The Seven Deadly Sins.

di VioletBow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The First Deadly Sin - Pride. ***
Capitolo 2: *** The Secod Deadly Sin - Greed. ***
Capitolo 3: *** The Third Deadly Sin - Lust. ***
Capitolo 4: *** The Fourth Deadly Sin - Wrath. ***
Capitolo 5: *** The Fifth Deadly Sin - Gluttony. ***
Capitolo 6: *** The Sixth Deadly Sin - Envy. ***
Capitolo 7: *** The Seveth Deadly Sin - Sloth. ***



Capitolo 1
*** The First Deadly Sin - Pride. ***


Superbia: desiderio irrefrenabile di essere superiori, fino al disprezzo delle leggi e del rispetto altrui.

- Hotsuchi kotsuchi, man man man! – urlò, facendo roteare sulla propria testa il martello le cui dimensioni aumentavano ad ogni giro, prima di farlo schiantare contro il suolo, colpendo non solo l’Akuma che era in procinto di attaccare Allen alle spalle, ma bloccando anche il mantello di Crowley, il quale perse l’equilibrio, cadendo rovinosamente nel fango.
Il ragazzo dai capelli bianchi sconfisse l’Akuma contro cui stava combattendo e si voltò giusto in tempo per vedere Lavi, con un braccio grondante di sangue, porgere la mano al loro alleato ed aiutarlo a rialzarsi.
- Non osare mai più… Non sei degno di proteggerlo. – fu la frase che uscì dalle labbra, schiuse in un sorriso falso, del rosso.
Con uno sguardo di superiorità, gli diede le spalle, tornando ad occuparsi del suo caro Allen che sembrava in difficoltà e che, ne era certo, solo lui avrebbe potuto salvare.

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Capitolo 2
*** The Secod Deadly Sin - Greed. ***


Avarizia: desiderio irrefrenabile di beni materiali.

In una piccola stanza con lo stretto necessario per poter vivere tranquillamente, Lavi stava seduto su di una sedia con le gambe accavallate e leggeva con calma il proprio giornale.
- Bentornato. - disse, senza alzare lo sguardo dalla pagina culturale, al ragazzo dai capelli bianchi che stava timidamente aprendo la porta.
- Grazie. - ribatté questo, accennando un sorriso.
Era stanco, stanco morto, come ogni volta che tornava a casa e, anzi, questa volta era persino rincasato prima: l'orologio da parete, con la lancetta dei secondi spezzata, segnava le quattro e trenta del mattino.
Si nascose agli occhi dall'altro dietro ad un separé con dei ricami dorati che si stavano scucendo un ad uno, non potendo però impedirgli di seguire con attenzione i movimenti della sua ombra che, proiettata contro la stoffa rossa, si andava a liberare dei vestiti aderenti... Azione che aveva già fatto più di una volta nel corso di quella notte.
- Sai chi ho incontrato? - proruppe Allen ridendo, cercando di rompere il pesante silenzio imbarazzato che si creava ogni mattina al suo ritorno.
- Chi? - chiese il rosso, posando il giornale sul tavolo e poggiando le braccia incrociate sulle gambe, aperte per dar sollievo al principio di erezione che le movenze del ragazzo al di là del divisore gli avevano provocato.
- Miranda! - rispose, con il tono della voce di chi non riesce a credere in qualcosa nonostante l'abbia vissuta.
- Intrigante. - affermò l'altro, inclinando la testa da un lato ed aprendosi in un sorriso malizioso.
- No, - lo interruppe subito Allen, uscendo dal suo nascondiglio composto di una sola parete. - non per quello. Si era solo persa, come al suo solito; le ho chiamato un taxi e ho dato le indicazioni al tassista... Spero solo non ne abbia combinata un'altra delle sue, una volta rimasta sola.
Concluse la frase sospirando mentre Lavi si alzava e si dirigeva verso di lui.
Gli si fermò di fronte e gli sfiorò il petto nudo con la punta dell'indice, facendolo rabbrividire.
- Non è andata molto bene oggi... Mi dispiace. - sussurrò il giovane dai capelli bianchi, chinando la testa mentre l'altro appoggiava le labbra alla sua fronte.
- Non fa nulla, ti rifarai domani. - rispose, celando una nota di tristezza nella propria voce.
Lo fece ruotare su se stesso e, poggiandogli una mano sul sedere, lo spinse verso la porta del bagno.
- Immagino tu sia stanco... Va' a farti una doccia. - consigliò, prima di vedere il suo "dipendente" sparire oltre il legno dalla vernice un po' scrostata.
Prese i vestiti che Allen aveva lasciato appesi sopra il separé, tolse dalla tasca posteriore i soldi guadagnati durante la notte e, dopo aver piegato con cura e riposto in un cassetto gli indumenti, chiuse le banconote in una scatola dei biscotti già quasi completamente piena.
- Per una volta, posso anche concedergli di allentare il ritmo... Credo. - disse, a se stesso, in un bisbiglio.

