Un nuovo fratello

di Fey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Le cose si fanno interessanti ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


L'incontro
   un nuovo fratello

Sfavillanti cristalli risiedono sulle verdi foglie di ortensie e i bianchi petali delle delicate margherite mentre il vento porta con se, come piccole astronavi, i palmi di alcuni fiori vaporosi, soprannominati da qualcuno soffia - soffia- bla - bla. I genitori sono uguali in tutto il mondo, prima prendono una decisione irrevocabile e poi chiedono ai figli. Era questo quello che pensava una bruna testolina ricciuta a cui il sole donava filamenti rosso fuoco. Sua madre l’aveva appena avvisata della sua nuova idea, adottare un figlio, un ragazzo di sedici anni e mezzo, due più di lei, di cui una sua amica, assistente sociale, le aveva parlato. Aveva deciso una cosa così importante senza chiedere a lei o a suo padre e si infondo avrebbe dovuto chiederlo anche alla piccola Noemi di soli nove anni. Come aveva potuto, aveva già stabilito tutto, lei e Noemi avrebbero dormito insieme mentre lui avrebbe preso la sua stanza. Come le ribolliva ora il sangue nelle vene e tre non molto lui sarebbe  arrivato. Un chiaro rumore di serratura, la porta si apre è la mamma e ha con se un aitante giovane, dalle virili prestanza fisiche, i biondi capelli, gli occhi di cesio, fattezze di angelo il cui unico difetto era lo sguardo truce e l’abbigliamento spavaldo.

 -    Questo è Ireneo!

Esclamò lieta la madre.

-     Lince -

 Controbeccò il giovane.   

-     Sono Lince –  

-     Si certo Lince. E questi sono Costantino, Noemi e Stefania, la mia famiglia, ed ora anche la tua-   

-      Uhmm… posso vedere la mia cella - 

-      Eh? -  

-      La mia stanza! –

-      Ah si di qua -

Il giovane restò tutto il tempo nella sua nuova camera ad ascoltare, sdraiato sul letto, una sua vecchia radiolina. Uscì solo per la cena e rispose senza voglia ogni volta che la signora  Nicoletta o suo marito Costantino gli rivolgevano la parola. Il secondo si irrigidì in breve ma Nicoletta no e riuscì a strappare al ragazzo, astioso a chiamarla mamma, la promessa di chiamarla almeno per nome. La mattina seguente si svegliò riposto, ma non con un carattere migliore e con il suo modo di fare riuscì ad entrare ancora di più negli odi di Stefania. Il tutto peggiorò grazie a una nuova idea della madre, Ireneo nel suo vivere in mezzo alla strada aveva perso due anni di scuola e questo le fece decidere di iscriverlo nella stessa calasse della figlia.

-      Non conosce nessuno da queste parti, ma con te si sentirà meno emarginato –

Non erano valse a nulla le parole di Stefania, le aveva gridato di non voler avere nulla a che fare con un teppistello come lui, un ladruncolo da quattro soldi che magari aveva anche spacciato in qualche angolo di strada, tutto ciò era riuscito solo a donarle una bella lavata di capo. Una mattina passò e le cose non ebbero sviluppi, a scuola Lince, come pretendeva di essere chiamato, sedeva in fondo all’aula solitario si comportava come se tutti lì gli dessero il volta stomaco, per quanto riguarda Stefania poteva essere d’accordo su questo punto ma lui esagerava. A casa poi passava il suo tempo a sentire la radio in un angolo. Quando poi la radiolina si ruppe l’indisponente  giovanotto fece sua quella del salotto.

-      La vuoi smettere! – 

Gridò Stefania esasperata dal frastuono che le aveva quasi spaccato i timpani.

-      E perché dovrei? –

-      Perché io sto cercando di studiare! -

-      Sai quanto me ne importa -

I passi della giovane si sentirono pesanti e rabbiosi  mentre si affiancava allo stereo e lo chiudeva con decisione.

-      Che fai! -

Gridò lui.

