Cronache del Mare

di SmokingRum
(/viewuser.php?uid=153563)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chronicles ***
Capitolo 2: *** 19 giugno ***
Capitolo 3: *** 20 giugno ***
Capitolo 4: *** 21 giugno ***
Capitolo 5: *** 22 giugno ***
Capitolo 6: *** Diario di Ulysses - Presentazioni ***



Capitolo 1
*** Chronicles ***


Cronache del mare
 
 
 
 
 
 
 
 
Questo racconto è dedicato all’ uomo
della mia vita. Perché sono stati i suoi occhi 
ad ispirarmi questa storia.
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 19 giugno ***


19 giugno
 
 
 
Mia madre, sin da quando ho memoria, mi ha sempre chiamata Calipso. Non so perché. In realtà lo so, ma mi sembra una ragione insipida e banale. Dice che i miei occhi, blu come il mare, non posso che averli ripresi dalla dea Calipso. Mia madre deve essere scema. 
Mio padre, invece, mi ha sempre chiamata con il mio vero nome: Amanda. E come nome mi fa schifo. A questo punto preferisco Calipso. 
Quando ho iniziato il liceo ricordo che invitai delle mie amiche a casa mia e, appena sentirono mia madre dire “Bentornata, Calipso!” cominciarono a chiamarmi così anche loro. Poi piano piano hanno avuto anche la brillante idea di storpiare quel soprannome già strano di suo: lo hanno accorciato. ora tutti i miei amici mi chiamano Cal. Una merda. Ma mi ci sono abituata.
 
Non pensavo che avrei iniziato questo diario presentandomi, ma l’ ho fatto non sapendo cos’altro scrivere come principio. 
Scrivo questo diario per narrare del viaggio che, da domani, incomincerò. Ma forse, prima, serve una piccola prefazione.
 
Io sono innamorata follemente del mare. E non del mare che si trova a Miami. Ma dell’ oceano. Quell’ oceano così blu e nero, che potrebbe inghiottirti da un momento all’altro. Potrei annegare di emozioni, per l’oceano. Sin da piccola facevo un sogno: ero su una spiaggia e osservavo il mare muoversi. All’ improvviso, il tempo di un battito di ciglia, e un’ onda si infrangeva su di me e mi trascinava via. Ma io non avevo paura, sapevo che il mare non mi avrebbe fatto nulla. E mentre l’ onda mi trascinava sempre più a fondo, sentivo l’acqua dirmi: “Apri gli occhi, tu appartieni a me.”
Poi mi svegliavo. E’ vero. Il mio cuore e la mia anima appartengono all’oceano. 
 
Sono nata in Ohio, ma subito ci siamo trasferiti a Los Angeles. Il perché rimane una domanda che mi tampina il cervello. Imparai a nuotare a quattro anni, a portare il gommone a motore a dieci e a tredici sapevo già manovrare da sola una piccola barca a vela. Mi dovevo sbrigare, il mare mi chiamava. 
“Ma non ti annoi a stare sola su quella bagnarola tutto il tempo?” mi chiedevano le mie amiche. “Perché dovrei? E poi non sono sola, il mare mi fa compagnia.” rispondevo. Loro mi guardavano come se fossi matta. Probabilmente lo sono.
 
Il punto di svolta è avvenuto un mese esatto fa. Mia madre e mio padre avevano invitato a cena dei loro vecchi amici, storici come li definivano loro. che si erano sposati appena finita l’ università. Alla fine della cena Jonah, così si chiama uno dei due amici disse: “Lo sai che tu assomigli a mio figlio?” Mia madre gli chiese in cosa. “Anche lui ha gli occhi blu come il mare. E anche lui sa manovrare le barche e conosce ogni cosa della nautica.” 
Subito il figlio mi stette simpatico, anche se non lo avevo mai visto. Suo figlio si chiama Liam. 
 
Il giorno dopo mia madre mi disse che quel Liam era pericoloso. Le chiesi in che senso. 
“E’ troppo bello quel ragazzo. Non va bene che un ragazzo della sua età sia così bello” mi rispose. Che cavolo significa?! Mia madre deve essere scema.
 
