Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli: Capitolo 1: *** Incontri. *** Capitolo 2: *** Tante strade che conducono sempre allo stesso posto... *** Capitolo 3: *** Scoprire cose nuove... *** Capitolo 4: *** Ricatti e strane situazioni... *** Capitolo 5: *** A tutto c'è un perchè... *** Capitolo 6: *** C'è da fidarsi?! *** Capitolo 7: *** Sembrava impossibile ma...invece... *** Capitolo 8: *** Conversazioni che portano solo ulteriori dubbi... *** Capitolo 9: *** Patti chiari e amicizia lunga...(?!) *** Capitolo 10: *** Prese di posizione... *** Capitolo 11: *** Preoccupazioni... *** Capitolo 12: *** Si scoprono gli altarini... *** Capitolo 13: *** Decisioni importanti e visite inaspettate... *** Capitolo 14: *** Forse è arrivato il tempo di cambiare... *** Capitolo 15: *** In un solo giorno... *** Capitolo 16: *** Un tranquillo (?!) week end *** Capitolo 17: *** 2 giorni di convivenza forzata. ***
Prometto di non scocciarvi troppo con le
mie note, in questa storia. Innanzitutto vorrei ringraziare Kristel, che mi
sarà sicuramente d'aiuto (non è vero?^^) e poi, al solito, chiunque sarà così
di buon cuore da voler recensire. Questa volta ho voluto fare qualcosa di
diverso, mettendo nella fic anche un attore che, a mio modesto parere, è molto
carino (ma, purtroppo, sconosciuto). Passo la parola a voi e...buona
lettura!!!^^ Bacini, Shi*
Capitolo 1.
Incontri.
A volte, le situazioni più
strane, sono create da eventi che, al momento, non sembrano nè importanti nè
influenti. Chi di voi non si è mai chiesto cosa succederebbe se, per caso,
potesse tornare indietro e cambiare qualche scelta? Tutti, credo. Eppure, anche
il celebre detto lo dice: mai piangere sul latte versato. Quella che doveva
essere una semplice serata di lavoro, infatti, si sarebbe tramutata in
qualcos'altro.
Come suo solito, Kelly era
uscita di casa con lauto anticipo, con la speranza di trovare il tempo di
preparsi. Era una ragazza molto bella: alta, slanciata, dei lunghi capelli
biondi fin sotto le spalle, occhi verdi e un fisico da mozzare il fiato.
Adorava vivere con i suoi mezzi e, proprio per questo, passava da un lavoro
part time all'altro. Quella volta le avevano offerto di fare da cubista in una
nota discoteca inglese, la Formula One. Era un posto abbastanza tranquillo,
anche se molto frequentato. Delle volte, capitava pure che ci fosse qualche
personaggio famoso, a causa della bellezza delle barman o delle ballerine.
Arrivò in camerino verso le
22.00, assieme a tutte le altre. Quella sera c'erano all'incirca trenta
ragazze, quasi tutte studentesse universitarie. Anche Kelly era lì per lo
stesso motivo, quello di trovare dei fondi per finanziarsi gli studi.
Frequentava la facoltà di giurisprudenza e, dato che la retta era piuttosto
alta, i soldi che le mandavano i suoi genitori non erano sempre sufficienti. Si
era tolta velocemente il suo vestito leggero, indossando una minigonna nera, di
pelle, un top attillato e un paio di stivali neri dal tacco alto. Ancora non
era arrivato nessuno e, di conseguenza, si era messa a discutere un po' con le
altre che si trovavano lì, assieme a lei.
"Ehi, tu, Black
Lady" Disse una, indicando Kelly "Come mai questo abbigliamento da
donna sadomaso?"
"Veramente, non lo
trovo affatto sadomaso. A me piace mettermi in mostra, per questo ho scelto
questo completo." Rispose, sorridendo.
"Secondo me è un po'
troppo volgare." Si intromise un'altra, scarrozzando alcuni bicchieri.
"A me piace essere un
po' volgarotta..." Si mise un dito in bocca. "E' così che si
abbordano gli uomini, ragazze mie. Non voglio di certo relegarmi dietro ad un
bancone, ad ascoltare le proposte più assurde. Preferisco di più recitare una
parte...attiva!"
"Sei nuova,
dell'ambiente?"
"Sì. Ho accettato
questo lavoretto per pagarmi l'esame di diritto commerciale. Il prof.
Galsworhtly è una vera pizza, mi mancano ancora tre lezioni per potermi
presentare all'esame. Quello là pretende pure che mi ricordi tutto il codice
civile a memoria...è completamente pazzo!"
"Me lo ricordo. Io ho
avuto lezione con lui quasi un anno fa. Anche se è molto severo, è veramente
bravo. Per prendere più di 24, basta che ti presenti in sede di esame con degli
abiti succinti; gli piace da matti spogliarti con lo sguardo."
"Ragazze, smettetela di
cincischiare. Tutte al lavoro, svelte!"
Il proprietario, un uomo
sulla cinquantina, aveva esortato tutte quante ad andare al loro posto, dando
ad ognuna una sonora pacca sul sedere. Al Formula funzionava così. A mezzanotte
era già pieno di gente, chi era ubriaco, chi era ancora sobrio, chi con la
ragazza, chi con gli amici, insomma, ce ne erano di tutti i tipi. Kelly, in
ogni caso, dalla sua postazione 'elevata', aveva già individuato un bel
ragazzo. Alto, capelli scuri, occhi scuri, un bel sedere e un fisico niente
male. Aveva continuato a fissarlo per tutta la serata, lanciandogli delle
occhiatine languide e leccandosi, puntualmente, il labbro superiore. Lui, che
di certo stupido non era, si era accorto di aver attirato su di sè innumerevoli
attenzioni. Quando Kelly scese, per dare il cambio ad un'altra, si diresse
subito verso l'oggetto dei suoi desideri. Non appena fu sufficientemente
vicina, andò a parlargli.
"Ciao biondona, come va
la vita?" Chiese lui, appoggiandosi ad una sedia, sorseggiando della
birra.
"Benissimo, dopo averti
visto. Allora, ti piace guardarmi mentre ballo?" Quando voleva, sapeva
farsi desiderare.
"Certo, il tuo corpo è
talmente bello e sensuale che mi verrebbe voglia di toccarlo tutto, da cima a
fondo..." Si avvicinò, poggiando una mano sulle sue spalle.
"Anche io vorrei
scrutare ogni centimetro della tua pelle, ma ora devo tornare al lavoro. Starai
qui fino alla chiusura?"
"Se è per una bellezza
come te, sicuramente."
"Allora ci vediamo dopo."
Lo afferrò per la maglietta e gli stampò un profondo bacio sulle labbra.
"A dopo, mia bellissima
regina."
Quel povero ragazzo,
naturalmente, era rimasto veramente sorpreso dall'atteggiamento spigliato di
lei. Sì, insomma, sembrava a tutti gli effetti la classica ragazza facile che
si poteva incontrare a scuola. E, come al solito, sarebbe stata tante parole e
niente fatti. Poco dopo, arrivò anche un suo amico che, ovviamente, aveva visto
l'intera scena da lontano.
"Allora, abbiamo già
fatto colpo su quella bella cubista? Mi è sembrata una tipa piuttosto
diretta..." Esclamò, mettendosi a ridere.
"Sarà anche diretta,
però è un gran bel pezzo di figliola. Cavoli, mi ha praticamente invitato ad
andare a letto con lei."
"Sempre il solito culo
rotto! Ma è mai possibile che le più bone te le prendi sempre tu?"
"Che ci vuoi fare, Dom,
è destino...tu sei un perdente, al contrario del sottoscritto."
"Vaffanculo
Orlando!" Disse Dominic, prima di andare ad ordinare un whiskey, doppio.
La serata, ad ogni modo, volse
presto al termine. Kelly, occasionalmente, osservava il ragazzo, senza nè
remori nè paura. Un po' lo intimidiva, questo atteggiamento provocante, tanto
da metterlo in imbarazzo, delle volte. Alle 4.00, la ragazza si diresse nei
camerini, a cambiarsi per rimettere i suoi vestiti, di certo più comodi e sobri
di quelli che aveva indossato fino ad ora. Si struccò, velocemente, lasciando
il suo viso pulito e liscio, ma pur sempre bellissimo. Prese la borsa e si
diresse verso l'uscita. Non appena attraversò la porta, sentì suonare un
clacson dietro di lei. Si girò istantaneamente, già pronta a mandare a quel
paese quella persona così irritante finchè, contenta, notò che era il ragazzo
che l'aveva abbordata qualche ora fa.
"Dove vai, tutta sola,
a quest'ora della notte?" Domandò Orlando, con una punta di maliziosità
nella voce.
"A casa, caro mio. Tu,
piuttosto, mi stavi aspettando?" Kelly era abilissima nel parlare, quasi
fosse stata una macchina addestrata a questo.
"Ma come siamo
presuntuose?! E se stessi aspettando qualcun altro?"
"A meno che non reputi
quelle racchie delle mie compagne di lavoro più belle di me...cosa alquanto
difficile. Non per vantarmi, ma credo di essere l'unica decente, in questa
specie di bordello."
"Allora che intenzioni
hai? Mi concedi di darti un passaggio?" Si sporse un po' dal finestrino,
avvicinandosi al suo volto. "Ma è di sola andata...per casa mia."
Disse, infine.
"Se hai un bel letto
comodo e un buon quantitativo di preservativi, è fatta." Le spalancò la
portiera. "Bene...nome?"
"Orlando Bloom, ma puoi
chiamarmi solo Orlando."
"Bene...Orlando"
Salì, senza sapere quale fosse realmente la meta. Però, era cosciente di quello
che stava per fare: sesso.
Fu, senza dubbio, una serata
indimenticabile. La casa di Orlando era molto grande, isolata, con un bel
lettone a due piazze, tutto per loro. Doveva ammetterlo, la sua performance era
stata ammirevole. L'avevano fatto tre volte, senza interrompersi neanche per
cinque minuti. La mattina, alle 9.00, Kelly si alzò senza farsi sentire e
lasciò un bigliettino sopra al comodino con scritto: Ottimo lavoro,
complimenti! Kelly. Niente di più, niente di meno. Le piaceva molto avere
delle relazioni di sesso, ma non dovevano sfociare assolutamente in niente di
più. Voleva essere libera e, di conseguenza, fuggiva sempre dalle relazioni
troppo lunghe e noiose. Le piaceva sentire quella pulsione che soltanto un
nuovo amore può darti. Si incamminò velocemente verso l'università, nella
speranza di fare in tempo per la sua lezione di diritto.
Era già da un po' di tempo
che Eric Szmanda era stato tentato di continuare i suoi studi di biologia. Dopo
aver recitato in CSI, poi, la sua voglia era addirittura aumentata.Certo, aveva quasi trent'anni suonati, però
gli era dispiaciuto molto lasciare l'università per andare a scuola di teatro.
Era davanti alla Tennyson University, a Londra, con i suoi libri in mano. Si
sentiva un po' stupido vedendo che, tutto intorno a lui, giravano dei ragazzi
che avevano appena finito le superiori mentre lui...beh, le aveva finite da un
pezzo. La sua prima lezione si sarebbe tenuta proprio quella mattina, con il
prof. Langton. Andò alla reception, per sapere in che aula fosse.
"Mi scusi" Chiese
all'attempata inserviente. "Sa dirmi dove devo andare per la lezione del
prof. Langton."
"Un attimo che
guardo..." Disse con voce roca. "Dunque, dovrebbe essere alla 98b,
secondo piano."
"Grazie mille."
Girò in lungo e in largo,
mai si sarebbe aspettato che quell'università fosse così grande. Lui, che era
sempre vissuto in America, aveva visto delle scuole molto diverse, sicuramente
più moderne di quella in cui si trovava in quel momento. Dovette chiedere a due
o tre persone di indicargli l'aula, tanto si era perso. Entrò senza bussare e
riuscì a malapena a sedersi prima che il prof entrasse. Tirò fuori il suo block
notes, per prendere gli appunti, e cominciò a scrivere. Tuttavia, dopo neanche
cinque minuti, si era accorto che qualcosa non andava.
"Secondo la semplice
sintesi di Samuelson, l'economia politica si pone tre domande fondamentali,
strettamente collegate le une alle altre: che cosa, come e per chi produrre. La
terza domando è, tuttavia, considerata dagli economisti in un suo specifico
senso, che non riguarda tanto le scelte della produzione ma quelle della
distribuzione della ricchezza creata dalle attività produttica. Per chi
produrre assume..." Il professore aveva cominciato a fare alcuni segni
alla lavagna, continuando a parlare.
Eric, un po' spaesato,
chiese ad una ragazza vicino a lui dove fosse capitato.
"Scusa ma, questa non è
la lezione del prof. Langton?" Domandò. Notò che lei aveva già riempito un
foglio di appunti. 'Caspita, proprio una secchiona dovevo incontrare' pensò.
"No...m-mi dispiace.
Q-questa è la lezione del prof. Sangton." Aveva parlato a bassissima voce.
Si era girata pochissimo e, subito dopo, si era nascosta il volto sotto la
lunga frangetta. Aveva dei capelli biondi raccolti in una coda bassa, degli
occhiali abbastanza spessi e una marea di lentiggini nelle guancie.
"Come sarebbe a dire?
Ma, allora, questa non è la facoltà di biologia?"
"No...è economia e
commercio."
"Allora che cavolo mi
ha detto quella della reception?!" Vide lei emettere un leggero risolino.
"La signora Gower è un
po' distratta. Si sarà confusa, lo fa spesso." Aveva tolto le mani dal
viso, mostrando due bei occhi color ghiaccio.
"Accidenti, adesso mi
toccherà andarmente." Fece per farlo, quando lei lo fermò.
"Non ti conviene. Il
professor Sangton è molto permaloso, non vuole che si arrivi in
ritardo...tantomeno uscire in anticipo." Era visibilmente preoccupata per
lui. Teneva ancora la testa bassa, per non farsi vedere.
"Allora...sono proprio
nei guai. Tu sei?" Le sorrise, come solo lui sa fare.
"...ehm...c-chiamami
Katie." Era arrossita.
"Benissimo, io sono
Eric. Piacere." Tese la mano per salutarla, ma lei non ricambiò il gesto.
"P-piacere."
"Voi due, lassù. Anche
se la mia lezione non è interessante, siete comunque pregati di fare
silenzio!" Urlò il professore, indicandoli con la sua bacchetta. Eric notò
che Katie si era nascosta ancora di più.
"V-vorrei seguire la
l-lezione...se non ti spiace." Disse, infine.
Orlando era rimasto molto
affascinato da Kelly, tanto che per lui stava quasi diventando un'ossessione.
Non aveva nessun indizio per poterla trovare e così, quel pomeriggio, come
ultima spiaggia, andò dal proprietario del Formula One. Lui, un po' ritroso a
dare delle notizie delle sue dipendenti, disse soltanto due cose: Kelly
Hilding, Tennyson University. Il ragazzo, senza farselo ripetere due volte,
prese la macchina e si indirizzò verso la scuola. La conosceva molto bene, non
era molto distante dalla sua casa di Londra. Parcheggiò alla meno peggio e si
diresse verso la reception, per sapere il numero di camera di quella ragazza.
"Mi scusi" Chiese,
molto impazientemente. "Sto cercando una certa Kelly Hilding, sa dirmi
dov'è?"
"Certo che lo so, la
maggior parte delle volte che mi chiamano è per sapere dove sia. Dormitorio H,
camera 247"
Orlando non la ringraziò
nemmeno e corse fuori, a cercare l'edificio. Lo trovò in un attimo e, dopo aver
fermato una ragazza, trovò la fatidica camera 247. La porta era aperta e, con
suo grande piacere, vide una sagoma con una folta chioma bionda seduta alla
scrivania. Si avvicinò, furtivo e, senza che lei riuscisse a dire qualcosa, la
baciò. Vide lei sussultare a quel contatto ma, quando volle 'inserire' la
lingua nella sua bocca, la vide staccarsi, tremante.
"Ma si può sapere che..."
Non riuscì a finire la frase che, con suo grande disappunto, si accorse che
quella ragazza non era la sua femme fatale. "...Kelly, dove sta
Kelly?"
"Sarà la centesima
volta che succede!" Esclamò lei, al colmo dell'imbarazzo. "Io non
sono Kelly...sono Katie. Kelly è la mia sorella gemella."
Capitolo 2 *** Tante strade che conducono sempre allo stesso posto... ***
Capitolo 2
Hola!^^
Rieccomi con il secondo capitolo! So che non è degna di "E a me, del tuo
nome?" però, mi raccomando, recensite!!!^^ Bacini, Shi*
Capitolo 2.
Tante strade che conducono sempre allo stesso posto...
Orlando guardava quella ragazza con due occhi simili a due enormi
palle da bowling. Erano gemelle? Ma se non si rassomigliavano affatto! Questa
qui era molto più brutta, con un fiume di lentiggini e due occhiali da
secchiona. Avevano in comune solamente il codice genetico, niente di più.
"B-beh...v-visto che mia sorella non c'è...p-puoi pure
andare." Disse Katie, con la voce che le moriva in gola. L'aveva
riconosciuto all'istante. Lei, che era un'appassionata di cinema e libri, si
era vista almeno un centinaio di volte 'il signore degli anelli'.
"Sai quando torna?" Chiese, sfacciatamente. Era rimasto
molto deluso di non aver trovato Kelly in casa e, soprattutto, di aver dato un
bacio a quella racchia di sua sorella.
"E' a lezione, in questo momento. P-penso che dovrebbe
tornare tra poco." Continuava a coprirsi il volto con le mani. In quel
mentre, la porta si spalancò, lasciando intravedere la figura dell'altra
gemella. Si guardò un po' attorno, stranita dal fatto che ci fosse un uomo in
camera sua e poi, riconoscendolo, lo portò via di peso. Katie, che aveva
osservato tutta la scena inerme, aveva tirato un sospiro di sollievo.
"Si può sapere che diavolo ti è preso? Ti sembra questo il
modo di entrare nella vita privata della gente?!" Gli urlò, smanettando a
destra e sinistra.
"Quanto siamo permalose" Orlando le cinse i fianchi con
le braccia. "Eppure, l'altra sera, non mi sembravi così ritrosa." Di
tutta risposta, si beccò un ceffone.
"Bada a come parli, caro il mio sciupafemmine. Ciò che faccio
e, soprattutto, con chi lo faccio, non sono affaracci tuoi. Sono una donna, per
giunta libera, e faccio le cose solamente quando mi va di farle! Perciò, non
prenderti più il permesso di fare ciò che ti frulla per la testa! Specialmente
qui, all'università." Aveva cominciato a parlare con un tono di voce veramente
incazzoso (ci sta un po' male, ma rende l'idea!^^ NdShizuru117).
"Se sei lunatica, non dare la colpa a me! L'altra mattina,
quando mi sono svegliato, ho notato subito il tuo bigliettino. Pensavo che
fosse un invito per venirti a cercare!" Anche lui aveva assunto un tono di
voce piuttosto offeso. Dopotutto, era stata lei ad accettare di andare a letto
con lui.
"La prossima volta, vedi di farlo funzionare meglio quel
cervello! Sono venuta a letto con te, e allora? Io posso andare a letto con chi
mi pare e piace." Rientrò in camera, sbattendo la porta.
"Non finisce qui, cara la mia Kelly. Vedrai che non finisce
qui!" E se ne andò, arrabbiatissimo.
Il discorso che gli aveva fatto la ragazza, in effetti, era
piuttosto giusto. Essendo libera e maggiorenne, poteva fare ciò che più
l'aggradava, senza chiedere il permesso a niente e nessuno. Però, per Dio,
poteva trattarlo anche meglio! In fondo, era stato lui il coglione che era
andato a cercarla. Ormai era diventata una questione di principio, nessuna si
doveva prendere il permesso di trattarlo così. Camminando per il corridoio,
andò a sbattere contro qualche persona ma non si fermò neanche a chiedere
scusa. Intanto, Eric, che aveva assistito a tutta la scena da lontano, si
chiedeva cosa poteva essere successo a quel pezzo di pane di Katie. Dopo quello
sbadato errore, doveva andare a consegnarle il suo quaderno degli appunti, che
aveva dimenticato in aula. Bussò alla 247, sperando di non ricevere un coccio
di fiori in testa.
"CHE DIAVOLO VUOI ANCORA?" Aprendo la porta, Kelly aveva
continuato ad urlare. Quando si accorse che non era Orlando, si calmò subito.
"Scusami, ti avevo scambiato per un'altra persona. Che vuoi?"
"Katie?" Disse lui, confuso. Sembrava lei, ma molto
molto più bella.
"Ah, cerchi mia sorella. Un attimo che te la chiamo."
Sbattè la porta di nuovo, tanto che i capelli di Eric svolazzarono
per un po' al vento. 'Qui dentro, o sono pazzo io, o sono pazze loro' pensò,
facendo sbucare dalla testa un enorme punto interrogativo. Dopo qualche istante,
venne ad aprire l'interessata.
"S-scusami, i modi di mia sorella lasciano un po' a
desiderare. C-come mai mi hai cercato?" Questa volta era lei. L'aveva
riconosciuta subito, visto che aveva nascosto il viso non appena l'aveva visto.
"Ciao Katie. Senti, ti ho riportato il quaderno degli
appunti. L'avevi lasciato nell'aula, alla fine della lezione." Glielo
porse, gentilmente. Lei, piano, lo riprese e lo nascose dietro la schiena.
"G-grazie." Fece per richiudere la porta, quando le mani
di lui la fermarono.
"Aspetta, devi farmi un favore. Sto disperatamente cercando,
da più di un'ora, la biblioteca...mi ci puoi accompagnare?" La vide che
cercava di ritrarre la mano.
"N-no...per favore...l-lasciami..." Cominciava a
balbettare più del solito, sembrava paralizzata davanti a quel gesto. Non era
niente di importante, eppure, si era irrigidita talmente tanto da avere gli
occhi sbarrati.
"Andiamo, cosa vuoi che sia? Devi soltanto portarmi lì
davanti, prima che mi perda in questo labirinto."
"No!" In quel mentre, Eric l'aveva strattonata a tal
punto da farla cadere sulle ginocchia. Mentre succedeva questo, due ragazze
avevano cominciato a fare dei piccoli risolini e a dire qualcosa.
"Toh, il mostriciattolo è uscito dalla tana!" Lo dissero
ad alta voce, di modo che Katie lo sentisse bene.
"Santa blatta, e vieni fuori!" Le prese di peso e la
trascinò per tutto il corridoio, fino ad uscire.
La ragazza era rimasta sconvolta, allibita. Ognuno che la vedeva
passare la squadrava peggio di una tac e, i pochi uomini che la videro,
cominciarono a parlottare tra di loro. Katie, che nel frattempo avrebbe voluto
scomparire, stava cominciando a tremare dal terrore. Sapeva che le intenzioni
del ragazzo erano più che buone ma non voleva, non voleva essere vista, non
voleva essere osservata. Quando arrivarono in giardino, si fiondò giù dalle sue
braccia, nascondendosi dietro al primo albero che aveva trovato. Il ragazzo, un
po' spaesato da quello strano comportamento, mise le mani in tasca e si
incamminò verso di lei.
"Si può sapere che ti succede? Perchè cerchi sempre di
scappare?" La vide nascondersi dietro alle mani, per l'ennesima volta.
"E smettila di coprirti il viso." Si inginocchiò davanti a lei.
"Sono venuto a cercare te perchè sei l'unica che conosco, cara la mia
Katie Hilding. Devi solamente portarmi in biblioteca e, dato che in portineria
c'è quella vecchia rincitrullita, non vorrei di certo finire in chissà quale
posto!"
"N-non sei venuto p-per sapere di mia sorella?" Disse,
piano.
"Certo che no! Quella scalmanata di tua sorella l'ho vista
solo cinque minuti fa e, ti giuro, non mi ha fatto una bella impressione."
Si mise a ridere. "Dai, se tu sei la prima persona che ho conosciuto
dentro questa gabbia di matti! Sono appena arrivato e, capirai da te, che mi
trovo peggio di un pesce fuor d'acqua. Ho trent'anni e voglia di fare 0. Poi,
visto che mi hai dato l'impressione di essere molto brava, potresti aiutarmi a
studiare."
"M-ma tu fai biologia, non economia." Sorrise,
lievemente.
"Oh, finalmente ti vedo fare un bel sorriso. Tu quanti anni
hai Katie?" Domandò, molto più tranquillo nel vedere che si era rilassata.
"Ne devo f-fare venticinque questo autunno."
"Che anno frequenti?" La vide togliersi le mani dal
volto.
"L'ultimo, dovrei d-dare la tesi entro dicembre, s-sono
riuscita ad anticipare di un anno."
"Caspita!" Esclamò il ragazzo, visibilmente stupito.
"Ma ora sarà meglio smetterla con questo terzo grado, che poi ti faccio
anche sentire a disagio. Vogliamo andare a questa benedetta biblioteca, sì o
no?"
"V-va bene. Passiamo per un'altra strada, c-così entriamo
dalla porta secondaria." Si alzò e, dopo aver controllato che non ci fosse
nessuno, si incamminò.
Da quello che aveva visto Eric, Katie doveva essere proprio una
ragazza molto timida. Per strapparle due parole aveva dovuto faticare come un
matto. E poi, in fondo, non era così male. Sembrava molto tranquilla e posata,
con l'unica pecca di balbettare un po' troppo. Camminava tutta ricurva, per
nascondere nuovamente il volto. Senza contare che, vestita con quegli abiti
larghissimi che aveva, sembrava ancora più brutta di quella che non era in
realtà. Cielo, non è che fosse bella, però poteva pur tenersi meglio. Se
soltanto fosse stata affascinante come la sorella...allora sì che sarebbe
andata bene. Pensando a questo, non si accorse di essere arrivato davanti ad un
edificio molto vecchio rispetto all'università, di mattoni, immerso in
un'ambiente quasi agreste. Era circondato da alberi e fiori che, tutt'intorno a
loro, lasciavano un delicato profumo. Vide la ragazza bussare, molto piano, e
una donna sui quaranta andò ad aprirle.
"Che bella sorpresa vederti, Katie." Le diede un bacio
sulla guancia. "Hai finito di leggere 'guerra e pace'?"
Il volto del ragazzo divenne paonazzo. 'Guerra e pace? Ma non era
quel mattone tremendo di mille e passa pagine?" pensò, strabuzzando gli
occhi.
"No, signorina Isherwood. Sono arrivata solo a metà a causa
del mio prossimo esame." Sembrava che la conoscesse molto bene.
"Tu, invece, chi sei? Come mai sei con lei?" Il tono di
voce della donna era diventato stranamente ostile.
"Non si preoccupi, mi ha chiesto di accompagnarlo qui perchè
è appena arrivato. Non è uno di loro..." La ragazza le prese una mano, per
calmarla.
"Ha ragione Katie, sono io che l'ho costretta a venire qui!
Se non sono il benvenuto, ripasso un'altra volta." Fece per andarsene,
quando la signorina Isherwood lo richiamò.
"Se ha detto che non sei uno di 'loro', allora puoi
venire." E aprì la porta, invitandoli ad entrare.
La biblioteca doveva essere molto vecchia, a giudicare dai tanti
volumi che si potevano trovare sugli scaffali. Tolstoj, Shakespeare,
Hobbes...un professore di lettere antiche avrebbe dato un polmone per avere uno
di quei libri. Girovagò per un po', senza meta, finchè non trovò la sezione che
lo interessava: 'Scienze naturali e studio della biologia'. Tirò fuori qualche
libro e lo osservò un po', prima di aprirlo. Sembrava quasi nuovo, non aveva
neanche una parte rotta o magari usurata. Fece per chiedere alla signora
Isherwood quando vide la donna, assieme a Katie, davanti ad un piccolo
armadietto. Si avvicinò, senza farsi sentire, per poter origliare.
"Prendi qualcosa anche questa volta?" Chiese la donna.
"Mi piacerebbe poter prendere 'Otello' ma, non lo so, forse
sono più propensa a prendere 'la mandragola'. Lei cosa mi consiglia? Il fatto è
che non vorrei andare a tuffarmi in cose troppo vecchie." Rispose,
titubante.
"Perchè non provi 'Notre Dame'? Anche se non è teatrale, è
sempre un buono spunto. Su, avanti, portalo via."
"Forse sto approfittando un po' troppo della sua gentilezza.
Davvero posso?"
"Ma certo che puoi, non sono domande da fare."
Eric se ne andò quasi subito, sentendosi di troppo in quella bella
scenetta. Eppure, da quello che aveva visto, Katie frequentava economia...che
c'entravano tutti quei libri di letteratura? Magari aveva l'hobby di leggere,
era possibilissimo. Se ne tornò al suo bel volume, che titololava
'l'evoluzione', che lo stava chiamando, sconsolato. L'idea di farsi una
mangiata di biologia non è che lo esaltasse molto. Però, da quando recitava in
CSI, aveva avuto l'idea di ritornare all'università, avendo provato cosa voleva
dire essere un tecnico di laboratorio. Andò alla cattedra, per farsi segnare.
"Signorina Isherwood, vorrei prendere questo in prestito."
La vide sbucare da un angolino.
"Bene, riportalo il mese prossimo." Disse, secca.
"Se per allora non sarai riuscito a studiare, verrai qui e ti farai
prolungare il prestito. Intesi?"
"Sì. "Girandosi, notò che Katie era vicina a lui.
"F-finito?" gli domandò, guardando per terra.
"Già. Senti, io adesso devo andare. Grazie di tutto
e..." fermò il discorso a metà.
"C-che c'è?"
"ehm...non so come dirtelo...tua sorella che facoltà
frequenta?" A questa domanda, vide Katie sospirare.
"Giurisprudenza, quarto anno. Se vuoi s-saperlo, stasera è
libera." Stava ricominciando a tremare.
"No, ma cosa vai a pensare! Era per curiosità, tanto per
sapere!" Cercò di giustificarsi. "Tu, piuttosto, stasera uscirai con
le tue amiche, no?"
"N-non ho amici..." Si stava di nuovo nascondendo.
Eric si era sentito proprio un verme. Aveva fatto la figura del
solito cretino che aveva chiesto informazioni su una ragazza alla persona
sbagliata. Doveva cercare di farsi perdonare, o perlomeno di glissare.
Dopotutto, era un attore.
"Il fatto è che...beh, se non hai impegni, perchè una queste
sere non vieni a bere un caffè con me?" Era stata la prima cosa che gli
era venuta in mente.
"Sei d-davvero sicuro?" Lei sembrava molto stupita.
"Ma sì! Allora, che mi dici?"
"V-va b-bene."
Ecco, l'aveva fatto. Invece di cercare di invitare fuori Kelly, si
era messo nel pasticcio di uscire con Katie. Con la vitalità che aveva, sarebbe
di sicuro stata una serata INTERESSANTISSIMA...
Salve
salvino gente! Che dire, il terzo capitolo è stato un po' patito ma, visto che
il 17 maggio comincio gli stage, i professori ci hanno subissato di compiti e
interrogazioni! BASTARDIIIIIIIIIII! Prometto che, da metà maggio in poi,
aggiornerò più spesso! Come per l'altra storia, ringrazierò nella nota
precapitolo tutti quelli che recensiranno! (adesso sono io quella bastarda!^^)
Questa volta do un grosso bacione a: Keira, Kaori28, Kristel, Eleanor,
Frodina178. Un salutino anche ad Itsuki86 (anche se deve ancora leggere...ma è
una storia lunga! Se Michela vedrà la foto, forse capirà perchè)!^^ Bacini,
Shi*
Capitolo 3.
Scoprire cose nuove...
Dire che Eric era disperato, era dire veramente poco. Con quella
storia del caffè e di Katie, si era messo in un guaio che superava lo scibile
umano. Gli piaceva Kelly che, certamente, era una bella ragazza...ma a cosa
stava pensando quando aveva invitato fuori sua sorella? Cose molto brutte,
evidentemente. Ogni tanto, quando la incontrava per i corridoi, si fermava a
salutarla e a scambiare quattro chiacchiere però, puntualmente, sorvolava i
discorsi dicendo che aveva fretta e doveva andarsene. Non che non fosse la
verità, visti i suoi impegni 'scolastici', però ci metteva il carico da undici.
Tuttavia, quella situazione non poteva continuare in eterno, doveva decidersi a
fare la prima mossa.
Un pomeriggio, dopo la sua lezione di 'Microrganismi e patologie
collegate ai virus' (così interessante da strapparsi i capelli di gioia), girò
per la facoltà di economia, nella speranza di incrociare, da un momento
all'altro, la povera Katie. I lunghi corridoi erano insolitamente vuoti,
probabilmente a causa di alcuni esami e così, visto che non poteva fare
altrimenti, si rivolse di nuovo alla signora Gower. La vide, tutta presa, a
fare un cruciverba. Lì per lì gli venne da ridere, pensando che delle volte
pagano la gente per stare senza far niente.
"Mi scusi, vorrei sapere se Katie Hilding, in questo momento,
sta facendo un esame." Domandò, appoggiandosi alla scrivania. La donna
sembrò molto contrariata della sua interruzione e, ad un certo punto, assunse
una strana espressione, quasi...stupita.
"Katie? Magari avrai sbagliato, figliolo. Non è che cerchi
Kelly?" Disse poi, portandosi una mano sul mento.
