Have a little patience...

di elaia86
(/viewuser.php?uid=17089)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Venti anni ***
Capitolo 2: *** La rabbia e l'orgoglio ***
Capitolo 3: *** Regolamenti di conti ***
Capitolo 4: *** Incontrarsi ***
Capitolo 5: *** Desideri... ***
Capitolo 6: *** I can't ***
Capitolo 7: *** Gli amici ***
Capitolo 8: *** Il passato ***
Capitolo 9: *** Una decisione difficile ***
Capitolo 10: *** We wish you a merry Christmas ***
Capitolo 11: *** ...and a happy new year! ***
Capitolo 12: *** Buon anno! ***
Capitolo 13: *** Disgusto ***
Capitolo 14: *** Io ti sento ***
Capitolo 15: *** Lavorare con House ***
Capitolo 16: *** Drogato? ***
Capitolo 17: *** Alone ***
Capitolo 18: *** The end ***



Capitolo 1
*** Venti anni ***


Patience

Patience

Capitolo 1- Venti anni

 

“Cameron dove vai? Mi servi per delle analisi”

“Si...e io sono una stupida! House, sai che il mio turno è finito”

“Sono io il capo e decido io quando finisce il tuo turno...”la risposta di House era piuttosto sarcastica, tuttavia Cameron rispose a tono: “D'accordo, sei tu il mio capo...allora licenziami!”, negli occhi della dottoressa balenò un lampo di aperta sfida, le labbra leggermente in un sorrisetto ironico. “Da quando in qua ti permetti di sfidarmi?”, il diagnosta strabuzzo gli occhi provocando la risata di Cameron, “E da quando ti faccio ridere tanto?”, House più che alla sua assistente sembrava rivolgersi a se stesso. “Ciao...capo!”, Cameron se ne andò, non prima di aver lanciato al suo capo uno sguardo trionfante da sotto la sua frangetta sbarazzina.

Cameron sei licenziata!”, provò ad urlarle dietro House, ma la ragazza lo ignorò completamente.

Nonostante questo piccolo smacco House sorrise tra sè: negli ultimi mesi Cameron l'aveva piacevolmente sorpreso con il suo modo di fare più sicuro, più ironico e disincantato nei confronti della realtà. Rimaneva sempre la dolce Cameron che si preoccupava di tutti e di come dovessero andare le cose, ma era diventata una donna sicura della sua bellezza e della sua intelligenza. Stava maturando davvero, e sotto i suoi occhi.

House si sentiva persino orgoglioso. Tuttavia lo punse un dubbio: che questo cambiamento, specialmente nei suoi confronti, fosse dovuto al fatto che...non era più interessata a lui?

L'orgoglio sparì, lasciando spazio ad una punta di amarezza.

 

***

“Ahi! Mi hai fatto male signore!”, una bimbetta dai lunghi capelli neri fissava un giovanotto alto che le aveva appena pestato un piede. Doveva essere un giovanotto di pessimo umore per risponderle: “Ehi mocciosa, fila a largo! Non vedi che sto passando prima di te? Cosa mi fai adesso, chiami la mammina?”. Negli occhi della piccola si formarono grandi lacrimoni. “Aglia! Adesso piangi pure! Senti io vado eh... - “Ma mi hai fatto la bua! Guarda!”, la bambina lo aveva chiamato con un gridolino disperato. In effetti il suo sandalo era tutto sporco e cominciava ad imbrattarsi di sangue. Il giovanotto tornò sui suoi passi e le studiò il piede con i suoi occhi color cielo: “Povera piccola, ti ho fatto la bua? Ma non vedi che è solo un graffietto?” - “Mi fa male!” - “No piccolina! - si era fatto quasi intenerire da quegli occhi verdi che lo guardavano di traverso – Guarda ora zio Greg come ti fa sparire la bua...”, prese dalla tasca un fazzoletto e dalla borsa una bottiglietta d'acqua e cominciò a lavarle delicatamente il piedino mentre la bimba lo osservava attenta. Pochi minuti e Greg asciugò il piedino, ormai solo un po' arrossato: “Ti fa male ora?” - “No! Come hai fatto?”, la bambina lo guardò con i due occhioni sgranati per l'ammirazione: “Semplice, io sono un medico...cioè vado a scuola di medicina e quando uscirò guarirò tutte le bue del mondo?” - “Me...medoco?” - “Ficcatelo bene in quella zucca: me-di-co! Ma ci andate a scuola voi bambine alla vostra età?” - “Io faccio la prima! - disse tutta orgogliosa lei - E da grande voglio essere come te!” - “Cioè un genio? Naaa! Non hai la faccia da medico, ti ci vedo più a fare la pubblicità per le bamboline piccole e carine come te... - “No! Io guarirò tutte le bue del mondo!” – la bambina lo guardò offesa, come faceva a non crederle? – “Se lo dici tu piccolina...Ehi ora vado, veramente sono in un ritardo mostruoso per la lezione. Per colpa tua...”, le lanciò uno sguardo di rimprovero, seguito subito da un sorriso e da un occhiolino.

“Allora ciao, piccola...” - “Mi chiamo Allis-on! Non mi chiamo piccola!” - “Ciao piccola Allison!”, il giovanotto si allontanò di corsa.

“Ciao med..oco”, ripetè tra sé la bimba “Mee...Medico!”

***

“Nooo! Non mi dire che eri tu?!”, Cameron tornò improvvisamente sui suoi passi, turbata da un lontano ricordo. “Si, ero io quello che è venuto in casa tua stanotte e ha fatto sesso con te, fantastico vero?” - “No, scemo! Mi sono ricordata di un gran bastardo che incontrai da bambina e mi pestò un piede...” - “E che centro io?” - “Ma si, devi essere tu quel ragazzo!”, si avvicinò pericolosamente ad House fissandolo intensamente negli occhi “Non ho più dubbi!” - House la guardò stupito - “Cara ti ho sempre detto che la droga fa male, guarda un po' me! Stai a sentire lo zio Greg...zio Greg?!”, al diagnosta tornò in mente un ricordo: una bimba piagnucolona con due occhi verdi spalancati quasi fuori dalle orbite: “Ora ricordo! Sei tu la mocciosa che mi ha fatto fare tardi alla lezione... - “Ah beh, niente in confronto ad un piedino pestato... - “Non mi sembra che tu sia rimasta zoppa, piccola Allison! – sottolineò le ultime parole – E poi per colpa di quel ritardo stavo venendo a cazzotti con il mio professore... - “E' colpa mia se sei sempre stato un attaccabrighe?” - “...e lui mi espulse dal corso. Per colpa tua ho dovuto cambiare università e ho perso la possibilità di andare alla Hopkins!” - “Adesso il piagnucolone mi sembri tu, House!” - “C'è poco da scherzare!”, House le fece la linguaccia e la guardò male. “Non ci posso credere...sei tu quel pazzo che mi ha dato l'ispirazione per diventare medico!” - “Perchè sei un medico? Toh, chi lo immaginava che tu fossi medico, pensavo fossi un semplice soprammobile!” - “E io che pensavo che tu da giovane fossi più umano...Mi sbagliavo!” - “Ah si? E chi te l'ha curato il piede? Sei sempre la stessa mocciosetta di vent'anni fa!” - “Sei sempre lo stesso bastardo di vent'anni fa!”

House e Cameron si guardarono in cagnesco, ma durarono poco, visto che scoppiarono subito in una risata travolgente!

 

Chase e Foreman entrarono nello studio giusto in tempo per vedere loro due che duellavano con due preziosissime cartelle cliniche. “Ehi! Che state facendo?” - “Non lo vedi? Stiamo facendo sesso piccolo Chase, si fa così, impara!”, House diede una forte cartellata sul sedere di Cameron che aveva fatto l'errore di voltarsi verso i colleghi: “Ahi!!! Questa me la paghi!”, senza pensarci la dottoressa prese il bastone di House e lo tirò a sè, facendogli perdere l'equilibrio.“Dottoressa Cameron, non la facevo così cattiva verso i disabili indifesi come me!” - “Indifeso un corno!” Cameron ansimava per il duello che pareva ormai concluso. “Uao! Dovremmo farlo più spesso... - House si alzò facendo perno sulla gamba sana e le si avvicinò fin quasi a sfiorare il naso dell'assistente con il suo, ignorando completamente il fatto che erano presenti Foreman e Chase – E' davvero eccitante vederti ansimare così dopo aver preso il bastone del tuo capo...”

Cameron arrossì come un peperone, i suoi colleghi soffocarono a stento una risatina maliziosa, mentre House le lanciò un ultimo, fulmineo, sguardo d'intesa, prima di voltarsi verso i suoi assistenti. “Ok, per oggi basta con il sesso. Chase fammi queste analisi, Foreman vai a casa del paziente...”. Una volta usciti i due dottori Cameron cominciò a sistemarsi i capelli un po' scompigliati. “House...” - “Si...” - “Sei un gran bastardo!”, House le dava le spalle e rise: “Per oggi hai vinto tu Cameron, ma la prossima volta il mio bastone non te lo faccio toccare...” - “Vedremo...Ohh...ma cosa cavolo ti rispondo?! Ora vado, ciao!” - “Ciao mocciosa!”

 

“Incredibile, ma tu li hai mai visti giocare così?” - il biondo internista era ancora divertito da quel siparietto - “Perchè, tu hai mai visto qualcuno della loro età giocare così?”, Foreman non era da meno del collega. “Bella la battuta del bastone, hai visto la faccia di Cameron?Uno spettacolo!” - “Ehi, cosa sono quelle facce sorridenti?Non avete un caso tra le mani?”, Wilson li sorprese a ridere nel corridoio, ma quando i due medici gli raccontarono tutta la scena a cui avevano assistito poco mancò che l'oncologo cadesse a terra per le risate: “House? House che gioca?! House che gioca con Cameron?! Cameron che afferra il suo bastone?! Ahahah!”

Wilson aveva le lacrime agli occhi: “Perchè mi sono perso quella scena?! Perchè?!”- “Forse sei ancora in tempo per vedere House con quell'espressione maliziosa, fa morire te lo assicuro! Vai, Cameron se ne sarà andata a quest'ora.”, suggerì Foreman. “Volo...Buon lavoro ragazzi.”

 

Intanto la Cuddy nel suo ufficio stava esaminando dei documenti, quando bussarono alla sua porta: “Avanti!”. Una donna sulla quarantina, elegantemente vestita, entrò timidamente nel ufficio. “Ah, prego dottoressa Sorrentino, la stavo aspettando!” - “Buongiorno dottoressa Cuddy. - si scambiarono una stretta di mano - “Come è andato il viaggio, tutto bene?” - “Si, anche se sono ancora sotto effetto del jet lag.” - “Poteva riposarsi e venire qui in tutta tranquillità, non c'era fretta..” - “Ho preferito venire subito.” - “Bene, sono felice che abbia accettato il mio invito di lavorare qui.” - “Dottoressa per me è un grandissimo onore poter lavorare a fianco dei migliori specialisti del mondo, specie del dottor House, la cui fama è giunta fino in Italia.” - “So benissimo che è quello che desiderava. Del resto il nostro ospedale ha ogni interesse ad ospitare una specialista del suo calibro, c'è sempre da imparare. - “La ringrazio dottoressa Cuddy. Sarà una grande opportunità.”

Le due donne si scambiarono un sorriso. Elly Sorrentino non vedeva l'ora di conoscere finalmente di persona il famoso dottor House.

 

Wilson si precipitò nello studio di House, non voleva perdersi la sua faccia allegra.

Lo trovò affacciato alla finestra. Gli si affiancò per prenderlo un po' in giro, ma le battute gli morirono in gola: House aveva un'espressione sul volto davvero gelida, la bocca distorta in una smorfia di pura rabbia e gli occhi puntati verso il parcheggio dell'ospedale. Wilson seguì la linea del suo sguardo e vide Cameron...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La rabbia e l'orgoglio ***


Capitolo 2 -La rabbia e l'orgoglio

Capitolo 2 -La rabbia e l'orgoglio

 

La rabbia di House era incredibile. Wilson sentì che stava per perdere il controllo: “House...House...” - “Stai zitto! - grugnì l'amico - “Quella stupida, quella falsa buona, quella mentecatta di una dottoressina...”

 “House!”, Wilson lo fermò prima che potesse dire cose ancora più spiacevoli, gli afferrò il braccio e lo scosse tentando di calmarlo. “House, ma cosa sta facendo di male?!” - “Tu non l'hai vista qui poco fa!” - “Qualunque cosa abbia fatto prima, tu non hai il diritto nemmeno di arrabbiarti!”, forse era stato troppo duro, però riuscì a farlo calmare. “E' vero...non ho il diritto... - Wilson tirò un sospiro di sollievo, troppo presto però – Ma non me ne frega assolutamente niente se non ho il diritto! Ora scendo e li faccio a pezzi.”, a quel punto l'amico capì che doveva ricorrere alle maniere forti per fermare quel pazzo. Si azzuffarono: House tentava di raggiungere la porta e Wilson lo bloccava in tutti i modi. “Ti rendi conto che quello che stai facendo è totalmente irrazionale?!” - “Non me ne frega niente, non può fare la smorfiosa con me e poi sbaciucchiarsi con un altro!”. L'oncologo non poteva credere a quello che il suo amico stava dicendo: ma quando mai gli era importato di Cameron? E se anche gliene fosse importato non avrebbe mai agito in quel modo, non era proprio da lui! Intanto House aveva quasi raggiunto la porta quando davanti ad essa comparvero due donne con un'espressione di assoluto stupore.

 

“House, Wilson..che diavolo state facendo?!!”, una delle due era proprio la Cuddy, piuttosto infuriata per giunta. “Non lo vedi, sto cercando di uscire per fare a pezzi qualcuno, hai presente 'Shining'?” - “Lisa, non so che gli stia succedendo! E' diventato una furia...” quindi Wilson, ancora impegnato a placcare il suo amico, indicò con lo sguardo la finestra. Cuddy dopo un attimo di esitazione rinunciò a scoprire perchè House si comportava così. “Basta House! La vuoi finire di fare il bambino?! Non vedi che c'è qui anche un'ospite?!”, solo in quel momento House si rese conto che c'era anche un'altra donna accanto alla Cuddy, e si calmò. “Ahah Cuddy! Hai deciso di passare all'altra sponda? Beh, visto che con gli uomini non ti è andata bene era anche giusto che ti rivolgessi ad altri generi...”. La Cuddy spalancò gli occhi, imbarazzata per il comportamento del suo miglior medico davanti ad 'estranei'. “Dottoressa lo scusi, è un gran burlone...anche se il termine adatto sarebbe un altro”, la Cuddy pronunciò le ultime parole quasi tra i denti, esercitando tutto il suo autocontrollo per impedirsi di dire altro. “Oh, dottoressa Cuddy non si preoccupi. Sono preparata a tutto...Piacere dottor House, piacere dottor Wilson, sono la dottoressa Sorrentino.”, gli tese la mano accompagnandola con un sorriso divertito. House, ormai in piedi, gliela strinse velocemente: “'Sorrentino'?! Italiana? Cuddy ma da quando in qua l'ospedale si preoccupa di accogliere gli immigrati?”, la Cuddy impallidì all'ennesima figuraccia che gli faceva fare quel bastardo, ma la risatina della collega d'oltreoceano la convinse che era davvero preparata a tutto: “Dottoressa, mi dispiace...” - “Ma no, non si scusi! Dottor House, non sono un'immigrata, vengo qui a lavorare per lei con regolare permesso di sei mesi...” - “Sicura? Me lo faccia vedere!”, House stesso si meravigliò di come le sue frecciate velenose non sortivano alcun effetto sulla donna, quindi decise di cambiare tattica: “Anzi no, mi dica: in cosa è specializzata in Italia?” - “Diagnostica, proprio come lei, dottor House.” - “Ah, bene! La Cuddy l'ha chiamata per sostituirmi?” - “Ma certo! Sa, in Italia ci pagano di meno, quindi prendere il suo posto mi faceva comodo e non è stato difficile convincere la sua direttrice...” - “Ah ah! Bella battuta, dottoressa Napoli...peccato che non faccia ridere...”, House sbuffò e invitò la Cuddy a spiegare il motivo della visita. “Non l'hai ancora capito? Lei lavorerà per te! Sarà nel tuo team insieme agli altri!” - “Ah, e meno male che l'ospedale mancava di fondi...cos'è dottoressa, lavora gratis?” - “No, ma l'ospedale italiano da cui provengo mi paga il 50% del salario, visto che sono qui per loro...” - “Si, la dottoressa è qui per conto del 'Policlinico Gemelli' di Roma, per approfondire la conoscenza sul nostro sistema sanitario.” - “Oh, e ci voleva tanto per dirle: 'fa schifo, ma meno del vostro?', bisognava farla venire dall'Italia?”. No, la Sorrentino non cedeva, continuava a ribattere alle sue battute con un sorrisetto divertito. “Ok mi arrendo, ha superato l'esame, può lavorare nel mio team...”, disse House esasperato.

“Questo tanto l'avevo già deciso io, House. Comincerà da domani. Accompagno la dottoressa all'uscita.” - “Arrivederci dottor House.”, Elly Sorrentino era contenta di aver finalmente fatto la conoscenza del dottor House, era proprio come glielo avevano descritto: burbero, sarcastico, e incredibilmente affascinante!

Mentre si avviavano fuori dallo studio di House la Cuddy lanciò uno sguardo furioso al diagnosta, il quale capì che fra poco sarebbe tornata a minacciarlo. “Ehi Wilson, meglio che andiamo via da qui, la vedo nera con la Cuddy...” - “E dove vorresti andare? Ormai conosce tutti i tuoi rifugi...” - “Si, ma non si aspetta che io usi le scale per scendere...”, House fece una smorfia terribilmente maliziosa.

              

Prima di uscire con Wilson rivolse un'occhiata di sfuggita alla finestra e ricordò, dimenticando tutto il resto.  

Zoppicò verso la finestra per arrivare a guardare fuori: Cameron era sparita, e con lei...Un brivido lo percorse di nuovo. “Wilson perchè ho reagito così?” - “Non lo so House. Si vede che ti ha dato fastidio vederla con...” - “        ...”, gli occhi azzurri di House fissavano il vuoto davanti a sè. “Ti fidavi di lei?” - “Si. Era l'unica di cui sapevo potermi fidare ciecamente, senza se o senza ma. Persino più di te o la Cuddy.” - “Ma in fondo non ha tradito la tua fiducia. Non ti ha denunciato, non ti ha mentito mai, non...” - “Infatti...In fondo che me ne frega se si è trovata un altro uomo? Dovrei essere contento! Così si toglierà dai piedi una volta per tutte!” - “Ti posso chiedere una cosa? Chi ti dice che fosse il suo ragazzo?” - “Cameron non prende per mano tutti, non sorride con quel sorriso spettacolare a chiunque...a meno che non sia un paziente malato grave”, aggiunse sarcastico. “Ti dà così tanto fastidio vederla con un altro? Insomma, tu l'hai respinta per anni!”, House lo guardò malissimo. “Discorso chiuso. Andiamo via, prima che l'amazzone furiosa torni a vendicarsi di me...”

Il discorso, comprese Wilson, era davvero chiuso. Inutile tentare di riparlarne.

 

Cameron era felicissima. Finalmente l'aveva rivisto! Era tanto tempo che per motivi di lavoro non si erano mai potuti incontrare, nemmeno per le feste.

Quella sorpresa era stata davvero meravigliosa. Potevano trascorrere poche ore insieme, meglio non sprecarle...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Regolamenti di conti ***


Capitolo 3 – Regolamenti di conti

Capitolo 3 – Regolamenti di conti

Quella mattina House era di cattivo umore: quella dottoressa italiana capitava a fagiolo, avrebbe tirato fuori tutto il suo repertorio di battutine sugli italiani e si sarebbe sfogato, ormai con Chase non c'era più sfizio.

Entrò nel suo ufficio e li trovò tutti e quattro seduti al tavolo che chiacchieravano allegramente: di sicuro l'italiana aveva saputo farsi accettare subito nel team.

House sbattè il bastone contro la sua scrivania per farsi notare. Sei paia di occhi lo guardarono scocciati, ma un altro paio color nocciola sembrava non aspettassero altro. “Buongiorno a tutti, paperotti. Allora avete risolto i compiti che vi ho dato per casa?” - “Se ti riferisci al caso di ieri, lo abbiamo risolto.”, disse Chase - “Lei lo ha risolto.”, precisò Cameron scambiando uno sguardo d'intesa con la dottoressa Sorrentino. 'Ah le donne! Trovano subito il modo per allearsi...Ci mancavano solo loro insieme alla Cuddy per farmi sentire in trappola ', pensò rapidamente House. “Bene, e allora italiana, cosa aveva il paziente? Ha chiamato la fattucchiera in Italia per farselo dire?” - “No, ho guardato le analisi e le ho messe a confronto con un vostro precedente caso che mi ha segnalato la dottoressa Cameron. Risultato: sindrome di Asperger. - “Vedo che la maga ha azzeccato la divinazione...Chase, Foreman, andate a somministrare la cura.Cameron ti voglio nel mio ufficio.” - “Dottor House...” - “Ah già...lei. Beh, a quanto pare tra 5 minuti scatterà il mio turno in ambulatorio, ma come vede sono molto impegnato...Se mi sostituisce non è che ammazza qualcuno?” - “No di certo. - “Bene, allora si ricordi di non farne parola con la dottoressa Cuddy, può andare ora. Cameron, vieni con me!”, il tono di House era diventato piuttosto imperioso. Cameron si chiese cosa c'era che non andava, non l'aveva nemmeno guardata.

Stava per precederlo nello studio, ma House la bloccò: “Ho cambiato idea. Non qui.”, quindi si avviò verso il corridoio. Cameron era sempre più sconcertata.

 

House bussò all'ufficio di Wilson, e come suo solito entrò senza nemmeno aspettare la risposta. “House cosa c'è, ho da fare!”, Wilson si accorse che c'era anche Cameron, il ritratto della sorpresa, dietro il diagnosta. “Smamma Wilson, mi serve il tuo ufficio.” - “Ti ho detto che ho da fare! Devo compilare alcune cartelle cliniche!” - “Ti presto il mio ufficio per questo, vai, vai!” - Wilson si arrese e non fece ulteriori domande, scambiò uno sguardo perplesso con Cameron a dire 'Chi lo capisce...' e se ne andò con un blocco enorme di cartelle da compilare.

“Wilson non ha te, altrimenti non starebbe ore e ore a compilare cartelle. - “Si può sapere che mi hai portato a fare qui?”, House le piantò gli occhi in faccia, ma poi li distolse, rendendosi conto che nemmeno lui lo sapeva, sentiva solo rabbia per quello che aveva visto il giorno prima, ma certo non poteva dirle questo. 'Ah si, la dovevo rimproverare per...bah, qualcosa inventerò', pensò il diagnosta. “Cameron, - esordì con un tono minaccioso – voglio sapere da te perchè hai segnalato la cartella della signora Higgins alla dottoressa italiana, come si chiama... - “Si chiama Sorrentino. Perchè non avrei dovuto farlo?” - “Perchè è una spia italiana! E' un'infiltrata che cerca di rubarci le migliori tecnologie per rivenderle in Italia...”, il tono di House non poteva essere più serio, ma proprio per questo Cameron scoppiò a ridere.

House la guardò male, aspettò che smettesse di ridere, quindi le disse acido: “Anche il belloccio che ti è venuto a prendere ieri ti fa ridere così?”. Cameron rimase di stucco. “E' inutile che fai quella faccia da pesce lesso. Mi fa piacere che tu abbia trovato un tipo inutile alla tua altezza, almeno un giorno ti toglierai dai piedi!” - “Ma che cosa dici, House!”, la ragazza si sentiva offesa soprattutto dalle ultime parole, quasi urlate dal diagnosta.

