Fuck, you just had to fall in love?

di Sybeoil
(/viewuser.php?uid=132060)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi ***
Capitolo 2: *** Quando il mondo comincia a girare all'incontrario, ecco che Malfoy ti bacia! ***
Capitolo 3: *** Ancora qui, ancora sola ***
Capitolo 4: *** Hogwarts, dolce Hogwarts ***
Capitolo 5: *** Nulla è cambiato, o quasi... ***
Capitolo 6: *** Non osare mai più rivolgerti a me con quell'appellativo, intesi Malfoy? ***
Capitolo 7: *** Una nuova Hogwarts ***
Capitolo 8: *** Mi dispiace Malfoy, non posso! ***
Capitolo 9: *** Mezzosangue me la pagherai! ***
Capitolo 10: *** Una giornata cominciata bene ***
Capitolo 11: *** Le regole, sono regole ***
Capitolo 12: *** Il patto ***
Capitolo 13: *** Dove immaginavo ci fosse un buco, si nasconde un cuore! ***
Capitolo 14: *** Non essere idiota Malfoy, ti sospenderebbero! ***
Capitolo 15: *** Giorno di posta ***
Capitolo 16: *** Fai l'amore con me non sesso. ***
Capitolo 17: *** Innocente. Fu lei a pronunciare quella parola! ***
Capitolo 18: *** -Cosa credi accadrà adesso?- -Non lo so- ***
Capitolo 19: *** Sono tornati ***
Capitolo 20: *** La lettera ***
Capitolo 21: *** Una strana alleanza ***
Capitolo 22: *** Un nuovo arrivo ***
Capitolo 23: *** Incubo di una notte di metà inverno ***
Capitolo 24: *** Practise ***
Capitolo 25: *** Arriva Dicembre, arrivano i guai! ***
Capitolo 26: *** La guerra è iniziata ***
Capitolo 27: *** Ancora profezie ***
Capitolo 28: *** Ballo a rischio ***
Capitolo 29: *** < La vita è breve, Charlie > ***
Capitolo 30: *** Tra alcool e confessioni ***
Capitolo 31: *** Goodbye, Malfoy! ***
Capitolo 32: *** L'amore basterà questa volta? ***
Capitolo 33: *** Combatterò ora come allora ***



Capitolo 1
*** Ricordi ***


 

-Capitolo 1-

Ricordi

 

 

 

 

 

 

Sapete, a volte la vita è davvero strana, riserva milioni di sorprese. Insomma, prendete me per esempio, Charlotte Lily Potter, ragazza ormai diciottenne con più esperienze alle spalle lei che una squadra intera di Auror. Direi però di fare un piccolo balzo indietro e cominciare dal principio, ovvero da quella notte di sette anni fa ( Forse anche qualche giorno in più ) in cui scoprì di essere una strega.

Credevo avrei vissuto per sempre nel sottoscala del numero 4 di Privet Drive nel Surrey e che una volta divenuta adulta, mi sarei sposata con un uomo anonimo e sarei finita ad insegnare a un gruppo di bambini rumorosi. Invece, un giorno accadde qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita per sempre, e non intendo cambiato nel senso di modificato leggermente o migliorato, ma sconvolto del tutto.

Mancavano poche settimane al mio undicesimo compleanno quando una lettera portata da un gufo atterrò davanti la porta di casa di zio Vernon. Essendo compito mio quello di recuperare la posta giornaliera raccolsi la lettera e curiosa di scoprire chi mandasse della posta usando un gufo lessi il mittente, rimanendone sorpresa. Una certa Hogwarts inviava la presente lettera alla signorina Charlotte Lily Potter. Leggendo il nome del destinatario la mia espressione si fece ancora più curiosa e istintivamente feci per aprire la busta nella quale era contenuta la lettera, quando due mani grassocce e unte me la sfilarono dalle mani. Quel rompipalle colossale di Dudley, me l’aveva presa, cominciando poi a correre per tutta casa urlando a squarciagola che la sottoscritta aveva ricevuto una strana lettera. Zio Vernon, disturbato da tutto quel chiasso, obbligò il deficiente a consegnargliela e una volta letto il mittente la strappò davanti ai miei tristi occhietti verde giada, intimando poi di non farlo mai più.

< Ma io non ho fatto niente > risposi mugolando. In fondo era vero, io non avevo fatto nulla, mica era colpa mia se avevo ricevuto una lettera. Quando però lo zio mi minacciò di mandarmi a letto senza cena chiusi la bocca e annuì rassegnata a non dover più fare qualcosa di cui non conoscevo nulla.

Nei giorni seguenti ricevetti regolarmente la stessa lettera, sempre portata da grossi e rumorosi gufi, che presero residenza nel giardino di zia Petunia. Adesso vi starete sicuramente chiedendo come abbia fatto a non leggerne nemmeno una; beh semplice, ogni volta che tentavo di afferrarne una e portarmela nella mia stanza o meglio sgabuzzino, c’erano sempre zio Vernon o Dudley pronti a sfilarmela dalle mani. E cosa potevo mai io, piccola e indifesa ragazzina con indosso abiti più grandi di lei di ben tre taglie, contro due omaccioni che a me parevano giganti? Nulla, perciò ecco spiegato il motivo per cui non riuscì a leggerne nemmeno una.

Quello però che mi faceva stare più male, era il fatto di vedere zio Vernon divertirsi a bruciarle, con un ghigno di soddisfazione stampato su quel faccione grasso e sudaticcio. Era orribile sapere di possedere qualcosa e non poterla avere.

Un giorno poi arrivarono tante lettere che credetti ci avrebbero seppelliti vivi e nonostante mi divertì un mondo a danzare sotto quella pioggia color crema, anche in quel caso, rimasi fregata non riuscendone ad afferrare nemmeno una.

Il giorno dopo, stanco della situazione che si era creata, zio Vernon decise di partire e di andare a stare per qualche giorno alla casa al mare. Ma non fatevi troppe illusioni perché la casa in questione aveva ben poco di che spartire con quel nome. Scordatevi porticcioli dipinti da poco e dondoli appesi al soffitto, dimenticatevi cucine ampie e calde in cui mangiare biscotti appena sfornati. La casa in questione era una vecchia catapecchia sperduta nel nulla, con spifferi ad ogni porta e un pavimento polveroso su cui disegnai la torta del mio undicesimo compleanno. Come ogni anno da sempre, infatti i miei zii si erano dimenticati del mio compleanno, ed io fui costretta a festeggiarlo da sola. Con trepidante attesa aspettai che l’orologio di quello stupido di Dudley segnasse la mezzanotte e poi mi feci gli auguri. In quel momento qualcuno bussò alla porta, e a giudicare dalla potenza che metteva nei colpi, doveva essere qualcuno di davvero forte. Zio Vernon e zia Petunia, spaventati da quei rumori si alzarono e scesero al piano di sotto dove trovarono Dudley in piedi dietro il divano ed io nascosta dietro il caminetto. Tremando come un bambino sulle montagne russe zio Vernon chiese chi fosse senza ricevere risposta. Al contrario invece una voce potente e profonda giunse alle nostre orecchie accompagnata poi dal rumore della porta che cedeva a terra. In quel momento un uomo che a me parve gigantesco entrò in casa scusandosi per il piccolo incidente e cominciando a cercarmi. Io ovviamente, rimasi ben nascosta, ma quando notai lo sguardo impaurito di zio Vernon, quello terrorizzato di Dudley e quello gentile del grande omaccione mi feci coraggio e abbandonai il mio nascondiglio. Quando i suoi occhi incontrarono i miei sentì le labbra sollevarsi istintivamente in un piccolo ma sincero sorriso, mentre cercando di essere delicato l’omaccione mi porgeva una scatola bianca che scoprì contenere una torta di compleanno. < L’ho fatta io > spiegò gongolante l’uomo la cui barba ispida e folta mi ricordava quella di un cartone animato. < Grazie > sussurrai sinceramente grata per quel gesto. Se pensate che in undici anni l’unica persona da cui avessi mai ricevuto gli auguri ero io, capirete il motivo della mia felicità nel sapere che qualcun altro, anche se sconosciuto, sapesse del mio compleanno. L’uomo tornò a concentrare la sua attenzione sugli altri componenti della stanza che lo guardavano in un misto di irritazione e paura. Raccogliendo tutto il coraggio che possedeva zio Vernon, gli chiese di andarsene, ricevendo in cambio un occhiataccia. Subito dopo l’uomo portò la sua mano sinistra dentro la tasca destra della sua giacca estraendone una lettera identica a quelle da cui eravamo fuggiti. < Tieni questa è per te > disse porgendomela e strizzandomi l’occhio. Sorridendo come una scema io l’afferrai e la lessi tutto d’un fiato rimanendo sorpresa e perplessa.

< La scuola di magia e stregoneria di Hogwarts è lieta di informarla della sua ammissione al primo anno scolastico > lessi ad alta voce.

< Non capisco > dissi poi rivolta all’uomo < Cosa è Hogwarts? > domandai seriamente confusa. < Non sai cosa è Hogwarts? > domandò l’uomo stupito.

Feci cenno di no con la testa notando però lo sguardo di rabbia che lanciò ai miei zii. < Non le avete detto niente? > domandò poi rivolto a loro due. < Lei non ci andrà > rispose lo zio risoluto. < Oh è questo chi dovrebbe deciderlo, lei forse? > domandò ironico l’uomo un minuto prima di tornare a rivolgere la sua attenzione a me che ero ancora impegnata a leggere quella lettera tanto agognata. < Lei non è nemmeno iscritta > continuò zio Vernon. < Lei è iscritta dal giorno in cui è nata > Ribatté prontamente l’uomo prima di tornare a sorridermi.

Fu a questo a cui pensai un momento prima di rigirare la pietra della resurrezione nella mia mano destra. So che può sembrare strano, insomma non è propriamente un ricordo del tutto felice o straordinario, ne ho di migliori lo ammetto, ma questa è stata la prima volta in cui qualcuno ha dimostrato affetto per me. Poi tutto tornò al suo posto ed io tornai in me stessa girando la pietra nella mano e vedendo comparire i volti di tutti color che avevo amato e perso irrimediabilmente. Mamma, papà, Sirius, Remus, erano tutti lì a sorridermi incoraggianti mentre con sguardo vitreo andavo a farmi uccidere. Ebbene sì miei cari, la sottoscritta Charlotte Lily Potter, grifondoro fino alla fine, stava andando a consegnarsi a colui che aveva ucciso i suoi genitori e reso la sua vita un totale inferno. Ma che potevo farci, insomma dentro di me viveva una parte di lui, dovevo distruggerla in qualche modo.

< Fa male? > domandai poi improvvisamente < Morire? > domandò Sirius sorridendo. Annuì ingoiando un groppo che mi era formato in gola e cacciando indietro le lacrime che minacciavano di allagarmi gli occhi.

< E’ facile come bere un bicchier d’acqua > rispose lui.

< Siamo fieri di te > sussurrò dolcemente mia madre prima di sparire portando con se anche tutti gli altri. Rimasi sola, nella foresta proibita, mentre la mente era perennemente concentrata verso il dover muovere un passo dopo l’altro.

Ammetto che morire non fu così doloroso come pensavo, sentì giusto un pizzico e poi più nulla. Mi svegliai in un luogo bianco e luminoso che assomigliava incredibilmente a King’s Cross. Tra tutti i luoghi in cui sarei potuta finire proprio a King’s Corss dovevo andare?

Poi inaspettatamente trovai Silente ad aspettarmi che come al solito mi donò le sue perle di saggezza. Così grazie a lui ebbi il coraggio di tornare in vita e combattere contro quel faccia di farina di Voldemort.

Così eccomi qui di fronte all’entrata di Hogwarts ormai a pezzi, mentre lotto per mantenere salda la vita e distruggere l’uomo che per anni ha terrorizzato l’intero mondo magico. Sto giusto per cedere alla forza scatenata dalla bacchetta di Voldemort, quando l’immagine di me, Hermione e Ron sorridenti mentre passeggiamo per il parco di Hogwarts mi balena nella mente. E a loro che penso mentre scaglio un’altra Avada Kedavra, andando a rafforzare il mio incantesimo. Penso a loro, a mia madre e mio padre, Sirius e Remus, Tonks, Silente. Penso a tutti loro mentre torno ad aprire gli occhi per vedere il Signore Oscuro disintegrarsi sotto il mio sguardo stupito.

Ho giusto il tempo di esultare dentro di me che le gambe cedono ed io cado a terra perdendo i sensi, mentre in lontananza sento la voce di Hermione urlare il mio nome e correre verso di me. Vorrei rispondergli e dirle che ho distrutto il Signore Oscuro, che tutto è finito e potremmo finalmente vivere serenamente, ma sono troppo stanca anche solo per respirare, così chiudo gli occhi e lascio che il buio mi avvolga.



Angolo autrice:
Benvenuti a tutti! Dunque questa è la mia prima FF su Harry Potter perciò vi chiedo di essere
clementi. Questa storia è una What if? Ovvero e se? In questo universo parallelo Harry non è un ragazzo
bensì una ragazza. Bella, stupenda a dire il vero! Lunghi capelli lisci e neri come la notte, profondi e 
luminosi occhi verde giada e un coraggio che farebbe invidia al più grosse dei leoni.
Con lei nella sua avventura ci sono tutti i protagonisti della saga invetat dalla Rowling, ovvero Hermione,
Ron, la famiglia Weasley, Draco Malfoy, Zabini e il resto della combriccola! Il tempo nel quale si svolge
è il post battaglia ovvero il settimo anno. Tutti gli studenti infatti decidono di tornare ad Hogwarts dove però qualcosa
cambierà. Non voglio svelarvi altro perciò vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo!
Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Quando il mondo comincia a girare all'incontrario, ecco che Malfoy ti bacia! ***


 

-Capitolo 2-

Ancora ricordi

 

 

 

 

Il bisbiglio che sentivo provenire dalla mia destra doveva sicuramente essere la voce di Herm, l’avrei riconosciuta tra mille. Solo lei sapeva incastrare alla perfezione quel tono saccente e adulto, con l’ansia e le aspettative di una bambina. Un “Miseriaccia” proveniente dalla mia sinistra mi fece capire che anche Ron doveva trovarsi accanto a me. Sicuramente ora ero sommersa da un capanello di persone che si affollavano intorno a quello che credetti fosse un letto per assicurarsi che stessi bene e respirassi ancora. Immaginai l’espressione contrariata e ansiosa che doveva aver assunto Hermione, quella preoccupata eppure sempre divertita di Ron, quella ansiosa di Ginny. Immaginai poi di vedere quella seriamente tesa di Molly e Arthur.

< Secondo te si risveglierà? > domandò improvvisamente serio Ron.

< Deve altrimenti, giuro che la uccido > commentò Hermione dopo aver sospirato pesantemente strappandomi un risolino che misi a tacere giusto in tempo. Volevo sentire cosa avevano da dirsi, mentre credevano che io fossi svenuta. < E… e se non si sveglia? > domandò ancora Ron, questa volta decisamente amareggiato. < Non lo so > sussurrò a mala pena Herm prima di avvicinarsi una sedia al letto. < Se per caso dovessi morire vorrei saperlo per prima > commentai riaprendo gli occhi e puntandoli sui miei due migliori amici ora posizionati uno accanto all’altra.

Quando entrambi riuscirono a capire che quelle parole provenivano dalla mia bocca e non dalle loro menti bacate mi saltarono al collo rischiando di completare l’opera nella quale Voldemort aveva fallito per diciotto lunghi anni. < Ok, va bene basta però così mi soffocate > commentai quasi senza fiato. I due notando il mio colore violaceo mollarono la presa sorridendo a mo’ di scusa. < Siete perdonati > dissi io sorridendo e passando ad osservare il mondo circostante. Mondo che ovviamente non riconobbi. La sala grande era completamente distrutta e ovunque si potevano notare studenti e non feriti e doloranti. Le espressione vacue e confuse che albergavano sui volti di coloro che consideravo amici mi lasciarono un senso di freddezza addosso che nemmeno cento coperte avrebbero potuto alleviare. Ognuno di loro era occupato ad aiutare qualcun altro consolandolo per una perdita subita o semplicemente sedendogli accanto e partecipando al suo dolore silenziosamente. Persino le serpi se ne stavano zitte e immobili nell’angolo più lontano della sala grande. Sentendomi terribilmente in colpa scattai a sedere sul letto cercando con lo sguardo un gruppo di teste rosse appartenenti alla famiglia Weasly. Dopo aver perlustrato per qualche istante l’intera sala li individuai tutti riuniti e piegati su qualcosa che non riuscì a distinguere immediatamente. Non capendo il motivo del loro comportamento fissai prima Herm, che abbassò lo sguardo imbarazzata e poi Ron che fece lo stesso. Rimanendo stupita per quel comportamento scesi dal letto fregando di essere scalza e con indosso ancora gli abiti della battaglia, ignorando le supplice di Madame Chip e di Herm che mi pregavano di stare a letto, e cominciai a dirigermi verso i Weasly. La prima ad accorgersi di me fu Molly che cercando di trovare coraggio mi sorrise debolmente staccandosi dal marito e venendo ad abbracciarmi con fare materno. Ricambia di slancio l’abbraccio solo per notare una capigliatura rossa spuntare ai piedi del signor Weasly, e riconoscendo in quei capelli, Fred. Come un fantasma mi diressi verso il capannello di persone dai capelli rosso fuoco giusto per vedere se i miei sospetti fossero fondati. Quando questi trovarono risposta positiva sentì il mondo crollarmi sulle spalle. Il peso era insostenibile, talmente tanto che dovetti reggermi alla signora Weasly per non cadere a terra come avevo fatto poco prima. Fred, uno dei miei fratelli Weasly preferiti era morto. Morto per colpa mia e di nessun altro. In quel momento mi sentì terribilmente sola e l’unica cosa che riuscì a fare fu quella di cominciare a correre. Sentì a malapena le urla di Herm che supplicava di tornare indietro o i miseriaccia di Ron urlati all’aria, ormai ero troppo lontana. Mentre il vento freddo mi sferzava il viso ormai rigato di lacrime, mi accorsi di essere un mostro. L’unica cosa che volevo in quel momento era rimanere da sola a rimuginare sul mio comportamento e sul perché di tutte quelle morti. Gli scalini antistanti il cancello di Hogwarts o almeno quello che ne restava, mi sembrarono un buon posto dove pensare, così mi ci sedetti.

Se fino a poco prima il mio era stato un pianto silenzioso e sommesso, in quel momento si trasformò in un vero e proprio sfogo. Sentivo le spalle tremare e sussultare sotto la forza dei singhiozzi che andavano a squassarmi le ossa, gli occhi bruciare per la quantità stratosferica di acqua salata che versavano e la gola bruciare mentre la mente sembrava implodere su se stessa. Milioni di pensieri contrastanti tra loro andavano a cozzare uno contro l’altro con il risultato di farmi venire un gran bel mal di testa che oltretutto mi rese anche sorda. Infatti mi accorsi di Malfoy solo quando ormai era accanto me. La prima cosa che vidi fu la punta delle sue scarpe italiane, seguita poi dalle sue gambe toniche e muscolose e infine dal suo viso sporco e scarno. Gli occhi di solito sprezzanti e ghignanti erano ora, privi di una qualsiasi emozione. Il suo viso solitamente pallido ma in salute, era scarno e sporco di terra, i vestiti di marca sgualciti e rovinati. Persino i suoi capelli, di solito sempre in ordine, erano spettinati. Quell’immagine di Draco Malfoy mi suscitò un ghigno involontario che però non ebbi il coraggio di reprimere, causando così curiosità nel ragazza che mi si era accomodato accanto.

< Qualcosa di divertente Potter? > chiese con la sua solita aria di superiorità. < In effetti si, Malfoy > replicai io placidamente. < E mi renderesti partecipe del tuo divertimento? > chiese lui alzando elegantemente un sopraciglio. < Certo > risposi divertita < Si da il caso che il mio divertimento provenga da te >

A quelle parole uno sguardo indignato passò sul volto pallido di Malfoy, prima che potesse reprimerlo e tornare a dimostrare indifferenza. < E come mai? > chiese inespressivo. < Beh, un purosangue come te ridotto peggio di un Elfo Domestico non è una cosa che si vede tutti i giorni > replicai io sorridendo. Lui mi guardò e poi sorrise. Esatto signori e signore, Draco Malfoy il ragazzo più inespressivo e glaciale del pianeta mi sorrise. E non un sorriso freddo o distaccato, ma uno di quelli sinceri e divertiti, per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.

< Divertente Potter, devo ammetterlo > disse poi tornando a vestire i panni di insensibile. < Allora come mai tutta sola? > domandò improvvisamente stupendomi. Insomma, mai avrei creduto che un Malfoy e men che meno Draco, venisse a rivolgere quella domanda a me.

< Sai dentro mi annoiavo > risposi sarcastica. < Dico sul serio Potter > mi interruppe lui. < Oh, beh dentro mi sentivo oppressa ecco, avevo bisogno di pensare > risposi poi. Lui mi guardò e annuì leggermente per tornare poi in silenzio. Immaginando non avrebbe più spicciato parola lo feci io e così cominciai, contro ogni mia previsione, a confidarmi con Draco Malfoy.

< Sai, ora più che mai sento il peso del mio nome gravarmi sulle spalle come fosse una spada. Prima quando era dentro e mi sono guardata intorno ho notato solo distruzione e morte, ovunque > alle ultime parole la voce era andata affievolendosi fino a divenire un flebile sussurro udibile a mala pena a me stessa. < E la cosa terribile, catastrofica direi, è che è tutta colpa mia. Cioè è colpa mia se Sirius, Remus, Tornks, Fred e altre centinai di persone sono morte, mia e basta > Nuove e pericolose lacrime si affacciarono sui miei occhi arrossati ma le ricacciai prepotentemente indietro. Andava bene sfogarsi con Draco, ma farsi anche vedere piangere era davvero troppo. Rimanevo pur sempre una Grifondoro, per Merlino!

< Solo ora ho capito quanto questa cosa sia stata folle, di quanto io sia stata egoista e di quanto poco mi meriti di vivere > aggiunsi tristemente.

Sentendo quelle parole il biondo alzò la testa puntando il suo sguardo tempesta sul mio profilo e prendendo a fissarmi con insistenza. Rimanemmo così per parecchi minuti e l’unica cosa che impedì alle mie mani di andare a stringersi sulla gola del biondastro fu il fatto di sentirmi terribilmente triste. Mentre progettavo il modo migliore di strangolarlo quello si decise a parlare e ciò che disse, giuro non me lo scorderò mai.

< Non è colpa tua Potter > disse di getto. Istintivamente voltai la testa nella sua direzione trovandomelo incredibilmente vicino, talmente vicino che potevo notare le sfumature dorate nelle sue iridi e sentire il suo respiro caldo sul viso. Solo ora, seduta in mezzo a quello che poteva passare per l’inferno, mi resi conto della straordinaria bellezza di Draco.

< Sc… scusa? > riuscì a balbettare dopo che il mio cervello riprese a funzionare regolarmente. < Ho detto che non è colpa tua, sei sorda? > ripeté il biondo sempre tenendo il suo sguardo incatenato al mio.

< Non cercare di sollevarmi il morale, Malfoy > replicai io acida allontanando da lui e tornando a fissare lo sguardo sul cielo torbido.

< Non sto cercando di sollevarti nulla Sfregiata, dico solo la verità > replicò lui pacato. < E la dico perché so di cosa parlo > aggiunse subito dopo. < Cosa vuoi dire? > domandai curiosa. < Voglio dire che anche io, come te, mi sono incolpato di un sacco di cose che a fin dei conti non avevo commesso > commentò tranquillamente. Vedendo che non davo nessuna risposta continuò nel suo monologo. < Sai, ho sempre creduto che fosse colpa mia se Silente è morto e i magia morte sono entrati nel castello. Ho creduto che fosse per colpa mia se la Granger è stata torturata ma alla fine ho capito che non lo era > concluse alzando le spalle. < E come hai fatto? > chiesi inespressiva. < Ragionando sul perché avessi fatto scelte del genere > rispose lui muovendosi a disagio.

Trovando in quelle parole una profondità e uno spessore che mai avrei creduto di trovare in una Serpe, mi voltai a guardarlo mentre lui fece lo stesso con me, ritrovandomi di nuovo a pochi centimetri dal suo viso e dalle sue incredibili labbra. < Sai Draco, a volte non sei così male come credevo > Il ghigno sul volto del biondo andò allargandosi, rischiando per un momento di farmi perdere il controllo. < Sarebbe un complimento, Potter? > domandò ghignante. < Nemmeno per idea, era solo una constatazione > replicai io facendo per voltarmi. Una mano di Malfoy però era andata a posizionarsi sul mio polso destro costringendomi a rimanere ferma nella postazione in cui ero. Il suo sguardo si legò nuovamente al mio incatenandolo in una danza letale dalla quale sarei uscita malconcia, molto malconcia aggiungerei. Poi ecco che accadde l’impensabile, Draco Lucius Malfoy mi baciò, ma non un bacio comune bensì un bacio irruento e passionale. Un bacio che sapeva di urgenza e rabbia, di solitudine e ansia. Un bacio disperato e desiderato. Quasi immediatamente socchiusi le labbra lasciando che la sua lingua si impossessasse della mia conducendola in un tango sensuale e appassionato. I respiri andarono facendosi sempre più brevi e affannati fino a divenire quasi dolorosi. Ma l’urgenza di sentirmi sua era troppa perciò non badai al bruciore dei polmoni che reclamavano ossigeno pulito o al sangue che sentivo colare dal labbro, l’unica cosa che volevo era avvicinarmi a Draco sempre di più. A quanto pare anche lui aveva avuto la stessa idea perché sempre tenendo una mano poggiata sulla mia guancia con l’altra mi sollevò le gambe aprendole e avvicinandomi a lui così da ritrovarmi a cavalcioni. Ignorando la vocina saggia che mi urlava di allontanarmi da lui continuai a baciarlo fino a quando sentendo i polmoni bruciare per la mancanza d’aria troppo prolungata fui costretta a staccarmi da lui.

Avevo ancora gli occhi chiusi quando sentì anche l’altra sua mano andare a posarsi delicatamente sull’altra mia guancia e cominciare ad accarezzarla dolcemente, prima che le sue labbra si posassero sulla mia fronte per baciarla dolcemente.

< Prova a pensare a ciò che ti ho detto Potter > disse prima di alzarsi e andarsene da dove era arrivato, lasciandomi sola e con più dubbi e domande di quando ero arrivata.



 

 Angolo autrice:
Molto bene, so di aver postato il primo capitolo solo poche ore fa, ma questa storia mi ha preso talmente tanto
che non riesco ad impedire alle mie piccole dita di andare a scivolare sui tasti duri della tastiera a comporre parole
e quindi frasi, perciò eccomi qui!
Bene, in questo secondo capitolo la nostra Charlotte ricorda il suo primo bacio con Draco Malfoy, un Draco che le è apparso
divero. Più comprensivo e gentile, quasi buono! So che il tutto può risultare strano e forse anche bizzarro, ma che volete farci
la mia mente non ne vuole sapere di partorie cose sensate ù.ù!
In ogni caso spero che la storia possa catturare la vostra attenzione costringendovi a seguirla febbrilmente in ogni suo
capitolo! Non vi anticipo nulla, perchè non voglio rovinarvi le sorprese che troverete lungo il percorso!
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Ancora qui, ancora sola ***


 

- Capitolo 3 -

Ancora qui, ancora da sola

 

 

 

 

 

 

Sono passati tre mesi dall’ultima volta che il mio sguardo ha incrociato i familiari muri della stazione di King’s Cross, anche se a dire la verità non lo hanno fatto in senso letterale, ma figurato piuttosto. Fu questo infatti, il posto nel quale mi ritrovai subito dopo essere morta e dove con mio sommo stupore trovai Silente ad attendermi, pronto per donarmi le sue famose perle di saggezza. Sono passati tre fottuti mesi da quando il Signore Oscuro è stato distrutto e la vita ha ripreso a scorrere normalmente in tutto il Mondo Magico. Solo tre dannatissimi mesi dalla morte insensata di Fred Weasly, sì perché sebbene ce la stia mettendo propria tutta, non sono ancora riuscita a superare del tutto la sua morte. Non perché sia debole o chissà cos’altro, ma semplicemente perché non riesco a perdonarmelo. Continuo a ripetermi che è colpa mia se ora Molly è stata privata di un figlio e George di un fratello con cui condividere la vita. Sono tre mesi che il ghigno malefico di quell’orrendo abominio viene a trovarmi nelle notti più buie, solo per farmi svegliare di soprassalto, sudata e ansante con il cuore che galoppa all’interno della cassa toracica. E sì, sono tre lunghissimi mesi che non faccio altro che pensare ad un biondino antipatico ed egocentrico che ha pensato bene di baciarmi subito dopo la fine della battaglia. So che è stupido da parte mia concentrare i miei pensieri su qualcuno di così poca importanza come Draco Malfoy, ma quel bacio mi ha scombussolato. Dannazione ma proprio a me doveva capitare?

Mentre il mio cervello si perde alla ricerca di una risposta che abbia senso, l’odore familiare di hamburger e tabacco mi si insidia nelle narici raggiungendo i polmoni e colmandoli. La stazione è esattamente come me la ricordavo: affollata e rumorosa. Riconosco le solite facce dei pendolari della mattina, quelle dei controllori e quelle degli impiegati alla biglietteria. < A cosa pensi? > La voce delicata di Herm interrompe le mie elucubrazioni mentali riportandomi bruscamente alla realtà. Solo ora mi accorgo di essere di fronte alla porzione di muro compreso tra il binario nove e dieci. Solo ora mi accorgo di essere rimasta sola a parte Herm che mi guarda preoccupata. < A niente in particolare > rispondo alzando le spalle come a volermi scrollare di dosso la sensazione di deja vù che mi è presa dal momento in cui ho messo piede alla stazione.

< Pronta? > sussurra la riccia prima di sorridermi e correre verso il muro nel quale sparisce e dal quale sono già passati tutti i membri della famiglia Weasly e i genitori babbani di Herm. < Pronta > rispondo io cominciando a correre.

Il binario nove e tre quarti è esattamente come me lo ricordavo. Chiassoso e affollato da giovani studenti e genitori preoccupati che li salutano con le lacrime agli occhi. Che scena commovente starete pensando voi, beh a me fa venire la nausea. Non che non mi piacesse avere anche io due genitori amorevoli che mi salutano mentre il treno parte per la sua corsa, ma insomma alcuni di loro sono davvero troppo smielati.

Mentre torno a fissare la mia attenzione sulla signora Weasly, distogliendola così da una scena che per poco rischiava di farmi finire in coma diabetico, noto come inconsciamente io e i miei amici ci siamo disposti in fila pronti a subire l’abbraccio stritola-ossa di Molly.

Dopo aver finito il giro delle raccomandazione con i suoi figli ecco che la sua attenzione viene catturata dagli occhi verde giada della sottoscritta.

< Charlotte Lily Potter > Eccolo, il tono con cui comincia ogni ramanzina degna si questo nome. Il dito indice saldamente puntato contro il mio naso, in modo tanto minaccioso da farmi temere il peggio.

< Questo è il tuo ultimo anno ad Hogwarts e nonostante tu abbia salvato il mondo e distrutto Tu-Sai-Chi, pretendo che i tuoi voti sfiorino la perfezione e il tuo impegno nello studio sia costante > Ingoio a vuoto notando lo sguardo ammonitore della signora. < Esigo che il tuo comportamento sia rispettoso e che nessuna regola venga infranta, come invece è accaduto in tutti gli anni precedenti. Sono stata abbastanza chiara? > domanda poi rafforzando lo sguardo severo. Io annuisco vigorosamente sperando di risultare credibile ai suoi occhi. A quanto pare ci riesco, perché la sua espressione da mamma cattiva si trasforma in quella di mamma ultra dolce. Le sue labbra prima increspate vanno distendendosi in un sorriso dolce, poi i suoi occhi abbandonano quel velo minaccioso e tornano ad essere premurosi e sinceri ed infine le sue braccia si spalancano inglobandomi in un abbraccio che mi toglie letteralmente il respiro.

< Oh, tesoro ti voglio così tanto bene > sussurra al mio orecchio prima di mollare la presa e permettermi così di tornare a respirare.

< Anche io ti voglio bene Molly > sussurro appena. Sì, so che ho diciotto anni e che certe cose alla mia età non si dovrebbero più fare. So che ho salvato il Mondo e dovrei essere perciò, una tipa tosta, ma nonostante tutto questo proprio non riesco ad impedire ad una lacrima di sfuggire al mio controllo e colare lungo il profilo della guancia.