"No, le ho detto che cerco Katie." Rimarcò lui.
"Eppure mi sembra così strano...sei davvero sicuro di non
averla scambiata per Hfr?"
"Hfr? Mi scusi, signora Gower, è sicura di stare bene? Ad una
certa età, il cervello comincia a perdere colpi..." Disse, ridendo sotto i
baffi. A occhio e croce, doveva avere quasi sessant'anni.
"Bada a come parli, razza di maleducato!" Gli diede uno
scappellotto. "Magari ci arrivassi tu, alla mia età, arzilla come
sono!" Sfogliò un grosso quaderno. "Se cerchi Katie, in questo
momento dovrebbe essere a sostenere l'esame di marketing, assieme alla
professoressa Brinsley. Dovrebbe uscire tra...mmh...più o meno un quarto d'ora.
Aula 56."
"E' sicura di non avermi detto una fesseria?" Visto che,
l'ultima volta che gli aveva indicato un'aula, aveva finito per andare nel
posto sbagliato, voleva evitare di fare di nuovo lo stesso errore.
"Certo che è l'aula giusta! Sei uno screanzato! Le matricole
come te dovrebbero imparare a starsene al loro posto." Sentenziò, alzando
un po' la voce.
"Mi spiace deluderla, ma sono matricola solo di nome! Ho
trent'anni."
"Resti comunque una matricola, dato che non ti ho mai visto
qui in giro. Fuori dai piedi, ho da fare!" Chiuse il vetro, lasciandolo di
sasso.
'Ma tu guarda, è una nullafacente e si permette pure di trattare
così la gente. Tsk, il mondo sta andando a rotoli' pensò. Si incamminò verso
l'aula 56, nella speranza di non perdersi. Mentre passeggiava attraverso
l'edificio, lanciava qualche occhiata fuori dalla finestra, vedendo alcuni
ragazzi che stavano giocando a calcio, altri che leggevano sotto un albero,
altri ancora che stavano con i rispettivi fidanzati. 'Ma io cosa ci sto a fare
qui? A quest'ora dovrei avere una moglie e dei figli!' rise, a questo pensiero.
Non era mai stato un tipo estremamente appiccicoso, anzi, qualche volta, in un
rapporto, era perfino troppo distaccato. Affermava di volere i suoi spazi e di
volerli dare al partner, a costo di passare per il classico idiota che ha paura
di farsi avanti. Ultimamente, poi, si era divertito molto, cercando di non
pensare alle storie serie. Tuttavia, data la sua età, aveva cominciato a fare
dei pensieri riguardo la famiglia e cose varie. Se non ci pensava adesso,
quando l'avrebbe fatto?
Senza rendersi conto, in breve tempo si ritrovò proprio davanti
all'aula 56. Vide alcune panchinette di metallo e, lentamente, si mise seduto.
Molto probabilmente Katie stava facendo qualche esame orale e, di conseguenza,
non poteva sapere precisamente quando sarebbe uscita. Riguardò un po' i suoi
appunti, pensando a quanto fosse schifosa la sua calligrafia. Lesse qualche
pagina del suo libro e poi, sbuffando, aveva chiuso tutto. Avrebbe avuto il suo
primo esame tra un mese e...voglia di studiare saltami addosso! Si appoggiò con
la testa al muro, chiudendo gli occhi.
"E-ehi, che ci fai qui?" Disse una voce a lui familiare.
Abbassò la testa talmente di scatto, da colpirle il mento. Lei indietreggiò un
attimo, spaventata.
"Oddio, scusami!" Cercò di giustificarsi, alzandosi in
piedi. Quando lo fece, si dimenticò di avere sulle ginocchia i suoi libri e, di
conseguenza, finirono tutti in terra.
"Hmpf..." Katie si stava trattenendo.
"Prova a ridere, e giuro che è l'ultima cosa che farai!"
Si chinò e cominciò a raccogliere la sua roba.
"Ah, n-non ti preoccupare, a m-me succede spesso....ahi!"
Eric, che in quel momento non la stava guardando, alzò gli occhi. Notò che,
sulla tempia di lei, stava scendendo un piccolo rivolo di sangue.
"Che ti è successo, come mai stai sanguinando?" Chiese,
preoccupato.
"N-non è n-niente" Nascose il viso e si pulì con un
fazzolettino di carta. Stava tremando. Il ragazzo si guardò in giro e vide,
poco lontano, un sassolino appuntito sporco di rosso. Non vide nessuno e sentì
soltanto qualcuno ridere, in lontananza. Chi poteva aver fatto una cosa del genere?
"Dai, ti porto in infermeria. Così, magari, ti mettono un
cerotto." La prese per mano, lei si ritirò subito.
"C-ci vado dopo la fine di t-tutte le lezioni, dal d-dottor
Prynne." Si alzò in piedi e, accennando un piccolo sorriso, cercò di
andarsene.
"No, fermati!" La vide girarsi di scatto. "Ti ho
aspettata perchè dovevo dirti se avevi qualcosa da fare, stasera."
"S-suppongo di no." Rispose, timorosa.
"Allora, alle 21.00, fatti trovare pronta che andiamo a bere
qualcosa in un pub. Ci stai?" Ce l'aveva fatta. Lei rimase stupita e, dopo
qualche istante, arrossì.
"S-sì." Lo salutò con la mano e, restando gobba,
continuò a camminare verso il dormitorio.
Eric fu decisamente soddisfatto del suo operato. Mentre si
dirigeva verso la sua camera, pensò che, in fin dei conti, non era stato così
difficile invitarla fuori. Certo, sarebbe stata una serata piuttosto noiosa ma,
dopo questo piccolo inconveniente, avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per
occuparsi della bella Kelly. Tra un pensiero e l'altro, le 21.00 erano
arrivate. Il ragazzo non si era vestito eccessivamente elegante, optando per
una semplice T-shirt stampata e un paio di jeans. Mentre attraversava il
corridoio del dormitorio femminile, vide tantissime ragazze, tutte abbastanza
carine, che si stavano preparando per uscire a loro volta. La vita
universitaria, quando non c'erano esami in vista, era una vera pacchia. Mattina
libera, pomeriggio libero, sera libera. Cosa si può volere di più? Decisamente
niente.
Bussò alla porta 247, appoggiandosi poi al muro di fianco. Vide la
porta spalancarsi, facendo intravedere una figura alta e snella. No,
decisamente non era la persona che stava aspettando.
"Scusami, Katie è ancora dentro?" Chiese, ammirando la
ragazza.
"Peccato, pensavo fossi venuto per te." Rispose,
ridendo. "Mia sorella è ancora dentro. Allora sei tu il fantomatico
ragazzo con cui esce stasera!?" Aveva un tono di voce decisamente alto.
"KELLY! FATTI GLI AFFARI TUOI!" Urlò qualcuna, da dentro
la stanza.
"Mi raccomando" Disse lei, avvicinandosi ad Eric.
"Trattala bene che altrimenti dovrai vedertela con me!" E ritornò
dentro, velocemente come era uscita.
"O-oddio, è una scema. M-mi scuso da parte sua."
Lentamente, uscì Katie, vestita ancora peggio del solito. Aveva indossato una
paio di pantaloni di lino larghissimi e una maglietta da uomo, di almeno tre
taglie più grande.
"Fa niente" Rispose lui, facendo spallucce.
"Allora, vogliamo andare?"
"C-certo."
Mentre si avvicinavano all'uscita, ognuno che li vedeva cominciava
a farfugliare qualcosa, un po' sorpreso. Specialmente alcuni ragazzi che,
vedendo Katie, avevano cominciato a sghignazzare, indicando lei e, in seguito,
Eric. Lui non capiva quello che stava succedendo, dopotutto, stava
semplicemente uscendo con una sua amica. Scelsero un posticino tranquillo,
vicino all'università, dove andavano frequentemente gli studenti. Presero un
posto in un angolo e ordinarono due caffè. Per tutto il tragitto non avevano
detto una parola e, anche dopo essere entrati, non è che le cose fossero cambiate.
Dissero solamente 'grazie' al barista. Dopo quasi dieci minuti di imbarazzante
silenzio, Eric sospirò, sconsolato.
"M-mi dispiace, so di non essere molto di c-compagnia."
Esordì Katie, sorridendo nervosamente.
"No, ma cosa dici! Il fatto è che, visto che ci conosciamo
poco, non sappiamo di cosa parlare." La tranquillizzò, mettendo una mano
dietro il collo. "Piuttosto, come è andato l'esame?"
"L-l'esame dici? Beh, direi bene." Si rilassò, anche se
poco.
"Ma, cosa vuol dire quel 'bene'? Ti avranno messo un voto,
no?"
"C-certo che mi hanno messo un voto!" Rise.
"...ehm...ho preso 30 e lode."
"COOOSA?" Eric non si accorse delle sua faccia
che, in quel momento, aveva assunto un'espressione veramente buffa. Aveva
sbarluzzato gli occhi, avvicinando le sopracciglia e, come se non bastasse,
aveva la bocca aperta. Katie non riuscì a non ridere.
"Perchè mi guardi con quella faccia?" Disse lei,
cercando di nascondere la bocca con le mani.
"Perchè ti guardo con questa faccia? Beh, uno: questa è la
mia faccia standard e due: l'hai detto come se fosse la cosa più normale del
mondo! Io, al risultato di 30 e lode, ci posso arrivare solo se sommo i
risultati di due o tre esami!"
"In fondo, non è così difficile. L'importante è studiare
tanto e bene."
"No, no, è proprio quello il difficile!"
"Sì, forse hai ragione. Specialmente quando fuori è una bella
giornata e tu sei costretto a rintanarti in una biblioteca a leggere libri
noiosissimi." Ce l'avevano fatta, stavano instaurando una conversazione!
(era ora! NdShizuru117)
"Ehi, adesso che ci faccio caso, hai smesso di
balbettare!" Lei alzò gli occhi, guardandolo timidamente.
"Il fatto è che...balbetto quando mi trovo a disagio.
Specialmente con le persone che non conosco..."
"Allora sono fortunato, visto che con me non lo fai
più!" Si misero a ridere, insieme.
"Diciamo di sì, può andare!"
"Ah, senti un attimo, oggi la Gower mi ha detto una cosa
strana..."
"In tutta sincerità, la Gower è un po' strana di suo.."
Disse, amichevolmente.
"Sì, beh, me ne ero reso conto da solo! Però, quando ho
chiesto di te, mi ha detto se non volevo sapere di Kelly." Lei lo guardò,
divertita. "E' facile sbagliarsi, visto che siete gemelle! Quello lo posso
capire! Però poi ha detto qualcosa che non ho capito...Hft, se non sbaglio?"
Katie sospirò.
"No, Hfr..."
"Sì, Hfr. Tu lo sai cosa vuol dire?"
"Heart for
rent..."
"Cuore in affitto? Ma che significa?" Domandò ancora,
curioso di sapere.
"Proprio quello che hai detto...cuore in affitto..."
Disse lei, enigmatica.
"Così non mi aiuti, lo sai?"
"Non te lo devo dire io cosa significa, tanto prima o poi lo
scoprirai da solo."
"Mi stai dando il due di picche?" Disse, con sguardo
malizioso.
"Sì, in un certo senso..." Sorrise, nel vedergli fare
quella smorfia.
"Ok, non farò più domande sull'argomento!"
La serata, contro ogni aspettativa, fu divertente. Non che fosse
stata la fine del mondo, però si erano divertiti, tutti e due. Avevano discusso
di un po' di tutto, spaziando dalle cose più futili a quelle più strane. Katie
non era una gran parlatrice, è vero, però dopo che aveva preso il via, riusciva
a formare una frase che non era composta solo da monosillabi! Rimasero dentro
al bar per quasi un'oretta finchè, visto che Eric voleva studiare un po', non
se andarono. Si salutarono all'entrata del dormitorio femminile visto che, il
ragazzo, da bravo cavaliere, l'aveva riaccompagnata.
Katie salì le scale felice perchè, per la prima volta, era
riuscita a trovarsi un semi-amico. Ringraziò Dio di non aver incontrato nessuno
per i corridoi ma, arrivata davanti alla sua camera, ebbe da ricredersi. C'era
un ragazzo appoggiato alla porta, con le braccia conserte e il viso crucciato.
La ragazza cercò di dileguarsi, pensando di ritornare successivamente, finchè
non sentì una mano sulla spalla, che l'aveva presa con così tanto vigore da
farla fermare.
"Ehi Katie, dove pensi di andare?" Disse una voce
maschile, con tono grave. Lei si girò, lentamente.
Non
ci posso fare niente, adoro fare queste piccole note all’inizio del capitolo!^^
Che dirvi ragazze…beh, innanzitutto voglio scusarmi con _Kristel_
perché, non so come mai, ma libero sta dando i numeri (assieme al mio computer del
c***o…w la finezza!) E poi voglio ringraziare Keira e Frodina178 e…presto
scoprirete cosa vuole dire “cuore in affitto”…pazienza, pazienza! Ah, Keira,
quando ho tempo posto il quinto capitolo della mia fic su FF (è quella la mia
vera natura!^^ No, dai, sto scherzando!)!^^ Bacini, Shi*
Capitolo 4.
Ricatti e strane situazioni...
Katie guardava Orlando in malo modo, che ci faceva a
quell’ora davanti alla sua camera? Forse cercava Kelly ma era uscita, come suo solito.
Cercò di divincolarsi ma la sua presa era troppo forte.
“Dove credi di
andare?” Disse lui, cercando di fissarla negli occhi.
“T-ti prego,
lasciami!” Urlò, nella vana speranza che qualcuno venisse a salvarla.
“No, non ti lascio
andare.”
“S-se cerchi m-mia
sorella, è u-uscita. R-ritornerà tra poco.” Cercò di nascondere il volto, per
non farsi osservare. Ripensava a quello che era successo prima e malediva il
destino, che con lei era sempre stato avverso.
“Kelly non mi
serve…ho bisogno di te.” Mentre qualche secondo prima lei si muoveva
freneticamente, a quelle parole si fermò, come pietrificata. Girò lentamente la
testa, come se fosse in un film dell’horror.
“M-me?” Disse poi,
incredula.
“Sì, mia cara. Tu
sei sua sorella e devi aiutarmi, ad ogni costo.” Lei si accasciò e lui si
abbassò, per parlarle meglio.
“N-non vedo c-come
posso e-esserti d’aiuto.” Cosa aveva a che fare con Kelly?
“Vedi, io non
considero affatto chiusa la faccenda di tua sorella. Lei pensa di avermi
liquidato quel pomeriggio; non sa quanto si sbaglia. Voglio fare di lei la mia
fidanzata e tu dovrai aiutarmi. Sarà un lavoretto abbastanza semplice, dovrai
dirmi cosa le piace, quando esce, i suoi gusti, imparare a darmi dei consigli,
dirmi che tipo di ragazzo le piace. In fondo, non è una cosa difficile” Il suo
tono di voce era molto sensuale e, per rincarare la dose, accentuava ogni
parola con un movimento degli occhi, tale da rendere sexy anche la cosa più
stupida.
Katie non sapeva più
che pensare. Si ritrovava davanti Orlando Bloom, uno degli attori che aveva
apprezzato di più negli ultimi tempi, che le chiedeva di farle un favore.
Nemmeno con la sua più fervida immaginazione si sarebbe aspettata una
situazione del genere. Voleva accettare e, d’altronde, stare a stretto contatto
con lui la rendeva incredibilmente entusiasta ma…
“N-non posso farlo.”
Rispose, seria. Aveva ancora la voce tremante.
“Cosa? Tu vorresti
rifiutare una proposta così allettante?” Era sorpreso. Giudicava Katie una ragazza
senza carattere e, tanto più, senza coraggio.
“N-non posso
accettare d-dei compromessi c-che riguardino mia sorella. E’ v-vero, è una
ragazza f-facile, ma io le voglio molto bene. D-dovrai s-sbrigartela da solo.”
Cercava di nascondersi ancora di più.
“Andiamo, non
faresti niente di male. Sarebbe soltanto un piccolo favore. Dimmi cosa vuoi in
cambio e te lo darò.”
“H-ho già detto di
no.”
“Stammi bene a
sentire” Cominciava ad innervosirsi. “Ma cosa credi che sia? Va bene, vuoi bene
a tua sorella, ma non vorresti che ti fidanzasse con me? Su, lo so che lo
vorresti…”
“L-lasciami.”
Katie si alzò,
facendo per andarsene di nuovo, finchè Orlando non la prese di peso e non la
scaraventò ad un muro, di modo da essere faccia a faccia con lei. Che diamine,
non gli sembrava di chiedere una cosa impossibile.
“Sturati quelle
orecchie, razza di racchia che non sei altro, ricordati che hai avuto la
possibilità di baciarmi e, dato che la cosa mi ha anche fatto leggermente
schifo, pretenderei di avere qualcosa in cambio. Non ti sto chiedendo di
buttarti giù da un pozzo, tantomeno di andare in paradiso e poi ritornare. Devi
soltanto fare un accordo con me e, visto che la cosa mi sembra piuttosto
affabile…” Le tirò su il volto, ma non riuscì a finire la frase.
Vide due grosse
lacrime solcare il viso di Katie, mentre i suoi occhi color ghiaccio
cominciavano ad essere sempre più velati. La bocca era aperta, come se fosse
stata colta di sorpresa, le mani erano inermi. Si era come impietrita, nessun
muscolo del suo corpo si muoveva. Le gambe avevano cominciato a tremare, mentre
cominciava a singhiozzare, sempre più forte.
Orlando si era
sentito malissimo nell’averla fatta piangere. Si era reso conto che i suoi modi
non erano stati per niente cortesi, ma arrivare a quel punto…non credeva
proprio.
“Ricordati che la
mia proposta è ancora valida” Le sussurrò, all’orecchio.
La vide abbassare la
testa e fuggire via, coprendosi il viso con le mani. Sospirò e si incamminò
verso l’uscita.
“Dove pensi di
andare?!” tuonò una voce, alle sue spalle. La riconosceva troppo bene.
“Ma bene, vedo che
sei ritornata Kelly.” La squadrò, dalla testa ai piedi, mostrando un ghigno che
non prospettava nulla di buono.
“Ho appena visto mia
sorella entrare in camera, piangendo e…NON MI SEMBRA IL CASO DI DIRE ‘VEDO CHE
SEI RITORNATA KELLY’.” Gli urlò, fermandosi davanti a lui.
“Ma davvero? Io,
invece, penso che sia proprio la cosa adatta da dire.” Sostenne il suo sguardo
di fuoco. “Magari Katie, telepaticamente, ti ha anche detto perché piangeva?”
“Non ci vuole una
laurea in psicologia, brutto scemo che non sei altro! Come ti permetti di
entrare nella mia vita senza permesso? Prima quel pomeriggio, poi adesso…mi
togli la gioia di vivere!” (Copyright di Itsuki86! NdShizuru117)
“Non pensi di essere
un po’ troppo esagerata? Dopotutto ti ho rotto le scatole solamente due volte;
e solo dopo che sei venuta a letto con me!”
“Non me ne frega
niente di sapere i tuoi motivi, devi sparire e basta. I tuoi criteri di
giudizio tienili per te, per favore. E ora, se vuoi scusarmi” Infilò la chiave
nella toppa ma lui si parò davanti.
“Non ti scuso,
invece. Lo sai perché ho rotto le scatole anche a tua sorella? Perché, da
quella sera, non faccio che pensare a te. Vorrei cercare di essere un po’ più
gentile, ma tu non me lo permetti.” Le disse, con più calma.
“Io non ti permetto
di infierire su mia sorella, lasciala fuori dai nostri affari. Lei non c’entra
niente, e non deve neanche interessarsi a questa faccenda. Ha già tanti
problemi per conto suo, non ti immischiare pure tu.” Mise le mani sui fianchi,
girando la testa di lato.
“La cosa è di facile
situazione. Esci con me e la lascerò in pace.” Disse poi, fiero.
“In poche parole, mi
stai ricattando?!” Fu molto sorpresa della sua reazione. Non le era mai
capitato.
“Esattamente. Lascio
scegliere a te le condizioni. Non voglio e non cerco relazioni serie, te lo
dico già da adesso.”
“Benissimo, siamo
sulla stessa lunghezza d’onda.” Appoggiò una mano al muro. “Sarà una relazione
di sesso, proprio come la prima volta che l’abbiamo fatta. Quando uno dei due
avrà voglia di farlo, chiamerà l’altro e si vedrà il da farsi. Siamo
d’accordo?” Allungò una mano.
“D’accordo!” Gliela
strinse, stampandogli un profondo bacio sulle labbra. “Ecco” Gli disse,
porgendole un fogliettino di carta. “Questo è il mio numero di cellulare,
chiamami quando vuoi.”
“Ok, ciao.” Rispose
lei, aprendo la porta ed entrando. Gli fece cenno con la mano e poi richiuse
l’uscio dietro di sé.
Non era per niente
convinta di quello che aveva fatto ma, se era per il bene di Katie, tutto era
lecito. Sentiva la sorella piangere, dentro la sua camera…quante volte si era
ripetuta quella scena?! Troppe, per i suoi gusti. Orlando non doveva essere
un’ulteriore motivo di sofferenza, in alcun modo. Poi, in fin dei conti, ci
voleva una svolta interessante nella sua vita.
……………………………………………………………………………………………………….
Il mattino
successivo, Eric si era alzato di buon ora. Doveva ripassare ancora alcune cose,
in vista del suo primo esame, che si sarebbe tenuto quel pomeriggio.
Passeggiava nervosamente per il corridoio, girando l’indice in aria, cercando
di ricordare alcune formule chimiche.
“Accidenti, non ce
la farò mai!” Disse, sbattendo un piede per terra.
“Come mai sei tanto
agitato?” Domandò una voce dietro di lui. Si spaventò così tanto da sobbalzare.
Si girò, era Katie.
“Oddio, sei tu! Mi
hai tolto dieci anni di vita! Ti pare questo il modo di arrivare alle spalle
della gente?” Le disse, scherzosamente.
“Avevi detto di
avere un esame, oggi, così sono venuta a controllare. Agitato?”
“Tantissimo!
Preferirei andare al patibolo, piuttosto che entrare in quell’aula! Con Langton
poi, che si cambia i vestiti come minimo una volta al mese! Quando ti passa
vicino, capisci cosa provano i soldati colpiti da un’arma chimica!”
“Non farne una
tragedia. Vuoi un consiglio? Quando entri, stai tranquillo e rilassati. Ai
professori fa una buona impressione, perché sembri sicuro di te e sai di aver
studiato. Se ti prendesse l’agitazione, respira profondamente e sorridi,
smorzerà l’aria.” Gli sorrise timidamente, cercando di confortarlo.
“Sicura che
funzionerà?” Chiese, titubante.
“Certo, l’importante
è avere fiducia nelle proprie capacità!”
“Allora, se riuscirò
a prendere più di 24, verrò immediatamente a ringraziarti.” La baciò su una
guancia, velocemente. “Ora devo proprio andare, vado a ripassare con quelli del
mio corso. Ci si rivede in giro!”
Si allontanò
velocemente, stringendo i suoi appunti e il libro. Era un tipo veramente
strano, molto simpatico e pieno di vita, non c’è che dire. Delle volte era un
po’ infantile e cretino, però, come dire, era un personaggio. La parte che
interpretava in CSI si adattava perfettamente a lui. Katie abbassò lo sguardo,
arrossendo un po’. Stare a contatto con quel ragazzo così diverso da lei, la
faceva sentire in imbarazzo in continuazione.
Come suo solito, la
ragazza andò in biblioteca, nella speranza di fuggire da quella realtà che era
l’università. Quel giorno la signorina Isherwood non c’era, ma Katie sapeva
dove teneva le chiavi: dentro un vaso di fiori situato per terra, vicino alle
scale. Aprì lentamente e, trovandosi a respirare quell’aria chiusa e antica,
ispirò a pieni polmoni, come se il sapere passasse attraverso il suo corpo.
Andò a sedere vicino ad una vecchia scrivania, accendendo la luce fioca della
lampadina.
………………………………………………………………………………………………………
Quando Eric uscì,
era talmente contento che avrebbe saltato di gioia in eterno. Era riuscito a
prendere 26, un voto che evadeva dalla sua immaginazione. Si era preparato
tanto ed era soddisfatto dei frutti del suo lavoro, che gli era costato un
sacco di notti insonni. Abbracciò Margaret e Nicholas, i suoi compagni di
corso, poi se ne andò subito, alla ricerca di Katie.
“Mi congratulo con
lei, signor Szmanda. Nonostante abbia ricominciato da poco gli studi
universitari, devo dire che si sta impegnando seriamente per raggiungere al più
presto i degli alti livelli. La sua prova è stata notevole, con qualche difetto
di dialettica ma, in definitiva, molto brillante.” Ecco che cosa gli aveva
detto il professor Langton.
Aveva fatto proprio
come gli aveva detto la ragazza, cercando di sorridere quando cominciava ad
essere troppo agitato. Quando non si era ricordato qualcosa, aveva fatto un po’
di ironia, smorzando notevolmente la situazione. Aveva appena imboccato il
corridoio di Economia e Commercio quando vide, davanti a sé, una chioma bionda
inconfondibile.
“Indovina chi è?”
Chiese da dietro, chiudendo gli occhi alla ragazza.
“L’uomo nero?”
Rispose lei, stupita. Eric si accorse che c’era qualcosa che non andava. La
voce non era quella di Katie.
“Santa blatta! Non
mi dire che tu sei Kelly?” In quel momento si sarebbe volentieri scavato una
fossa, per rimanerci dentro per l’eternità.
“Cavolo, che
intuito!” Lo guardò un po’. “Ci siamo già visti, noi due?” Chiese, infine.
“Ecco, a dire la
verità sì. Mi hai chiuso la porta in faccia per ben due volte.” Disse, ridendo.
“Non sei il primo a
cui sbatto la porta in faccia. Quando è successo?”
“Appena l’altro
giorno. Ero venuto a cercare Katie e mi hai scambiato per un altro, l’ultima
volta, invece, ti sei messa a farmi la paternale.” Si era messo le mani in
tasca, scherzosamente.
“La paternale?” Ci
pensò su un attimo. “Ah, sì! Adesso mi ricordo! Tu sei il tizio con cui è
uscita mia sorella!”
“Non mi chiamo
tizio, il mio nome è Eric. Non c’è bisogno che ti presenti, so già chi sei.” Le
porse la mano, che lei strinse con forza.
“Piacere Eric.
Allora, tutto bene con Katie?”
Il ragazzo non
riusciva a credere ai suoi occhi. Per un malaugurato incidente, era riuscito a
fare la conoscenza della bella Kelly, senza andare a cercare tante scuse
assurde. Se la trovava davanti, in minigonna e t-shirt attillata, che lo
fissava con i suoi bei occhi verdi. La fortuna girava dalla sua parte.
“Sì, non c’è male.
E’ una ragazza estremamente timida, però quando si apre, sa essere molto
simpatica.”
“Senti, tu sei
libero questo sabato?”
Gli occhi di Eric uscirono
letteralmente dalle orbite. ‘Se questo è un sogno, NON SVEGLIATEMI!’ pensò.
Certo, aveva capito che Kelly era molto diretta però, fino a quel punto,
proprio no. Cioè, si erano visti due volte, questa era la prima volta che si
scambiavano quattro parole e lei lo invitava già fuori.
“Prego?” Voleva
essere sicuro di aver capito bene.
“Ti ho chiesto, sei
libero questo sabato?” Ripeté lei, un po’ scocciata.
“Sì, sì sono
libero!” Esclamò ad alta voce. “Posso uscire con te!”
“Molto bene, ci sono
due cosette che vorrei dirti. In che camera ti posso trovare?”
“A dire la verità me
la devono assegnare domani, quindi ancora non lo so. Semmai te lo faccio
risapere, tanto ti rivedo in giro, no?”
“Molto bene, a
sabato allora!” E se ne andò, senza girarsi nemmeno una volta.
Vedere il suo corpo
muoversi ritmicamente, quasi a tempo di musica, era una cosa da far perdere la
testa. Ancheggiava sensualmente, muovendo eroticamente persino le mani e le
braccia. Emanava un forte profumo di rose e, quando parlava con qualcuno, si
leccava spesso le labbra, seccate dalla leggera brezza primaverile. Non si
rendeva conto che poteva portare al manicomio qualcuno.
…………………………………………………………………………………………………
Quando Katie uscì
dalla biblioteca, stava per tramontare il sole. Leggendo la “Divina Commedia”,
il tempo era passato così velocemente che lei non si era nemmeno resa conto.
Richiuse la porta lentamente, senza fare troppo rumore, rimettendo a posto le
chiavi. Camminò velocemente, nella speranza di non incontrare nessuno.
“Dove credi di
andare, mostriciattolo?” Disse una voce possente, dietro di lei.
Si girò, temendo il
peggio. Come nel più brutto dei suoi incubi, aveva davanti a sé Clive, l’ultima
persona che avrebbe voluto incontrare, in una tranquilla giornata come quella.
Che
dire, d’ora in poi farò le mie note con i dovuti ringraziamenti personali! La
prima persona che vorrei ringraziare è _Kristel_, e non solo per le recensioni,
ma anche per un motivo che sappiamo solo io e lei!^^ Viene poi il turno di
Keira, che recensisce puntualmente ogni mio capitolo! Grazie tante, mi fa
veramente tantissimo piacere!^^ Frodina187…anche a te GRAZIE! Mi dispiace solo
che, non so come mai, i miei titoli ti fanno fare sempre confusione.^^Logicamente, mando un grosso saluto anche a
Kaori28 ed Ituski86…MITICHE! Ma ora, a voi la lettura!^^ Bacini, Shi*
Capitolo 5.
A tutto c’è un perchè...
Clive Carpenter, classe 1978, il classico tipo tutto
muscoli e niente cervello. Però, anche se non era molto intelligente, aveva un
modo di fare veramente terribile e, soprattutto, inquietante. L’unica persona
che, in quella giornata così tranquilla, avrebbe voluto incontrare Katie…era
lì, davanti a lei; con il suo modo di fare strafottente e quel ciuffo castano
troppo ingellato. La ragazza indietreggiò, man mano che lui avanzava verso di
lei, con passo lento ed imponente.
“Ciao mostriciattolo. Allora, come mai gli esseri
ripugnanti come te non si sono già nascosti? Se incontri qualche bambino,
rischi di fargli paura!” Affermò, con risata beffarda.
“…………” Si guardò intorno, nella speranza di un aiuto che,
purtroppo, nessuno le avrebbe dato. Strine a sé i suoi libri, cercando di
scomparire tra le loro pagine.
“Ti ho fatto una domanda, razza di cretina! Rispondimi
perlomeno!” Le urlò.
“I-io…stavo t-tornando in c-camera…” Abbassò la testa e
chiuse gli occhi, nella speranza che non succedesse niente.
“Oh, così il mostro stava tornando in camera…dalla tua
Kelly, non è vero?” Si avvicinò, con un tono di voce che non presagiva davvero
niente di buono. Lei annuì. “Male, cara…molto male…non ti ricordi cosa ti avevo
detto di fare?”
“S-sì…m-me lo ricordo…” Rispose, pianissimo.
“E allora vedi di ricordarti questo!” E la schiaffeggiò,
facendola girare dall’altra parte, a causa del contraccolpo. Stava cercando di
trattenersi, per non tremare. Lui l’afferrò per i capelli, costringendola a
guardarlo negli occhi. “Stammi bene a sentire, sottospecie di scimmia, non ho
ancora ricevuto alcun invito, lo sai? Quella troia di tua sorella non si è
fatta sentire! E lo sai di chi è la colpa? Lo sai? LO SAI?” Continuava a
sbatterla da una parte all’altra, tenendole la nuca con la mano destra.
Era terrorizzata, aveva gli occhi sbarrati dalla paura.
Era stata un’incosciente, sapeva bene che era meglio se non si avventurava per
il campus, quando il sole era tramontato. Aveva fifa di incontrare della brutta
gente, esattamente come Clive. Si stava trattenendo, per non piangere.
“ALLORA, DIMMELO CHE E’ COLPA TUA!” Le urlò su un
orecchio, facendola sussultare.
“E’…è-è c-colpa mia…” Odiava farlo ma, se non voleva
ritrovarsi la faccia piena di lividi, doveva.
“Tu cosa le hai detto, dimmelo avanti!”
“L-le ho detto che C-Clive, uno d-dei suoi e-ex, voleva
u-uscire d-di nuovo con l-lei…m-mi si è m-messa a r-ridere in f-faccia”
Ricevette un altro sonoro ceffone e, questa volta, qualche lacrima cadde sul
suo bel viso, già arrossato.
“Non va bene! Sei una stupida idiota! Lo sai che ti
succede se non accetta neanche questa volta, non è vero? Poi non venirmi a dire
che non te l’avevo detto!” La vide piangere. “NON METTERTI A PIAGNUCOLARE, TI
ODIO QUANDO FAI COSI’!” La attaccò ad un albero.
“Clive, che diavolo stai facendo?!” Una voce dietro di
loro aveva richiamato l’attenzione. Il ragazzo si abbassò verso Katie,
tirandole su il volto.
“Il divertimento è solo rimandato…” Le sputò in faccia,
andandosene.
