Twins: Cuore in affitto

di Shizuru117
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri. ***
Capitolo 2: *** Tante strade che conducono sempre allo stesso posto... ***
Capitolo 3: *** Scoprire cose nuove... ***
Capitolo 4: *** Ricatti e strane situazioni... ***
Capitolo 5: *** A tutto c'è un perchè... ***
Capitolo 6: *** C'è da fidarsi?! ***
Capitolo 7: *** Sembrava impossibile ma...invece... ***
Capitolo 8: *** Conversazioni che portano solo ulteriori dubbi... ***
Capitolo 9: *** Patti chiari e amicizia lunga...(?!) ***
Capitolo 10: *** Prese di posizione... ***
Capitolo 11: *** Preoccupazioni... ***
Capitolo 12: *** Si scoprono gli altarini... ***
Capitolo 13: *** Decisioni importanti e visite inaspettate... ***
Capitolo 14: *** Forse è arrivato il tempo di cambiare... ***
Capitolo 15: *** In un solo giorno... ***
Capitolo 16: *** Un tranquillo (?!) week end ***
Capitolo 17: *** 2 giorni di convivenza forzata. ***



Capitolo 1
*** Incontri. ***


capitolo 1

Prometto di non scocciarvi troppo con le mie note, in questa storia. Innanzitutto vorrei ringraziare Kristel, che mi sarà sicuramente d'aiuto (non è vero?^^) e poi, al solito, chiunque sarà così di buon cuore da voler recensire. Questa volta ho voluto fare qualcosa di diverso, mettendo nella fic anche un attore che, a mio modesto parere, è molto carino (ma, purtroppo, sconosciuto). Passo la parola a voi e...buona lettura!!!^^ Bacini, Shi*

 

Capitolo 1.

Incontri.

 

A volte, le situazioni più strane, sono create da eventi che, al momento, non sembrano nè importanti nè influenti. Chi di voi non si è mai chiesto cosa succederebbe se, per caso, potesse tornare indietro e cambiare qualche scelta? Tutti, credo. Eppure, anche il celebre detto lo dice: mai piangere sul latte versato. Quella che doveva essere una semplice serata di lavoro, infatti, si sarebbe tramutata in qualcos'altro.

 

Come suo solito, Kelly era uscita di casa con lauto anticipo, con la speranza di trovare il tempo di preparsi. Era una ragazza molto bella: alta, slanciata, dei lunghi capelli biondi fin sotto le spalle, occhi verdi e un fisico da mozzare il fiato. Adorava vivere con i suoi mezzi e, proprio per questo, passava da un lavoro part time all'altro. Quella volta le avevano offerto di fare da cubista in una nota discoteca inglese, la Formula One. Era un posto abbastanza tranquillo, anche se molto frequentato. Delle volte, capitava pure che ci fosse qualche personaggio famoso, a causa della bellezza delle barman o delle ballerine.

 

Arrivò in camerino verso le 22.00, assieme a tutte le altre. Quella sera c'erano all'incirca trenta ragazze, quasi tutte studentesse universitarie. Anche Kelly era lì per lo stesso motivo, quello di trovare dei fondi per finanziarsi gli studi. Frequentava la facoltà di giurisprudenza e, dato che la retta era piuttosto alta, i soldi che le mandavano i suoi genitori non erano sempre sufficienti. Si era tolta velocemente il suo vestito leggero, indossando una minigonna nera, di pelle, un top attillato e un paio di stivali neri dal tacco alto. Ancora non era arrivato nessuno e, di conseguenza, si era messa a discutere un po' con le altre che si trovavano lì, assieme a lei.

 

"Ehi, tu, Black Lady" Disse una, indicando Kelly "Come mai questo abbigliamento da donna sadomaso?"

 

"Veramente, non lo trovo affatto sadomaso. A me piace mettermi in mostra, per questo ho scelto questo completo." Rispose, sorridendo.

 

"Secondo me è un po' troppo volgare." Si intromise un'altra, scarrozzando alcuni bicchieri.

 

"A me piace essere un po' volgarotta..." Si mise un dito in bocca. "E' così che si abbordano gli uomini, ragazze mie. Non voglio di certo relegarmi dietro ad un bancone, ad ascoltare le proposte più assurde. Preferisco di più recitare una parte...attiva!"

 

"Sei nuova, dell'ambiente?"

 

"Sì. Ho accettato questo lavoretto per pagarmi l'esame di diritto commerciale. Il prof. Galsworhtly è una vera pizza, mi mancano ancora tre lezioni per potermi presentare all'esame. Quello là pretende pure che mi ricordi tutto il codice civile a memoria...è completamente pazzo!"

 

"Me lo ricordo. Io ho avuto lezione con lui quasi un anno fa. Anche se è molto severo, è veramente bravo. Per prendere più di 24, basta che ti presenti in sede di esame con degli abiti succinti; gli piace da matti spogliarti con lo sguardo."

 

"Ragazze, smettetela di cincischiare. Tutte al lavoro, svelte!"

 

Il proprietario, un uomo sulla cinquantina, aveva esortato tutte quante ad andare al loro posto, dando ad ognuna una sonora pacca sul sedere. Al Formula funzionava così. A mezzanotte era già pieno di gente, chi era ubriaco, chi era ancora sobrio, chi con la ragazza, chi con gli amici, insomma, ce ne erano di tutti i tipi. Kelly, in ogni caso, dalla sua postazione 'elevata', aveva già individuato un bel ragazzo. Alto, capelli scuri, occhi scuri, un bel sedere e un fisico niente male. Aveva continuato a fissarlo per tutta la serata, lanciandogli delle occhiatine languide e leccandosi, puntualmente, il labbro superiore. Lui, che di certo stupido non era, si era accorto di aver attirato su di sè innumerevoli attenzioni. Quando Kelly scese, per dare il cambio ad un'altra, si diresse subito verso l'oggetto dei suoi desideri. Non appena fu sufficientemente vicina, andò a parlargli.

 

"Ciao biondona, come va la vita?" Chiese lui, appoggiandosi ad una sedia, sorseggiando della birra.

 

"Benissimo, dopo averti visto. Allora, ti piace guardarmi mentre ballo?" Quando voleva, sapeva farsi desiderare.

 

"Certo, il tuo corpo è talmente bello e sensuale che mi verrebbe voglia di toccarlo tutto, da cima a fondo..." Si avvicinò, poggiando una mano sulle sue spalle.

 

"Anche io vorrei scrutare ogni centimetro della tua pelle, ma ora devo tornare al lavoro. Starai qui fino alla chiusura?"

 

"Se è per una bellezza come te, sicuramente."

 

"Allora ci vediamo dopo." Lo afferrò per la maglietta e gli stampò un profondo bacio sulle labbra.

 

"A dopo, mia bellissima regina."

 

Quel povero ragazzo, naturalmente, era rimasto veramente sorpreso dall'atteggiamento spigliato di lei. Sì, insomma, sembrava a tutti gli effetti la classica ragazza facile che si poteva incontrare a scuola. E, come al solito, sarebbe stata tante parole e niente fatti. Poco dopo, arrivò anche un suo amico che, ovviamente, aveva visto l'intera scena da lontano.

 

"Allora, abbiamo già fatto colpo su quella bella cubista? Mi è sembrata una tipa piuttosto diretta..." Esclamò, mettendosi a ridere.

 

"Sarà anche diretta, però è un gran bel pezzo di figliola. Cavoli, mi ha praticamente invitato ad andare a letto con lei."

 

"Sempre il solito culo rotto! Ma è mai possibile che le più bone te le prendi sempre tu?"

 

"Che ci vuoi fare, Dom, è destino...tu sei un perdente, al contrario del sottoscritto."

 

"Vaffanculo Orlando!" Disse Dominic, prima di andare ad ordinare un whiskey, doppio.

 

La serata, ad ogni modo, volse presto al termine. Kelly, occasionalmente, osservava il ragazzo, senza nè remori nè paura. Un po' lo intimidiva, questo atteggiamento provocante, tanto da metterlo in imbarazzo, delle volte. Alle 4.00, la ragazza si diresse nei camerini, a cambiarsi per rimettere i suoi vestiti, di certo più comodi e sobri di quelli che aveva indossato fino ad ora. Si struccò, velocemente, lasciando il suo viso pulito e liscio, ma pur sempre bellissimo. Prese la borsa e si diresse verso l'uscita. Non appena attraversò la porta, sentì suonare un clacson dietro di lei. Si girò istantaneamente, già pronta a mandare a quel paese quella persona così irritante finchè, contenta, notò che era il ragazzo che l'aveva abbordata qualche ora fa.

 

"Dove vai, tutta sola, a quest'ora della notte?" Domandò Orlando, con una punta di maliziosità nella voce.

 

"A casa, caro mio. Tu, piuttosto, mi stavi aspettando?" Kelly era abilissima nel parlare, quasi fosse stata una macchina addestrata a questo.

 

"Ma come siamo presuntuose?! E se stessi aspettando qualcun altro?"

 

"A meno che non reputi quelle racchie delle mie compagne di lavoro più belle di me...cosa alquanto difficile. Non per vantarmi, ma credo di essere l'unica decente, in questa specie di bordello."

 

"Allora che intenzioni hai? Mi concedi di darti un passaggio?" Si sporse un po' dal finestrino, avvicinandosi al suo volto. "Ma è di sola andata...per casa mia." Disse, infine.

 

"Se hai un bel letto comodo e un buon quantitativo di preservativi, è fatta." Le spalancò la portiera. "Bene...nome?"

 

"Orlando Bloom, ma puoi chiamarmi solo Orlando."

 

"Bene...Orlando" Salì, senza sapere quale fosse realmente la meta. Però, era cosciente di quello che stava per fare: sesso.

 

Fu, senza dubbio, una serata indimenticabile. La casa di Orlando era molto grande, isolata, con un bel lettone a due piazze, tutto per loro. Doveva ammetterlo, la sua performance era stata ammirevole. L'avevano fatto tre volte, senza interrompersi neanche per cinque minuti. La mattina, alle 9.00, Kelly si alzò senza farsi sentire e lasciò un bigliettino sopra al comodino con scritto: Ottimo lavoro, complimenti! Kelly. Niente di più, niente di meno. Le piaceva molto avere delle relazioni di sesso, ma non dovevano sfociare assolutamente in niente di più. Voleva essere libera e, di conseguenza, fuggiva sempre dalle relazioni troppo lunghe e noiose. Le piaceva sentire quella pulsione che soltanto un nuovo amore può darti. Si incamminò velocemente verso l'università, nella speranza di fare in tempo per la sua lezione di diritto.

 

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Era già da un po' di tempo che Eric Szmanda era stato tentato di continuare i suoi studi di biologia. Dopo aver recitato in CSI, poi, la sua voglia era addirittura aumentata.  Certo, aveva quasi trent'anni suonati, però gli era dispiaciuto molto lasciare l'università per andare a scuola di teatro. Era davanti alla Tennyson University, a Londra, con i suoi libri in mano. Si sentiva un po' stupido vedendo che, tutto intorno a lui, giravano dei ragazzi che avevano appena finito le superiori mentre lui...beh, le aveva finite da un pezzo. La sua prima lezione si sarebbe tenuta proprio quella mattina, con il prof. Langton. Andò alla reception, per sapere in che aula fosse.

 

"Mi scusi" Chiese all'attempata inserviente. "Sa dirmi dove devo andare per la lezione del prof. Langton."

 

"Un attimo che guardo..." Disse con voce roca. "Dunque, dovrebbe essere alla 98b, secondo piano."

 

"Grazie mille."

 

Girò in lungo e in largo, mai si sarebbe aspettato che quell'università fosse così grande. Lui, che era sempre vissuto in America, aveva visto delle scuole molto diverse, sicuramente più moderne di quella in cui si trovava in quel momento. Dovette chiedere a due o tre persone di indicargli l'aula, tanto si era perso. Entrò senza bussare e riuscì a malapena a sedersi prima che il prof entrasse. Tirò fuori il suo block notes, per prendere gli appunti, e cominciò a scrivere. Tuttavia, dopo neanche cinque minuti, si era accorto che qualcosa non andava.

 

"Secondo la semplice sintesi di Samuelson, l'economia politica si pone tre domande fondamentali, strettamente collegate le une alle altre: che cosa, come e per chi produrre. La terza domando è, tuttavia, considerata dagli economisti in un suo specifico senso, che non riguarda tanto le scelte della produzione ma quelle della distribuzione della ricchezza creata dalle attività produttica. Per chi produrre assume..." Il professore aveva cominciato a fare alcuni segni alla lavagna, continuando a parlare.

 

Eric, un po' spaesato, chiese ad una ragazza vicino a lui dove fosse capitato.

 

"Scusa ma, questa non è la lezione del prof. Langton?" Domandò. Notò che lei aveva già riempito un foglio di appunti. 'Caspita, proprio una secchiona dovevo incontrare' pensò.

 

"No...m-mi dispiace. Q-questa è la lezione del prof. Sangton." Aveva parlato a bassissima voce. Si era girata pochissimo e, subito dopo, si era nascosta il volto sotto la lunga frangetta. Aveva dei capelli biondi raccolti in una coda bassa, degli occhiali abbastanza spessi e una marea di lentiggini nelle guancie.

 

"Come sarebbe a dire? Ma, allora, questa non è la facoltà di biologia?"

 

"No...è economia e commercio."

 

"Allora che cavolo mi ha detto quella della reception?!" Vide lei emettere un leggero risolino.

 

"La signora Gower è un po' distratta. Si sarà confusa, lo fa spesso." Aveva tolto le mani dal viso, mostrando due bei occhi color ghiaccio.

 

"Accidenti, adesso mi toccherà andarmente." Fece per farlo, quando lei lo fermò.

 

"Non ti conviene. Il professor Sangton è molto permaloso, non vuole che si arrivi in ritardo...tantomeno uscire in anticipo." Era visibilmente preoccupata per lui. Teneva ancora la testa bassa, per non farsi vedere.

 

"Allora...sono proprio nei guai. Tu sei?" Le sorrise, come solo lui sa fare.

 

"...ehm...c-chiamami Katie." Era arrossita.

 

"Benissimo, io sono Eric. Piacere." Tese la mano per salutarla, ma lei non ricambiò il gesto.

 

"P-piacere."

 

"Voi due, lassù. Anche se la mia lezione non è interessante, siete comunque pregati di fare silenzio!" Urlò il professore, indicandoli con la sua bacchetta. Eric notò che Katie si era nascosta ancora di più.

 

"V-vorrei seguire la l-lezione...se non ti spiace." Disse, infine.

 

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Orlando era rimasto molto affascinato da Kelly, tanto che per lui stava quasi diventando un'ossessione. Non aveva nessun indizio per poterla trovare e così, quel pomeriggio, come ultima spiaggia, andò dal proprietario del Formula One. Lui, un po' ritroso a dare delle notizie delle sue dipendenti, disse soltanto due cose: Kelly Hilding, Tennyson University. Il ragazzo, senza farselo ripetere due volte, prese la macchina e si indirizzò verso la scuola. La conosceva molto bene, non era molto distante dalla sua casa di Londra. Parcheggiò alla meno peggio e si diresse verso la reception, per sapere il numero di camera di quella ragazza.

 

"Mi scusi" Chiese, molto impazientemente. "Sto cercando una certa Kelly Hilding, sa dirmi dov'è?"

 

"Certo che lo so, la maggior parte delle volte che mi chiamano è per sapere dove sia. Dormitorio H, camera 247"

 

Orlando non la ringraziò nemmeno e corse fuori, a cercare l'edificio. Lo trovò in un attimo e, dopo aver fermato una ragazza, trovò la fatidica camera 247. La porta era aperta e, con suo grande piacere, vide una sagoma con una folta chioma bionda seduta alla scrivania. Si avvicinò, furtivo e, senza che lei riuscisse a dire qualcosa, la baciò. Vide lei sussultare a quel contatto ma, quando volle 'inserire' la lingua nella sua bocca, la vide staccarsi, tremante.

 

"Ma si può sapere che..." Non riuscì a finire la frase che, con suo grande disappunto, si accorse che quella ragazza non era la sua femme fatale. "...Kelly, dove sta Kelly?"

 

"Sarà la centesima volta che succede!" Esclamò lei, al colmo dell'imbarazzo. "Io non sono Kelly...sono Katie. Kelly è la mia sorella gemella."

 

CONTINUA...

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Capitolo 2
*** Tante strade che conducono sempre allo stesso posto... ***


Capitolo 2

Hola!^^ Rieccomi con il secondo capitolo! So che non è degna di "E a me, del tuo nome?" però, mi raccomando, recensite!!!^^ Bacini, Shi*

 

Capitolo 2.

Tante strade che conducono sempre allo stesso posto...

 

Orlando guardava quella ragazza con due occhi simili a due enormi palle da bowling. Erano gemelle? Ma se non si rassomigliavano affatto! Questa qui era molto più brutta, con un fiume di lentiggini e due occhiali da secchiona. Avevano in comune solamente il codice genetico, niente di più.

 

"B-beh...v-visto che mia sorella non c'è...p-puoi pure andare." Disse Katie, con la voce che le moriva in gola. L'aveva riconosciuto all'istante. Lei, che era un'appassionata di cinema e libri, si era vista almeno un centinaio di volte 'il signore degli anelli'.

 

"Sai quando torna?" Chiese, sfacciatamente. Era rimasto molto deluso di non aver trovato Kelly in casa e, soprattutto, di aver dato un bacio a quella racchia di sua sorella.

 

"E' a lezione, in questo momento. P-penso che dovrebbe tornare tra poco." Continuava a coprirsi il volto con le mani. In quel mentre, la porta si spalancò, lasciando intravedere la figura dell'altra gemella. Si guardò un po' attorno, stranita dal fatto che ci fosse un uomo in camera sua e poi, riconoscendolo, lo portò via di peso. Katie, che aveva osservato tutta la scena inerme, aveva tirato un sospiro di sollievo.

 

"Si può sapere che diavolo ti è preso? Ti sembra questo il modo di entrare nella vita privata della gente?!" Gli urlò, smanettando a destra e sinistra.

 

"Quanto siamo permalose" Orlando le cinse i fianchi con le braccia. "Eppure, l'altra sera, non mi sembravi così ritrosa." Di tutta risposta, si beccò un ceffone.

 

"Bada a come parli, caro il mio sciupafemmine. Ciò che faccio e, soprattutto, con chi lo faccio, non sono affaracci tuoi. Sono una donna, per giunta libera, e faccio le cose solamente quando mi va di farle! Perciò, non prenderti più il permesso di fare ciò che ti frulla per la testa! Specialmente qui, all'università." Aveva cominciato a parlare con un tono di voce veramente incazzoso (ci sta un po' male, ma rende l'idea!^^ NdShizuru117).

 

"Se sei lunatica, non dare la colpa a me! L'altra mattina, quando mi sono svegliato, ho notato subito il tuo bigliettino. Pensavo che fosse un invito per venirti a cercare!" Anche lui aveva assunto un tono di voce piuttosto offeso. Dopotutto, era stata lei ad accettare di andare a letto con lui.

 

"La prossima volta, vedi di farlo funzionare meglio quel cervello! Sono venuta a letto con te, e allora? Io posso andare a letto con chi mi pare e piace." Rientrò in camera, sbattendo la porta.

 

"Non finisce qui, cara la mia Kelly. Vedrai che non finisce qui!" E se ne andò, arrabbiatissimo.

 

Il discorso che gli aveva fatto la ragazza, in effetti, era piuttosto giusto. Essendo libera e maggiorenne, poteva fare ciò che più l'aggradava, senza chiedere il permesso a niente e nessuno. Però, per Dio, poteva trattarlo anche meglio! In fondo, era stato lui il coglione che era andato a cercarla. Ormai era diventata una questione di principio, nessuna si doveva prendere il permesso di trattarlo così. Camminando per il corridoio, andò a sbattere contro qualche persona ma non si fermò neanche a chiedere scusa. Intanto, Eric, che aveva assistito a tutta la scena da lontano, si chiedeva cosa poteva essere successo a quel pezzo di pane di Katie. Dopo quello sbadato errore, doveva andare a consegnarle il suo quaderno degli appunti, che aveva dimenticato in aula. Bussò alla 247, sperando di non ricevere un coccio di fiori in testa.

 

"CHE DIAVOLO VUOI ANCORA?" Aprendo la porta, Kelly aveva continuato ad urlare. Quando si accorse che non era Orlando, si calmò subito. "Scusami, ti avevo scambiato per un'altra persona. Che vuoi?"

 

"Katie?" Disse lui, confuso. Sembrava lei, ma molto molto più bella.

 

"Ah, cerchi mia sorella. Un attimo che te la chiamo."

 

Sbattè la porta di nuovo, tanto che i capelli di Eric svolazzarono per un po' al vento. 'Qui dentro, o sono pazzo io, o sono pazze loro' pensò, facendo sbucare dalla testa un enorme punto interrogativo. Dopo qualche istante, venne ad aprire l'interessata.

 

"S-scusami, i modi di mia sorella lasciano un po' a desiderare. C-come mai mi hai cercato?" Questa volta era lei. L'aveva riconosciuta subito, visto che aveva nascosto il viso non appena l'aveva visto.

 

"Ciao Katie. Senti, ti ho riportato il quaderno degli appunti. L'avevi lasciato nell'aula, alla fine della lezione." Glielo porse, gentilmente. Lei, piano, lo riprese e lo nascose dietro la schiena.

 

"G-grazie." Fece per richiudere la porta, quando le mani di lui la fermarono.

 

"Aspetta, devi farmi un favore. Sto disperatamente cercando, da più di un'ora, la biblioteca...mi ci puoi accompagnare?" La vide che cercava di ritrarre la mano.

 

"N-no...per favore...l-lasciami..." Cominciava a balbettare più del solito, sembrava paralizzata davanti a quel gesto. Non era niente di importante, eppure, si era irrigidita talmente tanto da avere gli occhi sbarrati.

 

"Andiamo, cosa vuoi che sia? Devi soltanto portarmi lì davanti, prima che mi perda in questo labirinto."

 

"No!" In quel mentre, Eric l'aveva strattonata a tal punto da farla cadere sulle ginocchia. Mentre succedeva questo, due ragazze avevano cominciato a fare dei piccoli risolini e a dire qualcosa.

 

"Toh, il mostriciattolo è uscito dalla tana!" Lo dissero ad alta voce, di modo che Katie lo sentisse bene.

 

"Santa blatta, e vieni fuori!" Le prese di peso e la trascinò per tutto il corridoio, fino ad uscire.

 

La ragazza era rimasta sconvolta, allibita. Ognuno che la vedeva passare la squadrava peggio di una tac e, i pochi uomini che la videro, cominciarono a parlottare tra di loro. Katie, che nel frattempo avrebbe voluto scomparire, stava cominciando a tremare dal terrore. Sapeva che le intenzioni del ragazzo erano più che buone ma non voleva, non voleva essere vista, non voleva essere osservata. Quando arrivarono in giardino, si fiondò giù dalle sue braccia, nascondendosi dietro al primo albero che aveva trovato. Il ragazzo, un po' spaesato da quello strano comportamento, mise le mani in tasca e si incamminò verso di lei.

 

"Si può sapere che ti succede? Perchè cerchi sempre di scappare?" La vide nascondersi dietro alle mani, per l'ennesima volta. "E smettila di coprirti il viso." Si inginocchiò davanti a lei. "Sono venuto a cercare te perchè sei l'unica che conosco, cara la mia Katie Hilding. Devi solamente portarmi in biblioteca e, dato che in portineria c'è quella vecchia rincitrullita, non vorrei di certo finire in chissà quale posto!"

 

"N-non sei venuto p-per sapere di mia sorella?" Disse, piano.

 

"Certo che no! Quella scalmanata di tua sorella l'ho vista solo cinque minuti fa e, ti giuro, non mi ha fatto una bella impressione." Si mise a ridere. "Dai, se tu sei la prima persona che ho conosciuto dentro questa gabbia di matti! Sono appena arrivato e, capirai da te, che mi trovo peggio di un pesce fuor d'acqua. Ho trent'anni e voglia di fare 0. Poi, visto che mi hai dato l'impressione di essere molto brava, potresti aiutarmi a studiare."

 

"M-ma tu fai biologia, non economia." Sorrise, lievemente.

 

"Oh, finalmente ti vedo fare un bel sorriso. Tu quanti anni hai Katie?" Domandò, molto più tranquillo nel vedere che si era rilassata.

 

"Ne devo f-fare venticinque questo autunno."

 

"Che anno frequenti?" La vide togliersi le mani dal volto.

 

"L'ultimo, dovrei d-dare la tesi entro dicembre, s-sono riuscita ad anticipare di un anno."

 

"Caspita!" Esclamò il ragazzo, visibilmente stupito. "Ma ora sarà meglio smetterla con questo terzo grado, che poi ti faccio anche sentire a disagio. Vogliamo andare a questa benedetta biblioteca, sì o no?"

 

"V-va bene. Passiamo per un'altra strada, c-così entriamo dalla porta secondaria." Si alzò e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno, si incamminò.

 

Da quello che aveva visto Eric, Katie doveva essere proprio una ragazza molto timida. Per strapparle due parole aveva dovuto faticare come un matto. E poi, in fondo, non era così male. Sembrava molto tranquilla e posata, con l'unica pecca di balbettare un po' troppo. Camminava tutta ricurva, per nascondere nuovamente il volto. Senza contare che, vestita con quegli abiti larghissimi che aveva, sembrava ancora più brutta di quella che non era in realtà. Cielo, non è che fosse bella, però poteva pur tenersi meglio. Se soltanto fosse stata affascinante come la sorella...allora sì che sarebbe andata bene. Pensando a questo, non si accorse di essere arrivato davanti ad un edificio molto vecchio rispetto all'università, di mattoni, immerso in un'ambiente quasi agreste. Era circondato da alberi e fiori che, tutt'intorno a loro, lasciavano un delicato profumo. Vide la ragazza bussare, molto piano, e una donna sui quaranta andò ad aprirle.

 

"Che bella sorpresa vederti, Katie." Le diede un bacio sulla guancia. "Hai finito di leggere 'guerra e pace'?"

 

Il volto del ragazzo divenne paonazzo. 'Guerra e pace? Ma non era quel mattone tremendo di mille e passa pagine?" pensò, strabuzzando gli occhi.

 

"No, signorina Isherwood. Sono arrivata solo a metà a causa del mio prossimo esame." Sembrava che la conoscesse molto bene.

 

"Tu, invece, chi sei? Come mai sei con lei?" Il tono di voce della donna era diventato stranamente ostile.

 

"Non si preoccupi, mi ha chiesto di accompagnarlo qui perchè è appena arrivato. Non è uno di loro..." La ragazza le prese una mano, per calmarla.

 

"Ha ragione Katie, sono io che l'ho costretta a venire qui! Se non sono il benvenuto, ripasso un'altra volta." Fece per andarsene, quando la signorina Isherwood lo richiamò.

 

"Se ha detto che non sei uno di 'loro', allora puoi venire." E aprì la porta, invitandoli ad entrare.

 

La biblioteca doveva essere molto vecchia, a giudicare dai tanti volumi che si potevano trovare sugli scaffali. Tolstoj, Shakespeare, Hobbes...un professore di lettere antiche avrebbe dato un polmone per avere uno di quei libri. Girovagò per un po', senza meta, finchè non trovò la sezione che lo interessava: 'Scienze naturali e studio della biologia'. Tirò fuori qualche libro e lo osservò un po', prima di aprirlo. Sembrava quasi nuovo, non aveva neanche una parte rotta o magari usurata. Fece per chiedere alla signora Isherwood quando vide la donna, assieme a Katie, davanti ad un piccolo armadietto. Si avvicinò, senza farsi sentire, per poter origliare.

 

"Prendi qualcosa anche questa volta?" Chiese la donna.

 

"Mi piacerebbe poter prendere 'Otello' ma, non lo so, forse sono più propensa a prendere 'la mandragola'. Lei cosa mi consiglia? Il fatto è che non vorrei andare a tuffarmi in cose troppo vecchie." Rispose, titubante.

 

"Perchè non provi 'Notre Dame'? Anche se non è teatrale, è sempre un buono spunto. Su, avanti, portalo via."

 

"Forse sto approfittando un po' troppo della sua gentilezza. Davvero posso?"

 

"Ma certo che puoi, non sono domande da fare."

 

Eric se ne andò quasi subito, sentendosi di troppo in quella bella scenetta. Eppure, da quello che aveva visto, Katie frequentava economia...che c'entravano tutti quei libri di letteratura? Magari aveva l'hobby di leggere, era possibilissimo. Se ne tornò al suo bel volume, che titololava 'l'evoluzione', che lo stava chiamando, sconsolato. L'idea di farsi una mangiata di biologia non è che lo esaltasse molto. Però, da quando recitava in CSI, aveva avuto l'idea di ritornare all'università, avendo provato cosa voleva dire essere un tecnico di laboratorio. Andò alla cattedra, per farsi segnare.

 

"Signorina Isherwood, vorrei prendere questo in prestito." La vide sbucare da un angolino.

 

"Bene, riportalo il mese prossimo." Disse, secca. "Se per allora non sarai riuscito a studiare, verrai qui e ti farai prolungare il prestito. Intesi?"

 

"Sì. "Girandosi, notò che Katie era vicina a lui.

 

"F-finito?" gli domandò, guardando per terra.

 

"Già. Senti, io adesso devo andare. Grazie di tutto e..." fermò il discorso a metà.

 

"C-che c'è?"

 

"ehm...non so come dirtelo...tua sorella che facoltà frequenta?" A questa domanda, vide Katie sospirare.

 

"Giurisprudenza, quarto anno. Se vuoi s-saperlo, stasera è libera." Stava ricominciando a tremare.

 

"No, ma cosa vai a pensare! Era per curiosità, tanto per sapere!" Cercò di giustificarsi. "Tu, piuttosto, stasera uscirai con le tue amiche, no?"

 

"N-non ho amici..." Si stava di nuovo nascondendo.

 

Eric si era sentito proprio un verme. Aveva fatto la figura del solito cretino che aveva chiesto informazioni su una ragazza alla persona sbagliata. Doveva cercare di farsi perdonare, o perlomeno di glissare. Dopotutto, era un attore.

 

"Il fatto è che...beh, se non hai impegni, perchè una queste sere non vieni a bere un caffè con me?" Era stata la prima cosa che gli era venuta in mente.

 

"Sei d-davvero sicuro?" Lei sembrava molto stupita.

 

"Ma sì! Allora, che mi dici?"

 

"V-va b-bene."

 

Ecco, l'aveva fatto. Invece di cercare di invitare fuori Kelly, si era messo nel pasticcio di uscire con Katie. Con la vitalità che aveva, sarebbe di sicuro stata una serata INTERESSANTISSIMA...

 

CONTINUA...

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Capitolo 3
*** Scoprire cose nuove... ***


Capitolo 3

Salve salvino gente! Che dire, il terzo capitolo è stato un po' patito ma, visto che il 17 maggio comincio gli stage, i professori ci hanno subissato di compiti e interrogazioni! BASTARDIIIIIIIIIII! Prometto che, da metà maggio in poi, aggiornerò più spesso! Come per l'altra storia, ringrazierò nella nota precapitolo tutti quelli che recensiranno! (adesso sono io quella bastarda!^^) Questa volta do un grosso bacione a: Keira, Kaori28, Kristel, Eleanor, Frodina178. Un salutino anche ad Itsuki86 (anche se deve ancora leggere...ma è una storia lunga! Se Michela vedrà la foto, forse capirà perchè)!^^ Bacini, Shi*

 

Capitolo 3.

Scoprire cose nuove...

 

Dire che Eric era disperato, era dire veramente poco. Con quella storia del caffè e di Katie, si era messo in un guaio che superava lo scibile umano. Gli piaceva Kelly che, certamente, era una bella ragazza...ma a cosa stava pensando quando aveva invitato fuori sua sorella? Cose molto brutte, evidentemente. Ogni tanto, quando la incontrava per i corridoi, si fermava a salutarla e a scambiare quattro chiacchiere però, puntualmente, sorvolava i discorsi dicendo che aveva fretta e doveva andarsene. Non che non fosse la verità, visti i suoi impegni 'scolastici', però ci metteva il carico da undici. Tuttavia, quella situazione non poteva continuare in eterno, doveva decidersi a fare la prima mossa.

 

Un pomeriggio, dopo la sua lezione di 'Microrganismi e patologie collegate ai virus' (così interessante da strapparsi i capelli di gioia), girò per la facoltà di economia, nella speranza di incrociare, da un momento all'altro, la povera Katie. I lunghi corridoi erano insolitamente vuoti, probabilmente a causa di alcuni esami e così, visto che non poteva fare altrimenti, si rivolse di nuovo alla signora Gower. La vide, tutta presa, a fare un cruciverba. Lì per lì gli venne da ridere, pensando che delle volte pagano la gente per stare senza far niente.

 

"Mi scusi, vorrei sapere se Katie Hilding, in questo momento, sta facendo un esame." Domandò, appoggiandosi alla scrivania. La donna sembrò molto contrariata della sua interruzione e, ad un certo punto, assunse una strana espressione, quasi...stupita.