“Devo ammettere che cominciavo a pensare che ti saresti fatta suora visto che non potevi avermi...Mi sbagliavo per fortuna, sai, mi saresti rimasta sulla coscienza, una così bella ragazza come te, costretta alla castità perchè non può farsi il suo capo...” - “House smettila! - ormai Cameron era furiosa, il tono di House stava aumentando e anche lei alzò la voce per controbattere – Tu non sai niente!” - “Ok, risparmiami la difesa del tuo bel principe azzurro. A proposito, che malattia ha? Cancro? E' invalido da qualche parte? Conoscendoti non sarebbe difficile capire dove...”, House le guardò insistentemente le gambe nascoste dal camice, e Cameron gli sferrò un ceffone che gli fece girare la testa. “Come ti permetti di accusare, di ironizzare su cose che non sai?! Ti basi su semplici supposizioni! Beh, stavolta hai completamente sbagliato la diagnosi! Non è il mio fidanzato, è mio fratello e non lo vedevo da mesi!!!”, Cameron aveva gli occhi lucidi ma la sua voce era rabbiosa, come mai House l'aveva sentita.

“E ora scusami! Ma devo proprio andare! Non voglio perdere altro tempo con le tue sciocchezze!”, la dottoressa si avviò verso la porta. House si limitò a guardarla uscire. Non la fermò. Non le afferrò il braccio, non la attirò a sè, non la baciò. Non fece nulla di quello che forse, una parte sommersa dentro di sè, avrebbe voluto fare.

 

Cameron non sentiva nulla intorno a sé…andò nella sala riunioni, ma la prima cosa che le saltò all’occhio fu quello stupido giochino che House aveva lasciato come sempre sul tavolo. Uscì, non lo sopportava. Stavolta House aveva passato il limite: la aveva attaccata, insultata…nella sua voce c’era stato solo odio e disprezzo, non l’aveva mai sentito urlare così contro di lei. Chissà cosa gli era preso…

Era da tempo che non si faceva più illusioni con lui, prendeva tutto come veniva.

Era meglio andare a fare un giretto, avrebbe chiesto un piccolo permesso alla Cuddy.

C’era un parchetto, un piccolo paradiso, a poche centinaia di metri dal Princeton Hospital: si sarebbe rilassata lì.

 

In ambulatorio intanto la nuova dottoressa si dimostrava molto efficiente. La lunga fila di pazienti si era dimezzata in meno di un’ora. La Cuddy si trovò a passare un paio di volte fuori all’accettazione, ma non ebbe motivo di dubitare che dentro ci fosse House: con i suoi modi sgarbati e frettolosi il dottore stava facendo presto come al solito, non c’era motivo di disturbarlo per una volta che faceva il suo lavoro.

Eppure la dottoressa non era affatto un House al femminile, al contrario. Con molta premura rispondeva alle domande dei pazienti e li rassicurava, il tutto con grande rapidità. C’era persino chi, letto il nome dr House per il turno, aveva avuto paura di entrare a farsi visitare, ma poi intravedeva un sorriso dolce e comprensivo al posto del solito ghigno e ci ripensava.

Durante una delle ultime visite della giornata ricevette una telefonata: “Ciao tesorino! – parlò in italiano – Non mi devi chiamare a quest’ora, lo sai che la mamma è a lavoro. Cosa?!   D’accordo Stefania! Dì alla Nanny che può portarti a fare una passeggiata qui. Ok, ci vediamo tra poco”. Un sorriso illuminò il volto della dottoressa, ormai un po’ stanca per il turno. “E’ italiana dottoressa?”, l’anziana paziente la stava fissando, “Si, signora. Parlavo con mia figlia.” – “Oh, splendido, mio marito è di origini italiane…” – “Bene, mi fa piacere…”. La Sorrentino si chiese come avrebbe risposto House, ma in un attimo ebbe la conferma dalla voce burbera del suo capo: “I matrimoni misti non erano vietati qualche anno fa?”, House era entrato senza bussare – e quando mai – e aveva commentato non senza una punta di fastidio l’entusiasmo della vecchietta. ‘Il solito cinico’, pensò la dottoressa. “Dottor House, è venuto per sostituirmi?” – “Neanche per sogno. Dov’è Cameron?” – “Non era con lei?” – “E’ passata un’ora, le mie prestazioni arrivano massimo a 57 minuti…”, la vecchietta si lasciò sfuggire un ‘Ohhh’ piuttosto scandalizzato, e la dottoressa la congedò frettolosamente per evitare altri guai “Comunque signora la pressione è a posto, le analisi in regola, lei gode di ottima salute! Può andare, buona giornata”. “Quanta dolcezza! Sicura che stesse bene?” – “I valori erano normali…” – “…I valori non ci dicono niente! Impara ad osservare altri segni! Non hai visto quel livido sul braccio? Non era da contusione, il sistema circolatorio di quella donna è rovinato!”. La Sorrentinò impallidì, pensando ora a quel dettaglio che aveva trascurato. Senza pensarci due volte corse fuori a richiamare la signora.

House intanto uscì: non l’aveva trovata. Aveva cercato in tutti i ‘suoi’posti: il laboratorio di analisi, il tetto, lo spogliatoio, ma di lei nessuna traccia.

Si ricordò che stava saltando il turno e che doveva stare attento alla Cuddy, se l’avesse beccato in giro…non osava immaginarlo!

Si mosse con circospezione verso l’uscita. 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Incontrarsi ***


Capitolo 4 – Incontrarsi

Capitolo 4 – Incontrarsi

 

“Ehi Cameron!” - la ragazza si voltò, le sembrava una voce familiare: “House! Che ci fai qui?”. Erano entrambi all'entrata del parchetto, lui la fissava dalla sua moto che aveva appena finito di parcheggiare.

“Che ci fai tu qui? Non ti ho detto di fare il turno in clinica al posto mio?” - Cameron lo guardò ironica, la rabbia era un po’ sbollita e questo House lo sapeva bene – “Oltre che la gamba stai perdendo anche il cervello? Lo hai detto alla Sorrentino, non a me!” - “Si ma lei non ha delegato te?” - “No”

House scese dalla moto: “Allora ce la facciamo questa passeggiata romantica?” - “No, ti lascio solo. Torno in ospedale” - “Cameron sei appena arrivata, non vorrai davvero lasciare un povero uomo zoppo solo in un parco così pericoloso... - “Credo che tu ce la faccia benissimo da solo!”, la dottoressa si stava avviando verso la strada ma House la fermò afferrandola per il braccio: “Ehi! - House aveva abbandonato il tono irrisorio – Dai, fammi un po' compagnia”La fissava, con uno di quegli sguardi indecifrabili che le rivolgeva sempre più spesso, la fissava e lei si sentì quasi male ad essere guardata così, il suo sguardo sembrava volerla esplorare fino al più intimo dei suoi segreti, fino alla più oscura parte della sua anima. Se avesse potuto dare la forma di una frase a quello sguardo non ci sarebbe mai riuscita: “D'accordo, hai vinto...vada per la passeggiata.

 

Fu una passeggiata inizialmente tranquilla e silenziosa. House taceva e Cameron aveva quasi paura ad interrompere il suo silenzio. Videro un'allegra coppietta scambiarsi effusioni e scherzi su una panchina. Cameron arrossì e pensò ‘Incredibile fino a poco fa lo odiavo e adesso mi immagino su quella panchina con lui!’

Spiò il suo capo sottecchi: l'espressione di House era impenetrabile come al solito. Meglio era continuare a camminare e fare finta di niente. La ragazza si fermò un attimo per aspirare l'aria pulita di quel piccolo angolo di paradiso e si guardò intorno: sembrava davvero un boschetto tranquillo, sentieri in terra battuta, poco più in là un laghetto con qualche barca. Il suo sguardo si soffermò troppo sul lago perchè House non intuisse il suo desiderio: “Ti accontento io stavolta, bambina – disse indicando una barca – Le gambe non sono buone ma le braccia sono belle forti” accompagnando le parole con un mezzo sorriso. Cameron si meravigliò di tutta quella disponibilità, forse si voleva far perdonare della sfuriata irrazionale di poco prima. Non potè trattenere un sorriso piuttosto amaro.

In ogni caso fu un giretto piacevole: House si sciolse e cominciò a fare battute su tutto quello che c'era intorno, su di lei, sulla Cuddy, sui guai coniugali di Wilson, sull'immancabile Chase. Lei rise tanto che spesso il suo capo la rimproverò perchè rischiavano di ribaltarsi: “Ehi Cameron, non pensavo che due paroline avessero il potere di farti agitare tanto” - “Si però – Cameron si asciugò una lacrima uscita stavolta per il troppo ridere – devo dire che quando non sei insopportabile sei proprio divertente!”. House la guardò con aria di sfida: “Ah, tu guarda questa, l'ultima arrivata che dice che io non sono insopportabile, nessuno aveva mai osato solo pensarlo...ancora non hai visto niente!”, quindi cominciò a far oscillare pericolosamente la barca. A Cameron scappò un urlo: “Sei impazzito! Vuoi farci cadere tutti in acqua!” - “Eh, no! Quando eri tu a farci rischiare non dicevi niente...ridi adesso!”, le oscillazioni divennero sempre maggiori. Cameron ormai si era aggrappata con la forza della disperazione alla barca ma non ci fu nulla da fare, caddero entrambi in acqua.

 

“House senti...?Ehi?!”, la Cuddy trovò una Sorrentino piuttosto imbarazzata alle prese con una bambina con il morbillo. “House è andato a fare una pass...cioè...è andato...un paziente voleva parlargli...” – “Non difenderlo!!! Sei appena arrivata e subito ti manda a fare i suoi turni! Dov'è adesso?”

La dottoressa riflettè un attimo sotto lo sguardo infuriato e impaziente della direttrice amministrativa: “Non lo so, dottoressa Cuddy. Cercava Cameron, ma è sparito subito…”. La Cuddy sbuffò come un treno e uscì biascicando un 'Me la pagherà stavolta...', voleva vedere se non se l'era squagliata con la moto.

Mai la Cuddy si sarebbe aspettata di vederlo arrivare bagnato fradicio, pieno di fango e soprattutto sorridente come una pasqua! E cosa ancora più incredibile al suo fianco stava arrivando anche Cameron, ridotta nelle stesse condizioni!

La rabbia della Cuddy si sgonfiò rapidamente, la curiosità prese il sopravvento: “Ehi cosa avete fatto?!” - “Ohhh raggio di sole! Una romantica passeggiata in barca finita male, volevamo dare una svolta al nostro rapporto e abbiamo fatto sesso nel fango, eccitante vero Cameron?”, al chè Cameron guardò malissimo il suo capo.

Erano arrivati a piedi, come le tracce di fango confermavano, perchè House si era rifiutato di sporcare la sua preziosa moto. La Cuddy era sempre più meravigliata, ma immediatamente sfoderò il suo senso pratico: “Aspettate!Non vorrete entrare conciati così nel mio ospedale?!” - “Hai altre soluzioni, raggio di sole?” - “Si, visto che è una meravigliosa giornata aspettate qui fuori mentre vi faccio portare qualcosa per cambiarvi...” - “Ma dobbiamo cambiarci all’aperto?!” -protestò debolmente Cameron - “Ah beh, per ora non so, prendete un po' di sole poi ne riparliamo...ora devo andare”, la Cuddy fece molti sforzi per trattenere una risata voltandosi, soprattutto dopo aver sentito un 'Eeetciiii!!!' di House e Cameron esclamare arrabbiata: “Così impari, razza di scemo!”.

Doveva assolutamente avvisare Wilson, si stava perdendo questo incredibile spettacolo!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Desideri... ***


Capitolo 5 – Desideri…

Capitolo 5 – Desideri…

 

Elly Sorrentino era uscita per andare incontro alla figlioletta e si trovò davanti House e Cameron: “Ci..cia..ciao!”, salutò imbarazzata. “Ehi Cameron, ma io questa la conosco…ah già, è l’immigrata italiana!” – “La vuoi finire di tormentarla…scusalo Elly, come puoi vedere da te il dottor House oltre che bastardo è anche un po’ ritardato mentalmente…” – “Come ti permetti di insultare così il tuo capo?!” – “I fatti mi danno ragione!”, House e Cameron si fissarono arrabbiati, ancora una volta. “Ehm, ciao Allison. Ma che cosa è successo?” – “Mi ha fatto cadere in acqua!!!”, i due risposero contemporaneamente, House con un tono molto infantile e Cameron molto scocciato. La Sorrentino era sempre più imbarazzata e divertita dal siparietto che i due avevano inconsapevolmente allestito. Sembravano proprio marito e moglie, ma la battuta se la risparmiò, aveva idea di come House avrebbe reagito.

Finalmente arrivò il taxi con la figlia. Elly corse incontro ad una splendida bambina con i capelli castani e due occhi azzurrissimi. Cameron fu immediatamente affascinata da quel quadretto e si avvicinò pur tenendosi a una distanza di sicurezza a causa dei suoi vestiti ancora gocciolanti. “Cameron, questa è mia figlia Stefania. Su, Stefi, saluta la dottoressa Cameron…” – “Ciao…”, la piccola salutò timidamente la dottoressa. “Adorabile la mocciosa vero?”, House intervenne con una voce ironica e falsata per spezzare quel quadretto squallidamente felice. Cameron lo guardò male, malissimo, ancora una volta: “Ora basta House. – “Sai ti assomiglia un po’: sembrate due belle sorelle mocciosette…” – “House…” – Cameron fu interrotta dalle risate argentine della piccola e della madre: Dio, quanto si assomigliavano!

Nel frattempo a loro si avvicinarono Wilson e la Cuddy, seguiti subito dopo da Foreman e Chase: “Wow, Lisa! Era questo lo spettacolo che non dovevo assolutamente perdermi! Sapete, siete davvero buffi…”, Wilson scoppiò in una grassa risata e Foreman e Chase non furono da meno. “Wilson meglio che non ti dica cosa farò mettere nel tuo pranzo dopo e…voi due, dopo faremo i conti!”, anche House ormai era infastidito da tutte quelle attenzioni, ma Cameron subito lo mise a posto: “Se solo tu non avessi fatto lo scemo in barca non saremmo mai ridotti così! Prenditela con te stesso!” – “Ancora?! Ma allora è un vizio! Cuddy licenziala, Cameron mi dice le cose brutte!”, il diagnosta si lamentò come un bambino, facendo sciogliere anche Cameron in una risata, il tutto davanti ad una Cuddy stranamente pensierosa che li ignorò completamente. “Ciao Elly! Allora, questa è tua figlia…” – “Si, si chiama Stefania. – “Come sei carina Stefania…”.

“Oh, no! Ci risiamo, possibile che questa bimba faccia solo danni qui? Mi rammollisce anche la Cuddy!”, House non finiva di rendersi irritante, così Cameron senza pensarci due volte lo prese per il braccio e lo trascinò verso un’entrata secondaria dell’ospedale ignorando le proteste del suo primario.

Si allontanarono dal gruppetto senza che nessuno li disturbasse: ormai l’attrazione era un’altra, la graziosa figlia della dottoressa Sorrentino!

 

Con fare circospetto, viste le loro condizioni, House e Cameron si infilarono nello spogliatoio deserto. Cameron tirò fuori da un armadietto chiuso a chiave dei vestiti puliti. “Sempre efficiente, dottoressa Cameron!” – “Si, anche se certo non mi immaginavo che qualcuno mi avrebbe fatto fare un bagno oggi…”, il tono era forzatamente arrabbiato, ma gli occhi avevano un qualcosa di…sognante. “Hai gli occhi lucidi…” – “Chi io?!”, la dottoressa subito si scosse, si stava ancora facendo del male. “Ora dovresti uscire, House, mi devo cambiare. – “E se rimanessi?”, il diagnosta la guardò malizioso. “Scordatelo” – “Dai…” – “Scordatelo!” – “D’accordo, esco eh…”, House uscì zoppicando…o almeno fece finta di uscire.

Voleva solo stuzzicarla, eppure qualcosa di molto forte, incontrollabile e inspiegabile, lo portò a lasciare la porta leggermente socchiusa e a…spiarla, compito reso facile dal fatto che poteva vederla nello specchio di fronte a lei. Una visuale non proprio comoda, però era meglio di niente.

House però si accorse che questa azione si stava ritorcendo contro di lui: lei era bellissima, nuda, le curve dolci e perfette, quei capelli che anche sporchi di fango sembravano splendere di una luce strana, innaturale…House sentì di stare sudando, oh ma che diavolo stava facendo?! Era diventato forse uno squallido guardone?!

Cercò di staccarsi da quella visione, ma gli era impossibile. Ora Cameron era avvolta da un accappatoio e lui si accorse di desiderarla da morire, se non stava attento un istinto animale lo avrebbe portato lì dentro e poi non avrebbe più risposto delle sue azioni. Cameron nel frattempo rifletteva su quelle due giornate incredibili: prima quel ricordo, quegli scherzi da bambini, quella mattina poi la sfuriata tremenda di lui, infine quella passeggiata con bagno in quel parchetto meraviglioso. In pochi mesi era cambiato molto tra loro, House sembrava non respingerla più come un tempo, le sue battutine sul sesso erano cresciute esponenzialmente. Già, il sesso…

Non sembrava, ma quel medico aveva dei bicipiti niente male, e altrettanto si poteva dire del fisico asciutto che era stato evidenziato dai vestiti bagnati addosso. In un attimo immaginò, immaginò loro due che facevano l’amore in quello spogliatoio, su quella panchina: un brivido profondo la trapassò… sarebbe stato da togliere il fiato!

Cameron sorrise e tentò di scacciare quel pensiero dalla mente, ma i suoi occhi non smettevano di guardare quella panchina…

 

House riuscì finalmente a smettere di guardare Cameron appena sentì delle voci femminili provenienti dal corridoio. “Cavolo, la Cuddy! Se mi becca mi fa radiare dall’albo dei medici!”, senza pensarci si fiondò nello spogliatoio.

Si trovò davanti Cameron, splendida nel suo accappatoio, con un’espressione di assoluto stupore. House esitò un momento: “CaCameron, scusa, ma fuori c’è la Cuddy, se mi trovava davanti allo spogliatoio pensava male…” – “Ah si, e dentro cosa potrà mai pensare?” – Cameron bisbigliava, come il suo capo, mentre cercava di coprirsi un po’ di più – “Lei non entrerà qui, ti prego. E poi se vede anche te qui penserà che gli abbiamo infettato tutto l’ospedale, se la prenderà anche con te…” – anche Cameron ora sentì la voce della Cuddy nelle vicinanze – “Si ma cosa dobbiamo fare?”, House si guardò rapidamente intorno: “Le docce! Nascondiamoci dentro un box doccia!”. L’immunologa nascose rapidamente i suoi vestiti dentro l’armadietto e si fiondò dietro House. Sapeva che tutto quello era ridicolo, ma si sentiva eccitata come una bambina che gioca a nascondino. Non pensò che in effetti si sarebbero potuti nascondere in due diversi box doccia, non pensò che era inutile nascondersi, non pensò che era in accappatoio, praticamente nuda.

Il box era stretto, i due corpi erano separati da pochissimi centimetri. Nel momento in cui entrarono a contatto scattò uno sguardo come un fulmine. Si fissavano negli occhi, studiandosi, interrogandosi…Lo sguardo di House cadde sulle spalle leggermente scoperte di Cameron. Cominciò a tremare, il suo corpo era teso nel disperato tentativo di controllare quell’attrazione. Cameron notò il turbamento di House, alzò la mano e gli sfiorò un braccio: nulla di più sbagliato.

House la guardò nuovamente negli occhi e disse in un soffio “Cameron…”

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** I can't ***


Piccola premessa: little_Grainne House nel capitolo scorso non sembra House perché…lo scoprirai presto…se poi ti riferisci alla ff in generale, beh forse non hai tutti i torti, mi farebbe piacere se mi dicessi di preciso dove House non sembra lui, forse

Piccola premessa: little_Grainne House nel capitolo scorso non sembra House perché…lo scoprirai presto…se poi ti riferisci alla ff in generale, beh forse non hai tutti i torti, mi farebbe piacere se mi dicessi di preciso dove House non sembra lui, forse ho forzato un po’ troppo.

 

Capitolo 6 – I can’t

 

House le prese una mano con delicatezza, accarezzò il polso, quella pelle morbida e perfetta; Cameron sussultò: quel contatto le diede brividi impensabili, chiuse gli occhi e respirò anch’ella il nome “House…”

Lui indugiava sul suo braccio, lo percorreva centimetro per centimetro con la punta delle dita, quasi come se ne volesse verificare la concretezza, la realtà.

Lei c’era, lei era reale, lei voleva! House non si rese conto nemmeno come, ma l’accappatoio scivolò magicamente giù dalle spalle di Cameron. Spalancò gli occhi: Allison Cameron era a due centimetri da lui completamente nuda. Si sentì come durante una sbronza, come dopo la morfina, come dopo 200 pasticche di Vicodin: lei era il suo Vicodin.

Cameron aprì gli occhi e lo vide perso a guardare la sua pelle bianca. Decise di fare qualcosa: si avvicinò ancora a lui fino a fare aderire completamente il suo corpo nudo a quello di Gregory House,l’uomo più sexy del pianeta’.

A quel punto persero entrambi il controllo: House la strinse forte a sé, le accarezzò con impazienza i capelli, mentre lei riusciva a sbottonargli i bottoni della camicia, aspirando in pieno l’odore di muschio che lo aveva impregnato dopo l’avventura nel lago. House scese con le mani fino al collo, poi alle spalle, si avventurò oltre la schiena, fino ad accarezzare quel punto in cui le gambe e il sedere perfetto di Cameron si univano. Lei gemette quando lui trovò il punto dal quale si dischiudeva il suo mondo di piacere, ma lui non vi si soffermò continuando a vagare con la punta delle dita sul suo corpo. Lei si staccò brevemente da lui, il tempo di togliergli la camicia e di sbottonargli i pantaloni, mentre le loro bocche esitavano in baci che creavano piccoli fuochi sui loro corpi. Erano ormai pronti a consumarsi fino a farsi male e a morire. Le labbra di Cameron cercarono quelle di House per suggellare quel momento, ma House gliele rifiutò. Cameron fu come svegliata: House era ormai completamente nudo e stava solo aspettando lei… Gli aveva negato un bacio…

Qualcosa scattò nella mente di Cameron, la razionalità prese il sopravvento laddove aveva fallito persino con House.

“House, House… – l’uomo la guardò stupefatto, come aveva potuto interrompere quel momento – “Mi dispiace…”

‘Lo so che mi pentirò per quello che sto per dirgli, ma non posso rischiare di farmi distruggere da lui e dalle conseguenze di questa follia’

“House…io non posso.”

Stop. Incantesimo spezzato, forse per sempre.

House la guardò dapprima incredulo, poi man mano sempre più arrabbiato.

Stupida… Sei solo una stupida!”. Cameron abbassò gli occhi, sentì che stava per piangere, ma rimase immobile. In un pensiero disperato pensò che se l’avesse vista piangere lui l’avrebbe compresa, almeno. Poi si riscosse: no, non doveva!

Ricacciò indietro le lacrime e tornò a guardarlo, leggendogli un’espressione totalmente fredda, sembrava già pensare ad altro.