Al mondo non credo ci sia persona che mi voglia più bene di Molly Weasly. Mi ha accolto in casa sua come fossi una figlia, mi ha sempre aiutato nei momenti di bisogno, ha messo a repentaglio la sua vita per salvare la mia. Insomma è eccezionale!

Ora però direi di smetterla con tutte queste smancerie, dato che fino a due secondi fa le ho criticate spudoratamente, e tornare invece a concentrarsi sul fischio di avvertimento proveniente dall’espresso per Hogwarts.

Lanciando un ultimo saluto ai genitori di Ron e Gin, io e i miei amici saliamo sull’espresso andando ad accomodarci nel nostro vecchio scompartimento. Lo stesso scompartimento che dividemmo sette anni prima e da cui tutto è cominciato.

Mentre sono intenta ad osservare il paesaggio cittadino che si scorge appena fuori dal finestrino, scorgo il riflesso di una testa bionda. Pensando si possa trattare di Malfoy, mi volto bruscamente verso la porta dello scompartimento da cui poco fa è uscita Gin dicendoci che sarebbe andata da delle sue compagne di corso sferzandomi il viso con i miei lunghissimi capelli. Quello che i miei scorgono però non ha nulla a che vedere con ciò che poco prima mi era sembrato di scorgere dal finestrino. Al posto della testa bionda che avrei tanto voluto trovare c’è quella nera di Neville Paciock di cui noto, con mio grande stupore, l’immenso cambiamento. Da ragazzino grassottello e impacciato, la cui unica cosa nella quale riuscisse alla perfezione era combinare guai, ora si è trasformato in un ragazzo davvero carino. Noto con piacere come la sua statura si sia alzata arrivando a sfiorare il metro e ottanta credo, e di come il suo fisico abbia avuto un cambiamento radicale. La barba lasciata crescere leggermente sul mento e sugli zigomi gli dona un aria da vero duro, che si sposa benissimo con il suo nuovo abbigliamento. Abbandonati i soliti maglioncini e pantaloni classici, ora Neville indossa un paio di jeans leggermente strappati sulle ginocchia e una maglia a maniche corte sulle tinte del grigio. Ai piedi un comodo paio di Converse nere e adagiato sulle spalle in modo tanto naturale da sembrare studiato, un giubotto di pelle nera. I suoi occhi sono fissi sulla maniglia del nostro scompartimento, perciò non può rendersi conto che io lo sto spudoratamente fissando con la bocca aperta da circa cinque minuti buoni. Immagino i meccanismi del suo cervello lavorare incessantemente per trovare una risposta alla domanda che suppongo lo stia mettendo in difficoltà: entro o non entro?

Per evitare di vedergli uscire del fumo dalle orecchie a causa dell’eccessiva concentrazione prendo io la decisione al suo posto, alzandomi e andandogli ad aprire.

< Neville > saluto abbracciandolo. Lui rimasto leggermente sorpreso da quel mio slancio affettuoso ci mette qualche secondo prima di ricambiarlo, ma alla fine anche le sue braccia si incrociano dietro la mia schiena. < Charlotte > saluta lui. < Vieni entra pure > gli dico facendomi da parte per lasciarlo entrare. Quando i miei due amici, prima troppo impegnati a scambiarsi carinerie, si accorgono della sua presenza scattano entrambi in piedi per salutarlo. Hermione lo fa con un caloroso abbraccio mentre Ron limitandosi ad una stretta di mano ed una pacca su una spalla. Sentimentali e Grifondoro andava bene, ma abbracciarsi sarebbe stato troppo anche per loro, rimanevano pur sempre due ragazzi.

< Allora Neville, come stai? > domandai dopo aver ripreso posto sul mio divanetto. < Abbastanza bene direi > rispose lui accomodandosi accanto a me e cominciando a giocherellare con la cerniera del suo giubotto.

< Che hai fatto durante le vacanze? > chiese Herm seriamente curiosa.

< Ho rassicurato mio nonna cento volte al giorno sull’effettiva sconfitta del Signore Oscuro, ho cercato di aggiornarmi riguardo il programma di quest’anno, e ho pensato > rispose lui tenendo lo sguardo ben fisso sul pavimento. Quel comportamento mi insospettì. Negli ultimi mesi Neville era diventato uno dei ragazzi più coraggiosi che avessi mai conosciuto ed ora, parlava con noi tenendo lo sguardo basso? C’era qualcosa che non andava.

< Va tutto bene? > domandai sperando di non sembrare troppo invadente.

< Sì è solo che… > Si interruppe divenendo coloro rosso Weasly. < Solo che cosa? > insistetti io. < Solo che ancora non ho avuto il coraggio di dichiararmi con Luna > ammise poi a bassa voce. Giuro che non avrei voluto però fu più forte di me. Scoppiai in una rumorosa e sguaiata risata che come minimo si sentì a tra carrozze di distanza, guadagnandomi uno sguardo di rimprovero da Herm, uno sconsolato da Neville e uno divertito da Ron che tentò a stento di trattenere le risa.

< Oddio Neville credevo fosse successo qualcosa di grave > riuscì poi a balbettare tra le risa. < Se il problema è questo non c’è nulla di cui preoccuparsi > lo rassicurai poi tornando seria e asciugandomi le lacrime che mi erano colate mentre ridevo.

< Si ma per me è grave > replicò lui affranto < Lo sai che sono timido > aggiunse poi quasi vergognandosene.

< Neville > intervenne Herm mettendo a tacere tutti.

< Tu non sei timido > disse risoluta < Sbaglio o è grazie a te se io e Ron siamo ancora vivi? >

Con questa frase la riccia catturò l’attenzione di tutti i presenti riuscendo a far sollevare la testa a Neville e ad infondergli coraggio. Dopo aver preso un grosso respiro infatti, il moro si alzò e se andò sorridendo e ringraziandoci, promettendoci che avrebbe parlato con Luna appena sceso dal treno.

Io lo guardai andare via con ancora un pizzico di divertimento nello sguardo mentre tornavo a fissare fuori dal finestrino.

Durante il resto del viaggio ricevemmo le visite di quasi tutti i nostri compagni Grifondoro. Seamus e Dean vennero a salutarci insieme, seguiti a ruota da Lavanda e Calì che ci aggiornarono sulle loro vacanze. Anche molti Corvonero e Tassorosso si avventurarono nel nostro scompartimento ma con il solo scopo di congratularsi con me e accertarsi che la cicatrice fosse ancora al suo posto. Per mia sfortuna purtroppo lo era e temevo che mai se ne sarebbe andata. Mi sarei dovuta portare dietro per tutta la vita il simbolo di quell’orrendo mostro e di come lui mi avesse rovinato la vita. Cercando di non darci molto peso sorrisi a tutti e strinsi molte più mani di quante potessi ricordarmene, in fondo rimanevo pur sempre una ragazza e una Gronfondoro quindi ci si aspettava un certo comportamento da me.

Dopo quelle che mi sembrarono ore eterne il treno si arresto sui binari di Hogwarts ed io potei finalmente uscire a respirare aria fresca.



 

 Angolo autrice:

Un caloroso ben tornato a tutti quelli che seguono lo storia e un benvenuto a quelli che la 
leggono per la prima volta. Come detto nel primo capitolo questa è la mia prima FF perciò 
vi chiedo di essere clementi, questo però non vi esonera dal poter scrivere critiche e recensioni.
Anzi, la cosa mi sarebbe molto gradita, perciò non fatevi problemi e pigiate queitasti. 
Passiamo ora a qualcosa di decisamente più interessante, ovvero questo capitolo. 
Dunque qui la nostra Charlotte torna alla stazione che l'ha vista crescere e intraprendere molti viaggi. 
Con lei ci sono ovviamente i suoi migliori amici, Herm e Ron infatti non l'abbandonano. 
Anche la signora Weasly e Gin sono con lei nel momento forse più delicato. 
Nonostante ce la metta tutta proprio non riesce a mettere a tacere i sensi di colpa e dopotutto come biasimarla?
Il viaggio trascorre quasi totalmente nel silenzio, tranne che per qui momenti in cui rivede 
con enorme piacere i suoi vecchi amici. Quclun'altro però è nei suoi pensieri, 
un certo biondastro che di amichevole ha davvero poco. 
Bene detto questo posso lasciarci e aspettarvi nel prossimo capitolo!
Alla prossima, Sybeoil!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Hogwarts, dolce Hogwarts ***


 

- capitolo 4 -

Finalmente a casa

 

 

 

 

 

Appena messo piede a terra seppi di essere finalmente arrivata a casa. I profumi, i suoni persino le grida frastornanti dei nuovi studenti mi fecero sentire a casa. Quel luogo meraviglioso in cui tutto si sposava alla perfezione, mescolando magia e quotidianità era casa per me. Accanto a me, Ron ed Hermione avevano dipinta in viso la mia stessa identica espressione. L’espressione di chi, dopo anni di pellegrinaggio, torna finalmente dove tutto ebbe inizio. L’espressione di chi torna a casa dopo esserci mancato per troppo tempo. Quasi involontariamente mi volto a fissarli e un sorriso mi nasce spontaneo sul volto, notando le loro dita intrecciate e i loro visi distesi, finalmente sereni. Sono così belli insieme che quasi li invidio. Si sono trovati nel momento peggiore di tutti e forse è proprio questo che li rende ai miei occhi, la coppia più bella che Mondo Magico e Babbano abbiano mai ospitato. Io invece, credo che un amore così non potrei trovarlo nemmeno se andassi a cercalo con una lente d’ingrandimento e un lanternino appeso alla cintura. A quanto pare qualcuno ha deciso che la sottoscritta è destinata a perdere tutto ciò che ama e l’idea di vedere qualcun altro a cui voglio bene morire, mi terrorizza. E’ con questo stupido pensiero che mi avvio verso le carrozze trainate dai Thestral che ci condurranno ad Hogwarts.

Ron ed Herm sono proprio dietro di me, seguiti da Seamus, Dean, Ginny, Neville e Luna.

Ah Luna! Quella ragazza rimarrà per sempre una grande incognita per me, ma questo non mi impedisce di volerle un bene dell’anima, sia chiaro.

Con dispiacere però noto come l’espressione di Paciock sia ancora sconsolata. Evidentemente il coraggio infertogli da Herm quando eravamo ancora sul treno, deve aver esaurito l’effetto. Mi viene da sorridere se penso che proprio lui solo qualche mese prima ha ucciso Nagini, il serpente in cui risiedeva una parte di Voldermort, mentre adesso sembra farsela sotto a parlare con una ragazza.

Ah, l’amore ti rende proprio un deficiente.

Tornando a parlare di carrozze eccoci arrivati alla nostra dove Gazza sta effettuando un controllo sui bagagli con l’aiuto del professor Vitius il quale si occupa anche di controllare che tutti gli studenti scritti sulla sua pergamena siano effettivamente presenti. Quando il suo sguardo incontra la nostra allegra combriccola le piccole labbra nascoste sotto quell’ammasso gigantesco di baffi, si aprono in un caloroso sorriso di ben tornato. Istintivamente anche le mie labbra si piegano all’insù seguite da quelle di Ron, Herm e tutti gli altri. Quel professore mi è sempre stato simpatico!

Ad ogni modo, terminati tutti i controlli sui nostri bagagli, il professore li fa levitare fino all’interno della carrozza dove nel frattempo ci siamo accomodati io, Ron, Herm e Gin e finalmente partiamo.

< Non sono poi così brutti questi cosi > sento dire da Ron seduto davanti a me. < No, infatti > rispondo io tranquillamente < Anzi, una volta che si abitua al loro aspetto un po’ particolare si scopre quanto siano deliziosi > aggiungo prima di andare a posare il mio sguardo proprio su uno di questi straordinaria animali neri come la notte.

La prima volta che li ho visti è stato al quinto anno, ero in compagnia di Luna, dopo che quell’idiota di un Furetto mi aveva pietrificato sul treno. Se non fosse stato per lei credo che non sarei mari riuscita ad arrivare ad Hogwarts, anzi con tutta probabilità mi sarei ritrovata nuovamente a Londra, senza la possibilità di fare alcunché o anche solo essere vista dato che portavo il mantello dell’invisibilità. Credo di non averla mai ringraziata abbastanza per quella volta. Beh, mi farò perdonare cercando di organizzarle un incontro con Neville.

Torno a concentrare la mia attenzione sui miei tre compagni di viaggio che sento ridere di gusto. Evidentemente Ron deve aver sparato una delle sue solite cavolate, ma a giudicare dall’espressione divertita di lui stesso, non deve essere così. Chi invece sembra aver messo su il broncio è Hermione. Capisco così che evidentemente l’argomento deve aver sfiorato i M.A.G.O e che evidentemente la nostra So-tutto-io deve aver già sfoderato tutto il suo talento.

Anche lei però, dopo aver ricevuto un bavoso ma tenero bacio sulle labbra da parte di Ron, con correlato verso di disgusto da parte di Gin si lascia andare ad una risata cristallina. Alla quale poi mi unisco anche io!

E’ bello essere di nuovo tutti insieme, felici e sereni, senza la minaccia di un pazzo a renderci la vita un totale e incasinato inferno. Anche se a dire la verità è solo grazie alle insistenze di Herm se ho deciso di tornare a Hogwarts. Sì, perché in realtà io me ne sarei volentieri rimasta a casa ad terminare l’allenamento come Auror, ma lei ha così insistito affinché tornassimo a scuola tutti insieme che non ho avuto il coraggio di dirle di no. Anche Ron sarebbe tanto ma proprio tanto voluto rimanere a casa, ma ahimè Herm ha trascinato anche lui ad Hogwarts per quello che si prospetta l’ultimo e più affascinante anno di tutti i tempi.

La carrozza si ferma di botto ed io per poco non vado a cozzare contro la testa di Ron che se ne esce con uno dei suoi soliti “miseriaccia”. Guardandomi meglio attorno però mi rendo conto del motivo per cui la carrozza si è fermata e i Thestral scalpitano ansiosi. Siamo arrivati e tutto quello a cui riesco a pensare è a quanto questo posto mi è mancato durante i mesi estivi. Dei danni arrecati all’istituto durante la battaglia non vi è nemmeno la più piccola traccia, segno che la professoressa, ops preside, McGranitt si è data da fare. Quella donna è una vera forza della natura, anche se a volte è davvero una scassa palle con il suo continuo rispetto delle regole, però insomma nessuno è perfetto, no?

Prendendo un grosso respiro, aspetto che i miei amici scendano dalla carrozza e poi li seguo, sentendo dietro di me il familiare rumore delle ruote che marciano sul terreno ghiaioso. Voltando appena la testa infatti mi accorgo che la carrozza è sparita e con lei anche i nostri bagagli, che sicuramente saranno già nelle nostre stanze. Lo già detto che amo la magia?

< Allora siete pronti per questo ultimo, straordinario anno nella migliore scuola di magia e stregoneria del mondo intero? > domanda Hermione prendendo Ron e me per mano mentre io faccio lo stesso con Gin.

< Pronti > rispondiamo tutti noi all’unisono scoppiando poi in un fragorosa risata messa a tacere da Gazza che ci guarda con quei suoi coliti occhietti indagatori.

< Siete in ritardo > ci dice ghignando < Tutti gli altri sono già nella Sala Grande > continua sorridendo malefico. Lo detesto ma nonostante questo sono costretta a muovermi per evitare di prendermi una punizione ancora prima di entrare ad Hogwarts. La preside sarà sicuramente furiosa. Già me la immagino, avvolta nel suo mantello nero con i suoi occhialetti sistemati accuratamente sul naso, che mi aspetta fuori dalla Sala Grande irritata e scontenta.

< Signorina Potter, le sembra questa l’ora di presentarsi? > è infatti quello che dice quando mi vede sbucare dalle scale. < Scusi preside, ci siamo persi nei ricordi > tentò di scusarmi ma invano.

< Sappia che quest’anno esigo massimo rispetto delle regole in particolare da lei e i suoi amici, ed ora dentro che dobbiamo procedere con la cerimonia dello smistamento >

Senza dire altro io e gli altri la superiamo entrando nella Sala Grande già gremita di persone, che istantaneamente fissano i loro sguardi meravigliati su di me.

Odio essere al centro dell’attenzione, per questo chino impercettibilmente la testa, al fine di non incrociare lo sguardo di nessuno. Raggiunti i nostri soliti posti ci accomodiamo giusto un attimo prima che la preside McGranitt faccia il suo ingresso seguita da un gruppo piuttosto numeroso di ragazzini.

Sistemati ordinatamente in fila per due i nuovi studenti seguono la preside nel silenzio più totale, disponendosi poi in piedi in due ordinate file davanti il palco rialzato dove siedono i professori.

La preside va a sistemarsi dietro il leggio a forma di gufo che spalanca le ampie ali dorate e dopo aver imposto alla sua voce un incantesimo per renderla più udibile prende la parola, mettendo così fine alla mia sofferenza.

Come la voce della McGranitt si sparge per la sala infatti tutti gli sguardi si spostano nella sua direzione, se pur con riluttanza, per prestare la massima attenzione al discorso di inizio anno.

< Benvenuti a tutti i nuovi studenti di questa scuola e un caloroso bentornato a tutti coloro che già la frequentavano. Come saprete l’anno scorso ci sono stati alcuni problemi a causa della Guerra Magica nella quale tutti noi siamo stati coinvolti > Un silenzio tombale cala sulla Sala Grande a queste parole. < Per questo motivo ho deciso di dare l’opportunità a tutti coloro che non hanno avuto l’occasione di terminare il loro settimo anno di tornare ancora una volta qui ad Hogwarts per terminarlo > Altro momento di silenzio in cui nessuno spiccica parola, tranne la sottoscritta. < E’ piuttosto brava come preside non trovate? > chiedo infatti sottovoce ai miei amici. < Già > rispondono in coro Herm e Gin.

< Molti di noi hanno perso tanto in questa folle e insensata guerra, ma questo non ci deve impedire di tornare a sorridere, il Signore Oscuro è stato sconfitto è la vita è finalmente tornata a scorrere serena. Detto questo, vorrei passare a dei saluti speciali rivolti a persone speciali che sono qui con noi stasera >

No, no, no e ancora no. Ditemi che ho sentito male e la McGranitt non ha appena detto ciò che temo abbia detto.

< Vorrei fare un grosso applauso alla signorina Charlotte Potter e ai suoi amici Hermione Granger e Ronald Weasley il cui contributo è stato determinante >

Evidentemente gli studenti non aspettavano nient’altro perché tutta la Sala Grande, compresi i professori è una buona parte delle serpi, scoppia in un applauso rumoroso e terribilmente assordante a causa del quale arrossisco violentemente.

< Che ne dice signorina di raggiungermi qui? > domanda poi la McGranitt sorridendo. “Giuro che questa ma la paga” penso alzandomi dalla mia comoda panca e dirigendomi a passo funebre verso il palco rialzato.

Cercando di mandare giù il groppo che mi è improvvisamente formato in gola mi posiziono dietro il leggio in modo da avere tutta la sala sotto il mio sguardo. Sguardo che si sposta involontariamente verso il tavolo delle serpi dove con mia grande sorpresa trovo un ghignate Draco Malfoy, impegnato in palpeggiamenti con Pansy Parkinson. Sto per distogliere lo sguardo dal suo viso voltato per tra quarti nella direzione opposta, quando come se si fosse accorto di me, si volta e incatena i miei occhi ai suoi. Ed io da brava deficiente quale solo glielo lascio fare senza opporre resistenza, anzi, lascio anche che un sorriso mi affiori sulle labbra. Idiota!

Un colpo di tosse alla mia sinistra però mi convince a distogliere finalmente lo sguardo e tornare a concentrarlo dinnanzi a me.

< Emm, dunque per prima cosa un benvenuto davvero speciale a tutti i nuovi studenti e un ben tornato a tutti gli altri. Come ha detto la preside poco fa la guerra ormai è finita è dobbiamo tornare a sorridere, perciò ecco, non fatemi problemi e ridete anche adesso se vi va > A queste mie parole balbettate alcuni ragazzi di Corvonero, Serpeverde e delle altre casate ridono. Bene almeno qualcosa di buono riesco a farla!

< Ad ogni modo, vi auguro un anno pieno di novità perciò, beh arrivederci > Termino il mio ridicolo discorso e sto per scendere i tre gradini per andare a seppellirmi sotto il platano picchiatore, quando un frase pronunciata dalla preside McGranitt mi distoglie dal mio intento.

< Signorina Potter, io e miei colleghi abbiamo convenuto che sarebbe davvero eccezionale se fosse lei a posare il cappello parlante sulla testa dei nuovi studenti di Hogwarts >

Non potendomi tirare indietro annuisco rassegnata prima di tornare al mio posto e prendere con mano rigida il cappello nell’attesa che il primo ragazzo venga a sedersi sullo sgabello.

< Duncan Kooler > esclama solenne la preside. Al ché un ragazzino dai capelli biondo scuri e gli occhi di un fenomenale color ambra si fa largo tra gli altri e sorridendomi timido si viene a posizionare sullo sgabello accanto a me.

< Se vuoi puoi scegliere > gli sussurro prima di posargli il cappello parlante sulla testa bionda.

< Ohhh, ma cosa mi avete portato > brontola il capello < Dunque, vediamo c’è un cervello niente male che sarebbe perfetto per Corvonero ma nonostante questo sento che il tuo desiderio è un altro e dato che le tue doti sono anche molto adatte alla casa che desideri ti accontenterò >

Mentre il cappello balbettava le sue elucubrazione io sono rimasta a fissare il visino intimidito del bambino, lanciando qualche sguardo furtivo al tavolo dei verde argento.

< Grifondoro > sentenza poi il cappello facendo scoppiare l’intera tavolata rosso-oro in un chiassoso applauso.

< Grazie > mi sussurra prima di scendere e andare a prendere posto al nostro tavolo. Andiamo avanti così per circa mezz’ora ovvero fino a quando anche l’ultimo ragazzino è stato smistato nella sua casa di appartenenza. Io ovviamente sono rimasta lì impalata con il cappello in mano fino alla fine quando finalmente, la preside ha ufficialmente dato il via al banchetto. A questo punto sono comparse pietanze di ogni genere su tutte e quattro le tavolate e i ragazzi ci si sono fiondati come cacciatori sulla preda.



 Angolo autrice:
Bentornati a tutti quelli che seguono questa storia. Dunque, in questo quarto capitolo la nostra Charlotte arriva finalmente a quella che per 
lei è casa. Hogwarts si appresta ad ospitare nuovi e vecchi studenti per quello che sarà l'ultimo anno dei nostri protagonisti è il primo
per molti altri. Cosa riserverà quest'anno scolastico ai nostri eroi? Rimanete con me e scopritelo!
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Nulla è cambiato, o quasi... ***


 

Capitolo 5 -

Tutto come un tempo

 

 

 

 

 

< Sai > borbotta Ron con la bocca ancora piena di pollo < Hai delle doti da oratrice davvero eccezionali >

Metà casa Grifondoro, avendo udito la battuta davvero poco carina del più piccolo maschietto di casa Weasley, scoppia in un fragorosa risata, al contrario invece della sottoscritta che abbassa lo sguardo afflitta.

< Ho fatto schifo vero? > domando poi rivolta ad Hermione, che sembra l’unica in grado di capirmi. < Ma che > risponde lei sorridendo < Il tuo discorso è stato eccezionale, per non parlare poi del suo lato comico >

Si blocca giusto il tempo per ingoiare una manciata di piselli e poi torna a rivolgermi la parola. < Davvero Charlie, è stato fenomenale > conclude sicura di se. < Bene > rispondo io rizzando la schiena < Allora credo proprio che diventerò un’oratrice terminata la scuola >

Gli occhi dei miei amici si dilatano a dismisura mentre le bocche si spalancano in contemporanea mostrandone il cibo masticato.

< Sei seria? > domanda Ron. < Certo più che seria > rispondo io cercando di non lasciarmi scappare nemmeno un risolino. < Ma… e la nostra carriera come Auror? > chiede poi con voce timida.

< Non credo sia adatta ad un signora come me e poi sono stanca di rischiare la vita ogni santissimo giorno > A questo punto anche l’espressione di Herm si concede un momento di incredulità. < Oh avanti ragazzi sto scherzando, so perfettamente che il mio discorso ha fatto schifo, ma vi ringrazio per aver detto il contrario > esclamo prima di riempirmi la bocca con delle zucchine saltata davvero squisite. Una decina di sospiri di sollievo mi arrivano direttamente addosso rischiando di farmi prendere il volo. < Dovevate vedere le vostre facce > dico poi sorridendo < Sembrava che aveste appena assistito al ritorno del Signore Oscuro > aggiungo come se niente fosse.

Ok, forse questo non avrei dovuto dirlo. Intorno a me è calato un silenzio tetro e carico di significati, Ron per poco ha rischiato di strozzarsi con della salsa russa, Herm ha lasciato cadere la forchetta e Gin è semplicemente rimasta a bocca spalancata.

< Ehi, scherzavo > dico nel tentativo di tranquillizzarli. < Charlotte Potter, non osare mai più pronunciare queste parole > mi ammonisce Herm prima di tornare ad impugnare la forchetta.

< Ok, scusate > borbotto tornando a fissare lo sguardo sul mio piatto. Dal palco dei professori sento lo sguardo orgoglioso e fiero della McGranitt squadrarmi dalla testa ai piedi. Ma cosa sono diventata un fenomeno da baraccone? Va bene che sono ancora la bambina sopravvissuta, va bene che nel corso dei miei diciotto anni ho affrontato e battuto numerosi nemici, va bene che ho sconfitto Voldemort, ma non vorranno davvero fissarmi tutti in questo modo, spero. Voltando lentamente il capo dalla parte della Preside, sorrido debolmente, ricevendo in cambio un abbagliante sorriso a trentadue denti.

Il resto della serata trascorre piacevolmente, tra una chiacchera su quanto Ron a volte sia stupido ma adorabile e su cosa quali lezioni frequenteremo l’indomani. Ad un certo punto mi sono anche ritrovata a parlare con qualcuno del corpo insegnati. Hagrid ad esempio è stato il primo che sono andata a salutare balzandogli praticamente al collo e stringendolo nell’abbraccio più forte che sono stata in grado di produrre. Sotto lo sguardo ammonitore della Preside però sono stata costretta a staccarmi dal mio omone preferito e ad intraprendere una conversazione più civile. Così mi ritrovo a parlare di Fierobecco, di Thor e del nuovo programma scolastico momento nel quale il professor Lumacorno ci interrompe.

< Signorina Potter, è in ottima forma > dichiara con quel suo tono cantilenante. < Già, tutto merito dell’addestramento che ho seguito quest’estate per diventare Auror > dichiaro io sorridendo.

< Volevo informarla che ho fissato un incontro del Lumaclub per la prossima settimana > afferma poi in tono estasiato < Spero nella sua presenza > Lo guardo negli occhi luccicanti e il NO che mi era salito istintivamente in gola si trasforma in un falso entusiasta SI.

< Ma certo professore, lo dirò anche agli altri > assicurai prima di scusarmi e andarmene.

Cercando di sembrare il più disinvolta possibile mi insinuo tra la folla di studenti intenti a chiaccherare e scambiarsi abbracci affettuosi, mi dirigo a passo svelto verso l’uscita della Sala Grande con l’intento di salire fino alla mia sala comune quando vengo intercettata da Herm.

< Dove vai? > mi chiede dopo avermi raggiunta. < In sala Comune, qui non si respira, sembra che tutti vogliano parlarmi > rispondo sorridendo e scuotendo la testa. < Vengo con te > dice affiancandomi. < No, no resta qui è tieni d’occhio Ron prima che ne combini una delle sue > dichiaro andando a fissare il rosso. < Sicura? > domanda ancora la riccia.

< Certo > annuisco decisa. < Ok, ma ricordati che pensare troppo a volte fa male > Io sorrido divertita. < Detto da una che pensa ininterrottamente tutto il giorno suona strano sai? > rispondo. < Lo so > trilla lei prima di tornare accanto a Ron.

Sto salendo le scale che portano al primo piano quando vado a cozzare contro qualcosa di duro e profumato. Alzo lo sguardo e noto con dispiacere, che si tratta niente popò di meno che, Draco Malfoy in persona che tenta di sistemarsi la camicia dentro i pantaloni.

< Malfoy > saluto gelida. < Potter > risponde lui con lo stesso tono.

< Cosa ci fai nelle scale del primo piano a quest’ora? > domando troppo curiosa. < Secondo te, Potter? > risponde guardandomi malizioso.

< Non so, magari avevi deciso di buttarti da una delle torri ma poi ci hai ripensato > rispondo crudele. < No, qualcosa di gran lunga più piacevole, qualcosa in cui si gode e di cui evidentemente non sai nulla > risponde acido avvicinandosi impercettibilmente.

< Ti stai forse riferendo al fatto che ti sbatti qualunque essere femminile che respiri di questa scuola? > rispondo io assottigliando il tono della voce. < E chi ti dice che io non me ne intenda? > aggiungo poi con un tono di voce che stento a riconoscere. < Si vede > risponde lui < Si vede da come mi guardi. So che mi desideri, ma hai paura di fare brutta figura > ghigna divertito. < Certo, mi piacerà quando il mondo comincerà a girare all’incontrario > rispondo acida. < Non mi era sembrato la pensassi così l’ultima volta > dice quasi soffiandomi in faccia. Ingoio a vuoto prima di rispondere in modo acido e sarcastico. < Non ricordo che le mie labbra abbiamo fiorato le tue > ribatto < E anche se lo avessi fatto, di sicuro dovevo essere sconvolta > Invece di insultarmi o peggio minacciarmi con la bacchetta come aveva sempre fatto Draco Malfoy comincia a ridere.

< Certo come no Potter > balbetta < E’ inutile che trovi scuse, lo sanno tutti che non ci sai fare >

Ah si, eh? Io non ci so fare? Ora lo vediamo chi dei due non ci sa fare, mio caro “io posso tutto perché sono divinamente perfetto e tutte le ragazze mi desiderano“. Presa da quello che dopo catalogai come raptus di pura follia, afferro Draco per il nodo della camicia e lo trascino con me, verso l’angolo più buio e appartato di tutto il primo piano. Notando come mi sono avvicinata al bagno delle ragazze, mi ci infilo dentro chiudendomi la porta alle spalle.

In tutto questo arco di tempo Malfoy è rimasto a fissarmi incantato e meravigliato. Sicuramente questa è l’ultima cosa che si aspettava di vedermi fare.

Lentamente comincio a camminare in modo sensuale e provocante, con il solo intento di farmi desiderare da lui. Sorridendo beffarda lascio scivolare il mantello nero sul pavimento e con gesti lenti e misurati comincio anche a sbottonarmi la camicetta mentre lancio occhiate maliziose a Malfoy ancora impalato dietro la porta.

< Che cosa succede, il Principe delle Serpi ha perso il dono? > domando imbronciando lo sguardo e facendo il labbrino, solo per prenderlo un po’ in giro. < Niente affatto, Potter > risponde raggiungendomi e costringendomi a voltarmi in modo da trovarmi schiacciata contro il suo marmoreo petto.

< Sai Malfoy > dico io sgusciando via dalla sua presa ferrea e allontanandomi da lui. < Non credevo fossi così stupido > aggiungo subito dopo. Il biondastro confuso non riesce a capire dove io voglia andare parare, così mi lascia tutto il tempo, per estrarre la mia nuova bacchetta di Sambuco e lanciargli un bel incantesimo Pietrificus Totalus.

< Mai prendersi gioco di una Grifondoro, soprattutto se il suo nome è Potter > aggiungo prima di lasciargli un leggero bacio su quelle labbra belle da morire e sparire da dove ero entrata.

La serata si era appena trasformata da noiosa a terribilmente eccitante. Adoro i buoni e vecchi battibecchi con le serpi, forse sono una delle cose che più mi è mancata nel corso dell’anno scorso.

Sorridendo soddisfatta della mia piccola vendetta per quel bacio che non ha fatto altro se non confondermi ulteriormente le ide e incasinarmi i pensieri, me ne salgo in sala comune. Il dipinto della Signora Grassa sorride entusiasta alla mia vista lasciandomi passare senza nemmeno chiedere la parola d’ordine. Essere la salvatrice del Mondo Magico ha i suoi lati positivi a volte.

