Oltre il destino

di Giorgia98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il rimorso ***
Capitolo 2: *** Per me ***
Capitolo 3: *** Saluti ***
Capitolo 4: *** Complicazioni ***
Capitolo 5: *** Sorpresa ***
Capitolo 6: *** Cambio di programma ***
Capitolo 7: *** Un altro mondo ***
Capitolo 8: *** Persuasione ***
Capitolo 9: *** Novità ***
Capitolo 10: *** Il prato ***
Capitolo 11: *** Sulle ali del vento ***
Capitolo 12: *** Il solito ***
Capitolo 13: *** Cambiamento ***
Capitolo 14: *** Non guardare indietro ***
Capitolo 15: *** Nella notte ***
Capitolo 16: *** Sotto le stelle ***
Capitolo 17: *** Il piano ***
Capitolo 18: *** Le strade si dividono ***
Capitolo 19: *** Decisioni importanti ***
Capitolo 20: *** Passato I ***
Capitolo 21: *** La città ***
Capitolo 22: *** Ansia ***
Capitolo 23: *** Le guardie ***



Capitolo 1
*** Il rimorso ***


 

Arya stava volando con Firnen verso la spiaggia dove la aspettava Roran, il suo drago le aveva schermato la mente, provava un dolore profondo nel lasciare Saphira, così dopo poco tempo che l’aveva conosciuta.

L’altra invece era assillata dai dubbi perché non sapeva se aveva fatto la scelta giusta, Eragon le era stato vicino durante gli anni della guerra contro Galbatorix.

Non sono tanti considerando a che età ho pensò, ma poi la sua vana argomentazione cadde perché quel periodo era stato il più intenso della sua vita. Si ritrovò a ricordare di quella notte a Ellesmera, quando Eragon, sotto l’effetto delle canzoni elfiche, le aveva dichiarato il suo amore e, di come lei, lo avesse respinto in maniera tutt’altro che garbata.

Molte cose sono cambiate, lo sguardo le cadde su una bisaccia di Firnen dove era contenuto il fairth che le aveva regalato Eragon, quel dipinto le ispirava un’immensa tenerezza . Si ricordò di quando le era arrivata la sua lettera, ad Ellesmera, quando Firnen era ancora piccolo, la felicità provata all’arrivo e la tristezza di quando si era resa conto di non poter rispondere; in un momento le passarono davanti tutti i ricordi passati con lui.

Si rese conto che avrebbe voluto tornare indietro, andargli incontro abbracciarlo e..

Gli zigomi alti dell’elfa si chiazzarono di rosso, non vergognarti di ciò che provi le disse Firnen , la sua voce era velata di una profonda tristezza. Arya si lasciò pervadere dal sollievo quando si accorse che il suo drago le aveva finalmente riaperto la mente, le dava un’immensa sicurezza sapere che avrebbe potuto confrontarsi con lui di qualunque cosa, il suo drago le avrebbe sempre consigliato il giusto, in ogni momento.

Però per lei era ancora difficile aprirgli il cuore, gli anni passati in solitudine la avevano abituata a non condividere i suoi pensiero con nessuno, anche mentre stava con Faolin lui non sapeva tutto di lei. Ormai non provava più nulla per lui, lo aveva amato un tempo, ma ora.. Arya si ritirò nuovamente in se stessa.

Arya cosa c’è? Il tono di voce di Firnen era gentile, ma nascondeva una venatura di orgoglio come se lei avesse detto o fatto qualcosa di cui lui era già a conoscenza.

Niente non è successo nulla mentì lei, stavano parlando nell’antica lingua, così Arya si riferì mentalmente al fatto che non era successo nulla durante il viaggio di ritorno. Nascondere i pensieri a FIrnen le risultava difficile, perché dalla parte che gli lasciava libera di leggere doveva far finta che di stare bene, contemporaneamente però doveva schermare il resto, non sarebbe resistita a lungo.

Arrivarono sulla piccola spiaggia ghiaiosa dove li stava spettando Roran, quando lo vide Arya si accorse subito che aveva pianto, l’uomo aveva gli occhi rossi e gonfi, i lineamenti del viso tradivano un dolore immenso. L’elfa constatò ancora una volta stupita di come gli umani non sapessero nascondere le proprie emozioni, ognuno capisce subito le debolezze dell’altro si ritrovò a pensare.

E’ vero, ma facilita il rapporto la le persone, ribattè Firnen. Era vero, gli umani erano una razza dalla vita breve, ma vivevano meglio degli elfi, troppo impegnati ad essere garbati fra loro, non si capiva mai cosa pensassero.

Pensi a loro come se non ne facessi parte osservò il drago, l’elfa allora si ricordò che Eragon le aveva ripetuto la stessa frase tempo prima, stava per rispondere che quella di Firnen, era una battuta di pessimo gusto, quando si ricordò che lui non poteva saperlo, non era ancora nato, e per caso aveva ripetuto le parole del cavaliere.

Forse perché io sono un misto di due razze diverse, te vivi dentro di me, condividi i miei pensieri, le mie emozioni, è naturale che non mi senta più a far parte di una razza specifica rispose. Fienen annuì con la mente, felice che il suo cavaliere gli avesse dato quella risposta.

 

Roran osservò Arya e fu stupito del fatto che nel suo volto privo di rughe non ci fosse una traccia di dolore, lui aveva sempre pensato che l’elfa e suo cugino fossero stati buoni amici, se non qualcosa di più. Nell’ultimo periodo, osservò, avevano passato parecchio tempo insieme. Poi l’iniziale stupore fu sostituito da rabbia: come si poteva permettere di non piangere Eragon, la persona migliore che lui avesse mai conosciuto, fu tentato di urlarle contro ma, ricordandosi che era la regina degli elfi si trattenne, così disse solo:

-Non sei neanche un po’ triste?-. I verdi occhi dell’elfa si ridussero a due fessure, come faceva sempre quando era in collera, poi cambiò totalmente atteggiamento, i suoi lineamenti si distesero.

Ma come fa? Pensò Roran, lei impediva ai suoi sentimenti di condizionarla, li escludeva dalla sua vita, era una cosa talmente inconcepibile da non essere nenche umana.

-Si che sono triste, abbiamo perso il nostro cavaliere oggi, non sappiamo neanche se tornerà- disse lei con voce pacata. -Abbiamo perso il nostro cavaliere?! Era questo che era per te? Un cavaliere, non era nient’altro? Non ti è mai importato niente di lui, lo usavi come metodo per diventare celebre? Per fare la parte dell’eroina che ha aiutato Eragon a sconfiggere Galbatorix? E pensare che lui ti amava, ha chiuso il cuore alle altre donne per te, non capisci cosa eri per lui? Una guida, una amica, una persona a cui consigliarsi, a cui esporre i propri timori. Ma per te era un cavaliere, nient’altro, lo scalino per raggiungere la fama.- Roran sapeva di aver detto troppo, ma non gli importava, quel giorno aveva perso suo cugino, il suo compagno d’infanzia, il suo amico più fidato, e non gli importava niente se aveva esagerato con la regina degli elfi, d’altronde pensava ogni singola parola che le aveva detto.

 

Arya sobbalzò alle parole di Roran come se l’avessero pugnalata, era così che la vedeva la gente? Una ‘’falsa’’, passava così agli occhi delle persone che non la conosceva bene, cioè quasi tutti. Questa consapevolezza la colpì più di ogni offesa che le era mai stata recata. Molte volte, durante i litigi con sua madre, questa le aveva ripetuto che non agiva per la giusta causa, che era una figlia ingrata ed altre cose di questo genere. Ma ci era sempre passata sopra, era testarda e orgogliosa, sapeva di aver ragione. Le parole di Roran però avevano come fatto breccia nelle sue difese, aveva uno sguardo di disgusto mentre la insultava che l’aveva turbata nel profondo. Arya non far caso alle parole di quell’uomo le disse Firnen.

L’elfa come risposta trattenne un singhiozzo, si era completamente dimenticata di lui, del suo drago, era una cosa fuori dal normale. Come aveva fatto a dimenticarlo? Lui c’era sempre stato. La vista gli si sfumo, tirò indietro le lacrime e cercò di nascondere a Firnen i suoi ultimi pensieri. Però mentre lo faceva le ritornarono a mente le parole di Roran ..lo scalino per raggiungere la fama.. quelle parole pronunciate con cattiveria, ira, rancore. Un velo di sudore le imperlò la fronte, si asciugò un gesto fluido della mano, si accorse che scottava. Trattenne un altro singhiozzo, ormai non vedeva più, una lacrima le scese dall’occhio destra, ma Arya cercò di asciugarla con un movimento veloce del braccio, che invece si risultò invano perché la lacrima le aveva già raggiunto la bocca. In compenso però aveva fatto cadere la sua spada, Tàmerlein, cercò di riprenderla, ma quel gesto le a fece perdere la concentrazione , Firnen lesse i suoi ultimi pensieri. Davvero mi avevi dimenticato? Domandò il drago, incapace di trattenersi. Arya non ce la fece più.

 

Roran osservò l’elfa, curioso di vedere la sua reazione. Lei sembrava lottare con se stessa, nel suo volto si leggevano dispiacere, tristezza, incredulità subito però soppressi. Ad un tratto singhiozzò, si asciugò il sudore che le imperlava la fonte, una lacrima scese. Fece un brusco movimento con braccio, del tutto inusuale tra gli elfi che avevano i gesti che sembravano misurati. Le cascò la spada, oramai sembrava accingersi ad esplodere, aveva il viso arrossato, gli occhi che cercavano un punto in cui guardare, sbatteva continuamente le palpebre, il respiro era irregolare. Roran guardò un attimo il suo drago, Firnen era un esemplare magnifico, più piccolo di Saphira, ma comunque robusto per avere neanche un anno di età. Aveva le squame di tutte le sfumature verdi immaginabili, le zampe possenti finivano con le unghie bianche. Gli occhi verdi-oro osservavano con attenzione il suo cavaliere, misti di compassione e dispiacere.

Poi senza alcun suono Arya cadde in ginocchio, le mani sul volto e iniziò a piangere, non un pianto normale, a singhiozzi, il respiro era irregolare, grandi gocce argentee cadevano sulla sabbia. Roran la osservò turbato, non avrebbe mai immaginato che la sua risposta avrebbe provocato una simile reazione, si vergognò di ciò che aveva detto.

 

Arya pianse, dopo tanto tempo. Non ce la faceva più a contenere le emozioni, a restare impassibile, a non manifestare mai niente come se fosse un guscio di una persona. Pianse per Faolin, per il dolore patito a Gil’ead, per le ferite riportato, sia nel corpo che nella mente, pianse per suo padre e sua madre, lui non lo aveva mai conosciuto bene, lei non era mai riuscita a capirla fino in fondo, l’ultimo dialogo che aveva avuto con sua madre era stata una discussione, pianse per Eragon, per la sua partenza, per ciò che provava per lui, non lo sapeva o perlomeno si rifiutava di ammetterlo, per Firnen, non riusciva ad essere un buon cavaliere con lui, gli nascondeva emozioni, impressioni, lo aveva perfino dimenticato, non se lo sarebbe mai perdonato, per il fatto di essere così fredda con tutti. Pianse per tutto e per niente, non riusciva neanche a pensare mentre annegava il suo dolore e la sua vergogna nelle lacrime, le sentiva scendere lungo il viso bagnandole i capelli. Quando i suoi singhiozzi furono passati Firnen le disse con tono gentile

Arya, non posso colmare tutti i tuoi dubbi, ma sappi che io sono fiero di averti come mio cavaliere, quando ero a Uru’baen, Galbatorix mi ha presentato a tutti gli umani di Alagaesia, ma è solo per te che mi sono schiuso, sapevo che solo con te sarei potuto essere felice, noi ci compensiamo Arya, siamo diversi , ogni nostro difetto viene compensato, è questo il bello di essere in due per quel che riguarda tua madre io non l’ho conosciuta, ma ho conosciuto te e non può essere che fiera nell’avere una figlia così.

L’elfa lo guardò con gratitudine, Firnen la aveva accettata per quel che era, con tutti i suoi difetti e i suoi pregi

Ti voglio rivelare il mio vero nome esordì Arya, si vergognava ad ammetterlo ma il suo drago non lo sapeva, gliel’aveva tenuto nascosto per tutto quel tempo passato insieme. Non è necessario, lo conosco già rispose Firnen

Prima quando hai perso il controllo di te stessa sono stato assalito dalle tue emozioni, dalle tue esperienze che prima non mi avevi mostrato. Sono arrivato a conoscere il tuo vero nome. Arya annuì sorpresa, il suo drago la conosceva meglio di chiunque altro, Ti voglio bene Firnen.
Ti voglio bene Arya.

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Capitolo 2
*** Per me ***


Roran, guardò Arya, cercando di immaginare quello che stava pensando, non era facile, però sembrava più tranquilla.
Decise di parlarle, per scusarsi, scegliendo con cura le parole mormorò:
–Scusa Arya Drottning, ho agito senza pensare, senza riflettere, sono stato condizionato dalle emozioni, per me è una grande perdita quella di mio cugino, ci sono, o perlomeno c’ero molto affezionato, mi addolora pensare che se ne sia andato per sempre, ho agito in modo sbagliato. Mi sono sfogato con te quando in realtà ero arrabbiato con Eragon, chiedo perdono.-
L’elfa rispose in un modo altrettanto tranquillo:
-Non devi chiedere scusa per niente Roran, non devi scusarti per aver espresso una tua opinione. Non siamo più nel dominio di Galbatorix, quando ognuno non poteva manifestare il proprio pensiero. Tu dici che eri arrabbiato con Eragon, devo dirti una cosa. Non te la rifare con lui, ha agito per il bene di tutti, sacrificandosi per primo, ha lasciato tutto ciò che conosceva qui per dedicarsi a tempo pieno, al bene di Alagaesia. Non lo giudicare troppo duramente.-
Mentre pronunciava queste parole Roran vide molto forte la somiglianza di Arya con la madre, lasciando stare l’aspetto fisico, avevano l’atteggiamento simile, aveva visto Izlanzadi solamente il giorno della battaglia a Uru Baen. Ma mentre marciava e combatteva aveva un’aria regale che si manifestava anche nella figlia.
-.. e poi- continuò lei - non sei l’unico a cui manca.-
Sei sicura di voler tornare ad Ellesmera? Le domandò Firnen.
Arya sentiva che il pensiero di non veder mai più Saphira addolorava il cuore del suo drago.
No, non sono sicura. L’elfa era sincera, avrebbe voluto anche solo tornare da Eragon e fargli un saluto decente, fu mentre pensava queste cose, che arrivò la domanda.
–Arya Drottning posso chiederti un favore? Grazie al tuo dr.. a Firnen potresti raggiungere Eragon e cercare ancora una volta di convincerlo, a me non mi ascolterebbe. Ma con te ci sono più possibilità.. potresti?- Il tono di Roran era quasi implorante.
L’elfa cercò di non sembrare troppo entusiasta, l’idea le piaceva .
Firnen tu cercherai di convincere Saphira!
Va bene, ma lo sai vero che non si lasceranno convincere facilmente..
Non ha importanza..

Come non ha importanza?
Andiamo li per quello..
Schhh..
Arya cercò di far capire al drago con un flusso di emozioni, che non le importava se non decidevano di restare.
L’importante era vederli, e subito. Con il tono più tranquillo che riuscì a trovare l’elfa disse:
-Va bene, andremo, ma non credere che ascolterà più me di te. Ho già provato a convincerlo una volta.-
Detto questo montò con un agile balzo in groppa a Firnen che spiccò il volo. Arya era eccitata, aveva avuto una seconda possibilità, se tutto fosse andato per il meglio il giorno dopo sarebbe stata in Alagaesia in compagnia di Eragon, come ai vecchi tempi.
Poi anche se lui non si fosse lasciato convincere non era da escludere l’idea di accompagnarlo, ogni tanto sarebbe tornata ad Ellesmera e avrebbe deciso cosa era più importante per il suo popolo. Tocco un attimo la mente di Firnen, oltre allo sforzo che provava nel volare il più veloce possibile, sentiva che era felice al pensiero di rivedere Saphira.
Ormai vedeva la barca, Eragon la guardò e sorrise, un sorriso così bello e gioioso che lei rispose allo stesso modo. Quando Firnen era a dieci piedi dalla barca Arya saltò, il suo drago intanto raggiunse Saphira, i due draghi erano felici di poter volare di nuovo insieme. Eragon andò in contro all’elfa con passo svelto, si vedeva che era felice:
-Arya, cosa ti ha portato qui?-
-Il volere delle persone che ti vogliono bene, non ci va di non rivederti mai più, quindi hanno mandato me per convincerti. Pensaci bene, troverai di sicuro un posto in Alagaesia dove rifondare l’Ordine dei Cavalieri, ti aiuterò a cercarlo. Se te ne vai via lascerai tutto ciò che conosci, resta per coloro che ti sono affezionati.- Arya aveva cercato una soluzione ai problemi che lo spingevano ad andarsene, lo guardò.
Eragon era cambiato molto da quando lo aveva conosciuto, ormai era un po’ più alto di lei, stava pensando, nonostante ormai avesse i lineamenti elfici, si leggevano facilmente le sue emozioni.
-Non ho alternativa, non ho trovato nessun luogo in Alagaesia che possa ospitare l’Ordine, Arya, non sai quanto vorrei rimanere, mi addolora pensare che non vi rivedrò mai più. Immaginati centinaia di draghi selvatici che girano per le città delle varie razze, gli elfi li accetterebbero ma i nani e gli umani no, si tornerebbe ad un’altra guerra e non voglio. La cosa migliore è quella di allontanare i draghi da Alagaesia sono troppo potenti per convivere con gli altri.- Il ragazzo era veramente triste mentre pronunciava queste parole.
Arya sapeva che aveva ragione, non poteva restare in Alagaesia, ma ogni tanto sarebbe potuto ritornare, doveva ritornare ora era immortale, non sarebbe mai morto, avevaun’eternità davanti.
-Capisco ciò che vuoi dire, ma almeno una cosa, non potresti ogni tanto tornare da noi per vederci o per comunicarci cosa fai?-
-Non ti posso promettere niente, può darsi che sia occupato e il luogo dove fonderò l’ordine troppo lontano per poter anche solo tornare. Ma ora parliamo di te, perché non vieni con me, sei un cavaliere Arya,hai tutto il diritto di seguirci. Non so se potrai continuare a svolgere il tuo ruolo di regina ma vivrai a contatto con i draghi, rifonderai l’ordine, avremo una vita a disposizione-
-Non posso Eragon..-
-.. Perché non puoi? Il tuo ruolo ti preme così tanto? Ti prego Arya, pensaci- Il ragazzo era serio, nei suoi occhi si leggeva un’immensa tristezza, avrebbe voluto la sua compagnia.
L’elfa invece aveva paura di cosa avrebbero pensato di lei se fosse partita, i nobili elfi l’avrebbero presa come una codarda che stava scappando dalle responsabilità.
Firnen, che devo fare?
Io andrei con Eragon, ma sai che la mia opinione è soggettiva, io desidero stare qui, rifondare l’ordine. La scelta è tua, devi decidere da sola.
Arya allora passò in esame tutta la sua vita, tante scelte, ognuna presa per il bene del popolo.
Il fatto di diventare ambasciatrice, di viaggiare in tutti i popoli; poi di portare l’uovo di Saphira avanti e indietro tra i Varden e gli Elfi e infine era dventata regina, ma lo desiderava veramente quell’incarico? No lo aveva fatto solo perché sua madre lo avrebbe voluto e poi per garantire agli elfi una buona guida.
Ogni singola scelta era stata dettata dal bene ‘’superiore’’ mai per se stessa. Voglio fare qualcosa per me decise di partire, lo desiderava davvero.
Arya fece un passo verso Eragon, il ragazzo teneva lo sguardo basso, lei allora con due dita gli tirò su il mento , per guardarlo dritto negli occhi nocciola.
Hai fatto la tua scelta? Firnen era entusiasta.
Si. Il tono dell’elfa era controllato poi continuò a soffermarsi su Eragon.
–Vengo- Una sola parola, ma avrebbe cambiato il resto della sua vita.
E non mi importa di ciò che penseranno, che sono una codarda o un’ingrata ma io voglio fare questa scelta, per me. Questo pensiero la fese sorridere.

