and you are just a beautiful mistake

di aamazayn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My dear sweet little sister Scarlett ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 'i would rather Scar, anyway' ***
Capitolo 4: *** do you want to take a picture with me? ***



Capitolo 1
*** My dear sweet little sister Scarlett ***


 

and you are just a beautiful mistake
 


Un colpo di vento rimbombò nell'aria fresca e Scarlett incrociò le braccia al petto mentre lasciava correre lo sguardo sulla riva. Le onde si infrangevano regolari sulla battigia e sotto lo sciabordio di esse, raggiunse casa stringendo le scarpe da ginnastica tra le mani, come d'abitudine. Prima di aprire la porta, si fermò per scrollarsi la sabbia dalle gambe e dai piedi e, dopodiché, entrò il più silenziosamente possibile. Borbottò qualcosa sottovoce lamentandosi e schivando il borsone del fratello con lo stemma della squadra di lacrosse sopra e fece qualche rapido passo in salotto, diretta verso camera sua. Non appena avanzò nel corridoio però si bloccò poiché diversi rumori che provenivano dalla cucina richiamarono la sua attenzione e infatti, come per confermarle la sua presenza, la testa della madre sbucò dai fornelli, pochi attimi dopo.
«Mamma?»
«Oh, ciao tesoro! Sei già arrivata? Vieni, è pronta la cena» Megan, sua madre, sorrise sorpresa, invitandola ad entrare. Scarlett fece, di conseguenza, un passo indietro verso l'uscio.
«Aspetta mamma – rispose Scarlett in fretta, scuotendo il capo – prima mi devo assolutamente fare una doccia e cambiare. Liam dov'è? Non mangia con noi?»

«No amore, è fuori con alcuni amici»
Scarlett fece spallucce noncurante e annuì tranquilla.
Una volta in camera, non accese neanche la luce. Sospirò stanca, togliendosi scarpe, maglietta e pantaloncini e li gettò a terra in un angolo. Distrattamente cercò qualcosa da mettere ancora immersa buio e si diresse in bagno, strisciano i piedi scalzi doloranti. Era veramente esausta. Amava correre al tramonto; era una delle poche abitudini che aveva dall'inizio della scuola media, e pur non facendo più gare con gli amici al parco come prima, correva al calare del sole sulla spiaggia, di fronte casa, praticamente tutte le sere. Eppure, nonostante l'esercizio regolare, c'erano volte in cui si stancava subito, ai primi minuti e una di quelle volte era proprio quella sera.
Si fece una rapida doccia, indossò la maglia catturata dal pavimento poco prima, una delle tante che aveva rubato al fratello e si sistemò la coda con scarsi risultati. Tornò in cucina per poi fiondarsi a letto.




Con un gemito, Scarlett si mise il cuscino sulla testa e nonostante l'ambizione, pochi istanti dopo, piombò a sedere esasperata. Il suo primo pensiero fu di prendere una mazza ed assalire suo fratello che stava facendo chissà cosa nell'altra camera ma non era del tutto certa di avere una mazza in casa. Comunque, avrebbe potuto usare una pentola.
Ci pensò su e massaggiandosi le tempie con le dita, cercò il cellulare sul comodino. Al contatto con la luce intermittente che segnava l'una e un quarto del mattino, sgranò gli occhi esterrefatta e drizzò in piedi superando camera sua, diretta verso quella di Liam. Fin troppo nervosa e tremendamente arrabbiata, si avviò lungo il corridoio con foga eppure quando fece per girare l'angolo, qualcosa la urtò. Andando a sbattere contro un qualcosa un po' troppo morbido per essere un qualsiasi mobile, Scarlett precipitò letteralmente a terra.
Schioccò la lingua, incredula ed irritata.

«Ma che diavolo.. Ma dico, stare attento!?» sbottò di colpo.
Una voce rauca e pastosa la sorprese ed interdette i suoi lamenti. Lei sussultò non appena smise di agitarsi. La stessa voce, che proprio non conosceva e non aveva mai sentito prima, cominciò rapidamente a scusarsi ma Scarlett, troppo in collera e stanca, non ci fece molto caso e non appena il ragazzo allungò una mano per tirarla su, lei l'afferrò di scatto. Una volta in piedi, si trovò di fronte ad un ragazzo alto, mai visto, con un ammasso di ricci castani in testa e che, senza ombra di dubbio, non poteva essere Liam, suo fratello. Mise a fuoco e dando finalmente un viso a quella voce, ne ebbe la certezza. Ma comunque, in ogni caso, non si fece molti problemi e fermò acidamente la parlantina di lui con tono brusco.
«Senti – Scarlett scrollò le spalle, fin troppo stanca per starlo ad ascoltare o per rivolgersi a lui educatamente – Ho capito, ti scuso ma ora piantala di parlare!» e detto quello, lo supererò decisa ed intenta a non avere più nessun contatto con lui.
Quasi si buttò nella camera del fratello, ignorando sia il ragazzo alle sue spalle che l'aveva appena investita sia i rumori e i numerosi schiamazzi che provenivano da quel buco infernale.