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Capitolo 3
*** The Third Deadly Sin - Lust. ***


Lussuria: desiderio irrefrenabile del piacere sessuale fine a se stesso.

Rannicchiato sotto a delle coperte non sue, con le ginocchia premute contro il petto, Allen, tentando di rimanere immobile, fissava la lonza di peluche con la quale dormiva il proprietario del letto.
- Smettila. - tuonò, a bassa voce ma con fermezza, Kanda, cercando di togliersi di dosso il ragazzo dai capelli rossi che lo stava schiacciando contro la porta.
L'altro ignorò quella pretesa e, facendo strusciare il proprio ginocchio contro il cavallo dei suoi pantaloni, lo zittì con un morso al labbro inferiore.
Yuu si lasciò sfuggire un sospiro che il Bookman intese per ciò che, in effetti, era: un gemito di piacere.
Da dieci minuti buoni Lavi stava provocando il suo compagno, la cui erezione già pulsava dolorosamente contro la stoffa dei boxer, sebbene quest'ultimo non avrebbe mai ammesso che il rosso fosse capace di eccitarlo così facilmente.
La maniglia della porta spingeva contro la schiena del ragazzo dai capelli scuri, che continuava a non mostrare altro che disappunto, mentre la mano dell'amico si infilava veloce sotto i suoi indumenti e sotto il suo intimo.
- Ehy, stupido coniglio... Falle con il moyashi certe cose, non con me. - proruppe, con decisione, quando sentì la sua presa sul proprio membro.
- Cosa c'é, Yuu? Sei forse geloso? - chiese Lavi in un sussurro, leccandogli il collo e sorridendo di sbieco.
- Non essere assurdo. - rispose l'altro, quasi ridendo. - Mi hai stancato.
Appoggiò la mano sulla maniglia che per tutto il tempo gli aveva torturato il dorso e, con un colpo secco, aprì la porta, si spinse fuori dalla stanza e la richiuse con un calcio di fronte al viso del compagno, ancora sorridente ma palesemente deluso.
Il Bookman abbassò lo sguardo, pensando che prima o poi sarebbe riuscito a convincere l'esorcista a concedersi a lui, si voltò ed inclinò la testa da un lato, prendendosi una manciata di secondi per ammirare il mucchietto sotto le lenzuola che sapeva essere Allen.
Il ragazzo dai capelli bianchi sgranò gli occhi quando avvertì il materasso inclinarsi sotto il peso di qualcosa - o, più probabilmente, di qualcuno - alle sue spalle.
- Allen, sei sveglio? - domandò, con tono canzonatorio, quella voce così familiare alle sue orecchie.
Non rispose ma sapeva che l'altro non si sarebbe fatto tanti problemi a svegliarlo, nel caso stesse davvero dormendo.
Percepì un fruscio lieve in un punto imprecisato dietro di lui, poi una mano calda sulla sua spina dorsale fredda e ricurva per la posizionale fetale.
Si decise a tirar fuori la testa, lentamente, come una tartaruga che controlla che il pericolo sia passato... Ma lui il pericolo ce l'aveva proprio davanti.
Lo vide non appena le palpebre lasciarono uno spiraglio per permettere alle iridi grigie di mostrarsi, o meglio, lo sentì.
Lavi non perse tempo: premette le labbra sulle sue, celando la foga dietro ad una dolcezza che non si mostrava per nulla innaturale nonostante lo fosse.
Il rosso era sicuro che l'altro non avrebbe fatto storie ed il ragazzo che ormai era sotto di lui, da parte sua, decise di assecondarlo, dimenticando la scena di poco prima di cui non sarebbe dovuto essere spettatore.

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Capitolo 4
*** The Fourth Deadly Sin - Wrath. ***


Ira: irrefrenabile desiderio di vendicare violentemente un torto subito.