Katie si asciugò velocemente il volto, con la manica della
sua felpa estiva. La ragazza vide la sorella avvicinarsi, lentamente, mentre il
suo volto si faceva sempre più preoccupato. Camminava in modo spedito, cercando
di arrivare vicino all’albero il più presto possibile. Sapeva bene che Clive
era un poco di buono, sperava soltanto di essere arrivata in tempo. Aveva
sentito delle urla mentre camminava per raggiungere il dormitorio femminile.
“Sorellina, va tutto bene?” Chiese, inginocchiandosi
davanti a lei.
“Sì Kelly, non preoccuparti.” Si alzò scattando,
raccattando i suoi libri e stringendoli al petto. “Io adesso torno in camera,
ci vediamo dopo.” Fece per andarsene quando la sorella la richiamò.
“Clive ti ha forse fatto qualcosa?” Domandò, molto
apprensiva.
“No, mi ha solo chiesto alcune cose, non c’è motivo di
preoccuparsi.” Se la svignò velocemente, per non mettersi a piangere davanti a
lei, per non far impensierire ancora di più Kelly.
“Quando finirà questa storia…quando?” La ragazza posò la
mano destra sugli occhi, sospirando.
………………………………………………………………………………………………………………
Era già da un po’ di tempo che Eric aspettava il professor
Amery, colui che gestiva il dormitorio maschile. Visto che il ragazzo non
abitava a Londra e, in particolar modo, non voleva comprarsi un appartamento in
città, aveva chiesto di essere trasferito in una camera, lì all’università.
Forse si sarebbe trovato un po’ a disagio a causa della differenza di età, ma era
una cosa a cui si poteva porre rimedio, senza particolari difficoltà. Dopo
dieci minuti di attesa, arrivò l’interessato.
“Sei tu il nuovo arrivato? Dovresti essere…” L’uomo
controllò una cartella. “…Szmanda, sbaglio?” Lo squadrò un attimo. “Ehi, ma
quanti anni hai?” Chiese, infine.
“Sì, sono io Eric Szmanda ed ho trent’anni.” Rispose lui,
un po’ inacidito. “E’ riuscito a trovarmi una camera?”
“Dunque, visto che siamo già a metà corso, sono riuscito a
rimediare solamente un posto alla 77, insieme ad Albert Morrell e a Roy
Kipling. Il primo frequenta i corsi di medicina legale mentre il secondo fa
ingegneria. Ci sono tre letti singoli e tre scrivanie, credo che non avrai
problemi. Hai capito tutto?”
“Tutto. Senta, dove la posso rintracciare in caso di bisogno?”
“Chiedi alla signora Gower alla portineria, altrimenti
vieni a paleontologia e chiedi di Luke Amery. Ho già avvertito i tuoi compagni
di stanza del tuo arrivo, puoi portare su la tua roba.”
“A posto, grazie.” Prese i suoi borsoni e cominciò a salire
le scale.
L’idea di trovarsi in camera con due sconosciuti lo
rendeva, stranamente, inquieto. Solitamente era un tipo abbastanza aperto ed
espansivo, quando si trattava di fare nuove conoscenze però, non se lo sapeva
spiegare…aveva uno strano nodo in gola. Girò un po’ per i lunghi padiglioni,
osservando i vari numeri appesi alle porte.
“74….75….76….77!” Esclamò, bussando. Venne ad aprire un
ragazzo minuto, molto magro e basso. Indossava un paio di occhiali senza
montatura e, a pelle, sembrava un ragazzo molto sveglio.
“?” Eric vide dipingersi sul suo volto un’espressione
decisamente sorpresa.
“Beh? Mi fai entrare oppure no? Sono il tuo nuovo compagno
di stanza.” Chiese, grattandosi la nuca.
“Tu sei uno di quegli attori che recita CSI?” Esclamò, al
colmo dello stupore.
“Sì, perché me lo chiedi?”
“E’ uno dei miei telefilm preferiti! Vorrei tanto
diventare medico legale della scientifica, il prossimo anno, se avrò finito
l’università, tenterò l’esame di ammissione. Ti ammiro sai? Anche a me
piacerebbe fare l’attore, specialmente in un programma intelligente come
quello! Qui dentro sono tutti così stupidi che guardano sempre la televisione
quando ci sono i filmini porno e…” Sembrava irreale. Il modo in cui parlava,
gesticolando all’inverosimile, senza smettere un secondo di parlare.
“Senti, vogliamo continuare questa discussione dentro, per
favore?” ‘Proprio in camera con un logorroico dovevo finire’ pensò, un po’
sconsolato. Quella giornata era stata così bella, perché doveva rovinarsi
proprio sul finale?
“Prego, entra! Sarà un onore dividere con te la nostra
umile camera!” Lo fece accomodare, tenendogli la porta con la mano. Dopo
qualche istante, un calzino planò direttamente sulla sua testa.
“Vuoi smetterla di fare tutto questo casino?! Se non sai
che fare, tappati la bocca con quello!” Urlò una voce, da dietro un angolo.
“Fatti gli affari tuoi Roy!” Gli rispose quello che, a
occhio e croce, doveva essere Albert. “Scusalo, è un pochino irritabile.”
Spiegò ad Eric.
“Ah…” Annuì, giusto per non fare la figura dello stupido.
“Allora tu sei quello nuovo eh?” Anche Kipling era
arrivato di là.
Aveva tutta l’aria di essere un ricco sfondato, già ad
come era vestito. Era firmato da testa a piedi: maglia di Cavalli, pantaloni
della Levis, scarpe Nike. Era molto alto, di bell’aspetto. Aveva i capelli
castano chiaro, arruffati con il gel, e dei begli occhi scuri, dallo sguardo
molto profondo. Probabilmente giocava a rugby, visto che aveva le spalle peggio
di un armadio.
“Sì, sono proprio io. A quanto vedo voi due andate molto
d’accordo!” Rispose Eric, trattenendo a stento una risata.
“Andiamo molto più d’accordo di quello che sembra. E’ solo
che Albert, ogni tanto, parla un po’ troppo.” Gli diede uno scappellotto.
“Che tu sia maledetto, brutto bastardo di un Kipling!”
Rispose l’altro, tentando invano di dargli una gomitata sullo stomaco.
“Mi siete proprio simpatici, voi due!”
Eric, dopo aver parlottato un po’ del più e del meno con
gli altri due ragazzi, prese la sua roba e cominciò a mettere a posto vestiti,
libri, soprammobili e via dicendo. Siccome era un po’ strano, in quanto ad
arredamento, posò sopra la sua scrivania alcune foto, molte delle quali lo
ritraevano con gli attori con cui aveva recitato. C’era suo padre, sua madre,
il suo cane e poi un pupazzetto rasta di cartapesta, che aveva fatto quando
frequentava ancora le medie. Lo considerava un ottimo portafortuna. Si ricordò,
proprio in quel momento, che doveva dire a Kelly dove era stato trasferito,
visto che il prossimo sabato sarebbero usciti insieme. Avvertì Roy ed Albert ed
uscì. Si fermò davanti alla 247 e bussò, aspettando una risposta.
“Chi è?” Disse una voce, dall’altra parte.
“Sono Eric, Kelly? Sei dentro?” Vide la porta aprirsi e
una chioma bionda uscire fuori.
“Come mai sei qui?” Chiese, un po’ stupita.
“Mi avevi chiesto di dirti in che camera mi avevano messo.
E’ la 77.” Sorrise sensualmente.
“Molto bene, grazie Eric.” E richiuse, senza dargli la
possibilità di replicare.
“Bene, con questa siamo a tre…” Esclamò il ragazzo,
rassegnato.
………………………………………………………………………………………………………………
Sabato finalmente era arrivato. Kelly si era preparata di
tutto punto per uscire con Eric: maglietta bianca, aderente, con le maniche
ampie, pantaloni a zampa d’elefante e un paio di scarpe con il tacco a spillo,
rigorosamente bianche anche quelle. Aveva lasciato i suoi lunghi boccoli al
vento, truccandosi di azzurro. Katie aveva assistito a tutta la scena, notando
l’incredibile cambiamento di immagine di sua sorella. Non perdeva mai la sua
naturale bellezza però, quando doveva studiare, acconciava i capelli in due
buffi codini, tirando dietro alcuni ciuffi con delle mollettine. Tuttavia, non
sapeva con chi si doveva incontrare. Era uscita con così tanti ragazzi che
ormai aveva perso il conto.
“Allora, ci siamo fatte proprio belle eh?” Domandò Katie,
sorridendo teneramente.
“Già, ci tengo ad uscire ben vestita” Rispose l’altra,
rimirandosi allo specchio. “Secondo te vado bene?”
“Benissimo. Mi raccomando, però, cerca di non andare a
letto la prima sera, con questo povero disgraziato.” Abbassò la testa. “Non
voglio che altri pensino che tu sia…” Arrossì visibilmente.
“Non mi interessa cosa pensano gli altri, faccio quello
che voglio in ogni caso.” Sia avvicinò a lei. “Dimmi, come stanno i tuoi
lividi?” Domandò, con molta dolcezza, accarezzandole una guancia.
“Bene. Prometto di non cadere più sulle scale.” Sapeva che
era colpa di Clive, ma Kelly doveva rimanere all’oscuro di tutto. “Allora, come
va con quel ragazzo?”
“Quale ragazzo? Non sai come si chiama?”
“Credo sia…Carpenter. Perché non esci di nuovo con lui?”
“Ti prego, non ricominciare con questa storia!” Esclamò la
ragazza, stiracchiandosi. “Ci sono uscita un paio di volte, il discorso è
finito qua. Visto che ne parli tanto, perché non ci esci tu?”
“…………………” Non ce la faceva a rispondere, le faceva troppo
male.
“Ok, sei libera di fare ciò che vuoi.” Guardò l’orologio.
“Senti, io adesso devo proprio andare. Se quando torno, dovessi dormire già…”
Le diede un affettuoso bacio sulla guancia. “…buona notte e sogni d’oro,
principessa.”
“Buona notte anche a te.”
Kelly la salutò ancora con la mano, prima di uscire dalla
porta. Katie rispose al saluto. ‘Chissà con chi uscirà, questa sera…’ pensò,
andando a ripassare economia monetaria, l’argomento del suo prossimo esame.
L’altra, invece, arrivò con i classici cinque minuti di ritardo. Lei ed Eric si
erano dati appuntamento davanti all’entrata, alle 21.00 in punto. Quando
arrivò, lo salutò alzando la mano.
“Ce ne hai messo di tempo, accidenti!” Disse il ragazzo,
stupito nel vedere tutta quella grazia che si avvicinava a lui, in modo
sensuale.
“Ho avuto un po’ da fare, sei arrabbiato?”
“No, non fa niente!” ‘Chi ce la farebbe ad essere
arrabbiato con una gnocca come te?’ pensò, scacciando dalla mente alcuni pensieri
osceni. (Porco! Scusatemi ma ci stava!^^ NdShizuru117) “Dove vogliamo andare?”
“Io propongo il Midnight Cafe, va bene?”
“Benissimo. Non sono del posto, quindi non conosco molti
locali. Vogliamo andare?” Cercò di offrirle il braccio ma lei si era già incamminata.
“Allora? Se non ti muovi si fa notte.” Lo incitò.
Camminarono alcuni minuti e, alla fine, giunsero davanti
ad un locale molto strano, sullo stile di un Transilvania. La gente che si
trovava all’interno era tutta piuttosto in là con l’età, molti dei quali
avevano qualche tendenza al Metal o a cose del genere. Presero un tavolo dal
quale si vedeva chiaramente la console del dj.
“Bene, di cosa volevi parlarmi?” Esordì il ragazzo,
sorseggiando un bicchiere di birra.
“Si tratta di Katie, e ti prego di non prendere questo
argomento sotto gamba.”
“Non capisco, cosa vuoi dire?”
“Non devi farla soffrire, per nessuna ragione al mondo.”
Affermò lei, con voce decisa ed irremovibile.
“Mi devi scusare ma continuo a non capire…”
“Ora ti spiegherò tutto, cercando di ricordare…ricordare
per non sbagliare di nuovo…”
Bene,
finalmente la scuola è quasi finita! Per fortuna che, fino alla fine di maggio,
vado a fare gli stage! Yuppy!! Ok, molto
probabilmente non ve ne frega niente! Beh, ringrazio nuovamente _Kristel_ per i
suoi complimenti (e poi, mi spiace dirtelo, ma Clive ha qualcosa di…boh, mi
piace! Come ho detto a Michela, per un’autrice i buoni rivestono la stessa
importanza dei cattivi!^^). Frodina178…più in là capirai il significato del
titolo! Non preoccuparti, stavolta lo spiego per bene!^^ Ah, e grazie per i complimenti!
Logicamente, una grazie immenso anche alla cara Keira!^^ E’ grazie a voi se io
vado avanti a scrivere! Ma adesso, buona lettura!^^ Bacini, Shi*
Capitolo 6.
C’è da fidarsi?
Eric guardava Kelly in modo
molto strano, quasi smarrito. Gliel’aveva già accennato, la prima volta che si
erano messi d’accordo per uscire, però non credeva che ne avrebbero parlato sul
serio. Pensava che fosse stata una scusa, tanto per non dire semplicemente ‘Mi
piaci, usciamo insieme’. Di solito, nessuna ragazza voleva fare il primo passo,
specialmente con uno sconosciuto. Evidentemente non conosceva per niente Kelly.
“Beh, sono tutto orecchi. Però,
sarò schietto, non capisco assolutamente il motivo di questa conversazione.”
Continuò il ragazzo, fissandola.
“E’ normale che tu non capisca,
nessuno capirebbe. Ci capisco poco pure io, che sono dentro a questa faccenda
sin dall’inizio.” Rispose la ragazza, con un tono di voce leggermente inquieto.
“Allora parla, visto che tu sei
l’unica a potermi aprire qualche porta, in questo campo.”
“Ok, vedrò di partire
dall’inizio. Come avrai sicuramente notato, io e mia sorella siamo molto
diverse, non solo nell’aspetto fisico, ma anche nel modo in cui ci relazioniamo
con la gente. Io sono una tipa molto allegra e spensierata, che fa quello che
vuole, mentre lei è sempre stata molto riservata e timida. Forse è proprio per
queste caratteristiche che ci contraddistinguono che io le voglio così bene”
Prese a giocare con un ciuffo di capelli. “Lei è come la mia guida, il mio
riferimento. Se un giorno non tornasse più, credo che mi ucciderei.” Alzò lo
sguardo verso il ragazzo, fissandolo intensamente. “Ed è per questo che non
voglio che tu la faccia soffrire. Per me è già penoso vederla piangere,
specialmente quando non mi dice il motivo di tutta quella tristezza. Delle
volte, mi capita di tornare in camera e di vederla riversa sul letto, in
lacrime. Ma da quando ti ha conosciuto, è diversa…”
“Diversa? A me sembra sempre la
solita Katie…” Eric era un tantino spaesato. Sin dalla prima volta che l’aveva
vista, la sua impressione era rimasta la stessa.
“Oh, invece ti posso assicurare
che non è così. Probabilmente ci avrai fatto caso ma…quando è con te,
balbetta?” Chiese, con un tono di voce rilassato e dolce.
“No, cioè, prima lo
faceva…adesso non più…”
“Lo vedi? Lei si trova sempre
molto a disagio assieme a persone che non conosce, al punto da balbettare
tantissimo. E’ come se soffrisse di una piccola forma di demofobia…”
“Demofobia?” Domandò,
perplesso.
“Esatto. Me lo ha spiegato un
ragazzo che frequentava psicologia, con cui uscivo qualche tempo fa. In
pratica, Katie fa fatica ad intrattenere rapporti con più di cinque o sei
persone. La sua patologia è minima, però è comunque presente. Riesce a stare
bene insieme a tanta gente, purché nessuno la noti oppure faccia caso a lei.”
“Senti, io ce la sto mettendo
tutta, eppure non riesco a capire il succo del tuo discorso!”
“Sei un po’ duro di
comprendonio eh?” Sorrise “Beh, in poche parole, voglio che tu rimanga suo
amico. In tutta la sua vita non ha coltivato che due o tre amicizie rilevanti
e, tutte le altre, si sono rivelate un vero disastro, che si è ripercosso sulla
sua personalità. In pratica, continua a fare quattro chiacchiere con lei,
salutala quando la vedi, chiedile come sta, se qualche volta vuole uscire…basta
che non la fai soffrire. Non sopporterei di vederla rinchiudersi sul suo guscio
ancora una volta.” Il suo viso si era accigliato, assumendo un’espressione
vagamente assente, come se la sua mente fosse da un’altra parte.
Eric, dal canto suo, aveva
ancora poco chiaro il motivo di quell’appuntamento, se si così si poteva
chiamare. Per lui era una cosa quasi scontata quella di trattare bene Katie,
perché fare il contrario? Non che fosse una cima quando si trattava di
conversare, però era una brava ragazza. A quel tempo, credeva che nessuno
l’avrebbe convinto a fare diversamente…
“Per me va bene, non credo ci
siano problemi.” Rispose, in seguito.
“Ottimo!” Kelly si alzò,
stampandogli un grosso bacio sulla guancia sinistra “Sei un grande, lasciatelo
dire!”
“Eh, eh, modestamente lo sapevo
già!” Eric cominciò a ridere, contagiando anche la ragazza.
“E ora che facciamo? Sono quasi
le undici di sera…”
“La notte è giovane, bionda!”
Alla fine, tra il dire e il
fare, Eric e Kelly erano rimasti fuori quasi fino a mezzanotte, conversando del
più e del meno. Erano molto affiatati e soprattutto la pensavano alle stessa
maniera, sia sul modo di vivere, sia sul modo di vedere la vita. Si può dire
che il loro era il classico bicchiere mezzo pieno.
…………………………………………………………………………………………………………………
Dall’altra parte, c’è invece
chi vede il bicchiere eternamente mezzo vuoto. Katie, che aveva aspettato
pazientemente la sorella fino a tardi, era finita per addormentarsi, per
l’ennesima volta, sopra ai suoi libri. Quando sentì la sveglia suonare, erano
esattamente le 8.25. Si svegliò lentamente, stiracchiandosi un po’, e andò a
vedere se Kelly fosse tornata. Nel vedere una sagoma indistinta dentro il
letto, si calmò un po’.
Mentre era in bagno, a lavarsi
i denti, si guardò allo specchio. Vedeva il suo volto arrossato, a causa dei
lividi che glia aveva procurato Clive. Si fermò un attimo, accarezzando la sua
sagoma riflessa. Per un attimo rise, ripensando a tutto quello che faceva, ogni
giorno, per nascondersi. Si era fatta crescere la frangetta, aveva acquistato
un paio di occhiali con la montatura molto grande e possedeva solo vestiti da
uomo, poco eleganti ma sicuramente molto comodi e larghi.
Provò a tirarsi su i capelli,
tenendoli fermi in una piccola crocchia. Scostò la frangia da un lato e si
tolse quegli ingombranti occhiali. Si sentiva strana, come se non fosse più
lei. Tolse lo spazzolino dalla bocca, avvicinandosi un po’ perché potesse
vedere meglio. Era miope, perciò doveva osservarsi da molto vicino.
“Katie, sei in bagno?” Domandò
una voce, di là.
La ragazza lasciò cadere i
capelli, si rimise gli occhiali e continuò a lavarsi i denti, sospirando. ‘Non
sono più una bambina, è inutile sperare di poter diventare un’altra persona…’.
“Sì” Rispose, cercando di non
sbavare con il dentifricio.
“Hai lezione, stamattina?”
“A-ah…”
“Ok, io continuo a dormire…”
Detto questo, si coprì di nuovo con il lenzuolo, riaddormentandosi.
Katie camminava distrattamente
per i padiglioni e i lunghi corridoi, come se le sue gambe si muovessero per
forza di inerzia (A me succede spesso!^^ NdShizuru117). Tutti i muri le
sembravano uguali, come se ogni stanza si ripetesse all’infinto, quasi che si
trovasse all’interno di un cartone animato. Cominciò a cercare la sua aula, leggendo
le piccole targhette attaccate sulle porte. Quella era la sua ultima prova,
prima della tesi. Il suo ultimo esame: Economia monetaria con il professor
Baker. Si diresse verso la porta quando andò a sbattere contro qualcosa o, per
meglio dire, contro qualcuno…
“Ahi, cerca di fare più
attenzione!” Disse lei, un tantino contrariata. Anche se il suo tono era
diventato un po’ più duro, la sua voce era sempre rimasta impercettibile come
quella di una foglia che cade.
“Devi scusarmi ma, in ogni
caso, stavo appunto cercando di te…” Conosceva quella voce, l’aveva imparata a
conoscere.
“O-Orlando?” Esclamò lei,
alzando lo sguardo ed indietreggiando un po’.
“Brava, vedo che hai imparato
bene come mi chiamo!” Sentenziò lui, con un largo sorriso.
“C-che s-sei venuto a f-fare?”
Stava tremando di paura, temeva che si sarebbe ripetuto lo spiacevole incidente
del loro ultimo incontro.
“Ti prego, sono venuto in
pace!” Alzò le mani, in segno di arresa. “Ma anche per chiederti scusa. Mi sono
comportato come un perfetto idiota, l’ultima volta che ti ho vista. Non so che
mi prende, eppure qualche volta l’impulsività mi gioca dei brutti scherzi.
Credimi, non era mia intenzione offenderti o, in qualche modo, ferirti.”
Sorrise ancora, allungando una mano verso di lei. “Facciamo finta che non sia
successo niente?”
“……………..” Si voltò dall’altra
parte. “…scusami, ho lezione…” Fece per aprire la porta, quando lui la fermò,
sbarrandole la strada.
“Ehi, io vengo a parlarti con
il cuore in mano e tu nemmeno mi rispondi?” Il suo tono di voce si era fatto
leggermente più irritato.
Katie voleva uscire in tutti i
modi da quell’imbarazzante situazione. Ma cosa fare? Tornare indietro, non se
ne parlava proprio; quello squilibrato avrebbe potuto seguirla. Non poteva
entrare nell’aula e, soprattutto, non poteva fare a meno di avercelo davanti.
Anche se non era molto possente, era pur sempre alto 1.80 e lei, con il suo
1.64 scarso, non poteva nulla.
“Ehi tu, bell’imbusto, si può
sapere che stai facendo?” Una voce alle loro spalle richiamò l’attenzione,
facendoli girare.
“Eric!” Esclamò lei,
ringraziando il cielo di quella manna che capitava proprio a fagiolo.
“Chi saresti tu? L’avvocato
delle cause perse?” Domandò Orlando, un po’ strafottente.
“No, signor So – tutto – io. Mi
chiamo Eric Szmanda e lei è mia amica, perciò vedi di lasciarla andare.”
“Guarda che io non stavo
facendo niente di male, per tuainformazione. Stavo soltanto conversando con la qui presente.”
“Caspita, non sapevo che adesso
di parla con qualcuna bloccandola da una parte. Il galateo è molto cambiato,
dalle tue parti.” Osservò lui, sorridendo ironicamente.
“Stammi bene a sentire, stai
fuori da questa storia! Al tuo paese non è usanza farsi gli affari propri? Se
non fosse così, ti posso mandare a quel paese dove, credo, ti mandino spesso,
cioè af…” Non fece in tempo a finire la frase che Katie gli tappò la bocca con
una mano.
“V-vattene Orlando.” E lo
spinse via, entrando in aula.
“Cosa? La storia non finisce
qui, piccola stronza! Tze, ma tu guarda, si vede proprio che tu e quella
bastarda di Kelly siete sorelle!” Le urlò dall’altra parte, nella speranza di
essere sentito. “Per quello che riguarda te, invece.” Si voltò verso l’altro
ragazzo. “Per oggi ringrazia la tua buona stella perché, se non avessi avuto da
fare, ti avrei picchiato.” E se ne andò, sbuffando come una locomotiva.
“Ma certo, ringrazierò la mia
buona stella!” Gli urlò di rimando Eric, incrociando le mani in segno di
preghiera.
………………………………………………………………………………………………………
“Toc! Toc! Toc”
C’era qualcuno che bussava
ostinatamente alla porta ma, a meno che non fosse scoppiata una guerra civile,
Kelly non si sarebbe alzata per nessun motivo dal suo caldo giaciglio.
“Sbam! Sbam!”
I rumori si erano fatti sempre
più forti. La ragazza si era girata un po’, coprendosi le orecchie con il
cuscino.
“SBAM! SBAM! SBAM!”
“Arrivo….ARRIVO!” Urlò, cadendo
giù dal letto come un sacco di patate. Odiava essere svegliata presto la
mattina, specialmente quando non aveva degli esami oppure quando non doveva
studiare. “Spero con tutto il cuore che è qualcosa di veramente importante!”
spalancò la porta, mostrandosi con il suo pigiama molto succinto.
“Wow! E’ la prima volta che una
donna mi viene ad aprire una porta mostrando così bene tutte le sue grazie!”
Esclamò lui, osservando la maglietta che era perfettamente aderente al suo
seno.
“Orlando? Come mai sei qui?”
Domandò lei, svegliandosi improvvisamente.
“Andiamo, fammi entrare che poi
te lo spiego meglio…” Accennò, con voce suadente.
Beh, sembra quasi scontato dire
cosa fecero, in camera di Kelly. Sesso, e vediamo di specificare che era stato
con la S maiuscola, sebbene fosse ancora presto. Dopo che Orlando aveva varcato
la soglia, si erano scambiati un sacco di baci profondi, avidi del sapore delle
labbra dell’altro. Si erano spogliati, molto in fretta, mentre cercavano di non
far tanto rumore per non destare sospetti. Avevano scelto il letto di lei,
ancora sfatto e caldo, con delle belle lenzuola a motivi floreali. Dopo aver
finito, erano rimasti un po’ abbracciati, parlottando un po’, mentre si
fumavano una sana sigaretta.
“Allora, che mi racconti?”
Domandò Orlando, accarezzandole una spalla.
“Che ti devo dire…questa
settimana non ho niente da fare, le mie lezioni riprendono il prossimo lunedì.
Tu, invece, come mai sei venuto qui così presto?”
“Mah, quando mi sono svegliato
ho visto il mio letto così vuoto…così ho pensato a te…ecco tutto. Poi mi ero
ricordato di non avere il tuo numero di cellulare, così sono giunto a
quest’università. Ad essere sincero, le scuole non mi sono mai piaciute molto,
però, adesso, questa università mi sembra davvero meravigliosa e…” Provò a
girarsi per darle un bacio, quando non la trovò più accanto a lui.
“Non so tu, però io non ho
molta voglia di parlare dopo aver fatto sesso.” Esordì, tirandosi dietro i
capelli con una mano. “Perciò, quella è la porta…io voglio continuare a
dormire…” Si rimise le mutandine e il reggiseno, sbadigliando un po’.
“Cosa? In pratica mi stai
dicendo di levare le tende?” Esclamò lui, tirandosi su a sedere.
“Uhm…in pratica…sì.”
“Ok, ho capito.” Raccolse i
suoi indumenti, cominciando a rivestirsi. “A quando la prossima volta?”
“Non saprei, magari
dopodomani…devo vedere se ho alcuni impegni.” Orlando si diresse verso la
porta, rimanendo sull’uscio.
“Ricordati che, per vedere te,
do buca a molte ragazze che morirebbero solo per vedermi come mamma m’ha
fatto…” Disse, con voce leggermente sarcastica.
“La stessa cosa vale per me,
carissimo.” Detto questo, gli chiuse la porta in faccia.
……………………………………………………………………………………………………
Quando Katie uscì, era
letteralmente fusa. Sorbirsi cinque ore di economia monetaria, con quel bradipo
del professor Baker, era un’impresa da Guinnes dei Primati. Anche lei non aveva
retto fino in fondo, tanto che gli ultimi cinque minuti aveva cominciato a fare
dei scarabocchi sul suo quaderno degli appunti. Non appena uscì, si ricordò di
aver lasciato l’astuccio in aula. Corse velocemente verso il suo posto, prima
che i bidelli chiudessero le porte. Però, con sua grande sorpresa, aveva notato
che c’era qualcosa in più, rispetto a quello che aveva lasciato.
“E questa?” Si domandò, tenendo
in mano una busta indirizzata a lei. “Che cos’è?”
Scusatemi per l'immenso ritardo e, una scusa tutta particolare va a
_Kristel_ perchè ancora non le ho risposto
Scusatemi per l'immenso ritardo e, una scusa tutta particolare va a _Kristel_ perchè
ancora non le ho risposto! Cerca di capirmi, alle 6.30 uscivo e alle 8.30
dovevo essere già a fare le prove! Avevo soltanto il tempo di ingozzarmi! Ok,
molto probabilmente non ve ne fregava niente!^^ Vorrei
ringraziare di nuovo Keira, Frodina178, Kaori28 ed
Itsuki86...GRAZIE INFINITE RAGAZZE! Mi dispiace aver aggiornato così tardi
ma...il lavoro! Che pizza!^^ Buona lettura! Bacini, Shi*
Capitolo 7.
Sembrava impossibile
ma...infine...
Più Katie ci pensava e
più le sembrava illogico che qualcuno le avesse spedito
una lettera. Di solito, quando succedeva, era qualche comunicazione del
consiglio degli insegnanti o, nel peggiore dei casi, una missiva di sua madre.
La rigirava tra le mani, per vedere se ci fosse
qualche particolare, anche uno piccolo, che le pemettesse
di capire chi era l'emittente. Niente, non c'era assolutamente niente. Nè un profumo, nè un decoro,
persino il suo nome era stato scritto, probabilmente, a macchina. L'inchiostro
era ancora fresco, segno che era stata scritta molto
recentemente. Era tentata ad aprirla proprio lì...
"Si può sapere che
cosa ci fai ancora qui? Dovreste essere andati via tutti, lo sapete
bene che io ho da pulire!" La ragazza sussultò a quella voce. Si girò e,
solo in quel momento, notò che era il signor McFarrylen,
il bidello. "Beh, ti sei incantata?"
"Mi scusi, n-non
volevo assolutamente d-disturbarla è che a-avevo dimenticato il m-mio astuccio
e..." Provò a giustificarsi.
"Non me ne importa
proprio niente! Voi giovani non avete un minimo di rispetto nei nostri
confronti! E' tutto merito nostro se, quando venite in aula, trovate tutto
lucido e splendente! E, tanto per la precisione, tra dieci minuti c'è la
signora Green che viene a fare la lezione, quella stupida vecchia
zitella!" Parlava mentre stava dando lo straccio.
William McFarrylen era un uomo piuttosto stravagante, un
discendente di una prestigiosa famiglia scozzese, come
si poteva vedere già dal nome. Era piuttosto vecchio, quasi sulla settantina,
ma non aveva mai perso quel suo accento particolare, quasi straniero, che gli
aveva fatto avere il soprannome 'Bill lo yankee". In ogni caso, gli studenti avevano una sorta
di timore referenziale nei suoi confronti perchè, anche se non sembrava, era un
uomo estremamente intelligente e saggio, costretto a
fare quel lavoro misero solo per guadagnarsi da vivere. Ogni tanto lo si vedeva per l'università, che rimpiangeva la sua
infanzia passata in un castello a Glasgow.
"S-senta signor Farrylen..."
"MCFarrylen,
idiota!Sono uno scozzese, io, e come tale voglio che il mio nome venga pronunciato per bene!" La
rimproverò, facendo vibrare lo spazzolone.
"Ehm...signor McFarrylen...h-ha per caso v-visto qualcuno che ha
a-appoggiato questa qui?" Domandò lei, alzando la mano destra, che teneva
strettamente la lettera. Lui gliela strappò letteralmente di mano.
"Uhm...no! E ora, se
non ti spiace, via da qui!" La spinse fuori dalla
porta, sbattendola violentemente.
Katie sapeva bene che era
meglio non far arrabbiare Bill lo yankee,
eppure quella volta l'aveva fatto, perchè c'era qualcosa che le interessava
sapere. Rimirò la lettere, un po' sporca d'acqua, poi
la mise tra i libri e cominciò a camminare per i corridoi, pensando. Più si scervellava, meno ci capiva. Non sapeva perchè, però aveva
tutta l'aria di essere una cosa importante, dato che era stata
messa sul suo banco senza che nessuno avesse visto niente. Colui o colei che
gliel'aveva mandata, voleva rimanere nell'anonimato, questo è
certo, e aveva scrupolosamente tenuto presente il fattore tempo. Aveva
aspettato che uscissero tutti, poi, in pochi istanti, aveva poggiato la
missiva, poco prima che arrivasse McFarrylen a
pulire. L'opera di un genio.
Sorrise, a quel pensiero.
Si domandava cosa ci fosse scritto al suo interno, però non poteva aprirla lì
davanti, altrimenti uno di 'loro' sarebbe arrivato e,
con molta probabilità, gliel'avrebbe buttata via. Camminò velocemente per i
padiglioni del dormitorio femminile, a testa bassa, evitando che qualcuno facesse caso a lei anche se, sicuramente, a nessuno
interessava di Katie Hilding. Gli altri erano così
presi da sua sorella che tutti si scordavano di lei. A questo pensiero, le si strinse il cuore. Sapeva bene che Kelly le voleva bene
eppure...non riusciva ancora a dirle ciò che pensava, che era tutta colpa sua.
Con questi brutti
pensieri, si trovò davanti alla camera 247.
Probabilmente sua sorella dormiva ancora così, tirando fuori
le chiavi dalla tasca, aprì lentamente la porta, evitando di svegliarla.
