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Era
una mattina di fine settembre come tante ad Abraxa, la scuola era iniziata da
poco più di tre giorni e nella grande sala tutti gli
studenti erano riuniti a fare colazione. Tanto intenti
a mangiare le leccornie che si erano materializzate sul tavolo non badavano
agli affreschi del soffitto che tra i fastosi stucchi bianchi ripetevano ogni
giorno scene di mitologia diverse (quel giorno era la volta di Eros e Psiche).
Tutta la stanza era attraversata da un leggero chiacchiericcio di studenti più
o meno assonnati, più o meno agitati per qualche interrogazione. Tutti seduti
intorno all’enorme tavoloa ferro di cavallo che occupava gran parte della sala. Ipiccoli putti
bianchiche completavano la decorazione
andavano svolazzando qua e là facendo dispetti o discorrendo con gli allievi.
“
Noooooooo!!”
Sbam, crash…splshhhh
“ERICAAAA…..ma che cosa cavolo combini?!?! Guarda che hai fatto!!! Hai rovesciato tutto il mio latte sul tavolo…
e…che ti sifrantumi al bacchetta!…hai
sporcato il MIO libro di Antiche Rune !!! Con quello che costa!!!!”
“Ragazze
per favore la piantate di fare tutto questo chiasso?
Ci stanno guardando tutti!”
A
parlare per ultimo era stato Micael un ragazzo castano, con capellilisci di media
lunghezza. Siera
in quel momento alzato dalla sedia e con un piccolo sospiro di rassegnazione
aveva estratto la bacchetta dal mantello efacendo un piccolo gesto circolareaveva enunciato “Gratta e netta”
e così magicamente tanto la tavola quanto il libro erano tornati come nuovi.
Poimentre con uno
sbuffo scansava i capelli dagli occhi e con un tonfo si risedeva sulla sedia
imbottita, disse”Comunque Erica, visto che hai fatto tutto questo casino,
almeno spiegaci che cosa di sconvolgente c’è scritto su Il Corriere dei Maghi!”
Erica,
la ragazza che aveva gridato si risedé pesantemente;sul volto dallarotondo ed in genere allegro apparve
un’espressione molto triste. A questo punto Sofia, la proprietaria del libro di Antiche Rune, di nuovo calmaavvolse le spalle dell’amica le domandò con
voce dolce “Ehi Rika…che hai fatto? Che è successo?”.
La
reazione di Erica era davvero preoccupante, Micael e
Sofia si scambiarono uno sguardo preoccupato, di quei tempi una reazione del
genere provocava immediatamentebrividi
di paura. La notizia del ritorno del Signore Oscuro si
era espansa in tutto il mondo magico, ben oltre i confini dell’Inghilterra, fin
da loro,in Italia.
“E’
morto Silente” mormoròtristemente con un nuovo sospiro mentre la mano destra passava
tra i corti capelli color del grano con piccole meches
biondo platino,come faceva sempre
quando era agitata.
Un
nuovo sguardo tra lo stupito e il rattristato corse
tra la bruna Sofia e il ragazzo che non trovò di meglio da dire che “Silente?…quello
delle cioccorane?”. Tale affermazione gli costo una
bacchettata di Sofia sulla testa accompagnata da”No scemo! Silente
il preside di Hogwarts, la scuola di magia in Inghilterra, quello che è
considerato il mago più potente insieme a Vol…”
“Stai
zitta! Non lo dire!” La sgridò il giovane.
“Perché cosa credi? Che se pronuncio
il suo nome si materializzerà qui davanti a noi! Ma
fammi il piacere!”Ribeccò Sofia con aria di sfida.
“
E lui è quello che vorrebbe fare l’Auror! Ahaha!” Lo sbeffeggiò Erica
“Bhé…vedo che ti sei ripresa in fretta!” Disse a voce
piuttosto alta il ragazzo incrociando le braccia imbronciato.
“Ma non capite?- continuò Erica lanciando uno sguardo di
traverso a Micael- E’ una cosa gravissima! Io sono molto preoccupata”
“Già,
perché sembra che Silente fosse l’unico mago in grado di incutere un qualche
timore a Voldemort- Micael si tappò le orecchie- a parte…quel ragazzo… mi pare
abbia la nostra stessa età, sichiama Harry Potter se non sbaglio”
concluse Sofia.
“Già
Harry Potter! Ilbambino
sopravvissuto! Si dice che ad appena 2 anni sia rimasto
vivodopo un attacco di
V…Vo...insommadi QUELLO!”Disse in un
sol fiato il ragazzo provocando una risata soffocata nelle due amiche. Il riso
delle ragazze fece indispettire ancora di più Micael che si alzò in piedi
guardandole infuriato mentre quasi urlava”Ridete
ridete…intanto se non ci fossi io con voi stareste da un pezzo a studiare in
qualche scuola babbana! Per non parlare del tuo
prezioso libro di antiche rune Phi!
Cuginastra da quattro soldi!”
“Oh
andiamo Mic sempre a tirare fuori questa storia del
salvataggio del primo anno!- rispose con aria furbetta Sofia - Lo sanno pure i
muri in questa scuola che stai sempre appiccicato a noi perché hai una cotta
per Rica!” a queste parole il volto di Micael diventò color peperone, Erica per
poco non si strozzò col cappiùccino ( uno speciale cappuccino magico, molto
popolare tra i maghi italiani, che sapeva dosare alla perfezione la quantità di
caffé e latte a seconda dei gusti del proprietario,
per non parlare della schiuma che era sofficissima e che non finiva finché il
bevitore non lo desiderava). Accompagnato dalle risatine di Sofia il ragazzo si
allontanò dal tavolo borbottando qualcosa di incomprensibile
ancora col volto scarlatto. Nello stesso momento Erica lanciava un’occhiatina
fulminante a Sofia che se la rideva sotto i baffi…di cappiùccino.
Proprio
in quel momento, dal tavolo del corpo docenti si alzò
una donna piuttosto anziana abbigliata con una splendida veste da strega rosso
fiamma ricamata in una tonalità appena più scura con un motivo di rose. I
capelli, striati di bianco, erano raccolti in un torciglione e semi celati dal
grosso cappello a punta dello stesso colore dell’abito. Sul piccolo naso erano
poggiati occhiali doratia forma di mandorla.
Aveva
un’espressione molto seria in viso, al posto di quella svagata e sognante che
la caratterizzava in genere. I grandi occhi castanipassarono in rassegna tutta la sala.
Poi la donna di nome Selene Svaragata battè le mani e
ogni pietanza scomparve dal tavolo della colazione, con sommo disappunto di Erica che proprio in quel momento stava addentando un
grande biscotto e che invece si ritrovò a mordere solo la sua lingua.
Quindi
le labbra sottili della Preside si mossero delicatamente e da esse fuoriuscì una voce dolce e materna, seppure un po’
acuta: “Miei cari studenti, come qualcuno di voi avrà letto sul Corriere dei Maghi è venuto a mancare,
ormai da qualche mese (chissà poi perché la notizia non si è diffusa prima) il
grande mago, nonché mio amico nonché Preside di Hogwarts, il professor Albus Silente. Da tempo nella sua scuola si
verificano strani fatti, come lui stesso mi aveva comunicato via gufo, e
a quanto pare Colui- che- non- deve- essere- nominato è tornato accompagnato da
tutti i suoi fedeli Mangiamorte. –la preside qui malgrado tutto
gli sforzi non riuscìtrattenere
un accorato sospiro- Immagino chetutti
voi, dai più piccoli ai più grandi, vi rendiate conto che ora non siamo più
totalmente al sicuro neppure qui ad Abraxa… il professor Silente mi stava
giusto accennando qualcosa quando ho perduto ogni sua notizia. Tuttavia non temete, alcuni Auror saranno posti a guardia
della scuola, che come sapete è già ben protetta da potenti incantesimi...
alcuni dei quali furono attuati dal caro Albus…- la
voce di Selene Svagarata tremò come se stesse per piangere poi concluse- mi
raccomando quindi di osservare più che mai ogni regola della scuola e di non
fare sciocchezze. Ora prego, andate a prendere posto nelle vostre classi.
Tutti
gli studenti seduti nella grande salasi alzarono in un silenzio quasi irreale,
interrotto solo da alcuni brevi sussurri tra i quali c’erano anche quelli di
Erica e Sofia.
-Accidenti
Rica! Non ho mai visto la Preside ridotta in quel modo… in genere è
sempre così pimpante!
-Già
la situazione è molto grave a quanto pare, dobbiamo
tenere gli occhi ben aperti!
-Sì…-
Mentre uscivano dal grande portone in vetro della sala
grande e salivano le scale per dirigersi al quarto piano, dove si trovava la
loro aula, Sofia si guardò intorno giocherellando con un bel ciondolo di
zaffiro blu trattenuto da una montatura a forma di zampa di uccello. Come al solito al suo passaggio in molti si ritraevano
spaventati, facendola sentire a disagio e terribilmente triste. Il motivo di tanta diffidenza da parte di quasi tutti gli studenti
dell’Abraxa nei confronti di Sofia era la sua innata abilità di legimens e il
fatto che all’inizio del primo anno del Ciclo di studi Magici Superiore avesse
avuto una visione, non proprio benevola, su un suo compagno di classe e che
questa si fosse prontamente verificata. Da quel momento le era stato
appiccicato addosso l’epiteto di porta sfortuna e
perciò tutti quanti si premuravano di starle il più possibile alla larga. Solo
Micael ed Erica, insieme a pochissimi altri avevano avuto il buon senso di
guardare al di là delle apparenze e di essere suoi
amici, nonostante i suoi poteri tanto particolari.
Erica
trascinò Sofia che era rimasta come imbambolatalungo il corridoio che portava alla
loro classe. La ragazza dai lunghi capelli scuri disse –Chissà dove è finito quel testone di Micael?
Erica
tornata di nuovo rossa si strinse nella spalle e corse
verso l’aula.
Quando
infine anche Sofia vi arrivò la sua amica stava confabulando con Marco e
Priscilla che come lei facevano parte di una delle
squadre di Quidditch della scuola.
La
ragazza bruna si misea
sedere all’ultimo banco, attendendo da sola l’inizio della lezione
approfittando per ripassare Antiche Rune, qualcosa le diceva che oggi la ProfessoressaGexara l’avrebbe interrogata. Qualche
minuto dopo Erica si sedette accanto a lei e Sofia sorrise sentendola
mormorare- Speriamo non mi chiami, non so nulla !
Lo
diceva ogni mattina, anzi ad ogni lezione e la ragazza
mora ormai lo considerava un piccolo rituale scaramantico dell’amica che,
invece, se la cavava sempre.
Ecco qui il primo capitolo della mia
prima fiction sul mondo di Harry Potter che adoro alla follia.
Spero vi piaccia e vi incuriosisca abbastanza. Mi
raccomando recensite! Sono un po’ timida nello scrivere e se vedo che i miei
racconti non piacciono sono certa mi bloccherò! ;)
Ne approfitto
per ringraziare tutti coloro che hanno commentato *L’ultimo sole*(Lady Aria, Seiryu, Minako, Frulli) e
ringrazio tutti gli eventuali lettori che non hanno commentato.
Il
sole baciava generosamente l’erba tenera del grande
parco che circonda l’Abraxa. Più che un parco un’enorme
giardino all’italiana, come quelli che si trovano in numerose ville della
penisola. Infatti proprio ad un enorme villa
cinquecentesca somiglia la scuola di magia e stregoneria Abraxa, una
grandissima villa coperta di preziosi marmi circondata da un gigantesco parco
pieno di magnifici fiori e piante provenienti da ogni parte del mondo.
Da
una finestra dell’edificio centrale, dove si trovano le varie classi stipate di
studenti, occhieggiava pensieroso un ragazzo dell’ultimo anno,capelli piuttosto
lunghi,grandi
occhi azzurri, volto magro con un accenno di
barba enaso un po’ lungo, ma in armonia
col resto del viso.
In
quel momento era molto interessato ad una betulla piantata proprio sotto la
finestra, in realtà abbastanza distante considerando che la sua classe si trovava al quarto piano.
Ovviamente
la sua attenzione era rivolta altrove, ben lontana da quell’albero. Un sospiro
ansioso uscì dalle labbra sottili quando, ad un tratto
una voce stridula interruppe il filo dei suoi pensieri:”Revenin è molto
interessante lì fuori?”. Un brivido lo percorse lungo
la spina dorsale mentre con sguardo vacuo si voltava verso un uomo di media
statura, con capelli brizzolati e cotonatissimi, il naso un po’ schiacciato e
la mascella quadrata, l’incubo di Micael da ben otto anni.
“Noto
che come sempre la mia lezione non ti interessa. Forse
ti credi troppo intelligente per la mia materia?...-
un brivido di terrore percorse la classe mentre il professor Tuonombri,
insegnante di Storia della Magia si avvicinava con passo marziale alla
cattedra, poi la sua voce lenta,velata di un malcelato sadismo risuonò si
nuovo- Molto bene Revenin noto con piacere che il suo voto risale al 24
settembre, prego mi parli Dell’Ultima guerra magica.” Concluse
con un ghigno.
“Ultima
guerra…Ultima guerra….che
accidenti?…non ho fatto in tempo a studiare!” pensò agitatissimo Micael, poi un
lampo di orgoglio gli attraversò la mente: “Professore, ma il 24 settembre è
una settimana fa! Perché vuole interrogarmi di
nuovo?”si difese.
“Molto
bene signor Revenin, deduco dalle tue parole che non sei
preparato- la mano sul registro andò a segnare una grossa I di impreparato-
bene, andiamo avanti…”
Micael
borbottò qualcosa ormai rassegnato a quelle scene poi con un lunghissimo
broncio iniziòa
prendere appuntilanciando, di tanto in
tanto, occhiate di puro odio all’insegnate che con lo sguardo perso nel vuoto ,
abbandonato sulla sedia, snocciolava una serie di nomi e datedecisamente poco interessanti, come si poteva
constatare osservando gli sguardi assenti della classe intera.
Poi,
quando si sentì suonare il pendolo che decretava la fine della prima ora fu
come se fosse apparso un grande arcobaleno, tutti aspettarono che il professor
Tuonombri si allontanasse ed infine tirarono un lungo
sospiro di sollievo.
Micael
tornòa
guardare fuori dalla finestra mentre il cicaleggio dei compagni di classefaceva da sottofondo ai suoi pensieri che
tuttavia furono di nuovo interrotti da un rumore strano, di gomma che
strisciava sul pavimento liscio. Infatti proprio in
quel momento Erica si era fermata con una sgommata seguita dallo svolazzare del
mantello blu notte davanti la porta della classeesventolando la mano urlando aveva iniziato a chiamarlo “Micaaaaeeeeel….Micaaaeeel- cenno
di avvicinarsi con la mano- vieni qui!”
Inarcando
con aria interrogativa le sopracciglia ancora segnato dall’episodio avvenuto a
colazione , Micael si alzòsulle lunghe gambe magre e si avvicinò
all’amica.
“Accidenti
che energia!!! E fortuna che siamo solo alla seconda
ora!- ironizzò leiquasi gridando e
dandogli una pacca sulla spalla- bhè, comunque, visto che tra poco arriverà il
professore vado al sodo: oggi pomeriggio alle quattro e mezza abbiamo gli
allenamenti, mi ha avvisato Riccardo proprio cinque minuti fa. Ma che
picchietto hai fatto?”
“Tuonombri”
biascicò a mezza bocca Micael, tanto che Erica urlò “EH?”
“Ho
detto Tuonombri Rica! Ma sei sorda? Comunque
fai troppo casino, datti una regolata piccoletta, altrimenti dovrò farti
segnare una nota di demerito, ricordati che sono un Caposcuola quest’anno!- le
disse scherzosamente scompigliandole i capelli-torna in classe adesso che ci
guardano tutti!” Concluse il ragazzo
mentre un leggero fastidio gli saliva allo stomaco notando lo sguardo per nulla
innocente che Davide, lanciava in direzione della sua amica, o per meglio dire
ad alcune parti di lei.
Erica
non ci aveva fatto caso e in risposta alla “minaccia”
di Mic tirò fuori un metro di lingua quindi corse via mentre il suo amico, di
nuovo di buon umore, tornava a sedersi aspettando la Professoressa
Virduri, insegnante di Erbologia.
*
Alle
quattro e trenta tutta la squadra della Civetta si ritrovò per gli allenamenti
sul campo di Quidditch situato in fondo al grande
giardino dietro la scuola.
Sette
allievi, con manici di scopain spalla ascoltavano attenti le parole di Riccardo, il loro
capitano: “Molto bene, con oggi hanno inizio gli allenamenti della nostra
squadra per questo nuovo anno, sono felice che non ci sia alcun nuovo elemento
da far inserire, il nostro team lavora molto bene insieme ed il fatto avere
ormai per il terzo anno consecutivo la stessa squadra non gioca che a nostro
favore… il professor Frassini (insegnate di Volo per quelli dei primi anni e
coordinatore del torneo di Quidditch della scuola) mi ha oggi comunicato che la
nostra prima partita sarà controla
squadra dei Leocorno e si terrà tra un mese esatto.- Riccardo qui fece una
pausa, quindi passò allo scanner tutti i volti dei suoi compagni quindi tornò a
parlare- Abbiamo il tempo, abbiamo i mezzi. Dobbiamo vincere. Questo sarà il
regalo che mi farete per il mio ultimo anno, vero?” La frase terminò con un
sorriso, poi Riccardo gridò “In sella alle scope!” e sette puntini rossi e neri
si librarono in volo.
Giunti
ad un’ altezza di circa dieci metri ad un cenno del
capitano si radunarono intorno a lui per ascoltare gli ordini d’allenamento.
“Innanzitutto
ci scalderemo facendo dieci giri di campo, poi prima i
cacciatori Lisa, Cristian e Arianna, poi gli altri
tireranno dei rigori a turno per far allenare Giorgio nelle parate.
Finiti i rigori ci divideremo Micael e io ci
alleneremo con i bolidi contro i bersagli mobili che feci costruire lo scorso
anno, invece Erica si eserciterà prima con i cacciatori e il portiere, poi nel
percorso che si trova di fuori, come lei sa. Alla fine faremo una breve partita
quattro contro quattro. Bene, che il
gioco abbia inizio!”
Tra
gli spalti del campo di Quidditch una sola spettatrice
ammirava i volteggi, più o meno aggraziati dell’intera squadra e sorrideva
quando i suoi migliori amici compivano azioni degne di nota.
A
volte avrebbe voluto urlare i loro nomi, i nomi degli altri della squadra, come
avrebbe fatto qualsiasi altra ragazza nella sua stessa posizione, ma sapeva che
molti, tra i giocatori della Civetta non gradivano la sua presenza e perciò
cercava di dare il meno possibile nell’occhio, anche se questo le faceva molta tristezza.
Anche in quel momento un sospiro malinconico
lasciò le labbra di Sofia, ma la malinconia non le piaceva. Scosse il capo
provocando un’onda della folta chioma riccia e corvina, poi puntò di nuovo gli
occhi color degli zaffiri sul campo, proprio mentre
Erica compiva uno spettacolare giro della morte in sella alla sua Nimbus 2001 e tenendosi solo con le ginocchia afferrava il
boccino d’oro.
“Rica sei un mito!” mormorò Sofia tra sé con gli occhi fissi
sulla ragazzina dai capelli corti che alzava trionfante la mano che aveva
afferrato il boccino e che ricambiava il suo sguardo con un luminosissimo
sorriso.
Finiti
gli allenamenti Sofia attese Micael ed Erica fuori
dagli spogliatoi osservando la grossa arancia che era il sole a quell’ora che
pian piano scompariva dietro le colline. Come sempre uscirono per ultimi e come
sempre arrivarono appena un secondo prima che Fi perdesse definitivamente la pazienza.
ConSofia al centro e
Micael e Erica rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra a braccetto
i tre si incamminarono verso i loro dormitori.
Mancavano
appena cinque metri all’entrata quando Sofia si blocco
di colpo, sembrava come pietrificata, lo sguardo fisso nel vuoto.
“Fi che succede!?!” chiese Erica
spaventata
“Sofia,
Sofia..ehi
mi senti…che hai? Stai male?” aggiunge Micael mentre
la scuoteva con forza, ma nulla la faceva sembrare sana, neppure lontanamente.
“Mic…dobbiamo
andare a chiamare il signor Asclepi, deve portarla in
inferm…”diceva agitatissima la minuta ragazza dai
capelli corti, ma non ebbe il tempo di terminare la frase perché dalle labbra
rosee di Sofia uscì una voce cupa che pareva venire da molto lontano.
“Quando la tonda signora che i lupi risveglia
nascerà nel suo regno animato da piccole luci, colui che
porta il segno e i suoi fidati verranno nella casa assolata dei maghi .”
Un
rantolo informe concluse la frase.
Le
palpebre di Sofia batterono sugli occhi tornati finalmente vigili, quindi
scorgendo i volti terrorizzati degli amici scherzò:”
Che avete da guardare così? Mi hanno forse fatto una fattura orcovolante?”
Ecco qui il secondo capitolo della
fiction mi scuso per la lentezza ma sono molto
puntigliosa e questo mi impedisce di pubblicare velocemente. Spero siate tanto
gentili da aspettare me povera lumaca ^-*!
Ringraziodarklily, grianne, Minako e Seiryu per i commenti
siete molto carine a farmi sapere che la mia storiella vi piace e mi sento
davvero motivata ad andare avanti. Come sempre un grazie
anche agli eventuali lettori che non hanno commentato. Spero anche
questo secondo capitolo vi piaccia e vi promettoceh dal prossimo si entrerà nel vivo dell’azione.
Una piccola curiosità per chi ci
dovesse fare caso: i nomie i colori delle squadre di Quidditch dell’ Abraxa sono presi da
alcuni nomi delle contrade del Palio di Siena. Qui se ne scoprono due le altre
verranno fuori delle prossime puntate!!!
”
Che avete da guardare così? Mi hanno forse fatto una
fattura orcovolante?”
Micael
e Erica erano pallidi e avevano gli occhi puntati su
Sofia che, stanca di quegli sguardi chiese nervosamente, quasi urlando:”Volete dirmi
che cosa cavolo avete da guardare?!”
“Ph-Phi… che cosa significa?” balbettò Micael.