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Capitolo 3
*** Saluti ***


Arya stava volando nuovamente con Firnen, non per tornare in Alagaesia, ma per lasciarla.
Le sarebbe piaciuto stare ancora con Eragon sul ponte della nave ma, si era accorta che Roran probabilmente stava ancora aspettando il suo ritorno.
E pensare che poche ora fa stavamo ritornando col pensiero di lasciare per sempre Saphira e Eragon, è vero che possiamo decidere il nostro destino disse a Firnen, che in risposta le mandò un flusso di pensieri positivi.
Era ormai da tempo che Roran aspettava Arya, se non ci fosse stato in palio il ritorno di suo cugino si sarebbe sicuramente spazientito già da tempo.
Stava osservando le piccole onde del fiume che lo ipnotizzavano, avrebbe dato qualsiasi cosa in cambio di ritornare ad un paio di anni prima, quando non era ancora successo nulla, avrebbe vissuto una vita normale, lontano dalla guerra, lontano dall’uccidere. Basta, questi pensieri lo facevano stare male, non serviva a niente pensare alla vita che avrebbe potuto avere.
All’improvviso vide un po’ di verde guizzare nel l’azzurro del cielo serale, si stropicciò gli occhi e guardò meglio: era Firnen, che si avvicinava sempre di più, atterrò con una nuvola di sabbia e polvere. Parandosi gli occhi con una mano Roran disse con curiosità crescente:
-Allora?- Guardò meglio in alto, Saphira non si vedeva da nessuna parte, significava che Eragon aveva deciso di andarsene per sempre.
Allora perché Arya ha un’espressione così tranquilla?
-Eragon ha deciso di proseguire per la sua strada..- la voce di lei non tradiva un minimo di emozione.
-Hai provato a convincerlo?- Roran era impaziente, i suoi peggiori timori erano confermati, ma lui non poteva andarsene, non l’avrebbe mai fatto..
-Certo che ho provato, ha detto anche che cercherà di tornare in Alagaesia quando può, e, se non potrà esservi di persona, cercherà di comunicare con voi attraverso lo specchio magico di Nasuada ma..-
-Io non voglio comunicare con lui attraverso un vetro.- Sapeva di essere polemico ma non ne poteva fare a meno.
-Ma..- continuò lei come se non fosse stata interrottà – io andrò con lui- Le sfuggi in sorriso soddisfatto.
Roran dopo qualche secondo di stupore domando:
-I tuoi doveri di regina? Come faranno gli elfi senza di te?-
-Se per loro va bene io continuerei a governarli comunque, ma se preferiscono, possono eleggere un nuovo re o una nuova regina.-
-Mi prometti che starai attenta ad Eragon?-
-Te lo prometto- Disse Arya nell’antica lingua.
–Una volta o l’altra dovrò impararla questa lingua!- Esclamò rassegnato Roran.
–Già.- L’elfa abbozzò un sorriso.
–Allora.. Addio?-
-Diciamo ciao.- L’elfa sorrise e Roran ricambiò. Poi Arya montò in groppa a Firnen e, un momento prima di spiccare il volo, disse:
-Abbi cura di te e della tua famiglia Roran! Che le stelle ti proteggano. –
Poi se ne andò.
Vola più veloce che puoi Arya cercò di trasmettere a Firnen la sua impazienza di tornare sulla nave.
Secondo te cosa sto facendo? il tono del drago era affaticato ma anche sarcastico.
L’elfa stava pensando a come avrebbe reagito Nasuada sapendo della sua partenza, la avrebbe avvertita il giorno seguente.
Firnen, secondo te stiamo facendo la cosa giusta, intendo a lasciare tutto e tutti per vivere solo con i futuri cavalieri .
Si Arya, perché me lo chiedi?
Boh, non lo so è solo che, è una scelta importante, probabilmente condizionerà il resto della nostra vita.
Non posso far dissipare i tuoi dubbi ma per me è giusto che noi due dobbiamo condividere la nostra esperienza con più giovani. Aveva ragione non poteva permettersi proprio ora di avere incertezze. Pian piano Firnen si stava avvicinando nuovamente alla barca, Talita, fece scendere il proprio cavaliere a prua, dove c’era Eragon, in piedi e con lo sguardo perso nel nulla. Quando vide Arya le si avvicinò senza emettere suono, quando si trovò di fronte all’elfa la guardò, lei sentì un brivido dietro la schiena, dovuto alla forza di quello sguardo. Alzò la testa, i lunghi capelli neri le piovvero davanti al viso. Eragon con entrambe le mani prese le lunghe ciocche e gliele sistemò dietro le orecchie appuntite poi disse:
-Grazie di essere venuta.- Allora Arya fece una cosa che lo sorprese, lo abbracciò.
Lui strinse le braccia attorno i fianchi sottili dell’elfa. Restarono abbracciati per un lungo momento, tra le sue braccia Arya sapeva finalmente di aver fatto la scelta giusta.

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Capitolo 4
*** Complicazioni ***


Un raggio di luce passo dalla finestra accostata male ed andò a finire sul viso di Nasuada. La regina si girò su un fianco, non aveva voglia di svegliarsi.
-Lady Nasuada? Siete sveglia?- Farica, la sua ancella la stava chiamando.
Quella notte non aveva dormito bene, era stata assillata da sogni ed incubi. Non sentendo rispondere Farica continuò:
-Avevate detto di svegliarvi all’alba, ricordate? Avete un appuntamento con i nobili- Questa proprio non ci voleva, avrebbe passato la mattinata ad ascoltare chiacchere noiose ed inutili.
Eragon se n’era andato, Murtagh se n’era andato, tutte le persone a cui teneva finivano per lasciarla, ormai erano rimasti solo lei, Arya ed Orik, i nuovi sovrani, gli unici protagonisti della guerra contro Galbatorix ad essere rimasti in Alagaesia.
-Nasuada, state dormendo?- La regina per risposta borbottò un ‘’no’’ e si scostò le coperte di dosso, la leggera brezza mattutina le fece venire la pelle d’oca alle braccia e le carezzò il viso, guardò fuori dalla finestra, c’era il sole ed il cielo limpido, era una bella giornata. Si alzò. le sue esili gambe le pareva pesassero chili e chili, si avvicinò allo specchio.
La sua pelle scura non tradiva la presenza delle occhiaie, ma Nasuada sapeva che c’erano, ultimamente dormiva male, forse era stata la decisione di Eragon, lei sapeva che senza di lui il suo regno appena formato era in pericolo, nonostante cercava di ripetersi che Arya era una combattente valorosa almeno quanto lui.
Aveva paura che il suo regime non fosse gradito ai suoi sudditi, non voleva diventare un’altra ‘’Galbatorix’’ perciò era ossessionata da questo pensiero.
Si preparò, indossò uno dei suoi abiti migliori, poi chiamò Farica e si fece sistemare i capelli da lei.
Neanche un’ora dopo era seduta su una poltrona imbottita, che si affacciava su un tavolo esagonale, era sola, le persone, non sapeva chi avrebbe ricevuto, dovevano ancora arrivare.
Con entrambe le mani si tirò indietro qualche ciocca di capelli, stava sudando, li ad Ilirea il clima era afoso. Fu sorpresa quando vide apparire una figura fin troppo familiare dalla porta.
-Orik!- Esclamò con un sospiro di sollievo.
-Non sapevo che ‘’nobili’’ volesse dire te- La ragazza sorrise, era felice di ritrovare il suo vecchio amico, avevano partecipato a tante battaglie insieme. Ed ora erano entrambi diventati i sovrani massimi della propria razza.
-Scusa la mia impertinenza ma.. quando sei arrivato?- La domanda era fin troppo sincera.
-Sono arrivato stamani mattina, dopo aver accompagnato Eragon mi sono venuto subito da te- Il tono del nano era tranquillo ma tradiva un profondo dolore.
-A cosa devo questa visita?-
-A puro piacere immagino- Orik sorrise, Nasuada non era cambiata affatto. Continuarono a parlare di cose meno importanti, ma ad un certo punto vennero distratti da un grido di allarme del Falchineri, nonostante la guerra fosse finita già da tempo Jormundur aveva insistito che le guardie dovessero rimanere, la regina non era d’accordo, però alla fine si erano accordati per due guardie.
-Lady Nasuada, sono Vanir, l’ambasciatore degli elfi, fatemi entrare!- La regina rispose con un secco ‘’si’’ poi lo osservò mentre entrava. Senza neanche essere interpellato questo iniziò, doveva essere molto agitato:
-Regina, sa che Eragon è partito per lasciare Alagaesia..- Ovvio che lo sapeva, stava rimuginando da giorni e giorni sulla decisione avventata del ragazzo.
-.. con Blodhgarm e gli altri elfi. Ma poi all’ultimo minuto si è unita anche Arya Drottning- Il tono dell’elfo era preoccupato ed eccitato insieme.
-.. Come..- Ebbe tempo di dire Nasuada prima che realizzasse, doveva aspettarselo, ultimamente Eragon e l’elfa avevano passato perecchio tempo insieme. La prima domanda che le venne in mente fu:
-E ora? Chi sarà il nuovo sovrano degli elfi?- Subito seguita da molte altre:
-Ma è successo così all’improvviso? Non vi aveva neanche avvertiti? Come lo avete saputo? Ci avete parlato? Posso mandarle un messaggio specchio? Ha rinunciato al trono?- Si fermò a riprendere fiato , tante domande le affollavano la mente.
-Lady Nasuada, Arya non ha contattato nessuno, abbiamo sentito soltanto alcuni nobili di Ellesmera a cui lo aveva raccontato Roran il cugino di Eragon, se permetti queste fonti non sono attendibili, io vorrei parlare con lei personalmente.- L’elfo rispose ma c’era un velo minaccia nella sue parole.
-Scusa Vanir ma non ritieni attendibili le parole di Roran o quelle dei nobili?-
-Non desidero offenderti ma io non credo alle parole dell’uomo, la vostra razza è quella che mente di più vostra maestà-
-Non capisco ancora dove vuoi arrivare, che cosa temi?-
-Temo che Eragon l’abbia portata via con la forza è ovvio, ci siamo accorti tutti di cosa provava per lei, per poi manipolare Roran a raccontare che era Arya che era voluta andare con lui.-
-Eragon non lo farebbe mai!- Orik che era stato zitto tutto il tempo ad osservare l’elfo e l’umana che si fronteggiavano prese parola:
-Mastro Vanir, credo che tu stia esagerando con le parole, Eragon non avrebbe mai potuto rapire Arya contro la sua volontà, non è da lui. Se vuoi così tanto contattarla facciamolo, non sei d’accordo Nasuada?-
-Si, soltanto una cosa non credi che lei ci contatterà quando crede il momento giusto? - L’elfo intervenne:
-Non sono disposto ad aspettare più di tanto, se entro questa mattina non si farà viva, la contatterò io stesso, ora se permettete, vorrei ritirarmi nelle mie stanze.- Nasuada sbuffò, non ci voleva proprio, se Arya non si fosse fatta viva entro quella mattina tutti gli elfi avrebbero creduto che Eragon l’avesse rapita.
Che scusa ridicola, quella razza avrebbe fatto di tutto pur di non ammettere che anche loro talvolta cedevano alle emozioni umane.
Le vennero i pensieri quando capì che ora Alagaesia era senza un valido difensore, se fosse stata attaccata da uno spettro o perfino da nuovi spaventosi Ra’zac sarebbe stata senza protezione ora che i due cavalieri se ne erano andati. Decise di contattare Roran, almeno lui sapeva la versione originale della storia.
-Nasuada, che pensi?- Esordì Orik.
-Penso che a volte ognuno di noi è condizionato dai sentimenti-
-Quindi per te Arya se ne andata di sua spontanea volontà?-
-Si, come dovrebbe essere altrimenti?-
-Già.- La conversazione finì lì, poco dopo il nano si congedò, lasciando la regina da sola con i suoi pensieri.
-Farica?-
-Si mia signora?- -Manda qualcuno a chiamare Trianna.. ho bisogno di lei- Nasuada si lasciò scivolare sullo schienale della sedia, desiderando per la prima volta di essere una persona comune, libera dagli obblighi e dalle complicazioni.

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Capitolo 5
*** Sorpresa ***


Lord Datherdr aspettava ai margini della Du Weldenvarden il ritorno di Arya.
Quanto mi fa aspettare.. quella ragazza dovrà darsi una regolata. Ormai era il crepuscolo, e di lei e Roran nessuna traccia, provò a divinarla, ma come pensava, non riuscì a vedere niente a causa della difese da lei imposte.
Iniziò a preoccuparsi nonostante l’elfa non fosse mai stata troppo ‘’puntuale’’ questo era troppo. Decise di avvisare gli altri nobili ad Ellesmera, chiamò Borwen un suo fidato amico. Poco dopo aver pronunciato l’incantesimo gli apparve il suo viso familiare contornato dai capelli corvini iniziò lui:
-Atra esternì ono thelduin.-
-Morn’ranr lìfa unin hjarta onr.-
-Un du evarìnya ono varda.- Poi Borwen continuò sempre nell’antica lingua:
-A cosa devo le tue parole?-
-Ad un imprevisto, Arya Drottning non ha ancora fatto ritorno e, nonostante sappia che sia un’abile guerriera temo per la sua incolumità, potresti avvisare i nobili lì ad Ellesmera?-
-Certo Lord Datherdr, riferirò ciò che mi hai chiesto ma se la regina dovesse fare ritorno ti prego di avvisarmi.-
-Va bene..- Poi due elfi continuarono salutandosi, dopo di che Datherdr spense l’incantesimo.
Dovette aspettare ancora due giorni prima di ricevere notizie della regina e di Firnen. All’orizzonte vide un uomo a piedi, malconcio, grazie alla sua potente vista riuscì a vedere che era Roran il cugino di Eragon, ma era da solo, non c’era traccia di Arya da nessuna parte, decise di andargli incontro. In pochi minuti lo raggiunse e con tono serio gli chiese:
-Dov’è finita la regina?-
-Ha deciso da restare con Eragon.- Il tono di Roran era calmo.
-Ne sei sicuro?- Domandò Lord Datherd scettico, Arya non era la tipa da farsi influenzare dalle emozioni.
-Certo.- il tono dell’uomo era sincero ma l’elfo stentava ancora a crederci.
Una volta raggiunta la Du Weldenvarden comunicò nuovamente di comunicare la notizia a Borwen.

Ben presto Ellesmera si riempì di mormorii imbarazzati, gli elfi non erano un popolo pettegolo ma c’era la tensione nell’aria.
I più romantici continuavano ad affermare che si trattava di una fuga d’amore tra il cavaliere e la bella regina, gli elfi più concreti e ligi al dovere credevano o che l’elfa avesse scoperto qualcosa di temibile e fosse andata in esplorazione senza dire nulla o che lui l’avesse corrotta o rapita, non avevano ancora eliminato del tutto i pregiudizi sugli umani. Fatto sta, che in breve tempo in ogni città elfica, da Ceris ad Osilon sapeva che la regina era sparita, le voci si passarono, ma come accade di frequente ogni elfo le raccontava a modo suo ad un certo punto nessuno riuscì più a capire quale era la voce vera.
I nobili invece erano offesi ed indisposti che la regina non si fosse fatta sentire, tanto che organizzarono una riunione, vennero invitati gli elfi più importanti di ogni città in modo che ognuno potesse dire la propria opinione.
Il giorno stesso del ricevimento Lord Datherd ricevette un messaggio specchio da Vanir, l’ambasciatore, dopo essersi scambiati i normali convenevoli, Vanir disse: -
.. Ho importanti novità da rivelarvi riguardo Arya Drottning, ieri sera ha contattato Lady Nasuada.-
-Dimmi.-

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Capitolo 6
*** Cambio di programma ***


Eragon era seduto sul ponte della nave mentre parlava con Saphira. La stava osservando mentre nuotava in acqua, simile ad un grosso serpente marino, ogni volta che muoveva la coda il sole rifletteva sulle minuscole gocce d'acqua intrappolate tra le sue squame.
Saphira però non mi schizzare!
Ti immagini, per due goccioline..
Mi hai bagnato..
Bah!