Il giorno dopo ancora Jonah chiamò a casa. Risposi io. 
“Ti andrebbe di viaggiare con noi?”
Di lì a pochi giorni, appena finita la scuola, sarebbero partiti per un lungo viaggio in barca a vela. In mezzo all’oceano. Appena misi a fuoco quelle parole pregai mia madre come mai la avevo pregata. Mi inginocchiai e le chiesi se potevo andare. Lei subito agguantò il telefono e cominciò a sbraitare.
“Ma sei pazzo?! E’ solo una ragazzina e io non ce la mando in mezzo all’oceano con te e con tuo figlio! Non mi interessa se la barca è sicura, mia figlia non ci parte in mare!”
Scoppiai a piangere. Mia madre si intenerì. Mio padre le strappò il telefono dalle mani e disse a Jonah che sarei partita. Mio padre deve essere scemo. 
 
Mia madre mi fece una testa così: “Ricordati di chiamarmi. Ricordati di fare attenzione, l’ oceano non è un  tuo amico come credi tu. Ricordati…” Ricordati questo, ricordati quello! Ma va al diavolo! Mentre lei mi faceva quelle raccomandazioni inutili io stavo già preparando il mio borsone da viaggio. Ci ho messo dentro tutti i vestiti più gualciti e brutti che ho. Le magliette più sformate e i pantaloni più sbiaditi. Non sarei certo andata in villeggiatura. Mio padre mi ha prestato tutte le sue magliette da lavoro: mi stanno enormi, mi arrivano fino a metà coscia, ma vanno benissimo.
 
L’ ho detto alle mie amiche.
“Ma sei pazza?!”
“Non ti annoierai?!”
“Non ti sentirai intrappolata?!” 
Ma che ne volevano capire loro! Che si accontentino di quello schifo di mare di Miami, io sto per volare dritta nell’ oceano! 
 
Domani parto. So che stanotte non chiuderò occhio. Come potrei?! Da domani io solcherò le acque che da sempre mi chiamano. Gli appartengo.
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 20 giugno ***


20 giugno
 
 
 
 
Sono in macchina con mio padre. Mia madre non ha voluto accompagnarmi. Dice che se mi accompagnasse non riuscirebbe a dirmi addio. Pare che sto per partire in una missione suicida in Uganda. Ma ora devo smettere di scrivere, gli scossoni della macchina mi fanno venire il mal di mare. Ma l’ oceano no.
 
 
ORE 13:45
 
Sono in aereo ora. E qui posso scrivere tranquillamente. Ho salutato mio padre al check in. E’ stato un saluto veloce, anche perché io non vedevo l’ ora di partire. Gli ho dato un bacio sulla guancia e gli ho detto di augurarmi buona fortuna. Lui lo ha fatto. Poi mi sono imbarcata e mi sono rigirata un secondo. Lui stava piangendo. Non si è accorto che lo stavo guardando. Mi si è stretto il cuore. Nella mia mente, per un secondo, mi è sembrato che non lo avrei più rivisto. Mai più. 
 
Ma ora basta. Sarà un viaggio abbastanza lungo, l’aereo atterrerà a New York. E’ da lì che comincerò il mio viaggio. Da New York poi cominceremo la traversata. Attraverseremo parecchio dell’ Oceano Atlantico. Da New York arriveremo fino alle Indie Occidentali! Poi da lì all’isola di Trinidad. Non so il perché di quella meta. Ma a me va bene tutto, l’ importante è che si stia in barca. Ma ora credo che mi farò un sonnelino; come da copione, stanotte non ho dormito nemmeno un secondo.
 
 
ORE 16:35
 
 
Sono a New York, a casa di Jonah! Ci siamo ci siamo ci siamo ci siamo ci siamo! Adesso mi trovo nel loro salotto e il cuore non smette di battermi per l’emozione.
 