Erica
la guardò con un misto di paura e preoccupazione, poi in un
sussurro spiegò: “Ti è successo di nuovo”
I
grandi occhi color degli zaffiri di Sofia dapprima si allargarono stupiti, poi si
strinsero puntati su quelli scuri di Erica esprimendo una tacita domanda. La
ragazza dai capelli biondi comprese lo sguardo e rispose “E’ successodi nuovo Sofia,
avevi gli occhi fissi e parlavi in modo strano”
“E?-E’ stato terribile”balbettò il
ragazzo.
Sofia
sospiròmentre
il volto diventava triste e cupo, come se una nuvola avesse coperto il sole.
Lanciò uno sguardo preoccupato agli amici, sapeva che li aveva fatti
spaventare, lo leggeva nei loro occhi, ma non poteva farci nulla, lei non si era nemmeno accorta di ciò che era accaduto. Ne aveva paura ella stessa, in quei momenti era come se il
suo corpo non le appartenesse più, come se in quegli istanti lei non esistesse.
Un grosso sospiro le donò il coraggio di parlare: “Che cosa ho detto?”. Temeva
la risposta a quella domanda, poteva essere qualcosa di brutto e triste come era accaduto qualche anno prima, quando, a quanto le
avevano raccontato, aveva predetto un incidente di un suo compagno di classe.
Fu
Micael a rispondere “Hai detto una cosa strana, la ricordo molto bene: Quando la tonda signora che i lupi risveglia
nascerà nel suo regno animato da piccole luci, colui che
porta il segno e i suoi fidati verranno nella casa assolata dei maghi . Non
capisco cosa significhi” concluse stringendosi nelle spalle, imitato da Sofia.
“Io
credo che sia meglio parlarne con la preside” aggiunse Erica con decisione.
La
ragazza dai capelli ricci annuì quindi stancamente si diresse con i due amici
verso la scuola, o meglio verso l’ufficio della
preside, sperando che nessuno avesse visto la scena.
La
grande porta decorata con una vetrata multicolore che
rappresentava fiori mossi dal vento e farfalle svolazzanti, si aprì magicamente
al loro arrivo.
L’ufficio
della preside era una grande stanza luminosa piena di libri più o meno antichi,
grandi ritratti dei passati presidi che dormivano pacifici nelle cornici e
numerose foto che ritraevano i momenti più gloriosi della vita relativamente
breve dell’Abraxa.
Il
capo perfettamente pettinato della professoressa Svagarata era chino su una
grossa pila di pergamene, ma all’aprirsi della porta il suo sguardo si era
alzato ai tre nuovi entrati, aveva assunto la sua solita espressione sognate e
con voce melliflua dalle labbra sottili erano uscite queste parole.” Prego cari
accomodatevi”. Gli occhi castani della donna avevano esitato un poco sul volto
di Sofia, la ragazza si sentì tremendamente a disagio, poi Erica parlò:
“Signora Preside la mia amica Sofia ha avuto di nuovo una…un…insomma ha parlato
di nuovo in quel modo strano” concluse tempestivamente
la cercatrice.
La
professoressa Svagarata tornò a posare di nuovo gli occhi su Sofia, mentre si
alzava in piedi e seriamente parlava loro:” Signorina
Sireni, signor Revenin, vi prego, lasciateci sole”.
I
due, seppur riluttanti, lasciarono la stanza, lanciando un breve sguardo di appoggio alla loro amica.
“Mia cara, siediti” disse dolcemente la Preside e Sofia eseguì con
un sospiro, voleva solo che quella faccenda finisse al più presto.
Selene
Svagarata si accomodò sulla grande poltrona rivestita
di velluto verde scuro, come le divise della scuola, quindi osservando in
maniera ossessiva il volto della ragazza le parlò in un sussurro:
“Il
fondatore della nostra scuola- la Preside indicò un ritratto
di un uomo abbigliato convistosi
abiti settecenteschi e caratterizzato da due grandi baffi corvini-, mia cara, scelse, tra mille polemiche,
di non inserire, nel nostro istituto, l’insegnamento della Divinazione. Era suo
parere, ed è stato lo stesso per tutti i presidi che hanno diretto questa
scuola fino a me , che tale disciplina non fosse
necessaria all’istruzione di un mago.- La donna si alzò in piedi facendo
frusciare la veste rosso fiamma mentre si avvicinava alla finestra- Il futuro è
qualcosa di troppo complesso ed articolato per poter essere letto in una sfera
di vetro o sulla mano di una persona. Troppi particolari che sfuggono anche a
chi li vive determinano gli avvenimenti che accadono nella vita di ognuno,
troppi davvero perché possano essere predetti con esattezza.”
Sospirò tornando a guardare Sofia dritto negli occhi,
cosa che spinse la ragazza ad abbassarli imbarazzata.
“Tuttavia , mia cara, sembra ovvio che tu sei una veggente e che
quella che haiappena avuto era una
trance con relativa profezia. Ciò che ti capita è considerato un gran dono da
molte persone,molti
bramano tale potere, perché incute un certo rispetto negli alt…”
“RISPETTO!
Mette paura agli altri!!!! Tutti pensano che io sia
una iettatrice, che mandi disgrazie al prossimo!.. Mi
EVITANO, ALTRO CHE RISPETTO!” Urlò Sofia scattando in piedi cosa che provocò
nella Preside un sorrisetto divertito, unito ad uno sguardo di disappunto per
aver infranto le buone maniere alle quali tanto teneva.
Selene
con un altro sorriso la invitò a risedersi, con uno sbuffo impaziente la
ragazza eseguì dando modo all’anziana donna di proseguire il suo discorso:” Dicevo,è molto bramato tale potere, ma vedo che per te
non è così, mia cara; inoltre so che
sei molto svelta come legimens- Sofia le lanciò un’occhiata esausta, che voleva
quella donna? Aiutarla o elencarle i motivi del suo isolamento? Ma la Svagarata non si accorse
di quello sguardo - A questo punto non mi resta che chiederti se vuoi prendere
lezioni di Divinazione per imparare a controllare il tuo potere ed interpretare
le profezie.”
“Non
posso liberarmi di questa roba? Non
c’è un modo per restituire questa cosa
al mittente?”Rispose la giovane con voce acida, tanto che la professoressa
ribatté :” Signorina non dimenticare le buone maniere-
la osservava abbandonata come un sacco sulla sedia- e siediti come una ragazza
per bene, per l’amore del cielo!- Sofia obbedì di nuovo sbuffando-cosa vuoi fare?”
“Le
lezioni mi aiuteranno a ridurre questa cosa?”
“Non
lo faranno, sarebbe come pensare di trovare qualcosa che ti aiuti a non avere
più il naso-Disse la Preside
scherzosamente con voce acuta- Però ti consiglio di
non disprezzare ciò che hai avuto in dono: potrebbe sempre tornarti utile”
predicò infine la donna con l’aria di chi la sa lunga.
“Bhé non voglio farle, non mi interessa,
il destino per me è nelle mani di chi lo vive,e se non posso evitare di sapere
cose che non mi interessano, però non voglio nemmeno approfondire la faccenda!”
affermò infine Sofia convinta, fissando per la prima volta l’altra negli occhi.
“Vedo
che anche tu sei in linea con “l’Abraxa pensiero”! Il nostro fondatore ne
sarebbe molto lieto.”
Selene
guardava in su, al ritratto del fondatore della scuola
che non appena scorse lo sguardo della giovane, le strizzò amichevolmente
l’occhio. Sofia ridacchiò, così come la professoressa Svagarata che con
dolcezza disse infine”Ora vai a cena, mia cara, si è fatto tardi!”
La
porta si aprì non appena la preside pronunciò queste parole e con un semplice
“Graziee
arrivederci!” la ragazza si avviò nella grande sala già piena di studenti per
la cena.
Quando
Sofia entrò nella Sala grande non fu sorpresa nello
scorgere le espressioni a punto interrogativo degli amici, ai quali,
bisbigliando con grande cautela, raccontò per filo e per segno il colloquio
avuto con la Preside. Il
sapere cosa le succedeva quando lei non era lei la
rendeva più tranquilla, anche se di poco. Da quel giorno tutto trascorse
normalmente fino al giorno della partita della Civetta
contro i Leocorno, un mese più tardi.
*
Sofia
stava, come sempre, aspettando che Micael ed Erica uscissero dallo spogliatoio.
Si sentiva serena come non lo era da tanto tempo. In realtà il suo livello di
felicità era cresciuto almeno diun paio di tacche da quando aveva
parlato con la professoressa Svagarata. In qualche modo era come se sapesse di
non essere sola, dopotutto. Si sentiva più sicura di sé, solo un po’, quel po’
che bastava a non farla continuamente sentire in colpa per essere al mondo, che
le dava il coraggio di fare il tifo per i suoi amici, se ne aveva
voglia.
Quel
giorno aveva urlato come una pazza durante tutta la partita, insieme agli altri
studenti che tifavano per la
Civetta e in quel momento era senza voce, con la lunga
sciarpa nera e rossa arrotolata intorno alla gola. Saltellava da una gamba
all’altra per riscaldarsi nell’umida aria della sera. Finalmente dalla porta
dello spogliatoio uscì l’intera squadra Nero-Rossa, portavano Erica in trionfo
e la ragazza rideva a crepapelle mentre passava sulle
mani dei compagni di squadra.La risata di Erica era contagiosa, e anche Sofia, si unì al coro dei
giocatori della Civetta sorpresa e felice del fatto che nessuno le lanciasse
occhiate torve.
Alla
fine il trio di amici si ritrovò a passeggiare
cantando a squarciagola per il parco della scuola con una burrobirra entrata di
straforo nell’istituto tra le mani. La loro gioia era alle
stelle, il campionato annuale dell’Abraxa, a loro parere, non avrebbe
potuto avere un inizio migliore.
Si
stava facendo buio e già la sottile falce di luna nuova sorrideva nel cielo
rossiccio. Erano quasi le otto e i tre si diressero a cena
pronti ad una felice scorpacciata, persuasi in cuor loro di continuare i
festeggiamenti dopo essersi riempiti la pancia.
Il
pasto fu ottimo, Micael, Erica e Sofia mangiarono fino
a scoppiare e quando ormai la sala era semivuota si alzarono diretti
all’edificio che ospita i dormitori.
Lo
stabile che ospitava le stanze da letto si trovava
nella parte posteriore della villa:appena attraversata l’entrata c’era un enorme salone dove gli studenti
potevano incontrarsi, chiacchierare, giocare a scacchi magici, studiare o fare
ciò di cui avevano voglia. Da questo salone partivano due enormi scale curve,
la sinistra conduceva nel dormitorio femminile mentre
la destra faceva accedere a quello maschile. Su ogni piano (in totale erano
quattro),al centro,si trovavano dei piccoli salottini, con la stessa funzione di quelli
sottostanti ma più intimi e riservati, di solito usati per lo studio più
dell’altro. Per arrivare a questa ala della villa era
necessario attraversare il cortile intero coperto di morbida erba ed ornato con
una grande fontana zampillante.
Il
cielo era ormai buio, appena schiarito dalle stelle e dalla luna e i tre
confabulando stavano giusto camminando per andare a spassarsela in un posticino
che solo loro sapevano raggiungere senza essere visti.
Ad
un tratto Erica, che si trovava al centro del terzetto, si voltò alla sua
destra, ma si sorprese a parlare all’aria, infatti
Micael era un paio di metri indietro. Si trovava a terra, il
volto perplesso, era appena caduto. Sofia si piegò in due dalle risate,
seguita a ruota da Erica che però, con le lacrime agli
occhi si avvicinava all’amico per offrirle aiuto. Il volto del ragazzo era
stupefatto:”Ho sbattuto contro qualcosa…”
“Aahahahahah- Sofia stava morendo dal ridere-
Ma smettila Mic!!! E’ che non ti reggi più neppure in piedi! Sei proprio
imbranato!”
Micael
però non rideva e neppure Erica, entrambi invece guardavano
a terra, non molto lontano dal punto in cui il ragazzo era caduto, l’erba si
abbassava, come se qualcuno ci stesse camminando sopra.
Tre
mani contemporaneamente si infilarono sotto i mantelli
verdi bosco e ne estrassero le bacchette, con lo sguardo fisso al suolo.
Nessuno più parlò e anche l’erba cessò di abbassarsi.
Micael
si rialzò in piedi lanciando uno sguardo alle due. Con la
bacchetta tesa davanti a lui e la mano libera che tastava l’aria percorse le
tracce che lo portavano nel punto in cui queste finivano. Fece alcuni
gesti vani, come se stesse scacciando le mosche, poi la sua mano si poggiò su
qualcosa di solido.
“Shit!” sibilò una
giovane voce maschile che proveniva da un punto non lontano da quello dove era
poggiata la mano.
Sofia
ed Erica si osservarono impaurite, poi deglutendo e
brandendo davanti a loro le bacchette avanzarono di qualche passo verso il
ragazzo.
Nello
stesso istantela
mano di Micael scorreva lungo la cosa da cui era venuta la voce, poi strinse le
dita e con decisione tirò verso di sé.
Apparvero
delle mani, delle braccia, una testa nera, una castana e una rossa come il
fuoco.
Le
bacchette delle ragazze erano pronte all’azione, anche Micael si fece indietro
con la bacchetta puntata verso i tre ora del tutto
scoperti: due facce dall’aria piuttosto infuriata puntavano su una terza, quella
del ragazzo dai capelli rossi, che aveva l’aria colpevole.
“Lumos” enunciò Micael.
“Expelliarmus!”
gridò prontamente Sofia cosicché le tre bacchette degli sconosciuti volarono
dall’altra parte del cortile
“Chi
siete?”domandò Erica avvicinandosi anche lei con la bacchetta luminosa ai tre
che non risposero se non con una faccia perplessa.
Sempre
con la bacchetta in manoSofia si avvicinò agli altri senza staccare lo sguardo dagli
sconosciuti, la bacchetta pronta a colpire, ma quelli non davano segni di voler
attaccare in alcun modo, anzi li guardavano e si guardavano tra loro confusi
mormorando mezze parole in una lingua che non era di certo l’italiano.
Poi
la luce delle bacchetteandò ad illuminare un particolare sul viso del ragazzo dai
capelli corvini.
Senza
dare troppe spiegazioni Sofia puntò la bacchetta in un punto non molto definito
e mormorò “Accio
bacchette”. Le tre bacchette volarono veloci nella sua mano libera cosicché le
poté restituire ai legittimi proprietari tra i mormorii perplessi di Erica e Micael.
“Lumos” disse infine anche lei in modo
tale che tutti e sei fossero completamente illuminati,
poi parlando agli amici ma con gli occhi fissi sul ragazzo bruno, sul volto
l’espressione più stupita che i suoi amici le avessero mai visto fare, gli
occhi sbarrati e la bocca arricciata in uno stranissimo sorrisetto, mormorò:
“Rica,
Mic abbassate le bacchette… non ci posso credere… ma
questo è Harry Potter!”
Et Voilà
ecco a voi il terzo capitolo!!!
Spero vi piaccia, io mi sono divertita a scriverlo…e questo non è che l’inizio! Mi
scuso se qualcuno lo troverà un po’ lungo e pieno di mille informazioni, ma per per fare una casa decente ci
vogliono buone fondamenta! Non so se è chiara la metafora! :-p
Un grazie a tutti i lettorie un bacio gigante
di ringraziamento a Lady Aria e Frulli che hanno lasciato un commentino al
secondo capito! Mi rendono sempre tanto felice le recensioni *.* quindi, please, fatele ^_^!
Quattro
occhi guizzarono come saette sul volto e poi sulla fronte del ragazzo con gli
occhiali andandosi ad unire ai due azzurri che già erano fissi, curiosi, su
quelli di lui.
Altri
quattro occhi si muovevano sui volti sconosciuti dei tre studenti dalle divise
verdi bosco. Poi la ragazza dai lunghi capelli castani, che si trovava alla
destra del ragazzo dai capelli rossi situato al centro del terzetto, si allungò
dietro la schiena del ragazzo rosso che in quel momento stava fissando Erica, e
tirò la manica della felpa del moro per attirare la sua attenzione. Quando la
ebbe ottenuta indicò lo stemma cucito sul mantello dei tre: rappresentava una
grande A dorata su fondo verde smeraldo, accanto alla lettera si trovava una
bacchetta del medesimo colore, alla quale era intrecciata una rosa, dietro la Asi
trovava il profilo di un sole splendente, entrambi annuirono.
Micael,
Erica e Sofia fissavano la scena perplessi, poi la
ragazza castana face un passo verso di loro e sforzandosi tentò di parlare: “Sorry…ehm...we…ehm…io…sò-no…Hermione- disse
indicandosi, poi continuò- he…ehm…egli..e…Ron- arrossì vedendo i tre studenti dell’Abraxa pendere
dalle sue labbra, poi fece un gesto frettoloso con la mano e concluse seccata
per non riuscire a farsi capire bene - He’s Harry”
I
tre inglesi guardavano speranzosi e divertiti l’amica
e i loro coetanei italiani aspettando un cenno di comprensione. Erica si coprì
la bocca con le mani per non ridere, Sofia si diede un pizzico sul braccio per
lo stesso motivo, Micael, con la stessa espressione e voce di un hostess d’ aereo babbano disse ad alta voce, in un
inglese alquanto stentato:“Nais tu mitiu!”.
A
questo punto Sofia ed Erica esplosero in una risata che echeggiò fragorosa nel
cortile, si piegarono a terra, mentre Micael lanciava loro un’occhiata di
rimprovero, nel frattempo Ron le osservava divertito come Harry, mentre
Hermione li guardava interrogativa e seccata, forse timorosa che la stessero
prendendo in giro.
Poi
alcune voci provenienti dall’interno dell’edificio del dormitorio li misero
all’erta, i tre inglesi si strinsero fra loro, Micael gli
getto addosso malamente il mantello, tanto che erano ancora visibili
mezzo braccio di Hermione, i piedi di Ron e la punta di una scarpa di Harry.
Tre
voci contemporaneamente bisbigliarono “Nox”
proprio pochi secondi prima che uno dei proprietari
delle voci raggiungesse il cortile. I tre ragazzi dell’Abraxa finsero di
parlare tra loroinneggiando
ad alta voce alla vittoria della Civetta.
“Sireni,
Revenin e Revenin! Che cosa fate ancora in giro?”. Era
la voce del Professor Tuonombri che rimbombava nel cortile “E soprattutto che
cosa avete da fare tanto chiasso? Mi chiedo come i miei colleghi a fidarsi di
TE, Revenin! Sei un disastro come caposcuola!”. Concluse
con uno sguardo sprezzante rivolto al malcapitato Micael.
Il
ragazzo strinse forte la mano sul suo mantello, tremante di nervosismo e di
rabbia, fortunatamente Erica parlò prima che potesse farlo lui:”Ehm, Professore, ci scusi- disse in tono fin troppo
gentile- andremo subito nei nostri dormitori.- Fece qualche passo verso
l’insegnante- Però, visto che è qui, vorrei chiederle di chiarire un mio dubbio
sull’ultima lezione.” Oramai Erica si trovava a piccola distanza dal Professore
che aveva un mezzo sorriso stampato in faccia e la guardava sospettoso ma nello
stesso tempo compiaciuto per quell’ improvviso
interesse. Con una mano dietro la schiena Erica nel frattempo faceva cenno agli
amici e agli altri di allontanarsi.
Sofia
diede una piccola pacca sul braccio a Micael e a qualcuno sotto il mantello
quindi si allontanarono raggiungendo velocemente il salone di
accesso ai dormitori.
La
grande sala luminosa era quasi vuota: su un divanetto
appartato si trovava una coppietta che tubava, e appoggiati ad un tavolino
vicino alla scala di destra c’erano due ragazzini del secondo anno che
giocavano a scacchi magici.
Micael
e Sofia si sederono su un divanetto quasi al buio, poi
da sotto il mantello udirono la voce della ragazza mormorare “Muffliatio”, e intorno a loro sentirono
un mormorio indistinto.
“C-
cos’è?” chiese confuso Micael a Sofia strofinandosi le orecchie.
“Non
saprei”rispose Sofia stringendosi nelle spalle “Dovremmo chiederlo a lei!” concluse ridacchiando e guardando nel punto in cui avrebbero
dovuto trovarsi i tre stranieri.
“E brava! Vuoi che parli io? Così magari ti fai un’altra
risata!” ribatté Micael in tono di sfida guardandola
cupo, ma la ragazza mora era assorta nei suoi pensieri e non ci badò.
Poi
ad un tratto si alzò in piedi, con un gesto veloce prese la bacchetta di legno
di quercia e facendo un respiro mormorò tra sé:” Spero
funzioni, lo abbiamo provato poche lezioni - di nuovo un sospiro, poi puntando
la bacchetta verso il luogo dove erano seduti i tre sotto il mantello (si
notavano dall’abbassamento del cuscino del divanetto di fronte al loro) ripetè-
Traslatiofavilla, Traslatiofavilla,
Traslatiofavilla”
Dalla
bacchetta fuoriuscì una sottile scia di luce di tre colori, che si divise in
vari filamenti più piccoli che si posarono, in corrispondenza della gola e
delle orecchie dei tre studenti inglesi; quindi Sofia parlò di nuovo:
“Mi
capite ora?”
Rispose
la voce di un ragazzo:”Ma che diamine ci ha fatto ‘sta
tipa?”
“RON!
– esplose la voce femminile- Smettila, sei un
maleducato! Prima la parolaccia, ora questo! Ma che modi!” la voce della
ragazza aveva ancora un forte accento straniero, ma si capiva benissimo il suo
italiano, come quello del ragazzo, Sofia ridacchiava mentre
Micaelascoltava a bocca aperta, poi la
ragazza dai capelli neri esclamò: “Wow, Melissa è un genio, io l’ho sempre
detto! Quest’incantesimo l’ha inventato lei!-Spiegò al cugino, poi guardò verso
il divano in apparenza vuoto sorridendo- Mie cari
ospiti finalmente ci capiamo…però ancora non possiamo vederci…uhm… ma quanto ci
mette Erica?...Oh eccola qui!”
Erica
arrivò correndo, quindi guardò gli amici confusa dal
mormorio che le era penetrato nelle orecchie appena si era avvicinata ai due
compagni, poi in fretta disse”Andiamo!”.