“House…” – “Ah, sei ancora qui?! Vattene, devo rivestirmi.” – “House, cerca di capirmi…” – “Si, si, lo so, hai paura che poi ti tratterò male bla bla bla…” – “House, ti prego, baciami.”, i suoi occhi facevano uno sforzo enorme per trattenere le lacrime, lo stavano guardando supplichevoli. “No”

Le lacrime scesero sulle sue guance senza più freni, ma lui non mostrava la minima comprensione. I suoi occhi erano di ghiaccio.

“…E ora spostati, mi fa male la gamba.”, Cameron si appoggiò contro il suo petto con i pugni chiusi, singhiozzando, implorandolo in silenzio di non continuare con quel massacro. La stava massacrando.

House la prese per le spalle, quelle spalle che fino a pochi minuti prima stava baciando con avidità, e la spostò delicatamente ma con fermezza lontano da lui.

Recuperò il bastone, abbandonato a terra, prese i suoi vestiti e si andò a sedere su uno sgabello poco distante. Avvertì una fitta tremenda alla gamba, strinse i denti e la sopportò senza lamenti. Non aveva sentito dolore mentre prima la stava baciando, la stava toccando. La guardò: lei si era accasciata per terra sui talloni, e singhiozzava disperatamente. “Non sei brava come prostituta, sono meno belle di te, ma molto più brave…”, l’ultima cattiveria di House la scosse come se una freccia l’avesse trapassata da parte a parte. “Oh no! Non puoi essere così…” – “Non penserai che volessi davvero fare l’amore con te! Sei proprio un’ingenua, non sei cambiata per niente!”. House alzò gli occhi verso l’uscita e vide…se stesso! Era ancora vestito, completamente bagnato e lo guardava allibito, disgustato. “Chi…chi sei?!”, House si stropicciò gli occhi temendo di essersi sbagliato, ma no! La sua copia perfetta stava in piedi, appoggiato al bastone, e muoveva le labbra, parlava, ma House non sentiva cosa stava dicendo. “Cosa stai dicendo!!! Non ti sento!” urlò, e finalmente udì le parole del suo se stesso: “Tu non meriti di averla! Guarda come l’hai ridotta, guardala!”, si era avvicinato e gli aveva puntato il bastone contro il collo per costringerlo a girarsi. “No!” Cameron era totalmente stesa a terra, scossa da singhiozzi tremendi, respirava a fatica, il suo bel corpo cominciava a ricoprirsi di macchie nere, sembravano…lividi. “Quelli sono i posti dove l’hai toccata, dove l’hai baciata! Tu la stai uccidendo!!!”, House tentò di non guardare ma il bastone glielo impediva: “Tu devi guardare!!!”, anche se non poteva vederlo, il suo doppio aveva gli occhi di fuoco, sentiva le scintille che emanavano. “Chi sei tuu???”, urlò disperato House, ma stavolta il bastone lo costrinse a buttarsi a terra, gli schiacciava il collo e il viso contro il pavimento gelido. “Io sono la parte di te che merita ancora di vivere!!! Tu hai distrutto tutte le cose a cui potessi tenere! Mi hai soffocato con il dolore! Ora la pagherai!”. House sentì un colpo nella schiena. Prima di perdere i sensi vide il suo se stesso correre vicino Cameron: la fece alzare delicatamente e le diede un bacio dolcissimo sulle labbra, facendo scomparire lividi e singhiozzi. Un attimo prima di vedere solo il buio riuscì a intravedere lo sguardo riconoscente di Cameron “House…” – “Scusa Cameron…” – “House…” – “…” – “House! House!!!”

Si risvegliò di soprassalto. Davanti a lui Cameron che lo scuoteva: si era cambiata, i suoi capelli erano tornati perfetti come prima. “D…dove sono?” – “Come dove sei, House! – il tono di Cameron era quasi esasperato – Ti sei addormentato come un sasso nel tuo ufficio, ma che hai nella testa?!” – “Nel mio ufficio?!” Finalmente il diagnosta si guardò intorno: era proprio il suo ufficio, e lui era ancora completamente vestito. “Scusa ma non ricordo come mi sono addormentato qui…” – “Dì la verità, invece del Vicodin hai preso qualche altra cosa…Sei uscito dallo spogliatoio per farmi cambiare e poi ti ho trovato qui. – “Un sogno! Era un sogno!!! Ma come diavolo avrò fatto ad arrivare qui?! Ricordo che stavo dietro alla porta…” – “Come?!” – “Nulla Cameron, nulla. Beh, ora vado a cambiarmi anch’io. Ciao”

Si rialzò dalla poltrona tutto indolenzito. Prima di uscire guardò Cameron, la guardò tanto intensamente che lei si sentì arrossire. Era uno sguardo strano: sembrava di…rimpianto.

“Solo uno stupido sogno…”, ripetè House ad alta voce davanti ad una Cameron allibita, poi se ne andò pensando ancora ‘Ho visto il paradiso e l’inferno…e ho paura di scegliere…’

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Gli amici ***


Capitolo 7 – Gli amici…

Capitolo 7 – Gli amici…

 

Cameron, finalmente in ordine, si stava occupando delle mail arrivate ad House, quando nella sala riunioni del team entrarono la Sorrentino con sua figlia.

“Ehi, bellissima!” – Cameron salutò allegramente la bambina, che ricambiò con un sorriso – “Ciao Cameron, hai visto House? Sembrava sconvolto…” – “Deve aver fatto un brutto sogno, quando si è svegliato ha biascicato qualche parola incomprensibile e se n’è andato…”. Così anche la Sorrentino si era accorta delle stranezze di House. “Cameron, non è che c’è qualcosa con cui posso tenere a bada questa piccola peste?”, l’immunologa si guardò intorno e vide ciò che cercava, la pallina con cui giocava spesso House: “Dalle quella, si divertirà come una matta…” – “Ehi Stefania, attenta a non rompere niente…” – “…altrimenti l’uomo cattivo con la barba ti viene a sgridare…”, continuò Cameron, suscitando l’ilarità dell’italiana.

“Cameron ti posso chiedere una cosa?” – “Innanzitutto chiamami Allison, Elly…” – “Ok, ti chiamerò Ally…si assomigliano i nostri nomi vero?”, le due colleghe ridacchiarono per la curiosa coincidenza. “Beh, ti dicevo…da quanto tempo lavori con House?” – “Sono più di tre anni ormai.” – “Tre anni con lui e…scusa per la confidenza, ma possibile che non ti sia mai passata per la testa l’idea di…insomma, è un uomo così affascinante…”, Cameron scosse la testa tristemente: “Non è che io non ci ho mai pensato…E’ lui che mi ha respinto…” – “Ma come?!” – “Lui non è come tutti gli altri uomini. Io sento…è come se avesse dei fantasmi personali da sconfiggere…Io non sono riuscita in alcun modo a scalfire quel suo scudo di dolore che si è creato.” la voce di Cameron era triste ma serena.

“Ma io vi ho visto con i miei occhi stamattina…sembravate una coppietta affiatata da anni!” – “E’ vero, ieri sembrava diverso, da qualche mese qualcosa è cambiato, ma non saprei nemmeno dire cosa…” – “Ally tu non puoi lasciarlo andare!”, Cameron la guardò sorpresa, era come se Elly conoscesse molte più cose di quanto dava a vedere. “Io non l’ho mai lasciato andare…però ho capito che metterlo alle strette non serve a niente. Ho già compiuto più volte questo errore, sono stata troppo sicura di me e ho tentato di metterlo in difficoltà per fargli ammettere qualcosa che non c’era, o se c’era non avrebbe mai detto.” – “Ho capito…” – “Non so se lui prima o poi capirà se mi desidera al suo fianco, ora è troppo preso dai suoi mali interiori perché io possa avere qualche speranza.” – “Sei molto forte, Allison.” – “Magari lo fossi così tanto. Quando mi attacca continua a farmi un male terribile…” – “Si, ma nonostante ciò non hai paura di lui, non hai paura dei sentimenti che provi, continui a perdonarlo nonostante tutto…” – “Lui pensa che io si attaccata a lui perché è damaged, ma non aveva detto che anche io ero ‘damaged’?! E non è possibile che sia attratta da lui così com’è, senza tirare fuori sempre quella storia della gamba?!”, Cameron sembrava parlare più a se stessa che alla collega. “Forse è la gamba che lo fa diventare così…intrattabile” – “E’ quello che lui vuole far credere a tutti! Certo, soffre per il dolore che qualche volta è insopportabile, lo capisco. Però lui è sempre stato così: sarcastico, arrogante…” – “Come fai a saperlo? Te lo hanno detto i suoi vecchi amici?” – “No…non so spiegarti…io lo sento. Non è una cosa che afferro con la razionalità, è qualcosa che percepisco con i sensi, l’intuito…lui è un uomo difficile da trattare, ma ormai non posso più staccarmene, lo amo…” – a Cameron non sembrava vero di essersi confidata con la nuova arrivata in così poco tempo, si era fidata istintivamente di lei  – “Allison… – la Sorrentino le prese la mano comprensiva – sono sicura che riuscirai presto a dimostrargli quanto è grande e meravigliosamente forte il tuo amore. Sei una ragazza fantastica, l’ho capito subito. Tu sei l’unica che possa andare d’accordo con quell’uomo…” l’italiana sorrise, imitata subito da Cameron, che si sentì più forte dopo questo sfogo. “Sei una vera amica, grazie Elly” – “Prego Ally!”

di nuovo risero tutte e due: due nuove amiche.

“Ehi Stefania, basta! La vuoi finire di tormentare quella parete?!”, Elly richiamò la bimba, che le corse incontro ridendo allegramente. La dottoressa abbracciò teneramente sua figlia con un velo di tristezza negli occhi: Cameron, con quella straordinaria sensibilità di cui era dotata, riuscì a coglierlo immediatamente, ma non disse nulla.

 

House intanto si era concesso una lunga doccia calda. Non voleva più pensare al suo stupido sogno, ora non voleva pensare a niente. Invece le immagini del corpo di Cameron nudo davanti al suo lo cominciarono a perseguitare. Era così reale!

Non era mai stato attratto così tanto da una donna. Forse perché era l’unica donna che si ostinasse a respingere da anni. Perché la respingeva? Dopo l’inizio di quel sogno, quando gli era parso di trovarsela tra le braccia, per la prima volta se lo chiese.

La risposta gli arrivò ripensando alla seconda parte del sogno. Si sentiva ancora stringere il cuore: Cameron a terra, piena di lividi che LUI gli aveva procurato, distrutta dalle parole che LUI, freddamente, aveva pronunciato.

Il suo doppio…ma esisteva davvero quella parte ‘buona’ in lui? Si ricordò dell’allucinazione, quando quel bastardo gli sparò: anche lì si era ‘sdoppiato’, anche lì era stato costretto ad ammettere il dolore che aveva procurato ad altri, anche lì aveva desiderato fare l’amore con Cameron, attraverso quel robot…

‘Un passo avanti almeno l’ho fatto…’pensò ironicamente il diagnosta: nel sogno Cameron era nuda, non c’erano robot intermediari tra loro.

Avrebbe mai potuto fare così male a Cameron?! La paura lo prese, per la prima volta la paura non di provare dolore lui stesso, ma di infliggerne agli altri, e ad una donna in particolare. Una donna che era riuscita a dimostrargli amore incondizionato, persino quando lo aveva attaccato. Gli attacchi di Cameron non erano mai alle spalle, erano scontri frontali, a viso aperto; lei non si teneva niente dentro, non aveva più paura a dirgli che era uno stupido, che stava sbagliando, che lo amava… Di Cameron si fidava più di ogni altra persona, più di Wilson, più della Cuddy. Non poteva fargli del male, non poteva!

Forse il sogno era una premonizione. Sentiva che presto la sua attrazione per lei l’avrebbe portato a fare cose folli. E non poteva sapere quale parte di lui sarebbe prevalsa, dopo.

“Basta!”, urlò per mettere a tacere quei pensieri, mentre faticosamente usciva dalla doccia zoppicando. Il dolore tornò a farsi sentire, coprendo, come sempre, tutto il resto.

 

La Cuddy si trovava nel suo ufficio a compilare le solite interminabili carte. Non poteva fare a meno di ripensare alla stupenda figlia di Elly Sorrentino. Improvvisamente, pensando a quegli occhi azzurri le vennero le lacrime agli occhi: quella bambina…era diventata così bella!

Bussarono alla porta: era Wilson. “Ehi Lisa, tutto ok?” – “Si, si, James…anche se…”, la Cuddy cominciò a piangere disperatamente, confortata dall’ingresso nella stanza dell’amico. Wilson le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla: “So bene come ti senti, Lisa…” – “Ti rendi conto? Quella bambina…” – “E’ una sofferenza per te vederla con Elly, però ricordi…era inevitabile agire così quando è successo.” – “Inevitabile… - la voce della Cuddy era deformata dai singhiozzi – io non ce la faccio…” – “Dai, Lisa…”. La direttrice sanitaria era inconsolabile, Wilson faceva del suo meglio, ma la vista di quella bambina l’aveva scossa fin nel profondo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il passato ***


Capitolo 8

Capitolo 8

 

Chase e Foreman, quella mattina, non avevano più nulla da fare: la cura alla paziente era stata somministrata, non c’erano nuovi casi in vista…cosa c’era di meglio che spettegolare un po’! I due colleghi ormai, pur recriminando i reciproci difetti, erano molto in sintonia.

Del resto tra House, Cameron, la Cuddy e le chiacchiere delle infermiere, non mancavano mai argomenti alla loro conversazione.

“Allora Chase, dì un po’, hai mai visto House così felice come in questi giorni?” – “Felice?! Foreman non esagerare, felicità non è un concetto che si adatta bene a quello misantropo bastardo…” – “Si, però l’hai visto no?” – “Eccome! Secondo me ha trovato un’alternativa più forte al Vicodin! Le sue battute sono meno taglienti del solito…” – “Infatti. – Foreman annuiva pesantemente con la testa – E non a caso anche Cameron sembra più serena.” – “Quei due non finiranno mai di stupirmi. Un’ora prima Cameron esce distrutta da una sua parola, un’ora dopo tornano entrambi felicemente sporchi di fango…” – “Chi li capisce…” – “Ma secondo te è possibile che House si stia sciogliendo con lei?” – “Io direi di no. Io la penso così: House non cederà mai a Cameron. E’ troppo contorto per avere una storia con qualcuno!” – “Beh, magari lei riesce a smuoverlo…” – “Non credo. Cameron è sicuramente molto cambiata, non è più la sciocca ragazzina di due anni fa, ma è ancora un cristallo troppo fragile perché House si arrischi a toccarla…” – “Come sei poetico Foreman!”, ridacchiò Chase, seguito dal neurologo, che ammise ironicamente: “Beh, quando si parla di Cameron, tutti siamo tenuti ad inchinarci, di fronte alla sua purezza…” – “Se l’avessi vista quella sera, quando l’ho vista io…altro che purezza!”, ribattè Chase maliziosamente. Furono richiamati dal cercapersone: House li cercava. ‘Cosa diavolo vorrà?’ pensò scocciato Chase mentre si avviavano senza fretta verso lo spogliatoio maschile.

 

Cameron fu la prima ad arrivare dove li aveva chiamati House. “House? Se è uno scherzaccio per mettermi in imbarazzo…House!!!”, vide il diagnosta riverso a terra, la gamba malata girata in una posizione innaturale che rivelava una frattura certa, lui che faticava a respirare. L’immunologa senza perdere il sangue freddo fece una rapidissima manovra per riportare la gamba nella sua posizione, facendo urlare disperatamente House: “Caaaameroon!!!” – “House, stai calmo. Stanno arrivando anche gli altri, cosa diavolo ti è successo?!” – “Maledetta…stupida gamba…sana! Sono scivolato merdaa!!!”, House urlava privandosi di tutto il fiato che aveva in corpo, mentre Cameron tentava inutilmente di calmarlo. Arrivarono Foreman e Chase: “Presto Chase, porta della morfina! chiamate l’accettazione, House si è fratturato una gamba!”, i due medici si fiondarono immediatamente fuori. La dottoressa prese un asciugamano bagnata e gliela passò sul viso completamente imperlato di sudore: “Calma House, la morfina sta arrivando”.

House aveva solo un asciugamano legato intorno alla vita, evidentemente era appena uscito dalla doccia. Continuava a respirare a fatica a causa del dolore incredibile che lo stava attraversando. “ Ti prego…Cameron, voglio morire…Sto male!!!”. Cameron non poteva nemmeno lontanamente immaginare il dolore che House stava provando: provò a massaggiargli la gamba e ciò procurò un lieve sollievo al diagnosta: “Cameron dammi il Vicodin…nella tasca…”, la donna prese velocemente il contenitore e gli diede due pillole che lui ingoiò come caramelle. Finalmente arrivarono i soccorsi con Chase che gli somministrò subito la morfina, quindi House fu immediatamente trasportato nel reparto ortopedia, accompagnato da Cameron che non lo lasciò un attimo.

In tutto quel trambusto solo Foreman si rese conto che all’appello mancava la nuova arrivata, Elly Sorrentino. Non l’aveva proprio vista nelle vicinanze.

 

“Ciao Lisa…”, la Cuddy alzò la testa dalle sue carte e vide Elly e sua figlia. “Mi puoi scusare un attimo, Elly? – compose un numero di telefono – Pronto, si capo-infermiera? Senta, qui nel mio ufficio c’è una simpatica bambina di 7 anni che ha bisogno di fare un bel giro per l’ospedale – scambiò un’occhiata d’intesa con Elly – si, potrebbe far venire qualcuno? Grazie, a presto.”, la Cuddy riattaccò e sorrise alla piccola Stefania. “Allora piccola, sei contenta? Adesso viene una delle nostre infermiere più carine e ti porta a visitare tutto l’ospedale…” – “Si. Ma posso vedere anche gli altri bambini?” – la Cuddy si imbarazzò, gli unici bambini che avevano all’ospedale erano malati gravi – “Certo che puoi Stefi, solo che questi bambini sono molto malati.” – la Sorrentino si rivolse alla figlia sollevando la collega dal dare una risposta – “Ma se li vedo mi ammalo anch’io?” – “No, figlia mia. Sono bambini un po’ tristi, potresti diventare triste anche tu” – “Io non sono mai triste!”, le due donne sorrisero. “Vuoi provare a farli sorridere tu?”, domandò la Cuddy, “Si!”. In quel momento entrò l’infermiera. “Signorina, porti la bambina a fare un giro per l’ospedale…la porti anche dai nostri piccoli pazienti”. La bambina sorrise entusiasta, quindi si allontanò con l’infermiera.

La Cuddy sospirò. Il difficile stava per arrivare.

“Lisa, io…” – “Dimmi, Elly” – “E’ passato tanto tempo vero?” – “Già…”

 

****

House continuava a peggiorare. La Cuddy non sapeva proprio come comportarsi, cosa diavolo poteva essere che gli provocava quei dolori?!

Stava camminando nervosamente avanti e indietro nel corridoio, indecisa sulla diagnosi, che persino House, il suo miglior medico, non riusciva a formulare su se stesso. Ad un tratto sentì una fitta tremenda al basso ventre, la testa gli girò e fu solo l’intervento di Wilson che passava lì per caso ad evitarle una brutta caduta a terra.

Si risvegliò nell’ufficio dell’oncologo, lui la stava fissando: “Allora Lisa, mi dici che cos’hai avuto?” – “Tanto già lo sai, hai già fatto tutte le analisi, no?”, la Cuddy lo guardò stancamente. “E invece no. Voglio sapere da te che cos’hai.” – “Cosa vuoi che ne sappia..” – “Non provarci con me, Lisa. Ti conosco bene, lo vedo dal tuo sguardo che sai perfettamente di cosa stiamo parlando.”

Lisa Cuddy abbassò i profondi occhi azzurri. Come dire al suo migliore amico che… “Sei incinta vero?” – “House sta male, non dovresti pensare a me…” – “E invece ci penso. Non voglio sapere chi è, voglio sapere solo che intenzioni hai.” – “Non…non lo so…”. Gli occhi le si inumidirono, decise di sfogarsi con il suo migliore amico: “Purtroppo è successo…una settimana fa mi è arrivata la conferma. Il padre…beh il padre è un noto medico del Jemmings, sarebbe inutile scendere nei dettagli di una storia durata un paio di settimane. Sono stata una stupida, ho fatto qualcosa che non era da me e l’ho pagata cara…Ma, pazienza, non tutto è perfetto: ho una carriera brillante, quest’anno sono diventata direttrice sanitaria di questo ospedale, uno dei migliori del Paese. Non potevo desiderare di meglio per il mio lavoro. Questa creatura ora non ci voleva proprio…”, la Cuddy si sfiorò amorevolmente il ventre, dalla sua voce non traspariva nessun tono di rimprovero. “Ho paura Wilson – continuò – che un giorno io possa pentirmi di aver preso una decisione, una qualsiasi.” – “Lo sai, Lisa, qualunque decisione prenderai sarà quella giusta.” – “No, James, non è vero! Ho paura che se rinuncio a questo bambino un giorno mi troverò sola…Però se lo faccio e poi lascio perdere tutto qui…che ne sarà dei sacrifici immensi che ho fatto per arrivare fino a questo punto?” – “Potresti trovare un compromesso…” – “No, in questi campi non ci sono compromessi. Io non potrei non dedicarmi anima e corpo al bambino, e tu sai quanta energia sia necessaria per fare questo lavoro…Oh quanto è difficile decidere! Per giunta non riesco a capire cosa diavolo abbia House!”, guardò l’amico disperata; Wilson non era meno preoccupato.

Per entrambi.

 

Mesi dopo la Cuddy riuscì a trovare un compromesso. La scoperta del trombo di House, il suo coma, l’intervento di asportazione del muscolo, la disperazione rabbiosa del diagnosta, Stacy…in tutto quel trambusto nessuno dei suoi amici(eccetto Wilson chiaramente) si rese conto che la Cuddy stava portando a termine una gravidanza. House non aveva occhi per se stesso e per la sua gamba, ogni giorno diversi medici dovevano intervenire per evitare di fargli compiere gesti folli. Stacy, tormentata da House per la decisione di salvargli la vita, era spenta, non sopportava più quella situazione. Prima o poi House l’avrebbe persa.

La direttrice sanitaria riuscì a farsi sostituire gli ultimi due mesi di gestazione, che coincisero proprio con una fallimentare riabilitazione di House. Nell’ospedale tutti parlavano della sua gravidanza, ma lei non diede peso alle chiacchiere. Era una donna estremamente forte. E la sua amica italiana era disposta a crescere la sua bambina come fosse la propria…

***

“Bene Elly. E’…è…bellissima!” – “E’ tua figlia.”, rispose dolcemente Elly Sorrentino. “Credevo che non l’avrei mai rivista.” – “E invece siamo qui, Lisa.”, il sorriso dell’italiana era smorzato da una profonda tristezza. Altrettanta ne lesse negli occhi della direttrice sanitaria. Un lungo silenzio scese sulle due dottoresse. 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Una decisione difficile ***


Capitolo 9 – Una decisione difficile

Capitolo 9 – Una decisione difficile

 

“Pronto, si sono la dottoressa Cuddy. Cosa?! Arrivo subito! - la Sorrentino la guardò interrogativamente – Elly, a quanto pare House si è fratturato una gamba, quella malata per giunta...Corriamo da lui.” - “Subito.”

Il diagnosta era in brutte condizioni: anche se la gamba era stata prontamente rimessa a posto da Cameron, House era arrivato più volte alla soglia massima del dolore in quei terribili minuti. La morfina aveva sortito pochi effetti, e House continuava ad urlare disperatamente, sotto gli occhi ormai terrorizzati di Cameron.