-      Ascoltami bene tu, se non vuoi studiare questi sono fatti tuoi, se non ti piacciono i nostri compagni di classe, lo accetto pure perché sono una mandria di stupidi e accetto anche di darti la mia stanza ma… non sopporterò più il tuo comportamento ipocrita offensivo e villano nei confronti miei e della mia famiglia. E’ chiaro? –

-      Non sono stato io a voler venire qui -

-      Non sono stata io a volerti qui -

-         Già dimenticavo, tu non sopporti la vicinanza di un ladruncolo, uno spacciatore è così che mi hai chiamato no? -

-      Perché non lo sei? -

-      Io non ho mai spacciato in vita mia -

-      Ma hai rubato -

-      Sono stato costretto -

-      Nessuno è costretto a fare qualcosa che non vuole -

-      E tu che ne sai, non hai per padre un ubriacone il cui unico divertimento è prendere a bastonate te e tuo fratello! -

……….

Un terremoto, un terremoto improvviso che lascia un aspro strascico di desolazione infinita, era rimasta immobile, impalata come una statua, raggelata da ciò che aveva udito, dalla sua vergogna, dal suo abominio. Per tutto il resto della giornata non lo guardò più negli occhi, non poteva.

-      Dove vai? -

Chiese la mattina successiva, quando lo vide allontanarsi.

-      La scuola è di là -

-      Oggi non ho veglia di andarci e poi perché dovrei? -

-       Ti piace ripetere questa frase è? -

Bofonchiò tra se Stefania.

-        Cos’è mi parli di nuovo? -

Disse sarcastico.

-      Sei un cafone a farmelo notare -

Bofonchiò.

-      Tu non sei da meno, una ragazza educata mi avrebbe almeno chiesto scusa -

-       E tu allora? -

-       Io cosa? -

-       Ti comporti malissimo con tutti e non hai mai chiesto scusa a nessuno -

-       Non vedo perché dovrei -

-       Uh, ma non sai proprio dire altro e poi se lo vuoi proprio sapere lo devi fare perché devi scendere dal tuo piedistallo non sei l’unico che ha sofferto in questo svitato mondo! -

-        Davvero? E di un po’ tu quand’è che avresti sofferto! -

-        Quando è morto mio padre ad esempio! -

-        Ma come Costantino… -

-        E’ il padre di Noemi. Mia madre lo sposò due anni dopo la morte del mio -

Calde lacrime peserò a sgorgarle, non l’avrebbe mai pensato ma il pensiero di suo padre le faceva ancora quell’effetto e lei non poteva farci niente.

-         Cosa ti prende? -

-         No… non è niente è solo che queste stupide continuano a scendere e io non so come fermarle, non ci riesco -

-          Vieni sarà meglio non rimanere qui -

Le strinse un braccio attorno alla vita e la portò lontano, aspettando con un tumulto nel cuore che si sentisse meglio. Che strano posto che Ireneo aveva scelto per fermarsi, proprio il campo sportivo, si sedettero su alcuni gradoni mentre il torrente sul volto della ragazza finalmente si assopiva.

-     Grazie -

Disse la giovane soltanto.

-      Non c’è bisogno che mi ringrazi, non volevo che qualcuno mi vedesse con te che stridulavi -

-      Non preoccuparti -

Gridò lei.

-      Non ti darò più di questi disturbi -

Si alzò di scatto.

-       Io vado a scuola -

-       E’ tardi ormai non ti faranno entrare -

-       Allora me ne torno a casa -

-       Ti accompagno -

-        So cavarmela da sola -

-        Se ti accadesse qualcosa la mia adozione sarebbe contromossa e non lo voglio -