Jonah mi è venuto a prendere all’aereoporto e ho letto nei suoi occhi la mia stessa emozione. Non c’è Liam, non l’ ho ancora incontrato.
“Ti piacerà mio figlio.” Ha detto in macchina “E’ uguale a te. Ah, non ti ho detto chi saremo nel viaggio! Saremo tu, io, Liam, suo cugino Paul e un suo amico storico: si chiama Lawrence. Sarai l’ unica donna a bordo, tieniti forte.”
“Non mi fanno paura gli uomini. Saprò tenergli testa.”
“E’ del mare che dovresti aver paura.”
“E perché?”
“Perché è pericoloso.”
“Non è vero!”
“Si vede che non lo conosci! Ma passiamo ad altro. Tu fumi, Amanda?”Ho esitato un po’, ma poi gli ho detto di sì. “Non preoccuparti, non lo dirò certo a tua madre. Finché sarai sulla mia barca potrai fumare quanto vuoi. Anche Liam fuma, quindi…”
Jonah deve essere un tipo forte.
 
 
ORE 18: 45
 
Ho visto la nave! E’…. è meravigliosa! Una barca a vela di diciassette metri, con le vele grandi di colore bianco avorio! E’ messa un po’ male perché, a quanto dice Jonah, la sua ragazza non ha mai viaggiato molto, solo un paio di volte e dopo l’ ultimo viaggio ne è uscita malandata a causa di una forte tempesta. E’ così che la chiama, la sua ragazza. E ora è anche la mia! Non ho visto il nome sulla fiancata, quindi gliel’ ho chiesto.
“Senza nome.” Mi ha risposto.
“Cioè è senza nome?” gli ho chiesto.
“No, nel senso che il suo nome è Senza Nome. Per questo non l’ ho scritto sulla fiancata, non avrebbe senso.”
Ho fatto il giro completo della Senza Nome. Il ponte è largo e spazioso, il timone è sporco e graffiato, ma funziona alla meraviglia. L’albero maestro è talmente alto che mi sono sentita piccola. Come una bambina. E dire che ho diciannove anni. 
All’ interno, tutto è in miniatura, come una casa delle bambole. C’è la cucina, che è minuscola, e un tavolo dove mangeremo tutti insieme. Sugli scaffali c’è il minimo indispensabile per sopravvivere e tante, troppe, carte nautiche e mappe! Mi sembra di essere in paradiso. Poi le cuccette sono sette. Jonah mi ha dato il permesso di scegliere la mia: ho scelto l’ unica che ha accanto un oblò, per poter vedere il mare anche quando non sono fuori coperta. 
Il bagno è stato un vero shock. E’ la cosa più piccola che io abbia mai visto! Ci sono i sanitari e una doccia minuscola, come se ci vivessero dei lillipuziani! Ma a me va bene così, non mi sono mai interessata più di tanto al mio aspetto.
Dopo sono andata a vedere in che stato era la catena e la carena. La catena sembra non aver mai visto il mare, è perfettamente limpida. Al contrario, la carena è completamente distrutta! Andrà riparata. L’ ho detto a Jonah, e lui mi ha risposto che il secondo viaggio la sua Senza Nome lo ha affrontato con la carena distrutta. 
La Senza Nome deve essere una tipa tosta.
 
 
ORE 21:30
 
Sono di nuovo a casa di Jonah. Sua moglie, Marianne, ci ha preparato una cena deliziosa.
 
Ho finalmente incontrato il famoso Liam. Mia madre ha ragione. E’ troppo bello. Davvero troppo. Mi ha quasi fatto paura. 
L’ ho visto entrare in casa con il sole che tramontava dietro le sue spalle e il cuore ha cominciato a battermi all’ impazzata. Ha i capelli nero corvino, come il manto di un corvo. Il viso pallido e dai lineamenti forti, ma così perfetti nel loro insieme che non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. E i suoi occhi… grigi e azzuri nello stesso tempo, come se il mare e le nuvole si fossero uniti. Il fisico muscoloso ed è altissimo! Non avevo mai visto un ragazzo così alto in tutta la mia vita. Mi sono ripresa e mi sono presentata.
“Amanda?” mi fa, con una voce profonda.
“Si.”
“E’ un piacere…. Amanda?”
“Di nuovo, sì.”
“Scusa… è che non hai la faccia da Amanda.”
“E che faccia ho?”
“Non saprei…. Ma di certo è una faccia bellissima!” e mi ha fatto l’occhiolino. 
 