 

"Katie? Magari avrai sbagliato, figliolo. Non è che cerchi Kelly?" Disse poi, portandosi una mano sul mento.

 

"No, le ho detto che cerco Katie." Rimarcò lui.

 

"Eppure mi sembra così strano...sei davvero sicuro di non averla scambiata per Hfr?"

 

"Hfr? Mi scusi, signora Gower, è sicura di stare bene? Ad una certa età, il cervello comincia a perdere colpi..." Disse, ridendo sotto i baffi. A occhio e croce, doveva avere quasi sessant'anni.

 

"Bada a come parli, razza di maleducato!" Gli diede uno scappellotto. "Magari ci arrivassi tu, alla mia età, arzilla come sono!" Sfogliò un grosso quaderno. "Se cerchi Katie, in questo momento dovrebbe essere a sostenere l'esame di marketing, assieme alla professoressa Brinsley. Dovrebbe uscire tra...mmh...più o meno un quarto d'ora. Aula 56."

 

"E' sicura di non avermi detto una fesseria?" Visto che, l'ultima volta che gli aveva indicato un'aula, aveva finito per andare nel posto sbagliato, voleva evitare di fare di nuovo lo stesso errore.

 

"Certo che è l'aula giusta! Sei uno screanzato! Le matricole come te dovrebbero imparare a starsene al loro posto." Sentenziò, alzando un po' la voce.

 

"Mi spiace deluderla, ma sono matricola solo di nome! Ho trent'anni."

 

"Resti comunque una matricola, dato che non ti ho mai visto qui in giro. Fuori dai piedi, ho da fare!" Chiuse il vetro, lasciandolo di sasso.

 

'Ma tu guarda, è una nullafacente e si permette pure di trattare così la gente. Tsk, il mondo sta andando a rotoli' pensò. Si incamminò verso l'aula 56, nella speranza di non perdersi. Mentre passeggiava attraverso l'edificio, lanciava qualche occhiata fuori dalla finestra, vedendo alcuni ragazzi che stavano giocando a calcio, altri che leggevano sotto un albero, altri ancora che stavano con i rispettivi fidanzati. 'Ma io cosa ci sto a fare qui? A quest'ora dovrei avere una moglie e dei figli!' rise, a questo pensiero. Non era mai stato un tipo estremamente appiccicoso, anzi, qualche volta, in un rapporto, era perfino troppo distaccato. Affermava di volere i suoi spazi e di volerli dare al partner, a costo di passare per il classico idiota che ha paura di farsi avanti. Ultimamente, poi, si era divertito molto, cercando di non pensare alle storie serie. Tuttavia, data la sua età, aveva cominciato a fare dei pensieri riguardo la famiglia e cose varie. Se non ci pensava adesso, quando l'avrebbe fatto?

 

Senza rendersi conto, in breve tempo si ritrovò proprio davanti all'aula 56. Vide alcune panchinette di metallo e, lentamente, si mise seduto. Molto probabilmente Katie stava facendo qualche esame orale e, di conseguenza, non poteva sapere precisamente quando sarebbe uscita. Riguardò un po' i suoi appunti, pensando a quanto fosse schifosa la sua calligrafia. Lesse qualche pagina del suo libro e poi, sbuffando, aveva chiuso tutto. Avrebbe avuto il suo primo esame tra un mese e...voglia di studiare saltami addosso! Si appoggiò con la testa al muro, chiudendo gli occhi.

 

"E-ehi, che ci fai qui?" Disse una voce a lui familiare. Abbassò la testa talmente di scatto, da colpirle il mento. Lei indietreggiò un attimo, spaventata.

 

"Oddio, scusami!" Cercò di giustificarsi, alzandosi in piedi. Quando lo fece, si dimenticò di avere sulle ginocchia i suoi libri e, di conseguenza, finirono tutti in terra.

 

"Hmpf..." Katie si stava trattenendo.

 

"Prova a ridere, e giuro che è l'ultima cosa che farai!" Si chinò e cominciò a raccogliere la sua roba.

 

"Ah, n-non ti preoccupare, a m-me succede spesso....ahi!" Eric, che in quel momento non la stava guardando, alzò gli occhi. Notò che, sulla tempia di lei, stava scendendo un piccolo rivolo di sangue.

 

"Che ti è successo, come mai stai sanguinando?" Chiese, preoccupato.

 

"N-non è n-niente" Nascose il viso e si pulì con un fazzolettino di carta. Stava tremando. Il ragazzo si guardò in giro e vide, poco lontano, un sassolino appuntito sporco di rosso. Non vide nessuno e sentì soltanto qualcuno ridere, in lontananza. Chi poteva aver fatto una cosa del genere?

 

"Dai, ti porto in infermeria. Così, magari, ti mettono un cerotto." La prese per mano, lei si ritirò subito.

 

"C-ci vado dopo la fine di t-tutte le lezioni, dal d-dottor Prynne." Si alzò in piedi e, accennando un piccolo sorriso, cercò di andarsene.

 

"No, fermati!" La vide girarsi di scatto. "Ti ho aspettata perchè dovevo dirti se avevi qualcosa da fare, stasera."

 

"S-suppongo di no." Rispose, timorosa.

 

"Allora, alle 21.00, fatti trovare pronta che andiamo a bere qualcosa in un pub. Ci stai?" Ce l'aveva fatta. Lei rimase stupita e, dopo qualche istante, arrossì.

 

"S-sì." Lo salutò con la mano e, restando gobba, continuò a camminare verso il dormitorio.

 

Eric fu decisamente soddisfatto del suo operato. Mentre si dirigeva verso la sua camera, pensò che, in fin dei conti, non era stato così difficile invitarla fuori. Certo, sarebbe stata una serata piuttosto noiosa ma, dopo questo piccolo inconveniente, avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per occuparsi della bella Kelly. Tra un pensiero e l'altro, le 21.00 erano arrivate. Il ragazzo non si era vestito eccessivamente elegante, optando per una semplice T-shirt stampata e un paio di jeans. Mentre attraversava il corridoio del dormitorio femminile, vide tantissime ragazze, tutte abbastanza carine, che si stavano preparando per uscire a loro volta. La vita universitaria, quando non c'erano esami in vista, era una vera pacchia. Mattina libera, pomeriggio libero, sera libera. Cosa si può volere di più? Decisamente niente.

 

Bussò alla porta 247, appoggiandosi poi al muro di fianco. Vide la porta spalancarsi, facendo intravedere una figura alta e snella. No, decisamente non era la persona che stava aspettando.

 

"Scusami, Katie è ancora dentro?" Chiese, ammirando la ragazza.

 

"Peccato, pensavo fossi venuto per te." Rispose, ridendo. "Mia sorella è ancora dentro. Allora sei tu il fantomatico ragazzo con cui esce stasera!?" Aveva un tono di voce decisamente alto.

 

"KELLY! FATTI GLI AFFARI TUOI!" Urlò qualcuna, da dentro la stanza.

 

"Mi raccomando" Disse lei, avvicinandosi ad Eric. "Trattala bene che altrimenti dovrai vedertela con me!" E ritornò dentro, velocemente come era uscita.

 

"O-oddio, è una scema. M-mi scuso da parte sua." Lentamente, uscì Katie, vestita ancora peggio del solito. Aveva indossato una paio di pantaloni di lino larghissimi e una maglietta da uomo, di almeno tre taglie più grande.

 

"Fa niente" Rispose lui, facendo spallucce. "Allora, vogliamo andare?"

 

"C-certo."

 

Mentre si avvicinavano all'uscita, ognuno che li vedeva cominciava a farfugliare qualcosa, un po' sorpreso. Specialmente alcuni ragazzi che, vedendo Katie, avevano cominciato a sghignazzare, indicando lei e, in seguito, Eric. Lui non capiva quello che stava succedendo, dopotutto, stava semplicemente uscendo con una sua amica. Scelsero un posticino tranquillo, vicino all'università, dove andavano frequentemente gli studenti. Presero un posto in un angolo e ordinarono due caffè. Per tutto il tragitto non avevano detto una parola e, anche dopo essere entrati, non è che le cose fossero cambiate. Dissero solamente 'grazie' al barista. Dopo quasi dieci minuti di imbarazzante silenzio, Eric sospirò, sconsolato.

 

"M-mi dispiace, so di non essere molto di c-compagnia." Esordì Katie, sorridendo nervosamente.

 

"No, ma cosa dici! Il fatto è che, visto che ci conosciamo poco, non sappiamo di cosa parlare." La tranquillizzò, mettendo una mano dietro il collo. "Piuttosto, come è andato l'esame?"

 

"L-l'esame dici? Beh, direi bene." Si rilassò, anche se poco.

 

"Ma, cosa vuol dire quel 'bene'? Ti avranno messo un voto, no?"

 

"C-certo che mi hanno messo un voto!" Rise. "...ehm...ho preso 30 e lode."

 

"COOOSA?" Eric non si accorse delle sua faccia che, in quel momento, aveva assunto un'espressione veramente buffa. Aveva sbarluzzato gli occhi, avvicinando le sopracciglia e, come se non bastasse, aveva la bocca aperta. Katie non riuscì a non ridere.

 

"Perchè mi guardi con quella faccia?" Disse lei, cercando di nascondere la bocca con le mani.

 

"Perchè ti guardo con questa faccia? Beh, uno: questa è la mia faccia standard e due: l'hai detto come se fosse la cosa più normale del mondo! Io, al risultato di 30 e lode, ci posso arrivare solo se sommo i risultati di due o tre esami!"

 

"In fondo, non è così difficile. L'importante è studiare tanto e bene."

 

"No, no, è proprio quello il difficile!"

 

"Sì, forse hai ragione. Specialmente quando fuori è una bella giornata e tu sei costretto a rintanarti in una biblioteca a leggere libri noiosissimi." Ce l'avevano fatta, stavano instaurando una conversazione! (era ora! NdShizuru117)

 

"Ehi, adesso che ci faccio caso, hai smesso di balbettare!" Lei alzò gli occhi, guardandolo timidamente.

 

"Il fatto è che...balbetto quando mi trovo a disagio. Specialmente con le persone che non conosco..."

 

"Allora sono fortunato, visto che con me non lo fai più!" Si misero a ridere, insieme.

 

"Diciamo di sì, può andare!"

 

"Ah, senti un attimo, oggi la Gower mi ha detto una cosa strana..."

 

"In tutta sincerità, la Gower è un po' strana di suo.." Disse, amichevolmente.

 

"Sì, beh, me ne ero reso conto da solo! Però, quando ho chiesto di te, mi ha detto se non volevo sapere di Kelly." Lei lo guardò, divertita. "E' facile sbagliarsi, visto che siete gemelle! Quello lo posso capire! Però poi ha detto qualcosa che non ho capito...Hft, se non sbaglio?"

 

 Katie sospirò.

 

"No, Hfr..."

 

"Sì, Hfr. Tu lo sai cosa vuol dire?"

 

"Heart for rent..."

 

"Cuore in affitto? Ma che significa?" Domandò ancora, curioso di sapere.

 

"Proprio quello che hai detto...cuore in affitto..." Disse lei, enigmatica.

 

"Così non mi aiuti, lo sai?"

 

"Non te lo devo dire io cosa significa, tanto prima o poi lo scoprirai da solo."

 

"Mi stai dando il due di picche?" Disse, con sguardo malizioso.

 

"Sì, in un certo senso..." Sorrise, nel vedergli fare quella smorfia.

 

"Ok, non farò più domande sull'argomento!"

 

La serata, contro ogni aspettativa, fu divertente. Non che fosse stata la fine del mondo, però si erano divertiti, tutti e due. Avevano discusso di un po' di tutto, spaziando dalle cose più futili a quelle più strane. Katie non era una gran parlatrice, è vero, però dopo che aveva preso il via, riusciva a formare una frase che non era composta solo da monosillabi! Rimasero dentro al bar per quasi un'oretta finchè, visto che Eric voleva studiare un po', non se andarono. Si salutarono all'entrata del dormitorio femminile visto che, il ragazzo, da bravo cavaliere, l'aveva riaccompagnata.

 

Katie salì le scale felice perchè, per la prima volta, era riuscita a trovarsi un semi-amico. Ringraziò Dio di non aver incontrato nessuno per i corridoi ma, arrivata davanti alla sua camera, ebbe da ricredersi. C'era un ragazzo appoggiato alla porta, con le braccia conserte e il viso crucciato. La ragazza cercò di dileguarsi, pensando di ritornare successivamente, finchè non sentì una mano sulla spalla, che l'aveva presa con così tanto vigore da farla fermare.

 

"Ehi Katie, dove pensi di andare?" Disse una voce maschile, con tono grave. Lei si girò, lentamente.

 

"O-Orlando?"

 

CONTINUA...

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Capitolo 4
*** Ricatti e strane situazioni... ***


Capitolo 4

Non ci posso fare niente, adoro fare queste piccole note all’inizio del capitolo!^^ Che dirvi ragazze…beh, innanzitutto voglio scusarmi con _Kristel_ perché, non so come mai, ma libero sta dando i numeri (assieme al mio computer del c***o…w la finezza!) E poi voglio ringraziare Keira e Frodina178 e…presto scoprirete cosa vuole dire “cuore in affitto”…pazienza, pazienza! Ah, Keira, quando ho tempo posto il quinto capitolo della mia fic su FF (è quella la mia vera natura!^^ No, dai, sto scherzando!)!^^ Bacini, Shi*

 

Capitolo 4.

Ricatti e strane situazioni...

 

Katie guardava Orlando in malo modo, che ci faceva a quell’ora davanti alla sua camera? Forse cercava Kelly ma era uscita, come suo solito. Cercò di divincolarsi ma la sua presa era troppo forte.

 

“Dove credi di andare?” Disse lui, cercando di fissarla negli occhi.

 

“T-ti prego, lasciami!” Urlò, nella vana speranza che qualcuno venisse a salvarla.

 

“No, non ti lascio andare.”

 

“S-se cerchi m-mia sorella, è u-uscita. R-ritornerà tra poco.” Cercò di nascondere il volto, per non farsi osservare. Ripensava a quello che era successo prima e malediva il destino, che con lei era sempre stato avverso.

 

“Kelly non mi serve…ho bisogno di te.” Mentre qualche secondo prima lei si muoveva freneticamente, a quelle parole si fermò, come pietrificata. Girò lentamente la testa, come se fosse in un film dell’horror.

 

“M-me?” Disse poi, incredula.

 

“Sì, mia cara. Tu sei sua sorella e devi aiutarmi, ad ogni costo.” Lei si accasciò e lui si abbassò, per parlarle meglio.

 

“N-non vedo c-come posso e-esserti d’aiuto.” Cosa aveva a che fare con Kelly?

 

“Vedi, io non considero affatto chiusa la faccenda di tua sorella. Lei pensa di avermi liquidato quel pomeriggio; non sa quanto si sbaglia. Voglio fare di lei la mia fidanzata e tu dovrai aiutarmi. Sarà un lavoretto abbastanza semplice, dovrai dirmi cosa le piace, quando esce, i suoi gusti, imparare a darmi dei consigli, dirmi che tipo di ragazzo le piace. In fondo, non è una cosa difficile” Il suo tono di voce era molto sensuale e, per rincarare la dose, accentuava ogni parola con un movimento degli occhi, tale da rendere sexy anche la cosa più stupida.

 

Katie non sapeva più che pensare. Si ritrovava davanti Orlando Bloom, uno degli attori che aveva apprezzato di più negli ultimi tempi, che le chiedeva di farle un favore. Nemmeno con la sua più fervida immaginazione si sarebbe aspettata una situazione del genere. Voleva accettare e, d’altronde, stare a stretto contatto con lui la rendeva incredibilmente entusiasta ma…

 

“N-non posso farlo.” Rispose, seria. Aveva ancora la voce tremante.

 

“Cosa? Tu vorresti rifiutare una proposta così allettante?” Era sorpreso. Giudicava Katie una ragazza senza carattere e, tanto più, senza coraggio.

 

“N-non posso accettare d-dei compromessi c-che riguardino mia sorella. E’ v-vero, è una ragazza f-facile, ma io le voglio molto bene. D-dovrai s-sbrigartela da solo.” Cercava di nascondersi ancora di più.

 

“Andiamo, non faresti niente di male. Sarebbe soltanto un piccolo favore. Dimmi cosa vuoi in cambio e te lo darò.”

 

“H-ho già detto di no.”

 

“Stammi bene a sentire” Cominciava ad innervosirsi. “Ma cosa credi che sia? Va bene, vuoi bene a tua sorella, ma non vorresti che ti fidanzasse con me? Su, lo so che lo vorresti…”

 

“L-lasciami.”

 

Katie si alzò, facendo per andarsene di nuovo, finchè Orlando non la prese di peso e non la scaraventò ad un muro, di modo da essere faccia a faccia con lei. Che diamine, non gli sembrava di chiedere una cosa impossibile.

 

“Sturati quelle orecchie, razza di racchia che non sei altro, ricordati che hai avuto la possibilità di baciarmi e, dato che la cosa mi ha anche fatto leggermente schifo, pretenderei di avere qualcosa in cambio. Non ti sto chiedendo di buttarti giù da un pozzo, tantomeno di andare in paradiso e poi ritornare. Devi soltanto fare un accordo con me e, visto che la cosa mi sembra piuttosto affabile…” Le tirò su il volto, ma non riuscì a finire la frase.

 

Vide due grosse lacrime solcare il viso di Katie, mentre i suoi occhi color ghiaccio cominciavano ad essere sempre più velati. La bocca era aperta, come se fosse stata colta di sorpresa, le mani erano inermi. Si era come impietrita, nessun muscolo del suo corpo si muoveva. Le gambe avevano cominciato a tremare, mentre cominciava a singhiozzare, sempre più forte.

 

Orlando si era sentito malissimo nell’averla fatta piangere. Si era reso conto che i suoi modi non erano stati per niente cortesi, ma arrivare a quel punto…non credeva proprio.

 

“Ricordati che la mia proposta è ancora valida” Le sussurrò, all’orecchio.

 

La vide abbassare la testa e fuggire via, coprendosi il viso con le mani. Sospirò e si incamminò verso l’uscita.

 

“Dove pensi di andare?!” tuonò una voce, alle sue spalle. La riconosceva troppo bene.

 

“Ma bene, vedo che sei ritornata Kelly.” La squadrò, dalla testa ai piedi, mostrando un ghigno che non prospettava nulla di buono.

 

“Ho appena visto mia sorella entrare in camera, piangendo e…NON MI SEMBRA IL CASO DI DIRE ‘VEDO CHE SEI RITORNATA KELLY’.” Gli urlò, fermandosi davanti a lui.

 

“Ma davvero? Io, invece, penso che sia proprio la cosa adatta da dire.” Sostenne il suo sguardo di fuoco. “Magari Katie, telepaticamente, ti ha anche detto perché piangeva?”

 

“Non ci vuole una laurea in psicologia, brutto scemo che non sei altro! Come ti permetti di entrare nella mia vita senza permesso? Prima quel pomeriggio, poi adesso…mi togli la gioia di vivere!” (Copyright di Itsuki86! NdShizuru117)

 

“Non pensi di essere un po’ troppo esagerata? Dopotutto ti ho rotto le scatole solamente due volte; e solo dopo che sei venuta a letto con me!”

 

“Non me ne frega niente di sapere i tuoi motivi, devi sparire e basta. I tuoi criteri di giudizio tienili per te, per favore. E ora, se vuoi scusarmi” Infilò la chiave nella toppa ma lui si parò davanti.

 

“Non ti scuso, invece. Lo sai perché ho rotto le scatole anche a tua sorella? Perché, da quella sera, non faccio che pensare a te. Vorrei cercare di essere un po’ più gentile, ma tu non me lo permetti.” Le disse, con più calma.

 

“Io non ti permetto di infierire su mia sorella, lasciala fuori dai nostri affari. Lei non c’entra niente, e non deve neanche interessarsi a questa faccenda. Ha già tanti problemi per conto suo, non ti immischiare pure tu.” Mise le mani sui fianchi, girando la testa di lato.

 

“La cosa è di facile situazione. Esci con me e la lascerò in pace.” Disse poi, fiero.

 

“In poche parole, mi stai ricattando?!” Fu molto sorpresa della sua reazione. Non le era mai capitato.

 

“Esattamente. Lascio scegliere a te le condizioni. Non voglio e non cerco relazioni serie, te lo dico già da adesso.”

 

“Benissimo, siamo sulla stessa lunghezza d’onda.” Appoggiò una mano al muro. “Sarà una relazione di sesso, proprio come la prima volta che l’abbiamo fatta. Quando uno dei due avrà voglia di farlo, chiamerà l’altro e si vedrà il da farsi. Siamo d’accordo?” Allungò una mano.

 

“D’accordo!” Gliela strinse, stampandogli un profondo bacio sulle labbra. “Ecco” Gli disse, porgendole un fogliettino di carta. “Questo è il mio numero di cellulare, chiamami quando vuoi.”

 

“Ok, ciao.” Rispose lei, aprendo la porta ed entrando. Gli fece cenno con la mano e poi richiuse l’uscio dietro di sé.

 

Non era per niente convinta di quello che aveva fatto ma, se era per il bene di Katie, tutto era lecito. Sentiva la sorella piangere, dentro la sua camera…quante volte si era ripetuta quella scena?! Troppe, per i suoi gusti. Orlando non doveva essere un’ulteriore motivo di sofferenza, in alcun modo. Poi, in fin dei conti, ci voleva una svolta interessante nella sua vita.

 

……………………………………………………………………………………………………….

 

Il mattino successivo, Eric si era alzato di buon ora. Doveva ripassare ancora alcune cose, in vista del suo primo esame, che si sarebbe tenuto quel pomeriggio. Passeggiava nervosamente per il corridoio, girando l’indice in aria, cercando di ricordare alcune formule chimiche.

 

“Accidenti, non ce la farò mai!” Disse, sbattendo un piede per terra.

 

“Come mai sei tanto agitato?” Domandò una voce dietro di lui. Si spaventò così tanto da sobbalzare. Si girò, era Katie.

 

“Oddio, sei tu! Mi hai tolto dieci anni di vita! Ti pare questo il modo di arrivare alle spalle della gente?” Le disse, scherzosamente.

 

“Avevi detto di avere un esame, oggi, così sono venuta a controllare. Agitato?”

 

“Tantissimo! Preferirei andare al patibolo, piuttosto che entrare in quell’aula! Con Langton poi, che si cambia i vestiti come minimo una volta al mese! Quando ti passa vicino, capisci cosa provano i soldati colpiti da un’arma chimica!”

 

“Non farne una tragedia. Vuoi un consiglio? Quando entri, stai tranquillo e rilassati. Ai professori fa una buona impressione, perché sembri sicuro di te e sai di aver studiato. Se ti prendesse l’agitazione, respira profondamente e sorridi, smorzerà l’aria.” Gli sorrise timidamente, cercando di confortarlo.

 

“Sicura che funzionerà?” Chiese, titubante.

 

“Certo, l’importante è avere fiducia nelle proprie capacità!”

 

“Allora, se riuscirò a prendere più di 24, verrò immediatamente a ringraziarti.” La baciò su una guancia, velocemente. “Ora devo proprio andare, vado a ripassare con quelli del mio corso. Ci si rivede in giro!”

 

Si allontanò velocemente, stringendo i suoi appunti e il libro. Era un tipo veramente strano, molto simpatico e pieno di vita, non c’è che dire. Delle volte era un po’ infantile e cretino, però, come dire, era un personaggio. La parte che interpretava in CSI si adattava perfettamente a lui. Katie abbassò lo sguardo, arrossendo un po’. Stare a contatto con quel ragazzo così diverso da lei, la faceva sentire in imbarazzo in continuazione.

 

Come suo solito, la ragazza andò in biblioteca, nella speranza di fuggire da quella realtà che era l’università. Quel giorno la signorina Isherwood non c’era, ma Katie sapeva dove teneva le chiavi: dentro un vaso di fiori situato per terra, vicino alle scale. Aprì lentamente e, trovandosi a respirare quell’aria chiusa e antica, ispirò a pieni polmoni, come se il sapere passasse attraverso il suo corpo. Andò a sedere vicino ad una vecchia scrivania, accendendo la luce fioca della lampadina.

 

………………………………………………………………………………………………………

 

Quando Eric uscì, era talmente contento che avrebbe saltato di gioia in eterno. Era riuscito a prendere 26, un voto che evadeva dalla sua immaginazione. Si era preparato tanto ed era soddisfatto dei frutti del suo lavoro, che gli era costato un sacco di notti insonni. Abbracciò Margaret e Nicholas, i suoi compagni di corso, poi se ne andò subito, alla ricerca di Katie.

 

“Mi congratulo con lei, signor Szmanda. Nonostante abbia ricominciato da poco gli studi universitari, devo dire che si sta impegnando seriamente per raggiungere al più presto i degli alti livelli. La sua prova è stata notevole, con qualche difetto di dialettica ma, in definitiva, molto brillante.” Ecco che cosa gli aveva detto il professor Langton.

 

Aveva fatto proprio come gli aveva detto la ragazza, cercando di sorridere quando cominciava ad essere troppo agitato. Quando non si era ricordato qualcosa, aveva fatto un po’ di ironia, smorzando notevolmente la situazione. Aveva appena imboccato il corridoio di Economia e Commercio quando vide, davanti a sé, una chioma bionda inconfondibile.

 

“Indovina chi è?” Chiese da dietro, chiudendo gli occhi alla ragazza.

 

“L’uomo nero?” Rispose lei, stupita. Eric si accorse che c’era qualcosa che non andava. La voce non era quella di Katie.

 

“Santa blatta! Non mi dire che tu sei Kelly?” In quel momento si sarebbe volentieri scavato una fossa, per rimanerci dentro per l’eternità.

 

“Cavolo, che intuito!” Lo guardò un po’. “Ci siamo già visti, noi due?” Chiese, infine.

 

“Ecco, a dire la verità sì. Mi hai chiuso la porta in faccia per ben due volte.” Disse, ridendo.

 

“Non sei il primo a cui sbatto la porta in faccia. Quando è successo?”

 

“Appena l’altro giorno. Ero venuto a cercare Katie e mi hai scambiato per un altro, l’ultima volta, invece, ti sei messa a farmi la paternale.” Si era messo le mani in tasca, scherzosamente.

 

“La paternale?” Ci pensò su un attimo. “Ah, sì! Adesso mi ricordo! Tu sei il tizio con cui è uscita mia sorella!”

 

“Non mi chiamo tizio, il mio nome è Eric. Non c’è bisogno che ti presenti, so già chi sei.” Le porse la mano, che lei strinse con forza.

 

“Piacere Eric. Allora, tutto bene con Katie?”

 

Il ragazzo non riusciva a credere ai suoi occhi. Per un malaugurato incidente, era riuscito a fare la conoscenza della bella Kelly, senza andare a cercare tante scuse assurde. Se la trovava davanti, in minigonna e t-shirt attillata, che lo fissava con i suoi bei occhi verdi. La fortuna girava dalla sua parte.

 

“Sì, non c’è male. E’ una ragazza estremamente timida, però quando si apre, sa essere molto simpatica.”

 

“Senti, tu sei libero questo sabato?”

 

Gli occhi di Eric uscirono letteralmente dalle orbite. ‘Se questo è un sogno, NON SVEGLIATEMI!’ pensò. Certo, aveva capito che Kelly era molto diretta però, fino a quel punto, proprio no. Cioè, si erano visti due volte, questa era la prima volta che si scambiavano quattro parole e lei lo invitava già fuori.

 

“Prego?” Voleva essere sicuro di aver capito bene.

 

“Ti ho chiesto, sei libero questo sabato?” Ripeté lei, un po’ scocciata.

 

“Sì, sì sono libero!” Esclamò ad alta voce. “Posso uscire con te!”

 

“Molto bene, ci sono due cosette che vorrei dirti. In che camera ti posso trovare?”

 

“A dire la verità me la devono assegnare domani, quindi ancora non lo so. Semmai te lo faccio risapere, tanto ti rivedo in giro, no?”

 

“Molto bene, a sabato allora!” E se ne andò, senza girarsi nemmeno una volta.

 

Vedere il suo corpo muoversi ritmicamente, quasi a tempo di musica, era una cosa da far perdere la testa. Ancheggiava sensualmente, muovendo eroticamente persino le mani e le braccia. Emanava un forte profumo di rose e, quando parlava con qualcuno, si leccava spesso le labbra, seccate dalla leggera brezza primaverile. Non si rendeva conto che poteva portare al manicomio qualcuno.

 

…………………………………………………………………………………………………

 

Quando Katie uscì dalla biblioteca, stava per tramontare il sole. Leggendo la “Divina Commedia”, il tempo era passato così velocemente che lei non si era nemmeno resa conto. Richiuse la porta lentamente, senza fare troppo rumore, rimettendo a posto le chiavi. Camminò velocemente, nella speranza di non incontrare nessuno.

 

“Dove credi di andare, mostriciattolo?” Disse una voce possente, dietro di lei.

 

Si girò, temendo il peggio. Come nel più brutto dei suoi incubi, aveva davanti a sé Clive, l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare, in una tranquilla giornata come quella.

 

CONTINUA...

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Capitolo 5
*** A tutto c'è un perchè... ***


Capitolo 5

Che dire, d’ora in poi farò le mie note con i dovuti ringraziamenti personali! La prima persona che vorrei ringraziare è _Kristel_, e non solo per le recensioni, ma anche per un motivo che sappiamo solo io e lei!^^ Viene poi il turno di Keira, che recensisce puntualmente ogni mio capitolo! Grazie tante, mi fa veramente tantissimo piacere!^^ Frodina187…anche a te GRAZIE! Mi dispiace solo che, non so come mai, i miei titoli ti fanno fare sempre confusione.^^  Logicamente, mando un grosso saluto anche a Kaori28 ed Ituski86…MITICHE! Ma ora, a voi la lettura!^^ Bacini, Shi*

 

Capitolo 5.

A tutto c’è un perchè...

 

Clive Carpenter, classe 1978, il classico tipo tutto muscoli e niente cervello. Però, anche se non era molto intelligente, aveva un modo di fare veramente terribile e, soprattutto, inquietante. L’unica persona che, in quella giornata così tranquilla, avrebbe voluto incontrare Katie…era lì, davanti a lei; con il suo modo di fare strafottente e quel ciuffo castano troppo ingellato. La ragazza indietreggiò, man mano che lui avanzava verso di lei, con passo lento ed imponente.

 

“Ciao mostriciattolo. Allora, come mai gli esseri ripugnanti come te non si sono già nascosti? Se incontri qualche bambino, rischi di fargli paura!” Affermò, con risata beffarda.

 

“…………” Si guardò intorno, nella speranza di un aiuto che, purtroppo, nessuno le avrebbe dato. Strine a sé i suoi libri, cercando di scomparire tra le loro pagine.

 

“Ti ho fatto una domanda, razza di cretina! Rispondimi perlomeno!” Le urlò.

 

“I-io…stavo t-tornando in c-camera…” Abbassò la testa e chiuse gli occhi, nella speranza che non succedesse niente.

 

“Oh, così il mostro stava tornando in camera…dalla tua Kelly, non è vero?” Si avvicinò, con un tono di voce che non presagiva davvero niente di buono. Lei annuì. “Male, cara…molto male…non ti ricordi cosa ti avevo detto di fare?”

 

“S-sì…m-me lo ricordo…” Rispose, pianissimo.

 

“E allora vedi di ricordarti questo!” E la schiaffeggiò, facendola girare dall’altra parte, a causa del contraccolpo. Stava cercando di trattenersi, per non tremare. Lui l’afferrò per i capelli, costringendola a guardarlo negli occhi. “Stammi bene a sentire, sottospecie di scimmia, non ho ancora ricevuto alcun invito, lo sai? Quella troia di tua sorella non si è fatta sentire! E lo sai di chi è la colpa? Lo sai? LO SAI?” Continuava a sbatterla da una parte all’altra, tenendole la nuca con la mano destra.

 

Era terrorizzata, aveva gli occhi sbarrati dalla paura. Era stata un’incosciente, sapeva bene che era meglio se non si avventurava per il campus, quando il sole era tramontato. Aveva fifa di incontrare della brutta gente, esattamente come Clive. Si stava trattenendo, per non piangere.

 

“ALLORA, DIMMELO CHE E’ COLPA TUA!” Le urlò su un orecchio, facendola sussultare.

 

“E’…è-è c-colpa mia…” Odiava farlo ma, se non voleva ritrovarsi la faccia piena di lividi, doveva.

 

“Tu cosa le hai detto, dimmelo avanti!”

 

“L-le ho detto che C-Clive, uno d-dei suoi e-ex, voleva u-uscire d-di nuovo con l-lei…m-mi si è m-messa a r-ridere in f-faccia” Ricevette un altro sonoro ceffone e, questa volta, qualche lacrima cadde sul suo bel viso, già arrossato.

 

“Non va bene! Sei una stupida idiota! Lo sai che ti succede se non accetta neanche questa volta, non è vero? Poi non venirmi a dire che non te l’avevo detto!” La vide piangere. “NON METTERTI A PIAGNUCOLARE, TI ODIO QUANDO FAI COSI’!” La attaccò ad un albero.