È tutto esattamente come me lo ricordavo le pareti sono tappezzate da arazzi e drappi dello stesso colore della mia casata mentre il pavimento e interamente ricoperto da un folto strato di moquet rosso vermiglio e oro. Un caldo e vivace fuoco scoppietta allegro all’interno dell’enorme camino di marmo mentre i divanetti ai quali siamo tanti affezionati io e gli altri sono esattamente dove ricordavo che fossero. Nulla sembra cambiato eppure tutto è così diverso. Io per prima non sono più la stessa bambina che sette anni fa è entrata in questa sala con tanto di occhi spalancati e bava alla bocca, ansiosa di imparare la magia. Quella bambina innocente è scomparsa molto tempo fa, ormai non ricordo nemmeno più che aspetto avesse. L’unica cosa che sembra essere rimasta identica in me sono gli occhi. Sempre grandi, verdi e perennemente luccicanti. Con aria nostalgica lascio il posto in piedi dietro il ritratto della Signora Grassa e mi avvicino ai divanetti dove mi lascio cadere sospirando.

< E così eccomi qui, di nuovo > sussurro all’aria. < Mi sei mancata > aggiungo triste. Già, Merlino solo sa, quanto quei divanetti e quella sala mi fossero mancati. Quanti miei ricordi appartengono a quel luogo rosso come il mio cuore e oro come il più prezioso dei metalli.

Ed ora che sono sola, senza occhi curiosi a fissarmi spudoratamente mi lascio andare ad un pianto sommesso. Un pianto liberatorio con il quale Morfeo mi afferra e mi invita a seguirlo nel suo mondo nel quale sto per entrare quando sento due mani robuste scuotermi dolcemente dalle spalle. Non mi sono accorta di aver chiuso gli occhi nel tentativo di addormentarmi. Contrariata apro gli occhi per ritrovarmi davanti il viso sorridente di Ron e quello comprensivo di Herm. Evidentemente la festa in Sala Grande deve essere finita e i due piccioncini hanno pensato bene di salire fin qua su per stare un po’ da soli.

< Che ci fate qui ragazzi? > chiedo in ogni caso. < Giù le cose cominciavano a farsi noiose e così abbiamo pensato di salire per stare un po’ da soli > spiega Ron in tutta tranquillità. < Oh, beh se volete vi lascio la stanza io posso anche dormire qui stanotte > rispondo allegramente indicando il divanetto sul quale mi ero comodamente stravaccata.

< No tranquilla andrò io a dormire da Ron > specifica Herm < Però ecco, forse Dean vorrà dormire con Gin > aggiunge poi dopo.

< Oh, io posso anche dormire qui non è un problema > ribadisco sorridente. < Dunque buonanotte > aggiungo notando i loro sguardi frementi di desiderio. Se non si danno una mossa credo proprio che consumeranno qui davanti a me, e per quanto possa volerli bene e conoscerli intimamente e la cosa non mi elettrizza affatto.

< Buonanotte > mi grida Herm dalle scale del dormitorio maschile. E chi lo avrebbe mai detto che la nostra timida riccia sarebbe finita a fare sesso con Ron nella sua camera? Io no di certo!

Sorridendo mi rimetto sdraiata nel tentativo di cadere nuovamente preda delle braccia di Morfeo quando sento il mio stomaco brontolare vivacemente. In effetti a cena ho mangiato pochissimo e anche a pranzo, nonostante sia stata ospite della signora Weasley il cui cibo è davvero straordinario, ho mangiato poco e niente. Mi sa che mi conviene andare a fare un salto nelle cucine e mangiucchiare qualcos’altro se non voglio svegliare mezzo dormitorio con il mio brontolare di stomaco.

Prima di scendere però faccio un salto in camera per afferrare un giacchetto e la mappa del malandrino, sicuramente i professori più tardi faranno la ronda per verificare che nessuno studente si aggiri per i corridoi di notte e sinceramente non ho nessuna voglia di beccarmi una punizione già il mio primo giorno di scuola.

La stanza è esattamente come la ricordavo. Disposti a cerchio tra di loro con al centro una stufa a legna ci sono i tre letti nei quale dormiamo io, Herm e Gin, quando queste non sono impegnate con i loro ragazzi.

Le pareti sono rivestite dagli stessi arazzi di sempre e il pavimento e finemente ricoperto da uno strato soffice di tappeto rosso vermiglio. I miei bauli sono sistemati accanto al mio letto, più tardi dovrò svuotarli, per ora però mi limito ad aprirne uno e a sfilarne un maglioncino nero che indosso. La mia borsetta a tracolla giace abbandonata inerme sul mio letto, così provandone pena, l’afferrò e dopo aver appellato la Mappa del Malandrino e il Mantello dell’invisibilità opportunamente ridotto al suo interno me la metto in spalla e comincio a scendere le scale del dormitorio.

Come ipotizzato prima da Herm, trovo Gin e Dean impegnati in un bacio risucchia viso, sul divanetto nel quale poco prima ero sprofondata io e notando la loro posizione, immagino si sposteranno presto in camera da letto.

Cercando di non far rumore ( come se potessero sentirmi poi ) percorro l’intera sala comune ed esco cominciando a scendere le scale in direzione dei sotterranei. Prima di andare nelle cucine però muoio dalla curiosità di vedere se Malfoy è ancora pietrificato nel bagno, così faccio una piccola deviazione e giungendo fino al corridoio del primo piano. Per evitare spiacevoli sorprese mi avvolgo nel mio mantello ed entro. Il silenzio mi invade come un ombra, al ché decido che non correndo rischi di incontrare Mirtilla o altre persone me lo sfilo di dosso. Perlustro l’intera stanza ma di Malfoy nessuna traccia, evidentemente qualche ragazzina del secondo anno deve essere passata di qui e intenerita per la situazione di quello che viene considerato il più bel playboy di tutta Hogwarts deve aver sciolto l’incantesimo.

Beh, fa niente la mia vendetta l’ho comunque avuta.

Anche le cucine sono esattamente come le ricordavo, persino gli Elfi Domestici che le gestiscono sono gli stessi di sempre, a parte la piccola aggiunta di Kreacher.

Per chi non lo sapesse Kreacher è il mio Elfo Domestico, ereditato da zio Sirius. So che detto così può sembrare offensivo nei suoi confronti in quanto paragonato ad un oggetto, ma non saprei come spiegarvelo meglio perciò accontentatevi.

< Cosa può fare Kreacher per padroncina Potter? > domanda con quella sua voce gracchiante. < Cosa è avanzato della cena di questa sera? > domando a mia volta sorridendo. < Del pollo e delle verdure, oltre a molti dolci > risponde lui facendo comparire sul tavolo al quale mi son seduta tutto ciò che è avanzato a cena.

< Ottimo > rispondo io sorridendogli. < Puoi andare, ci penso io dopo >

Così dicendo lo congedo per passare poi ad abbuffarmi con verdure e dolci. Il pollo non lo tocco nemmeno.

 

 Angolo autrice:

A quei pochi che mi seguono chiedo scusa per l'immenso ritardo con cui ho pubblicato, ma la scuola mi porta via molto tempo, in ongi caso eccomi qui con il quinto capitolo. Dunque in questa parte della storia Charlotte è a Hogwarts con i suoi amici, precisamente nella sala grande dove diventa la protagonista della cerimonia dello smistamento. Tutti gli studenti, compresi i serpeverde, e i professori riconoscono la sua grandezza come strega. Lei però vorrebbe semplicemente essere se stessa, senza dover sempre trovarsi gli sguardi di mezza scuola puntati addosso, o dover soddisfare le aspettative dell'intero mondo magico. Una cosa per fortuna non è cambiata, o almeno così lei crede. Il suo rapporto con Malfoy infatti sembra essere rimasto quello che era, fatto di battibecchi e battute velenose che portano i due ad avere un piccolo incontro-scontro nel bagno delle ragazze al primo piano. Qui Malfoy, lasciatosi sedurre dalla bellezza di Charlie, verrà incastrato da quest'ultima che otterrà così la sua vendetta per quel bacio dato di fretta alla fine della battaglia. Ben presto Hogwarts diventerà un luogo pericoloso per tutti coloro che non hanno ancora sigillato il cuore all'interno di un cassetto.
Vi aspetto nel prossimo capitolo, Sybeoil!

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Non osare mai più rivolgerti a me con quell'appellativo, intesi Malfoy? ***


- Capitolo 6 -

Novità all’orizzonte

 

 

 

 

 

Dal dolore che sento provenire dal basso della mia schiena deduco di essermi addormentata sul divanetto della mia Sala Comune, al ché, decido di alzarmi lentamente sperando di non rimanere bloccata per i dolori. Lasciandomi scivolare di dosso il mantello dell’invisibilità noto di non essere sola. Su una sedia portata a ridosso del grosso camino in marmo ancora acceso, è infatti accasciato Seamus Finnigan, con gli occhi chiusi e la bocca spalancata. Evidentemente ieri sera deve averci dato dentro con il whisky con il risultato di crollare sulla poltrona della Sala Comune, che ad un esame più attento, si rivela essere deserta ad accetto delle nostre due figure.

Cercando di non fare troppo rumore, per evitare di svegliarlo, mi stiracchio le braccia e le gambe prima di alzarmi e dirigermi verso la mia stanza nella quale, molto probabilmente, staranno ancora dormendo Dean e Gin. Sempre mantenendo il profilo più basso che mi riesca salgo le scale che portano ai dormitori femminili e una volta raggiunta la porta della mia camera la apro delicatamente. L’ambiente è completamente buio, tranne che per una piccola frazione di pavimento accanto al mio letto dove si allunga pigro un timido raggio di sole. Camminando sulle punte dei piedi entro all’interno della stanza e la percorro silenziosamente fino al bagno dove mi chiudo a chiave. Una volta dentro poso la bacchetta sul piccolo armadietto contenente profumi e roba varia e comincio a spogliarmi. La prima cosa che va ad abbracciare il pavimento è il mio mantello nero con lo stemma della casata Grifondoro, seguito a ruota da cravatta e camicia e infine anche dalla gonna. Rimango in mutande e reggiseno in piedi di fronte allo specchio, nel quale vedo riflessa la mia immagine. La mia pelle, un tempo liscia e delicata, è velata da cicatrici di guerra che mai mi abbandoneranno e che mi ricorderanno per il resto della vita il mio ruolo in questo mondo di pazzi. Quasi come a volerle sfiorare alzo un mano e sto per poggiarla su una piccola cicatrice a forma di mezza luna che ho sulla spalla ma la ritraggo quando mi accorgo dei miei occhi. Il verde giada limpido e sereno che di solito mi caratterizza è velato da uno strato sottile di lacrime che non sapevo nemmeno di aver evocato. Giuro che non volevo piangere però è stato più forte di me. Non so bene cosa possa aver scatenato questa reazione però le lacrime sono lì che colano solitarie lungo il profilo del mio viso pallido. Con fare rabbioso le asciugo in fretta per passare poi a completare la mia opera così da ritrovarmi completamente nuda.

L’acqua calda è un balsamo rigenerante per la mia pelle stanca a causa del viaggio e per i miei muscoli provati per la nottataccia trascorsa sul divanetto. Poco per volta sento tutta la tensione e il nervoso sciamare via insieme all’acqua che cola lungo i contorni del mio corpo. Resto così, immobile sotto il getto potente, per quasi dieci minuti, poi consapevole di non poter sprecare tutta l’acqua comincio ad insaponarmi.

Sto giusto uscendo dalla doccia quando sento qualcuno bussare pesantemente sul legno della porta del bagno nel quale sono chiusa.

< Charlie, se sei lì dentro apri devo fare pipì > esclama Gin. Seccata le apro senza nemmeno guardarla in faccia. < Per Merlino, grazie non ce la facevo più > commenta mentre è seduta sulla tazza cosa che trovo davvero imbarazzante. Non capisco come facciano le altre a spogliarsi in modo naturale davanti a tutti come se niente fosse. Capisco che siamo tutte ragazze e che perciò siamo fatte tutte allo stesso modo, ma insomma un minimo di pudore. < Allora come è andata la tua nottata di fuoco? > domando nel tentativo di distrarmi dall’idea di avere Gin a dieci centimetri da me seduta su una tazza del water.

< A meraviglia > esclama raggiante < Abbiamo cenato in camera, poi abbiamo cominciato a baciarci, strusciarci e infine siamo rotolati nel mio letto nudi ed eccitati > La bacchetta quasi mi cade dalle mano mentre la mia mente bacata va ad immaginarsi i corpi di quei due ammassati uno sopra l’altro nudi e sudati… bleah! < Ok, non voglio sapere altro > dico schifata. < E dai a qualcuno devo raccontarlo > supplica lei. < Beh non a me, forse potresti aver successo con quell’assatanata di Lavanda > rispondo crudele. < Oh, e va bene però ricordati che se continui ad essere così acida nessun ragazzo vorrà mai avere nulla a che fare con te >

Seccata e risentita la rossa si alza e se ne va lasciandomi nuovamente sola nel mio piccolo ma accogliente bagno. Le ultime parole sussurrate dalla rossa mi lasciano un senso di irrequietezza che fatico a scrollarmi di dosso. Forse perché in fondo quello che ha detto è vero, forse perché la voglia di essere normale è più forte di ogni altra cosa o forse perché l’unica cosa che desidero sembra essermi stata preclusa fin dalla nascita. Non so esattamente quale di queste ragione mi provochi una sensazione tanto fastidiosa alla bocca dello stomaco.

L’unico modo che ho per scrollarmela di dosso e chiudere gli occhi e prendere profondi respiri, cosa che faccio e che effettivamente aiuta. Dopodiché comincio ad asciugarmi i capelli con la mia bacchetta e poi ad acconciarli in una lunga e spettinata treccia. Passo poi al trucco che però riservo solo agli occhi, essendo l’unica parte che effettivamente ammiro del mio corpo. Un leggero velo di ombretto argenteo e un pesante tratto di matita nera vanno a riempire gli spazi vuoti rendendo i miei occhi verdi ancora più affascinanti. Immaginando che nella stanza ci sia ancora Dean, appello a me una divisa pulita e stirata, un completo intimo blu in pizzo e un paio di stivali fino al ginocchio in pelle nera. Una volta pronta ripongo la mia bacchetta nella tasca interna del mantello ed esco dal piccolo bagno. Come sospettavo Dean è ancora nella stanza, impegnato a rimettersi addosso la sua maglietta grigia a righe verdi.

< Ehi, Charlie > saluta con un grosso sorriso sulle labbra piene. < Dean > rispondo io di rimando mentre vedo la porta aprirsi per lasciare entrare un Hermione Granger sorridente. < Herm > la saluto calorosamente.

< Come è andata la serata intima? > domandò maliziosa ben conscia della riservatezza della riccia che infatti arrossisce. < Bene > bofonchia mentre va a chiudersi in bagno. < Eh, no Herm devo andare io > si lamenta la rossa slanciandosi verso la porta chiusa. Io le guardo e rido mentre osservo Dean lasciare la stanza silenzioso. Ora siamo rimaste solo noi tre, due delle quali sono impegnate a urlarsi contro a vicenda cercando di convincere l’altra a lasciarle usare il bagno per prima, mentre una è comodamente poggiata con le chiappe sul morbido materasso del suo letto nell’attesa che le altre due siano pronte.

Questa mattina, esattamente la mia prima mattina qui ad Hogwarts, ho lezione con Herm e gli altri Grifondoro del mio anno nell’aula di trasfigurazione. Non ho ben capito se sarà ancora la prof. McGranitt ad occuparsi dell’insegnamento di questa materia o meno, in ogni caso mi conviene arrivare alla lezione in orario. Dopo minuti che mi parvero interminabili, Herm esce dal bagno pulita di zecca con un asciugamano stretto intorno al corpo esile. Sorridendo va verso il suo armadio, appositamente incantato per farci entrare tutti gli abiti, da dove ne tira fuori una divisa pulita che indossa in tutta fretta. Anche Gin esce dal bagno pulita e profumata pronta per la sua prima giornata di scuola. Sapendo che la lezione della rossa inizierà dopo la nostra la salutiamo e usciamo dalla stanza del dormitorio imboccando la scala a chiocciola che conduce alla sala comune. Qui ad attenderci nervosi e irritati, troviamo tutti i ragazzi del nostro anno. Ron indossa la sua divisa scolastica con molta nonchalance tenendo la camicia fuori dai pantaloni e la cravatta leggermente allentata. Neville, come al solito, è perfetto nella sua divisa, mentre altrettanto non si può dire di Dean e Seamus ridotti alla stregua di Ron.

< Era ora > esclama questo indignato vedendoci comparire dalle scale

< Vi aspettiamo da più di mezz’ora > aggiunge poi cercando di assumere un espressione contrariata che ovviamente non gli riesce.

< Scusate > dico io sorridendo < Ma ci sono stati dei piccoli problemini tecnici > aggiungo.

Come prevedibile li vedo sbuffare e poi avviarsi a passo svelto verso il corridoio che porta al ritratto della Signora Grassa.

Scendiamo le scale in tutta fretta sperando di non arrivare in ritardo per non dover subire le ire della McGranitt quando vedo Aberfoth Silente parlare amichevolmente con un paio di studenti di Tassorosso.

< Abe > lo chiamo dirigendomi verso di lui. < Ehi, Charlie > esclama lui quando mi vede. < Che ci fai qui? > domando curiosa. < Sarò il nuovo professore di difesa contro le Arti Oscure > annuncia gonfiando il petto.

< Davvero? > è l’unica cosa che la mia mente bacata riesce a partorire. Un grosso sorriso sincero e divertito incurva le labbra baffute del fratello di Silente. Come ogni volta che il mio pensiero va a scontrarsi con il ricordo di Silente un pesante groppo prende possesso della mia gola minacciando di bloccarmi il respiro e farmi crollare al suolo in posizione fetale. Quell’uomo mi manca terribilmente. Per me è stato quasi un padre, era lui quello da cui andavo quando avevo dei dubbi o quando avevo paura, era lui che mi insegnava a rispettare gli altri e me stessa prima di tutti. È stato lui che si è sacrificato per me!

Ok basta, se continuo a pensarci finirò davvero per piangere o gettarmi a terra chiudendomi a riccio. < Sì davvero, quindi vedi di fare la brava o mi toccherà darti un Troll > risponde divertito l’uomo. < Prometto che farò la brava > replico dopo essermi ripresa. < Ora scusa ma devo andare >

Un po’ intimidita lo abbraccio forte per riprendere poi la mia marcia verso l’aula di trasfigurazione che ovviamente è già completa. L’unica a mancare sembra l’insegnante che però fa la sua comparsa alle mie spalle rischiando di farmi venire un infarto. Dico io ma qui non sanno che è rischioso sopraggiungere alle spalle di una povera donzella indifesa?

< Signorina Potter, noto che è in ritardo > La voce severa della McGranitt mi penetra nelle orecchie facendomi sentire piccola piccola. Come al mio solito sono riuscita a fare danni ancora prima di cominciare.

< Sì ecco professoressa, io… mi dispiace > mormoro alla fine dopo una serie di farfugli ingarbugliati. < Non accetto scuse signorina, oggi è solo il primo giorno di lezione e lei già si presenta in ritardo. Mi dispiace ma dovrò chiederle di venire nel mio ufficio al termine delle lezioni >

Il cipiglio severo con il quale è solita sgridare gli allievi della scuola non è cambiato di una virgola: labbra ridotte ad una linea sottile, occhi socchiusi puntati direttamente sulla preda e mani incrociate sul petto. Questa donna è davvero capace di incutere terrore con una sola occhiata.

< Va bene > rispondo rassegnata prima di andare a sedermi nel posto vuoto accanto ad Herm che non si trattiene dal riservarmi uno sguardo di rimprovero. < Che c’è? > sibilo allora sconsolata. < C’è che sei la solita irresponsabile > risponde lei abbassando la voce. < Scusa > tento di dire un attimo prima che uno sguardo glaciale da parte della McGranitt mi costringe a chiudere la bocca.

L’ora con la McGranitt passa a rallentatore fino a quando il dolce e agognato suono della campanella mi riscuote dallo stato di trans nel quale sono volutamente caduta per impedire alla mia lingua di muoversi, riportandomi alla realtà. < Si ricordi il nostro appuntamento > urla la McGranitt nel tentativo di sovrastare il caos che si è venuto a creare. Rassegnata annuisco e lascio l’aula seguita da Herm. Insieme ci dirigiamo verso la prossima lezione, Aritmanzia con i Serpeverde.

Finalmente vedrò Malfoy! No, aspetta cosa diavolo mi è venuto in mente, non dovrei dire finalmente ma purtroppo. Santissimo Merlino quel biondastro mi ha davvero confusa, ma gliela farò pagare.

Sto svoltando nel corridoio quando sento una voce strascicata pronunciare il mio nome con tanto ardore e tanto odio mescolati insieme che non può che essere di Draco. Voltandomi infatti vedo un ciuffo biondo quasi bianco, sbucare da dietro un arazzo verso il quale mi dirigo più per curiosità che per altro. Ovviamente però non sono così stupida da andarci disarmata. Infilando una mano nella tasca del mantello ne estraggo la mia bacchetta che tengo stratta nella mano destra. Sto per scostare un drappo dell’arazzo quando sento una mano fredda afferrarmi il polso e trascinarmi verso di lei. L’interno del passaggio segreto è buio e sa di muffa eppure so per certo che davanti a me c’è Draco Malfoy in persona. < Cosa vuoi Malfoy? > domando cercando di mantenere un tono di voce scocciato. < Solamente vendicarmi per l’altra sera > mormora lui. < Lumos > mormoro nel buio. La punta della mia bacchetta si illumina rischiarando l’ambiente intorno a me e permettendomi di vedere la figura slanciata di Draco. È vestito con un completo piuttosto classico tutto nero a cui ha applicato la spilla appartenente alla sua casata.

< E come vorresti fare di grazia? > domando a mo dì presa in giro.

< Dovresti saperlo > sussurra lui a pochi centimetri dal mio viso. < No, Malfoy, non lo so > replico retrocedendo per quel poco che lo spazio angusto mi concede. < Sai, l’altra sera credevo davvero che tu mi desiderassi, dopotutto non sarebbe così strano, voglio dire guardami > si passa le mani sul corpo statuario per sottolineare la sua frase < Sono uno spettacolo e questo lo sanno tutti, ad ogni modo ci sono rimasto davvero male quando mi hai lasciato in quel bagno solo e pietrificato > L’ultima parola la sputa fuori con rabbia e cattiveria. Bene, sono contenta di averlo fatto arrabbiare tanto. < C’è chimica tra di noi Potter, so che lo senti anche tu non puoi negarlo > non posso fare altro che fissare i suoi occhi tempestosi dimenticandomi di tutto. Di chi sono, di cosa faccio, di dove sono e soprattutto con chi sono. Un rumore proveniente da fuori però mi riscuote permettendomi di riprende il controllo del mio corpo.

Ricordandomi di ciò che mi ha appena detto gli scoppio a ridere in faccio allontanandomi da lui. < Potter sei una stupida ragazzina > sibila furioso. < Oh, sì e tu sei un piccolo bambino cattivo > replico io canzonatoria.

< No, sai che ti dico, sei una troia > detto questo gira i tacchi ed esce dall’arazzo. Io sono troppo sconvolta per fare una qualsiasi cosa così me ne rimango lì giusto il tempo per assimilare ciò che mi ha appena detto. Quando il mio cervello elabora i dati esco dal passaggio come una furia percorrendo i corridoio con passo pesante e infilandomi nell’aula di aritmanzia lo vedo seduto accanto a Blaise Zabini. Senza nemmeno sentire le lamentele ella professoressa lo raggiungo con gli occhi che sputano fuoco e gli punto la bacchetta alla gola. La classe intera si alza automaticamente dai banchi andando a sistemarsi contro i muri mentre la prof terrorizzata corre a chiamare qualcuno. Io sono troppo infuriata per sentire le suppliche di Herm che mi chiede di lasciarlo o insulti che il Principe mi rivolge.

< Tu, lurido Mangiamorte che non sei altro come ti sei permesso? > la voce è ridotta ad un sibilo minaccioso. < E’ la verità > risponde lui coraggioso. < Non osare mai più rivolgerti a me con quell’appellativo, ci siamo intesi Malfoy? >

Un ghigno strafottente si dipinge sulle sue labbra gelide. < Altrimenti? > mi istiga. < Altrimenti raggiungerai il tuo amichetto all’inferno > rispondo lasciandolo andare giusto un attimo prima che la McGranitt faccia il suo ingresso tutta trafelata. < Potter, Malfoy nel mio ufficio > tuona irritata.



Angolo autrice:
Molto bene, un caloroso ben tornati a tutti coloro che seguono la mia storia e che ringrazio cone tutta me stessa. In questo capitolo si ha una piccola visione di come la vita ad Hogwarts proceda all'incirca nello stesso modo di sempre. Chiarlie che arriva in ritardo, Herm che sa tutto di tutto, e Malfoy che continua a credersi il padrone indiscusso del mondo. Anche la rivalità tra i due sembra non essere mutata, nonostante il bacio dato dopo la battaglia, rimescoli le carte. Più avanti si avrà una visuale decisamente più ampia riguardo il rapporto di odio-amore tra i due che si troveranno ad affrontare non poche difficoltà e sfide.
Alla fine due destini diversi come i loro, riusciranno ad unirsi?
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Una nuova Hogwarts ***


 

Capitolo 7

 

 

 

 

 

Sono rinchiusa nell’ufficio della preside con quella faccia di Troll da più di quaranta minuti ma di lei nemmeno l’ombra. Un grande e antico orologio in legno mogano di origine babbana segna l’ora schioccando un sonoro “don” ad ogni minuto dilatando il tempo come una bolla di sapone. Questa però non è la cosa grave anzi è decisamente una sciocchezza se paragonata alla presenza che sono costretta a sopportare. La McGranitt ha infatti convocato anche quel maledetto Furetto solo per poi abbandonarlo all’interno della stanza con me come unica compagnia. Non che le persone con cui parlare manchino eh, però sapete non si può fare molto affidamento sui ritratti. Silente, mi aveva accolto con un sorriso raggiante, al mio ingresso nell’ufficio della preside convinto che la mia presenza in quel luogo pieno zeppo di ricordi fosse riconducibile ad un qualche mio encomiabile e degno di merito comportamento, era andato sbiadendo fino a tramutarsi nell’espressione neutra di chi schiaccia un rilassante riposino. Piton invece, sempre con quel suo cipiglio severo e lo sguardo scontroso, se ne stava seduto in poltrona guardandomi torvo mentre dedicava al piccolo di casa Malfoy piccoli e forzati sorrisi. Nonostante questo non riuscivo più a vederlo come un essere spregevole e degno di subire una delle tre Maledizioni Senza Perdono, gli ultimi sviluppi in merito al suo passato infatti, lo vedevano come innocente uomo innamorato di una donna già occupata. Tale deliziosa donna capace di rapire il cuore ad un Serpeverde come lui era niente popò di meno che mia madre. Ovviamente la cosa mi aveva sconvolto all’inizio ma adesso, a distanza di mesi dalla sconfitta di Voldemort e dalla fine della guerra, avevo cominciato ad accettarlo e anzi a vederla come una struggente storia d’amore degna di un film.

Sicuramente avrebbe fatto successo nel mondo dei babbani, quelle persone andavano matte per storie strappalacrime del genere. In ogni caso sto divagando, perciò torniamo a concentrarci sul vero problema: la presenza superflua e irritante di un certo biondino dall’aria arrogante.

Come già detto purtroppo l’ufficio della preside non offre molte attrattive se non gli stravaganti oggetti collezionati da Silente nell’arco della sua lunga vita e rimasti fermamente al loro posto, quindi dopo aver dedicato cinque minuti buoni ad accarezzare Fanny la fenice, osservato il vecchio pensatoio di Silente e ricordato tutte le volte nel quale mi ci ero tuffata non rimane molto altro da fare se non sedersi comodi sulle poltrone alte e rigide e aspettare.

Aspettare in silenzio ovviamente, cosa che io detesto. Il silenzio mi imbarazza e quando sono imbarazzata tendo a parlare a sproposito usando una voce stridula degna di Mirtilla Malcontenti. Per di più tiro fuori argomenti davvero insensati, ergo, se non voglio ritrovarmi a discorrere del tempo o delle lumache carnivore con Malfoy mi conviene trovarmi qualcosa da fare.

Un’ancora di salvataggio arriva però proprio da colui che sto cercando di ignorare con tutte le mie forze. Draco Lucius Malfoy, erede di una delle più antiche e ricche famiglie di tutto il Mondo Magico, mi viene in soccorso. Inconsciamente, ovvio!

< Allora Potter, ancora furiosa? > domanda con quel suo ghigno strafottente stampato sul viso. < Molto Furetto > rispondo gelida.

< Bene > conviene lui alzandosi dal divanetto vicino alla libreria e salendo i gradini che separano la scrivania dal resto dell’ufficio < Perché quando ti arrabbi diventi terribilmente sexy > mi soffia a meno di cinque centimetri dalla faccia. Un sapore di menta e fragola mi giunge alle narici penetrando nel naso e colmando i polmoni. Devo prendere un paio di respiri profondi prima di poter affermare di aver del tutto represso l’istinto di stuprarlo sulla scrivania.

< Bene Malfoy, perché quello sarà l’ultimo ricordo che avrai se non la pianti di usare quelle maniere dal “Re del mondo” con me > sibilo alzandomi in piedi con l’intenzione di fronteggiarlo. < Siamo intesi? > domando per conferma avvicinando le mie labbra al suo orecchio in un gesto volutamente sensuale. < Mi dispiace Principessa, ma non posso accontentarti > mormora allontanandosi e riprendendo quel suo ghigno così sexy e irritante al tempo stesso. < Molto bene, ma non venire a lamentarti con me quando ti ritroverai in infermeria o peggio seppellito in una bara sotto metri e metri di terra umidiccia > commento amara.

Evidentemente qualcosa nelle mie parole deve averlo fatto divertire perché scoppia in una fragorosa risata, sempre priva di alcun sentimento ovvio, ma pur sempre una risata. Per quanto quel suono possa essere privo di una qualunque inflessione noto con estrema incredulità che i suoi occhi invece brillano, e non per la luce delle torce che li illuminano o per il sole alto nel cielo che penetra dalla finestra, ma brillano perché sta ridendo. Credo proprio che segnerò questa data sul calendario e cercherò di istituirne una festa o qualcosa del genere. Insomma già vedere gli angoli della bocca di un Malfoy curvarsi verso l’altro in una vaga imitazione di un sorriso è un evento storico, ma vederne addirittura gli occhi brillare, beh è qualcosa di davvero unico.

< Non riusciresti mai a battermi > dice dopo essersi dato di nuovo un contegno e aver ripreso la sua solita espressione imperscrutabile.

< Ah no? > domando io fingendo ingenuità. < Che strano, credevo di averlo già fatto > dico superandolo e dirigendomi verso la parete colma di libri dietro di lui. < Molto probabilmente ti avrò confuso con un altro stronzo, arrogante, borioso e pieno di se biondino del cazzo > aggiungo voltandomi per sorridergli beffarda.

In pochi secondi copre la distanza che ci separa e guardandomi dritto negli occhi come se volesse uccidermi per davvero mi afferra il polso stringendo con tutte le sue forze facendomi piuttosto male. Non sembra ma quando vuole il biondino sa come incutere paura.

< Lasciami Malfoy, mi fai male > mormoro tentando di aprire le dita serrate intorno al mio braccio. < Sentimi bene stupida Mezzosangue > sibila al mio orecchio senza allentare la presa. < Io sono e sarò sempre il migliore, in ogni cosa e se quella volta sei riuscita a sconfiggermi è solo perché ero stanco > Prima di continuare allenta la presa.

< Sono stato ben chiaro? > Solo ora come una stupida mi ricordo della mia bacchetta risposta ordinatamente nella tasca interna del mantello, ma ormai il peggio è passato, lo sguardo da pazzo psicopatico è svanito e anche le sue dita si sciolgono dal mio polso.