Mentre parlavano si stava avvicinando Arya, evidentemente si era svegliata da poco, aveva le guance chiazzate di rosso e gli occhi lucidi per la troppa luce.
-Buongiorno.- Salutò Eragon, poi si mise a sedere accanto a lui.
-Giorno, Ary..-Non ebbe neanche il tempo di finire che Saphira lo interruppe.
Arya dov'è Firnen? Non lo vedo da ieri sera..
-E' andato a caccia, era un po' che non mangiava.-
 Poteva anche aspettarmi però.. che cosa gli costava digiunare due ore in più, ma..
-Emh.. ha detto di dirti che avrebbe portato qualcosa anche per te.- Intervenne l'elfa imbarazzata.
Ah..Saphira si fermò lì, ma Eragon avvertì una sorta di orgoglio nel sapere che il suo compagno aveva tanto a cuore la sua vita, perfino ciò che mangiava.
Dopo poco Firnen arrivò, con un paio di cervi tra le possenti fauci, atterrò sulla riva destra del fiume che stavano percorrendo, Saphira con due potenti battiti d'ali lo raggiunse.
Saphira intanto la nostra barca continuerà a viaggiare.
Lo so, ma per me e Firnen sarà una passeggiata raggiungervi.
Va bene ma sta attenta a non perderti..
Disse Eragon con fare ironico. Dopo di che, la dragonessa gli chiuse la mente.
Il ragazzo arrossì, non si era ancora abituato al fatto che Saphira fosse diventata così intima con qualcuno, osservò Arya anche lei pareva imbarazzata, si stava abbracciando le gambe, il mento poggiato sulle ginocchia. Ad un tratto rizzò la testa, come infastidita, si voltò verso Eragon e disse:
-Qualcuno sta cercando di divinarmi...- poi si alzò i verdi occhi al cielo come dimentica di qualcosa.
-Non ho avvertito Lord Datherd!-
-Stai tranquilla, lo avvertirà Roran, poi lo contatterai insieme agli altri nobili ad Ellesmera.- La rassicurò Eragon.
-Si, forse hai ragione, ma devo comunque avvisare Nasuada.- Detto questo l'elfa si allontanò. Poco dopo fu di ritorno con una bacinella di legno intagliato, dopo averla riempita d'acqua formulò le parole magiche. Non vide nessuno, solo una parete particolarmente spoglia. Dopo alcuni istanti recise l'incantesimo.
-Non c'è nessuno..-Mormorò.
-Riproveremo stasera.-Rispose Eragon. Restarono seduti sul ponte di Talita ancora a lungo, lasciandosi ipnotizzare dalle onde del fiume che sbattevano contro la prua.
Era una bellissima giornata, il sole faceva capolino da una nuvola bianca, il cielo era limpido e sereno. Il paesaggio intorno a loro era cambiato, all'inizio era tetro e pieni di ciottoli, man a mano che si allontanavano diventava sempre più verde come a prova del fatto che si stavano allontanando sempre di più da Alagaesia. Ormai non erano neanche più nelle cartine a disposizione, ogni giorno due abili elfo se ne stavano a disegnare il tragitto, dandosi il cambio per la notte.
-Eragon, hai qualche idea su cosa troveremo?- Esordì Arya.
-No, non so neanche dove potremo stabilirci.-
-Ci saranno sicuramente altri popoli, come faremo a.. far capire loro ciò che vogliamo fare?-
-Non lo so Arya, il nostro futuro è così ambiguo, che meno ci penso meglio sto.- La conversazione si interruppe bruscamente. Eragon, quasi dispiaciuto di aver troncato la conversazione domandò:
-Ti va di duellare?- Arya sorpresa lo guardò per un secondo, lo sguardo acceso di entusiasmo.
-Nella nuova terra in cui andremo non penso sarà tutto rose e fiori, e quando sarà il momento di combattere non voglio farmi trovare fuori forma.- Il ragazzo si alzò.
-Allora?-
-Va bene.- La prese per una mano e la aiutò ad alzarsi.
-Eragon, ho lasciato Tamerlein in camera, vado a prenderla e tra un attimo sono qui.- Il ragazzo mentre la aspettava pensò che il suo futuro gli sembrava più sereno ora che c'era Arya lì con lui, quando se ne andava lasciava un vuoto impossibile da colmare, la prospettiva di non vederla mai più sarebbe stata molto triste.
-Pronto?- L'elfa interruppe i suoi pensieri. Si voltò sorpreso, non l'aveva sentita arrivare.
-Prontissimo.- Si allontanarono e cominciarono a girare in tondo, mantenendo sempre la stessa distanza tra loro. Iniziò Arya, gettandosi contro Eragon con un grido, mirò al fianco destro, lui parò, le spade cozzarono in un rumore acuto che ferì le orecchie di entrambi. Dopo una serie di scambi l'elfa lo allontanò con il pomolo della spada, ma prima che potesse fare qualunque cosa Eragon le fu addosso e le posò la spada sulla gola. Lo scambio di colpi non era durato neanche cinque minuti, il ragazzo era stupito di aver vinto così facilmente, guardò Arya, sembrava sorpresa almeno quanto lui. Si rimisero in posizione, Eragon le si avvicinò velocemente e dopo una serie di colpi sembrava avere la meglio su di lei, allora l'elfa piroettò e si allontanò.
Tra loro c'erano dieci piedi, Arya fece il suo solito sorriso, allo scopo di confonderlo, ma lui non ci cascò, in tre lunghi balzi le si avvicino. Ripresero a combattere con più foga di prima come se vincere fosse di estrema importanza, Eragon fece una finta al fianco sinistro dell'elfa ma poi all'ultimo istante deviò al suo collo, lei cercò di parare ma poi, per essersi mossa troppo velocemente, si sbilanciò e cadde a terra con un tonfo. Il ragazzo fece una sequenza di mosse una dopo l'altra tutte deviate subito da lei che non aveva ancora trovato il tempo di rialzarsi, Eragon con una mossa fulminea fece volare via Tamerlein e le posò ancora una volta la spada al collo. Arya era palesemente irritata, si rialzò e dopo aver preso la sua spada lo guardò e disse:
-Come hai fatto a battermi? Io ho alle spalle un secolo di allenamenti e tu dopo così poco tempo, in due scambi veloci mi hai disarmato..-
-Non lo so.. comunque tu potresti anche evitare di barare.-
-Era la mia ultima possibilità per vincere, ormai sei superiore a me, comunque non mi sembra che tu ti sia lasciato molto distrarre da me..-
-Questo è quello che pensi te, in battaglia non posso certo soffermarmi su ciò che fai, ma se tu mi sorridessi in quel modo in un ambito diverso, probabilmente..- Eragon non ebbe il coraggio di continuare, la guardò, anche lei era diventata piuttosto rossa ma non si capiva se per il combattimento appena fatto o per il discorso che stavano facendo. Comunque, come il ragazzo, non sembrava impaziente di continuare. Fortunatamente a interrompere quel momento di imbarazzo ci pensarono Saphira e Firnen di ritorno dalla colazione, il ragazzo condivise ciò che aveva fatto con la dragonessa.
Eragon stai diventando forte! Fino a poco tempo fa non avresti battuto Arya.
Lo so, però non capisco il perchè..
Sei cresciuto, questo comporta il fatto che vedi le cose in una maniera diversa.

Io Arya la vedo sempre uguale..
No, non in questo senso, è ovvio che vedi le cose uguali, se una cosa è verde non la puoi vedere blu, è solo che non ti fai più trascinare dalle emozioni come prima..
Dici?
Si.. Eragon era ancora assorto nei suoi pensieri quando si sentì chiamare:
-Ammazzaspettri!- Si voltò Blodhgarm lo stava chiamando.
-Si?- Risposero lui e Arya in coro, poi si guardarono e sorrisero, ora che avevano lo stesso nome non capivano mai chi stessero chiamando dei due.
-Abbiamo avvistato una cascata, il fiume non prosegue, dobbiamo continuare a terra.-
-Allora.. Fai fermare la barca tra un centinaio di iarde, scendiamo.-

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Capitolo 7
*** Un altro mondo ***


-Cos'è questo?- Domandò Arya perplessa indicando qualcosa nel sottobosco.
-Un fiore non vedi?- Rispose Eragon assente.
-Che era un fiore lo sapevo anchio, ma guarda..- lo prese tra il pollice e l'indice e con delicatezza, lo staccò dallo stelo, cambiò immediatamente colore.
-Vedi? Non è una pianta che cresce in Alagaesia..- Disse quasi con preoccupazione. Eragon le rivolse uno sguardo incuriosito e riprese a camminare. Erano sbarcati da circa un'ora, il territorio non sembrava dei più accoglienti così avevano deciso di mandare Firnen e Saphira a trovare un luogo riparato dove passare la notte.
Come quando c'era Brom.. pensò il ragazzo. Il vecchio infatti gli mancava terribilmente, tutto il tempo passato con lui sembrava essere volato, rimpiangeva di non essersi goduto a fondo quei momenti. Gli mancavano persino i suoi litigi di quando faceva una cosa avventata.
Eragon! Saphira lo fece sobbalzare.
Avete trovato il posto?
Si, te lo indico e ti dico il modo di arrivarci, io e Firnen vi aspetteremo lì.
-Blodhgarm, so dove andare, seguitemi.- Disse in tono autoritario. Quando arrivarono alla piccola radura trovata dai due draghi, iniziarono a sistemarsi per la notte, montarono delle grandi tende a formare un cerchio, fatte di stoffa, non di pelle perchè di proprietà degli elfi. Al centro accesero il fuoco, sembrava di stare in un accampamento. Eragon era seduto fuori della sua tenda a gambe incrociate, si stava massaggiando i calli sulle nocche.
Forse è meglio se me li tolgo..la guerra ormai non c'è più, non avrò più bisogno di colpire nessuno, o almeno spero. Era indeciso, quei calli gli erano serviti molto, ormai facevano quasi parte del suo corpo, eppure sentiva che continuando ad averli portassero sfortuna.
Si combatte quando c'è la guerra, non quando non c'è..
-Skalere.- Rimpicciolisci. Sentì un fiotto di energia scorrergli dentro, le sue nocche diventavano sempre più piccole. Quando recise la magia si guardò le mani, erano più piccole e più graziose.
-Che cosa fai?- Si voltò e vide Arya seduta accanto a lui, un po' discosta.
-Mi toglievo i calli che mi ero fatto crescere.-
-Ora che non siamo più in guerra non ti sarebbero più serviti.- L'elfa era perspicace come sempre, nonostante non parlasse molto Eragon sapeva che capiva molte più cose di quelle che faceva credere. La guardò, aveva i capelli neri davanti al viso, il ragazzo vedeva soltanto un occhio ipnotizzato dal movimento sinuoso del fuoco, teneva le gambe racchiuse al petto. All'improvviso si riscosse.
-Devo contattare Nasuada!- Poi lo guardò.
-Vieni nella mia tenda, così vedrà che sono con te.- Dopo di che si alzò e con movimenti silenziosi ci si introdusse. Andò verso un piccolo tavolino rotondo, si sedettero. Evocò l'incantesimo e dopo poco comparve la faccia di Nasuada, aveva i capelli racchiusi in una crocchia alta, ma un piccolo ciuffo ricciolo scappava dalla rigida acconciatura. Quando li vide si lasciò scappare un gemito soddisfatto.
-Arya, Eragon, finalmente.-
-Lady Nasuada ti ho contattata per dirti che proseguirò il mio viaggio assieme ad Eragon.- Il tono dell'elfa era sicuro ma tremava.
-Era quello che volevo sentire, sapessi cosa si sono inventati gli elfi per giustificare la tua assenza..- Arya si irrigidì:
-Cosa?- -Avevano ipotizzato che Eragon ti avesse rapita.-
-Ma Roran..-
-Non lo hanno neanche preso in considerazione, pensavano fosse complice. Senza offesa, ma la tua razza è molto orgogliosa, per loro la parola di un semplice umano non vale niente.-
-Allora di a Vanir di dire a lord Datherd che mi contatti lui stesso, non voglio perdere tempo con gente che non.. che non..-
-Chiudiamo questo argomento, avete delle novità?-
Intervenne Eragon:
-Si, il fiume è finito con una cascata, siamo sbarcati a terra.-
-Avete fatto disegnare le mappe?-
-Sì Nasuada.-
-Allora non abbiamo nient'altro da dirci.-
-A quanto pare..-
-Fatemi sapere se c'è qualche novità sempre per messaggio specchio.-
-Va bene, ciao Nasuada.-
-Contattatemi presto e che le stelle vi proteggano.- Arya spense l'incantesimo. Passarono alcuni secondi, poi si voltò verso di Eragon:
-Mi rapiresti mai?- Il suo tono era divertito.
-Certo che no, che fantasie vengono ai nobili elfici..-
-Già, ma devi giustificarli, la mia azione ha lasciato allibita perfino Nasuada.-
-Non si aspettavano che tu seguissi un povero cavaliere nella sua avventura?-
-Immagino di no.- L'elfa abbassò lo sguardo.
-Oppure..- Disse lui prendendole il mento con due dita per costringerla a guardarlo negli occhi.
-Oppure?- Mormorò lei. Eragon per tutta risposta si avvicinava sempre di più, era veramente bellissima alla fioca luce della lanterna. I capelli corvini si confodevano nel buio circostante, si perdeva nei suoi occhi verdi, pieni di mille sfumature. Ormai erano a neanche un pollice di distanza, il cuore del ragazzo stava battendo a ritmo frenetico.
-Ammazzaspettri.- Blodhgarm entrò di corsa della tenda, ma si bloccò quando vide la sua regina ed il cavaliere. Eragon si allontanò velocemente dall'elfa. Era convinto che se l'elfo avesse avuto il viso un po meno peloso, sarebbe arrossito.
-Scusate se ho interrotto qualcosa ma..-
-Non hai interrotto niente tranquillo.- Eragon rivolse uno sguardo di sbieco ad Arya, non l'aveva mai vista così imbarazzata, teneva lo sguardo basso e le guance erano imporporate da un lieve rossore, gli fece tenerezza, sembrava una bambina.
-Shur'tugal, abbiamo avvistato qualcosa ad est, delle creature che sono abituate a chiudere la mente.-
-Arriviamo.- Insieme si avviarono verso il perimetro dell'accampamento, dove erano già radunati diversi elfi. Eragon espanse la mante, alla ricerca di una qualche forma di vita diversa di quelle a cui era abituato, come aveva detto Blodhgarm presto sentì varie menti strane, il cavaliere provò ad entrare e scoprire qualcosa sul loro tornaconto, ma glielo impedirono. Anzi, le difese di Eragon risultarono vane quando le creature provarono a prenderne possesso. Ma non con violenza, con semplice curiosità. Il ragazzo sapeva che creature erano, le aveva già incontrate si chiamavano..
-Spiriti.- Disse Arya. Poi si guardò intorno alla ricerca di sguardi che capissero ciò che diceva, solo Eragon sembrava capire con esattezza di cosa parlava, per il resto solo sguardi vacui.
-Quelle creature che avete sentito sono gli spiriti, che ci sono anche in Alagaesia, qualcuno di voi, a parte Eragon, ne ha mai incontrato uno?- L'elfa aveva ripreso il suo normale autocontrollo, insieme alla sua aria da superiore, solita di chi era abituato a farsi obbedire. Gli elfi avevano sguardi di uno che non parla la stessa lingua.
-Almeno li avete studiati?- Lei non si lasciava abbattere.
-Si, Arya Drottning.- Rispose Blodhgarm.
-Gli spiriti sono diversi da qualsiasi forma vivente che abbiate mai incontrato, hanno una mente più forte di ogni altra razza, capace di difendersi dagli attacchi ma anche di rompere ogni difesa. Avete fatto bene ad insospettirvi quando avete sentito qualcosa di anomalo, la prossima volta però vorrei che riusciste a riconoscere uno spirito.-
Sorrise, come a dare meno peso alle sue parole.
-Ora, tutti a dormire tranne gli elfi di guardia, domani vi voglio freschi e riposati per la lunga camminata che ci aspetta.- Detto questo tutte le persone se ne andarono, rimasero solo Arya e Eragon.
-Bella lezione sugli spiriti, dovresti fare l'insegnante.-
Lei gli sorrise:
-Ho soltanto fatto io mio dovere, anche se sono ancora piuttosto stupita dal fatto che nessuno di loro abbia mai visto uno spirito.-
-Già.- La conversazione si interruppe lì.
Dopo un momento però intervenne Arya:
-Buonanotte Eragon.- Poi gli dette un bacio sulla guancia con le labbra delicate.
Lui la guardò sorpreso:
-Buonanotte Arya.- Lei si voltò e si avviò verso la sua tenda, il cavaliere seguì la sua schiena finche non scomparve. Una volta a letto pensò a lei, a quanto erano vicini quella sera.
Se non fosse arrivato Blodhgarm..
Eragon intervenne Saphira
Non incolparlo di una cosa così banale.
Mmm, hai ragione.
Certo che ho ragione, comunque non so se te ne sei reso conto ma oggi ci sei andato molto vicino con Arya e..
Saphira?
Si Eragon?
A proposito di Arya, quando ha detto che dovevamo dormire si riferiva anche ai draghi lo sai?
E' vero, buonanotte piccolo mio.
Notte Saphira.

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Capitolo 8
*** Persuasione ***


-Non possiamo permettere che rimanga regina dopo ciò che ha fatto!-
Lord Datherd era furente, una caratteristica piuttosto insolita per gli elfi, sempre più pacati e tranquilli.
Borwen ribattè:
-Cosa avrebbe fatto secondo te?-
-Ha lasciato la sua terra, la sua patria, i suoi sudditi per andare dietro ad un cavaliere! Umano per di più..-
-Cosa vorresti dire con questo? Pure lei è un cavaliere.-
-Ma dovrebbe avere in primo piano la felicità dei suoi sudditi, non di andare dietro ad un fantomatico cavaliere..-
-Il ''fantomatico cavaliere'' come lo chiami tu, è colui che ha sconfitto Galbatorix se non te lo ricordi..-
Lord Datherd stette zitto, stava pensando ad un'altra maniera di convincere tutti che Arya non si meritasse più la sua carica. La verità era che aspirava lui al trono, era ben visto dagli altri elfi e c'era mancato poco che non lo eleggessero al posto di Arya, alla morte di Izlanzadi. Si alzò in piedi, pronto a fare un discorso:
-Allora miei signori, voi volete mantenere lei come regina, benissimo, ma quando ci sarà un pericolo, chi ci amministrerà? Chi ci dirà cosa fare? Volete essere sperduti e spauriti e spauriti come delle pecore senza il pastore? Io mi chiedo come si fa a dirigere un regno da uno specchio, senza la visione totale dei problemi che l'affliggono? Voi pensate quello che vi pare, concordo anchio che Arya sia stata una brava regina, sebbene per ben poco tempo, ma lei ha fatto la sua scelta e ha scelto di andarsene con Eragon.- Sull'assemblea cadde un silenzio profondo, evidentemente il discoso di Lord Datherd aveva fatto effetto.
-Miei signori ora dobbiamo votare.- Concluse con un sorrisetto sul volto.