«Liam quanto diamine ti ci vuole a imparare l'orologio?! Smettila di fare rumore!» protestò lei ma una volta dentro, spalancò la bocca, arrossendo inevitabilmente. Non appena si accorse di quante persone stava ospitando il letto a due piazze di suo fratello, si pentì all'istante della sua quasi scenata. Tre bellocci più suo fratello la stavano fissando, interrogandola con lo sguardo. Bel colpo Scarlett, pensò lei tra sé e sé.
«Ragazzi – prese dunque parola Liam, con fare divertito – questa è la mia cara dolce sorellina Scarlett» disse indicandola con un sorriso beffardo a decoragli il viso. Almeno per lui, la scena era divertente.
Per la bionda, invece, confusa e perplessa, era più che altro surreale ed inoltre, faticava ancora a credere di riuscire a rimanere in piedi nonostante l'ora e la stanchezza. Rimanendo in completo silenzio, in attesa e si portò le braccia al petto, incrociandole bruscamente. Quel movimento le fece alzare di qualche millimetro la misera maglietta che portava ed al suo contatto, lei imprecò contro quell'affare mentalmente. Uno dei tre ragazzi che le stavano di fronte, quello più distante come posizione da Liam ma più vicino a lei, se ne accorse e più che ignorare l'accaduto imbarazzante, le fece l'occhiolino. Si alzò dal letto, si passò una mano tra i capelli lunghi, neri corvino sistemandoli in automatico e ammiccò spensierato nella sua direzione. Solo quando fu quasi a due passi da lei, gli tese la mano per presentarsi.
«Io sono Zayn e loro sono – indicò a turno le teste degli altri – Louis, Niall e quello laggiù, invece, è Harry»

Il moro indicò un punto alle spalle di Scarlett e lei, girandosi, capì a chi si stesse riferendo. Il ragazzo riccio che poco prima l'aveva investita le sorrise in modo insopportabile. Quando fece per rigirarsi, per rivolgergli nuovamente la sua schiena, l'espressione soddisfatta di lui la irritò ancor di più.
«Bella presentazione» sbottò a quel punto lei, gesticolando nervosa «Ora però fate poco casino, okay? Grazie e vi saluto!»
Fece un cenno con il capo alla comitiva senza aspettare nessuna risposta e si diresse verso l'uscio. Aspettandosi di trovare quell'Harry appoggiato allo stipite della porta come pochi attimi prima, si stupì nel non vederlo e si sentì sollevata. Quando però imboccò il corridoio, si dovette spostare per evitare nuovamente il suo busto. Scarlett si fermò a pochi millimetri da questo e essendo Harry piuttosto alto, per guardargli il viso, dovette quasi mettersi in punta di piedi.
«Che vuoi?» gli chiese Scarlett, diffidente ad ansiosa di tornare a letto.
«Una persona normale di solito non reagisce così, sai?» replicò lui, due fossette gli segnavano le guance scavate.
Scarlett alzò gli occhi al cielo e fece un passo di lato, poi in avanti, cercando di superarlo ma lui prontamente, quasi se l'aspettasse, la anticipò ostacolandole il passaggio. Di nuovo. Scarlett capì che non l'avrebbe lasciata andare senza una risposta quindi sospirò e 'sta volta, con estrema calma, prese parola.
«Io vorrei solo dormire, quindi ti puoi spostare?»
Harry alzò un sopracciglio, si scostò i capelli ricci dagli occhi, sorrise ancora.
«Ma certo, bastava chiedere» rispose lui tranquillo e compiaciuto. Con un solo movimento, si accostò al muro lasciandole così libero il passaggio e Scarlett, impaziente, inoltrò il corridoio a grandi passi, liberandosi dal suo sguardo.

Raggiunta camera sua, sul punto di lasciare quel tremendo episodio appena accaduto alle sue spalle, ebbe come la sensazione che Harry l'avesse richiamata, chiamandola per nome e malgrado avesse voluto prenderlo a schiaffi, non se ne accertò neanche.
Chiuse la porta a chiave e tornò a letto.




 


Storia momentaneamente sospresa da ormai anni 
Per chi l'avesse letta o seguita in quel periodo, troverà delle correzioni avvenute poichè più 
la guardavo più mi saliva la vergogna. 
Siete e siete state fantastiche con me 
Non vi ringrazierò mai abbastanza per quello come mi avete fatta sentire qui dentro
Un bacio grande a tutte 

 
 

