Fergus Cousland di ary91 (/viewuser.php?uid=160134)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 1 *** 1 ***
È possibile che voi la conosciate sotto nomi o fattezze
differenti, ma la sua storia è raccontata in ogni dove.
Qualcuno ne ingigantisce le vicende, altri le rappresentano con dovizia
di particolari, in ogni caso l'epicità della sua avventura
non sarà mai sminuita né tantomeno taciuta.
Narra la leggenda di una giovane e del
suo fardello, il quale le gravò sull'animo fino alla fine
dei suoi giorni. Lei era Elissa Cousland, figlia del teyrn di Highever
e penultima guerriera del valoroso ordine dei Custodi Grigi. Ma per
raccontarvene, dovrò prima parlarvi del movente per cui ella
si unì al campo di battaglia...
«Avanti! Affonda
più in là la spada, forza»,
sbraitò Fergus Cousland, incitando forsennatamente la
ragazza a dare il meglio di sé contro gli uomini di paglia e
cuoio creati apposta per il suo allenamento quotidiano.
Lei, dal canto suo, aveva solo
diciannove anni e immaginava per sé un roseo futuro da
rispettabile moglie e madre del figlio dell'arl Howe, Thomas, non
credeva che infilzare uno spaventapasseri potesse davvero esserle utile
in futuro. E così non fece che ripetere a voce i suoi
pensieri, annaspando affaticata.
«E come pensi di difendere il
castello mentre io e papà saremo via, hmm?»
«Io?»
replicò lei, indicandosi col pollice di traverso.
«Ma ci sono le guardie, no?» e così
dicendo lasciò cadere la lama nell'erba, accasciandosi per
riprendere fiato. «Davvero fratellone, non credo che io sia
la persona più adatta a cui affidare le redini della
città...»
«E chi ha mai parlato di
città?»
La ragazza si sdraiò,
lasciando che gli steli d'erba pizzicati di rugiada le accarezzassero
il viso roseo. «Tu. Hai appena detto...»
«...Castello. Ho detto
'castello', Elissa» la interruppe lui, scoppiando a ridere e
buttandosi a pesce accanto a lei. Poi scrutò con occhio
critico i manichini, che nonostante i numerosi colpi, era come se non
fossero mai stati toccati. «Hmm, forse hai ragione: credo
proprio che sotto il tuo comando la fortezza finirebbe in rovina in un
secondo!» ammise, prendendole il capo sottobraccio e
schioccandole un sonoro bacio.
Elissa si lasciò andare a una
risatina, poi osservò silenziosa prima il cielo, di un
intenso color pervinca, poi l'elsa color ruggine della sua spada,
l'aveva denominata Bistecca quando all'età di dieci anni suo
padre gliene aveva fatto dono. Aveva inizialmente creduto che servisse
a tagliare la carne... L'innocenza dei bambini è un dono
formidabile.
«Come farai?»
«A fare cosa,
sorellina?»
«A lasciare Oriana e il
bambino...» replicò lei, giocherellando con i
folti capelli scuri del fratello, che le poggiò il mento
contro la spalla e indirizzò lo sguardo verso la finestra
delle sue stanze, dove presumibilmente sua moglie stava adoperando il
telaio in compagnia del piccolo Cousland, intento a giocare con
immaginari Grifoni.
Era quantomeno una
possibilità rara che Fergus ammettesse di trovarsi impaurito
all'idea di abbandonare la sua famiglia. Davanti gli altri cercava
sempre di mostrarsi ironico e sicuro di sé. Ma data la
differenza di soli cinque anni, Elissa era cresciuta assieme a lui e
sapeva alla perfezione che quando al fratello pulsava la vena
della tempia destra c'era qualcosa che lo tormentava. E in questo
specifico caso il fulcro dei suoi pensieri non poteva che ricadere su
Oren e Oriana.
Gli passò una mano sulla
schiena per calmarlo, regalandogli un candido sorriso incoraggiante.
«La guerra, sorellina,
è una faccenda troppo brutta per essere presa alla leggera.
Se solo io potessi evitarlo, non esiterei un solo istante a
disertare...»
«Ma non puoi»,
concluse lei.
«Già.»