Strinse i denti.
Faceva male, diamine se faceva male.
Aveva il battito cardiaco accelerato, il fiato corto ed il suo unico occhio non gli concedeva altro che la versione appannata della realtà circostante; ma non si curava di tutto ciò... L'importante era continuare a combattere.
Non riusciva neanche più a capire se stesse colpendo il suo avversario ed i continui colpi che ricevuti avevano ormai reso il suo corpo insensibile ai nuovi, insistenti attacchi.
Lacrime ribelli, che un Bookman non avrebbe mai dovuto versare, facevano bruciare ancora di più le ferite di cui era ricoperta la sua pelle ma l'unica cosa a cui il ragazzo dava ascolto era il desiderio che gli ardeva nel petto: la voglia di vendicarsi, di cancellare dalla faccia del Noah lo stupido sorriso che aveva dovuto sopportare fin da quando era iniziato lo scontro.
Era così difficile, praticamente impossibile; era su tutto un altro livello rispetto a lui e Lavi lo sapeva ma non poteva perdonarlo... Nonostante Allen, con l'ultimo respiro che era riuscito a trattenere nella propria gola, lo avesse implorato di scappare, non avrebbe mai commesso un'azione così vile come lasciare a Tyki il corpo di quello che aveva sperato diventasse qualcosa di più di un semplice compagno.
I torti subiti vanno ripagati, piuttosto la morte.

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Capitolo 5
*** The Fifth Deadly Sin - Gluttony. ***


Gola: abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola.