'Dio mio, fa che quel dolore passi a me!', si trovò a pensare l'immunologa che non aveva mai creduto in nessun dio. “Addormentatelo.”, ordinò la Cuddy appena arrivò.

Gli occhi azzurri di House le dimostrarono un barlume di riconoscenza, mentre riuscivano finalmente a chiudersi. “Cos'è successo?”, domandò l'amministratrice a Cameron: “Era appena uscito dalla doccia, l'ho trovato con la gamba completamente fuori asse.” - “Controlliamo i muscoli.”, quindi la Cuddy gli esaminò la gamba.

Fortunamente non c'erano lesioni, però la frattura al femore richiedeva un intervento d'urgenza. “Presto, una sala operatoria per il dottor House!”

 

La Sorrentino osservava da dietro il vetro Cameron seduta al capezzale di House.

Quella ragazza dimostrava una forza tremenda, non si era mai allontanata da lui, e i suoi colleghi cominciarono a dubitare che lei avesse normali funzioni vitali.

Era la forza della disperazione: sentirlo urlare in quel modo per Cameron era stato shoccante, la aveva scossa fin nel profondo. Voleva esserci quando lui si sarebbe svegliato, doveva esserci, per rassicurarlo con i suoi occhi verdi, per essere presa in giro anche con cattiveria, tanto non importava quello che lui avrebbe detto: lei ci sarebbe stata. E se lui non avrebbe capito, pazienza.

La Sorrentino si avviò verso l'ufficio della Cuddy: avevano lasciato un triste discorso in sospeso.

 

Con la Cuddy c'era James Wilson, seduto di fianco alla sua sedia: “Ciao Elly, come stai?” - “Bene, James. Tu?” - “Be...” - la Cuddy li interruppe bruscamente: “Basta con i convenevoli per favore.” - Wilson la guardò comprensivo: “Certo, se vuoi me ne vado, Lisa.” - “Oh, no. Resta pure James.”, la donna strinse sotto il tavolo la mano dell'amico per riceverne la forza.

Elly si sedette davanti a loro. “Allora Lisa, parlavamo di tua figlia.” - “Sai bene che è mia figlia solo per genetica, l'hai cresciuta tu...”, la Cuddy era un po' sorpresa: Elly sembrava rassegnata. “Elly, ascoltami. Ho commesso un grave errore qualche anno fa. Allora non valutai che da tutta questa storia potevamo essere in due a soffrire e forse anche in tre. Quindi...” - “Scusa...” la Sorrentino non potè trattenere le lacrime.

“Aspetta, lasciami finire...”, lo squillo del telefono la interruppe di nuovo. Piuttosto irritata rispose: “Sono la dottoressa Cuddy... si Chase? House si è svegliato...come sta? Digli che la riabilitazione la deve fare altrimenti lo licenzio, siamo intesi?! Ciao.” - il sorriso di Wilson la riuscì a distrarre dalle sue preoccupazioni più pressanti. “Sempre il solito, House...” - “Già, non vuole fare la riabilitazione. Forse non ha capito che se non la fa quella gamba non gli servirà più a niente!” - “Tranquilla. Cameron lo convincerà.”, la Cuddy sorrise al pensiero di Cameron che domava House con i suoi modi gentili, gli unici che servissero con quell'insopportabile misantropo. Ritornò con la mente alla realtà che aveva davanti: “Elly, ti stavo dicendo...ho deciso. Ti ho chiamata qui al Princeton senza pensare che tu e Stefania avreste potuto soffrire per causa mia, sono stata ancora una volta una stupida. Però, Wilson lo sa, ero disperata perchè i miei tentativi di avere un figlio si stanno rivelando fallimentari. Tu devi scusarmi...” - “Sei tu che devi scusare me. Lei è tua figlia, geneticamente e anagraficamente. Se solo le avessi parlato fin dall'inizio non ci sarebbero stati tutti questi problemi.” - “Ha solo 8 anni, ed è una bambina così allegra. Hai agito benissimo con lei. Quindi, ripeto, mi devi scusare se ti ho fatto chiamare qui inutilmente.”, la Sorrentino rimase in silenzio con gli occhi bassi, ormai non aveva la forza per convincerla a riprendersi la ragione della sua vita.

Wilson era triste spettatore della disperazione delle due donne.

La Cuddy decise di chiudere la questione: “Elly, rimani qui finchè vuoi. House, certo non è in condizioni per occuparsi dei pazienti, ma sono sicura che in questo ospedale potrai fare moltissima esperienza. Stefania è tua figlia e lo sarà per sempre, e qui siete le benvenute.”, si sforzò di sorridere, ricambiata dall’amica. Wilson si alzò per accompagnare alla porta Elly, la quale mormorò un “Ti ringrazio Lisa.”, prima di uscire.

Ora restava solo da raccogliere i cocci di Lisa Cuddy.

 

“Patetica, super patetica Cameron. Eppure mica mi hanno sparato, mi sono solo fratturato il femore, che cavolo ci fai qui?!” - “Se per te una frattura del femore che ti ha fatto urlare per tutto l'ospedale, che ha costretto ad un intervento d'urgenza è una bazzecola, allora ti lascio volentieri solo...” - “Eccola che si è offesa...finalmente, te ne vuoi andare? Ah, prima di andartene sistemami un po' il cuscino.”

House, per la seconda volta in 6 mesi con il pigiama da paziente, la stava a modo suo invitando a rimanere, nonostante tutto. Cameron gli sorrise, come aveva fatto appena lui si era svegliato, mentre cercava di mettere a fuoco la stanza.

House l'aveva trovata esattamente dove si era aspettato di trovarla, come durante quell’allucinazione, e non aveva potuto fare a meno di chiamarla con lo stesso appellativo di allora “patetica”, il chè, per la Cameron degli ultimi tempi, non era propriamente esatto.

“Aspetta, dammi un pizzico, forse è un'allucinazione.” - “Come vuoi, House.”, con sguardo malizioso l'immunologa gli strinse con forza la pelle del braccio facendolo urlare. “Ahi! Cameron, quando ti dico pizzico intendo pizzico non asportazione della pelle, muscoli compresi!” - “Ti assicuro che sentirti urlare così non è niente paragonato a quello che ho sentito stamattina.” - “Ti assicuro che il dolore che mi hai provocato ora non è niente paragonato a quello che ho sentito stamattina.”, ribattè House freddo. “Cosa volete voi due?” – il diagnosta si rivolse scocciato a Foreman e Chase che si erano affacciati – “House fra un paio d'ore ti aspettano in riabilitazione.” - “Se Cameron mi aiuta ad alzarmi sarò ben felice di mandare voi in riabilitazione con un paio di ossa rotte...” - “Ordini della Cuddy, House non ti conviene discutere.” - “Della Cuddy mi faccio un baffo. Non sapete che qui comando io?”. Chase e Foreman guardarono Cameron in cerca di aiuto, e lei li congedò con una mano, gesto che House notò subito: “Li mandi via… hai finalmente accettato la mia proposta di venire a letto con me?” calcò la voce sulle ultime parole per farle sentire anche ai suoi due assistenti ormai usciti; due risatine soffocate lo convinse di esserci riuscito, e sorrise soddisfatto dell'imbarazzo di Cameron. “House, devi fare la riabilitazione.” - “Altrimenti che mi fai?” - “Beh...potrei...romperti l'altra gamba...” – Cameron, che sembrava aver abbandonato i suoi famosi modi gentili, non lo disse con molta convinzione ma House ne approfittò per un'altra battuta: “Mamma mia, Cameroncina, non sapevo che fossi un'infermiera violenta?” - “Non lo sono...e non chiamarmi così!” - “Come vuoi Allisonina.” - “House!” - “E poi sentiamo, come faresti a rompermi l'altra gamba? Sono un po' più forte di te nonostante tutto...”, House si liberò con il bastone dell'impalcatura che sosteneva la sua gamba e con lo stesso bastone se la sostenne mentre la appoggiava delicatamente sul letto, il tutto sotto gli occhi terrorizzati di Cameron. “Sei impazzito?!?!” - “Io? No!”, l'immunologa si alzò e tentò di rimettergli a posto la gamba, ma lui con un movimento rapido si spostò sul letto finendo seduto proprio davanti a lei. “Stai tranquilla, la morfina sta facendo effetto.”, la fissò intensamente negli occhi, le prese un braccio e le disse: “Su, accompagnami tu a fare questa riabilitazione…Magari il fisioterapista accetta di scambiare te per un paio di sedute in meno. E poi voglio farti un po' stancare…”

Cameron, che in quei pochi istanti si era sentita morire, sospirò come di sollievo, pur sapendo che House aveva notato e registrato ogni sua emozione.

Di nuovo gli sorrise, e lo aiutò ad alzarsi.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** We wish you a merry Christmas ***


Capitolo 10 – We wish you a merry Christmas

Capitolo 10 – We wish you a merry Christmas

 

La riabilitazione di House procedeva con molta fatica. Il dolore alla gamba dopo quella frattura si era triplicato, così come il suo bisogno di vicodin. Cameron inizialmente l’aveva assistito ad ogni passo, ma poi, dopo un paio di battute molto cattive di House, aveva deciso che era meglio lasciarlo solo per più tempo, probabilmente lui si sentiva soffocato.

L’aveva appena lasciato nelle grinfie dell’impassibile e inflessibile fisioterapista, stava percorrendo il corridoio, quando incrociò Foreman e Chase.

“Ehi Cam” – “Ciao Foreman, ciao Chase” – “Allora Chase, cosa farai stasera?” – la mora si rivolse al collega “Penso che rimarrò a casa.” Cameron ci pensò: Chase ormai era rimasto davvero solo, sua madre era morta dieci anni prima, suo padre il febbraio scorso. “Che ne dite di venire con me ad una festa?”, Foreman li tirò fuori dall’impiccio con quell’invito inaspettato. “Ma…non siamo invitati!” – “Tranquilla Cameron, sono amici miei. Saranno felici di aggiungere un paio di persone alla lista, figurati!” – “Ok, Foreman, ci sto.”, Chase era comprensibilmente contento di non dover passare la serata solo, lontanissimo dalla sua casa in Australia. Anche Cameron alla fine accettò l’invito, anche se nel farlo il pensiero corse brevemente ad House. Chissà se Wilson sarebbe andato a trovarlo? Scrollò le spalle, pensando che la cosa era più che certa.

 

“Ciao osso duro!” – “Ciao rammollito…”, il saluto di House all’amico era stato come al solito sarcastico, ma mai quanto la battuta iniziale dell’oncologo. “Scommetto che ti fa piacere che ti sia venuto a trovare.” – “Potrei morire per la felicità!”. In effetti House non era proprio in condizioni di essere felice: il fisioterapista lo stava sottoponendo ad una pesantissima seduta di riabilitazione. “Ehi, andiamoci piano brutto scorfano!”, si ribellò il diagnosta contro l’ultimo esercizio che lo stava obbligando a fare con la gamba dolorante. “Fortuna che non capisce del tutto l’inglese. Fossi in lui ti avrei già rotto l’altra gamba…” – “Già, che vuoi fare, la Cuddy li sceglie della grande maaadrre Riusssia!”, House prese in giro il suo fisioterapista, che, per sua sfortuna, stavolta capì e si vendicò con un impercettibile movimento sulla gamba che provocò un dolore inimmaginabile al diagnosta: “Aaaaaaaaaaaaahhhhhhhh!!! Ma guarda questo bast….”, l’ultima occhiata eloquente del suo aguzzino lo convinse a non continuare con gli insulti e ad ammutolire. Wilson ormai si teneva la pancia per non scoppiare, scosso da una risata incontrollabile.

“Se la mia ira non si può sfogare contro di lui…si sfogherà contro di te, mio caro Wilson!”, House fece il gesto di tagliargli la gola, tuttavia non riuscì a far smettere di ridere l’amico. Lo guardò molto scocciato fin quando l’oncologo riuscì ad asciugarsi le lacrime dagli occhi. “Dicevi, House?” – “Dicevo che te ne puoi andare ora…” – “Ehi, oggi è la vigilia di Natale. Non vuoi che passi da te stasera?” – “Natale?!” – “Amico, oggi è il 24 dicembre! Svegliati!” – “Non mi ero proprio accorto che oggi era…” – “Ah, e gli addobbi ad ogni angolo dell’ospedale non ti hanno fatto dedurre niente, geniale Sherlock Holmes?!” – “Ma chi cavolo se ne frega degli addobbi!”, House era infastidito, “…Ho capito cos’hai! Cameron non ti ha portato i soliti bastoncini di zucchero e sei arrabbiato con il mondo!” – “Penso che se l’avesse fatto avremmo un’immunologa in meno in ospedale”, al diagnosta scappò un sorrisetto che subito Wilson sottolineò: “Ecco, quando senti parlare di Cameron ti illumini d’immenso…” – “Ciao Wilson.” – “Mi stai cacciando?” – “Ciao Wilson.” – “Allora me ne vado?” – “Ciao Wilson.” – “Ciao House.” – “Ciao Wilson.”

L’oncologo se ne andò sorridendo.

 

“Lisa?”. Wilson aveva terminato il suo giro di visite ed era passato ad una visita meno formale. “Ciao James.” – “Elly è in Italia vero?” – “Si, è tornata un mesetto lì, doveva consegnare una relazione per il suo ospedale…inoltre, la bambina voleva vedere i suoi nonni.” – “Sai Lisa, ho sempre pensato che tu fossi una donna forte, ma mi sbagliavo…”, la Cuddy lo guardò triste“…mi sbagliavo perché tu sei fortissima, hai una forza d’animo incredibile!”Un sorriso illuminò il volto della direttrice sanitaria. “Io, James, ancora non ti ho ringraziato per quello che hai fatto per me in questi due mesi. La tua amicizia è importantissima per me.” – “Che ne diresti di venire a casa di House stasera?” – “Perché, House festeggia il Natale, questa mi è nuova!” – “No, non lo festeggia, lo festeggiamo noi a casa sua.”, Wilson le fece l’occhiolino. La Cuddy capì che sarebbe stato un Natale fuori dai normali parametri.

 

“Buon Natale Cameron, sei splendida.”, Foreman era vestito di tutto punto per la festa, Cameron indossava uno splendido abito verde che faceva risaltare i suoi occhi.

“Chase ci aspetta in macchina, sbrighiamoci.”, la donna si accomodò sul sedile posteriore e scambiò i complimenti di rito con un elegantissimo Chase.

Durante il viaggio guardava spesso fuori, pensando ad House. Le dispiaceva che lui non la potesse vedere così, magari avrebbe fatto qualche battuta, oppure si sarebbe girato di scatto non potendo trattenere un ‘Oooooohhhhh!’.

Non gli aveva fatto nemmeno gli auguri di Natale.

 

House stava sorseggiando il suo solito brandy, steso sul divano, come compagnia l’ennesima replica di General Hospital ad alto volume. “Buon Natale”, si disse ironicamente. L’ennesimo ‘buon natale’ detto così.

Il campanello lo distolse da quella assonnata visione, afferrò le stampelle che avrebbero sostituito il bastone ancora per un paio di settimane, e zoppicando raggiunse la porta. Dallo spioncino vide che erano Cuddy e Wilson: bene, aveva pronta una battuta che li avrebbe fatti subito battere in ritirata!

“And…we wish you merry Christmas, we wish you a merry Christmas, and happy New Year!”, la canzoncina che con perfetto sincronismo avevano intonato i due dottori gli fece subito cambiare idea: House in un attimo optò per le più efficaci bastonate, anzi, stampellate.

“Ahah, bei bambini, mi dispiace, ma papà non ha niente da darvi, se non una di queste in testa se non lo lasciate in pace…” – “Ehi House, guarda il tuo amico Wilson che ti ha portato?”, Wilson prese un’enorme cesta dalla macchina: dentro c’era ogni genere di manicaretti, preparati da lui stesso. “Avevo ordinato cinese veramente.”, commentò House sarcastico. “Che ne dici del pollo al curry?”, Wilson lo solleticò, scoperchiando il contenitore del piatto preferito di House. “Dico… che potete entrare.”, la Cuddy rise ed entrò dentro oltrepassando il padrone di casa.

“Ehi, l’ho sempre detto che dovunque entra, comanda lei…”, sorrise finalmente House indicando le sue spalle. “Si festeggia!”, disse allegramente Wilson portando dentro la cesta. House si guardò intorno e chiuse la porta.

 

“Allora…ehm… Allison vero?” – “Si.” – “Dicevi…fai la ginecologa…” – “L’immunologa.” – “Ah scusa devo essermi confuso.” – “Scusami tu Fandon, ora devo proprio andare.”. L’audace quanto imbranato corteggiatore di Cameron disse inutilmente “Brandon…mi chiamo Brandon”, perché l’immunologa già lo aveva piantato in asso, infastidita dalle sue attenzioni.

Si sistemò vicino ad una finestra, scansando almeno una decina di coppiette che ballavano un lento, tra cui Foreman e Chase che avevano fatto conquiste.

Si sentiva molto a disagio a quella festa; soprattutto aveva la sensazione come di qualcosa di incompiuto. Sapeva solo che era qualcosa legata ad House.

Cameron ci aveva messo del tempo per maturare, rispetto a quel “Cresci!” di House, ma contemporaneamente era cresciuta troppo in fretta a causa della morte del marito: non riusciva più ad apprezzare l’allegria di certe feste, la spensieratezza della sua giovane età già non gli apparteneva più. Del resto…lei era damaged.

Decise improvvisamente di andarsene, non sopportava più quell’aria festaiola.

L’appartamento di House era a cinque minuti a piedi, come aveva notato quasi con sollievo all’inizio della festa, e le strade erano abbastanza asciutte per poter essere percorse. Salutò Chase e Foreman con un semplice cenno, gli avrebbe mandato un messaggio più tardi, anche se, da come stringevano quelle ragazze, non avrebbero fatto molto caso alla sua assenza.

 

“House, House, stanno bussando!”, la Cuddy, un po’ brilla, indicò la porta ad House.

Aprì: “Sapevo che eri tu, Cameron.” – “Ah, e perché?”, l’immunologa si accorse immediatamente della presenza della Cuddy e Wilson, che urlarono: “Chi è, House???” – “Ah, niente, la prostituta che ho chiamato prima, sei in ritardo fanciulla! Ti pagherò la metà!” – “House!”, Cameron lo guardò scandalizzata, urlare così per strada la sera di Natale. “Ma chi è?”, la Cuddy chiese a Wilson che rispose senza nemmeno affacciarsi: “Tranquilla, è Cameron!” – “Ahh…”la Cuddy tornò a sorseggiare il suo champagne.

“Allora, cosa volevi?” – “Ecco, volevo augurarti Buon Natale…” – “Lo hai fatto.” – “Bene. Ciao.” – “Aspetta. Fatti un po’ vedere…”, Cameron indossava una mantellina di raso nero che la copriva fino ai fianchi; sotto si poteva intravedere la splendida gonna verde. “Davvero niente male…”borbottò House ammirato dall’eleganza della donna. “Grazie.”, Cameron vide che qualcuno, di sicuro non House, aveva messo del vischio alla porta. “Oh, no! Dimmi che non l’hanno messo quei due…”, disse arrabbiato il diagnosta. “Vi state divertendo?” – Cameron ignorò la sua esclamazione – “E tu?” – “Io dove stavo non mi divertivo tanto…” – “Lo so che a te non piacciono le orge, preferisci uno contro uno, vero?”, ammiccò lui.

“Ehi House…perché non le dai un bacio?! Cosa aspetti!”, una Cuddy ormai totalmente ubriaca lo riprese dal salotto. “Chiudi il becco, ti sto pagando per farmi le coccole, non per parlare!”, le urlò ironico House di rimando.

“E’ meglio che vada…” – “…”, la risposta morì in gola al diagnosta. La guardò triste: in fondo anche lei era damaged, quella sera però lui aveva avuto un Natale sopportabile, e lei no. ‘E’ la vita’ avrebbe potuto dire cinicamente, e non invitarla ad entrare. Ma incontrò lo sguardo di Cameron, profondissimo, e si disse che non lo meritava, non lei. “Entra, su.” – “Cosa?” – “Guarda che non lo ripeto più, entra.” – “House, ti ringrazio, ma preferisco tornare a casa.” – “Allora perché sei passata?” – “Te l’ho già detto, ti volevo augurare buon natale, e poi… – gli si avvicinò – volevo prenderti un regalo, ma non ho potuto questa volta…” – “Oh no! Come farò senza il regalo di Cameron, quest’anno!”, House alzò gli occhi al cielo prendendola in giro. “…Comunque, ti volevo dare questo…”

L’immunologa si alzò sulle punte per sfiorare dolcemente la guancia ruvida di House con le sue labbra. Sentì un tremito da parte del diagnosta, ma lui, pur avendola vista in tempo, non riuscì a spostarsi. Quel bacio innocente e puro rappresentava molto di più di un semplice augurio. Cameron si scostò, incrociando gli occhi di House che la fissavano mentre ritornava a poggiare i piedi normalmente. Lei era arrossita leggermente. Anche lui, ma forse era il freddo.

“Buon Natale House.”, la voce e il sorriso dolcissimo di Cameron fecero tremare per un attimo House. “Buon Natale, Cameron.”

La seguì con gli occhi fino a quando lei non svoltò l’angolo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** ...and a happy new year! ***


Capitolo 11 – …and a happy New Year

Capitolo 11 – …and a happy New Year

 

Il party di fine d’anno del Princeton era alle porte. Un’occasione per rinsaldare i legami tra i dipendenti e per raccogliere ulteriori aiuti economici per l’ospedale, come amava pensare la Cuddy. Era completamente indaffarata per i preparativi: niente casinò, ma un party elegante e formale. Poco importava se House avrebbe trovato da ridire, avrebbe inventato mille scuse per non andare, lei sapeva come convincerlo.

Lo vide reggersi sulle sue stampelle scortato dai suoi tre assistenti, alle prese con l’ultimo caso complicato che lei gli aveva affidato. Si avvicinò al gruppetto: “Buongiorno House. Chase, Foreman, Cameron. – accennando ad un saluto ai tre dottori si soffermò un po’ di più su Cameron sorridendo, gesto che non sfuggì a nessuno – Allora House, sei pronto per domani?” – “Ah già, domani abbiamo il Cuddy-day! Mi ero dimenticato di questa ricorrenza celebrativa della tua persona!”, come al solito il diagnosta non mancava di sarcasmo. “Mi auguro, per il vostro bene…che sarete presenti.” – “Si, certo.” – “Si, si.” – “Sicuro!”, i Ducklings avevano risposto subito all’appello, quasi preoccupati, ma House la guardava con aria di sfida. “House, tu ci devi essere, non dico altro.” – “La speranza è l’ultima a morire.”, ghignò lui – “Infatti, ma io non spero, io ti obbligo!” – “Si, si, brava Cuddy. Ma, sai, il bastone aveva anche un certo fascino, non credo che una sedia a rotelle o un paio di stampelle possano far buona pubblicità al tuo ospedale. E se ora vuoi lasciarmi andare…”, il diagnosta le voltò la faccia, per lui la discussione era chiusa, ma la direttrice non si arrendeva così facilmente: “House, sai, ho parlato con il tuo fisioterapista…” – disse rincorrendolo e non potè fare a meno di pensare ‘Ma come fa a correre così con due stampelle al posto delle gambe!?’ – “Chi, il Vendicatore Russo?! L’uomo dalle mani d’acciaio? Lo stupido aguzzino che mi hai costretto a seguire?!” – “Ha detto una cosa che ti potrebbe interessare – la Cuddy decise di tirare fuori il suo asso dalla manica – Ha detto che forse potresti toglierti le stampelle già da domani…” – “Oh mio Dio! Sono guarito, sono guarito! Hai visto Foreman, bastava un po’ di fisioterapia per farmi tornare un uomo nuovo!” – House strabuzzò gli occhi e fece mille smorfie per sottolineare il suo sarcasmo ormai delirante – “Stupido, lo sai che parlavo delle stampelle, non del bastone. Ehi…ma che fai?” – la Cuddy guardò inorridita il suo ‘interlocutore’ prendere il solito flacone di Vicodin e ingurgitarne molto più del normale – “Lo sai…il dolore è aumentato, cosa credevi, non sono un monaco buddista io!” – “Dicevo…potrai farlo solo se mi prometti che verrai domani.” – “Si! Va bene, te lo prometto, verrò a questa tua stupida festa! Basta che ci lasci in pace!”, ormai House era esasperato, la mandò via in malo modo, ed entrò nella sala riunioni con i suoi tre assistenti.  