Tutti,
visibili o no, si alzarono e la seguirono: si diressero dapprima verso la scala di sinistra, ci passarono avanti senza
salirci, poi la costeggiarono appiattiti contro il muro per una decina di
metri.Harry, Ron ed Hermione andavano
molto lentamente, il mantello li copriva davvero male, molte parti di loro
sbucavano in più punti, ad un tratto la testa di Ron fu del tutto fuori,
prontamente ricoperta da Harry con un gesto impaziente. Inoltre, dato che
camminavano strisciando contro il muro, spesso il mantello si
impigliava in qualche sporgenza, rischiando di scoprirli del tutto, non
erano ancora al sicuro da sguardi indiscreti, lì.
Ad
un tratto Erica e Sofia, che conducevano la fila, si fermarono di colpo, di
fronte a loro si trovava una bassa colonna sovrastata da una piccola scultura
bronzea raffigurante una grossarana bitorzoluta, con sotto una targa
con su scritto “Il principe che sposò una
rana”, dietro la colonna vi era una grossa vetrata che si apriva sul parco
dietro la scuola, si vedeva anche il campo di Quidditch, fortunatamente, data
l’ora tarda, nessuno passava di lì.
Non
appena le due ragazze giunsero davanti alla statuetta
questa aprì gli occhi e guardò verso di loroche prontamente dissero in coro, ma senza alzare la voce:”Rana! Rana!”
“Chi
mi chiama?”domandala statua.
“L’amor
tuo che poco t’ama” risposero le due ragazze tra gli sguardi perplessi dei
nuovi arrivati.
“Se non m’ama mi amerà, quando bello mi vedrà!” disse la rana
di bronzo con aria saccente, alzando la testa e abbassando le palpebre. Sofia
ed Erica si chinaronodiedero
un bacio sul mento del rospo che si trasformò in un minuscolo principe di
bronzo che fece scattarecon una
microscopica chiave la serratura di una botola accanto alla colonna.
Ad
un cenno delle ragazze gli altri quattro si mossero e si diressero veloci giù
per una ripida scala a pioli ed entrarono in una stanza piuttosto piccola, ma
davvero carina.
C’era
una libreria di modeste dimensioni dove erano posati i frutti delle scorribande
di Erica e Sofia nelle cucine,qualche libro usato e qualche residuo di
candela. A terra si trovavano numerosi giganteschi cuscini poggiati su un
tappeto consunto che riempiva gran parte del pavimento
della stanza.
Ron,
Hermione ed Harry si tolsero finalmente il mantello, per un attimo i sei
ragazzi si guardarono perplessi, sorridendosi imbarazzati. Era veramente assurdo
trovarsi lì davanti ad una persona tanto famosa, una di quelle cose che succedono solo nelle fantasie più sfrenate. Dal canto loro i
tre inglesi si sentivano piuttosto a disagio, non avevano
previsto quell’incontro.
Ad
un tratto Micael non riuscì più a trattenersi e puntando gli occhi azzurri su
Hermione domandò:”Cos’era quell’incantesimo che hai
fatto prima..Muffato..mi pare che hai detto.”
Hermione
sorrise divertita, così come i suoi due amici, poi con gentilezza spiegò”La
parola è Muf-fli-a-tio,
serve a creare un mormorio che non fa sentire cosa ci si dice alle persone
esterne alla conversazione- punto gli occhi su Sofia - e quell’
incantesimo che hai fatto? Dove lo hai trovato?Sembra molto utile!”
“Eh
eh eh- ridacchiò Sofia in tutta risposta- questo incantesimo
l’ha inventato una mia compagna del corso di Sperimentazione Incantesimi, però
è la prima volta che lo provo su un vero straniero!”
“Sperimentazione
incantesimi?” chiese Harry con espressione smarrita, parlando
per la prima volta, era stato pensieroso tutto il tempo. Sofia lo
osservò arrossendo appena sulle gote, perciò Micael fu più veloce di lei nel
rispondere e spiegò: “E’ una delle materie supplementari che si scelgono dal
sesto anno nella nostra scuola: Sofia ha scelto Sperimentazione incantesimi e
Magie Arcaiche, Erica Guarigione Magica e Creazione di manufatti magici, come
me, solo che io, invece di Guarigione, ho scelto Difesa Avanzata perché voglio
fare L’Auror!” concluse Micael gonfiando il petto e lanciando un’occhiata
fulminante alle due amiche che stavano già per scoppiare a ridere, mentre
Hermione ascoltava affascinatal’elenco di tutte queste nuove
materie.
Poi
il ragazzo dai capelli rossi parlò, anche lui con un forte accento
inglese:”Noi però non conosciamo i vostri nomi!” disse con spontaneità.
“Oh!
E’ vero! Per la barba di Merlino!- Esclamò Erica- Che
figuraccia! Comunque… io sono Erica, questa è la mia
cara amica Sofia, e lui è il nostro amicone Micael!”
“Piacere
di conoscervi!” risposero i tre in coro, anche se tra tutti Harry aveva
l’espressione meno spensierata, come se portasse un grosso peso nell’anima.
Terminate
le presentazioni, ci fu qualche momento di silenzio imbarazzante: i tre inglesi
si guardavano intorno e dondolavano sulle loro gambe, Erica preparava un
vassoio condolcetti
di ogni genere e bicchieri di succo di zucca, Micael la fissava imbambolato,
mentre Sofia giocherellava col suo ciondolo, lo sguardo perso nel vuoto.
Poi
all’improvvisoErica
lanciò un urletto, mentre tre bicchieri di vetro
cadevano dal vassoio frantumandosi cosicché il loro contenuto arancione si
espanse sul pavimento.
La
ragazza minuta si voltò verso Sofia e gridò, con il tono di chi ha fatto la scoperta del secolo: “PHI…PHI!!!! Ci hai
azzeccato! Ora ho capito! MIC! Hai capito anche tu?”. Erica era davvero
agitata, Sofia e Micael si guardarono dubbiosi, Ron, Hermione ed Harry erano
basiti, meno di tutti gli altri riuscivano a raccapezzarsi in quella storia.
Erica
prese Sofia per le braccia e la scosse con volto incredulo: “UFFAAA!!! Sofia! Possibile che solo io abbia capito? Eppure siete
voi i cervelloni del gruppo!- smise di scuoterla-
Bene, allora vuol dire che vi aiuterò io a fare due più due: ricordi la
tua…profezia: Quando la tonda signora che i lupi risveglia nascerà nel suo
regno animato da piccole luci, colui che porta il segno e i suoi fidati
verranno nella casa assolata dei maghi!” terminò Erica in fretta guardando
speranzosa l’amica e l’altro ragazzo. I tre inglesi piombarono sui cuscini
massaggiandosi le tempie molto confusi.
Sofia
li guardò e il suo volto assunse di nuovo un’aria cupa e triste, mentre negli
occhi del cugino balenò un lampo di comprensione: “MA CERTO!!!-
esclamò battendo un pugno sul palmo della mano- La tonda signora che i lupi
risveglia è la luna, che infatti stanotte è nuova, per questo la profezia
diceva nascerà- rimase pensieroso per
qualche istante, poi continuò- uhm… il suo regno animato da piccole
luci…dovrebbe essere il cielo stellato… uhm Certo certo….colui che porta il segno sei tu! – disse indicando Harry che
inconsapevolmente si schiacciò i capelli sulla fronte a coprire la cicatrice- i
suoi fidati siete voi- osservò Ron ed Hermione- e la
casa assolata dei maghi… bhè dovrebbe essere la nostra scuola”. Concluse
osservando il blasone applicato sulla divisa.
Erica
batté le mani tutta contenta mentre con voce acuta
diceva”Bravo Mic, quando ti ci metti lo usi il cervello!!! E brava Phi! Sei proprio un’indovina!” concluse
per alleggerire l’atmosfera, solo che voltandosi scoprì che l’amica era seduta
a terra, con le ginocchia appoggiate al petto e le braccia strette intorno ad
esse, il volto completamente nascosto dalla massa di riccioli corvini che erano
ricaduti in avanti.
Con
una veloce e leggera corsetta corse ad abbracciarla, Micael
divenne cupo e dispiaciuto.
Ron
ed Hermione la osservavano increduli. Harry aveva stretto gli occhi ed aveva un espressione indefinibile, poi con un filo di voce domandò
senza staccare gli occhi dalla montagna di capelli che coprivano la faccia
della ragazza mora: “Una profezia?”.
Ma per qualche minuto ricevette come risposta solo un
pesante silenzio.
Eccomia
voi con il quarto capitolo. E’ stato divertente scriverlo, ma si tratta di un
capitolo di transizione. La *parola magica*che le due ragazze devono recitare
alla rana, così come l’iscrizione sotto di essa, sono parte di una fiaba
presente nella raccolta “Fiabe italiane” di Italo Calvino.
Ringrazio L. Aria e Tsukino
per i commenti al 3° capitolo , grazie mille, mi
rendono come sempre felice (le altre squadre di Quidditch dell’Abraxa sono una
sorpresa!:P…saranno citate più avanti, così come si troveranno altre
spiegazioni sulla struttura della scuola che differisce da Hogwarts in alcuni
punti, oltre al fatto che non è divisa in Case).
Il silenzio nella piccola sala
sotterranea era diventato estremamente pesante in
pochissimo tempo.Ormai era passato
quasi un minuto dalla domanda di Harry e nessuna risposta era arrivata alle
orecchie dei presenti.
Erica aveva un
braccio intorno alle spalle di Sofia e con la mano libera le accarezzava
i capelli. Gli occhi scuri erano però puntati su Micael come a chiedere
spiegazioni, mail ragazzo non aveva saputo rispondere se non con un’alzata di
spalle.
La fanciulla
dai capelli neri tremava sotto il braccio dell’amica, poi, ad un tratto, con un
gesto brusco si scrollò dall’abbraccio e scattando in piedi col volto rosso e
gli occhi gonfi per lo sforzo di trattenere lacrime di rabbia gridò in direzione
di Erica e Micael: «NON SAPETE PROPRIO TENERE CHIUSE QUELLE
CAVOLO DI FOGNE CHE CHIAMATE BOCCA?!?!».
«Ma..Phi…noi…» azzardò
Erica
«STAI ZITTA!!!» Urlò la ragazza dai
capelli ricci.
«Sofia… mi dispiace…questo non è il
mo…» cercò di interromperla Micael
«STUPIDO! TACI ANCHE
TU!»
Facce attonite la osservarono, poi
Sofia ancora più rossa in volto vergognandosi di sé stessa per quella sfuriata,
si voltò di schiena e con la faccia nascosta fra le mani si andòrintanare in un angolo
.
Erica mandò uno sguardo accorato a
Micael che le rispose con un’occhiata perplessa alzando le mani. I tre ragazzi
inglesi erano visibilmente a disagio e si osservavano tra loro in imbarazzo.
Di nuovo il silenzio più assoluto tornò
nella sala, poi la ragazza dai capelli mori parlò, con voce bassa, poco più che
un sussurro, come se si rivolgesse a sé stessa: « Adesso anche loro mi
crederanno strana….». La frase risuonò tristemente nell’assoluto vuoto di parole
che regnava nella stanza. Erica corse alle spalle di Sofia stringendola e
chiedendole mille volte scusa. Anche Micael, impietosito dal comportamento della
cugina e con lo stomaco stretto in una sorta di senso di colpa inspiegabile si
era avvicinato a lei posandole una mano sulla spalla.
Sofia era ancora terribilmente
arrabbiata perché ancora una volta non aveva avuto la possibilità di conoscere
qualcuno che la valutasse per quello che era invece che per quello che poteva
fare. Non voleva passare per una pazza visionaria davanti a Harry Potter ed ai
suoi amici, che in cuor suo ammirava da tempo. A scuola tutti la scansavano e
ora rischiava di fare la stessa fine anche con quei tre ragazzi appena
conosciuti.
Dava ancora la schiena ad Erica e
Micael e per la prima volta provava per loro un sentimento negativo, se avesse
potuto avrebbe dato una sberla ad entrambi: come era possibile che le sole due
persone che davvero la conoscevano fossero state tanto avventate da metterla in
difficoltà davanti a degli estranei?
Non li guardava, non ne aveva voglia.
Se li avesse guardati avrebbe visto le loro facce tristi, il dispiacere per
averla fatta stare male, li avrebbe compresi, li avrebbe perdonati, avrebbe
fatto la parte della ragazza matura come sempre, ma non ne aveva voglia, non in
quel momento.
Per una volta voleva essere arrabbiata.
Per una volta, voleva fare i capricci, voleva le attenzioni che praticamente mai
le erano date.
Erica la stava stritolando da dietro e
Micael continuava ad accarezzarle la testa mormorando, come una nenia per farla
calmare: «Scusa Phi…Scusa Phi…Scusa Phi…».
Ad un tratto sentì Erica lasciare
l’abbraccio, Micael smettere di lisciarle i capelli. Una piccola mano soffice e
sconosciuta afferrò la sua, poi un’altra le serrò la spalla con delicatezza,
vicino a quest’ultima se ne posò una terza che senza troppi complimenti la
spinse a girarsi.
Davanti a lei si trovavano i tre
ragazzi inglesi che la fissavano. Sofia sentì il rossore salirle alle guance: e adesso? Pensò tra
sé.
Poi Harry prese la parola rivolgendole
il primo vero sorriso da quando erano arrivati, Ron ed Hermione la guardavano
con volti distesi e sorridenti che le fecero tornare almeno un pizzico di
buonumore, Erica e Micael erano alle sue spalle a godersi la scena, ma la
giovane dagli occhi azzurri non poteva vederli.
«Perché fai così? Noi non abbiamo paura
di te- gli altri due scossero la testa come a rinforzare ciò che Harry stava
dicendo- Tu sembri una ragazza per bene e non ci importa cosa tu vedi o non
vedi!»
«Anche perché – si intromise Ron- siamo
abituati alle cose che vede Harry!» concluse mollando una grossa pacca sulla
spalla dell’amico che perse l’equilibrio e precipitò addosso a Sofia, la quale
divenne color fuoco.
«Ron!» Gridò Hermione petulante con la
faccia che pareva avesse scritto sopra: cosa- ti -salta- in- mente- di-
dire.
Ron, rimasto colpito dal rimprovero,
accigliato guardò Harry che però stava ridendo a crepapelle per la caduta. Anche
Micael e Erica se la ridevano di gusto, ed infine pure Sofia, asciugandosi gli
occhi col dorso della mano, dimenticò il rancore di poco prima e scoppiò a
ridere sentendosi davvero molto sciocca per quello che aveva
pensato.
Le risate e le parole li accompagnarono
per alcune ore condite con del buon succo di zucca e con delle ottime crostatine
sgraffignate con abilità dalla dispensa della scuola per merito di Erica e Sofia
(ovviamente Micael, essendo caposcuola, preferiva pensare che le due ragazze le
avessero acquistate regolarmente in qualche negozio di cibarie
magiche).
Fu molto divertente, per i sei ragazzi
di nazionalità diverse, ascoltare il racconto delle loro avventure a scuola,
fare l’imitazione dei professori più buffi o più temuti. Ad un tratto Micael
buttò un occhio sul quadrante dell’orologio e con suo sommo disappunto, scoprì
che erano le tre del mattino.
«Ehm…scusate se faccio il guastafeste,
ma sono le tre!» bisbiglio con espressione seriamente dispiaciuta guardando i
compagni di quella notte.
«Per il cappello di Morgana!- esclamò
Erica quasi strozzandosi con un boccone di crostatina- E
adesso?»
Fra i sei scorsero fugaci occhiate che
mostravano nello stesso tempo panico e divertimento poi Hermione fece notare:«
Ma noi…ehm…dovremmo fermarci qui per un po’…dove possiamo
restare?»
«Accidenti!- disse Sofia dandosi una
pacca sulla fronte- E adesso?» Rimase pensierosa per un po’, poi gattonò verso
Micael e scuotendolo per le spalle lo apostrofò con voce agitata: « Cugino! Tu
sei il genio delle pozioni! Inventane una che li renda invisibili! Renditi utile
una volta tanto!»
Micael un po’ nauseato da tutto quello
sbattere pazientemente rispose staccando con delicatezza le mani di Sofia dalle
sue spalle: « Sofia… quella pozione esiste da un secolo! Ma ci vuole più di una
settimana per preparala in modo efficace»
Sofia lanciò uno sguardo ad Erica, poi
cadde supina sospirando: «E ora come si fa?»
«Credo... non meno di una settimana»
rispose il ragazzo pensandoci appena.
«O forse di più, e dovremmo poter
muoverci» aggiunse Ron guardando Erica.
«Che dovete fare?» domandò curioso
Micael.
«Questo per il momento è un segreto!»
bisbigliò Harry con aria seria e sui volti dei tre italiani apparve subito
un’espressione delusa.
Per qualche minuto le loro menti
lavorarono in silenzio cercando un modo, un incantesimo, un oggetto magico che
permettesse ai tre stranieri di muoversi tranquillamente, chiaramente Harry era
da nascondere più degli altri, perché più facilmente
riconoscibile.
Dapprima Ron pensò che avrebbero potuto
allontanarsi da quella stanza a turno per fare ciò che dovevano. Tuttavia l’idea
fu scartata perché in quel modo i tre avrebbero perso davvero troppo tempo e
troppe lezioni alla loro scuola (Spiegarono che la preside di Hogwarts gli aveva
dato il permesso di allontanarsi ma per il minor tempo possibile, e solo perché
Hermione poteva spiegare agli altri ciò che era in programma per qualche
giorno).
L’idea della pozione era davvero
impraticabile, e anche quella di procurasi o tessere nuovi mantelli
dell’invisibilità lo era altrettanto: ci sarebbe voluto troppo
tempo.
Alla fine a Sofia balenò in testa la
soluzione: « Perché non usiamo l’incantesimo di
disillusione?»
Ci fu un attimo di pensieroso silenzio
che poi venne di nuovo interrotto da Hermione «Sì è un’idea strepitosa! Possiamo
farlo su noi stessi e quando l’effetto starà per scomparire non c’è bisogno che
qualcun altro ci venga in soccorso!» disse tutto d’un fiato con grande
entusiasmo.
«Però dobbiamo esercitarci… conosciamo
l’incantesimo ma non lo abbiamo mai praticato» obiettò Harry e vide il viso di
Hermione afflosciarsi un po’ mentre l’eccitazione calava bruscamente alle parole
dell’amico.
«Bhè che aspettiamo!? Esercitiamoci
insieme allora!» esclamò Micael con l’intento di riportare la conversazione sul
livello allegro di poco prima.
Erica corse a prendere un vecchio libro
d incantesimi che si trovava sulla libreria, poi, osservando il gesto che faceva
il mago disegnato sulle pagine pronunciò la parola magica e puntò la bacchetta
su Sofia. La ragazza dai capelli mori sentì come una scia di liquido freddo
scorrerle sulla schiena, poi gran parte del suo corpo assunse lo stesso colore
della parete scrostata della stanza, ma spiccavano ancora la chioma arruffata,
gli occhi e una mano: decisamente non andava.
Tra le risate generali passarono tutta
la notte ad esercitarsi sugli altri e su sé stessi e solo alle sei del mattino,
appena un’ora prima della sveglia ufficiale, i tre ragazzi inglesi riuscirono ad
ottenere risultati decenti nell’incantesimo e nel contro
incantesimo.
Micael, Erica e Sofia erano sbracati
sui cuscini, morti dal sonno ma non abbandonarono gli ospiti neppure un secondo,
anzi li incoraggiarono moltissimo, approfittando per provare anche loro quella
nuova magia.
In fretta arrivarono anche le sette e
mezza e con loro l’ora di fare colazione. Per non destare sospetti i tre
italiani corsero nella sala grande e accomodandosi in un punto piuttosto isolato
dell’enorme tavolo, tra uno sbadiglio e l’altro discutevano di ciò che era loro
accaduto, ancora increduli. Non era mai capitato che dovessero tenere un segreto
tanto grande: avevano buttato lì a Harry e gli altri l’idea di rivelare ad
un’insegnante di fiducia o alla Preside la loro presenza all’Abraxa, ma i tre
studenti di Hogwarts non erano stati per nulla d’accordo. Hermione, facendosi
portavoce del pensiero dei tre, aveva spiegato che per il momento era meglio
tenersi nascosti, e che già il fatto che loro tre li avessero scoperti li aveva
mandati non poco in crisi all’inizio.
Micael, Erica e Sofia perciò,
rassegnati all’idea di non poter chiedere l’aiuto di nessun adulto,
confabularono per molto tempo per discutere nel minimo dettaglio ogni
provvedimento da prendere per rendere il più confortevole possibile il soggiorno
clandestino di Harry, Ron ed Hermione: decisero che avrebbero prelevato dalle
cucinetutto il necessario per il
loro vitto (ignorando completamente i borbottii, peraltro poco convinti, di
Micael che piagnucolava sulle conseguenzedelle loro azioni sul suo ruolo di Caposcuola), avrebbero attrezzato con
altri cuscini econ delle coperte
la loro saletta segreta in modo che i tre potessero riposare comodamente, e,
come avevano concordato poco prima di andare a colazione, avrebbero preso in
biblioteca i libri che eventualmente potevano essere utili alle ricerche dei
tre.
Per tutta la mattinata gli studenti
dell’Abraxa non videro quelli di Hogwarts in quanto furono molto occupati con le
lezioni, ma nel pomeriggio, Sofia scese con molta discrezione nella stanza della
rana e trovò i tre, evidentemente svegli da poco, intenti a stiracchiarsi e ad
aggiustarsi le vesti, era da sola perché Micael ed Erica erano agli
allenamenti.Non appena la videro
tutti e tre le rivolsero un sorriso gentile, poi Ron indicando i resti della
colazione, la faccia concentrata a cercare le parole, guardandola disse: «Molto
buono! Italiani…ehm….cucina… ehm… bene».
Sofia non poté far altro che rispondere
con un larghissimo sorriso e uno squillante «Grazie!!!». Quindi anche lei si
sedette su uno dei cuscini e, senza fare l’incantesimo di traduzione
continuarono tutto il pomeriggio ad insegnarsi parole a vicenda (come sempre in
questi scambi culturali si finì ben presto a insegnarsi le parolacce nelle
rispettive lingue). Anche Harry sembrava molto interessato e divertito: era
buffo sentir parlare loro in italiano e Sofia in inglese. Il tempo passò di
nuovo molto in fretta, per la giovane dai ricci capelli mori stare con Harry,
Ron ed Hermione era come respirare una boccata d’aria fresca, ricordava di esser
stata così bene davvero poche volte nella sua vita.
