I Cinque Nomi

di Beads and Flowers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Destino ***
Capitolo 2: *** Fuga ***
Capitolo 3: *** Riflessi ***



Capitolo 1
*** Destino ***


I Cinque Nomi

Destino
 


In un piccolo villaggio in riva ad un fiume, vivevano cinque donne dai diversi passati ed ambizioni. La prima, che aveva sposato un pescatore, era così brutta che tutti le ridevano dietro, l’ additavano dicendo che puzzava come il pesce che il suo amato vendeva.
 La seconda, invece, aveva sposato un povero attore girovago. Lei lo aiutava come poteva, vendendo i biglietti del suo spettacolo e cucinando delle dolci focacce da vendere agli spettatori durante le rappresentazioni. Eppure, gli affari non andavano per niente bene. Suo marito aveva ancora pochissimi ammiratori ed il suo nome non aveva ottenuto la fama desiderata.
 La terza donna era la moglie di un misero mendicante, che nella sua bontà non riusciva tuttavia a guadagnare alcunché. Erano una coppia di sposi  talmente poveri da non potersi neanche permettere un tozzo di pane o una scheggia di sapone per lavarsi. Tutte le loro giornate erano trascorse nella fame, nella malinconia e nella tristezza.
 La quarta aveva sposato un ladro perditempo. Il marito non tornava mai a casa con un po’ di pane da mettere sulla tavola, e la moglie pregava sempre che egli tornasse sulla retta via. Implorava l’ uomo, piangeva ogni notte lacrime amare, ma il compagno non sapeva veramente far altro che rubacchiare qui e lì ogni tanto. E, per questo, rischiava la galera.
 Infine, l’ ultima tra le cinque donne era una moglie totalmente sottomessa al marito macellaio. Veniva picchiata, violentata ed offesa crudelmente da quell’ uomo bruto ed inclemente. Il suo dolore era grande, ma ella lo sfogava sotto la forma di lacrime silenziose e segrete. Non parlava a nessuno della sua sofferenza, ma e lei stessa tentava di illudersi di provare una qualche felicità.
 Ebbene, queste cinque donne delle diverse vite ed ambizioni un giorno si ritrovarono tutte al pozzo del villaggio. Non si conoscevano, non si erano mai viste prima di allora, se non in Chiesa. Si scambiarono tuttavia uno sguardo di silenziosa intesa, come se fosse proibito ad ognuna di loro rivelare le loro sventure, le loro disgrazie. In particolar modo la quinta non aveva il coraggio di ammettere a sé stessa di essere così tremendamente infelice.
 La prima donna stava dunque per attingere l’ acqua dal pozzo, quando all’ improvviso dall’ alto dei Cieli discese una splendida figura femminile. Sembrava precipitare dal mondo delle nuvole, e cadde sulla dura terra battuta con un gemito di dolore. Aveva le sembianze di un angelo: i suoi bianchi ed ondulati capelli erano raccolti da un nastro di seta leggera. Il suo candido corpo era avvolto da un impalpabile abito dai colori sfumati. Il volto perfetto, bianco come la Luna, metteva in risalto i suoi occhi neri. Sulla fronte, un simbolo violaceo, una cicatrice la cui forma ricordava una parentesi graffa rovesciata.
 Il giovane spirito, rialzandosi in piedi con qualche difficoltà, sorrise cordialmente alle cinque donne. Quest’ ultime erano semplicemente paralizzate dalla sorpresa e dalla paura, incredule di fronte all’ improvvisa apparizione di quello strano essere dalle sembianze di un angelo. Immobili, incapaci di parlare, ascoltarono in silenzio le parole dello spirito.
 “Mie Signore, i miei omaggi dal regno delle nuvole. Il mio nome è Leuedai, e sono la messaggera degli spiriti del Cielo. ‘Angeli’… mi risulta che questo sia il nome che ci attribuite?”
 La quarta donna annuì lievemente, la sua mano ancora stretta attorno al coltellino da tasca che suo marito le aveva tanto raccomandato di portarsi dietro. Dal canto suo, la moglie del pescatore si era coperta il viso con il grembiule, vergognandosi del contrasto tra le sue orribili fattezze e quelle delicate ed incantevoli dello spirito Leuedai.
 “Dovete sapere, mie Signore, che in tutto il lungo periodo in cui io e gli altri spiriti del Cielo abbiamo osservato lo spaesato girovagare degli esseri umani, mai i nostri occhi si sono posati su di un gruppo di donne come il vostro. Invero, mai tanti dolori così distinti l’ uno dall’ altro si sono riuniti insieme in un unico luogo, nella personificazioni di ben cinque persone diverse. La particolarità del caso vuole che sia un intervento magico a soccorrervi, mie Signore.”
 “Un intervento magico?”
 “Dall’ alto dei Cieli, io giungo ora al vostro cospetto per annunciarvi il volere degli spiriti, miei padroni e fratelli di luce. Tornate ora a casa, via da questo pozzo. Amate i vostri uomini, e tra circa nove mesi in questo villaggio verranno al mondo ben cinque nuove bambine. Le vostre figlie. Dunque, tale sarà la loro benedizione: stando al significato del nome che donerete loro, esse saranno caratterizzate da quello stesso appellativo. Siate donne intelligenti, benché infelici. Donate alle vostre figlie un nome che rechi loro tanta gioia e fortuna, cosicché il loro destino sia prospero e meraviglioso. Così parlano gli spiriti del Cielo, queste sono le loro parole. Così sia!”
 E, di colpo, sparì.