  

Dopo l’ennesimo estenuante turno di ambulatorio al posto di House, Cameron stava andando al distributore per concedersi un buon caffè, quando Foreman la bloccò: “La Cuddy ti vuole nel suo ufficio.” – “Si, un caffè e vado.” – “Ha detto subito, era piuttosto allarmata.” – “Un caffè non gli cambierà la vita…”, Cameron sorrise, Foreman la guardò incuriosito: “House ti controlla anche il cervello ora?”, il sorriso di Cameron divenne risata: “Foreman stavo scherzando!!! Vado subito!”

Il neurologo la guardò allontanarsi: che Cameron fosse carina non c’era alcun dubbio, ma che tutta questa bellezza fosse ‘dedicata’ ad un bastardo che non la apprezzava…questo veramente era da non credere!

 

“Mi volevi Cuddy?” – “Si, ti devo affidare un incarico Cameron. Voglio che tu sorvegli House – Cameron la guardò a dir poco sconcertata, ma la Cuddy era decisa – Devi riuscire a ridurgli il vicodin.” – “Ma…è impossibile!” – “Cameron lo vedi anche tu come sta! Prende quelle pillole come fossero caramelle! Va sempre peggio!” – “Lo vedo si. Ma senza quelle pillole non riuscirebbe a sopportare il dolore.” – “Cameron – la Cuddy sospirò – il dolore di House è per la maggior parte dettato da fattori psicologici. Una volta gli feci un’iniezione salina spacciandola per morfina e lui si sentì meglio…” – “Stai dicendo che devo ingannarlo per farlo stare bene!” – “Conosci altre soluzioni? Magari se gli dici ‘Greg caro, non prendere più tante pillole’, lui ti risponde ‘Si amore mio, non lo farò più, te lo prometto!’ ?!”, la Cuddy era stata molto dura, mai così tanto con lei, tuttavia Cameron sembrava ancora incerta. “Mettiamola così Cameron, se House continua ad abusare di vicodin nemmeno io gli potrò più parare il sedere davanti alla commissione etica, per non dire davanti ad un giudice. E se House non esercita più, il team di diagnostica si scioglie, ergo tu, Chase, Foreman perdete il lavoro, e avere sul curriculum un’esperienza presso un medico drogato non vi renderà la vita facile. Ti convince di più questo ragionamento?”.

Cameron, mortificata, fece un cenno di assenso con la testa, e fece per andarsene.

La direttrice sanitaria la richiamò con un tono di voce strano: “Cameron…scusami, ma è importante, capisci? Non voglio perdere un medico come House.” – “Lo capisco.” – “A proposito, domani cerca di tenerlo anche a bada durante la festa, ok?” – “C’è Wilson per questo.” – “Si però Wilson sarà occupato a farmi da cavaliere…per te ho già scelto io l’adorabile bastardo.”

Cameron rimase a bocca aperta: da quando in quando era obbligatorio andare alle feste accoppiati? “Scusa se mi permetto, ma perché mai dovrei andare alla festa con House? Ci sono Chase, Foreman…”, la Cuddy la guardò come per dire ‘Andiamo piccola, a chi la vuoi dare a bere?’ : “Mi dispiace, ma loro già hanno prenotato due specializzande nel reparto oncologia, quindi…” – “E non potrei venire da sola?” – “Cameron! – la Cuddy fece finta di scandalizzarsi – Non sta bene per una dottoressa bella come te andare senza accompagnatore ad una festa!” – “Ma…” – “Cameron ora ho da fare. Mi raccomando, fai come ti ho detto.” – “D’accordo.”.

Il discorso era chiuso, ma Cameron continuò a pensarci nel corridoio. La cosa che più la sconvolgeva era dover mentire ad House sul Vicodin, mentre il ‘dover’ andare alla festa con lui riusciva a provocargli solo un leggero rossore.

Lei non poteva mentire ad House. Sarebbe stato non facile ingannarlo, certo, caramelle al posto del Vicodin, si sarebbe subito accorto della differenza, era sempre House! Più ci pensava più concludeva che non poteva mentirgli, non poteva tradirlo dopo averlo difeso a spada tratta in mille occasioni. Del resto la dipendenza dal Vicodin lo stava distruggendo, continuare su questa strada poteva essere addirittura letale per lui. Cameron era talmente assorta in questi pensieri che non si accorse che un uomo in stampelle la stava fissando da un bel po’ di tempo.

“Che ti ha detto la Cuddy?”, Cameron si spaventò a morte per quella domanda improvvisa, poi però alzò gli occhi e vide House: smise immediatamente di pensare al suo compito e cercò di darsi un tono. “Mi hai spaventata!” – “Poche ciance, cosa ti ha detto la Cuddy?” – “Mi ha comunicato che sarai il mio cavaliere domani sera.”, il sorriso di Cameron divenne sicuro e malizioso, gli occhi verdi guardavano il diagnosta sfidandolo apertamente. “Chi le ha detto che ci verrò?”, Cameron trattenne una risatina: esattamente la risposta che si aspettava da lui.

“Fai come vuoi House. Tanto io un cavaliere lo trovo sempre…” – “Ah si, però mai affascinante come me!” – ‘su questo non c’è dubbio’pensò l’immunologa con un brivido – “Ti avverto, indosserò un abito azzurro chiaro…vedi di essere in tiro anche tu. Ora vado, ciao!”, la sicurezza di Cameron lasciò House un po’ perplesso, poi decise di non pensarci, preparandosi piuttosto ad una nuova battaglia con la Cuddy: a costo di darle una botta in testa per farla addormentare… lui a quella festa non ci andava!

 

Il suono del campanello avvisò Cameron che doveva sbrigarsi. Un’ultima occhiata allo specchio e si lanciò sicura sui tacchi verso l’ingresso. “Wi…Wilson?” – Cameron certo si aspettava qualcun altro a prenderla quella sera – “No stai tranquilla. House è in macchina, abbiamo pensato di darvi un passaggio” – “Ahhh”, la donna sospirò di sollievo: da House si aspettava di tutto in effetti.

“Buonasera a tutti.” – “Buonasera Cameron.”, la Cuddy rispose subito calorosamente ma House, seduto sul sedile anteriore, la ignorò completamente. La posa del medico le fece capire subito che se non ce lo avevano trascinato per le gambe, almeno lo avevano ricattato di brutto per farlo venire a quella festa: le braccia incrociate davanti al petto, le gambe accavallate sul cruscotto e un broncio che faceva quasi paura.

“Buonasera House.” – “Mmm.”, la Cuddy rise: “Non farci caso. House fino ad adesso non ha fatto altro che mugugnare!” – “Davvero un ottimo conversatore…” continuò Wilson. “Mmmm! Mmm, mmmmm!!!” – anche Cameron rise: i versi di House avevano un tono che riusciva a dargli quasi un senso! Almeno però aveva riavuto indietro il suo bastone, come promesso dalla Cuddy, anche se minacciava pericolosamente di usarlo contro Wilson.

Il tragitto fino all’ospedale fu denso di risate e di…brontolii.

 

“Ciao Chase, ciao Foreman. Buon anno!”, Cameron, gentile come sempre, si accomodò sulla poltrona del tavolo che spettava a loro, al team di diagnostica al completo, fiore all’occhiello dell’ospedale. La Cuddy faceva mille cerimonie con tutti, si comportava da perfetta padrona di casa, mentre Wilson si era seduto ad un altro tavolo. House provò a sedersi accanto a lui, ma la Cuddy lo bloccò e gli indicò il posto vuoto accanto a Cameron: “Il tuo posto è lì, fai parte del team di diagnostica.”, disse tra i denti mentre sfoderava il suo miglior sorriso, gli occhi di ghiaccio a sottolineare l’ordine perentorio. “Va bene mammina!” poco meno che urlata fu però la risposta di House e solo per un ultimo, disperato sforzo di autocontrollo la Cuddy non gli mollò uno schiaffo.

“Ti è andata bene House.”, commentò Foreman che aveva osservato con gli altri tutta la scena. “Zitto negrone! E tu… - si rivolse a Cameron – non ti aspetterai mica che stasera veramente rimanga a fianco a te tutta la serata.”, il tono era durissimo, tradiva tutto il nervosismo di House, ma la reazione di Cameron non fu quella che si sarebbe immaginato: infatti la donna sorrise e non lo degnò nemmeno di una risposta: “Ehi, voi due…quali sono le vostre damigelle?” – “Eccole – indicò Chase – sono sedute al tavolo di Wilson.” – “Mmm, carine.” – “Si, io e Chase abbiamo davvero buon gusto.” – “Se non se le è già fatte Wilson…”, commentò acidamente House.

In realtà era rimasto molto colpito dal cambiamento di Cameron negli ultimi mesi: fino ad un anno prima avrebbe potuto distruggerla con una parola, e invece ormai lei non accusava più il colpo. Si chiedeva se questo non fosse dovuto al fatto che… non gli interessava più. Ancora una volta, come due mesi prima, si rifece la stessa domanda. E ora voleva sapere la risposta, la voleva subito.

 

Un messaggio sul telefonino di Cameron, un numero sconosciuto, diceva: “Tra dieci minuti sul terrazzo al 4° piano del ppth se non hai paura degli sconosciuti.”, Cameron ignorò il messaggio e dopo dieci minuti non si era ancora mossa, con grande disappunto di House. Lei rideva e scherzava con tutti come al solito, persino con lui, che rispondeva a monosillabi. Il diagnosta decise di passare ai fatti: si alzò di scatto tenendosi la gamba, fingendo di stare malissimo. Ormai era bravissimo a fingere, persino la Cuddy ci cascò e lo mandò su a farsi fare un controllo. Chiaramente Cameron lo accompagnò. Entrarono in ascensore che House ancora si lamentava per il dolore ma al momento di schiacciare il pulsante del piano fu lestissimo a schiacciare il 4° e a rimettersi in posizione normale.

“House!” – “Che c’è? Non vedi, sono guarito!” – “Allora eri tu prima!Cosa volevi?” – “E meno male che lavori per il team di diagnostica…possibile che non ci sei arrivata prima che ero io!” – “House, che cosa vuoi?” – la porta dell’ascensore si aprì e lui uscì in silenzio seguito subito dall’immunologa.

Si affacciò a quel terrazzo buio, dal quale a volte, quando il dolore lo attanagliava come non mai, aveva persino pensato di buttarsi giù. Faceva freddo, troppo per il suo smoking. Si voltò e vide che lei lo aveva seguito fin lì, esposta ad un freddo che l’avrebbe fatta congelare in pochi minuti. Doveva sbrigarsi.

“Cameron, mi spieghi una cosa? Sono ancora zoppo, più zoppo di prima, eppure tu già ti sei stancata di me?”, l’intonazione della voce era quella irrisoria di sempre. A Cameron venne in mente di poter rispondere ‘Perché mi fai questa domanda?’, ma lo smacco cocente ricevuto tre anni prima pesava ancora, pesava la consapevolezza di aver sbagliato tutto con lui, fin dal principio. In un attimo fu presa dal panico: ‘E allora, cosa gli rispondo?!’. Lo guardò negli occhi, dio quegli occhi meravigliosi: beffardi come al solito, brillavano però di una strana luce, appena un bagliore, coglibile solo ad uno sguardo attento come il suo. Cameron decise di seguire quel bagliore.

“Non è vero che mi sono stancata di te.” abbassò gli occhi, il tono era serio, profondo. Cameron decise di non autocompiangersi con lui, doveva dire solo la verità: “E’ difficile stancarsi di te.” – “Già…tanto rimarrò zoppo per sempre, hai trovato un soggetto perfetto…” – House ridacchiò per dissimulare la sua malinconia – “No. – la risposta di Cameron era stata pacata, ma le seguenti parole furono un crescendo – Io sposai mio marito perché lo amavo, perché io al contrario di te non ho paura di soffrire, e soprattutto perchè se c’è anche un solo attimo di felicità da vivere io lo voglio vivere!”, queste ultime parole ebbero l’effetto di un colpo di pistola in pieno volto per House. Chiuse gli occhi come per proteggersene, ma ormai quelle parole avevano già raggiunto le sue funzioni cognitive, purtroppo le aveva capite e si erano impresse incancellabili nella sua mente.

Riaprì gli occhi lentamente: lei era ancora davanti a lui, ma da quanto tempo ormai? Sembrava che fosse passata un’eternità. Occhi, naso e guance di Cameron erano rossi, forse per il freddo, forse per il pianto che stava trattenendo. Le sue mani delicate si stringevano sulle spalle per proteggersele, stava letteralmente tremando per il freddo ma da lì non si muoveva.

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Buon anno! ***


Capitolo 12 – ‘Buon anno’

 

Capitolo 12 – ‘Buon anno’

 

House la guardava in silenzio. La guardava soffrire. Cameron soffriva a stare lì.

Per il freddo, per lo sforzo enorme che stava facendo per non scappare in lacrime. ‘Sei molto forte’ pensò House, ma non disse una parola. Abbassò gli occhi, li portò all’altezza delle sue gambe semi-scoperte: tremavano, erano bellissime, perfette.

Ancora una volta, come nel suo sogno, lei tremava. Ma per una volta i ruoli si erano invertiti: ora erano le parole di Cameron a distruggere House dall’interno. Come se quelle parole perché io al contrario di te non ho paura di soffrire, e soprattutto perchè se c’è anche un solo attimo di felicità da vivere io lo voglio vivere! gli avessero preso disperatamente a pugni il cuore. Tante volte aveva ascoltato quelle parole, pronunciate da Wilson, dalla Cuddy, persino da Stacy.

Stacy, ripensò a lei. Secondo la logica di Cameron non avrebbe mai dovuto mandarla via, avrebbe dovuto vivere tutta la felicità possibile con lei e mandare al diavolo tutto il resto. Tuttavia il pensiero di Stacy fu brevissimo: davanti a lui c’era la dolce Cameron ora, quella che non gli voltava mai le spalle, a costo di pagare sulla propria pelle con le infinite parole di scherno da parte sua. Stacy non l’aveva fatto, non l’aveva mai sopportato, e questo bastava per rendere Cameron un pensiero accettabile nella sua mente.

La donna lo guardava mentre dentro di lui scoppiava una tempesta. Finalmente aveva trovato la forza per rispondere alle parole di quella maledetta cena ‘You don’t love, you need. I am what you need, I’m damaged.’

Tre anni fa non aveva risposto: era completamente shoccata dalla piega che aveva preso il discorso, quando fino a pochi minuti prima sembrava tutto perfetto.

Ora, ora ci era riuscita, si era tolta questo peso dal cuore, quello su cui House premeva ad ogni occasione per tormentarla. House aveva sempre voluto dimostrare che lei era una persona scontata ai suoi occhi, e che era più che immunizzato ai suoi tentativi di ‘guarirlo’. Cameron aveva trovato la risposta giusta ora che si sentiva maturata, ora che era una donna consapevole dei suoi sentimenti.

“Io ti amo. – le parole di Cameron spezzarono quel silenzio irreale, guastato solo dal leggero vento freddo che spirava sul terrazzo – Ho da donarti solo una speranza…essere felice anche solo per pochi attimi, per poche ore, per pochi giorni. Poi che importa soffrire, se intanto hai vissuto i momenti più belli della tua vita.”, lo stava facendo, lo stava letteralmente distruggendo con la sua voce ritornata dolce e flautata come sempre. Lui la guardò disperato, come se volesse implorarla di smettere. Lei si mosse nel buio verso l’entrata dello studio, poi lentamente si girò nella penombra – “Posso essere sicura solo di me stessa, e non so se tu mi ami o no. – fece una pausa e alzò gli occhi verdi verso i suoi – Ma sento che vorresti disperatamente farlo.”, gli aveva assestato il colpo di grazia definitivo.

Entrò dentro lasciandolo solo. Dopo pochi minuti però era già di ritorno: lasciò sul davanzale il suo cappotto e se ne andò di nuovo.

House osservò quel cappotto per molto tempo. Finalmente percepì il freddo: si guardò le mani e vide che erano diventate leggermente bluastre. Il dolore alla gamba, suo inossidabile compagno di vita, aumentò improvvisamente lasciandolo per un attimo senza fiato. Il Vicodin era nel cappotto, ma non lo toccò. Entrò nel suo studio, prese un flaconcino che aveva nascosto in un cassetto e mandò giù 4 pillole. Finalmente il dolore divenne sopportabile, e decise di ritornare giù. Fissò un attimo il cappotto: lo lasciò lì.

 

La Cuddy si informò subito con Cameron di come stesse House: l’immunologa non mentì dicendo che House tutto sommato se la poteva cavare bene, e che sarebbe sceso a minuti. La Cuddy sospettava fortemente che House ‘stesse male’ per evitare la cena, ma il ritorno di quest’ultimo pochi minuti dopo la distolse da questi pensieri malevoli. Foreman notò subito che Cameron aveva il viso e le mani arrossate, ma non fece domande. Quando però vide House ritornare nelle stesse condizioni pensò che ci doveva essere qualcosa sotto. Li osservò tutta la serata: Cameron era calma e serena, House invece era una maschera di indifferenza e le sue consuete battutine arrivavano più tardi ed erano meno fulminanti del solito. Cosa importante: entrambi evitavano a tutti i costi lo sguardo dell’altro. Anche Chase percepiva qualcosa di insolito nell’aria, e un’occhiata con Foreman glielo confermò.

“Allora House, come va la gamba?” – domandò innocentemente Chase, ma House lo stoppò subito: “Ehi bambino, non credere che non abbia capito il tuo gioco. Se proprio vuoi saperlo ne avevo abbastanza di questa festa, e ho finto di star male. Però mi hanno messo questo impiastro alle calcagna…”– “E lei ti ha convinto a scendere…”, continuò Foreman che ora capiva il nervosismo di House. “Passerò sopra all’impiastro per questa volta.”, disse Cameron quasi sorridendo. House si chiese come faceva a dissimulare così bene il suo stato d’animo. Del resto quale mai era in quel momento lo stato d’animo di Cameron? Nemmeno House, che aveva sempre creduto di conoscerla, ormai lo poteva più dire.

 

Finalmente quella odiosa, ma deliziosa cena – House dovette ammettere suo malgrado che le portate erano state scelte bene – terminò. La Cuddy andò sul palco allestito nella sala: ringraziò tutti per la loro presenza, ricambiata immediatamente da un applauso convinto che la fece ben sperare per le donazioni, chiamò i migliori medici dell’ospedale a dire qualcosa e presto venne il turno di House e del suo team.

Nonostante le occhiatacce del diagnosta la Cuddy lo costrinse ad salire sul palco: “Andiamo dottor House, non sia timido! L’ospedale deve molto a lei e ai suoi assistenti. Grazie al loro lavoro abbiamo risolto tra i casi più complicati del Paese. Un applauso al dottor Gregory House!”, quando si avvicinò la Cuddy riuscì a sussurrargli in un orecchio: “Non devi pubblicizzare un medicinale, ma il tuo lavoro, sii convincente almeno oggi…”, non le sfuggiva il ricordo della pubblica offesa fatta da House a Vogler, meritata per carità. “Buonasera a tutti, cari colleghi e cari ‘benefattori’ del nostro ospedale. Siamo qui questa sera per celebrare il Lisa Cuddy-day… – un’occhiata davvero furiosa della direttrice sanitaria lo costrinse a correggere il tiro – ehm…già signori, il Lisa Cuddy-day perché oggi questa donna ci ha dato davvero prova di grande efficienza e come vedete voi stessi…ehm… ha dimostrato anche gusto per l’eleganza e…e…ha offerto a tutti davvero una splendida cena. Io proporrei un applauso a Lisa Cuddy!”, l’ennesimo applauso scrosciante partì per la Cuddy, che però fece capire ad House che non era abbastanza, e che doveva dire qualcos’altro. House si tirò fuori d’impiccio: “Bene, ora lascio la parola a…alla mia preziosa assistente, la dottoressa Allison Cameron!”, l’immunologa arrossì violentemente. “Ma perché io?”, biascicò ad House: “Perché loro sono brutti.” – “Ah, bene. B..buonasera a tutti. Per me è… un onore lavorare in questo ospedale e soprattutto è un onore lavorare con un… professionista del calibro del dottor House. Io e i miei assistenti gli dobbiamo molto, ci insegna tutti i giorni a guardare il paziente con occhi diversi… – “Si, come se fosse un essere inutile!”, Foreman e Chase risero della battutina che aveva rivolto loro House dietro le spalle di Cameron, la quale continuava a parlare –… senza fermarci mai alle apparenze…Io ringrazio ancora la dottoressa Cuddy che ci permette di svolgere il nostro lavoro, collaborando spesso con noi – “Come quella volta che sospese le cure per vendicarsi di me”, House ironizzava ancora con i suoi assistenti, mentre ormai Cameron non sapeva più cosa dire – Ehm, ringrazio ancora tutti e…buona serata, ma soprattutto auguri di buon anno, e in particolare a chi non può fare a meno di soffrire… ”, un caloroso applauso coprì le ultime parole appena sospirate del suo intervento, contornato di fischi di ‘ammirazione’da parte di buona parte del pubblico maschile. House la guardò arrossire e capì perché non aveva deciso di fare la modella, inoltre aveva sentito bene quell’augurio ‘particolare’ che lei aveva fatto a chi se non a lui.

La Cuddy risalì sul palco e congedò il team, quindi dopo qualche altra parola di circostanza potè dare inizio al countdown.

House e i tre assistenti si avvicinarono al tavolo, il diagnosta si lasciò scivolare sulla sedia ignorando completamente il fatto che erano tutti in piedi.

10-9-8-7…

Chase, Cameron e Foreman tenevano il bicchiere di champagne in alto per brindare al nuovo anno, House già sorseggiava il suo e guardava l’immunologa di traverso.

6-5-4

Cameron sembrava felice: come poteva essere felice di festeggiare Capodanno con i suoi stupidi colleghi?!

3-2-1- BUON ANNO!

Cameron spostò subito il suo sguardo su House incrociando i suoi occhi.