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Capitolo 2
*** 1 ***


and you are just a beautiful mistake
Capitolo uno

L'orologio digitale sul cruscotto indicava che si stava facendo tardi.
«E' stato tremendamente..»
«Imbarazzante, lo so»
«No, è stato pure..»
«Fastidioso? Già»
A quel punto, Joan incrociò le gambe sul sedile di pelle dell'auto, abbastanza seccata ma non protestò nemmeno.
Faceva caldo anche con l'aria condizionata accesa e come ogni mattina, lei e Scott stavano chiacchierando nell'auto di quest'ultimo, utilizzata praticamente come riparo dall'afa e stavano attendendo il suono stridulo della campanella, che da lì a poco, gli avrebbe indicato l'inizio delle lezioni.
La bionda, rivolta verso il finestrino, guardò distratta una macchina che parallelamente alla loro, stava parcheggiando in una manovra di una lentezza sovrumana e anche quello, la irritò. In realtà, quella mattina, da quando aveva aperto gli occhi, qualsiasi cosa, anche la più piccola, l'aveva fatto. Quel giovedì si era svegliata stanca, nervosa, incerta su ciò che le era accaduto la notte precedente ma con l'immagine delle fossette compiaciute di Harry e il ricordo dei capelli neri pece di Zayn stampati in testa. Non aveva fatto colazione poiché in ritardo, non si era riuscita a truccare e perfino la felpa che indossava, la più comoda che aveva nell'armadio nonché la sua preferita, le dava fastidio. Ma sicuramente non quanto Scott, che aveva preso a picchiettare con la punta delle dita il cambio dell'auto, cercando di attirare a tutti i costi la sua attenzione. Joan, consapevole del fatto che non avrebbe smesso finché lei non si fosse girata nella sua direzione e non avesse acconsentito a dargli ascolto, si appoggiò ancor di più allo schienale del sedile e con aria svogliata, posò gli occhi prima sulle sue mani e poi su quelli di Scott, che al contrario dei suoi, avevano un'aria serena e rilassata. E anche molto irritante, si ritrovò a pensare lei.
«Andiamo, parliamo di questa cosa da quando sei arrivata a casa mia» le fece notare lui con un mezzo sorriso stampato sulle labbra carnose, cercando in un qualche modo di giustificarsi. Joan, non potendo colpevolizzare Scott che si, non aveva tutti i torti e che stranamente, anche quella volta, aveva ragione, gliela diede vinta subito.
«E va bene, non parlerò e non penserò più a loro da questo momento in poi» ribatté allora, con aria disgustata. Scott, invece, rise leggermente.
Dallo specchietto retrovisore, Joan notò parecchi ragazzi entrare nell'edificio scolastico e sbuffò sonoramente. A momenti la campanella sarebbe suonata, il poco tempo a loro disposizione era già volato e lei l'aveva del tutto sprecato parlando e lamentandosi di quei bellocci, amici del fratello, che avevano disturbato il suo sonno la notte precedente.
Si strofinò con entrambe le mani il dorso dei Levis chiari che di fretta, nell'ansia di non arrivare in orario a casa di Scott, aveva indossato quella mattina e contemporaneamente alzò gli occhi al cielo poiché diavolo, aveva ripensato a loro.
«Fammi indovinare..» la canzonò il suo migliore amico, prendendola in giro.
«Penso proprio che sia arrivata l'ora di andare in classe» fece di conseguenza lei, non dandogli retta.
Joan raccolse la sua borsa, aprì la portiera per uscire, la richiuse con una spinta e proseguì diretta verso la scuola, lasciandosi l'auto, il loro rifugio
protetto, alle spalle. Scott la imitò in ogni sua mossa e pochi passi dopo, entrarono spalla contro spalla nell'edificio.
L'odore fresco e acre di vernice li travolse completamente, facendoli rabbrividire. I numerosi ragazzi che il corridoio principale stava ospitando si anteposero tra Joan e Scott e quest'ultimo, quasi in automatico, si pose davanti a lei, la prese per mano per non rischiare di perderla tra la massa e si fece spazio in direzione delle scale, guidandola con fare protettivo. Una volta raggiunto il secondo piano, anche se le persone pian piano si erano praticamente dissolte, Scott continuò a tenere le dita intrecciate a quelle di Joan. Non la mollò fino a che non dovette per forza di cose, dovendo entrare in classe.
Joan a stenti riuscì a percepire la voce di Scott, intento a salutarla, poiché il frastuono della campanella l'assordò totalmente, facendola distrarre per un momento. Un momento di troppo.
Girando l'angolo, la bionda si voltò appena in tempo per scorgere una figura venirle contro violentemente. Non potendo prevenire l'impatto, Joan atterrò esterrefatta sul pavimento di ceramica della scuola e ancor prima di mettere a fuoco lo sguardo o dire o fare chissà che cosa, riconobbe incredula la parlantina fastidiosa di chi l'aveva appena colpita e fatta precipitare a terra. Spalancò gli occhi, anzi gli strabuzzò letteralmente. Non era assolutamente possibile, non poteva essere.. Drizzò in piedi di scatto e le sue ipotesi si accordarono tra loro, incontrando i non ormai sconosciuti lunghi ricci castani, disordinati e sparati in aria che le stavano di fronte, di nuovo.
«Oh mio Dio, ma sei un incubo!»
Harry, o meglio dire ”uno dei bellocci, sicuramente quello che si divertiva ad andare contro la gente” scoppiò a ridere di rimando, meno sorpreso di quanto potesse esserlo lei. La osservò nel tentativo di ricomporsi e poi, con assoluta nonchalance, si aggiustò un ciuffo di capelli ribelle e prese parola.
«Scusami non stavo proprio guardando dove stavo andando, stai bene?» le chiese con tono pacato, libero da ogni tipo di sarcasmo o divertimento. Nonostante ciò, Joan ebbe come l'impressione che non fosse stato solo il caso a farli incontrare nuovamente ma non avendone l'assoluta certezza, alzò un sopracciglio dubbiosa.
Gli occhi di Harry, vispi e attenti, la squadrarono da capo a piedi come per accertarsi che fosse tutta intera e che non si fosse fatta male e Joan si sentì come obbligata a prendere parola e dire qualcosa pur di mettere fine a quel contatto. «Ho notato» borbottò lei, cercando di non far trasparire dal tono della sua voce qualsiasi traccia di disagio che invece, inevitabilmente, stava provando dentro di sé. «Cos'hai da ridere?» gli domandò poi, quando si accorse che Harry aveva iniziato a sorriderle e che le fossette che lei già aveva incontrato la notte precedente, avevano di nuovo preso posto sul suo viso pulito, sbarbato. Harry provò ad assumere un'espressione leggermente più seria ma un secondo dopo, con scarsi risultati, la situazione tornò esattamente come prima. Le fossette comparvero e gli scolpirono le guance arrossate per il caldo.
«Hai da fare, adesso?» le chiese lui, sporgendosi in avanti per farsi sentire e mettendo praticamente fine alla poca distanza insorta tra loro. Di conseguenza, Joan ebbe come l'istinto di fare un passo indietro ma ad ogni modo, lo controllò. Erano così vicini che se lei, al posto di guardare verso l'alto, alla ricerca dei suoi occhi, avesse guardato dritto davanti a sé rivolgendosi al petto di Harry, la punta del suo naso l'avrebbe sicuramente sfiorato.
«Ehm sai, Harry, giusto per fartelo sapere, questa è una scuola – gli disse ironica, facendo roteare un dito ad indicargli ciò che gli circondava – ho lezione ora»
«Ottima osservazione, anche io, sai?– Harry, nonostante il rifiuto, sembrò soddisfatto della sua risposta – Allora ci vediamo dopo?»
«No, ci si vede in giro» lo riprese lei, a scanso di equivoci.
Joan fece un passo di lato, curiosa nel vedere come avrebbe reagito Harry. Tuttavia, lui non sembrò cambiare espressione e soprattutto, non cercò di bloccarla. Joan, senza un preciso motivo, si sentì quasi offesa e allora si fece largo nel corridoio, frapponendo tra loro sempre più distanza ad ogni passo che conseguiva decisa.
Consapevole di avere lo sguardo del ragazzo addosso e riflettendo sulle parole di quest'ultimo, si ritrovò a pensare che quel “dopo” a cui lui aveva accennato pochi attimi prima, probabilmente sarebbe arrivato presto. Una scarica di adrenalina le percorse la schiena, percepì diversi brividi lungo tutta la spina dorsale.
Joan non vedeva già l'ora.