La ragazza afferrò le sue
mani in un moto di contagiosa allegria, trascinandolo con sé
per alzarsi. Strinse poi i pugni, sfidandolo a battersi per scovare chi
dei due fosse il migliore a lottare, saltellando su se stessa. Fergus
accettò divertito la sfida e cominciarono entrambi a
picchiare, senza colpirsi realmente, provando a dimenticare
ciò che presto li avrebbe attesi.
***
Fine primo capitoletto! Non so bene questa mattina cosa mi sia
saltato in mente, solo che grazie all'utente Brida -che ringrazio
moltissimo per aver inventato la sua fantastica fanfiction- mi
è indirettamente balenato per la testa di scrivere cosa vive
Fergus, che poveretto viene solitamente ben poco considerato... trovavo
carina l'idea di dare "vita" anche a lui :D grazie a chiunque
passerà di qui, che lasci o no traccia del suo passaggio,
eheheh. Se vorrete suicidarvi per l'orrore di aver letto una castronata
simile vi capisco...
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Capitolo 2 *** 2 ***
«Spero abbiano un po' di birra»,
confabulò Fergus, tenendo il passo ben allineato con quello
del cavaliere. «È da stamattina che non tocco un
goccio!»
«Prima di svuotarne un
barilotto, perlomeno ascoltate cos'hanno da dire...»
commentò l'altro, sogghignando.
«Hai ragione, sarà
meglio essere sobrio... Non vogliamo fare brutta impressione all'arl,
hmm?»
Nella regione del suo teyrnir era ormai
giunta voce da parecchie settimane dell'incursione di un nuovo Flagello
e la cosa, sebbene puzzasse di bruciato per via della rarità
dell'evento, stava agitando un po' tutti. Quella sera si sarebbe deciso
il ruolo della sua importante famiglia nell'imminente battaglia e
l'agitazione nell'aria era ben più che palpabile.
Un vecchio adagio recita che porta male
passeggiare disarmati attraverso i corridoi di un castello nelle notti
di luna nuova, ma Fergus Cousland era sempre stato uno che preferisce
dare un bel calcio nel didietro alla superstizione, preferendo
affrontare a testa alta e con un po' di sano spirito le situazioni
più... decise.
Fece un cenno alle guardie che
presiedevano lì fuori, poi spalancò il portone
della sala principale.
A testa alta attraversò, in
compagnia del fidato Ser Gilmore, l'intero salone. Sorpassò
una fila ordinata di uomini sull'attenti, costeggiando il padre seduto
accanto al suo amico di vecchia data Rendon Howe.
«Ce l'avete fatta alla
fine», sentenziò Bryce Cousland, senza distogliere
il viso dalla mappa del Ferelden.
«C'era una rissa
giù alla taverna», si giustificò
Fergus. «Abbiamo solo dato una mano.»
«... A riportare
l'ordine», precisò il cavaliere dai capelli rossi
con le sue maniere impeccabili, guadagnandosi uno sguardo dubbioso di
Fergus.
In fondo non starebbe bene raccontare
come l'erede del teyrn abbia messo fine a una zuffa tra bricconcelli,
dando al più grosso una padella in testa e ruttando in
faccia al più mingherlino, per poi minacciare tutti di
infilargli il manico della scopa dell'oste su per il deretano.
Sì, Fergus, amabile marito e padre affettuoso, convenne che
il silenzio in taluni casi fosse la via migliore per tenere al sicuro
la buona reputazione.
«A quanto pare siete degno del
titolo che erediterete», annotò l'arl, alzando lo
sguardo vacuo sul più giovane.
«Oh, sì: l'ordine
prima di tutto...»
«D'accordo, bando alle
ciance», fece poi il teyrn, alzandosi e camminando avanti e
indietro davanti al focolare. «Sappiamo tutti che la minaccia
della Prole Oscura avanza ogni giorno, minacciando di sopraffare il
nostro bel Ferelden e...»
«E re Cailan desidera, no,
pretende il nostro aiuto. Quanti più uomini riusciremo a
portarci dietro, meglio sarà», venne subito al
sodo Rendon Howe, dirigendosi altezzoso al fianco dell'amico e
osservando con occhi ridotti a fessura tutti i presenti.
Le guardie confabularono tra loro,
parlottando di vecchie leggende e gloriose battaglie imminenti.