C'era un'incredibile puzza di chiuso e, come se non bastasse, l'aria era
consumata. Era ancora molto buio, lì dentro, così aprì
tutte le finestre, facendo filtrare la luce del sole che, con i suoi raggi,
scaldava quel tiepido pomeriggio. Inspirò a pieni polmoni una boccata di aria fresca e, poggiando lo sguardo sui suoi libri, andò
a cercare il tagliacarte. Faticò a lungo per trovarlo, alla fine credette di averlo lasciato a casa ma,
aprendo il cassetto della srivania di Kelly, lo
trovò. Aprì il voluminoso tomo di Economia Monetaria
e, con incommensurabile delicatezza, tirò fuori la lettera bianca. La portò
alla luce e, mentre aveva cominciato a incidere il
bordo superiore, sentì qualcuno bussare alla porta.
Era talmente concentrata
che si spaventò ma, quando si rese conto di quello che stava succedendo, poggiò
la busta e il tagliacarte sul primo ripiano che trovò suttomano
e, un po' scocciata, andò ad aprire.
"Ehm, ciao
Katie!" Esclamò il ragazzo, mettendo una mano sulla nuca.
"Eric,
che ci fai qui?" Domandò lei, piuttosto sorpresa.
"Beh, ero venuto per
vedere se era tutto a posto. Dopo quello spiacevole incidente di qualche ora
fa, credevo che quel tizio ti avesse importunata di
nuovo." Arrossì, ridendo. "Sai, mi ci vedo poco in queste vesti da fratello
maggiore!"
"Mi fa piacere che
tu ti sia preso la briga di venire. Ma sto bene,
Orlando non è più venuto a cercarmi." Abbassò lo
sguardo, un po' intimidita. Si era preoccupato per lei, incredibile!
"Il fatto è che, non
sopporto quel genere di persone! Se non ci fossi stata
tu, molto probabilmente gli avrei spaccato la faccia a quel deficiente! Mi
chiedo e mi domando, ma come ci si può mettere ad importunare una ragazza così?
Eh? Però il suo volto mi è molto familiare, non so bene perchè..." Corrucciò un po' lo sguardo. "Magari l'avrò
visto da qualche parte..."
"Oh, molto
probabilmente." Sorrise, sicuramente aveva visto 'il signore degli anelli' però,
doveva ammetterlo, con quella parrucca bionda non è che fosse molto
riconoscibile.
"Vabbè,
non che la cosa mi interessi più di tanto, anzi, non
me ne frega proprio niente!" Esclamò lui, dondolando un po' e mettendosi
le mani in tasca. "Senti, stavi studiando?"
"No, sono uscita da
poco da lezione e, credimi, sono così stanca che non riuscirei a mettermi a
studiare. Baker è molto bravo e competente, però
spiega molto lentamente e a voce molto bassa; se non si è abituati, non si
riesce a stargli dietro."
"Allora che ne dici
di venire a prendere un caffè? Così, almeno, avrai modo di svegliarti un po'!" Disse, in tono
canzonatorio.
"Ma...vedi, prima
che tu arrivassi stavo..." Si guardò indietro,
ripensando a quella busta, ancora chiusa.
"Guarda, ti odio quando fai il topo di biblioteca!" La prese per un
braccio. "Forza, andiamo!" E se la portò via, di peso.
Odiava essere svegliata
presto però, alzando un po' la testa e guardando l'orologio, capì che era
mezzogiorno passato e, con molta fatica, si alzò dal letto. In un primo momento
cercò le sue ciabatte ma, inciampando su un paio di
scarpe, cadde a terra rovinosamente, come un sacco di patate. Imprecò a voce
bassa, alzandosi tenendo una mano sul sedere, che aveva battuto a terra. Aveva
sentito sbattere la porta e, molto probabilmente, Katie si era dimenticata di
chiuderla. Aveva sentito delle voci, quando era ancora nel dormiveglia e così,
un po' incuriosita, aveva cercato di ascoltare meglio. Tuttavia, non si
ricordava con precisione chi avesse parlato. Aveva sentito la voce di sua
sorella e quella di un ragazzo, anche se non riusciva a ricoleggarla
ad un volto. Si avvicinò al frigorifero ed tirò fuori
un sandiwich. Andò verso il televisore
quando, sopra lo schermo del computer, notò una busta bianca. Si
avvicinò, lentamente, e la prese in mano.
"Vediamo...'A Katie Hilding'...chissà come mai è ancora chiusa! Quella
smemorata di mia sorella, si potrà lasciare questa cosa sopra al computer?! Poi viene sempre a lamentarsi che perde la sua roba, che
tipa!" Disse tra sè e sè,
sorridendo.
Prese la missiva e la
ripose dentro l'ultimo cassetto della sua scrivania. Avrebbe lasciato un
biglietto alla sorella, per dirle che l'aveva messa lì
dentro.
Katie era un tantinello arrabbiata per
quella specie di sequestro di persona. Eric se l'era
portata via senza farsi troppe storia, e se lei avesse
dovuto fare una cosa importante? Ogni tanto si chiedeva cosa passava per la
mente di quel ragazzo che agiva sempre d'impulso, senza soffermarsi a pensare
sulle conseguenze delle sue azioni.
"Allora, non
bevi?" Le chiese lui, indicando la tazza di caffè
fumante.
"Cosa?" Si
distolse dai suoi pensieri, realizzando che era dentro
una caffetteria.
"Il caffè" Proseguì "Se non lo bevi si fredda."
"Lo so che si
fredda." Rispose, secca. Ancora le fumavano le orecchie.
"Ma
si può sapere che ti prende? Come mai sei così
inacidita?" Si avvicinò al suo viso, facendole una pernacchia. Lei
cercò si rimanere seria, ma non ci riuscì.
"Penso che sia
impossibile arrabbiarsi con un tipo come te!" Disse tra le risate.
"E' che ho avuto una giornata un po' particolare, tutto qua."
"Come mai?" Chiese lui, curioso. Lei ripensò alla lettera.
"Mah, niente di che.
Tu, invece, mi sembri molto contento. Ti è successo
qualcosa di bello?"
"Sì!" Rispose
con un un largo sorriso.
"Mi hanno messo in camera con due tizi veramente simpatici! Mi fanno morire dal ridere, sono proprio agli antipodi, quei
due!"
"Sono contenta per
te!" Rispose sinceramente. "Li conosco?"
"Ah, non lo so! Non
gli ho chiesto se sanno chi sei. Uno è AlbertMorrell, un simpaticissimo
studente di medicina legale. E' un po' logorroico,
però è molto simpatico! E poi, è anche un mio fan,
quindi...è un motivo in più per amarlo!"
"Sì, il suo nome mi
è familiare. Magari mi sarà capitato di vedere il suo nome nella bacheca degli
studenti più bravi del suo corso. Mi hanno sempre detto di un tizio
stravagante, un po' necrofilo, con la mania delle autopsie e cose del genere. E' un po' macabro, non credi?"
"In
effetti è vero! Se un giorno, quando siamo
insieme, lo vediamo, te lo faccio conoscere!" Lei annuì, sorridendo
timidamente. "Poi l'altro è RoyKipling, uno che ha l'aria di essere un cocco di mamma. Non
fa altro che maltrattare il povero Albert,
prendendolo in giro e...Katie, che ti è successo?"
La ragazza, nel sentire quell'ultimo nome, si era irrigidita. Aveva gli occhi sbarrati
e stava fissando la sua tazza, incapace di formare un pensiero logico nella sua
testa. Non poteva essere lui, Eric
era diventato amico di QUEL RoyKipling. Stava cominciando a tremare, sembrava che avesse
visto un fantasma. Il caffè non faceva che muoversi
freneticamente, al ritmo dei suoi spasmi. Sembrava quasi che fosse vicina ad
una crisi epilettica. Il ragazzo la guardava, preoccupato, mentre lei sembrava
morire. Non credeve che le sue parole avessero sortitoquell'effetto.
"Katie, ti prego,
che ti succede?" Le domandò, molto ansioso.
Lei alzò lo sguardo,
fissandolo con due occhi terrorizzati.
"Non è niente."
Rispose, con voce rotta.
"Ma,
sei sicura?" Le prese una mano, cercando di calmarla. Lei si rilassò e
fece un respiro profondo.
"Sì" Il suo tono
era decisamente più tranquillo. "Mi succede,
delle volte, il dottore ha detto che non è niente di
preoccupante."
I due restarono ancora
un'oretta a parlare nel caffè ma, dopo quello spiacevole episodio, Katie non guardò mai Eric negli occhi, per tutto il tempo della loro
discussione.
Quando la ragazzo
tornò in camera sua, erano già le quattro del pomeriggio. Cercò invano sua sorella ma, con suo grande disappunto, aveva lasciato il
letto disfatto e non aveva messo neppure un biglietto per dirle dove fosse
andata. Accostò la finestra e, con calma, mise a posto le coperte. Era sempre
stato così, fin da quando erano piccole. Kelly
lasciava in disordine e lei rimetteva tutte le cose al loro posto. Non le
dispiaceva, chiaro, però erano rare le volte in cui la sorella la ringraziava.
Sapeva bene che, nel profondo del suo cuore, non lo faceva apposta,
però...qualche volta le sembrava di essere un fantasma, uno spirito che, per
puro caso, vagava all'interno di quella camera.
In
quel mentre, senza un motivo, le venne in mente la lettera. Dove l'aveva lasciata? Non si ricordava proprio. Lasciò
il letto fatto a metà, mentre cercava come una disperata quella busta,
guardando da ogni parte. Era sicurissima di averla
poggiata da qualche parte, assieme al tagliacarte eppure, a causa della fretta,
si era dimenticata completamente il luogo. Mise sottosopra tutti i cassetti, la
sua scrivania, il tavolo...niente di niente. Infine, le venne l'illuminazione.
Sopra il frigorifero, ecco dove l'aveva lasciata! Andò velocemente lì notando
che, proprio in quel punto, c'era un piccolo post-it lasciato da sua sorella.
C'era scritto questo.
"La prossima volta non
lasciare in giro la tua roba!Ti ho messo la busta dentro l'ultimo cassetto
della mia scrivania.Ti voglio bene, Kelly"
Come una furia, si precipitò nella
piccola stanzetta, mettendo a soqquadro l'ultimo cassetto. Sotto ai vari fogli ed alcuni libri, la trovò. Probabilmente,
l'aveva messa lì in fondo perchè era il posto in cui metteva le sue cose più
importanti: gli appunti, i libri e tutto il resto. Non trovò il tagliacarte e,
senza pensarci due volte, prese un coltello e l'aprì.
C'era soltanto un foglio, piegato in due. Anche il
contenuto era stato scritto a macchina o, molto più probabilmente, a computer.
Lesse con attenzione...
"Carissima Katie, mi dispiace
averti dato questa lettera in questo modo, ma non
sarei riuscito a dartela di persona. Sono una persona molto timida e, se tu
fossi davanti a me, mi bloccherei, come fermato da una
forza invisibile. E' da molto che ti osservo, mentre cammini distratta per
questi lunghi e lugubri corridoi. Ti vedo sempre con dei grossi libri in mano,
che passeggi a testa bassa. E' un peccato che non alzi quei meravigliosi occhi
azzurri, così belli alla luce del sole, che li rende pieni di sfumature. I tuoi
capelli biondi come il grando cullato dal vento, ci
sarebbe da perderci la testa! Le tue lentiggini, così carine, ti donano un'aria
vagamente eterea, come la dea Venere. Il uo portamento rispettoso, quella voce così bassa e dolce.
Mi fai impazzire! Mia dolce ragazza, mi farò risentire, perchè tu possa
apprezzare tutte quelle piccole cose che ti rendono unica e speciale. Credo di
essermi innamorato di te."
Terminava proprio in quel modo: 'Credo di essermi innamorato di te'.
Non c'era una firma, non c'era niente che potesse ricollegarla a qualcuno.
Pensò, in un primo momento, ad uno scherzo. Molti ragazzi stupidi si
divertivano a prenderla in giro e, sicuramente, anche questa era opera loro. Però, c'era qualcosa di strano. Il modo in cui era stata scritta, una sintassi chiara e precisa, non erano quegli
stupidi. Si fermò un attimo a riflettere su chi poteva aiutarla. Poi, un'idea
la attraversò, come un fulmine a ciel sereno. Sapeva a chi rivolgersi, eccome se lo sapeva!
Capitolo 8 *** Conversazioni che portano solo ulteriori dubbi... ***
Capitolo 8
Care ragazze, mi spiace dirvelo
ma...probabilmente questa sarà la mia ultima fic sugli attori (molti di voi,
probabilmente, staranno facendo i salti di gioia!^^). Non vi preoccupate, c'è
ancora un po' per arrivare alla fine e, quasi sicuramente, la porterò a
termine. Volevo dirvelo perchè ho ritrovato la mia passione per le fanfiction
originali, anche se sono bistrattate da tutti e nessuno le recensisce!
Comunque, spero lo stesso che le leggerete!^^ Vorrei ringraziare _Kristel_ e
Keira, perchè puntuali come un orologio svizzero, mi recensiscono le storie!^^
Grazie ragazze!^^ Bacini, Shi*
Capitolo 8.
Conversazioni
che portano solamente ulteriori dubbi...
Katie, presa da
quell'incredibile idea, mise a posto tutto quanto e, veloce come la luce,
attraversò i corridoi del dormitorio. Soltanto per quella volta, fece finta di
non sentire quei brutti commenti che le rivolgevano gli altri, badando
solamente a guardare avanti, per arrivare il più presto possibile alla sua
meta. Arrivata alla portineria, pregò con tutti il cuore che la signora Gower
fosse lì, visto che doveva chiederle alcune informazioni. La vide intenta a
leggere un giornale scandalistico; inutile dire che la ragazza fu molto
sollevata.
"Ehm..." Disse,
cercando di attirare la sua attenzione. "Signora Gower..."
La vide girarsi,
sbattendo la rivista sul tavolo. La osservò un po', in seguito, togliendo gli
occhiali, cominciò a scrutare la ragazza, da testa a piedi. Quando ebbe finito,
si appoggiò una mano sulla testa.
"Che diavolo vuoi
Katie? Di solito vieni a farmi visita molto di rado..." Disse cinicamente.
"L-lo so di non
s-starle simpatica..." Abbassò la testa, mordendo il labbro superiore
"P-Però deve assolutamente dirmi u-una cosa." Alzò lo sguardo e
incorciò i suoi occhi nocciola, stringendo i pugni.
"Dipende da cosa
vuoi chiedermi, mia cara." Assunse una voce falsamente preoccupata.
"I-Io..."
Cercava mentalmente di convincersi, di trovare un po' di coraggio. "Mi
dica in che camera posso trovare Eric Szmanda!" Disse poi, tutto d'un
fiato.
"E da quando in qua
tu, il fantasma di Kelly, hai bisogno di sapere dove si trova un ragazzo? Sei
sempre vissuta all'ombra di tua sorella, non credo che le cose cambino da un
giorno all'altro." Rise a voce molto alta.
Katie fu tentata di
scappare via, di rinchiudersi in camera a piangere. Non aveva mai chiesto molto
dalla sua vita, voleva solamente avere un'informazione, niente di più. Tutti
quanti la trattavano male, perfino la signora Gower. Gli unici che le portavano
un po' di rispetto erano i professori, la signorina Isherwood e sua sorella.
Perfino per i suoi genitori lei era la pecora nera, uno sgorbio, uno scherzo
della natura. Fece un passo indietro, convinta ad andarsene, fin quando non
andò a sbattere contro qualcuno.
"Ehilà Katie, qual
buon vento! Che ci fai qui?" Disse una voce a lei familiare. La ragazza
alzò lo sguardo, incontrando due simpatici occhi scuri che la fissavano,
incuriositi.
"E....Eric!"
Esclamò, portandosi una mano alla bocca.
"Come mai mi stavi
cercando?" Puntò un dito contro la portinaia. Probabilmente aveva sentito
l'intera conversazione.
"Questo non è il
posto adatto." Si aggrappò ad un braccio e gli fece segno di seguirla.
Lui, senza fiatare, acconsentì.
Vagarono un po'
all'interno del campus, l'uno dietro l'altra. Non proferirono una sola parola,
camminavano in silenzio, ognuno all'oscuro dei pensieri dell'altro. Eric non
capiva il motivo di tanta agitazione, proprio da Katie, quella ragazza così
timida e silenziosa. In ogni caso, facendo finta di niente, continuò a seguirla,
con le mani in tasca. Da qualche minuto aveva cominciato a fischiettare "Sonnet",
una canzone dei Verve. Gli piacevano molto, magari perchè, per recitare CSI, lo
costringevano a fare la parte dell'alternativo, quello che ascoltava sempre
musica punk o metal. D'un tratto, la vide fermarsi di colpo; erano proprio
davanti alla biblioteca.
"Perchè mi hai fatto
venire fino a qui?" Domandò, d'un tratto, stufo di seguirla come un
cagnolino.
"Devo parlarti di
una cosa, però dovevamo venire in un posto tranquillo, dove non ci fosse molta
gente. Da quando hanno aperto l'altra biblioteca, nell'ala a nord, qui non ci
viene più nessuno. Vieni, entriamo." Con calma si avvicinò alle scale,
tirando fuori da un vaso di fiori un mazzo di chiavi.
"Sei anche una
prestigiatrice, a quanto vedo." Sorrise, divertito. Lei contraccambiò quel
gesto.
Entrarono,
silenziosamente, cercando di non farsi vedere da qualcuno. L'aria era molto
pesante e satura di polvere. Katie andò ad aprire qualche finestra, stando
sempre attenta a chiudere le tende, per evitare che si vedesse qualcosa
dall'esterno. Molti ragazzi avevano paura della signorina Isherwood, tanto da
non avvicinarsi nemmeno all'edificio.
Eric si sedette sopra ad
una vecchia scrivania, continuando a fischiettare. Si guardò un po' intorno,
era passato qualche tempo dall'ultima volta che era stato lì dentro. Gli era
sempre sembrato un luogo un po' lugubre, avvolto da qualche alone di mistero. Vide
la ragazza che si era messa di fronte a lui, tenendo la testa bassa.
"Allora, mi vuoi
dire perchè mi hai trascinato fin qui?" Disse poi, con dolcezza.
"Ecco, vedi...quando
mi hai portata fuori, ti avevo detto che dovevo fare una cosa...ricordi?" Parlava
misurando la sua voce ad ogni parola.
"Sì, mi
ricordo." Affermò lui, facendo un cenno anche con la testa. "C'entra
qualcosa con quello che vuoi dirmi?"
"A dire tutta la
verità...sì. Quel pomeriggio, appena uscita da lezione, mi sono accorta di aver
lasciato il mio astuccio in aula e, quando sono ritornata a prenderlo...ho
trovato questa." Tirò fuori la lettera da una tasca.
"Interessante, che
cos'è?" Domandò, un po' incuriosito.
"Un lettera..."
Si fermò un attimo, abbassando lo sguardo. "...d'amore."
Eric fu così sorpreso da
quella rivelazione che si sbilanciò un po' indietro, tanto da far muovere la
lampada. Stava per cadere ma, con sua immensa fortuna, riuscì a riprendersi. Si
mise un po' a ridere, pensando alla figuraccia che stava per fare da un momento
all'altro.
"Scusami, sono un
pasticcione." Disse, abbassando un po' la testa. "Ehm, avevi detto
che si tratta di una lettera d'amore?"
"Sì. In un primo
momento ho pensato ad uno scherzo ma poi, riflettendoci meglio, ho realizzato
che non era così. E' scritta troppo bene per essere opera di Cl..." Si
fermò d'improvviso. Vide dipingersi sul volto di lui un'espressione piuttosto
interrogativa. "No, scusami. Mi stavo confondendo."
"Me la fai
leggere?" Disse con voce suadente. Lei gli porse la lettera bianca.
Il ragazzo la lesse,
molto attentamente. Non c'è che dire, scritta davvero in modo impeccabile. Senza
contare che gli uomini, di solito, sono una frana in queste cose. Tuttavia
sembrava opera di qualcuno che conosceva bene Katie, che sapeva come trovarla,
che la osservava attentamente. Sembrava che l'aspettase spasmodicamente ma poi,
come Cyrano de Bergerac, non voleva farsi vedere. Perchè un animo gentile era
stato rinchiuso in un corpo sgradevole.
"Allora?"
Chiese la ragazza, curiosa. "Che ne pensi?"
"Non saprei. Secondo
me è una persona che ti conosce, anche molto bene. Parla di te in modo molto
dettagliato, quindi supporrei che..."
"Sì Greg?"
Scherzò.
"No, ti prego! Non
chiamarmi Greg! Quel personaggio m'ha rovinato la vita. E in ogni caso...se mi
facessi finire..." Disse, assumendo un tono di voce più duro, ma pur sempre
scherzoso. "...secondo me è qualcuno che ti sta accanto. Magari un tuo
amico, o qualcuno che lo è stato. Non dovresti cercarlo tra chi non conosci,
guarda più vicino..."
Il cuore di Katie
cominciò a battere all'impazzata. 'Qualcuno che ti sta vicino.' Quelle parole
continuavano a restarle nella memoria. Lei non aveva molti amici, però, quando
aveva detto ad Eric della lettera...lui si era sentito subito agitato. Bastava
vedere che volo rischiava di fare per terra! Così cominciò a trarre le sue
conclusioni...che fosse lui il misterioso ragazzo che era innamorato di lei?
Orlando non riusciva a
capacitarsi di quello che era successo. Kelly era la classica ragazza che non
si faceva tanti scupoli a far entrare nel suo letto un ragazzo, che si
trattasse di un attore famoso oppure di uno come un altro. Insomma, era una
tipa da evitare. Eppure, per qualche strano motivo, la attraeva. Forse perchè
aveva quel modo di fare tutto suo, forse perchè era brava a fare sesso...non lo
sapeva neppure lui. Magari le piaceva perchè lo trattava alla stregua di uno
qualsiasi, senza farsi troppi problemi a buttarlo fuori dalla camera come un
salame.
Ma era così bella, così
dannatamente attraente...
"Allora, mister
Bloom, ci vogliamo muovere? Io ancora sto aspettando quella famosa tazza d
the!" Esclamò Dominic, al culmine della pazienza. "E' mezz'ora che
sei dentro quella cucina! Non è che magari ti stai facendo qualche..." Non
lo fece finire.
"Per favore Dom,
risparmiami quelle tue battutacce volgari! Al contrario di te, io ho un
cervello, e qualche volta mi piace pensare. Ma tu non puoi capire,
evidentemente!"
"Vediamo se
indovino, problemi con il gentil sesso?" Azzardò, con un tono di malizia
nella voce.
"Guarda, lascia
perdere..." Glissò, aprendo uno sportello.
Passò qualche giorno e,
sebbene Katie non sapesse bene come risolvere quella situazione un po'
equivoca, le lettere non mancavano di arrivare. Alcune erano dolci, altre piene
di sentimento, altre toccanti. Sembrava che la mano che le scriveva cambiava
ogni giorno i suoi pensieri. L'ultima era stata quella che la fece pensare di
più.
"Carissima Katie,
anche oggi ti ho vista. Con quell'aria così ditratta mi incantavi, portandomi
in un mondo dove esistiamo soltanto noi due. Mi si spezza il cuore nel vederti
continuamente, senza poterti dire nemmeno una parola. Neanche un semplice
'ciao', se mi trovo davanti a te non riesco a proferir parola. Vorrei tanto
essere quel ragazzo, che ti parla con così tanta disinvoltura. Ogni tanto,
quando sei insieme a lui, ti vedo ridere di gusto. Cosa non darei per essere al
suo posto! Tu non sai che esisto, non sai quanto soffro nel tenere dentro di me
questi sentimenti, liberandoli solamente davanti a questo computer. Dolce
amore, aspettami, non fuggire lontana da me."
Stavolta non era riuscita
a cavare un ragno dal buco. Quando usciva fuori con Eric, di solito, erano
sempre soli. Cercavano di andare nei pub più sconosciuti e meno frequentati,
evitando di incrociare qualcuno che frequentasse l'università. Ma forse,
stavolta, il misterioso ammiratore aveva commesso qualche errore.
Kelly, anche se
saltuariamente, aveva continuato a vedersi con Eric. Un po' perchè lo trovava
veramente simpatico, un po' perchè voleva sapere come andavano le cose con sua
sorella. Si trovava molto bene con lui, forse perchè aveva un carattere allegro
e spigliato, tipico della gente aperta e simpatica. Senza contare che, sotto
qualche punto di vista, non era nemmeno tanto brutto. Sì, aveva una cresta
forse un po' troppo cresciuta, però aveva degli occhi che avrebbero fatto la
testa a chiunque. Non che fossero particolari, nell'insieme, però avevano
un'espressione curiosa.
Quella sera avevano
deciso di andare al 'Lucky Man', un piccolo pub-ristorante, vicino al
campus. Di solito era stracolmo di studenti, tanto che il proprietario era
stato costretto ad acquistare un altro locale per espandersi. Presero un tavolo
un tantino nascosto, evitando di farsi vedere troppo. Kelly si era vestita in
modo provocante, come suo solito, tanto da aver messo una maglietta dalla
scollatura molto ampia...che copriva ben poco il suo seno prosperoso.
"Allora Eric, che mi
racconti di bello? Katie ti ha detto qualcos'altro di questo fantomatico
ammiratore?" Chiese, incrociando le mani.
"Sì, mi ha detto che
continua a mandarle delle lettere, sempre anonime. Se solo le scrivesse a mano,
forse riusciremmo in qualche modo a rintracciarlo però..." Vide la ragazza
che si voltava in continuazione a destra e sinistra. "Ehi, che
succede?"
"La mia borsa, non
so dove l'ho messa." Disse, continuando a guardare accanto a lei.
"Ecco, senti...io ti
dovrei dire una cosa..." La sua voce cominciò a diventare un po'
titubante.
"Mh? Dilla." Lo
esortò lei, facendogli un ampio sorriso.
"Mi piaci da
morire."
Una figura, nascosta
vicino alla porta, se ne andò via silenziosamente.
Capitolo 9 *** Patti chiari e amicizia lunga...(?!) ***
Capitolo 9
Sono molto contenta! Per due semplici
motivi: è finita la scuola e...a quel che vedo, qualcuno tiene alle mie storie!
Però, sul serio, non credo che continuerò a scrivere storie lunghe sugli
attori, al massimo di una decina di capitoli. Credetemi, se provate l'ebrezza
di scrivere una fic originale, la penserete come me!^^ Ma ora passiamo ai
ringraziamenti: _Kristel_ mi fa piacere che apprezzi questa fanfiction e....ora
scoprirai chi è fuggito via all'improvviso. Keira...tante grazie anche a te! Purtroppo,
ora come ora, sono molto impegnata e non riesco a trovare il tempo di leggere
la tua storia! Rimedierò!^^ Ma ora, vai con il nono capitolo!^^ Bacini, Shi*
Capitolo 9.
Patti
chiari e amicizia lunga...(?!)
Kelly non sapeva se ridere o prendere
sul serio quello che Eric le aveva appena detto. A pelle, le era sembrata una
presa in giro poi, vedendo l'espressione seria di lui, era rimasta interdetta. Non
si sarebbe mai aspettata una reazione del genere, figuriamoci in una serata
tranquilla e monotona come quella.
"Forse non ho capito bene"
Azzardò lei, inarcando un sopracciglio.
"Io, invece, credo che tu abbia
capito benissimo, soltanto che non riesci ad accettarlo." Rispose
serissimo. Aveva calcolato ogni eventualità, persino che lei non credesse alle
sue parole.
"Ah, guarda" Cominciò lei,
sulla difensiva. "Mi fa sicuramente molto piacere, però non sono sicura di
come reagire. Cioè, tu sei quasi il migliore amico di mia sorella, sei anche
amico mio...sì, insomma, cerca di metterti nei miei panni!" L'aveva fatta
andare nel pallone. Guardava nervosamente intorno a lei, nella speranza di
trovare una scusa per uscire da quell'imbarazzantissima situazione.
"Non ti sto chiedendo la
luna" Disse lui, sorridendo, cercando di tranquillizzarla. "Con la
mia dichiarazione di prima nonn voglio assolutamente che ti senta obbligata a
dire o a fare qualcosa. Anzi, non credo neppure che sia giusto."
"Bene, ti mentirei se ti dicessi
che non mi sono preoccupata per niente. Il fatto è che, il triangolo che si è
creato tra me, te e Katie è abbastanza complicato. Non so come fartelo capire
ma...io e mia sorella abbiamo instaurato un rapporto solido e fragile al tempo
stesso. Lei vorrebbe che mettessi la testa a posto..." Rise "Mentre a
me piacerebbe vederla un po' più tranquilla ed aperta. Con questa storia, si
complicherebbe tutto tantissimo."
"L'importante è che lei non lo
sappia."
Il volto di Kelly diventò
d'improvviso molto stupito. Quell'ultima affermazione l'aveva spiazzata,
veramente tanto. Eric le era sempre sembrato un ragazzo gentile e sincero
mentre ora, in pratica, le stava chiedendo di vivere un'avventura clandestina. Ma,
dopo un momento di incertezza, la cosa cominciò a stuzzicarla.
"In pratica, mi stai quasi
offrendo qualcosa di illegale..." Disse lei, maliziosamente.
"Beh, parlare di cose illegali è
un po' tanto, diciamo che non ci incontreremo alla luce del sole. Non ti chiedo
di essere la mia fidanzata oppure di impegnarti seriamente con me, sarà una
storia che, mano a mano, ci vedrà crescere insieme. Non so come andrà a finire,
come non la sai neanche tu. Prima si prova e, se vediamo che le cose non
funzionano, tanti saluti ed amici come prima."
"Devo ammettere che questo
concetto di relazione mi piace. E' la prima volta che un uomo mi propone una
cosa del genere e...sì, mi piace veramente tanto!"
Non riusciva a credere alle sue
orecchie, come non riusciva a comprendere il significato di quell'assurda
situazione. In un attimo, con poche semplici parole, tutti i castelli di carte
che si era costruita erano andati in mille pezzi, lasciandola veramente vuota
dentro. Se soltanto pensava che, quella sera, era andata al Lucky Man
per fare un favore alla sorella...no, non poteva essere vero. Lei, Katie
Hilding, la pecora nera della famiglia, che credeva di aver trovato un amico e
forse qualcosa di più, si trovava esattamente come era stata fino a poco tempo
fa: completamente sola. Avrebbe pianto volentieri, per liberarsi da tutto quel
dolore, però le lacrime non volevano scendere. Era l'ennesimo tiro mancino del
destino ma, oramai, lei non faceva nemmeno più caso. Non era mai stata
fortunata, mai in tutta la sua vita e, proprio ora, le cose non sarebbero
cambiate da un momento all'altro.
Stringeva tra le mani la borsa di
Kelly, così piccola e graziosa. Cominciò a tremare di rabbia, l'avrebbe voluta
distruggere. Era stata proprio quella stupida borsa la causa di tutto, la borsa
che aveva dimenticato in camera. Mentre pensava a quelle cose, si rese conto di
quanto era meschina. Sua sorella non c'entrava niente, non aveva colpa, e lei
l'aveva accusata per avere un capo espiatorio con cui prendersela. Si mise a
sedere per terra, mentre alcune lacrime lucenti cominciavano a scendere sulle
gote piene di lentiggini, lasciandosi alle spalle un grande dolore. Poi, una di
esse, andò a finire dentro la borsetta. Sperò con tutto il cuore di non aver
rovinato niente e, proprio quando aprì la cerniera, si ricordò di una cosa a
cui, poco tempo prima, aveva dato scarsa importanza.
Kelly tornò alla camera 247 verso
mezzanotte e mezza, molto stanca. Aveva passato tutta la serata con Eric, prima
al bar e poi in un piccolo parco lì a Londra. Era sicura che sarebbero finiti a
letto insieme mentre lui, da perfetto gentiluomo, l'aveva riaccompagnata e poi
se ne era andato.
"E' la prima volta che mi capita
di incontrare un principe azzurro!" Esclamò ad alta voce. Quando vide la
sorella dormire sopra la scrivanià, pregò di non averla svegliata.
Si avvicinò a lei, senza fare rumore,
poi si fermò ad osservarla. Si era accoccolata sopra ad un grosso libro aperto,
con gli occhiali nella mano destra e i capelli sciolti sopra al tavolo. Sorrise.
Molto probabilmente aveva studiato di nuovo fino a tardi. Quando provò ad
esaminare il grosso tomo, notò il titolo alquanto bizzarro: "Senza
Rimorso". Era il nuovo romanzo di Tom Clancy, acclamato dal pubblico e
giudicato il miglior best seller dai critici. D'accordo, poteva essere anche un
buon libro, ma aveva sempre le sue consistenti 800 pagine, difficili da
digerire per una studentessa alle porte della preparazione della tesi. Quando
la vide muoversi, si disincantò e, andando in direzione del bagno, tolse le sue
scomode scarpe dal tacco a spillo.
Quella stessa mattina, Orlando si era
svegliato con un sonno terribile. La sera precedente l'aveva passata ad una
festa a casa di Dominic e, considerando la quantità spropositata di alcol che
si era fatto fuori, stava persino troppo bene. Quando fu in piedi, la testa
cominciò a girare per qualche istante ma poi, dopo un sonoro capitombolo per
terra, si svegliò completamente.