-        E pensare che credevo che non ti piaceva la nostra famiglia -

-        E’ così infatti -

-        E allora perché vuoi entrarne a far parte? -

-        Questi sono fatti miei -

-         Tieniteli stretti -

Tornarono a casa e per la prima volta Stefania mentì a sua madre, le disse di essersi sentita male per strada e che Ireneo dopo averla fatta sedere un po’ e calmare l’aveva riportata a casa. Mentì ma i sensi di colpa che provò furono caustificati, dal fatto che la verità avrebbe potuto ferire la donna.  Il ragazzo che tanto detestava in tanto riceveva vari ringraziamenti e poi si mise, come al suo solito, ad ascoltare la sua adorata radio. Stefania ne approfittò per intrufolarsi nella sua vecchia cameretta, smosse la lignea scrivania vi era un buco dietro, accarezzò la sua sagoma poi si decise ad estrarre ciò che vi celava dentro, un cofanetto, un cofanetto di legno duro e liscio al cui centro vi era un’artigianale incisione, sul lato vi era rappresentato un fiore dalle foglie alterne, lanceolate e vellutate e dai splendidi fiori a cinque punte. Stefania lo sfiorò ed immagino il loro bellissimo colore azzurro poi aprì lo scrigno e percorse con lo sguardo il suo contenuto, lo richiuse in fretta anche se sul suo volto si dipinse un’acida sofferenza. Lo riposò, rimise al suo posto la scrivania e uscì dalla stanza.                                                                                                                                                    Come fu sparita in una delle altre camere qualcun altro entrò. Dalla porta semi aperta Ireneo aveva visto tutto e ripetendo i gesti della ragazza guardò nello scrigno.

 

 

Salve a tutti spero che questa mia storia vi sia piaciuta e mi auguro che continuiate a seguirla nei prossimi capitoli. Spero che vorrete darmi anche un vostro giudizio recensendo questo capitolo, logicamente accetterò sia recensioni positive che negative.     Arrivederci a tutti e al prossimo capitolo.

                                                                                                                     Fey

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Capitolo 2
*** Le cose si fanno interessanti ***


Ireneo rovistò nella piccola sca

Ireneo rovistò nella piccola scatolina. All'interno tra alcune vecchie fotografie di famiglia spiccava una catenina d'argento. La prese delicatamente lasciando penzolare il sottile anellino che vi era infilato. Una scritta attrasse la sua attenzione: Per la mia stellina Papà. Dalla scatola due volti sorridenti "gli fecero l'occhiolino". Un uomo stringeva la sua bambina tra le braccia.

- Ireneo!- una voce lo ridestò costringendolo a riposare tutto al più presto.

- Ireneo!...- Costantino continua a chiamarlo apprestandosi a salire le scale.

Senza farsi notare il ragazzo sgusciò fuori dalla stanza come se nulla fosse e prese a discendere al piano inferiore. A mezza strada lo sguardo gelido del patrigno lo bloccò.

- Insomma potresti rispondere quando qualcuno ti chiama?...- protestò l'uomo.

-...Cosa vuoi...-bofonchiò il ragazzo.

- Se non erro ti avevo chiesto di tosare il prato, si può sapere perchè non lo hai fatto.

- Non mi andava! - sibilò il giovane facendo spallucce.

- Cosa? e questa credi sia una ragione valida....insomma ragazzino da quando sei arrivato non hai mosso un dito in questa casa ne noi ti abbiamo fatto alcuna pressione ma...

- Ma...- lo blocco il ragazzo.

- ...adesso questa è anche casa tua  e noi stiamo per diventare la tua famiglia....quindi sarebbe bene tu cominciassi ad integrarti...

-E cosa centra questo con me...io non vi ho chiesto nulla... quindi me ne torno in camera se non ti spiace.

- Aspetta! Ireneo sta volta non posso lasciarti fare, se vuoi continuare a vivere qui devi darti da fare anche tu per questa famiglia...quindi ragazzino datti una mossa e vedi di falciare quel prato...altrimenti...

Per qualche secondo gl'occhi chiari del giovane fissarono il volto contrariato negli spassi di rabbia dell'uomo. Nel silenzio burrascoso venutosi a creare lo superò con passo pesante e lento. Raggiunse la porta principale si infilò la giacca a vento ed uscì di lì senza proferire parola.

- Torna subito qui!...Ireneo non abbiamo ancora finito...Ireneo...

Costantino gli aveva gridato dietro ma il giovane non si era lasciato impressionare. Era uscito di lì sbattendo la porta mantenendo il suo solito volto impassibile.

Si diresse, quasi senza pensarci, verso il campo sportivo. Gli piaceva quel posto che sapeva per esperienza poco frequentato.

Purtroppo al contrario delle sue rosee aspettative, quel giorni alcuni giovani avevano deciso di allenarsi. Non si demoralizzò ma stando ben attento a non farsi notare, scivolò sugli spalti dove si adagiò a riposare.