< No Malfoy, ti ho battuto perché non vali nulla > commento però acida. So che farei meglio a starmene zitta e buona e dargli ragione ma l’orgoglio di Grifondoro si risveglia sempre nei momenti meno opportuni. < Non vali nulla come persona, come mago, come Mangiamorte, persino come figlio credo tu non valga poi molto > aggiungo con quanta più cattiveria ho in corpo. Alle mie ultime parole lo sguardo di ghiaccio del Principe delle Serpi si accende d’ira e faccio appena in tempo ad estrarre la bacchetta e pronunciare un Expelliarmus per difendermi che un Petrificus Totalus mi centri in pieno petto. Spostandomi alla mia destra mi riparo dietro un anta di una grande libreria e parto all’attacco con un altro Expelliarmus che però il mio avversario schiva con grande maestria, devo ammetterlo. Subito dopo sento dei passi strascicati dirigersi verso di me e capendo a chi appartengono mi preparo stringendo in mano la mia bacchetta per poi sbucare fuori in modo da ritrovarmelo davanti. Un ghigno strafottente stampato in faccia e la sua bacchetta nuova di zecca stretta nel pugno della mano destra. Stiamo giusto per attaccarci a vicenda con due incantesimi non verbali che un urlo nel quale riconosco i nostri nomi ci trattiene dal farlo. La preside McGranitt furiosa come solo poche altre volte ho avuto la fortuna o sfortuna di vederla, è paralizzata davanti alla porta del suo ufficio con la faccia paonazza e la bacchetta stretta nella mano destra. A giudicare dall’espressione omicida che le si è dipinta sul viso alla vista di noi due poveri deficienti impegnati in un duello clandestino al centro del suo ufficio, credo proprio che questa volta non la passerò tanto liscia. L’unica cosa che mi consola è che per una volta non sarò l’unica ad essere punita. Il piccolo stronzetto di casa Malfoy infatti dovrà per forza di cose subire lo stesso trattamento e di questo non posso far altro che rallegrarmi. In fin dei conti finire nei guai con il biondino ha i suoi vantaggi, posso vendicarmi di tutte le angherie subite in sei anni di scuola, beh almeno di una parte di loro. Per potermi vendicare di tutte le cattiverie subite da parte sua dovrei rimanere ad Hogwarts almeno per altri tre anni buoni.

< Cosa stavate facendo? > domanda la preside riuscendo a reprimere a stento la voglia di urlare come una pazza. < E’ stata colpa sua > risponde prontamente Malfoy assomigliando in modo assurdamente perfetto ad uno stupido moccioso. < Signorina Potter? > domanda la preside spostando il suo sguardo inquisitore dal biondo a me che prendo a fissarlo in cagnesco. “Giuro che quando siamo soli ti faccio fuori, Malfoy” penso prima di tornare a prestare la mia attenzione alla McGranitt che sta aspettando impazientemente una mia risposta.

< Io non ho fatto nulla preside, è lui che mi istiga > dico decisa.

< Bugiarda > urla Malfoy puntandomi contro l’indice. < Io bugiarda? > domando incredula per quell’accusa infondata < Malfoy se qui c’è un bugiardo quello sei senz’altro tu > aggiungo acida.

< BASTA! > tuona irritata la preside coprendo con lunghe falcate i pochi metri che ci divido e andando a sedersi con aria tronfia dietro la sua scrivania. Entrambi intimoriti ci accomodiamo sulle sedie dall’alto schienale pronti per subire la tremenda lavata di capo che ci investirà di qui a pochi secondi.

< Sono molto delusa dal vostro comportamento > comincia in tono distaccato la preside andando a congiungere le mani libere dalla bacchetta proprio sotto la punta del suo naso
< Lei signorina Potter dovrebbe essere un esempio di regolarità e buona educazione, dovrebbe insegnare agli altri studenti il modo corretto di comportarsi, in fondo ha ucciso il Signore Oscuro. E lei signor Mlafoy, la prego, impari a trattenersi. Se non se ne è reso conto sta discorrendo con una donna e per di più questo atteggiamento non giova certo all’immagine della sua famiglia già provata dalla guerra >

Con un briciolo di disappunto noto come le mani di Draco si stringono a pugno quando la preside nomina la sua famiglia e la fatica che quella sta facendo per risollevare il loro nome dal fango nel quale è caduto durante la guerra. Da una parte provo persino pena per lui, in fondo non era il caso di tirare fuori questo argomento.

< Come dicevo perciò, sono molto delusa da entrambi, credevo davvero che la guerra e tutto ciò successo in quest’ultimo periodo potesse aiutare a crescere tutti noi, ma a quanto pare mi sbagliavo > Tace qualche secondo in modo da rendere le sue parole ancora più dolorose.

< In ogni caso non posso non punirvi > Sgrano gli occhi e comincio a infervorarmi. < Oh avanti preside, non intenderà davvero sottoporci alle stupide punizioni che assegnai ai primini > sbotto indignata.

< Certo che no signorina Potter > A queste parole mi calmo un pochetto. < Per voi ho in mente qualcosa di diverso > ghigna divertita. Ok, è ufficiale, la preside McGranitt è posseduta da una spirito di qualche serpeverde deceduto centinaia di anni fa. < Ho deciso che per colmare le vostre divergenze ed imparare ad apprezzare le diversità, dovrete trascorrete molto più tempo insieme. Per questo da domani fino alla fine dell’anno presterete servizio nella Sala Grande come aiuto per i più piccoli >

Io e Draco ci guardiamo qualche secondo e poi ecco che scoppia il finimondo. Entrambi saltiamo su dalle nostre sedie appoggiando i palmi sul legno della scrivania e prendiamo a urlare su quanto questo sia ingiusto.

< Non può farmi questo preside > mormoro io. < Non se ne parla nemmeno, io non ci passo nemmeno due secondi del mio tempo con quella Sfregiata > aggiunge Malfoy.

< Mi dispiace ma è già stato deciso > chiarisce lei in un tono che non ammette repliche. < E’ un nuovo programma di studio che avevamo pianificato con il resto del corpo docenti perciò in ogni caso voi avreste dovuto farne parte ed ora state zitti e ascoltate >

< Con gli altri docenti abbiamo convenuto sull’utilità della presenza di persone preparate scolasticamente in grado di fornire un aiuto concreto con i compiti agli studenti dei primi quattro anni. Pensando poi a chi avrebbe potuto svolgere un incarico così importante, ci erano venuti in mente un paio di nomi come la signorina Granger, ottima studentessa e alcuni studenti di Corvonero, ma perché non voi mi sono domandata io perciò eccovi qui > annuncia sorridendo. < Siete entrambi preparati e molto intelligenti, perciò mi aspetto successo da voi due > ci comunica alzandoci e facendoci segno di seguirla. < Ah stavo quasi per dimenticarmene > aggiunge una volta arrivati alla porta dell’ufficio.

< Siete state entrambi scelti per organizzare tutte le feste ufficiali di quest’anno, come ad esempio un ballo di benvenuto, quello di Natale >

Un po’ sconcertata a causa delle troppe notizie ricevute in questi pochi minuti domando con più curiosità di quanta ne abbia in realtà, il perché di tutto ciò.

< Scusi preside, ma queste sono molto più cose da Babbani, insomma qui a Hogwarts non c’è mai stato un ballo di benvenuto o uno di Natale, perché proprio ora? > La McGranitt mi sorride comprensiva posandomi delicatamente una mano sulla spalla. < Mi stupisco che proprio lei non abbia capito il senso di tutto ciò, signorina Potter > commenta allusiva.

< Si ricorda il motivo per cui questa stupida guerra ebbe inizio? > domanda poi rabbuiandosi. < Certo, perché Voldemort voleva sterminare tutti coloro che discendevano da Babbani > rispondo prontamente io non riuscendo però ancora ad afferrare in nesso tra le due cose.
< Bene, con queste nuove regole, se così vogliamo chiamarle, intendiamo distruggere quelle barriere mentali e non che ci vedono così distanti dal mondo dei Babbani > annuncia gloriosamente la preside sospingendoci garbatamente fuori dall’ufficio e chiudendosi la porta alle spalle con un suono sordo. “Intendiamo distruggere quelle barriere mentali e non, che ci vedono così distanti dal mondo dei Babbani”, questa si che si chiama aria di cambiamento.




Angolo autrice:
Salve a tutti! Eccomi tornata con un nuovo capitolo della mia storia. Qui vediamo l'evolversi della piccola bravata commessa dai due protagonisti che senza saperlo si imbarcano in quella che sarà l'esperienza più educativa e straordinaria di tutta la loro vita. Impareranno molto l'una dall'altro,Charlie scoprirà che non tutto ciò che è buio è anche anche cattivo e Draco imparerà che le differenze a volte non sono altro che frutto della nostra immaginazione. Se volete scoprire come prosegue la storia, vi invito a rimanere con me lungo questa avventura e a commentare anche con critiche negative i capitoli che precedono e che seguiranno questo!
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Mi dispiace Malfoy, non posso! ***


 

Capitolo 8

 

 

 

 

 

 

È passata una settimana dal giorno in cui la preside mi ha beccata a litigare con Malfoy, per colpa del quale mi sono beccata questa stupida punizione. Proprio a me, una Grifondoro per eccellenza, prima nelle classifiche dell’odio verso i Malfoy la preside va ad affibbiare un compito che richiede una così stretta collaborazione con quella stupida serpe.

Sono già sdraiata nel mio morbido letto, nonostante siano solo le nove di sera, e mentre penso ad un modo per far cessare questa terribile tortura la porta della stanza si spalanca lasciando entrare le due figure snelle delle mie migliori amiche. Il cespuglioso intrigo di nodi che costituisce il cuoio capelluto di Herm è la prima cosa che intravedo nel buio della stanza, seguito a ruota dalle mani di Ginny sospese a mezz’aria nel tentativo di orientarsi. < Accidenti, ma come cavolo fa ad amare tanto questo buio > domanda la rossa in direzione della riccia prima di pronunciare un sonoro “ahio”. Evidentemente deve aver sbattuto il piede contro un angolo del suo stesso letto, la solita Ginny!

< Fai attenzione Gin, santissimo Merlino lo sanno anche i muri che lì c’è il tuo letto > la rimprovera Herm in un sussurro. < Scusa ma con tutto sto buio non si vede nulla > replica la rossa. < Lo so > mormora la riccia con aria sconsolata. < Non è da lei starsene rinchiusa in camera per tutta la sera per di più immersa nella più totale oscurità come una serpe > sbotta la rossa rivolgendosi ad Herm nella più totale convinzione che l’oggetto o meglio persona del loro discorso sia profondamente addormentata.

< Scusate tanto, ma serpe proprio no > dico io dall’oscurità del mio piccolo letto a baldacchino. Sento entrambe urlare e saltare segno che il mio improvviso parlare deve averle spaventate e non poco. < Merlino Charlie, per poco non ci facevi rimanere secche > mi sgrida Herm con quella sua aria da maestrina. < Scusa > mormoro nell’oscurità un attimo prima di prendere la mia bacchetta dal comodino e sussurrare < Lumos > e farne fuoriuscire così un piccolo pallino argenteo che va a posizionarsi al centro della stanza illuminandone ogni angolo. < Sì va bene sei perdonata > dice la rossa dirigendosi verso il mio letto < Ora però devi raccontarci cosa ti sta succedendo. Sono giorni che mangi poco, ti isoli e tendi a non parlare con nessuno > aggiunge con veemenza sempre maggiore. In effetti ora che me lo fanno notare è da quando ho avuto quel brutto litigio con Malfoy e conseguente punizione, che me ne sto per i cavoli miei evitando sempre di più tutti fino ad isolarmi del tutto. Non voglio che miei amici pensino che mi sto trasformando in una di quelle luride serpi tanto amanti del buio e del silenzio, però è anche vero che non posso dirgli la verità su cosa è successo con Malfoy.

< Lo so > dico d’impulso < Ma non è niente, davvero sto bene > aggiungo subito dopo con un po’ troppa fretta facendo così insospettire Herm che con sguardo indagatore prende a fissarmi facendomi sentire in tremendo imbarazzo. < Tu non me la conti giusta > afferma alla fine del suo più che attento esame. < No è solo… > mi interrompo giusto in tempo per evitare di rivelare troppo. < Solo cosa? > incalza però la riccia, ormai del tutto preda del suo lato da investigatore. < Solo che ho paura > sputo in un sussurro a malapena udibile da me stessa.

< E di cosa dovresti aver paura? > chiede Gin non capendo < Se è Malfoy che ti preoccupa beh possiamo pensarci io ed Herm > aggiunge un istante dopo strappandomi un piccolo sorrisetto. < Non è di lui che ho paura, ma di me > preciso senza alzare gli occhi dal lenzuolo sul quale sono puntati dall’inizio della conversazione. < Di te? > domanda scettica la rossa cercando di posizionarsi meglio sul duro materasso. < C’è una cosa che non vi ho detto e che mi sta procurando non pochi dubbi > sussurro in tono di scuse.

< COSA??? > sbottano all’unisono le mie due migliori amiche. < Shhh, abbassate la voce o sveglierete tutto il dormitorio > dico decisa. < Cioè tu mi hai appena detto che Malfoy, Draco Malfoy, quel lurido verme viscido di un Furetto ossigenato ti ha baciato dopo la fine della battaglia e pretendi che stia zitta? Tu sei pazza cara mia > sbotta la rossa indignata alzandosi dal letto e cominciando a camminare in cerchio lungo la stanza.

< E non è finita > aggiungo sfornando un sorriso accennato come a volermi già scusare per non aver detto loro nulla. < Racconta! > ordina la riccia. < E’ meglio che non sappiate o se proprio volete ascoltare ciò che ho da dirvi vi conviene sedervi comode > dico prendendo un profondo respiro prima di lanciarmi nel più dettagliato racconto sul perché mi stia comportando in maniera tanto pessima. < Non so se ve ne siete accorte ma quel dannato, stupido e insensato bacio mi ha decisamente lasciato di stucco. Ci ho rimuginato su per tutta l’estate cercando di trovare una giustificazione al gesto compiuto da quel Furetto, ma più ci pensavo più capivo che alla fine dei conti non mi era poi dispiaciuto molto e che anzi mi sarebbe piaciuto ripeterlo >

< Frena un secondo > mi interrompe Herm < Vuoi dire che il motivo del tuo muso lungo durante tutta l’estate era Malfoy? > domanda scioccata.

< Beh sì > rispondo di getto < Più o meno, cioè ero sconvolta per tutto ciò che la guerra ha causato, per la morte di Fred, per quella di Remus, Tonks. Ero, anzi sono, sconvolta per tutte le sofferenze che persone innocenti come voi hanno dovuto subire a causa mia però sì, centrava anche Malfoy > confesso alla fine con un tono talmente drammatico da far invidia al miglior attore. < E’ normale che tu sia sconvolta, non è stato facile per nessuno affrontare questa guerra e forse ancora di più le sue conseguenze, ma Malfoy! Perché? > chiede seriamente confusa per la prima volta in tutta la sua vita.

Già, perché Malfoy? Me lo domando anche io da ben quattro mesi ormai, eppure tutto ciò che sono riuscita a capire e che semplicemente non riesco a smettere di pensare a quel bacio. < Non lo so Herm, non ne ho la più pallida idea. So solo che quando penso alle parole che mi ha detto quel giorno e al modo in cui il suo sguardo si fondeva con il mio, come quando il cielo in tempesta stravolge l’oceano verde, sento il cuore più leggero >

< Ok, questo è preoccupante > interviene Gin che finalmente ha smesso di camminare per tutta la stanza come una vecchia sclerotica. < Insomma Charlie sbaglio o sei sempre stata tu a dire che le Serpi non hanno né cuore né emozioni, ma solo ormoni e idiozia? >

Altro sospiro da parte mia e altro sguardo indagatore da parte della riccia.

< Sì Gin, sono stata io a dirlo, ma tu non hai visto il modo in cui mi guardava mentre tentava di farmi capire che non è colpa mia se è successo quello che è successo > dico nel tentativo di difendere l’ultima persona al mondo che se lo meriterebbe. < Sì, già lo immagino, avrà avuto sempre lo stesso sguardo vitreo da pesce bollito > sbotta Gin alzando le mani al cielo in segno di resa. < Ok, ora direi che è meglio andare a dormire > interviene Herm alzandosi dal bordo del letto sul quale si era seduta e dirigendosi verso il bagno trascinandosi dietro la rossa. < Vi dispiace se vado giù nelle cucine? Ho bisogno di dolce > chiedo sorridendo supplicante. < Stai tranquilla, quando tornerai saremo nel letto pronte per dormire >

Senza aggiungere altro afferro il mio mantello, la bacchetta ed esco dalla mia stanza diventata improvvisamente troppo piccola. Cercando di non far rumore scendo i gradini della stretta scala a chiocciola ritrovandomi nella Sala Comune dove noto con disgusto Finnigan che si da dà fare con una piccola Corvonero del quinto anno forse. Invisibile ai loro occhi li supero entrando nel tunnel che porta al ritratto della Signora Grassa e poi alla rampa di scale in marmo. Sto scendendo le scale talmente in fretta che mi sembra quasi di volare, fino a quando senza rendermene conto arrivo nel corridoio del primo piano. Ricordandomi solo ora della ronda notturna dei Caposcuola rallento il passo e cerco di respirare il meno rumorosamente possibile per evitare di attirare sguardi indiscreti. Con questo dannato buio però non si vede ad un palmo dal naso. Sto giusto per pronunciare un incantesimo quando sento una voce fin troppo familiare giungermi alle orecchie da dietro. Voltandomi di scatto riconosco un certo biondino e il suo degno compagno.

Cazzo, mi ero dimenticata che questa settimana spettava a loro il turno della ricognizione notturna. Sperando che nessuno si accorga di me mi appiattisco contro il muro e trattengo il respiro fino a quando non vedo le loro figure snelle passarmi davanti senza degnarmi nemmeno di uno sguardo. Aspetto nella stessa posizione fino a che non li vedo voltare l’angolo e poi finalmente posso tornare a respirare come si deve. È solo un attimo però perché ecco che la sagoma del biondo rispunta da dietro l’angolo che ha appena girato e si dirige verso di me con un ghigno pieno di soddisfazione stampato su quella faccia da schiaffi.

< Allora Potter, come mai in giro a quest’ora della sera? Non te lo hanno detto mamma e papà che si possono fare brutti incontri? >

Troppo scioccata per essere stata scoperta non faccio subito caso alle parole pungenti di Malfoy, rendendomene conto solo dopo qualche minuto.

Fregandomene altamente delle regole, cosa che ormai faccio da ben sette anni, estraggo la bacchetta e la punto alla gola del signorino qui di fronte che però aspettandosi una mossa del genere estrae la sua puntandomela al petto e spingendomi verso il muro sul quale mi ero appiattita prima. Sento chiaramente il suo bacino premere contro il mio nel tentativo di tenermi ferma. < Te lo avevo detto che si facevano brutti incontri di notte, Potter >

< Hai ragione Malfoy, la sera si fanno decisamente brutti incontri > sillabo prima di scansarmi di lato e liberarmi così dalla sua presa.

< Peccato che non siano altrettanto pericolosi però > aggiungo sorridendo provocatoria. < Cosa te lo fa pensare che non siano pericolosi? > domanda divertito dalla piega che ha preso il nostro incontro.

< Dal fatto che si tratta di luride Serpi senza spina dorsale > rispondo io sogghignando. < Sai, le serpi però mordono > ribatte lui avvicinandosi in modo tanto sensuale e lento che per un attimo mi perdo in pensieri poco casti su noi due. Ormai è tanto vicino da poter sentire il suo profumo di menta misto a tabacco salir su per le narici e insediarsi nei polmoni.

< Ah sì, Malfoy? E fanno male? > domando fingendo ingenuità solo per assecondare la sua stupida fantasia. < Molto male soprattutto alle ragazze indifese > mormora lui con voce roca. < Beh meno male allora che non ce ne sono in giro > aggiungo abbassando ancora i più il tono della voce.

< Già meno male, altrimenti non potrei fare questo > mormora a pochi millimetri dal mio orecchio.

< Fare cosa? > domando da vera stupida. < Questo > dice baciandomi.

Inizialmente rimango bloccata a metà tra il divertito e l’arrabbiato ma poi quando sento il sapore dolce delle sue labbra invadermi la bocca abbandono ogni inibizione, ogni pensiero, solo per permettergli di insediare la sua lingua all’interno della mia bocca.

Come se qualcuno mi avesse spinto da dietro avvicino il mio corpo al suo desiderando fondermi con lui, desiderando sentirlo dentro di me. E a quanto pare non sono l’unica a pensarla così, dato che l’amichetto nascosto nelle mutande, sembra essersi svegliato di colpo.

Un sospiro soffocato fuoriesce dalle mie labbra momentaneamente disimpegnate dal bacio aumentando a dismisura il desiderio del biondo che come posseduto comincia ad accarezzare pesantemente il mio seno destro strappandomi così altri mugolii di piacere.

< M..Malfoy, non possiamo qui > riesco a sussurrare tra i sospiri. < Hai ragione > risponde lui sollevando la testa dal mio collo e fissando il suo sguardo, dove posso riconoscere desiderio, lussuria e persino rabbia, al mio. < Vieni con me >

Prendendomi per mano mi conduce verso il bagno delle ragazze dove solo la settimana prima lo avevo pietrificato e guardandosi intorno circospetto mi fa segno di entrare per sigillare poi la porta.

Una volta soli lascio che il Mantello dell’Invisibilità scivoli a terra avvicinandomi a Draco impegnato a fissare il corpo con lussuria e prepotenza. < Quanto sei bella > sussurra prima di afferrarmi da sotto il sedere e sollevarmi da terra. La mancanza di stabilità mi fa vacillare per un attimo ma poi sento qualcosa di duro e freddo premere sulla schiena e allora capisco l’intento di Malfoy. Desiderosa almeno quanto lui di terminare ciò che avevamo iniziato lascio che le sue mani vadano ad esplorare la pelle coperta dalla maglietta emettendo rochi sospiri di sollievo ogni volta che la punta delle sue dita fredde sfiora i miei capezzoli. Frenetiche le mie mani vanno alla cintura dei suoi pantaloni che aprono con estrema facilità. Eccolo, il frutto proibito, quello per cui ogni ragazza d Hogwarts ucciderebbe. Chiunque ma non io, non Charlie Potter. Questo pensiero così sbagliato per questo momento ha l’eccezionale capacità di rinsavire la mia mente perversa. Finalmente consapevole di ciò a cui stavo andando in contro mi stacco dalle labbra di Malfoy spingendolo lontano da me. < Che succede? > domanda sconvolto. < Non posso > dico solamente. Poi senza aggiungere altro recupero il mantello, la bacchetta e mi avvio verso la porta risistemandomi la maglietta. < Dove cazzo stai andando, Potter? > domanda furioso. < Mi dispiace Malfoy, non posso farlo > ripeto con le lacrime agli occhi. < Non osare > sibila a denti stretti. < Mi dispiace > ripeto un attimo prima di sbloccare la serratura e uscire a gran passi dal bagno. Finalmente sola posso lasciare che le lacrime mi righino il volto.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Mezzosangue me la pagherai! ***


 

Capitolo 9

 

 

 

 

< Come cazzo ha osato quella sporca, piccola e insignificante mezzosangue lasciarmi qui da solo nel bagno delle ragazze dopo avermi portato sull’orlo dell’orgasmo >

Credo di non essere mai stato più furioso, persino le parole crudeli e viscide di Voldemort perdono di consistenza se paragonate all’offesa che Potter mi ha appena fatto. Io, il Principe delle Serpi, desiderato da ogni essere femminile di questo castello e di buona parte dell’intero Mondo Magico, sono stato abbandonato come un giocattolo troppo brutto.

Giuro su Salazar che me la pagherà, fosse anche l’ultima cosa che faccio ma quella lurida Sangue sporco non deve passarla liscia.

Santo Salazar, devo uscire da questo posto squallido ma per colpa della Potter e della sua dannata bellezza non posso farlo perché sono ancora troppo eccitato, perciò mi rimangono due alternative. Volare fino al dormitorio e prendere la prima ragazza che mi capita oppure ricorrere ai vecchi metodi fai da te.

Sentendomi tanto Lenticchia anche solo nel pensare di usare i metodi fai da te, comincio ad incamminarmi lungo il corridoio buio del primo piano diretto alla scale che portano ai sotterrai dove forse riuscirò a trovare una ragazza abbastanza carina con cui saziare questa maledetta voglia che di spegnersi sembra non volerne proprio sapere. Mentre sto per imboccare la rampa di scale ben attento a non farmi sentire da Zabini e men che meno da altri studenti sgattaiolati fuori a quest’ora della notte quando un leggero ticchettio di tacchi che picchiano sul duro pavimento in pietra del corridoio, mi distraggono dai miei pensieri. Una folle, insensata e pure così semplice mi balena per la testa bloccandomi sul primo gradino della scalinata.

Pronunciando un silenzioso Lumos percorro a ritroso la metà del corridoio fino ad intravedere l’ombra di una ragazza entrare nel bagno delle ragazze e chiudersi la porta alla spalle.

Bene, forse non sarà necessario arrivare fino al dormitorio per rimettere a cuccia il mandrillo qua sotto.

Camminando furtivo come se dovessi rapinare la Gringott, scivolo all’interno del bagno in cui solo poco prima la Potter stava per diventare mia ( al solo ripensarci il signorino sembra svegliarsi ancora più ), posiziono la punta della bacchetta illuminata della bacchetta alla base della schiena della ragazza.

I lunghi capelli ramati le arrivano fino a sopra il sedere stretto nella gonna della divisa che di scolastico ha solo i colori. Un paio di calze nere semitrasparenti ricoprono un paio di gambe niente male, mentre a separare il suo addome dall’aria c’è solo un sottile strato di cotone bianco a cui è spillato il simbolo della sua casa d’appartenenza. tasso rosso, bleah! In condizioni normali non andrei mai con un essere insignificante del genere nemmeno fosse una modella, ma le condizioni in cui verso sono del tutto fuori dal comune perciò come si dice: ogni buco è una festa!

< Lo sai che non si dovrebbe andare in giro a quest’ora della sera? > domando con il tono più sensuale che riesco a produrre.

< Mi dispiace > sussurra voltandosi in modo da ritrovarsi con i seni premuti con il mio petto. Posso chiaramente sentirla fremere dalla voglia di fare sesso, però non posso cedere, ho una reputazione da mantenere.

< Sai si potrebbero fare brutti incontri > le sussurro vicino all’orecchio.

Le stesse parole che ho detto a lei.

< Mi piacciono i brutti incontri > replica lei avvicinando ancora di più il suo corpo al mio. < I brutti incontri sono pericolosi > ribatto cominciando a lasciarle piccoli baci sul collo bianco e sospingendola verso il muro.

La sento emettere piccoli gemiti di piacere e senza che riesca a controllarmi la sollevo da terra.

La stessa posizione che avevo con lei.

Scuoto la testa per levarmi questo maledetto pensiero dalla testa ma non appena i miei occhi si sollevano dal suo petto e incontrano i suoi non posso fare a meno di paragonarli a quelli della Potter. Azzurri e glaciali questi, verdi e profondi i suoi. Sconosciuti e insensati quelli che ora sto fissando, familiari e adulti i suoi. Famelico e rabbioso mi fiondo sul seno ancora parzialmente nascosto dalla camicetta che sbottono con estrema facilità. Sento le sua mani ancorarsi alle mie spalle mentre le mie vanno ad intrufolarsi sotto l’orlo della gonna sfilandole le mutande per poi spostarsi sulla cintura dei miei pantaloni e sbottonarla. Quando finalmente mi libero anche dei boxer abbandono ogni pensiero concentrandomi solo sul piacere che l’immediato sesso mi darà. Mentre spingo il bacino tra le sue cosce calde sento le sue gambe serrarsi intorno ai miei fianchi e le mani ancorarsi alle spalle nel tentativo di aumentare la penetrazione. Caldi e sensuali gemiti di piacere le fuoriescono dalle piccole labbra socchiuse, per poi esaurirsi quando stufo di sentirla ansimare, mi lascio andare esplodendo dentro di lei. Senza dire una sola parola mi rivesto mentre lei fa altrettanto.

< Ti conviene fare un incantesimo anticoncezionale > le dico mentre mi lavo il viso ad uno dei lavandini di marmo.

< E se invece ti dicessi che un piccolo Malfoy non sarebbe male come idea? > domanda lei sorridendo allusiva.

< Ti risponderei che dovresti solo provarci > rispondo io nel mio tono più minaccioso. < Ok, era per scherzare > dice lei estraendo la bacchetta dal mantello rimasto sul pavimento.

< Ci si vede > dico incamminandomi verso la porta, fregandomene altamente dei sentimenti di quella ragazza e di cosa possa provare.

I sotterranei come al solito sono freddi e umidi, il luogo ideale per una serpe come si deve. Il buio è talmente fitto che mi sarebbe difficile vedere anche a qualche centimetro di distanza. Le torce appese al muro lanciano solo piccole ombre di luce che si riflettono sul pavimento freddo, troppo deboli per illuminare il corridoio, troppo poche per riscaldarlo.

Senza che me ne sia reso conto sono arrivato di fronte alla parte di parete che consente l’accesso al dormitorio, ma prima di pronunciare la parola segreta e lasciare che si apra, mi volto all’indietro per individuare Zabini accuratamente nascosto nell’ombra di una rientranza del muro che fuma indisturbato una pipa.

< Come mai ancora qui? > domando portandomi vicino a lui.

< Aspettavo te Malfoy > risponde lui con quel suo solito tono atono e privo di una qualsiasi inflessione. < Mi dispiace averti lasciato solo nella ronda > dichiaro sospirando. < Già, immagino quanto ti dispiaccia > dice lui sorridendo malizioso. < Cosa vuoi dire? > domando non sapendo come prendere quelle sue parole. < L’ho vista la Potter > dichiara allora

< E so che quando mi hai dato buca sei andato da lei > aggiunge espirando una boccata di fumo. < Già, ma non è andata come immaginavo > confesso lasciandomi scivolare lungo la parete fredda.

< Sai Draco > esordisce parandomisi davanti < A volte credo che la tua stia diventando una sorta di fissazione >

Notando la faccia tragica con la quale pronuncia la frase non riesco al trattenermi dal sorridere. < Già, però quella dannata mezzosangue me la pagherà > affermo tornando in piedi.

< Ah, se solo non ti conoscessi! > sospira li rivolgendosi poi alla parete che dopo aver sentito la parola segreta si apre lasciandoci entrare nei dormitori.

< Sai Draco, credo che quest’anno mi divertirò > mi sussurra prima di lasciarsi cadere sui divanetti di pelle di drago davanti al camino.

< Vai a farti fottere Zabini > replico io.

E mentre il fuoco arde nel grande camino con intarsi in argento ancora una volta, contro la mia volontà, mi ritrovo a pensare alla Potter e al suo dannato frutto proibito.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Una giornata cominciata bene ***


 

Capitolo 10

 

 

 

 

Ho sempre amato le sveglie babbane, è come un’ossessione. Il loro rumore, le loro mille forme diverse, le piccole lancette che producono rumori sordi e appena udibili e poi il loro incessante squillare fino a che tu, stanca e assonnata avvicini una mano e le spegni. Amo svegliarmi la mattina con il loro suono stridulo nelle orecchie, cosa che purtroppo non è condivisa dalle mie due compagne di stanza. Gin, dopotutto rimane comunque una maga Purosangue, mentre Herm semplicemente le ha sempre odiate. Ancora prima di scoprire di essere una strega odiava le sveglie con tutte le sue forze, a loro preferiva nettamente una dolce melodia che ti riporti alla realtà con delicatezza e dolcezza. Credo sia questo il motivo che spinge la riccia a tirarmi un cuscino sulla faccia con il chiaro intento di svegliarmi. Purtroppo non essendo insensibile mi sveglio di soprassalto volando giù dal letto e sbattendo le chiappe sul pavimento gelato.

< Spegni quella dannata cosa > mormora Gin con la voce ancora impastata dal sonno. Leggermente intontita, per il brusco risveglio e la botta presa cadendo, mi alzo in piedi e faccio il giro del piccolo letto a baldacchino andando a spegnere la “cosa” nominata dalla rossa.

< Sia ringraziato Godric > commenta Herm sollevandosi dall’ammasso di coperte rosse sotto il quale poltrisce ogni notte. < Scusate > dico io sorridendo. < Fa niente, tanto anche io ho lezione > dice la rossa sollevandosi a sedere sul bordo del letto. Prima che anche solo una di loro possa pensare “mi serve il bagno” mi precipito verso l’armadio estraendone una divisa pulita e un completo intimo nuovo e mi fiondo in bagno.

Quando finalmente sono entrambe abbastanza sveglie da capire di essere state battute sul tempo ecco che cominciano a battere incessanti colpi contro la porta chiusa del piccolo angolo di paradiso.

< Mi dispiace ragazze, ma chi dorme non piglia pesci > commento io da dentro sentendole sbuffare e allontanarsi dalla porta.

< Vedi di muoverti però > mi ammonisce la riccia.

Sorridendo divertita comincio a sfilarmi la maglietta a maniche corte che uso per dormire, andando poi ad aprire l’acqua calda della doccia.

Tolgo anche reggiseno, pantaloncini e mutande, infilandomi sotto il getto d’acqua bollente che ha il potere di farmi rabbrividire.