"Io a quella sedia del cazzo la
distruggo!" Imprecò, massaggiandosi il sedere. L'aveva comprata per
poterci mettere i vestiti della sera prima ma, siccome era in stile Luigi XVI,
aveva le gambe sporgenti e...potete ben immaginare quante volte ci sia
inciampato. O perchè non vedeva bene, oppure perchè aveva sonno o magari, nello
spogliare la sua ennesima ragazza, faceva ben poco caso a dove metteva i piedi.
Arrivato in cucina, la situazione non
migliorò. Aprì il frigorifero e trovò solamente una bottiglia di birra e del
burro, la dispensa era vuota e sua madre non gli aveva portato niente. Preso dalla
disperazione, cercò il cellulare e provò a chiamare il suo bar di fiducia che,
a richiesta, gli portava la roba d'asporto. Quando ebbe in mano il telefonino,
fu un po' stranito.
"Ma che cav...?" L'aveva
lasciato acceso tutta la notte ma non era quella la cosa che gli era rimasta
impressa. Aveva una chiamata senza risposta e un messaggio. Ma chi poteva mai
averlo cercato? Il numero non lo conosceva e il messaggio diceva semplicemente
questo.
"Ho bisogno di parlarti e di
rivedere alcune cose. Ci vediamo al Wilderness alle 11.00. K"
Ci riflettè un paio di secondi,
chi poteva mai essere K? La prima persona che le venne in mente fu Kate
Blosworth, ma l'aveva lasciata perdere già da un pezzo. Sua sorella era fuori
discussione, come pure sua madre. I loro numeri li aveva, a meno che non
avessero cambiato nome e Sim. Poteva essere uno dei suoi colleghi...magari Karl
Urban, ma non erano mai diventati così amici. E poi, lui non abitava in
Inghilterra e ci veniva pochissimo anche per motivi di lavoro. Poi gli si
accese la classica lampadina: chi poteva essere se non Kelly? Non aveva il suo
numero ed era una delle poche donne che avevano il nome che iniziava per K.
Infine guardò l'orologio: le 10.45.
In preda ad una folle agitazione,
si vestì in pochi minuti e fu pronto ad uscire, sebbene non avesser ancora
toccato cibo. Tirò fuori la macchina dal garage e si diresse verso Picadilly
Circus, visto che il Wilderness si trovava proprio da quelle parti.
Parcheggiò alla meno peggio e, in pochi istanti, fu dentro al locale. Si guardò
un po' intorno, alla ricerca di qualcuno che assomigliasse alla sua donna, fin
quando non notò una chioma bionda in un angolo, vicino alla finestra. Si mise
un po' a posto e poi, con fare altezzoso, si avvicinò.
"Buon mattino, mia bella dea."
Le sussurrò in un orecchio.
"P-Per favore, e-evitiamo di
fare c-come le altre volte." Esclamò, un po' imbarazzata.
"Katie?! Ma che diavolo ci
fai tu qui? Dov'è tua sorella." Fu così sconcertato che, istintivamente,
fece un passo indietro.
"N-Non c'è." Rispose
secca lei.
"Come sarebbe a dire che non
c'è? Ma se è stata lei a mandarmi quel messaggio!"
"G-Guarda che non è l'u-unica
ad avere il n-nome che comincia per K."
Non è possibile esprimere a parole
lo stato d'animo di Orlando. Frustrato? Deluso? Incredulo? Forse un mix di
tutte queste cose. Si mise a sedere, come se fosse senza forze. L'idea che
fosse Katie la mittente del messaggio, non gli aveva nemmeno sfiorato
l'anticamera del cervello. Ordinò un caffè ed una brioche, mentre lei prese semplicemente
una tazza di the. Rimasero a lungo in silenzio, scrutandosi. Non si fidavano
l'uno dell'altra, come era comprensibile e, anche se erano quasi sopraffatti
dalla curiosità, nessuno dei due voleva fare il primo passo. Alla fine, dopo
alcuni minuti, la ragazza fece un grosso respiro e cominciò.
"A-Allora, non vuoi sapere
c-come mai sono qui?" La sua voce era tranquilla e rilassata.
"A dire il vero è un pezzo
che mi scervello ma, evidentemente, il motivo di questa conversazione, supera
lo scindibile umano." Rispose un po' stizzito lui.
"S-Scusami." Abbassò la
testa. Nel vederla così, gli prese una stretta al cuore.
"No, scusami tu. Io e te non
abbiamo mai cominciato con il piede giusto e mi hai preso in una brutta
mattinata. A parte gli scherzi, sono proprio curioso di sapere perchè hai
deciso di vedermi. Sai, dopo l'ultima volta, credevo che mi odiassi."
Capiva quanto lei si potesse sentire a disagio, così cerco di parlare con il
tono di voce più normale che gli veniva fuori.
"V-Vedi, io so bene di non
s-starti simpatica, c-come tu non stai simpatico a m-me." Alzò la testa
per vedere la sua reazione. Lui continuava a guardarla come se niente fosse.
"P-Però possiamo aiutarci a v-vicenda. Ho deciso d-di rivalutare la tua
o-offerta."
"Ah sì? E quale sarebbe il
motivo di questo cambiamento improvviso?"
"I-Io ti aiuterò a
c-conquistare mia s-sorella, tu dovrai aiutarmi a c-cambiare."
"In pratica mi stai dicendo
di fare un patto." Fu molto stupito di questo fulmineo cambiamento. Ci
doveva essere di sicuro qualcosa sotto.
"Esattamente." Affermò
lei, ferma e sicura.
"Molto bene. Devo ammettere
che sono piacevolmente contento di questo fuori rotta. Ma questo non è nè il
momento adatto nè il luogo adatto. Ci reincontreremo a casa mia la prossima
settimana, verrò a prenderti all'università. Tu vedi di farti trovare fuori dal
cancello. Ci stai?" Allungò la mano.
Quel pomeriggio, dopo la fine
delle lezioni, Eric era così euforico che non potè fare a meno di raccontare ai
suoi compagni di stanza il motivo di tanta contentezza. Non sapeva se poteva
fidarsi, ma era troppo contento per stare a bocca chiusa. Albert non c'era e
così aspetto che Roy tornasse da lezione. Riuscirono ad incontrarsi per il
rotto della cuffia.
"Ehi, Kipling! Ti devo assolutamente
raccontare una cosa!" Esordì Eric, andando ad aprirgli.
"Solo un momento, Morrell si
è levato di torno?" Chiese, guardando dentro.
"Sì, aveva le lezioni
pomeridiane." Si chiedeva che c'entrasse con quello che doveva dirgli.
"Molto bene, è un po' che
dovevo farti una proposta..."
Allora, innanzitutto vorrei scusarmi per il ritardo con il
quale pubblico il decimo capitolo ma, adesso che sono cominciate le vacanze
estive, sono rari i momenti che passo davanti al computer!^^ Non è
svogliatezza, è solo che preferisco uscire a fare quattro passi!^^ Dunque, in
questa nota vorrei ringraziare _Kristel_ perché segue tutte le mie nuove storie
e poi, piccolo consiglio, non usare Outlook express per mandare le e-mail, fa
solo una grande confusione!^^ Per Keira…anche a te grazie di cuore perché,
puntuale, recensisci i miei nuovi capitoli!^^ A chi fosse interessato, ho
cominciato a riscrivere una mia vecchia fic sulla sezione “originali”, che si
chiama “La vera storia dei Galerians”, fatemi sapere se vi piace!^^ Bacini,
Shi*
Capitolo 10.
Prese di posizione…
“Cosa?” Disse
Eric, un po’ colto alla sprovvista. A dirla tutta, Kipling non gli era mai
sembrato il classico tipo che si divertiva ad emarginare gli altri, però si
guardava intorno come se si aspettasse di vedere sbucare fuori, da un momento all’altro,
Albert.
“E’ da un po’ di
tempo che desideravo parlartene, però a causa di quel Morrell non ho potuto.
Non fraintendermi, non che mi stia antipatico o cose del genere, soltanto che
non è il tipo adatto.” Che strano, sembrava quasi che gli aveva letto nel
pensiero. Con molta probabilità, aveva notato l’espressione attonita che si era
dipinta sul volto del ragazzo.
“Perché, cos’ha
che non va?”
“Sarebbe una
storia troppo lunga perché te la possa spiegare tutta quanta. Ora, se non ti
spiace, mettiamoci a sedere anche perché, non so tu, ma io sono sfinito.”
Si sedettero nel
piccolo sofà che i ragazzi avevano in camera. Il loro alloggio era piuttosto
grande e completo di tutto, sia perché doveva ospitare tre ragazzi, sia perché
il padre di Roy aveva fatto pressioni al preside affinché il figlio avesse la
camera più confortevole. Eric, dal canto suo, trovava strana tutta quella
improvvisa confidenza. Considerava i due coinquilini conoscenti, per lo più,
invece adesso quel Kipling se ne usciva fuori con quella ‘proposta’. Chissà
cos’era di così importante, visto che non voleva dirla nemmeno ad Albert. Si
era incantato a guardare l’altro ragazzo e, allo stesso tempo, si chiedeva
cos’era quella strana luce che intravedeva nei suoi occhi.
“Dunque, vedrò di
arrivare al sodo il più presto possibile. Io ed alcuni ragazzi abbiamo fondato
una congrega, proprio qui all’università.” Parlava con voce calma e pacata,
tenendo le mani dietro il collo.
“No, un momento
solo.” Vide lo sguardo dell’altro alzarsi fino ai suoi occhi. “Io sapevo che le
congreghe esistevano solo nelle università americane, correggimi se sbaglio.”
“Sei un tipo molto
pervicace. In effetti è così, qui in Inghilterra non esiste niente del genere.
Neppure noi siamo accreditati molto dal collegio dei docenti e dal comitato
disciplinare. Ci considerano più che altro come una sorta di club, non molto in
vista, dove i membri si riuniscono tre volte la settimana. Ma tu,
probabilmente, ti starai chiedendo il perché di tutti questi discorsi…” Roy era
una persona molto carismatica ed abile. Inoltre, a tutte queste abilità, andava
aggiunta una straordinaria parlantina, che non mancava di colpire chiunque lo
stesse a sentire.
“Hai proprio colto
nel segno. Cioè, io provo a fare qualche ipotesi, dentro di me, però gradirei
che la smettessi di girare attorno a quest’argomento, coma stai facendo
adesso…” Si sentiva a disagio, gli capitava poche volte quando si trovava in
compagnia di ragazzi più giovani di lui.
“Io stavo
semplicemente provando a renderti un po’ più chiara la faccenda ma, se vuoi che
la smetta, non ci sono problemi. Voglio che tu entri a far parte della nostra
congrega.” Concluse, infine, appoggiando le mani sulle gambe.
“E, se è lecito
saperlo, qual è il motivo di questa improvvisa decisione?” Domandò, senza
celare una vena di sarcasmo nella voce.
“Il fatto che tu
sia più grande di me non ti autorizza a fare dell’ironia, caro Eric.” Lo
ammonì. “Avevo pensato a te perché mi sembri un ragazzo in gamba, molto più di
certa gente che gira qui, dentro al campus. Tuttavia, per entrare a far parte
dei ‘cavalieri del giglio’, dovrai fare una prova, diciamo quasi un piccolo
esame.”
“Cioè?”
“Diamo tempo al
tempo, non c’è bisogno di affrettarsi. Devo ancora sentire gli altri cavalieri,
perciò non posso assicurarti ancora niente. Tuttavia, la mia posizione di
prestigio, mi permette di avere una certa autorità all’interno della congrega.”
Sentì girare la chiave nella toppa e, in quel preciso momento, si alzò ed andò
in camera sua.
Entrò Albert che,
nel vedere la faccia allibita di Eric, fu un po’ sorpreso. Intuì che c’era
sotto qualcosa ma, da bravo, fece finta di niente. Anzi, in quel periodo,
doveva pensare a tutt’altre cose…
…………………………………………………………………………………………………………………………….
Katie, attraverso
il cellulare di Kelly, aveva saputo che Orlando l’avrebbe aspettata al cancello
esattamente alle 13.30 di lunedì. Lei, dopo essersi vestita e aver respirato
profondamente, cominciò ad incamminarsi. Era incredibilmente agitata, tanto che
il cuore sembrava esploderle in petto. La sola idea di stare da sola con uno
degli attori che preferiva, la faceva star male. Aveva seguito la sua carriera
fin dagli esordi, quando aveva recitato in Black Hawk Down, passando per
Il signore degli anelli e via dicendo. Ma, al di sopra di ogni cosa,
adorava leggere i libri d’amore. Man mano che sfogliava quelle pagine, si
immaginava sempre di essere la protagonista che, dopo mille disavventure,
veniva salvata dal suo principe azzurro.
Con questi
pensieri per la testa, non vide avvicinarsi Clive Carpenter. Se ne accorse
soltanto quando se lo trovò a meno di dieci metri. Fu presa subito dalla paura
e, in preda alla disperazione più nera, cominciò a correre verso l’uscita, con
la speranza di arrivare da Orlando prima che la raggiungesse.
Vicino, sempre più
vicino. Aveva iniziato a seguirla. Katie pregò Dio con tutto il cuore e, quando
vide il ragazzo che l’aspettava appoggiato alla macchina, ebbe un sospiro di
sollievo. Poi si sentì avvampare al braccio destro. Clive, che non era riuscito
a raggiungerla ed aveva notato Orlando, le aveva tirato alcune pietre, nella
speranza di ferirla.
“Ce ne hai messo
di tempo!” Esclamò, aprendo la portiera. Lei non rispose ed entrò, tenendosi le
spalle con le mani. “Beh, non dici niente?”
“Eh? N-Non farci
caso…a-allora, vogliamo andare?” Rispose lei, ancora molto provata da quella
corsa.
“Se lo dici tu, in
tal caso va bene.”
Restarono in
silenzio, senza però evitare di guardarsi, per cercare qualche argomento di cui
discutere. Nella testa avevano il vuoto più assoluto, non si conoscevano, era
logico che non avevano niente di cui parlare. Non sapevano dei gusti reciproci,
quali fossero gli interessi dell’altro. Orlando notò che Katie, rispetto alle
altre volte, era assai più agitata. Da un parte si sentì dispiaciuto, perché
era anche colpa sua, visto che non aveva trattato la ragazza mai troppo bene.
Era logico che si sentisse in imbarazzo con lui.
Quel viaggio, che
in realtà era molto breve, sembrava infinito. C’era una tensione infinita e
tutti e due speravano ardentemente di arrivare a casa Bloom il più presto
possibile. Non appena intravidero una bella casa con tanto di giardino, furono
molto sollevati. Orlando abitava in periferia, per evitare di avere sempre
appresso un manipolo di giornalisti e curiosi. Aveva comprato una villa nel
quartiere di Long River, abbastanza distante dal centro di Londra, colorata di
un bel giallo pastello con le persiane rosse. Era un tantino stravagante ma, se
si guardava meglio, aveva quel tocco di originalità che riesce a trasformare,
agli occhi di uno sconosciuto, una casa bizzarra in una casa personalizzata.
Al suo interno non
c’era nessuno e così Orlando, da bravo padrone di casa, fece accomodare la
ragazza nel salotto ed andò a prendere una bottiglia di birra in frigo. Gliela
mise sul tavolopoi si sedette di
fronte a lei.
“Bene, alla fine
eccoci qua. Allora, vogliamo parlare di questo patto?” Vide lei che teneva lo
sguardo basso e così, per attirare la sua attenzione, le toccò un braccio.
“Ehi, mi stai ascoltando?”
“Ahi!” Sussultò,
stringendo l’avambraccio.
“Che ti succede?”
A quel punto vide che la sua man era sporca di sangue. “Accidenti, ma tu
sanguini! Aspetta, vado a prenderti un po’ di cotone e del disinfettante!”
Corse in bagno, tornando con una bottiglietta e un cerotto. “Forse brucerà un
po’, abbi pazienza.”
Cominciò a
massaggiarla lentamente, mentre cercava di tirare indietro un ciuffo di capelli
ribelli. La vide calmarsi e rilassarsi, mentre cercava di lasciarsi andare.
“Sai, sei il primo
che mi tratta gentilmente…” Disse Katie, volgendo lo sguardo altrove.
“Mh? Dici sul
serio? A me non sembra di fare chissà che cosa…sto semplicemente disinfettando
una ferita. Chiunque, al mio posto, avrebbe fatto la stessa cosa.” Le sorrise.
“Allora, non ti va di dirmi perché hai deciso così improvvisamente di
aiutarmi?”
“Vedi, ho
semplicemente bisogno di cambiare. Per ora, preferisco non dirti il motivo…non
mi sento ancora pronta. Tu, piuttosto, come mai tanto interesse per Kelly?”
“Ecco qua!” Disse
lui, mettendo un cerotto sul taglio. “Come mai ho interesse per tua sorella? Ad
essere sincero non lo so neppure io. Forse perché quel suo modo di fare mi
attrae molto di più di quello che vorrei. Bene, vogliamo stabilire le
condizioni del nostro accordo?”
“Sì.” Osservò il cerotto
colorato che Orlando le aveva messo sulla ferita. Era stato davvero molto
gentile, lo stava rivalutando, rispetto alle altre volte che lo aveva visto.
“Ehi, hai smesso
di balbettare?!” Disse, un po’ sorpreso.
“Quando mi
rilasso, smetto di balbettare. Purtroppo è a causa del nervosismo, non ci posso
fare niente.”
“Andiamo, non
siamo qui per parlare di queste cose. Dunque, prima che tu arrivassi, mi era
già passata per la testa una bella idea. Da quello che ho potuto constatare sei
molto impegnata con la scuola, quindi sarebbe troppo difficoltoso vederci
spesso. Io avrei in mente di vederci una volta alla settimana, sei d’accordo?”
“Sì, purché non
sia sempre uno stesso giorno. Non so di preciso quali sono i giorni in cui ho
meno da studiare. Semmai possiamo sentirci per telefono.”
“Direi che è
un’ottima idea. Se vuoi avere il mio numero basta che lo chiedi a Kelly e, se
ti vorrò cercare io, posso sempre telefonare al dormitorio femminile.” Si fermò
a guardarla un po’. La vide arrossire di fronte a quell’insistente sguardo.
“Beh? Che c’è d-da
guardare?” Domandò, piuttosto imbarazzata.
“Stavo
pensando…penso che dovrai lavorare parecchio, e non solo sull’immagine. Non
avrai mica creduto che il tuo cambiamento si limitasse ad un taglio di
capelli?” La vide annuire, un po’ a disagio. “Mi dispiace deluderti. La cosa
sarà molto per le lunghe perché, quando faccio un lavoro, voglio che sia
completato a regola d’arte.”
“Non c’è bisogno
che ti preoccupi così tanto…” Vide comparire sul suo volto un sorriso malizioso.
“Io mi preoccupo
perché non sarà un’azione pro bono, tu dovrai adeguatamente ricompensarmi,
spiegandomi come posso far breccia sul cuore della bella Kelly. Ormai, al
mondo, non ci sono più persone che danno le cose senza ricevere nulla in
cambio.” Disse in tono cinico.
“Le odio le
persone come te!” Disse, senza nemmeno pensare. Quando se ne accorse, mise le
mani davanti alla bocca, abbassando lo sguardo. “Scusami, non volevo…”
“No, dire quello
che pensi è il primo passo per cominciare ad essere un po’ più estroversi.” La
scrutò, non troppo bene. “Però ci sono cose che è preferibile non dire, magari
per non offendere la sensibilità di una persona. Io non sono il tipo che se la
prende per queste cose, ma devi imparare a controllarti. E, per favore, non
dire ‘scusami’ che alla fine non si procede con il discorso!” (Frase
deliberatamente tratta da FF8!^^ NdShizuru117)
“Il fatto è
che…non lo so, tu hai la facoltà di rendermi particolarmente irrequieta. Cerca
di capirmi, non mi hai mai fatto una bella impressione.”
“Me ne rendo
conto, ma oramai io sono così, non posso farci niente. Su, non te la devi
prendere per così poco, te l’ho detto, a me non interessa.” Cominciò a ridere,
tanto che riuscì a contagiare anche lei.
“Sì, forse hai
ragione. Ehm, c’è qualcos’altro che devi dirmi prima di cominciare? Io avevo
capito che oggi avremmo cominciato già a fare qualcosa…” Lo vide alzarsi,
mentre apriva la bottiglia di birra con un cavatappi.
“Mi spiace
deluderti, ma oggi proprio non posso. Ho del lavoro da sbrigare e, nel caso tu
non lo sapessi, il mestiere di attore non è che ti lascia molte libertà…”
Sorseggiò un po’ la sua bibita.
“Guarda che lo so
che lavoro fai…” Rispose, un po’ seccata. Non era come quelle adolescenti
stupide che non lo riconoscevano per strada a meno che non avesse i capelli
biondi e le orecchie a punta.
“In tal caso, mi
fa proprio piacere. Facciamo così, ti passo a prendere domani pomeriggio,
puoi?”
“Non saprei
dirtelo con certezza ma credo di sì.” Si alzò, sistemandosi i pantaloni troppo
larghi. “Allora io vado. Non ti preoccupare per me, torno all’università a
piedi, vorrei fare una piccola passeggiata. Mi capita di rado di fermarmi ad
osservare la natura. Ciao.”
“Ciao, a domani.”
Mentre Katie
camminava per le strade di Londra, tanti pensieri si formavano nella sua testa.
All’inizio era molto entusiasta della proposta di Orlando ma, in fin dei conti,
le dispiaceva fare un dispetto a sua sorella. Tirando due somme, era l’unica
che non aveva colpa. Ma lei non ce l’aveva con Kelly, lei ce la voleva con
Eric. Era stata così stupida da illudersi che lui, rispetto agli altri, si era
avvicinata a lei semplicemente perché era Katie Hilding, e non perché avesse
una bella gemella. Avrebbe pianto volentieri, ma non voleva farsi vedere da tutta
quella gente.
Ogni tanto si
fermava a guardare le vetrine delle boutique, immaginandosi di indossare quei
bei vestiti eleganti che vedeva esposti. Poi si ricordava che lei era
semplicemente lei, che quelli erano soltanto sogni. Qualche volta le sarebbe piaciuto
volare via, per dimenticarsi di tutto quel mondo che la circondava. Nella
speranza di finire in una castello delle fiabe, dove lei era la principessa di
un regno bello e splendente.
Rientrò
all’università quando il sole stava cominciando a tramontare e, mentre
percorreva quei viali in fiore, teneva la testa bassa. Non aveva per niente
voglia di incontrare gli sguardi maligni della gente che le stava intorno,
voleva solamente tornare in camera per stendersi un po’ sul letto. Non appena
fu sul corridoio, notò un ragazzo appoggiato alla porta.
“Finalmente sei
arrivata, ti stavo aspettando.” Disse, andandole incontro.
“M-Ma tu chi
s-sei?” Domandò lei, un po’ timorosa.
“Il ragazzo che ti
spedisce tutte quelle lettere…”
Scusate per il ritardo! Ho avuto un po’ da fare in questi
ultimi giorni e, di conseguenza, non trovavo neanche cinque minuti per poter
scrivere!^^ In queste note vorrei ringraziare Keira perché segue tutte le mie
storie e mi fa sempre tanti complimenti che mi fanno arrossire! Grazie!^^ Un
grazie anche a tinetta85, visto che è la tua prima recensione! Speriamo che non
sia nemmeno l’ultima!^^ E poi, Kaori28…beh, io i ringraziamenti te li faccio
anche a voce, però è meglio farli sapere anche al popolo, no? GRAZIE!^^ Ma ora
basta, vi lascio alla lettura!^^Bacini, Shi*
Capitolo 11.
Preoccupazioni...
Katie guardò per un attimo il ragazzo che si trovava
davanti a lei. Era un tipo normale, che non si riconosce nemmeno se lo si vede
in mezzo alla folla. Un tipo anonimo, insomma. Aveva i capelli tutti arruffati,
neri, e due occhi vispi ed allegri. Indossava un paio di occhiali senza
montatura ma, sebbene non si notassero, gli conferivano lo stesso l’aria di un
secchione.
“V-Vorresti dire che
s-sei tu a spedirmi q-quelle lettere?” Disse la ragazza, un po’ titubante.
“Sì, esatto.
All’inizio non avrei mai pensato di riuscire a dirtelo, però non ce la faccio
più a resistere. Vederti sempre assieme ad Eric e poi, prima, quando ti ho
vista salire in macchina con quel tizio…non ce la faccio più. Avevo bisogno di
dirtelo.” Rispose, arrossendo.
“M-Ma allora non
e-era uno scherzo?”
“Certo che no. Lo so
che, probabilmente, non ci avresti creduto…so cosa ti succede, delle volte.”
Vide Katie abbassare la testa. “Però non voglio che tu pensi che io sono uno di
‘loro’. Non ho mai sopportato quello che ti facevano, però non potevo sperare
di fermarli. Io sono uno, solo, senza il filo di un muscolo.”
“C-Chi sei? C-Come
fai a conoscere i miei amici?”
“Mi chiamo Albert,
Albert Morrell. Sono il compagno di camera di Eric, è per questo che lo
conosco. Ogni tanto parla di te, però fa sempre riferimento a tua sorella. Li
odio quei tipi che si avvicinano a te solo per cercare di far colpo su Kelly.
Non è neanche degna di essere tua sorella.”
Fu colpita da quelle
parole. Non per il loro significato in sé per sé, ma tanto per il fatto che le
aveva pronunciate con enfasi, come se credesse in quello che diceva. Per la
prima volta nella sua vita, il suo cuore aveva sussultato. Finalmente, dopo
tanto tempo, qualcuno sembrava interessarsi veramente a lei. Ma, anche se aveva
avuto quel momento di insperata felicità, non poteva illudere il ragazzo che le
stava davanti.
“T-Ti prego, non
dire più q-quelle cose su mia s-sorella. M-Mi dispiace, devo tornare as-studiare.” Disse, infilando la chiave
nella serratura.
“No, ti prego,
aspetta!” La supplicò lui. Katie si girò. “Non dici nemmeno che cosa pensi di
tutto quello che è successo? Non hai davvero niente da dirmi?”
“N-Non saprei, ho
b-bisogno di riflettere. Ti f-farò sapere qualcosa p-presto.” Cercò di
scrollarselo di dosso il più velocemente possibile.
“Mi raccomando, ho
bisogno di sapere.” I suoi occhi vispi diventarono imploranti. La osservava
intimidito, come per non rovinarla. Abbassò il volto e poi, facendo un triste
sorriso, se ne andò. Alla ragazza si strinse il cuore.
“Fidati, in qualche
modo saprai quello che penso.” Disse, infine, non nascondendo un certo
imbarazzo.
Quando entrò in
camera, notò che sua sorella non c’era. Da un lato, fu molto sollevata di
questa scoperta. In quel momento non aveva per niente voglia di vederla. Uno:
perché era ancora piuttosto risentita per quella faccenda di Eric, due: perché
si vergognava di aver accettato il patto di Orlando che, in fondo, avrebbe incrinato
il loro rapporto. Si sedette sulla scrivania, osservando il mucchio di libri
che si trovavano sopra ad essa. Buttarsi a capofitto nello studio le era sempre
riuscito bene, soprattutto quando aveva qualche problema e non voleva parlarne
con qualcuno. Aprì il suo tomo di economia monetaria e cominciò a leggere,
prendendo sporadicamente qualche appunto.
………………………………………………………………………………………………………………………………
Nel frattempo,
Orlando era un po’ indeciso sul da farsi. In tutta sincerità, vedere che Katie
era così indifesa, lo rendeva molto triste. E’ vero, magari non era la classica
bellezza da mozzare il fiato, però gli era sembrata una ragazza molto
tranquilla e sulle sue. Più ci pensava, meno capiva il motivo per il quale
l’avessero ferita. Anche se non ci era mai stato, sapeva bene che
all’università esistevano delle persone molto crudeli, che si divertivano a
prendere in giro i più sfortunati.
Dlin! Dlon!
Al suono del
campanello, si destò per un attimo dai suoi pensieri. Chi poteva essere che lo
cercava a quell’ora? Pregò che non fosse l’ennesima fan che aveva scoperto dove
abitava.
“Ehi, Orlando! Ci
sei o ci fai? Avanti, lo so che sei in casa!” Urlò una voce a lui familiare.
Andò ad aprire contento.
“Qual buon vento ti
porta qui, caro Dominic? E’ da tanto che non vieni a farmi visita…di
pomeriggio, perlomeno!” Disse, molto scherzosamente.
“Il tuo senso
dell’umorismo è notevolmente aumentato dall’ultima volta. Allora? Mi fai
restare qui fuori come un emerito deficiente, oppure mi fai entrare?”
“Prego.” Disse, da
perfetto gentiluomo. “Ma sei un deficiente anche se entri in casa mia,
ricordatelo.”
“Mi scusi, Mr.
Simpatia.” Gli rispose Dom, piuttosto acido.
Tra una battutina e
l’altra, si accomodarono entrambi sul divano, scolandosi la bottiglia di birra
che Katie si era rifiutata di bere. Orlando notò immediatamente che c’era
qualcosa che non andava. Non osava dire niente e, soprattutto, si guardava
intorno con fare circospetto. Molto probabilmente doveva dirgli qualcosa, solo
che non sapeva da dove cominciare.
“Ehi, Dom, si può
sapere che c’è che non va? Non cercare nemmeno di fregarmi, non ci riesci mai e
non credo che stavolta sarà diverso! Ebbene?” Domandò, molto curioso. Adorava
mettere l’amico in difficoltà.
“A dirti la verità,
mi sento un po’ a disagio…non vorrei far danni.” Disse, stranamente pudico.
“Ti sei finalmente
accorto di amarmi?” Scherzò l’altro.
“Guarda, tu lo sai
meglio di chiunque altro che odio fare dei discorsi seri…però, per una volta
che ci provo, non ti mettere a far subito il cretino!”
“Eddai! Stavo solo
cercando di sciogliere la tensione! E poi, devo andare via tra pochissimo,
perciò non ho tempo!”
“Problemi con il tuo
nuovo film?” Andò fuori discorso.
“Problemi? No, sono
proprio drammi! Non so chi è il più sclerotico tra il regista e la protagonista
femminile…quella è una banda di matti!” Inconsciamente, sapeva che non era
quello l’argomento di cui voleva parlare Dominic ma, visto che doveva andare
via tra poco, preferiva non lanciarsi in discussioni troppo lunghe e noiose.
………………………………………………………………………………………………………………………………
Il pomeriggio
successivo, Kelly ed Eric avevano deciso di uscire di nuovo insieme. La cosa
che preoccupava la ragazza era il fatto che la sorella, ultimamente, sembrava
non essere più lei. Si faceva trovare raramente in camera, parlava ancora meno
del solito, si fermava molto spesso in biblioteca e, quasi ogni sera, finiva
per addormentarsi sulla scrivania, sopra i suoi libri. Cominciava a darle non
poche preoccupazioni.
Si incontrarono nel
piccolo parco interno, sotto ad una grande quercia. Adoravano stare lì, era
come se riuscissero ad avere un raro momento di pace, in mezzo a tutti gli
impegni che avevano.
“Allora, come è
andata a lezione?” Disse Eric, cingendo con un braccio le spalle di lei.
“E’ andato tutto
normalmente…” Rispose, un po’ malinconica.
“Ehi, va tutto bene?
Come mai questo tono di voce da funerale? Non sei contenta di stare qui con
me?”
“Non è quello…mi fa
davvero tanto piacere passare del tempo con te. Però sono preoccupata per mia
sorella. E’ da un po’ di tempo che non è più la stessa. In lei non riconosco
più la Katie che sono abituata a vedere.” Si alzò in piedi, scrutando con
distacco la gente che passava.
“Tu vuoi veramente
bene a tua sorella, non è vero?” Domandò con dolcezza.
“Sì. E’ come se
fosse una parte di me, una parte essenziale. Vederla così distante mi fa male
ma, in fondo, nessuno sa cosa potrebbe accadere. So soltanto che adesso è
lontana…e questo mi fa male.” Rispose, con amarezza. Odiava mostrare i suoi
lati deboli, però quando si trovava a parlare di Katie…era come se quelle
parole uscissero da sole.
“Lo sai, quando
parli di lei ti si illuminano gli occhi. Io non la conosco, però la vedo come
una persona molto dolce, tranquilla, placida, pacata, sensibile…” Si fermò di
colpo, quando vide Kelly girarsi verso di lui. “Ehi, che succede?” La vide
avvicinarsi, prendendolo per mano.
“Vieni con me…in
camera mia non c’è nessuno…” E cominciò a tirarlo per la maglietta, facendogli
strada.
………………………………………………………………………………………………………………………………
L’indomani, come
d’accordo, Katie si fece trovare da Orlano davanti al cancello dell’università.
Aveva indossato la sua t-shirt più larga, tutta nera, e dei jeans da rapper,
con il cavallo molto basso. Come al solito si era fatta la coda ed aveva
indossato i suoi occhiali spessi. Non appena vide la macchina, cominciò ad
incamminarsi. Salì e, la prima cosa a cui fece caso, fu la faccia
incredibilmente stanca di lui.
“Ciao.” Disse, con
un piccolo sorriso. “Sei sicuro di star bene?” Domandò, un po’ preoccupata.