Joan fissò le crepe dell'intonaco che correvano lungo l'angolo della sala, pensierosa. Aveva arredato lei stessa quella stanza e ogni volta che ci faceva caso, si sentiva sempre più soddisfatta del risultato. Sua madre l'aveva lasciata libera fin da subito e da sola, lei si era cimentata in quell'attività come se effettivamente fosse il suo lavoro e aveva scelto con cura e attenzione tutti mobili, i soprammobili e i particolari dallo stile provenzale che l'intera sala ospitava. Dal divano in cui in quel momento Joan era stesa, con le gambe incrociate tra loro, alle tende color turchese che di proposito, richiamavano l'azzurro cristallino del cielo e del mare che si poteva contemplare da ogni finestra presente, estendendosi sulla veranda principale.
Ogni qual volta che a Joan capitava di pensare allo splendido lavoro ottenuto, si sentiva fiera di se stessa e di ciò che aveva realizzato in modo autonomo. In più, diciamocelo, abitare sulla spiaggia aveva i suoi vantaggi. Il mare che dava da sfondo praticamente a tutta la casa, riusciva a dare un valore anche a un qualcosa di precario o irrilevante, rendendolo il tutto un paradiso per gli occhi. Nonostante il tempo trascorso, Joan se ne stupiva ancora.
Erano passati ormai anni da quando la sua famiglia e quindi, sua madre Megan, Liam e lei, si era trasferita nella cittadina dell'East Sussex ma Joan, ad ogni modo, faticava ancora ad ambientarsi poiché la differenza con Londra era veramente sostanziale. Al contrario di Liam, che invece, sin dai primissimi giorni si era già ambientato.
La casa era silenziosa, ma nonostante ciò, la ragazza non riusciva a prendere sonno. Sul tavolo c'erano dei bicchieri di plastica, cinque per l'esattezza e questo diede a Joan la conferma che suo fratello e i suoi amici erano arrivati da scuola prima di lei e che, allo stesso modo, dopo essere stati lì, nella stanza in cui al momento vi era lei, se n'erano anche andati.
Joan tirò un sospiro di sollievo, godendosi il suono delle onde che percepiva dalla spiaggia e che in quel momento, le parevano essere l'unico rumore che il suo udito poteva realmente cogliere. Certo, solo per quel momento.
Dei passi che da' lontano sembravano sfumati, leggeri e delicati, pian piano divennero rumorosi e tosti, si precipitarono sui gradini delle scale di legno, veloci e rapidi, accompagnati da grida e schiamazzi continui. Nel placido silenzio ormai distrutto e rovinato, poté – a suo malgrado – riconoscere la risata di Niall che ancora, ma non per molto, fuori dalla porta, faceva come d'accompagnamento alle voci diffuse degli altri ragazzi.
La bionda balzò in piedi con un mezzo sorriso sul volto quando percepì la maniglia piegarsi e la porta aprirsi. Il primo a spalancarla letteralmente fu Zayn che arrivando di corsa, si piegò in due per riprendere fiato. In una delle due sue mani, entrambe appoggiate sulle ginocchia ossute, stringeva il cellulare di Liam. Quando poi gli altri lo raggiunsero, il moro si buttò di scatto dietro le spalle di Joan, come se avessero confidenza da anni, afferrandola prontamente per i fianchi ma nascondendosi a malapena.
«Sorellina, riprendi quel cellulare!»
Esclamò Liam, prima che Louis, placcandolo da dietro, gli tappasse la bocca zittendolo. Joan corrugò la fronte, abbastanza confusa ma comunque divertita.
«Che schifo Payne! Mi hai leccato!»
Louis ritrasse la mano con una espressione schifata sul volto e l'asciugò sulla spalla di Harry che, del tutto estraniato dalla scena, con lo sguardo rivolto a Joan o a Zayn? protestò poi. Niall non faceva altro che ridere e Joan non poté fare che imitarlo, tanto era contagioso.
«Oh ma quanto sei tenero, Liam?! – Zayn, dietro di lei, cercò di imitare una voce (a malo modo) femminile – Stavi benissimo con i capelli pettinati così, oggi!» continuò, sotto le sonore risate di tutti tranne ovviamente che per quelle di Liam che, finalmente, riuscì a riprendersi il cellulare.
«Fatevi gli affari vostri!» brontolò, scuotendo la maglietta sporca di fango? Niall andò a spettinargli i capelli e Harry, invece, chiuse la porta alle sue spalle creando un leggero vento.
«Povero cucciolo, si è offeso» lo canzonò Louis, pizzicandogli una guancia.
Liam incrociò le braccia al petto in modo infantile ed incontrando con le dita la macchina scura sul bordo della maglietta borbottò un «Vado a cambiarmi, arrivo subito» per poi uscire di scena, dirigendosi verso camera sua.
«Tu che puoi, fallo! Non salirò mai più sul tuo pick-up Harry, te lo assicuro» si lamentò Zayn. Il riccio allora sbuffò.
«Ancora con questa storia, Malik? Ti ho già chiesto scusa!»
«I miei pantaloni non torneranno mai indietro con delle semplici scuse»
«Te li ricomprerò» Insistette Harry, divertito.
«Non saranno mai li stessi»
Zayn teatralmente si portò una mano sul cuore e sospirò con fare melodrammatico.
Joan sembrò apprezzare, per così dire, quel gesto, la fece ridere ed essendo rimasta muta per tutto il tempo e non avendoli ancora sgridati, i ragazzi interpretarono quella risata accennata con un grande punto interrogativo. Presero tutti a fissarla, curiosi.
La bionda puntò gli occhi castani su ognuno di loro, a turno e quando incontrò quelli verde smeraldo di Harry (per quanto fosse assurdo) si sentì sollevata.
«Ciao sorellina, tutto bene?»
Liam appena tornato, le cinse i fianchi con un braccio.
«Perché me lo chiedi?»
«Perché non sei ancora scappata e non hai ancora urlato contro nessuno» rispose il fratello, facendo spallucce.
Joan gli diede una leggera gomitata sulle costole ma prima di replicare, qualcuno prese a bussare la porta. La voce di Scott zittì tutti quanti e solo la bionda sembrò non darci peso, scostò il braccio di Liam dai suoi fianchi e tranquilla, andò ad aprire. Una volta spalancata, la porta di legno battuto lasciò libero il passaggio a Scott, che increspò le labbra in un sorriso radioso.
«Ehi, ciao» la salutò lui, inoltrandosi all'interno della casa.
Joan gli andò incontro, quasi bloccandolo. Scott rimane per forza di cose sull'uscio.
«Che ci fai qui?» gli chiese lei, ricambiando il sorriso.
«Sono venuto a trovarti e poi vorrei proprio sapere dove hai lasciato il tuo telefono»
Joan non finse neanche di pensarci, tanto era ovvio.
«L'avrò dimenticato nella tua macchina, scommetto»
Come risposta, Darren frugò nella tasca dei suoi jeans a sigaretta e una volta trovato, gli porse il cellulare, annuendo visibilmente.
«Andiamo a fare un giro, ti va?» le domandò subito dopo.
La bionda fece roteare il telefono tra le mani, se lo infilò nella tasca della felpa e si girò verso l'interno della casa, cercando lo sguardo di Liam come per chiedergli il permesso. Ciò nonostante, il primo che incontrò non fu quello del fratello ma quello di Harry, che privo di una qualsiasi e decifrabile espressione sul volto, la stava guardando con le labbra schiuse. Joan lo ignorò di tutto punto, vide Liam annuire e sorriderle amabilmente e quello le bastò, mimò un saluto al resto di loro, Harry compreso e si voltò in direzione di Scott , felice di averlo vicino. Chiudendosi la porta dietro di sé e lanciando un ultimo sguardo al di dentro della sala, si chiese a cosa stesse pensando Harry e perché, tutto d'un tratto, la stesse guardando in quel modo.