Quando Erica e Micael li raggiunsero
dopo gli allenamenti erano tutti e quattro profondamente
addormentati.
Eccomi
finalmente qui con il 5° capitolo, spero vi piaccia perché io non ne sono
pienamente convinta. Mi scuso per l’immensa lentezza con cui ho aggiornato, ma
tra feste e ritorno alla routine quotidiana con università, lavoro e tutto il
resto credo che d’ora in poi non potrò essere mai molto veloce, abbiate pazienza
J.
Ovviamente
mando un mega GRAZIE a Tsukino, Lady Aria e Minako che sono state tanto gentili
da commentare l’ultimo capitolo. Un sentito grazie va anche a coloro che pur non
avendo commentato si sono soffermati su questa mia piccola storia. Per quanto
riguarda Harry diciamo che non è proprio triste...lo definirei più che altro
pensieroso… il resto lo scoprirete più in là se avrete voglia di continuarea seguirmi.
E’
strano come ogni cosa cambi col tempo. E’ strano che degli occhi, un viso, un
sorriso prima sconosciuto entrino tanto dentro di noi da comparire nella nostra
mente ogni volta che chiudiamo gli occhi. E’ strano
come dei nomi che prima non erano nient’altro che
tali, diventino d’un tratto una cosa viva e vera, una persona, con un volto,
uno sguardo, un sorriso, una voce.
Ed
è incredibile come presto si arrivi ad affezionarsi a
tutte queste cose tanto che il solo loro ricordo ci portia sorridere come se d’improvviso fosse uscito
l’arcobaleno.
Un
sorriso nacque inconsapevolmente sul viso di Sofia che, seduta sul largo
davanzale del dormitorio che divideva con Erica ed altre tre ragazze, la fronte
attaccata al vetro freddo pensava ai tre ragazzi inglesi ai quali si era
straordinariamente affezionata. Un po’ più insistentemente degli altri appariva davanti ai suoi occhi lo sguardo color smeraldo del
ragazzo con gli occhiali.
Un voce maliziosa e divertita che sussurrava al suo
orecchio la fece come precipitare dalla nuvola su cui si era ritirata per farla
precipitare bruscamente sulla terra:«
Allora è Harry o Ron-
bisbigliò divertita Erica – bhè Ron non te lo consiglierei…tra lui e Hermione
credo ci sia qualcosa» concluse staccandosi da Sofia con l’aria pensierosa di
chi la sapeva lunga. Poi gli occhi castani si appuntarono come frecce sul viso
della ragazza mora che nel frattempo aveva assunto un colorito che sfumava dal
rosso cardellino al porpora, la bocca semi apertae le mani che si agitavano convulsamente in
segno di diniego, solo qualche secondo più tardi i gesti furono raggiunti dalle
parole: «Ma cosa dici!!!Ti sei bevuta il cervello!!!-
disse ad alta voce sempre più rossa - non mi piace proprio nessuno!». Concluse con sincerità, ma all’improvviso come un flash le
apparve una scena di un giovane moro che l’abbracciava stretta e sentì lo
stomaco rivoltarsi in preda ad una forte nausea stranamente piacevole, le
guance surriscaldarsi a tempo di record e una sensazione di calore tiepido
riempirle il petto, di nuovo la voce della ragazza dai capelli corti la riportò
alla realtà facendo fare una brusca frenata, con tanto di sgommata, alla sua
fantasia che già trottava felice tra passeggiatela chiaro di luna, abbracci
mozzafiato e baci da romanzo.
«
O Cielo Phi! Torna sul pianeta Terra!» le disse
dandole un pizzico su un braccio che provocò in Sofia un urletto di dolore, e
le risate dell’amica che sentenziò: « Insomma sei proprio
cotta!»
«
Non è vero!- rispose la fanciulla mora- non essere
ridicola, loro se ne andranno tra pochi giorni!»
«
E allora? Esistono i gufi e molto altro per restare in
contatto! Poi sareste così carini tu e Harry!- disse
con sguardo sognante- E poi non c’è nessuno che meriti più di
te un po’ di felicità Phi!» concluse Erica sincera stampandole un bacio
rumorosi sulla fronte, in modo molto materno, voltansi subito dopo a finire di
preparare la borsa in fretta e furia.
Sofia
non rispose, ma mentre infilava i calzini e le scarpe sorrideva
cullandosi nel meraviglioso mondo che solo le parole dell’amica erano riuscite
ad aprirle.
Poi,
come tutte le mattine trascinò Erica a fare colazione prima che dalla tavola
scomparisse ogni cosa, ma diversamente da tutte le altre
mattina quella giornata le appariva piena di meraviglie che fino a pochi
giorni prima non le pareva esistessero neppure.
*
Nonostante
le rosee aspettative di Sofia la mattinata trascorse
secondo routine, nulla di speciale. Prima ora di Incantesimi,
poi due ore di Pozioni, un’ora di Storia della Magia
(a dire il vero piuttosto terrificante) ed infine un’ora di
Difesa contro le Arti Oscure, probabilmente l’unica davvero interessante di
tutta la mattinata, inoltre allietata dall’entrata di Ron dietro la
professoressa. Era ovviamente disilluso e quindi tanto Erica che Sofia lo notarono solo quando si avvicinò a loro mormorando i loro
nomi. In fretta Sofia praticò su di lui l’incantesimo di traduzione e la prima
cosa che gli sentirono dire, con lo sguardo fisso sulla Professoressa Lignoti:« Wow!Mi piace Difesa contro
le arti oscure!».
Le
due ragazze ridacchiarono prendendosi una bella sgridata dall’insegnante che
effettivamente si notava subito per la sua avvenenza e per l’abbigliamento tutt’altro che sobrio. La giovane insegnante indossava infatti abiti all’ultima moda e sfoggiava lunghi capelli
rosso ciliegia che ondeggiavano a ritmo col corpo sinuoso. Oltre
tutto questo era una validissima professoressa e in quel momento, mentre
stava spiegando con voce ammaliante le tecniche di difesa contro i vampiri,
decine di occhi erano puntati su di lei.
Il
ragazzo dai capelli rossi era semplicemente incantato e l’ora volò anche per
Sofia ed Erica in un batter d’occhio, tra una battutina e l’altra.
Al
suono del pendolo tutti e tre presero le borse e uscirono per precauzione quando oramai l’aula era vuota, diretti nella
sala grande per il pranzo.
«
E’ bravissima» sussurrò loro Ron con voce sognante( probabilmente lo era anche
il suo sguardo ma Erica e Sofia non potevano vederlo).
«Dici
così solo perché è bella» osservò con sincerità Erica « Voi maschi siete
proprio scemi... vi bastano due belle gambe per andare in tilt»
« E voi ragazze non sapete apprezzare le bellezze della
natura!» Ribeccò Ron allegramente seccato.
«Ma a te non piaceva Hermione?» domandò candidamente Sofia
ripensando al discorso fatto con Erica poche ore prima.
Non
giunse nessuna risposta, solo il rumore di qualcosa che cadeva dalle mani di
Ron. Se non fosse stato trasparente le due avrebbero
notato che viso, capelli e orecchie dell’inglese erano dello stesso colore. A
produrre il rumore era stato un grosso libro che il ragazzo dai capelli rossi
aveva disilluso per portarlo con sé. Molti studenti si voltarono, per fortuna un secondo prima che lo facessero Erica aveva
poggiato a terra un suo libro e per coprire il pasticcio stava facendo finta
che fosse stato quello a fare rumore.
Prima
della sala grande le loro strade si divisero. Ron molto imbarazzato le salutò
tra i risolini di Erica e Sofia che avvicinandosi all’orecchio
dell’amica sussurrò:«Forse non dovevo dirlo?». La ragazza dai capelli biondi si
limitò a ridacchiare.
Davanti
all’entrata della grande sala le aspettava Micael con
il quale si recarono subito a mangiare.
A
dire il vero Sofia non aveva molto appetito e passò tutto il pranzo
a fissare il soffitto sul quale quel giorno era rappresentata la
romantica e triste storia di Enea e Didone.
Micael,
dopo aver divorato all’incirca mezzo chilo di pasta e una
bistecca gigante, si accorse dello strano comportamento della cugina che
in quel momento aveva la forchetta sospesa a mezz’aria e il viso sognante. Il
suo piatto di pasta era ancora quasi pieno.
«Che ha fatto?» domandò curioso ad
Erica che si limitò a sorridere con un sospiro sognante. Micael ovviamente ne capì ancora
meno, ma decise di non domandare oltre, in fondo era consapevole del fatto che
comprendere la mente di una ragazza era assai più complicato che preparare un
Veritaserum.
Quel
pomeriggio tutti e tre gli studenti dell’Abraxa avevano le lezioni delle
materie supplementari e Micael ed Erica dovevano anche andare ad allenarsi per
la partita contro il Nicchio che si sarebbe disputata di lì a due giorni.
Sofia
si scoprì ad odiare quelle materie che in genere amava
e la cosa non la consolò affatto, sempre più la teoria di Erica le sembrò
esatta nonostante si sentisse davvero scema a provare certe cose per un ragazzo
che probabilmente aveva nugoli di corteggiatrici ai suoi piedi. Ma anche le due ore supplementari volarono e cautamente, ma
più veloce che poteva la giovane dai capelli ricci andò nella saletta della
rana per passare altre piacevoli ore in compagnia dei nuovi amici inglesi.
Quando
entrò nella piccola stanza però trovò soltanto Harry;
era seduto su un cuscino color cremisi, le gambe incrociate, la schiena
piegata, i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani. Sulle gambe
aveva poggiato delle pergamene che sembravano assorbirlo del tutto. Lo stomaco
di Sofia si capovolse e il cuore iniziò a batterle all’impazzata nonostante
inutili tentativi di controllarsi: erano soli! E ora
che avrebbe fatto?
Cercò
di modulare la voce nel modo più naturale possibile poi mormorò:« Ti disturbo?» le parole erano uscite un po’ tremolanti,
ma ormai era fatta.
Harry
alzò la testa, gli occhiali erano tutti storti sul naso, guardò Sofia con aria
interrogativa e mormorò: « What?»
“Brava scema!” pensò tra sé la ragazza
prima di mormorare «Traslatiofavilla»
in direzione del ragazzo e poi ripetere : «Ti disturbo?». Harry le sorrise affabile sistemando i fogli e mettendoli via,
alla giovane sembrò di prender fuoco in viso, quindi il ragazzo continuò:
«Tanto sono così stanco che non riesco a concentrarmi».
«Avete
trovato qualcosa di utile qui all’Abraxa?» chiese
Sofia con tutto il controllo possibile. Harry si strinse nelle spalle e mormorò
vago:«Qualcosa… sì … qualcosa».
«
Non so…se possiamo esservi utili…» bisbigliò la ragazza con gentilezza, il
giovane dagli occhi verdi le rivolse un larghissimo sorriso sincero prima di
rispondere: «Eh eh! Voi ci state aiutando tantissimo!
Senza tutte le attenzioni che avete per noi sarebbe
stato tutto molto più complicato! Come
minimo saremmo morti di fame!- disse ridacchiando mentre
indicava i vassoi vuoti- Sapessi Ron come è contento! Dice che adora la cucina
italiana!!!»
Sofia
rise di gusto e d’un tratto si sentì più rilassata e a
suo agio, poi Harry continuò:
«Comunque non ha interrotto nulla di importante, stavo solo
scrivendo un noiosissimo tema di Incantesimi che dovrò consegnare quando
tornerò a scuola.»
«Meglio
così» constatò con un sorriso Sofia prima che di nuovo calasse un silenzio
imbarazzante tra i due. Con somma gioia della ragazza ad interrompere quel
momento che parve lungo secoli fu lo studente di Hogwarts: «Sofia… ehm… come te
la cavi in Legilimanzia? Ho… ehm, sentito che qui la studiate».
Sofia
si trattene per un pelo dallo scoppiare a ridere in faccia al ragazzo, ma in
cuor suo trovò molto rincuorante che almeno uno dei motivi per
cui tutti la scansavano nella sua scuola non era giunto alle orecchie
degli stranieri. Passò qualche secondo prima che
riuscisse ad articolare la risposta accorgendosi di aver di nuovo assunto, con
ogni probabilità, un colorito da far invidia ad una fragola matura.
«Io…ehm,
sì…diciamo che me la cavo» disse senza sbilanciarsi
troppo, ma l’espressione soddisfatta di Harry le fece schizzare la felicità
alle stelle. Il ragazzo moro le si avvicinò dicendo: «
Non potevamo capitare meglio!»
Sofia
inarcò in un’espressione di dubbio le sopracciglia, tanto che indusse l’altro a
spiegare: «Io… bhè diciamo che sono un pessimo Occlumante e vorrei esercitarmi
per migliorare». Il volto del giovane divenne d’un tratto cupo e serio, gli
occhi vennero attraversati da un espressione di rabbia
repressa che turbò un po’ la ragazza, ma solo pochi secondi dopo aggiunse con
voce che pareva serena: «Ti va di aiutarmi?»
«V-
va bene» rispose non troppo convinta Sofia confusa e non del tutto convinta del
fatto che si trattasse di una buona idea.
«D’accordo
allora!- esclamò con un gran sorriso che cancellò all’istante ogni dubbio
dell’altra- Ti prego solo di una cosa: non farmi
domande. Va bene?»
Sofia
annuì nonostante non ne capisse la ragione, quindi i due si allontanarono un
poco l’uno dall’altra (per quanto al stanza lo
permetteva) e tirarono fuori le bacchette. Ci fu uno sguardo d’assenso quindi
Sofia bisbigliò: «Legilimens».
La
piccola amichevole stanza scomparve dalla sua vista e d’un tratto si trovò in
una casa, guardava fuori dalla finestra, una donna
gonfia come una mongolfiera volava verso il cielo mentreun uomo con grossi baffi, anche lui
corpulento tentava invano di trattenerla. A Sofia venne da ridere, ma Harry
sembrava spaventato e in ansia…
…Ora
vedeva una grande cucina con pareti di pietra, un uomo che mostrava di essere
stato piuttosto attraente sedeva accanto ad Harry. Non
aveva un volto felice e pareva davvero averne viste di brutte nella sua vita.
Sofia percepì che in quel momento il ragazzo di cui stava scrutando i pensieri si
sentiva dispiaciuto.…
…
Ora era nell’acqua. Harry nuotava, aveva fretta…
“Perché non mi ferma?”
Si
chiedeva Sofia tra sé galleggiando nella mente del giovane.
Lo
scenario intanto era di nuovo cambiato, si trovava in
un nuovo ricordo. Accanto ad Harry c’era un ragazzo di
indubbia bellezza, si trovavano in un cimitero. Davanti a
loro un ometto semi calvo, con disgustose unghie simili agli artigli dei
roditori. Teneva in braccio un fagotto… terrore…un fiotto di luce verde.
Un incantesimo colpì il giovane avvenente che crollò a terra, morto…
«NO!-
gridò Harry - Impedimenta!!!»
Sofia
volò addosso alla libreria, molti dei volumi lì conservati
caddero urtandola dolorosamente. Harry era piegato in avanti, la
bacchetta tesa verso Sofia. Dopo pochi istanti si rialzò
e chiese porgendole la mano: « Scusami. Ti ho fatto male? » la voce era triste,
il volto ombroso.
«Perché
non mi hai bloccato prima?» la voce della ragazza tremava
mentre si stava rialzando, era orribile l’ultimo ricordo che aveva
visto, ma come promesso non domandò nulla. Harry non rispose
ma con un’eloquente occhiata la invitò a ricominciare.
«Blocca
la mente, non pensarea
nulla, non provare nulla- bisbigliò lei prima di recitare- Legilimens!».
Di
nuovo la sala scomparve, ora si trovava in una strana sala a forma di anfiteatro con al centro una pedana sulla quale si ergeva
un arco di pietra chiuso da una tenda. Intorno asé infuriavano duelli magici, fatture
e maledizioni volavano in ogni luogo schizzando sulle pareti…paura…dolore…
…Ora
era sera, Harry era in una stanza decorata con numerosi centrini di pizzo, una
grassa donna con il viso da rana e l’aspetto viscido gli sorrideva
schifosamente compiaciuta, dalla mano del giovane proprietario del ricordo
colava del sangue…
“Che
fai? Bloccami!” continuava a pensare Sofia.
…Adesso
era in una stanza da letto grande e circolare. Fuori dalla
finestra tutto era bianco di neve. Era Natale, lo si
capiva dalle decorazioni della camera. Harry e Ron, più
piccoli di come li conosceva lei. Erano felici, Harry lo
era di certo, scartava un lungo pacchetto contenente un manico di scopa
nuovo fiammante…
….
E’ notte. Non si vede Harry. No. E’ in un angolo, protetto dal mantello
dell’invisibilità. Non può muoversi. Ha paura, paura
come mai prima. C’è un ragazzo alto e biondo che punta la bacchetta contro un
vecchio mago…
...Ora
è giorno. Su un prato verde e soffice il sole brilla generoso. Sembra piena
primavera. Sta camminando vicino ad un lago, il braccio stretto intorno alle
spalle di una ragazza dai capelli color fiamma viva. Si siedono sotto un grande faggio che offre ristoro al caldo. Si stringono
scambiandosi baci dolci e appassionati. Colui che
ricorda è felice, innamorato si sente come se il soleche brilla sul prato lo scaldasse da dentro…
“Chi è lei? Perché non mi blocchi? Harry!Harry! Fermami!” Sofia pensa sforzandosi di mantenere
il contatto, di vedere ciò che non avrebbe mai voluto conoscere, ma perché lui
le permette di guardare così nel suo intimo? Chi è quella ragazza?
Non
ha tempo di pensare ancora, di nuovo è notte, c’è la torre, ora oltre al
vecchio mago, al ragazzo biondo e ad Harry c’è molta
più gente. Molti uomini incappucciati e vestiti di nero. Alla fine ne arriva uno, come un grosso corvo. Grida qualcosa col
volto inferocito. Dalla sua bacchetta parte un fiotto di luce verde che
colpisce il vecchio facendolo cadere dalla torre…dolore, troppo dolore per essere contenuto in un cuore solo…di nuovo la
sala ad anfiteatro. L’uomo dai capelli neri che Sofia aveva
già visto nella cucina di pietra lotta con una donna dall’aspetto folle.
Cade oltre l’arco…paura, poi speranza, ancora dolore; di nuovo una luce verde,
le urla di una donna dai capelli rossi…paura, dolore…Il volto del bel ragazzo
che aveva visto prima..terrore…
«BASTA!
HARRY BASTA!» Sofia perde il contatto, si piega sulle ginocchia, sente scorrere
calde lacrime sul volto; escono senza che ne abbia il
controllo. Apre gli occhi. Harry è nella sua stessa posizione
ma la bacchetta è caduta in terra, gli occhi sono sbarrati, pieni di
lacrime, biascica parole sconnesse:« Io..tu..non
dovevi..io …non ci riesco…».
Strisciando
sulle ginocchia la ragazza lo raggiunge, ancora le lacrime le scendono calde
sul volto, ma sa che il suo dolore la sua paura non è
lontanamente paragonabile a quello che il ragazzo che ha di fronte ha vissuto
nella sua giovane vita. Con spontaneità, senza pensare ai sentimenti che crede
di provare gli stringe le mani, poi lo abbraccia per consolarlo. Rimangono
abbracciati solo pochi istanti, poi, come risvegliatisi da un lungo sonno Harry
l’allontana piuttosto bruscamente da sé e la fissa negli occhi umidi con i suoi
lacrimosi:«Non chiedermi nulla» ripete con voce
inaspettatamente fredda per poi alzarsi, prendere la bacchetta ed allontanarsi
da lei.
Sofia
si sente distrutta, triste, arrabbiata, delusa. E’ terrorizzata da ciò che ha
visto, triste per quel che è capitato Harry e perché ha visto morire tante persone,
arrabbiata perché non può essere più sicura di così del fatto che nel cuore del
ragazzo dagli occhi verdi non c’è spazio per lei, perché quello spazio è già occupato da una misteriosa ragazza dai capelli
rossi. Le parole nascono in quel momento spontanee,
non le importa nulla di cosa dirà o non dirà Harry:« Chi è la ragazza con i
capelli rossi?». La voce è ferma, un fermo sussurro.
Il giovane si gira e la fissa negli occhi, sembra stupito dalla domanda, con
voce altrettanto bassa ma incommensurabilmente più
triste risponde: « E’ Ginny…la sorella di Ron» nel
parlare mostra uno sguardo che non lascia dubbi sul fatto che quella fanciulla
è ben più che la sorella di Ron. Sofia si sorprende di nuovo a piangere, questa
volta mossa da una forte delusione, si volta rapida verso il tavolino e chiede:
« Vuoi del succo di zucca? Ti farà bene.»
Non
sente nessuna risposta ma percepisce i passi del
ragazzo sul pavimento. Sa che ora è appena dietro di lei. Con un bicchiere
colmo di liquido arancione si volta in direzione di lui. Senza guardarlo glielo
porge, ma rimane per parecchio tempo con la mano sospesa sentendo gli occhi del
ragazzo fissi sulla sua testa. Alla fine si decide a guardarlo, una vampata di
calore sul volto la avverte del suo rossore, Harry piange ancora in silenzio ma la fissa interrogativo per qualche secondo, poi
un lampo di comprensione gli attraversa lo sguardo, Sofia lo abbassa di nuovo,
appena un attimo prima che lui dica:«Tutte le persone a cui voglio bene sono
morte per salvarmi, non voglio che ne siano coinvolte altre… già Ron ed
Hermione…non ho potuto trattenerli…»
Quelle
parole non avevano senso, ma Sofia credette di capire
almeno un po’. Piangeva ancora, per lo shock e per la delusione, il bicchiere
sospeso in aria, Harry ad un passo da lei le aveva voltato
le spalle, lo sentiva tirar su col naso…
«Sei
uno sprovveduto! Potevano vederti!» disse in un infuriato sussurro la voce di
Hermione.
«Smettila
sei solo una guastafeste! Non mi avrebbe visto nessuno!!!»
replicò un po’ più forte la voce di Ron mentre si sentiva scricchiolare la
scala a pioli da cui stavano scendendo.
«Sei
uno scemo irresponsabile… possibile che tu non sappia resist-….