Qualcuno pareva sinceramente eccitato all'idea di scendere in campo
contro gli esseri mostruosi delle fiabe che i genitori gli leggevano
nell'infanzia, altri invece davano l'idea di temere la sorte a cui
sarebbero presto andati incontro.
Dal volto di Ser Gilmore non traspariva
alcuna emozione. Stringeva a intermittenza la mascella, scrutando il
pavimento di pietra, poi poggiò una mano sulla spalla di
Fergus, sussurrando: «Credi che combatteremo al fianco dei
Custodi Grigi?».
L'altro dal canto suo, che
già di per sé era pensieroso, non fece
granché caso a ciò che gli era stato domandato,
al contrario era invece perplesso sull'esito che lo scontro avrebbe
prodotto. Gli uomini di quest'epoca non erano affatto preparati ad
affrontare il quinto Flagello; nessuno si aspettava una catastrofe
simile e nessuno, a parte forse i Custodi Grigi, sapeva come gestire la
situazione. Da dove cominciare? Come sconfiggere l'arcidemone? Quante
morti avrebbero dovuto subìre? Tutte queste domande lo
stesso re se l'era poste?
«Quale tattica intende
perseguire Cailan?» chiese, avvicinandosi al padre e all'arl.
«Quello sconsiderato vorrebbe
l'aiuto di Orlais», sputò Howe, mettendo mano alla
spada in nome del dispezzo provato per la suddetta nazione.
«Se suo padre ora fosse vivo lo avrebbe...»
«Suvvia, Rendon, non dovremmo
più esserle ostili...» intervenne teyrn Cousland,
dando una pacca all'amico di vecchia data.
«Il condizionale è
un valido utilizzo per per quel verbo», grugnì
l'altro, passandosi le dita lungo il pizzetto ingrigito.
«Soccomberei mille volte, piuttosto che accettare l'aiuto di
quei cani.»
Fergus credeva di aver sempre sentito
dire che gli orlesiani fossero gente molto ordinata e perfezionista e
al contrario il Ferelden puzzi di cane bagnato, ma tant'è
che comunque era troppo impegnato a rimuginare sulla grave situazione
che stava venendo a crearsi piuttosto che sindacare le parole
dell'antipatico alleato di Amaranthine.
«Perciò padre qual
è il piano?» domandò infine,
sobbarcandosi del detto via
il dente, via il dolore. «Oltre a suonarle a
quei mostri...»
«Cailan e il generale Loghain
stanno riunendo un esercito a Ostagar: è lì che
la Prole Oscura attaccherà», spiegò il
padre, corrugando la fronte. «Domattina partiremo al
più presto.»
«Domani? Ma... Fra tre giorni
è il complenno di Oren e poi ho promesso che...»
«Niente storie,
Fergus», lo zittì il padre, tenendogli una mano
poggiata sulla spalla.«In quanto Cousland abbiamo il dovere
di dare il nostro supporto a re Cailan, anche se potessimo mai ci
tireremo indietro, intesi? So quanto tu tenga alla tua famiglia e ti
prometto che sarai presto di ritorno per loro, ché saranno
tenuti al sicuro da Elissa e Ser Gilmore.»
«Io non verrò, Mio
Signore?» s'intromise l'interessato, sentendosi ferito per
non esser stato preso in considerazione.
«Oh, no. Tu, ragazzo, sei il
Capo delle Guardie e sarà tuo compito tenere a bada la
città.»
Roland Gilmore s'inchinò
appena, consapevole di non potersi opporre alla decisione.
«Se è questo il
volere di mio padre, affido a te la mia vita, che è qui
assieme a coloro che amo», dichiarò Fergus, dando
una stretta amichevole al fidato compagno d'arme che annuì,
orgoglioso.
«Quanto siete
dolci», biascicò Howe, mellifluo, tenendo le
braccia conserte. «Vi lascio alle vostre smancerie, intanto
mi ritiro assieme ai miei uomini per... organizzarci.»
«Domani sarà un
gran giorno», vociò il teyrn di Highever con
sguardo fiero.
«Puoi metterci la mano sul
fuoco, amico mio», concluse Rendon Howe.
***
Ed
eccoci alla fine anche di questo secondo mini-capitolo. Ambientazione
piuttosto noiosa, ma considerando i tempi di guerra che corrono
all'interno della storia non poteva non esserci una scena del genere...