“Sì, è tutto a
posto. E’ solo che ieri ho lavorato fino a tardi e poi, dopo cena, sono andato
da tua sorella per fare un po’ di ginnastica e…” Vide il volto della ragazza
che stava arrossendo velocemente. “Ehi, non mi dirai che ti vergogni a parlare
di sesso?!” Chiese, stupito.
“N-Non è quello…” Si
strinse nelle spalle.
Il ragazzo cominciò
a fiutare qualcosa, però preferì non dire niente. Lei gli aveva detto che
odiava trovarsi in imbarazzo, perciò non voleva peggiorare ulteriormente la
situazione. Partì, arrivando velocemente a casa. Questa volta si accomodarono
sul letto degli ospiti, ognuno a debita distanza dall’altro.
“Bene, si vuol
cominciare?” Esordì Orlando, sfoderando un gran sorriso.
“Come vuoi. Da dove
si parte?”
“Perché non mi
racconti un po’ di te? Il tuo carattere, le tue passioni, quello che ti piace
fare quando hai un momento libero…sì, insomma, fammi capire come mai hai questo
carattere. Ci dovrà essere una causa, o sbaglio? Il modo migliore per imparare
a relazionarsi con gli altri è quello di parlare di sé stessi; l’ho imparato
facendo cinema.” Aveva un tono di voce veramente tranquillo e rilassante tanto
che Katie, preso un respiro profondo, cominciò a parlare.
“Ti avvero fin
d’adesso, io non sono un tipo che parla molto. Quindi, lasciami parlare senza
interrompermi.” Lui annuì. “Credo che sia difficile poter dire com’è il mio
carattere. Delle volte, non riesco a capirlo nemmeno io. Generalmente sono
molto timida e impacciata, non mi piace essere circondata da tante persone.
Preferisco intrattenere delle conversazioni al massimo con dieci - quindici
persone. Molte volte questo mio atteggiamento potrebbe rivelare superbia, ma
non è così. E’ solo che…mi vergogno farmi vedere dagli altri. Non sono mai
stata ben accettata dai miei compagni di classe e forse è dovuto a…” Si fermò,
abbassando la testa.
“…a tua sorella.”
Completò lui la frase.
“Sì.” Ammise lei,
senza alzare lo sguardo.
“Credo, in parte, di
capirti. E’ come se fossi eclissata da lei, come se fossi la sua ombra. Quando
frequentavo le superiori, a causa di alcuni problemi, tutti mi prendevano in
giro. Fa soffrire, vorresti poter scappare da tutto e da tutti.”
“Sì. Però io non lo
faccio. Ogni giorno mi ripeto che questa storia finirà e che, prima o poi, sarò
capace di alzare lo sguardo e di dire al mondo che esisto anche io. Quel giorno
deve ancora arrivare…” Aveva la voce rotta, sembrava prossima al pianto.
“Dimmi, quali sono i
tuoi hobby?” Ad Orlando faceva compassione. Sentiva che stava male, come se
quell’argomento le causasse un profondo dolore.
“Mi piace scrivere.
Starei delle ore intere con il mio diario e la mia penna. Scrivo per
dimenticarmi del mondo in cui mi trovo, così posso creare persone e situazioni
come le vorrei io. E’ così bello e…rilassante.” Il suo tono di voce si era un
po’ rallegrato.
“Hai mai provato a
far leggere a qualcuno le tue opere?”
“No, non riuscirei a
sopportare un rifiuto.”
“Scusami se te lo
dico così di petto, però se non le farai leggere mai a nessuno, come saprai se
sono belle oppure no?”
“E’ facile parlare,
quando uno non si trova nei miei panni…” Fu un po’ risentita dell’ultima
affermazione di Orlando. D’accordo, forse era un po’ troppo passiva, ma lui non
sapeva minimamente quanto dolore doveva sopportare, man mano che i giorni
passavano.
Continuarono a
parlare ancora a lungo, mentre le chiedeva cosa le piacesse fare, come mai
aveva scelto quella facoltà, quali erano i suoi sogni. Lei era rimasta sempre
un po’ evasiva nelle risposte però, quando parlava, sentiva di potersi fidare.
Era un qualcosa che non si poteva avvertire a pelle…però lo sapeva.
Quando Katie se ne
andò, Orlando si mise a guardare un po’ di tv, in panciolle. Aveva faticato
molto quel giorno, mentalmente come fisicamente. Adesso, l’unica cosa che voleva,
era rilassarsi. Proprio mentre era riuscito a beccare il suo programma
preferito, sentì suonare il campanello. Maledì chiunque fosse. Si alzò
controvoglia, grattandosi una coscia.
“Spero con tutto il
cuore che, chiunque tu sia, hai un buon motivo per venire a rompermi le
scatole!” Sentenziò ad alta voce, aprendo la porta. Vide Dominic davanti a lui,
con un’espressione indescrivibile. “Ehi, che ti succede?”
“Dovevo dirtelo
ieri, poi non l’ho fatto. Ma adesso non ce la faccio più a rimanere zitto!”
Finalmente, dopo una settimana a Montelago, eccomi di nuovo qua
Questa volta mi sento in dovere di dirlo, grazie per aver
aspettato tutto questo tempo!^^ Il fatto è che, quando sono in vacanza, non
adoro scrivere molto spesso, preferisco di gran lunga passare il tempo con i
miei amici a chiacchierare. In ogni modo, devo fare due ringraziamenti
speciali: a Keira, perché sta diventando una mia assidua lettrice e io non
posso che esserne contenta! GRAZIE!^^ E poi, anche a _Kristel_ va fatta una
nota di merito, per una cosa che sappiamo solo io e lei e poi perché non manca di
seguire le mie due storie in corso!! GRAZIEEEEE!!! Inoltre, ringrazio July
Chan, perché ha recensito per la prima volta…sono contenta che la mia storia ti
piaccia, grazie! Ma ora vi lascio alla lettura!^^Bacini, Shi*
Capitolo 12.
Si scoprono gli altarini…
Era già da alcuni minuti che
Dominic si trovava a casa Bloom, senza peraltro aver toccato un benché minimo
argomento. Aveva bussato alla porta come un toro infuriato e adesso se ne stava
lì, seduto sulla poltrona, a guardarsi intorno, imbarazzato. Orlando stava
cominciando a diventare un po’ nervoso, odiava quel
forzato silenzio e non capiva il motivo per il quale l’amico era così
impacciato. Di solito, era una persona che, se aveva qualcosa da dirti, non si
lasciava pregare.
“Allora, mi vuoi far aspettare
in eterno oppure mi dici cosa c’è che non va?” Disse Ob, sorseggiando un
bicchiere d’acqua. Stava fissando l’altro con occhi placidi e tranquilli,
cercando di farlo stare a proprio agio.
“Non è quello è che, appena
varcata la soglia, mi è passata un po’ l’incazzatura che avevo…” Rispose,
sconsolato.
“Hai per caso voglia di farmi
venire il mal di testa? No, guarda, in questo momento ho già troppi pensieri
per cui non ti mettere pure tu! Quando ti metti a fare queste frasi a metà
proprio non ti sopporto.” Era piuttosto alterato.
“In questi ultimi giorni non
ti riconosco più! Ma che c’è, stai diventando esaurito? No, perché conosco
molte cure contro l’esaurimento nervoso…” Provò a scherzare Dom.
“Per favore, non mi pare né il
momento né il luogo adatto per tirare avanti questa discussione. O mi dici cosa
c’è che non va, oppure ti sbatto fuori a calci nel sedere!” Gli urlò in faccia.
“Ok, ok, stai calmo!” Si alzò in piedi,
mettendo le mani dietro la schiena. “Il fatto è questo. Tu mi avevi detto di essere
rimasto in contatto con la ragazza che avevi incontrato in quella discoteca,
giusto?” Orlando annuì. “Dunque, come posso spiegarti quello che è successo…”
“Magari partendo dall’inizio,
tu che dici?” La sua voce si era calmata un po’. Soltanto che, sentire parlare
di Kelly, lo aveva messo in una strana condizione di allarme. Immaginava che
poteva aspettarsi di tutto da quella ragazza e, il fatto che Dom ne sapesse
qualcosa, di certo non lo tranquillizzava.
“Ora ti dirò tutto per filo e
per segno, basta che tu stringa tra le mani qualcosa e ti metta a sedere
comodamente sulla poltrona…”
La mattina seguente, Katie si
alzò di buonora per prepararsi mentalmente e fisicamente alla sua lezione di
economia monetaria. Il professor Baker, l’altra volta, era stranamente di buon
umore visto che aveva spostato l’aula dove insegnava abitualmente. Questa volta
aveva optato per un’ala molto luminosa che si trovava ad est rispetto
all’entrata.
“Ci mancava solo questa, così
non fa altro che conciliarci il sonno!” Aveva detto Martha, una sua compagna di
corso.
In effetti era proprio vero.
Le sue lezioni erano particolarmente soporifere e, dato che duravano come
minimo quattro ore, era un’impresa disperata rimanere svegli. Katie, in ogni
caso, si era preparata di tutto punto. Soltanto che, quella mattina, aveva
deciso di non fare più la sua abituale coda bassa. Aver discusso con Orlando
dei suoi problemi di personalità l’aveva fatta riflettere. ‘Non avrai mica creduto che il tuo cambiamento
si limitasse ad un taglio di capelli?’ Le aveva detto. Certo, si rendeva conto
che doveva fare qualcosa di radicale, però era sempre meglio cominciare dalle
piccole cose. Così, dopo aver accuratamente diviso i capelli, li sistemò in una
bella treccia. Non riusciva a riconoscersi allo specchio però, dentro di lei,
sapeva che qualcosa era già cambiato. La vecchia Katie non avrebbe mai fatto
una cosa del genere.
Con i suoi libri in borsa e gli occhiali appoggiati al naso, cominciò a
camminare per i lunghi corridoi. Si rendeva conto che alcuni le lanciavano uno
sguardo stupito ma lei, dal canto suo, rideva sotto i baffie, abbassando un po’ il capo, continuava per
la sua strada.
“Sei Katie, vero? Accidenti, con questa treccia non ti avevo
mica riconosciuta!” Disse una voce familiare alle sue spalle.
“Oh, Eric! Ciao.” Rispose, con un tenue sorriso. Ancora non
l’aveva perdonato per ciò che le aveva fatto però, visto che lui era
inconsapevole, lei doveva trattarlo normalmente.
“E’ da un pezzo che non ci si vede! Ultimamente non ti vedo quasi più
in giro, e ti ci vedevo poco anche prima!” Le disse scherzosamente, sorridendo.
“Beh, tra lo studio e i miei impegni personali, mi risulta difficile
avere una vita sociale come la tua.” Gli aveva risposto in modo piuttosto secco
e l’aveva lasciato di stucco. Accortasi della sua scontrosità, gli aveva
sorriso, come per fargli capire che era una battuta. Lui fece altrettanto.
“Accidenti, lo sai che mi sei proprio mancata?” Disse lui, spontaneo.
Lei arrossì.
“Come mai?” Era molto imbarazzata.
“Non lo so di preciso, ma fa sempre piacere vedere il volto di una
persona amica. E poi tu sei molto intelligente, mi stupisci sempre con le tue
affermazioni sagaci.” Continuò, tranquillo. “Mi sorprende che tua sorella sia
così diversa da te!”
“Già…mia sorella è molto diversa da me. Lei ha tutto, io non niente.”
Disse, sconsolata.
“Non è vero. Ognuna delle due ha i suoi pregi e i suoi difetti.”
“Vero, soltanto che di me si notano soltanto i difetti mente di mia
sorella si vedono solo i pregi.” Rispose, acida. Ci provava a rimanere
tranquilla ma non ci riusciva, la rabbia e la frustrazione le salivano fino in
gola.
“Io non riesco a capire come mai ti svaluti tanto. In fondo, sei una
persona speciale anche tu. E poi ho saputo della dichiarazione che ti ha fatto
Albert…allora, che gli risponderai?” Domandò, curioso.
“Non riesco proprio a capire cosa ti passi per la testa. In ogni caso,
non so cosa dirgli. Non lo conosco, ci ho parlato a malapena una volta e non so
nemmeno come sia caratterialmente, se sia una persona affidabile…” Si fermò non
appena sentì la mano di Eric sopra la sua testa.
“E’ proprio per questo che sei una persona speciale. Non ti lasci
abbindolare dalla prima impressione che ti può fare qualcuno, riesci a cogliere
i minimi particolari e sai leggere tra le righe.” Disse, dolcemente.
Katie sentì una fitta al petto. Quel ragazzo, che tanto sembrava
stupido e bambinone, riusciva ad infonderle un coraggio ed una voglia di vivere
fuori dal comune. Sapeva quando c’era bisogno di trattarti con dolcezza e
quando doveva usare il pugno duro. Era qualcuno che viveva sempre come se fosse
l’ultimo giorno, un ragazzo che sprizzava gioia da tutti i pori. Qualcuno di
cui era impossibile non innamorarsi…
“Lo sapevo, con te non riesco mai a sembrare arrabbiata…” Disse lei,
con un filo di voce.
“Mh? Hai detto qualcosa?” Si avvicinò al suo volto, facendo una faccia
strana. Katie, non riuscendo a trattenersi, cominciò a ridere di gusto, seguita
a ruota da lui.
“Sai, penso che tra un po’ non riderai più…” Udirono una voce alle loro
spalle, qualcuno che doveva essere, con molta probabilità, una persona molto
arrabbiata. I due si voltarono subito e la ragazza lo riconobbe subito.
“Or…” Non fece in tempo a finire di dire il suo nome che Orlando aveva
dato un sonoro pugno in faccia ad Eric.
“Adesso ti senti meglio? Hai più voglia di ridere, casanova da
strapazzo?” Gli urlò, ridendo sadicamente.
“Ma sei impazzito? Si può sapere che diavolo ti è preso? Perché mi hai
dato un pugno? Hai forse intenzione di fare a botte?” Eric si era alzandosi
tenendosi la mascella. Gli usciva del sangue da un labbro.
“Ma quante domande fai, per essere appena caduto a terra. Vuoi sapere
perché ti ho picchiato? Bene, la devi smettere di mettere le mani addosso alla
mia donna. Lascia in pace Kelly, lei è mia.” Continuò l’altro.
“Tua? Povero illuso, a lei non gliene frega assolutamente niente di te.
Puoi essere al massimo un suo compagno di letto, lei è mia, non tua.”
Istintivamente, si voltò verso Katie, che aveva abbassato gli occhi.
“Ma davvero? E allora, se sei veramente un uomo, fatti avanti!” Lo
sfidò Orlando.
“Benissimo, non chiedevo di meglio, davvero.”
Cominciarono ad azzuffarsi come due bambini, sotto lo sguardo attonito
degli altri che facevano da spettatori. Si davano pugni, schiaffi, calci, si
tiravano offese. Ognuno cercava di avere la meglio sull’altro, mentre si
coprivano di lividi e sangue. Ad un certo punto, Eric era finito a terra a
causa di una spinta e Orlando stava per dargliene di santa ragione quando Katie
si mise tra i due.
“Basta, smettetela! Vi prego…” Cominciò a piangere, tremando. “Vi
prego…vi prego…finitela con questa assurda lotta…” Si era inginocchiata a
terra, mettendosi le mani davanti agli occhi. I due, vedendola in quello stato,
si scambiarono una brutta occhiata e, insieme, si avvicinarono a lei.
“Si può sapere che ti è preso? Perché ti sei messa in mezzo?” Le chiese
Orlando, incrociando i suoi occhi. Non aveva mai visto quell’espressione sul
suo volto. Aveva paura e allo stesso tempo lo guardava con compassione. Dai
suoi occhi azzurri cadevano copiose delle lacrime lucenti, che andavano a
finire contro le sue piccole mani.
“Portiamola in infermeria.” Propose Eric. L’altro gli lanciò uno
sguardo di fuoco. “Continueremo il discorso dopo, adesso dobbiamo aiutarla.”
L’aiutò ad alzarsi, tenendola per un braccio.
“E va bene, ma ricordatelo che lo faccio solo per lei, non per salvarti
la faccia dai miei pugni.” Prese l’altro braccio, tirandola in piedi.
La portarono in infermeria cercando di coprire i loro lividi. Lei
sembrava essersi calmata un po’ però non aveva ancora smesso di piangere. Eric
ed Orlando la portavano insieme, uno da una parte, uno dall’altra.
Probabilmente, se fosse stata un’altra, avrebbero fatto finta di niente ma si
trattava di Katie. Ognuno dei due, in modo diverso, sapeva che la sua
situazione non era delle più rosee, perciò non volevano ferirla con il loro
comportamento.
Dall’altra parte, lei non sapeva cosa le era successo. Forse era stata
la vista di tutta quella violenza. Delle volte anche lei era stata presa a
botte e sapeva che faceva a male, più psicologicamente che mentalmente. La sua
era stata una reazione spontanea e poi…vedere gli unici due uomini ai quali
voleva un po’ di bene azzuffarsi…non era riuscita a trattenersi. Quando
arrivarono in infermeria, la dottoressa Haughton la fece sedere su un lettino,
per farla calmare.
“Non ho intenzione di curare voi due, razza di stupidi. Voi uomini mi
stupite ogni giorno di più della vostra stupidità. Siete solamente capaci di
menarvi tra di voi e di ferire noi donne.” Tirò fuori del cotone e una
bottiglia di disinfettante. “Tenete. Visto che vi ritenete così forti, curatevi
da voi.”
I due fissarono per un momento quello che gli aveva dato la donna. Si
scambiarono uno sguardo complice e poi, mettendosi davanti allo specchio,
cominciarono a guardare le loro ferite. Dopo alcuni minuti, non erano riusciti
a combinare niente. Avevano gli occhi gonfi a causa dei pugni e poi gli
facevano male le mani.
“Mi dispiace per prima. Io…non volevo intromettermi.” Katie fece
capolino dalla porta. “Vi prego, lasciate che vi aiuti io a disinfettarvi.”
Prese del cotone e, delicatamente, cominciò ad asciugare il sangue sulla faccia
di Orlando.
“Mentre io aspetto le tue cure, crocerossina, vorrei sapere una cosa.”
Esordì Eric. “So bene che forse non c’entra niente, però credo che questa
storia del cuore in affitto ha a vedere anche con noi due, sbaglio?”
“No, non sbagli in effetti.” Li guardò negli occhi. “Voi stessi siete
caduti nella trappola del cuore in affitto.”
“Un momento, io non ho la più pallida idea di cosa stai parlando.” Le
disse Orlando, prendendole una mano.
“Con tutta la dovuta calma, vi spiegherò tutto.” Continuò lei, voltando
lo sguardo altrove. “Come voi stessi avete potuto vedere, mia sorella è molto
bella e ha molto successo con i ragazzi. Però, nella sua natura, odia
soffermarsi troppo sui problemi. Così, quando incontra qualcuno che le piace,
ci esce senza crearsi dei dilemmi interiori. Anche se, in quel momento, esce
già con altri. E’ da qui che è nato il soprannome Hfr: Heart for rent, cuore in
affitto. Lei da in affitto il suo cuore a chiunque voglia, senza mai impegnarsi
seriamente. Diciamo che, in questo appartamento immaginario, vivono sempre
molti coinquilini. La porta è aperta a tutti.”
“Vorresti dire che esce anche con più ragazzi contemporaneamente?”
Domandò Eric, sorpreso.
“Esatto.” Concluse, seria. D’un tratto sentì la porta aprirsi e, dietro
di lei, vide Kelly.
“Finalmente vi ho trovato, razza di sciagurati che non siete altro. Mi
avevano detto che due scatenati avevano cominciato a fare a botte nei corridoi,
solo che io non ci avevo fatto tanto caso…finché non me li hanno descritti. Voi
siete completamente pazzi!!” Gli urlò, gesticolando.
“Io devo andare a lezione, a più tardi…” Katie se ne andò, lasciando i
due in balia della furia di sua sorella.
“No, aspetta!” Disse disperatamente Orlando. Vide la porta chiudersi
dietro di lei.
“Lei non deve aspettare nessuno, tantomeno te. Beh, cosa avete da dire
a vostra discolpa?” Esordì Kelly, mettendosi le mani sui fianchi.
“Tutto è iniziato perché avevamo scoperto che uscivi con noi due
contemporaneamente. Così abbiamo cominciato a suonarcele perché volevamo che tu
fossi soltanto di uno di noi.” Eric aveva la stessa espressione di un cane
bastonato.
“Vostra?! Io sono mia soltanto, mi avete capita? E poi, scusate se ve
lo dico, ma io non sono ufficialmente fidanzata con nessuno dei due. Se mi
prende lo sghiribizzo, posso lasciarvi perdere entrambi, senza pensarci nemmeno
due volte. Nella mia situazione attuale, posso permettermi di uscire con
chiunque voglia. Avete capito l’antifona oppure no?”
Dopo aver preso una sgridata per essersi ritardata alla lezione, Katie
continuò a ripensare all’episodio di quella mattina per tutto il pomeriggio. E
intanto, volando con la sua mente, aveva preso una decisione importante che la
riguardava molto da vicino.
Capitolo 13 *** Decisioni importanti e visite inaspettate... ***
capitolo 13
Salve a tutti! E’ un
bel po’ di tempo che non mi faccio viva ma, cercate di capirmi, sono stata
quasi un mese al mare!^^ Ok, molto probabilmente non importava niente a
nessuno! In ogni caso, visto che quest’estate sono stata scossa in molte mie
certezze, ho deciso che ci saranno alcuni cambiamenti nella trama che avevo
ideato all’inizio. Non preoccupatevi, vedrete voi stessi i risultati!^^ Voglio
ringraziare, come al solito, _Kristel_, Keira, Jalychan e Tye (grazie per la
tua prima recensione!). Ed ecco a voi l’atteso tredicesimo capitolo! Buona
lettura!
Capitolo 13.
Decisioni importanti e
visite inaspettate…
Non appena la
lezione del professor Baker finì, Katie cominciò a camminare distrattamente per
i lunghi corridoi dell’università. In effetti, quella che stava per prendere,
era una decisione decisamente importante. Era un modo per dimostrare al mondo
che lei aveva carattere. In fondo era qualcosa di estremamente piccolo ma,
nella sua piccolezza, era qualcosa di grandioso. Sentiva su di sé gli sguardi degli
altri dato che, lo spettacolo che avevano offerto Orlando ed Eric, non era
proprio ortodosso. Con questi pensieri per la testa, si scontrò proprio con
l’uomo a cui stava pensando.
“Ciao Katie! Come
va, stai un po’ meglio?” Chiese il ragazzo, sorridendole.
“Sì, direi di sì. A
dire la verità sono arrivata un po’ tardi a lezione ma, lo sai, i professori
alla fine mi hanno sempre a cuore.” Rispose lei.
“Mi dispiace per
quello che è successo. Se avessi utilizzato un po’ di più il cervello, di certo
non ci saremmo trovati in quella spiacevole situazione.” Replicò Eric,
abbassando la testa in segno di scusa.
“Non hai di che
dispiacerti. Orlando è fatto così, mi è sempre sembrato un tipo piuttosto
impulsivo. E poi le scuse dovreste farle a mia sorella, non di certo a me.”
“Mi è parso di
sentire una punta di ammirazione verso quello spaccone del signor Bloom, devo
dedurne che ti piace?” Domandò, incuriosito.
“No, non credo che
tra me e lui possa mai nascere quella scintilla. Io e lui siamo strettamente in
rapporti d’affari, niente di più niente di meno.”
Dicendo questo se ne
andò, senza dare ad Eric il tempo di replicare. Si sarebbe sicuramente trovata
in una situazione imbarazzante nel dovergli spiegare il motivo di tutta quella
faccenda. Lei lo faceva per sé stessa, è vero, ma anche per lui. Ma questo, non
doveva saperlo nessuno, tantomeno Orlando. Nella sua mente aveva ben altre cose
a cui pensare, una delle quali riguardava proprio la camera n°77. Prima, però,
doveva avere un’informazione vitale dalla signorina Isherwood.
La sorella, nel
frattempo, dentro di sé gongolava. Sapeva bene di avere un notevole ascendente
sugli uomini ma addirittura fare a botte per lei! Adorava tutte quelle
attenzioni, soprattutto quando si trattava di due bei ragazzi come loro. Non
capiva come mai Katie li conoscesse entrambi, soprattutto non capiva quale
fosse il suo rapporto con loro. Di solito vivevano due vite sociali ben
distinte, ognuna delle quali con i suoi pregi ed i suoi difetti. Ma questa
storia le puzzava…a dire la verità fin troppo…
Alcuni giorni dopo,
Orlando si era preparato per il suo nuovo incontro con Katie. Le aveva
telefonato la sera prima e, sebbene lei fosse stranamente riluttante, aveva
accettato. Il colloquio che avrebbero dovuto intrattenere quel pomeriggio
sarebbe stato diverso da tutti quelli che avevano fatto fino a quel momento.
Non sarebbe stato un discorso a senso unico, non si sarebbe parlato di un solo
argomento. C’era bisogno di instaurare un rapporto più complesso, più profondo,
all’interno del quale ognuno dei due potevano parlare di ciò che volevano. Andò
a bussare in camera sua, ma gli venne ad aprire Kelly.
“Ehi, che ci fai
qui? Volevi forse farmi una sorpresa?” Disse la ragazza, con occhi languidi.
“In altre occasioni
l’avrei fatto, ma in questo momento ho davvero da fare.” Rispose lui,
dolcemente.
“Ma allora non sei
venuto per farti perdonare?”
“No, a dir la verità
stavo cercando tua sorella.” Disse in tono autorevole, ma sempre con il sorriso
sulle labbra.
“……………” Per un
momento rimase senza parole. Non le era passato per la testa che Orlando stesse
cercando proprio Katie, era un cosa che non aveva nessun senso. “Non so di
preciso dove sia. Forse è andata nel teatro del campus. Qualche sera fa, dei
membri di una confraternita ha fatto un po’ di danni. Hanno rotto copioni,
libri, scenografie. Magari è lì che da una mano. La mia sorellina ha il cuore
tenero”
“Al contrario di te.
Ciao Kelly, ci risentiamo.”
La ragazza lo vide
allontanarsi, tranquillamente. Odiava quando gli uomini si comportavano così
male nei suoi confronti ma…da quanto tempo qualcuno non lo faceva? Stentava a
ricordarselo. Per la prima volta nella sua vita era stata trattata per quello
che, in fondo, era: una ragazza venticinquenne che tiene troppo alto il gomito.
Rientrò con uno strano nodo in gola.
Nello stesso
momento, Katie si trovava nella piccola biblioteca del teatro universitario.
Avevano proprio fatto un bel casino. Distrutto il sipario, danneggiato il
pavimento, colorato le poltrone, sparso i libri dappertutto. Molti dei suoi
amici se ne erano andati e lei, insieme a poche altre persone, stava
riordinando. Vlad e Matthew pulivano le scritte fatte con il pennarello
indelebile sulla platea mentre Ellen e Maria controllavano l’impianto acustico
e gli strumenti di scena.
Trovarsi da sola in
quell’incredibile ambiente, pieno di saggezza e di libri antichi e preziosi,
era un’emozione veramente unica. Delle volte la signorina Isherwood la faceva
entrare di nascosto ma vederla in quel momento, con la luce che illuminava i
vecchi mobili di legno. Prese in mano un volume e cominciò a sfogliarlo, per
controllare che fosse tutto a posto.
“Ma guarda, il ‘Re
Lear’. Non credevo che ti piacessero delle letture così impegnative.” Disse una
voce alle sue spalle.
“Mi hai fatto paura,
Orlando. Come mai sei qui?” Chiese, perplessa, invitandolo a sedere.
“Sono venuto a
cercarti in camera ma tua sorella ha detto che, probabilmente, ti avrei trovata
qui. Allora, si è risvegliato il tuo istinto di crocerossina?” Disse,
ironicamente.
“Non quanto mi si è
risvegliato quando ho visto te ed Eric pieni di ferite.” Si alzò, camminando
nella stanza. “Mi fa stare vedere che alcune persone sono così stupide da voler
rovinare un patrimonio come questa biblioteca teatrale.”
“Lieto di sapere che
tieni al teatro. Io ci ho recitato per molti anni, prima di approdare nel mondo
nel cinema.”
“Lo so, mi sono
informata. Però alcuni testi adattati per il teatro non potranno mai eguagliare
gli originali. Prendi, per esempio, Notre Dame De Paris. La rivisitazione che
hanno fatto sotto forma di Musical è molto bella, ma il libro è qualcosa di
indescrivibile.” Tirò giù un volume da uno scaffale. “Eccolo. Te lo consiglio
caldamente. Puoi prenderlo, nessuno a parte me si accorgerebbe dell’ammanco.”
“Io…no, ti
ringrazio.” Abbassò gli occhi, imbarazzato.
“Avanti, non è il
classico pappone! Si legge davvero bene…a meno che tu non sia dislessico.”
Disse lei, così per ridere. Vide che la sua espressione era diventata più cupa
di quella di prima.
“Lo sono, da quando
sono nato.” Rispose lui, secco.
“Non è qualcosa di
così grave. E’ una malattia facilmente curabile, se si ha volontà. E credo
fermamente che tu ne abbia tanta, in quantità spropositata. Il fatto stesso che
tu vuoi cercare di farti amare da mia sorella ne è la prova.”
Orlando fu
piacevolmente sorpreso di quella sorpresa. Si aspettava il classico ‘mi
dispiace, non volevo’, mentre lei, sorridendo, non l’aveva fatto sentire un
inetto. Da quando sapeva del suo problema, nessuno era stato così gentile.
“Sai, più ti conosco
e più sono convinto che tu non sia una persona così cattiva come vuoi far
credere. Sai essere gentile.” Disse lui, sinceramente.
“Beh…g-grazie.”
Arrossì, abbassando gli occhi.
“Oh, ti prego, non
voglio farti stare in imbarazzo. Dimmi, prima che cominciamo la terapia, hai
qualche bella notizia da darmi?”
“A dire la verità
sì. Era da un po’ che ci pensavo e alla fine sono giunta alla conclusione che,
se voglio crescere, dovevo anche buttarmi ad occhi chiusi su alcune cose.”
Sospirò, prima di continuare. “A dire la verità mi sono messa con un ragazzo.”
“Davvero? Sono
contento per te! E qual è il nome del fortunato?” Orlando era veramente
contento. Quella era una vera terapia d’urto per lei, sperava che l’avrebbe
fatta uscire dal guscio.
“Si chiama Albert,
Albert Morrell. E’ un ragazzo che mi ha spedito un paio di lettere, nelle
ultime settimane. All’inizio non credevo di accettare le sue avance ma poi,
ripensandoci, ho capito che era il metodo migliore per cercare di cambiare.
Odio prendere delle decisioni affrettate ma, se nella vita non si azzarda, si
rischia di lasciarsi vivere come dei vegetali.”
“Mi piace la tua
teoria, mi piace sul serio.” Le sorrise, sincero. “E dimmi, hai qualche buon
consiglio da darmi? Oggi ho trattato un po’ male tua sorella e mi è sembrato
che ci fosse rimasta un po’ male.”
“Sai, è un po’
strano. Di solito alle donne credo che piaccia essere corteggiate con
gentilezza, tatto, delicatezza. Penso che Kelly sia la classica eccezione alla
regola. Forse dipende dal fatto che le è sempre capitato di essere trattata
come una superdonna, perciò non è abituata ai rifiuti.”
“Stai dicendo sul
serio?” Chiese lui, stupito e allo stesso tempo curioso.
“Non oserei mai
scherzare con te su una cosa come questa.” Sorrise, facendogli capire che si
poteva fidare.
“Uhm…molto
interessante…” Cominciò a grattarsi il mento, segno che aveva in mente qualcosa
di sensazionale.
Katie ed Orlando
parlarono ancora a lungo e, quest’ultimo, si rese conto di quanto fosse
piacevole la compagnia della ragazza. Ora che cominciava a conoscerla, gli
piaceva veramente tanto il modo in cui finivano i loro discorsi. Toccavano
degli argomenti profondi ed interessanti, senza peraltro che la noia si facesse
sentire. Si davano dei consigli reciproci e quando c’era il bisogno si facevano
anche una bella risata assieme. Per la prima volta si accorse di quante cose
avessero in comune.
Qualche pomeriggio
dopo, Eric decise di fare una sorpresa a Kelly e di portarla in un Hard Rock
Café che aveva aperto i battenti nella Hamilton Street. Gli piaceva da matti
poter uscire a svagarsi, specialmente in questo ultimo periodo, visto che
doveva studiare sodo per il suo prossimo esame. Quella volta, poi, era
particolarmente contento per aver sentito per telefono il suo caro amico Gary
Dourdan. Da quando avevano iniziato a lavorare insieme, sul set di CSI, lui, Eric
e Jorja erano diventati il trio più affiatato del set. Si divertivano da matti
a fare gli scherzi e poi cercavano sempre di aiutarsi a vicenda.
Per
quell’appuntamento si era vestito di tutto punto. Aveva indossato una classica
camicia bianca, slacciata in cima per far vedere la sua simpatica collana
mohicana, che gli aveva regalato William Petersen, in uno dei suoi lunghi
viaggi. I jeans erano rigorosamente slavati ed indossava delle scarpe bianche
della puma. Aveva tirato su i capelli, creando la classica cresta spettinata e,
insomma, non era poi tanto male. Andò alla camera n°247 e, con suo disappunto,
non c’era. Trovò Katie.