Angolo della scrittrice:
Scusate per il capitolo corto :(
Saranno tutti più lunghi d'ora in poi! 

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Capitolo 9
*** Novità ***


Firnen che cosa vedi?
Sassi, erba, conigli poi ancora sassi, erba e conigli.
Ah, nessuna forma di vita?
Nessuna.
Uffa..

Erano circa quattro giorni che camminavano e correvano senza sosta, non avevano trovato niente e nessuno.
Arya aveva anche pensato che non valeva la pena continuare a cercare a vuoto, ne aveva parlato con Eragon ma lui era stato irremovibile. Se ci pensava ancora le veniva da sorridere:
-Arya come puoi pensare una cosa del genere? Questo posto è enorme e noi ne abbiamo esplorato soltanto una piccolo parte. Anche a costo di girare per i prossimi vent'anni della mia vita.- Sapeva essere molto cocciuto quando ci si metteva.
Ammettilo, sei cotta di lui.. Il tono di Firnen era strano.
No!
Neanche un pochino?
No!
Mamma mia come sono bugiardi gli elfi quando non parlano nella loro lingua.. L'apostrofò lui.
Non è vero..
Tu dici?
All'improvviso ricevette un messaggio mentale che sbaragliò tutte le sue difese.
Procurati uno specchio Lo riconobbe all'istante Lord Datherd, uno degli ex nobili di sua madre. Si diresse immediatamente da Eragon, poche iarde avanti a lei.
-Mi ha contattato Lord Daterd, devo fermarmi e prendere uno specchio, vogliono parlare con me.- Lui aggrottò le sopracciglia preoccupato poi si rivolse a Blodhgarm:
-Io e Arya ci fermiamo, voi continuate.-
-Come desideri ammazzaspettri.- L'elfa frugò nella sua bisaccia fino a trovare un piccolissimo specchio bordato col legno. Poi alzò la mano sinistra e disse nell'antica lingua:
-Cresci.- L'oggetto iniziò a lievitare, Arya bloccò il flusso di magia quando divenne grande abbastanza. Poi l'elfa e l'umano stettero ad aspettare per qualche minuto, ad un tratto Arya disse:
-Senti non so te ma io sono stanca e mi siedo.- Poi senza alcun rumore si mise a gambe incrociate.
-Non mi devi mica chiedere il permesso..- Eragon le sorrise.
-No, è che..- Lei non continuò la frase,ma arrossì violentemente. Lo specchio si illuminò all'improvviso, pian piano presero forma varie figure, degli elfi ad un tavolo.
Lord Datherd prese parola e dopo i normali convenenvoli le disse:
-Arya, noi tutti abbiamo deciso che non ti vogliamo più come regina.-
L'elfa trattenne il fiato:
-Accetto la vostra decisione ovviamente, ma, se non sono scortese, posso chiedervi il perchè?-
-Hai fatto la tua scelta: andare con lui..- Indicò Eragon
-..Poi sarebbe difficile governare un regno da così lontano.-
-Avete ragione.-
-Bene, allora possiamo interrompere questo collegamento, ci farebbe piacere se tu ci indicassi il luogo dove fonderete il nuova ordine.-
-Certamente.- Lo specchio si spense, ormai rifletteva solamente la faccia aggrottata di Arya.
-Che c'è? Volevi continuare ad essere la loro regina?-
-No no, ho solamente paura che eleggeranno qualcuno di sbagliato.- Poi l'elfa si girò verso di Eragon:
-Non serve preoccuparsi, riprendiamo a correre siamo già abbastanza indietro.-




Angolo della scrittrice:
Anche questo qui è cortino, è incredibile quanto sembrano più corti qui :S

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Capitolo 10
*** Il prato ***


Guarda! Esclamò Arya mentre volava con Firnen.
Arya, emh, è un prato..
Si ma.. è il primo prato che vediamo da una settimana a questa parte!
Ah!
Che bello Firnen! Guarda quanti fiori..
Già, ci sarà anche qualche grosso animale!
Smettila di pensare sempre al cibo..
E' sempre meglio che essere erbivora come le mucche.
Firnen, quante volte devo dirti che non si dice ''erbivora'' è soltanto una scelta di noi elfi, non vogliamo nuocere vite inutili per nutrirci, tutto qui.
Ah!
Basta con questo ''Ah'' non ti sopporto quando, fai così..
E quando faccio così?
Rispose lui stizzito. Fece un girò della morte girando su se stesso, una manovra pericolosa ma al tempo stesso molto adrenalinica.
Non mi hai ancora convinto.. Replicò lei, ma rideva, scoprendo i denti candidi.
Ah si.. aspetta e vedrai! Dopo di che si mise a fare tutte le manovre più complicate, avvitamenti, tripli giri della morte, atterrate pericolose.
Sai Firnen, sai essere pericoloso.. Arya aveva il fiatone dopo le acrobazie.
Cosa credevi? Che fossi un drago senza risorse? L'elfa rise, la sua risata argentina faceva eco nel cielo silenzioso. Era il primo giorno che avevano l'occasione di passare del tempo insieme, erano persi ognuno nei pensieri dell'altro, ma ogni tanto capitava loro di parlare.
Arya osservò il paesaggio, era meraviglioso, aveva passato tutta la sua vita in Alagaesia. La conosceva molto bene, ma nessuno scenario poteva competere con quello. Erano molto in alto, in lontananza si intravedeva il fiume, simile ad un serpente argenteo. Non riusciva più a vedere la foresta, la sua foresta, dove aveva vissuti poco e niente, ma la considerava casa sua. Davanti a lei una pianura sconfinata, con qualche piccolo arbusto di bosco, le sembrava strano dirlo ma le mancavano le montagne.
Firnen, dove sono Eragon e Saphira?
Dietro di noi..
L'elfa si girò, la dragonessa azzurra volava più alta di Firnen, riusciva a vederla di tanto in tanto, quando sbucava da una nuvola color panna. Eragon era solo un minuscolo puntino sul suo dorso.
Arya, aspettiamo Blodhgarm e gli altri qui.. il messaggio di Eragon apparve chiaro e nitido nella sua mente.
Perchè no.. Rispose, anche se l'idea la entusiasmava.
Firnen, planò dolcemente a terra, le sue ali rilucevano al bianco al sole. L'elfa pensò che era davvero un esemplare bellissimo e si sentì onorata che lui avesse scelto proprio lei. A circa venti piedi dal suolo Arya si lasciò scivolare sulla sella e saltò, atterrando di punta per ammorbidire l'impatto, girando la testa notò che anche Eragon aveva fatto la stessa cosa, per rendere possibile ai due draghi di riprendere a volare senza posarsi a terra. Il cavaliere quando la vide a circa un centinaio di iarde da lui la raggiunse correndo.
Poi le chiese:
-Hai idea di quanto dovremo aspettare?-
-No.- Rispose lei sincera. -Non mi sono soffermata molto sulle distanze mentre volavamo.. mi stavo godendo il panorama.-
-Anchio.- Mormorò Eragon. Arya dopo poco si sedette sull'erba verde, lui invece rimase in piedi. Restarono in questa posizione per lunghi minuti, interrotti solo dal mormorio del vento che sembrava parlare loro. L'elfa osservò il cielo, limpido con poche nuvole soffici. L'erba umida le bagnava i pantaloni, ma non le importava, si sarebbe asciugata più tardi. Quel momento le diede una sensazione di tranquillità che non provava da un po', si sentiva protetta. Raccolse una piccola margherita bianca, le piaceva il bianco, era un colore puro, porto il fiore al viso e respirò il suo profumo. Sorrise. La vita doveva essere così. Senza ansia e preoccupazioni, senza guerre né litigi. Si accorse che Eragon la guardava, gli rivolse uno sguardo interrogativo e lui allora disse:
-Perchè sorridi?-
-Perchè sono.. felice.- L'elfa non aggiunse altro. Ma si rimise a contemplare il tutto, come se non si stancasse mai di sentirsi orgogliosa de farne parte.

Eragon guardò Arya, era seduta a gambe incrociate, le mani che tenevano ancora la margherita in grembo, i capelli corvini venivano scompigliato dal vento e le lunghe ciocche le ricadevano sul viso. Non portava più la striscia di pelle a cingerle la fronte, non aveva neanche più la corona, se l'era tolta il giorno stesso che i nobili l'avevano avvisata. A volte il ragazzo si chiedeva cosa pensasse, non capiva se era dispiaciuta che il titolo le fosse stato tolto, ma per ora almeno lei sembrava tranquilla, ed era questa la cosa più importante.
Si sedette.
-Arya, come mai voi elfi non credete negli dei? Oromis me lo aveva spiegato ma non sono riuscito a capire fino in fondo..- Lei lo guardò attentamente con i grandi occhi verdi spalancati per lo stupore.
-Diciamo che noi semplicemente non crediamo che esistano.. i nani mettono anima e cuore per i loro dei, credono che abbiano creato il mondo e i vari esseri viventi. Noi elfi non lo sappiamo come si è creato il mondo, anche se qualcuno a elaborato una teoria, poi può darsi che sia stato creato veramente dagli Dei ma non lo sapremo mai probabilmente. Poi anche se esistessero veramente, riflettici Eragon, sono giusti? Cosa fanno.. Guidano le nostre azioni? Non mi sembra.. quando una persona è in battaglia che sia Elfo, Umano, Nano o Urgali è solo, non è nessuno che lo comanda e lo salva. So che per te è difficile da capire questo concetto, essendo nato e cresciuto tra gli umani, comunque sei libero di pensare ciò che vuoi, non verrai giudicato per questo. Almeno non da me.- Eragon pensava, Arya aveva detto le stesse cose del vecchio cavaliere, ma il ragazzo non era convinto, continuava a oscillare dalla parte dei nani e degli elfi senza sapere chi tra loro aveva ragione. Beh.. gli elfi avranno ragione, forse non esistono, ma un dio a cui rivolgere il proprio aiuto ci deve essere, c'è sempre una piccola possibilità che ti ascolti. E con questo pensiero chiuse l'argomento. Voleva ancora parlare con Arya, gli piaceva conversare con lei.
-Arya, mi è venuta a mente una cosa, perchè a voi elfi chiamate Angela Venerabile?-
-Davvero non lo sai?-
-Ehm.. no.-
-Un tempo viveva un uomo, Tenga si chiamava..- Eragon la interruppe subito:
-Io l'ho incontrato.- L'elfa lo osservò sorpresa:
-Veramente? E.. nel senso, quando? Come? Che ti ha detto?-
-Beh..- Disse lui imbarazzo che Arya avesse dato così importanza alla cosa. -Per caso, ero di ritorno dall'Helgrind poco prima che mi raggiungessi..e mi sono imbattuto in un uomo, diciamo che non sembrava molto normale, oppure era particolarmente intelligente, fatto sta che l'ho aiutato a coltivare un orto e a strappare le piante, lui mi ha offerto del cibo. Poi ha iniziato a parlare di una domanda certa ''lei'' e io me ne sono andato.-
-Ah.- Rispose lei, sebbene fosse alquanto perplessa che uno come Tenga si facesse aiutare a strappare le erbacce. Poi continuò:
-Lui era nato quando Galbatorix perse il suo drago. Come ogni altro bambino venne portato a toccare le uova di drago, venne scelto e..-
-Tenga è un cavaliere? Ma allora dove..- Eragon la interruppe di nuovo.
-Aspetta fammi finire.- Rospose lei poi sorrise, nonostante il ragazzo avesse sconfitto uno dei più grandi tiranni della storia di Alagaesia a volte sembrava un bambino.
-Venne scelto da un drago, era molto piccolo, aveva circa dieci anni e allora venne istruito da uno dei cavalieri anziani di Ilirea. Quando Galbatorix corruppe Morzan, quest'ultimo rubò un cucciolo di drago, quello di Tenga. Non ebbe però il coraggio di ucciderlo, non era ancora diventato sanguinario. Tenga allora, all'inizio non realizzò ciò che era accaduto ma quando vide Galbatorix in groppa a Shruikan, in groppa al suo drago, capì ciò che il re aveva fatto, allora cercò di attirare l'attenzione del suo drago, ma lui non lo riconobbe più anzi cercò di ucciderlo. Immaginati Eragon, Saphira muore te cosa proveresti, ma prova a pensare a Saphira rapita contro la sua volontà e trasformata in un altro drago, il dolore è molto più grande.- Il ragazzo provò, e si accorse che aveva ragione, al solo pensiero della sua dragonessa che combatteva contro di lui, gli venivano le lacrime agli occhi.
-Ma cosa centra Angela in tutto questo?-
-Vedrai, Tenga sanguinante, ma soprattutto ferito dentro nella mente e nel cuore, si rifugiò in un piccolo paesino di montagna, nei pressi dei monti Beor, dove venne visto da tutti come un pazzo, capì che l'unico modo per non pensare al suo Shuruikan era mettere anima e corpo in qualcosa. Si dedicò a molte cose, la natura, scoprì pure la magia, ai tempi del suo addestramento non gliel'avevano ancora insegnata. Tanto che tutt'ora, se non è morto, è uno dei maghi più potenti di Alagaesia. Passarono gli anni, era sempre stato solo, senza nessuna compagnia che i suoi libri, che aveva ricercato in ogni luogo. Fino al giorno in cui, era a Dras Leona per cercare un manufatto e si vide apparire una bambina, incatenata con i polsi lacerati fino all'osso. Iniziò a parlare ma la cosa che lo colpì di più fu l'ottimismo della bambina. Quando venne messa in vendita all'asta agli abitanti della città Tenga stava ancora pensando alla mente acuta della piccola allora mosso a pietà la comprò. Iniziò ad istruirla sulle arti della magia e della spada, pian piano gli fece passare il dolore per la perdita del suo drago, la chiamò Angela. Però dopo un po' ci fu un litigio, oramai Tenga sapeva tutto di ogni cosa, tutto il sapere dell'umanità era racchiuso nella sua testa, così inventò una specie di gioco, si faceva delle domande impossibili e lui cercava di trovare la risposta.
Angela non era d'accordo lei pensava al presente alle persone che avevano bisogno di aiuto. Se ne andò, venne a vivere per un periodo ad Ellesmera, lei è poco più giovane di me, io sono nata un anno prima della caduta dei cavalieri, lei quattro anni dopo. Ci raccontò la sua storia e noi constatammo che era al livello di noi elfi, con la magia, una cosa mai vista negli umani non cavalieri. Poi se ne andò e sparì dalla circolazione per decenni, quando poi l'ho rivista è stato nel Farthen Dur con te, ancora giovane come un tempo e accompagnata da un gatto mannaro. Da quando se n'era andata noi alfakyn abbiamo iniziato a chiamarla Venerabile, perchè i suoi poteri erano e sono veramente immensi.- Arya concluse il racconto.
-Quindi poi non sai nulla di lei.. dopo?- chiese Eragon.
-No, l'unica che lo sa è lei.- Eragon la guardò, ancora una volta era stupito da quante cose sapesse. A pensare che per i canoni elfi è considerata giovane..Infatti il cavaliere aveva notato che gli eldunarì quando si rivolgevano a lei la chiamavano ''cucciola d'elfa'', Eragon aveva pensato molto a questo fatto, perchè significava che le loro età erano paragonabili.
-Mi piace parlare con te Eragon.- Gli disse Arya, poi abbassò la testa imbarazzata.
-E' la stessa cosa per me.- Rispose lui, poi le sorrise e lei ricambiò. Restarono molto tempo a guardarsi, ognuno perso negli occhi dell'altro, fermi come due antiche statue. Mentre il vento li accarezzava e il sole pian piano svaniva dietro una verde collina.

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Capitolo 11
*** Sulle ali del vento ***


Saphira stava volando bassa, alla ricerca di eventuali prede, aveva fame, era un po' che non cacciava. Il sole le scaldava le squame, facendole brillare ancora di più.
Non credi che stiamo andando troppo lontano? Firnen, il suo compagno, e la sua parte più assennata le parlò.
Cosa ci potrà mai succedere?
Appunto.. non sappiamo cosa troveremo..
Uffa!
Le piaceva fare nuove scoperte, ma non le sarebbe piaciuto allontanarsi troppo da Eragon, aveva la strana abitudine di cacciarsi nei guai.
Saphira tese l'ala destra al massimo, per tornare indietro, guardò un attimo a terra, per vedere se c'era qualche coniglio in giro, notò un' ombra.
Cosa fai? Le chiese curioso Firnen Devo controllare una cosa..
La dragonessa scese a terra e si guardò intorno, non vide nulla di strano, così, pensando che era la sua immaginazione a giocarle scherzi, riprese a volare.
Guarda se mi prendi..disse scherzosa a Firnen, poi andò più in alto, immergendosi in una nuvoletta.
Non mi provocare.. lo sai che ti prendo sempre. Rispose lui minaccioso.
Ah si? Sta a vedere.. Fece tutte le acrobazie che sapeva fare, compresa la picchiata fermata all'ultimo minuto, il drago non l'aveva neanche avvicinata.
Che ti avevo detto? Si pavoneggiò lei.
Hai barato. Dichiarò Firnen.
E perchè mai?
Io non so ancora fare quelle mosse, me le devi ancora insegnare..
Non è mica barare..
Lo dici te, come lo chiameresti?