 

“Clive, che diavolo stai facendo?!” Una voce dietro di loro aveva richiamato l’attenzione. Il ragazzo si abbassò verso Katie, tirandole su il volto.

 

“Il divertimento è solo rimandato…” Le sputò in faccia, andandosene.

 

Katie si asciugò velocemente il volto, con la manica della sua felpa estiva. La ragazza vide la sorella avvicinarsi, lentamente, mentre il suo volto si faceva sempre più preoccupato. Camminava in modo spedito, cercando di arrivare vicino all’albero il più presto possibile. Sapeva bene che Clive era un poco di buono, sperava soltanto di essere arrivata in tempo. Aveva sentito delle urla mentre camminava per raggiungere il dormitorio femminile.

 

“Sorellina, va tutto bene?” Chiese, inginocchiandosi davanti a lei.

 

“Sì Kelly, non preoccuparti.” Si alzò scattando, raccattando i suoi libri e stringendoli al petto. “Io adesso torno in camera, ci vediamo dopo.” Fece per andarsene quando la sorella la richiamò.

 

“Clive ti ha forse fatto qualcosa?” Domandò, molto apprensiva.

 

“No, mi ha solo chiesto alcune cose, non c’è motivo di preoccuparsi.” Se la svignò velocemente, per non mettersi a piangere davanti a lei, per non far impensierire ancora di più Kelly.

 

“Quando finirà questa storia…quando?” La ragazza posò la mano destra sugli occhi, sospirando.

 

………………………………………………………………………………………………………………

 

Era già da un po’ di tempo che Eric aspettava il professor Amery, colui che gestiva il dormitorio maschile. Visto che il ragazzo non abitava a Londra e, in particolar modo, non voleva comprarsi un appartamento in città, aveva chiesto di essere trasferito in una camera, lì all’università. Forse si sarebbe trovato un po’ a disagio a causa della differenza di età, ma era una cosa a cui si poteva porre rimedio, senza particolari difficoltà. Dopo dieci minuti di attesa, arrivò l’interessato.

 

“Sei tu il nuovo arrivato? Dovresti essere…” L’uomo controllò una cartella. “…Szmanda, sbaglio?” Lo squadrò un attimo. “Ehi, ma quanti anni hai?” Chiese, infine.

 

“Sì, sono io Eric Szmanda ed ho trent’anni.” Rispose lui, un po’ inacidito. “E’ riuscito a trovarmi una camera?”

 

“Dunque, visto che siamo già a metà corso, sono riuscito a rimediare solamente un posto alla 77, insieme ad Albert Morrell e a Roy Kipling. Il primo frequenta i corsi di medicina legale mentre il secondo fa ingegneria. Ci sono tre letti singoli e tre scrivanie, credo che non avrai problemi. Hai capito tutto?”

 

“Tutto. Senta, dove la posso rintracciare in caso di bisogno?”

 

“Chiedi alla signora Gower alla portineria, altrimenti vieni a paleontologia e chiedi di Luke Amery. Ho già avvertito i tuoi compagni di stanza del tuo arrivo, puoi portare su la tua roba.”

 

“A posto, grazie.” Prese i suoi borsoni e cominciò a salire le scale.

 

L’idea di trovarsi in camera con due sconosciuti lo rendeva, stranamente, inquieto. Solitamente era un tipo abbastanza aperto ed espansivo, quando si trattava di fare nuove conoscenze però, non se lo sapeva spiegare…aveva uno strano nodo in gola. Girò un po’ per i lunghi padiglioni, osservando i vari numeri appesi alle porte.

 

“74….75….76….77!” Esclamò, bussando. Venne ad aprire un ragazzo minuto, molto magro e basso. Indossava un paio di occhiali senza montatura e, a pelle, sembrava un ragazzo molto sveglio.

 

“?” Eric vide dipingersi sul suo volto un’espressione decisamente sorpresa.

 

“Beh? Mi fai entrare oppure no? Sono il tuo nuovo compagno di stanza.” Chiese, grattandosi la nuca.

 

“Tu sei uno di quegli attori che recita CSI?” Esclamò, al colmo dello stupore.

 

“Sì, perché me lo chiedi?”

 

“E’ uno dei miei telefilm preferiti! Vorrei tanto diventare medico legale della scientifica, il prossimo anno, se avrò finito l’università, tenterò l’esame di ammissione. Ti ammiro sai? Anche a me piacerebbe fare l’attore, specialmente in un programma intelligente come quello! Qui dentro sono tutti così stupidi che guardano sempre la televisione quando ci sono i filmini porno e…” Sembrava irreale. Il modo in cui parlava, gesticolando all’inverosimile, senza smettere un secondo di parlare.

 

“Senti, vogliamo continuare questa discussione dentro, per favore?” ‘Proprio in camera con un logorroico dovevo finire’ pensò, un po’ sconsolato. Quella giornata era stata così bella, perché doveva rovinarsi proprio sul finale?

 

“Prego, entra! Sarà un onore dividere con te la nostra umile camera!” Lo fece accomodare, tenendogli la porta con la mano. Dopo qualche istante, un calzino planò direttamente sulla sua testa.

 

“Vuoi smetterla di fare tutto questo casino?! Se non sai che fare, tappati la bocca con quello!” Urlò una voce, da dietro un angolo.

 

“Fatti gli affari tuoi Roy!” Gli rispose quello che, a occhio e croce, doveva essere Albert. “Scusalo, è un pochino irritabile.” Spiegò ad Eric.

 

“Ah…” Annuì, giusto per non fare la figura dello stupido.

 

“Allora tu sei quello nuovo eh?” Anche Kipling era arrivato di là.

 

Aveva tutta l’aria di essere un ricco sfondato, già ad come era vestito. Era firmato da testa a piedi: maglia di Cavalli, pantaloni della Levis, scarpe Nike. Era molto alto, di bell’aspetto. Aveva i capelli castano chiaro, arruffati con il gel, e dei begli occhi scuri, dallo sguardo molto profondo. Probabilmente giocava a rugby, visto che aveva le spalle peggio di un armadio.

 

“Sì, sono proprio io. A quanto vedo voi due andate molto d’accordo!” Rispose Eric, trattenendo a stento una risata.

 

“Andiamo molto più d’accordo di quello che sembra. E’ solo che Albert, ogni tanto, parla un po’ troppo.” Gli diede uno scappellotto.

 

“Che tu sia maledetto, brutto bastardo di un Kipling!” Rispose l’altro, tentando invano di dargli una gomitata sullo stomaco.

 

“Mi siete proprio simpatici, voi due!”

 

Eric, dopo aver parlottato un po’ del più e del meno con gli altri due ragazzi, prese la sua roba e cominciò a mettere a posto vestiti, libri, soprammobili e via dicendo. Siccome era un po’ strano, in quanto ad arredamento, posò sopra la sua scrivania alcune foto, molte delle quali lo ritraevano con gli attori con cui aveva recitato. C’era suo padre, sua madre, il suo cane e poi un pupazzetto rasta di cartapesta, che aveva fatto quando frequentava ancora le medie. Lo considerava un ottimo portafortuna. Si ricordò, proprio in quel momento, che doveva dire a Kelly dove era stato trasferito, visto che il prossimo sabato sarebbero usciti insieme. Avvertì Roy ed Albert ed uscì. Si fermò davanti alla 247 e bussò, aspettando una risposta.

 

“Chi è?” Disse una voce, dall’altra parte.

 

“Sono Eric, Kelly? Sei dentro?” Vide la porta aprirsi e una chioma bionda uscire fuori.

 

“Come mai sei qui?” Chiese, un po’ stupita.

 

“Mi avevi chiesto di dirti in che camera mi avevano messo. E’ la 77.” Sorrise sensualmente.

 

“Molto bene, grazie Eric.” E richiuse, senza dargli la possibilità di replicare.

 

“Bene, con questa siamo a tre…” Esclamò il ragazzo, rassegnato.

 

………………………………………………………………………………………………………………

 

Sabato finalmente era arrivato. Kelly si era preparata di tutto punto per uscire con Eric: maglietta bianca, aderente, con le maniche ampie, pantaloni a zampa d’elefante e un paio di scarpe con il tacco a spillo, rigorosamente bianche anche quelle. Aveva lasciato i suoi lunghi boccoli al vento, truccandosi di azzurro. Katie aveva assistito a tutta la scena, notando l’incredibile cambiamento di immagine di sua sorella. Non perdeva mai la sua naturale bellezza però, quando doveva studiare, acconciava i capelli in due buffi codini, tirando dietro alcuni ciuffi con delle mollettine. Tuttavia, non sapeva con chi si doveva incontrare. Era uscita con così tanti ragazzi che ormai aveva perso il conto.

 

“Allora, ci siamo fatte proprio belle eh?” Domandò Katie, sorridendo teneramente.

 

“Già, ci tengo ad uscire ben vestita” Rispose l’altra, rimirandosi allo specchio. “Secondo te vado bene?”

 

“Benissimo. Mi raccomando, però, cerca di non andare a letto la prima sera, con questo povero disgraziato.” Abbassò la testa. “Non voglio che altri pensino che tu sia…” Arrossì visibilmente.

 

“Non mi interessa cosa pensano gli altri, faccio quello che voglio in ogni caso.” Sia avvicinò a lei. “Dimmi, come stanno i tuoi lividi?” Domandò, con molta dolcezza, accarezzandole una guancia.

 

“Bene. Prometto di non cadere più sulle scale.” Sapeva che era colpa di Clive, ma Kelly doveva rimanere all’oscuro di tutto. “Allora, come va con quel ragazzo?”

 

“Quale ragazzo? Non sai come si chiama?”

 

“Credo sia…Carpenter. Perché non esci di nuovo con lui?”

 

“Ti prego, non ricominciare con questa storia!” Esclamò la ragazza, stiracchiandosi. “Ci sono uscita un paio di volte, il discorso è finito qua. Visto che ne parli tanto, perché non ci esci tu?”

 

“…………………” Non ce la faceva a rispondere, le faceva troppo male.

 

“Ok, sei libera di fare ciò che vuoi.” Guardò l’orologio. “Senti, io adesso devo proprio andare. Se quando torno, dovessi dormire già…” Le diede un affettuoso bacio sulla guancia. “…buona notte e sogni d’oro, principessa.”

 

“Buona notte anche a te.”

 

Kelly la salutò ancora con la mano, prima di uscire dalla porta. Katie rispose al saluto. ‘Chissà con chi uscirà, questa sera…’ pensò, andando a ripassare economia monetaria, l’argomento del suo prossimo esame. L’altra, invece, arrivò con i classici cinque minuti di ritardo. Lei ed Eric si erano dati appuntamento davanti all’entrata, alle 21.00 in punto. Quando arrivò, lo salutò alzando la mano.

 

“Ce ne hai messo di tempo, accidenti!” Disse il ragazzo, stupito nel vedere tutta quella grazia che si avvicinava a lui, in modo sensuale.

 

“Ho avuto un po’ da fare, sei arrabbiato?”

 

“No, non fa niente!” ‘Chi ce la farebbe ad essere arrabbiato con una gnocca come te?’ pensò, scacciando dalla mente alcuni pensieri osceni. (Porco! Scusatemi ma ci stava!^^ NdShizuru117) “Dove vogliamo andare?”

 

“Io propongo il Midnight Cafe, va bene?”

 

“Benissimo. Non sono del posto, quindi non conosco molti locali. Vogliamo andare?” Cercò di offrirle il braccio ma lei si era già incamminata.

 

“Allora? Se non ti muovi si fa notte.” Lo incitò.

 

Camminarono alcuni minuti e, alla fine, giunsero davanti ad un locale molto strano, sullo stile di un Transilvania. La gente che si trovava all’interno era tutta piuttosto in là con l’età, molti dei quali avevano qualche tendenza al Metal o a cose del genere. Presero un tavolo dal quale si vedeva chiaramente la console del dj.

 

“Bene, di cosa volevi parlarmi?” Esordì il ragazzo, sorseggiando un bicchiere di birra.

 

“Si tratta di Katie, e ti prego di non prendere questo argomento sotto gamba.”

 

“Non capisco, cosa vuoi dire?”

 

“Non devi farla soffrire, per nessuna ragione al mondo.” Affermò lei, con voce decisa ed irremovibile.

 

“Mi devi scusare ma continuo a non capire…”

 

“Ora ti spiegherò tutto, cercando di ricordare…ricordare per non sbagliare di nuovo…”

 

CONTINUA...

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Capitolo 6
*** C'è da fidarsi?! ***


Capitolo 6

Bene, finalmente la scuola è quasi finita! Per fortuna che, fino alla fine di maggio, vado a fare gli stage! Yuppy!! Ok, molto probabilmente non ve ne frega niente! Beh, ringrazio nuovamente _Kristel_ per i suoi complimenti (e poi, mi spiace dirtelo, ma Clive ha qualcosa di…boh, mi piace! Come ho detto a Michela, per un’autrice i buoni rivestono la stessa importanza dei cattivi!^^). Frodina178…più in là capirai il significato del titolo! Non preoccuparti, stavolta lo spiego per bene!^^ Ah, e grazie per i complimenti! Logicamente, una grazie immenso anche alla cara Keira!^^ E’ grazie a voi se io vado avanti a scrivere! Ma adesso, buona lettura!^^ Bacini, Shi*

 

Capitolo 6.

C’è da fidarsi?

 

Eric guardava Kelly in modo molto strano, quasi smarrito. Gliel’aveva già accennato, la prima volta che si erano messi d’accordo per uscire, però non credeva che ne avrebbero parlato sul serio. Pensava che fosse stata una scusa, tanto per non dire semplicemente ‘Mi piaci, usciamo insieme’. Di solito, nessuna ragazza voleva fare il primo passo, specialmente con uno sconosciuto. Evidentemente non conosceva per niente Kelly.

 

“Beh, sono tutto orecchi. Però, sarò schietto, non capisco assolutamente il motivo di questa conversazione.” Continuò il ragazzo, fissandola.

 

“E’ normale che tu non capisca, nessuno capirebbe. Ci capisco poco pure io, che sono dentro a questa faccenda sin dall’inizio.” Rispose la ragazza, con un tono di voce leggermente inquieto.

 

“Allora parla, visto che tu sei l’unica a potermi aprire qualche porta, in questo campo.”

 

“Ok, vedrò di partire dall’inizio. Come avrai sicuramente notato, io e mia sorella siamo molto diverse, non solo nell’aspetto fisico, ma anche nel modo in cui ci relazioniamo con la gente. Io sono una tipa molto allegra e spensierata, che fa quello che vuole, mentre lei è sempre stata molto riservata e timida. Forse è proprio per queste caratteristiche che ci contraddistinguono che io le voglio così bene” Prese a giocare con un ciuffo di capelli. “Lei è come la mia guida, il mio riferimento. Se un giorno non tornasse più, credo che mi ucciderei.” Alzò lo sguardo verso il ragazzo, fissandolo intensamente. “Ed è per questo che non voglio che tu la faccia soffrire. Per me è già penoso vederla piangere, specialmente quando non mi dice il motivo di tutta quella tristezza. Delle volte, mi capita di tornare in camera e di vederla riversa sul letto, in lacrime. Ma da quando ti ha conosciuto, è diversa…”

 

“Diversa? A me sembra sempre la solita Katie…” Eric era un tantino spaesato. Sin dalla prima volta che l’aveva vista, la sua impressione era rimasta la stessa.

 

“Oh, invece ti posso assicurare che non è così. Probabilmente ci avrai fatto caso ma…quando è con te, balbetta?” Chiese, con un tono di voce rilassato e dolce.

 

“No, cioè, prima lo faceva…adesso non più…”

 

“Lo vedi? Lei si trova sempre molto a disagio assieme a persone che non conosce, al punto da balbettare tantissimo. E’ come se soffrisse di una piccola forma di demofobia…”

 

“Demofobia?” Domandò, perplesso.

 

“Esatto. Me lo ha spiegato un ragazzo che frequentava psicologia, con cui uscivo qualche tempo fa. In pratica, Katie fa fatica ad intrattenere rapporti con più di cinque o sei persone. La sua patologia è minima, però è comunque presente. Riesce a stare bene insieme a tanta gente, purché nessuno la noti oppure faccia caso a lei.”

 

“Senti, io ce la sto mettendo tutta, eppure non riesco a capire il succo del tuo discorso!”

 

“Sei un po’ duro di comprendonio eh?” Sorrise “Beh, in poche parole, voglio che tu rimanga suo amico. In tutta la sua vita non ha coltivato che due o tre amicizie rilevanti e, tutte le altre, si sono rivelate un vero disastro, che si è ripercosso sulla sua personalità. In pratica, continua a fare quattro chiacchiere con lei, salutala quando la vedi, chiedile come sta, se qualche volta vuole uscire…basta che non la fai soffrire. Non sopporterei di vederla rinchiudersi sul suo guscio ancora una volta.” Il suo viso si era accigliato, assumendo un’espressione vagamente assente, come se la sua mente fosse da un’altra parte.

 

Eric, dal canto suo, aveva ancora poco chiaro il motivo di quell’appuntamento, se si così si poteva chiamare. Per lui era una cosa quasi scontata quella di trattare bene Katie, perché fare il contrario? Non che fosse una cima quando si trattava di conversare, però era una brava ragazza. A quel tempo, credeva che nessuno l’avrebbe convinto a fare diversamente…

 

“Per me va bene, non credo ci siano problemi.” Rispose, in seguito.

 

“Ottimo!” Kelly si alzò, stampandogli un grosso bacio sulla guancia sinistra “Sei un grande, lasciatelo dire!”

 

“Eh, eh, modestamente lo sapevo già!” Eric cominciò a ridere, contagiando anche la ragazza.

 

“E ora che facciamo? Sono quasi le undici di sera…”

 

“La notte è giovane, bionda!”

 

Alla fine, tra il dire e il fare, Eric e Kelly erano rimasti fuori quasi fino a mezzanotte, conversando del più e del meno. Erano molto affiatati e soprattutto la pensavano alle stessa maniera, sia sul modo di vivere, sia sul modo di vedere la vita. Si può dire che il loro era il classico bicchiere mezzo pieno.

 

…………………………………………………………………………………………………………………

 

Dall’altra parte, c’è invece chi vede il bicchiere eternamente mezzo vuoto. Katie, che aveva aspettato pazientemente la sorella fino a tardi, era finita per addormentarsi, per l’ennesima volta, sopra ai suoi libri. Quando sentì la sveglia suonare, erano esattamente le 8.25. Si svegliò lentamente, stiracchiandosi un po’, e andò a vedere se Kelly fosse tornata. Nel vedere una sagoma indistinta dentro il letto, si calmò un po’.

 

Mentre era in bagno, a lavarsi i denti, si guardò allo specchio. Vedeva il suo volto arrossato, a causa dei lividi che glia aveva procurato Clive. Si fermò un attimo, accarezzando la sua sagoma riflessa. Per un attimo rise, ripensando a tutto quello che faceva, ogni giorno, per nascondersi. Si era fatta crescere la frangetta, aveva acquistato un paio di occhiali con la montatura molto grande e possedeva solo vestiti da uomo, poco eleganti ma sicuramente molto comodi e larghi.

 

Provò a tirarsi su i capelli, tenendoli fermi in una piccola crocchia. Scostò la frangia da un lato e si tolse quegli ingombranti occhiali. Si sentiva strana, come se non fosse più lei. Tolse lo spazzolino dalla bocca, avvicinandosi un po’ perché potesse vedere meglio. Era miope, perciò doveva osservarsi da molto vicino.

 

“Katie, sei in bagno?” Domandò una voce, di là.

 

La ragazza lasciò cadere i capelli, si rimise gli occhiali e continuò a lavarsi i denti, sospirando. ‘Non sono più una bambina, è inutile sperare di poter diventare un’altra persona…’.

 

“Sì” Rispose, cercando di non sbavare con il dentifricio.

 

“Hai lezione, stamattina?”

 

“A-ah…”

 

“Ok, io continuo a dormire…” Detto questo, si coprì di nuovo con il lenzuolo, riaddormentandosi.

 

Katie camminava distrattamente per i padiglioni e i lunghi corridoi, come se le sue gambe si muovessero per forza di inerzia (A me succede spesso!^^ NdShizuru117). Tutti i muri le sembravano uguali, come se ogni stanza si ripetesse all’infinto, quasi che si trovasse all’interno di un cartone animato. Cominciò a cercare la sua aula, leggendo le piccole targhette attaccate sulle porte. Quella era la sua ultima prova, prima della tesi. Il suo ultimo esame: Economia monetaria con il professor Baker. Si diresse verso la porta quando andò a sbattere contro qualcosa o, per meglio dire, contro qualcuno…

 

“Ahi, cerca di fare più attenzione!” Disse lei, un tantino contrariata. Anche se il suo tono era diventato un po’ più duro, la sua voce era sempre rimasta impercettibile come quella di una foglia che cade.

 

“Devi scusarmi ma, in ogni caso, stavo appunto cercando di te…” Conosceva quella voce, l’aveva imparata a conoscere.

 

“O-Orlando?” Esclamò lei, alzando lo sguardo ed indietreggiando un po’.

 

“Brava, vedo che hai imparato bene come mi chiamo!” Sentenziò lui, con un largo sorriso.

 

“C-che s-sei venuto a f-fare?” Stava tremando di paura, temeva che si sarebbe ripetuto lo spiacevole incidente del loro ultimo incontro.

 

“Ti prego, sono venuto in pace!” Alzò le mani, in segno di arresa. “Ma anche per chiederti scusa. Mi sono comportato come un perfetto idiota, l’ultima volta che ti ho vista. Non so che mi prende, eppure qualche volta l’impulsività mi gioca dei brutti scherzi. Credimi, non era mia intenzione offenderti o, in qualche modo, ferirti.” Sorrise ancora, allungando una mano verso di lei. “Facciamo finta che non sia successo niente?”

 

“……………..” Si voltò dall’altra parte. “…scusami, ho lezione…” Fece per aprire la porta, quando lui la fermò, sbarrandole la strada.

 

“Ehi, io vengo a parlarti con il cuore in mano e tu nemmeno mi rispondi?” Il suo tono di voce si era fatto leggermente più irritato.

 

Katie voleva uscire in tutti i modi da quell’imbarazzante situazione. Ma cosa fare? Tornare indietro, non se ne parlava proprio; quello squilibrato avrebbe potuto seguirla. Non poteva entrare nell’aula e, soprattutto, non poteva fare a meno di avercelo davanti. Anche se non era molto possente, era pur sempre alto 1.80 e lei, con il suo 1.64 scarso, non poteva nulla.

 

“Ehi tu, bell’imbusto, si può sapere che stai facendo?” Una voce alle loro spalle richiamò l’attenzione, facendoli girare.

 

“Eric!” Esclamò lei, ringraziando il cielo di quella manna che capitava proprio a fagiolo.

 

“Chi saresti tu? L’avvocato delle cause perse?” Domandò Orlando, un po’ strafottente.

 

“No, signor So – tutto – io. Mi chiamo Eric Szmanda e lei è mia amica, perciò vedi di lasciarla andare.”

 

“Guarda che io non stavo facendo niente di male, per tua  informazione. Stavo soltanto conversando con la qui presente.”

 

“Caspita, non sapevo che adesso di parla con qualcuna bloccandola da una parte. Il galateo è molto cambiato, dalle tue parti.” Osservò lui, sorridendo ironicamente.

 

“Stammi bene a sentire, stai fuori da questa storia! Al tuo paese non è usanza farsi gli affari propri? Se non fosse così, ti posso mandare a quel paese dove, credo, ti mandino spesso, cioè af…” Non fece in tempo a finire la frase che Katie gli tappò la bocca con una mano.

 

“V-vattene Orlando.” E lo spinse via, entrando in aula.

 

“Cosa? La storia non finisce qui, piccola stronza! Tze, ma tu guarda, si vede proprio che tu e quella bastarda di Kelly siete sorelle!” Le urlò dall’altra parte, nella speranza di essere sentito. “Per quello che riguarda te, invece.” Si voltò verso l’altro ragazzo. “Per oggi ringrazia la tua buona stella perché, se non avessi avuto da fare, ti avrei picchiato.” E se ne andò, sbuffando come una locomotiva.

 

“Ma certo, ringrazierò la mia buona stella!” Gli urlò di rimando Eric, incrociando le mani in segno di preghiera.

 

………………………………………………………………………………………………………

 

“Toc! Toc! Toc”

 

C’era qualcuno che bussava ostinatamente alla porta ma, a meno che non fosse scoppiata una guerra civile, Kelly non si sarebbe alzata per nessun motivo dal suo caldo giaciglio.

 

“Sbam! Sbam!”

 

I rumori si erano fatti sempre più forti. La ragazza si era girata un po’, coprendosi le orecchie con il cuscino.

 

“SBAM! SBAM! SBAM!”

 

“Arrivo….ARRIVO!” Urlò, cadendo giù dal letto come un sacco di patate. Odiava essere svegliata presto la mattina, specialmente quando non aveva degli esami oppure quando non doveva studiare. “Spero con tutto il cuore che è qualcosa di veramente importante!” spalancò la porta, mostrandosi con il suo pigiama molto succinto.

 

“Wow! E’ la prima volta che una donna mi viene ad aprire una porta mostrando così bene tutte le sue grazie!” Esclamò lui, osservando la maglietta che era perfettamente aderente al suo seno.

 

“Orlando? Come mai sei qui?” Domandò lei, svegliandosi improvvisamente.

 

“Andiamo, fammi entrare che poi te lo spiego meglio…” Accennò, con voce suadente.

 

Beh, sembra quasi scontato dire cosa fecero, in camera di Kelly. Sesso, e vediamo di specificare che era stato con la S maiuscola, sebbene fosse ancora presto. Dopo che Orlando aveva varcato la soglia, si erano scambiati un sacco di baci profondi, avidi del sapore delle labbra dell’altro. Si erano spogliati, molto in fretta, mentre cercavano di non far tanto rumore per non destare sospetti. Avevano scelto il letto di lei, ancora sfatto e caldo, con delle belle lenzuola a motivi floreali. Dopo aver finito, erano rimasti un po’ abbracciati, parlottando un po’, mentre si fumavano una sana sigaretta.

 

“Allora, che mi racconti?” Domandò Orlando, accarezzandole una spalla.

 

“Che ti devo dire…questa settimana non ho niente da fare, le mie lezioni riprendono il prossimo lunedì. Tu, invece, come mai sei venuto qui così presto?”

 

“Mah, quando mi sono svegliato ho visto il mio letto così vuoto…così ho pensato a te…ecco tutto. Poi mi ero ricordato di non avere il tuo numero di cellulare, così sono giunto a quest’università. Ad essere sincero, le scuole non mi sono mai piaciute molto, però, adesso, questa università mi sembra davvero meravigliosa e…” Provò a girarsi per darle un bacio, quando non la trovò più accanto a lui.

 

“Non so tu, però io non ho molta voglia di parlare dopo aver fatto sesso.” Esordì, tirandosi dietro i capelli con una mano. “Perciò, quella è la porta…io voglio continuare a dormire…” Si rimise le mutandine e il reggiseno, sbadigliando un po’.

 

“Cosa? In pratica mi stai dicendo di levare le tende?” Esclamò lui, tirandosi su a sedere.

 

“Uhm…in pratica…sì.”

 

“Ok, ho capito.” Raccolse i suoi indumenti, cominciando a rivestirsi. “A quando la prossima volta?”

 

“Non saprei, magari dopodomani…devo vedere se ho alcuni impegni.” Orlando si diresse verso la porta, rimanendo sull’uscio.

 

“Ricordati che, per vedere te, do buca a molte ragazze che morirebbero solo per vedermi come mamma m’ha fatto…” Disse, con voce leggermente sarcastica.

 

“La stessa cosa vale per me, carissimo.” Detto questo, gli chiuse la porta in faccia.

 

……………………………………………………………………………………………………

 

Quando Katie uscì, era letteralmente fusa. Sorbirsi cinque ore di economia monetaria, con quel bradipo del professor Baker, era un’impresa da Guinnes dei Primati. Anche lei non aveva retto fino in fondo, tanto che gli ultimi cinque minuti aveva cominciato a fare dei scarabocchi sul suo quaderno degli appunti. Non appena uscì, si ricordò di aver lasciato l’astuccio in aula. Corse velocemente verso il suo posto, prima che i bidelli chiudessero le porte. Però, con sua grande sorpresa, aveva notato che c’era qualcosa in più, rispetto a quello che aveva lasciato.

 

“E questa?” Si domandò, tenendo in mano una busta indirizzata a lei. “Che cos’è?”

 

CONTINUA...

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Capitolo 7
*** Sembrava impossibile ma...invece... ***


Scusatemi per l'immenso ritardo e, una scusa tutta particolare va a _Kristel_ perchè ancora non le ho risposto

Scusatemi per l'immenso ritardo e, una scusa tutta particolare va a _Kristel_ perchè ancora non le ho risposto! Cerca di capirmi, alle 6.30 uscivo e alle 8.30 dovevo essere già a fare le prove! Avevo soltanto il tempo di ingozzarmi! Ok, molto probabilmente non ve ne fregava niente!^^ Vorrei ringraziare di nuovo Keira, Frodina178, Kaori28 ed Itsuki86...GRAZIE INFINITE RAGAZZE! Mi dispiace aver aggiornato così tardi ma...il lavoro! Che pizza!^^ Buona lettura! Bacini, Shi*

 

Capitolo 7.

Sembrava impossibile ma...infine...

 

Più Katie ci pensava e più le sembrava illogico che qualcuno le avesse spedito una lettera. Di solito, quando succedeva, era qualche comunicazione del consiglio degli insegnanti o, nel peggiore dei casi, una missiva di sua madre. La rigirava tra le mani, per vedere se ci fosse qualche particolare, anche uno piccolo, che le pemettesse di capire chi era l'emittente. Niente, non c'era assolutamente niente. un profumo, un decoro, persino il suo nome era stato scritto, probabilmente, a macchina. L'inchiostro era ancora fresco, segno che era stata scritta molto recentemente. Era tentata ad aprirla proprio lì...

 

"Si può sapere che cosa ci fai ancora qui? Dovreste essere andati via tutti, lo sapete bene che io ho da pulire!" La ragazza sussultò a quella voce. Si girò e, solo in quel momento, notò che era il signor McFarrylen, il bidello. "Beh, ti sei incantata?"

 

"Mi scusi, n-non volevo assolutamente d-disturbarla è che a-avevo dimenticato il m-mio astuccio e..." Provò a giustificarsi.

 

"Non me ne importa proprio niente! Voi giovani non avete un minimo di rispetto nei nostri confronti! E' tutto merito nostro se, quando venite in aula, trovate tutto lucido e splendente! E, tanto per la precisione, tra dieci minuti c'è la signora Green che viene a fare la lezione, quella stupida vecchia zitella!" Parlava mentre stava dando lo straccio.

 

William McFarrylen era un uomo piuttosto stravagante, un discendente di una prestigiosa famiglia scozzese, come si poteva vedere già dal nome. Era piuttosto vecchio, quasi sulla settantina, ma non aveva mai perso quel suo accento particolare, quasi straniero, che gli aveva fatto avere il soprannome 'Bill lo yankee". In ogni caso, gli studenti avevano una sorta di timore referenziale nei suoi confronti perchè, anche se non sembrava, era un uomo estremamente intelligente e saggio, costretto a fare quel lavoro misero solo per guadagnarsi da vivere. Ogni tanto lo si vedeva per l'università, che rimpiangeva la sua infanzia passata in un castello a Glasgow.

 

"S-senta signor Farrylen..."

 

"MCFarrylen, idiota! Sono uno scozzese, io, e come tale voglio che il mio nome venga pronunciato per bene!" La rimproverò, facendo vibrare lo spazzolone.

 

"Ehm...signor McFarrylen...h-ha per caso v-visto qualcuno che ha a-appoggiato questa qui?" Domandò lei, alzando la mano destra, che teneva strettamente la lettera. Lui gliela strappò letteralmente di mano.

 

"Uhm...no! E ora, se non ti spiace, via da qui!" La spinse fuori dalla porta, sbattendola violentemente.

 

Katie sapeva bene che era meglio non far arrabbiare Bill lo yankee, eppure quella volta l'aveva fatto, perchè c'era qualcosa che le interessava sapere. Rimirò la lettere, un po' sporca d'acqua, poi la mise tra i libri e cominciò a camminare per i corridoi, pensando. Più si scervellava, meno ci capiva. Non sapeva perchè, però aveva tutta l'aria di essere una cosa importante, dato che era stata messa sul suo banco senza che nessuno avesse visto niente. Colui o colei che gliel'aveva mandata, voleva rimanere nell'anonimato, questo è certo, e aveva scrupolosamente tenuto presente il fattore tempo. Aveva aspettato che uscissero tutti, poi, in pochi istanti, aveva poggiato la missiva, poco prima che arrivasse McFarrylen a pulire. L'opera di un genio.

 

Sorrise, a quel pensiero. Si domandava cosa ci fosse scritto al suo interno, però non poteva aprirla lì davanti, altrimenti uno di 'loro' sarebbe arrivato e, con molta probabilità, gliel'avrebbe buttata via. Camminò velocemente per i padiglioni del dormitorio femminile, a testa bassa, evitando che qualcuno facesse caso a lei anche se, sicuramente, a nessuno interessava di Katie Hilding. Gli altri erano così presi da sua sorella che tutti si scordavano di lei. A questo pensiero, le si strinse il cuore. Sapeva bene che Kelly le voleva bene eppure...non riusciva ancora a dirle ciò che pensava, che era tutta colpa sua.