Dopo la cena io e Liam ci siamo seduti sul portico. Sentivo nelle mie orecchio il suono delle onde, anche se erano lontane parecchio da noi. Ad un certo punto, Liam ha tirato fuori un pacchetto di sigarette.
“Fumi, Amanda?”
“Sì.”
Me ne ha data una e me l’ ha accesa. E ci siamo messi a fumare lì. Non abbiamo parlato di niente per un po’, dopo lui è scoppiato a ridere.
“Che c’è?” gli ho chiesto.
“Scusami, ma Amanda proprio non ti sta bene! Non posso chiamarti in un altro modo?”
“Mia madre e i miei amici mi chiamano Calipso.”
“Calipso?! Beh, in effetti i tuoi occhi sono dello stesso colore del mare… Mi piace, Calipso. Però è lungo. Che ne dici di… di Cal?”
E detto da lui, quel nomignolo orrendo mi è sembrato il nome più bello del mondo.
“Neanche io trovo che Liam ti stai bene…” me ne sono uscita io.
“Anche i miei amici mi hanno affibbiato uno strano soprannome. Mi chiamano Ulysses.”
“Posso chiamarti Uls?”
“Si, puoi. Anche i miei amici mi chiamano così. Ma detto da te, anche questo soprannome sembra bellissimo.”
Questo… Uls deve essere un tipo pericoloso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 21 giugno ***


21 giugno
 
 
 
 
 
 
ORE 10:23
 
Stamattina ci siamo svegliati tutti molto presto e subito ci siamo dati da fare per rimettere in sesto la Senza Nome. Uls è davvero bravo! Ha lucidato il ponte facendolo brillare. Non esagero se dico che ci si poteva specchiare. Io mi sono occupata del timone, che mi sembrava davvero poco attraente e distruggeva l’ immagine della nostra Ragazza. Ora è tutto levigato. 
Ad un certo punto mi sono accorta di quanti molluschi e alghe e coralli essiccati fossero attaccati alle fiancate. A lungo andare avrebbero rovinato la vernice e sicuramente anche il legno ne avrebbe risentito. L’ ho detto a Jonah, ma lui mi ha detto che non ha le imbracature per calarsi sulle fiancate e rimanere lì appollaiati. In quel momento è arrivato Uls, dicendo che mi avrebbe tenuta lui. Ci siamo avvicinati alla fiancata destra, io mi sono munita di guanti e pinze… e lui mi ha sollevata come fossi stato un fuscello! Un pazzo! Mi teneva per le ascelle, e non mi faceva per nulla male! Mi sono quindi ritrovata lì a dondolare. All’ inizio i miei movimenti erano lenti e misurati, per non fargli pesare troppo la mia presa. Ma lui mi ha detto di non preoccuparmi e di fare il mio lavoro.
“Cavoli, sei una piuma Cal!” diceva. E forse è vero, perché i suoi muscoli non erano nemmeno tesi mentre mi teneva. Ho lavorato almeno un ora e appena finivo un pezzo Uls si muoveva di qualche centimetro per portarmi all' area da ripulire. Quando ho finito, lui mi ha ritirata su e si è sgranchito le spalle. Gli ho chiesto se era stanco ma lui mi ha tranquillizzata dicendomi che ero davvero troppo leggera. In effetti non aveva nemmeno una goccia di sudore. 
Uls deve essere un tipo forzuto.
 