 

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Capitolo 3
*** 'i would rather Scar, anyway' ***


 
'and you are just a beautiful mistake'
 
La luce mattutina del sole giocherellò sul viso di Scarlett, che si svegliò poco dopo. 
Si era dimenticata di chiudere le tende la sera prima, e la finestra era ferma solo con un gancio.
Era rimasta sulla spiaggia con Darren tutto il pomeriggio, e si erano fermati sul ponte del molo a prendere un gelato verso sera. 
Quando era, poi, rientrata in casa, aveva intuito che i ragazzi erano rimasti un'altra volta a dormire a casa sua, riconoscendo un'altra macchina sul viale. 
Scese dal letto, controllando l'orario, e si fece una coda disordinata prima di andare in cucina, trasciando con sè la coperta intrecciata al braccio.
Lanciò una rapida occhiata al panorama, e sorrise instintivamente. Era fine maggio, e la spiaggia, ormai, si era trasformata in un vero e proprio ritrovo di serfisti coraggiosi e mattutini, e seppur si trovassero a diversa distanza da casa - dove le onde erano più alte vicino al ponte - si potevano scorgere le tavole colorate tra l'acqua. 
Dopo aver preparato una caraffa di caffè, ne prese una tazza e uscì sulla veranda, sedendosi sui gradini di legno bianchi. Sospirò, bevendone un sorso.
Le assi del pavimento scricchiolarono leggermente e alzò lo sguardo, pochi minuti dopo, riconoscendo la testa riccia di Harry in cucina. Non si stupì neppure, e sorrise, sapendo che lui non avrebbe potuto vederla fino a quando non avesse notato la porta semichiusa e l'odore di caffè appena preparato. Distolse lo sguardo, porgendosi la tazza verde alle labbra, ritornando a guardare il cielo limpido. 
«Ehi» disse una voce strappandola al silenzio. «Sapevo di trovarti qui»
Si voltò.
Sull'angolo della porta, Harry sorrise con gli occhi schiusi, che pian piano aprì normalmente, abituandosi alla luce.
Scarlett non riuscì a trattenere una risata spontanea, buttando lo sguardo sui pantaloni e la maglietta del pigiama dei Power's Ranger del fratello, che sicuramente gli aveva prestato per dormire. 
«Avevo chiesto quello di Toy Story, ma Liam non ha ceduto» borbottò lui, raggiungendo gli scalini e sedendosi a una precaria distanza dalla bionda. 
Non avrebbe rovinato anche quella occasione. 
«Io ho sempre desiderato essere quello rosso, ma durante i giochi, finiva sempre che ero quello verde»
E quello fu praticamente la prima cosa che Scarlett disse quella mattina. 
Harry rise. 
«Liam ha detto una cosa del genere, ieri notte. Ma ho pensato che fosse solo una cavolata delle due e mezza del mattino»  osservò lui, stendendo le gambe. Dopo un attimo di esitazione, continuò. «Tu a che ora sei tornata?»
Scarlett, con la coda dell'occhio, notò Harry inumidirsi le labbra.
«Verso le dieci, penso. Non era tardi» rispose, e il riccio sorrise. 
Per un istante regnò il silenzio;  Scarlett aspettava che fosse lui a fare la mossa successiva, ma ancora prima, si portò una mano sulla fronte. 
«Che succede?» Chiese il ragazzo, che la osservava di profilo.
«Mi sono dimenticata di riportare il libro che ho preso in prestito in biblioteca. Saranno due settimane che lo tengo, ma ho visto solo ieri che è scaduto il tempo, accidenti!»
«Ah, capito. Se vuoi ti accompagno a riportarlo, tanto non è lontana da qui la biblioteca»  
Scarlett si girò verso di lui. 
«Mmh, non so se mi posso fidare di te - osservò, portandosi un dito sul mento - non ci siamo neanche mai presentati»
Prontamente, il riccio allungò un braccio verso di lei.
«Sono Harry Styles, Harry per gli amici anche se i ragazzi mi chiamano Hazza, mia mamma mi chiama Orsetto Harry, tu puoi chiamarmi Bomba Sexy, Extraordinharry o anche Cespuglio se ti va» Si presentò, con una velocità strabiliante.
Basta che mi chiami, commentò il ragazzo nella sua testa. 
«Molto piacere, allora, Cespuglio» Scarlett gli strinse la mano, dondolandola. «Io sono semplicemente Scarlett»
«Va bene Scarlett, allora, andiamo?» propose Harry, balzando in piedi. La bionda lo imitò. 
«Certo, vado a cambiarmi» 
Attraverso la veranda, e quando fece per entrare, il riccio la richiamò.
«Preferisco Scar', comunque»
Lei alzò gli occhi al cielo e proseguì fino alla camera, stranamente soddisfatta.
 