 

Con questi brutti pensieri, si trovò davanti alla camera 247. Probabilmente sua sorella dormiva ancora così, tirando fuori le chiavi dalla tasca, aprì lentamente la porta, evitando di svegliarla. C'era un'incredibile puzza di chiuso e, come se non bastasse, l'aria era consumata. Era ancora molto buio, lì dentro, così aprì tutte le finestre, facendo filtrare la luce del sole che, con i suoi raggi, scaldava quel tiepido pomeriggio. Inspirò a pieni polmoni una boccata di aria fresca e, poggiando lo sguardo sui suoi libri, andò a cercare il tagliacarte. Faticò a lungo per trovarlo, alla fine credette di averlo lasciato a casa ma, aprendo il cassetto della srivania di Kelly, lo trovò. Aprì il voluminoso tomo di Economia Monetaria e, con incommensurabile delicatezza, tirò fuori la lettera bianca. La portò alla luce e, mentre aveva cominciato a incidere il bordo superiore, sentì qualcuno bussare alla porta.

 

Era talmente concentrata che si spaventò ma, quando si rese conto di quello che stava succedendo, poggiò la busta e il tagliacarte sul primo ripiano che trovò suttomano e, un po' scocciata, andò ad aprire.

 

"Ehm, ciao Katie!" Esclamò il ragazzo, mettendo una mano sulla nuca.

 

"Eric, che ci fai qui?" Domandò lei, piuttosto sorpresa.

 

"Beh, ero venuto per vedere se era tutto a posto. Dopo quello spiacevole incidente di qualche ora fa, credevo che quel tizio ti avesse importunata di nuovo." Arrossì, ridendo. "Sai, mi ci vedo poco in queste vesti da fratello maggiore!"

 

"Mi fa piacere che tu ti sia preso la briga di venire. Ma sto bene, Orlando non è più venuto a cercarmi." Abbassò lo sguardo, un po' intimidita. Si era preoccupato per lei, incredibile!

 

"Il fatto è che, non sopporto quel genere di persone! Se non ci fossi stata tu, molto probabilmente gli avrei spaccato la faccia a quel deficiente! Mi chiedo e mi domando, ma come ci si può mettere ad importunare una ragazza così? Eh? Però il suo volto mi è molto familiare, non so bene perchè..." Corrucciò un po' lo sguardo. "Magari l'avrò visto da qualche parte..."

 

"Oh, molto probabilmente." Sorrise, sicuramente aveva visto 'il signore degli anelli' però, doveva ammetterlo, con quella parrucca bionda non è che fosse molto riconoscibile.

 

"Vabbè, non che la cosa mi interessi più di tanto, anzi, non me ne frega proprio niente!" Esclamò lui, dondolando un po' e mettendosi le mani in tasca. "Senti, stavi studiando?"

 

"No, sono uscita da poco da lezione e, credimi, sono così stanca che non riuscirei a mettermi a studiare. Baker è molto bravo e competente, però spiega molto lentamente e a voce molto bassa; se non si è abituati, non si riesce a stargli dietro."

 

"Allora che ne dici di venire a prendere un caffè? Così, almeno, avrai modo di svegliarti un po'!" Disse, in tono canzonatorio.

 

"Ma...vedi, prima che tu arrivassi stavo..." Si guardò indietro, ripensando a quella busta, ancora chiusa.

 

"Guarda, ti odio quando fai il topo di biblioteca!" La prese per un braccio. "Forza, andiamo!" E se la portò via, di peso.

 

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Odiava essere svegliata presto però, alzando un po' la testa e guardando l'orologio, capì che era mezzogiorno passato e, con molta fatica, si alzò dal letto. In un primo momento cercò le sue ciabatte ma, inciampando su un paio di scarpe, cadde a terra rovinosamente, come un sacco di patate. Imprecò a voce bassa, alzandosi tenendo una mano sul sedere, che aveva battuto a terra. Aveva sentito sbattere la porta e, molto probabilmente, Katie si era dimenticata di chiuderla. Aveva sentito delle voci, quando era ancora nel dormiveglia e così, un po' incuriosita, aveva cercato di ascoltare meglio. Tuttavia, non si ricordava con precisione chi avesse parlato. Aveva sentito la voce di sua sorella e quella di un ragazzo, anche se non riusciva a ricoleggarla ad un volto. Si avvicinò al frigorifero ed tirò fuori un sandiwich. Andò verso il televisore quando, sopra lo schermo del computer, notò una busta bianca. Si avvicinò, lentamente, e la prese in mano.

 

"Vediamo...'A Katie Hilding'...chissà come mai è ancora chiusa! Quella smemorata di mia sorella, si potrà lasciare questa cosa sopra al computer?! Poi viene sempre a lamentarsi che perde la sua roba, che tipa!" Disse tra e , sorridendo.

 

Prese la missiva e la ripose dentro l'ultimo cassetto della sua scrivania. Avrebbe lasciato un biglietto alla sorella, per dirle che l'aveva messa lì dentro.

 

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Katie era un tantinello arrabbiata per quella specie di sequestro di persona. Eric se l'era portata via senza farsi troppe storia, e se lei avesse dovuto fare una cosa importante? Ogni tanto si chiedeva cosa passava per la mente di quel ragazzo che agiva sempre d'impulso, senza soffermarsi a pensare sulle conseguenze delle sue azioni.

 

"Allora, non bevi?" Le chiese lui, indicando la tazza di caffè fumante.

 

"Cosa?" Si distolse dai suoi pensieri, realizzando che era dentro una caffetteria.

 

"Il caffè" Proseguì "Se non lo bevi si fredda."

 

"Lo so che si fredda." Rispose, secca. Ancora le fumavano le orecchie.

 

"Ma si può sapere che ti prende? Come mai sei così inacidita?" Si avvicinò al suo viso, facendole una pernacchia. Lei cercò si rimanere seria, ma non ci riuscì.

 

"Penso che sia impossibile arrabbiarsi con un tipo come te!" Disse tra le risate. "E' che ho avuto una giornata un po' particolare, tutto qua."

 

"Come mai?" Chiese lui, curioso. Lei ripensò alla lettera.

 

"Mah, niente di che. Tu, invece, mi sembri molto contento. Ti è successo qualcosa di bello?"

 

"Sì!" Rispose con un un largo sorriso. "Mi hanno messo in camera con due tizi veramente simpatici! Mi fanno morire dal ridere, sono proprio agli antipodi, quei due!"

 

"Sono contenta per te!" Rispose sinceramente. "Li conosco?"

 

"Ah, non lo so! Non gli ho chiesto se sanno chi sei. Uno è Albert Morrell, un simpaticissimo studente di medicina legale. E' un po' logorroico, però è molto simpatico! E poi, è anche un mio fan, quindi...è un motivo in più per amarlo!"

"Sì, il suo nome mi è familiare. Magari mi sarà capitato di vedere il suo nome nella bacheca degli studenti più bravi del suo corso. Mi hanno sempre detto di un tizio stravagante, un po' necrofilo, con la mania delle autopsie e cose del genere. E' un po' macabro, non credi?"

"In effetti è vero! Se un giorno, quando siamo insieme, lo vediamo, te lo faccio conoscere!" Lei annuì, sorridendo timidamente. "Poi l'altro è Roy Kipling, uno che ha l'aria di essere un cocco di mamma. Non fa altro che maltrattare il povero Albert, prendendolo in giro e...Katie, che ti è successo?"

La ragazza, nel sentire quell'ultimo nome, si era irrigidita. Aveva gli occhi sbarrati e stava fissando la sua tazza, incapace di formare un pensiero logico nella sua testa. Non poteva essere lui, Eric era diventato amico di QUEL Roy Kipling. Stava cominciando a tremare, sembrava che avesse visto un fantasma. Il caffè non faceva che muoversi freneticamente, al ritmo dei suoi spasmi. Sembrava quasi che fosse vicina ad una crisi epilettica. Il ragazzo la guardava, preoccupato, mentre lei sembrava morire. Non credeve che le sue parole avessero sortito quell'effetto.

"Katie, ti prego, che ti succede?" Le domandò, molto ansioso.

Lei alzò lo sguardo, fissandolo con due occhi terrorizzati.

"Non è niente." Rispose, con voce rotta.

"Ma, sei sicura?" Le prese una mano, cercando di calmarla. Lei si rilassò e fece un respiro profondo.

"Sì" Il suo tono era decisamente più tranquillo. "Mi succede, delle volte, il dottore ha detto che non è niente di preoccupante."

I due restarono ancora un'oretta a parlare nel caffè ma, dopo quello spiacevole episodio, Katie non guardò mai Eric negli occhi, per tutto il tempo della loro discussione.

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Quando la ragazzo tornò in camera sua, erano già le quattro del pomeriggio. Cercò invano sua sorella ma, con suo grande disappunto, aveva lasciato il letto disfatto e non aveva messo neppure un biglietto per dirle dove fosse andata. Accostò la finestra e, con calma, mise a posto le coperte. Era sempre stato così, fin da quando erano piccole. Kelly lasciava in disordine e lei rimetteva tutte le cose al loro posto. Non le dispiaceva, chiaro, però erano rare le volte in cui la sorella la ringraziava. Sapeva bene che, nel profondo del suo cuore, non lo faceva apposta, però...qualche volta le sembrava di essere un fantasma, uno spirito che, per puro caso, vagava all'interno di quella camera.

In quel mentre, senza un motivo, le venne in mente la lettera. Dove l'aveva lasciata? Non si ricordava proprio. Lasciò il letto fatto a metà, mentre cercava come una disperata quella busta, guardando da ogni parte. Era sicurissima di averla poggiata da qualche parte, assieme al tagliacarte eppure, a causa della fretta, si era dimenticata completamente il luogo. Mise sottosopra tutti i cassetti, la sua scrivania, il tavolo...niente di niente. Infine, le venne l'illuminazione. Sopra il frigorifero, ecco dove l'aveva lasciata! Andò velocemente lì notando che, proprio in quel punto, c'era un piccolo post-it lasciato da sua sorella. C'era scritto questo.

"La prossima volta non lasciare in giro la tua roba!Ti ho messo la busta dentro l'ultimo cassetto della mia scrivania.Ti voglio bene, Kelly"

Come una furia, si precipitò nella piccola stanzetta, mettendo a soqquadro l'ultimo cassetto. Sotto ai vari fogli ed alcuni libri, la trovò. Probabilmente, l'aveva messa lì in fondo perchè era il posto in cui metteva le sue cose più importanti: gli appunti, i libri e tutto il resto. Non trovò il tagliacarte e, senza pensarci due volte, prese un coltello e l'aprì. C'era soltanto un foglio, piegato in due. Anche il contenuto era stato scritto a macchina o, molto più probabilmente, a computer. Lesse con attenzione...

"Carissima Katie, mi dispiace averti dato questa lettera in questo modo, ma non sarei riuscito a dartela di persona. Sono una persona molto timida e, se tu fossi davanti a me, mi bloccherei, come fermato da una forza invisibile. E' da molto che ti osservo, mentre cammini distratta per questi lunghi e lugubri corridoi. Ti vedo sempre con dei grossi libri in mano, che passeggi a testa bassa. E' un peccato che non alzi quei meravigliosi occhi azzurri, così belli alla luce del sole, che li rende pieni di sfumature. I tuoi capelli biondi come il grando cullato dal vento, ci sarebbe da perderci la testa! Le tue lentiggini, così carine, ti donano un'aria vagamente eterea, come la dea Venere. Il uo portamento rispettoso, quella voce così bassa e dolce. Mi fai impazzire! Mia dolce ragazza, mi farò risentire, perchè tu possa apprezzare tutte quelle piccole cose che ti rendono unica e speciale. Credo di essermi innamorato di te."

Terminava proprio in quel modo: 'Credo di essermi innamorato di te'. Non c'era una firma, non c'era niente che potesse ricollegarla a qualcuno. Pensò, in un primo momento, ad uno scherzo. Molti ragazzi stupidi si divertivano a prenderla in giro e, sicuramente, anche questa era opera loro. Però, c'era qualcosa di strano. Il modo in cui era stata scritta, una sintassi chiara e precisa, non erano quegli stupidi. Si fermò un attimo a riflettere su chi poteva aiutarla. Poi, un'idea la attraversò, come un fulmine a ciel sereno. Sapeva a chi rivolgersi, eccome se lo sapeva!

CONTINUA...

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Capitolo 8
*** Conversazioni che portano solo ulteriori dubbi... ***


Capitolo 8

Care ragazze, mi spiace dirvelo ma...probabilmente questa sarà la mia ultima fic sugli attori (molti di voi, probabilmente, staranno facendo i salti di gioia!^^). Non vi preoccupate, c'è ancora un po' per arrivare alla fine e, quasi sicuramente, la porterò a termine. Volevo dirvelo perchè ho ritrovato la mia passione per le fanfiction originali, anche se sono bistrattate da tutti e nessuno le recensisce! Comunque, spero lo stesso che le leggerete!^^ Vorrei ringraziare _Kristel_ e Keira, perchè puntuali come un orologio svizzero, mi recensiscono le storie!^^ Grazie ragazze!^^ Bacini, Shi*

 

Capitolo 8.

Conversazioni che portano solamente ulteriori dubbi...

 

Katie, presa da quell'incredibile idea, mise a posto tutto quanto e, veloce come la luce, attraversò i corridoi del dormitorio. Soltanto per quella volta, fece finta di non sentire quei brutti commenti che le rivolgevano gli altri, badando solamente a guardare avanti, per arrivare il più presto possibile alla sua meta. Arrivata alla portineria, pregò con tutti il cuore che la signora Gower fosse lì, visto che doveva chiederle alcune informazioni. La vide intenta a leggere un giornale scandalistico; inutile dire che la ragazza fu molto sollevata.

 

"Ehm..." Disse, cercando di attirare la sua attenzione. "Signora Gower..."

 

La vide girarsi, sbattendo la rivista sul tavolo. La osservò un po', in seguito, togliendo gli occhiali, cominciò a scrutare la ragazza, da testa a piedi. Quando ebbe finito, si appoggiò una mano sulla testa.

 

"Che diavolo vuoi Katie? Di solito vieni a farmi visita molto di rado..." Disse cinicamente.

 

"L-lo so di non s-starle simpatica..." Abbassò la testa, mordendo il labbro superiore "P-Però deve assolutamente dirmi u-una cosa." Alzò lo sguardo e incorciò i suoi occhi nocciola, stringendo i pugni.

 

"Dipende da cosa vuoi chiedermi, mia cara." Assunse una voce falsamente preoccupata.

 

"I-Io..." Cercava mentalmente di convincersi, di trovare un po' di coraggio. "Mi dica in che camera posso trovare Eric Szmanda!" Disse poi, tutto d'un fiato.

 

"E da quando in qua tu, il fantasma di Kelly, hai bisogno di sapere dove si trova un ragazzo? Sei sempre vissuta all'ombra di tua sorella, non credo che le cose cambino da un giorno all'altro." Rise a voce molto alta.

 

Katie fu tentata di scappare via, di rinchiudersi in camera a piangere. Non aveva mai chiesto molto dalla sua vita, voleva solamente avere un'informazione, niente di più. Tutti quanti la trattavano male, perfino la signora Gower. Gli unici che le portavano un po' di rispetto erano i professori, la signorina Isherwood e sua sorella. Perfino per i suoi genitori lei era la pecora nera, uno sgorbio, uno scherzo della natura. Fece un passo indietro, convinta ad andarsene, fin quando non andò a sbattere contro qualcuno.

 

"Ehilà Katie, qual buon vento! Che ci fai qui?" Disse una voce a lei familiare. La ragazza alzò lo sguardo, incontrando due simpatici occhi scuri che la fissavano, incuriositi.

 

"E....Eric!" Esclamò, portandosi una mano alla bocca.

 

"Come mai mi stavi cercando?" Puntò un dito contro la portinaia. Probabilmente aveva sentito l'intera conversazione.

 

"Questo non è il posto adatto." Si aggrappò ad un braccio e gli fece segno di seguirla. Lui, senza fiatare, acconsentì.

 

Vagarono un po' all'interno del campus, l'uno dietro l'altra. Non proferirono una sola parola, camminavano in silenzio, ognuno all'oscuro dei pensieri dell'altro. Eric non capiva il motivo di tanta agitazione, proprio da Katie, quella ragazza così timida e silenziosa. In ogni caso, facendo finta di niente, continuò a seguirla, con le mani in tasca. Da qualche minuto aveva cominciato a fischiettare "Sonnet", una canzone dei Verve. Gli piacevano molto, magari perchè, per recitare CSI, lo costringevano a fare la parte dell'alternativo, quello che ascoltava sempre musica punk o metal. D'un tratto, la vide fermarsi di colpo; erano proprio davanti alla biblioteca.

 

"Perchè mi hai fatto venire fino a qui?" Domandò, d'un tratto, stufo di seguirla come un cagnolino.

 

"Devo parlarti di una cosa, però dovevamo venire in un posto tranquillo, dove non ci fosse molta gente. Da quando hanno aperto l'altra biblioteca, nell'ala a nord, qui non ci viene più nessuno. Vieni, entriamo." Con calma si avvicinò alle scale, tirando fuori da un vaso di fiori un mazzo di chiavi.

 

"Sei anche una prestigiatrice, a quanto vedo." Sorrise, divertito. Lei contraccambiò quel gesto.

 

Entrarono, silenziosamente, cercando di non farsi vedere da qualcuno. L'aria era molto pesante e satura di polvere. Katie andò ad aprire qualche finestra, stando sempre attenta a chiudere le tende, per evitare che si vedesse qualcosa dall'esterno. Molti ragazzi avevano paura della signorina Isherwood, tanto da non avvicinarsi nemmeno all'edificio.

 

Eric si sedette sopra ad una vecchia scrivania, continuando a fischiettare. Si guardò un po' intorno, era passato qualche tempo dall'ultima volta che era stato lì dentro. Gli era sempre sembrato un luogo un po' lugubre, avvolto da qualche alone di mistero. Vide la ragazza che si era messa di fronte a lui, tenendo la testa bassa.

 

"Allora, mi vuoi dire perchè mi hai trascinato fin qui?" Disse poi, con dolcezza.

 

"Ecco, vedi...quando mi hai portata fuori, ti avevo detto che dovevo fare una cosa...ricordi?" Parlava misurando la sua voce ad ogni parola.

 

"Sì, mi ricordo." Affermò lui, facendo un cenno anche con la testa. "C'entra qualcosa con quello che vuoi dirmi?"

 

"A dire tutta la verità...sì. Quel pomeriggio, appena uscita da lezione, mi sono accorta di aver lasciato il mio astuccio in aula e, quando sono ritornata a prenderlo...ho trovato questa." Tirò fuori la lettera da una tasca.

 

"Interessante, che cos'è?" Domandò, un po' incuriosito.

 

"Un lettera..." Si fermò un attimo, abbassando lo sguardo. "...d'amore."

 

Eric fu così sorpreso da quella rivelazione che si sbilanciò un po' indietro, tanto da far muovere la lampada. Stava per cadere ma, con sua immensa fortuna, riuscì a riprendersi. Si mise un po' a ridere, pensando alla figuraccia che stava per fare da un momento all'altro.

 

"Scusami, sono un pasticcione." Disse, abbassando un po' la testa. "Ehm, avevi detto che si tratta di una lettera d'amore?"

 

"Sì. In un primo momento ho pensato ad uno scherzo ma poi, riflettendoci meglio, ho realizzato che non era così. E' scritta troppo bene per essere opera di Cl..." Si fermò d'improvviso. Vide dipingersi sul volto di lui un'espressione piuttosto interrogativa. "No, scusami. Mi stavo confondendo."

 

"Me la fai leggere?" Disse con voce suadente. Lei gli porse la lettera bianca.

 

Il ragazzo la lesse, molto attentamente. Non c'è che dire, scritta davvero in modo impeccabile. Senza contare che gli uomini, di solito, sono una frana in queste cose. Tuttavia sembrava opera di qualcuno che conosceva bene Katie, che sapeva come trovarla, che la osservava attentamente. Sembrava che l'aspettase spasmodicamente ma poi, come Cyrano de Bergerac, non voleva farsi vedere. Perchè un animo gentile era stato rinchiuso in un corpo sgradevole.

 

"Allora?" Chiese la ragazza, curiosa. "Che ne pensi?"

 

"Non saprei. Secondo me è una persona che ti conosce, anche molto bene. Parla di te in modo molto dettagliato, quindi supporrei che..."

 

"Sì Greg?" Scherzò.

 

"No, ti prego! Non chiamarmi Greg! Quel personaggio m'ha rovinato la vita. E in ogni caso...se mi facessi finire..." Disse, assumendo un tono di voce più duro, ma pur sempre scherzoso. "...secondo me è qualcuno che ti sta accanto. Magari un tuo amico, o qualcuno che lo è stato. Non dovresti cercarlo tra chi non conosci, guarda più vicino..."

 

Il cuore di Katie cominciò a battere all'impazzata. 'Qualcuno che ti sta vicino.' Quelle parole continuavano a restarle nella memoria. Lei non aveva molti amici, però, quando aveva detto ad Eric della lettera...lui si era sentito subito agitato. Bastava vedere che volo rischiava di fare per terra! Così cominciò a trarre le sue conclusioni...che fosse lui il misterioso ragazzo che era innamorato di lei?

 

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Orlando non riusciva a capacitarsi di quello che era successo. Kelly era la classica ragazza che non si faceva tanti scupoli a far entrare nel suo letto un ragazzo, che si trattasse di un attore famoso oppure di uno come un altro. Insomma, era una tipa da evitare. Eppure, per qualche strano motivo, la attraeva. Forse perchè aveva quel modo di fare tutto suo, forse perchè era brava a fare sesso...non lo sapeva neppure lui. Magari le piaceva perchè lo trattava alla stregua di uno qualsiasi, senza farsi troppi problemi a buttarlo fuori dalla camera come un salame.

 

Ma era così bella, così dannatamente attraente...

 

"Allora, mister Bloom, ci vogliamo muovere? Io ancora sto aspettando quella famosa tazza d the!" Esclamò Dominic, al culmine della pazienza. "E' mezz'ora che sei dentro quella cucina! Non è che magari ti stai facendo qualche..." Non lo fece finire.

 

"Per favore Dom, risparmiami quelle tue battutacce volgari! Al contrario di te, io ho un cervello, e qualche volta mi piace pensare. Ma tu non puoi capire, evidentemente!"

 

"Vediamo se indovino, problemi con il gentil sesso?" Azzardò, con un tono di malizia nella voce.

 

"Guarda, lascia perdere..." Glissò, aprendo uno sportello.

 

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Passò qualche giorno e, sebbene Katie non sapesse bene come risolvere quella situazione un po' equivoca, le lettere non mancavano di arrivare. Alcune erano dolci, altre piene di sentimento, altre toccanti. Sembrava che la mano che le scriveva cambiava ogni giorno i suoi pensieri. L'ultima era stata quella che la fece pensare di più.

 

"Carissima Katie, anche oggi ti ho vista. Con quell'aria così ditratta mi incantavi, portandomi in un mondo dove esistiamo soltanto noi due. Mi si spezza il cuore nel vederti continuamente, senza poterti dire nemmeno una parola. Neanche un semplice 'ciao', se mi trovo davanti a te non riesco a proferir parola. Vorrei tanto essere quel ragazzo, che ti parla con così tanta disinvoltura. Ogni tanto, quando sei insieme a lui, ti vedo ridere di gusto. Cosa non darei per essere al suo posto! Tu non sai che esisto, non sai quanto soffro nel tenere dentro di me questi sentimenti, liberandoli solamente davanti a questo computer. Dolce amore, aspettami, non fuggire lontana da me."

 

Stavolta non era riuscita a cavare un ragno dal buco. Quando usciva fuori con Eric, di solito, erano sempre soli. Cercavano di andare nei pub più sconosciuti e meno frequentati, evitando di incrociare qualcuno che frequentasse l'università. Ma forse, stavolta, il misterioso ammiratore aveva commesso qualche errore.

 

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Kelly, anche se saltuariamente, aveva continuato a vedersi con Eric. Un po' perchè lo trovava veramente simpatico, un po' perchè voleva sapere come andavano le cose con sua sorella. Si trovava molto bene con lui, forse perchè aveva un carattere allegro e spigliato, tipico della gente aperta e simpatica. Senza contare che, sotto qualche punto di vista, non era nemmeno tanto brutto. Sì, aveva una cresta forse un po' troppo cresciuta, però aveva degli occhi che avrebbero fatto la testa a chiunque. Non che fossero particolari, nell'insieme, però avevano un'espressione curiosa.

 

Quella sera avevano deciso di andare al 'Lucky Man', un piccolo pub-ristorante, vicino al campus. Di solito era stracolmo di studenti, tanto che il proprietario era stato costretto ad acquistare un altro locale per espandersi. Presero un tavolo un tantino nascosto, evitando di farsi vedere troppo. Kelly si era vestita in modo provocante, come suo solito, tanto da aver messo una maglietta dalla scollatura molto ampia...che copriva ben poco il suo seno prosperoso.

 

"Allora Eric, che mi racconti di bello? Katie ti ha detto qualcos'altro di questo fantomatico ammiratore?" Chiese, incrociando le mani.

 

"Sì, mi ha detto che continua a mandarle delle lettere, sempre anonime. Se solo le scrivesse a mano, forse riusciremmo in qualche modo a rintracciarlo però..." Vide la ragazza che si voltava in continuazione a destra e sinistra. "Ehi, che succede?"

 

"La mia borsa, non so dove l'ho messa." Disse, continuando a guardare accanto a lei.

 

"Ecco, senti...io ti dovrei dire una cosa..." La sua voce cominciò a diventare un po' titubante.

 

"Mh? Dilla." Lo esortò lei, facendogli un ampio sorriso.

 

"Mi piaci da morire."

 

Una figura, nascosta vicino alla porta, se ne andò via silenziosamente.

 

CONTINUA...

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Capitolo 9
*** Patti chiari e amicizia lunga...(?!) ***


Capitolo 9

Sono molto contenta! Per due semplici motivi: è finita la scuola e...a quel che vedo, qualcuno tiene alle mie storie! Però, sul serio, non credo che continuerò a scrivere storie lunghe sugli attori, al massimo di una decina di capitoli. Credetemi, se provate l'ebrezza di scrivere una fic originale, la penserete come me!^^ Ma ora passiamo ai ringraziamenti: _Kristel_ mi fa piacere che apprezzi questa fanfiction e....ora scoprirai chi è fuggito via all'improvviso. Keira...tante grazie anche a te! Purtroppo, ora come ora, sono molto impegnata e non riesco a trovare il tempo di leggere la tua storia! Rimedierò!^^ Ma ora, vai con il nono capitolo!^^ Bacini, Shi*

 

Capitolo 9.

Patti chiari e amicizia lunga...(?!)

 

Kelly non sapeva se ridere o prendere sul serio quello che Eric le aveva appena detto. A pelle, le era sembrata una presa in giro poi, vedendo l'espressione seria di lui, era rimasta interdetta. Non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere, figuriamoci in una serata tranquilla e monotona come quella.

 

"Forse non ho capito bene" Azzardò lei, inarcando un sopracciglio.

 

"Io, invece, credo che tu abbia capito benissimo, soltanto che non riesci ad accettarlo." Rispose serissimo. Aveva calcolato ogni eventualità, persino che lei non credesse alle sue parole.

 

"Ah, guarda" Cominciò lei, sulla difensiva. "Mi fa sicuramente molto piacere, però non sono sicura di come reagire. Cioè, tu sei quasi il migliore amico di mia sorella, sei anche amico mio...sì, insomma, cerca di metterti nei miei panni!" L'aveva fatta andare nel pallone. Guardava nervosamente intorno a lei, nella speranza di trovare una scusa per uscire da quell'imbarazzantissima situazione.

 

"Non ti sto chiedendo la luna" Disse lui, sorridendo, cercando di tranquillizzarla. "Con la mia dichiarazione di prima nonn voglio assolutamente che ti senta obbligata a dire o a fare qualcosa. Anzi, non credo neppure che sia giusto."

 

"Bene, ti mentirei se ti dicessi che non mi sono preoccupata per niente. Il fatto è che, il triangolo che si è creato tra me, te e Katie è abbastanza complicato. Non so come fartelo capire ma...io e mia sorella abbiamo instaurato un rapporto solido e fragile al tempo stesso. Lei vorrebbe che mettessi la testa a posto..." Rise "Mentre a me piacerebbe vederla un po' più tranquilla ed aperta. Con questa storia, si complicherebbe tutto tantissimo."

 

"L'importante è che lei non lo sappia."

 

Il volto di Kelly diventò d'improvviso molto stupito. Quell'ultima affermazione l'aveva spiazzata, veramente tanto. Eric le era sempre sembrato un ragazzo gentile e sincero mentre ora, in pratica, le stava chiedendo di vivere un'avventura clandestina. Ma, dopo un momento di incertezza, la cosa cominciò a stuzzicarla.

 

"In pratica, mi stai quasi offrendo qualcosa di illegale..." Disse lei, maliziosamente.

 

"Beh, parlare di cose illegali è un po' tanto, diciamo che non ci incontreremo alla luce del sole. Non ti chiedo di essere la mia fidanzata oppure di impegnarti seriamente con me, sarà una storia che, mano a mano, ci vedrà crescere insieme. Non so come andrà a finire, come non la sai neanche tu. Prima si prova e, se vediamo che le cose non funzionano, tanti saluti ed amici come prima."

 

"Devo ammettere che questo concetto di relazione mi piace. E' la prima volta che un uomo mi propone una cosa del genere e...sì, mi piace veramente tanto!"

 

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Non riusciva a credere alle sue orecchie, come non riusciva a comprendere il significato di quell'assurda situazione. In un attimo, con poche semplici parole, tutti i castelli di carte che si era costruita erano andati in mille pezzi, lasciandola veramente vuota dentro. Se soltanto pensava che, quella sera, era andata al Lucky Man per fare un favore alla sorella...no, non poteva essere vero. Lei, Katie Hilding, la pecora nera della famiglia, che credeva di aver trovato un amico e forse qualcosa di più, si trovava esattamente come era stata fino a poco tempo fa: completamente sola. Avrebbe pianto volentieri, per liberarsi da tutto quel dolore, però le lacrime non volevano scendere. Era l'ennesimo tiro mancino del destino ma, oramai, lei non faceva nemmeno più caso. Non era mai stata fortunata, mai in tutta la sua vita e, proprio ora, le cose non sarebbero cambiate da un momento all'altro.

 

Stringeva tra le mani la borsa di Kelly, così piccola e graziosa. Cominciò a tremare di rabbia, l'avrebbe voluta distruggere. Era stata proprio quella stupida borsa la causa di tutto, la borsa che aveva dimenticato in camera. Mentre pensava a quelle cose, si rese conto di quanto era meschina. Sua sorella non c'entrava niente, non aveva colpa, e lei l'aveva accusata per avere un capo espiatorio con cui prendersela. Si mise a sedere per terra, mentre alcune lacrime lucenti cominciavano a scendere sulle gote piene di lentiggini, lasciandosi alle spalle un grande dolore. Poi, una di esse, andò a finire dentro la borsetta. Sperò con tutto il cuore di non aver rovinato niente e, proprio quando aprì la cerniera, si ricordò di una cosa a cui, poco tempo prima, aveva dato scarsa importanza.

 

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Kelly tornò alla camera 247 verso mezzanotte e mezza, molto stanca. Aveva passato tutta la serata con Eric, prima al bar e poi in un piccolo parco lì a Londra. Era sicura che sarebbero finiti a letto insieme mentre lui, da perfetto gentiluomo, l'aveva riaccompagnata e poi se ne era andato.

 

"E' la prima volta che mi capita di incontrare un principe azzurro!" Esclamò ad alta voce. Quando vide la sorella dormire sopra la scrivanià, pregò di non averla svegliata.

 

Si avvicinò a lei, senza fare rumore, poi si fermò ad osservarla. Si era accoccolata sopra ad un grosso libro aperto, con gli occhiali nella mano destra e i capelli sciolti sopra al tavolo. Sorrise. Molto probabilmente aveva studiato di nuovo fino a tardi. Quando provò ad esaminare il grosso tomo, notò il titolo alquanto bizzarro: "Senza Rimorso". Era il nuovo romanzo di Tom Clancy, acclamato dal pubblico e giudicato il miglior best seller dai critici. D'accordo, poteva essere anche un buon libro, ma aveva sempre le sue consistenti 800 pagine, difficili da digerire per una studentessa alle porte della preparazione della tesi. Quando la vide muoversi, si disincantò e, andando in direzione del bagno, tolse le sue scomode scarpe dal tacco a spillo.

 

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Quella stessa mattina, Orlando si era svegliato con un sonno terribile. La sera precedente l'aveva passata ad una festa a casa di Dominic e, considerando la quantità spropositata di alcol che si era fatto fuori, stava persino troppo bene. Quando fu in piedi, la testa cominciò a girare per qualche istante ma poi, dopo un sonoro capitombolo per terra, si svegliò completamente.