ORE 11:50
 
 
Ho conosciuto Paul, il cugino di Uls, e Lawrence, il suo amico. Paul mi è stato antipatico dal primo istante in cui l’ ho visto. E’ un tipo strano, tutto altezzoso! Si crede un dio sceso in terra! E dire che è brutto come la peste: magro da far paura, con le ossa che gli sporgono anche dove non dovrebbero, gli occhi stretti e le labbra finissime. E i suoi occhi sono terrosi! Odio gli occhi terrosi, mi ricordano la melma. Melma contrario di oceano. Quando mi ha vista mi ha guardata con uno sguardo quasi compassionevole. Mi si è avvicinato, mi ha squadrata e poi ha sbuffato.
“Se avessi saputo che ci sarebbe stata una donna a bordo non mi sarei fatto stirare le camice da mia madre” Stavo per prenderlo a pugni…. Ma ci ha pensato Uls. Gli ha mollato uno schiaffo sulla nuca e lo ha mandato a quel paese. 
Paul deve essere un maschilista sciovinista.
 
Lawrence invece mi è sembrato simpatico. Non è bello come Uls ma è decisamente attraente. Ha i capelli biondi  gli occhi azzurro chiaro. Hanno lo stesso colore del cielo. Mi sono piaciuti. Il cielo e l’oceano sono divisi dolo da una linea. E’ alto, meno di Uls, ma muscoloso come lui.
Dopo l’infelice uscita di Paul lui mi si è avvicinato e mi ha stretto la mano caloroso.
“Io, invece, se avessi saputo che ci sarebbe stata una donna a bordo mi sarei portato vestiti più belli!”
Lawrence deve essere un inguaribile donnaiolo.
 
ORE 13:30
 
Paul ha subito cominciato a darsi arie da gran capo, dando ad ognuno una cosa da fare. Io dovrei pulire sottocoperta, Uls dovrebbe occuparsi delle vele, che in alcuni punti andrebbero rinforzate, e Lawrence invece dovrebbe pulire la cucina sottocoperta insieme a me. 
“E tu che farai?” gli ha chiesto Lawrence.
“Io mi accerterò che ognuno faccia il proprio lavoro! Soprattutto la nostra cameriera.”
“Lei non è la tua cameriera, Paul” gli ha risposto Uls.
“Infatti, io sono quella che ti prende a pugni se non la smetti di parlarmi così.” Credo di essere stata convincente, perché non ha aperto bocca dopo.
 
Ho chiamato mia madre poco fa. Appena ha risposto ha subito cominciato a tartassarmi di domande.
“Senti freddo? La nave è abbastanza spaziosa? Ed è in buone condizioni? E i ragazzi, ti trattano come si deve? Spero che tu non ti stia affaticando troppo! Sei sicura di non voler tornare a casa?!”
Come faccio a sentire freddo a giugno?! Spaziosa?! Una barca a vela dovrebbe essere pure spaziosa secondo lei, mica è uno Yatch! Meglio sorvolare sulle sue condizioni… E se non mi trattassero bene li prenderei a pugni, no? Come faccio ad affaticarmi dopo nemmeno un giorno che ho messo piede sulla Senza Nome? E no, non voglio assolutamente tornare a casa!
Le ho detto che era tutto a posto, che non si doveva preoccupare.
“E le pillole? Ti stai ricordando di prendere le tue pillole?”
Le stramaledette pillole le prendo. Devo prenderle. 
“Si, mamma, le prendo le pillole.”
“ E sei sicura che bastino per tutto il viaggio?!”
“Mamma, me ne hai dato una carovana di quelle pillole! Mi sembro una farmacia ambulante!”
“Mi raccomando, prendile sempre le pillole.”
“Si, mamma. Le prenderò. Ti richiamo domani. E sì, mamma, prenderò le stramaledette pillole.” Ho chiuso la chiamata e ho sospirato.
“Che pillole?” Mi sarei voluta sotterrare. Mi sono girata e c’era Uls che mi guardava strano. Preoccupato, forse.
“Vitamine. Sennò svengo.” Gli ho risposto, poi l’ ho superato salendo sopra coperta.
Uls deve essere molto ingenuo.
 