***
Harry aveva gli occhi color verde smeraldo, e una assurda fissazione per i suoi capelli, che spettinava regolarmente ogni due secondi.
Portava un braccialetto rigato blu e bianco intrecciato con le perline, e quando si trovava in difficoltà, ci giocherellava imbarazzato, mentre cambiava la marcia del pick-up rosso, completamente infangato nei cerchioni delle ruote.
Scarlett era salita su un solo pick-up, e per la prima volta in vita sua, se l'era completamente scordata al fianco di Harry. Come se non fosse mai accaduto nulla.
«Penso che tu abbia sbagliato strada, sai? Sarà la quinta volta che passiamo davanti a questo bar»
«Scar', ti devo dire una cosa a questo riguardo» disse il riccio, con lo sguardo neutro sulla strada. «Non ho la minima idea dove sia la biblioteca»
Scarlett rise, scuotendo la testa. 
«Chissà perchè lo sospettavo» 
Harry la guardò in attesa, e lei spostò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio con una finta espressione concentrata sulla strada soleggiata. «Devi girare a sinistra, poi dovrebbe esserci un parcheggio» 
Dopo qualche minuto, il pick-up decellerò, e Harry voltò come da indicazione fino a scorgere uno spiazzio semi-vuoto di macchine. Parcheggiò attentamente, e aspettò la reazione di Scarlett, che si allungò a raccogliere la borsa e sorridendo, questa scese dall'auto.
«Arrivo subito, ci metto un attimo» disse, con una mano sulla fronte per guardare Harry in riflesso dal sole.
Probabilmente si era scosso i capelli e aveva annuito, così lei, senza controllare, attraversò il marciapiede fino ad entrare in Libreria.
Quel posto era la classica biblioteca sul via mare, con assi di legno imbiancate e persiane azzurre, dove collezionati in ordine alfabetico, di genere, di casa editrice, su robusti scaffali color panna, vi erano appoggiati i libri in primo piano. 
Tuttavia, c'erano cinque o sei corsie sulla destra dedicate ai DVD a noleggio, e dietro alle macchinette di caffè settecentesce, stava un angolo dedicato alla lettura per i bambini che frequentavano i primi anni della scuola d'infanzia, chiuso fino a poco tempo prima per mancanza di personale.
Scarlett non avrebbe mai immaginato di accettare quel lavoro anche solo un anno prima, ma quando aveva letto il cartello, beh, il lunedì e il giovedì pomeriggio aiutava i bambini a studiare dall'autunno scorso.
Buttò un occhiata alla classificazione dell'ordine della collana e l'attraversò fino alla Frassinelli, sull'ombra di uno scaffale all'angolo di sinistra. 
Lì, piegata sulle ginocchia magre e abbronzate, notò una ragazza mora che con la punta di un dito seguiva i titoli di una fila. Solo quando Scarlett fece per appoggiare il suo libro su uno scaffale, questa squittì.
«Oh, ecco il libro che cercavo» quasi esultò, rigirandolo in mano prima di alzare lo sguardo su Scarlett. «Sei la mia salvezza, grazie» 
«Figurati, nessun problema» disse di conseguenza la bionda, ricambiando il sorriso che la sconosciuta aveva stampato in viso, mentre si dondolava da un piede all'altro. 
«Io sono Summer, comunque» le porse la mano libera che Scarlett afferrò.
«Scarlett, piacere» 
Aveva si e no la sua stessa età e pareva sorridesse pure dai grandi occhi scuri, coperti da qualche ciuffetto di capelli leggermente mossi che lei portò dietro l'orecchio con gesto meccanico, prima di buttare l'occhio sull'orologio a pendolo e alzare di scatto le sopracciglia. 
Soltanto in quel momento, la bionda notò la ridicola divisa scolastica di Summer.
«Sono in un ritardo pazzesco, devo tornare a scuola! Se vieni spesso qui, ci rincontreremo» blaterò la mora con una veloce parlantina, mentre già sgattaiolava tra le corsie. 
«Anche per me, a presto» 
Riuscì a dirle, prima di veder richiudere la porta dell'entrata richiudersi.
Scarlett fece spallucce, e poco dopo uscì pure lei, cercando tra il parcheggio il pick-up rosso.
Vide il riccio ridere dal vetro, ancor prima che aprisse la portiera ammaccata. Quando, poi, entrò ricambiò il saluto.
«Scusa, ti ho fatto aspettare» 
«Nessun problema.. Prossima meta, my lady?» Harry posò la mano sinistra sul volante, accendendo il motore con quella libera.
«Mmh, casa direi» 
«Ah già, giusto - cominciò a giocherellare con il cambio, mettendo in moto - Magari devi pure uscire con il tuo ragazzo, questo pomeriggio ed è meglio che..»
«Quale ragazzo, scusa?»  
«Beh, quello di ieri sera»
Scarlett scosse la testa, trattenendo una risata. «Darren, dici? Oh no, lui è solo il mio migliore amico» 
Seppur il tentativo del piano di Harry era quello di rimanere neutro, inarcò le labbra nel sorriso più felice e sollevato che riuscì a non trattenere.
«Miglior? C'è volevo dire, meglio così» 


