Ma cosa è successo qui?» disse forte Hermione voltandosi dopo aver sceso l’ultimo gradino.
Fu
Harrya rispondere,
la voce era seria e grave, Sofia lo vide asciugarsi in fretta gli occhi: «Sofia
mi ha aiutato ad esercitarmi in Occlumanzia… ma la lezione non è andata molto bene, vero?»
La
ragazza annuì. Nel frattempo anche Ron era arrivato nella sala, con grande sorpresa di Sofia che non aveva visto l’eloquente
sguardo di lanciatogli da Hermione, le tolse il bicchiere di mano, la afferrò
per un polso e affermò deciso rivolgendosi ad Harry: « Io la porto a prendere
un po’ d’aria, tu spiega tutto ad Hermione!.. A proposito… come vedete ha
perfezionato l’incantesimo di traduzione, ora funziona con l’italiano anche se
lo lanciamo noi, fatti mostrare come si fa.»
Senza
rendersi bene conto di quel che succedeva Sofia si fece trascinare su per scala
e poi velocemente verso il giardino della scuola
diretti verso il campo di Quidditch.
Nonostante
fosse piuttosto confusa si domandava come mai Ron l’avesse trascinata via in quel modo…Avrebbe
voluto paralre con Erica e Micael in quel momento.. ma
loro erano agli allenamenti…
Il
cielo già si stava colorando di arancio annunciando
l’imminente tramonto…
Eccomi qui al sesto capitolo, che
ve ne pare? In realtà doveva essere molto più lungo ma
per la salute degli occhi di chi legge ho scelto di tagliarlo a questo punto,
la fine della vicenda starà nel prossimo.. ovviamente! Un bacione
alle fedelissimeLady
Aria e Tsukino, mi rendono davvero felice i vostri commenti grazie mille^_^! Un
grazie anche ai lettori muti..però dai.. che vi costa recensite! Io accetto qualsiasi
tipo di commento, anche negativo, purché sia costruttivo! Ci vediamo alla
prossima puntata!
Il
sole al tramonto tingeva il cielo di un forte color arancio che si specchiava
nel mare dove si stava tuffando. La luce calda faceva brillare dei riflessi del
fuoco i capelli rossi e leggermente lunghi di Ron che svolazzavano al vento autunnale mentre a passo veloce trascinava Sofia verso il
campo di Quidditch.
La
ragazza dai capelli neri piangeva ancora, sentiva l’aria fresca sul viso e la
mano di Ron stretta attorno al suo polso, ma non riusciva a pensare ad altro
che a quello che aveva visto nella mente di Harry. Si sentiva triste e
meschina, perché nonostante tutte le orribili vicende a cui, ora lo sapeva, il
ragazzo aveva assistito, lei non riuscivaa togliersi dalla mente la ragazza dai
capelli rossi e sopratuttola sensazione
che aveva sentito provare a Harry nel momento in cui tra mille altri ricordi
egli aveva rammentato quello di lei.
Ad
un tratto si fermarono, erano proprio accanto agli spalti del campo,nel lato meno
frequentato, quello da cui si vedeva il mare. Ron aveva finalmente lasciato il
suo polso e, con il fiatone, osservava il paesaggio mozzafiato: da quel lato infatti, il territorio della scuolaera delimitato da un alta rupe a strapiombo sul
mare. Sofia, trattenendo a stento i singhiozzi riuscìa chiedere, senza troppi complimenti:
« Tua sorella ed Harry stanno insieme?». Il volto si era certamente colorato di
rosso ed anche Ron non era molto meno imbarazzato di lei nel rispondere, non si
aspettava evidentemente una domanda del genere: « Stavano insieme…- disse in
tono mesto- lo scorso anno. Harry l’ha lasciata…subito dopo…bhè… dopo la morte
di Silente…»
«Eeeeeh!?!?- sbottò Sofia
decisamente sorpresa- ma lui è ancora
innamorato di lei!!!»
Ron
accennò un mezzo sorriso quindi stringendosi nelle spalle e fissandola negli
occhi mormorò: «Bé...non so bene dirti… ma credo lo
abbia fatto per proteggerla- un sospiro- Ginny, mia sorella, ne soffre molto,
credo. Tuttavia penso che Harry abbia preso una
decisione difficile anche per lui, sebbene saggia. ».
Sofia,
con le mani sul volto, piangeva silenziosamente. Ron la guardò dispiaciuto e
scoprendole con delicatezza il viso sussurrò con semplicità:«
Mi dispiace che tu stia male, mi dispiace davvero. Anche se non ti conosco da molto mi sembri proprio una brava ragazza… è un peccato che
quel caprone di Harry si sia innamorato di Ginny…- l’espressione divenne
pensosa e buffa- deve essere per via del fatto che si conoscono da una vita,
altrimenti credo che avrebbe fatto un pensierino su di te.» Concluse
con franchezza guardando Sofia mentre le orecchie si mimetizzavano con i
capelli.
Nonostante
la delusione la ragazza non riuscì a trattenere un
sorriso in direzione del rosso che posandole una mano sulla spalla sospirando
affermò: «Scusami…sono una frana in queste cose! Non
so nemmeno consolarti! Hermione è l’esperta del gruppo». Ron abbassò le spalle
e quindi, con un gesto teatrale e un largo sorriso tirò fuori
da unatasca una bacchetta
dall’aspetto comune e disse, sotto lo sguardo perplesso della ragazza dagli
occhi azzurri: « Ta-daan!
Sembra una normale bacchetta, ma… Wingardium Leziosa.» Annunciò sicuro puntandola verso Sofia che si aspettava
di prendere a volteggiare da un momento all’altro; le sue aspettative
furono però deluse. La bacchetta infatti emise uno
strano suono, come il verso di un’anatra e si trasformò in un paio di mutandoni
leopardati. Nel giro di pochi secondi l’espressione di Sofia passò da perplessa
a stupita a ridente. Non aveva saputo trattenersi ed era scoppiata in uno
scroscio di risate aperto e allegro in parte per la
buffa bacchetta in parte per l’espressione di Ron, che col volto fiducioso
sguainava le grosse mutande muovendo su e giù un sopracciglio in modo
ammiccante. Tra una risata e l’altra Sofia fece una cosa che mai prima le era
capitato di fare, lo abbracciò con affetto, come un fratello e mentre insieme ridevano di gusto mormorò nell’orecchio porporino del
ragazzo :«Grazie». Mentre il sole tramontava i due confidavano l’un l’altro le loro pene, come amici di vecchia data.
Hermione
stringeva Harry che silenziosamente piangeva sulla spalla dell’amica.
«Che è successo?» domandò con pazienza.
«
Non sono riuscito a bloccarmi e Sofia è ha visto molte cose, troppe decisamente. Sono fortunato che questa cosa mi sia successa
con lei…almeno è una persona di cui credo ci si possa fidare…ma
poi… sono stato uno scemo…ma come potevo mai immaginare?»
Hermione
lo guardò accigliata poi con un sospiro chiese: « Cosa
avresti dovuto immaginare?»
«Pensavo
lo avessi capito!- Sbuffò Harry gettandosi a sedere su un cuscino- Ha una cotta
per me…credimi, ha visto di tutto ma mi ha chiesto
solo di Ginny…ho pensato ad una coincidenza…ma poi…mi ha guardato in quel
modo…e finalmente ho capito!» concluse con aria dispiaciuta.
«
Non è colpa tua Harry!» affermò Hermione mettendogli una mano sulla spalla.
«
Non avrei dovuto chiederle di esercitarci… sarà scioccata
da quello che ha visto! I miei ricordi non sono tanto piacevoli. Non avrei mai
creduto che le piacessi…accidenti! Ora non avrò più il coraggio di guardarla in
faccia!». Sbottò Harry quasi senza riprendere fiato, le mani ancora sulla
faccia.
«Ora
smettila di piangerti addosso! – lo sgridò la ragazza dai capelli castani-
Ormai quel che è stato è stato. Cerca piuttosto di chiare con lei la faccenda:
dobbiamo mantenere buoni i rapporti: ormai sono sinceramente affezionata a
questi ragazzi , dopo tutto l’aiuto che ci hanno dato,
inoltre ho il sospetto che l’averli conosciuti potrà tornarci più utile di quanto
possiamo comprendere in questo momento. » Concluse in
un tono più sereno.
«Sei
tu l’esperta di queste cose!». Borbottò Harry in
risposta nascondendo la testa nel libro di Incantesimi e bisbigliando da dietro
il volume scarlatto: «Grazie Hermione!».
La
ragazza sorrise e sospirò sdraiandosi a terra su un enorme cuscino
mentre alzava gli occhi verso l’alto con aria quasi sfinita.
Nonostante tutta la buona volontà quella sera
Sofia non se la sentì di scendere a cena, finse un improvviso mal di testa e se
ne restò in camera finché Erica non la raggiunse. Doveva essere molto tardi
perché le altre due compagne di stanza, Melissa e Priscilla dormivano già
profondamente. Erica era semplicemente radiosa, le raccontò dell’allenamento
che lasciava sperare in un magnifico trionfo l’indomani, le disse che Micael
aveva battuto dei bolidi tanto forte da far fare ben
tre giri su se stesso a Cristian . Ripeté circa un
migliaio di volte che erano stati fenomenali e nominò in una quantità
inverosimile di occasioniil nome del cugino dell’amica lodandone
l’agilità e la prontezza di riflessi tanto che Sofia si sorprese a provare
fastidio nei confronti di Micael e dell’entusiasmo che Erica, la sua migliore amica, sembrava
improvvisamente provare per lui. La informò poi che loro due erano andati di
soppiatto a portare la cena sgraffignata ai tre ragazzi di Hogwarts e che tutti
quanti le erano parsi un po’ strani, anche se quello
che aveva il comportamento più bizzarro era Harry. Infatti
durante la mezz’ora in cui si erano trattenuti a parlare con loro il ragazzo
dagli occhi verdi le era parso assente, assorto in chissà quali pensieri. La
informò inoltre che aveva gli occhi rossi, come se avesse pianto. Dopo essersi
lanciata in alcune strabilianti teorie secondo le quali Harry era venuto in
Italia per cercare qualche suo parente e non ne aveva
trovati e ne era dispiaciuto al punto di piangere; oppure che vedevano i tre
impegnati a cercare un ingrediente segreto per sconfiggere Voldemort,
evidentemente con scarsi risultati, fissando finalmente per un momento
l’attenzione su Sofia si reseconto che
anche gli occhi della sua più cara amica eranocolor pomodoro oltre ad essere gonfi e sporgenti come quelli di una
rana. Preoccupatissima si gettò sul suo letto e abbracciandola le domandò:
«Phi! Cosa è successo?». Erica odiava vederla in
quello stato, troppevolte
l’aveva guardata lottare con la sofferenza provocatale da altri e sapeva che
non lo meritava affatto.
Sofia,
stretta tra le braccia calde dell’amica scoppiò di nuovo a piangere e le
raccontò, nel minimo dettaglio ogni cosa che era accaduta dal momento in cui si
erano divise: la lezione con Harry, le cose orribiliche il ragazzo aveva vissuto ed infine
le disse di Ginny. Sofia sentì Erica trattenere il fiato e poi stringerla più
forte. Le bisbigliò nell’orecchio parole d’incoraggiamento con la voce
tremante, come se anche lei stesse per piangere.La ragazza dai capelli biondi le consigliò di
chiarirsi con il ragazzo il giorno seguente, anche perché durante la prossima
notte i tre avrebbero fatto ritorno a Hogwarts. Sofia annuì stancamente poi,
coccolata dall’abbraccio di Erica,sprofondò in un sonno privo si sogni.
*
La
mattina seguente, sabato mattina, il sole splendeva
alto in un cielo azzurro e privo di nuvole, un cielo che avrebbe sicuramente
dato il buon umore a chiunque.
Sofia
ed Erica furono svegliate dal fracasso che le compagne di stanza stavano
facendo. Chiacchieravano a voce alta e commentavano il fatto di
averle trovate addormentate nello stesso letto. Le due amiche decisero
che era maglio lasciar correre su quelle chiacchiere, per non litigare già di
prima mattina.
Non
appena ebbe ripreso del tutto coscienza Sofia si
accorse di un nodo allo stomaco e le ci volle qualche secondo affinché i
ricordi della sera prima riaffiorassero in tutta la loro crudezza. Il suo volto
parve tradire i pensieri vaganti nella sua testa perché Erica la guardò
preoccupata e le disse: «Secondo me dovresti parlarci
dopo la partita, hanno detto che verranno anche loro a vederla, appena fatto
buio se ne andranno».
Sofia
annuì, ma sentì qualcosa morderle lo stomaco.
La
giornata procedette come tutte le altre. La mattina, essendo sabato, c’erano
solo quattro ore di lezione, poi ci sarebbe stata una lunga pausa per il pranzo
e il relax e quindi, intorno alle cinque del pomeriggio si sarebbe
giocata la partita tra il Nicchio e la Civetta.
Il
morale della squadra nero- rossa era alle stelle. Gli ultimi allenamenti erano
andati a gonfie vele e si prospettava un grande
successo. Micael ed Erica passarono tutto il tempo che poterono trascorrere
insieme a progettare tattiche o a commentare le azioni che avevano fatto o
visto fare durante l’allenamento del giorno
precedente.
Sofia
si sentiva terribilmente di troppo. Non poteva partecipare ai
loro discorsi, non se la sentiva di andare a trovare i tre inglesi nella
Stanza della Rana. Insomma, tutte le ore che dovevano passare dal pranzo alla partita furono per la ragazza dai capelli mori una vera
tortura. Le trascorse a sbuffare e ad arrovellarsi il cervello su cosa dire ad Harry: ogni opzione le sembrava sciocca o troppo
imbarazzante. Insomma alla fine di quelle quattro ore la testa le sembrava
pesare come non mai e lo stomaco, per quanto ne sapeva o meglio da quanto
sentiva, doveva aver assunto la forma di un gomitolo.
Finalmente
arrivò il momento di recarsi al campo da Quidditch. Micael ed Erica già erano
andati via da circa mezz’ora e Sofia, con la sciarpa nero-
rossa avvolta intorno al collo andò velocemente dal dormitorio ad un
angolo appartato dell’immenso giardino della scuola presso il quale aveva
appuntamento con Ron, Hermione ed Harry. Nonostante il cuore che le andava a
mille battiti al secondo e i crampi nervosi alla
pancia la giovane dagli occhi turchesi si costrinse a recarsi nel luogo deciso
per l’incontro. I tre ragazzi inglesi erano già lì ad attenderla. Quel giorno,
convinti di riuscirea
confondersi tra la folla, non si erano disillusi ma avevano optato per un
sapiente travestimento. Ufficialmente sarebbero stati lontani parenti di
Micael, la quale madre aveva origini inglesi.
Sofia
li salutò senza troppo trasporto evitando il più possibile di
incontrare lo sguardo di Harry, quindi li condusse nell’ala delle tribune
destinata ai tifosi della Civetta.
A poco più di un quarto d’ora dall’inizio
della partita la vista degli spettatori era molto interessante. Metà stadio era
completamente nero e rosso e di fronte a loro, ai margini del campo, ragazze pon-pon intonavano una canzone
che inneggiava alla loro squadra del cuore. Al termine di quest’ultima con le
bacchette disegnarono in aria una grossa civetta scintillante con al collo la sciarpa dei colori della squadra che volò
sugli spettatori. Pochi attimi dopo rispose la tifoseria del Nicchio. Anche le loro cheer leader si
esibirono in una bella coreografia accompagnata dall’inno della squadra
bianco-rossa. Al termine del canto disegnarono in aria il loro stemma, una grande conchiglia rossa e scintillante dalla quale sgorgava
una piccola cascata di acqua blu.
Ad
un tratto Ivan Letori,il cronista della partita annunciò
l’arrivo in campo delle due squadre. Harry e Ron erano tanto entusiasti che a
stento riuscivano a stare seduti. Ron bisbigliò a Sofia, che sedeva tra lui ed
Hermione: «Non vedo l’ora di vedere la partita… vorrei
essere io al loro posto». La studentessa dell’Abraxa sorrise voltandosi verso
Hermione che nel frattempo aveva stampata in viso
un’espressione che pareva dire: “ E’ fissato”.
Il
fischio del professor Frassini interruppe le loro chiacchiere e quattordici
giocatori si alzarono in volo sul terreno di gioco. L’azione entrò subito nel
vivo e la pluffa finì tra le mani del Nicchio. Raul,
Tommaso e Carola si passavano la grossa palla rossa con una rapidità
impressionante, tanto che fu solo grazie ad un preciso e potente bolide di
Riccardo, battitore e capitano della Civetta, che finalmente l’azione passò tra
le mani dei nero- rossi. Cristian
passò la pluffa ad Arianna che prontamente schivò un
bolide di Ermengarda, battitrice avversaria, e tirò
competenza ad uno dei tre cerchi. Elisabetta, il portiere rosso- blu si tuffò un secondo troppo tardi e una scia scarlatta che
attraversava l’anello, seguita da un
urlo della tribuna di destra decretò il punteggio di dieci a zero per la Civetta. I tifosi e i giocatori rosso- blu erano inferociti e tale rabbia si
rifletté nel gioco che si fece sempre più serrato.
Sofia
vedeva Ron ed Harry sempre più agitati commentare ad alta voce ogni azione
della Civetta andata a segno. Fu molto lieta nel sentire Harry esclamare con
sincerità: « Sono bravissimi!».
La
partita proseguìa
ranghi serrati e dopo circa un’ora in cui i tre spettatori ebbero modo di
ammirare spettacolari parate di Giorgio Pavati, il
portiere nero- rosso, mirabolanti e potentissimi bolidi scagliati da Micael e
da Riccardo e passaggi ben congeniati tra i tre cacciatori il risultato era di
cinquantaa trenta per il Nicchio.
Evidentemente anche i rossi-blu si erano allenati bene, e partivano
avvantaggiati in quanto la maggior parte dei loro giocatori era di statura
fisica maggiore di quelli della Civetta. Come
giustamente osservò Ron la migliore cosa sarebbe stata se Erica avesse preso il boccino prima di Milena, la cercatrice avversaria, una
ragazza molto attraente ma con l’aria di avere un gran puzza sotto il naso .
Entrambe giravano come due avvoltoi sul campo gli occhi e la mente pronta a
cogliere ogni minuscolo bagliore dorato. Harry, Hermione, Ron e Sofia a loro
volta cercavano con gli occhi il boccino pregando che
Erica fosse la prima a vederlo.
Improvvisamente,
mentre un bolide colpiva Arianna e uno colpiva Tommaso suo corrispettivo nella
squadra avversaria, Harry gridò, puntando il dito in basso, vicino alla basa dell’anello centrale: «ECCOLO ! ECCOLO!».
Anche le due cercatrici dovevano averlo
visto perché entrambe si lanciarono in picchiata verso la minuscola pallina
dorata. Milena era in leggero vantaggio, aveva una scopa più nuova, più veloce
di quella di Erica, ma spingendo in avanti con tutta
se stessa la sua Nimbus 2001 la cercatrice della
Civetta la raggiunse in pochi attimi.
Nel
frattempo la dispettosa pallina si era alzata di circa cinque metri facendo
invertire bruscamente la traiettoria alle due. La ragazza dai corti capelli
biondi manovrò meglio la sua scopa e si ritrovò il leggero vantaggio salendo in
picchiata mentre evitava la pluffa
e i bolidi che schizzavano da tutte le parti. Ma il boccino d’oro non aveva
ancora smesso di burlarsi di loro: dopo essere salita a circa dieci metri di altezza era di nuovo schizzata verso il basso. Milena se ne accorse troppo tardi ed Erica ne approfittò per gettarsi
più tranquilla in una picchiata spaventosa. Milena, nonostante la distrazione
le era però di nuovo alle costole e affiancandola
cercava di disarcionarla.
Sofia
ed Hermione, preoccupate, si misero le mani davanti alla bocca, Harry e Ron
gridarono ogni sorta di parolaccia alla cercatrice del Nicchio invocando
l’intervento dell’arbitro che però era impegnato a
tenere a bada i battitori inferociti.
Erica
sfrecciò a pochi metri di distanza da loro e proprio in quel momento comparve
sul suo viso a mela un sorriso beffardo. Schizzò lievemente a sinistra, dalla
parte opposta della sua avversaria e di lì prese lo slancio per scendere a
spirale di qualche metro, costringendo l’avversaria a bloccarsi per non
sbatterecontro
di lei. Avuto questo brevevantaggio si gettò in un turbine nero verso terra dove il boccino
sbatteva le alette trasparenti svolazzando a bassa quota come un’ ape che
succhia il nettare dai fiori. L’azione durò il tempo di un battito di ciglia:
Erica scese come un proiettile nero seguita da Milena;arrivò a pochi millimetri da terra e
chinandosi da un lato sulla scopa volò radente al prato ed infine afferrò il
boccino riprendendo quota con aria trionfante, il pugno destro stretto intorno
alla minuscola sfera dorata.
La curva Nero- Rossa si alzò in un boato di grida e
inni trionfali mentre Ivan decretava con voce allegra: «La partita si conclude con il punteggio di cinquanta a centottanta per il
Nicchio!».
Harry
e Ron avevano la bocca spalancatae il rosso balbettò: « Quella ragazza
ha talento!». Il ragazzo moro annuì con aria ebete dovuta alla bocca semiaperta
per la sorpresa.
Sofia,
senza pensarci troppo schizzò giù per le scale e poi dritta verso il capo dove
ormai una macchia nera e rossa festeggiava trionfante la vittoria tanto sudata.
I
tre ragazzi di Hogwarts la seguirono senza che se ne accorgesse.
Arrivata
nel terreno di gioco Sofia corse ad abbracciare Erica e Micael le raggiunse
seguito da tutti i compagni di squadra che le strinsero in un gigantesco
abbraccio collettivo che durò qualche minuto, finché il professor Frassini non
li invitò a lasciare il campo e a tornarea scuola. Loro malgrado tutti obbedirono
persuasi a festeggiare assieme la vittoria una volta arrivati al dormitorio,
ovviamente anche Harry, Ron ed Hermione furono invitati con loro grande gioia. Un po’ di vita sociale, dopo una settimana
d’isolamento non sarebbe dispiaciutanessuno.