Si guardarono a lungo. Intorno a loro la sala era diventata un caos di auguri, bicchieri tintinnanti, risate, ma loro non sentivano nulla. House abbassò tristemente gli occhi, cominciando a fissare il suo bicchiere mezzo vuoto. Cameron non si mosse: per quella sera aveva fatto già abbastanza. Disse solo “Buon anno.”, in un soffio di voce, un soffio che ancora una volta, nonostante l’enorme confusione, House riuscì a percepire. Alzò le sopracciglia in segno di risposta senza dire nemmeno una parola.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Disgusto ***


Capitolo 13 – Disgusto

Capitolo 13 – Disgusto

 

La vacanza di Elly Sorrentino in Italia si era conclusa. La dottoressa italiana tornò con la piccola Stefania il 7 gennaio: all’aereoporto stavolta c’erano ad attenderle la Chase e Cameron: “Ciao Elly! Come stai?” – l’immunologa la abbracciò calorosamente, e subito prese in braccio la bambina un po’ assonnata, mentre Chase si limitò ad una stretta di mano – “Bene Allison!Un po’ stanca…a proposito come mai siete venuti a prendermi?” – “La Cuddy ci ha chiesto questo piacere, e ti assicuro che pur di sfuggire alle grinfie di House sarei stato disposto a qualsiasi compito…” – “Più nervoso del solito?” – “Ahhh! Tu non sai quanto! La frattura è guarita ma lui è peggiorato, se peggio di così poteva andare…”sospirò di nuovo Chase, come al solito bersaglio preferito delle battute peggiori di House. Durante il tragitto in macchina Cameron era stranamente assente, Elly se ne accorse ma a dire la verità nessuno aveva voglia di parlare, persino la vivace Stefania, spossata per il viaggio.

Accompagnarono l’italiana a casa sua e poi ritornarono in ospedale.

Già all’ingresso si resero conto che tutti erano più nervosi del solito, a partire dalla Cuddy. “House!!!Ti ho detto che devi fare questo stramaledetto ambulatorio!!!” – “Non credere che lo farò!!!” – “E io ti licenzio!!” – “Non potresti mai!”, Cameron si inserì nella furiosa discussione: “Cuddy, stamattina il turno era mio. House mi doveva sostituire ma ora sono tornata e lo vado subito a fare.” – “Fatti gli affaracci tuoi tu!”, House la aggredì immediatamente, ma Cameron non si scompose: “Vado in ambulatorio. Ci vediamo dopo.”, quindi si avviò tranquillamente verso l’accettazione.

“House, sei proprio un villano! L’unica che in questa baracca di fannulloni ti dà una mano…ti permetti anche di trattarla così!” – “Capirai!”, sbuffò il nervosissimo diagnosta. “Beh comunque la questione è risolta, quindi per favore vai a risolvere quel dannato caso che ti ho dato stamattina.” – House non rispose subito, la fissò: “Dì la verità: sei nervosa perché oggi è tornata l’italiana. – Cuddy non riuscì a nascondere l’imbarazzo e la sorpresa – E non chiederti se, come, dove e quando ho saputo dell’affaire Sorrentino. Sono affari tuoi, spero solo che non si ripercuotano su di me più delle fasi del tuo ciclo!”, House si allontanò scocciato, ma dopo pochi passi si voltò: “Comunque non è stato Wilson a dirmelo. Conoscevo anche sei anni fa la differenza tra una donna incinta e una donna molto grassa.”, se ne andò definitivamente.

La Cuddy rimase immobile qualche secondo, meravigliandosi del fatto che in tutti questi anni House non avesse proferito verbo sulla questione. Si riscosse e immediatamente il senso pratico le fece prendere il controllo della situazione: aveva mille documenti da firmare.

 

House entrò nella sala riunioni. Lanciò un breve sguardo alla lavagnetta ancora vuota e andò a prendere la sua tazza di caffè. Fece un mezzo sorriso, pensando a Cameron che solerte ogni mattina gliela riempiva e portava. Era il suo buongiorno quotidiano, ormai non ne poteva fare a meno. Studiò la cartella del paziente. A quanto pare finalmente la Cuddy gli aveva affibbiato un caso interessante. Foreman leggeva un giornale, Chase faceva il suo solito cruciverba. Nessuno di loro si alzò per controllare il nuovo caso: sapevano che se non c’era Cameron non si iniziava, tanto valeva fare altro. “Chase, invece di dilettarti per conto tuo perché non controlli questi due documenti?” – “Cosa sono?” – “Credo…fatture di prostitute di lusso!” – “Ahh. Non sapevo che ora avessero anche la partita iva!” – “Stupido, sono documenti che mi ha dato la Cuddy, li devi firmare per me, a meno che non ci sia prescritto sopra un aumento delle ore di ambulatorio…” – “Guarda che scherzavo anch’io.” – “Ah questo humor inglese non lo capirò mai!”, House imitò l’accento inglese. Chase scosse la testa e si mise ad esaminare i documenti, sotto lo sguardo divertito di Foreman. “Ehi tu, non ridere! Anche tu hai il tuo bel daffare: il mio computer ha bisogno di una ripulita generale, controllami le e-mail.”, Foreman sbuffò e si arrese ad abbandonare il suo giornale. House, soddisfatto di aver trovato un’occupazione per tutti, si accorse di aver dimenticato il Vicodin nel cassetto della scrivania. Oltrepassò la porta del suo studio e aprì il cassetto dove era custodito il suo indispensabile flacone. Tolse il coperchio e si apprestò a prendere tre pillole, quando un particolare lo colpì. Sulla sua pillola non c’era la solita ‘V’.

 

House si sentiva pieno di rabbia. Non era mai stato così arrabbiato col mondo, anzi con una persona in particolare. E stavolta non si sarebbe limitato ad una battuta delle sue, quelle che tanto la colpivano, ma erano confezionate perfino simpaticamente. No, stavolta voleva distruggerla, voleva urlarle addosso che era una stupida!

Come se non si fosse accorto che quello che trovava nel suo flaconcino di Vicodin non era Vicodin, era una droga molto più leggera. Quella stupida credeva di poterlo ingannare.

Stava zoppicando verso il suo studio, ma poi, impaziente di sfogare la sua rabbia, decise di andare a trovarla, dovunque fosse.

La trovò nella stanza 2 dell’ambulatorio: stava scrivendo una ricetta ad un ciccione seduto sul lettino. “Vieni fuori.” – House fece uno sforzo enorme per non urlare – “Cosa c’è House?”, la ragazza non lo guardò neppure e non si accorse di quanto fosse tremendo il suo sguardo – “Ho detto vieni fuori, e fai presto prima che ti prenda a calci!” – il tono rabbioso oltremisura fece finalmente alzare gli occhi di Cameron, che quasi si spaventò – “House! Che ti prende?!” – il diagnosta perse la pazienza, le prese un braccio e la strattonò violentemente fuori, tra lo sbigottimento generale.

“Allora, allora mia cara crocerossina!!! – House non si curò minimamente di essere in una sala gremita di pazienti in attesa – Dovresti sapere tu cos’è che non va!” – la guardò con gli occhi spalancati e l’espressione più terribile che Cameron gli avesse mai visto – “Ho-House…” – “Ca-Ca-Cameron!” – la prese in giro lui – “Aspetta, parliamone da qualche altra parte con più calma…” – “No!” – “House – aggiunse con voce più bassa – qui stai solo spaventando delle persone.” – “Non mi interessa delle persone! Mi interessa solo sapere perché cazzo hai sabotato il mio Vicodin!!! – House butta a terra furiosamente il flaconcino con le pillole – Senti, faccia d’angelo, non mi guardare con quell’aria! Credi di essere più furba di me?!” – “Io volevo…” – “Ah già! Tu volevi aiutarmi!!! Ma si, tu volevi aiutarmi! Come ho fatto a non pensarci?! Scusate signori, il dottor House è uno stupido. Questa poveretta voleva solo aiutarlo a disintossicarsi…Peccato che UNO: il metodo è banale, stupido e infantile, e DUE: il dottor House non ha bisogno di nessun’aiuto da una persona che afferma tutti i giorni con quei begli occhioni verdi ‘Greg mio, io ti salverò, non ti ingannerò mai! Non ti cambierò mai!’. Carina mia, ora mi hai davvero stancato. Tu puoi dire o fare quello che vuoi, sempre una stupida ragazzina rimani! Vatti a trovare un altro relitto umano da curare, tanto dopo questa trovata geniale non so che farmene di te!!!”

Cameron aveva ascoltato con gli occhi spalancati lo sfogo di House. Non si aspettava che House non la scoprisse, ma quella reazione era incredibile, soprattutto la stava davvero distruggendo. ‘Non posso piangere!’ si urlò mentalmente quando sentì le lacrime premerle le palpebre. “Sei tu lo stupido House! Continua a rovinarti, continua! Intanto le persone che tengono a te si…”, si bloccò, confusa: House si meritava ogni male in quel momento ma lei non riusciva a continuare. “Si allontanano? E chi ti ha chiesto di starmi vicino?! Te lo ha prescritto uno di questi medici incompetenti?! Il Vicodin mi farà anche male ma non sono in pericolo di vita, quindi tu a rigor di logica vicino a me non devi stare! Siamo d’accordo?!” – “Sei solo uno stupido!” – “Ora piangi Cameron, sto aspettando! Piangete anche voi, cari ex pazienti di questo ospedale! Lo vedete? altro che general hospital, qui siamo al Princeton! Cameron rialzati! Cos’è ti fa male il braccino?” – Cameron si massaggiava il braccio dolorante per lo strattone di prima. La donna alzò gli occhi: doveva odiarlo! Doveva esprimere tutto l’odio che aveva in corpo in quegli occhi!

Provò a sfidarlo, ma riabbassò subito lo sguardo, perché ormai le lacrime scendevano abbondanti dal viso, le stavano bagnando il camice. Ecco, ora era definitivamente umiliata davanti a lui, davanti a tutte quelle persone. Oh, se bruciava quell’umiliazione! Più del fatto che lui le stava dimostrando che per lei non ci sarebbe mai stato posto. Più dell’odio che impregnava ogni parola di quell’uomo.

L’orgoglio, lo scatto repentino: lo schiaffo ad House con la mano aperta.

 

Lui non fa una piega, prende la mano di Cameron e deciso la allontana dalla sua guancia. Negli occhi ancora quell’odio che non si ferma nemmeno davanti al pianto ormai disperato della sua assistente. Nella sala gremita non si sente volare una mosca, dopo la concitazione iniziale. Le parole fredde e atone di House risuonano urlate nelle orecchie di Cameron: “Sai una cosa. Ti ho dato troppa confidenza in questi anni. E si, un sentimento verso di te, fortissimo mi ha preso: disgusto.” – Cameron sussulta come se la avessero colpita, gli occhi persi nel vuoto. La sua mano è ancora in quella di House, prova a stringerla, in un ultimo disperato tentativo: “perdonami…”, ma House è spietato, con lei ancora di più: lei che si illudeva di conoscerlo, di capirlo. Lei che lo aveva persino convinto, no, Cameron non mi sparerà mai alle spalle, lei è l’unica degna del mio rispetto e della mia fiducia. “Ci ero cascato…”, sussurrà in un filo di voce che stavolta Cameron non percepisce. Con quel misero imbroglio da quattro soldi, lei gli ha dimostrato che non merita nulla da lui, che è come gli altri. Tenterà di cambiarlo fino alla fine. Nulla di strano: tutti provano a cambiarlo. L’importante è saperlo e prenderne le distanze. Cos’è che gli fa tanta rabbia allora? Da dove nasce quella rabbia furiosa che sente ancora, dopo tutto quel parlare, dentro di sé? House scuote la testa: non lo sa, non lo vuole sapere. La guarda: lei ha il viso rivolto verso il pavimento bianco, le lacrime continuano a cadere. Non potrebbe provare alcuna compassione ora. “Forse non era quello che volevi sentire Cameron. – si libera dalla mano dell’immunologa con un gesto brusco – Ma ora capirai finalmente che io voglio essere lasciato in pace! Tanto di più da una persona verso la quale provo solo odio. Odio!”. Chissà perché l’ha ripetuta quella parola.

 

Intanto, finalmente era arrivata la Cuddy. Capì tutto: Cameron in lacrime, vicodin a terra, House con un’espressione agghiacciante sul volto.

“Scusatemi signori, perdonateli, oggi il dottor House non si sente affatto bene! Per favore dottori seguitemi nel mio ufficio… Voi non temete, arriva subito un altro medico a completare le visite, è tutto a posto!”

“Io non ti seguo da nessuna parte Cuddy. Ho un caso da risolvere.” – “Tu non hai nessun caso House! Ora vieni con me!” – “Ehi Cameron, non ti ho licenziata, quindi ti aspetto in sala riunioni per le diagnosi.”, House ignorò completamente la Cuddy e si allontanò. La direttrice sanitaria l’avrebbe picchierebbe se solo non ci fossero i cocci di Cameron da raccogliere. Cameron però rifiutò ogni aiuto. “Tranquilla Cuddy, ora prendo una boccata d’aria e mi riprendo.”

L’immunologà uscì quasi barcollando dalla porta d’ingresso. La Cuddy la osservò per un attimo, poi le corse dietro: al diavolo le carte. Cameron meritava qualcuno accanto. In qualche modo si sentiva responsabile di quello che era successo.

“Ehi Cameron! Aspettami, vengo con te!”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Io ti sento ***


Capitolo 14 – Io ti sento

Capitolo 14 – Io ti sento

 

La Cuddy non sapeva proprio cosa dire alla sua giovane dipendente. Cameron però si accorse del suo imbarazzo e la prevenne: “Cuddy, per favore, restiamo solo un po' in silenzio.”, Lisa Cuddy annuì, e continuò a passeggiare con lei lungo il perimetro dell'ospedale. Nel frattempo la osservava, cercando di capire quanti danni avesse fatto House. Era stata chiamata d'urgenza da un'infermiera che gli aveva detto allarmata “Il dottor House è impazzito, dottoressa! E' in accettazione, sta urlando contro la dottoressa Cameron come un ossesso!”. Poteva solo immaginare cosa le avesse detto: House quando voleva sapeva uccidere le persone più di quanto potesse guarirle. “Comunque stai tranquilla Cameron. House sarà punito adeguatamente. Nessuno può urlare così nel mio ospedale”, l'immunologa non disse nulla. Aveva il volto ancora rigato dalle lacrime, ma lo sguardo era duro, determinato; le mani erano strette a pugno dentro le tasche del camice. Guardò l'orologio: “Cuddy, grazie, ma adesso devo andare di sopra.” – “Se vuoi Cameron, puoi prenderti un giorno di riposo.” – l'altra sorrise – “No, figurati. Abbiamo un caso, dobbiamo risolverlo, è il mio lavoro.” –  “Qualunque cosa Cameron ti serva...” – ““Non ti devi sentire in colpa per quello che è successo. Sono stata poco attenta e lui mi ha scoperto.” – “Si ma la sua reazione è ingiustificata!” – “Si, ha esagerato.”, mormorò con un tono asciutto, poi si congedò.

 

House stava scrivendo alla lavagna i sintomi del paziente quando Cameron fece ritorno nella sala riunioni: “Eccoti, possiamo cominciare. Allora, a giudicare dai sintomi io avrei già una diagnosi perfetta. Vediamo cosa concludete voi!” – “Io dico che senza esami, né visita non hai potuto concludere nulla.”, Cameron ribattè al suo capo con gli occhi fissi alla lavagnetta. Chase e Foreman, che non avevano idea di quello che era successo poco prima, la guardarono straniti: cosa c'era di strano, House aveva sempre fatto questo, prima le ipotesi e poi le analisi e tutto il resto. “Ok, deduco che vuoi essere licenziata Cameron”, il tono del diagnosta era pericolosamente serio. “Dire cose sensate vuol dire essere licenziati?”, Cameron non si scompose, “No, vuol dire che tu vuoi essere licenziata. Tra un paio di giorni correrai in lacrime dalla Cuddy con le tue dimissioni.” – “Credi davvero che non abbia sopportato un misantropo bastardo già per tre anni?!” – lo guardò con aria di sfida, il tutto davanti ai due medici sempre più increduli di quello che stava accadendo davanti a loro – “Sai, forse ti ho sottovalutato, o sopravvalutato se vogliamo metterla in un altro modo. Pensavo che tu fossi una creatura fragile, un'eroina dei buoni sentimenti, dai grandi ideali, come la sincerità, la morale, la lealtà – House fece una pausa, la guardò dritta negli occhi e le girò intorno come per guardarla meglio nella sua interezza – Oggi mi sono accorto non conoscerti affatto, e, come hai potuto vedere, la cosa mi dà parecchio fastidio.” – “Tu non sei arrabbiato con me solo per il Vicodin…” – “Infatti, tu mi dai fastidio con il solo fatto di esistere!”, House le piantò gli occhi in faccia, ancora con quella rabbia repressa contro quella ragazza, contro quella donna che lo stava mettendo in difficoltà dal primo giorno. Cameron però non abbassò gli occhi, coraggiosamente sostenne il suo sguardo. L’aria era carica di tensione, Foreman e Chase decisero di intervenire per non far degenerare le cose: “Sentite – il neurologo li allontanò come se stessero per prendersi a pugni – a noi non interessa cosa diavolo abbiate tutti e due. Abbiamo una malattia da scoprire, un paziente da curare. Siamo qui per questo, è il nostro lavoro! Quindi, per me – prese il pennarello – questo è morbo di Addison!”

House appena sentì la diagnosi dimenticò Cameron e tolse con fermezza il pennarello dalle mani di Foreman, pronto di nuovo a giocare al gatto col topo con il suo assistente.

“Io intanto vado a fare le analisi.”, House fu costretto di nuovo a guardare l’immunologa, stavolta ironicamente: “E per quale diagnosi?!” – “Il paziente è celiaco.”, Cameron non disse altro e uscì. House spalancò la bocca: “Incredibile, aveva indovinato la diagnosi fin dal principio!” – “Non può essere celiaco, guarda –Foreman si bloccò notando che in effetti i sintomi e la diagnosi corrispondevano – E’ vero! Ci ha proprio azzeccato!” – “Beh, la ragazza deve essere trattata male per dare il massimo…”, intervenne Chase, ma lo sguardo poco rassicurante di House lo distolse dal fare ulteriori commenti. Solo Foreman ebbe l’azzardo di dire: “Altro che dolce, piccola Cameron. Sta diventando un peperino peggio della Cuddy!”. House non riusciva a distogliere gli occhi dall’uscita della sala, quella che lei aveva varcato poco fa tirando fuori dal cilindro una diagnosi perfetta.

 

“Posso Lisa?” – “Entra James. Qualcosa che non va?” – “Le infermiere mi hanno ragguagliato del furioso litigio tra House e Cameron di stamattina.” – Wilson si accomodò sulla sedia di fronte alla direttrice – “Dannate pettegole, speriamo che la cosa non esca fuori dall’ospedale, quel bastardo ci manderà in rovina in un modo o nell’altro.”, la Cuddy non alzò lo sguardo da quelle carte che doveva compilare da un’eternità. Wilson sospirò: “Quindi non ha funzionato, l’ha scoperta facilmente.” – “Cosa ti aspettavi da Cameron. Non è un genio del crimine, e invece House potrebbe essere un assassino perfetto.” – “Wow, sbaglio o sei meno tenera del solito con lui.” – “E’ che mi sento in colpa verso Cameron. – la Cuddy incrociò le braccia e smise per l’ennesima volta di badare a quelle carte – House l’ha distrutta.” – “Certo, ma non dimenticarti che Cameron ‘non è poi lo zuccherino che crede di essere’, l’hai detto anche tu. Quindi tranquilla per lei. E’ di House che ci dobbiamo preoccupare.” – “Quell’uomo è impossibile. Con tutto quello che abbiamo passato per causa sua ultimamente ha pure il coraggio di mandarci a quel paese!” – “Magari dovremmo strapazzarlo un po’.” – “E cosa sto facendo da 7 anni a questa parte?” – “Si, hai ragione. Forse il metodo giusto era proprio quello di Cameron, prenderlo con le buone, lentamente…” – “Ormai di Cameron non si fiderà più. E poi con la velocità alla quale quei due si stavano avvicinando il fegato di House farà prima a farsi benedire…” – “Non credere. Ultimamente la ragazza ha tirato fuori le sue armi migliori. – la Cuddy lo guardò meravigliata – Si, ti assicuro che House non rimarrà indifferente a lungo. Il problema è che ai suoi occhi ormai Cameron ha perso una caratteristica importante, la lealtà. Purtroppo ci siamo giocati una carta importante.” – la Cuddy lo guardò ironica – “Parli di lui come se fosse la posta in gioco di una partita a Poker, e di lei come un tris d’assi, non molto wilsoniano questo.” – l’oncologo sorrise – “E’ vero. Comunque pensiamoci ancora un po’. Qualcosa in mente ci verrà.” – “Intanto devo punirlo per quello che ha combinato, mi sono stancata delle sue sparate! Qualche ora di ambulatorio in più non gli farà male.” – “A meno che non lo incateni difficilmente sconterà la sua punizione.” – “Sono pronta a dargli battaglia, userò anche il provvedimento sospensivo per costringerlo.” – “Buona fortuna allora!”, Wilson parlò ironicamente, si alzò e uscì dall’ufficio.

 

Il laboratorio: il luogo in cui Cameron si sentiva realizzata. Per lei osservare le analisi era una continua sfida al suo sguardo e alla sua intelligenza; la caccia a quel valore apparentemente insignificante, a quel numero che rivelava un mondo di patologie invisibili ad occhio nudo. Questa era la vita che Cameron amava: cercare l’ago nel pagliaio, scomporre la realtà fin nella sua quintessenza e scoprirne i segreti.

“Dì la verità, hai tirato ad indovinare?” – la giovane dottoressa non si girò nemmeno – “Se ti fa comodo crederlo…” – un’ombra le si avvicinò lentamente alle spalle – “Non sei mai stata un genio” – “Hai ragione.” – House fece una lunga pausa, poi continuò:“Perché l’hai fatto?” – “Indovinare le diagnosi è il mio lavoro.” – “Non provare a imitarmi. Sai cosa ti ho chiesto e rispondimi.” – l’immunologa distolse finalmente gli occhi dal microscopio per guardarlo. No, non riusciva ad odiarlo, ma poteva ancora sfidarlo, provocarlo:“Una volta non avevi bisogno di darmi ordini” – “Una volta conoscevo una dottoressa, Allison Cameron: una dolce crocerossina piena di principi morali.” – “I miei principi morali sono saldi.” – “E della dolcezza che mi dici?” , House ormai era a pochi centimetri dal suo viso, dal suo corpo nascosto dal quel camice. Lei sospirò: “Dolcezza non vuol dire sottomissione totale.” – “No. Però l’altra Allison Cameron si sarebbe fatta in quattro per spiegarmi il perché del suo tradimento.” – “Non ti sembra troppo ‘tradimento’?!” – “Non prendermi in giro, Cameron. E’ quello il reato di cui ti stai incolpando, tu per prima.” – il tono di House era pacato e sicuro, la sua voce così calda. Le difese di Cameron cominciarono a crollare – “Io…” – “Non riesco a credere che tu abbia usato un trucchetto così stupido per fregarmi.” – “House fammi terminare queste analisi…” – l’immunologa lo stava quasi supplicando, non era pronta per rispondere ad un altro attacco – “Però lo ammetto – continuò House – la ragione principale per cui sento questa rabbia tremenda contro di te è un’altra” Cameron cercò di ignorare l’ultima frase e decise di difendersi; fece un passo indietro e si trovò completamente bloccata contro il bordo del tavolo: “Ero preoccupata per te. Io lo so che il dolore è insopportabile, ma quelle pillole ti distruggeranno!” – “No Cameron, non sai quanto sia insopportabile questo dolore, non lo sai!” – House alzò di nuovo la voce, stava perdendo la calma – “House stai tranquillo… – la voce di Cameron si fece carezzevole, il suo volto si distese assumendo un’espressione dolcissima, voleva farlo calmare e incredibilmente ci riuscì – E’ vero, io non ho mai provato un dolore fisico così forte. Ma ti assicuro che il dolore che hai dentro io lo sento bene. I feel you, House!”

Gregory House spalancò gli occhi. Quella donna riusciva ancora a stupirlo, con la sua dolcezza infinita, con il suo ricevere il male e donare il bene.