 
ORE 19: 45
 
Per tutto lo stramaledetto pomeriggio sono stata a pulire le cuccette sottocoperta e la “camera da pranzo”, e il bagno dei lillipuziani. Ho le ossa che urlano vendetta. Non perché sono stanche o affaticate, ma perché sono state usate per pulire! Odio le pulizie.
Lawrence è davvero forte! Alla fine, pulire con lui non è stato nemmeno troppo noioso. Mi ha raccontato di come si è innamorato del mare: dice che è stato per merito di Uls, prima non gli piaceva nemmeno nuotare.
“Liam è riuscito a incuccarmi tutto sulla nautica!” ha detto “E’ a lui che devo tutto!”
“Uls sembra un tipo che sa il fatto suo.” Ho detto.
“Perché lo chiami Uls?”
“Liam non gli sta bene. E il suo soprannome è Ulysses, ma è troppo lungo, quindi lo chiamo Uls. Mi piace come soprannome.”
“E tu hai un soprannome?”
“Calipso, abbreviato Cal. Mi ci chiama mia madre, mi ci chiamano i miei amici, mi ci chiama Uls.”
“E allora ti ci chiamerò anche io. Cal ti sta proprio bene. E io? Che soprannome posso avere?”
“ A te Lawrence sta bene, hai proprio la faccia da Lawrence. Però è lungo. Va bene se ti chiamo Law?”
“Come Jude Law? Va bene, mi piace!”
Law deve essere strano forte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 22 giugno ***


22 giugno
 
 
 
ORE 12:25
 
Si parte domani mattina presto, e tutto grazie a me! Cominciamo dal principio.
 
Tutta la nave era a posto, e saremmo anche potuti partire subito… se non fosse stato per la carena! Eh, già, la stramaledetta carena era proprio a pezzi! E Jonah non sapeva come aggiustarla. Io sì. 
“Forse dovremmo chiamare qualcuno per farla aggiustare, così non avremmo problemi.” Ha detto Paul. Io mi sono intromessa e ho detto che alla carena ci avrei pensato io. “Tu?! Tu è meglio se vai a lavare i piatti, Amanda.”
Mi sono subito mossa per dargli un pugno ma Uls mi ha preceduta schiaffeggiandolo di nuovo sulla nuca.
“Ti meno io perché se ti menasse lei ti farebbe troppo male. E piantala di trattarla così!” Ha detto.
Io allora ho sfoderato la mia conoscenza nautica. Gli ho detto gli attrezzi di cui avrei avuto bisogno, del tempo che ci avrei impiegato, del modo in cui avrei proceduto e tutto per filo e per segno. Lui è stato zitto e Jonah ha sorriso compiaciuto.
“Direi che la carena è tutta tua, Amanda.” Ha detto Jonah.
Ho quindi rappezzato la carena, facendola diventare come nuova, e ci siamo anche occupati tutti della chiglia, che aveva anche lei qualche acciacco. Ora la Senza Nome poteva davvero andare in mare!
“E invece no, abbiamo un altro problema!” ha detto Jonah, facendo scomparire il mio entusiasmo “La radio è fuori uso e va aggiustata per forza. Non possiamo intraprendere un viaggio senza essere collegati al mondo esterno.”
Ed ecco che Paul si è esibito in uno dei suoi sorrisi io-so-fare-una-cosa-che-tu-potresti-solo-sognare-di-fare.
“Alla radio ci penso io, sono un mago sull’elettronica.” Ha detto compiaciuto. E’ saettato sottocoperta e, sotto i nostri sguardi, si è messo a trafficare con i fili e i pulsanti della radio. Mi distrugge ammetterlo, ma ero rimasta affascinata dalle sue mani ossute che saettavano da un filo all’ altro! Dopo nemmeno un quarto d’ora ha rimesso il coperchio alla radio, si è infilato le cuffie, e la ha accesa. Nemmeno a dirlo, funzionava alla perfezione. Okay, se partiamo, forse, è un po’ anche merito suo.
Paul deve essere piuttosto capace in quello che sa.
 