Tuttavia
mentre si stavano incamminando verso lo stabile che conteneva le stanze da
letto, Sofia, che chiudeva lo sciame dei tifosi festanti assieme ai tre
stranieri, si vide superare da Hermione e Ron e mentre quest’ultimo le faceva
un amichevole gesto alzando il pollice verso l’alto, una mano morbidae grande le afferrò
il polso e mentre il cuore prendeva a batterle all’impazzata una vocedall’accento inglese, velata d’imbarazzo le
diceva: «Sofia, voglio parlarti!»
Eccolo qui! In realtà altri
avvenimenti sarebbero dovuti essere presenti in questo
capitolo, ma sarebbe stato davvero TROPPO lungo! Ringrazio con un calorosissimo
abbraccio e un bacione le carissime L.Aria, Minako,
Tsukino(il nicchio, da ciò che ho scoperto, e come forse si capisce, è un mitile, una
specie di capesanta, per farlabreve!)
e la cicciSeiryu che hanno
ancora la pazienza di leggere e la gentilezza di commentare. Mi scuso per il ritardo ma gli esami si appropinquano insieme a mille altri
impegni! Un bacione anche a chi mi legge senza
commentare! Ci vediamo al capitolo 8! Ciriciaoooo!
P.S. Se volete fare qualche
domanda o avete curiosità relative alla storia provate
a chiedere e forse avrete risposta! Muahahhahah (risata
da strega)
Sofia
deglutì come se cercasse di ricacciare dentro al petto
il cuore che sembrava stesse cercando di uscirle dalla bocca. In questo modo
riuscì a trovare il coraggio che le serviva per bisbigliare: « Anche io». Harry
annuì mostrando tutto l’imbarazzo che provava, anche lui, come Sofia teneva gli
occhi ben piantati sui suoi piedi. Con un nuovo profondo respiro la ragazza
attinse alla sua forza d’animo e si costrinse ad alzare lo sguardo cercando gli
occhi di lui. I loro occhi infine si
incontrarono ed Harry, rendendosi solo allora conto di stringere ancora
il polso di Sofia, lo lasciò con un gesto secco e non troppo gentile mentre le
guance gli si tingevano di rosso. Toccò al ragazzo sospirare prima di mormorare
con fare deciso nonostante l’imbarazzo: « Quello che devo dirti è molto
importante Sofia… ma qui c’è ancora decisamente
troppa gente.»
I
due si voltarono verso la scuola verso la quale la folla degli studenti
festanti stava confluendo, Ron fece l’occhiolino a Sofia prima di allontanarsi
con gli altri che li salutavano con la mano. Entrambi notarono
i volti in apprensione ma fiduciosi dei loro amici.
«
Andiamo in un posto più tranquillo» asserì il ragazzo con gli occhi verdi. La
giovane si limitò ad annuire e facendogli cenno di seguirla lo condusse
verso una panchina graziosa e accogliente baciata dal sole e riparata da occhi
e orecchie indiscrete grazie ad un’alta siepe sempreverde.
Sofia
non poté fare ameno di pensare che se la situazione non fosse stata quella che
era avrebbe svaligiatolaGringott
italiana pur di avere un’occasione del genere per stare con il ragazzo dei suoi
sogni. In quel caso,però,l’atmosfera da romanzo rosa
contribuì soltanto a renderla più triste. Di nuovo sospirò e si sedette. Da
buon Grifondoro fu Harry ad avere il coraggio di
parlare :
«Sofia…io…
senti, mi dispiace… non avrei mai dovuto chiederti di applicare la Legilimanzia con me…
e… sono mortificato… d- davvero non avevo capito…che… sì… bhè, insomma… non avevo capito che ti piacessi.»
La
ragazza si sentì avvampare ed istintivamente si coprì le guance con le mani
prima di balbettare: « Ehm..già…».
Anche Harry era piuttosto imbarazzato e per
nascondersi fissava con insistenza i fili d’erba vicino ai suoi piedi.
Timorosamente
Sofia alzò lo sguardo: non c’era proprio nulla da fare,Harry
le piaceva moltissimo e la consapevolezza di non essere ricambiata a causa di
un’altra ragazza le faceva stringere qualcosa all’altezza dello stomaco in
maniera molto dolorosa, tanto da farle venire di nuovo una gran voglia di
piangere. La voce di Harry interruppe il flusso dei suoi pensieri: « Non dovevo
farlo- diceva quasi parlando tra sé- sapevo quanto tremende fossero le cose
accadutemi nella vita ma non me ne è importato nulla…
Ti ho anche fatto giurare di non parlarne… Sono stato uno stupido…un egoista!»
La
ragazza non riuscì a fare di meglio che annuire suscitando una risatina
incomprensibile nell’altro che però stringendo le mani a pugno sulle sue gambe
proseguì:« Non posso spiegarti quello che hai visto…
deve rimanere un segreto e sono stato tanto sciocco da coinvolgerti anche
troppo- il giovane sospirò proseguendo con la voce che era appena più di un sussurro- Le persone che più mi hanno amato sono morte… Per
questo ho lasciato Ginny, perché anche lei non corresse un tale pericolo, per
proteggerla». La voce di Harry si spense in un sospiro.
Un
grande, feroce mostro morsicò le viscere di Sofia e un misto di rabbia, pietà,
tristezza, invidia si impossessò della sua testa.
Nello stesso istante avrebbe voluto vedere Ginny per constatare che era davvero
scialba, ma una voce ancor più chiara in lei le faceva credere che quella Ginny
era di certo la ragazza migliore per Harry, di certo
migliore di lei. Avrebbe voluto aggredire Harry, gridargli che non gli importava nulla della ragazza che glielo aveva soffiato ma
vederlo così triste e pensieroso finì per scacciare tutti i suoi più cattivi
pensieri. Il cuore le diceva che il dolore provato da lui era
centinaia di volte più grande di quello che sentiva lei. Quasi senza accorgersene si avvicinò a lui e lo strinse forte a sé,
con grande affetto. Voleva che quell’abbraccio gli trasmettesse tutto
ciò che non aveva il coraggio di dirgli con le parole. Dapprima il ragazzo
rimase molto rigido mentre la sua faccia prendeva il
colore del sole al tramonto, poi si lasciò andare ricambiando l’abbraccio di
Sofia per lunghissimi minuti. La ragazza raggiunse il suo scopo perché Harry
dopo un po’ sussurrò nel suo orecchio :« Grazie
per aver capito Sofia. »
La giovane sorrise malinconica anche se meno triste di quanto lo
fosse solo qualche minuto prima.
Nella
grande sala d’ingresso dei dormitori un folto gruppo
di tifosi della Civetta festeggiava la vittoria con canzoni che inneggiavano
alla loro squadra del cuore e che contemporaneamente sfottevano i sostenitori
del Nicchio che passavano di lì correndo verso le loro stanze e subendo in
silenzio le prese in giro nei loro confronti.
Sulle
prime nessuno notò l’arrivo di Sofia ed Harry. Erica e Micael erano circondati
dai compagni di squadra; i giocatori della Civetta avevano issato sulle loro
spalle le tre ragazze della squadra e le facevano volare in aria tra le risate
generali. Ron ed Hermione invece stavano appena un po’ in disparte con l’aria
pensierosa. Erica ed Hermione furono le prime ad accorgersi dell’arrivo dei due. La prima riuscì a liberarsi dell’attenzione degli
altri e a sgattaiolare dove la ragazza dai capelli castani si trovava con Ron,
poco dopo fu raggiunta da Harry e Sofia ed infine da Micael. Le facce di tutti parlavano chiaro, volevano sapere cosa i due si erano detti.
Tuttavia nessuno dei due aveva voglia di parlarne in quel momento perciò, per
evitare che qualcuno facesse domande, Sofia si affrettò a dire: « Allora, è
avanzata della burrobirra oppure avete fatto fuori tutte le scorte?».
Tutti
quanti si buttarono a capofitto nei festeggiamenti, in fondo, pensò la ragazza
dai capelli ricci, non c’era modo migliore per distrarsi in quel momento.
Ogni
tanto Harry, Ron ed Hermione si appartavano per discutere della loro partenza,
ma tornavano poco dopo insieme agli altri per non
destare sospetti.
Intorno
alle undici e mezza, Ubalda, la bizzarra custode della scuola piombò
urlando nel grande salone in cui circa metà della
scuola schiamazzava allegramente in barba al sonno dell’altra metà. Due
studenti, tifosi del Nicchio, l’accompagnavano con sguardi gongolanti
aspettandosi da lei qualche punizione ma per i primi
dieci minuti nessuno notò la minuscola donna esile come un giunco e un poco
curva che trascinava veloce le gambe sul pavimento di marmo liscio brandendo in
aria una scopa di saggina come se fosse una spada. La donna aveva ormai il
volto viola per lo sforzo di urlare quando finalmente
gli studenti si accorsero di lei. Con un forte accento russo la donna li
minacciava di terribili pene e perciò, imbronciati ed afflitti i tifosi della
Civetta tornarono nei loro dormitori. A poca distanza li seguivano quelli del
Nicchio che avevano stampato sul viso un sorriso
sarcastico e trionfante.
Tra
la confusione degli studenti che risalivano verso le loro stanze
i sei ragazzi trovarono il modo di entrare nella loro stanzetta segreta senza
dare nell’occhio.
Il
silenzio dopo tutto il fracasso di pochi minuti prima,
sembrava pesare sulle loro orecchie più di qualsiasi rumore martellante. L’euforia
della festa era svanita e sui volti dei sei si era dipinta un’uguale
espressione triste. Gli sguardi di tutti si intrecciavano
nervosi incontrandosi e schivandosi, vagando per la sala. Come una saetta
risuonò la voce di Erica: « Insomma basta! Questo
silenzio mi sta uccidendo!!!».
Di
scatto cinque paia di occhi scattarono sul suo volto.
Poi Harry guardò Ron ed Hermione, i due annuirono e il ragazzo dagli occhi
color degli smeraldi disse: «Tra poco dovremmo andarcene- fissava il pavimento- ma dobbiamo ancora dirvi alcune cose…»
«Come
ve ne andrete?» li interruppe Micael.
A
rispondere fu Hermione «Andremo via come siamo venuti… smaterializzandoci a
tappe… non siamo ancora abbastanza bravi per fare un
viaggio tanto lungo tutto assieme.» Concluse lievemente
imbarazzata.
I
tre studenti dell’Abraxa annuirono ammirati.
«Vi
accompagneremo ai cancelli!» propose con entusiasmo Sofia che voleva ritardare
il più possibile il momento in cui si sarebbe separata da quei nuovi amici.
«È
meglio di no- rispose Hermione guardandola- andremo solo noi tre, in questo
modo saremmo più silenziosi e avremmo più facilità a passare inosservati.»
Delusa
la ragazza mora guardò gli studenti di Hogwarts che però
sorridendole annuirono a confermare le parole di Hermione. In un sussurro
infine Sofia chiese:« Cosa dovete dirci?». A
rispondere fu Harry: « Vi dobbiamo chiedere ancora un favore… noi ci terremo in
contatto con voi ma è necessario che facciate per noi
delle ricerche sulla vostra scuola e sulla comunità magica italiana.»
«Ricerche-
disse Micael pensieroso- di che genere?»
«Fondazione
e leggende della vostra scuola, storie sui maghi italiani...qualsiasi cosa può risultare utile…» rispose Ron prontamente.
«Utile
per cosa?» domandò spontaneamente Erica.
«Questo
non possiamo dirvelo… mi dispiace» le disse Harry con
un sorriso al quale Erica rispose con uno dei suoi tipici bronci che la
facevano sembrare una bambina.
«Lo
faremo, siatene certi!» asserì Micael. Di nuovo calò
un silenzio agitato nella stanza, ma questa volta ad
interromperlo fu la voce di Hermione : «Dobbiamo andare» disse in tono
asciutto, per poi continuare: « Non possiamo che dirvi grazie per tutto ciò che
avete fatto per noi. Pensavamo che i giorni
passati qui sarebbero stati duri da vivere nell’ansia di non farci scoprire.
L’avervi incontrato, però ha reso ogni cosa più semplice…grazie amici cari!» A
questo punto , del tutto inaspettatamente, Hermione
abbracciò dapprima Erica, che ricambiò con dolcezza, quindi fu la volta di
Micael ed infine di Sofia.
Da
questo momento iniziarono i saluti: Sofia, da parte sua decise di andare
dapprima a salutare Harry, dopo un lungo attimo di imbarazzo
lo abbracciò stretto e gli poso, senza poter resistere, un veloce bacio sulle
labbra. Lui la guardò incredulo ma lei con un sorriso dolce e luminoso gli
sussurrò:« Abbi cura di te e di Ginny!». Quindi andò a salutare Ron che avendo visto la scena di
pochi secondi prima, la guardava incredulo. Sofia abbracciò anche lui, in modo
del tutto diverso da quello con il quale aveva stretto Harry, quindi gli
sussurrò :«Se non lo avessi fatto lo avrei rimpianto
tutta la vita!».
Ron
sorrise e lei lo abbracciò stretto al collo, staccandosi però in fretta grazie
ad un’occhiata fulminante di Hermione.
«A
presto Phi! » le disse Ron con un sorriso.
Terminati
i saluti i tre studenti di Hogwarts si strinsero sotto
il mantello dell’invisibilità e, accompagnati dai tre studenti dell’Abraxa,
uscirono dalla stanza e di lì, con molta cautela, dal portone dei dormitori,
quindi coperto anche il volto dopo un ‘ultimo veloce saluto, Ron Harry ed
Hermione scomparvero dalla loro vista.
Erica
aveva il viso poggiato sul petto di Micael e singhiozzava per trattenersi dal
piangere. Micael aveva lo sguardo triste e stringeva forte l’amica. Sofia
accarezzava la testa di Erica ma guardava dritto nella
direzione in cui i tre dovevano essersi diretti, alla fine, sussurrò «Goodbye»,
e fu certa che il vento le portasse la risposta di uno dei tre nascosti sotto
il mantello.
Eccomi finalmente con l’ottavo capitolo! Chiedo scusa a chi
avrebbe voluto leggerlo molto tempo fa, ma sono stata praticamente
segregata tra università e lavoro! Chiedo scusa …
Ora i miei ringraziamenti vanno a Seiryu
(i colori sono presi da quelli delle contrade senesi)e Minako (è rosso blu, la
prima volta mi sono scordata di correggere)che sempre mi seguono e mi fanno coraggio…grazie care! Ora che posso passare più tempo in casa spero di riuscire a postare presto il 9°! Un bacio a
tutti e mi raccomando: leggete e commentate! Ciriciaooo!^_^
Da
quando il trio di Hogwarts era tornato nella sua terra il tempo per Sofia sembrava scorrere a rallentatore. Le giornate sembravano
noiose e inutili, e il fatto di dovere ingoiare il rospo del rifiuto avuto da Harry
non le rendeva certo più piacevoli. A tutto questo si aggiungeva
il fatto che Erica e Micael sembravano avere una quantità esorbitante di
allenamenti di Quidditch e perciò Sofia si ritrovava spesso sola e, una volta
terminati i compiti, non aveva molto da fare. Seguendo il consiglio di Harry
aveva perciò deciso di impiegare in modo utile il suo tempo facendo ricerche sull’ Abraxa. La biblioteca, scoprì, non era un posto tanto
spiacevole in cui stare; nessuno la scansava o la sfotteva (forse- si disse Sofia-perché quasi nessuno
andava lì dentro).
Innanzitutto
aveva consultato il libro che già da tempo avrebbe dovuto studiare, ma che per
noia non aveva quasi mai aperto: Storia e
leggende dell’Abraxa. Il libro, nella sua prima edizione,era conservato in una bacheca di vetro
all’interno della biblioteca. Era un grosso volume rilegato in pelle di drago
verde. Sfoggiando il suo miglior sorriso Sofia era riuscita a farsi aprire la
teca e ad avere il permesso di leggere il libro, anche se la bibliotecaria la
controllava ogni dieci minuti. Lalettura si rivelò meno noiosa del
previsto e sicuramente molto istruttiva. Dopo qualche ricerca la ragazza scoprì
che l’Abraxa era stata fondata nel 1700, molto in ritardo rispetto alle altre
scuole di magia. Il primo preside era un mago francese di
nome JeromeCharmont, e,
prima di diventare fondatore della scuola era stato un famoso allevatore
di cavalli Abraxas. Proprio per amore di essi aveva dato il nome Abraxa alla scuola.
Il
nucleo originale della villa in cui si trovava la scuola era
però una villa cinquecentesca che prima di ospitare gli studenti era
l’abitazione di una maga molto famosa in Italia, discendete della stessa Circe,
che anticamente aveva abitato quell’altura, dandole le sembianze del suo volto.
Circe era una figura molto controversa per i maghi, infatti
aveva messo in serio pericolo la comunità magica mostrandosi a molti Babbani. Queste vicendeerano rimaste anche nelle leggende
antiche dei non magici, come nel caso di Ulisse.
Jerome si era innamorato della bella Cristalia(questo era il nome della maga), l’aveva sposata e
con il suo aiuto aveva fondato l’Abraxa, la prima ed unica scuola di magia in
Italia, la più “giovane” d’Europa. Prima della sua fondazione i giovani maghi
della penisola venivano educati nelle famiglie di
origine, ma questo non aiutava la collaborazione tra maghi e ben presto vi
furono lotte per il potere tra le famiglie più potenti. Con la nascita della
scuola venne ristabilita un po’ della pace perduta,
anche se gli scontri non furono del tutto debellati. La scuola nascondeva magie
molto antiche ed antichi segreti di cui il libro
parlava solo in parte; Sofia scoprì che vi erano molte altre sale segrete, come
quella della rana e tutti i nascondigli potevano essere trovati prendevano
spunto da storie, favole e miti d’Italia.
Ogni
più minuscola informazione era trascritta da Sofia e inviata ad
Hogwarts e questo la occupava per la maggior parte del tempo, visto che Erica e
Micael erano poco presenti.
Circa
una settimana dopo la partenza del trio di Hogwarts, in un pomeriggio che
finalmente avrebbe potuto passare con gli amici, Riccardo, il capitano della
squadra della Civetta, studente dello stesso indirizzo di Sofia
ma un anno più grande, conosciuto come uno dei più concupiti ragazzi della
scuola, grazie al suo fisico atletico, ai profondi occhi verdi che spiccavano
nel viso dai lineamenti regolari incorniciato da capelli color del grano e, non
in ultimo, dalla notorietà acquisita sul campo di Quidditch, si presentò
davanti a lei in biblioteca.
Il
fatto di averloa
distanza ravvicinata nella sala di lettura quasi deserta, le fece aumentare i
battiti cardiaci; decisamente a lei non piaceva Riccardo, soprattutto per la
sua fama di donnaiolo incallito, ma non poteva negare che fosse davvero un bel
ragazzo.
«Ehm…
scusa Sofia- la interruppe Riccardo passandosi una mano tra i capelli- mi
mandano Micael e Erica a cercarti…»
Sofia
lo guardò sorpresa, improvvisamente i capelli tenuti su con un bastoncino di
legno in una pettinatura che la faceva somigliare ad un grosso ananas, le
parvero estremamente inadeguati. Evidentemente lanciò
a Riccardo uno sguardo tra il seccato, l’interrogativo e l’imbarazzato perchè
il ragazzo le sorrise sornione e poi continuò: « Mic
mi manda a dirti di non preoccuparti se non li vedi tornare, mi hanno proposto
di allenarsi per più tempo in vista della prossima partita e, ovviamente, non
ho potuto rifiutare!». Concluse con un sorriso
abbagliante, mentre scannerizzava ogni centimetro di
Sofia che si sentì avvampare sotto quello sguardo. Abbassando la testa per
coprire il rossore la ragazza rispose asciutta:
«Grazie-
poi continuò tra sé-anche oggi da sola in biblioteca, che gioia!».
Evidentemente
il bisbiglio doveva essere stato più forte del voluto perché Riccardo ridacchiò
prima di chiedere, senza smettere di fissarla in quel modo imbarazzante: « Cosa leggi?»
«Leggendarie leggende italiche.» Rispose
lei semplicemente senza alzare lo sguardo, sperando che Riccardo la lasciasse
in pace al più presto. Non le piaceva il suo modo di fare da “Mister bellimbusto”, anche se, dovette ammettere a se stessa,
quelle attenzioni le davano un sottile piacere dopo il due di picche ricevuto
da Harry.
Senza
ulteriori parole Riccardo le si sedette accanto
bisbigliandole vicino all’orecchio:« E perché?».
A
questo punto Sofia alzo la testa per fulminarlo con lo sguardo, lui era
sconvenientemente vicino, perciò prima di parlare la ragazza ingoiò
a vuoto, quindi si scostò prudentemente più indietro e mentendo spudoratamente
si rituffò nel libro mormorando seccata (e impacciata): «Faccio una ricerca per
Tuonombri».
Riccardo
annuì, quindi si avvicinò di nuovo sbirciando il libro ed infine sentenziò:«Ti do una mano».
«Non
ne ho bisogno.» risposeSofia con un sorrisetto tirato « Vai pure ».
«Non
ho nulla da fare» disse lui continuando a sbirciare il libro e avvicinando la
sedia a quella della ragazza.
Sofia
si strinse nelle spalle mormorando: «Fai come ti pare!». Quindi
tornò a leggere e ad appuntare le cose che riteneva più interessanti. Due ore
passarono in silenzio, ma ad un tratto, quando Sofia si era ormai abituata alla
presenza di Riccardo (che tra l’altro le aveva sveltito molto il lavoro), sentì
la voce calda del ragazzo bisbigliarle all’orecchio:«
Sono voluto venire io a cercarti, mi mancava la tua presenza agli
allenamenti...».
Di
nuovo il sangue salì alle gote di Sofia che in fretta raccolse tutte le sue
cose e si alzò, imbarazzatissima, balbettando
stupidamente: « Ehm… sì ..ehm… grazie» . Per poi
correre come un fulmine verso il dormitorio.
Quella
sera avrebbe avuto qualcosa da raccontare ad Erica.
*
Anche Erica e Micael erano addolorati per la
partenza dei ragazzi di Hogwarts quasi quanto Sofia. Il “quasi” racchiudeva
però una bella differenza.
Al
contrario dell’amica loro due avevano molti meno problemi a socializzare e
senza accorgersene in quell’ultimo periodo la trascuravano molto di frequente,
presi dagli allenamenti di Quidditch e decisamente
poco invogliati ad ascoltare i problemi dell’amica. L’idea di
allenamenti più lunghi per incrementare il già notevole talento di Erica
era stata opera di una combutta di Riccardo e Micael.