shalalalalala
lo so bene, sono in ritardo!
dovevo pubblicare il capitolo mooolto prima, ma queste ultime due settimane di scuola 
mi stanno distruggendo e non ho nemmeno il tempo di accendere il pc, c'è!
ma vabbè, manca poco intanto :)
allora, 
vi invito a leggere il capitolo molto attentamente perchè c'è una frase che svela un pò 
qualcosina che non voglio dirvi direttamente (per ora)
cooomunque, spero che vi piaccia e spero che non sia tanto lungo come sembra!
davvero, ditemi che ne pensate!
ringrazio tutte quelle che leggono o recensiscono!
al prossimo, 

Cèc :)

p.s Summer (la ragazza della biblioteca) è la bellissima Rachel Bilson
che io amo jdhfgs e niente, saprete più avanti :)
(sono misteriosa, tralalala)



(ecco il nostro cespuglio dsfghfghdv)


 

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Capitolo 4
*** do you want to take a picture with me? ***


 
'and you are just a beautiful mistake'
 
Harry diede un'altra occhiata allo specchio, pensando a quanto fosse tremendamente ridicolo e poi  sbuffò, volgendosi verso il deeplian che la commessa del negozio gli aveva consigliato. Malgrado le sue aspettative, quel pezzo di carta con tutte le indicazioni ordinate non lo stava aiutando neanche un pò, e duplicava soltanto la sua incapacità a fare uno stupido nodo a una cravatta.
Sbuffò di nuovo, e guardò riflessa nello specchio l'immagine di uno sconosciuto in una camicia bianca stirata, con la lingua leggermente fuori e con una cravatta sciolta attorno al collo. Non ricordava neanche più l'ultima volta che ne aveva indossata una.
Incrociò le braccia al petto, e puntò l'orologio da polso. 
Era in ritardo, e sicuramente Scarlett e Liam stavano già imboccando il suo vialetto.
Non potè nemmeno imprecare, poichè sentì bussare alla porta di legno dell'ingresso, e in un attimo si capultò fuori dalla sua camera, per raggiungerla. 
Prima di aprire, Harry si sentì la gola improvvisamete secca e deglutii a fatica, scontrandosi con gli occhi chiari della ragazza che gli stava di fronte.
Lei fece un passo in avanti, perplessa.
«Oh, scusami ho sbagliato casa. Stavo cercando un ragazzo in bermuda, con un cespiglio di api in testa» disse, saltando da un piede all'altro.
«Non puoi ridere di me» la ammonì Harry.
«Non sto ridendo»
«Te lo leggo in faccia. Stai ridendo dentro.»
«Va bene, smetto. Comunque anche tu non mi aiuti - indicò il nodo della cravatta - bel nodo, quello.» 
Harry alzò gli occhi al cielo, quasi come un bambino, e quando fece per protestare, Scarlett fece un altro passettino verso di lui. Cominciò a sistemarli il colletto con disinvoltura, mentre Harry rimase ammutolito al suo tocco. 
Quando poi ebbe finito, sorrise e si avvicinò all'auto del fratello, che era stato al voltante tutto il tempo. 
«Vai tu davanti, io rimango nel posto dietro» Disse, aprendo la portiera. 
Il respiro di Harry, a poco a poco, tornò a essere regolare ma sentiva ancora la pelle d'oca. Non riuscì a non concentrarsi sulle gambe magre di Scarlett che salivano nella macchina, avvolta soltanto da un vestito bianco a balze e dei sandali bassi. E nel mentre, pensò di essere proprio nei guai.
 