Più in la qualcuno correva caparbio, sulle assolate piste mentre una donna ne cronometrava la performance.

Era una ragazza, il suo codino all'insù sventolava dalla fessura del berretto bordò. Il volto solitamente roseo era nascosto dall'ombra proiettata dalla visiera.

La corsa si arrestò e lei si accasciò sulle gambe stremata, il respiro affannoso, le guance infuocate. Adesso i muscoli guizzanti le si rilassarono, dopo lo spasmo e l'irrigidimento dello sforzo. La donna le si avvicinò.

Ireneo aveva seguito attento i movimenti della ragazza, come rapito dal suo moto, eppure solo ora si accorse di un particolare. Riconobbe la donna che si era appena avvicina. Era la sua docente di educazione fisica, che dopo aver cronometrato la corsa si stava congratulando con la giovane, che lentamente alzò il volto accaldato ma sereno.

Fu un attimo ma sul volto di Ireneo si dipinse un lieve sorriso compiaciuto. Lentamente si accinse a scendere le gradinate per porsi, mentre la donna con il cronometro si era allontanata per parlare con un altro uomo dalla rossiccia barba incolta, alle spalle della ragazza dalla tuta nera a righe bordò.

- Che fai racchia?!- esclamò divertito,  facendo sussultare l'altra.

- Eh....e tu che ci fai qui?- gli chiese sorpresa Stefania, una volta voltatasi.

- Se non sbaglio sono stato io il primo a porre una domanda...

- Uhmm...sempre simpatico eh...comunque dovresti saperlo...ci sono le gare agonistiche tra due settimane, c'era bisogno di qualcuno per la staffetta, ed io ho accettato.

- Certo che dovevano essere disperati per chiederlo a te.

- Idiota cosa credi sono veloce io.

- Certo come una lumaca.

- Allora vieni.

- Uh?

- Una gara, vediamo chi è il più veloce.

Il ragazzo non protestò ne acconsentì esplicitamente semplicemente seguì Stefania al via allineandosi con lei. Toltosi la giacca lasciò che fosse la ragazza  a contare il tempo.

1-2-3

Erano partiti di scatto. Veloci, molto veloci, sfrecciavano l'uno accanto all'altra.

Il vento gli sfregava il volto, era bello, troppo bello.

Ireneo si lasciò trasportare da quella sensazione stranamente piacevole, mentre la corsa era diventata  un susseguirsi di movimenti rapidi, meccanici, naturali nello scorrere di attimi eterni. Poi tutto finì.

Ireneo aveva vinto e non di poco, era incredibilmente veloce. In pochi gli avrebbero tenuto testa.

La professoressa si affrettò, avendolo visto, a chiedergli di unirsi alla squadra per la staffetta.

Gli si era fatta vicina mentre il ragazzo ancora cercava di riprendere fiato. Erano bastate poche parole perchè il volto ora sereno del giovane tornasse a contrarsi nella solita espressione fredda.

Ireneo rifiutò secco l'invito allontanandosi di buona lena da quella donna fastidiosa. Era intento a recuperare la sua giacchetta quando si sentì sfiorare una spalla.

Si voltò scocciato, Stefania gli si ergeva davanti.

- So che mi odierò per quello che sto per dire ma abbiamo davvero bisogno del tuo aiuto...Anna si è tirata indietro all'ultimo momento ed adesso non sapevamo con chi sostituirla...quindi...ecco...

- Insomma cosa vuoi...- chiese il ragazzo fingendo di non aver compreso la richiesta silenziosa dell'amica-sorella.

- ...Ti prego ho bisogno del tuo aiuto, in cambio potrai chiedermi quello che vuoi ma...ti prego accetta.

Il sorriso che si dipinse sul volto di  Ireneo in quell'attimo fu quasi un ghigno ma la giovane non se ne accorse.

Accettò e presto la futura sorella si sarebbe pentita di quella sua richiesta.

Non appena fu rientrato a casa Lince falciò con grande accuratezza l'intero prato. Ora più che mai non voleva andarsene, le cose si stavano facendo divertenti.

 

 

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