 

"Io a quella sedia del cazzo la distruggo!" Imprecò, massaggiandosi il sedere. L'aveva comprata per poterci mettere i vestiti della sera prima ma, siccome era in stile Luigi XVI, aveva le gambe sporgenti e...potete ben immaginare quante volte ci sia inciampato. O perchè non vedeva bene, oppure perchè aveva sonno o magari, nello spogliare la sua ennesima ragazza, faceva ben poco caso a dove metteva i piedi.

 

Arrivato in cucina, la situazione non migliorò. Aprì il frigorifero e trovò solamente una bottiglia di birra e del burro, la dispensa era vuota e sua madre non gli aveva portato niente. Preso dalla disperazione, cercò il cellulare e provò a chiamare il suo bar di fiducia che, a richiesta, gli portava la roba d'asporto. Quando ebbe in mano il telefonino, fu un po' stranito.

 

"Ma che cav...?" L'aveva lasciato acceso tutta la notte ma non era quella la cosa che gli era rimasta impressa. Aveva una chiamata senza risposta e un messaggio. Ma chi poteva mai averlo cercato? Il numero non lo conosceva e il messaggio diceva semplicemente questo.

 

"Ho bisogno di parlarti e di rivedere alcune cose. Ci vediamo al Wilderness alle 11.00. K"

 

Ci riflettè un paio di secondi, chi poteva mai essere K? La prima persona che le venne in mente fu Kate Blosworth, ma l'aveva lasciata perdere già da un pezzo. Sua sorella era fuori discussione, come pure sua madre. I loro numeri li aveva, a meno che non avessero cambiato nome e Sim. Poteva essere uno dei suoi colleghi...magari Karl Urban, ma non erano mai diventati così amici. E poi, lui non abitava in Inghilterra e ci veniva pochissimo anche per motivi di lavoro. Poi gli si accese la classica lampadina: chi poteva essere se non Kelly? Non aveva il suo numero ed era una delle poche donne che avevano il nome che iniziava per K. Infine guardò l'orologio: le 10.45.

 

In preda ad una folle agitazione, si vestì in pochi minuti e fu pronto ad uscire, sebbene non avesser ancora toccato cibo. Tirò fuori la macchina dal garage e si diresse verso Picadilly Circus, visto che il Wilderness si trovava proprio da quelle parti. Parcheggiò alla meno peggio e, in pochi istanti, fu dentro al locale. Si guardò un po' intorno, alla ricerca di qualcuno che assomigliasse alla sua donna, fin quando non notò una chioma bionda in un angolo, vicino alla finestra. Si mise un po' a posto e poi, con fare altezzoso, si avvicinò.

 

"Buon mattino, mia bella dea." Le sussurrò in un orecchio.

 

"P-Per favore, e-evitiamo di fare c-come le altre volte." Esclamò, un po' imbarazzata.

 

"Katie?! Ma che diavolo ci fai tu qui? Dov'è tua sorella." Fu così sconcertato che, istintivamente, fece un passo indietro.

 

"N-Non c'è." Rispose secca lei.

 

"Come sarebbe a dire che non c'è? Ma se è stata lei a mandarmi quel messaggio!"

 

"G-Guarda che non è l'u-unica ad avere il n-nome che comincia per K."

 

Non è possibile esprimere a parole lo stato d'animo di Orlando. Frustrato? Deluso? Incredulo? Forse un mix di tutte queste cose. Si mise a sedere, come se fosse senza forze. L'idea che fosse Katie la mittente del messaggio, non gli aveva nemmeno sfiorato l'anticamera del cervello. Ordinò un caffè ed una brioche, mentre lei prese semplicemente una tazza di the. Rimasero a lungo in silenzio, scrutandosi. Non si fidavano l'uno dell'altra, come era comprensibile e, anche se erano quasi sopraffatti dalla curiosità, nessuno dei due voleva fare il primo passo. Alla fine, dopo alcuni minuti, la ragazza fece un grosso respiro e cominciò.

 

"A-Allora, non vuoi sapere c-come mai sono qui?" La sua voce era tranquilla e rilassata.

 

"A dire il vero è un pezzo che mi scervello ma, evidentemente, il motivo di questa conversazione, supera lo scindibile umano." Rispose un po' stizzito lui.

 

"S-Scusami." Abbassò la testa. Nel vederla così, gli prese una stretta al cuore.

 

"No, scusami tu. Io e te non abbiamo mai cominciato con il piede giusto e mi hai preso in una brutta mattinata. A parte gli scherzi, sono proprio curioso di sapere perchè hai deciso di vedermi. Sai, dopo l'ultima volta, credevo che mi odiassi." Capiva quanto lei si potesse sentire a disagio, così cerco di parlare con il tono di voce più normale che gli veniva fuori.

 

"V-Vedi, io so bene di non s-starti simpatica, c-come tu non stai simpatico a m-me." Alzò la testa per vedere la sua reazione. Lui continuava a guardarla come se niente fosse. "P-Però possiamo aiutarci a v-vicenda. Ho deciso d-di rivalutare la tua o-offerta."

 

"Ah sì? E quale sarebbe il motivo di questo cambiamento improvviso?"

 

"I-Io ti aiuterò a c-conquistare mia s-sorella, tu dovrai aiutarmi a c-cambiare."

 

"In pratica mi stai dicendo di fare un patto." Fu molto stupito di questo fulmineo cambiamento. Ci doveva essere di sicuro qualcosa sotto.

 

"Esattamente." Affermò lei, ferma e sicura.

 

"Molto bene. Devo ammettere che sono piacevolmente contento di questo fuori rotta. Ma questo non è nè il momento adatto nè il luogo adatto. Ci reincontreremo a casa mia la prossima settimana, verrò a prenderti all'università. Tu vedi di farti trovare fuori dal cancello. Ci stai?" Allungò la mano.

 

"C-Ci sto." La strinse, guardandolo negli occhi.

 

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Quel pomeriggio, dopo la fine delle lezioni, Eric era così euforico che non potè fare a meno di raccontare ai suoi compagni di stanza il motivo di tanta contentezza. Non sapeva se poteva fidarsi, ma era troppo contento per stare a bocca chiusa. Albert non c'era e così aspetto che Roy tornasse da lezione. Riuscirono ad incontrarsi per il rotto della cuffia.

 

"Ehi, Kipling! Ti devo assolutamente raccontare una cosa!" Esordì Eric, andando ad aprirgli.

 

"Solo un momento, Morrell si è levato di torno?" Chiese, guardando dentro.

 

"Sì, aveva le lezioni pomeridiane." Si chiedeva che c'entrasse con quello che doveva dirgli.

 

"Molto bene, è un po' che dovevo farti una proposta..."

 

CONTINUA...

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Capitolo 10
*** Prese di posizione... ***


Capitolo 10

Allora, innanzitutto vorrei scusarmi per il ritardo con il quale pubblico il decimo capitolo ma, adesso che sono cominciate le vacanze estive, sono rari i momenti che passo davanti al computer!^^ Non è svogliatezza, è solo che preferisco uscire a fare quattro passi!^^ Dunque, in questa nota vorrei ringraziare _Kristel_ perché segue tutte le mie nuove storie e poi, piccolo consiglio, non usare Outlook express per mandare le e-mail, fa solo una grande confusione!^^ Per Keira…anche a te grazie di cuore perché, puntuale, recensisci i miei nuovi capitoli!^^ A chi fosse interessato, ho cominciato a riscrivere una mia vecchia fic sulla sezione “originali”, che si chiama “La vera storia dei Galerians”, fatemi sapere se vi piace!^^ Bacini, Shi*

 

Capitolo 10.

Prese di posizione…

 

“Cosa?” Disse Eric, un po’ colto alla sprovvista. A dirla tutta, Kipling non gli era mai sembrato il classico tipo che si divertiva ad emarginare gli altri, però si guardava intorno come se si aspettasse di vedere sbucare fuori, da un momento all’altro, Albert.

 

“E’ da un po’ di tempo che desideravo parlartene, però a causa di quel Morrell non ho potuto. Non fraintendermi, non che mi stia antipatico o cose del genere, soltanto che non è il tipo adatto.” Che strano, sembrava quasi che gli aveva letto nel pensiero. Con molta probabilità, aveva notato l’espressione attonita che si era dipinta sul volto del ragazzo.

 

“Perché, cos’ha che non va?”

 

“Sarebbe una storia troppo lunga perché te la possa spiegare tutta quanta. Ora, se non ti spiace, mettiamoci a sedere anche perché, non so tu, ma io sono sfinito.”

 

Si sedettero nel piccolo sofà che i ragazzi avevano in camera. Il loro alloggio era piuttosto grande e completo di tutto, sia perché doveva ospitare tre ragazzi, sia perché il padre di Roy aveva fatto pressioni al preside affinché il figlio avesse la camera più confortevole. Eric, dal canto suo, trovava strana tutta quella improvvisa confidenza. Considerava i due coinquilini conoscenti, per lo più, invece adesso quel Kipling se ne usciva fuori con quella ‘proposta’. Chissà cos’era di così importante, visto che non voleva dirla nemmeno ad Albert. Si era incantato a guardare l’altro ragazzo e, allo stesso tempo, si chiedeva cos’era quella strana luce che intravedeva nei suoi occhi.

 

“Dunque, vedrò di arrivare al sodo il più presto possibile. Io ed alcuni ragazzi abbiamo fondato una congrega, proprio qui all’università.” Parlava con voce calma e pacata, tenendo le mani dietro il collo.

 

“No, un momento solo.” Vide lo sguardo dell’altro alzarsi fino ai suoi occhi. “Io sapevo che le congreghe esistevano solo nelle università americane, correggimi se sbaglio.”

 

“Sei un tipo molto pervicace. In effetti è così, qui in Inghilterra non esiste niente del genere. Neppure noi siamo accreditati molto dal collegio dei docenti e dal comitato disciplinare. Ci considerano più che altro come una sorta di club, non molto in vista, dove i membri si riuniscono tre volte la settimana. Ma tu, probabilmente, ti starai chiedendo il perché di tutti questi discorsi…” Roy era una persona molto carismatica ed abile. Inoltre, a tutte queste abilità, andava aggiunta una straordinaria parlantina, che non mancava di colpire chiunque lo stesse a sentire.

 

“Hai proprio colto nel segno. Cioè, io provo a fare qualche ipotesi, dentro di me, però gradirei che la smettessi di girare attorno a quest’argomento, coma stai facendo adesso…” Si sentiva a disagio, gli capitava poche volte quando si trovava in compagnia di ragazzi più giovani di lui.

 

“Io stavo semplicemente provando a renderti un po’ più chiara la faccenda ma, se vuoi che la smetta, non ci sono problemi. Voglio che tu entri a far parte della nostra congrega.” Concluse, infine, appoggiando le mani sulle gambe.

 

“E, se è lecito saperlo, qual è il motivo di questa improvvisa decisione?” Domandò, senza celare una vena di sarcasmo nella voce.

 

“Il fatto che tu sia più grande di me non ti autorizza a fare dell’ironia, caro Eric.” Lo ammonì. “Avevo pensato a te perché mi sembri un ragazzo in gamba, molto più di certa gente che gira qui, dentro al campus. Tuttavia, per entrare a far parte dei ‘cavalieri del giglio’, dovrai fare una prova, diciamo quasi un piccolo esame.”

 

“Cioè?”

 

“Diamo tempo al tempo, non c’è bisogno di affrettarsi. Devo ancora sentire gli altri cavalieri, perciò non posso assicurarti ancora niente. Tuttavia, la mia posizione di prestigio, mi permette di avere una certa autorità all’interno della congrega.” Sentì girare la chiave nella toppa e, in quel preciso momento, si alzò ed andò in camera sua.

 

Entrò Albert che, nel vedere la faccia allibita di Eric, fu un po’ sorpreso. Intuì che c’era sotto qualcosa ma, da bravo, fece finta di niente. Anzi, in quel periodo, doveva pensare a tutt’altre cose…

 

…………………………………………………………………………………………………………………………….

 

Katie, attraverso il cellulare di Kelly, aveva saputo che Orlando l’avrebbe aspettata al cancello esattamente alle 13.30 di lunedì. Lei, dopo essersi vestita e aver respirato profondamente, cominciò ad incamminarsi. Era incredibilmente agitata, tanto che il cuore sembrava esploderle in petto. La sola idea di stare da sola con uno degli attori che preferiva, la faceva star male. Aveva seguito la sua carriera fin dagli esordi, quando aveva recitato in Black Hawk Down, passando per Il signore degli anelli e via dicendo. Ma, al di sopra di ogni cosa, adorava leggere i libri d’amore. Man mano che sfogliava quelle pagine, si immaginava sempre di essere la protagonista che, dopo mille disavventure, veniva salvata dal suo principe azzurro.

 

Con questi pensieri per la testa, non vide avvicinarsi Clive Carpenter. Se ne accorse soltanto quando se lo trovò a meno di dieci metri. Fu presa subito dalla paura e, in preda alla disperazione più nera, cominciò a correre verso l’uscita, con la speranza di arrivare da Orlando prima che la raggiungesse.

 

Vicino, sempre più vicino. Aveva iniziato a seguirla. Katie pregò Dio con tutto il cuore e, quando vide il ragazzo che l’aspettava appoggiato alla macchina, ebbe un sospiro di sollievo. Poi si sentì avvampare al braccio destro. Clive, che non era riuscito a raggiungerla ed aveva notato Orlando, le aveva tirato alcune pietre, nella speranza di ferirla.

 

“Ce ne hai messo di tempo!” Esclamò, aprendo la portiera. Lei non rispose ed entrò, tenendosi le spalle con le mani. “Beh, non dici niente?”

 

“Eh? N-Non farci caso…a-allora, vogliamo andare?” Rispose lei, ancora molto provata da quella corsa.

 

“Se lo dici tu, in tal caso va bene.”

 

Restarono in silenzio, senza però evitare di guardarsi, per cercare qualche argomento di cui discutere. Nella testa avevano il vuoto più assoluto, non si conoscevano, era logico che non avevano niente di cui parlare. Non sapevano dei gusti reciproci, quali fossero gli interessi dell’altro. Orlando notò che Katie, rispetto alle altre volte, era assai più agitata. Da un parte si sentì dispiaciuto, perché era anche colpa sua, visto che non aveva trattato la ragazza mai troppo bene. Era logico che si sentisse in imbarazzo con lui.

 

Quel viaggio, che in realtà era molto breve, sembrava infinito. C’era una tensione infinita e tutti e due speravano ardentemente di arrivare a casa Bloom il più presto possibile. Non appena intravidero una bella casa con tanto di giardino, furono molto sollevati. Orlando abitava in periferia, per evitare di avere sempre appresso un manipolo di giornalisti e curiosi. Aveva comprato una villa nel quartiere di Long River, abbastanza distante dal centro di Londra, colorata di un bel giallo pastello con le persiane rosse. Era un tantino stravagante ma, se si guardava meglio, aveva quel tocco di originalità che riesce a trasformare, agli occhi di uno sconosciuto, una casa bizzarra in una casa personalizzata.

 

Al suo interno non c’era nessuno e così Orlando, da bravo padrone di casa, fece accomodare la ragazza nel salotto ed andò a prendere una bottiglia di birra in frigo. Gliela mise sul tavolo  poi si sedette di fronte a lei.

 

“Bene, alla fine eccoci qua. Allora, vogliamo parlare di questo patto?” Vide lei che teneva lo sguardo basso e così, per attirare la sua attenzione, le toccò un braccio. “Ehi, mi stai ascoltando?”

 

“Ahi!” Sussultò, stringendo l’avambraccio.

 

“Che ti succede?” A quel punto vide che la sua man era sporca di sangue. “Accidenti, ma tu sanguini! Aspetta, vado a prenderti un po’ di cotone e del disinfettante!” Corse in bagno, tornando con una bottiglietta e un cerotto. “Forse brucerà un po’, abbi pazienza.”

 

Cominciò a massaggiarla lentamente, mentre cercava di tirare indietro un ciuffo di capelli ribelli. La vide calmarsi e rilassarsi, mentre cercava di lasciarsi andare.

 

“Sai, sei il primo che mi tratta gentilmente…” Disse Katie, volgendo lo sguardo altrove.

 

“Mh? Dici sul serio? A me non sembra di fare chissà che cosa…sto semplicemente disinfettando una ferita. Chiunque, al mio posto, avrebbe fatto la stessa cosa.” Le sorrise. “Allora, non ti va di dirmi perché hai deciso così improvvisamente di aiutarmi?”

 

“Vedi, ho semplicemente bisogno di cambiare. Per ora, preferisco non dirti il motivo…non mi sento ancora pronta. Tu, piuttosto, come mai tanto interesse per Kelly?”

 

“Ecco qua!” Disse lui, mettendo un cerotto sul taglio. “Come mai ho interesse per tua sorella? Ad essere sincero non lo so neppure io. Forse perché quel suo modo di fare mi attrae molto di più di quello che vorrei. Bene, vogliamo stabilire le condizioni del nostro accordo?”

 

“Sì.” Osservò il cerotto colorato che Orlando le aveva messo sulla ferita. Era stato davvero molto gentile, lo stava rivalutando, rispetto alle altre volte che lo aveva visto.

 

“Ehi, hai smesso di balbettare?!” Disse, un po’ sorpreso.

 

“Quando mi rilasso, smetto di balbettare. Purtroppo è a causa del nervosismo, non ci posso fare niente.”

 

“Andiamo, non siamo qui per parlare di queste cose. Dunque, prima che tu arrivassi, mi era già passata per la testa una bella idea. Da quello che ho potuto constatare sei molto impegnata con la scuola, quindi sarebbe troppo difficoltoso vederci spesso. Io avrei in mente di vederci una volta alla settimana, sei d’accordo?”

 

“Sì, purché non sia sempre uno stesso giorno. Non so di preciso quali sono i giorni in cui ho meno da studiare. Semmai possiamo sentirci per telefono.”

 

“Direi che è un’ottima idea. Se vuoi avere il mio numero basta che lo chiedi a Kelly e, se ti vorrò cercare io, posso sempre telefonare al dormitorio femminile.” Si fermò a guardarla un po’. La vide arrossire di fronte a quell’insistente sguardo.

 

“Beh? Che c’è d-da guardare?” Domandò, piuttosto imbarazzata.

 

“Stavo pensando…penso che dovrai lavorare parecchio, e non solo sull’immagine. Non avrai mica creduto che il tuo cambiamento si limitasse ad un taglio di capelli?” La vide annuire, un po’ a disagio. “Mi dispiace deluderti. La cosa sarà molto per le lunghe perché, quando faccio un lavoro, voglio che sia completato a regola d’arte.”

 

“Non c’è bisogno che ti preoccupi così tanto…” Vide comparire sul suo volto un sorriso malizioso.

 

“Io mi preoccupo perché non sarà un’azione pro bono, tu dovrai adeguatamente ricompensarmi, spiegandomi come posso far breccia sul cuore della bella Kelly. Ormai, al mondo, non ci sono più persone che danno le cose senza ricevere nulla in cambio.” Disse in tono cinico.

 

“Le odio le persone come te!” Disse, senza nemmeno pensare. Quando se ne accorse, mise le mani davanti alla bocca, abbassando lo sguardo. “Scusami, non volevo…”

 

“No, dire quello che pensi è il primo passo per cominciare ad essere un po’ più estroversi.” La scrutò, non troppo bene. “Però ci sono cose che è preferibile non dire, magari per non offendere la sensibilità di una persona. Io non sono il tipo che se la prende per queste cose, ma devi imparare a controllarti. E, per favore, non dire ‘scusami’ che alla fine non si procede con il discorso!” (Frase deliberatamente tratta da FF8!^^ NdShizuru117)

 

“Il fatto è che…non lo so, tu hai la facoltà di rendermi particolarmente irrequieta. Cerca di capirmi, non mi hai mai fatto una bella impressione.”

 

“Me ne rendo conto, ma oramai io sono così, non posso farci niente. Su, non te la devi prendere per così poco, te l’ho detto, a me non interessa.” Cominciò a ridere, tanto che riuscì a contagiare anche lei.

 

“Sì, forse hai ragione. Ehm, c’è qualcos’altro che devi dirmi prima di cominciare? Io avevo capito che oggi avremmo cominciato già a fare qualcosa…” Lo vide alzarsi, mentre apriva la bottiglia di birra con un cavatappi.

 

“Mi spiace deluderti, ma oggi proprio non posso. Ho del lavoro da sbrigare e, nel caso tu non lo sapessi, il mestiere di attore non è che ti lascia molte libertà…” Sorseggiò un po’ la sua bibita.

 

“Guarda che lo so che lavoro fai…” Rispose, un po’ seccata. Non era come quelle adolescenti stupide che non lo riconoscevano per strada a meno che non avesse i capelli biondi e le orecchie a punta.

 

“In tal caso, mi fa proprio piacere. Facciamo così, ti passo a prendere domani pomeriggio, puoi?”

 

“Non saprei dirtelo con certezza ma credo di sì.” Si alzò, sistemandosi i pantaloni troppo larghi. “Allora io vado. Non ti preoccupare per me, torno all’università a piedi, vorrei fare una piccola passeggiata. Mi capita di rado di fermarmi ad osservare la natura. Ciao.”

 

“Ciao, a domani.”

 

Mentre Katie camminava per le strade di Londra, tanti pensieri si formavano nella sua testa. All’inizio era molto entusiasta della proposta di Orlando ma, in fin dei conti, le dispiaceva fare un dispetto a sua sorella. Tirando due somme, era l’unica che non aveva colpa. Ma lei non ce l’aveva con Kelly, lei ce la voleva con Eric. Era stata così stupida da illudersi che lui, rispetto agli altri, si era avvicinata a lei semplicemente perché era Katie Hilding, e non perché avesse una bella gemella. Avrebbe pianto volentieri, ma non voleva farsi vedere da tutta quella gente.

 

Ogni tanto si fermava a guardare le vetrine delle boutique, immaginandosi di indossare quei bei vestiti eleganti che vedeva esposti. Poi si ricordava che lei era semplicemente lei, che quelli erano soltanto sogni. Qualche volta le sarebbe piaciuto volare via, per dimenticarsi di tutto quel mondo che la circondava. Nella speranza di finire in una castello delle fiabe, dove lei era la principessa di un regno bello e splendente.

 

Rientrò all’università quando il sole stava cominciando a tramontare e, mentre percorreva quei viali in fiore, teneva la testa bassa. Non aveva per niente voglia di incontrare gli sguardi maligni della gente che le stava intorno, voleva solamente tornare in camera per stendersi un po’ sul letto. Non appena fu sul corridoio, notò un ragazzo appoggiato alla porta.

 

“Finalmente sei arrivata, ti stavo aspettando.” Disse, andandole incontro.

 

“M-Ma tu chi s-sei?” Domandò lei, un po’ timorosa.

 

“Il ragazzo che ti spedisce tutte quelle lettere…”

 

CONTINUA...

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Capitolo 11
*** Preoccupazioni... ***


Capitolo 11

Scusate per il ritardo! Ho avuto un po’ da fare in questi ultimi giorni e, di conseguenza, non trovavo neanche cinque minuti per poter scrivere!^^ In queste note vorrei ringraziare Keira perché segue tutte le mie storie e mi fa sempre tanti complimenti che mi fanno arrossire! Grazie!^^ Un grazie anche a tinetta85, visto che è la tua prima recensione! Speriamo che non sia nemmeno l’ultima!^^ E poi, Kaori28…beh, io i ringraziamenti te li faccio anche a voce, però è meglio farli sapere anche al popolo, no? GRAZIE!^^ Ma ora basta, vi lascio alla lettura!^^Bacini, Shi*

 

Capitolo 11.

Preoccupazioni...

 

Katie guardò per un attimo il ragazzo che si trovava davanti a lei. Era un tipo normale, che non si riconosce nemmeno se lo si vede in mezzo alla folla. Un tipo anonimo, insomma. Aveva i capelli tutti arruffati, neri, e due occhi vispi ed allegri. Indossava un paio di occhiali senza montatura ma, sebbene non si notassero, gli conferivano lo stesso l’aria di un secchione.

 

“V-Vorresti dire che s-sei tu a spedirmi q-quelle lettere?” Disse la ragazza, un po’ titubante.

 

“Sì, esatto. All’inizio non avrei mai pensato di riuscire a dirtelo, però non ce la faccio più a resistere. Vederti sempre assieme ad Eric e poi, prima, quando ti ho vista salire in macchina con quel tizio…non ce la faccio più. Avevo bisogno di dirtelo.” Rispose, arrossendo.

 

“M-Ma allora non e-era uno scherzo?”

 

“Certo che no. Lo so che, probabilmente, non ci avresti creduto…so cosa ti succede, delle volte.” Vide Katie abbassare la testa. “Però non voglio che tu pensi che io sono uno di ‘loro’. Non ho mai sopportato quello che ti facevano, però non potevo sperare di fermarli. Io sono uno, solo, senza il filo di un muscolo.”

 

“C-Chi sei? C-Come fai a conoscere i miei amici?”

 

“Mi chiamo Albert, Albert Morrell. Sono il compagno di camera di Eric, è per questo che lo conosco. Ogni tanto parla di te, però fa sempre riferimento a tua sorella. Li odio quei tipi che si avvicinano a te solo per cercare di far colpo su Kelly. Non è neanche degna di essere tua sorella.”

 

Fu colpita da quelle parole. Non per il loro significato in sé per sé, ma tanto per il fatto che le aveva pronunciate con enfasi, come se credesse in quello che diceva. Per la prima volta nella sua vita, il suo cuore aveva sussultato. Finalmente, dopo tanto tempo, qualcuno sembrava interessarsi veramente a lei. Ma, anche se aveva avuto quel momento di insperata felicità, non poteva illudere il ragazzo che le stava davanti.

 

“T-Ti prego, non dire più q-quelle cose su mia s-sorella. M-Mi dispiace, devo tornare a  s-studiare.” Disse, infilando la chiave nella serratura.

 

“No, ti prego, aspetta!” La supplicò lui. Katie si girò. “Non dici nemmeno che cosa pensi di tutto quello che è successo? Non hai davvero niente da dirmi?”

 

“N-Non saprei, ho b-bisogno di riflettere. Ti f-farò sapere qualcosa p-presto.” Cercò di scrollarselo di dosso il più velocemente possibile.

 

“Mi raccomando, ho bisogno di sapere.” I suoi occhi vispi diventarono imploranti. La osservava intimidito, come per non rovinarla. Abbassò il volto e poi, facendo un triste sorriso, se ne andò. Alla ragazza si strinse il cuore.

 

“Fidati, in qualche modo saprai quello che penso.” Disse, infine, non nascondendo un certo imbarazzo.

 

Quando entrò in camera, notò che sua sorella non c’era. Da un lato, fu molto sollevata di questa scoperta. In quel momento non aveva per niente voglia di vederla. Uno: perché era ancora piuttosto risentita per quella faccenda di Eric, due: perché si vergognava di aver accettato il patto di Orlando che, in fondo, avrebbe incrinato il loro rapporto. Si sedette sulla scrivania, osservando il mucchio di libri che si trovavano sopra ad essa. Buttarsi a capofitto nello studio le era sempre riuscito bene, soprattutto quando aveva qualche problema e non voleva parlarne con qualcuno. Aprì il suo tomo di economia monetaria e cominciò a leggere, prendendo sporadicamente qualche appunto.

 

………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Nel frattempo, Orlando era un po’ indeciso sul da farsi. In tutta sincerità, vedere che Katie era così indifesa, lo rendeva molto triste. E’ vero, magari non era la classica bellezza da mozzare il fiato, però gli era sembrata una ragazza molto tranquilla e sulle sue. Più ci pensava, meno capiva il motivo per il quale l’avessero ferita. Anche se non ci era mai stato, sapeva bene che all’università esistevano delle persone molto crudeli, che si divertivano a prendere in giro i più sfortunati.

 

Dlin! Dlon!

 

Al suono del campanello, si destò per un attimo dai suoi pensieri. Chi poteva essere che lo cercava a quell’ora? Pregò che non fosse l’ennesima fan che aveva scoperto dove abitava.

 

“Ehi, Orlando! Ci sei o ci fai? Avanti, lo so che sei in casa!” Urlò una voce a lui familiare. Andò ad aprire contento.

 

“Qual buon vento ti porta qui, caro Dominic? E’ da tanto che non vieni a farmi visita…di pomeriggio, perlomeno!” Disse, molto scherzosamente.

 

“Il tuo senso dell’umorismo è notevolmente aumentato dall’ultima volta. Allora? Mi fai restare qui fuori come un emerito deficiente, oppure mi fai entrare?”

 

“Prego.” Disse, da perfetto gentiluomo. “Ma sei un deficiente anche se entri in casa mia, ricordatelo.”

 

“Mi scusi, Mr. Simpatia.” Gli rispose Dom, piuttosto acido.

 

Tra una battutina e l’altra, si accomodarono entrambi sul divano, scolandosi la bottiglia di birra che Katie si era rifiutata di bere. Orlando notò immediatamente che c’era qualcosa che non andava. Non osava dire niente e, soprattutto, si guardava intorno con fare circospetto. Molto probabilmente doveva dirgli qualcosa, solo che non sapeva da dove cominciare.

 

“Ehi, Dom, si può sapere che c’è che non va? Non cercare nemmeno di fregarmi, non ci riesci mai e non credo che stavolta sarà diverso! Ebbene?” Domandò, molto curioso. Adorava mettere l’amico in difficoltà.

 

“A dirti la verità, mi sento un po’ a disagio…non vorrei far danni.” Disse, stranamente pudico.

 

“Ti sei finalmente accorto di amarmi?” Scherzò l’altro.

 

“Guarda, tu lo sai meglio di chiunque altro che odio fare dei discorsi seri…però, per una volta che ci provo, non ti mettere a far subito il cretino!”

 

“Eddai! Stavo solo cercando di sciogliere la tensione! E poi, devo andare via tra pochissimo, perciò non ho tempo!”

 

“Problemi con il tuo nuovo film?” Andò fuori discorso.

 

“Problemi? No, sono proprio drammi! Non so chi è il più sclerotico tra il regista e la protagonista femminile…quella è una banda di matti!” Inconsciamente, sapeva che non era quello l’argomento di cui voleva parlare Dominic ma, visto che doveva andare via tra poco, preferiva non lanciarsi in discussioni troppo lunghe e noiose.

 

………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Il pomeriggio successivo, Kelly ed Eric avevano deciso di uscire di nuovo insieme. La cosa che preoccupava la ragazza era il fatto che la sorella, ultimamente, sembrava non essere più lei. Si faceva trovare raramente in camera, parlava ancora meno del solito, si fermava molto spesso in biblioteca e, quasi ogni sera, finiva per addormentarsi sulla scrivania, sopra i suoi libri. Cominciava a darle non poche preoccupazioni.

 

Si incontrarono nel piccolo parco interno, sotto ad una grande quercia. Adoravano stare lì, era come se riuscissero ad avere un raro momento di pace, in mezzo a tutti gli impegni che avevano.

 

“Allora, come è andata a lezione?” Disse Eric, cingendo con un braccio le spalle di lei.

 

“E’ andato tutto normalmente…” Rispose, un po’ malinconica.

 

“Ehi, va tutto bene? Come mai questo tono di voce da funerale? Non sei contenta di stare qui con me?”

 

“Non è quello…mi fa davvero tanto piacere passare del tempo con te. Però sono preoccupata per mia sorella. E’ da un po’ di tempo che non è più la stessa. In lei non riconosco più la Katie che sono abituata a vedere.” Si alzò in piedi, scrutando con distacco la gente che passava.

 

“Tu vuoi veramente bene a tua sorella, non è vero?” Domandò con dolcezza.

 

“Sì. E’ come se fosse una parte di me, una parte essenziale. Vederla così distante mi fa male ma, in fondo, nessuno sa cosa potrebbe accadere. So soltanto che adesso è lontana…e questo mi fa male.” Rispose, con amarezza. Odiava mostrare i suoi lati deboli, però quando si trovava a parlare di Katie…era come se quelle parole uscissero da sole.

 

“Lo sai, quando parli di lei ti si illuminano gli occhi. Io non la conosco, però la vedo come una persona molto dolce, tranquilla, placida, pacata, sensibile…” Si fermò di colpo, quando vide Kelly girarsi verso di lui. “Ehi, che succede?” La vide avvicinarsi, prendendolo per mano.

 

“Vieni con me…in camera mia non c’è nessuno…” E cominciò a tirarlo per la maglietta, facendogli strada.

 

………………………………………………………………………………………………………………………………

 

L’indomani, come d’accordo, Katie si fece trovare da Orlano davanti al cancello dell’università. Aveva indossato la sua t-shirt più larga, tutta nera, e dei jeans da rapper, con il cavallo molto basso. Come al solito si era fatta la coda ed aveva indossato i suoi occhiali spessi. Non appena vide la macchina, cominciò ad incamminarsi. Salì e, la prima cosa a cui fece caso, fu la faccia incredibilmente stanca di lui.

 

“Ciao.” Disse, con un piccolo sorriso. “Sei sicuro di star bene?” Domandò, un po’ preoccupata.