Inclinò la testa da un lato, grattandosi dietro l'orecchio con l'aria di chi è in procinto di prendere una decisione di vitale importanza.
Al suo fianco, il cuoco del quartier generale dell'Ordine Oscuro osservava il medesimo oggetto con un'espressione soddisfatta dipinta sul volto.
La torta che aveva cucinato era riuscita assolutamente perfetta, anche se aveva dovuto prepararla fin dalla sera prima per essere sicuro che fosse pronta in tempo... Lavi, che gliel'aveva chiesta, non avrebbe avuto nulla di cui lamentarsi, ne era certo.
Non riusciva ancora a capire il motivo per cui il Bookman gli avesse domandato di fare una torta a parte, dal momento che avevano già organizzato una festa in onore dell'anniversario dell'arrivo di Allen nell'Ordine, ma, da bravo cuoco, si era limitato ad accontentare quella richiesta senza fare troppe domande.
Il ragazzo portò via il dolce, abbandonando la cucina accompagnato da un "non farlo mangiare troppo" da parte di Jerry, preoccupato che il festeggiato non potesse poi gustarsi le altre prelibatezze.
- Entra pure. - fu l'energica risposta di Allen, quando ebbe bussato alla porta della sua camera, seguita dal tonfo sordo di qualcosa che cadeva.
Come ogni mattina, l'esorcista si era svegliato presto ed aveva incominciato a fare i suoi soliti esercizi in bilico sullo schienale della sedia.
Si sistemò la maglia, scomposta per la posizione verticale che assumeva durante i suoi allentamenti mattutini, mentre l'altro si affrettava a chiudersi la porta alle spalle.
- Buon anniversario.
Un bisbiglio lo sorprese. Un sussurro a fior di labbra, quasi a voler celare - senza successo - la voglia che spingeva l'uno verso le labbra dell'altro.
Il braccio esile ma innegabilmente forte di Lavi gli cinse la vita, mentre la torta già giaceva dimenticata sulla sedia che fino a poco prima era in precario equilibrio su un unico piede.
Si morse il labbro inferiore, con gli occhi socchiusi puntati su di lui, in attesa che il compagno si decidesse a fare la prima mossa che - lo sapevano entrambi - lui non avrebbe avuto il coraggio di fare.
Si lasciò spingere docilmente sul letto, parte del misero arredamento della stanza, ma un lieve sussulto contrariato scappò dalla sua gola quando lo vide allontanarsi da sé.
Lo osservò sospettoso mentre separava una fetta di torta - già tagliata a spicchi - dalle altre e gliela porgeva sorridente: non aveva mai avuto la pazienza di preoccuparsi di certe gentilezze... Anche perché sapeva che a lui quelle attenzioni davano tutt'altro che fastidio, benché faticasse ad ammetterlo persino a se stesso.
Il dolce era ricoperto interamente di panna, con delle fragole intere ad abbellirlo, ma la base di biscotti sbriciolati lo rendeva abbastanza solido da poter essere mangiato senza bisogno di un piatto; e, mentre Allen affondava estasiato i denti nella crema alla fragola con cui era farcito, Lavi rincorreva una linea immaginaria che scivolava morbida lungo i tratti del ragazzo seduto di fronte a lui, con la ben nascosta attenzione che solo un Bookman può avere.
Il segno particolare su un lato del volto; la fronte finalmente spianata, senza nessuna preoccupazione a deformarne il contorno delimitato dai capelli candidi; le ciglia troppo lunghe per essere quelle di un ragazzo; le labbra sottili ma ben delineate, in cui il labbro inferiore sporgeva leggermente rispetto a quello superiore; il mento fine; le spalle minute che sostenevano braccia all'apparenza ugualmente fragili; il busto, solcato dai muscoli accennati e già marcato da diverse ferite; le cosce robuste.
Fu richiamato dal suo viaggio mentale lungo quel corpo che lo attirava tanto dal ragazzo stesso che, tra un morso e l'altro, aveva biascicato un "tu non vuoi un po' di torta?".
Una scintilla baluginò sul fondo del suo occhio verde: per tutto quel tempo si era trattenuto a stento e non riusciva neanche a capacitarsi di come quella piccola impresa fosse stata tanto ardua.
Con una mano sul suo petto, lo accompagnò fino a farlo sdraiare sulle coperte dal tessuto scadente mentre Allen scioglieva le gambe, che aveva tenuto incrociate per permettergli di posizionarsi sopra di sé.
La mano di Lavi scivolò fino al ventre piatto con una lentezza quasi esasperante, liberando con minuzia ogni bottone dalla propria asola finché la camicia non fu completamente aperta.
- Preferisco mangiare te. - vibrò, a poca distanza dal suo orecchio, con tono basso, scatenando un brivido lungo la spina dorsale del festeggiato che lo costrinse ad inarcare la schiena. Con un sorriso malizioso, il rosso afferrò un pezzo di torta - sicuro di riuscire a trovarlo senza neanche guardare grazie alla sua strabiliante memoria - e la utilizzò per ricoprire parte del torace dell'esorcista, trattenendo con le dita la fragola che si trovava sulla sommità e che posò sull'ombelico dopo aver tracciato con la crema un sentiero che, dagli addominali modesti, giungeva al bordo dei pantaloni.
Leccò via ogni traccia, quasi con ingordigia ma con estrema accuratezza, imperlando la pelle di Allen con un'impercettibile striscia di saliva, segnandola nei punti più sensibili con segni rossi in netto contrasto con la sua carnagione chiara e saziando il proprio udito vorace con i gemiti che il giovane non si sforzava neanche di trattenere.
La fragola matura riversò parte del suo succo sul ragazzo fremente che le faceva da appoggio quando, con gola, il Bookman ne morse via la metà.
Togliendo anche ogni traccia del frutto, liberò il compagno dei pantaloni - sentendolo reagire con un sospiro sollevato - e continuò a scendere, saggiando ogni centimetro del corpo che sovrastava.
Dovette rinunciare ai morsi ma non fermò le proprie labbra calde né le mani vogliose.
Per i corridoi iniziava ad esserci un gran trambusto, lo sentiva: non poteva più permettersi di godersi con calma quel momento.
In un certo senso, però, si sentiva pieno... E se avesse lasciato il suo caro Allen non soddisfatto?
Ghignò quasi malignamente a quel pensiero, portando il volto alla stessa altezza del suo e poggiandogli un bacio delicato sulla fronte mentre egli emetteva un suono gutturale - come di tormento.
Gli scompigliò i capelli, ridendo di quella flebile protesta, e fece per andarsene.
- Credo che gli altri ti stiano aspettando. - disse, con un'ultima fugace occhiata al giovane ancora nudo disteso sul letto, prima di chiudere la porta dietro di sé e lasciarlo profondamente deluso, in compagnia di qualche rimasuglio di crema.

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Capitolo 6
*** The Sixth Deadly Sin - Envy. ***


Invidia: tristezza per il bene altrui, percepito come male proprio.

