al Pugno di Zeus quando mi hai travolta -
- Ah -
- E tu che stavi facendo? -
- Dovevo portare un messaggio a Will che ora non mi ricordo - cominciò lei. Dopo pochi secondi si battè una mano sulla fronte. - Ma certo! Dovevo dirgli che Clarisse ha trovato Percy e Annabeth al Pugno di Zeus -
Per tutti gli Dei.
Avevo perso e dovevo solo sperare che Travis non fosse con quel gruppo, perchè in tal caso avrei dovuto fare quello che voleva lui.
- Grazie Mel - ringraziai alzandomi e correndo all'impazzata verso il luogo del ritrovamento.
Ti prego fai che lui non l'abbia trovato prima di me, pensai. Poco dopo avevo raggiunto il luogo del ritrovamento, dove si era già accumulata un gran folla. Cercai di scorgere Travis in mezzo a quel caos, ma di lui neanche l'ombra. Mi feci largo tra la folla, sgomitando un po' le persone, e raggiunsi il centro dove Chirone parlava fitto fitto con Clarisse mentre Percy e Annabeth avevano gli occhi spalancati con una faccia del tutto sconvolta e spaesata.
- Elle - mi salutò Chirone appena mi rivolse uno sguardo - Vai a parlare con Percy, che sembra un po' spaesato - mi consigliò mettendomi un mano sulla spalle e spingendomi verso la loro direzione. Lo salutai con un sorriso poco prima che tornasse a parlare con una Clarisse molto preoccupata.
- Ehi Percy - lo chiamai.
- Ehi - disse lui di rimando. La ragazza bionda, che a quanto pare si chiamava Annabeth, mi gurdò con una punta di disprezzo nello sguardo.
- E lei chi è, Percy? - chiese a mio cugino che la guardò con sguardo adorante.
Innamorato perso di lei.
- Lei è Elle, figlia di Zeus, appena arrivata al campo - le spiegò sorridendomi.
Lei parve addolcirsi e mi porse un mano, che strinsi. - Piacere, Annabeth figlia di Atena -
Le sorrise e poi passai lo sguardo sui loro volti.
- Chirone mi ha mandato qui perchè a quanto pare siete un po' spaesati - spiegai - Quindi, chi mi racconta il ritrovamento? -
Mi sedetti per terra, seguita a ruota dagli altri, mentre la folla di diradava a poco a poco esortata dai capocabina.
- Te lo racconterei io. Ma a quanto pare dobbiamo andare - disse Percy indicando con un dito Chirone, che ci faceva segno di seguirlo. Ci alzammo e lo  raggiungemmo mentre Percy lo tempestava di domande su un certo labirinto.
Bello,ora c'era pure un labirinto in tutto quel casino. Probabilmente mancava un castello infestato dai fantasmi dell'Opera.
- Che labitinto? - chiesi dopo un po', curiosa di scoprire di cosa si discuteva.
- Te lo spiegheremo all'assemblea dei Capocabina - mi rispose Clarisse, insolitamente gentile nella risposta forse per la preoccupazione che si sentiva nella sua voce.
- Quindi sarei la Capocabina della casa di Zeus? - chiesi sbalordita e sorpresa per la tanta responsabilità che mi avevano dato.
- Esatto - mi rispose Annabeth prendendomi per una spalla e trascinandomi verso il campo.
Ora dovevo solo capire in cosa consistesse la riunione. Se era una cosa simile ai dibattiti a scuola allora ero un frana. Diciamo che solitamente mi incavolavo a metà seduta e uscivo dalla sala incazzata nera e non mi facevo vedere per un paio di ore per sbollire la rabbia. Arrivammo di fianco alla Casa Grande, dove tutti quelli dentro si accalcarono alle finestre per vedere dove eravamo diretti. Alcuni scuotevano la testa preoccupati e altri si allontanavano dalle finestre vedendo lo sguardo preoccupato di Clarisse.
Sembrava una specie di presagio negativo e cominciavo a spaventarmi anche io da quella situazione.
Chirone ci fece entrare in un capanno che si rivelò una palestra con un tavolo da ping-pong. Tutto intorno al tavolo c'erano delle sedie bianche di plastica, la maggior parte rotte. I ragazzi presero posto, probabilmente quelli dove si sedevano sempre. Io mi adagiai sull'unica sedia rimasta, nonchè quella più lontana da tutti e sull'angolino. Di fianco a me avevo Malcom e una bellissima ragazza bionda che si presentò come Silena Beauregard, figlia di Afrodite. Per il resto riconobbi solo Katie Gardner figlia di Demetra (solo perchè me l'aveva presentata Mel), Charlie Beckendorf figlio di Efesto, che era stato così gentile da spiegarmi come mantenere splendente la spada, Clarisse La Rue e Pollux figlio di Dioniso, che poco prima dell'allenamento era stato chiamato a gran voce dalle figlie di Afrodite (in effetti era davvero un bel ragazzo).