 

“Sì, è tutto a posto. E’ solo che ieri ho lavorato fino a tardi e poi, dopo cena, sono andato da tua sorella per fare un po’ di ginnastica e…” Vide il volto della ragazza che stava arrossendo velocemente. “Ehi, non mi dirai che ti vergogni a parlare di sesso?!” Chiese, stupito.

 

“N-Non è quello…” Si strinse nelle spalle.

 

Il ragazzo cominciò a fiutare qualcosa, però preferì non dire niente. Lei gli aveva detto che odiava trovarsi in imbarazzo, perciò non voleva peggiorare ulteriormente la situazione. Partì, arrivando velocemente a casa. Questa volta si accomodarono sul letto degli ospiti, ognuno a debita distanza dall’altro.

 

“Bene, si vuol cominciare?” Esordì Orlando, sfoderando un gran sorriso.

 

“Come vuoi. Da dove si parte?”

 

“Perché non mi racconti un po’ di te? Il tuo carattere, le tue passioni, quello che ti piace fare quando hai un momento libero…sì, insomma, fammi capire come mai hai questo carattere. Ci dovrà essere una causa, o sbaglio? Il modo migliore per imparare a relazionarsi con gli altri è quello di parlare di sé stessi; l’ho imparato facendo cinema.” Aveva un tono di voce veramente tranquillo e rilassante tanto che Katie, preso un respiro profondo, cominciò a parlare.

 

“Ti avvero fin d’adesso, io non sono un tipo che parla molto. Quindi, lasciami parlare senza interrompermi.” Lui annuì. “Credo che sia difficile poter dire com’è il mio carattere. Delle volte, non riesco a capirlo nemmeno io. Generalmente sono molto timida e impacciata, non mi piace essere circondata da tante persone. Preferisco intrattenere delle conversazioni al massimo con dieci - quindici persone. Molte volte questo mio atteggiamento potrebbe rivelare superbia, ma non è così. E’ solo che…mi vergogno farmi vedere dagli altri. Non sono mai stata ben accettata dai miei compagni di classe e forse è dovuto a…” Si fermò, abbassando la testa.

 

“…a tua sorella.” Completò lui la frase.

 

“Sì.” Ammise lei, senza alzare lo sguardo.

 

“Credo, in parte, di capirti. E’ come se fossi eclissata da lei, come se fossi la sua ombra. Quando frequentavo le superiori, a causa di alcuni problemi, tutti mi prendevano in giro. Fa soffrire, vorresti poter scappare da tutto e da tutti.”

 

“Sì. Però io non lo faccio. Ogni giorno mi ripeto che questa storia finirà e che, prima o poi, sarò capace di alzare lo sguardo e di dire al mondo che esisto anche io. Quel giorno deve ancora arrivare…” Aveva la voce rotta, sembrava prossima al pianto.

 

“Dimmi, quali sono i tuoi hobby?” Ad Orlando faceva compassione. Sentiva che stava male, come se quell’argomento le causasse un profondo dolore.

 

“Mi piace scrivere. Starei delle ore intere con il mio diario e la mia penna. Scrivo per dimenticarmi del mondo in cui mi trovo, così posso creare persone e situazioni come le vorrei io. E’ così bello e…rilassante.” Il suo tono di voce si era un po’ rallegrato.

 

“Hai mai provato a far leggere a qualcuno le tue opere?”

 

“No, non riuscirei a sopportare un rifiuto.”

 

“Scusami se te lo dico così di petto, però se non le farai leggere mai a nessuno, come saprai se sono belle oppure no?”

 

“E’ facile parlare, quando uno non si trova nei miei panni…” Fu un po’ risentita dell’ultima affermazione di Orlando. D’accordo, forse era un po’ troppo passiva, ma lui non sapeva minimamente quanto dolore doveva sopportare, man mano che i giorni passavano.

 

Continuarono a parlare ancora a lungo, mentre le chiedeva cosa le piacesse fare, come mai aveva scelto quella facoltà, quali erano i suoi sogni. Lei era rimasta sempre un po’ evasiva nelle risposte però, quando parlava, sentiva di potersi fidare. Era un qualcosa che non si poteva avvertire a pelle…però lo sapeva.

 

Quando Katie se ne andò, Orlando si mise a guardare un po’ di tv, in panciolle. Aveva faticato molto quel giorno, mentalmente come fisicamente. Adesso, l’unica cosa che voleva, era rilassarsi. Proprio mentre era riuscito a beccare il suo programma preferito, sentì suonare il campanello. Maledì chiunque fosse. Si alzò controvoglia, grattandosi una coscia.

 

“Spero con tutto il cuore che, chiunque tu sia, hai un buon motivo per venire a rompermi le scatole!” Sentenziò ad alta voce, aprendo la porta. Vide Dominic davanti a lui, con un’espressione indescrivibile. “Ehi, che ti succede?”

 

“Dovevo dirtelo ieri, poi non l’ho fatto. Ma adesso non ce la faccio più a rimanere zitto!”

 

CONTINUA...

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Capitolo 12
*** Si scoprono gli altarini... ***


Finalmente, dopo una settimana a Montelago, eccomi di nuovo qua

Questa volta mi sento in dovere di dirlo, grazie per aver aspettato tutto questo tempo!^^ Il fatto è che, quando sono in vacanza, non adoro scrivere molto spesso, preferisco di gran lunga passare il tempo con i miei amici a chiacchierare. In ogni modo, devo fare due ringraziamenti speciali: a Keira, perché sta diventando una mia assidua lettrice e io non posso che esserne contenta! GRAZIE!^^ E poi, anche a _Kristel_ va fatta una nota di merito, per una cosa che sappiamo solo io e lei e poi perché non manca di seguire le mie due storie in corso!! GRAZIEEEEE!!! Inoltre, ringrazio July Chan, perché ha recensito per la prima volta…sono contenta che la mia storia ti piaccia, grazie! Ma ora vi lascio alla lettura!^^Bacini, Shi*

 

Capitolo 12.

Si scoprono gli altarini…

 

Era già da alcuni minuti che Dominic si trovava a casa Bloom, senza peraltro aver toccato un benché minimo argomento. Aveva bussato alla porta come un toro infuriato e adesso se ne stava lì, seduto sulla poltrona, a guardarsi intorno, imbarazzato. Orlando stava cominciando a diventare un po’ nervoso, odiava quel forzato silenzio e non capiva il motivo per il quale l’amico era così impacciato. Di solito, era una persona che, se aveva qualcosa da dirti, non si lasciava pregare.

 

“Allora, mi vuoi far aspettare in eterno oppure mi dici cosa c’è che non va?” Disse Ob, sorseggiando un bicchiere d’acqua. Stava fissando l’altro con occhi placidi e tranquilli, cercando di farlo stare a proprio agio.

 

“Non è quello è che, appena varcata la soglia, mi è passata un po’ l’incazzatura che avevo…” Rispose, sconsolato.

 

“Hai per caso voglia di farmi venire il mal di testa? No, guarda, in questo momento ho già troppi pensieri per cui non ti mettere pure tu! Quando ti metti a fare queste frasi a metà proprio non ti sopporto.” Era piuttosto alterato.

 

“In questi ultimi giorni non ti riconosco più! Ma che c’è, stai diventando esaurito? No, perché conosco molte cure contro l’esaurimento nervoso…” Provò a scherzare Dom.

 

“Per favore, non mi pare né il momento né il luogo adatto per tirare avanti questa discussione. O mi dici cosa c’è che non va, oppure ti sbatto fuori a calci nel sedere!” Gli urlò in faccia.

 

“Ok, ok, stai calmo!” Si alzò in piedi, mettendo le mani dietro la schiena. “Il fatto è questo. Tu mi avevi detto di essere rimasto in contatto con la ragazza che avevi incontrato in quella discoteca, giusto?” Orlando annuì. “Dunque, come posso spiegarti quello che è successo…”

 

“Magari partendo dall’inizio, tu che dici?” La sua voce si era calmata un po’. Soltanto che, sentire parlare di Kelly, lo aveva messo in una strana condizione di allarme. Immaginava che poteva aspettarsi di tutto da quella ragazza e, il fatto che Dom ne sapesse qualcosa, di certo non lo tranquillizzava.

 

“Ora ti dirò tutto per filo e per segno, basta che tu stringa tra le mani qualcosa e ti metta a sedere comodamente sulla poltrona…”

 

…………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

La mattina seguente, Katie si alzò di buonora per prepararsi mentalmente e fisicamente alla sua lezione di economia monetaria. Il professor Baker, l’altra volta, era stranamente di buon umore visto che aveva spostato l’aula dove insegnava abitualmente. Questa volta aveva optato per un’ala molto luminosa che si trovava ad est rispetto all’entrata.

 

“Ci mancava solo questa, così non fa altro che conciliarci il sonno!” Aveva detto Martha, una sua compagna di corso.

 

In effetti era proprio vero. Le sue lezioni erano particolarmente soporifere e, dato che duravano come minimo quattro ore, era un’impresa disperata rimanere svegli. Katie, in ogni caso, si era preparata di tutto punto. Soltanto che, quella mattina, aveva deciso di non fare più la sua abituale coda bassa. Aver discusso con Orlando dei suoi problemi di personalità l’aveva fatta riflettere. ‘Non avrai mica creduto che il tuo cambiamento si limitasse ad un taglio di capelli?’ Le aveva detto. Certo, si rendeva conto che doveva fare qualcosa di radicale, però era sempre meglio cominciare dalle piccole cose. Così, dopo aver accuratamente diviso i capelli, li sistemò in una bella treccia. Non riusciva a riconoscersi allo specchio però, dentro di lei, sapeva che qualcosa era già cambiato. La vecchia Katie non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

 

Con i suoi libri in borsa e gli occhiali appoggiati al naso, cominciò a camminare per i lunghi corridoi. Si rendeva conto che alcuni le lanciavano uno sguardo stupito ma lei, dal canto suo, rideva sotto i baffi  e, abbassando un po’ il capo, continuava per la sua strada.

 

“Sei Katie, vero? Accidenti, con questa treccia non ti avevo mica riconosciuta!” Disse una voce familiare alle sue spalle.

 

“Oh, Eric! Ciao.” Rispose, con un tenue sorriso. Ancora non l’aveva perdonato per ciò che le aveva fatto però, visto che lui era inconsapevole, lei doveva trattarlo normalmente.

 

“E’ da un pezzo che non ci si vede! Ultimamente non ti vedo quasi più in giro, e ti ci vedevo poco anche prima!” Le disse scherzosamente, sorridendo.

 

“Beh, tra lo studio e i miei impegni personali, mi risulta difficile avere una vita sociale come la tua.” Gli aveva risposto in modo piuttosto secco e l’aveva lasciato di stucco. Accortasi della sua scontrosità, gli aveva sorriso, come per fargli capire che era una battuta. Lui fece altrettanto.

 

“Accidenti, lo sai che mi sei proprio mancata?” Disse lui, spontaneo. Lei arrossì.

 

“Come mai?” Era molto imbarazzata.

 

“Non lo so di preciso, ma fa sempre piacere vedere il volto di una persona amica. E poi tu sei molto intelligente, mi stupisci sempre con le tue affermazioni sagaci.” Continuò, tranquillo. “Mi sorprende che tua sorella sia così diversa da te!”

 

“Già…mia sorella è molto diversa da me. Lei ha tutto, io non niente.” Disse, sconsolata.

 

“Non è vero. Ognuna delle due ha i suoi pregi e i suoi difetti.”

 

“Vero, soltanto che di me si notano soltanto i difetti mente di mia sorella si vedono solo i pregi.” Rispose, acida. Ci provava a rimanere tranquilla ma non ci riusciva, la rabbia e la frustrazione le salivano fino in gola.

 

“Io non riesco a capire come mai ti svaluti tanto. In fondo, sei una persona speciale anche tu. E poi ho saputo della dichiarazione che ti ha fatto Albert…allora, che gli risponderai?” Domandò, curioso.

 

“Non riesco proprio a capire cosa ti passi per la testa. In ogni caso, non so cosa dirgli. Non lo conosco, ci ho parlato a malapena una volta e non so nemmeno come sia caratterialmente, se sia una persona affidabile…” Si fermò non appena sentì la mano di Eric sopra la sua testa.

 

“E’ proprio per questo che sei una persona speciale. Non ti lasci abbindolare dalla prima impressione che ti può fare qualcuno, riesci a cogliere i minimi particolari e sai leggere tra le righe.” Disse, dolcemente.

 

Katie sentì una fitta al petto. Quel ragazzo, che tanto sembrava stupido e bambinone, riusciva ad infonderle un coraggio ed una voglia di vivere fuori dal comune. Sapeva quando c’era bisogno di trattarti con dolcezza e quando doveva usare il pugno duro. Era qualcuno che viveva sempre come se fosse l’ultimo giorno, un ragazzo che sprizzava gioia da tutti i pori. Qualcuno di cui era impossibile non innamorarsi…

 

“Lo sapevo, con te non riesco mai a sembrare arrabbiata…” Disse lei, con un filo di voce.

 

“Mh? Hai detto qualcosa?” Si avvicinò al suo volto, facendo una faccia strana. Katie, non riuscendo a trattenersi, cominciò a ridere di gusto, seguita a ruota da lui.

 

“Sai, penso che tra un po’ non riderai più…” Udirono una voce alle loro spalle, qualcuno che doveva essere, con molta probabilità, una persona molto arrabbiata. I due si voltarono subito e la ragazza lo riconobbe subito.

 

“Or…” Non fece in tempo a finire di dire il suo nome che Orlando aveva dato un sonoro pugno in faccia ad Eric.

 

“Adesso ti senti meglio? Hai più voglia di ridere, casanova da strapazzo?” Gli urlò, ridendo sadicamente.

 

“Ma sei impazzito? Si può sapere che diavolo ti è preso? Perché mi hai dato un pugno? Hai forse intenzione di fare a botte?” Eric si era alzandosi tenendosi la mascella. Gli usciva del sangue da un labbro.

 

“Ma quante domande fai, per essere appena caduto a terra. Vuoi sapere perché ti ho picchiato? Bene, la devi smettere di mettere le mani addosso alla mia donna. Lascia in pace Kelly, lei è mia.” Continuò l’altro.

 

“Tua? Povero illuso, a lei non gliene frega assolutamente niente di te. Puoi essere al massimo un suo compagno di letto, lei è mia, non tua.” Istintivamente, si voltò verso Katie, che aveva abbassato gli occhi.

 

“Ma davvero? E allora, se sei veramente un uomo, fatti avanti!” Lo sfidò Orlando.

 

“Benissimo, non chiedevo di meglio, davvero.”

 

Cominciarono ad azzuffarsi come due bambini, sotto lo sguardo attonito degli altri che facevano da spettatori. Si davano pugni, schiaffi, calci, si tiravano offese. Ognuno cercava di avere la meglio sull’altro, mentre si coprivano di lividi e sangue. Ad un certo punto, Eric era finito a terra a causa di una spinta e Orlando stava per dargliene di santa ragione quando Katie si mise tra i due.

 

“Basta, smettetela! Vi prego…” Cominciò a piangere, tremando. “Vi prego…vi prego…finitela con questa assurda lotta…” Si era inginocchiata a terra, mettendosi le mani davanti agli occhi. I due, vedendola in quello stato, si scambiarono una brutta occhiata e, insieme, si avvicinarono a lei.

 

“Si può sapere che ti è preso? Perché ti sei messa in mezzo?” Le chiese Orlando, incrociando i suoi occhi. Non aveva mai visto quell’espressione sul suo volto. Aveva paura e allo stesso tempo lo guardava con compassione. Dai suoi occhi azzurri cadevano copiose delle lacrime lucenti, che andavano a finire contro le sue piccole mani.

 

“Portiamola in infermeria.” Propose Eric. L’altro gli lanciò uno sguardo di fuoco. “Continueremo il discorso dopo, adesso dobbiamo aiutarla.” L’aiutò ad alzarsi, tenendola per un braccio.

 

“E va bene, ma ricordatelo che lo faccio solo per lei, non per salvarti la faccia dai miei pugni.” Prese l’altro braccio, tirandola in piedi.

 

La portarono in infermeria cercando di coprire i loro lividi. Lei sembrava essersi calmata un po’ però non aveva ancora smesso di piangere. Eric ed Orlando la portavano insieme, uno da una parte, uno dall’altra. Probabilmente, se fosse stata un’altra, avrebbero fatto finta di niente ma si trattava di Katie. Ognuno dei due, in modo diverso, sapeva che la sua situazione non era delle più rosee, perciò non volevano ferirla con il loro comportamento.

 

Dall’altra parte, lei non sapeva cosa le era successo. Forse era stata la vista di tutta quella violenza. Delle volte anche lei era stata presa a botte e sapeva che faceva a male, più psicologicamente che mentalmente. La sua era stata una reazione spontanea e poi…vedere gli unici due uomini ai quali voleva un po’ di bene azzuffarsi…non era riuscita a trattenersi. Quando arrivarono in infermeria, la dottoressa Haughton la fece sedere su un lettino, per farla calmare.

 

“Non ho intenzione di curare voi due, razza di stupidi. Voi uomini mi stupite ogni giorno di più della vostra stupidità. Siete solamente capaci di menarvi tra di voi e di ferire noi donne.” Tirò fuori del cotone e una bottiglia di disinfettante. “Tenete. Visto che vi ritenete così forti, curatevi da voi.”

 

I due fissarono per un momento quello che gli aveva dato la donna. Si scambiarono uno sguardo complice e poi, mettendosi davanti allo specchio, cominciarono a guardare le loro ferite. Dopo alcuni minuti, non erano riusciti a combinare niente. Avevano gli occhi gonfi a causa dei pugni e poi gli facevano male le mani.

 

“Mi dispiace per prima. Io…non volevo intromettermi.” Katie fece capolino dalla porta. “Vi prego, lasciate che vi aiuti io a disinfettarvi.” Prese del cotone e, delicatamente, cominciò ad asciugare il sangue sulla faccia di Orlando.

 

“Mentre io aspetto le tue cure, crocerossina, vorrei sapere una cosa.” Esordì Eric. “So bene che forse non c’entra niente, però credo che questa storia del cuore in affitto ha a vedere anche con noi due, sbaglio?”

 

“No, non sbagli in effetti.” Li guardò negli occhi. “Voi stessi siete caduti nella trappola del cuore in affitto.”

 

“Un momento, io non ho la più pallida idea di cosa stai parlando.” Le disse Orlando, prendendole una mano.

 

“Con tutta la dovuta calma, vi spiegherò tutto.” Continuò lei, voltando lo sguardo altrove. “Come voi stessi avete potuto vedere, mia sorella è molto bella e ha molto successo con i ragazzi. Però, nella sua natura, odia soffermarsi troppo sui problemi. Così, quando incontra qualcuno che le piace, ci esce senza crearsi dei dilemmi interiori. Anche se, in quel momento, esce già con altri. E’ da qui che è nato il soprannome Hfr: Heart for rent, cuore in affitto. Lei da in affitto il suo cuore a chiunque voglia, senza mai impegnarsi seriamente. Diciamo che, in questo appartamento immaginario, vivono sempre molti coinquilini. La porta è aperta a tutti.”

 

“Vorresti dire che esce anche con più ragazzi contemporaneamente?” Domandò Eric, sorpreso.

 

“Esatto.” Concluse, seria. D’un tratto sentì la porta aprirsi e, dietro di lei, vide Kelly.

 

“Finalmente vi ho trovato, razza di sciagurati che non siete altro. Mi avevano detto che due scatenati avevano cominciato a fare a botte nei corridoi, solo che io non ci avevo fatto tanto caso…finché non me li hanno descritti. Voi siete completamente pazzi!!” Gli urlò, gesticolando.

 

“Io devo andare a lezione, a più tardi…” Katie se ne andò, lasciando i due in balia della furia di sua sorella.

 

“No, aspetta!” Disse disperatamente Orlando. Vide la porta chiudersi dietro di lei.

 

“Lei non deve aspettare nessuno, tantomeno te. Beh, cosa avete da dire a vostra discolpa?” Esordì Kelly, mettendosi le mani sui fianchi.

 

“Tutto è iniziato perché avevamo scoperto che uscivi con noi due contemporaneamente. Così abbiamo cominciato a suonarcele perché volevamo che tu fossi soltanto di uno di noi.” Eric aveva la stessa espressione di un cane bastonato.

 

“Vostra?! Io sono mia soltanto, mi avete capita? E poi, scusate se ve lo dico, ma io non sono ufficialmente fidanzata con nessuno dei due. Se mi prende lo sghiribizzo, posso lasciarvi perdere entrambi, senza pensarci nemmeno due volte. Nella mia situazione attuale, posso permettermi di uscire con chiunque voglia. Avete capito l’antifona oppure no?”

 

………………………………………………………………………………………………………………………………………..

 

Dopo aver preso una sgridata per essersi ritardata alla lezione, Katie continuò a ripensare all’episodio di quella mattina per tutto il pomeriggio. E intanto, volando con la sua mente, aveva preso una decisione importante che la riguardava molto da vicino.

 

CONTINUA...

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Capitolo 13
*** Decisioni importanti e visite inaspettate... ***


capitolo 13

Salve a tutti! E’ un bel po’ di tempo che non mi faccio viva ma, cercate di capirmi, sono stata quasi un mese al mare!^^ Ok, molto probabilmente non importava niente a nessuno! In ogni caso, visto che quest’estate sono stata scossa in molte mie certezze, ho deciso che ci saranno alcuni cambiamenti nella trama che avevo ideato all’inizio. Non preoccupatevi, vedrete voi stessi i risultati!^^ Voglio ringraziare, come al solito, _Kristel_, Keira, Jalychan e Tye (grazie per la tua prima recensione!). Ed ecco a voi l’atteso tredicesimo capitolo! Buona lettura!

 

Capitolo 13.

Decisioni importanti e visite inaspettate…

 

Non appena la lezione del professor Baker finì, Katie cominciò a camminare distrattamente per i lunghi corridoi dell’università. In effetti, quella che stava per prendere, era una decisione decisamente importante. Era un modo per dimostrare al mondo che lei aveva carattere. In fondo era qualcosa di estremamente piccolo ma, nella sua piccolezza, era qualcosa di grandioso. Sentiva su di sé gli sguardi degli altri dato che, lo spettacolo che avevano offerto Orlando ed Eric, non era proprio ortodosso. Con questi pensieri per la testa, si scontrò proprio con l’uomo a cui stava pensando.

 

“Ciao Katie! Come va, stai un po’ meglio?” Chiese il ragazzo, sorridendole.

 

“Sì, direi di sì. A dire la verità sono arrivata un po’ tardi a lezione ma, lo sai, i professori alla fine mi hanno sempre a cuore.” Rispose lei.

 

“Mi dispiace per quello che è successo. Se avessi utilizzato un po’ di più il cervello, di certo non ci saremmo trovati in quella spiacevole situazione.” Replicò Eric, abbassando la testa in segno di scusa.

 

“Non hai di che dispiacerti. Orlando è fatto così, mi è sempre sembrato un tipo piuttosto impulsivo. E poi le scuse dovreste farle a mia sorella, non di certo a me.”

 

“Mi è parso di sentire una punta di ammirazione verso quello spaccone del signor Bloom, devo dedurne che ti piace?” Domandò, incuriosito.

 

“No, non credo che tra me e lui possa mai nascere quella scintilla. Io e lui siamo strettamente in rapporti d’affari, niente di più niente di meno.”

 

Dicendo questo se ne andò, senza dare ad Eric il tempo di replicare. Si sarebbe sicuramente trovata in una situazione imbarazzante nel dovergli spiegare il motivo di tutta quella faccenda. Lei lo faceva per sé stessa, è vero, ma anche per lui. Ma questo, non doveva saperlo nessuno, tantomeno Orlando. Nella sua mente aveva ben altre cose a cui pensare, una delle quali riguardava proprio la camera n°77. Prima, però, doveva avere un’informazione vitale dalla signorina Isherwood.

 

…………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

La sorella, nel frattempo, dentro di sé gongolava. Sapeva bene di avere un notevole ascendente sugli uomini ma addirittura fare a botte per lei! Adorava tutte quelle attenzioni, soprattutto quando si trattava di due bei ragazzi come loro. Non capiva come mai Katie li conoscesse entrambi, soprattutto non capiva quale fosse il suo rapporto con loro. Di solito vivevano due vite sociali ben distinte, ognuna delle quali con i suoi pregi ed i suoi difetti. Ma questa storia le puzzava…a dire la verità fin troppo…

 

 

Alcuni giorni dopo, Orlando si era preparato per il suo nuovo incontro con Katie. Le aveva telefonato la sera prima e, sebbene lei fosse stranamente riluttante, aveva accettato. Il colloquio che avrebbero dovuto intrattenere quel pomeriggio sarebbe stato diverso da tutti quelli che avevano fatto fino a quel momento. Non sarebbe stato un discorso a senso unico, non si sarebbe parlato di un solo argomento. C’era bisogno di instaurare un rapporto più complesso, più profondo, all’interno del quale ognuno dei due potevano parlare di ciò che volevano. Andò a bussare in camera sua, ma gli venne ad aprire Kelly.

 

“Ehi, che ci fai qui? Volevi forse farmi una sorpresa?” Disse la ragazza, con occhi languidi.

 

“In altre occasioni l’avrei fatto, ma in questo momento ho davvero da fare.” Rispose lui, dolcemente.

 

“Ma allora non sei venuto per farti perdonare?”

 

“No, a dir la verità stavo cercando tua sorella.” Disse in tono autorevole, ma sempre con il sorriso sulle labbra.

 

“……………” Per un momento rimase senza parole. Non le era passato per la testa che Orlando stesse cercando proprio Katie, era un cosa che non aveva nessun senso. “Non so di preciso dove sia. Forse è andata nel teatro del campus. Qualche sera fa, dei membri di una confraternita ha fatto un po’ di danni. Hanno rotto copioni, libri, scenografie. Magari è lì che da una mano. La mia sorellina ha il cuore tenero”

 

“Al contrario di te. Ciao Kelly, ci risentiamo.”

 

La ragazza lo vide allontanarsi, tranquillamente. Odiava quando gli uomini si comportavano così male nei suoi confronti ma…da quanto tempo qualcuno non lo faceva? Stentava a ricordarselo. Per la prima volta nella sua vita era stata trattata per quello che, in fondo, era: una ragazza venticinquenne che tiene troppo alto il gomito. Rientrò con uno strano nodo in gola.

 

…………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Nello stesso momento, Katie si trovava nella piccola biblioteca del teatro universitario. Avevano proprio fatto un bel casino. Distrutto il sipario, danneggiato il pavimento, colorato le poltrone, sparso i libri dappertutto. Molti dei suoi amici se ne erano andati e lei, insieme a poche altre persone, stava riordinando. Vlad e Matthew pulivano le scritte fatte con il pennarello indelebile sulla platea mentre Ellen e Maria controllavano l’impianto acustico e gli strumenti di scena.

 

Trovarsi da sola in quell’incredibile ambiente, pieno di saggezza e di libri antichi e preziosi, era un’emozione veramente unica. Delle volte la signorina Isherwood la faceva entrare di nascosto ma vederla in quel momento, con la luce che illuminava i vecchi mobili di legno. Prese in mano un volume e cominciò a sfogliarlo, per controllare che fosse tutto a posto.

 

“Ma guarda, il ‘Re Lear’. Non credevo che ti piacessero delle letture così impegnative.” Disse una voce alle sue spalle.

 

“Mi hai fatto paura, Orlando. Come mai sei qui?” Chiese, perplessa, invitandolo a sedere.

 

“Sono venuto a cercarti in camera ma tua sorella ha detto che, probabilmente, ti avrei trovata qui. Allora, si è risvegliato il tuo istinto di crocerossina?” Disse, ironicamente.

 

“Non quanto mi si è risvegliato quando ho visto te ed Eric pieni di ferite.” Si alzò, camminando nella stanza. “Mi fa stare vedere che alcune persone sono così stupide da voler rovinare un patrimonio come questa biblioteca teatrale.”

 

“Lieto di sapere che tieni al teatro. Io ci ho recitato per molti anni, prima di approdare nel mondo nel cinema.”

 

“Lo so, mi sono informata. Però alcuni testi adattati per il teatro non potranno mai eguagliare gli originali. Prendi, per esempio, Notre Dame De Paris. La rivisitazione che hanno fatto sotto forma di Musical è molto bella, ma il libro è qualcosa di indescrivibile.” Tirò giù un volume da uno scaffale. “Eccolo. Te lo consiglio caldamente. Puoi prenderlo, nessuno a parte me si accorgerebbe dell’ammanco.”

 

“Io…no, ti ringrazio.” Abbassò gli occhi, imbarazzato.

 

“Avanti, non è il classico pappone! Si legge davvero bene…a meno che tu non sia dislessico.” Disse lei, così per ridere. Vide che la sua espressione era diventata più cupa di quella di prima.

 

“Lo sono, da quando sono nato.” Rispose lui, secco.

 

“Non è qualcosa di così grave. E’ una malattia facilmente curabile, se si ha volontà. E credo fermamente che tu ne abbia tanta, in quantità spropositata. Il fatto stesso che tu vuoi cercare di farti amare da mia sorella ne è la prova.”

 

Orlando fu piacevolmente sorpreso di quella sorpresa. Si aspettava il classico ‘mi dispiace, non volevo’, mentre lei, sorridendo, non l’aveva fatto sentire un inetto. Da quando sapeva del suo problema, nessuno era stato così gentile.

 

“Sai, più ti conosco e più sono convinto che tu non sia una persona così cattiva come vuoi far credere. Sai essere gentile.” Disse lui, sinceramente.

 

“Beh…g-grazie.” Arrossì, abbassando gli occhi.

 

“Oh, ti prego, non voglio farti stare in imbarazzo. Dimmi, prima che cominciamo la terapia, hai qualche bella notizia da darmi?”

 

“A dire la verità sì. Era da un po’ che ci pensavo e alla fine sono giunta alla conclusione che, se voglio crescere, dovevo anche buttarmi ad occhi chiusi su alcune cose.” Sospirò, prima di continuare. “A dire la verità mi sono messa con un ragazzo.”

 

“Davvero? Sono contento per te! E qual è il nome del fortunato?” Orlando era veramente contento. Quella era una vera terapia d’urto per lei, sperava che l’avrebbe fatta uscire dal guscio.

 

“Si chiama Albert, Albert Morrell. E’ un ragazzo che mi ha spedito un paio di lettere, nelle ultime settimane. All’inizio non credevo di accettare le sue avance ma poi, ripensandoci, ho capito che era il metodo migliore per cercare di cambiare. Odio prendere delle decisioni affrettate ma, se nella vita non si azzarda, si rischia di lasciarsi vivere come dei vegetali.”

 

“Mi piace la tua teoria, mi piace sul serio.” Le sorrise, sincero. “E dimmi, hai qualche buon consiglio da darmi? Oggi ho trattato un po’ male tua sorella e mi è sembrato che ci fosse rimasta un po’ male.”

 

“Sai, è un po’ strano. Di solito alle donne credo che piaccia essere corteggiate con gentilezza, tatto, delicatezza. Penso che Kelly sia la classica eccezione alla regola. Forse dipende dal fatto che le è sempre capitato di essere trattata come una superdonna, perciò non è abituata ai rifiuti.”

 

“Stai dicendo sul serio?” Chiese lui, stupito e allo stesso tempo curioso.

 

“Non oserei mai scherzare con te su una cosa come questa.” Sorrise, facendogli capire che si poteva fidare.

 

“Uhm…molto interessante…” Cominciò a grattarsi il mento, segno che aveva in mente qualcosa di sensazionale.

 

Katie ed Orlando parlarono ancora a lungo e, quest’ultimo, si rese conto di quanto fosse piacevole la compagnia della ragazza. Ora che cominciava a conoscerla, gli piaceva veramente tanto il modo in cui finivano i loro discorsi. Toccavano degli argomenti profondi ed interessanti, senza peraltro che la noia si facesse sentire. Si davano dei consigli reciproci e quando c’era il bisogno si facevano anche una bella risata assieme. Per la prima volta si accorse di quante cose avessero in comune.

 

…………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Qualche pomeriggio dopo, Eric decise di fare una sorpresa a Kelly e di portarla in un Hard Rock Café che aveva aperto i battenti nella Hamilton Street. Gli piaceva da matti poter uscire a svagarsi, specialmente in questo ultimo periodo, visto che doveva studiare sodo per il suo prossimo esame. Quella volta, poi, era particolarmente contento per aver sentito per telefono il suo caro amico Gary Dourdan. Da quando avevano iniziato a lavorare insieme, sul set di CSI, lui, Eric e Jorja erano diventati il trio più affiatato del set. Si divertivano da matti a fare gli scherzi e poi cercavano sempre di aiutarsi a vicenda.

 

Per quell’appuntamento si era vestito di tutto punto. Aveva indossato una classica camicia bianca, slacciata in cima per far vedere la sua simpatica collana mohicana, che gli aveva regalato William Petersen, in uno dei suoi lunghi viaggi. I jeans erano rigorosamente slavati ed indossava delle scarpe bianche della puma. Aveva tirato su i capelli, creando la classica cresta spettinata e, insomma, non era poi tanto male. Andò alla camera n°247 e, con suo disappunto, non c’era. Trovò Katie.