- Sennen ko wa sagashiteru, daijina haato sagashiteru... Anata wa atari tashikameyo.
Ad ogni nota quella canzone sembrava farsi più vicina, benché non capisse da quale direzione provenisse.
I suoi sensi, per quanto all'erta, non riuscivano ad orientarsi nel luogo buio in cui stava vagando senza meta da un lasso di tempo impossibile da determinare.
Sentiva una mano sudare, stretta tra le lunghe dita sottili della ragazza, che rallentava la sua fuga e che era costretto a strattonare per spronarla a darsi una mossa.
Con un verso di stizza, si voltò verso gli occhi vacui di Linalee e la voce di Allen gli risuonò in testa.
"Proteggila." gli aveva semplicemente detto l'albino, in un dolce ma deciso ordine.
Tornando a guardare di fronte a sé, celando uno sguardo carico di odio, accelerò il passo... Non sarebbe di certo morto per colpa di quella piccola ingrata che neanche si sforzava di rendergli il compito più facile.
- Su, canta anche tu. - lo invitarono delle parole femminili che sembravano essere vicinissime, benché attorno a sé non vedesse alcun volto.
Con uno sguardo disperato alla ragazza dai capelli verde scuro, che sembrava decisa a non muoversi, pensò per un momento al suo amico, alla ruga di preoccupazione che gli avrebbe solcato la fronte nel vederlo tornare senza la sua compagna, alla tristezza che lo avrebbe colto nel venire a conoscenza che non l'avrebbe più rivista, al sorriso forzato che gli avrebbe mostrato per tentare di fargli capire che era contento che almeno lui si fosse salvato.
Si immaginò stringere forte a sé l'esorcista, accarezzandogli lentamente la schiena e cercando di confortarlo.
Avrebbe avuto un rivale in meno, in un certo senso, e, prima o poi, anche il vuoto lasciato da Linalee si sarebbe riempito.
Lasciò andare la mano che aveva stretto per tutto il tempo e, finalmente libero di quel peso, iniziò a correre senza sapere dove andare - sperando solo ti trovare una via d'uscita -, mentre un mezzo sorriso nasceva spontaneo sulle sue labbra.

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Capitolo 7
*** The Seveth Deadly Sin - Sloth. ***


Accidia: torpore malinconico, inerzia nel vivere.

Dischiuse l'occhio quando sentì delle labbra calde poggiarsi sulle proprie.
Teneva il braccio sulla fronte per coprirsi dal sole che filtrava dalle finestre e, al di là di esso, riuscì a scorgere qualche ciocca di capelli bianca che gli fece subito intuire l'identità del ragazzo che lo aveva distratto dal suo momento di relax.
Sorrise nel sentire Allen desiderare un contatto più intimo ed aprì le labbra per permettergli di cercare la propria lingua.
- Non ci riesci, eh? - gli chiese, staccandolo da sé e puntando sul suo volto uno sguardo divertito, quando si accorse che la sua mano era rimasta immobile sul proprio ventre per tutto il tempo.
L'esorcista arrossì notevolmente, spostando la propria attenzione attorno a sé, non contava dove - l'importante era concentrarsi su qualcosa che non fosse l'espressione provocatoria del Bookman.
Aveva ragione Lavi, doveva ammetterlo, non era portato per fare la parte attiva della coppia: non sapeva come comportarsi.
- Non sono abituato. - borbottò, imbarazzato. - Se devi lamentarti, lascio perdere.
Finì la frase allontanandosi dall'altro, sicuro che non avrebbe tardato ad invertire i ruoli.
- Ok, fa' con calma. - gli rispose invece, cogliendolo di sorpresa.
Ciò che l'albino non aveva notato era l'attimo di insicurezza che aveva fatto tentennare il sorriso che inclinava gli angoli della bocca del compagno.
Il rosso era solito prendere l'iniziativa in certe situazioni e si era stupito egli stesso nel sentirsi implicitamente rifiutare la proposta di dominare.
Forse l'aveva fatto perché non gli dispiaceva che il ragazzo gli concedesse finalmente un po' di attenzioni, magari perché cambiare ogni tanto poteva far bene o probabilmente solo perché ne aveva voglia.
Prese Allen dal bavero e lo attirò a sé, senza la fretta e la violenza che ci metteva usualmente, quasi con dolcezza.
Si lasciò sfuggire un sospiro quando lo ebbe a poca distanza da sé mentre la palpebra, con lentezza, copriva l'iride verde.
Le labbra schiuse leggermente protese verso di lui, l'espressione di completo cedimento, le dita ancora strette sul colletto della camicia.
L'esorcista si sentì avvampare di fronte a quella visione: quindi era questo ciò che lui vedeva ogni volta?
Sentendo un brivido percorrergli la schiena e farlo fremere, il ragazzo si abbassò nuovamente sulle labbra dell'altro mentre la mano si avventurava oltre il bordo dei suoi pantaloni.

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