Angolo dell' Autrice:

Ehilà! Allora, non ero molto sicura su dove inserire questa storia. La trama mi sembra più simile ad una favola, anche se lo stile potrebbe non darlo a vedere. Per quanto riguarda la sezione 'Sovrannaturale - Angeli e Demoni', sappiate che Leuedai apparirà solo su questo capitolo. Voi che dite? La lascio qui? Fatemi sapere, e grazie mille per aver letto. Se mi fosse sfuggito qualche errore, sarei molto felice se mi venisse segnalato. Idem per consigli, precisazioni o correzioni di vario genere.
Grazie, ed al prossimo capitolo!
P.S. Notizia Ambientalista/Animalista: Avete saputo di Green Hill? Finalmente si incomincia a fare qualcosa di concreto! :D Facciamo tutti il tifo per voi, attivisti!








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Capitolo 2
*** Fuga ***


Fuga

 

 In seguito alla sparizione dello spirito Leuedai, qualcosa d’ impalpabile, come le nuvole e le vesti degli angeli, rimase impresso nell’ aria. Qualcuno, se ciò non fosse stata eresia, l’ avrebbe addirittura definita ‘magia’. Le donne, ancora leggermente confuse, si guardarono l’ un l’ altra, con un’ acuta punta d’ incredulità negli occhi.
 Che cosa era stato? Una visione? Un sogno?
 Ci si poteva fidare delle parole di un sogno?
 Be’, in fondo quelle povere donne non avevano altro in cui sperare, se non dei sogni e le illusioni. Che cosa restava loro, se non le ambigue parole di un angelo? Anche questa novità, come tutto il dolore delle loro vite, si annidò nel profondo delle loro anime. Solo pensieri e riflessioni, nessun sorriso a decorare quell’ improvvisa benedizione. Dunque, la terza donna prese ad attingere l’ acqua come se nulla fosse, mormorando tra sé e sé:
 “Una benedizione divina, eh? Perché Dio dovrebbe benedire la mia bambina? Dio non è misericordioso, basta guardare il misero vicolo buio in cui io e mio marito viviamo ed in cui moriremo. Perché gli angeli dovrebbero graziare nostra figlia? Io non credo alle parole dello spirito Leuedai.”
 La seconda donna, la moglie dell’ attore girovago, annuì con tristezza. Tuttavia, poggiò con malinconia una guancia sul palmo della mano, in un’ espressione sognante e pensierosa.
 “Dici il vero, eppure pensate come sarebbe bello se la sua profezia si rivelasse corrispondere a verità. Se scegliessimo bene i nomi delle nostre bambine, potremo facilmente donare loro un futuro meraviglioso, ricco di fortuna e felicità. Un buon nome… quanto potere vi è nel significato di un nome? Sinceramente, credo che se si volesse essere all’ altezza del proprio nome, le persone sarebbero tutte più motivate.”
 “E come chiameresti tua figlia, nella speranza che raggiunga un destino diverso dal tuo?”
 “… Clara. Vuol dire ‘famosa’, ‘illustre’. Un ottimo nome per la figlia di un attore. Tutti la conoscerebbero, comprenderebbero il suo valore. Mi figlia potrebbe diventare l’ attrice più famosa dell’ intero regno, di tutto il mondo.”
 La prima donna scosse la testa sorridendo, ma nei suoi occhi spenti e privi di vita le altre donne lessero un’ improvvisa speranza nel futuro, un’ ironica sfumatura di felicità nella polvere della sua immagine.
 “Io chiamerei la mia bambina Miranda. ‘Degna di essere guardata’. Vorrei tanto che mia figlia potesse essere ammirata e guardata da tutti coloro che camminano delle strade. Tutti sussurrerebbero, con un sorriso: ‘Ecco, ecco che passa la fanciulla più bella del paese. La piccola, meravigliosa Miranda.’ Un sogno, un sogno impossibile.”
 “Io, che sono la moglie di un povero mendicante, chiamerei mia figlia Regina. Quale nome può meglio esprimere l’ idea della ricchezza, del benessere e della fortuna? Vorrei tanto che mia figlia vivesse come una ricca principessa, come la moglie di un re. Sarebbe così bello…”