Il drago cercava di essere arrabbiato con lei, ma non ci riusciva.
Mmm..lei ci pensò un po'. Trovato! Approfittarsi di una debolezza di qualcuno.
Ma..
Possiamo parlare d'altro, mi sto annoiando..
decretò lei, e con questo chiuse la discussione.
Dopo poco che volavano giunsero in vista dei lori cavalieri, erano simili a dei puntini neri nel mezzo al verde. Erano seduti e stavano parlando.
Saphira fu invasa da un'improvviso orgoglio nel vedere il suo Eragon con Arya, le voleva bene, dopo il suo cavaliere era il bipede a cui si era affezionata di più. Sapeva che Eragon la amava, dopo il rifiuto all'Agaetí Blödhren, si era abbattuto e la guardava dal basso in alto, convinto che non sarebbe mai stato abbastanza per lei. Lui era cieco, ma Saphira talvolta notava della dolcezza nello sguardo di Arya mentre lo guardava.
Eragon!
Saphira.. Una serie di ricordi del ragazzo la assalirono, comunicandole ciò che aveva scoperto.
Non avrei mai detto che quel vecchio strano che avevi incontrato fosse..
Un cavaliere?
Continuò lui.
Già.. buffo no?
Dipende da come lo vedi. La dragonessa stette zitta, ormai il ''suo'' Eragon era diventato un uomo, a volte lei si stupiva di come era cresciuto da quando si erano trovati.
Tu invece sei rimasta a stomaco vuoto.. commentò lui sarcastico.
Già, dobbiamo muoverci di qui, non c'è nessun animale, hai notato che silenzio..
Si
.
Non si sente neanche un uccellino è inquietante.
Presto ci muoveremo da qui. La rassicurò lui.
Saphira si girò verso Firnen, gli rivolse uno sguardo e lui capì. Insieme si allontanarono di nuovo in volo.
La dragonessa però non aveva pensato di informare Eragon sull'ombra che aveva visto.

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Capitolo 12
*** Il solito ***


-Non accettemo di essere manovrati da voi!-

-Non capisci è per il bene di tutti..-

Nasuada stava discutendo, ormai da un quarto d'ora, con Trianna.

-Per il bene di tutti noi dobbiamo perdere la nostra autonomia?-

-Non significa questo.. allora, ricominciamo, voi maghi, per cosa utilizzate la magia?-

-Mah, per le cose più svariate, non mi sembrava che ti desse noia quando curavamo i tuoi soldati, maestà.- Pronunciò l'ultima parola con disprezzo.

-Non intendo questo, la magia vi è essenziale per vivere?-

-Certo che no!-

-Modera i toni Trianna, stai parlando con la tua regina, non una contadina.-

-Scusi... maestà.-

Nasuada addolcì il tono:

-Vedi, dato che i vostri poteri non vi sono necessari per vivere quotidianamente, perchè non vuoi che si ponga un limite a ciò che potete fare?-

Vedendo che era stata messa in trappola la giovane maga cambiò discorso:

-E gli elfi?-

-Gli elfi non ci riguardano.-

-Come no? Ci sono più maghi di noi! E se ci attaccassero?-

-Non lo farebbero mai, ho piena fiducia in Ary...in Lord Datherd.-

Infatti circa una settimana prima aveva ricevuto una comunicazione dagli elfi dove c'era scritto che avevano sostituito la neo-regina Arya con il nobile con più rilievo tra la popolazione: Lord Datherd. Nasuada non sapeva come avesse reagito l'elfa, lei e Eragon non l'avevano più cercata.

-Allora?- Trianna interruppe i suoi pensieri.

-Emh, scusa non ho capito..- Sgranò gli occhi sorpresa, lei non era mai stata una persona distratta.

Sono cambiata. Questa frase la assillava ogni giorno, quando le succedevano piccole cose, azioni, frasi, che non era solita fare. Non sapeva attribuire questo cambiamento a qualcosa, ma a qualcuno.

-Ho appena detto che la tua fiducia non impedirà loro di attaccarci.-

Ora era il momento della regina di sentirsi in trappola, non sapeva cosa rispondere, doveva ammettere che Trianna era molto perspicace, ma non osava dirle la verità. Cioè che aveva paura di come gli elfi avrebbero preso la sua proposta, ora che non c'era più Arya sul trono ed Izlanzadi era morta, non aveva abbastanza conoscenze. Se il popolo l'avesse presa come un offesa sarebbero potuti arrivare alla guerra. Non voleva.

-Cosa ti dice che sia solo la fiducia e non qualcos'altro a tenerci legati?- Aveva deciso di puntare sul vago, come se fosse a conoscenza di una cosa segretissima.

Trianna per tutta risposta aprì la bocca carnosa in una ''o'' muta.

-Ah.-

-Quindi qual è la vostra risposta?- La regina decise di arrivare subito al sodo, non ne poteva più di quella stancante conversazione.

-Non lo so, ci penseremo.- Detto questo la maga si congedò.

Nasuada appoggiò i gomiti sul tavolo e si mise le mani tra i capelli.

Perchè tutto a me? Pensava. La causa dei suoi problemi era sempre la stessa, la stessa cosa che sognava la notte e a cui pensava ogni giorno. Murtagh.

A volte si ritrovava a sperare di essere di nuovo prigioniera di Galbatorix, per poter stare con ''lui'' ma poi si dava della scema e si ributtava a capofitto nel regno. Dopotutto, era questo che era diventata la sua vita, non doveva far altro che occuparsi degli altri.

Un tempo sarebbe stata felice, un tempo lontano, che ormai non esisteva più. Tante volte aveva desiderato che tutto fosse finito, ma ora.. ora sentiva di capire come mai Eragon, Arya e..lui se ne erano andati. Senza quella forza che le premeva sul petto, dove alloggiava l'odio per Galbatorix, ora non c'era nulla, aveva perso un obbiettivo, quando era stata incoronata le sembrava di essere felice, ma Eragon e Arya non c'erano più, loro avevano un obbiettivo che li animava.

-No Farica grazie, ho bisogno di stare da sola.- Non aveva neanche sentito che le aveva detto, non aveva importanza.

Si chiedeva se lui pensava a lei ogni tanto.

Una lacrima, una sola, le scese sulla guncia bagnandole la bocca di acqua salata. Lui doveva pensare a lei, lui aveva fatto un danno irreparabile a Nasuada. Un solo pensiero si fece strada nella sua testa.

Io lo amo.

Murtagh..

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Capitolo 13
*** Cambiamento ***


Eragon guardò il paesaggio, era cambiato, prima era naturale, con tante piante strane e che non si trovavano in Alagaesia.
Ma ora non c'era praticamente niente, ovunque guardasse c'era solo terra brulla con tanti ciottoli e strane piante con le spine. Erano finiti nel deserto.
Il problema, non era tanto con l'acqua, ma con il cibo, Saphira e Firnen, si cibavano con piccole lucertole e roditori, che trovavano sottoterra, era il cibo minimo con cui potevano viaggiare.
Gli elfi invece erano tre giorni che non mangiavano, si ostinavano non mangiare la carne, anche se era nocivo per la loro salute. Il giorno prima uno di loro aveva provato a mangiare quelle strdane piante con le spine, ma era velenosa e avevano dovuto curarlo. Non l'avrebbe mai ammesso ma gli mancava la sua terra, Alagaesia. Aveva voglia di vedere i paesaggi familiari, perfino di respirarne l'aria. A volte si pentiva di ciò che aveva smosso, a quel punto interveniva Saphira che gli elencava tutti i motivi per cui erano partiti.
Non è facile. Pensò.
Capire che non vedrò mai più Roran e Nasuada.
Eragon.. intervenne la dragonessa.
Non ha senso rimuginare sul passato, anche perchè non si può cambiare.
Ma io ho paura, e se poi non troviamo un luogo adatto?
Conosci per filo e per segno tutte le terre sconosciute?
No!
Allora non puoi sapere se non troverai il posto.
Ma non posso neanche sapere se lo troverò! Ribattè lui.
Mi stai dando sui nervi..
Sono serio.
Spero che tu non lo sia, altrimenti mi fiondo e..
..Credo di aver afferrato!
Meglio così.
Stettero in silenzio per un altro po', Eragon cercò di concentrarsi sul ritmo regolare dei piedi che battevano sul terreno, ogni volta si alzavano piccole nuvolette di terra secca.
Hai fame vero? Lo prese in giro Saphira.
Non me lo rammentare..
Quando mi darai ascolto? Sei già dimagrito qualche chilo!
Saphira, ne abbiamo già parlato..Il ragazzo era irritato.
Il cavaliere vuole fare il ragazzino educato per farsi piacere da una certa..
Zitta! Non è per quello..

Ah! Allora dimmelo, hai sempre mangiato la carne, anche dopo l'addestramento ad Ellesmera, come mai ora ti dovrebbe far pietà un topolino?
Perchè non mi va..
Uhuh..
Ho già ucciso abbastanza..
Uhuh..

Persone e animali.
Uhuh..
Saphira basta! Se non t'interessa perchè me l'hai chiesto?
Perchè speravo in una risposta un po' più convincente..
In che senso scusa?
Tu credi che io creda a ciò che hai appena detto?
Spero di sì.. Disse lui risoluto.
Guarda che non me la bevo come gli elfi..
E va bene! Cosa vuoi che ti dica?
Il vero motivo..
Lo sai già..
Voglio sentirlo da te, non voglio indovinarlo.

Allora non voglio che gli elfi mi guardino con disgusto ecco tutto!
''Gli elfi'' in generale?
Si..
Non ce la fai a dirmi tutta la verità, che testardo che sei!

Eragon non rispose ma si chiuse in se stesso, offeso e imbarazzato che lei lo capisse così bene.
Eragon, per favore, mangia non puoi continuare così. 
Va bene,hai ragione.. ma non ce la farò a convincere gli altri.
Provaci.
Va bene.
Pian piano la comunicazione mentale si affievolì, perchè Saphira si allontanava volando con Firnen, mentre lui e gli elfi andavano correndo.

-Ho fame.- Esordì Eragon la stessa sera.
-Non abbiamo niente da mangiare.- Ribattè Arya.
-Si invece.- Mentre parlava guardava in terra. Si erano accampati in un punto qualunque, lì era tutti uguale, avevano acceso un piccolo fuoco con la magia, che scoppiettava allegro, formando lunghe ombre sui loro visi. L'elfa lo guardò, aveva capito ciò che diceva:
-Io non lo farò, aspetterò di trovare altro cibo.-
-Il cibo di cui parlavo, è la carne..- Continuò lui come se non fosse stato interrotto.
-Possiamo trovare piccole lucertole e roditori, sono molto piccoli, ma sicuramente ci forniranno l'energia necessaria per andare avanti.-
-Io non lo farò.- Ripetè Arya.
-Eragon ha ragione.- Intervenne Blodhgarm.
-Non possiamo continuare così, ci uccideremo. Quando abbiamo deciso di far parte di questa spedizione sapevamo che avremo trovato difficoltà sul nostro cammino. Questa è una di quelle, non possiamo non mangiare, fino a quando troveremo altro cibo, dobbiamo cibarci delle risorse a disposizione. Stasera saremo i primi elfi dopo tanto tempo che mangeranno carne.- Arya lo guardò incredula, come se temesse si non aver sentito bene, poi scosse la testa:
-No, potremo trovare del cibo sulla strada di domani, preferisco rimanere digiuna.-
-Ma potresti anche non trovarlo e non trovare neanche nessun altro animale, sii ragionevole, devi, l'idea non entusiasma neanche me.- Rispose Blodhgarm, Eragon era sorpreso che avesse accettato così facilmente.
-Allora posso procedere?.-
-Si.-
Saphira?
Li porto qui?
Si.

Poco dopo la dragonessa fu di ritorno con delle piccole carcasse di roditori e qualche lucertola.
-Ora li cuocio.- Disse lui, ma non ottenne nessuna risposta. Prese un po' di brace dal fuoco, ci mise sopra dei sassi, quando scaldarono ci mise sopra gli animali, le carcasse sfrigolavano e si arrostivano. Quando furono cotte abbastanza li dispose uno a ciascun elfo. Loro squadrarono il cibo con un misto di timore reverenziale, a parte Arya che lo guardava con disgusto. Il primo ad assaggiarlo fu Blodhgarm, diede un piccolo morso con i denti affilati, masticò lentamente ed infine ingoiò, tutti lo guardavano con il fiato sospeso, in attesa della sua reazione, lui li guardò e poi disse:
-Non è male..- L'atmosfera di tensione si sciolse, pian piano tutti diedero il primo morso. Tutti tranne Arya, lei non mangiava ancora allora Eragon la guardò e le disse:
-Devi mangiare.- L'elfa lo guardò con uno sguardo di supplica che mai le aveva visto addosso, come se quello che chiedeva fosse troppo pure per lei.
-Arya, so che è difficile, ma..- Lei allora prese il roditore, lo guardò mangiò un piccolo boccone poi un'altro,un altro ancora, Eragon la guardava stupefatto. In poco tempo lei finì la sua razione, posò i pochi ossicini a terra, guardava in alto, tremava, come se solo ora si fosse resa conto di cosa aveva appena mangiato. Fu questione di un attimo, scattò in piedi e si allontanò da loro, poi rimise, piegata in due, le braccia contro l'addome.
Addio cibo..Commentò Saphira.
Capiscila. Rispose Eragon. Arya tornò da loro, senza alcuna parola, si limitò a guardare a terra e a sedersi. Tutti la guardavano stupefatti, il ragazzo allora per alleviare la tensione disse:
-Allora.. fino a che non troveremo altro da mangiare vi va bene la carne?-
Furono sussurrati dei vari ''si''.
Solo Arya non rispose, guardava in terra.

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Capitolo 14
*** Non guardare indietro ***


Murtagh dormiva, in posizione fetale con la schiena appoggiata ad un lato rosso e squamoso di Castigo.
Il suo volto era finalmente rilassato. I lunghi capelli neri gli ricadevano davanti al viso, il suo corpo si muoveva al ritmo del respiro.
Nonostante l'anno passato a girovagare senza meta, non era soddisfatto, aveva ancora l'angoscia dentro di se, un'angoscia che minacciava di abbatterlo. Non aveva ancora trovato il suo posto nel mondo.
Aveva paura. Era ormai tanto tempo che si era stabilito li, i primi tempi aveva volato con Castigo pieno di speranza e di convinzione, aveva volato oltre la Du Weldenvarden, poi si era fermato.
Ora si trovava in una foresta di querce tra la foresta degli elfi e la Grande Dorsale. Non era riuscito ad andare oltre, non voleva allontanarsi dalla sua terra, ma al tempo stesso aveva paura a ritornarci. Così erano passati i mesi, la sua compagnia erano il fruscio del vento e il mormorare costante della foresta, non era impazzito soltanto grazie a Castigo. Il legame con il suo drago si era rafforzato di giorno in giorno, prima, quando erano sotto il dominio di Galbatorix, non potevano passare molto tempo assieme.
Una piccola foglia marrone si alzò con in un sospiro di vento e andò a posarsi proprio sul viso di Murtagh, il ragazzo, ancora tra le braccia del sonno, si agitò come un bambino, poi si svegliò. Quasi contemporaneamente il primo raggio di sole sbucò dall'orizzonte, picchio contro il fianco di Castigo, mille puntini rubino tinsero gli alberi circostanti. Era una bellissima giornata, probabilmente in Alagaesia le madri stavano svegliando i loro bambini, stavano salutando i mariti che andavano a lavoro, tutti gesti casuali, a cui non si da nessun peso, ne sentiamo la mancanza solo quando non ci sono più.
Murtagh cosa facciamo oggi? La voce di Castigo lo distolse da quei pensieri.
Non lo so.. Il drago rispettò la risposta del suo cavaliere, e non parlò. In realtà però si stava annoiando, lui non era come Murtagh, a lui non importava cosa pensasse la gente di loro due, dopotutto era un drago, e i draghi sono superiori a tutte le persone, non aveva mai sentito parlare di un uomo che offendeva uno come lui.
Per Castigo non aveva senso continuare a restare in quella terra senza nome, dove non c'era niente da fare, però non l'avrebbe mai detto al suo cavaliere, infatti in drago rubino, sapeva che Murtagh stava soffrendo, era indeciso, non sapeva dove andare, qual'era il suo posto.
Oggi andiamo a prendere qualcosa da mangiare. Murtagh parlò
Va bene.
Il ragazzo sentiva un vuoto nel petto, un vuoto dove un tempo c'era la sua determinazione e forza d'animo, che ormai non c'erano più.
Andiamo Murtagh, non guardare indietro.. Castigo, cercava di aiutarlo. Il cavaliere si arrampicò sul fianco squamoso, dopo poco il drago volò via.