Lentamente sento la tensione scivolare via dal corpo, lasciandomi con i muscoli rilassati e distesi per la prima volta da molto tempo.

Mentre passo ad insaponarmi l’addome e i seni sento una fitta di dolore provenire da quello destro. Abbassando lo sguardo noto una chiazza violacea proprio sopra il capezzolo. Provo a pensare come possa essermi procurata un livido del genere quando l’immagine di me e Malfoy impegnati a succhiarci la faccia, e lui anche qualcos’altro a quanto pare, mi compare davanti agli occhi. Maledetto Furetto!

Irritata per il livido e per essermi ricordata dell’enorme sbaglio che stavo per fare la sera prima chiudo l’acqua ed esco dalla doccia avvolgendomi nel grosso telo rosso cremisi appeso al muro. Controvoglia mi guardo allo specchio leggendo nel mio stesso sguardo paura e stupidità. Paura di quello che posso arrivare a provare per una serpe come lui e stupidità per il desiderio con cui guardo il suo corpo ogni volta che lo incontro per i corridoi. Sospiro, < Credo proprio che ne vedremo delle belle > sussurrò alla me riflessa allo specchio. Rendendomi conto poi, che parlare da soli non è proprio quella che si definisce normalità, scuoto la testa per cacciare via i pensieri e con la bacchetta stretta in pugno comincio ad asciugarmi i capelli. Una volta completamente asciutti mi vesto e mi trucco, uscendo poi dal bagno nel quale si fionda la riccia.

< Ma quanto cavolo ci hai messo? > mi urla una volta dentro. < Scusa, mi sono persa nei pensieri > urlo di rimando. < Ultimamente ti perdi un po’ troppo spesso nei pensieri. Non sarà mica colpa del Furetto, vero? > domanda la rossa comodamente appollaiata su una poltroncina in pelle vicina alla finestra. < Certo che no > rispondo di getto < Centra più che altro il fatto di essere diventata la salvatrice del Mondo Magico e perciò una delle figure più in vista del momento. Ho paura di non esserne all’altezza > dico cercando di sembrare convincente.

A dire la verità questa è solo una delle ragioni che ultimamente mi spinge a chiudermi in me stessa, ma questo a Gin, non posso dirlo. È vero ho paura di non essere all’altezza del nuovo compito che senza volerlo mi è stato assegnato. Ho paura di non riuscire a soddisfare le aspettative di un intero mondo. Ho paura di crollare e non avere poi la forza di rialzarmi.

< Ehi > dice Gin alzandosi e avvicinandosi a me < Non devi avere paura. Cazzo Charlie, sei la ragazza più coraggiosa, generosa e dolce che ho mai conosciuto, hai sconfitto il Signore Oscuro due volte. Credo che nulla sia in grado di fermarti > Il tono con cui lo dice è così deciso che riesce a convincere anche me.

< Grazie Gin, non so cosa farei senza di voi > sussurro mentre l’abbraccio. < Tanti stupidi errori > risponde lei strappandomi una risata.

Quando la riccia esce dal gano ci trova ancora così, abbracciate come se le nostre braccia fossero l’unica cosa in grado di tenerci a galla in questa marea di pazzi. Silenziosa la sento avvicinarsi a noi due così, come se fosse la cosa più naturale del mondo, apro le braccia e anche la riccia si unisce al nostro abbraccio.

< Vi voglio bene > sussurro tenendo lo sguardo fisso a terra. < Anche noi ti vogliamo bene > dice la riccia per entrambe. < Bene, ora però è meglio smetterla o giuro che mi metterò a piangere > scherza la rossa sciogliendo l’abbraccio e dirigendosi verso il bagno finalmente libero dall’ingombrante presenza mia e di Herm. < Allora pronta per oggi? > mi domanda Hermione mentre si infila il suo mantello nero con lo stemma dei Grifondoro e recupera i libri lasciati dal comodino.

< Perché che succede oggi? > domando non capendo il significato nascosto nelle parole della riccia. < Beh non è oggi che comincia la tua punizione con il Furetto? > chiede lei voltandosi a guardarmi in faccia.

< Cazzo, me ne ero dimenticata > sbotto io andando a sedermi sul bordo del letto ancora disfatto. < Non credo di potercela fare > dico subito dopo nella più totale frustrazione. < Oh, andiamo Charlie che vuoi che sia > minimizza lei. < Vorrei vedere te costretta a dover passare tutti i pomeriggi dell’anno scolastico con una serpe come Malfoy > commento leggermente acida. < Beh lo sopporterei come faccio da sette anni a questa parte > afferma lei sorridendo. < E ora muoviti o faremo tardi alla lezione >

Alzandomi dal mio letto mi dirigo a passo funebre verso la porta che la riccia tiene gentilmente aperta per me e la supero uscendo sulla piccola rampa di scale a chiocciola del dormitorio femminile.

< Dai vedrai che andrà bene > cerca di consolarmi. < No Herm, sarà un vero disastro > replico io sconsolata.

< Allora belle fanciulle pronte per due soporifere ore di lezione con il professor Lumacorno? > La voce potente di Ron ci accoglie mentre varchiamo la soglia della Sala Comune già gremita di studenti di ogni anno, impegnati a copiare gli ultimi compiti o ad esercitarsi per una prova con voto.

< Cavolo, mi ero dimenticata che oggi abbiamo lezione con lui > dico lasciandomi cadere pesantemente su una poltroncina vuota.

< Dai non sarà così male > tenta di consolarmi Ron tirandomi per un braccio e facendomi alzare dal luogo che avevo scelto per morire.

< Si certo, tu non mangerai come una facocero a dieta all’ora di pranzo e la McGranitt deciderà di sollevarmi dalla punizione > dico con ironia pungente che provoca nei ragazzi intorno a noi uno scoppio di risa talmente alto da poter essere udito persino nei sotterranei.

< Ok, ammetto di essermela cercata > si arrende alla fine il rosso trascinandomi verso l’entrata del ritratto con Herm al seguito che ci guarda divertita. < Però cercavo solo di tirarti un po’ su di morale > aggiunge poi sfoderando quel suo sguardo da cucciolo indifeso.

< Lo so > dico io sorridendo e uscendo dal ritratto.

I corridoi sono gremiti di studenti che corrono come trottole impazzite da una parte all’altra della scuola, assonnati e stanchi per l’alzataccia. Sgomitando mi faccio largo tra la marea di studenti riuscendo a raggiungere le scale che portano al sesto piano percorrendone poi il corridoio dove la folla sembra aprirsi al mio passaggio. Gli sguardi degli altri studenti sembrano farmi una radiografia completa, esaminando nel dettaglio il mio abbigliamento, la mia pettinatura e la mia camminata. Posso distinguere le voci di ogni singolo studente perdersi per i soffitti a volta della scuola e sussurrare il mio nome come se stessero parlando di un qualche super eroe. Sento la pressione della mia storia gravarmi sulle spalle come un macigno di dieci quintali, ma poi mi guardo a destra e sinistra, riconosco i miei amici e tutto sembra perdere importanza. Fino a quando avrò loro accanto, pronti a sostenermi e proteggermi, nulla potrà scalfirmi. È con questa convinzione che percorro l’ultima rampa di scale immettendomi nei corridoi umidi dei sotterranei diretta all’aula di pozioni.

< Signorina Potter > Sento il professor Lumacorno urlare il mio nome dal fondo del corridoio e affrettare il passo per raggiungermi.

Ancora conscia di cosa sia l’educazione mi fermo attendendo che mi raggiunga per poi rispondergli sfoderando tutto lo charme di cui sono capace.

< Professor Lumacorno, come sta? > domando fingendo un sorriso di coinvolgimento. < Molto bene e lei? > domanda lui sorridendo di rimando. < Molto bene, grazie > rispondo bloccandomi per lasciarlo entrare in aula. < Dopo la lezione gradire si fermasse qualche istante > dice andandosi a posizionare dietro la sua cattedra su cui sono poggiati calderoni di peltro e ingredienti vari. < Certo, come vuole > rispondo io dirigendomi verso quello che ormai è diventata la mia postazione.

Vedo Seamus Finnigan avvicinarsi con il chiaro intento di sistemarsi nella postazione vuota accanto alla mia, quando un certo biondino di mia conoscenza, lo precede poggiando i suoi libri proprio accanto ai miei.

< Potter > saluta in tono gelido. < Malfoy > replico io allo stesso modo prima di piombare nel più totale silenzio.

< Bene ragazzi, oggi prepareremo della semplice Amortenzia in modo da recuperare un po’ di manualità > annuncia il professore camminando tra i vari banchi. < Lavorerete ognuno con il proprio compagno di banco > aggiunge rapido. < Buon lavoro a tutti >

< A quanto pare Potter ci troviamo ancora una volta a fare qualcosa in due, io e te > commenta sarcastico Malfoy. < Già Malfoy, un vero peccato, non trovi? > ribatto io usando lo stesso sarcastico. < Eccitante direi > replica lui iniziando a pesare 500gr di estratto di melograno in un piattino di ceramica. < Io direi più che altro disgustoso > rispondo pungente versando una fialetta di succo di violetta nel calderone.

< Dai gemiti che producevi non si direbbe > commenta maligno. Del tutto impreparata ad una risposta del genere mi faccio cogliere di sorpresa lasciandomi sfuggire di mano la boccetta che cadendo a terra si frantuma in mille pezzi. < Tutto a posto, Potter? > domanda il professore rivolgendo la sua attenzione su di me che nel frattempo sono diventata dello stesso colore dei capelli di Ron. < Em, certo tutto a posto > rispondo io piegandomi per raccogliere i cocci di vetro. < Sei un idiota Malfoy > commento tornando in posizione eretta. < No, sono solo sincero > chiarisce lui accendendo il fuoco sotto il calderone. < E a proposito di sincerità, osa umiliarmi in quel modo ancora una volta e giuro sulla mia vita che ti crucio > sussurra stringendomi il polso e facendomi male. < Su quale vita, Malfoy? > domando io sarcastica < La tua non vale più di un soldo bucato > aggiungo sprezzante.

< Non osare, Puttana > sbotta lui aumentando la stretta al mio polso.

Furiosa per l’appellativo con il quale ha osato nuovamente chiamarmi estraggo la bacchetta che ho nella tasca interna del mantello e ancora prima che possa pensare di fare altrettanto, lo schianto contro il muro sotto lo sguardo stupito dei miei compagni e quello terrorizzato del professore.

Lentamente mi avvicino al suo corpo accasciato sul pavimento e piegandomi per raggiungere la sua altezza gli sussurro in un orecchio con tutta la cattiveria di cui sono capace.

< Non osare chiamarmi in quel modo mai più >


 

Buongiorno a tutti!
Per fortuna oggi la scuola ha deciso di lasciarmi respirare un po' d'aria così eccomi qui a pubblicare il decimo capitolo di questa storia un po' così. Vorrei ringraziare Irine, per le sue critiche sempre dolci, la sua generosità in complimenti che non merito e l'entusiasmo che mette nel leggere queste stupide parole. Voglio ringraziare anche I Love_Malfoy per le sue tenere critiche. Ringrazio anche tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate. Senza di voi avrei chiuso i battenti da un bel po'. Tornando a noi comunque, direi che beh, questo è un capitolo un po' di transizione in cui non avvengono chissà quali grande cose però beh, non disperate nel prossimo ne vedremo delle belle. Spero di poter aggiornare presto! Alla prossima, Sybeoil!



 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Le regole, sono regole ***


 

Capitolo 11

 

 

 

 

< Signorina Potter! > Il professore mi chiama tentando di catturare la mia attenzione ancora tutta incentrata sulla figura di Malfoy spalmato sul pavimento, con i capelli arruffati e il suo bel completo firmato stropicciato. Credo che questa visione mi ripaghi di un bel po’ di torti subiti.

Sto per voltarmi e prestare attenzione a Lumacorno, il cui volto ricorda quello di Nick - quasi - senza - testa tanto è bianco, quando sento una voce avvelenata e distorta giungermi alle orecchie come il sibilo di un serpente. < Come hai osato > sputa il biondino tornato in piedi < Questa, me la paghi Potter > Detto questo, tira fuori la sua bacchetta e comincia ad urlare schiantesimi di ogni sorta. Ovviamente io li paro tutti e sto anche per rispondere all’attacco ricorrendo ad una delle Maledizioni Senza Perdono ( ovviamente proibite a scuola ) se non fosse per Herm che interviene sottraendo sia a me che a lui la bacchetta. E benché maghi di un certo livello, senza bacchette valiamo meno di un vecchio scarpone di Ron. < Ora basta! > strilla la mia amica con il volto in fiamme per la rabbia. < Si può sapere quale razza di problema avete voi due? > ci urla in faccia. < La guerra è finita, Voldemort è stato distrutto eppure voi due continuate ad odiarvi come il primo giorno >

La guardo sentendomi davvero uno schifo; non per quello che ho appena fatto a Malfoy, quel Furetto se lo meritava, ma più che altro per quello che ho fatto a lei. Vedo i suoi occhi nocciola riempirsi di lacrime di rabbia, il volto tendersi e arrossarsi per la furia con cui snocciola parole di rimprovero, e mi viene un immensa voglia di chiederle scusa promettendole che non lo farò mai più. Ma non lo faccio, non lo faccio perché so che non sarei in grado di mantenere la promessa.

< Tu stai zitta mezzosangue, non sai niente > latra secco Malfoy, guadagnandosi un occhiata truce dalla riccia, uno sguardo omicida da parte di Ron, e un bel cazzotto in faccia dalla sottoscritta.

So che non avrei dovuto farlo perché le brave ragazze non si mettono a menar le mani, ma che cazzo, quello stronzo ha appena chiamato mezzosangue la mia migliore amica. È il minimo che potessi fare!

< Come ti ho già ripetuto cento volte, non devi chiamarla in quel modo, perché fino a prova contraria Hermione è dieci volte più strega di quanto tu sarai mai mago > sussurro avvicinandomi al suo orecchio.

< Ora professore se non le dispiace vado nell’ufficio della preside > dico voltandomi in direzione di Lumacorno che, troppo sconvolto e sorpreso per la piega che gli eventi hanno preso, se ne rimane lì impalato a fissarmi mentre con passo elegante esco dalla classe dopo aver recuperato la mia bacchetta.

Mentre sono ancora sull‘uscio della porta sento Ron sussurrare ad Herm una delle sue solite frasi, che tante volte ci hanno fatto ridere in momenti dove le risate erano rare come i diamanti. < Miseriaccia, ma cosa le sta succedendo? >

< Non lo so > sento ammettere Herm prima di lasciare del tutto l’aula e sparire nei corridoi dei sotterranei.

Arrivata davanti all’ufficio della preside mi fermo tirando un grosso respiro, incanalando quanta più aria possibile nel petto, per lasciarla poi fuoriuscire in un solo getto che va a condensarsi nell’aria fredda di metà settembre. Consapevole della spietata ramanzina che mi toccherà subire nelle prossime due ore, mi avvicino alle due statue di Gargoyle pronunciando la parola segreta.

Questi riconosciutala si aprono per me mostrando una piccola scala a chioccola in metallo che mi appresto a salire velocemente. L’ambiente e come sempre caldo e bene illuminato. Delicatamente busso alla porta dell’ufficio aspettando che la voce severa della McGranitt mi dica di entrare. < Avanti > è infatti la sua risposta.

< Salve, preside > dico entrando e chiudendo la porta alle spalle.

< Potter > esclama sorpresa di vedermi < E’ successo qualcosa? > domanda allarmata. Molto probabilmente teme ancora un attacco da parte dei mangiamorte scampati alla cattura degli Auror.

< Oh, beh più o meno > rispondo io sorridendo sorniona e accomodandomi ad una delle due poltrone dall’alto scranno sistemate di fronte all’immensa scrivania ingombri di foglie penne d’oca.

< Cosa vorrebbe dire più o meno? > domanda con il suo solito tono da vecchia zitella. < Vuol dire che io e Malfoy ci siamo di nuovo battuti senza permesso e che per di più credo di avergli rotto il naso > snocciolo con tranquillità. Tranquilla però, non è il tono con cui definirei la sua reazione. Le labbra già tese in una sottile linea dritta e rigida, sembrano scomparire del tutto. Lo sguardo si fa severo e sgomento come solo poche altre volte l’ho visto. Le mani si posano sulla superficie liscia del legno con il palmo aperto mentre gli occhialini che normalmente porta sistemati sulla piccola gobba del naso, cadono giù fino alla punta.

< Come sarebbe a dire che crede di aver rotto il naso al Signor Malfoy? > domanda quasi non riuscendo a capacitarsi di una simile bravata da parte mia. Insomma, ormai avrebbe dovuto imparare a conoscermi, dovrebbe sapere che Charlie Potter è sempre in mezzo ai guai.

< Beh, preside, Malfoy ha osato chiamare Hermione mezzosangue > sbotto io indignata < Non potevo certo fargliela passare liscia > aggiungo come se non fosse già abbastanza ovvio.

< Lei, signorina, non ha nessun obbligo di prendere provvedimenti disciplinari, se così vogliamo definirli, nei confronti di uno studente > chiarisce nel tono più serio e indiscutibile che è in grado di produrre.

< Ma lui… > tento di obbiettare. < Ma niente > mi interrompe lei alzandosi e camminando verso il grosso camino in marmo. < Ho deciso che lei è il signorino Malfoy, dovrete trascorrere molto più tempo insieme > esordisce < Se non altro così imparerete a tollerare ognuno la presenza dell’atro > afferma sicura. < Non se ne parla nemmeno > sbotto io improvvisamente accalorata < Mi ha già costretto a doverci passare quattro pomeriggi della mia vita insieme, non intendo trascorrere altro tempo con lui in una stanza >

Lei si volta fissandomi intensamente per poi sussurrare a malapena che la sua decisione non è discutibile. < Mi dispiace signorina Potter, ma le mie regole sono legge. D’ora in avanti lei e il signor Malfoy, trascorrerete tutto il vostro tempo disponibile insieme, nei rispettivi dormitori. Se non lo farete lo verrò a sapere, e può starne certa, ci saranno conseguenze gravi > termina in tono grave. < Ora può andare > dice tornando a fissare il fuoco che scoppietta allegro nel focolare come a volersi prendere gioco di me e della crudele sorte che mi è toccata. < Passi dal signorino Malfoy in infermeria > aggiunge quando sono ormai sulla porta.

< Certo > mormoro uscendo.

< Sempre per colpa di quel maledetto Furetto. Lo odio! >

Mentre sto camminando e bestemmiando contro un biondino dall’aria boriosa, qualcosa di grosso, duro e peloso mi si schianta addosso. Alzo la testa di scatto ritrovandomi un paio di occhi blu cobalto e un ghigno da serpe a pochi centimetri dal viso. < Potter > saluta Zabini in un tono che assomiglia in modo sconcertante a quello di Malfoy. < Guarda dove vai, Zabini > replico io acida. < Uhh, acidella la signorina > esclama lui con sarcasmo < Che succede, sei in quel periodo e hai la Luna girata? > domanda sempre con quel fastidioso ghigno sulla faccia. < No Zabini, ma se non la pianti e sparisci all’istante giuro che ti Crucio > replico io sorridendo perfida. < Non mi fai paura Potter, e comunque volevo parlarti > risponde lui.

Ok, no fermi tutti. Una serpe doc come Blaise Zabini, bello e dannato, osannato da quasi tutta la fauna femminile di Hogwarts, noto avversario dei Grifondoro vuole parlare con me?

Ok, sicuramente si tratta di uno scherzo. < Certo Zabini e magari lo facciamo anche davanti ad un paio di bicchieri di burro birra > esclamo io ridendo. < Dico sul serio Potter, si tratta di Malfoy > aggiunge lui serio. < Spara > dico una volta vinta dalla curiosità.

< Quindi mi stai dicendo che il Furetto non pensa veramente tutto ciò che mi dice? > chiedo io per essere sicura di aver capito bene le sue parole.

< Esatto > conferma lui con grossi e lenti movimenti del capo su cui sfoggia una folgorante chioma ramata. < Certo Zabini, e Voldermort amava i cuccioli di labrador > ironizzo io. < Non ci credo, Malfoy è una serpe e mi odia, quindi per me rimane un idiota >

Detto questo mi volto e riprendo a camminare mentre penso a ciò che Zabini mi ha appena detto, sperando in fondo, che qualcosa di vero ci sia.

< Vedremo poi se mi sbagliavo > mi urla prima di riprendere anche lui il su cammino.

< Certo Zabini, certo > mormoro io sorridendo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Il patto ***


 

Capitolo 12

 

 

 

 

< Ok, questo è stato il peggior mese della mia vita > urlo entrando in camera mia e sbattendo i libri sul pavimento con tanta rabbia che temo possano rompersi. < Ops, ehm scusatemi > dico notando Ron ed Herm impegnati a succhiarsi la faccia a vicenda. Cavolo ma proprio adesso dovevano divertirsi? E per di più in camera mia.

< Ehm, non preoccuparti Charlie > dice la riccia con le guance in fiamme. < No, no, anzi scusate tolgo il disturbo > detto questo faccio dietro front ed esco dalla stanza incamminandomi lungo la scala a chiocciola del dormitorio senza una meta precisa.

Arrivando in sala comune penso di sistemarmi sul divanetto davanti al fuoco ma poi, notando la quantità eccessiva di studenti che popolano la sala in questo momento, opto per uscire ed andare a sedermi sotto un albero in giardino nonostante il freddo.

Facendo lo slalom tra fuochi d’artificio incantati e incantesimi lanciati all’aria per allenarsi, imbocco il tunnel del ritratto ed esco sul pianerottolo della torre su cui si trova il nostro dormitorio.

Ricordandomi poi di non aver preso nemmeno un golf per ripararmi dal freddo pungente di ottobre, faccio un incantesimo di appello ed ecco spuntare al mio fianco il bel cappotto nero, visto che ci sono appello anche il mio manico di scopa con cui mi lancio fuori dalla finestra della torre del settimo piano per planare poi dolcemente sul prato curato del giardino di Hogwarts. Come sospettavo è quasi deserto a parte qualche ragazzino del primo anno che gioca a non so cosa, ci sono solo io. Con il manico di scopa stretto in mano vado ad accomodarmi sotto le fronde ormai quasi vuote del più grosso albero di tutto il parco sedendomi e chiudendo gli occhi per trovare la pace.

Pace che ovviamente non sembra volermi venire a trovare, dato che non appena le palpebre si posano sugli occhi, l’immagine del Marchio Nero stampato a fuoco su un prato di Londra mi invade la mente. Apro gli occhi di colpo, sollevandomi in piedi, con lo sguardo terrorizzato e le mani tremanti. Sotto gli archi del castello vedo la figura nera di Draco intenta a guardarmi per capire cosa sia successo. Io cercando di nascondere il tremito delle mani e la paura negli occhi, lo guardo notando quanto sia dannatamente bello.

Dopo il nostro “piccolo” litigio devo ammettere che è migliorato. Adesso evita di darmi appellativi troppo crudeli, non mi stuzzica più come faceva un tempo anche se naturalmente ogni tanto continua ad insultarmi.

Continuando a fissare il luogo in cui prima era fermo lo vedo avvicinarsi al mio albero con grandi falcate, colmando in pochi istanti la distanza che ci separava.

< Che succede? > domanda notando il terrore nei miei occhi.

< Niente > rispondo io nascondendo il viso. Lui, molto dolcemente (cosa che non avrei mai detto) mi prende il mento tra le dita e lo gira in modo da avere il suo sguardo fisso nel mio. In quel momento, come se tutto ciò fosse la cosa più naturale del mondo, la più giusta mi appoggio al suo ampio petto lasciando che questo accolga le mie lacrime.

Inizialmente sorpreso dal mio gesto rimane con le mani sospese a mezz’aria, ma notando la mia intenzione a rimanere in quella posizione, le poggia sulla mie schiena stringendomi a lui e accarezzandomi i capelli. Rimaniamo così per quasi venti minuti, sotto i rami quasi del tutto spogli del grande albero, e gli sguardi stupiti di alcuni ragazzini del primo anno. Quando le mie lacrime si sono esaurite, mi stacco dal suo caldo abbraccio, ringraziandolo e tornando ad afferrare il mio manico di scopa decisa a tornarmene sulla torre.

< Che fai? > mi chiede. < Ti lascio andare> rispondo con ovvietà.

< Sicuramente il Principe delle Serpi avrà di meglio da fare che consolare me > aggiungo con una punta di sarcasmo.

< Non dire cazzate, vieni andiamo via > E così dicendo mi prende la mano conducendomi all’interno del castello e poi giù nei sotterranei.

< Dove mi stai portando Malfoy? > domando non capendo cosa diavolo ci facciamo lì. < Seguimi > dice soltanto.

La vocina saggia della mia mente mi dice di non fidarmi e tirare fuori la bacchetta per essere pronta ad ogni evenienza, mentre l’altra, quella idiota, mi suggerisce di fidarmi di lui almeno per una volta.

Come una vera stupida do retta alla vocina idiota lasciandomi condurre da Malfoy lungo i sotterranei.

Giunti davanti ad un immenso ritratto di un gigantesco serpente ci blocchiamo che dopo aver sussurrato qualcosa di poco comprensibile si apre per lasciarci passare.

Quindi è qui che voleva portarmi? Nel covo delle Serpi? Lo sapevo che avrei fatto meglio a dare retta alla vocina saggia.

< Malfoy che scherzo è questo? > domando staccando la mia mano dalla sua. < Sbaglio o la McGranitti aveva detto di passare del tempo extra insieme? Bene questa è la mia idea > dice lui ghignando.

< Giuro che ti schianto > ribatto io prendendo coraggio e superandolo.

Come la mia testa corvina sbuca fuori dal tunnel del ritratto vedo diverse teste voltarsi nella mia direzione spalancando la bocca.

Quando poi anche il resto del mio corpo esce fuori ecco che si scatena l’inferno. Una serie di ragazzine del prima anno comincia a strepitare come una massa di galline urlanti. Un gruppo di ragazzi comincia a darsi gomitate indicando la sottoscritta e poi sorridendo crudeli ed infine, la classe regnante del dormitorio, mi fissa ghignando. Tutti tranne Pansy e Millicent.

Quelle due non mi hanno mai potuto digerire, non che la cosa sa diversa da parte mia, ma per lo meno io sono in grado di nasconderlo. Ancora peggio quando dietro di me spunta la testa platinata di Malfoy.

Le ragazzine di prima tacciono all’improvviso lanciandomi sguardi omicidi, i ragazzi assottigliano lo sguardo spalancando la bocca e Pansy sbotta.

< Che cazzo ci fai TU con LEI? > domanda alzandosi in piedi e sguainando la bacchetta.

< Che cazzo te ne frega a te? > replica lui mantenendo il tono più calmo che ho mai sentito. Non crederete che io in tutto questo sia rimasta ferma come una deficiente. Ovviamente non appena ho visto la mano di Pansy avvicinarsi all’impugnatura della bacchetta anche io ho sguainato la mia.

< Lei non deve stare qui > sbotta urlando. < E chi me lo viete? TU? > rispondo io sorridendo scettica. < No > risponde lei in un ghigno che le distorce l’intero viso < Ma questo >

Prima ancora che potesse anche solo pensare ad un incantesimo io pronuncio un sonoro Expelliarmus facendole volare via la bacchetta che atterra elegantemente nelle mie mani.

La sua espressione si fa, se possibile, ancora più furiosa. Gli occhi le sembrano fuoriuscire dalle orbite e la bocca si spalanca oltre i limiti del possibile. < Come hai osato! > tuona con quella sua voce stridula.

< Sorpresa? > domando tenendo lo sguardo fisso sulla sua figura pietrificata. < E tu non pensarci nemmeno > mormoro in direzione di Millicent che sembra molto intenzionata a staccarmi la testa dal collo.

< Bene, ora che le presentazioni sono state fatte direi che possiamo accomodarci > interviene Draco avanzando per la sala comune dei serpeverde. Restituendo la bacchetta a Pansy mi faccio largo tra la folla di spettatori e mi vado ad accomodare accanto a Zabini che sorridendo divertito mi saluta.

< Potter > dice facendo un cenno con la testa. < Zabini > replico io.

< Sai, credo che il Cappello Parlante abbia commessa un grave errore a smistarti in Grifondoro. Saresti stata una serpe fantastica > commenta passandomi un braccio dietro le spalle.

< Vieni Millicent qui c’è puzza di mezzosangue > dice Pansy in direzione mia. < Cosa hai detto scusa? > domando mentre la rabbia comincia a montare. < Che qui c’è puzza di mezzosangue, sei sorda Sfregiata? > ripete lei voltandosi verso di me come se stesse posando per un servizio fotografico. < Per niente, anzi credo proprio di aver sentito un’oca giuliva parlare > replico io pungente. Evidentemente la mia battuta deve essere piaciuta ai serpeverde presenti in sala perché alle spalle sento parecchie persone trattenere a stento le risate. La povera Pansy, nel frattempo, non sapendo come rispondere se ne va sculettando in quella sua minigonna ristretta di due taglie.

< Come mi mancavano questi cari battibecchi > mormoro sistemandomi meglio sul divanetto. < Anche a noi > afferma Zabini sogghignando.

< Allora Potter, cosa ti porta a sette piani di distanza? > domanda poi.

< Il tuo caro amico qui presente > rispondo indicando un Malfoy intento a sorseggiare champagne. < Oh capisco > fa solo Zabini alzandosi poi e dirigendosi verso un gruppetto di ragazzine che alla sua vista aveva cominciato a fremere e ridacchiare. Bleah, patetico!

< Ora intendi dirmi cosa è successo fuori? > domanda Draco una volta rimasti soli. < No > rispondo io tassativa. < Oh, avanti Potter, sembrava che avessi appena visto il Signore Oscuro torturare un cucciolo di foca > dice con tono di scherno.

< Ok, d’accordo > accondiscende lui < Dato che ho da finire alcuni compiti di pozioni e qui farlo è impossibile, che ne dici se ci spostiamo nella stanza mia e di Blaise? > domanda fissando i suoi magnetici occhi tempesta in quelli miei. Non avendo nessuna voglia di rimanermene da sola nella sala comune delle serpi, lo seguo di malavoglia fino ad arrivare alla stanza numero 3. Molto galantemente, cosa che non mi sarei mai aspettata, apre la porta lasciando accomodare me per prima. Un po’ intimidita, non da Malfoy sia chiaro ma da ciò che potrebbe accadere rimanendo soli, entro nella stanza rimanendone piacevolmente colpita. Proprio come in quella mia di Herm e di Gin, anche qui sono sistemati tre piccoli letti a baldacchino con le grandi coperte di lana nelle tinte del verde e dell’argento. I colori della loro casa. L’ambiente è decisamente più lussuoso di quello dei Grifondoro, infatti dove noi abbiamo una stufa a legna di medie dimensioni, loro hanno un enorme camino con tanto di fuoco acceso. Le nostre poltrone un po’ consunte qui sono sostituite da cinque poltrone degne di un re, in pelle di drago e con fini disegni argentei incisi su a decorarle.

< Però > esclamo voltandomi per fissarlo < Voi serpi non vi fate mancare proprio niente >

Lui mi guarda e ghigna. Quel suo ghigno talmente sexy che sarebbe in grado di far eccitare anche una monaca di clausura. Ovviamente non faccio trasparire nemmeno uno di questi pensieri, ma a quanto pare per Malfoy leggermi dentro, è facile come bere un bicchier d’acqua. Avvicinandosi a me con lentezza innaturale alza la mano destra posandola sulla mia guancia, le lunghe dita affusolate, sono gelide al contatto con la mia pelle calda. Una sensazione piacevole che mi fa socchiudere gli occhi per un istante.

< Malfoy? > domando facendo qualche piccolo passo indietro.

< Shh > sussurra lui coprendo la distanza che ho messo tra noi. < Andrà tutto bene > sussurra passando a mordicchiarmi sensualmente l’orecchio.

< Malfoy ti stai rendendo conto di cosa stai facendo? > domando mentre raccogliendo tutto l’autocontrollo di cui sono capace lo sospingo lontano da me. < Sì > risponde lui con voce roca. < Bene, visto che lo sai allora mettiamo in chiaro qualche piccola regola > dico io andando a prendere una pergamena dal suo cassetto e incantando l’elegante piuma che vi trovo adagiata sopra affinché scriva ciò che dico.

< E’ inutile negare l’attrazione che c’è tra noi, perciò tanto meglio renderla pubblica e superarla, determinando delle regole da seguire. Se continueremo a resistere a questa tentazione finiremo per rovinarci l’esistenza, perciò io consiglio di stipulare un patto >

Senza rendermene conto mi sono fatta prendere dall’eccitazione di ciò che la mia mente perversa ha partorito come piano per farmi finalmente avere Draco che non mi rendo conto di camminare su e giù per la stanza con tanto di penna e pergamena al seguito, come una vecchia giornalista.