 
Aveva intuito quanto Scarlett ci tenesse da come glielo aveva chiesto, e seppur lui non frequentasse più regolarmente la chiesa come da bambino, era credente quasi quanto lei. 
Da quando i suoi genitori avevano divorziato, però, lui aveva semplicemente smesso di andarci pian piano e nonostante il ricordo dello trascorrere del tempo come infinito e dei cori lamentosi, si sbagliava di grosso e anzi, si dovette ricredere.
Attorno all'altare vi erano fiori bianchi che andavano a formare una ghirlanda nel salire. Il pastore era un tipo alla mano, e il tempo passò regolare con intervalli di scambi di sorrisi tra Scarlett e Harry, durante i cori.
Alla fine della cerimonia, una bambina con due treccie more corse velocemente contro le gambe chiare di Scarlett che l'abbracciò di conseguenza, e nel mentre, Liam e Harry uscirono verso una grande quercia per ripararsi dal sole.
Nonostante ciò, ad Harry sudavano pericolosamente le mani ed era completamente rosso in viso, si sporse per scostare dei capelli dalla fronte e Liam si voltò verso di lui. 
«Stai bene?»  Aggrottò le sopracciglia, proprio come era solita la sorella fare.
«Penso di si, perchè?»
«Sembri un pomodoro» 
«Un pomodoro carino, vero?» 
Harry cercò di sdrammatizzare, notando Scarlett incamminarsi verso di loro. Aveva un'aria divertita.
«Si, certo» Riuscì a sentire la voce di Liam, ma non li diede più nessun'attenzione quando la bionda piombò al fianco del fratello.
«Scusate, allora che si fa?» disse lei, allegra.
Harry rimase in silenzio e si voltò verso di Liam, che fece lo stesso. 
«Mmh, vado a prendere l'auto e poi decidiamo, ok?»
La bionda e il riccio annuirono e Scarlett seguì con lo sguardo la testa di Liam che si mescolò tra le persone riunite davanti all'entrata della chiesa.
Il largo e bianco vestito le arrivava giusto sulle ginocchia, stretto sul busto e le sottili spalline erano coperte da alcuni capelli biondi, lisci che le ricadevano un pò su tutta la schiena. Lei inclinò la testa verso di Harry, del tutto assolto e con le labbra leggermente schiuse.
«Harry» 
Scarlett notò il pomo di adamo di Harry muoversi bruscamente,  e fece un mezzo sorriso.
«Si, ehm, scusa» Scosse la testa, e chiuse un attimo gli occhi come per prendere coraggio, prima di parlare «Ti volevo chiedere.. Che cosa fai, oggi?» Cominciò a giocherellare con la punta della cravatta.
«Niente di particolare, penso proprio nulla. Perche? Vuoi per caso delle lezioni su come si allacciano le cravatte?»
Harry sorrise di mezzo punto. «No, c'è, magari un altra volta. Volevo chiederti se volevi venire al molo con me»
«Mi stai chiedendo di uscire, per caso?» Scarlett si appoggiò con grazia all'albero.
Harry annuì imbarazzato, abbassando lo sguardo sulle scarpe, prima di correggersi. «Come amici, se ti va»
«Come amici? Penso di si, allora»
Sorpreso, alzò gli occhi di scatto incrociando quelli della ragazza. «Davvero?»
Lei rise, divertita. «Si, e poi non ho mai avuto un amico con dei capelli così assurdi, penso che posso fare un'eccezione per questa volta»
Sorrise come un ebete, ma prima di parlare dei pneumatici si piantarono sull'asfalto alla fine dell'erba, e l'espressione contenta di Liam spese un poco quella di Harry. 
Scarlett ricambiò, e puntò in direzione dell'auto scura sotto lo sguardo del riccio che pochi secondi dopo, la imitò. 
Appena saliti, Liam riaccese il motore spensierato.
«Mi hanno chiamato i ragazzi, mi hanno chiesto se vogliamo andare con loro alla fiera a Wilmington, però hanno un posto solo in auto. Harry dovresti prendere pure la tua macchina se-»
«Non ti preoccupare - fece Scarlett che si slanciò (per quanto la cintura glielo permettesse) in avanti sul sedile posteriore - Abbiamo già deciso di andare al molo, io e il Cespuglio»
Liam guardò con la coda dell'occhio il ragazzo alla sua destra, che annuì leggermente. Fece spallucce, e sorrise di rimando.
«Okay, allora deciso?»
«Deciso» 

 
Il cielo aveva assunto un colore chiaro, tendente al trasparente, e Scarlett sospirò sollevata guardando le onde del mare. Riprese in mano la macchina fotografica che aveva appoggiato al fianco, e scattò puntando l'orizzonte del mare che via via, si confondeva.
Si accorse ben presto di passi pesanti che attraversarono il corridoio, e si fermarono all'uscita della veranda. Sorrise, per poi girarsi verso una testa riccia e scompigliata con indosso un paio di bermuda e una maglietta bianca. 
La raggiunse, sedendosi tra lei e la macchinetta che prese l'attimo dopo, analizzandola. 
«Quindi sei anche una fotografa?» disse lui.
Scarlett si mise le mani sui fianchi, stroppicciando la canottiera celeste ed Harry pensò che quel colore richiamasse quello dei suoi occhi. Sorrise quando lei lo osservò.
«Ti va se facciamo una foto insieme?» le chiese, accendendola. 
«Harry, la macchinetta è mia. Dovrei essere io a chiederlo a te» 
«Io sono un ribelle, non lo sai?» 
Scarlett si mise a ridere. «Avrei dovuto capirlo dai capelli, già» concluse, mentre il riccio allungò la mano con la macchina girata per riprenderli.
Scarlett si avvicinò a lui un poco sorridente, ma Harry affondò il naso nella sua guancia e scattò. Riuscì a percepire il profumo di rosa e menta della ragazza, quando riprese il contatto con l'esterno.



















fdjgfghf
ciao a tutti! 
mi dispiace tantissimissimissimo, e lo so, sono in ritardo!
ma la mia mente in questi giorni non ragionava e mi sono ripresa solo poco tempo fa del fatto che io (proprio io) 
ho incontrato justin bieber il due giugno fdjgfd
dettagli a parte che non scrivo qui perchè non ve ne frega nulla shalala
cooomunque, i'm back!
non  ho riletto e vi chiedo scusa per gli errori, e spero che non mi abbiate abbandonato :)
siete un pò calate, ma spero che vi facciate sentire in questo!
il prossimo sarà il loro giretto al molo e  non vedo l'ora di scriverlo :)
vi lascio con la loro foto insieme che magari facessero pure nella realtà!
quindi nulla, a prestooo!
ringrazio tutte per le recensioni meravigliose e per chi legge e basta!
siete delle meraviglie!
 Cèc :)


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