Trovo comunque scandaloso che nonostante la sua cattiveria, mi sta un
sacco simpatico Howe, giusto perché possiede la voce del dolce
travestito
di The
Rocky Horror Picture Show XD
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Capitolo 3 *** 3 ***
3
Lo
osservò in silenzio, scrutandone ogni singolo millimetro del
volto, deciso a imprimerselo nella mente e custodirne gelosamente il
ricordo.
Scuotendo
la testa in un moto di compassione e divertimento raccolse la trapunta
di lana da terra e lo coprì con delicatezza, stando attento
a non svegliarlo. Il piccolo Oren aveva sempre avuto il particolare
vizio, anzi dono, di scoprirsi durante il sonno.
Si
sedette sul bordo del letto, il viso schiacciato contro le mani
sorrette per i gomiti dalle ginocchia, reprimendo un gemito di paura,
dolore, terrore, sofferenza. Entro poche ore avrebbe dovuto trovare la
forza, no il coraggio, di impugnare spada e scudo, infilare elmo e
armatura, e guidare le truppe di Highever e Amaranthine in guerra,
senza suo padre o l’arl Howe. Non era mai sceso realmente in
battaglia, ma aveva sentito le storie raccontate dagli uomini che ci
erano stati e non sapeva se sarebbe riuscito a mantenere il sangue
freddo senza cedere mai.
Si
sporse un poco e fece una carezza al bambino, scostandogli dalla fronte
i capelli scuri, e questi si rischiarò in un sorriso
involontario, girandosi poi sul fianco e dandogli le spalle.
«Fergus,
torna a letto…» mormorò sua moglie con
voce impastata.
Le
volse lo sguardo, sentendosi il cuore battere all’impazzata.
A quel punto però non seppe più stabilire se
ciò fosse dovuto al timore dell’avvenire o al
desiderio per lei.
La
donna, illuminata dalla tenue luce diffusa dalle candele e avvolta in
un lenzuolo, avanzò fino a lui. Scrutò amorevole
loro figlio, poi prese la mano del marito, scortandolo in silenzio fino
alla loro camera da letto, dove si sedettero e lo tenne stretto a
sé.
«Lo
sai che non sei obbligato…»
«Certo
che lo sono, Oriana», replicò lui con un filo di
voce. «Sono vincolato dal nome della mia
famiglia…»
Lei
gli tenne stretto il viso, obbligandolo a guardarla. «E
allora rinnega il tuo titolo, rinnega il tuo re e non
andare», lo supplicò infine, trovando finalmente
la fermezza per dar voce a ciò che le opprimeva
l’anima.
Non
sarebbe stato male mollare tutto e tutti e scappare ad Antiva,
lì sua moglie era la figlia di un importante uomo
d’affari. In una nazione di assassini, dove tradimenti e
intrighi di corte stavano all’ordine del giorno, nessuno
avrebbe potuto puntargli il dito addosso, ma che ne sarebbe stato del
suo onore? No, una simile idea non avrebbe dovuto nemmeno
attraversargli per un attimo la mente e scosse la testa nel tentativo
d’allontanarla.
«Se
solo potessi… Ho dei doveri verso i Cousland, ma soprattutto
nei confronti del mio popolo. Non posso abbandonarli.»
«Che
differenza farebbe un uomo in meno?» disse lei,
sull’orlo della disperazione. «Fergus, io ho un
brutto presentimento… Se andrai, sento che…
che…»
Lui
deglutì, consapevole di ciò che la moglie stava
per dire. Anche lui sentiva che quella sarebbe stata la loro ultima
notte, che quelli sarebbero stati gli ultimi ricordi che avrebbe avuto
di coloro che portava nel cuore.
Avrebbe
conservato per sempre la memoria del suo piccolo uomo fare le smorfie
nel sonno, probabilmente sognando i suoi adorati grifoni;
così come senza fine avrebbe rammentato il viso della sua
innocente sorellina, che si era sobbarcata l’incarico di
badare al castello; o quello di sua madre, Eleanor Cousland, che tanto
aveva fatto per farlo sentire il figlio migliore del mondo.