< Interessante > mormora Draco accomodandosi su una delle poltrone.

< Vai pure avanti, sono tutto orecchie > aggiunge sorridendo malizioso.

< Bene, io consiglio una terapia d’urto che ora vado ad esplicare. Dunque, l’unico modo che abbiamo per resistere a questi impulsi, è cedervi perciò è proprio ciò che faremo >

Le sopraciglia bionde di Malfoy si sollevano esprimendo al meglio i dubbi e l’interrogati che sicuramente stanno assillando la mente del biondo.

< Propongo perciò di fare sesso, Malfoy. Così facendo questa fastidiosa tentazione cesserà di esistere e noi potremmo condurre le nostre vite come sempre, odiandoci e disprezzandoci > Concludo il mio discorso sorridendo entusiasta. < Quindi stai proponendo di diventare delle specie di “amici di letto”? > domanda con quel suo solito tono atono, privo di qualsiasi inflessione. < Esatto, però come detto prima ci saranno delle regole > specifico. < Punto primo: è consentito avere altri partner. Punto secondo: mai rivelare questo segreto ad anima viva, dovrà rimanere una cosa tra me e te. Punto terzo: se uno dei due è colto da improvvisa voglia basta che invii un Patronus all’altro e questo cercherà di raggiungerlo in tempi brevi per quanto gli è possibile. Quarto e ultimo punto: mai, e dico mai, innamorarsi del proprio amico di letto. Tutto chiaro Malfoy? > domando non molto convinta che il biondo abbia afferrato ciò che ho appena detto. < Cristallino come l’acqua, ora che ne dici di passare alla parte pratica? > domanda alzandosi dalla poltrona e raggiungendomi al centro della stanza. < Sono d’accordo. Questo piccolo accordo lo terrò con me > dico prima che sia troppo vicino. < Devo fartelo firmare o posso fidarmi? > domando scoccandogli un occhiata maliziosa.

< Fidati > mormora lui sollevandomi da terra e portandomi vicino a quello che immagino sia il suo letto e sui cui mi fa delicatamente atterrare.

Il resto lo potete immaginare.






Angolo autrice:
Un magico benvenuto a tutti coloro che seguono la storia. Vorrei ringraziare Irine per le sue dolci e troppo buone critiche e I Love Malfoy che non si perde un solo capitolo. Un grosso, grossimo grazie va anche a tutti coloro che seguono questa FF in silenzio.
Tornando alla storia mi scuso se per caso ho causato delusioni riguardo la trama di questo capitolo dove ho deliberatamente tralasciato la loro prima giornata di punizione per dedicarmi alla scoperta di qualcosa di molto più succulento. Da questo momento in poi la vita della nostra Charlie si farà davvero complicata, tra i compiti che sembrano non lasciarle un solo attimo di pace, Malfoy il cui desiderio anziché sciamare aumenta e il ritorno inaspettato di qualcuno che mai si sarebbe aspettata.
Rimanete con me e scoprite la complicata vita di Charlotto Lily Potter.
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Dove immaginavo ci fosse un buco, si nasconde un cuore! ***


 

Capitolo 13

 

 

 

Ormai ottobre è quasi finito. Il freddo prima solo accennato comincia a far sentire la sua gelida morsa spezzando il respiro di quei pochi che come me, si avventurano per il parco di Hogwarts ormai completamente privo di foglie. Persino il Platano Picchiatore se ne sta tranquillo con i suoi rami spogli a lasciarsi spazzare dal vento freddo.

Il tempo sta cambiando e con lui anche io. Non so esattamente per quale stupida ragione eppure sento che sto cambiando. Sto mutando gradevolmente verso qualcuno che mi è sconosciuto. Ormai è quasi un mese che il mio folle e insensato rapporto con Malfoy va avanti, retto solo dalla lussuria e dal desiderio che sembra colpirmi a tradimento. Non che per lui non sia la stessa cosa, ma nel mio caso lo vedo come un affronto personale. Sono sempre stata soggetta ai forti sentimenti e tante volte questi hanno rischiato di farmi perdere l’osso del collo, ma in questo caso è diverso. In questo caso avverto la furibonda lotta che imperversa dentro di me. Sento il cuore battersi per liberarsi dalle catene in cui la mia mente saggia e razionale lo ha costretto e quando ci riesce, ecco che ho bisogno di lui. Non è una cosa sana, non è una cosa naturale. Io sono una Grifondoro o meglio la Regina Grifondoro, come tanti amano chiamarmi e lui, beh lui è il Principe delle Serpi. Quando mai si è vista un unione più stramba di questa? Badate bene però che con questo non intendo dire che Malfoy è il ragazzo con il quale vado a Hogsmade o mi lancio bacini per i corridoi, niente affatto. Lui rimane il mio amico di letto al quale però non riesco a smettere di pensare. Ed è proprio a lui, a quel Furetto ossigenato, che penso mentre salgo i gradini che portano ai corridoi di Hogwarts scontrandomi con qualcosa di tremendamente profumato e duro. Sto per alzare la testa e chiedere scusa quando mi accorgo dello stemma verde-argento che troneggia sul suo petto e decido di tenere la bocca chiusa.

Un paio di occhi di un intenso color nocciola accompagnati da un ghigno che ormai ho imparato ha conoscere e che appartiene a tutti i Serpeverde mi fissano maliziosi.

< Togliti di mezzo Cole > latro secca. Non ho voglia di litigare, perciò gli conviene levarsi subito di mezzo.

< Come siamo scontrose oggi > mormora lui spostandosi dal lato nel quale cercavo di infilarmi per andarmene. < Non è giornata, levati di mezzo > ripeto con cattiveria crescente. < Cosa c’è, oggi la puttanella di Draco non è stata soddisfatta? > domanda con un ghigno strafottente stampato su quel viso da schiaffi. < Se vuoi posso darti una mano > aggiunge avvicinando una sua mano al mio fianco.

Con un colpo secco gliela levo immediatamente e cerco la bacchetta che ho messo nella tasca del mantello. < E dai solo un assaggino > continua lui avvinandosi sempre più.

La bacchetta sembra essere sparita, inghiottita dalle pieghe del mio mantello. Se non la trovo immediatamente ho ben poche speranze di riuscire a tenerlo lontano. Lui è alto quasi uno e novanta e io sono a malapena uno e sessantacinque. Lui è muscoloso, io gracile e magra. Lui è un uomo ed io una donna.

< Cole ti avverto, non è giornata, levati di mezzo > ringhio.

< Avanti non puoi negarmi un assaggino > ribatte lui prendendomi i polsi e serrandomeli in una presa d’acciaio che mi riporta con la mente al giorno del ritorno di Voldemort. Anche in quel caso mi sentivo impotente, legata contro la fredda lapide di suo padre, incapace di fare alcunché. Mi guardo in giro disperata, sperando di scorgere qualche anima che abbia deciso di farsi un giro per il parco di Hogwarts, ma naturalmente intorno a me è il deserto.

Sento la sua viscida mano scivolare sotto il mantello e poggiarsi sul maglioncino che alza con estrema facilità insinuandosi lungo le pieghe delle mia carne. Le punte fredde delle dita mi provocano piccoli brividi che lui deve scambiare per brividi di piacere perché mi lancia uno sguardo carico di malizia e lascivia che lascia scorrere per tutto il corpo.

< Cole, brutto bastardo, lasciami andare > urlo senza più alcun ritegno.

< Oh, su non fare i capricci. Ti piacerà > dice lui avanzando con la mano fino a raggiungere il bordo del mio reggiseno di pizzo e prendendo ad accarezzarlo.

Ormai sono completamente terrorizzata. < Cole, lasciami andare > urlo tentando di divincolarmi dalla sua presa che però si fa più forte ad ogni mio strattone.

< Shh, stai buona > sussurra spingendomi con rabbia contro una colonna del parco e tirando fuori la sua bacchetta per bloccarmi le mani in alto sopra la mia testa.

È in questo istante che mi rendo di quello che accadrà tra poco. Sto per essere violentata e non posso fare nulla per difendermi, perché la mia bacchetta sembra essere stata divorata dal mio stesso mantello, ho la testa piena solo dell’immagine di Voldemort, e sono stata così stupida da tagliare per il giardino.

Senza tanti preamboli mi sbottona la camicetta leggera assumendo l’espressione di un pazzo. Decisa, nonostante tutto a non arrendermi, comincio a scalciare nel tentativo di tenerlo lontano. Lui però è più furbo di me perché, afferrata la bacchetta, la punta alle mie gambe che ormai fuori dal mio controllo si aprono e si sollevano all’altezza del suo bacino nel quale si può notare un rigonfiamento.

< Cole, brutto stronzo lasciami andare > urlo con tutto il fiato che ho in gola. La mia voce però si perde nell’aria gelida di fine ottobre sparendo in lontananza come un eco sinistro. Troppo impegnato nel tentativo di sbottonarmi il reggiseno non si accorge del soffice rumore di passi che calpestano l’erba ghiacciata.

Questo per me è il suono della salvezza.

In lontananza una chioma bionda spunta da dietro un albero camminando con testa alta e petto in fuori. Sul suo mantello spicca la spilla

verde-argento che lo colloca nella casata dei Serpeverde ma non importa. Non mi importa perché l’ho riconosciuto e so che per quanto stronzo possa essere, odia che qualcuno si prenda ciò che gli appartiene. Non che io sia di sua proprietà, ma era per rendere l’idea.

Lentamente solleva la testa guardando distrattamente davanti a se, quando sente i suoni gutturali emessi dal porco di Cole e allora si gira verso di noi.

I suoi occhi di solito freddi e inespressivi si accendono di una cieca furia che poche volte ho visto in un essere umano. Lasciando cadere la sua costosissima borsa di pelle di drago corre nella nostra direzione e senza badare al vestito di marca o alle scarpe italiane si scaraventa su Cole afferrandolo per il colletto e togliendomelo di dosso.

I due si avvinghiano in una lotta degna dei migliori wrestler del mondo Babbano, mandando a puttane tutti codici che regolano gli scontri tra maghi. Un sonoro crac mi fa capire che uno dei due si è rotto il naso ad opera dell’altro, e contro ogni previsione mi trovo a sperare che non sia Malfoy. Dopo una decina di minuti nei quali si sono susseguiti pugni, calci e insulti, Malfoy si alza ed estrae la bacchetta puntandola senza cerimonie su Cole che giace rannicchiato in posizione fetale sul terreno gelato.

L’espressione del biondo è talmente furiosa che temo possa usare una delle tre Maledizioni Senza Perdono.

< Draco no > urlo sperando che la mia voce lo distragga dal suo intento.

< Perché no? > mi chiede con rabbia. < Perché no? Ha cercato di violentarti > urla. < Perché non servirebbe a nulla. Ti cacceresti solo nei guai > rispondo io in tono dolce.

Il suo sguardo accecato dalla rabbia si addolcisce leggermente, almeno quel tanto da convincerlo a non usare maledizioni su Cole.

< Liberami > sussurro senza distogliere il mio sguardo dal suo viso accalorato dalla lotta. A passi incerti mi si avvicina e puntandomi la bacchetta alle mani e poi alle gambe sussurra < Finite incantatem > ed io mi affloscio al suolo. Molto cavallerescamente mi aiuta a sollevarmi passandosi un mio braccio intorno alle spalle e aiutandomi a camminare. Notando però come le mie gambe siano malferme e le mie mani tremanti mi afferra da sotto il ginocchio e mi solleva da terra. Mi ritrovo così in braccio al Principe delle Serpi che marcia a passo spedito per i corridoi di Hogwarts.

Avvicinandoci alla rampa di scale che porta ai sotterranei incontriamo un folto gruppo di studenti di Tassorosso che al nostro passaggio si ammutoliscono fissandoci sconvolti. Malfoy fa finta di nulla, cercando di ignorare gli sguardi stupidi e sconvolti degli altri studenti, marciando imperterrito ma io non posso fare a meno di notare il muscolo della mascella contrarsi.

< Puoi lasciarmi camminare se vuoi > sussurro. < Non dire sciocchezze > risponde mantenendo lo sguardo fisso davanti a lui. < Grazie > mormoro arrossendo.

Arrivati davanti al ritratto che fa da porta al dormitorio dei Serpeverde Malfoy sussurra una strana parola che non riesco ad afferrare, e questo si apre rivelando un apertura ad altezza uomo che lui imbocca.

Leggermente accalorati sbuchiamo nell’immensa e lussuosissima Sala Comune Serpeverde, dove gruppetti di ragazzini acidi e altezzosi sono sparsi per la stanza.

< Puoi anche mettermi giù adesso > mormoro non sentendomi affatto sicura. Dopotutto mi trovo nel covo del nemico ed è sempre meglio essere pronti a qualsiasi evenienza. < Come vuoi > risponde lui adagiandomi sul pavimento coperto da morbida moquet verde smeraldo. Dopo che tutta la sala si è accorta della mia presenza cala il silenzio, rotto soltanto dal respiro dei presenti, e dal cicaleccio di alcune ragazzine del primo anno. Un gruppo di ragazzi del sesto anno si avvicinano a noi impugnando le bacchette con il chiaro tentativo di puntarmela contro.

Malfoy a quanto pare però, ha capito il loro gioco, perché in un nanosecondo estrae la sua e la punta contro tutti quelli che si stanno avvicinando. < Se qualcuno ha problemi con lei può andarsene > dice gelido. < Subito > aggiunge notando che nessuno si muove.

Le loro bacchette sono ancora puntate su di noi, e su di me in particolare, quando una figura familiare si alza dal puff sul quale era comodamente seduto davanti al fuoco e si avvicina. Lo riconosco, è Blaise Zabini, unico vero amico del Furetto.

< Avete sentito? > domanda ai tizi del sesto estraendo che lui la sua bacchetta. < Lei non dovrebbe stare qui > abbaia uno di loro con coraggio. < E questo chi lo dice? > chiede Draco con un ghigno. < Tu? > aggiunge sprezzante. < Tutti noi > risponde quello indicando la sala.

< Beh di a tutti loro, che non me ne frega un cazzo e ora fuori dai coglioni > sbotta Malfoy. Notando il lampo omicida che attraversa lo sguardo del biondo, decidono molto saggiamente, di abbandonare lo scontro e uscire dal dormitorio.

< Cosa è successo? > sento chiedere a Blaise. < Ti spiego poi > risponde Maloy asciutto.

Rivolgendosi poi a me, con una dolcezza sconvolgente, mi invita ad andare in camera sua. In silenzio lo seguo fino alla porta numero 3 che apre per me. Istintivamente mi dirigo verso il suo letto, che nel mese precedente ho imparato a conoscere così bene, e mi ci lascio cadere sopra. Lui mi segue chiudendosi la porta alle spalle e accomodandosi al mio fianco.

Rimaniamo così, in silenzio per qualche istante, poi parla.

< Perché non ti sei difesa? > mi chiede senza alzare lo sguardo dalle mie mani ancora leggermente tremanti. < Non trovavo la bacchetta > ammetto con vergogna. < Capisco > dice solo. < Vuoi che ti accompagno nel tuo dormitorio? > chiede alzando finalmente lo sguardo e puntandolo nel mio.

< No > sussurro < Posso rimanere qui a dormire? > chiedo d’impulso.

Lui mi guarda ghignando e poi risponde. < Certo, puoi restare quanto vuoi > dice alzandosi e dirigendosi verso l’armadio da cui estrae una maglietta nera a maniche corte che mi lancia.

< Cosa dovrei farci con questa? > domando con aria accigliata.

< Metterla > suggerisce lui. < Per dormirci > chiarisce poi notando il mio sguardo confuso. < Ohh > faccio io arrossendo.

Qualche minuto dopo siamo entrambi sotto le coperte, lui in boxer ed io in maglietta e mutande. Non so per quale stupida ragione ma questo letto mi è sempre piaciuto. Sarà forse perché è il suo di letto ma rimane il fatto che amo stare sdraiata sotto queste coperte.

Sospirando mi accoccolo al suo fianco poggiando la testa sul suo petto, sorprendendomi di quanto forte e chiaro si senta il battito del suo cuore.

Sorrido pensando a quante volte l’ho immaginato con un buco nel posto in cui ci sarebbe dovuto essere il cuore.

< Grazie > dico alzando lo sguardo verso il viso. < Non devi ringraziarmi Principessa > sussurra lui baciandomi la fronte.

< Grazie lo stesso > ripeto sospirando e chiudendo gli occhi.

Le sue dita sottili si insinuano nel miei capelli tracciando piccoli spirali che mi conducono verso le braccia di Morfeo.

 

 

Angolo autrice:
Bentornati cari Potteriani! Voglio ringraziare Irine e I Love_Malfoy per le loro splendide recensioni e per i loro continui complimenti. Un grossissimo ringraziamento va anche a tutti coloro che leggono in silenzio! Senza di voi non sarei qui.
Tornando alla storia, direi che possiamo commentare questo piccolo capitolo. Come potete vedere, anche le persone più forti tante volte non riescono a difendersi e hanno bisogno di una mano. In questo caso la nostra piccola Charlie se la deve vedere con un Serpeverde davvero poco educato, ma per fortuna il nostro SuperDraco sarà lì per difenderla. Le cose tra i due si stanno evolvendo e presto ne accadranno delle belle.
Mi scuso per il ritardo ma la scuola sa essere una gran guasta feste!
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Non essere idiota Malfoy, ti sospenderebbero! ***


 

Capitolo 14

 

 

Avviso ai lettori: d’ora in poi la storia non sarà più raccontata dal punto di vista di Charlie ma attraverso l’utilizzo di un Narratore Esterno che potrà meglio descrivere le sensazioni, i luoghi e le storie dei protagonisti.

 

 

 

Ormai doveva essere sveglio da quasi mezz’ora eppure quella strana sensazione di bruciore alla bocca dello stomaco faticava ad abbandonarlo. Era da quando aveva visto il perfetto corpo di Charlie violato da quelle manacce di Cole che faticava a tranquillizzarsi. La notte l’aveva passata in uno stato di dormiveglia costante, a cui si alternavano momenti di cieca furia che era riuscito a contenere solo guardando il viso profondamente addormentato della ragazza al suo fianco.

Non sapeva per quale strana e insensata ragione eppure quando era con lei, anche in quei momenti che credeva essere solo sesso, si sentiva diverso. Migliore quasi. Quando guardava i suoi occhi mentre facevano l’amore amandosi sotto il calore delle coperte verde-argento del suo letto a baldacchino, gli sembrava quasi che il Marchio Nero non fosse poi un fardello così pesante. Un leggero rumore di passi soffocati dalla spessa

moquet verde scuro catturò l’attenzione di Draco che tentò di sollevarsi a sedere senza però svegliare la ragazza che giaceva addormentata accanto a lui con il viso premuto sul suo petto nudo.

< Blaise, sei tu? > domandò con voce bassa. < Sì amico > rispose quello andando a sedersi sul suo letto ancora intatto.

< Dove hai dormito stanotte? > chiese il biondo con noncuranza.

< In camera da Pansy > rispose quello con altrettanta noncuranza. Sentendo le parole di Blaise, Draco ebbe un sussulto e la ragazza ancora accoccolata al suo fianco si mosse infastidita emettendo sordi mugolii.

Un tempo la ragazza con il caschetto nero e le guance esangui era stata la sua amante. L’unica che avesse tenuto per più di una settimana. L’unica che fosse mai riuscita a fargli provare vero piacere. Beh almeno fino a quel momento.

< E cosa hai fatto da Pansy? > chiese Draco con un po’ più di curiosità nella voce di quanto avesse voluto. < Dormito > rispose l’amico ghignando divertito. < Insomma sei geloso se passo la notte in camera da Pansy mentre tu ti scopi allegramente la Potter? > chiese poi.

< Non sono geloso > rispose il biondo piccato < E’ solo che tu non l’hai mai sopportata e quindi… > lasciò la frase in sospeso.

< Hai ragione ma tu hai chiuso la porta a chiave e per quanto le poltrone della Sala Comune possano essere comode preferisco un letto > precisò l’amico alzandosi per dirigersi in bagno.

Poco prima di aprire la porta e sparire dentro la piccola stanza rivestita di piastrelle bianche si voltò verso il biondo che ora accarezzava la testa della ragazza con occhi socchiusi.

< A proposito > esordì con un ghigno divertito < Cole è già in Sala Comune. Credo sia solo > disse < Pensavo volessi saperlo > aggiunse notando il suo sguardo farsi di ghiaccio.

< Grazie > disse un attimo prima che quello entrasse nel bagno lasciando lui e Charlie soli nella stanza. Cercando di fare il meno rumore possibile Draco scese dal letto infilandosi una maglietta che aveva abbandonato sulla sedia lì vicino e uscì dalla stanza con la bacchetta stretta nel pugno destro.

Cole l’avrebbe pagata cara. La sera prima non era riuscito a sfogare la rabbia repressa e adesso finalmente avrebbe potuto farla pagare a quel lurido verme.

La Sala Grande era vuota proprio come gli aveva detto Blaise, ad eccezione di Cole, che se ne stava stravaccato su un divanetto davanti al fuoco. L’aria altezzosa tipica di ogni Serpeverde gliela si poteva leggere in faccia. Faccia che tra poco lui gli avrebbe spaccato.

< Guarda un po’ chi si è alzato presto questa mattina > disse alzando il tono della voce per farsi udire dal Serpeverde.

< Draco io… > cominciò quello ritraendosi come un brutto verme.

< Tu cosa? > chiese il biondo abbandonando il tono di scherno per assumerne uno di sfida in cui tutto il suo disgusto potesse risuonare limpido.

< Io… io non volevo > tentò di dire il ragazzo alzandosi dal divanetto e indietreggiando mentre Draco levava la bacchetta a mezz’aria tendendola tra lui e Cole che lo guardava spaventatissimo.

Tutti sapevano che era meglio non far arrabbiare il Principe delle Serpi, e altrettante persone sapevano come evitare di farlo, ma a quanto pare a Cole il messaggio non era arrivato.

< Non me ne frega un cazzo se volevi o no > rispose glaciale il biondo avvicinandosi con passi strascicati. < Lei non la devi toccare > sibilò.

Troppo spaventato per riuscire a rispondere il ragazzo annuì deciso facendo oscillare la frangia che portava lunga sino agli occhi di un azzurro limpido. < Io… non pensavo ti importasse > riuscì infine a mormorare tra i denti.

< Tu non devi pensare > replicò secco il Principe. < Lei è MIA > chiarì con fare possessivo.

L’altro strabuzzò gli occhi per la sorpresa e poi annuì abbassandoli al pavimento. < Ed ora scusa ma è tutta la notte che aspetto questo momento > disse ghignando mentre con fare teatrale sollevava la bacchetta e la puntava verso lo sventurato ragazzo.

Un parola che aveva imparato a usare l’anno prima gli affiorò alle labbra. Una parola con la quale avrebbe potuto provocare dolore anche al più forte degli uomini.

Stava giusto per pronunciare la Maledizione Cruciatus quando dei passi affrettati e delle urla provenienti dalla scala del suo dormitorio catturarono la sua attenzione.

Una furia con i capelli neri scarmigliati e gli occhi verdi iniettati di sangue si dibatteva tra le braccia di un ragazzo alto con i capelli castani e gli occhi di un profondo blu oceano, urlando minacce di ogni genere.

< Ho detto di lasciarmi andare > tuonò in tono autoritario che pochi avrebbero avuto il coraggio di controbattere. < Senti Principessa, mi dispiace ma non posso > rispose pacato il ragazzo continuando a stringerle le braccia in una morsa letale.

< Blaise > intervenne Draco < Lasciala andare > concluse senza perdere di vista Cole.

< Che cazzo intendi fare? > urlò la ragazza appena fu libera attirando così l’attenzione di molti altri Serpeverde che arrivarono in Sala Comune ancora assonnati e frastornati. < Che succede? > chiese Millicent Bulstrode avanzando tra i copri assiepati per assistere alla scena.

Quando i suoi occhi ancora appannati scorsero la piccola figura di Charlie Potter in mutande e maglietta nera, con piedi scalzi e gambe nude, fece per afferrare la bacchetta ma Charlie fu più veloce puntandole la sua alla gola.

< Non osare > sibilò minacciosa. < Metti via quella bacchetta Mezzosangue > ringhiò lei assomigliando molto ad un cane rabbioso.

< Non osare chiamarmi in quel modo > sibilò ancora Charlie premendo la punta della sua bacchetta ancora più a fondo nella gola di Millicent.

< E tu metti giù quella e fila in camera > sbottò rivolta a Draco che sorpreso per il tono autoritario con il quale gli si era rivolta persi di vita Cole per qualche istante.

Con la coda dell’occhi però notò uno degli amichetti del ragazzo sollevare la mano sinistra da cui spuntava una lunga bacchetta di legno scuro e puntarla dritto alla gola di Charlie che non poté fare nulla per impedirlo.

< Qui chi comanda siamo noi > sibilò minaccioso il ragazzo assottigliando lo sguardo. < Oh, davvero? > chiese sarcastica la Potter sorridendo divertita dalla piega che le cose avevano preso.

< Sei nel nostro territorio > ribadì quello < Non hai speranza di batterci > concluse soddisfatto.

In tutta risposta la ragazza sorrise raggiante, quasi come le avessero appena comunicato la vittoria alla lotteria magica, e prima ancora che qualcuno potesse emettere un solo suono schiantò Millicent al muro e si voltò così rapidamente verso il ragazzo che i capelli le frustarono il viso.

< Chi è che non riuscirebbe a battervi, moccioso? > chiese in tono di sfida serrando la presa sulla bacchetta. < Ti ricordo che ho sconfitto Voldermort. Non costringermi a fare lo stesso con te > sibilò crudele.

Senza sapere bene il perché, magari per la scintilla di puro istinto omicida che le passò negli occhi al pronunciare quelle parole o per la verità che si celava dietro quella frase, il ragazzo abbassò la bacchetta allontanandosi il più in fretta possibile da quella che riteneva essere una pazza.

< Molto bene > disse ad alta voce in modo che tutti potessero udirla

< Qualcun altro oltre quell’idiota ha qualcosa contro di me, contro il mio stile di vita, la mia casa, la mia cicatrice o il mio rapporto con Malfoy? > domandò sorprendendo tutti e Malfoy per primo.

Un borbottio basso e roco riempì la stanza all’istante facendo capire che c’erano molte persone avevano qualcosa contro di lei, ma nessuno fu così coraggioso da dirlo.

< Molto bene, dato che è così potete anche levarvi dai coglioni e tornare a fare quello che stavate facendo > disse agitando la bacchetta per aria.

< Chi ti credi di essere, razza di schifosa mezzosangue > mormorò Pansy a voce abbastanza alta da farsi udire da Charlie e da quasi tutti quelli ancora presenti in Sala Comune.

< Quella che se non la pianti di usare quel nome ti schianta al muro e poi ti crucia > rispose lei con tono vago e tranquillo.

Gli occhi castano scuro di Pansy si accesero di rabbia e le labbra di solito carnose si piegarono in una linea sottile che ricordava vagamente quelle della McGranitt quando era arrabbiata.

< Certo come no > disse poi in tono di scherno. < Vuoi provare? > ammiccò la Potter ridendo. < D’accordo > accetto Pansy sfilando la bacchetta dalla tasca del pigiama di Millicent e mettendosi in posizione.

< Pansy che cazzo fai, ti farà a pezzi > sussurrò una ragazza del quinto o sesto anni. < Non rompere i coglioni Jamie > rispose bruscamente la ragazza prima di concentrare la sua attenzione su Charlie che se la rideva allegramente. < Ne sei davvero convinta? > chiese prima di cominciare.

< Fatti sotto mezzosangue > sibilò Pansy stringendo le palpebre. Dieci esatti secondi dopo, Pansy era riversa a terra con la testa dolorante, la bacchetta lontana quasi due metri e una gran rabbia nel petto.

Trascinando i passi sul pavimento freddo di pietra, Charlie le si avvicinò tenendo sempre la bacchetta sospesa a mezz’aria e quando le fu davanti gliela puntò al petto, ghignando soddisfatta.

Draco vide le labbra della ragazza che tante volte aveva baciato e amato in modi in cui non si sarebbe mai aspettato aprirsi per pronunciare quella parola che tanti maghi odiavano, ma anziché uscirne parole ne uscirono risate.

Risate di scherno e di divertimento cariche di tutto il disprezzo che una persona potesse provare.

< Sei solo una povera fallita > mormorò quando si fu calmata < In un duello vero saresti già morta > aggiunse voltandole le spalle e dirigendosi verso il Principe che si ritrovò a rilasciare una gran quantità d’aria che nemmeno sapeva di aver trattenuto.

< Metti giù quella bacchetta > gli sussurrò gentilmente all’orecchio alzandosi sulle punte < Non fare lo stupido, non ne vale la pena > aggiunse notando l’indecisione nel suo sguardo.

< E poi > disse ancora distogliendo lo sguardo da lui per posarlo su Pansy che dolorante veniva aiutata a rimettersi in piedi da alcune sua amiche < Mi sono vendicata abbastanza, per oggi >

Sorridendo maliziosa gli afferrò la mano stringendogliela nella sua e lo trascinò lontano dalla confusione generatasi in Sala Grande, verso la tranquillità della sua camera da letto.

< D’accordo > borbottò Draco lasciandosi condurre da Charlie.

< Mi spieghi cosa ti era saltato in mente di fare? > tuonò Charlie quando finalmente furono soli dentro la stanza numero 3.

Draco fu colto di sorpresa da quella reazione. Credeva che una volta arrivati in camera lei lo avrebbe ringraziato e che sarebbero finiti a rotolarsi nudi sul letto. Evidentemente doveva aver pensato male.

< In che senso? > chiese senza capire per quale motivo urlasse in quel modo. < Cosa credevi, di andare lì e magari non so, torturalo un po’? > chiese sempre con lo stesso tono accusatorio. < Io volevo solo fargli capire che è stato un idiota > rispose il biondo ora punto nel vivo.

< Oh, certo e facciamolo usando la Maledizione Cruciatus > strillò sarcastica la ragazza alzando le braccia la cielo.

< Santissimo Merlino, Draco > aggiunse poi guardandolo negli occhi.

< Se uno di loro avesse visto qualcosa e sarebbe andato a raccontarlo alla McGranitt o a qualsiasi altro professore, tu saresti stato espulso > disse d’un fiato con le guancie che andavano a fuoco.

In effetti Draco non aveva pensato a quel particolare, ma la rabbia lo aveva come accecato. L’unica cosa che sapeva in quel momento era che doveva farla pagare a Cole per il suo comportamento.

< Certo, perché adesso ti importa se vengo espulso o no, vero? > ringhiò il Principe senza nemmeno sapere il perché di tanta cattiveria nel tono di voce. < Co… cosa stai dicendo Draco? > chiese Charlie spiazzata.

Draco. Come suonava bene il suo nome quando a pronunciarlo era lei. Lei che ora gli stava davanti indossando solo un paio di mutande ristrette e una sua maglietta nera. Lei che era così bella anche quando si arrabbiava e che rappresentava tutto ciò che lui avrebbe dovuto odiare.

Lei che portava con orgoglio, fierezza e responsabilità quell’ignobile marchio sulla fronte. Lei che si preoccupava per lui anche se non voleva ammetterlo.

Un improvviso bisogno di sentire la sua pelle setosa sotto le sue mani fredde lo colse nel momento esatto in cui Charlie cominciò a girare in tondo per la stanza. Osservando le gambe snelle e perfette produrre ampie falcate sulla moquet verde si sentì ribollire le budella e una sensazione di calore al basso ventre esplose dentro di lui. Abbassando lo sguardo quel tanto che bastava, individuò una protuberanza spuntare da sotto i boxer grigi. Sorrise all’idea che nonostante la situazione in cui si trovavano la Potter riuscisse comunque a farlo eccitare così violentemente. Non sapeva perché, ma ogni volta che Charlie si incazzava, il desiderio che aveva di lei aumentava a dismisura portandolo quasi sull’orlo della pazzia e l’unico modo che conosceva per farlo smettere era quello di farci l’amore.

Il borbottio delle parole di Chiarlie si spense quando le fredde labbra del Principe incontrarono le sue, serrandole con forza nelle sue spire.