Combattiva, fiera, ma anche fragile, pura. Si, pura come un cristallo che non riflette nulla, ma brilla di luce propria: la luce di Cameron poteva accecarlo in quel momento, ma lui come una falena non riusciva ad allontanarsi da lei.

Oh, se lo stava ingannando lo stava facendo bene, troppo bene.

House dimenticò quella rabbia tremenda che provava fin da quella sera: lei lo aveva messo spalle a muro, si era scrollata la sua etichetta di crocerossina in poche parole e lo aveva colpito diritto al cuore “…sento che vorresti disperatamente farlo”. Dimenticò tutto, tranne quel ‘sento’.

Dimenticò tutto, ora aveva lei davanti, i soi occhi e quel ‘I feel you, House’, di cui non avrebbe mai potuto dubitare. ‘Strega! Strega!’ urlava la razionalità sopraffatta di House a quell’immagine, ma a nulla valeva, l’incantesimo ormai era stato fatto.

“Cameron…” fece un altro passo in avanti, lasciò la presa sul bastone e la abbracciò.

Lei non ebbe paura per quel gesto improvviso: per un attimo credette di stare sognando, ma poi sentì tutto il peso del suo corpo che la sovrastava, le sue mani dietro la schiena che la stringevano forte, la sua testa poggiata nell’incavo tra spalla e collo, il suo respiro dietro l’orecchio.

Era un abbraccio disperato, la follia di un uomo oppresso dal dolore che per un attimo trova la pace negli occhi e nell’abbraccio di una donna che lo accoglie con amore, senza mai nulla pretendere.

House si sostenne su di lei, e per un attimo fu lei il bastone, lei l’amore, lei la freschezza, lei l’illusione diabolicamente irrealizzabile di un’altra vita.

Lei il suo farmakon. Ripensò a quella parola greca che vuol dire rimedio e veleno insieme. farmakon

Cameron alzò le braccia per ricambiare, per abbracciarlo a sua volta: House sentì le sue carezze sulla schiena e rabbrividì.

 

Fu proprio quel brivido a ridestarlo. Dentro di lui qualcosa arginò il fiume in piena della sua disperazione, mai espressa così esplicitamente ad un altro essere umano.

No, lui doveva rimanere solo, e soffrire in silenzio. Era il suo destino.

Amaro, si, ma vagamente più accettabile dell’idea di appoggiarsi a qualcun altro il cui sostegno può venire a mancare in ogni momento.

Più della voglia di guarire in House era fortissima la sfiducia nell’uomo, l’assioma dimostrabile dell’ Everybody Lies.

Wilson, Cuddy, i suoi migliori amici: persino a loro House negava un contatto profondo con il suo dolore, perché li riteneva capaci al massimo di acuirlo con le loro discorsi, con i loro gesti inutili per “salvarlo”.

Si staccò da lei senza incontrare resistenza.

E’ vero, di fronte a lui c’era Cameron, la dolce Cameron, capace anche lei di mentire, come tutti, e capace di ingannarlo, come pochi. Cameron da qualche tempo a questa parte sapeva parlargli al cuore, sapeva penetrare in ogni piccolo spiraglio aperto nelle sue difese, e faceva immensi danni.

Ma soprattutto con la storia del Vicodin Cameron era entrata di diritto nella categoria di quelli che fanno i ‘gesti inutili per salvarlo’, esattamente come Wilson e Cuddy, ormai né più né meno. Nemmeno lei riusciva ad essere coerente.

“Devo andare…ambulatorio.”, solo questo disse House, lei si limitò ad annuire tristemente. Cameron gli raccolse il bastone e rialzandosi per un attimo incrociò il suo sguardo. ‘Non posso!’ urlavano quegli occhi. Cameron seppe con certezza che da quel momento lui l’avrebbe allontanata.

Un ‘bip’ interruppe quello sguardo: i risultati erano pronti. Cameron ritirò il foglio dalla stampante: “Avevi ragione, House. Celiachia.”, disse con un sorriso.

House da quel sorriso seppe con certezza che lei non l’avrebbe lasciato andare.

“Bene, iniziate la terapia per i sintomi correlati.”, quindi uscì.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Lavorare con House ***


Capitolo 15 – Lavorare con House

Capitolo 15 – Lavorare con House

 

Chase era esausto: una mattinata di solo ambulatorio, grazie alla “bontà” di House sarebbe stata stancante per chiunque. Spesso l’intensivista pensava al suo rapporto con lui: lavorava con House da quattro anni ormai, eppure dalla sua bocca non aveva mai sentito il benché minimo accenno di un complimento. Chase non si preoccupava più di questo. Un tempo si era arrabbiato, anche infuriato per il trattamento che House gli riservava, ma ormai non gli dava più fastidio, anzi, certe volte era persino divertente vederlo pensare chissà a quale diagnosi, per poi sentire una delle sue solite battutine sui canguri e sugli inglesi. Chase scosse la testa a questo pensiero: House era sempre il solito bastardo, però, nonostante tutto, lui gli voleva bene. House era l’unico che gli ricordasse in qualche modo suo padre, con la sua distanza, la sua ironia, quello sguardo spesso assente. Nei suoi confronti Chase si sentiva sempre come un figlio alle prese con i compiti a casa.

Non si sarebbe mai aspettato un gesto di affetto da lui, e del resto il giovane non lo avrebbe desiderato per tutto l’oro del mondo. Gli bastava averlo come punto di riferimento, come un medico geniale, come una persona da cui si poteva solo imparare, anche dai suoi errori.

Un sorrisetto lo sfiorò pensando a Cameron che perdeva la testa per lui: spesso era stato tentato di risolvere l’enigma di House. Ma davvero quel rimbambito – non c’erano altre definizioni di House in questo caso – non provava nulla per la dolce, testarda Cameron. Oh, se solo l’avesse toccata come aveva potuto lui, quella sera allucinante, Chase era sicuro che House non l’avrebbe più lasciata. Il profumo di Cameron…se lo ricordava ancora: una fraganza lieve che rimandava vagamente al profumo di una pesca.

Ormai l’intensivista era entrato in ascensore, affollato come non mai, e decise di scacciare prepotentemente il pensiero di Cameron dalla mente. Si, c’era stata quella notte ma...

Possederla era stato appagante fisicamente, eppure appena aveva solo pensato di mettere in gioco dei sentimenti aveva sentito innalzarsi prepotente una barriera tra loro due. Cameron non era sua e non lo sarebbe mai stata, il messaggio era stato fin troppo chiaro.

E pensare che quello stupido di House probabilmente la credeva una bambina alla sua prima cotta. Nemmeno lui riusciva a capire quanto a Cameron risultasse difficile aprirsi a nuovi sentimenti dopo la morte di suo marito. Le difese che aveva innalzato erano forti, eppure erano crollate lentamente davanti al fascino che quell’uomo esercitava su di lei, fino a spingerla ad aprirsi, a mettersi completamente in gioco per lui. No, questo House non lo capiva. Tutto preso dal suo dolore non aveva capito quanto fosse stato faticoso per Cameron esporsi così tanto per un amore che lei stessa vedeva quasi impossibile. Chase sorrise: era proprio per questo che Cameron le piaceva, il fatto che adorava le missioni impossibili, e chissà che un giorno quella sua costanza non l’avrebbe premiata. Il giovane medico lo sperava con tutto il cuore.

“Ah, parli del diavolo e spuntano le corna.” – disse ad alta voce incrociando proprio l’immunologa – “Ehi! – sorrise lei – A proposito Chase, iniziamo la cura per i sintomi correlati alla celiachia.” – “Diavolo Cam, stai diventando proprio brava! Sei sicura che House non ti passi le risposte?” – la guardò malizioso – “Beh, se glielo chiedi potrebbe passarle anche a te…” – ricambiò lei, prima di riavviarsi verso la sala del paziente – “Allison, aspetta. – lei lo guardò incuriosita – Ti volevo dire che…Ti voglio bene – lo sguardo dell’immunologa tradì un attimo di panico, ma Chase si mise a ridere – Ma da amico, sciocchina!”, lei si rilassò evidentemente: “Anch’io Robert. E…non farmi più questi scherzacci!” – “Lungi da me distrarti dai tuoi propositi di conquista…” le disse Chase con tono canzonatorio, seguito subito da un occhiolino. Cameron sorrise, quindi se ne andò.

“Ciao Chase.” – una donna con i capelli castani lo salutò familiarmente – “Ciao Sorrentino, sei già di ritorno?” – “Si, ho riposato un pò e ora sono pronta a lavorare. Novità?” – “        Nulla che House non abbia già risolto.” – “Ah, bene. Che ne dici di prenderci un caffè?” – “Ma si, andiamo. Mando un messaggio a Foreman e sono da te.” – “Va bene, ci vediamo giù.”

Elly si avviò allegramente verso i distributori: si trovava molto bene al Princeton, in quel mese in Italia un po’ gli era mancata l’atmosfera del suo posto di lavoro. Si diede mentalmente della pazza: come poteva mancargli un ambiente simile, dove non c’era un minimo equilibrio tra la tensione spasmodica delle diagnosi all’ultimo minuto e la noia più totale?! Già, non sarebbe mancato a nessuno, specie ad un’italiana abituata al calore e all’affetto del lavoro a due passi da casa. Eppure qualcosa la spingeva ad andare avanti, a tornare in quell’ospedale di pazzi scatenati, in primis lui, il dottor House. Ammetteva che dall’alto dei suoi 34 anni aveva fatto un pensierino sul suo capo all’inizio, ma poi aveva percepito che Cameron provava qualcosa di molto forte per lui e aveva smesso di pensarci, non era il tipo da mettersi di mezzo.

All’inizio tornare in quell’ospedale dove sua figlia aveva lasciato la sua madre naturale era stato difficile, ma doveroso. Capiva quanto doveva essere stato doloroso per la Cuddy lasciare a lei sua figlia ancora neonata; era una donna con mille responsabilità, una carriera all’apice del successo. La sua scelta era discutibile ma indubbiamente difficile da prendere, e Elly aveva ammirato il suo coraggio sopra ogni cosa. “Ehi, eccomi!” – “Ah, bene.”, Elly sorrise a Chase che gli offriva il caffè. “Sai, ho saputo che House e Cameron hanno litigato furiosamente prima.” – “Davvero?! E perché?” – “Cameron ha provato a togliergli il Vicodin.” – Chase lo disse con sufficienza – “Cameron non è il tipo.” – “Eppure lo ha fatto. L’avrà convinta la Cuddy!” – “Ma hanno fatto pace?” – “Non lo so, ma Cameron non si è scoraggiata. Gli ha risposto a tono, e del resto House più che arrabbiato mi sembrava stizzito. In effetti la Cameron che conoscevamo un tempo non era così…” – Chase, appoggiato stancamente al distributore teneva gli occhi bassi, poi li riportò sulla donna che gli stava di fronte: ‘Bella donna!’ gli venne da pensare istintivamente.

 

Foreman intanto stava controllando i valori del paziente. “Tutto regolare signor Keaton. Non è stato difficile capire cosa avesse, forse lei si è preoccupato un po’ troppo..” – “In effetti – rispose l’uomo – ho avuto paura e ho deciso di rivolgemi subito al dottor House, ne avevo sentito già parlare.” – “Il dottor House è un professionista in gamba, anche se i suoi metodi non sono condivisibili.” – “Ho sentito parlare anche di lei, dottor Foreman…Sa, io nell’ambiente un po’ ci vivo, sono farmacista.” – “Ah, di me?!” – “Si, lei è neurologo vero? Dicono che sia il pupillo del dottor House. – Foreman dubitava un po’ delle parole di quel ruffiano, infatti lui continuò – Senta, che ne dice se quando mi rimetto mi viene a fare visita nella mia industria?” – “Non era farmacista lei?” – “Si, lavoro per la “Usa bayer”. Stiamo sperimentando nuovi medicinali praticamente miracolosi…Anzi se mi prende la borsa lì sopra ci sono tutti i documenti, magari ci trova qualcosa anche per lei, dottor Foreman” – “Purtroppo sono molto impegnato. Chieda al dottor House”, Foreman lo liquidò seccamente. Aveva ragione House, con i pazienti meglio averci pochissimo a che fare!

Se ne andò innervosito, con il sospetto che quel cretino si fosse fatto ricoverare appositamente. Aveva colto il tipico sguardo dell’uomo d’affari, altro che farmacista, che lavora anche se sta in punto di morte. Che disgusto quell’uomo, corrompere un medico, anzi cercare di corrompere lui per arrivare ad House. Pessima scelta. La prossima volta ci avrebbe mandato House, così l’avrebbe sistemato per bene.

“Oh, eccoti. Ti stavo cercando House…”, il diagnosta stava per entrare in ascensore, ma rimase fuori. Non aveva un’aria molto tranquilla: “Cosa vuoi Foreman.” – la sua voce era priva di qualsiasi inflessione, neutra – “Vuoi sapere una cosa? Quello lavora in una casa farmaceutica, è impossibile che non sapesse cosa aveva!” – House lo guardò incuriosito – “Non vedo il nesso logico tra casa farmaceutica e conoscenza della malattia, se lo vuoi sapere quelli sono persino più ignoranti di te!” – “L’ha fatto apposta!” – “Come fai a dirlo?” – “Quando gli ho detto che era celiaco non ha fatto una piega, e subito dopo mi ha proposto di andare a vedere un nuovo farmaco che stanno sperimentando.” – House distolse lo sguardo da Foreman, parlando più a se stesso che all’assistente – “Tutti mentono…Ok Foreman, visto che ha fatto arrabbiare persino te e visto che oggi mi sento particolarmente cattivo…che ne dici di giocargli un brutto scherzo?” – lo sguardo del diagnosta, ora rivolto al neurologo, era veramente diabolico, quello che gli stava proponendo era completamente insensato, però…per una volta Foreman era d’accordo – “Non andiamoci pesante.” – “Naah! Solo una piccolissima bugia, a te l’onore. A proposito, non dirlo a Cameron, ci farebbe mille storie – lo sguardo di House tradì una certa preoccupazione, Foreman lo notò ma non ebbe il tempo di dire nulla – Ora scusami ma devo andare”

House entrò nell’ascensore, che si richiuse alle sue spalle. Foreman decise di informare Chase della piccola bugia, lui sarebbe stato un complice perfetto, inoltre con quell’uomo non voleva più avere a che fare.

 

Qualche ora dopo tutti gli assistenti si ritrovarono nella sala riunioni per fare il punto della situazione prima di tornare a casa. House li ignorava nel suo studio, con le cuffie nelle orecchie e gli occhi chiusi.

“Allora Foreman, tutto bene con la cura?” – “Ehm… certo Cameron, però aspetterei un altro paio di giorni prima di mandarlo via.” – “Ma come? Potevamo mandarlo via anche stasera” – “Si, ma – intervenne Chase – è sorta una complicazione, cose da nulla però non ti preoccupare…” – “Passerò dopo a visitarlo.” – “No no! – i due dottori si affannarono a distoglierla dai suoi propositi – Gli abbiamo dato un po’ di sedativo così dormirà tranquillo, dice che sente...” – Foreman guardò Chase in cerca di aiuto – “Si sta bene, solo che ha degli incubi notturni e per precauzione meglio tenerlo tranquillo.” – Cameron li guardò sospettosa, ma decise di lasciar perdere, si accomodò al tavolo – “Voi andate? Io resto qui, ho ancora delle cartelle da completare.” – “Ok, a domani. Ciao a tutti.” – “Vado anche io Allison” – “Ok, ciao Elly.” – “Ciao.” Foreman, Chase e Sorrentino si incamminarono verso le scale. Come al solito si sentivano spossati, quasi distrutti, ma i sorrisetti che i due dottori avevano stampati in faccia mostravano che in fondo oggi c’era stato di che divertirsi.

“Ti immagini? Quale altro medico ci avrebbe permesso di fare quello scherzetto?” – “Proprio nessuno – ammise Chase – E diciamolo per una volta: sarà anche un bastardo, però qualche volta è un bastardo divertente!” – “Di cosa state parlando?” – chiese incuriosita la Sorrentino – “Ah no, di nulla…Pensavamo solo che in fondo lavorare con House è un’esperienza piacevole.”, quindi entrambi scoppiarono in una risata, lasciando interdetta l’italiana.

Cameron rimase sola nella stanza, alle prese con quelle infinite cartelle. Attraverso la porta a vetri si accorse che House si era addormentato. Cameron si alzò e gli andò vicino: si, dormiva profondamente.

L’immunologa lo guardò a lungo, poi spiò il suo I-pod per capire cosa stesse ascoltando. C’era una canzone che lei conosceva, impostata su “ripeti”, evidentemente la stava ascoltando più volte e da parecchio tempo.

Cercando di non svegliarlo gli tolse una cuffia da un orecchio e la ascoltò anche lei, sedendosi su una sedia lì accanto.

 

I wanna heal, I wanna feel what I thought was never real
I wanna let go of the pain I’ve felt so long
(Erase all the pain till it’s gone)
I wanna heal, I wanna feel like I’m close to something real
I wanna find something I’ve wanted all along
Somewhere I belong

 

Non si accorse che House era semisveglio e la guardava smarrito con gli occhi socchiusi. Vide i suoi occhi riempirsi di lacrime. La vide piangere silenziosamente con in mano la piccola fotografia di un uomo, suo marito.

House si sentì morire.

 

…And the fault is my own, and the fault is my own

 

House non si mosse, non voleva darle a vedere che ormai si era svegliato.

Chiuse gli occhi totalmente, non riusciva a vederla piangere.

E non poteva aiutarla in nessun modo.

 

I will never know myself until I do this on my own
And I will never feel anything else until my wounds are healed
I will never be anything till I break away from me
I will break away, I'll find myself today

 

Desiderò l’oblio, desiderò che lei capisse.

Si riaddormentò.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Drogato? ***


Riassunto delle puntate precedenti, visto che è quasi un anno che non aggiorno e vi risparmio la rilettura di tutto :-D

 

Riassunto delle puntate precedenti, visto che è quasi un anno che non aggiorno e vi risparmio la rilettura di tutto :-D

-         House e Cameron sono molto vicini, dopo molti tentativi di avvicinamento (un bagno fuori programma in un laghetto, un incidente che è costato ad House la frattura della gamba malata, un abbraccio disperato) sembra che sia inevitabile l’allontanamento definitivo

-         Una nuova dottoressa, Elly Sorrentino, ha portato scompiglio nella vita della Cuddy: Elly è colei che si è presa cura di sua figlia, avuta all’insaputa di tutti.

-         House è stranamente emotivo, ha reazioni esagerate, incubi, il dolore alla gamba, a causa della recente frattura è diventato ancora più insopportabile.

 

Capitolo 16 – Drogato?

 

House era steso sul suo letto, sospeso tra insonnia, stanchezza e il dolore acuto della sua gamba. “L’avessi amputata, almeno non avrei sofferto così!” era raro scorgere questi pensieri in un uomo tanto orgoglioso da diventare spesso stupido. “Solo una frattura ci voleva, tanto per rendere l’effetto del vicodin uguale a quello di semplici caramelle per la tosse!”. Un occhiata alla finestra gli confermò che il tempo era pessimo, come il suo umore. “La mia gamba mi sarà grata di quello che sto per fare”

Si alzò e cominciò ad armeggiare con delle siringhe.

 

“Foreman, nel mio ufficio” – “Neanche il tempo di un caffè?” – “No, ho assunto due diversi casi, dobbiamo darci da fare” – “Sei impazzito?! Non abbiamo già abbastanza lavoro?” i due medici camminavano fianco a fianco per i corridoi dell’ospedale finchè giunsero a destinazione “Cameron, Chase? Queste sono le cartelle dei nuovi pazienti, forza, cominciate a sparare le vostre solite cazzate!” I tre giovani assistenti si guardarono increduli. “Sorrentino dov’è?” – “Eccomi” – “Bene, non ti ho assunta per fare da babysitter a quel piccolo impiastro. Possibilmente dovremo risolvere questi casi entro – guardò il calendario – domani pomeriggio, ci sono altri pazienti che hanno chiesto il nostro intervento” – “Ehi, non siamo mica superman!” – Chase non potè fare a meno di sbottare – “E tu di certo non sei Lois Lane! Forza, a lavoro!”. Quella giornata sarebbe stata spossante.

 

“Non capisco perché la Cuddy ci abbia rifilato così tanti casi in così poco tempo!”, Foreman era molto scocciato, mentre Cameron era abbastanza serena “Non è colpa sua, non possiamo mica pretendere che ci sia una persona che si sente male alla settimana!” – “Certo, ma di solito House rifiuta i casi meno interessanti…oggi abbiamo persino trovato un paziente che ha veramente il Lupus!”, il sorrisetto uscì spontaneo ai tre assistenti. Elly ormai li seguiva solo a lavoro, i suoi rari momenti di relax li spendeva da sola.

Cameron si allontanò dal gruppetto per parlare con un’infermiera. I due medici cominciarono a parlottare a bassa voce. “Foreman, hai notato anche tu le pupille…” – “Si, e gli sbalzi di umore.” – “Tu pensi che House…” – “Si, secondo me è passato alla roba forte. Tutto ciò è pericoloso, dovremmo parlarne con la Cuddy” – “Sento puzza di guai. Non so se è una buona idea” – “E che fare? Parlarne con lui? Sai che reazione avrebbe, come minimo ci impedirebbe fisicamente di parlare con qualcuno di questa faccenda” – “Andiamo allora, presto”

 

[due ore dopo]

La Cuddy entrò furiosa nella sala del team, dove in quel momento erano presenti sono House e Cameron: “House, ho bisogno di un controllo…”, senza dargli il tempo di reagire gli scoprì la manica, rivelando un cerotto applicato all’interno del gomito. “Come me lo spieghi questo?” – “Questo cosa?” – “Questo cerotto…House tu ti stai drogando!”, Cameron strabuzzò gli occhi e guardò shoccata il suo capo. “Ma cosa stai dicendo?! Ti pare che io abbia bisogno di drogarmi? Ho già il mio vicodin, molto più comodo, senza quelle fastidiose punturine…” – “House, piantala! – la Cuddy era sconvolta e furiosa – Te lo giuro sul mio onore, sulla mia professione, sulla mia vita, che se ti stai drogando ti farò radiare dall’albo dei medici, perderò anche il posto ma tu non entrerai mai più in un ospedale!!!” House rimase per un attimo interdetto. “Cuddy io ti devo dire una cosa…” – “Faresti bene a dirmela presto!” – “Mmm” – “Tolgo il disturbo, se è questo che vuoi – Cameron si era alzata ed era sulla soglia della sala – Cuddy ti auguro buona fortuna, come vedi abbiamo perso totalmente.” gli occhi di Cameron tradivano una rabbia feroce. Senza attendere una risposta uscì nel corridoio.