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Capitolo 15
*** Nella notte ***


Il battere ritmico dei piedi sulla nuda e fredda terra la infastidiva, ultimamente molte cose le davano noia, sapeva che la colpa del suo improvviso nervosismo era la fame.
Non l'avrebbe mai ammesso. Dopotutto era facile ingannare gli altri elfi, fare un sorriso quando volevano e rassicurarli dicendo che andava tutto bene, Eragon non era così. Arya sapeva che lui non cascava nel suo finto benessere, ogni occasione era buona per convoncerla a mangiare, la carne.
Non lo faceva per ripicca e neanche per dovere, ma proprio non riusciva in alcun modo a... a mangiarla, era una cosa che non le sarebbe mai riuscita, mai. Non le mancava l'energia, quella la traeva dagli eldunari. Sospirò affranta quando, guardandosi intorno, vide lo stesso identico paesaggio, sassi, terra e quelle strane piante velenose.
Il sole faceva capolino da una nuvola solitaria, era un caldo tremendo, indossava soltanto i pantaloni ed una camicia leggera, ma sudava ugualmente, i ciuffi di capelli corvini le si incollavano alla cute. Un'altra giornata afosa.
Arya si sedette, o almeno provo a sedersi, le gambe non le rispondevano a dovere, dovette aiutarsi con le braccia per sedersi a gambe incrociate. Attese mentre gli altri sbocconcellavano qualcosa, bevve soltanto qualche goccio d'acqua per idratare la gola, quel cibo non la attraeva, se pensava soltanto al sapore o.. a cos'era quello che stavano mangiando le veniva la nausea.
Si portò le braccia al petto, un brivido la scosse, per un po' stette a guardare le stelle in alto nel cielo. Sono le stesse. Pensò con un sorriso.
-Vuoi fare due passi con me?- Eragon la stava fissando Lei lo guardò sorpresa, era in piedi davanti a lei, con la mano tesa.
La afferrò e rispose:
-Va bene..- Poi una volta in piedi gli disse
-..Grazie ma ce l'avrei fatta da sola.- Eragon parve imbarazzato, ma non le rispose, si avviò in avanti e lei lo seguì.
Il ragazzo evocò un fuoco fatuo azzurrognolo, dopo poco che camminavano si fermò e la guardò dritta negli occhi.
Arya si sentì intimidita da quello sguardo profondo e accusatorio, distolse gli occhi e osservò un punto sopra la sua spalla.
-Non puoi continuare così.- Il suo tono era duro, troppo duro, non si addiceva al suo volto da ventenne.
-Così come?- Si mantenne sul vago.
-Così come?! Guardati, non so come fai a correre o a camminare!-
-In che senso?- Era confusa.
-Arya, seriamente, ti sei vista le gambe.- Nel dirlo il suo sguardo andò verso il basso. L'elfa si guardò, in realtà sapeva già cosa intendeva, le sue gambe, i polpacci e le cosce, erano magri, tanto che i suoi pantaloni, che un tempo le stavano aderenti, cadevano flosci.
-E' una settimana e mezzo che non mangi, questo è il risultato.- Il suo tono era pietoso.
Lei si innervosì:
-Prendo l'energia dagli eldunari, mi basta per sopravvivere!-
-Non è di certo come il cibo.-
-Si che lo è.- Ribattè acida.
-Chi credi di prendere in giro? Te stessa, perchè me non di certo.-
-Non capisco.-
-Sarò chiaro, se continui così ti ucciderai.-
-No.- Pronunciò quella parola velocemente, con convinzione.
-Vedi? Ti sei convinta, ti stai prendendo in giro da sola.- Arya sospirò frustrata, era cascata nel suo gioco, l'aveva fatta ammettere da sola, con un mezzo sorriso pensò che Eragon era diventato astuto.
-Senti..- Disse il cavaliere, poi le mise una mano sulla guancia.
-..Arya, io non ce la faccio a vederti così, perchè, che tu lo ammetta o no, stai male.- Lei abbassò gli occhi e casualmente vide uno scintillio sul terreno.
-Eragon..guarda..- Poi si spostò all'indietro. Lui la guardò strano, poi parve capire e sospiro ressegnato:
-Non cambiare argomento..-
-Non sto affatto cambiando argomento! Guarda!.- Poi si accovacciò a terre ed evocò un fuoco fatuo, poi indicò qualcosa. Eragon si abbassò e guardò pure lui, un sorriso le increspò il volto, a poche spanne da lui un singolo filo d'erba, sembrava salutarli.
Sorpreso si accorse che tra il volto suo e di Arya c'erano pochi pollici, lei gli sorrise, poi gli disse:
-La tua ramanzina, evidentemente, è stata inutile.- Poi si alzò.
-Tu credi?- Eragon la guardò offeso.
-Si.- Lo fissò. Lui non sapeva cosa rispondere, allora disse:
-Torniamo all'accampamento, si è fatto tardi.-
-Si.-
Si incamminarono silenziosamente nella notte, uno a fianco all'altra.

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Capitolo 16
*** Sotto le stelle ***


-Quindi voi vorreste..?-
-Cambiare il percorso iniziale in favore del cibo..- Spiegò Eragon.
Il volto di Nasuada dal piccolo specchio annuì, poi come in ricordo di qualcosa disse:
-Fatemi sapere come procede.-
-Come vuoi, come va lì ad Ilirea?- Chiese il ragazzo.
-Come al solito.- Tagliò corto lei. Poi dopo i convenevoli si salutarono.
Eragon era perplesso, la regina gli era sembrata strana, quasi spenta, sperò che fosse colpa di una giornataccia.
Si avvicinò ad Arya che era rimasta in disparte:
-Che ha detto?- Gli chiese.
-Che va bene ma..- Il ragazzo si fermò.
-Ma cosa?-
-Non importa.- L'elfa stava per ribattere, ma poi stette zitta e si alzò:
-E' meglio andare, dobbiamo fare un bel po' di strada oggi.- Poi prese a correre. Avevano deciso di cambiare la strada da percorrere in favore di quel filo d'erba che avevano visto la sera prima, poi Bloghdan aveva scoperto che verso oriente c'erano alcune piante, mentre nel percorso predefinito neanche una. Così, in favore di Arya, avevano cambiato direzione.

Eragon era sdraiato a pancia in su su una collinetta poco distante da dove si erano accampati, avevano mangiato, tutti.
Un elfo della scorta aveva trovato qualche pianta commestibile, e lui e i suoi compagni avevano iniziato di nuovo a mangiare vegetali.
Ti devo ricordare che anche te hai mangiato quelle piantine insipide..Commentò Saphira.
Parli sempre nei momenti meno opportuni. Rispose acido Eragon.
Non ho potuto farne a meno.
Pian piano iniziarono a spuntare le prime stelle come fiori in un campo, c'era, basso sull'orizzonte la luna piena ed il sottile filo di fumo che veniva dall'accampamento la tagliava a metà.
Ad un certo apparve Arya che si sedette accanto ad Eragon senza alcuna parola o rumore. L'elfa ruppe il silenzio:
-Grazie di aver cambiato strada per me.- Poi lo guardò. Il ragazzo si mise a sedere di fronte a lei, poi rispose:
-Non è niente, figurati, tanto qui un posto vale l'altro.-
-Grazie comunque.- Restarono in silenzio ancora per un po', Arya si guardava intorno come se soltanto in quel momento avesse visto che il terreno era pieno di piccoli ciuffetti d'erba.
Ne prese un po' e iniziò ad intrecciarli, poi guardò Eragon e gli disse:
-Ti ricordi l'ultima volta che ne ho intrecciata una?- Lui sorrise:
-Si, quando eravamo di ritorno dall'Helgrind, e tu mi hai raggiunto.-
-Già, ti piacerebbe imparare?- Propose lei.
-Si, ma non so quanto posso essere portato.- Ammise il ragazzo.
-Proviamoci.- Così iniziò a spiegargli come si dovevano intrecciare i vari fili, ad un certo punto, mentre l'elfa cercava di insegnare un nodo a Eragon la sua mano destra toccò quella del ragazzo.
Lui la afferrò e con il pollice sfiorò il punto rimasto insensibile dalla battaglia di Dras Leona.
-Mi perdonerai mai per questo?- Le chiese.
-Non c'è niente da perdonare.- Poi ritrasse la mano. Ad un certo punto durante un intreccio complicato, il dito indice di Eragon rimase incastrato.
-Ora devi prendere il filo a destra ed incastrarlo..-
-Aspetta..- Arya alzò gli occhi.
-Mi sono incastrato.- Disse il ragazzo imbarazzato.
-Ma come..?- Poi quando lo vide, scoppiò a ridere con la sua risata cristallina, simile al trillio di un usignolo. Eragon scoppiò rise insieme a lei, poi quando si fu liberato disse:
-Vai, ora possiamo continuare.-
-Domani, ora siamo stanchi entrambi.- Rispose lei- Eragon sui malgrado fu d'accordo così si stese di nuovo il terra, Arya dopo qualche istante lo imitò.
-Notte Eragon.-
-Buonanotte Arya.- Passarono così la notte, sereni e felici sotto il cielo stellato.

Poco lontano da li intanto...
-Chi sssono?-
-Non lo ssso ma sssembrano forti.-
-Ssi sstanno avvicinando.-
-Sseguiamoli.-

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Capitolo 17
*** Il piano ***


-Oh miei dei!- Esclamò Eragon.

E quello cos'è?

Il cavaliere cavalcava Saphira, erano passati molto oltre gli altri elfi che correvano ed ora si erano trovati davanti..

Una città? Una roccaforte qui.. Disse Eragon

E chi ci abita? Chiese la dragonessa.

Quello che avevano davanti era abbastanza singolare, nel mezzo al niente, solo erba e qualche piantina, sorgevano delle mura come potevano esserci a Teirm.

Non avviciniamoci di più disse Saphira.

Si.

Atterrarono, il cavaliere e disse alla dragonessa:

Vai ad avvertire Blodhgarm e gli altri sono troppo lontani per comunicarci, io intanto studio la situazione.

D'accordo ma sta attento.

Sto sempre attento. Ribattè lui.

Come contraddirti..

Eri sarcastica vero?

Mhh no!

Eragon si fermò ad osservare l'incombente città che sorgeva poco distante da lui, gli parve strano vedere una costruzione così grossa, lì.

Dopo poco arrivarono anche Arya e Firnen, il drago se ne andò per seguire Saphira.

L'elfa era stupefatta:

-Ma.. Com'è possibile..?-

-Non lo so.- Eragon era sincero.

Si sedette, ora le cose si facevano più complicate, potevano tornare indietro, ma ci sarebbe stata comunque la mancanza di cibo. Se fossero passati oltre li avrebbero potuti vedere, anzi, era già un miracolo che ''quelli'' ,qualunque cosa fossero, li avessero già notati.

C'era sempre la possibilità di esplorarla, o almeno entrare, ma i rischi erano molti, stette li a riflettere un tempo che li parve infinito. Intanto il sole continuava il suo ciclo nel cielo, il cielo era pieno di nuvole, ma la temperatura era alta, faceva caldo.

Arya accanto a lui in piedi non dava cenni di impazienza, ed Eragon le era grato, la tensione era alta.

Eccoci! Saphira lo chiamava.

Tutti?

Già, gli elfi sono molto curiosi..

Gliel'hai detto?

Certo che no! Altrimenti che sorpresa sarebbe?

Ahah, è vero! Ammise Eragon.

Saphira spuntò dalla coltre grigia del cielo, e prese a fare le acrobazie per attirare l'attenzione.

Non ti far notare.. La rimproverò il cavaliere.

Dovrei avere paura di ''quelli''?

Si, perchè non sai chi sono e cosa sono.

C'è qualcosa più minaccioso di un drago? No, bene, allora non mi devo preoccupare.

E gli Dei?

Scusa.. pensi che ci siano gli Dei laggiù? Domandò scettica.

Emh.. certo che no!

Ammettilo, ci hai pensato!

Beh, si, ma solo per un attimo..

Bah, gli dei!

Però Saphira scese a terra, arrivarono anche gli elfi, in testa c'era Bloghdan ed appena vide le mura il suo impassibile volto si riempì di stupore.

-Ed ora cosa facciamo Ammazzaspettri?- Chiese l'elfo.

-Beh, io avrei un piano..-

Ma Il ragazzo non era sicuro, sapeva che non sarebbe andato bene a molti.

-Sentiamolo allora.- Intervenne Arya.

Allora Eragon iniziò:

-Non sappiamo chi chi sono ''quelli'' che abitano lì dentro, non sappiamo cosa sono, probabilmente ci hanno già visto. Il mio piano è quello di dividerci, metà di noi con l'aiuto dell'incantesimo che rende invisibili entreranno, l'altra metà tornerà indietro quel tanto che basta per non essere individuabili.

Può darsi che non ci sia nessuno, come può darsi che chi va resti ucciso, è per questo che la metà che non entra, se entro due settimane non riceverà notizie, dovrà tornare indietro.-

Tutti sembravano abbastanza soddisfatti, Arya aveva una domanda:

-Mi sembra un buon piano, ma chi sono quelli che ''vanno'' e quelli che ''restano''?-

Eragon aggrottò le sopracciglia, era sicuro che qualcuno avrebbe obbiettato:

-Io, Blodhgarm, se li va naturalmente e qualcun altro entreremo nelle mura, tu, Arya, insieme a Saphira e Firnen resterai qua.-

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Capitolo 18
*** Le strade si dividono ***


-Mi sembra un ottimo piano.- Concluse Blodhgarm soddisfatto-

Dopo qualche attimo di silenzio Arya sbottò:

-Non che non lo è!-

Sono d'accordo con lei sentenziò Saphira.

-Lo sapevo che vi sareste opposte..- Sussurrò Eragon stufo.

-Allora se lo sapevi perchè lo hai proposto ugualmente!- Rispose l'elfa sempre con tono alto.

-Non capisci? E' l'unica cosa che possiamo fare..-

-Ah certo, lasciarmi qui a non far nulla mentre voi rischiate la vita è l'unica cosa che possiamo fare!-

Eragon era stupefatto, nonostante si fosse aspettato una reazione simile non aveva mai visto Arya così irata e arrabbiata, in quel momento capì che Izlanzadi doveva aver avuto dei seri problemi con la figlia a causa della sua tenacia, e alla fine aveva mollato, ma lui non avrebbe fatto lo stesso.

-Senti lasciami spiegare, te non puoi venire perchè, nel caso io e Blodhgarm non riuscissimo nell'impresa, tu dovrai continuare le ricerche per trovare un luogo adatto all'ordine. Saphira e Firnen non potranno venire perchè verrebbero notati troppo. Capito adesso?-

Arya annuì frustata nonostante queste cose le avesse già considerate fin da subito, poi disse trionfa:

-Allora perchè vai tu e non io?-

Il ragazzo rispose, quasi con distacco:

-Perchè.. è una mia scelta personale, preferisco andare io.-

-Potrei benissimo dire lo stesso!-

-Lasciami spiegare per favore, preferisco andare io, perchè non ti ritengo all'altezza.-

A queste parole l'elfa spalancò gli occhi, tutto si aspettava ma non questo, cercò una frase con cui rispondere a tono, ma poi si calmò e disse solo, quasi mormorando:

-Cosa te lo fa pensare scusa?-

Eragon forse hai esagerato..Saphira parlò a Eragon.

Lo so, ma non posso permettere che rischi la vita, starai attenta a lei?

Certo, perchè, credi che Firnen non la tenga d'occhio?

Si, hai ragione.

Eragon riflettè su come rispondere senza ferirla, ma vide che doveva comunque offenderla.

-Perchè..mi dispiace dirtelo, ma l'altro giorno ti ho superato con la spada.- Concluse con tono piatto.

-Se ti riferisci a quello non vale niente Eragon, non vale niente, era solo un allenamento tra noi due non ci ho messo neanche tanto impegno, lo sai che so fare di meglio.- L'elfa era turbata.

Arya è ceca. Dichiarò Saphira.

In che senso scusa?

Nel senso che sta credendo a tutto ciò che le dici, non si rende conto che lo fai per il suo bene.

Prova a biasimarla.. Suggerì lui.

No, d'altronde anche tu sei ceco. Eragon non capì quest'ultima osservazione, poi odiandosi con tutto se stesso disse:

-Basta Arya, non voglio che tu venga con me, chiaro?-

-No, ma sei lo desideri.- Ribattè lei turbata.

Il ragazzo le rivolse un ultimo sguardo e poi guardò Blodhgarm:

-Ti va bene partire domani?-

-Si, all'alba ci separeremo, il gruppo di Arya tornerà indietro, mentre noi entreremo.- Tutti annuirono soddisfatti, poi l'elfo prese a dividerli nei vari gruppi constatando le loro abilità.

L'attenzione di Eragon tornò ad Arya e le disse:

-Se entro due settimane non riceverai notizie da noi, devi ripartire. Mi fido di te per cercare un posto adatto, va bene?-

-No, ma lo farò lo stesso.- Rispose gelida.

Lui non rispose, ma mise a punto gli ultimi piani con Blodhgarm, poi si salutarono e si diedero la buonanotte.

 


La mattina dopo, c'era un silenzio timoroso tra tutti, l'imminente missione che li aspettava metteva in angoscia anche Eragon, che sperava con tutto se stesso di trovare il la piccola città disabitata.

Perchè mi lasci qui Eragon? Sentì la voce triste di Saphira.

Non ti ci mettere anche te ora! Sbottò lui. Scusa, sono ancora turbato per..

..quello che è successo ieri, lo so. Continuò lei.

Saphira, non sai quanto mi dispiace separarmi da te,ma.. tanto tra un paio di settimane massimo saremo di muovo insieme, promesso. La rassicurò lui.

Ricordati che se non ci sarai ti vengo a prendere, anche se ci fossero gli dei in persona, poi ti legherò al mio dorso e..

Ho capito, ho capito. Saphira aveva la fantastica dote di tirarlo su di morale.

Finalmente era una giornata più limpida e serena, gli parve strano, in un momento triste, come quello c'era il sole splendente ed il cielo celeste.

Le mura gli apparivano incombenti davanti a lui, le odiava, perchè se non ci fossero state non avrebbe dovuto separarsi da.. lei.

 


Arya si odiava, con tutta se stessa, quella situazione era colpa sua, era tutto colpa sua.

Il motivo era talmente articolato che faceva fatica solo a pensarci, ma il fatto era che aveva sbagliato, fin dall'inizio.

Se avesse vinto al duello con le spade con Eragon, lui non si sarebbe pensato migliore di lei, se avesse mangiato quella maledetta carne non avrebbero dovuto cambiare tragitto e non avrebbero mai incontrato quelle mura.

Te a volte mi preoccupi. Le disse Firnen.

Perchè?

Per queste motivazioni, sono patetiche. Sentenziò.

Dici?

Si, non puoi attribuirti colpe inutili Arya, non puoi, stai male in questo modo.

Ho vissuto tutta la mia vita in questo modo!

Ti reputi una persona serena? Come gli altri elfi?

Io sono felice. Ma non sono come gli altri elfi..

Dimmi di nuovo il tuo ruolo nella morte di Faolin..

L'elfa rabbrividì nel sentir pronunciare quel nome, era da un po' che non lo pensava, i primi tempi in cui era morto era il suo pensiero fisso.

Se avessi convinto mia madre a non farmi accompagnare non sarebbe morto.

Visto? Ti sembra una normale? Tu ti accusi di cose terribili, ma la cosa peggiore è che ti convinci da sola di essere l'unica colpevole.

Sono fatta così.

Puoi cambiare..

L'elfa non rispose, ma passò il resto della mattinata a guardare gli altri preparare gli zaini e le bisacce per andare a scoprire qualcosa che lei non avrebbe mai visto, questo pensiero la scocciava.

Fu quando fu il momento di separarsi che vide il dilemma in tutta la sua gravità, con lei erano rimasti alcuni elfi che conosceva a malapena, mentre quelli che avevano combattuto con lei contro Galbatorix andavano con Eragon.