“Ehi! Allora, come
va?” Chiese lui, sorridendo.
“Non ho visto mia
sorella. Prova a vedere se è all’ingresso.” Disse secca, richiudendo la porta.
Aveva gli occhi stanchi e, molto probabilmente, si era addormentata sopra i
libri.
“Credo che la
maledizione di questa porta non me la toglierà mai nessuno!” Disse, sconsolato.
Camminò vero l’ingresso e lì trovò la sua fiamma. “Ciao Kelly. Come mai non mi
hai aspettata il camera?”
“Scusami” Gli
rispose, dandogli un fugace bacio. “Mi ero dimenticato.”
A vederli da lontano
sembrava che andasse tutto bene ma Eric notò subito che c’era qualcosa che non
andava decisamente. Era distratta, non parlava, si guardava intorno con i suoi
lucenti occhi azzurri. Esteriormente non aveva niente che non andava, anzi, era
più fulgida e bella del solito. Però c’era qualcosa che l’aveva scossa.
“Cosa c’è che non
va?” Chiese lui in tono premuroso, fermandosi.
“Mh? No, non c’è
niente che non va.” Rispose lei, frettolosamente. “Ho solo sgobbato un po’ di
più sui libri, tutto qua”
“Facciamo così. Per
questa volta ce ne torniamo tutti e due al campus, poi vediamo di uscire
un’altra volta. Che dici, ti va l’idea?”
“Sì, è meglio così.”
Disse, andandosene.
“Ma bene, le cose
stanno andando di male in peggio.” Parlò tra sé e sé, mettendosi le mani in
tasca e cercando qualche spicciolo per l’autobus.
Mentre era seduto
per ritornare in camera a riposarsi, gli capitò di pensare a molte cose. Al
fatto che, probabilmente, iscriversi all’università non era stata una bella
cosa. Sentiva terribilmente la mancanza dell’america, dei suoi genitori, dei
suoi colleghi di lavoro. Arrivato al dormitorio, sebbene fossero ancora le
cinque del pomeriggio, voleva solo stendersi sul letto. Mentre girava la chiave
sulla toppa, sentì la porta aprirsi. Vide uscire Katie, accompagnata da Albert.
“Ehi, che bella
sorpresa? E tu che ci fai qui?” Disse, sorpreso.
“Non gliel’hai
detto?” Domandò lei, rivolta a Morrell. Lui scosse la testa. “Ci siamo messi
insieme.”
Anche Kelly sentì il
bisogno di riposarsi. Si sentiva strana e attribuì la sua stranezza al fatto
che le fossero tornate le mestruazioni. Si accasciò sopra al suo letto,
giocando con il suo cellulare fino a quando non sentì qualcuno bussare alla
porta. Spostò il suo sguardo verso il comodino e vide le chiavi di sua sorella.
“Hai di nuovo
dimenticato le chiavi, smemorata!” Disse, aprendo la porta.
“Forse mi hai
scambiato per qualcun altro.” Rispose Orlando, con un sorriso ironico. “Ma non
importa, è meglio così. Mi eviti tanti preamboli che non servono a niente. Sai,
dopo un po’ di ripensamenti, ho finalmente deciso di lasciarti. Addio, e
cancella pure il mio numero dal tuo cellulare.”
Capitolo 14 *** Forse è arrivato il tempo di cambiare... ***
Capitolo 14
Ciao! Finalmente,
ora che sono tornata, ho più tempo da dedicare a questa mia buona abitudine!^^
Che dirvi di più, spero che la storia vi piaccia! Vorrei innanzitutto
ringraziare Kagome88 (scusa se non metto la chiocciola ma word mi da dei
problemi!^^)K@gome88, che leggeva
la mia vecchia fic su fanfiction.it, è un piacere sapere che ti piace anche
questa!^^ Poi ringrazio, come al solito, Keira, _Kristel_ e Tye, che hanno
cominciato a seguirmi assiduamente. Inoltre, vorrei fare un chiarimento. Vedi
Kagome88, è vero che ho deciso di smettere di scrivere fic su attori, ma solo
perché Orlando Bloom e compagnia bella mi hanno un po’ stufata. Mi voglio
tuffare sulle fic originali, cosa che ho già cominciato a fare riscrivendo una
mia vecchia storia, che puoi vedere ciccando sul mio nome. Grazie della cortese
attenzione!^^ E ora, buona lettura!^^ P.S. Nel capitolo precedente ho inserito
una foto di Eric Szmanda, andate a vedere e ditemi!^^
Capitolo 14.
Forse è arrivato il tempo
di cambiare…
Kelly richiuse la
porta incredula. Non riusciva a capire perché Orlando si era comportato così
male. In fondo, le era sembrato che lui tenesse molto alla loro storia, visto e
considerato che l’aveva addirittura obbligata. Eppure c’era qualcosa nei suoi
occhi, una luce strana e diversa, era come se fosse più consapevole. Si mise a
sedere sul letto, osservandosi allo specchio. Sapeva bene di essere una donna
piuttosto attraente, spigliata, intelligente, che piace ai ragazzi. Le venne in
mente Eric. Ripensò ai bei momenti che aveva vissuto con lui, che era sempre
così gentile e disponibile nei suoi confronti. Anche se con Orlando aveva
chiuso, poteva avere tanti uomini, non c’era bisogno di prendersela così.
“Kelly! Kelly, puoi
aprirmi per favore, ho dimenticato le chiavi.” Sentì la voce della sorella al
di là della porta. Sospirò, poi andò ad aprirle.
“Ehi, vedi di non
dimenticarti più le chiavi. Mi hai fatto fare una figuraccia.” Le disse,
stendendosi sul letto.
“Io? Ma…io non ero
qui nei dintorni.” Era molto stupita, non sapeva dove voleva andare a parare.
“Beh, prima sono
venutibussarmi alla porta e, dopo aver
visto che non avevi preso le chiavi, sono andata ad aprire convinta che fossi
tu.” Si mise a ridere. “Invece era quell’imbecille di Orlando. Mi ha scaricata.”
La bocca di Katie si
spalancò d’improvviso. Proprio lui, che più di chiunque altro desiderava
l’amore di Kelly, l’aveva lasciata. E’ vero, avevano parlato di quest’argomento
quando erano nella biblioteca del teatro, ma una reazione così repentina l’aveva
proprio spiazzata. Poi le venne in mente la faccia di Eric quando gli aveva
detto che lei ed Albert si erano messi insieme. Era sembrato…strano.
“Beh, non mi dici
niente? La tua sorellina ha appena ricevuto un bel due di picche e tu non sai
che dire?” La spronò l’altra, ridendo come una matta.
“Fino a prova
contraria è la tua PRIMA delusione amorosa, visto che eri sempre tu a lasciare
gli altri.” Lo disse con un po’ di stizza. Odiava scherzare su queste cosa,
visto e considerato che Clive continuava a picchiarla proprio per questo
motivo.
“Mamma mia, come
siamo acide. Io stavo solo scherzando, era così per dire.” D’un tratto
ridiventò seria. “Però è vero, è la prima volta che mi capita. Di solito gli
uomini mi pregano in ginocchio per avere un appuntamento, mentre lui m’ha
lasciata con il sorriso sulle labbra.”
“Gli uomini sono
strani, è come se noi fossimo venusiane e loro marziani. Uno ci si può mettere
d’impegno quanto vuole, ma parliamo pur sempre una lingua diversa.”
“Adoro avere una
sorellina così intelligente!” La baciò sulla guancia, poi la guardò, sorpresa.
“Sai, è da un po’ che volevo chiedertelo…”
“Dimmi pure.”
“E’ una mia
impressione oppure sei un po’ cambiata? Non so, ti leghi sempre meno spesso i
capelli, cerchi di non camminare tutta gobba come fai sempre, sorridi di più,
hai smesso di balbettare…”
“Beh, io…credevo che
non te ne fossi accorta.” Disse sinceramente, arrossendo.
“Oh, non è perché mi
dispiace! Anzi, ne sono proprio felice. Mi fa davvero tantissimo piacere
vederti più tranquilla ed aperta.” Le sorrise.
Katie ebbe una fitta
indescrivibile al cuore. Sua sorella Kelly, anche se non sembrava, teneva molto
a lei. In un certo senso sentiva di tradirla, aiutando Orlando nel suo losco
piano. In fondo avevano lo stesso sangue, erano sorelle, si volevano bene.
Però, più pensava a quello che le aveva fatto con Eric, più sentiva che la
rabbia cominciava a sparire pian piano.
Eric era rimasto da
solo in camera con Albert che, tranquillamente, stava giocando ad un videogame
sul calcio. La notizia che lui e Katie si erano messi insieme l’aveva sorpreso
non poco. Proprio lei, la persona più timida che avesse mai conosciuto, aveva
finalmente trovato l’amore. Moriva dalla voglia di sapere tante cose dal suo
compagno di stanza, ma ogni frase gli sembrava sempre troppo banale o falsa.
“Allora, che mi
racconti di bello?” ‘Ecco, la cosa più scontata che potessi chiedergli!’ Pensò,
tra sé e sé.
“Ecco…” Rispose,
senza nemmeno staccare gli occhi dal monitor. “Se proprio non sai come
cominciare il discorso, perché non mi chiedi come ho fatto a fidanzarmi con
Katie?”
“Ad essere sincero
mi sembrava un po’ sfrontato chiedertelo.” Sorrise nervosamente.
“Non farti tanti
problemi, amico. Dunque, lei è venuta a cercarmi uno di questi giorni in camera
e mi ha detto che aveva bisogno di parlarmi. Mi ha confessato di sentirsi in
imbarazzo nel venire a sapere che io le filavo dietro ma poi, d’improvviso, mi
ha anche detto che era contenta. Le aveva fatto piacere ricevere le mie
lettere. Non era ancora sicura dei sentimenti che provava per me, perciò ha
detto che vorrebbe un po’ di tempo prima di ufficializzare la nostra storia.”
“E, dimmi, come ti è
sembrata?”lo vide voltarsi d’improvviso, con gli occhi illuminati.
“E’ ancora più
fantastica di quanto non avessi mai creduto. E’ intelligente, simpatica,
pacata, tranquilla, gentile…è una persona veramente graziosa ed estremamente
brava. Un po’ t’invidio, lo sai? Tu sei suo amico.” Gli sorrise, prima di girarsi
di nuovo per poter giocare.
“Senti, io ho
bisogno di fare una telefonata, ti spiace se parliamo magari più tardi?” Gli
disse, alzandosi.
“No, non c’è alcun
problema. Ci si vede più tardi.”
Chiuse la porta con
un piede prima di incamminarsi per il corridoio. Si sentiva un miscuglio di
sensazioni discordanti. Non c’era stata soltanto sorpresa nel sapere che Katie
era fidanzata, si sentiva anche…amareggiato. Come se avesse bevuto un caffè
senza zucchero. Poi c’era Kelly. Gli era sembrata troppo strana quel giorno,
c’era qualcosa che le dava dei pensieri. Qualcosa di grosso, da quello che
aveva potuto intuire. Avrebbe telefonato a Gary Dourdan, uno dei suoi più
grandi amici, che aveva conosciuto sul set. Ma prima aveva bisogno di vedere
un’altra persona.
Bussò alla camera
247 ben tre volte prima di avere una risposta. Voleva parlare con entrambe le
gemelle, una per volta. La prima ad uscire fu Kelly.
“Ciao Eric, come mai
sei qui?” Gli disse, senza nemmeno un sorriso o un piccolo bacio.
“Beh, se non ti
spiace, vorrei chiederti alcune cose. Puoi uscire alcuni minuti?”
“Sì.” Avvertì la
sorella e poi chiuse la porta alle sue spalle. “Dimmi, che c’è che non va?”
“Questo dovrei
chiedertelo io.” Aveva assunto un tono di voce un po’ duro.
“Ma si può sapere
che ti prende? Perché adesso stai facendo lo scorbutico?” Si era un po’
arrabbiata. Aveva appoggiato le mani sui fianchi.
“Scusami, sai, se
l’altra volta mi hai lasciato come un fesso in mezzo alla strada. E poi, come
se non bastasse, è un po’ che non ti fai sentire. Mi vuoi dire, per favore,
come mi devo comportare? Non fraintendermi, sei una ragazza fantastica, ma
faccio davvero molta fatica a capirti.”
“Mi sembra una cosa
piuttosto ovvia, tu non vieni dal mio pianeta.” Rispose, ridendo sotto i baffi,
ripensando al discorso di Katie.
“Prego?” Domandò
lui, incredulo.
“Scusami, stavo
farfugliando tra me e me. E comunque…” Il suo sguardo tranquillo cambiò in un
attimo. “Posso avere anche io i miei giorni no, non credi? E cos’è tutta questa
premura? Sono grande grossa e vaccinata.”
“Va bene, allora la
smetterò di fasciarmi la testa perché sai, io sono così stupido da preoccuparmi
per te.” Le urlò in faccia.
“Adesso ti metti a
fare persino l’arrabbiato? Sentimi bene, non ho alcuna voglia di continuare con
questo discorso. Ciao, Eric.” Fece per aprire la porta e lui la fermò.
“E invece starai a
sentirmi.” Le disse, con fare autoritario.
“Fottiti, Eric. Io
non sono un cagnolino e tu non sei il mio padrone, o mio padre, tantomeno la
mia balia.” Sbatté la porta, arrabbiata.
“Aprimi subito,
immediatamente!” Cominciò a prendere a pugni la porta, attirando l’attenzione
delle ragazze che passavano per caso per il corridoio. “Uffa, è tutto inutile.”
“Ehi, come mai urli
a questo modo?” Spuntò Katie, un po’ spaventata.
“Ho bisogno di
parlare anche con te.” La prese per un braccio e la trascinò fuori.
Eric sapeva bene che
Katie non c’entrava niente con la discussione che lui e sua sorella avevano
avuto, ma poteva essere la persona ideale per parlarne. Lei, dal canto suo, si
sentiva molto fuori luogo. Non aveva mai visto l’amico così infuriato e il che
la preoccupava non poco. Non le andava a genio il fatto che lui la stesse
letteralmente trascinando via, però percepiva il suo stato d’animo. Era come
se, dentro di sé, stesso piangendo. Si fermarono davanti alla biblioteca, il
posto dove erano stati la prima volta che avevano parlato. Solo che le cose
erano cambiate parecchio.
“Allora, mi dici
cosa c’è che non va?” Cominciò Katie, sospirando. Aveva un tono di voce molto
tranquillo e delicato.
“Ho litigato con tua
sorella.” Disse lui, secco.
“Non ti preoccupare,
questo l’avevo capito.” Rispose, con dolcezza. Per un momento lui fu sul punto
di arrabbiarsi ma, quando vide il suo volto, si tranquillizzò.
“Mah, certo che con
te è impossibile essere arrabbiati.” Accennò un piccolo sorriso.
“Se tu non hai alcun
motivo per essere arrabbiato con me, è naturale. Sarebbe strano il contrario.
Allora, mi vuoi dire perché avete litigato?”
“E’ da un po’ di
giorni che la vedo strana, così mi ero preoccupato per lei. Mi immaginavo le
cose più assurde, come se ci fossero stati dei problemi in famiglia. L’ultima
volta che siamo usciti mi ha lasciato come uno scemo in mezzo alla strada, dopo
che mi ero anche messo in tiro per piacerle di più.” Sorrise, stavolta più
convinto.
“Mia sorella non è
arrabbiata, credimi.” Raccolse una foglia secca che giaceva sul prato. “Vedi,
lei ti vuole bene ma forse, soltanto ora sta sentendo il bisogno di cambiare.
Non fraintendermi, non intendevo affatto cambiare ragazzo.” Sorrise, prima di
continuare. “E’ solo che, alcune circostanze, l’hanno fatta riflettere. Ha
tanti pensieri per la testa, ed è una cosa che non le era mai successa.”
“Non so cosa dirti
Katie. Le tue parole mi sembrano troppo vaghe, come se tu sai qualcosa che non
vuoi dirmi. Ti prego, non lasciarmi all’oscuro di tutto.” La implorò,
supplicandola con gli occhi.
“Lei non mi ha detto
ancora niente. Forse non è ancora consapevole. La mia è come una percezione
extrasensoriale. Essendo cresciuta con lei, riesco a capirla meglio di chiunque
altra, persino meglio dei nostri genitori.”
“Cosa pensi che farà
di me? Mi lascerà?”
Quest’ultima
affermazione la colse piuttosto alla sprovvista. Sapeva bene qual’era la
risposta a quella domanda ma non se la sentiva di dirla. Abbassò un po’ gli
occhi, per non incontrare lo sguardo intenso di lui.
“………..non lo so.”
Rispose, vagamente.
“I tuoi occhi mi
dicono tutt’altra cosa.” Le poggiò una mano sulla spalla. “Guardami, e prova a
dirmi la verità.”
“Io…” Si sentiva a
disagio. Quel contatto fisico le faceva accelerare i battiti del cuore, che
correva come un leone nella giungla sconfinata.
“Mi lascerà, non è
vero?” Le domandò di nuovo.
“Sì.”
Fu costretta ad ammettere. “Però…”
Eric abbassò la testa, chiudendo gli occhi e stringendo i
pugni. Si sentiva distrutto. Lui le voleva veramente bene, era la prima ragazza
con cui si trovava a suo agio. Da tanto tempo non si sentiva così felice e
motivato. Era come se Kelly, la sua fresca brezza di primavera, se ne fosse
andata. Poi, contro ogni sua aspettativa, Katie lo abbracciò.
“Sei un bravo
ragazzo Eric. So bene che vuoi molto bene a mia sorella. Ma non c’è bisogno di
prendersela così, hai un’intera vita davanti a te. Potrai stare male una
settimana, un mese, un anno…ma alla fine passerà, e sarai contento di poterci
fare una risata sopra. Troverai qualcuna anche tu, ognuno di noi ha un’anima
gemella, tu non smettere mai di cercare.”
Quel contatto così
semplice gli aveva fatto capire molte cose. Aveva sempre trascurato Katie e ora
si era rivelata la persona che riusciva a capirlo meglio.E poi…è vero, gli dispiaceva dover lasciare
Kelly ma, alla fine, era davvero così sicuro di averla amata?
Salve. Innanzitutto
vi chiedo immensamente scusa per l’accumulato ritardo, ma ho avuto piuttosto da
fare. Detto questo, passiamo a cose decisamente più interessanti!^^ Come al
solito voglio ringraziare Kristel, Keira, Kagome e Tye. In questo capitolo voglio
anche ringraziare tre persone speciali. La prima è Kaori28 che, oltre a
sopportarmi, ha anche accettato di farmi da moderatrice per il mio nuovo forum.
Poi c’è Shian Teus, che anche lui mi da una mano in questo senso. Infine
ringrazio Erika, per tutto quello che ha fatto per il sito e anche,
inconsciamente, per me, ma soprattutto perché legge la mia storia. Grazie di
tutto ragazzi! Buona lettura.
Capitolo 15.
In un solo giorno…
Eric aveva ripensato ancora per molti giorni a quello che
era successo nel cortile della biblioteca. Aveva sentito il bisogno di parlare
con Katie, e questo non lo metteva in dubbio, però era uscito fuor temprato da
quella esperienza. Teneva molto a Kelly, però non si era mai reso conto della
fragilità del loro rapporto, del fatto che erano più distanti di quello che lui
stesso credeva. Da un lato il suo ego maschile era un po’ frustato, ma la sua
mente lucida si era accorta della realtà. Lui voleva bene a Kelly ma quello di
cui aveva più bisogno in quel momento era un amico. Anche se era all’università
da un po’ di tempo, nessuno era adatto per i discorsi che doveva affrontare.
Poi ricordò che Gary era in Gran Bretagna perché doveva recitare una piccola
parte in un film. Data la sua assenza e quella di Eric, avevano interrotto le riprese
di C.S.I. Senza pensarci troppo, prese il telefono e compose il numero del suo
cellulare.
“Pronto? Chi
parla?” Rispose una voce roca dall’altro capo del telefono.
“Ehi vecchio mio!
E’ da un pezzo che non ci si risente, eh?” Disse lui, allegro e spontaneo.
“? Eric? Sei
tu?” Il suo tono era diventato piuttosto sorpreso.
“Sì agente Brown.
Allora, è tutto qui quello che hai da dirmi dopo che non ci vediamo da più di
tre mesi?”
“Che mi venga
un colpo! Sei tu Szmanda! Cavolo, potevi farti sentire ogni tanto, mi sei
mancato lo sai? La cosa che mi dispiace è il fatto che noi due e Jorja non
facciamo più i nostri soliti scherzi sul set. Bene, come va all’università? Ti
hanno già sbattuto fuori?”
“Non perdi mai il
tuo senso dell’humour eh? Simpatico come sempre. No, per tua sfortuna non mi
hanno ancora buttato fuori. Anzi, i professori sono rimasti piuttosto contenti
dei miei voti. L’unica pecca di questo posto è il fatto che conosco ancora poca
gente. Ho fatto amicizia soltanto con i miei due compagni di stanza e due
eccentriche gemelle.”
“Ci siamo già
dati alle donne? Caspita, sei più svelto di una faina. Raccontami tutti i
particolari, sono troppo curioso.” La sua voce era diventata più
insistente.
“Preferirei
parlarti di persona. Io frequento la Tennyson University, a Londra. In questo
ultimo periodo non ho molto da studiare, non ho esami. Mi farebbe davvero
piacere incontrarti e fare quattro chiacchiere come ai vecchi tempi.”
Un’inaspettata sensazione di disagio lo colse all’improvviso.
Non era mai stato
un tipo che si lasciava ai sentimentalismi, però sentì inaspettatamente che i
bei momenti passati con l’amico tornavano a galla. La nostalgia per quei giorni
che sembravano così lontani…la sua amicizia sulla quale aveva sempre potuto
contare. Il lavoro che diventava improvvisamente meno pesante quando rideva e
scherzava con lui. Se, da un lato, rideva nell’accorgersi di pensare come un
anziano signore, dall’altro abbassava la testa, rendendosi conto di quanto, in
realtà, fosse solo.
“Ehi, sei
ancora lì? Eric?” Domandò Gary, piuttosto preoccupato.
“Sì, sono ancora
qui. Stavo pensando ad alcune cose, niente di più. Allora hai deciso cosa
farai? Verrai qui da me? Se avessi la macchina farei io il tragitto, però devo
per forza prendere l’autobus.” Cercò di scacciare dalla mente i pensieri tristi
che erano riaffiorati.
“Sì, non credo
che ci siano problemi. Verrò giù domani, oggi proprio non posso. Preparati al
terzo grado, amico mio. Non mi lascerò sfuggire alcun particolare.”
“Ok, allora ti
aspetto domani.”
“Ciao Eric.”
“Ciao.” Riattaccò
il telefono e si buttò sopra il letto. Per un attimo credette di essere più
leggero. Quasi gli pareva di volare via sulle ali della fantasia. Chiuse gli
occhi e cominciò ad immaginare il suo mondo, qual mondo che tanto gli mancava.
Prima di addormentarsi, un’immagine si focalizzò nella sua mente. Provò a
vedere chi era, ma l’ombra corse lontano, facendosi beffa di lui. Chi era,
forse non lo avrebbe mai saputo…
Dopo la piccola
‘discussione’ che aveva avuto con Kelly, Orlando aveva deciso di ritirarsi
nella sua casa di campagna per un po’ di tempo. Sentiva l’impellente bisogno di
stare da solo, di riflettere su ciò che gli stava accadendo. Aveva fatto le
valigie in fretta e furia, cercando di trovare un rifugio per la sua anima
tormentata. All’inizio pensò di andare da solo, poi concordò che era meglio
avere compagnia. In un primo momento pensò a Dominic, poi constatò che, se
voleva avere un po’ di tranquillità, era meglio lasciarlo a casa. Elijah era
fuori discussione, visto e considerato che in quel momento era in America. Chi
chiamare?
Katie era nella
stanza di Albert, nel momento in cui ricevette una chiamata al cellulare. Per
parlare liberamente si era ritirata nel terrazzo e guardava il ragazzo vicino a
lei con grande affetto. Sentiva sempre il suo sguardo su di lei, e questo la
faceva sentire costantemente in imbarazzo. Chiuse il telefono con
un’espressione un po’ perplessa. Si avvicinò al fidanzato con aria piuttosto
confusa. I suoi occhi cercavano assiduamente un riparo che non potevano avere.
“Ehi Kat? C’è
qualcosa che non va?” Chiese Albert, apprensivo. “Chi è che ha chiamato?”
“Era un mio…”
Esitò un attimo “…amico” Concluse, incerta. Vedendo il volto corrucciato di lui
si corresse. “Beh, non è che sia proprio un mio amico. Momentaneamente è al
livello di conoscente. So poco di lui, ma di una cosa sono certa: mi posso
fidare.”
“Ma la domanda è
un’altra: io mi posso fidare di quello che mi dici?” Domandò, imbarazzato.
“Sì, non solo
perché sono io che te lo dico, ma perché sono sicura che non c’è e non ci sarà
mai niente tra noi due. Se è questo quello che intendevi…” Disse lei,
calmissima, continuando a sorridere.
“Io non volevo
sembrarti geloso. E’ solo che…beh…” Cominciò a farfugliare qualcosa di
incomprensibile.
“Mi fa davvero
molto piacere sapere che tu hai così tanta considerazione di me. Sei uno dei
pochi, devi credermi.” Si sedette accanto a lui. “Ma non voglio che tu ti
crucci per questo. Anzi, avevo già concordato di chiedere a te prima di
accettare.”
“Accettare cosa?”
“Il mio amico mi
ha chiesto se gli faccio compagnia per un weekend. Vorrebbe avere qualcuno con
cui parlare di cose che solo io posso sapere. Allora, ho la tua benedizione?”
Lo costrinse a guardarla negli occhi.
“Sì. Mi fido di te
Kat.” Le strinse una mano. “Promettimi che non mi tradirai.”
“Te lo prometto.”
Gli sorrise, convincendolo.
Lui si avvicinò,
cercando di darle un bacio. Lei sgranò gli occhi e si alzò subito, lasciandolo
con un palmo di naso. Si mise una mano sul petto, come a chiedere al suo cuore
di fermarsi. Tante volte lui aveva cercato quel tipo di contatto, lei era
sempre fuggita. Le sembrava un passo troppo importante per farlo con tanta
leggerezza. Proprio lei, che non aveva mai baciato nessuno in vita sua. Si
voltò a guardarlo e lo vide a testa bassa, con la fronte appoggiata alle mani.
“C-Ciao.” Chiuse
la porta dietro di sé.
Albert non sapeva
più che fare. Katie gli piaceva molto, ma ogni volta che cercava di baciarla
lei se ne andava, come rifiutandolo. Stava perdendo la pazienza, e questo non
era un buon segno.
Il giorno dopo,
Katie era pronta per passare il fine settimana con Orlando. Al telefono era
stato così convincente che era stato impossibile dirgli di no. Aveva bisogno di
parlare di Kelly, questo l’aveva capito. Lei era l’unica con la quale poteva
affrontare il discorso. Poi c’era Albert, ma sapeva che aveva fiducia in lei.
L’unica persona dalla quale non voleva separarsi era Eric. Ultimamente lo
vedeva molto di rado.
Orlando le aveva
dato appuntamento al cancello alle 16.00 e lei, puntuale, si era fatta trovare
con le valigie già pronte da caricare in macchina. Lui arrivò con la sua Audi
A6 ( Ci sono salita una volta! Ma in quella di una mia amica, non in quella di
Ob!^^ NdShizuru117) e, scendendo, le prese i bagagli senza dire nemmeno una
parola.
“Tutto qui quello
che hai?” Disse lui, indicando il bagagliaio. In due avevano portato solo due
valigie.
“Dopotutto sto via
solo due giorni, non credo che ci sia bisogno di portare via chissà quali
cose.” Rispose lei, tranquilla.
“Mah, l’ho sempre
detto che sei una donna anormale.” Rispose lui, rassegnato e allo stesso tempo
spiritoso.
Katie fu tentata
di rispondere, quando notò uno splendido Mercedes che le era passato vicino. Al
suo interno c’era un uomo, abbastanza giovane, non doveva avere più di
quarant’anni. Era scuro di pelle, con i capelli ricci e folti. Indossava un
paio di occhiali da sole neri, le sembrò di averlo già visto da qualche altra
parte.
“Ehi, che succede?
Hai visto qualcuno che conosci?” Le domandò Orlando, fermandosi per tenerle la
portiera della macchina aperta.
“Uh? No, niente.
E’ solo che…mah, sarà stata una mia impressione. Credevo di conoscerlo.”
Non appena Gary
scese dalla sua lussuosa macchina, si avviò verso il dormitorio per chiedere al
custode quale fosse la camera di Eric. Gli diedero le indicazioni per arrivare
alla n.77, ma non trovò nessuno dentro. Si mise così a girovagare per il
campus, sperando di trovarlo coinvolto in una qualche attività da fare
all’aperto. Si fermò davanti ad un edificio all’apparenza molto antico: la
biblioteca. Infine lo vide, sotto ad un albero. Stava leggendo un grosso libro.
“Ehi svampito. Se
la gente ti cerca mi dici come fa a trovarti?” Disse, sorridendo e guardandolo
sussultare.
“Gary, che mi
prenda un colpo! Mi ero completamente dimenticato che saresti arrivato oggi.
Scusami davvero!” Si alzò e lo abbracciò fraternamente. “Allora vecchio mio,
che si dice nella cara e vecchia America? Lo sai, sento terribilmente la sua
mancanza!”
“Mah, che ti devo
dire…è da un po’ che non ci rimetto piede. Bene, ora sono qui e sono tutto
orecchi per ascoltare ciò che hai da dirmi.” Sorrise in modo complice.
“Ti conviene
metterti seduto, sarà una cosa piuttosto lunga…anzi, molto lunga.”
In questo modo
Eric cominciò a raccontargli tutto quello che gli era successo dal suo primo
giorno alla Tennyson University. Dello scambio di aula, dei suoi compagni di
classe un po’ strampalati. Di Katie, di quanto le aveva fatto pena. Di Kelly,
che lo aveva stregato dal primo momento in cui l’aveva vista. Di Orlando, che
aveva avuto la fortuna/sfortuna di conoscere in circostanze non proprio
piacevoli. Di quanto il suo punto di vista fosse cambiato rispetto ad un anno
fa.
“Di te mi posso
fidare, perciò te lo dico. Durante tutto questo tempo, ho imparato a guardare
il mondo che mi circonda con occhi diversi. La realtà che si vive qui dentro
non è la stessa che c’è fuori. Qui si pensa solamente alle feste, ai bei voti,
alle ragazze. E’ incredibile la facilità con la quale riescono a dimenticare i
veri problemi. Da un lato li ammiro e li invidio. Io so cosa li aspetta finita
l’università. Molto probabilmente un lavoro che non gli piace e che non li
soddisfa. Una casa squallida e un portafogli immancabilmente vuoto. Però ora
vivono felici e spensierati.Sanno che
prima o poi quel giorno arriverà, ma fanno finta di non saperlo. Tu che ne
pensi?” Si voltò verso l’amico, che l’aveva ascoltato in silenzio per tutto il
tempo. Gary si alzò, pulendosi i pantaloni.
“In tutta
sincerità, così su due piedi, non so bene come risponderti. Io sono sempre
stato un grande ascoltatore, ma odio parlare delle mie idee. Non che abbia
paura, semplicemente perché è un argomento che, se posso, voglio evitare. In
ogni caso…credo che lo stare a contatto con persone diverse da te ti abbia condizionato,
molto più di quello che non credi. Sebbene tu non te ne sia accorto, sei
diventato molto più attento a quello che succede intorno a te. Prima, delle
volte, eri così assente che ti chiamavamo ‘bolla d’aria’. E’ come se ti fossi
sensibilizzato e, mi spiace dirtelo, ma credo che il merito di ciò ce l’abbiano
anche le due gemelle di cui parli così poco, mentre in realtà muori dalla
voglia di raccontarmi di loro.” Gli sorrise, guardandolo con severità.
“Non è che non
voglio parlarne, semplicemente non so se cosa dire.” Rispose, imbarazzato.
“Tu provaci, io
farò lo sforzo di capirti.”
“Ecco…credo che
Kelly e Katie siano le gemelle più diverse che ho mai conosciuto in tutta la
mia vita. La prima ha un modo di fare così accattivante che riuscirebbe a sedurti
anche se tu fossi l’uomo più freddo della terra. E’ sensuale, bellissima,
riesce proprio a prenderti dentro. L’altra, invece, è la classica ragazza che
passerebbe inosservata. Cammina sempre a testa bassa ma è gentile, dolce,
simpatica, sagace. Riesce a stupirmi ogni volta che fa un’affermazione
intelligente, mi fa rimanere di sasso. Mi dispiace solo che parli molto poco, è
veramente un peccato. Anche gli altri dovrebbero sapere come è in realtà.”
Mentre parlava riviveva con la mente i momenti passati assieme a loro. Gli
occhi sembravano quasi illuminarsi.
“Beh, questa è una
semplice descrizione. Non credo che sia questo il tuo blocco…và avanti.” Lo
esortò l’altro, nella speranza di far parlare Eric.
“Per un periodo di
tempo mi sono fidanzato con Kelly. Sembrava andare tutto a gonfie vele, invece
lei si è stancata subito di me. E’ la classica ragazza che passa da un ragazzo
all’altro con la velocità della luce. In fondo, è meglio che sia finita.”