 “Io, invece, che sono la moglie di un… ecco, sì, di un… ehrm…”
 La moglie del ladro preferì evitare di rivelare alle altre donne la poco nobile professione di suo marito. Se qualcuno avesse scoperto l’ identità di quel malvivente, per quanto fannullone fosse, l’ avrebbero certamente sbattuto in galera. Ed allora per la quarta donna sarebbe stata la fine. Doveva tenere tutto nella segretezza più assoluta.
 “Be’, comunque io chiamerei mia figlia Norma, nella speranza che rispetti sempre le regole che le verranno imposte. So bene quanto questo aiuterebbe la mia bambina a rimanere lontano dai guai. Sì, sono davvero convinta che questo sarebbe il nome più adatto.”
 Le quattro donne sospirarono, sorridendo con malinconia.
 “Be’, certo non costerebbe nulla provare. In fondo, un nome vale l’ altro, no?”
 “Già. Sarebbe interessante fare un piccolo esperimento. Perché non proviamo a dare alle nostre bambine i nomi che abbiamo scelto or ora? Tra nove mesi, potremo effettivamente aver tutte partorito. Daremo allora alle nostre bambine i nomi da noi scelti ed osservare il proseguire delle vite delle nostre figlie. Se corrisponderanno ai significati dei nomi, allora lo spirito Leuedai avrà proferito il vero. Riuniamoci a questo stesso pozzo tra esattamente vent’ anni. Allora vedremo come saranno andate le cose.”
 Le altre donne annuirono e, animate da una nuova e sconosciuta energia e volontà, si diressero verso le loro case. Ognuna di loro prese strade diverse, tranne le mogli del mendicante e del macellaio. L’ una, non avendo un vera e propria casa, aveva deciso d’ inseguire per un po’ l’ altra, principalmente mossa da una profonda curiosità nei suoi confronti.
 “Cara ragazza, ognuna di noi ha rivelato alle altre i propri desideri ed il nome che doneranno alle loro bambine. Tu solo hai taciuto il destino che vorresti per tua figlia. Naturalmente, ci deve pur essere qualcosa che nella tua vita è andato storto, altrimenti lo spirito Leuedai non si sarebbe riferito a ben cinque donne. Dimmi, dunque, cosa vorresti per la tua bambina? In che modo cambieresti il suo destino?”
 “Io… nella mia vita non c’ è nulla che non sia andato nei migliori dei modi! Sono una donna felice, con un bravo marito, una bella casa e tanta fortuna! Mia figlia non avrebbe bisogno del significato di alcun nome per essere felice. Lo spirito Leuedai si sbagliava.”
 “Tu saresti felice? Mai sfiorata dalla sventura? Ma allora chi ti ha causato quei lividi sul viso? Di chi sei moglie? Sono sicura di averti già visto da qualche parte, forse per la strada. Il tuo è un volto che associo stranamente all’ invidia…”
 “Sono… sono la moglie del macellaio.”
 “Ora tutto si spiega! Io e mio marito spesso fantastichiamo su quanto la vita di un macellaio deve essere bella. La vostra ricchezza non può certo essere causa d’ infelicità. Ma, allora… Dimmi, per caso ti picchia?”
 “NO! Io… io… No, non è mai successo…”
 “T’ insulta, allora?”
 “Ti dico di no…”
 La moglie del mendicante la scrutò a lungo, uno sguardo indagatore che avrebbe fatto abbassare lo sguardo ad uno spaventapasseri. La moglie del macellaio sapeva di non essere felice, si essere anzi una tra le donne più sventurate al mondo, ma non voleva ammetterlo a nessuno, in primo luogo a se stessa.
 “A dire il vero, c’ è un nome che potrei dare a mia figlia.”
 “Davvero? E quale sarebbe?”
 “Addolorata.”
 La compagna sgranò gli occhi, incredula. Corrugò le sopracciglia, cercando di capire se la moglie del macellaio scherzasse o fosse semplicemente impazzita. Poi, scuotendo la testa, alzò semplicemente le spalle, come ad ignorare qualcosa più complicato di lei.
 