Stavano tornando indietro come una grande folla, poi il gruppo del cavaliere avrebbe fatto l'incantesimo che rende invisibili e sarebbero andati via. I due draghi volavano nel cielo, per un po' anche lei si perse nel loro gioco, immaginò che se ne stavano andando tutti insieme, che non ci sarebbe stata nessuna separazione.

Poi piano piano alcuni elfi sparirono,Arya li guardava con invidia.

Poi, ad un certo punto venne tirata all'indietro e le venne tappata la bocca da una mano invisibile, venne portata un poco distante da tutti. Poi le lasciarono la bocca e, lei vide una mano sfrecciare nell'aria, si voltò.

Eragon era dietro di lei,le disse:

-Così le nostre strade si dividono.- Il suo tono era dispiaciuto.

-Già..- Lei abbassò gli occhi, poi per rivincita fece -Il piano l'hai scelto te.-

-Lo so.-

-Eragon, abbiamo combattuto insieme nel Father Dur, nelle pianure ardenti, a Dras Leona, a Uru Baen. Insieme abbiamo ucciso due spettri, perchè non posso venire con te?- Era quasi implorante, le parve strano, non aveva mai pregato nessuno nella sua vita perchè doveva incominciare ora..scaccio questo pensiero dalla sua mente.

Eragon, non ce la fece a mentire di nuovo:

-Perchè non voglio che tu rischi.- Sussurrò

-Che stupida scusa è questa?- Rispose altrettanto piano lei.

-Se ti succedesse qualcosa per causa mia, non potrei mai perdonarmelo.-

-Non mi succederà mai qualcosa finchè sono con te Eragon.- Lo guardò dritto negli occhi, e si perse nelle mille sfumature di marrone, a volte tendeva anche al dorato, ci leggeva tutto il suo amore per lei e la sorpresa alla sua risposta.

-Ho paura ugualmente.- Disse lui poi continuò -Quando eravamo ad Uru Baen ed è crollato il palazzo mentre c'eri dentro o quando Nasuada è stata rapita e Castigo ti ha scaraventato in volo, non so dirti cosa ho provato, preferisco andare io, perchè.. almeno so che te sei al sicuro.-

Ora fu il turno di Arya ad essere sorpresa, non sapeva che lui era così attaccato a lei, o almeno lo sapeva ma aveva sempre fatto finta di non saperlo.

-Ed io Eragon? Secondo te come reagirei se passano due settimane e tu non torni e sono costretta a partire? Non sapendo se sei vivo o morto imprigionato, ferito, e vivere il resto della mia via vivendo nel dubbio.-

Lui non rispose, non sapeva cosa avrebbe fatto.

Allora lei lo guardò e gli disse:

-Eragon.- subito seguito dal vero nome di lui, poi sapendo di fare un salto fuori dalla sua portata, si alzò in punta di piedi, le punte dei suoi stivali cigolarono. Mise una mano sul suo collo. Poi lo baciò.

 


Quando Eragon sentì la sua mano gelida sul collo, la vide avvicinarsi la guardò, i suoi occhi verdi,contornati dalle lunghe ciglia scure, il suo naso sottile, la sua bocca rosea e carnosa amava tutto di lei. Pensò che fosse tutto un sogno, ma quando sentì le sue labbra contro le sue, capì che era vero, che lei era lì, con lui e lo stava baciando.

Mise la sua mano nel suo fianco, con delicatezza, come si fa con una cosa estremamente fragile e preziosa.

Il bacio fu breve,casto, le labbra si toccarono appena, ma pieno di sentimento, Eragon tremava, l'altra era più sicura, ma altrettanto emozionata.

Poi Arya si scostò, nel suo volto lesse un'espressione strana, quasi un misto di vergogna ed orgoglio, non parlò si limitò a fissarlo.

Lui invece le prese le mani e le strinse poi disse nell'antica lingua:

-Tornerò.- Si voltò e scomparve.

Una lacrima scese piano nel viso di Arya, una lacrima di dispiacere ma anche dei gioia.



Nota dell'autrice:
Secondo voi ho esagerato con questo capitolo..?

 

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Capitolo 19
*** Decisioni importanti ***


Nasuada si dirigeva spedita alla sala di riunione, i suoi passi producevano eco nei grandi corridoi pavimentati di marmo.

Posò la mano destra sulla maniglia della porta, e l'altra la mise sul fianco stretto, respirò rumorosamente ed entrò.

La stanza era gremita dalle razze più svariate, c'era Orik, rappresentante dei nani, Lord Datherd elfi, Nar Garzhvog urgali, che nonostante non avessero un re aveva deciso di venire in nome della sua razza ed infondo ad una sedia, con l'aria di voler sparire di fronte a quei potenti sovrani c'era Trianna.

La regina entrò alzando il mento e salutando con un cenno della mano tutti i presenti, poi si sedette.

-Sappiamo tutti perchè siamo qui.- Esordì.

-Dobbiamo decidere una cosa tutti insieme, una mia proposta più esattamente, quindi vorrei chiedervi il permesso di iniziare.-

Tutti acconsentirono.

-La pace non esiste, lo so bene, ma se ci riflettiamo qual'è stata la rottura dei periodi felici in questi ultimi anni?..- Stette muta qualche secondo per dare maggiore enfasi alle sue parole.

-La magia, che ci può salvare dalle ferite mortali, aiutare in caso di bisogno, ma, nel caso degli umani una differenza. La magia è l'ingiustizia più grande che sia sulla terra, perchè nel caso di noi umani, i nani, Orik e gli Urgali si manifesta solo ad alcuni elementi, che poi possono prevalere sugli altri. Io stessa non sarei in grado di tenere testa ad un mago. Quindi per non gravare gli squilibri nella popolazione avrei in mente qualcosa. Ogni suddito deve fare un giuramento nell'antica lingua che non farà del male alle persone con la sua magia, anche se non la sanno utilizzare. In tal modo potranno sempre farne ricorso, ma non per nuocere altri. Vorrei chiedere a Orik e Nar Garzhvog se erano d'accordo se farlo anche con il loro popolo..-

Il nano si accarezzò la lunga barba con il pollice e l'indice, riflettendo ogni alternativa.

Poi come riscuotendosi da un sogno disse convinto:

-Noi accetteremo, questo patto aiuterà sia a mantenere la pace in Alagaesia che quella tra noi nani! Ti aiuterò Nasuada.-

Lei, per tutta risposta sospirò era felice di avere qualcuno dalla sua parte.

-Anche noi siamo con te Lady Furianera.- Il vocione di Nar Garzhvog la raggiunse da un lato, gli sorrise.

-E noi Maestà, che ruolo abbiamo in tutto questo?- Lord Datherd aveva un tono di sufficienza che non le piacque.

-la richiesta che voglio fare a voi elfi è questa, siete tutti in grado di utilizzare la magia, quindi vorrei che ogni elfo giuri nell'antica lingua di non nuocere a nessun umano, nano o Urgali. Va bene?-

L'elfo arricciò le labbra infastidito:

-Sai già che non lo faremo mai Nasuada, perchè ci vuoi far promettere?-

Lei sorrise, sapeva già cosa rispondere:

-Per avere più sicurezza, non è ovvio? Poi, se tanto voi lo fareste già che cosa vi costa dirlo nell'antica lingua?-

-Ci penseremo.-

Lei ribattè:

-Vorrei la risposta ora grazie.- Non sapeva cosa la spingeva ad essere così arrogante ma l'elfo le stava sempre più antipatico.

-Non posso .- Disse calmo e cocciuto lui.

-Tra una settimana la voglio Datherd, va bene?-

-Non prendo certo ordini da te umana!- Esclamò quasi con disgusto lui. -Non sono uno dei tuoi sudditi, ricordatelo, forse essere salita sul trono alla tua età ti ha dato alla testa.-

Questo era troppo, perfino per lei abituata a stare calma in ogni situazione, ad evitare lo scontro a costo di scoppiare dentro.. fece un grande respiro, cercando la risposta giusta aprì la bocca e...

-Basta così!- Intervenne Orik, aveva visto che la regina era già li per rispondere male, così aveva deciso di intervenire.

-Tu..-Ed indicò Datherd -Tra una settimana le farai sapere e tu..- Indicò Nasuada -Modera le risposte.-

Lei abbassò il capo come una bambina, ma non era affatto dispiaciuta, anzi avrebbe trovato il modo di fargliela pagare. Riprendendo la sua normale autorità dichiarò conclusa la riunione, così tra saluti e rumori di sedie che strusciano per terra la sala ripiombò nel silenzio.

Erano rimaste solo Nasuada e Trianna.

La regina la guardò, ricordandosi delle litigate furiose che avevano avuto, la maga sapeva essere astuta e alla fine aveva trovato lei la soluzione ottimale. Il piano iniziale di Nasuada era controllare tutti gli stregoni, quindi ognuno di essi avrebbe dovuto perdere i proprio poteri, nessuno lo avrebbe accettato.

Così Trianna aveva proposto di fare solamente un giuramento vincolante che impediva solamente di utilizzare i poteri a danno del prossimo.

Aveva ragione, era una condizione più vivibile.

La regina ruppe il silenzio:

-Sei stata brava a trovare questo accordo, hai soddisfatto tutti.- Poi fece una parvenza di sorriso.

La maga abbassò gli occhi:

-Io non ho fatto niente maestà, ho solo difeso la mia posizione.-

Nasuada la guardò attentamente:

-Si, ma ti sei anche sforzata di trovarmi una soluzione, e per questo ti ringrazio.-

-Prego maestà.- Poi anche lei sorrise.

Restarono in silenzio ancora per un po', nessuna delle due osò rompere quel momento di intesa che si era formato tra loro.

Forse siamo simili Si ritrovò a pensare, erano entrambe due donne umane che erano sopravvissute alla guerra, contro gli stenti e la fame. Ostinate e decise a fare quello che volevano.

Nasuada stava per dirle qualcosa quando la ragazza si congedò dicendo che doveva ritirarsi.

E lei si ritrovò sola, di nuovo.

Aveva paura della solitudine, da soli è più difficile dimenticare il passato, ti insegue e si infiltra in ogni pensiero. Ti rincorre qualunque cosa tu faccia, poi quando arrivi ad averne paura, come nel caso di Nasuada ti demoralizza.

La regina si prese la fronte tra le mani e cercò di scacciare i cattivi pensieri, ma non se ne andavano allora prese a recitare la poesia che le aveva insegnato suo padre quando era bambina.

Recitava i versi a memoria, sapendo ogni sillaba con sicurezza, con troppa sicurezza, ben presto non serviva più a niente.

Aveva bisogno di qualcosa di impegnativo da fare, in un angolo erano ammucchiati vari fogli di carta, ne prese uno con un pennino. Intinse la punta sottile nell'inchiostro nero ed iniziò a tracciare lunghe righe sul foglio bianco immacolato.

Si perse nel suo disegno, fino a che la vista non le si sfumò ed entrò nello stato dormi veglia, in cui era solita sostare da bambina, quando non sapeva cosa fare.

Battè le palpebre cercando di riaquisire la lucidezza necessaria per fare un bel dipinto, quello che vide la lasciò stupefatta. C'era il ritratto di un giovane uomo e lei lo sapeva chi era.. Lo prese e lo accartocciò disgustata da se stessa e dalla sua vulnerabilità.

Stette un lungo tempo immobile con le mani stese sul tavolo di fronte a lei i palmi all'ingiù, lo sguardo fisso, da folle, non si riconosceva più.

Senti il cigolio di una porta che si apriva accompagnata da dei piccoli passi, una piccola figura si mise di fianco al lei. Le prese il mento, costringendola a guardarla negli occhi violetti.

Era Elva.

-Nasuada, basta pensarci, tanto sicuramente tra poco tornerà, quanto credi che duri la sua gita in solitaria? E' umano anche lui.-

Quelle parole bastarono a farla tranquillizzare, quella bambina era il suo unico appiglio, per tornare in superficie.

La guardò gli occhi colmi di gratitudine, come sempre.

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Capitolo 20
*** Passato I ***


Questo è un capitolo ambientato nel passato di Arya: 



Correva, incurante del resto, gli occhi le si riempivano di lacrime a causa della velocità e del freddo. Ma non era triste, era arrabbiata, con sua madre, con tutti.

Arya inciampò su una radice sporgente e cadde, ferendosi ad una mano, era solo un taglietto, non si prese neanche la briga di curarlo.

Non si rialzò ma si sedette con le gambe al petto sul terreno gelido di inverno. Le faceva male la testa, la sentiva pesante ed ogni rumore veniva amplificato più volte.

Era sola, per fortuna, amava stare sola, ma sua madre e i suoi aguzzini non la lasciavano mai perdere.

Non ne poteva più di quella vita, passava le sue giornate non facendo niente, Ellesmera poteva essere anche bella ma passavano gli anni e te ne accorgevi.

Dopo la morte di suo padre Izlanzadi si era fermata, e non aveva più fatto niente, non capiva che se Galbatorix era al trono non c'era da aspettarsi niente di buono.

Aveva vent'anni, era ancora giovane, ma nessuno lo pensava. Il suo comportamento non si addiceva di certo alla sua età, le coetanee di Ellesmera non la consideravano neanche per due motivi essenziali, era la figlia della menomata regina quindi aveva una vita troppo distante rispetto alla loro, era strana.

Si dicevano strane storie su di lei, grazie al suo fine intuito aveva unito spezzoni di frasi, atteggiamenti che l'avevano portata ad un'unica conclusione, la evitavano. Non che la cosa la ferisse molto, le piaceva stare da sola, fin da quando era bambina passava lunghi pomeriggi a passeggiare per i boschi cantando dolci melodie.

Arya posò una mano affusolata sul terreno gelato, la sua mano incontrò una spina e si punse il palmo. Non si lamentò nemmeno quando le trafisse la carne, si portò la mano davanti al viso. Osservò la goccia rubino che le scendeva lungo il polso, lasciandole una scia più scura sulla pelle rosea e pallida.

Quella mattina aveva avuto l'ennesima discussione con il mondo intero a ricordarla le tornava il nervoso..

All'alba era andata ai campi di allenamento degli elfi, ed aveva iniziato, da sola come sempre, ad allenarsi con la spada, l'arco e tutte le altre discipline necessarie per un'elfa addestrata.

A metà mattinata venne disturbata da uno dei nobili di sua madre, nonche suo tutore.

Lui le aveva domandato per l'ennesima volta come mai non si era presentata alla sua lezione:

-Perchè non lo ritenevo necessario.- Aveva risposto con estrema tranquillità

Lui, l'aveva guardata con sdegno e aveva ribattuto:

-Qui nessuno ritiene importante ciò che vuole lei Arya Drottning, io seguo solo il desiderio di sua madre, che mi è parso molto esplicito, insegnarti come governare il nostro popolo.-

Arya lo aveva inchiodato con il suo sguardo, ferreo, gli occhi scuri dell'uomo cercavano invano un punto in cui guardare, e schizzavano da una parte all'altra, poi si arrese ed abbassò lo sguardo, solo allora l'elfa parlò:

-Ogni elfo, che sia maschio o che sia femmina, che sia dotato o no, può decidere che fare della sua vita, perchè a me questa cosa è impedita, perchè non posso fare ciò che ritengo giusto?- La sua voce era partita fiebile e acuta, ma alla fine aveva raggiunto un tono elevato.

L'aveva sentita ancor prima di vederla:

-Perchè l'ho deciso io.- Rispose alla figlia la regina Izlanzadi, materializzatasi all'improvviso dietro di lei.

La principessa non si diede per vinta:

-E tu...- Poi si voltò i suoi capelli corvini, sibilarono. -...Che ruolo avresti nella mia vita per decidere cosa devo fare?-

-Sono tua madre Arya, non lo capisci? Io so cosa è meglio per te, se solo facessi ciò che dico.- Il tono della regina era molto meno controllato di quello della figlia, e manifestava tutto il suo dolore.

-No, madre, tu non lo capisci, tu, lui, loro..- Fece agitando una mano nel vuoto -Siete tutti nel torto, e quando ve ne renderete conto sarà troppo tardi.-

-Ti credi veramente che Galbatorix sia un pericolo per noi?- Fece Izlanzadi scettica.

-Madre, lui non si accontenterà di essere re degli uomini, presto verrà a scovarci, questa foresta non può proteggerci per sempre. Poi perchè non aiutare i varden? Brom ci ha aiutati uccidendo ben tre rinnegati, perchè non possiamo ricambiarlo dandogli il nostro appoggio.-

Arya, si scansò una ciocca di capelli dal viso, come a voler accentuare ciò che aveva detto.

La regina non sapeva che cosa dire così fece:

-Non cambiare discorso, stavamo parlando del fatto che non vuoi ereditare il trono e che hai saltato la lezione.-

La giovane elfa sentite le parole della madre scoppiò a ridere in modo gelido e brusco, poi quando tornò in se disse con tono sicuro sapendo di averla vinta:

-No, madre sei tu che continui a cambiare il discorso, solo per la tua codardia noi elfi rischiamo di morire, solo perchè è morto mio padre vero? Allora sai una cosa, se metti prima le questioni personali del popolo temo che tu non sia all'altezza del tuo compito.-

Solo allora si accorse della folla che senza farsi notare li stavano ascoltando, c'erano elfi sugli alberi, che combattevano, ma avevano la faccia di chi sta pensando ad altro o imbarazzata di chi è colto in fragrante. La principessa rivolse loro un'occhiata sdegnosa e poi scappò a corsa.

Sapeva di aver detto una cosa poco carina, ma lo pensava, una delle sue doti era leggere nelle persone, poteva trattarle con benevolenza, ma quando si arrabbiava sapeva dove mirare per ferire le persone nel profondo.

Si alzò doveva trovare un posto per stabilirsi durante la notte, non sarebbe mai ritornata da sua madre, doveva essere quest'ultima a fare in modo che tornasse. Il suo comportamento poteva essere visto come infantile ma c'era un profondo ragionamento dietro, Izlanzadi sapeva esattamente quello che voleva la figlia, quindi se l'avesse voluta vicino a sé l'avrebbe dovuta accontentare. Il ricatto è l'unico modo per far ragionare le persone.. pensò, era una cosa meschina, il ricatto, ma l'avrebbe anche attuato per avere ciò che voleva, sapendo che era bene per tutti.

Presto avrebbe avuto il suo patto con Brom, il patto che avrebbe legato Varden, e quindi Surda con gli elfi e la Du Weldenwarden era distante.. pensò felice.