 

“Ehi! Allora, come va?” Chiese lui, sorridendo.

 

“Non ho visto mia sorella. Prova a vedere se è all’ingresso.” Disse secca, richiudendo la porta. Aveva gli occhi stanchi e, molto probabilmente, si era addormentata sopra i libri.

 

“Credo che la maledizione di questa porta non me la toglierà mai nessuno!” Disse, sconsolato. Camminò vero l’ingresso e lì trovò la sua fiamma. “Ciao Kelly. Come mai non mi hai aspettata il camera?”

 

“Scusami” Gli rispose, dandogli un fugace bacio. “Mi ero dimenticato.”

 

A vederli da lontano sembrava che andasse tutto bene ma Eric notò subito che c’era qualcosa che non andava decisamente. Era distratta, non parlava, si guardava intorno con i suoi lucenti occhi azzurri. Esteriormente non aveva niente che non andava, anzi, era più fulgida e bella del solito. Però c’era qualcosa che l’aveva scossa.

 

“Cosa c’è che non va?” Chiese lui in tono premuroso, fermandosi.

 

“Mh? No, non c’è niente che non va.” Rispose lei, frettolosamente. “Ho solo sgobbato un po’ di più sui libri, tutto qua”

 

“Facciamo così. Per questa volta ce ne torniamo tutti e due al campus, poi vediamo di uscire un’altra volta. Che dici, ti va l’idea?”

 

“Sì, è meglio così.” Disse, andandosene.

 

“Ma bene, le cose stanno andando di male in peggio.” Parlò tra sé e sé, mettendosi le mani in tasca e cercando qualche spicciolo per l’autobus.

 

Mentre era seduto per ritornare in camera a riposarsi, gli capitò di pensare a molte cose. Al fatto che, probabilmente, iscriversi all’università non era stata una bella cosa. Sentiva terribilmente la mancanza dell’america, dei suoi genitori, dei suoi colleghi di lavoro. Arrivato al dormitorio, sebbene fossero ancora le cinque del pomeriggio, voleva solo stendersi sul letto. Mentre girava la chiave sulla toppa, sentì la porta aprirsi. Vide uscire Katie, accompagnata da Albert.

 

“Ehi, che bella sorpresa? E tu che ci fai qui?” Disse, sorpreso.

 

“Non gliel’hai detto?” Domandò lei, rivolta a Morrell. Lui scosse la testa. “Ci siamo messi insieme.”

 

“…………………”

 

…………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Anche Kelly sentì il bisogno di riposarsi. Si sentiva strana e attribuì la sua stranezza al fatto che le fossero tornate le mestruazioni. Si accasciò sopra al suo letto, giocando con il suo cellulare fino a quando non sentì qualcuno bussare alla porta. Spostò il suo sguardo verso il comodino e vide le chiavi di sua sorella.

 

“Hai di nuovo dimenticato le chiavi, smemorata!” Disse, aprendo la porta.

 

“Forse mi hai scambiato per qualcun altro.” Rispose Orlando, con un sorriso ironico. “Ma non importa, è meglio così. Mi eviti tanti preamboli che non servono a niente. Sai, dopo un po’ di ripensamenti, ho finalmente deciso di lasciarti. Addio, e cancella pure il mio numero dal tuo cellulare.”

 

“…………………”

 

CONTINUA...

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Capitolo 14
*** Forse è arrivato il tempo di cambiare... ***


Capitolo 14

Ciao! Finalmente, ora che sono tornata, ho più tempo da dedicare a questa mia buona abitudine!^^ Che dirvi di più, spero che la storia vi piaccia! Vorrei innanzitutto ringraziare Kagome88 (scusa se non metto la chiocciola ma word mi da dei problemi!^^)K@gome88, che leggeva la mia vecchia fic su fanfiction.it, è un piacere sapere che ti piace anche questa!^^ Poi ringrazio, come al solito, Keira, _Kristel_ e Tye, che hanno cominciato a seguirmi assiduamente. Inoltre, vorrei fare un chiarimento. Vedi Kagome88, è vero che ho deciso di smettere di scrivere fic su attori, ma solo perché Orlando Bloom e compagnia bella mi hanno un po’ stufata. Mi voglio tuffare sulle fic originali, cosa che ho già cominciato a fare riscrivendo una mia vecchia storia, che puoi vedere ciccando sul mio nome. Grazie della cortese attenzione!^^ E ora, buona lettura!^^ P.S. Nel capitolo precedente ho inserito una foto di Eric Szmanda, andate a vedere e ditemi!^^

 

Capitolo 14.

Forse è arrivato il tempo di cambiare…

 

Kelly richiuse la porta incredula. Non riusciva a capire perché Orlando si era comportato così male. In fondo, le era sembrato che lui tenesse molto alla loro storia, visto e considerato che l’aveva addirittura obbligata. Eppure c’era qualcosa nei suoi occhi, una luce strana e diversa, era come se fosse più consapevole. Si mise a sedere sul letto, osservandosi allo specchio. Sapeva bene di essere una donna piuttosto attraente, spigliata, intelligente, che piace ai ragazzi. Le venne in mente Eric. Ripensò ai bei momenti che aveva vissuto con lui, che era sempre così gentile e disponibile nei suoi confronti. Anche se con Orlando aveva chiuso, poteva avere tanti uomini, non c’era bisogno di prendersela così.

 

“Kelly! Kelly, puoi aprirmi per favore, ho dimenticato le chiavi.” Sentì la voce della sorella al di là della porta. Sospirò, poi andò ad aprirle.

 

“Ehi, vedi di non dimenticarti più le chiavi. Mi hai fatto fare una figuraccia.” Le disse, stendendosi sul letto.

 

“Io? Ma…io non ero qui nei dintorni.” Era molto stupita, non sapeva dove voleva andare a parare.

 

“Beh, prima sono venuti  bussarmi alla porta e, dopo aver visto che non avevi preso le chiavi, sono andata ad aprire convinta che fossi tu.” Si mise a ridere. “Invece era quell’imbecille di Orlando. Mi ha scaricata.”

 

La bocca di Katie si spalancò d’improvviso. Proprio lui, che più di chiunque altro desiderava l’amore di Kelly, l’aveva lasciata. E’ vero, avevano parlato di quest’argomento quando erano nella biblioteca del teatro, ma una reazione così repentina l’aveva proprio spiazzata. Poi le venne in mente la faccia di Eric quando gli aveva detto che lei ed Albert si erano messi insieme. Era sembrato…strano.

 

“Beh, non mi dici niente? La tua sorellina ha appena ricevuto un bel due di picche e tu non sai che dire?” La spronò l’altra, ridendo come una matta.

 

“Fino a prova contraria è la tua PRIMA delusione amorosa, visto che eri sempre tu a lasciare gli altri.” Lo disse con un po’ di stizza. Odiava scherzare su queste cosa, visto e considerato che Clive continuava a picchiarla proprio per questo motivo.

 

“Mamma mia, come siamo acide. Io stavo solo scherzando, era così per dire.” D’un tratto ridiventò seria. “Però è vero, è la prima volta che mi capita. Di solito gli uomini mi pregano in ginocchio per avere un appuntamento, mentre lui m’ha lasciata con il sorriso sulle labbra.”

 

“Gli uomini sono strani, è come se noi fossimo venusiane e loro marziani. Uno ci si può mettere d’impegno quanto vuole, ma parliamo pur sempre una lingua diversa.”

 

“Adoro avere una sorellina così intelligente!” La baciò sulla guancia, poi la guardò, sorpresa. “Sai, è da un po’ che volevo chiedertelo…”

 

“Dimmi pure.”

 

“E’ una mia impressione oppure sei un po’ cambiata? Non so, ti leghi sempre meno spesso i capelli, cerchi di non camminare tutta gobba come fai sempre, sorridi di più, hai smesso di balbettare…”

 

“Beh, io…credevo che non te ne fossi accorta.” Disse sinceramente, arrossendo.

 

“Oh, non è perché mi dispiace! Anzi, ne sono proprio felice. Mi fa davvero tantissimo piacere vederti più tranquilla ed aperta.” Le sorrise.

 

Katie ebbe una fitta indescrivibile al cuore. Sua sorella Kelly, anche se non sembrava, teneva molto a lei. In un certo senso sentiva di tradirla, aiutando Orlando nel suo losco piano. In fondo avevano lo stesso sangue, erano sorelle, si volevano bene. Però, più pensava a quello che le aveva fatto con Eric, più sentiva che la rabbia cominciava a sparire pian piano.

 

…………………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Eric era rimasto da solo in camera con Albert che, tranquillamente, stava giocando ad un videogame sul calcio. La notizia che lui e Katie si erano messi insieme l’aveva sorpreso non poco. Proprio lei, la persona più timida che avesse mai conosciuto, aveva finalmente trovato l’amore. Moriva dalla voglia di sapere tante cose dal suo compagno di stanza, ma ogni frase gli sembrava sempre troppo banale o falsa.

 

“Allora, che mi racconti di bello?” ‘Ecco, la cosa più scontata che potessi chiedergli!’ Pensò, tra sé e sé.

 

“Ecco…” Rispose, senza nemmeno staccare gli occhi dal monitor. “Se proprio non sai come cominciare il discorso, perché non mi chiedi come ho fatto a fidanzarmi con Katie?”

 

“Ad essere sincero mi sembrava un po’ sfrontato chiedertelo.” Sorrise nervosamente.

 

“Non farti tanti problemi, amico. Dunque, lei è venuta a cercarmi uno di questi giorni in camera e mi ha detto che aveva bisogno di parlarmi. Mi ha confessato di sentirsi in imbarazzo nel venire a sapere che io le filavo dietro ma poi, d’improvviso, mi ha anche detto che era contenta. Le aveva fatto piacere ricevere le mie lettere. Non era ancora sicura dei sentimenti che provava per me, perciò ha detto che vorrebbe un po’ di tempo prima di ufficializzare la nostra storia.”

 

“E, dimmi, come ti è sembrata?”lo vide voltarsi d’improvviso, con gli occhi illuminati.

 

“E’ ancora più fantastica di quanto non avessi mai creduto. E’ intelligente, simpatica, pacata, tranquilla, gentile…è una persona veramente graziosa ed estremamente brava. Un po’ t’invidio, lo sai? Tu sei suo amico.” Gli sorrise, prima di girarsi di nuovo per poter giocare.

 

“Senti, io ho bisogno di fare una telefonata, ti spiace se parliamo magari più tardi?” Gli disse, alzandosi.

 

“No, non c’è alcun problema. Ci si vede più tardi.”

 

Chiuse la porta con un piede prima di incamminarsi per il corridoio. Si sentiva un miscuglio di sensazioni discordanti. Non c’era stata soltanto sorpresa nel sapere che Katie era fidanzata, si sentiva anche…amareggiato. Come se avesse bevuto un caffè senza zucchero. Poi c’era Kelly. Gli era sembrata troppo strana quel giorno, c’era qualcosa che le dava dei pensieri. Qualcosa di grosso, da quello che aveva potuto intuire. Avrebbe telefonato a Gary Dourdan, uno dei suoi più grandi amici, che aveva conosciuto sul set. Ma prima aveva bisogno di vedere un’altra persona.

 

Bussò alla camera 247 ben tre volte prima di avere una risposta. Voleva parlare con entrambe le gemelle, una per volta. La prima ad uscire fu Kelly.

 

“Ciao Eric, come mai sei qui?” Gli disse, senza nemmeno un sorriso o un piccolo bacio.

 

“Beh, se non ti spiace, vorrei chiederti alcune cose. Puoi uscire alcuni minuti?”

 

“Sì.” Avvertì la sorella e poi chiuse la porta alle sue spalle. “Dimmi, che c’è che non va?”

 

“Questo dovrei chiedertelo io.” Aveva assunto un tono di voce un po’ duro.

 

“Ma si può sapere che ti prende? Perché adesso stai facendo lo scorbutico?” Si era un po’ arrabbiata. Aveva appoggiato le mani sui fianchi.

 

“Scusami, sai, se l’altra volta mi hai lasciato come un fesso in mezzo alla strada. E poi, come se non bastasse, è un po’ che non ti fai sentire. Mi vuoi dire, per favore, come mi devo comportare? Non fraintendermi, sei una ragazza fantastica, ma faccio davvero molta fatica a capirti.”

 

“Mi sembra una cosa piuttosto ovvia, tu non vieni dal mio pianeta.” Rispose, ridendo sotto i baffi, ripensando al discorso di Katie.

 

“Prego?” Domandò lui, incredulo.

 

“Scusami, stavo farfugliando tra me e me. E comunque…” Il suo sguardo tranquillo cambiò in un attimo. “Posso avere anche io i miei giorni no, non credi? E cos’è tutta questa premura? Sono grande grossa e vaccinata.”

 

“Va bene, allora la smetterò di fasciarmi la testa perché sai, io sono così stupido da preoccuparmi per te.” Le urlò in faccia.

 

“Adesso ti metti a fare persino l’arrabbiato? Sentimi bene, non ho alcuna voglia di continuare con questo discorso. Ciao, Eric.” Fece per aprire la porta e lui la fermò.

 

“E invece starai a sentirmi.” Le disse, con fare autoritario.

 

“Fottiti, Eric. Io non sono un cagnolino e tu non sei il mio padrone, o mio padre, tantomeno la mia balia.” Sbatté la porta, arrabbiata.

 

“Aprimi subito, immediatamente!” Cominciò a prendere a pugni la porta, attirando l’attenzione delle ragazze che passavano per caso per il corridoio. “Uffa, è tutto inutile.”

 

“Ehi, come mai urli a questo modo?” Spuntò Katie, un po’ spaventata.

 

“Ho bisogno di parlare anche con te.” La prese per un braccio e la trascinò fuori.

 

Eric sapeva bene che Katie non c’entrava niente con la discussione che lui e sua sorella avevano avuto, ma poteva essere la persona ideale per parlarne. Lei, dal canto suo, si sentiva molto fuori luogo. Non aveva mai visto l’amico così infuriato e il che la preoccupava non poco. Non le andava a genio il fatto che lui la stesse letteralmente trascinando via, però percepiva il suo stato d’animo. Era come se, dentro di sé, stesso piangendo. Si fermarono davanti alla biblioteca, il posto dove erano stati la prima volta che avevano parlato. Solo che le cose erano cambiate parecchio.

 

“Allora, mi dici cosa c’è che non va?” Cominciò Katie, sospirando. Aveva un tono di voce molto tranquillo e delicato.

 

“Ho litigato con tua sorella.” Disse lui, secco.

 

“Non ti preoccupare, questo l’avevo capito.” Rispose, con dolcezza. Per un momento lui fu sul punto di arrabbiarsi ma, quando vide il suo volto, si tranquillizzò.

 

“Mah, certo che con te è impossibile essere arrabbiati.” Accennò un piccolo sorriso.

 

“Se tu non hai alcun motivo per essere arrabbiato con me, è naturale. Sarebbe strano il contrario. Allora, mi vuoi dire perché avete litigato?”

 

“E’ da un po’ di giorni che la vedo strana, così mi ero preoccupato per lei. Mi immaginavo le cose più assurde, come se ci fossero stati dei problemi in famiglia. L’ultima volta che siamo usciti mi ha lasciato come uno scemo in mezzo alla strada, dopo che mi ero anche messo in tiro per piacerle di più.” Sorrise, stavolta più convinto.

 

“Mia sorella non è arrabbiata, credimi.” Raccolse una foglia secca che giaceva sul prato. “Vedi, lei ti vuole bene ma forse, soltanto ora sta sentendo il bisogno di cambiare. Non fraintendermi, non intendevo affatto cambiare ragazzo.” Sorrise, prima di continuare. “E’ solo che, alcune circostanze, l’hanno fatta riflettere. Ha tanti pensieri per la testa, ed è una cosa che non le era mai successa.”

 

“Non so cosa dirti Katie. Le tue parole mi sembrano troppo vaghe, come se tu sai qualcosa che non vuoi dirmi. Ti prego, non lasciarmi all’oscuro di tutto.” La implorò, supplicandola con gli occhi.

 

“Lei non mi ha detto ancora niente. Forse non è ancora consapevole. La mia è come una percezione extrasensoriale. Essendo cresciuta con lei, riesco a capirla meglio di chiunque altra, persino meglio dei nostri genitori.”

 

“Cosa pensi che farà di me? Mi lascerà?”

 

Quest’ultima affermazione la colse piuttosto alla sprovvista. Sapeva bene qual’era la risposta a quella domanda ma non se la sentiva di dirla. Abbassò un po’ gli occhi, per non incontrare lo sguardo intenso di lui.

 

“………..non lo so.” Rispose, vagamente.

 

“I tuoi occhi mi dicono tutt’altra cosa.” Le poggiò una mano sulla spalla. “Guardami, e prova a dirmi la verità.”

 

“Io…” Si sentiva a disagio. Quel contatto fisico le faceva accelerare i battiti del cuore, che correva come un leone nella giungla sconfinata.

 

“Mi lascerà, non è vero?” Le domandò di nuovo.

 

“Sì.” Fu costretta ad ammettere. “Però…”

 

Eric abbassò la testa, chiudendo gli occhi e stringendo i pugni. Si sentiva distrutto. Lui le voleva veramente bene, era la prima ragazza con cui si trovava a suo agio. Da tanto tempo non si sentiva così felice e motivato. Era come se Kelly, la sua fresca brezza di primavera, se ne fosse andata. Poi, contro ogni sua aspettativa, Katie lo abbracciò.

 

“Sei un bravo ragazzo Eric. So bene che vuoi molto bene a mia sorella. Ma non c’è bisogno di prendersela così, hai un’intera vita davanti a te. Potrai stare male una settimana, un mese, un anno…ma alla fine passerà, e sarai contento di poterci fare una risata sopra. Troverai qualcuna anche tu, ognuno di noi ha un’anima gemella, tu non smettere mai di cercare.”

 

Quel contatto così semplice gli aveva fatto capire molte cose. Aveva sempre trascurato Katie e ora si era rivelata la persona che riusciva a capirlo meglio.  E poi…è vero, gli dispiaceva dover lasciare Kelly ma, alla fine, era davvero così sicuro di averla amata?

 

CONTINUA...

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Capitolo 15
*** In un solo giorno... ***


Capitolo 15

Salve. Innanzitutto vi chiedo immensamente scusa per l’accumulato ritardo, ma ho avuto piuttosto da fare. Detto questo, passiamo a cose decisamente più interessanti!^^ Come al solito voglio ringraziare Kristel, Keira, Kagome e Tye. In questo capitolo voglio anche ringraziare tre persone speciali. La prima è Kaori28 che, oltre a sopportarmi, ha anche accettato di farmi da moderatrice per il mio nuovo forum. Poi c’è Shian Teus, che anche lui mi da una mano in questo senso. Infine ringrazio Erika, per tutto quello che ha fatto per il sito e anche, inconsciamente, per me, ma soprattutto perché legge la mia storia. Grazie di tutto ragazzi! Buona lettura.

 

Capitolo 15.

In un solo giorno…

 

Eric aveva ripensato ancora per molti giorni a quello che era successo nel cortile della biblioteca. Aveva sentito il bisogno di parlare con Katie, e questo non lo metteva in dubbio, però era uscito fuor temprato da quella esperienza. Teneva molto a Kelly, però non si era mai reso conto della fragilità del loro rapporto, del fatto che erano più distanti di quello che lui stesso credeva. Da un lato il suo ego maschile era un po’ frustato, ma la sua mente lucida si era accorta della realtà. Lui voleva bene a Kelly ma quello di cui aveva più bisogno in quel momento era un amico. Anche se era all’università da un po’ di tempo, nessuno era adatto per i discorsi che doveva affrontare. Poi ricordò che Gary era in Gran Bretagna perché doveva recitare una piccola parte in un film. Data la sua assenza e quella di Eric, avevano interrotto le riprese di C.S.I. Senza pensarci troppo, prese il telefono e compose il numero del suo cellulare.

 

Pronto? Chi parla?” Rispose una voce roca dall’altro capo del telefono.

 

“Ehi vecchio mio! E’ da un pezzo che non ci si risente, eh?” Disse lui, allegro e spontaneo.

 

? Eric? Sei tu?” Il suo tono era diventato piuttosto sorpreso.

 

“Sì agente Brown. Allora, è tutto qui quello che hai da dirmi dopo che non ci vediamo da più di tre mesi?”

 

Che mi venga un colpo! Sei tu Szmanda! Cavolo, potevi farti sentire ogni tanto, mi sei mancato lo sai? La cosa che mi dispiace è il fatto che noi due e Jorja non facciamo più i nostri soliti scherzi sul set. Bene, come va all’università? Ti hanno già sbattuto fuori?

 

“Non perdi mai il tuo senso dell’humour eh? Simpatico come sempre. No, per tua sfortuna non mi hanno ancora buttato fuori. Anzi, i professori sono rimasti piuttosto contenti dei miei voti. L’unica pecca di questo posto è il fatto che conosco ancora poca gente. Ho fatto amicizia soltanto con i miei due compagni di stanza e due eccentriche gemelle.”

 

Ci siamo già dati alle donne? Caspita, sei più svelto di una faina. Raccontami tutti i particolari, sono troppo curioso.” La sua voce era diventata più insistente.

 

“Preferirei parlarti di persona. Io frequento la Tennyson University, a Londra. In questo ultimo periodo non ho molto da studiare, non ho esami. Mi farebbe davvero piacere incontrarti e fare quattro chiacchiere come ai vecchi tempi.” Un’inaspettata sensazione di disagio lo colse all’improvviso.

 

Non era mai stato un tipo che si lasciava ai sentimentalismi, però sentì inaspettatamente che i bei momenti passati con l’amico tornavano a galla. La nostalgia per quei giorni che sembravano così lontani…la sua amicizia sulla quale aveva sempre potuto contare. Il lavoro che diventava improvvisamente meno pesante quando rideva e scherzava con lui. Se, da un lato, rideva nell’accorgersi di pensare come un anziano signore, dall’altro abbassava la testa, rendendosi conto di quanto, in realtà, fosse solo.

 

Ehi, sei ancora lì? Eric?” Domandò Gary, piuttosto preoccupato.

 

“Sì, sono ancora qui. Stavo pensando ad alcune cose, niente di più. Allora hai deciso cosa farai? Verrai qui da me? Se avessi la macchina farei io il tragitto, però devo per forza prendere l’autobus.” Cercò di scacciare dalla mente i pensieri tristi che erano riaffiorati.

 

Sì, non credo che ci siano problemi. Verrò giù domani, oggi proprio non posso. Preparati al terzo grado, amico mio. Non mi lascerò sfuggire alcun particolare.

 

“Ok, allora ti aspetto domani.”

 

Ciao Eric.

 

“Ciao.” Riattaccò il telefono e si buttò sopra il letto. Per un attimo credette di essere più leggero. Quasi gli pareva di volare via sulle ali della fantasia. Chiuse gli occhi e cominciò ad immaginare il suo mondo, qual mondo che tanto gli mancava. Prima di addormentarsi, un’immagine si focalizzò nella sua mente. Provò a vedere chi era, ma l’ombra corse lontano, facendosi beffa di lui. Chi era, forse non lo avrebbe mai saputo…

 

……………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Dopo la piccola ‘discussione’ che aveva avuto con Kelly, Orlando aveva deciso di ritirarsi nella sua casa di campagna per un po’ di tempo. Sentiva l’impellente bisogno di stare da solo, di riflettere su ciò che gli stava accadendo. Aveva fatto le valigie in fretta e furia, cercando di trovare un rifugio per la sua anima tormentata. All’inizio pensò di andare da solo, poi concordò che era meglio avere compagnia. In un primo momento pensò a Dominic, poi constatò che, se voleva avere un po’ di tranquillità, era meglio lasciarlo a casa. Elijah era fuori discussione, visto e considerato che in quel momento era in America. Chi chiamare?

 

……………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Katie era nella stanza di Albert, nel momento in cui ricevette una chiamata al cellulare. Per parlare liberamente si era ritirata nel terrazzo e guardava il ragazzo vicino a lei con grande affetto. Sentiva sempre il suo sguardo su di lei, e questo la faceva sentire costantemente in imbarazzo. Chiuse il telefono con un’espressione un po’ perplessa. Si avvicinò al fidanzato con aria piuttosto confusa. I suoi occhi cercavano assiduamente un riparo che non potevano avere.

 

“Ehi Kat? C’è qualcosa che non va?” Chiese Albert, apprensivo. “Chi è che ha chiamato?”

 

“Era un mio…” Esitò un attimo “…amico” Concluse, incerta. Vedendo il volto corrucciato di lui si corresse. “Beh, non è che sia proprio un mio amico. Momentaneamente è al livello di conoscente. So poco di lui, ma di una cosa sono certa: mi posso fidare.”

 

“Ma la domanda è un’altra: io mi posso fidare di quello che mi dici?” Domandò, imbarazzato.

 

“Sì, non solo perché sono io che te lo dico, ma perché sono sicura che non c’è e non ci sarà mai niente tra noi due. Se è questo quello che intendevi…” Disse lei, calmissima, continuando a sorridere.

 

“Io non volevo sembrarti geloso. E’ solo che…beh…” Cominciò a farfugliare qualcosa di incomprensibile.

 

“Mi fa davvero molto piacere sapere che tu hai così tanta considerazione di me. Sei uno dei pochi, devi credermi.” Si sedette accanto a lui. “Ma non voglio che tu ti crucci per questo. Anzi, avevo già concordato di chiedere a te prima di accettare.”

 

“Accettare cosa?”

 

“Il mio amico mi ha chiesto se gli faccio compagnia per un weekend. Vorrebbe avere qualcuno con cui parlare di cose che solo io posso sapere. Allora, ho la tua benedizione?” Lo costrinse a guardarla negli occhi.

 

“Sì. Mi fido di te Kat.” Le strinse una mano. “Promettimi che non mi tradirai.”

 

“Te lo prometto.” Gli sorrise, convincendolo.

 

Lui si avvicinò, cercando di darle un bacio. Lei sgranò gli occhi e si alzò subito, lasciandolo con un palmo di naso. Si mise una mano sul petto, come a chiedere al suo cuore di fermarsi. Tante volte lui aveva cercato quel tipo di contatto, lei era sempre fuggita. Le sembrava un passo troppo importante per farlo con tanta leggerezza. Proprio lei, che non aveva mai baciato nessuno in vita sua. Si voltò a guardarlo e lo vide a testa bassa, con la fronte appoggiata alle mani.

 

“C-Ciao.” Chiuse la porta dietro di sé.

 

Albert non sapeva più che fare. Katie gli piaceva molto, ma ogni volta che cercava di baciarla lei se ne andava, come rifiutandolo. Stava perdendo la pazienza, e questo non era un buon segno.

 

……………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Il giorno dopo, Katie era pronta per passare il fine settimana con Orlando. Al telefono era stato così convincente che era stato impossibile dirgli di no. Aveva bisogno di parlare di Kelly, questo l’aveva capito. Lei era l’unica con la quale poteva affrontare il discorso. Poi c’era Albert, ma sapeva che aveva fiducia in lei. L’unica persona dalla quale non voleva separarsi era Eric. Ultimamente lo vedeva molto di rado.

Orlando le aveva dato appuntamento al cancello alle 16.00 e lei, puntuale, si era fatta trovare con le valigie già pronte da caricare in macchina. Lui arrivò con la sua Audi A6 ( Ci sono salita una volta! Ma in quella di una mia amica, non in quella di Ob!^^ NdShizuru117) e, scendendo, le prese i bagagli senza dire nemmeno una parola.

 

“Tutto qui quello che hai?” Disse lui, indicando il bagagliaio. In due avevano portato solo due valigie.

 

“Dopotutto sto via solo due giorni, non credo che ci sia bisogno di portare via chissà quali cose.” Rispose lei, tranquilla.

 

“Mah, l’ho sempre detto che sei una donna anormale.” Rispose lui, rassegnato e allo stesso tempo spiritoso.

 

Katie fu tentata di rispondere, quando notò uno splendido Mercedes che le era passato vicino. Al suo interno c’era un uomo, abbastanza giovane, non doveva avere più di quarant’anni. Era scuro di pelle, con i capelli ricci e folti. Indossava un paio di occhiali da sole neri, le sembrò di averlo già visto da qualche altra parte.

 

“Ehi, che succede? Hai visto qualcuno che conosci?” Le domandò Orlando, fermandosi per tenerle la portiera della macchina aperta.

 

“Uh? No, niente. E’ solo che…mah, sarà stata una mia impressione. Credevo di conoscerlo.”

 

……………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Non appena Gary scese dalla sua lussuosa macchina, si avviò verso il dormitorio per chiedere al custode quale fosse la camera di Eric. Gli diedero le indicazioni per arrivare alla n.77, ma non trovò nessuno dentro. Si mise così a girovagare per il campus, sperando di trovarlo coinvolto in una qualche attività da fare all’aperto. Si fermò davanti ad un edificio all’apparenza molto antico: la biblioteca. Infine lo vide, sotto ad un albero. Stava leggendo un grosso libro.

 

“Ehi svampito. Se la gente ti cerca mi dici come fa a trovarti?” Disse, sorridendo e guardandolo sussultare.

 

“Gary, che mi prenda un colpo! Mi ero completamente dimenticato che saresti arrivato oggi. Scusami davvero!” Si alzò e lo abbracciò fraternamente. “Allora vecchio mio, che si dice nella cara e vecchia America? Lo sai, sento terribilmente la sua mancanza!”

 

“Mah, che ti devo dire…è da un po’ che non ci rimetto piede. Bene, ora sono qui e sono tutto orecchi per ascoltare ciò che hai da dirmi.” Sorrise in modo complice.

 

“Ti conviene metterti seduto, sarà una cosa piuttosto lunga…anzi, molto lunga.”

 

In questo modo Eric cominciò a raccontargli tutto quello che gli era successo dal suo primo giorno alla Tennyson University. Dello scambio di aula, dei suoi compagni di classe un po’ strampalati. Di Katie, di quanto le aveva fatto pena. Di Kelly, che lo aveva stregato dal primo momento in cui l’aveva vista. Di Orlando, che aveva avuto la fortuna/sfortuna di conoscere in circostanze non proprio piacevoli. Di quanto il suo punto di vista fosse cambiato rispetto ad un anno fa.

 

“Di te mi posso fidare, perciò te lo dico. Durante tutto questo tempo, ho imparato a guardare il mondo che mi circonda con occhi diversi. La realtà che si vive qui dentro non è la stessa che c’è fuori. Qui si pensa solamente alle feste, ai bei voti, alle ragazze. E’ incredibile la facilità con la quale riescono a dimenticare i veri problemi. Da un lato li ammiro e li invidio. Io so cosa li aspetta finita l’università. Molto probabilmente un lavoro che non gli piace e che non li soddisfa. Una casa squallida e un portafogli immancabilmente vuoto. Però ora vivono felici e spensierati.  Sanno che prima o poi quel giorno arriverà, ma fanno finta di non saperlo. Tu che ne pensi?” Si voltò verso l’amico, che l’aveva ascoltato in silenzio per tutto il tempo. Gary si alzò, pulendosi i pantaloni.

 

“In tutta sincerità, così su due piedi, non so bene come risponderti. Io sono sempre stato un grande ascoltatore, ma odio parlare delle mie idee. Non che abbia paura, semplicemente perché è un argomento che, se posso, voglio evitare. In ogni caso…credo che lo stare a contatto con persone diverse da te ti abbia condizionato, molto più di quello che non credi. Sebbene tu non te ne sia accorto, sei diventato molto più attento a quello che succede intorno a te. Prima, delle volte, eri così assente che ti chiamavamo ‘bolla d’aria’. E’ come se ti fossi sensibilizzato e, mi spiace dirtelo, ma credo che il merito di ciò ce l’abbiano anche le due gemelle di cui parli così poco, mentre in realtà muori dalla voglia di raccontarmi di loro.” Gli sorrise, guardandolo con severità.

 

“Non è che non voglio parlarne, semplicemente non so se cosa dire.” Rispose, imbarazzato.

 

“Tu provaci, io farò lo sforzo di capirti.”

 

“Ecco…credo che Kelly e Katie siano le gemelle più diverse che ho mai conosciuto in tutta la mia vita. La prima ha un modo di fare così accattivante che riuscirebbe a sedurti anche se tu fossi l’uomo più freddo della terra. E’ sensuale, bellissima, riesce proprio a prenderti dentro. L’altra, invece, è la classica ragazza che passerebbe inosservata. Cammina sempre a testa bassa ma è gentile, dolce, simpatica, sagace. Riesce a stupirmi ogni volta che fa un’affermazione intelligente, mi fa rimanere di sasso. Mi dispiace solo che parli molto poco, è veramente un peccato. Anche gli altri dovrebbero sapere come è in realtà.” Mentre parlava riviveva con la mente i momenti passati assieme a loro. Gli occhi sembravano quasi illuminarsi.

 

“Beh, questa è una semplice descrizione. Non credo che sia questo il tuo blocco…và avanti.” Lo esortò l’altro, nella speranza di far parlare Eric.