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Capitolo 3
*** Riflessi ***


 Riflessi

 
 

 Erano passati venti anni.
 Le cinque donne, dopo tanto tempo, finalmente avevano occasione per riunirsi al pozzo. Erano invecchiate. La loro giovinezza era sfiorita del tutto. La loro pelle si era raggrinzita, il colore e la vita nei loro occhi erano fuggiti nella nebbia più fitta.
 Un indovinello silenzioso nei loro grandi occhi inespressivi, come biglie di vetro. Un silenzio innaturale, risposte taciute e sguardi carichi di vergogna. Nessuno parlò. Nessuno riuscì a trovare le parole giuste per esprimere il dolore, il disincanto, la perdita di fiducia in una favola carica di magia.
 Coprire il proprio volto era sempre stata una priorità per la moglie del pescatore. Il suo volto, così orribile e rivoltante, aveva da troppo tempo scatenato nel suo animo un rancore insopportabile. Nel suo terribile aspetto era raccolta tutta la sua infelicità. Ora, il velo che copriva il suo volto era nero come la luna mai baciata dal Sole.
 “La mia bambina… mio marito…” sussurrò “Lo spirito Leuedai ci ha ingannato, mie povere compagne di sventura. La sua non era una benedizione, ma una punizione divina. Ci ha consigliato di dare un buon nome alle nostre bambine, nella speranza che il loro fosse un destino diverso dal nostro. Così io chiamai mia figlia Miranda. Degna di essere guardata. Oh, quale terribile scherzo del destino mi è stato inflitto. Mia figlie nacque portando certamente onore al suo nome. Dal primo giorno della sua vita, tutti gli occhi del villaggio furono posati su di lei. Ma non erano sguardi di meraviglia o d’incanto. Invero, gli occhi di ogni singolo passante erano carichi di disgusto, di ripugnanza, di orrore. Mia figlia è nata con un aspetto se possibile ancora più terribile del mio, e da allora tutti la guardano, la fissano come un mostro racchiuso in una gabbia di superstizione e di bugie. La mia bellissima Miranda, carica di un tale peso, non ha retto. Ieri sera si è tolta la vita, poco anni dopo la morte di suo padre.”
 Il silenzio che seguì le parole della prima donna venne interrotto solo dopo molto tempo. La moglie dell’attore aveva deciso di farsi avanti e di confessare le sue sventure.
 “Io… io volevo solo che mia figlia diventasse un’ attrice famosa e conosciuta da tutti. Per questo le ho dato quel nome. Clara vuol dire ‘Famosa’, ma io non avrei mai immaginato che… Sono stata una sciocca. Non posso considerarmi una vittima, in questa situazione, in quanto in effetti il nome di mia figlia ha caratterizzato la sua vita. Non appena ha compiuto i suoi otto anni, è stata violentata da un uomo. Da allora, il suo percorso è stato segnato. Invece di essere ripugnata dalla sua esperienza, ha trovato in essa una fonte di guadagno. Ha deciso di prostituirsi per ottenere facilmente dei soldi. Seppure così tante donne lo facciano contro la loro volontà, lei si univa a degli sconosciuti per scelta e per lucro. Qualche mese fa l’ hanno arrestata, hanno rinchiuso la mia bambina in prigione, dove è morta di stenti. Ed ora, tutti la conoscono. Il suo nome è sulla bocca di tutti.”
 “Tua figlia sarebbe sfortunata? La colpa è stata tua, che le hai affidato un nome dalle troppe sfumature. Non era detto che la sua fama dipendesse da valori o da fortune. Ma ditemi, vi prego, poiché voi siete tutte donne istruite e non mogli di poveri mendicanti, quale altro significato si poteva attribuire al nome Regina se non quello di regalità nell’ aspetto e ricchezza nella vita? In effetti, mia figlia è nata con fattezze armoniose e gradevoli, e la sua bellezza l’ ha introdotta nei favori del principe delle nostre terre. Si sono sposati quattro anni fa, e con la morte del Re lei è divenuta regina, come il suo nome aveva predetto. Ma chi mai poteva predire che il suo sarebbe stato un simile regno? Suo marito, pazzo di gelosia nei confronti della mia bambina, uccise tutti i suoi spasimanti e, quando non ne furono più in vita, accusò sua moglie di adulterio con un uomo di cui lei non aveva neanche mai sentito il nome. Fu così che, un anno fa, la mia bambina è stata condannata a morte, e le tagliarono la testa.”