Muoversi di lì era la cosa che più desiderava al mondo, lasciare tutto gli elfi, sua madre, la sua dimora, i suoi usi. Aveva sprecato vent'anni della sua vita non facendo assolutamente niente, studiando le leggi, la storia intricata della sua razza per poi governarla. Solo da quell'ultimo periodo aveva dato una svolta alla sua vita, si era ribellata dalla morsa che la stringeva e la proteggeva.

Aveva eseguito il suo primo incantesimo. Era sempre stata cosciente della magia che si agitava dentro di lei, ma non aveva mai fatto niente per scatenarla, alcuni alfi cercavano di riuscirci a forza ed il risultato era solo quello di farli innervosire.

Quel pomeriggio si stava allenando con la spada in una radura, diceva spada per modo di dire visto che era un bastone di legno, ma il fatto era che non riusciva ad eseguire una manovre particolare una parata subito seguita da un affondo.

Aveva scagliato il bastone lontano, irata con se stessa, era molto severa nei suoi confronti, più di qualsiasi altro insegnante. Mentre lo scagliava aveva detto, come imprecazione ''Ma vai a fuoco!'' e con sua sorpresa e agitazione aveva notato che uno, si era incendiato davvero, due stava sottraendo la sua energia. Aveva ragionato a mente fredda e alla fine era riuscita a recidere il flusso di magia. Non ne aveva parlato con nessuno, ma il fatto di poter utilizzato la magia aveva rammentato all'elfa che il tempo era passato e che le sue idee dovevano essere messe in pratica.

Arya si incamminò per la foresta, sfiorando con le mani i tronchi ruvidi degli alberi con affetto, trovò un albero più grande degli altri, con le radici che uscivano dal terreno.

Diede un'occhiata al cielo, il sole non era ancora calato, aveva ancora tempo per fare due tiri di spada.

Impugnò la lama familiare con la mano sinistra, la preferiva, scriveva pure con quella mano, non era una cosa molto usuale e molti elfi le avevano intimato di utilizzare la destra, ma lei non li aveva neanche ascoltati.

Drizzò la lama della spada davanti a sé, chiuse gli occhi, immaginandosi di essere nel mezzo di una battaglia. Quando li riaprii era circondata da nemici, iniziò ad abbatterli ad uno a uno, schivando nel frattempo i loro colpi.

E mentre l'elfa danzava, omicida e bellissima, una figura solitaria la guardava dalla vetta di un pino:

-Wyrda .-


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Capitolo 21
*** La città ***


Eragon guardava le mura, parandosi il sole con una mano. Gli sembrava di essere solo, ma sapeva che intorno a lui, invisibili. Ma il ragazzo non pensava a questo, il suo pensiero era costantemente inevitabilmente indirizzato verso l'elfa che aveva appena lasciato: Arya.

Non credeva a ciò che era appena successo, lei, di sua spontanea volontà, lo aveva baciato. La cosa era talmente inconcepibile, quanto ovvia, tutti gli atteggiamenti di lei parvero avere una spiegazione.

 

-Dovresti guarirla prima che ci rimettiamo in marcia- E senza aspettare risposta gli afferrò le dita parallizzate e disse:

-Waise heill.- A Eragon sfuggì un sospiro involontario mentre le articolazioni delle dita ritornavano nella loro sede, e i tendini lacerati e la cartilagine massacrata riacquistavano il pieno vigore, e i lembi di pelle che gli pendevano dalla nocche tornavano a coprire la pelle viva. Quando l'incantesimo fu concluso, il giovane aprì e chiuse la mano per confermare la completa guarigione.

-Grazie.- Disse. Lo sorprese che Arya avesse preso l'iniziativa pur sapendo che era del tutto capace di guarirsi da solo.

Lei parve imbarazzata. Distogliendo lo sguardo per contemplare la vastità della pianura, disse:

-Sono felice di averti avuto al mio fianco oggi, Eragon.-

-Lo stesso vale per me.-

Arya gli rivolse un fugace, incerto sorriso. Indugiarono sul poggio per un altro minuto; nessuno dei due era ansioso di riprendere il viaggio.

 

Ormai era facile per lui correre velocemente senza far rumore. Ogni passo e si avvicinava di più alla meta, e poi sarebbe stata morte o salvezza. In cuor suo sperava che fosse abbandonato, almeno sarebbero potuti tornare indietro il giorno stesso..

 

Il ticchettio all'interno dell'uovo continuò.

E' inutile, comprese Eragon. Le catene non si sarebbero spezzate. Nel momento stesso in cui accettò la realtà, si rese conto che lo attendevano altri tormenti, ben più terribili di quelli che già aveva sopportato. Non poteva evitarlo. Aveva però la possibilità di decidere se aspettare che fossero alti a imporglieli oppure decidere da solo quali affrontare.

''Almeno devo salvare Arya.''

Studiò le fasce di metallo attorno ai polsi. ''Se riesco a spezzarmi i pollici potrei sfilare le mani. Così sarei ancora in grado di combattere, magari usando un frammento di guscio dei Ra'zac come coltello.''

Con un oggetto affilato avrebbe potuto liberarsi anche le gambe, ma il pensiero era così ripugnante che lo accantonò subito. ''Mi basterebbe strisciare fuori dal cerchio di pietre.'' A quel punto sarebbe riuscito a usare la magia a avrebbe potuto arrestare sia il dolore sia l'emorragia. Ci avrebbe messo pochi minuti, ma sarebbero stati i più lunghi della sua vita.

Trasse un profondo respiro e si preparò ad agire. ''Prima la mano sinistra..''

In quel momento Arya urlò.

Eragon si voltò di scatto e lanciò un'imprecazione muta nel vedere le dita martoriate della mano destra dell'elfa..

 

Lei quella volta lo aveva anticipato, sacrificandosi per lui, non lo avrebbe più permesso. In quel momento si rese conto che probabilmente i sentimenti di lei per lui erano stati più di un'amicizia.

Quante volte Saphira gli aveva ripetuto che era ceco, tante, troppe. Solo ora capiva i commenti sarcastici della dragonessa. Ho davvero gli occhi tappati? Si chiese mentalmente, ma poi si rabbuiò quando si ricordò che non c'era, nella sua mente c'era un vuoto, un silenzio assordante.

 

La cosa di Castigo colpì Arya con uno schiocco tremendo e la scaraventò nell'oscurità come una pietra lanciata da una fionda; l'elfa perse la Dauthdaert, che cadde tracciando un ampio arco.

 

Se ci pensava gli veniva a mente l'angoscia che aveva provato, ma subitò si accorse che aveva fatto la scelta giusta lasciando Arya e Saphira, le donne più importanti della sua vita, al sicuro.

Ormai erano arrivati, le mura della roccaforte erano facilmente scalabili, cercando un appiglio iniziò a salire. I palmi delle mani gli si sbucciavano, ma non gli importava, doveva arrivare in cima. Animato da questo pensiero scorse arrivò all'estremità abbastanza presto.

Trattenne un gemito quando vide due lunghe ombre, stette immobile, non fece rumore.

Dei passi si avvicinavano, sempre di più, sempre di più.. Il giovane trattenne un gemito quando vide chi aveva davanti, non era spaventoso, non era pericoloso, era un semplice umano.

Che ci fa una città di umani qua? Si chiese il ragazzo.

Cercò Blodhgarm con la mente e gli disse:

Ci abitano degli umani qua, dobbiamo trasformare i nostri lineamenti, e poi mimettizzarci tra la folla, non so dove potremo dormire, non credo che ci siano taverne, chi mai potrebbe venire qui?

Credo anche che si conoscano tutti, la città è piccola.. che cosa facciamo?

Percepì l'elfo che pensava ad una soluzione, era un dilemma alquanto difficile. Era che sapevano chi ci abitava i misteri non erano finiti. Dovevano capire perchè erano capitati là.

Ammazzaspettri, io propongo di entrare nella città nascondendoci nell'ombra, se ci chiedono qualcosa.. facciamo finta di essere entrati regolarmente dalla porta principale. Ci siamo persi nel deserto, siamo dei mercanti umani che volevano commerciare con lo stabilimento di Hedarth.

Eragon non poteva non essere d'accordo, così, mentre dopo aver aspettato che la sentinella se ne andasse, modificò il suo aspetto.

Le orecchie tornarono tonde, gli occhi si raddrizzarono, era tornato l'umano di un tempo.

Sentendo mentalmente, la presenza degli altri che lo seguivano saltò all'interno. Il vento gli alzava i capelli, aprì le braccia per stabilizzare il volo

-Blothr.- Per rallentare la caduta.

Poi all'ultimo minuto mormorò:

-Letta.- E atterrò dolcemente al suolo.

Si guardò intorno perplesso, aveva davanti una normale cittadina agricola, c'erano capanne di legno con i tetti di paglia. Le botteghe dalle insegne colorate, le madri con i bambini, gli artigiani, i fabbri. Bancarelle di con tessuti pregiati, gioielli, posate, erano allineati.

Si sarebbe detta una città usuale di come se ne trovavano in Alagaesia, ma stando più attento il ragazzo notò una cosa, i bambini meno, ma gli adulti e i ragazzi nonostante ridessero e scherzassero avevano sempre un'espressione tesa, non spensierata.

Si riscosse quando notò che le sue energie si stavano rapidamente esaurendo, nonostante l'aiuto degli eldunari.

Si nascosero al margine delle mura, tra una bottega e un cespuglio, lontani dagli sguardi altrui. Dopo di che misero fine all'incantesimo dell'invisibilità, si guardarono, stupiti del loro aspetto umano, poi si incamminarono per vedere di scoprire qualcosa di più.

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Capitolo 22
*** Ansia ***


Una figura scura camminava, senza sosta avanti e indietro. Le mani sui fianchi, i lunghi capelli neri svolazzanti, ogni volta che gli stivali neri toccavano la nuda terra si sollevavano piccole nuvolette di polvere secca.

Vuoi smettere di camminare? Fra poco farai il solco. Disse Firnen sarcastico.

Arya non smise di muoversi e gli fece infastidita:

Non sono affari tuoi.

Ah no? Sono o non sono il tuo drago? Devo occuparmi di te, soprattutto quando non stai bene.

L'elfa sospirò:

Scusami non intendevo questo, ma voglio stare sola va bene?

Va bene.

Appena il drago smeraldi lasciò la mente del suo cavaliere, Arya si pentì di aver scacciato in maniera così rude Firnen.

Ma aveva i nervi a fior di pelle, aveva smarrito se stessa. Succede quando fai qualcosa di tua volontà che non rientra nel tuo carattere e dopo ti chiedi ''perchè l'ho fatto?''.

Ecco, Arya si chiedeva questo. Ma in fondo, era felice di aver baciato Eragon, anche se non lo avrebbe mai ammesso.

Sapeva che da un certo periodo in poi aveva smesso di considerare il giovane come un'amico, ma qualcosa di più, solo che da quando Faolin l'aveva lasciata aveva chiuso con l'amore.

Allora perchè..?

Poco prima di poggiare le sue labbra su quelle del ragazzo, un tumultuo di emozioni l'aveva invasa, non voleva perderlo, aveva una brutta sensazione.

Credeva che baciandolo lui non sarebbe partito, oppure sarebbe stato più attento, ma.. aveva suscitato in lei una reazione inaspettata.

Quando chiudeva gli occhi vedeva lui, nel vento sentiva la sua voce. Stava impazzendo? Non lo sapeva, forse si, forse no.

Desiderava raggiungerlo, questo sì. Quella brutta sensazione non la aveva abbandonata, si sentiva come quando, quasi due anni prima, Saphira era tornata senza Eragon, il giovane era rimasto nella terra del re per uccidere l'ultimo Ra'zac. Lei lo aveva raggiunto, contro la logica, ma l'aveva raggiunto.

Arya inciampò sui suoi stessi piedi e cadde, sbucciandosi il palmo della mano affusolata, non si era fatta male, ma si guardò intorno stupita, non era mai cascata da sola.

Non le faceva voglia di alzarsi, così si sistemò a gambe incrociate, sul terreno polveroso. Quando alzò gli occhi, si trovò il sole direttamente in faccia, le pupille si rimpicciolirono e una lacrima solitaria scese.

Se la prima era di fastidio, fu subito seguita da un'altra e un'altra ancora; il motivo del pianto era che, L'elfa, seppur vecchia più qualunque umano, aveva appena scoperto di non conoscere abbastanza bene se stessa. Era orgogliosa, talvolta anche presuntuosa, la sua idea era che nessuno la conoscesse bene come lei, nessuno la capiva, nessuno la consolava, quest'idea della vittima l'aveva cresciuta e l'aveva fatta diventare come un riccio, pronto a pungere se infastidito.

Eragon. Non credeva che quel ragazzo le avrebbe dato così tanti problemi, era in lotto contro se stessa, una parte diceva ''resta come sei'' l'altra ''cambia, grazie a lui''. Quando hai una guerra dentro è difficile essere forti, o almeno restare forti e impassibili.

Un cinguettio all'orecchio la fece trasalire, era un piccolo pettirosso batuffoloso con le piume arruffate. Si era posato sulla sua spalla e le stava beccando gentilmente le orecchie a punta.

Lei si voltò sorpresa, e questo spaventato volò via, sbattendo freneticamente le ali.

-Scusa, non volevo spaventati.- Mormorò l'elfa nell'antica lingua.

Il piccolo allora tornò da lei che lo fece accomodare nella sua mano, l'uccellino la guardò con quegli occhi neri e intelligenti che sembravano porle una domanda.

-Oh guarda, non ti conviene stare con me, sennò ti deprimi.- mormorò lei, in risposta il pettirosso cinguettò e le prese in bocca una piccola ciocca di capelli neri. L'elfa fece una risatina cristallina, poi con un gesto della mano lo congedò l'uccellino dicendo:

-Ganga.-

Il piccolo volò via, oltre la collina dietro la quale si era rifugiato il loro gruppo, verso la città misteriosa, verso Eragon.

Arya lo guardò con un misto di nostalgia e rammarico, perchè lui poteva volare, dove voleva. Lei no. Mentre lasciava vagare lo sguardo aldilà dell'infinito, una sorta di autorità si fece spazio dentro di lei: perchè lei, Arya cavaliere erede al trono degli elfi doveva stare dietro agli ordini di un misero cavaliere? Anche se era per il bene superiore, da poco aveva smesso di fare le cose per tutti, ma aveva iniziato a farle per se e basta. Decise di fare quello che voleva, partire, raggiungerlo.

Si chiuse in se stessa, in modo che il drago smeraldo non potesse avvertirla, poco prima di alzarsi e partire pensò con rammarico, scusami Firnen.

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Capitolo 23
*** Le guardie ***


Si sentiva osservato, nonostante la testa china, sentiva gli sguardi delle persone indirizzati verso lui e i suoi compagni. Caminarono tipo dieci minuti poi un ragazzo urlò:

-Ma chi sono quelli lì?- E poi fu tutta una richiesta, una domanda, per cui ci volle tutto il sangue freddo di Eragon per rispondere.

-Da dove venite?-

-Da molto lontano.-

-Per la precisione?-

-Alagaesia-

Mormorii soffocati arrivavano alle orecchie acute degli elfi: ''Dov'è?'', ''Non lo so..'', ''Mai sentita.'', ''Mamma io ho paura.''

Ma la domanda peggiore fu:

-Da dove siete entrati?-

-Emh.. dalla porta principale, come tutte le persone perchè?- Fece il giovane un poco titubante.

-Le guardie non ci hanno avvertito!- Qualcuno urlò.

-Andiamo a chiederglielo!-

Quindi trascinati dalla folla, confusionaria vennero portati alle porte della città.

Blodhgarm, che facciamo? Chiese Eragon preoccupato.

Ci penso io ammazzaspettri. E con questo chiuse l'argomento, lasciando il ragazzo perplesso.

Le due guardie, come notò Eragon stavano appostate su due torri, ai lati del ponte levatoio abbassato, loro vedevano tutti coloro che entravano o uscivano.

Le fecero scendere, erano due ragazzi molto giovani, non arrivavano ai vent'anni, questi guardavano tutta quella folla perplessi, come a chiedersi che cosa volessero da loro.

-Avete mai visto queste persone?- Domandò qualcuno.

Uno dei due piegò la testa da un lato, poi sbattè le palpebre e disse:

-Oh si, sono arrivati stamani mattina.-

L'altro guardò il compagno a bocca aperta e fece per dire qualcosa, ma prima che qualcuno se ne accorgesse tra i suoi occhi passò un lampo e fece:

-Esattamente.-

Eragon rimase a bocca, aperta, nessuno di loro era mai passato da quella porta, guardò Blodhgarm con uno sguardo interrogativo e capì.

Sta modificando la loro memoria! Era una cosa meschina ma necessaria.

Gli abitanti però non parvero convinti

-Perchè allora non ci avete avvertiti?-

-Non lo ritenevamo importante.- Sbattevano continuamente gli occhi.

-Avete disobbedito agli ordini, i padroni dicono che ogni persona che entra in questa città deve essere registrata! Voi non ci avete neanche avvisati, questa settimana, andrete voi.-

Eragon non capì quest'ultima affermazione, ma doveva significare molto per le due guardie perchè si misero le mani tra capelli e si dileguarono tra la folla.

Il giovane era sempre più confuso, chi erano i cosiddetti ''padroni''? E cosa dovevano fare le due povere guardie?.

Guardò Blodgharm, nei suoi occhi leggeva che sapeva di più di tutti loro, essendo entrato nella mente dei ragazzi.

La folla parve ricordarsi anche loro all'improvviso:

-Questa settimana dobbiamo mandarne quattro, mandiamo le guardie e due di loro.-

La richiesta venne approvata, scelsero Blodhgarm e un'elfa, dai capelli biondi, e gli occhi azzurri, ma Eragon, non approvò:

-Vado io al posto della ragazza.- Gli uomini sghignazzarono:

-Vuoi salvare la fidanzata? Tanto pian piano vi manderemo tutti.-

Ma veramente.. Pensò Eragon e non potè fare a meno di pensare ad Arya almeno è salva.

-Stasera al tramonti fatevi trovare qui.- Decretò un ragazzo con voce compassionevole.

-Va bene.- Non capiva più niente.

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