Soprattutto
quest’ultimo si era battuto con ardore per “aiutare” la cara Erica con la scusa
che in questo modo si avrebbe potuto anche lui
allenarsi meglio con i bolidi. In realtà, anche se Micael faticava ad
ammetterlo anche a sé stesso, bramava con tutta l’anima gli allenamenti per
motivi che non avevano nulla a che vedere con bolidi, pluffe,
boccinie
manici di scopa. Il motivo di tanto impegno era solo e soltanto Erica.
Anche se non lo aveva mai detto a nessuno
ogni volta che vedeva, parlava o semplicemente pensava ad Erica il cuore
iniziava a battergli all’impazzata e la testa volava verso fantasie che gli
accendevano di rosso le guance come se dietro ci fossero state due lampadine.
Tutto questo andava avanti almeno da quattro anni e nel frattempo Erica si era
frequentata con almeno cinque ragazzi ed anche lui si era distratto con qualche
fanciulla che però, evidentemente, non la aveva
colpito più di tanto, o almeno non tanto da fargli dimenticare la migliore
amica di sua cugina.
Molte
volte aveva tentato di dichiararsi alla ragazza, ma il solo pensiero di
rovinare il rapporto che c’era tra loro, compromettendo anche quello con sua cugina,
lo faceva star male. A tutto questo si aggiungeva il fatto
che Erica non mostrava per lui quel tipo di interesse anzi sembrava lo
ritenesse una sorta di fratello adottivo, anche se negli ultimi tempi, pareva
essersi accorta del fatto che anche lui fosse un ragazzo, donandogli un qualche
barlume di speranza.
In
quel momento, sotto la luce tenue della luna appena sorta, mentre la guardava
sfrecciare sulla sua Nimbus 2001,
con il viso concentrato ed i capelli tirati indietro dal vento, non poteva non
rimanere incantato. Ed infatti stava facendo proprio
quello: era rimasto incantato nella posizione più stupida del mondo. La scopa sospesa a mezz’aria, la bocca curvata in un sorriso ebete
e gli occhi fissi su Erica che intanto sfrecciava in cerca del boccino.
Decise che quella sera si sarebbe dichiarato, in barba a tutto.
Tuttavia
non è prudente essere distratti mentre ci si allena
sul campo di Quidditch sospesi a cinque metri d’altezza e con pochissima luce.
Micael lo imparò a sue spese. Il bolide che aveva lanciato pochi
minuti prima infatti gli si ritorse contro scaraventandolo giù dal suo
manico di scopa. Fortunatamente riuscì a reggersi con la mano libera dalla
mazza e chiamò in aiuto Erica. La ragazza si precipitò da lui, giusto in tempo
per evitargli di cadere. Lo aiutò con molta fatica arisalire sulla sua scopa e lo riportò
a terra.
-Mia salvatrice- pensò Micael tra sé in
uno slancio di puro romanticismo.
Una
volta toccata terra il ragazzo notò che l’amica aveva le guance arrossate
dall’aria fredda e i capelli scompigliati dal vento e marciava furibonda verso
di lui che era tornato a contemplarla con la stessa espressione inebetita di
qualche minuto prima. Erica, per tutta risposta con leggiadria lo apostrofò: «Sei proprio un deficiente!!! Ma dico io! Potevi farti male sul serio!!! A cosa diavolo stavi pensando, eh? Essere colpiti dal
proprio bolide! Anche tua sorella che ha tre anni
sarebbe stata capace di evitarlo! Mi hai fatto prendere un colpo!!! Idiota!!!»
A
forza di urlare le guance le erano diventate ancora più rosse ed il suo viso si
trovava a pochissimi centimetri da quello di Micael, che sempre più emozionato
ingoiò a vuoto e balbettò: « Io ero..ehm..distratto.»
«Distratto
da che!?- lo rimbeccò la ragazza sempre più vicina- Ci
siamo solo noi nel campo!»
Gli
occhi azzurri di Micael affondarono in quelli di Erica
poco prima che il ragazzo, prendendo tutto il coraggio, che nemmeno sapeva di
avere bisbigliasse prendendo il viso della ragazza tra le mani:« Appunto… Ero
distratto da te. »
Erica
lo guardò spiazzata e mentre ogni parte del suo viso diventava color pomodoro
benedisse una nuvola che passava davanti alla luna, si tolse le mani di Micael
dalla faccia e bisbigliò: « Micael..io...noi…non… - le posò un bacio velocissimo vicino
all’angolo della bocca e con un sospiro continuò- ..andiamo, è ora di cena».
La
ragazza si voltò velocemente e con un volto che tradiva la confusione che
provava, senza farsi vedere, si diresse verso la scuola. Micael la seguiì trascinando il suo manico di scopa con un’ espressione da cane bastonato, non sapendo cosa dedurre
dal comportamento di Erica e pregando in cuor suo che almeno nulla sarebbe
cambiato tra loro.
Erica
camminava veloce per non mostrare il suo imbarazzo e soprattutto perché proprio
in quel momento si era resa conto l’amicizia di Micael non le bastava più.
Anche lei quella sera avrebbe avuto qualcosa
da raccontare a Sofia. Ma sarebbe stata una buona idea?
Salve a
tutti!!! Piaciuto il chappy?
Stavolta sono stata un po’ più veloce del solito e
spero che il risultato sia gradevole. Ho una tale paura di annoiare i miei
pochi lettori ç.ç!
Comunque un mega grazie va a Seiryu e a Minako che mi seguono con tanta
pazienza! Grazie tesore, vi voglio tanto bene!
Uno speciale
saluto va alla nuova lettrice, Seilen81! Sono felice che la mia ficcina ti piaccia e spero che continuerai a leggerla!! Ed infine a Dario: sono contenta che ti piaccia!!! Vedrai che la continuerò presto! (o
almeno spero!)
Un
raggio di sole attraversò le imposte della grande stanza dove Erica e Sofia
dormivano, colpì il volto di Erica e si infilò tra le
sue palpebre , svegliandola molto prima di quanto desiderasse. La cercatrice si
girò un po’ nel letto cercando di riprendere sonno, ma il raggio di sole le
dava il tormento e alla fine si rassegnò a godersi ancora un po’ il tepore
delle coperteguardandosi
attorno e accarezzando la testa di Ciambella, la sua soffice gatta color del miele.
Nel
letto accanto al suo Sofia dormiva placidamente quasi
del tutto sommersa dalle coperte. Soltanto la parte superiore della sua testa e
della testa di Patoccolo, il
suo coniglio di peluche, emergevano dalla coltre verde delle coperte. Erica
sorrise nel guardarla, ma un morso all’altezza dello stomaco le fece ricordare
il senso di colpa per non averle ancora detto di Micael.Erano passati diversi giorni dagli
avvenimenti sul campo di Quidditch e da quel momento Micael le faceva una corte
spietata alla quale era sempre più difficile resistere senza farsi notare da
Sofia. Sul comodino si trovava un girasole con un nastro blu legato a fiocco
intorno al gambo. Il nastro teneva stretta una piccola pergamena arrotolata.
Erica lo aprì stancamente, da circa una ventina di giorni ogni mattina ne
trovava uno sul comodino e sapeva perfettamente che dentro non si trovavano
altro che richieste di appuntamenti da parte di
Micael. Srotolando la pergamena riconobbe la grafia del ragazzo e
l’appallottolò nella mano. Si odiava per quello che stava facendo: nascondere
una cosa così importante alla sua più cara amica e trattare con indifferenza il
ragazzo di cui, ormai lo sapeva, era innamorata. Sospirò mentre con un lieve «Evanesco» faceva
sparire il girasole prima che qualcuno lo
vedesse.La ragazza piegò le gambe verso
il petto e nascose la testa tra le braccia che aveva poggiato sulle ginocchia e
con un sospiro tornò a pensare, cullata dal silenzio che ancora regnava nella
scuola. Micael le piaceva moltissimo, era dolce, divertente e deliziosamente imbranato; avrebbe voluto tanto essere la sua ragazza,
poterlo stringere a se, coccolarlo, baciarlo… invecchiarci insieme. Ma se le cose non fossero andate così? Se ad un tratto lei e
Micael avessero litigato e non fossero stati più
amici? Sofia da che parte sarebbe stata?
Proprio
mentre Erica annegava nel vortice dei suoi pensieri una voce assonnata e familiare la scosse: «Erica…che cosa c’è? Parli nel sonno?»,
la schernì Sofia con un grosso sbadiglio.
«Ehm…
no, no stavo solo riflettendo tra me» rispose Erica
con un sorriso tirato.
«Alle
otto di domenica mattina?- insistette la ragazza mora mentre
si stiracchiava come un gatto sotto le coperte – Da un po’ di tempo a questa
parte ti comporti in modo strano…mi devi forse dire qualcosa? Non abbiamo avuto
modo di parlarci molto ultimamente, con tutti gli allenamenti che avete!». Concluse Sofia seria mettendosi a sedere su letto.
Erica
si buttò nel cuscino per non mostrare alcuna espressione
che avrebbe potuto tradirla, quindi tentando di cambiare discorso domandò con
viso furbetto: «Piuttosto: ho saputo che Riccardo si è accorto di quanto tu sia
carina, non fa altro che domandarmi tue notizie durante gli allenamenti…»
Questa
volta fu Sofia a distogliere lo sguardo coprendosi il viso con Patoccolo. Ma non appena riemerse da dietro il pupazzo la sua espressione fece dire ad Erica in tono
esasperato: «Oh basta Sofia! Devi dimenticare Harry! Lo vuoi capire che è
innamorato di un’altra, e poi non sappiamo neppure se avremmo mai l’occasione
di rivederlo!...Devi guardare avanti, e molto più
vicino» Terminò la ragazza bionda con passione felice di aver deviato il
discorso da sé all’amica. Sofia però mise il broncio e non rispose. Nel
frattempo Ermengarda e Matilde, le loro compagne di stanza si erano svegliate e
guardavano malissimo Erica, che si rese conto in quel momento di aver parlato
troppo forte.
Sofia
nel frattempo si era alzata iniziando a prepararsi in silenzio ed era schizzata
via appena pronta, seguita a ruota da Erica.
La
Sala Grande
era piena di studenti vocianti come e ancor più del solito, forse perché era
domenica e tutti si sentivano più rilassati, forse perché di lì a tre giorni
sarebbero iniziate le vacanze di Natale . Il soffitto
quel giorno rappresentava il mito di Teseo ed Arianna, una storia davvero
struggente e poco adatta all’atmosfera festosa del periodo; i putti che
svolazzavano per la stanza indossavano un grazioso, minuscolo berretto da Babbo
Natale. Tutta la sala era decorata con grandi festoni di abete
sui quali brillavano piccole fate che emanavano luci multicolore. Ad ogni
angolo inoltre risplendevano enormi alberi di Natale ornati nel medesimo modo.
Tutte quelle luci unite all’atmosfera di festa che si respirava nell’aria come
un dolce profumo di biscotti diedero la carica a
Sofia, facendola sentire più rilassata e ben disposta anche se, si disse, non
avrebbe lasciato in pace Erica finché non avesse ottenuto una risposta
soddisfacente.
Arrivate in sala si sedettero l’una accanto all’altra. Mentre
versavano cappiùccino nelle loro tazze e prendevano due grossi cornetti alla cioccolata arrivò anche Micael che aveva la faccia più
distrutta del solito. Si sedette di fronte ad Erica sbiascicando un «Ciao»mentre lanciava alla
ragazza bionda un’occhiata ardente ed interrogativa che la indusse ad abbassare
lo sguardo. Fortunatamente Sofia, impegnata a non imbrattarsi di cioccolata non
scorse l’espressione inconfondibile del cugino e dell’amica e poco dopo venne ulteriormente distratta dall’arrivo di Riccardo che
l’abbracciò sulle spalle arrivando da dietro, dandole un confidenziale bacio
sul collo prima di allontanarsi velocemente ammiccando in sua direzione. Con la
bocca sporca di cioccolata e sempre più sconvolta Sofia si voltò a guardarlo mentre le lanciava un bacio e le faceva
l’occhiolino con complicità, in sottofondo si sentivano molte risatine e
qualche voce femminile che gridava frasi del tipo: «Riccardo hai il gusto
dell’orrido?» oppure « Portati un amuleto se esci con lei, non si può mai
sapere..». Imbarazzata edi nuovo imbronciata Sofia tornò a
fissare la sua tazza e a divorare con foga il suo cornetto. Erica nel frattempo
tentava di consolarla per sviare l’attenzione dagli sguardi che Micael le
lanciava, insultando “quelle vacche
svampite” che offendevano ancora la sua amica. Micael nel frattempo
guardava Riccardo con un misto di fastidio e ammirazione.
Tutto
ad un tratto però la tensione fu interrotta dall’arrivo dei gufi e dei piccioni
postali. Nessuno dei tre amici aspettava nulla per quel giorno, visto che tuttie tre avrebbero
fatto presto ritorno alle loro famiglie per le vacanze di Natale. Tuttavia un
minuscolo gufo scese in picchiata verso di loro andandosi a tuffare dritto
nella tazza di Micael ancora colma di cappiùccino. Schizzi di latte e caffé
macchiarono la tovaglia e le loro divise. Fortunatamente il gufetto
si era tuffato di testa nella tazza lasciando quasi incolume la pergamena
legata alla sua zampa. Con delicatezza Erica lo afferrò per la zampa libera e
lo mise in piedi sul tavolo. Quello si agitò vistosamente
per ripulire le piume mentre emetteva un verso soddisfatto, ora il latte era
schizzato anche sui volti dei tre ragazzi che osservavano quel minuscolo
volatile tra il seccato e il divertito.
Micael finalmente prese la piccola
pergamena legata alla sua zampa, mentre Erica velocemente puliva gli schizzi di
latte sulla tavola e sui loro vestiti.
Sul
volto del ragazzo si formò una smorfia di puro stupore e quando le due amiche
gli domandarono di chi fosse la lettera, lui si limitò a mostrargliela.
Inchiostro nero modellato in una grafia ordinata diceva:
Cari
Micael, Erica e Sofia
Ieri
sera la nostra preside ha inviato all’Abraxa una lettera per chiedere il vostro
trasferimento a Hogwarts per tutto il tempo che sarà necessario per faccende
che vi saranno spiegate a tempo debito. Credo che vi informeranno
al più presto, ma non volevo che veniste presi alla sprovvista.È bene che arriviate qui
nel più breve tempo possibile con le vostre famiglie. Vi mando un abbraccio
nell’attesa di rivederci.
Con affetto,
Hermione
Immediatamente
anche le facce di Erica e Sofia presero la stessa
espressione di quella di Micael, ossia un misto tra attonite e felici. Un mare
di domande affollarono in breve le loro giovani menti,
ma proprio mentre Micael stava per aprire bocca una voce calma e lenta risuonò
in tutta la grande sala come se venisse trasmessa da altoparlanti appesi al
soffitto: « I signori Micael Revenin, Sofia Revenin ed Erica Lunardi sono
attesi urgentemente in presidenza». Con le facce di chi sta
capendo sempre meno Sofia afferrò il piccolo gufo, quindi i tre si strinsero
nelle spalle e senza fiatare si diressero verso l’ufficio della preside seguiti
dagli sguardi curiosi degli altri studenti.
Con
un’ansia diversa da quella che avevano di solito quando
percorrevano la strada verso la presidenza (in genere era per discolparsi di
qualche scherzo fatto ai danni di studenti poco simpatici), i tre raggiunsero
la porta a vetri senza fiatare. Evidentemente attesi quella si aprì prima che
loro avessero il tempo di bussare ed immediatamente una bambinetta
minuscola con molleggianti boccoli castani si avventò sulle gambe del ragazzo
gridando entusiasta: «Maicoleee! Maicoleee!».
Il ragazzo con un sorrisetto imbarazzato tirò su la piccola, che altri non era
se non Ester, la sua sorellina di appena due anni. Erica si sciolse in un
sorriso intenerito mentre il ragazzo la stringeva a sé
dandole un bacio sulla fronte. Pochi istanti più tardi la porta si aprì
completamente e la voce della preside li invitò ad entrare. Immediatamente
videro la
Professoressa Svaragata sorridere mielosamente
in loro direzione, perfettamente pettinata come di consueto. Tuttavia la
donna non era sola: in un angolo infatti si trovavano
un uomo e una donna minuti, con volti gentili. L’uomo era quasi calvo e aveva
grandi occhi castani e un portentoso paio di baffi, la donna era piccola e
tonda, molto carina nella sua veste turchese che contrastava con i capelli
scuri raccolti in uno chignon. Erano i genitori di Erica che la ragazza corse velocemente ad abbracciare.
Accanto a loro si trovava un’altra coppia: lui era alto e robusto, con un gran
faccione giovale nel quale brillavano occhi azzurri come quelli di Micael,
anche la donna che aveva accanto era molto alta e piuttosto attraente. Questi
erano i genitori di Micael, nonché zii di Sofia.
Terminati
i saluti tra i rispettivi familiari la preside invitò
tutti a sedersi facendo comparire con rapidi gesti della bacchetta sette grandi
sedie imbottite ed una piccola sedia identica alle altre sulla quale Ester si
sedette con la grazia di una piccola principessa.
Non
appena ognuno di loro si fu accomodato, ignorando le occhiate fulminanti che i
genitori di Micael lanciavano al figlio e gli sguardi ansiosidel padre e la madre di Erica, la
professoressa prese la parola con voce fin troppo flemmatica nella quale si avvertiva
però un certo disappunto: « La professoressa Mc Granittmi ha scritto che è necessario che voi tre
andiate al più presto a Hogwarts. Mi ha inoltre detto di ringraziarvi per
l’ospitalità che avete dimostrato nei confronti di tre studenti della sua
scuola.- lo sguardo della preside setacciò quello dei
tre a coglierne qualche segno di colpevolezza- Ora, prima di proseguire vi
domando. Perché io non ne ho saputo niente?».
I
tre studenti si sentirono gelare, la madre di Micael lo
guardava torva picchiettando le dita sulle braccia conserte. Sentendosi
chiamato in causa in qualità di caposcuola, il ragazzo rispose alzandosi
rispettosamente in piedi:« I tre studenti ci hanno
chiesto di non rivelare la loro presenza e, dato che sembrava una faccenda
piuttosto seria, abbiamo fatto come ci chiedevano.» Terminata la frase, molto
seriamente si sedette ignorando la madre che lo guardava in cagnesco. Ci fu un
attimo di pausa, quindi la voce della Preside tornò zuccherosa e sognante come
sempre:« Se avessi saputo che il signor Harry Potter
ed i suoi amici erano qui lo avremmo potuto aiutare meglio…-sospirò come se
tornasse da un sogno quindi proseguì-…
ora, il messaggio inviatami dalla preside di Hogwarts mi spinge a chiedervi di
prepararvi con una certa urgenza e a partire il più presto possibile.- Fece un
cenno con la mano prevedendo la domanda che Erica stava per fare- mi spiace
dirvi che la Civetta
dovrà rinunciare a due dei suoi componenti per tutto il tempo che sarà
necessario. I professori della nostra scuola vi manderanno settimanalmente
appunti con le lezioni delle materie non presenti a Hogwarts, in modo che potrete tenervi al passo con il programma.»
A
questo punto Sofia non riuscì più a fare silenzio e approfittando della pausa
fatta dalla preside domandò: « Ma perché dobbiamo andare a Hogwarts?»
La
professoressa la guardò un momento sorridendo dolcemente, come si fa ad un bambino che abbia inaspettatamente chiesto qualcosa
di intelligente, quindi con un tono esageratamente dolce rispose:« Mia cara, la
vera ragione non è chiara neppure a me. La professoressa Mc Granitt non me lo
ha riferito,- nel suo tono c’era una punta di stizza- so soltanto che si tratta
di un trasferimento per motivi di sicurezza anche se il motivo ufficiale della
vostra visita sarà un periodo di studio all’estero…»
«Ma… e i nostri genitori, loro per quale motivo devono
venire?» sbottò Erica indicando con la mano i quattro adulti seduti accanto a
loro.
«
Il signore e la signora Revenin sonoufficialmente in missione per il
Ministero, ne ho parlato con loro prima che arrivaste. I signori Lunardi
diranno cortesementea
tutti che hanno intenzione di aprire una filiale del loro negozio di abiti a Hogsmeade. Mi raccomando, come s è
raccomandata la mia collega Minerva, di attenervi scrupolosamente a questa
versione dei fatti». Concluse delicatamente la Svaragata scandagliando
con lo sguardo tutti i presenti. Gli adulti erano piuttosto tranquilli: in
fondo avevano già avuto il tempo di assorbire la notizia; i tre ragazzi
tuttavia sembravano piuttosto agitati e si osservavano tra loro. Erica era sul
punto di mettersi a piangere, Micael si mordeva insistentemente le unghie
guardandosi intorno agitato; Sofia aveva lo sguardo fisso nel vuoto e pensava
tante cose così contrastanti tra loro da farle venire il mal di testa.
Ad
un tratto però la preside batté le mani ed i tre ritornarono a posare i piedi
per terra.
«Andate
a preparare i vostri bauli». Disse la preside facendo aprire la porta a vetrata, «Avete mezz’ora per tornare qui con le vostre cose».
Concluse facendo cenno ai tre di sbrigarsi. Erica, Micael e Sofia saltarono su
dalle proprie sedie un secondo prima che queste scomparissero
e in uno svolazzare di vesti verdi smeraldo corsero verso le loro camere.
Nessuno aveva una gran voglia di parlare perché c’era molto da pensare. Erica e
Micael erano molto dispiaciuti di dover lasciare la
loro squadra, Micael però non poteva che essere sollevato dal fatto che Erica
venisse con loro. Da parte sua Sofia era felicissima di rivedere Ron ed
Hermione anche se le metteva molto pensiero il fatto di dover rincontrare Harry , proprio ora che stava iniziando a non pensarci più. Inoltre era un po’ seccata dal fatto di dover rinunciare
alle attenzioni di Riccardo, che tutto sommato le facevano piacere. Pensieri
come questi affollavano la mente dei tre ragazzi, ma nessuno ne parlò con gli
altri: la preside era sembrata molto seria e non sembrava
proprio il caso di mettersi a discutere con lei sulla faccenda, tanto più che
il tempo per prepararsi era davvero esiguo.