 
ORE 24:35
Non riesco ancora a dormire, nonostante mi sia stancata parecchio a stare tutto il giorno sotto il sole ad aggiustare tutto quello che c’era da aggiustare.
Un pomeriggio eccitante in vista della nostra mirabolante partenza!
Dopo cena io sono uscita con l’ intenzione di farmi una sigaretta e Uls mi ha raggiunta. 
“Ti va di fare un giro?” mi ha chiesto. Io ho detto di sì e ci siamo allontanati silenziosamente da casa di Jonah e Marianne.
 
Siamo arrivati fino alla spiaggia a piedi e abbiamo fatto una lunga passeggiata. Non mi sono mai sentita così bene in vita mia, il vento che odorava di sale, il suono delle onde…. Ero in estasi.
Ad un certo punto ci siamo sdraiati a terra e Uls mi ha fatto poggiare la testa sul suo petto. Mi piaceva il suono del suo respiro, così calmo e controllato, e anche il movimento del suo petto, su e giù… mi sembrava quello di una nave nel mare, cullata dalle onde.
“Ho visto che stai sempre a scrivere su una specie di quaderno. Cos’è?”
Io gli ho spiegato del mio diario. Gli ho detto che la mia memoria, a meno che non si tratti di nautica o cose simili, è davvero pessima e che non avrei mai voluto dimenticarmi di questa esperienza. Per questo scrivo ogni cosa mi succede.
“Interessante. Forse potrei farlo anche io. Tu che dici?”
“Perché no, ti assicuro che è divertente! Provaci.”
“Ci provo. E dimmi, il mio nome è apparso nel tuo diario?”
“Certo che è apparso.”
“Bene. Sicuramente apparirà anche il tuo.”
“Ti posso chiedere una cosa?” ho chiesto all’ improvviso.
“Dimmi.”
“Perché proprio a Trinidad? E’ un’isola sconosciuta dal mondo intero, perché la nostra meta è quella?”
“Non lo so. Ma forse… No, lascia perdere.”
“Dai, dimmi.”
“Mio padre aveva una sorella. Ma è scomparsa moltissimi anni fa. Si chiamava Melissa. Nessuno sa che fine abbia fatto, io credo sia morta, ma mio padre è sicuro che sia ancora viva. La sta ancora cercando. Sicuramente è per questo che andiamo lì, crede che si trovi lì. Anche i due viaggi che ha fatto prima di questo erano per cercarla.”
Non pensavo che si nascondesse un simile motivo dietro il nostro viaggio, e un po’ sono rimasta delusa. Pensavo che Jonah volesse partire perché amava il mare, non perché voleva trovare sua sorella. Ma poi, ripensandoci, mi sono resa conto che è una motivazione più che valida. Forse anche più della mia immotivata voglia di stare in mezzo all’oceano.
Jonah deve essere molto affezionato a Melissa.
 
“E tu perché ami il mare?” mi ha chiesto. E io gli ho raccontato del mio sogno. 
Gliel’ ho raccontato per filo e per segno, con ogni singolo dettaglio, anche i più insignificanti. Mi aspettavo che sarebbe scoppiato a ridere, invece mi ha guardata dritta negli occhi con uno sguardo misto di ammirazione e paura.
“Wow…” ha detto “E’ stato assurdo! Il modo in cui hai raccontato il tuo sogno! Mi è sembrato di star lì con te, di essere inghiottito dal mare! Mi è sembrato quasi di sentire anche la voce dell’acqua!”
“ E com’era?”
“Melliflua, ma solida. Piena di amore!” abbiamo detto insieme. Poi siamo scoppiati a ridere.
“Dovresti raccontare storie, tu. Hai un talento nel far immedesimare la gente nel tuo racconto.” Mi ha detto. Non so se sono arrossita o meno, so solo che mi è sembrato il complimento più bello che qualcuno mi avesse mai fatto.
“E tu, perché ti sei innamorato del mare?”
Non mi ha risposto. Ha seguito un lungo silenzio a quella domanda, riempito solo dai nostri respiri. Gli ho chiesto se ero stata indiscreta. Lui mi ha risposto che non se la sentiva di parlarne, che era un problema radicato in profondità, troppo in profondità. 
Uls deve essere un tipo molto profondo, più di quanto sembri. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Diario di Ulysses - Presentazioni ***


Diario di Ulysses– Presentazioni
 
 
 
 
Su detta di Cal comincerò a scrivere un diario di bordo, per narrare dell’avventura che stiamo per vivere. L’ emozione cresce ogni secondo che passa. Adesso sono in camera mia, camera alla quale sto per dire ciao! Sarà divertente? Non ne ho idea. Stancante come viaggio? Sicuramente. 
 