Appesantito
dal fardello dell’imminente Flagello, ma avido di sentirsi un
uomo comune, le attirò a sé il volto,
impossessandosi delle sue labbra e desiderando che diventassero una
cosa sola.
«Il
tuo amore mi ferisce, Oriana, e non so come farò ad andare
avanti senza.»
«Ad
Antiva l’amore è un dono piuttosto
raro… per chi non può permetterselo»,
replicò lei, sfilandogli la camicia e slacciandogli la
fibbia della cintura.
«Stai
dicendo che mi hai sposato solo per i soldi?» la
provocò lui, adagiandola supina e baciandole ogni centimetro
di pelle nuda, inebriandosi del profumo esotico che sprigionava.
Fergus
si tirò su, rimirando il corpo di sua moglie, lasciandosi
osservare a sua volta.
Oriana
allungò le dita, facendogliele scorrere lungo le clavicole,
proseguendo fino a una spalla e poi all’altra.
Passò alle anche, poi alla superficie calda dello stomaco e
più giù. Lo attirò a sé per
il collo, lasciando che il suo uomo la prendesse.
«Se
fossi così superficiale, non avresti visto l’alba
di un nuovo dì da molto tempo…»
bisbigliò lei, lasciandosi baciare.
«Questo
perché dormo con un pugnale sotto il
cuscino…» gemette lui senza fermarsi.
«Ricordi quando ci siamo conosciuti…?»
«Non
potrei mai scordarmene…» ammise Oriana,
sfiorandogli il collo con le labbra. «La giornata di Dicembre
più calda che si sia mai vista.»
Mentre
lei gli intrecciava le dita nei capelli, lui non faceva che essere
ancor più bramoso del suo corpo, ossessionato
dall’incidere nella memoria quegli istanti.
«Prometti
che ricorderai che sei mia», sussurrò,
inchiodandole le mani contro il materasso e baciandole
l’incavo della gola.
«Ti
amerò fino alla fine dei tempi», giurò
lei, liberandosi della morsa e invertendo le posizioni.
«Aspetterei milioni d'anni per te.»
Si
cibò delle sue lacrime, sentendo che la risposta di Oriana
era stata sincera, tranquillizzandosi al pensiero che ci sarebbe stata
lei a rimboccare le coperte di Oren nelle fredde notti fereldiane, che
lei ci sarebbe stata sempre.
«Di’
che ti ricorderai, Oriana, di’ che ti
ricorderai…»
«Ti
amerò fino alla fine dei tempi.»
Muovendosi
come se fossero un’unica cosa, come se il loro sentimento
potesse sopire qualunque dubbio, ansia, continuarono a giurarsi il loro
amore, perché di questo Fergus aveva bisogno. Lui
necessitava di uno scopo. Avrebbe dedicato la vittoria a lei, sua
moglie, e sarebbe tornato presto tra le sue braccia a reclamare
ciò che gli era stato giurato e così sarebbe
potuto partire alleggerito dal peso di ciò che si lasciava
alle spalle.
***
Ed
eccoci alla fine di questo mio piccolo esperimento... E' la prima volta
in vita mia che scrivo una pseudo-scena di passione. Credo di
aver letto troppi Harmony... che ebbene sì: adoro. XD
Anche
se non ho scritto niente di esplicito, spero che mio padre non apra mai
i miei file di word, perché credo che mi diserederebbe,
ahaha. Non importa se siamo poveri in canna, il pensiero mi
infastidisce ugualmente =P
Che
dire? Spero questo minicapitoletto - che per l'inciso, credo sia il
più lungo che mai posterò di questa fanfiction -
non abbia fatto tanto schifo, ma in caso contrario vi scongiuro: non
uccideteviiiii!
Per
scrivere mi sono ispirata un pelino alle parole del ritornello della
canzone Blue Jeans di Lana del Rey e anche a quel punto in cui
Giulietta chiede a Romeo di rinunciare al nome dei Capuleti (o dei
Montecchi? Boh, mi confondo sempre...).
Detto
ciò: odio profondamente l'html. Perché cavolo mi
escono le cose con settordici millimetri di spazio proprio non lo so!
ps. Un grazie di cuore e con il gomito a Brida e Verichan per seguire
questa cosa chiamata storia, e anche alla mia amica Chiara, che non
recensisce ma so che c'è ;)
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