 “Tu, cara amica mia, ti reputi sventurata nella scelta del suo nome? E cosa dovresti dire della mia bambina, la mia cara piccola Norma? Come ben sai, lei e tua figlia Regina sono cresciute insieme, quasi come due sorelle. Data la nostra comune povertà, non pensavamo certo che ci fosse nulla di male. Tanto si amavano, l’ una nella sua regale bellezza e l’ altra nel suo ferreo amore per le regole e la precisione. La mia bambina fu addirittura la damigella d’ onore al matrimonio di Regina. Eppure, eppure… quanto dovette soffrire! Fu un boia, infatti, ad infatuarsi di lei, e a chiedere la sua mano. Certo, se suo padre l’ avesse saputo, non avrebbe mai consentito a quell’ unione. Glielo rivelai, dunque, solo molto tardi, quando oramai i due si erano sposati. Ho creduto, lo ammetto, di fare del bene. Forse, in quel modo, mio marito avrebbe finalmente cessato di rubare. Be’, in un certo senso fu così. Ora egli non ruba più. Fu infatti arrestato poco dopo il matrimonio di nostra figlia, e condannato a morte. Se la mia bambina avesse implorato per la vita del padre, forse avrebbe ottenuto una grazia per lui. Ma, quando venni ad implorare per la sua vita, mi disse solo: ‘Madre, il nostro unico dovere è verso il Re e la Legge’. Mai ebbi così tanta paura come in quel momento. O forse, vi fu una situazione in cui il dolore e lo sgomento nel mio cuore superarono quelli alla presenza dell’ esecuzione di mio marito. Fu quando Norma, fredda e priva di alcuna clemenza, sussurrò all’ orecchio di suo marito: ‘Il nostro unico dovere è verso il Re e la Legge. Taglia dunque la testa alla mia migliore amica.’ In quel momento, non riuscii più a riconoscere la mia bambina in quel mostro. Norma, nel mio cuore, ora non è altro che polvere e ricordi. E’ morta.”
 Quattro lacrime amare su quattro volti segnati dalla sofferenza e dall’ età. Il tempo era stato inclemente. La benedizione degli angeli si era rivelato essere un sortilegio degno di Satana. Ora, in quel momento, solo un racconto doveva essere udito. Solo una lacrima doveva ancora correre lungo una guancia rugosa, per poi svanire come una rondine in Inverno.
 “Parla. Dicci cosa è successo a tua figlia.”
 Ma la quinta donna non rispose.
 “Parla. Parla! Di cosa hai paura? Dicci qual’ è stato il destino di tua figlia.”
 “Con il nome che gli ha donato, come volete che sia stata la sua vita? Certamente piena di dolore e sventura. Addolorata non significa certo ‘Primavera’!”
 “Parla! Parla!”
 “… Non voglio.”
 “Parla!”
 La donna, in silenzio, si segnò la fronte con una mano, attinse l’ acqua dal pozzo, e tornò a casa sua. Non rispose alla richiesta delle sue compagne. Sapeva che loro non avrebbero mai capito. Non ne erano in grado.
Sua figlia Addolorata era nata come un oggetto, battuta da suo padre e cresciuta nelle privazioni e nella povertà più assoluta. Anche se suo padre era un ricco macellaio, lei non era nata maschio, e dunque si era meritata ogni genere di rimproveri ed insulti. A dodici anni, era stata data in moglie ad un vecchio cliente del padre. Si chiamava il Vecchio-Gian-Bottiglia. Beveva sempre. Aveva avuto ben quattro mogli, le quali erano tutte morte a causa di ustioni e colpi troppo forti inflitti dalla rude mano di un uomo. La loro prima notte di nozze, Addolorata era stata violentata dal nuovo marito. Scioccata, impaurita e con il cuore colmo d’ ira nei confronti del mondo intero, non era riuscita a sopportare il dolore che caratterizzava la sua esistenza. Dunque, mentre il marito dormiva, lei aveva impugnato un coltello da cucina e l’ aveva conficcato nel petto dell’ uomo. Era fuggita prima dell’ alba. Non aveva lasciato alcuna lettera o messaggio alla madre, nessuna parole di conforto per la sua povera mamma.
 Eppure, la quinta donna non era infelice. Era sempre sottoposta brutalmente al marito, non aveva guadagnato un po’ di libertà, non era riuscita a realizzare il suo sogno più grande. Non sapeva neanche dove fosse in quel momento sua figlia, se fosse viva, contenta. Ma lei era comunque felice. Ora, finalmente, aveva un motivo per illudersi. Per sognare la sua bambina, piena di gioia in un luogo lontano e meraviglioso, dove i doni del Cielo non erano altro che benedizioni.
 

FINE

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