Angolo autrice:
Bentornati a tutti! Chiedo scusa per il ritardo e ringrazio tutti quelli che leggono la storia e la recensiscono. Questo capitolo potrà forse sembrare un po' noioso ma dovevo scriverlo in preparazione del prossimo in cui accadrà qualcosa di sconcertante che vedrà coinvolti non solo la nostra Charlie e il nostro Principe, ma anche Ron, Hermione e Ginny. Qualcosa che i nostri eroi credevano estripato alla radice, tornerà con nuove regole e nuove idee. Lucius Malfoy farà parte di tutto ciò e forse anche molto di più. Ci sarà un coinvolgimenti di Draco in qualcosa che va oltre la sua comprensione a causa del quale rischierà di perdere tutto, compresa la nostra Charlie!
Se volete sapere come continua la storia continuate a leggere e recensite. I vostri commenti e i vostri consigli sono preziosi e fondamentali.
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Giorno di posta ***


 

Capitolo 15

 

 

 

 

 

 

Quella mattina entrambi avevano lezione di pozioni alla prima ora, ma come accadeva per quasi ogni lezione di pozioni, nessuno dei due aveva gran che voglia di andarci. Come però Charlie ricordò a Malfoy qualche istante prima di sgusciare fuori da sotto le coperte e dirigersi in bagno, essendo loro membri d’eccezione del Luma Club, non potevano permettersi assenze durante le ore di lezione di Lumacorno.

Roteando gli occhi al cielo in un implicito gesto di esasperazione, il Principe si alzò anche lui da letto per seguire Charlie nel piccolo bagno, dove una pesante coltre di caldo e profumato vapore aleggiava già nell’aria.

< Giochi a nasconderti, Potter? > mormorò Malfoy con un accenno di malizia nella voce. < Vieni a prendermi > sorrise la ragazza aprendo il getto d’acqua calda della doccia e lasciandocisi scivolare sotto.

Un ghigno divertito e lo scatto di una serratura che veniva sigillata, le comunicarono che Malfoy doveva aver accettato quel suo piccolo giochetto, ed ora si dirigeva verso il box doccia nel quale Charlie era già entrata.

< Vedo che mi hai trovato in fretta > sussurrò caldamente quando un paio di mani forti e gelide, le afferrarono i fianchi voltandola. L’ampio petto marmoreo di Malfoy le stava davanti. La leggera peluria bionda che lo ricopriva era bagnata; piccole, cristalline gocce d’acqua gli imperlavano la pelle scivolando verso il basso dove una protuberanza indicava tutta virilità del biondo. I lineamenti duri del viso erano resi ancora più sexy dal vapore che turbinava loro attorno in agitati sbuffi. Gli occhi color tempesta erano accesi dalla lussuria che si rispecchiava nei movimenti serafici e lascivi delle mani del Principe sul corpo snello e bagnato della Potter, che rispondeva con sordi gemiti d’estasi.

Portando le sue piccole mani dietro la nuca del biondo, Charlie, si alzò sulla punta dei piedi avvicinando le sue labbra a quelle fredde come il ghiaccio di Malfoy il quale, colto da un’inaspettata foga, spinse le mani fin sotto le natiche della ragazza sollevandola da terra e spingendole le gambe dietro il suo bacino, dove essa le incrociò. Le bocche di entrambi erano troppo occupate ad esplorarsi a vicenda per emettere suoni che non fossero piccoli mugolii di piacere. Con due piccoli passi Malfoy, riuscì a poggiarle la schiena contro il muro, in modo da riuscire a rilassare leggermente la muscolatura e avere più equilibrio.

Con lentezza e maestria degne di un gigolò il Principe staccò le sue labbra da quelle della Potter, spostandole prima sul collo setoso e infine sul piccolo, delicato, lobo dell’orecchio che cominciò a torturare.

Mai nessun’altra ragazza era riuscita a farlo vibrare di piacere in quel modo. Mai nessuna era stata in grado di farsi desiderare una seconda, una terza e quarta volta come aveva fatto la Potter. Con nessuna era mai stato tanto gentile da concederle una seconda notte di sesso.

< Draco… > sussurrò Charlie all’orecchio del biondo facendolo letteralmente impazzire. Ormai del tutto incapace di controllarsi oltre, il Principe cominciò a muoversi dentro di lei come nessun altro era capace di fare. Tutti a scuola avevano sentito parlare delle incredibili, strabilianti ed eccezionali doti amatorie del Principe delle Serpi, eppure quelle che potevano vantarsi di averle sperimentate costituivano un numero piuttosto esiguo rispetto alla popolazione di Hogwarts. E proprio mentre quei pensieri si facevano strada nella mente in subbuglio del Principe il ritmo dei loro respiri si fece sempre più rapido, così come anche le spinte.

Ormai quasi privi di forze, i due raggiunsero l’apice del piacere insieme, emettendo un ultimo sordo grido di piacere.

Mentre Draco si sentì come svuotato dall’interno, Charlie si sentì invadere il basso ventre da qualcosa di caldo e liquido che le procurò un leggero brivido.

Ancora stretti l’uno nell’altra i due si lasciarono scivolare sul pavimento di candida ceramica della doccia, con il fiatone e gli occhi ancora lucidi d’amore.

Guardando il viso del Principe incastrato nell’incavo della sua spalla, con gli occhi chiusi e i lineamenti rilassati, Charlie non poté fare a meno di pensare che fosse bellissimo. Che non c’era uomo ad Hogwarts più bello di Malfoy. Uomo sì, non ragazzo. Malfoy al contrario di molti loro coetanei era un uomo; e non solo perché sapeva come incendiare una donna, ma perché sapeva cosa voleva dire la paura, il terrore, la sofferenza e la rivincita. La vita aveva fatto di un ragazzino borioso e superficiale, un uomo bello e dannato, il cui passato minacciava di riaffacciarsi giorno dopo giorno.

Più tardi quella mattina, Charlie uscì dalla Sala Comune delle serpi diretta verso la Sala Grande, dove era sicura avrebbe trovato la banda al completo. Malfoy la seguiva a pochi passi di distanza con la solita aria snob e il ghigno strafottente che gli era valso il punteggio più alto nelle classifiche maschili, stampato in faccia. Dopo quello che era accaduto il giorno prima si era ripromesso di non perdere mai più di vista Charlie, ed anche se sapeva che non poteva avanzare pretese su di lei dato che il loro non era nemmeno un rapporto, era deciso più che mai a proteggerla.

Al loro passaggio molti studenti si girarono nella loro direzione bisbigliando commenti acidi e maligni. La loro storia di sesso era passata dall’essere privata ad essere di dominio pubblico. Non si parlava d’altro da quasi due settimane e la cosa cominciava a dare davvero sui nervi alla Potter che sembrava riuscire a contenere a stento la rabbia.

< Sai vero che stanno parlando di noi? > le soffiò Malfoy all’orecchio coprendo la distanza che li separava e dando così ancor più adito ai già esistenti pettegolezzi. < Lo so > rispose lei tra i denti < E se non la piantano giuro che li schianto tutti > aggiunse scoccando un’occhiata d’avvertimento verso un gruppetto di ragazze del secondo anno di Tassorosso.

< Lo sai vero che mi ecciti quando fai così? > soffiò Malfoy con malizia.

< Cretino > disse lei sorridendo e tirandogli una gomitata nelle costole.

< Ti conviene fare in modo che resti sano, Potter > ghignò quello massaggiandosi l’addome < Oppure potrei fare cilecca > concluse sfiorandole la mano in gesto casuale che però causò non poco imbarazzo tra i due.

Non erano abituati a parlarsi senza far volare insulti ogni dieci secondi, per cui anche solo il semplice fatto che stessero camminando insieme nei corridoi della scuola parlando allegramente e sfiorandosi la mano per caso, rappresentava una situazione alquanto imbarazzante. Arrossendo leggermente Charlie si portò la mano nella tasca del mantello lasciando vagare lo sguardo lungo i muri di pietra del castello. Draco dal canto suo continuò a fissare un punto impreciso davanti a lui, fingendo che non fosse successo niente.

Immersi nel silenzio salirono le scale che portavano al Salone d’Ingresso e mentre Charlie stava per procedere dritta verso le porte aperte della Sala Grande da cui proveniva un intenso chiacchericcio e un intenso odore di pane tostato e porridge, Draco l’afferrò per il polso trascinandola dietro una porticina poco distante.

La stanza era angusta e puzzava di marcio, in effetti assomigliava in modo inquietante allo stanzino delle scope di Gazza, ma Malfoy sembrò non badarci molto.

Senza molte cerimonie incollò le sue labbra a quelle della Potter trovando rapido accesso alla sua bocca che sapeva di menta. Le lingue cominciarono a danzare rincorrendosi, esplorandosi, giocando, stuzzicandosi. Sembravano quasi dotate di volontà propria, come le mani di entrambi che andarono a serrarsi rispettivamente sulla schiena della Potter e nei capelli di Malfoy.

Il semplice tocco delle mani del Principe attraverso la stoffa leggera della camicetta fece trasalire Charlie che si trovò improvvisamente bloccata con la schiena al muro e il bacino del biondo che premeva urgente contro il suo.

< Malfoy non possiamo adesso > riuscì a dire lei tra un sospiro e l’altro.

< Paura di fare tardi dai tuoi amichetti, Potter? > la stuzzicò quello passando a mordicchiarle il lobo dell’orecchio.

< No è che ho lezione tra poco e vorrei mangiare qualcosa dato che è da ieri sera che sono a digiuno > rispose lei asciutta staccandosi a fatica dal ragazzo e ricomponendosi.

Malfoy fece altrettanto ma prima di lasciare che Charlie uscisse dalla piccola porta in legno, le strinse il viso tra le mani, scoccandole un altro bacio.

Un bacio che poco aveva in comune con quello di prima se non che a darlo era stata la medesima persona. Questo bacio era dolce, delicato, non lussurioso e rabbioso. Questa volta il bacio era stata dato perché lo si voleva non perché se ne sentiva il bisogno.

Sorpresa per quel gesto che faceva tanto “coppietta” la Potter esitò a rispondere arrendendosi però quando sentì il pollice di Malfoy accarezzarle dolce le guance.

< Ci vediamo a lezione, Furetto > disse poi uscendo dalla porta e lasciando il Principe solo con i suoi pensieri e la sua dannata eccitazione.

La Sala Grande era già gremita di gente che si voltò a guardarla mentre con passo sicuro avanzava tra i tavoli di Grifondoro e Corvonero. Dopo una breve esplorazione della sala individuò i suoi amici, tutti seduti vicino, a metà circa del lungo tavolo intenti a fare colazione.

< Ciao ragazzi > salutò sedendosi vicino a Ron che come al solito si ingozzava di uova e pane tostato. < Sciao Scharlie > disse con la bocca piena. < Ciao > risposero in coro gli altri alzando gli sguardi dai loro piatti per puntarli in quello di lei.

< Stanotte non eri in camera > buttò lì Hermione rischiando di farle cadere di mano la fetta di pane tostato che aveva preso da un vassoio lì vicino. < Si, ehm io… > balbettò esitante Charlie.

E adesso cosa poteva dire? Come poteva evitare che anche i suoi amici venissero a sapere della sua “storia” con Malfoy? L’unica soluzione sembrava essere mentire e solo Merlino sapeva quanto lei odiasse le bugie. Ma questa volta non c’era altra soluzione. Se loro fossero venuti a sapere della sua pseudo storia con il Furetto avrebbero cercato di convincerla che era sbagliato, che lui era un mangiamorte, un idiota e per giunta nipote della donna che aveva torturato Herm.

Lei tutte queste cose le sapeva già, naturalmente, eppure non riusciva a considerarle abbastanza gravi da poter mettere fine a tutto.

In fondo lui si era pentito, no? Era tornato ad essere semplicemente Malfoy, l’idiota pomposo che era sempre stato e questo andava bene.

< Allora, dove sei stata? > domandò impaziente Gin sbucando al fianco di Herm che la fissava con aria indagatrice.

< Io, ho dormito in Sala Comune e poi sono scesa presto per farmi un bagno nel Bagno dei Prefetti > disse rapida senza alzare lo sguardo dalla fetta di pane tostato che aveva appena finito di imburrare.

< Davvero? > chiese Herm come se non credesse nemmeno ad una lettera di quello che aveva appena detto. < Davvero > rispose lei con un filo di voce. < Oh insomma, lasciatela stare > intervenne Ron salvandola.

< Anche se è stata con qualcuno, che importa? > disse ancora riempiendosi il piatto con delle altre uova.

Un sorriso di ringraziamento passò sul viso della Potter che guardò Ron come se fosse il più bel manico di scopa mai inventato.

< Beh, niente certo ma… > disse Herm incerta. Questa volta Ron l’aveva spiazzata. Era capitato poche altre volte da quando si conoscevano e tutte le volte che succedeva Herm faceva sempre la stessa piccola smorfia che stava facendo in quel momento.

< Allora voglio sapere tutto > bisbigliò Gin con un sorriso malizioso avvicinandosi a Charlie in modo che Ron e gli altri, tra cui Neville, Dean e Seamus, non sentissero.

< Certo come no > rispose lei sorridendo divertita.

Dall’altra parte della Sala lo sguardo di un certo biondino era fisso su un punto del grande salone o meglio, su una persona.

Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso e a quanto pare anche Blaise doveva essersene accorto perché gli tirò una sonora gomitata nelle costole. < Insomma Draco > sbottò < La vuoi piantare di guardare la Potter. Così la consumi > aggiunse ghignando.

Con estrema riluttanza il biondo distolse lo sguardo dalla figura minuta delle ragazza con la cicatrice a forma di saetta per puntarla su quella del suo amico che era seduto accano lui e lo guardava con una nota di divertimento negli occhi blu.

< Lo so > disse quello passando a mordicchiare una fetta di pane tostato.

< Allora, come è andata ieri sera? > chiese Blaise vivamente interessato ai dettagli della vita sessuale di Malfoy.

< Non sono affari tuoi > rispose l’altro seccamente. < Oh, avanti Draco > insistette il moro < Mi hai sempre raccontato tutto e adesso che ti scopi la Potter non mi dici niente? >

Il biondo lo guardò da sotto le sopraciglia chiare e fece per rispondere quando le finestre si aprirono e un centinaio di gufi planarono all’interno della sala per consegnare la posta. Con estrema sorpresa di Draco, il grosso Barbagianni di sua Madre atterrò elegantemente davanti al suo bicchiere di succo di zucca, porgendo altezzoso la zampa a cui era stata legata una lettera.

< Come mai tua madre ti scrive? > chiese Blaise sorpreso di vedere il pomposo Barbagianni di casa Malfoy in Sala Comune in un giorno diverso dal sabato. < Me lo chiedo anche io > rispose il biondo sovra pensiero mentre con mano incerta sfilava la lettera dalla zampa del volatile che ripartì con un sonoro fischio attraversando l’intero soffitto della sala.

Nel frattempo al tavolo dei Grinfodoro un grosso Allocco era appena sceso in picchiata finendo dentro il piatto di porridge di Neville che disgustato lo aveva allontanato da se.

< Ma per forza tutte a me devono capitare? > mormorò con fare molto teatrale pulendosi il mantello della divisa dagli schizzi di porridge.

< Noto che il Ministero fatica ancora ad organizzare la posta in modo decente > disse Hermione nel suo solito tono di critica.

< Hai ragione > convenne Ginny < Ma devi ammettere che questo piccino è proprio carino > aggiunse grattando la testa al volatile che socchiuse gli occhi in segno di apprezzamento.

< Vediamo un po’ cosa dice la lettera > disse invece Charlie slegando la pergamena legata alla zampa dell’animale da un laccio di seta blu cobalto.

Con mani agili e veloci, la Potter slegò il piccolo fiocco e srotolò la pergamena su cui erano vergate in una calligrafia a loro fin troppo nota, una trentina di righe.

La firma al fondo era quella del Ministro della Magia, Kingsley Shaclebolt.





Angolo autrice:
Bentornatiiiiiiiiiiiii! Chiesi scusa in tutte le lingue per il ritardo e ringrazio chi di voi ha ancora la forza di leggere e criticare! Grazie di cuore.
In questo capitolo non accade gran ché purtroppo, i nostri cari Potter e Malfoy si limitano a fare quello che meglio gli riesce quando sono in compagnia, ovvero fare l'amore. La scuola ormai sembra essere al corrente del piccolo segreto die due ed anche gli amici di Charlie ormai cominciano a sospettare qualcosa.
Ma la cosa davvero interessante del capitolo è la posta. Ebbene sì, il tutto di questo capitolo sta nelle ultime cinque righe circa. Cosa sarà successo di così importante da convincere la signora Malfoy a scrivere al figlio in un giorno diverso dal sabato? E cosa vorrà il Ministro della Magia dai Salvatori del Mondo Magico?
Rimante con me e scopritelo! Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Fai l'amore con me non sesso. ***


 

Capitolo 16

 

 

 "Credi di essere in salvo almeno
fino a quando il passato non bussa alla
tua porta, chiedendoti il conto"

 

 

 

Il tono usato nella lettera non era di certo quello che ci si aspettava da un Ministro della Magia come era Shaclebolt, ma era anche vero che per lui quelli erano quasi dei figli, non gli Eroi del Mondo Magico.

Conosceva quei ragazzini da quando avevano quindici anni e il loro genitori da molto più tempo. Aveva lottato con loro durante la Prima Guerra Magica vedendoli cadere uno ad uno senza poter fare nulla per impedirlo, e adesso si ritrovava a combattere al fianco dei loro figli.

Uomini e donne cresciuti troppo in fretta e privati di quella gioia che è tipica dell’adolescenza. Per lui loro erano semplicemente i ragazzi che due anni prima erano stati ospiti al quartier generale dell’Ordine.

Per lui erano come dei figli.

L’inchiostro blu cobalto usato da Kingley per scrivere quella lettera risaltava alla luce proveniente dalle grandi finestre dietro di loro. La calligrafia era come sempre elegante e curata, nulla a che vedere con quella di Ron, che a detta di Hermione somigliava alla scrittura di un Troll.

Tornando a concentrarsi sulla lettera che teneva ancora in mano Charlie notò una parola che mai avrebbe voluto risentire.

Dopo circa dieci righe di convenevoli, in cui Kingsley li comunicava che sarebbe venuto ad Hogwarts quel giorno stesso e che pretendeva la loro presenza nell’ufficio della preside alle tre in punto, si snocciolava il vero perché di quella lettera improvvisa.

Ora non voglio che vi allarmiate ma devo informarvi di questa cosa prima che la situazione mi sfugga di mano e siate così costretti a venirlo a sapere da fonti non del tutto attendibili. Questa notte sono stato avvisato della comparsa del Marchio Nero sui cieli di una piccola cittadina a sud di Londra. Non so come mai, il perché o chi possa essere stato a fare una cosa simile, ma sono convinto del fatto che dobbiate esserne informati. Come sapete in giro ci sono ancora molti Mangiamorte e quasi tutti sono assetati di vendetta o peggio, credono ancora negli ideali del loro vecchio signore. Sono pericolosi e temo che il loro obbiettivo finale sia Hogwarts e dunque voi. Vi prego di prestare attenzione e di non compiere atti folli, soprattutto tu Charlie comportati bene e non fare la matta. Hermione tu fa in modo che rispettino le regole, conto su di te! Vi aspetto oggi nell’ufficio della preside per parlarne meglio e discutere di altre novità che non posso scrivervi per lettera.

Con affetto, Kingsley.

 

< Cosa dice la lettera? > chiese la riccia con malcelata curiosità.

< Sono tornati > rispose Charlie con voce priva di emozioni. < Sono tornati Herm, hanno evocato il Marchio Nero > aggiunse alzando gli occhi dalla lettera e puntandoli in quelli caramello della riccia.

< Come, è impossibile! > fece quella scuotendo la testa e strappando la pergamena dalle mani fredde della mora. Intorno a loro era calato il silenzio. La Sala Grande era quasi del tutto deserta a parte qualche studente di Corvonero che ancora si attardava su un piatto di uova strapazzate e qualche Grifondoro pelandrone. Erano rimasti soli, anche il tavolo delle Serpi era deserto.

Come Charlie constatò lanciando un’occhiata verso il fondo della sala, il rampollo di casa Malfoy, se ne era andato.

< E’… è impossibile > continuava a blaterare la riccia spostando febbrilmente lo sguardo dalla pergamena al viso di Charlie ancora profondamente scossa. < Oh, da qua Herm! > sbottò Ron strappandole la pergamena dalle mani e passando a leggerla con interesse. Intorno a lui si accalcarono anche Neville, Luna, Ginny e Dean.

< Magari si sono sbagliati > buttò li Ron quando ebbe finito di leggere la lettera < Magari non è il Marchio Nero che hanno visto ma una nuvola dalla forma equivoca > aggiunse con sempre meno convinzione nella voce. < Certo, e dimmi Ronald, quante nuvole ci sono con la forma di un teschio dalla cui bocca sbuca un serpente? > domandò Herm sarcastica.

< Beh, nessuna immagino > rispose lui in un sussurro.

< Esatto > replicò lei seria < Sono tornati e su questo non ci sono dubbi > aggiunse subito dopo, cominciando a far lavorare il suo cervello.

< Quello che mi chiedo e però, perché rendere noto a tutto il mondo, il fatto che loro siano ancora vivi > mormorò come sovra pensiero.

< Così facendo rischiano di fornire prove importanti agli Auror che potrebbero così catturali da un giorno all’altro > Con un dito poggiato sulla guancia rosea e l’altro alla tempia Herm ricordò a Charlie, l’immagine di una donna che aveva visto quando era piccola su un quadro a scuola.

< Magari vogliono sfidarli > disse Gin in un alzata di spalle.

< Molto probabile > convenne Herm < Ma ancora non capisco il perché. In ogni caso se oggi andremo all’appuntamento con la preside sapremo tutto > aggiunse chiudendo la pergamena e ficcandosela in tasca, prima di alzarsi e avviarsi di gran carriera verso l’uscita della Sala Grande.

Anche gli altri fecero per alzarsi e incamminarsi a lezione, ma vedendo che Charlie non dava segno di voler sollevare il sedere dalla panca, si fermarono per domandarle se andasse tutto bene.

< Charlie, sei sicura di stare bene? > chiese Gin avvicinandosi.

< Sì, sto bene > disse quella uscendo dalla trance nella quale era caduta poco prima < Andate avanti e dite a Lumacorno che arrivo subito >

Gli altri fecero come aveva detto e uscirono dalla Sala Grande lasciandola sola con i suoi pensieri.

Poco più tardi Charlie si attardava lungo il corridoio dei sotterranei diretta verso l’aula di pozioni. Dopo quello che aveva appreso quella mattina, tutto l’entusiasmo e la voglia di vivere che Malfoy le aveva instillato dentro con quel loro incontro, era svanito. Evaporato come acqua al sole. Certo, sapeva che prima o poi sarebbero tornati e avrebbero ripreso da dove si erano interrotti, era ben consapevole di questo, ma non credeva certo che sarebbe avvenuto così presto e di certo non si aspettava che lo avrebbero fatto in modo così sfrontato.

Dopo tutto quello che lei e i suoi amici avevano passato per mettere fine a quell’insensata guerra fatta di pregiudizi e falsi ideali, si ritrovava ancora una volta a dover affrontare ciò che per anni aveva popolato i suoi peggiori incubi. I Mangiamorte erano tornati e con loro sarebbero tornati anche gli attacchi ai babbani e ai mezzosangue. Sarebbero tornate la morte, la distruzione e la tortura. Ancora una volta si sarebbe trovata invischiata in una guerra che non vorrebbe combattere e per quale non trovava giustificazione.

Era quasi giunta alla porta dell’aula di pozioni quando sentì dei passi strascicati provenire dalla parte opposta alla sua. Malfoy, elegante come sempre nella sua divisa verde-argento, camminava verso di lei con la testa bassa e i capelli biondi a ricoprirgli gli occhi grigi.

Una morsa all’altezza dello stomaco si impadronì della Potter che non poté fare di meno di pensare a quanto, effettivamente, fosse bello.

Tutto in lui trasudava bellezza. I capelli setosi talmente chiari da sembrare bianchi, il viso pallido e indurito dalla vita che lo rendeva così sexy. Il fisico atletico e scattante faceva di lui il ragazzo più desiderato della scuola, gli occhi grigi come le tempeste invernali avevano lo strano potere di assuefare le sue vittime. Era a quello che pensava mentre lo guardava avvicinarsi sempre tenendo lo sguardo fisso sul pavimento di pietra del castello.

Solo quando fu a poco più di venti centimetri da lei alzò lo sguardo per incontrare quello sconvolto e incantato della Potter.

< Che ci fai ancora fuori, Potter? > domandò malamente riferendosi al fatto che non fosse ancora a lezione. Charlie dal canto suo cercò di non badare al tono usato dal biondo, cosa che le venne molto difficile ma che riuscì comunque a gestire, colmando invece la distanza che c’era tra loro.

Il profumo caldo e invitante della Potter invase le narici del biondo che si lascò colmare da quell’odore ormai familiare. In pochi secondi si ritrovò la mora tra le braccia cullandola dolcemente mentre lacrime calde scivolavano dai suoi di giada macchiandogli la camicia immacolata. Non sapeva per quale insensato, assurdo e inconcepibile motivo la Potter stesse piangendo, ma sapeva che doveva fare di tutto per tranquillizzarla. Non sopportava di vederla piangere almeno quanto non sopportava l’idea di lei che si scopava qualche altro ragazzo della scuola. Accarezzandole i capelli neri come la notte le alzò il viso verso il suo posandole un bacio delicato sulle labbra che sapevano di sale. Poi con la lentezza di un bradipo la condusse vicino ad un arazzo in cui una ballerina volteggiava leggiadra all’interno di una palestra e che quando li vide sorrise comprensiva aprendosi per loro e rivelando un incavo nel muro abbastanza grande da contenere almeno quattro persone in piedi.

Tirando su con il naso Charlie seguì Malfoy dentro il buco nel muro accomodandosi sulle morbide poltrone che il biondo aveva fatto comparire accanto a loro, mentre cercava in tutti i modi di fermare le lacrime che colavano incessanti sul suo volto teso.

Dimostrando una tenerezza che mai Charlie si sarebbe aspettata di vedere in uno come Malfoy, il biondo le si avvicinò prendendola per le spalle e portandosela al petto per stringerla in un abbraccio soffocante. Rimasero così per un po’, con Charlie che piangeva macchiando la camicia di Malfoy di trucco e lacrime, e Malfoy che se ne stava seduto con la Potter stretta al petto cercando di consolarla. In effetti anche lui avrebbe avuto bisogno di essere consolato, pensò il biondo aumentando la stretta sulla ragazza. Quella mattina la lettera che le era arrivata in Sala Grande lo aveva lasciato spiazzato. Non sapeva cosa pensare a proposito, cosa immaginare e soprattutto cosa fare. Ora però non c’era tempo per pensare ai suoi problemi perché quelli della Potter erano più importanti. Sorprendendosi a pensare una cosa così, ghignò sentendo che la Potter diminuiva la dose dei singhiozzi. Forse il peggio era passato, pensò mentre le posava teneri baci sulla testa scura.

Charlie non voleva farsi vedere piangere da nessuno men che meno dal Furetto, però quando lo aveva visto lì in corridoio, solo con quell’espressione di disperazione in volto non c’era riuscita ed era scoppiata in lacrime.

Sentiva le sue labbra fredde posarsi sopra la testa e premere con delicatezza, lasciandole piccoli baci incandescenti, che cominciavano a procurarle una fitta nel basso ventre.

Lo desiderava come poche altre volte anche questa volta era un desiderio diverso. Sì, c’era passione nella sua voglia e anche desiderio, ma prima di tutto c’era voglia di stringersi ad una persona che potesse proteggerla, che potesse farla sentire amata.

Sollevando il viso dal petto del biondo poggiò le labbra calde e bagnate di lacrime su quelle fredde e dure del ragazzo che rispose al bacio con crescente urgenza cercando l’accesso alla bocca della ragazza che glielo concesse dopo pochi istanti.

Subito le lingue presero a stuzzicarsi in una danza fatta di intrighi e dolci provocazioni. In poco tempo la virilità del biondo prese a pulsare facendo quasi male e facendogli desiderare di possedere la ragazza in quello stesso momento nel modo più rude possibile.

Ma quello non era ciò di cui lei aveva bisogno, così mise a tacere quei pensieri continuando a baciare le labbra morbide e salate della ragazza.

Charlie, nel frattempo, si era sollevata dalla posizione semisdraiata in cui era prima per passare ad una più adatta alla situazione. Sollevando una gamba tonica si mise a cavalcioni del biondo e staccandosi dalle labbra per scendere a baciargli il collo, il petto e infine la pancia piatta.

La camicia saltò via poco dopo accompagnata dal mantello e dalla camicetta leggera della ragazza che aveva preso a muoversi sul ragazzo con ritmo controllato e sensuale.

< Fai l’amore con me questa volta > le sussurrò alla Potter all’orecchio in modo tanto sexy che per un attimo credette di non riuscire a resistere.

Senza dare risposta il ragazzo aumentò i baci trasformandoli in piccoli morsi e cominciando a sbottonare la gonna della ragazza che fece altrettanto con la cintura dei pantaloni di lui.

Pochi minuti dopo erano entrambi sdraiati su di un letto a due piazze che Malfoy aveva fatto comparire per loro, nudi e intenti ad amarsi.

Quella mattina i due fecero l’amore dimenticandosi di appartenere a due mondi diversi. Dimenticandosi di odiarsi da sette lunghi anni. Dimenticandosi di essere un Mangiamorte e la Salvatrice del Mondo Magico.

 

 


Angolo autrice:

Bentornati cari Potteriani. Ringrazio come sempre tutte le persone che seguono la storia e che la recensiscono, siete fondamentali.
In questo capitolo si svela il mistero della lettere dicevuta da Charlie. Il messaggio inviato a lei e ai suoi amici dal nuovo Ministro della Magia reca l'impronta della follia. L'impronta dei Mangiamorte che a quanto pare scatenano nella giovane Potter una reazione sconvolgente. Ancora una volta sarà Malfoy ad aiutarla inconsapevole che lei stia facendo lo stesso con il suo animo ferito.
Per scoprire cosa conteneva la lettere ricevuta da Malfoy rimanete con me e seguite la pubblicazione dei prossimi capitoli.
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Innocente. Fu lei a pronunciare quella parola! ***


 

Capitolo 17

 

 "Il passato ti strangola, ti stritola
tra le sue forti mani. Ti uccide e ti riporta in vita.
Il passato ti rende ciò che LUI vuole
tu sia!"

 

 

 

Se solo Herm e gli altri avessero scoperto che aveva saltato le prime due ore di lezioni per stare con Malfoy l’avrebbero di sicuro scuoiata viva.

Dopotutto non poteva biasimarli, anche lei faceva ancora fatica a concepire il fatto che andasse a letto col Furetto, in fondo si erano odiati per sette lunghi anni. Avevano combattuto uno contro l’altro durante la guerra mentre adesso si ritrovavano a non poter fare a meno l’uno dell’altro. Era strana la vita, almeno quanto lo era Luna, di questo Charlie ne era certa.

Consapevoli di non poter restare nascosti nel buco dietro l’arazzo per tutta la giornata i due si rivestirono molto lentamente. Più volte lo sguardo di Malfoy esitò sulle curve morbide della Potter che, con l’eleganza di una farfalla in volo, si infilava le mutande di pizzo blu e allacciava il reggiseno dello stesso colore. Una nuova potente erezione svegliò il biondo dallo stato di profonda ammirazione nel quale era caduto strappandogli una piccola imprecazione.

Possibile che gli facesse sempre quell’effetto, dannazione?

Lui era il Principe delle Serpi, poteva avere qualsiasi ragazza della scuola solo schioccando le dita, eppure certe “sensazione” riusciva a provarle solo quando era in compagnia della Potter.

Qualcosa non andava. Per forza ci doveva essere qualcosa che non andava, altrimenti, come spiegarsi il fatto di non riuscire più ad eccitarsi nemmeno in presenza di Pansy che improvvisava un piccolo spogliarello al centro della sua camera da letto?

Certo, non che Faccia da Carlino fosse poi chissà quale meraviglia, ma insomma non era nemmeno così cesso da non riuscire a provocare un erezione come si deve in un ragazzo di diciotto anni.

Eppure questa era la verità. Draco Malfoy, lo stallone di Hogwarts, non riusciva più ad eccitarsi con nessuna che non fosse la Potter.

Cosa davvero, davvero pessima per la sua reputazione, ma che poteva farci se quella ragazza lo faceva impazzire solo guardandolo?