Paul, mio cugino, riesce a rompere le scatole anche senza aprire bocca.  Non so come ci riesce. Forse è il suo unico talento. Bah! So solo che se continuerà a trattare in quel modo fastidioso Cal lo prendo a pizze. Mi da davvero fastidio quel suo modo di fare da capo, come se lui fosse l’unico con un po’ di sale in zucca! Sarà pure un cervellone, ma di nautica non sa una ceppa. Che nervi. Solo perché è riuscito a riparare quella radio ora crede che lui sia il capo. Non capisce che il capitano è Jonah, mio padre?! Idiota. 
 
Invece passare il tempo con Lawrence è uno spasso. Adoro quel ragazzo, sono davvero contento che abbia accettato di viaggiare con me. Sono sicuro che gli farà bene. 
 
Mio padre è talmente tranquillo che ho l’impressione che in realtà non gliene importi niente di fare questo viaggio… Ricordo che nei suoi primi due, quelli per cercare zia Melissa, era sempre eccitato e nervoso. Invece in questo è pacato e rilassato. Forse non la stiamo andando a cercare…
 
Oggi Cal ha riparato la carena! Era da vedere, armeggiava con gli arnesi come se fossero stati il suo pane quotidiano! Quella ragazza ha carattere, altro che! 
 
Cal, Cal, Cal… Non so perché ma mi lascia sempre una strana sensazione parlare con lei… sembra così saggia! E i suoi occhi! Cavolo, non esagero quando dico che sono dello stesso identico colore del mare. Di un blu così liquido che ci potresti annegare! E il suo modo di parlare! Oggi mi ha raccontato un suo sogno ed è stato incredibile! Mi sembrava di stare lì, con lei, su quella spiaggia! E mi sembrava di sentire il freddo del mare abbracciarmi e portarmi lontano! Lei si che ha carattere. E poi è davvero molto bella! Ha un viso dai lineamenti così delicati, e invece il suo carattere è forte e duro come una roccia. E i capelli sembrano seta: ondulati e di un colore ramato rarissimo! Mai avevo visto una ragazza con quel colore di capelli. Forse è troppo magra… dovrebbe mangiare di più. L’ ho sollevata un giorno perché doveva liberare la fiancata destra dai molluschi che erano rimasti attaccati e mi è sembrato di sollevare una piuma, o un pezzo di carta. Sì, dovrebbe mangiare di più. Ma cavoli se ha carattere!  
 
Diamine, non sono per niente in grado di scrivere un diario. Ho già finito le cose da dire! E dire che Cal ci passa le ore a scrivere e di ogni giorno ne scrive anche tre di pagine! Ma come fa? Forse vede la vita in modo più dettagliato di come la vedo io. Forse. Può essere.
 
Ah, ma una cosa c’è da dire: credo che a Lawrence piaccia Cal. Ho notato che la guarda sempre in modo molto insistente, e ogni volta che parla con lei sembra sempre che abbia qualcosa in più da dirle. Era da vedere quando mi ha detto che Cal gli aveva dato un soprannome!
“Lo sai come mi chiama Cal? Mi chiama Law! Non sei l’ unico ad avere un soprannome!” Forse si pensa in competizione con me, chissà.
 
Ma ora è meglio andare a dormire: sono stanco e mi si chiudono gli occhi dal sonno. E da domani me lo posso anche sognare un materasso comodo come questo.
 
Buona notte, diario di Ulysses.
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1064551