 

“Per un periodo di tempo mi sono fidanzato con Kelly. Sembrava andare tutto a gonfie vele, invece lei si è stancata subito di me. E’ la classica ragazza che passa da un ragazzo all’altro con la velocità della luce. In fondo, è meglio che sia finita.”

 

“E l’altra? Quella Katie?” Si mise di nuovo a sedere, fumandosi una sigaretta.

 

“…non so. Non trovo parole per descriverla. Non credo che il nostro rapporto si sia evoluto nel corso di questi mesi. Siamo amici.” In realtà aveva tante di quelle cose da dire, che la testa gli girava vorticosamente. Soltanto che, ogni volta che provava a formare una frase, un’altra gli saltava alla mente e confondeva il tutto.

 

“Fisicamente come sono?” Gary notò che l’amico era strano, perciò aveva formulato questa ultima domanda con un pizzico di malizia.

 

“Hanno tutte due i capelli biondi, abbastanza lunghi, occhi chiari. Katie indossa sempre degli occhiali piuttosto spessi e preferisce tener coperto il volto.” Si voltò. “Come mai vuoi saperlo?”

 

“Beh, perché mi sa che ho visto una delle due uscire con un ragazzo. Aveva una bella Audi A6. Sono rimasto molto colpito. Lui era abbastanza alto, con i capelli castani lunghi e mossi. Probabilmente andavano da qualche parte, visto che stavano caricando delle valigie…” Si interruppe per un attimo, poi vide Eric correre verso il cancello. “Ma che stai facendo?”

 

“Devo sapere dove è andata, assolutamente!” Disse, in lontananza.

 

Il ragazzo con cui era andata via era, molto probabilmente, Orlando. Poteva stare con tutti, ma con lui proprio no. Il suo rivale in amore, colui che l’aveva umiliato davanti a mezza scuola. Che Katie passasse alcuni giorni con lui, era assolutamente fuori discussione.

 

CONTINUA...

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Capitolo 16
*** Un tranquillo (?!) week end ***


In questi ultimi tempi, credo di aver toccato proprio il fondo

In questi ultimi tempi, credo di aver toccato proprio il fondo. Sono due settimane che provo, inutilmente, a scrivere il nuovo capitolo. O per un contrattempo, o per un altro, non ce la faccio mai! SORRY! >_< Comunque, è sempre meglio tardi che mai, nevvero?^^ Ma passiamo alle cose un po’ più serie. Come al solito vorrei fare alcuni ringraziamenti personali: Erika, grazie per i consigli e per avermi detto cosa pensi di questa storia. Ad un’autrice fa sempre piacere!^^ Kristel: Sei davvero troppo buona a farmi questi complimenti! Mi dispiace solo di aggiornare sempre con così tanto ritardo. Keira: Grazie anche a te!^^ Prometto solennemente di fare più presto la prossima volta. Jaly Chan: Che dire, mi fa piacere sapere che ti piace Gary! Piace un sacco anche a me!^^ tye: Ecco il tuo atteso continuo! Mi auguro che continuerai a seguire la storia! Kagome88: Beh, metterti nei ringraziamenti mi sembra il minimo! Sarish: Benvenuta/o! (non so sei uomo o donna!^^) Spero continuerai a seguire la mia fic! Ma ora, a voi la lettura e…recensite!^^

 

Capitolo 16.

Un tranquillo (?!) week end…

 

La casa di campagna di Orlando si trovava in una piccola vallata in Scozia, vicino alla città di Paysley, nell’ovest; il posto era molto tranquillo e la gente era molto cordiale, perciò nessuno faceva mai caso a lui o ai suoi amici. Era stata costruita sulle vecchie fondamenta di una vecchia casa padronale che, durante la seconda guerra mondiale, era stata quasi del tutto rasa al suolo. Era di mattoni, tendente al rosso sangue, con un vivace tetto giallo. Fondamentalmente non era molto grande, fatta eccezione per l’imponente ingresso che, essendo abbastanza spoglio, dava l’impressione di essere più grande di quanto non era. Orlando poteva essere definito un minimalista, in quanto odiava gli spazi interni troppo pieni ai quali preferiva, in linea di massima, un arredamento semplice ed essenziale.

 

Lui e Katie arrivarono a destinazione dopo circa tre ore di viaggio, considerando che erano partiti dalla Tennyson University. In ogni caso, il tutto era stato piuttosto piacevole. Avevano parlato del più e del meno, ascoltandosi un po’ di musica. La ragazza rimase molto sorpresa quando, giunti in prossimità di un cancello, Orlando aveva fermato la macchina e le aveva chiesto gentilmente di scendere.

 

“Casa tua è questa?” Domandò, piuttosto meravigliata.

 

“Sì, ti piace? Sai, la mia vita si è fatta decisamente più frenetica da quando sono diventato famoso, così ho cercato di comprare un posticino dove stare quando ho voglia di rilassarmi. Il precedente proprietario deve aver speso una fortuna per rimetterla tutta a posto. Mentre parlava, cominciò a scaricare le valigie.

 

“E’ molto bella, sul serio. Anche i miei genitori hanno una casa qui in Scozia, soltanto che è ad Edimburgo e a me non piacciono le città frenetiche. Mi faccio così tante paranoie che alla fine mi riduco a stare in pigiama davanti alla tv.”

 

“Ti ci vedo sai, tutta tranquilla, a guardarti un bel documentario sulle specie in via d’estinzione. Provò ad ironizzare lui.

 

Trovo che quel tipo di programmi siano molto interessanti. Una persona seria non starebbe sicuramente tutto il giorno a guardarsi tutti quegli stupidi telefilm che ti propinano le reti nazionali.” Era entrata dal cancello e stava guardando il prato, un po’ incolto, che c’era tutto intorno.

 

“Non c’è bisogno che ti arrabbi, io stavo semplicemente scherzando” Andò un po’ sulla difensiva.

 

“Lo so” Si volto e gli sorrise tranquillamente. “Stiamo semplicemente discutendo. A proposito, da quant’è che non torni qui?”

 

“Non mi ricordo di preciso, sarà più o meno un annetto. Sono talmente pieno di impegni che non trovo nemmeno il tempo di respirare. E fai un provino di qua, vai lì a fare la presentazione del prossimo film, e posa per quella rivista, e vai a fare il sevizio fotografico per quell’altra. Il mestiere dell’attore è veramente un lavoraccio. Sospirò, pragmatico.

 

“Ti dirò, preferisco rimanere nel mio anonimato. Il problema della celebrità è che si perde la propria privacy. Non si è nemmeno più liberi di fare una semplice passeggiata. So che ci sono anche lati positivi, però la vedo come una realtà troppo lontana da me. E la cosa non potrebbe che farmi piacere.”

 

“Beh, ormai ho la bicicletta…non mi rimane che pedalare” Si avvicinò a lei e chiuse il cancello dietro di sé. La guardò per un attimo, poi tirò fuori un mazzo di chiavi. “Allora, vogliamo entrare?”

 

Dopo qualche tentativo non andato a buon fine, Orlando riuscì ad aprire la porta. Si sollevò un polverone talmente fitto che Katie cominciò a starnutire a tutto andare. Dopo essersi ripresa, cominciò a guardarsi attorno assieme al ragazzo. Le finestre erano tutte chiuse perciò c’era molto buio dentro e, entrambi, rischiarono di cadere non notando il piccolo scalino che si trovava all’entrata. Si misero a ridere e poi continuarono l’ispezione. La ragazza si diresse verso una finestra e aprì le imposte. D’un tratto tutto l’atrio si illuminò con la luce del sole. Katie rimase letteralmente a bocca aperta.

 

Il pavimento era in parquet molto chiaro e ogni finestra aveva delle eleganti tende rosse carminio. All’entrata c’era un bellissimo specchio con, sottostante, un bel mobile in stile Luigi XV. Il tappeto che si trovava al centro della sala era egizio e c’erano due porte che portavano, rispettivamente, alla cucina e in cantina. L’atrio si affacciava anche su un immenso salone, con degli raffinati mobili in legno e tre divani neri di pelle. Assieme al salone, c’era anche una sontuosa sala da pranzo, con un tavolo da sei e una semplice credenza dove c’erano i piatti da usare nelle occasioni speciali. A descriverla così potrebbe dare l’idea di essere molto ricca di mobili quando, invece, sembrava la casa più spoglia del mondo. La ragazza si girò su se stessa più di una volta, convinta che quello che vedeva non corrispondeva a verità. Quando, infine, si convinse, si voltò meravigliata verso Orlando.

 

“E’ vero che da dentro fa molto più effetto?” Le domandò lui, compiaciuto.

 

“E’…bellissima! Proprio come piace a me, solo con lo stretto necessario. Anche se hai accostato dei mobili di alcune epoche diverse, il risultato non è poi tanto male.” Passò un dito sopra il camino “Il problema è l’enorme quantità di polvere” Disse, starnutendo.

 

“Se mi aiuti a portare le valigie di sopra, forse possiamo fare qualcosa.”

 

……………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Intanto, fuori dalla casa…

 

“Senti, sinceramente non capisco perché tu mi abbia trascinata qui! Mi sono dovuta fare la bellezza di tre ore di macchina per fare cosa? Solo per vedere una delle tante case del signorino Bloom. Con la prossima corriera io me ne torno al campus. Disse Katie, agitandosi dentro la macchina di Gary.

 

“Io voglio vederci chiaro in questa storia. Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere poter vedere come sta tua sorella. Rispose Eric, seccato.

 

“Ragazzi, non mi pare il caso di mettersi a litigare. Quello che dovrebbe essere più inalberato, qui dentro, sono io. Per le vostre smanie mi avete fatto fare il triplo della strada, visto e considerando che io dovrei tornare ad Aberdeen, che è direttamente dall’altra parte di questo paesino sperduto!” Sbottò Gary, al limite della sopportazione.

 

Senti, mi dispiace. Hai presente quando ti viene quella fulminazione improvvisa? Quando senti che l’istinto ti dice di fare una cosa? A me è successo questo!” Rispose l’altro, voltandosi dalla parte opposta.

 

Per un attimo ci fu un imbarazzantissimo silenzio.

 

“Ehi, ma che stanno facendo?” Esclamò Kelly, appoggiandosi al vetro, subito seguita dagli altri due.

 

“Stanno…ballando?” Disse sbigottito Gary, mentre cercava a stento di trattenere una risata.

 

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Ma che stai facendo? Perché hai messo su ilValzer dei fiori’? Cosa hai intenzione di fare?” Domandò Katie, mentre vide Orlando che, ballando, girovagava per casa. Lo trovava estremamente ridicolo.

 

“Ora io e voi, mi dolce fanciulla, dovremo pulire quest’alloggio da tutta la polvere accumulata!” Rispose, prendendola e facendole fare una giravolta.

 

“Senti, davvero, non mi far v-vergognare. Abbassò lo sguardo, arrossendo.

 

“Facciamo così, fai finta che sia una delle tue sedute psicologiche. Ricordati che ora stai ballando solo con me, quindi non ti devi vergognare. Quando si tratta di piroette e di passi di danza, io sono proprio un impedito. E’ un modo come un altro per farsi quattro risate e, intanto, guarire dalla timidezza. Andò velocemente in cantina e tirò fuori alcune scope, degli stracci, un secchio e una bottiglia di ‘mangiapolvere’. “Forza, diamoci da fare se vogliamo rendere abitabile questa casa!”

 

Detto questo, prese un canovaccio e, buttandoci sopra un po’ di mangiapolvere, cominciò a spolverare i mobili di legno dell’entrata. Tutto, rigorosamente, a passo di danza. Katie all’inizio era un pochino spaesata. Sapeva che Orlando era un tipo piuttosto originale, però non riusciva a vedere dove questa terapia poteva esserle d’aiuto. Sospirando, cominciò a spazzare in cucina.

 

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“Sembra che stiano…pulendo.” Provò ad azzardare Eric che, sceso dalla macchina, si era avvicinato ad una delle finestre.

 

“In tutta onestà non mi pare questo il metodo migliore per spolverare. Ma guardalo, sembra un idiota! Si muove peggio di mia nonna che ha l’artrite. Sentenziò Kelly, con voce piuttosto rassegnata.

 

“Beh, almeno ammirate la sua buona volontà. Perlomeno ci sta provando.” Gary, che era appena arrivato, si era avvicinato a loro. “Lo sapete che potrebbero arrestarci perché siamo su proprietà privata. Ed è tutta colpa tua” Disse, appioppando uno scappellotto ad Eric. “Se non fosse per te io a quest’ora non mi sarei di sicuro cacciato in questo guaio!”

 

“Per quello che onestamente mi riguarda, potevi anche rimanere in macchina. Anzi, poco fa avevi detto che era quello che avevi intenzione di fare, sbaglio? Nessuno ti obbliga a stare qui!” Rispose ironico l’altro, massaggiandosi la testa.

 

“Insomma, volete finirla? Se continuate a parlare così forte ci sentono! Poi cosa gli diciamo, che questo cretino ha avuto una fulminazione al cervello?” Kelly gli fece cenno di stare zitti con il dito.

 

Ma sentitela! Se non te lo avessi detto, saresti più contenta? Allora? Il gatto t’ha…”

 

Non riuscì a finire la frase che sentì sbattere sopra la sua testa. Istantaneamente, tutti e tre si appiattirono sotto la finestra. Cominciarono a sudare freddo, con il timore di essere stati scoperti. D’un tratto, Gary provò a sbirciare per vedere che stava succedendo. Notò che un panno si muoveva in senso rotatorio…stavano semplicemente pulendo il vetro. Recuperando i dieci anni di vita perduti, si rilassò.

 

……………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

Non appena Orlando aveva messo piede sulla sua tranquilla casina, era subito diventato più calmo e sereno. La placida aria scozzese era l’ideale per rilassare i nervi, troppo sovraccaricati dall’eccessivo lavoro. Senza contare che la compagnia di Katie era molto gradevole, visto e considerato che era una ragazza molto riservata. Di certo non era come Dominic, però come sostituta non era affatto male.

 

“Katie, come sta andando in cucina?” Le disse, mentre stava ancora lavando i vetri del salone.

 

“Bene” Gli urlò lei “Ho quasi finito di spazzare, puoi venire a spolverare.

 

“Arrivo” Attraversò l’intera sala con una giravolta che, diciamoci la verità, sembrava tutto fuorché aggraziata. Notò il pavimento perfettamente pulito. “Ottimo lavoro! Ti meriti un premio.”

 

“No, guarda, nessun premio. Torno solo di là e continuo a spazzare.” Cercò di defilarsi nel minor tempo possibile. D’un tratto sentì che Orlando l’aveva gentilmente trattenuta per un braccio. “Che c’è?”

 

“Vieni” Detto questo, cominciò a trascinarla di parte in parte, saltellando come un forsennato.

 

“No, ti prego…non spererai che io…” Disse confusamente, tra le risate. “Ti ho detto che io NON ballo, chiaro?”

 

Andiamo, qui non ci può vedere nessuno e io non ho telecamere nascoste. Per una volta nella vita, prova ad essere spontanea e tranquilla! Forza, su, coraggio.” Si inginocchiò davanti a lei “Te lo chiedo umilmente, in via di favore. Fammi vedere quello di cui sei capace.” Poi cominciò a volteggiare sgraziatamente, al punto che riuscì a riprendere un vaso che stava per cadere per il rotto della cuffia.

 

Katie era un tantino titubante. Però in fondo lui aveva ragione, non c’era motivo di vergognarsi. Erano soltanto loro due e, dopotutto, sarebbe mai riuscita a ballare peggio di Orlando? Così, un po’ alla volta, provò a muovere i piedi con la musica. Non che fossero molto bravi, però nell’insieme la scena era molto comica. Lui che cercava disperatamente di rimanere in piedi e lei che, rossa come un peperone, sperava di non inciampare da sola.

 

……………………………………………………………………………………………………………………………………………

 

“Mio Dio, ma che cavolo stanno facendo?” Esclamò Kelly, mettendosi a ridere.

 

“Credo stiano ballando, ma spero non sia così. E’ come se un elefante e un ippopotamo provassero a volteggiare come una farfalla. E’ troppo esilarante!” Gary, che non ce la faceva più, si era messo a sedere per terra.

 

“Mi fa uno strano effetto vederli ballare. Eric era piuttosto interdetto. Se avesse avuto la sua macchina fotografica a portata di mano, avrebbe sicuramente vinto il premio Pulitzer per aver fotografato le persone più stupide del pianeta.

 

“Certo, ti vorrei vedere io a ballare!” Sdrammatizzò Kelly, indicando l’ex fidanzato.

 

“E smettila di berciare, che poi ci sentono!” La rimproverò Gary, che le diede una piccola spinta all’indietro. La cosa peggiore che potesse fare in quel momento.

 

Siccome erano tutti e tre in bilico sulle ginocchia, il loro equilibrio era piuttosto instabile. La ragazza, prima barcollò un po’ e poi cadde, finendo sopra un asse di legno.

 

“AHIA!” Urlò, senza rendersi conto. Gli altri due le si buttarono immediatamente addosso, tappandole la bocca.

 

“Sei una cretina! Se ci hanno sentiti siamo fritti! Eric, controlla un po’ se sono ancora lì…” Gary sperava ardentemente che non ci avrebbero fato caso, altrimenti sarebbe stata la fine.

 

“La musica c’è ancora…magari si sono spostati in un’altra stanza. Se ci avessero sentiti, avrebbero spento lo stereo per sentire meglio.” Detto questo, tirò un sospiro di sollievo.

 

I due guardarono immediatamente Kelly, fulminandola con lo sguardo. Se non fosse stata così dannatamente stupida, a quest’ora potevano osservarsi tranquillamente tutta la scena. Però, sembrava davvero che non era successo niente. D’un tratto sentirono due paia di occhi minacciosi puntati su di loro.

 

“Si può sapere cosa diavolo ci fate voi qui?” Disse Orlando, furente, mentre Katie stava disperatamente cercando di nascondersi dalla vergogna.

 

CONTINUA…

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Capitolo 17
*** 2 giorni di convivenza forzata. ***


Ok, lo so da sola, sono mesi che non aggiorno più la storia. Spero sappiate perdonarmi, mi inchino di fronte a voi! Purtroppo ho avuto davvero tantissime cose da fare e così la mia storia finiva sempre tra le ultime cose da fare…poi quando avevo cinque minuti mi mancava la voglia e così….vabbè, tanto ormai è andata! Spero che il nuovo capitolo vi piaccia e, come al solito, ditemi quello che ne pensate! Buona lettura! Bacini, Shi*

 

Capitolo 17.

2 giorni di convivenza forzata.

 

Orlando guardava in malo modo i tre ospiti inaspettati, un po’ arrabbiato, e un po’ seccato. L’averlo beccato con Katie, mentre ballava un valzer (se di valzer si può parlare) lo aveva infastidito. Sapeva benissimo di essere una persona molto di compagnia e molto autoironica, però voleva che la sua intimità rimanesse tale. Il fatto che degli estranei lo avevano visto lo turbava molto, per un attimo si era sentito quasi minacciato. Da qualche minuto girava ansiosamente per la casa, camminando rumorosamente. Katie, dal canto suo, si era seduta sul divano e, con le braccia sulle ginocchia, aveva affondato la testa sulle gambe. Non si era mai vergognata così tanto in vita sua. Lei, che solo ora cominciava ad aprirsi agli altri. Ogni tanto lanciava uno sguardo ad Orlando, che però non ricambiava. Era furente, lo si capiva benissimo anche dai suoi occhi.

 

Eric si sentiva esattamente come un condannato che era stato portato al patibolo. Lui, Kelly e Gary si erano seduti sulla poltrona di fronte a Katie e nessuno dei tre accennava ad alzare la testa oppure a parlare. Il ragazzo avrebbe voluto spiegare tutto all’amica, però la presenza del suo rivale lo innervosiva. Sapeva di non avere ragione e l’aver coinvolto Gary lo preoccupava. Aveva sempre avuto una fervida fantasia, ma mai si sarebbe aspettato di finire in una situazione assurda come questa. Nella casa di una persona che odiava, con due sue amici e l’ex fidanzata, beccati dopo aver spiato un innocente valzer.

 

“Premetto che sono molto, molto incavolato” Cominciò Orlando, schiarendosi la voce. “E ora, per la vostra incolumità, vi conviene dirmi IMMEDIATAMENTE perché ci stavate spiando e, cosa ben più importante, perché diavolo siete qui!” Finì urlando, voltandosi verso i tre e incrociando le braccia al petto, in segno di sfida.

 

“Il motivo di tutto ciò è semplice e al tempo stesso complicato. Esordì Gary, in tono saccente, alzandosi in piedi.

 

“Semplice o complicato che sia, ditemelo. Perché, credetemi, io non mi sono mai sentito così offeso in tutta la mia vita” Si rivolse verso Katie, che colse lo sguardo e abbassò la testa.

 

“Beh, adesso non c’è bisogno di esagerare…” Lo provocò Eric.

 

“Già che tu non mi stai simpatico…” rispose l’altro indicandolo con l’indice. “…e fare questa battutine sarcastiche non migliora certo la situazione, credimi. E tu…” voltandosi verso Gary “…finisci!”

 

“Come stavo appunto dicendo, prima che un idiota mi interrompesse” Disse, tirando un’occhiataccia all’amico “la cosa è un po’ complicata. Io ero venuto in macchina dalla Scozia, dove mi trovo momentaneamente per lavoro, per andare a trovare Eric. Siamo nello stesso cast di attori di C.S.I. da un bel po’ di tempo, così mi era sembrata una buona idea vedere come se la cavava all’università”

 

Ma cos’è, la storia della tua vita?” Disse in tono sarcastico Kelly, sbuffando.

 

“Zitta! E’ l’unica cosa che ti riesce bene!” La rimproverò Orlando.

 

Dunque…” continuò l’altro “…così ci siamo ritrovati a parlare nel cortile. Finché non ti abbiamo visto in macchina. Poi, non chiedetemi come è successo, ma quell’invasato di Eric ha blaterato qualcosa, è andato a prendere quest’altra pazza isterica e ti abbiamo seguito fin qui. Non era nostra intenzione spiarvi, è stata una pura coincidenza.

 

“Rimane il fatto, però. Nessuno vi ha autorizzato ad entrare nel cortile, tantomeno ad osservare quello che accadeva dentro la MIA proprietà. In definiti…” Non riuscì a finire la frase che Kelly si era alzata di scatto ed era andata con la grinta di un leone di fronte a Gary.

 

“A CHI HAI DATO DELLA PAZZA?” Domandò, decisamente inalberata.

 

“A te” Rispose placido lui, guardandola dall’alto in basso “Perché è quello che sei. Una pazza isterica, come ho già detto prima. Già che io non sopporto propriamente le donne, poi ti ci metti tu con questa vocina e col tuo temperamento tranquillo…”

 

RESTA IL FATTO CHE MI HAI DATO DELLA PAZZA! E NON PERMETTO A NESSUNO DI DARMI DELLA PAZZA” Continuò lei.

 

“Ehm, ragazzi” Disse timidamente Eric “Il problema non mi sembra questo. Calmiamoci un attimo che poi…”

 

“SE TU HAI BISOGNO DI CALMARTI VATTI A PRENDERE UN VALIUM! IO SONO CALMA, CALMISSIMA!”

 

“Certo, calmissima…infatti non stai mica sbraitando come una deficiente solo perché qualcuno ti ha dato della pazza! Stai soltanto discutendo amabilmente con un tuo amico, se non erro. Oppure sbaglio?” Replicò lui, seccato.

 

“Fai ironia? STAI FACENDO IRONIA? NON MI PARE IL CASO DI FARE IRONIA!” Kelly si era scagliata contro il suo ex e lo aveva letteralmente appiattito contro la poltrona.

 

“Kelly, per l’amor del cielo, vuoi comportarti come un essere umano civilizzato? In questo momento hai la stessa grazia di un uomo delle caverne. E ora, per favore, mettiti seduta e cerca di stare zitta, porca vacca! Non gliene frega un fico secco a nessuno se tu sei una pazza oppure no!” Anche Orlando era scoppiato. Tutta quella situazione gli aveva fatto venire mal di testa e sentire gli altri tre che litigavano non avevano fatto altro che peggiorare la situazione.

 

“Mff…eh…eh…eh…eh…Ah!Ah!AH!AH!AH!” Katie aveva cominciato a ridere, a ridere così tanto che si era piegata in due dalle risate. La sua voce riecheggiava cristallina tra i muri della casa e si diffondeva dappertutto, sciogliendo quell’atmosfera tesa che si era creata prima. Sentire i suoi amici litigare le aveva fatto pensare alle commedie dell’assurdo che aveva letto qualche volta, in biblioteca. In un attimo aveva persino dimenticato tutta la vergogna che aveva provato quando era stata scoperta.

 

In un primo momento, Kelly fu tentata di risponderle male poi, quando vide quell’espressione felice sul volto della sorella, non riuscì a non ridere. Persino Orlando e Gary, che cercavano di mantenere la discussione in un tono piuttosto serio, si unirono a loro. In fondo, ormai quello che era successo era successo. E, nel modo più inaspettato, avevano ‘fatto pace’. Non c’era motivo di essere arrabbiati gli uni con gli altri.

 

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Quella sera, Gary, dopo essersi scusato con Orlando per l’accaduto, aveva lasciato la casa e si era diretto dalla moglie, che l’aveva chiamato più volte durante il viaggio, preoccupata per il ritardo del marito. Rimaneva un problema, un problema molto grosso. Eric e Kelly dovevano tornare a casa. All’inizio avevano pensato di farsi riaccompagnare dall’amico di lui, però il viaggio era lungo e non se l’erano sentita di chiederlo. In taxi avrebbero speso una fortuna, la stazione del treno era piuttosto lontana e persino in autobus il tragitto sarebbe stato infinito. La soluzione rimaneva una sola…

 

“No, un momento, mi state dicendo che dovrei tenervi qui per tutto il week end?” Domandò Orlando, come se avesse una mosca in un occhio. “Un week end che doveva essere di calma e tranquillità? No, non se ne parla neanche.” E chiuse la porta della camera, chiudendosi dentro.

 

“Ci sta cacciando di casa? Oppure la casa ce la lascia? No, scusatemi se non capisco…” Disse Kelly, sbuffando e buttando le braccia per aria.

 

“Sta semplicemente dicendo che non ci vuole tra i piedi. Una specie di ultimatum:o noi due o lui.”Aggiunse Eric mettendosi a sedere sopra il tavolo della cucina. Neanche a lui andava a genio dover restare due giorni chiuso in quella casa con una persona che non trovava affatto gradevole. Eppure, se ci fosse stata un’altra scappatoia, l’avrebbe sicuramente scelta.

 

Ma non può mica chiuderci fuori casa come delle bestie! Non è colpa di nessuno se siamo venuti qui!” Rispose la ragazza. Sentì su di sé lo sguardo rassegnato della sorella e dell’amico. Poi, ammise “Beh, diciamo che è un po’ colpa ce l’abbiamo.”

 

“Io non voglio che voi ve ne andiate. Cioè, se dovete tornare in taxi verrebbe a costarvi una fortuna e non voglio.” Disse infine Katie, appoggiando una mano alla finestra, sorridendo.

 

Perché ridi? Sei forse contenta delle nostre disgrazie? No, perché se è così ti spelo al posto del tuo amichetto, chiaro?” Rispose scherzosamente Eric, dandole un colpetto sul sedere con un piede.

 

“No che non rido di voi! Stavo solamente pensando che Orlando è arrabbiato perché lo avete visto in un momento un po’…particolare. Penso che si sia sentito molto in imbarazzo nell’essere scoperto in quegli atteggiamenti. Era un po’ un suo momento di intimità, magari non lo ha mai visto nessuno mentre faceva quei versi!” Non riuscì a trattenere un risolino.

 

Però tu c’eri…” Finì Kelly. Per un attimo rimasero tutti in silenzio.

 

Sentite…m-mi dispiace. Se solo a-avessi saputo…” La sorella abbassò gli occhi e si voltò dall’altra parte, stringendo le mani al petto.

 

“No, non volevamo dire questo…” Si salvò in extremis Eric, lanciando un’occhiata omicida alla sua ex. “Lei stava semplicemente dicendo che tu eri lì, però lui lo sapeva. Sì, insomma, tu stavi condividendo con lui quel momento di allegria, e questo è un bene. Guarda che ci fa piacere che tu ti diverti, non sentirti in imbarazzo con noi, non vogliamo che tu ricominci a balbettare.

 

“No, sto bene, non preoccupatevi.” Alzò le spalle, girandosi verso gli altri due, poi sorrise. “Provo a parlare con lui, va bene? Almeno per questa notte…poi domattina vedremo il da farsi…” E corse via.

 

“Gelosa?” Domandò Eric a Kelly, quando l’altra sorella fu lontana.

 

Ma fammi il piacere!” Rispose, tuffandosi sul divano e accendendo la televisione. In realtà era gelosa di Orlando perché lui era stato capace di far ridere Katie. Ma non era uno dei suoi soliti sorrisi formali, stava ridendo di gusto…e lei non c’era mai riuscita.

 

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Katie entrò nella camera silenziosamente, osservando l’amico steso sul letto, che fissava il soffitto. Aveva ancora le scarpe ai piedi e, a parte questo, riusciva a distinguere ben poco con l’oscurità sempre crescente. Non aveva nemmeno acceso la luce. Non si girò nemmeno quando lei entrò.

 

Che vuoi?” Si limitò a dire.

 

“Senti…” Si sedette vicino a lui poi, un po’ imbarazzata, ritornò in piedi. Parlare con lui al buio non la faceva sentire eccessivamente sicura, non riusciva a capire se lo disturbava.

 

“Puoi stare seduta nel letto, non mi dai fastidio…” Lui aveva intuito i suoi timori e lei fece quanto gli aveva detto. Rimasero per un po’ in silenzio. Katie non riusciva a spiccicare parola e a lui un po’ veniva da ridere. Sapeva che non era abituata a parlare con le persone e questa era anche una situazione un po’ fuori dall’ordinario. “Ehi, guarda che non ce l’ho con te, tu non hai fatto niente. Io ce l’ho con quegli altri due.” Nel sentire quelle parole, la ragazza si calmò.

 

“Io so che tu volevi stare qui per avere un po’ di tranquillità, ti capisco. A me, per esempio, non piace stare sempre al campus dell’università. Se posso, vado a trovare mia nonna a Dublino, ma l’aereo è un po’ caro e non ho mai tanto tempo libero. Però almeno stasera falli dormire qui, altrimenti dove vanno? Magari, non lo so, li fai dormire sul divano…qui le stanze non mancano. Orlando si alzò di scatto dal letto, facendola sussultare.

 

“Non è questo che mi da fastidio. Mi disturba il fatto che loro si siano letteralmente ‘infiltrati’ qui. Il fatto che tu sei qui non presuppone che loro siano qui. Senza contare che non voglio quell’attorucolo tra i piedi. Io sono una persona molto ragionevole, se non si infrange la mia privacy. Non voglio vivere neanche una notte assieme a delle persone che non trovo di mio gradimento. Hai capito il problema?”

 

“Non sono stupida Orlando, ti prego di non dimenticarlo. Si alzò, dirigendosi verso la porta. “So che io non comando niente, in questa situazione, ma neanche a me fa piacere vivere insieme a mia sorella se c’è anche Eric e se ci sei anche tu. Anche io ho le mie brutte abitudini, appena alzata, come ho i miei momenti personali durante la giornata. Però cerco di vedere le cose da un altro punto di vista, se io fossi nei loro panni non vorrei mai essere cacciata da una casa in piena notte. Ammise, infine. Capiva i timori di Orlando ma allo stesso tempo le dispiaceva lasciare i due amici in mezzo ad una strada.

 

“Ho capito, ho capito” Sbuffò, alzandosi dal letto. “Ma ci sarebbe anche la macchina e se si tirano giù i sedili…”

 

“Orlando?” Disse Katie, girandosi verso di lui.

 

“Va bene, va bene!” Alzò le mani in segno di arresa.

 

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Quando Orlando e Katie tornarono in cucina, gli altri due si alzarono immediatamente dal divano, dove si erano seduti per aspettarli. Sapevano troppo bene che erano tornati per dire se erano ben accetti o meno e la cosa un po’ li preoccupava. Si misero tutti e due appoggiati agli stipiti della porta, con le braccia incrociate. Il ragazzo si fermò davanti ai due e poi li guardò, lanciando un’occhiata a Katie.

 

Dunque…mi pare di aver capito che per stasera non si può fare niente. Potrete stare qui ma a due condizioni: Eric, tu dovrai dormire sul divano mentre tu, Kelly, andrai con tua sorella e cosa più importante, domani ve ne andrete non appena trovate il primo autobus, chiaro? Se non vi va bene una delle due condizioni, le scale qui fuori saranno sufficienti per farvi dormire. E ora andate a darvi una lavata, tra mezz’ora si mangia. Se ne andò, salendo le scale. Katie rimase per un attimo lì, sorrise e poi si diresse verso la cucina per preparare la cena.

 

“Per un attimo ho avuto da ridire sul divano ma, sai com’è, tra quello e le scale qui fuori…” Disse Eric a Kelly che lo guardò sconsolata mentre si avviava verso il bagno. “Ehi, guarda che io dico sul serio!”

 

CONTINUA…

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