Clarisse prese in mano la situazione.
- Bene pivelli. A quanto apre abbiamo trovato l’ingresso del Labirinto -
- Che labirinto? - chiedemme all’unisono io e Percy.
- Il Labirinto di Dedalo - rispose Malcom.
- Quello del Minotauro? - chiese Percy anticipandomi.
- Esatto e... - riprese Malcom, ma subito ri-interrotto da Percy.
- Ma non era Creta? -
- PORCA SFINGE! MI FAI FINIRE PRISSY?! - sbraitò Clarisse di scatto alzandosi e mostrando un pugno a mio cugino che non si spostò di un centimetro, mentre a me faceva paura.
Tanta paura.
Sperai vivamente di non ritrovarmela mai contro.
- Lascia parlare me, Clarisse - sentenziò Malcom, tirando per una spalla la ragazza e facendola risedere sulla sua sedia.
- Come stavo dicendo, il Labirinto si sposta esattamente come succede con l’Olimpo. Ora si estende sotto gli Stati Uniti -
- E ti può portare ovunque. A meno che tu non ti perda - concluse Annabeth.
- E questo casa centra con noi? - chiesi parlando per la prima volta da quando era iniziata la riunione.
- Perché abbiamo appena scoperto come mai Luke ha inviato delle pattuglie nel Labirinto - rispose Clarisse.
- Per entrare nel Campo Mezzosangue... - disse a bassa voce Chalie Berckendorf.
- Sappiamo che sta cercando il Filo di Arianna - continuò Annabeth - Dovremmo trovarlo prima di lui -
- Io là dentro non ci torno! - urlò Clarisse - E’ una cosa che non vorrei consigliare a nessuno. Neanche al mio peggior nemico - finì sussurrando mentre si stringeva nelle spalle.
Doveva essere un posto veramente terribile per piegare un animo forte come quello di una figlia di Ares.
- Annabeth, credo che tu debba andare a interpellare l’Oracolo - sentenziò Chirone raggiungendo la ragazza bionda a cui brillavano gli occhi per la notizia.
Percy invece sembrava preoccupato per quello che stava per accadere.
La bionda filò immediatamente fuori dalla stanza e corse fino alla Casa Grande sotto lo sguardo sbalordito di tutti i presenti.
L’assemblea fu sciolta ma nessuno volle andare nella propria cabina e si appostarono tutti davanti alla Casa Grande, compresa ma, ad aspettare che Annabeth facesse ritorno.
Passarono un paio di minuti e la tensione era alle stelle.
Io, che non avevo ancora capito chi fosse questo Oracolo, cercai inutilmente di chiedere in giro ma mi liquidarno tutti con un gesto della mano.
Ma vi pare possibile? Che nervoso quando nessuno mi rispondeva!
Rassegnata mi sedetti sul prato e cominciai a stappare i fili d’erba più lunghi, aspettando che succedesse qualcosa.
All’improvviso una luce verde espolose dalla soffitta della struttura .
Mi alzai di scatto, esattamente come i presenti.
La luce verdognola rimase per un po’ per poi cominciare ad affievolirsi, sparendo totalmente.
Passarono altri minuti e Annabeth uscì finalmente da lì.
Tutti la accerchiarono eccitati dalla risposta che la ragazza stava per dare alla nostra muta domanda.
- Ho un impresa - disse la bionda con aria solenne - E so già chi portare -
 
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Saaaaalve pipooool!
Vi sono mancata? No, questo è certo.
In ogni caso (e come ogni volta) mi scuso più umilmente di quanto si scuserebbe la persona più umile di questo mondo per l’enorme, che dico!, ginormico ritardo nella pubblicazione.
Diciamo che la scuola mi ha riempito di impegni e non trovavo mai il tempo per scrivere :\
 
Comunque spero di scrivere presto il prossimo chapter(?)
 
Baci baci ciurma!
 
P.S. Grazie a tutti quelli che hanno messo la storia nelle seguite, ricordate e preferite :33
  

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