“E l’altra? Quella
Katie?” Si mise di nuovo a sedere, fumandosi una sigaretta.
“…non so. Non
trovo parole per descriverla. Non credo che il nostro rapporto si sia evoluto
nel corso di questi mesi. Siamo amici.” In realtà aveva tante di quelle cose da
dire, che la testa gli girava vorticosamente. Soltanto che, ogni volta che
provava a formare una frase, un’altra gli saltava alla mente e confondeva il
tutto.
“Fisicamente come
sono?” Gary notò che l’amico era strano, perciò aveva formulato questa ultima
domanda con un pizzico di malizia.
“Hanno tutte due i
capelli biondi, abbastanza lunghi, occhi chiari. Katie indossa sempre degli
occhiali piuttosto spessi e preferisce tener coperto il volto.” Si voltò. “Come
mai vuoi saperlo?”
“Beh, perché mi sa
che ho visto una delle due uscire con un ragazzo. Aveva una bella Audi A6. Sono
rimasto molto colpito. Lui era abbastanza alto, con i capelli castani lunghi e
mossi. Probabilmente andavano da qualche parte, visto che stavano caricando
delle valigie…” Si interruppe per un attimo, poi vide Eric correre verso il
cancello. “Ma che stai facendo?”
“Devo sapere dove
è andata, assolutamente!” Disse, in lontananza.
Il ragazzo con cui
era andata via era, molto probabilmente, Orlando. Poteva stare con tutti, ma
con lui proprio no. Il suo rivale in amore, colui che l’aveva umiliato davanti
a mezza scuola. Che Katie passasse alcuni giorni con lui, era assolutamente
fuori discussione.
In questi ultimi tempi, credo di aver toccato proprio il fondo
In questi ultimi
tempi, credo di aver toccato proprio il fondo. Sono due settimane che provo,
inutilmente, a scrivere il nuovo capitolo. O per un
contrattempo, o per un altro, non ce la faccio mai! SORRY! >_< Comunque, è sempre meglio tardi che mai, nevvero?^^ Ma
passiamo alle cose un po’ più serie. Come al solito
vorrei fare alcuni ringraziamenti personali: Erika, grazie per i consigli e per avermi detto cosa pensi di
questa storia. Ad un’autrice fa sempre piacere!^^ Kristel: Sei davvero troppo
buona a farmi questi complimenti! Mi dispiace solo di aggiornare sempre con così tanto ritardo. Keira:
Grazie anche a te!^^ Prometto solennemente di fare più presto la prossima
volta. JalyChan: Che
dire, mi fa piacere sapere che ti piace Gary! Piace un
sacco anche a me!^^ tye:
Ecco il tuo atteso continuo! Mi auguro che continuerai a seguire la storia! Kagome88: Beh, metterti nei
ringraziamenti mi sembra il minimo! Sarish: Benvenuta/o! (non so sei
uomo o donna!^^) Spero continuerai a seguire la mia fic!
Ma ora, a voi la lettura e…recensite!^^
Capitolo 16.
Un tranquillo (?!) week end…
La casa di campagna di Orlando
si trovava in una piccola vallata in Scozia, vicino alla città di Paysley,
nell’ovest; il posto era molto tranquillo e la gente era molto cordiale, perciò
nessuno faceva mai caso a lui o ai suoi amici. Era stata costruita sulle
vecchie fondamenta di una vecchia casa padronale che,
durante la seconda guerra mondiale, era stata quasi del tutto rasa al suolo.
Era di mattoni, tendente al rosso sangue, con un vivace
tetto giallo. Fondamentalmente non era molto grande, fatta eccezione per
l’imponente ingresso che, essendo abbastanza spoglio, dava l’impressione di essere più grande di quanto non era. Orlando poteva
essere definito un minimalista, in quanto odiava gli spazi interni troppo pieni
ai quali preferiva, in linea di massima, un arredamento semplice ed essenziale.
Lui e Katie arrivarono
a destinazione dopo circa tre ore di viaggio, considerando che erano partiti
dalla Tennyson University. In ogni caso, il tutto era stato piuttosto
piacevole. Avevano parlato del più e del meno, ascoltandosi un po’ di musica.
La ragazza rimase molto sorpresa quando, giunti in
prossimità di un cancello, Orlando aveva fermato la macchina e le aveva chiesto
gentilmente di scendere.
“Casa tua è questa?” Domandò, piuttosto
meravigliata.
“Sì, ti piace? Sai, la mia vita si è fatta decisamente più frenetica da quando sono diventato famoso,
così ho cercato di comprare un posticino dove stare quando ho voglia di
rilassarmi. Il precedente proprietario deve aver speso una fortuna per
rimetterla tutta a posto.”Mentre
parlava, cominciò a scaricare le valigie.
“E’ molto bella, sul serio. Anche i miei
genitori hanno una casa qui in Scozia, soltanto che è
ad Edimburgo e a me non piacciono le città frenetiche. Mi faccio così tante
paranoie che alla fine mi riduco a stare in pigiama
davanti alla tv.”
“Ti ci vedo sai, tutta tranquilla, a guardarti
un bel documentario sulle specie in via d’estinzione.”
Provò ad ironizzare lui.
“Trovo che quel tipo
di programmi siano molto interessanti. Una persona seria non
starebbe sicuramente tutto il giorno a guardarsi tutti quegli stupidi
telefilm che ti propinano le reti nazionali.” Era entrata dal cancello e stava
guardando il prato, un po’ incolto, che c’era tutto intorno.
“Non c’è bisogno che ti arrabbi, io stavo
semplicemente scherzando” Andò un po’ sulla difensiva.
“Lo so” Si volto e gli
sorrise tranquillamente. “Stiamo semplicemente discutendo. A proposito, da quant’è che non torni qui?”
“Non mi ricordo di preciso, sarà più o meno un annetto. Sono talmente pieno di impegni che non trovo nemmeno il tempo di respirare. E
fai un provino di qua, vai lì a fare la presentazione del prossimo film, e posa
per quella rivista, e vai a fare il sevizio fotografico
per quell’altra. Il mestiere dell’attore è veramente un lavoraccio.” Sospirò, pragmatico.
“Ti dirò, preferisco
rimanere nel mio anonimato. Il problema della celebrità è che si perde la
propria privacy. Non si è nemmeno più liberi di fare una semplice passeggiata. So che ci sono anche lati positivi, però la vedo come una realtà troppo lontana da me.
E la cosa non potrebbe che farmi piacere.”
“Beh, ormai ho la bicicletta…non mi rimane che
pedalare” Si avvicinò a lei e chiuse il cancello dietro di sé. La guardò per un attimo, poi tirò fuori un mazzo di chiavi.
“Allora, vogliamo entrare?”
Dopo qualche tentativo non andato a buon fine,
Orlando riuscì ad aprire la porta. Si sollevò un polverone talmente fitto che
Katie cominciò a starnutire a tutto andare. Dopo essersi ripresa, cominciò a
guardarsi attorno assieme al ragazzo. Le finestre erano tutte chiuse perciò
c’era molto buio dentro e, entrambi, rischiarono di cadere non notando il
piccolo scalino che si trovava all’entrata. Si misero a ridere e poi continuarono
l’ispezione. La ragazza si diresse verso una finestra e aprì le imposte. D’un
tratto tutto l’atrio si illuminò con la luce del sole.
Katie rimase letteralmente a bocca aperta.
Il pavimento era in parquet molto chiaro e
ogni finestra aveva delle eleganti tende rosse carminio.
All’entrata c’era un bellissimo specchio con, sottostante, un bel mobile in stile
Luigi XV. Il tappeto che si trovava al centro della sala
era egizio e c’erano due porte che portavano, rispettivamente, alla cucina e in
cantina. L’atrio si affacciava anche su un immenso salone, con degli raffinati mobili in legno e tre divani neri di pelle. Assieme al salone, c’era anche una sontuosa sala da pranzo, con un
tavolo da sei e una semplice credenza dove c’erano i piatti da usare nelle occasioni
speciali. A descriverla così potrebbe dare l’idea di essere
molto ricca di mobili quando, invece, sembrava la casa più spoglia del mondo.
La ragazza si girò su se stessa più di una volta, convinta che quello che
vedeva non corrispondeva a verità. Quando, infine, si
convinse, si voltò meravigliata verso Orlando.
“E’ vero che da dentro fa molto più effetto?”
Le domandò lui, compiaciuto.
“E’…bellissima! Proprio come
piace a me, solo con lo stretto necessario. Anche se hai accostato dei
mobili di alcune epoche diverse, il risultato non è
poi tanto male.” Passò un dito sopra il camino “Il problema è
l’enorme quantità di polvere” Disse, starnutendo.
“Se mi aiuti a
portare le valigie di sopra, forse possiamo fare qualcosa.”
“Senti, sinceramente non capisco perché tu mi
abbia trascinata qui! Mi sono dovuta fare la bellezza
di tre ore di macchina per fare cosa? Solo per vedere una delle tante case del
signorino Bloom. Con la prossima corriera io me ne torno al campus.” Disse Katie, agitandosi dentro la macchina di Gary.
“Io voglio vederci chiaro in questa storia. Ho
pensato che ti avrebbe fatto piacere poter vedere come sta tua sorella.” Rispose Eric, seccato.
“Ragazzi, non mi pare il caso di mettersi a
litigare. Quello che dovrebbe essere più inalberato, qui dentro, sono io. Per
le vostre smanie mi avete fatto fare il triplo della strada, visto e considerando
che io dovrei tornare ad Aberdeen, che è direttamente
dall’altra parte di questo paesino sperduto!” Sbottò Gary, al limite della
sopportazione.
“Senti, mi dispiace.
Hai presente quando ti viene quella fulminazione
improvvisa? Quando senti che l’istinto ti dice di fare
una cosa? A me è successo questo!” Rispose l’altro,
voltandosi dalla parte opposta.
Per un attimo ci fu un imbarazzantissimo
silenzio.
“Ehi, ma che stanno facendo?” Esclamò Kelly,
appoggiandosi al vetro, subito seguita dagli altri due.
“Stanno…ballando?” Disse sbigottito Gary,
mentre cercava a stento di trattenere una risata.
“Ma che stai facendo?
Perché hai messo su il ‘Valzer dei fiori’? Cosa hai intenzione di fare?” Domandò Katie, mentre vide Orlando
che, ballando, girovagava per casa. Lo trovava estremamente
ridicolo.
“Ora io e voi, mi dolce fanciulla,
dovremo pulire quest’alloggio da tutta la polvere accumulata!” Rispose,
prendendola e facendole fare una giravolta.
“Senti, davvero, non mi far v-vergognare.” Abbassò lo sguardo, arrossendo.
“Facciamo così, fai
finta che sia una delle tue sedute psicologiche. Ricordati che ora stai
ballando solo con me, quindi non ti devi vergognare. Quando
si tratta di piroette e di passi di danza, io sono proprio un impedito. E’ un
modo come un altro per farsi quattro risate e, intanto, guarire dalla
timidezza.” Andò velocemente in cantina e tirò fuori
alcune scope, degli stracci, un secchio e una bottiglia di ‘mangiapolvere’.
“Forza, diamoci da fare se vogliamo rendere abitabile questa casa!”
Detto questo, prese un canovaccio e,
buttandoci sopra un po’ di mangiapolvere, cominciò a spolverare i mobili di
legno dell’entrata. Tutto, rigorosamente, a passo di danza. Katie all’inizio
era un pochino spaesata. Sapeva che Orlando era un
tipo piuttosto originale, però non riusciva a vedere dove questa terapia poteva
esserle d’aiuto. Sospirando, cominciò a spazzare in cucina.
“Sembra che stiano…pulendo.” Provò ad
azzardare Eric che, sceso dalla macchina, si era avvicinato ad una delle
finestre.
“In tutta onestà non mi pare questo il metodo
migliore per spolverare. Ma guardalo, sembra un
idiota! Si muove peggio di mia nonna che ha l’artrite.”
Sentenziò Kelly, con voce piuttosto rassegnata.
“Beh, almeno ammirate la sua buona volontà.
Perlomeno ci sta provando.” Gary, che era appena arrivato, si
era avvicinato a loro. “Lo sapete che potrebbero arrestarci perché siamo
su proprietà privata. Ed è tutta colpa tua” Disse,
appioppando uno scappellotto ad Eric. “Se non fosse
per te io a quest’ora non mi sarei di sicuro cacciato in questo guaio!”
“Per quello che onestamente mi riguarda, potevi anche rimanere in macchina. Anzi, poco fa
avevi detto che era quello che avevi intenzione di
fare, sbaglio? Nessuno ti obbliga a stare qui!” Rispose
ironico l’altro, massaggiandosi la testa.
“Insomma, volete finirla? Se continuate a
parlare così forte ci sentono! Poi cosa gli diciamo, che questo cretino ha avuto una fulminazione al
cervello?” Kelly gli fece cenno di stare zitti con il dito.
“Ma sentitela! Se non te lo avessi detto, saresti più contenta? Allora? Il
gatto t’ha…”
Non riuscì a finire la frase che sentì
sbattere sopra la sua testa. Istantaneamente, tutti e tre si appiattirono sotto
la finestra. Cominciarono a sudare freddo, con il
timore di essere stati scoperti. D’un tratto, Gary
provò a sbirciare per vedere che stava succedendo. Notò che un panno si muoveva
in senso rotatorio…stavano semplicemente pulendo il vetro. Recuperando i dieci
anni di vita perduti, si rilassò.
Non appena Orlando aveva messo piede sulla sua
tranquilla casina, era subito diventato più calmo e sereno. La placida aria
scozzese era l’ideale per rilassare i nervi, troppo sovraccaricati
dall’eccessivo lavoro. Senza contare che la compagnia di
Katie era molto gradevole, visto e considerato che era una ragazza molto
riservata. Di certo non era come Dominic, però come sostituta non era affatto male.
“Katie, come sta andando in cucina?” Le disse,
mentre stava ancora lavando i vetri del salone.
“Bene” Gli urlò lei “Ho quasi finito di
spazzare, puoi venire a spolverare.”
“Arrivo” Attraversò l’intera sala con una
giravolta che, diciamoci la verità, sembrava tutto
fuorché aggraziata. Notò il pavimento perfettamente pulito. “Ottimo lavoro! Ti
meriti un premio.”
“No, guarda, nessun premio. Torno solo di là e
continuo a spazzare.” Cercò di defilarsi nel minor tempo possibile. D’un tratto sentì che Orlando l’aveva gentilmente trattenuta
per un braccio. “Che c’è?”
“Vieni” Detto questo, cominciò a trascinarla
di parte in parte, saltellando come un forsennato.
“No, ti prego…non spererai che io…” Disse
confusamente, tra le risate. “Ti ho detto che io NON
ballo, chiaro?”
“Andiamo, qui non ci può
vedere nessuno e io non ho telecamere nascoste. Per una volta nella vita, prova
ad essere spontanea e tranquilla! Forza, su, coraggio.” Si inginocchiò
davanti a lei “Te lo chiedo umilmente, in via di favore. Fammi vedere quello di
cui sei capace.” Poi cominciò a volteggiare sgraziatamente, al punto che riuscì
a riprendere un vaso che stava per cadere per il rotto della cuffia.
Katie era un tantino titubante. Però in fondo lui aveva ragione, non c’era motivo di
vergognarsi. Erano soltanto loro due e, dopotutto, sarebbe mai riuscita a
ballare peggio di Orlando? Così, un po’ alla volta,
provò a muovere i piedi con la musica. Non che fossero molto bravi, però
nell’insieme la scena era molto comica. Lui che cercava disperatamente di
rimanere in piedi e lei che, rossa come un peperone, sperava di non inciampare da
sola.
“Mio Dio, ma che cavolo stanno facendo?”
Esclamò Kelly, mettendosi a ridere.
“Credo stiano
ballando, ma spero non sia così. E’ come se un elefante e un ippopotamo
provassero a volteggiare come una farfalla. E’ troppo esilarante!” Gary, che
non ce la faceva più, si era messo a sedere per terra.
“Mi fa uno strano effetto vederli ballare.” Eric era piuttosto interdetto. Se avesse avuto la sua macchina fotografica a portata di mano, avrebbe
sicuramente vinto il premio Pulitzer per aver fotografato le persone più
stupide del pianeta.
“Certo, ti vorrei vedere io a ballare!”
Sdrammatizzò Kelly, indicando l’ex fidanzato.
“E smettila di berciare, che poi ci sentono!” La
rimproverò Gary, che le diede una piccola spinta
all’indietro. La cosa peggiore che potesse fare in quel
momento.
Siccome erano tutti e tre in
bilico sulle ginocchia, il loro equilibrio era piuttosto instabile. La ragazza,
prima barcollò un po’ e poi cadde, finendo sopra un asse
di legno.
“AHIA!” Urlò, senza rendersi conto. Gli altri
due le si buttarono immediatamente addosso, tappandole
la bocca.
“Sei una cretina! Se ci hanno sentiti siamo fritti! Eric, controlla un po’ se sono ancora
lì…” Gary sperava ardentemente che non ci avrebbero
fato caso, altrimenti sarebbe stata la fine.
“La musica c’è ancora…magari
si sono spostati in un’altra stanza. Se ci avessero sentiti,
avrebbero spento lo stereo per sentire meglio.” Detto questo, tirò un sospiro di sollievo.
I due guardarono immediatamente Kelly,
fulminandola con lo sguardo. Se non fosse stata così
dannatamente stupida, a quest’ora potevano osservarsi tranquillamente tutta la
scena. Però, sembrava davvero che non era successo
niente. D’un tratto sentirono due paia di occhi
minacciosi puntati su di loro.
“Si può sapere cosa diavolo ci fate voi qui?”
Disse Orlando, furente, mentre Katie stava
disperatamente cercando di nascondersi dalla vergogna.
Capitolo 17 *** 2 giorni di convivenza forzata. ***
Ok, lo so da sola, sono mesi che non
aggiorno più la storia. Spero sappiate perdonarmi, mi inchino
di fronte a voi! Purtroppo ho avuto davvero tantissime cose da fare e così la
mia storia finiva sempre tra le ultime cose da fare…poi
quando avevo cinque minuti mi mancava la voglia e così….vabbè, tanto ormai è andata! Spero che il nuovo capitolo vi
piaccia e, come al solito, ditemi quello che ne
pensate! Buona lettura! Bacini, Shi*
Capitolo 17.
2 giorni di convivenza forzata.
Orlando guardava in malo modo i tre ospiti
inaspettati, un po’ arrabbiato, e un po’ seccato. L’averlo beccato con Katie,
mentre ballava un valzer (se di valzer si può parlare)
lo aveva infastidito. Sapeva benissimo di essere una persona molto di compagnia
e molto autoironica, però voleva che la sua intimità rimanesse tale. Il fatto
che degli estranei lo avevano visto lo turbava molto, per un attimo si era
sentito quasi minacciato. Da qualche minuto girava
ansiosamente per la casa, camminando rumorosamente. Katie, dal canto
suo, si era seduta sul divano e, con le braccia sulle ginocchia, aveva affondato la testa sulle gambe. Non si era mai
vergognata così tanto in vita sua. Lei,
che solo ora cominciava ad aprirsi agli altri. Ogni tanto lanciava uno
sguardo ad Orlando, che però non ricambiava. Era
furente, lo si capiva benissimo anche dai suoi occhi.
Eric si sentiva esattamente come un condannato che
era stato portato al patibolo. Lui, Kelly e Gary si erano seduti sulla poltrona
di fronte a Katie e nessuno dei tre accennava ad alzare la testa oppure a
parlare. Il ragazzo avrebbe voluto spiegare tutto all’amica, però la presenza
del suo rivale lo innervosiva. Sapeva di non avere
ragione e l’aver coinvolto Gary lo preoccupava. Aveva sempre avuto una fervida
fantasia, ma mai si sarebbe aspettato di finire in una
situazione assurda come questa. Nella casa di una persona che odiava, con due sue amici e l’ex fidanzata, beccati dopo aver spiato
un innocente valzer.
“Premetto che sono molto, molto incavolato”
Cominciò Orlando, schiarendosi la voce. “E ora, per la
vostra incolumità, vi conviene dirmi IMMEDIATAMENTE perché ci stavate spiando
e, cosa ben più importante, perché diavolo siete qui!” Finì urlando, voltandosi
verso i tre e incrociando le braccia al petto, in segno di sfida.
“Il motivo di tutto ciò è semplice e al tempo
stesso complicato.” Esordì Gary, in tono saccente,
alzandosi in piedi.
“Semplice o complicato che sia, ditemelo. Perché,
credetemi, io non mi sono mai sentito così offeso in tutta la mia vita” Si
rivolse verso Katie, che colse lo sguardo e abbassò la
testa.
“Beh, adesso non c’è bisogno di esagerare…” Lo
provocò Eric.
“Già che tu non mi stai simpatico…” rispose l’altro
indicandolo con l’indice. “…e fare questa battutine
sarcastiche non migliora certo la situazione, credimi. E tu…” voltandosi verso Gary “…finisci!”
“Come stavo appunto dicendo, prima che un idiota mi interrompesse” Disse, tirando un’occhiataccia all’amico
“la cosa è un po’ complicata. Io ero venuto in macchina dalla Scozia, dove mi
trovo momentaneamente per lavoro, per andare a trovare Eric. Siamo nello stesso
cast di attori di C.S.I. da un bel po’ di tempo, così
mi era sembrata una buona idea vedere come se la cavava all’università”
“Ma cos’è, la storia della
tua vita?” Disse in tono sarcastico Kelly, sbuffando.
“Zitta! E’ l’unica cosa che ti riesce bene!” La rimproverò Orlando.
“Dunque…” continuò l’altro
“…così ci siamo ritrovati a parlare nel cortile. Finché non
ti abbiamo visto in macchina. Poi, non chiedetemi come
è successo, ma quell’invasato di Eric ha blaterato qualcosa, è andato a
prendere quest’altra pazza isterica e ti abbiamo seguito fin qui. Non era
nostra intenzione spiarvi, è stata una pura coincidenza.”
“Rimane il fatto, però. Nessuno vi ha autorizzato
ad entrare nel cortile, tantomeno ad osservare quello che accadeva dentro la MIA proprietà. In definiti…”
Non riuscì a finire la frase che Kelly si era alzata di scatto ed era andata
con la grinta di un leone di fronte a Gary.
“A CHI HAI DATO DELLA PAZZA?” Domandò, decisamente inalberata.
“A te” Rispose placido lui, guardandola dall’alto
in basso “Perché è quello che sei. Una
pazza isterica, come ho già detto prima. Già che io non sopporto
propriamente le donne, poi ti ci metti tu con questa vocina e col tuo
temperamento tranquillo…”
“RESTA IL FATTO CHE MI HAI
DATO DELLA PAZZA! E NON PERMETTO A NESSUNO DI DARMI
DELLA PAZZA” Continuò lei.
“Ehm, ragazzi” Disse timidamente
Eric “Il problema non mi sembra questo. Calmiamoci un attimo che poi…”
“SE TU HAI BISOGNO DI CALMARTI
VATTI A PRENDERE UN VALIUM! IO SONO CALMA, CALMISSIMA!”
“Certo, calmissima…infatti
non stai mica sbraitando come una deficiente solo perché qualcuno ti ha dato
della pazza! Stai soltanto discutendo amabilmente con un tuo amico, se non
erro. Oppure sbaglio?” Replicò lui, seccato.
“Fai ironia? STAI FACENDO IRONIA? NON MI PARE IL
CASO DI FARE IRONIA!” Kelly si era scagliata contro il
suo ex e lo aveva letteralmente appiattito contro la poltrona.
“Kelly, per l’amor del cielo, vuoi comportarti come
un essere umano civilizzato? In questo momento hai la stessa grazia di un uomo
delle caverne. E ora, per favore, mettiti seduta e
cerca di stare zitta, porca vacca! Non gliene frega un fico secco a nessuno se
tu sei una pazza oppure no!” Anche Orlando era scoppiato. Tutta quella
situazione gli aveva fatto venire mal di testa e
sentire gli altri tre che litigavano non avevano fatto altro che peggiorare la
situazione.
“Mff…eh…eh…eh…eh…Ah!Ah!AH!AH!AH!”
Katie
aveva cominciato a ridere, a ridere così tanto che si
era piegata in due dalle risate. La sua voce riecheggiava cristallina tra i
muri della casa e si diffondeva dappertutto, sciogliendo quell’atmosfera tesa
che si era creata prima. Sentire i suoi amici litigare le aveva fatto pensare alle commedie dell’assurdo che aveva letto
qualche volta, in biblioteca. In un attimo aveva persino dimenticato tutta la
vergogna che aveva provato quando era stata scoperta.
In un primo momento, Kelly fu tentata di
risponderle male poi, quando vide quell’espressione felice sul volto della
sorella, non riuscì a non ridere. Persino Orlando e Gary, che cercavano di
mantenere la discussione in un tono piuttosto serio, si unirono a loro. In
fondo, ormai quello che era successo era successo. E, nel modo più inaspettato, avevano ‘fatto pace’. Non c’era motivo di essere arrabbiati gli uni con
gli altri.
Quella sera, Gary, dopo essersi scusato con Orlando
per l’accaduto, aveva lasciato la casa e si era diretto dalla moglie, che
l’aveva chiamato più volte durante il viaggio, preoccupata per il ritardo del
marito. Rimaneva un problema, un problema molto
grosso. Eric e Kelly dovevano tornare a casa. All’inizio avevano pensato di
farsi riaccompagnare dall’amico di lui, però il
viaggio era lungo e non se l’erano sentita di chiederlo. In taxi avrebbero
speso una fortuna, la stazione del treno era piuttosto
lontana e persino in autobus il tragitto sarebbe stato infinito. La soluzione
rimaneva una sola…
“No, un momento, mi state dicendo
che dovrei tenervi qui per tutto il week end?”
Domandò Orlando, come se avesse una mosca in un occhio. “Un weekend che doveva essere di calma e tranquillità? No, non
se ne parla neanche.” E chiuse la porta della camera,
chiudendosi dentro.
“Ci sta cacciando di casa?
Oppure la casa ce la lascia? No, scusatemi se non
capisco…” Disse Kelly, sbuffando e buttando le braccia
per aria.
“Sta semplicemente dicendo
che non ci vuole tra i piedi. Una specie di ultimatum:o
noi due o lui.”Aggiunse Eric mettendosi a sedere sopra il tavolo della cucina.
Neanche a lui andava a genio dover restare due giorni chiuso
in quella casa con una persona che non trovava affatto gradevole. Eppure, se ci fosse stata un’altra scappatoia, l’avrebbe
sicuramente scelta.
“Ma non può mica chiuderci
fuori casa come delle bestie! Non è colpa di nessuno se siamo venuti qui!” Rispose la ragazza. Sentì su di sé lo sguardo
rassegnato della sorella e dell’amico. Poi, ammise “Beh, diciamo
che è un po’ colpa ce l’abbiamo.”
“Io non voglio che voi ve ne andiate.
Cioè, se dovete tornare in taxi verrebbe a costarvi
una fortuna e non voglio.” Disse infine Katie, appoggiando una mano alla
finestra, sorridendo.
“Perchéridi? Sei forse contenta delle nostre disgrazie? No, perché
se è così ti spelo al posto del tuo amichetto, chiaro?” Rispose scherzosamente
Eric, dandole un colpetto sul sedere con un piede.
“No che non rido di voi!
Stavo solamente pensando che Orlando è arrabbiato
perché lo avete visto in un momento un po’…particolare. Penso che si sia
sentito molto in imbarazzo nell’essere scoperto in quegli atteggiamenti. Era un
po’ un suo momento di intimità, magari non lo ha mai
visto nessuno mentre faceva quei versi!” Non riuscì a trattenere un risolino.
“Però tu c’eri…” Finì
Kelly. Per un attimo rimasero tutti in silenzio.
“Sentite…m-mi dispiace. Se solo a-avessi saputo…” La sorella abbassò gli occhi e si
voltò dall’altra parte, stringendo le mani al petto.
“No, non volevamo dire questo…” Si salvò in
extremis Eric, lanciando un’occhiata omicida alla sua ex. “Lei stava semplicemente
dicendo che tu eri lì, però lui lo sapeva. Sì,
insomma, tu stavi condividendo con lui quel momento di allegria,
e questo è un bene. Guarda che ci fa piacere che tu ti diverti, non sentirti in
imbarazzo con noi, non vogliamo che tu ricominci a balbettare.”
“No, sto bene, non preoccupatevi.” Alzò le spalle,
girandosi verso gli altri due, poi sorrise. “Provo a parlare
con lui, va bene? Almeno per questa notte…poi domattina vedremo il da
farsi…” E corse via.
“Gelosa?” Domandò Eric a Kelly, quando l’altra
sorella fu lontana.
“Ma fammi il piacere!”
Rispose, tuffandosi sul divano e accendendo la televisione. In realtà era
gelosa di Orlando perché lui era stato capace di far
ridere Katie. Ma non era uno dei suoi soliti sorrisi
formali, stava ridendo di gusto…e lei non c’era mai riuscita.
Katie entrò nella camera silenziosamente,
osservando l’amico steso sul letto, che fissava il soffitto. Aveva
ancora le scarpe ai piedi e, a parte questo, riusciva a distinguere ben
poco con l’oscurità sempre crescente. Non aveva nemmeno acceso la luce. Non si
girò nemmeno quando lei entrò.
“Che vuoi?” Si limitò a
dire.
“Senti…” Si sedette vicino a lui
poi, un po’ imbarazzata, ritornò in piedi. Parlare con lui al buio non
la faceva sentire eccessivamente sicura, non riusciva
a capire se lo disturbava.
“Puoi stare seduta nel letto, non mi dai fastidio…”
Lui aveva intuito i suoi timori e lei fece quanto gli
aveva detto. Rimasero per un po’ in silenzio. Katie non riusciva
a spiccicare parola e a lui un po’ veniva da ridere. Sapeva che non era
abituata a parlare con le persone e questa era anche una situazione un po’ fuori dall’ordinario. “Ehi, guarda che non ce l’ho con te, tu non hai fatto niente. Io ce l’ho con quegli altri due.” Nel sentire quelle parole, la
ragazza si calmò.
“Io so che tu volevi stare qui per avere un po’ di
tranquillità, ti capisco. A me, per esempio, non piace stare sempre al campus dell’università. Se posso,
vado a trovare mia nonna a Dublino, ma l’aereo è un po’ caro e non ho mai tanto
tempo libero. Però almeno stasera falli dormire qui,
altrimenti dove vanno? Magari, non lo so, li fai dormire sul divano…qui le
stanze non mancano.” Orlando si alzò di scatto dal
letto, facendola sussultare.
“Non è questo che mi da fastidio. Mi disturba il fatto che loro si siano letteralmente
‘infiltrati’ qui. Il fatto che tu sei qui non presuppone che loro siano qui. Senza contare che non voglio quell’attorucolo
tra i piedi. Io sono una persona molto ragionevole, se non si infrange la mia privacy. Non voglio vivere neanche una
notte assieme a delle persone che non trovo di mio gradimento. Hai capito il
problema?”
“Non sono stupida Orlando, ti prego di non
dimenticarlo.” Si alzò, dirigendosi verso la porta.
“So che io non comando niente, in questa situazione, ma neanche a me fa piacere
vivere insieme a mia sorella se c’è anche Eric e se ci sei anche tu. Anche io ho le mie brutte abitudini, appena alzata, come ho
i miei momenti personali durante la giornata. Però cerco di vedere le cose da
un altro punto di vista, se io fossi nei loro panni non vorrei mai essere
cacciata da una casa in piena notte.” Ammise, infine.
Capiva i timori di Orlando ma allo stesso tempo le
dispiaceva lasciare i due amici in mezzo ad una strada.
“Ho capito, ho capito”
Sbuffò, alzandosi dal letto. “Ma ci sarebbe anche la
macchina e se si tirano giù i sedili…”
“Orlando?” Disse Katie, girandosi verso di lui.
“Va bene, va bene!” Alzò le mani in segno di arresa.
Quando Orlando e Katie
tornarono in cucina, gli altri due si alzarono immediatamente dal divano, dove
si erano seduti per aspettarli. Sapevano troppo bene che erano tornati per dire
se erano ben accetti o meno e la cosa un po’ li preoccupava. Si misero tutti e due appoggiati agli stipiti della porta, con le
braccia incrociate. Il ragazzo si fermò davanti ai due e poi li guardò,
lanciando un’occhiata a Katie.
“Dunque…mi pare di aver
capito che per stasera non si può fare niente. Potrete stare qui ma a due
condizioni: Eric, tu dovrai dormire sul divano mentre
tu, Kelly, andrai con tua sorella e cosa più importante, domani ve ne andrete
non appena trovate il primo autobus, chiaro? Se non vi
va bene una delle due condizioni, le scale qui fuori saranno sufficienti per
farvi dormire. E ora andate a darvi una lavata, tra mezz’ora si mangia.” Se ne andò, salendo le scale.
Katie rimase per un attimo lì, sorrise e poi si
diresse verso la cucina per preparare la cena.
“Per un attimo ho avuto da ridire sul divano ma, sai com’è, tra quello e le scale qui fuori…”
Disse Eric a Kelly che lo guardò sconsolata mentre si avviava verso il bagno.
“Ehi, guarda che io dico sul serio!”