In
breve tempo i bauli furono pronti, Ciambella venne
messa nel trasportino, nonostante non ne fosse entusiasta, Chichi
la civetta color miele di Sofia fu infilata nella gabbia insieme al piccolo
gufo mandato da Hermione che strillava contento con grande disappunto della
padrona della uccelliera, un’altra gabbia più grande ospitava invece Aristide,
il grande barbagianni bruno di Micael.
Gli
studenti che si trovavano nella sala d’ingresso lo
guardavano incuriositi, qualcuno faceva domande che trovavano soltanto cenni
vaghi come risposta, Riccardo inseguì addirittura sofia per un po’ cercando di
cavarne qualche informazione ma non ottenne altro che qualche vago sorriso e
uno scherzoso bacio tirato con la mano. In realtà Sofia avrebbe voluto
spiegarsi, per correttezza, ma non ce n’era davvero il
tempo.
Quando
arrivarono nell’ufficio della preside i loro genitori non c’erano
già più. Come la professoressa spiegò loro erano tornati
alle loro rispettive case per preparare i bagagli e li avrebbero raggiunti in Inghilterra
il giorno successivo; per loro erano state preparati degli appartamenti adatti.
Sulla scrivanie della preside si trovava un oggetto
insolito che cozzava perfettamente con l’arredamento lussuoso della sala. Si
trattava di un vecchio maglione bucato dall’aspetto triste.
«Dunque,
cari- incominciò zuccherosa la preside- questo- fece
una smorfia schifata indicando il maglione- tra poco diverrà una passaporta che
vi condurrà dritti a Hogwarts. Vi stanno aspettando, quindi è necessario fare
presto. Vi raccomando di comportarvi bene e di tenere alto l’onore dell’Abraxa!
Ora, vi prego di avvicinarvi.»
Guardandosi
con l’espressione di chi è appena saltato fuori da una
centrifuga i tre obbedirono e si accostarono alla scrivania. Nello stesso
momento la professoressa aveva fatto sparire bauli e gabbie ed aveva mormorato
«Portus!». Il maglione si illuminò
appena per poi tornare come prima. Di nuovo Selene Svaragata parlò: «Al mio tre afferrate il maglione». La preside prese fiato
quindi iniziò:
«Uno…»
Sofia
guardò fuori dalla finestra: il mare risplendeva di
blu intenso sotto un terso cielo invernale; per quanto non avrebbe più visto?
« Due…»
Erica
strinse la manica della veste di Micael e quella di Sofia. Il ragazzo la guardò
di rimando deglutendo nervosamente mentre allungavano
le mani verso la passaporta.
«Tre…»
I
ragazzi afferrarono il maglione con decisione, fu come se un gancio li avesse
arpionati all’ombellico. In pochi istanti l’ufficio della Svaragata,le foto, i ritratti
appesi alle pareti, le tende di velluto, la finestra da cui si vedeva il mare
scomparvero confondendosi in un turbine di colori. Poi il turbine cessò e tutti
e tre caddero scompostamente su un freddo pavimento di pietra.
La
prima cosa che sofia vide fu una finestra, ma non si vedeva più il cielo
limpido ed il mare, bensì un cielo grigiastro e una grande
pianura coperta di neve.
Ed eccomi qui con il 10°
capitolo. Non so, io non sono completamente
soddisfatta. Avrei voluto metterci altre cose, ma sarebbe diventato troppo
lungo perciò quello che non è entrato qui lo troverete
nell’11° capitolo.
Un altro motivo che mi rende insoddisfatta è che avrei voluto finire questa storia prima dell’uscita del
settimo episodio di Harry Potter, ma sono ancora in altissimo mare. Pazienza J
Ora vorrei ringraziare tutti coloro che
mi leggono e in special modo quelli che sono tanto gentili da lasciarmi dei commentuzzi! Mi fanno un tale piacere, non credo che
continuerei a scrivere se non ci fossero! Mille grazie quindi
a Minako, Seiryu e Lady Aria che mi hanno lasciato il
loro parere. Un grande abbraccio anche a tutti coloro
che leggono senza commentare: non siate timidi però! Un commento, anche se non positivc fa sempre piacere!
A presto!
Ciriciaooo ^_^
P.S. Avete capito chi è il gufo proveniente da Hogwarts? (ghgh)
Sofia
batté gli occhi e li strofinò vigorosamente per riprendere contatto con ciò che
aveva intorno. Si trattava di una stanza circolare dall’alto soffitto: le pareti
erano piene di ritratti che sbirciavano in loro direzione. Sofia e gli altri
ebbero appena il tempo di mettersi in piedi che furono raggiunti da tre
scintillanti filamenti formati da sottili scie rosse, blu e bianche.
L’incantesimo penetrò nelle orecchie dei tre ragazzi e poco dopo udirono, in un
perfetto inglese che, con loro sommo stupore, comprendevano a perfezione: «
Benvenuti a Hogwarts!».
A
parlare era stata una donna alta e magra, il viso appuntito e le labbra
sottili, indossava una veste da maga verde bottiglia ed un cappello di tessuto scozzese. Senza volerlo Sofia, Micael ed Erica
risposero in coro: «Grazie» le loro voci erano titubanti e confuse, ma la cosa
che più li stupì fu che avevano parlato in un perfetto inglese. Le loro
espressioni dovevano essere molto eloquenti perché con un mezzo sorriso la
donna che prima aveva parlato, tornò a farlo nuovamente : «L’incantesimo che
avete insegnato alla signorina Granger e agli altri.- spiegò asciutta- Lo
abbiamo adattato alla nostra lingua.» Sorrise
cordialmente, ma il suo volto era teso ed aveva i segni che porta
una persona che non dorme bene da molto tempo. Ci fu una piccola pausa durante
la quale i tre ragazzi dell’Abraxa si guardarono intorno: oltre alla donna
magra e alta c’erano anche un uomo molto grasso con grandi baffi argentati,
abbigliato con estrema eleganza; accanto a lui vi era una donna sorridente,
piccola e rotondetta, che al contrario portava vesti rattoppate e sporche di
quella che sembrava terra. Di fronte a loro si trovava una coppia molto strana:
c’era un ometto alto circa un metro, con il naso appuntito ed accanto a lui si
ergeva, facendolo sembrare ancor più piccolo, un uomo grande
quattro volte un uomo normale, con folti capelli neri ed un’altrettanto folta
barba del medesimo colore, l’unico che rivolse loro un sorriso cordiale.
La
bizzarra veduta venne interrotta dalla voce della
donna che aveva parlato per prima: « Io sono la Professoressa Mc
Granitt, preside di Hogwarts. I miei colleghi qui presenti sono i capi delle
quattro case in cui la nostra scuola è, fin dalla fondazione, divisa. Ogni cosa
che voi farete o non farete durante il vostro soggiorno ad
Hogwarts farà perdere o guadagnare punti alla vostra Casa.- fece un gesto con
la mano alla sua sinistra indicando prima l’uomo con i baffi, quindi la donna-
il professor Lumacorno, capo della casa di Slytherin, la professoressa Sprite
capo di Hufflepuff.»
Terminate
le presentazioni delle persone alla sua sinistra volse l’attenzione al quelle alla sua destra, indicando con la mano prima
l’uomo enorme, quindi quello minuscolo: «Professor Hagrid, capo di Gryffindor
ed infine il professor Vitious, capo di Ravenclaw.»
Ad
ogni insegnante presentato i ragazzi fecero un sorriso ed un leggero inchino
del capo.
Tutele
persone presenti nella sala avevano volti provati e stanchi,
profonde occhiaie cerchiavano gli occhi di ognuno di loro.
Tutto
era molto strano, compreso il silenzio che regnava nella scuola. Doveva essere
più o meno ora di pranzo e quasi non si udivano neppure passi nei corridoi. La
professoressa Mc Granitt si muoveva verso uno scaffale in alto nell’ufficio,
gli altri docenti si guardavano attorno e rivolgevano imbarazzati sorrisi ai
nuovi venuti. Micael si era fissato a guardare il ritratto di Silente, Erica
tormentava un ciuffo di capelli guardandosi attorno con curiosità e agitazione,
Sofia faceva lo stesso mentre giocherellava con il
ciondolo a forma di artiglio che tratteneva una grande pietra turchese.
Pochi
minuti dopo la preside era di ritorno. Tra le mani stringeva un cappello da
mago dall’aria miserevole, pieno di toppe e strappi; ritornata al suo posto,
poggiò il cappello sulla scrivania, quindi tornò a parlare, il tono secco e
sbrigativo: «Il Cappello Parlante deciderà in quale casa smistarvi. Non so per
quanto tempo rimarrete, ma dividervi nella case
renderà più semplice il vostro inserimento nella scuola.- dietro gli occhiali
rettangolari lo sguardo scintillò in direzione di Micael- Revenin, avanti. Si tu ragazzo».
Con
uno sguardo perplesso il ragazzo si avvicinò alla scrivania della preside. I
professori gli sorridevano incoraggianti. Un attimo dopo la preside prese in
mano il cappello rattoppato e da quello che pareva solo uno tra i tanti strappi
uscì il suono di uno sbadiglio, quindi, una voce dal cappello parlò: « Yahwn…
che cos’è questa storia? Io stavo dormendo così bene! Studenti molto
ritardatari, professoressa?»
Le
labbra della donna si arricciarono appena in una smorfia a metà tra un sorriso
e un’espressione di disapprovazione, quindi parlò:«
Sono studenti stranieri, vengono dall’Italia e staranno un po’ qui con noi»
«Ah.. .dall’Italia…bene bene…ci sono stato una volta in Italia,
bel posto. D’accordo, al lavoro!». Rispose il cappello.
Micael
lo guardò perplesso qualche secondo prima che la Mc Granitt glielo
infilasse sulla testa senza troppi complimenti. Il cappello bisbigliò al
ragazzo: «Oh bhè, era molto che non vedevo una testa di diciottenne, sempre
bambini di undici anni normalmente… bene bene…è quasi
più semplice….oh… un gran lavoratore…. Sì, generoso, sì sì…fedele…staresti
bene ad Hufflepuff, ma ..uhm…no, c’è qualcosa di più forte di tutto ciò…io
direi senza dubbio… -terminò ad alta voce- Ravenclaw!».
La
preside sfilò il cappello a Micael. Il professor Vitious gli rivolse un
sorriso gentile e caloroso e gli disse con la sua voce stridula: «
Benvenuto nella nostra casa!».
Nel
frattempo la Mc Granitt
aveva fatto cenno ad Erica di avvicinarsi e aveva accolto l’invito con un
sorriso solare mentre dietro la schiena faceva il
cenno che significa “ok” agli amici. Entro pochi attimi raggiunse la
professoressa che le calzò il cappello in testa. Immediatamente
Erica sentì la voce del copricapo risuonarle nelle orecchie: « Oh bhè, che cosa
vedo: Lealtà, un bel caratterino e tanto coraggio…senza dubbio questa è la
testa di una …. Griffindor!!!».
Immediatamente
il gigantesco professor Hagrid spalancò le braccia in segno di
accoglienza e con pochi passi raggiunse Erica e l’abbracciò. Vicino ad Hagrid la ragazza sembrava ancora più piccola del solito
e questo suscitò nei suoi amici una risatina divertita. Erica, dal canto suo,
era rossa in viso, quasi soffocata dall’abbraccio ma allo
stesso tempo divertita.
Ora
che Micael ed Erica avevano preso posto accanto ai professori capi dello loro case soltanto Sofia era rimasta ad attendere
davanti alla cattedra. Sotto lo sguardo affettuoso degli amici deglutì mentre guardava ai ritratti dei Presidi di Hogwarts.
Per un attimo le sembrò che il ritratto di Silente le facesse l’occhiolino.
All’invito
della preside si fece avanti e in pochi momenti la raggiunse. Così come aveva fatto per gli altri la professoressa calzò il cappello
sulla testa ricciuta di Sofia. Tuttavia il tessuto lacerato
fece appena in tempo a sfiorarla che dallo strappo che era la bocca del
copricapo uscì la sentenza «Ravenclaw!». La decisione del
cappello era stata così fulminea che nella sala ci fu
un secondo di shock e proprio in questo secondo il cappello sussurrò a
Sofia :« Il corvo torna sempre al nido», quindi la Mc Granitt lo portò via
riponendolo sullo scaffale da cui lo aveva preso, mentre Sofia raggiungeva il
professor Vitious che l’accolse gentilmente nella Casa da lui guidata.
Non
appena ebbe rimesso il cappello al suo posto la Mc Granitt
si voltò con un sorriso verso i tre studenti italiani e disse con gentilezza:
«I rispettivi professori vi porteranno nella Sale Comuni
delle vostre case. Auguro a tutti voi un piacevole soggiorno a Hogwarts.-
Terminata la frase la donna si girò verso
Micael- Per quanto riguarda lei, signor Revenin, ho già concordato con i
docenti un programma speciale di studio che le permetterà di stare al passo con
quello che studiano gli studenti del suo anno all’Abraxa. Ora andate pure a
rinfrescarvi quindi scendete nella Sala Grande per il pranzo».
Una
volta fuori dalla porta dello studio della preside, i
ragazzi dovettero salire su una strana scala a chiocciola che girando come una
vite li portò al piano inferiore permettendo a loro tre e ai professori di
andare verso il corridoio passando accanto a due gargoile.
Tuttavia
ad attenderli nell’ androne c’erano Hermione e Ron che
li aspettavano sorridendo. Hagrid dopo una sonora risata che echeggiò nel
corridoio, disse: « Bhè visto che qui c’è qualcuno che non vedeva l’ora di
vedervi direi che io posso con calma tornare a fare lezione, mentre questi due
accompagneranno la signorina Sireni nella sala comune di Griffindor ! A presto ragazzi!».
Dopo
un veloce saluto ad Hermione Ron ed Erika, i ragazzi
si separarono e mentre Erika e gli altri due si dirigevano verso la torre ovest, Sofia e Micael, preceduti dal
professor Vitious si incamminarono nella parte opposta, ossia la torre est del
castello che ospitava la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. In quella
direzione si trovava infatti la sala comune di
Ravenclaw e soltanto il professore che era a capo della Casa, o qualcuno degli
studenti che ne facevano parte avrebbe potuto mostrargli la direzione giusta.
Dopo
un lungo cammino si trovarono infine di fronte ad una
grande porta di legno massiccio che non presentava né maniglia, ne serratura ed
era perfettamente liscia, quasi come se fosse stata d marmo. L’unica
cosa che la rendeva differente da una tavola di legno assolutamente anonima era
un grosso ovale di uno strano materiale che sembrava vetro opacizzato color blu
notte incorniciato da un raffinato contorno color argento. Non appena i
due ragazzi giunsero di fronte a quello strano uscio nell’ovale
apparvero delle parole luminose che recitavano:
Sono brutto e senza forma
Ma se tu mi sai pigliare
Gusto fuori dalla
norma
Ai tuoi piatti posso dare
Anche
se non ce ne sarebbe stato affatto bisogno il professor
Vitious pigolò :« E’ un indovinello, la porta ne propone sempre di diversi e se
volete che si apra almeno uno di voi due deve dare la risposta!».
Micael
e Sofia si fissarono per qualche istante con aria
concentrata, quindi entrambi, in una spontanea coreografia, di nuovo fissarono
gli occhi sulle lettere color argento. Micael si portò una mano alla tempia,
Sofia bisbigliava tra sé quei banali versi come una sorta di mantra.
Il metodo di Micael ebbe la meglio e dopo qualche secondo quasi gridò:
«Tartufo!». La porta si aprì scomparendo in alto dentro il muro spesso. Non
appena Sofia mise un piede sulla soglia, seguita da Micael, fu bloccata da una
nocetta che trillando salutò :« Mettetevi pure comodi
nelle vostre stanze, tra un’ora sarà servito il pranzo!».
Senza
aggiungere nulla i due ragazzi annuirono e , dopo aver
salutato con la mano il professore che allontanandosi sorrideva loro, si
addentrarono ad occhi sbarrati nella sala comune di Ravenclaw.
Si
trattava di una grande sala che seguiva la forma
circolare della torre. Sulla parete di fronte alla porta si trovava un grande camino di marmo grigio perla, molto elegante che
risaltava a meraviglia sull’antica tappezzeria blu notte che decorava la sala.
Sopra il camino si trovava un grosso dipinto incorniciato d’oro. Questo quadro,
l’unico della sala che era decorata solo con piante meravigliose e statue dello
stesso colore del camino, raffigurava una bellissima dama. La donna dipinta
aveva un volto bellissimo e nobile; i capelli, legati in un’elaborata
acconciatura trecentesca, erano raccolti in una lunga treccia nera ornata da
perle bianche. Il viso, delicato ma dai tratti leggermente appuntiti, era
chiaro come porcellana e nel mezzo vi risplendevano
grandi occhi azzurri come zaffiri. Il ritratto era a mezzobusto, ma nel grembo
della donna erano poggiate le mani sottili e nobili. Sotto di esse vi era un pesante tomo, ed il polso destro era ornato
da un importante bracciale in cui brillavano tre grandi zaffiri dal taglio a
cuscino* , una targa sulla cornice diceva: Rowena
Ravenclaw. Lungamente sia Micael che Sofia rimasero
a guardare quella donna bellissima, poi Sofia con una voce che era poco più di
un sussurro disse al cugino :
«
Somiglia tanto alla nonna…».
Micael
annuì senza parlare e tornò ad osservare la donna del quadro incantato, come
del resto stava facendo Sofia. Incantati dalla donna i due non avevano badato
per nulla a ciò che li circondava. Erano rimasti anzi sulla porta con il naso
all’insù a fissare il quadro che sorrideva con grazia guardandoli.
Ma una voce piccola e lenta interruppe i loro pensieri: «Voi
siete gli amici italiani di Harry!». Nonostante la lentezza
dalla voce traspariva entusiasmo. Due paia di occhi
azzurri si spostarono in direzione della voce e catturarono l’immagine di una
ragazza minuta. Colei che aveva parlato si trovava su uno dei divani coperti di
velluto blu che arredavano la
Sala Comune di Ravenclaw. Tuttavia ella
si trovava accomodata in una posizione piuttosto bizzarra: aveva le gambe molto
sottili poggiate alla spalliera del divano con i piedi che penzolavano dalla
spalliera stessa, il busto era straiato sulla seduta del sofà, i lunghi capelli
biondo cenere scendevano a cascata verso terra riempiendosi di riflessi dorati.
In quella strana posizione la ragazza stava leggendo un giornale piuttosto
grosso intitolato “La
Gazzetta del Profeta”, la cosa stramba è
che il giornale era girato sottosopra.
Micael
e Sofia la guardarono perplessi, mentre lei continuava a sorridere loro. Sofia,
trattenendo a stento una risata annuì muovendo qualche passo verso di lei
e allungando una mano per stringere quella della ragazza bionda.
«Il
mio nome è Sofia! Piacere di conoscerti! Lui è Micael, mio cugino. – Sofia
lanciò uno sguardo a Micael ancora inebetito, poi mormorò:-
non farci caso». E nel dirlo scosse il capo con
rassegnazione.
Mentre Micael si avvicinava alla ragazza e
Sofia ancora attendeva che la sua mano fosse stretta dalla biondina,
quest’ultima poggiò a terra il giornale poi fece una capriola all’indietro per
rimettersi in piedi. L’espressione di Micael si fece ancor più sconcertata e
sofia non riuscì più a trattenersi dal ridere visto che nel fare la capriola la
gonna della ragazza , scivolatale sulla testa aveva
lasciato intravedere un paio di buffi pantaloncini, in realtà molto simili a
dei mutandoni, decorati con un motivo di stelle argentate su sfondo blu.
Terminata
la sua acrobazia , la ragazza strinse vigorosamente la
mano ai due nuovi arrivati quindi disse con entusiasmo: « Sono così felice di
conoscervi! Io sono Luna Lovegood! Se avrete bisogno di
qualcosa chiedetemi pure. E… Mi raccomando, in questo
periodo state molto attenti ai Nargilli, il vischio di cui è piena la scuola è
la loro dimora preferita!». Questo ultimo avvertimento
era stato detto sottovoce, come se fosse un’importante segreto. Micael aveva
risposto con la domanda «Nar…che cosa?», mentre Sofia si stava quasi rotolando
a terra dalle risate; Luna la guardava esterrefatta, ma ben presto si
mise spiegare a Micael cosa fossero i Nargilli.
Dopo
qualche minuto di quella interessante lezione, dopo
che Sofia si fu ricomposta, Luna disse: « Sofia vieni, ti mostro la nostra
stanza. Micael mi dispiace, la tua dovrai mostrartela
da solo perché io non posso salire nel dormitorio dei ragazzi. Si dice che
alcuni studenti di molto tempo fa abbiano fatto un incantesimo che fa spuntare enormi brufoli sul naso a tutte le ragazze che
ci provano. Nessuna ha mai avuto il coraggio di testare!» Concluse
la ragazza scuotendo il capo con gravità.
Tutti
e tre salirono ai loro dormitori e si sistemarono nelle loro stanze fino all’ora di pranzo.
Il Natale, come potete vedere, porta con sé delle sorprese, anzi
in questo caso direi dei miracoli! Finalmente sono riuscita a partorire questo
11° capitolo! Spero vi piaccia, perché nei miei progetti doveva essere un po’
diverso, ma poi varie cose mi hanno portata a questa
conclusione.
Se avrete la pazienza di seguirmi ancora (sperando in tempi di
pubblicazione più brevi!) saprete anche cosa succede ad Erica, cosa succederà a
Sofia quando rivedrà Harry… insomma c’è tanta carne al
fuoco e spero di non bruciarla! Ehehe
Ovviamente a chi mi legge vanno i miei più sentiti GRAZIE! Se non ci foste voi non troverei mai la forza e la voglia di
andare avanti!
Un grazie speciale alla nuova arrivata rivoltella! Ti prometto
che appena sarò un po’ più libera leggerò ancora i tuoi lavori!
Un grosso bacio e Buon Natale a tutti!
Ciriciaoooo!
Nefele
* Il taglio a cuscino
è un particolare taglio con il quale le pietre
preziose assumono una forma, ovale o tonda che si presenta tonda anche nella
parte superiore. Questo taglio dà alla pietra appunto
l’aspetto di un cuscino.