“Cuddy, non hai alcun elemento per accusarmi di essere un drogato!” – “Ah si? E gli sbalzi d’umore? Gli incubi?” – “Va bene mi hai scoperto, sono una donna e ho le mestruazioni” – “Piantala di fare lo stupido!” – “Cuddy io sono malato, non sono drogato” – “Bello, inventane un’altra! L’hai già usato questo trucchetto, non ci casca più nessuno!” – “Cuddy io ho un cancro. – “Finiscila” – “Ho un cancro alla gamba! Cazzo, vuoi vedere le analisi?! Per una volta Cuddy, non sto mentendo! Wilson sa tutto, mi opererà lui tra due settimane!” – la direttrice sanitaria ammutolì per un attimo: “No, no, no, tu ti sei messo d’accordo con lui per farmi un orribile scherzo, non c’è altra spiegazione…” – “L’unica spiegazione Cuddy – House parlava fra i denti, come di una grande sconfitta che aveva dovuto accettare – E’ che le analisi che ho fatto per la frattura hanno rivelato un tumore muscolare – prese una cartella e gliela porse – Evidentemente le tossine liberatesi con il trombo con il tempo hanno fatto un bel danno…” – “Non ci posso credere, perché non mi avete detto niente?!” – “Stupida idea di Wilson, dice che ti saresti preoccupata inutilmente, che è tutto sotto controllo bla bla bla” – “Tutto sotto controllo?! Hai fatto altre analisi per vedere se ci sono metastasi?” – “Per fortuna non ce ne sono. – “Allora davvero non c’è di che preoccuparsi?” – “Tranne per il fatto che la gamba diventerà del tutto inutilizzabile, che ormai diventerà soltanto un peso morto e che probabilmente per evitare altri danni dovrò amputarla…si, non c’è di che preoccuparsi”. “Noo”, la Cuddy pronunciò quella sillaba con la più grande disperazione che avesse mai provato. Alzò gli occhi dalle analisi che confermavano quello che aveva appena detto il suo miglior medico, occhi pieni di lacrime per il suo migliore amico. House sospirò e girò lo sguardo verso la finestra: “Sapevo che avresti reagito così, per questo volevo evitare di fartelo sapere presto. – “I tuoi assistenti ovviamente non sanno nulla” – “E non sapranno nulla. Pensa alla tua reazione, moltiplicala esponenzialmente per Cameron e capirai perché preferisco che mi credano un drogato. – “E metterci di fronte al fatto compiuto? Non era lo stesso?” – “Probabilmente avrei chiesto il trasferimento altrove, prima di vedere le vostre adorabili guanciotte rigate di lacrime…a proposito, ti vedo ingrassata. Piacevole fare la madre part-time vero?” – “Stupido”.

La Cuddy uscì: non riusciva a trattenere le lacrime. Si fiondò nel suo studio e ci rimase dentro senza vedere nessuno per tutto il resto della giornata.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Alone ***


Riassunto delle puntate precedenti, visto che è quasi un anno che non aggiorno e vi risparmio la rilettura di tutto :-D

Ciao ragazze, grazie per le recensioni, stavolta l’aggiornamento è repentino ( mi sento in vena di fanfiction in questo periodo :-D)

 

 

 

Capitolo 17 – Alone

 

House l’aveva previsto, ormai conosceva bene i suoi polli, anzi, i suoi paperotti.

Se Elly Sorrentino poteva risparmiarsi di dare conto a lui, loro non avrebbero di sicuro rinunciato alla predica finale.

Li accolse sarcastico come al solito uno ad uno, con la lettera di dimissioni tra le mani: “Foreman, cioccolatino mio! Sei venuto a portare un dolcetto per papà?” – “House, non mi piace lasciare le cose a metà, però stavolta, per il bene della mia carriera devo farlo. Mi dispiace, la Cuddy ci ha detto che lei non può fare niente, che se vogliamo scriverà immediatamente le nostre referenze per i migliori ospedali.”

“Stai scappando Chase? Pensavo aspettassi le mie pressanti richieste di pagarmi la roba, tu intendi, no?” – “Non ho paura di questo. Ho paura di vederti sull’orlo del collasso e di crollare anch’io. Spero che tu ce la faccia” 

“Mi dai già per spacciato? Non vuoi tenermi la mano sul letto di morte?” il silenzio di Cameron gli fece provare una strana fitta.

Quegli occhi erano spenti, arresi, di fronte alla testardaggine di quell’uomo che, credeva, aveva finito per toccare il fondo come non mai. “Io non faccio la crocerossina di chi vuole morire” – “Ma io non voglio morire, voglio solo divertirmi un po’. L’hai fatto anche tu, no?” – “Divertiti in solitudine allora, dannato bastardo!” – “Cameron?” – non l’aveva mai sentita così dura, tentò la carta dell’ironia, ovviamente sbagliata – “Cosa vuoi ancora?” – “Che ne dici di una notte di sesso sfrenato?” – “Va al diavolo!” – “Non capisco perché tu sia così dura, può capitare a chiunque di entrare nel tunnel della droga”. Ancora una volta l’immunologa si fermò, quindi si girò improvvisamente verso di lui come una furia: “Quello che devi capire House, è che a me non dispiace per te, sei sempre stato un caso perso, si, d’accordo, ti ho amato, lo ammetto, ho amato una persona inesistente, hai vinto! Ma la cosa che più mi fa rabbia è che tu me l’hai fatta sotto il naso! Non mi sono accorta di nulla, tu mi hai mentito spudoratamente per 5 mesi, mi hai umiliata davanti all’intero ospedale perché ti avevo tolto due pillolette di Vicodin mentre tu già ti drogavi con roba pesante e del Vicodin di facevi un baffo! Ti rendi conto di che merda d’uomo sei!!!” House era allibito, non si sarebbe mai aspettato uno sfogo di questo genere. Per un attimo fu tentato di dirle la verità, solo per il gusto di vederla impallidire e chiedere scusa. Pensò subito, però, che era mille volte meglio vedere la gente furiosa che in lacrime, soprattutto per lui che di lacrime aveva meno bisogno. Stacy sapeva bene che l’ultima cosa che doveva fare era piangere davanti a lui.

Cameron ne doveva stare fuori.

L’immunologa non aggiunse altro: ancora rossa in viso, prese le sue cose e andò via senza salutarlo.

House rimase immobile, con entrambe le gambe poggiate sul tavolino del suo studio.

“Certo che non vi ho insegnato proprio niente…” pensò ad alta voce. Sarebbe bastato controllare la lista degli interventi previsti per la settimana dopo: forse qualcuno si sarebbe accorto della presenza di un certo “House G. – Oncologia”. Sarebbe bastato frugare nelle sue cose per trovare le analisi che lui non si era nemmeno sforzato di nascondere. Oppure controllare nell’immondizia, e scoprire che non c’era droga nelle siringhe, quelle preparatorie all’intervento. Sarebbe persino stato sufficiente origliarlo mentre al telefono dava la notizia a sua madre, certo, attenuata quanto basta per non rendere necessario un suo arrivo a Princeton “Si, mamma, un piccolo intervento al muscolo, niente di grave, se ne occuperà Wilson per sicurezza”. Cazzo, un cancro!

Si sentiva quasi deluso dai suoi paperotti: mai possibile che non avessero fatto nulla del genere?! L’avevano condannato sulla base di una semplice supposizione, confermata da una Cuddy inverosimile con le lacrime agli occhi?!

“Se ne sono andati?” – “Uno ad uno, finalmente!” – “Hai bisogno di compagnia?” – “Preferirei una biondona avvenente al posto tuo, mio caro Wilson” – “Avresti potuto dirglielo” – “Tu e la Cuddy siete teste dure. Preferisco evitare gli stessi piagnistei della volta scorsa. – “Ti riferisci a Cameron?” – “Proprio lei! Già me la immagino seduta al mio capezzale che mi implora di amputare la gamba per salvarmi la vita! – abbassò la voce imitando quella di Cameron – Ti prego House salvati per me, non posso perdere un altro uomo della mia vita” – “Lo fai per lei allora?” – “Non esageriamo”. Silenzio.

“House vado a casa, perché non vieni con me?” – “Rimango qui. – “Come vuoi.”

Wilson si avviò verso la porta, poi mormorò rassegnato “Perché vuoi rimanere solo House? Ci stai cacciando tutti”. Il diagnosta fece finta di non sentire e l’oncologo non potè fare altro che andarsene.

Per la prima volta da tanti anni House fu preso dall’angoscia: era di fronte ad una strada senza uscita. La solitudine, paradossalmente, era la cosa che lo faceva stare meglio. Lavorare in gruppo non gli era mai piaciuto: l’unico motivo per cui aveva accettato di avere degli assistenti era perché ormai aveva capito di non essere infallibile. Il suo primo errore in carriera gli era costato una gamba.

Per il secondo avrebbe potuto dare la colpa agli altri!

Guardò le tre lettere sul tavolino, messe ordinatamente una in fila all’altra.

“Vediamo un po’ se indovino di chi sono”, prese a mischiarle vorticosamente l’un con l’altra in solitario giochino per passare il tempo. Le rimise in fila e ne prese una: “Mmm, questa è di Chase.” sbagliato, era quella di Cameron.

House rimase a lungo con la lettera poggiata sulle labbra e lo sguardo fattosi impenetrabile.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** The end ***


Riassunto delle puntate precedenti, visto che è quasi un anno che non aggiorno e vi risparmio la rilettura di tutto :-D

The end

 

Due corpi nudi giacciono esausti dopo una notte insonne.

I capelli di lei sfiorano delicatamente la spalla di lui, che ha il viso rivolto verso il soffitto e l’espressione pensierosa.

“E’ oggi.” l’affermazione di Cameron rompe il silenzio, lui la guarda quasi con rimprovero, perché con quelle due semplici parole lo ha riportato bruscamente all’Oggi.

Il suo viso si solleva un attimo per scorgere i suoi occhi, nascosti sotto la frangetta. Si aspetta di vedere il viso contratto nello sforzo di non piangere, ma non trova che un sorrisetto malizioso. Ha capito tutto. Anche House sorride, finalmente. I suoi occhi blu tornano a guardare il soffitto.

La gamba stranamente non gli fa male

La mano di Cameron si insinua nella sua per una rapida stretta canzonatoria.

Lui resta immobile. Si limita a rispondere con un ghigno che la fa ridere.

“Hai intenzione di restare qui tutto il tempo?” – “Finché non mi caccerai.” – “Ci avrei scommesso, beh allora…”, House si interrompe, Cameron si sta alzando.

“E dove andresti tu?” – “………” – “Come?” – “Ho detto, alzati!” – “Non sento Cameron!” – “Svegliatiiiii!”.

House si sente soffocare, la stanza è sprofondata nell’acqua.

Un forte colpo di tosse lo risveglia. I bip dei macchinari gli confermano che si è risvegliato dal coma farmacologico. Wilson e Cuddy lo guardano preoccupati, gli studiano le pupille e la pressione sanguigna.

“Mi sento stanco” è quello che solo le sue palpebre possono comunicare per adesso: si riaddormenta placidamente.

 

Riapre lentamente gli occhi. A malapena riesce a distinguere dei capelli biondi accanto a lui “Gli angeli non esistono”, la sua mente produce questo pensiero meccanicamente. Nella mano destra percepisce qualcosa: chi gliela sta stringendo?! Forse la Cuddy.

Lentamente il suo il suo cervello comincia a funzionare. La Cuddy non è bionda, la gamba mi fa un male cane, Wilson…

Ancora stordito sente una pressione lieve sulla guancia. “Non ce la faccio, sono stanco.” Sembra che con quel sonno debba recuperare tutte le notti insonni nella sua vita.

 

Delle voci discutono animatamente: una è la Cuddy, l’altro è Wilson. “Cosa diavolo…”, sente la parola “staminali”. Un’altra parola “House”, parlano di lui. Apre gli occhi, ma loro non se ne accorgono. Ha capito: Wilson ha approfittato del suo coma farmacologico per applicare quella tecnica sperimentale di cui gli aveva parlato: cellule staminali per fargli ricrescere il muscolo. La Cuddy è furiosa, Wilson ha agito contro la sua volontà, ma lui ribatte che House l’avrebbe fatto per qualcun altro, eccome. Entra una dottoressa bionda, ma chi diavolo è?!

“La volete finire di discutere, non vedete che si è svegliato!” accidenti, la bionda è Cameron. Gli viene da sorridere, infatti i muscoli facciali si contraggono attraverso la mascherina dell’ossigeno e destano l’attenzione dei presenti. La Cuddy è immediatamente al suo capezzale, Wilson controlla i valori, mentre Cameron rimane lontana.

House ha un giramento, la vede sempre più lontana, vorrebbe alzarsi ma nessuna parte del suo corpo risponde.

La Cuddy vede chiaramente uno sguardo di terrore nel suo miglior medico che in quel momento appare come un paziente come tutti gli altri.

“Non riesco a muovermi! Sono paralizzato!” vorrebbe urlare lui, ma la mano calda della Cuddy sulla sua testimonia alla sua razionalità annebbiata che i suoi sensi funzionano ancora. Rasserenato sta per riaddormentarsi, quando intravede vicino Cameron una figura familiare: la sta abbracciando, le dà un bacio…Chase!

“Al diavolo…” è il pensiero mentre chiude gli occhi.

 

Sono passati alcuni giorni, House si è ripreso ma Wilson lo costringe ancora a letto, letteralmente legato, per evitare il pericolo che vada scorazzando per l’ospedale con la gamba plurioperata. Quel letto è diventato il pulpito dal quale House continua ad infastidire pazienti e medici dell’ospedale. Ogni tanto tornano in mente quelle immagini di Cameron, ormai è convinto che sia stato solo un sogno, un’allucinazione.

Un giorno però la vede: incredibile, è davvero bionda!

Sta parlando con Wilson, si sta certamente informando sulle sue condizioni. “Non si salutano più i vecchi capi bastardi e operati?”, urla, stranamente rinvigorito, per chiamarla a sé.

Un sorriso e lei in un attimo è al suo capezzale: nel suo sguardo la dolcezza di un tempo. “Sei incinta.” – a stento l’ha guardata, eppure l’ha capito subito, House, che quelle forme addolcite non sono frutto di un prolungato strappo alla dieta. Cameron lo guarda prima sorpresa, poi annuisce. Non è triste, tutt’altro.

Sembra serena, incredibile. “Di Chase.”, continua House e lei di nuovo annuisce.

“Beh, certo non può essere lo spirito santo…”, tenta la carta dell’ironia per scacciare l’imbarazzo che soltanto lui prova.  – “…o ti sei rivolta alla banca del seme?”, gli fa persino un occhiolino, dio che falsità.

Lei non si accorge, o perlomeno fa finta di non accorgersi dell’amarezza che si avverte sottile dalle sue parole. “Beh, sai. Ci siamo messi insieme qualche mese fa.” – “Lo shock del capo che si droga deve essere stato davvero forte!” – “Tu ce l’hai lasciato credere.” – molto rimprovero in quella voce – “Visti i risultati…dovrei farlo credere anche alla Cuddy, magari riesce ad avere questo bambino. Ribollirà di invidia, lei tenta da dieci anni e tu al primo colpo BAM! pargolo in arrivo!”.

Cameron lo guarda…oddio è compassione quella? “Che hai da guardarmi così?!” – “Nulla, mi fa piacere sentirti di nuovo sparare le tue solite stronzate.”, e ride di gusto, sta ridendo, cazzo, sta ridendo! House ammutolisce per un attimo

“Mi fa piacere sentirla ridere così. Ma da quanto tempo non rideva così?!” un’immagine nella mente: zucchero filato, i Monster Trucks. Gli verrebbe da sorridere, se solo in quel momento non ci fosse niente da ridere.

“House, scusa, devo andare…” – “Fammi un piacere. Dì a Chase che anche se il suo unico spermatozoo vagante ha centrato il bersaglio…resta sempre un incapace.”, nessun tono di scherno nella voce del capo. Ma Cameron, ancora una volta, fa finta di niente. “Per un po’ starò via, ero venuta ad informarmi sulla tua gamba…” – “Sta bene, grazie.”. Acido.

Ok, allora…ciao. In bocca al lupo”. House già guarda altrove e per un attimo Cameron perde l’allegria ostentata fino a quel momento. Ma l’esitazione è breve, e Cameron esce dalla stanza.

House sente di aver perso qualcosa. Adesso lei è veramente irraggiungibile. Se ne sta andando incontro all’australiano.

Cameron”, una parola, un richiamo che gli muore in gola. Finché si divertiva con i “potevo averla e potrei ancora”, con i “ti amo” per fargli spalancare la bocca, con tutte le storie… le infinite storie. Ora capisce il vero senso di quel “potevo averla..e non più”. Ho solo perso il mio giocattolo, ne troverò un altro, inutile farsi tanti problemi. Sarà l’infermità prolungata che gli ha annebbiato la mente ma si sente più fragile. Non gli è mai importato nulla di nulla di lei. Se lo ripete in continuazione per convincersene, e più dialoga muto con se stesso più pensa che si sta raccontando un mucchio di balle.

Non si accorge che un paio di occhi verdi impertinenti lo osservano ben nascosti mentre lui ha lo sguardo perso nel vuoto.

Entra Wilson, tra l’assoluta indifferenza di House: con fare rassegnato gli toglie le manette con cui ha incatenato il suo paziente per evitargli di fare follie. Solo quando sente le mani libere House si rende conto che Wilson è lì e lo guarda stralunato:

“Dov’eri, House?”, lo prende in giro l’amico – “Meditavo a chi dare per primo un bel pugno dopo un mese senza poterlo fare…” – “Vorresti dare un pugno a me? Ma se grazie a me forse avrai una gamba totalmente nuova!” – “Si? Peccato che il forse costituisca il 90% delle possibilità.” – “Hai sentito di Cameron?” – “Non cambiare discorso per pararti il sedere!” – “Si sposano la settimana prossima.” – “E allora! Che ci posso fare io?!” – “E chi ti ha detto di fare qualcosa. A meno che tu non voglia…” – “Hai finito? Non mi importa nulla di quella scriteriata, si fa mettere incinta dal primo che passa!” – “Chase non è mica il primo che passa! Stai parlando come mia nonna, diavolo House!” – “Tua nonna infatti è molto più intelligente di te. Simpatica vecchietta…” – “Comunque ci ha invitati al matrimonio, se vuoi ti accompagno io.” – “Si e magari ti aspetti che urlerò ‘Cameron non sposarloooo io ti amoooo’” – “Ho capito, ti brucia troppo e non vuoi venire.” – “Bruciarmi?! Ma cosa vuoi che me ne importi di quella sciacquetta credulona?!” – “House non ti consiglio di parlare così” – “E perché mai? Glielo avrei detto anche in faccia se fosse stata qui un minuto di più” – “E’ dovuta andar via di corsa.” – “Dimmi la verità, l’hai messa tu incinta! Non riesco ancora a credere che quell’australiano sia riuscito a riprodursi…” – “Ohhhh. Ma chi me l’ha fatto fare di venire qui. Comunque…” – “Ecco la solita predica di Wilson, udite udite! Ti prego, risparmiaci la tua saggezza, o mio fedele consigliere!” – “Come vuoi…” – Wilson varca la porta ma la sentenza raggiunge ugualmente le orecchie infastidite di House – “Tu ci tieni molto di più di quello che credi!” – “Si, la amo d’accordo! – House agita le mani finalmente libere con fare teatrale e altrettanto teatralmente grida – Io amo Allison Cameronohhh misero come ho fatto a non accorgermene prima, me sciagurato. Quella dolce creatura adesso aspetta il figlio del sole e non sarà mai più mia. Oh me sciagurato” – la voce si abbassa progressivamente, e House si lascia andare stancamente sul lettino.

Ohh, si, miei cari. Ebbene io la amo…”, poco convinto lascia andare le ultime parole, prima di chiudere gli occhi.

“Hai finito di urlare?” – “Cosa vuoi ancora qui? – House continua a tenere gli occhi chiusi nonostante la presenza di Cameron – Guarda che scherzavo…” – “Anche io a dire la verità. Non mi sposo e non c’è nessun bambino con Chase.” – “Ah.”

Non devo ridere, non devo ridere, non devo mostrarmi contento.

 “Complimenti, Wilson ovviamente era tuo complice…Certo ne avete da imparare, voi avete creduto che mi drogassi senza uno straccio di prova…a proposito, possibile che tu sia ingrassata tanto?!” – “Ma che ingrassata, è la tua mente malata che mi vede ingrassata!” – “Fa vedere un po’…”, House riapre gli occhi e mette bene a fuoco Cameron, la bellissima Cameron.

Mmm, sicuramente due kili li hai messi. Che fine ha fatto la tua pancia piatta?” – “Affogata nel gelato a cioccolato. Sai com’è, quando non hai più un lavoro tendi un po’ a lasciarti andare” – “Tu senza lavoro?!” – “E’ stata una scelta.” – “Aspetta, non mi importa. Torniamo al tuo grasso in eccesso. Fai vedere il sedere…” – “House!” – “Ho detto vedere! La Cuddy non protesta mai…non farai molta strada in questa professione, te lo dico.” – “Se avessi voluto fare carriera in questo modo non pensi che avrei usato la mia bellezza in modo più costruttivo?”, lo sguardo malizioso di Cameron fa scattare una certa idea nella mente di House.

“Comunque complimenti ancora per lo scherzo. Adesso voglio dormire un po’.” – “Tra 3 giorni ti dimettono, per un po’ dovrai fare riabilitazione.” – “Fammi un favore: uccidimi prima che Dimitri o come si chiama lui mi metta le sue manacce sovietiche addosso!” – “Non ti sarebbe dispiaciuto vedermi con il pancione?” – domanda provocatoria, l’idea di demolire psicologicamente Cameron per questo è forte – “Ti preferisco magra.” – scarno commento, un po’ di soddisfazione, poveretta, è ingrassata 2 kg per farmi uno scherzo…

“Quando uscirai…” – “Ti prego, risparmiami il classico ‘dobbiamo parlare di una cosa importante’…” – “voglio fare l’amore con te…”, la voce di Cameron è un soffio, e stavolta non è un sogno. La bocca di House si contrae in un sorriso furbo. “Ecco a voi la nuova e spregiudicata Cameron, quella che usa il suo corpo per andare a letto con il capo.” – “Ti dispiacerebbe?” – l’immunologa non ha perso la sua sicurezza – “No, purché tu non chieda soldi…né coccole.” – “Le coccole no?!” – “Per farmi le coccole mi dovrai pagare e io ovviamente non farò nulla per te” – “D’accordo, affare fatto. Del resto le coccole si fanno solo tra innamorati” – “Appunto, e su questo puoi proprio mettere la mano sul fuoco!” – Cameron si alza, bella e sorridente. “Sai House…Io ho sempre avuto molta pazienza.” – “Tu prova, non si sa mai.”, si lascia sfuggire House abbozzando un sorriso.

Cameron esce fuori dalla stanza. Si volta un’ultima volta per lanciargli uno sguardo malizioso: i suoi occhi verdi incontrano per l’ennesima volta quelli azzurri di lui.

Ancora una volta l’intensità di quegli occhi si misura con la sua tenacia, maturata nel tempo, ma immutabile nella sua forza.

Ma stavolta Cameron sa che non dovrà avere più così tanta pazienza.

 

 

 

 

 

E’ finita, finalmente. L’ultimo guizzo di fantasia, forse un po’ scontata, forse non molto coerente per questa storia che ho tenuto per le mani per quasi un anno intero. Per tanto tempo l’ho lasciata lì, sepolta sotto le delusioni cotton, sotto l’incomprensibilità di questa nuova Cameron di cui non ci è dato sapere i veri pensieri e ancora di più del solito House, che gira e rigira è sempre lì: non cambia mai, ma noi lo amiamo così. Volevo scrivere due finali alternativi, ma alla fine questo qui non mi è dispiaciuto, più o meno sono riuscita a rendere l’idea che avevo fin dall’inizio. House e Cameron in prospettiva, in un misto di detto-non detto, di serio e faceto, così come credo che debba finire questo telefilm, anche se in maniera di certo più verosimile di quanto ho scritto io ^_^

Ringrazio tanto le persone che mi hanno recensito, siete state davvero gentili, ricordate che le critiche sono sempre bene accette, soprattutto a questo finale che potrebbe non aver convinto molti come ha convinto me.

Alla prossima,

Eleonora

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=107027