< Che ne dici se saltassimo anche il resto delle lezioni e questa mattinata la dedicassimo ad un ripasso di anatomia? > chiese il biondo soffiando sensuale in un orecchio della Potter. < Malfoy, non è che solo perché il soldatino là sotto si è di nuovo posato sugli attenti, io possa saltare tutte le lezioni della mattinata > rispose quella accennando un ghigno degno di una serpe.

Colto alla sprovvista da quella risposta pungente il biondo si limitò a ghignare tornando a rivestirsi. < Come vuoi, ma poi non venire a lamentarti che non ne hai avuto abbastanza > aggiunse dopo qualche minuto di silenzio.

< Oh, tranquillo, al massimo posso sempre rivolgermi a qualche ragazzo di Corvonero > rispose piccante la mora < O magari a qualche altra serpe, sai Blaise non è poi così male > ghignò.

Il viso già pallido del biondo sbiancò del tutto facendolo somigliare molto ad uno dei pazienti del San Mungo.

< Non dirai sul serio? > ansimò sconvolto rimanendo con le mani bloccate sul penultimo bottone della camicia.

< Certo che dico sul serio > disse lei con una nota di divertimento nel tono della voce. Vedere Malfoy geloso era una cosa che adorava, e lo adorava solo per semplice fatto che mai avrebbe avuto occasione di vedere il biondo in difficoltà come in quei momenti.

< Qui… quindi tu mi stai dicendo che vedi altri ragazzi? > domandò chiudendo gli occhi per contenere la rabbia che poco alla volta lo stava sommergendo.

< Certo > rispose decisa la Potter avvicinandosi < Una decina circa > ghignò.

Capendo finalmente che si trattava di uno scherzo il rampollo di casa Malfoy aprì gli occhi ritrovandosi il viso di Charlie a pochi centimetri dal suo. < Sei per caso geloso, Malfoy? > domandò la ragazza inarcando la schiena contro il petto del biondo che l’avvolse in un abbraccio che sapeva di menta.

< Per nulla, Potter > rispose quello baciandola. La mora si lasciò trasportare da quel bacio un po’ troppo. Possibile che ogni volta che le loro labbra si incontrava finivano per levarsi i vestiti?

No, quella volta avrebbe resistito all’impulso di fare sesso con Malfoy e sarebbe uscita da quel buco indossando un espressione innocente.

< Draco, non possiamo, dobbiamo tornare a lezione > ansimò la ragazza staccandosi dal biondo.

< D’accordo > ruggì quello nervoso. < Possiamo sempre rifarci stasera > aggiunse lei raggiante afferrando la borsa e sparendo oltre il ritratto.

Malfoy rimase ancora qualche istante solo all’interno del ritratto, chiedendosi cosa potesse fare per farsi passare quella dannata eccitazione. Non vedendo altre vie d’uscita fu costretto ad arrangiarsi da solo. Dannata Potter, pensò mentre si accomodava sul letto disfatto passandosi una mano tra i capelli di seta.

La campanella prese a suonare nell’istante esatto in cui la porta dell’aula di pozioni veniva spalancata da uno sconvolto Ron e una raggiante Hermione.

< Ehi! > esclamò quella finendole quasi addosso < Come mai non sei più venuta a lezione? > intervenne Ron prendendo la sua ragazza per mano e avviandosi con Charlie al fianco verso l’aula di Trasfigurazione, la loro seconda lezione della mattinata.

< Non mi sono sentita troppo bene > rispose lei con una vocina.

I due, pur non sembrando molto convinti, annuirono senza aggiungere altro continuando a camminare verso l’aula di trasfigurazione dove sulla soglia ad attenderli c’era la McGranitt, avvolta come sempre nel suo mantello verde petrolio.

< Muovetevi > disse stizzita sospingendo Dean che si attardava sulla soglia dell’aula chiaccherando con Seamus.

< Ah, Potter! > esclamò vendendola arrivare < Bene, ci sono anche Granger e Weasly > aggiunse spingendosi gli occhiali più su sul naso.

< ‘Giorno professoressa > esclamarono i tre in coro raggiungendola.

< Come sta? > chiese affabile Charlie. < Bene, grazie > rispose lei asciutta. < Vi ricordo che oggi alle tre siete attesi nel mio ufficio >, poi in uno svolazzare di vesti entrò in classe seguita dai tre che si chiusero dietro la porta.

Mentre il professor Vitious era impegnato a spiegare come evocare un Patronus completo la mente del rampollo di casa Malfoy vagava lontano, fuori dalle grandi finestre, lungo le rive del Lago Nero slittando verso le pendici delle montagne fino ad arrivare ai cancelli di casa sua.

Immaginò sua madre, seduta sulle morbide poltrone del salottino privato, con la schiena rigida e il volto velato di lacrime mentre con mano tremante rileggeva la lettera che il suo caro Lucius le aveva spedito da chissà quale fogna.

E mentre Blaise se la rideva alla grande per chissà quale errore commesso da Pansy, Malfoy ripensò al giorno del suo processo.

L’aula, scelta dal Ministro in persona, era la stessa che quasi quattro anni prima aveva ospitato il processo di Charlie Potter, accusata di aver usato la magia fuori dalle mura di Hogawrts quando era ancora minorenne. Con l’aiuto di Silente però, era riuscita a cavarsela, facendosi assolvere da tutte le accuse e potendo così tornare alla sua “spensierata” vita. Beh, ovviamente si fa per dire, dato che quello stesso anno era stata scelta come campionessa di Hogwarts e aveva assistito al ritorno del Signore Oscuro non senza prima di vedere il suo compagno di scuola, Cedric Diggory, morire per mano di Codaliscia. Insomma, un anno bello movimentato quello!

Tornando con la mente al processo che vedeva lui, sua madre e suo padre come imputati, Malfoy ebbe un leggero fremito che gli scosse la mano nella quale stringeva la bacchetta.

Le panche di legno sistemate tutto intorno al centro della stanza, si allungavano in ordinate file, fino a raggiungere l’estremità più lontana della stanza. Su di esse sembravano essersi stipati più maghi e streghe di quanti potessero entrarci. Al centro esatto della stanza, posti uno di fianco all’altro, erano stato sistemati tre scanni dall’aria scomoda.

Gli alti schienali erano sporchi e unti, ai braccioli di legno erano fissate due file di catene incantate e dietro ognuno di loro era stato posto un Auror dall’aria minacciosa.

Di fronte ai tre scanni, al centro delle panche contenenti maghi e streghe, era stata sistemata la poltrona in pelle di drago del Ministro. In una zona ben distante, erano state sistemate due panche dalle dimensioni ristrette su cui stavano seduti in posizione rigida e guardinga, circa mezza dozzina di ragazzini. Ovviamente tutti sapevano che era grazie a loro, e ad una in particolare, se il Signore Oscuro era stato sconfitto, ma a quanto pareva per i maghi e le streghe riuniti nella stanza, quello non era abbastanza per garantirgli un posto accanto a loro. Un colpo di martelletto proveniente dalla zona in cui sedeva il Ministro della Magia bastò per far calare il silenzio all’interno della’aula.

Una piccola porta nera, posta di fronte ai ragazzi e nascosta dalle alte tribune in legno, si aprì gettando un cono di luce gialla opalescente sul pavimento di pietra. Scortati da tre Auror dall’aria scaltra, i tre Malfoy, avanzarono nella stanza sotto gli sguardi schifati e velenosi dei giudici.

Avevano tutti e tre un’aria malaticcia e depressa. I lunghi capelli biondi di Lucius Malfoy, di solito curati e lisci, erano ora sporchi e unti. Il viso deturpato da una folta peluria grigiastra che andava espandendosi lungo gli zigomi per poi tuffarsi fin sotto il mento. Ormai era solo più l’ombra dell’uomo che era stato un tempo.

La moglie, che un tempo aveva conosciuto bellezza e potere, era ora smagrita e provata. I capelli, di solito voluminosi le ricadevano davanti al viso in scoordinate ciocche sporche, le labbra erano rotte in più punti e sanguinavano, ma lei sembrava non essersene accorta.

Quello messo peggio di tutti era Draco però, gli occhi un tempo carichi di disprezzo e superbia, erano ora vuoti e vacui. Il fisico asciutto e ben proporzionato che il Principe soleva mostrare come un trofeo a tutte le ragazze di Hogwarts che se lo fossero meritato, aveva conosciuto la fame e i suoi nefandi effetti. Le guance incavate e il pallore candido della pelle, lo rendevano non dissimile da uno spettro.

Dai polsi legati con pesanti catene, colavano piccoli rivoli di sangue scarlatto, che precipitando al suolo emettevano deboli “click”.

La camicia bianca, la stessa che indossava il giorno della battaglia finale, era sgualcita e macchiata di sangue in più punti; i pantaloni neri, un tempo ben curati apparivano lacerati e sporchi; sul collo recava i segni della prigionia: grossi lividi violacei facevano la loro comparsa rendendo lo spettacolo ancora più agghiacciante.

< Gli imputato si accomodino sugli scranni > gracchio la voce di un mago anziano e rugoso seduto accanto al Ministro.

Gli Auror fermi dietro gli alti scranni, si avvicinarono ai prigionieri per liberarne i polsi dalle pesanti catene e condurli verso la propria postazione. Come le catene furono tolte tutti e tre compirono lo stesso inconscio movimento di ruotare più volte entrambi i polsi, di cui molto probabilmente avevano perso sensibilità.

Charlie fu forse l’unica in tutta l’aula ad accorgersi dei profondi tagli sui polsi di Draco e a come si stessero infettando.

Stava giusto pensando che forse avrebbe dovuto dirlo agli Auror quando il processo sarebbe finito, che un rumore secco di catene che si chiudevano riempì la stanza con il suo suono.

I tre imputati si erano seduti sui loro scranni e subito le catene poste sui braccioli si erano andate a chiudere sulle loro braccia.

< Siamo qui oggi per discutere del caso che vede imputata l’intera famiglia Malfoy > annunciò in tono operoso il mago di prima.

< Tutti e tre sono stati marchiati dal Signore Oscuro e per suo ordine hanno ucciso, seminato il panico e combattuto contro gli Auror di questo Ministero e gli studenti della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Vado ora ad elencare le accuse: pluri omicidio, pratica delle Arti Oscure su minorenni e una serie di altri reati che non elenco per non dilungarmi oltre >

Dalle panche si levò un cupo mormorio d’assenso; rapidi sguardi passavano da Charlie ai tre imputati che tenevano le testa basse.

< Prima di condannare i tre alla reclusione a vita nel carcere di massima sicurezza di Azkaban, saranno ascoltati alcuni testimoni >

E mentre queste parole venivano pronunciate alcuni studenti di Hogwarts venivano condotti all’interno dell’aula, con l’aria di chi sta per essere condannato a morte.

Il primo a parlare fu Dean Thomas, compagno di anno di Charlie, Ron, Neville ed Hermione.

< Ci dica figliolo, quale comportamento hanno adottato queste persone > indicò i tre < durante l’ultima guerra? > chiese con voce gentile.

Dopo essersi schiarito la voce un paio di volte Dean parlò in tono grave ma tuttavia sicuro. < Si sono prestati alle torture più mostruose, hanno disseminato il panico all’interno di Hogwarts e lui > indicò Malfoy < Quando gli è stato chiesto da che parte schierarsi ha scelto lui >

Il suo tono ora esprimeva tutto il disprezzo e la rabbia che per sette lunghi anni era stato sepolto dentro di lui.

< Molto bene, molto bene > annuì il vecchio agitando la mano.

Dopo Dean fu la volta degli altri studenti, i quali raccontarono le medesime cose, arricchendole ogni volta di nuovi terrificanti particolari.

< Direi che abbiamo prove a sufficienza > annunciò il vecchietto lanciando uno sguardo interrogativo al Ministro che annuì < Direi che possiamo passare ai voti >

< Chi di voi > disse rivolgendosi all’ampio numero di streghe e maghi presenti in aula < è favorevole alla reclusione a vita di tutti gli imputati nel carcere di massima sicurezza di Azkaban? >

Una marea di mani si alzò puntando verso l’alto, solo quelle dei sei ragazzini non si mossero, anche se Charlie notò che quella di Ron faticava parecchio per rimanere al suo posto.

< Molto bene direi allora… > Le parole del mago furono bloccate dal Ministro, che alzandosi in piedi si schiarì la gola, con il chiaro intento di parlare all’aula.

< Per quanto la vostra decisione mi sembri corretta, desidero che la parola finale, spetti a coloro che li hanno combattuti >

Mormorii di disapprovazione e sgomento di diffusero lungo gli spalti. Un vecchietto per poco non cadde dalla panca.

< Cosa vuole dire, Ministro? > chiese affabile l’anziano mago.

< Voglio dire, che la decisone finale, spetterà solo e solamente a Charlie Potter e ai suoi amici > annunciò solenne il Ministro < Sono loro che hanno affrontato il Signore Oscuro, loro che si sono battuti per un mondo migliore e Charlie più di tutti, perciò ritengo opportuno che siano loro a decidere la pena per gli imputati >

L’anziano mago sgranò gli occhi lasciandosi cadere a peso morto sulla sedia e prendendo a sventolarsi una mano davanti al viso divenuto improvvisamente pallido.

< Ma, Ministro, non si può > cercò di dire. < Insomma, sono solo dei ragazzini > aggiunse in un sussurro.

< Sono molto più che ragazzini > rispose il Ministro scocciato < Charlie Potter è la Prescelta, colei che è riuscita dove maghi più esperti e adulti hanno fallito per anni. Lei è colei che ha distrutto Voldemort >

In quel momento il viso di Charlie avvampò per l’imbarazzo. Il Ministro in persona aveva deciso che l’ultima parola spettava a lei; lei che nemmeno aveva ancora diciotto anni; lei che solo qualche settimana prima credeva di stare per morire.

Troppo concentrata nei suoi pensieri, Charlie non si rese conto dell’improvviso caos che si era creato in aula. Insulti, oggetti e fatture di ogni tipo volevano per aria come morbide farfalle. I tre imputati erano ancora legati ai loro scranni, mentre degli scioccati Auror cercavano di riportare la situazione alla normalità.

< Ho detto SILENZIO! > tuonò la voce potenziata del Ministro.

< Così ho deciso e così sarà fatto > continuò un po’ meno arrabbiato

< Ora chiedo, gentilmente, ai ragazzi di discutere della cosa e poi di rivelare il loro verdetto > terminò accomodandosi di nuovo sulla sua poltrona sotto gli sguardi furibondi di metà aula.

Dopo quelli che a Draco parvero anni la Potter si alzò in piedi, puntandosi la bacchetta alla gola per fare un incantesimo Sonorus, e parlò. Era sicuro che da quelle labbra sarebbero uscite le stesse identiche parole che aveva già sentito prima dai suoi ex compagni di scuola. Era preparato a sentirsi dichiarare colpevole e pronto per tornare in quello che in tutto e per tutto assomigliava all’inferno. In fondo non poteva certo biasimarla se avesse deciso di dichiararlo colpevole. Era stato dalla parte sbagliata ed ora ne avrebbe pagato il prezzo.

< Siamo arrivati ad un verdetto > disse con voce timida < Noi riteniamo che solo Lucius Malfoy debba essere scortato ad A zkaban per scontare la pena di reclusione a vita > annunciò con lo sguardo che vagava rapida da lui al Ministro della Magia che sorrideva complice.

< Ma come, non è possibile > sbottò indignato il vecchio mago accanto al Ministro. < Stia zitto > gli intimò l’uomo.

< Continua cara > aggiunse in tono carezzevole.

< Si, ecco, noi riteniamo che in fondo Draco Malfoy e Narcissa Malfoy siano innocenti >

Innocenti… innocenti, quella era la parola più bella che Draco avesse mai sentito. Se la Potter aveva deciso che loro erano innocenti, quello voleva dire, che sarebbero potuti tornare a casa e ricominciare da zero.

Improvvisamente le catene non sembrarono più tanto strette e fredde e lo scranno scomodo, gli sembrò anzi di essere adagiato su una pila di morbidi cuscini di piuma.

Innocenti!

< Molto bene > commentò aspro il vecchio mago < Rilasciate quei due e conducete il signor Malfoy nuovamente ad Azkaban >

Come riemergendo da un brutto sogno Draco aprì gli occhi che non si ricordava di aver chiuso ritrovandosi davanti una preoccupata Pansy intenta a chiamarlo.




Angolo autrice:
Bentornatiiii! Per prima cosa ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente, siete davvero fantastiche! I miei più sinceri ringraziamente vanno, naturalmente, anche a tutti coloro che nel silenzio delle loro case babbane leggono e si emozionano con la mia storia.
Questa volta il capitolo ripercorre un doloroso ricordo di Draco, che contro ogni sua spettativa, idea o volontà si ritrova a pensare al giorno del processo e a quanto la Pottere abbia fatto per lui. In fondo se è potuto tornare a scuola e completare la sua istruzione e sua madre è potuta rimanere a casa è solo grazie a lei.
Il motivo per il quale abbia pronunciato la parola Innocenti, quando tutte le prove erano contro di loro, rimane ancora un mistero per il bel biondo che mano a mano che la storia procede sembra essere sempre più soggetto al fascino della bella mora.
Rimane ancora una cosa da scoprire: cosa ci sarà scritto di così pericoloso da convincere il Principe a ripercorrere sentieri tanto ardui della sua memoria?
Restate con me e lo scoprirete!
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** -Cosa credi accadrà adesso?- -Non lo so- ***


 

Capitolo 18

 

 

 

 

< Che cazzo hai da urlare come un’oca giuliva? > sbraitò Draco esasperato dal continuo strepitio della voce di Pansy.

< C’è che il tuo amico Blaise si è beccato una fattura da quel coglione di Tiger! > ruggì lei altrettanto arrabbiata senza accorgersi del professor Vitious fermo a pochi passi da lei.

< Signorina Parkinson! > la chiamò il professore < Moderi il linguaggio non siamo alla Testa di Porco >

Abbassando lo sguardo per incontrare quello del piccolo professor Vitious, Pansy contrasse la mascella come per trattenersi dal dire qualcos’altro. Sicuramente avrebbe voluto protestare per il fatto che anche Malfoy aveva usato un linguaggio scorretto, eppure a lui, il professore non aveva detto nulla. Evidentemente lo sguardo di puro disgusto che il biondo le rivolse fu sufficiente a farla tacere, dopotutto per lei Draco rimaneva il suo futuro marito.

< In ogni caso, signorina Parkinson, mi vedo costretto a sottrarre a Serpeverde cinque punti > continuò il professore mentre con movimenti rapidi riportava la stanza alla normalità.

Nonostante stessero solo cercando di evocare un Patronus, molti ragazzi, avevano combinato seri danni. Un tizio di Tassorosso di nome Jimmy aveva fatto volare per aria un pila di cuscini rossi ammucchiati in un angolo che poi erano esplosi, quando una certa Katy aveva perso il controllo di un incantesimo.

Tornando a rivolgere la sua piena attenzione a Malfoy, il professor Vitious gli chiese di accompagnare il suo compagno da Madama Chips in modo che potesse essere curato.

< Potrebbe accompagnare il signor Zabini in infermeria? > domandò aspettandosi una risposta affermativa.

Con un lieve cenno del capo, che stava ad indicare che avrebbe accompagnato Blaise da Madama Chips, Malfoy si congedò andando a recuperare quello che un tempo era stato il suo migliore amico e che adesso assomigliava ad un foruncolo gigante.

Notando l’espressione di puro divertimento dipinta sul volto del biondo, Zabini si premurò di farlo tacere.

< Non dire una sola parola > mormorò tra i denti mentre un’altra spruzzata di disgustosi foruncoli gialli pronti a esplodere da un momento all’altro, faceva la sua comparsa sul naso e sugli zigomi.

< Ehi, io volevo solo farti i complimenti per il nuovo look > disse Malfoy fingendosi offeso.

< Certo e io sono un idiota di Tassorosso > commentò sarcastico l’altro facendo ridere il biondo che dopo avergli passato un braccio sotto la spalla lo accompagnò fuori dall’aula.

I corridoi erano deserti tranne per qualche alunno di Corvonero del sesto anno che aveva ora buca. Il freddo strisciava all’interno del castello insinuandosi lungo la pietra grigia e avvolgendo ogni cosa incontrasse.

Persino le centinai di torce accese lungo le pareti faticavano a riscaldare l’ambiente. Accanto a lui Blaise continuava a borbottare insulti a quell’inutile sacco di sterco di drago di Tiger, mentre altri foruncoli gialli comparivano lungo il collo e vicino alle orecchie.

Questa volta l’aveva combinata grossa, Blaise non era il tipo di ragazzo che andava cercando vendetta per qualunque scemenza, ma questa volta Draco era sicuro che l’avrebbe fatta pagare molto cara a Tiger.

Se c’era una cosa che Blaise riteneva sacra oltre la sua scopa, beh quella era proprio la sua faccia. Faccia che oltretutto lo aveva portato sul podio dei ragazzi più belli di tutta Hogwarts.

Continuando a lanciare maledizioni a Tiger, Zabini scese le due rampe di scale che lo separavano dall’infermeria e dalle strepitose doti curative di Madama Chips. La faccia nel frattempo andava riempiendosi sempre più di rivoltanti foruncoli gialli che sarebbero esplosi da un momento all’altro se qualcuno non avesse fatto qualcosa.

< Fai in modo di tenere quei cosi giallastri buoni, perché se dovessero mai esplodermi in faccia, giuro che ti trasformo in una lumaca > lo minacciò Malfoy, sostituendo al ghigno divertito che lo aveva accompagnato per tutto il percorso dall’aula di incantesimi alle porte dell’ infermeria, un espressione disgustata.

< Farò del mio meglio > borbottò l’altro in risposta poco prima che il braccio di Malfoy spingesse il pesante portone di legno invitandolo ad entrare.

< Madama Chips? > chiamò una volta all’interno dello stanzone.

Un donna di bassa statura e corporatura piuttosto massiccia, con un grembiule bianco legato alla vita e un cappellino bianco con un croce rossa dipinta su, sbucò da dietro una tendina di cotone per vedere chi fosse la fonte di quel baccano.

< Signor Malfoy > cominciò severa < Quante volte devo dirle che qui è vietato fare baccano? > continuò con cipiglio deciso.

< Mi scusi > rispose il ragazzo sorridendo < Volevo solo dirle che ho accompagnato Zabini > spiegò poi con nonchalance.

< Per Merlino! > esclamò l’infermiera quando vide la faccia di Blaise ora interamente coperta di foruncoli gialli grandi quanto noccioline.

< Cosa le è successo caro? > domandò avvicinandosi e cominciando ad esaminare il danno.

< Un compagno ha sbagliato un incantesimo e questo è stato il risultato > spiegò rapidamente il biondo prima di seguirli attraverso l’enorme stanzone fino ad un letto in fondo alla stanza.

< Vedrò di trovare un rimedio al più presto > disse la donna.

< Con al più presto, intende presto presto, vero? > domandò Blaise angosciato.

< Oh, certo caro, certo > lo tranquillizzò la donna voltando le spalle ai due per andarsene.

< Immagino che non uscirò di qui prima di una settimana > mormorò il ragazzo con tono sconsolato. < Beh, almeno non sarai costretto a seguire le lezioni > disse il biondo cercando di alleggerire la situazione.

L’altro non rispose limitandosi a fare una smorfia di disgusto mentre con mano tremate si tastava la faccia.

< Sono sicuro che tornerai come prima > aggiunse il biondo ghignando prima di voltare le spalle all’amico e incamminarsi verso il portone di legno.

< Verrò a trovarti domani > disse prima di uscire.

L’ora di Trasfigurazione che i Grifoni avevano in comune con Corvonero andò alla grande. Hermione riuscì a trasformare il suo gatto in un perfetto poggiapiedi di legno con tanto di imbottitura rossa dopo soli dieci minuti. Charlie ottenne discreti risultati, riuscendo se non altro a tramutare il suo gatto in quello che assomigliava ad un poggiapiedi dopo mezz’ora dall’inizio della lezione, senza però nemmeno avvicinarsi all’opera d’arte della riccia. Ron al contrario delle due invece, fallì in tutti i suoi tentativi, tanto che la professoressa McGranitt fu tentata di togliere cinque punti a Grifondoro. Per fortuna dove Ron mancava, eccelleva Hermione, così i loro punti furono salvi e la professoressa decise di lasciar perdere almeno per quella volta, decidendo però di assegnare al rosso una caterba di compiti extra.

Diceva che servivano per riempire le enormi, smisurate, fosse oceaniche che il suo cervello aveva al posto della materia grigia.

Borbottando un < Sì, professoressa > il rosso era uscito dall’aula con l’aria di chi aveva appena dovuto sopportare quattro immense ore di pozioni con Lumacorno.

< Ha ragione la professoressa > stava dicendo Herm mentre i tre si incamminavano verso l’ultima lezione del giorno.

< Devi impegnarti di più se vuoi riuscire a prendere un M.A.G.O in Trasfigurazione > continuò con aria da vera so tutto io.

< Sì, si mi impegnerò > promise il rosso aumentando il passo e precedendole lungo le scale che li avrebbero portati al terzo piano.

L’ultima ora di lezione della mattinata avrebbero avuto incantesimi con il professor Vitous. Era dalla settimana precedente che si esercitavano sugli Incanti Patronus, tanto che quasi metà classe era riuscita ad evocarne uno completo. Per lei, Herm e Ron non c’erano state difficoltà di nessun genere. Charlie in modo particolare poteva definirsi un’esperta in quel campo dato che il suo primo Patronus Corporeo lo aveva evocato per la prima volta all’età di tredici anni, quando si era ritrovata a dover difendere la vita sua e del suo padrino, da un’orda di affamati Dissennatori.

< Buongiorno ragazzi! > salutò raggiante il piccolo insegnante chiudendo le porte dell’aula da cui erano stati tolti i banchi.

< Come la scorsa settimana, ci eserciteremo sugli Incanti Patronus, che a quanto ricordo parecchi di voi sono già in grado di evocare > continuò l’insegnante mentre raggiungeva il piccolo podio rialzato in fondo all’aula.

< Prima di cominciare vorrei chiedere a Charlie di mostrarci come si evoca un Patronus Corporeo > esclamò cercando di sovrastare il chiasso che si era creato durante lo smistamento a coppie. < Quando vuoi cara > disse poi rivolgendosi alla ragazza la cui bacchetta era già sollevata a mezz’aria.

Chiudendo gli occhi e cercando tra le varie vie delle memoria quella che portasse al suo ricordo più bello mormorò un appena udibile < Expecto Patronus > che un filo argenteo fuoriuscì dalla punta della sua bacchetta tramutandosi all’istante in uno splendido cervo.

L’animale curioso, cominciò a girare la grande testa in tutte le direzioni, soffermandosi per qualche istante sulla figura della sua evocatrice, che sorridendogli gli ordinò di andare a dare una leccatina ad una divertita Calì. Sempre seguendo gli ordini della sua evocatrice il cervo argenteo fluttuò sul pavimento di pietra fino a raggiungere la parte della classe dove si erano sistemati lei, Herm e Ron per scomparire poi in uno sbuffo di fumo argenteo.

< Molto bene, molto bene > mormorò entusiasta il professore battendo leggero le mani < Come avete notato Charlie è riuscita a produrre un Patronus Corporeo che, come tutti abbiamo potuto notare, ha assunto le sembianze di un magnifico cervo >

Un sorriso spontaneo sorse sul viso della mora illuminandole lo sguardo di giada.

< Chi di voi sa dirmi come si fa ad evocare un Patronus Corporeo e a cosa si deve la sua forma? >

La mano di Hermione scattò in aria come se fosse stata tirata da un burattinaio. Sorridendo il professore le concesse la parola.

< Un Incanto Patronus si può produrre concentrandosi sul ricordo più felice in nostro possesso, a cui segue l’immediata pronuncia dell’incantesimo Expecto Patronus. A questo punto, se l’incanto è stato evocato correttamente, dalla bacchetta del mago dovrebbe fuoriuscire l’immagine di un animale argenteo che assume sembianze diverse a seconda della personalità di chi lo ha evocato >

La riccia aveva parlato talmente in fretta e senza un attimo di fiato che non fu una sorpresa vederla respirare affannosamente come se avesse appena corso la maratona più lunga al mondo.

< Ottimo, signorina Granger > si complimentò il professore < Dieci punti a Grifondoro >

Tra l’eccitazione e le risate generali, l’aria si riempì quasi immediatamente di sbuffi argentei, mentre tutti gli alunni del settimo anno di Grifondoro si concentravano sul loro ricordo più felice cercando di produrre un Patronus Corporeo.

Subito tre animali d’argento fuoriuscirono da tre bacchette diverse, prendendo ad inseguirsi e a giocare tra loro, col risultato di distrarre gli altri ragazzi.

La lontra di Hermione, il cane di Ron e il cervo di Charlie continuarono a correre e saltellare per tutta l’aula fino alla fine della lezione, quando affamati come poche altre volte, uscirono dall’aula con tutta l’intenzione di dirigersi già in Sala Grande.

< Dove credete di andare voi due? > li rimproverò la riccia fermandosi a metà della rampa di scale che conduceva ai piani inferiori.

< Beh a mangiare è ovvio > rispose il rosso guardandola come se avesse appena chiesto di che colore fosse il cavallo bianco di Napoleone.

< Non se ne parla proprio > rispose quella autoritaria < Noi adesso andremo in sala comune e ci porteremo avanti con i compiti, come qualunque bravo studente del settimo anno dovrebbe fare > concluse raggiante.

< Non puoi dire sul serio > si lamentò Charlie che aveva spalancato la bocca in segno di incredulità.

< Oh, invece sono serissima signorina > la rimbecco Hermione puntandole l’indice accusatore al petto < Tu, e anche tu > disse rivolgendo uno sguardo i fuoco al rosso < Verrete con me in Sala Comune dove scriveremo un meraviglioso tema di pozioni e ci porteremo avanti con i compiti di erbologia >

< E dai cucciolotta, possiamo anche finirli oggi pomeriggio i compiti > disse Ron avvicinandosi sempre più alla riccia nel tentativo di persuaderla a lasciarli andare a pranzo prima.

< E’ inutile che cerchi di persuadermi Ronald, non cederò mai > ribatté decisa. < Insomma, che ti costa se mangiamo adesso e poi facciamo i compiti? > insistette il rosso, ignorando il tremolio al labbro della riccia.

< C’è > esordì Hermione con tutta calma < Che oggi pomeriggi avete l’allenamento di Quiddich e stasera sarete troppo stanchi anche solo per reggervi in piedi, quindi ora filate di corsa in Sala Comune e fare i vostri compiti > concluse soddisfatta.

< L’allenamento di Quiddich > esclamò nel frattempo una sbadata Charlie. < Me ne ero dimenticata > aggiunse sorridendo in direzione della riccia.

< A che ora è già? > domandò a Ron, il suo portiere. < E io che ne so, mica sono il capitano > rispose quello alzando le spalle e seguendoli con aria scontrosa lungo le scale.

< Sei davvero di grande aiuto > disse sarcastica Charlie. < Grazie >

Per fortuna la memoria di Hermione era impeccabile almeno quanto la sua tecnica in Incantesimi, così fu lei a ricordare l’orario dell’allenamento a Charlie.

< L’allenamento è fissato per cinque > spiegò sorridendo paziente.

< Grazie > rispose la mora mormorando la parola d’ordine alla Signora Grassa ed entrando nel buco che portava alla Sala Comune di Grifondoro.

La prima cosa che notarono fu la quasi totale assenza di ragazzi, spiegabile solo attraverso la convinzione che fossero già tutti in Sala Grande, a godersi il delizioso pranzo preparato con tanta cura dagli elfi domestici.

< Che palle, saranno tutti di sotto ad ingozzarsi, e noi qui costretti a studiare come matti > si lagnò Ron lasciandosi cadere pesantemente su una delle poltroncine vicino al fuoco.

< Lo so, però da una parte Herm ha ragione > rispose Charlie alzando le spalle < In fondo se non ci impegniamo non riusciremo a prendere i M.A.G.O e lo sa che se vogliamo tentare la carriera da Auror ci servono quei dannati cosi > aggiunse notando l’espressione di puro sgomento del rosso.

< Immagino di sì > rispose quello sconsolato estraendo dalla cartella il libro di pozioni, un foglio di pergamena, la piuma e dell’inchiostro.

Lumacorno gli aveva assegnato un lunghissimo (a detta di Ron ) tema sugli effetti dell’Armontentia, dove oltre a descriverne l’aspetto e le caratteristiche, avrebbero dovuto anche parlare dell’antidoto e di come andava somministrato, specificando dosi e tutto il resto.

Ovviamente per Hermione quello era un gioco da ragazzi, secondo i calcoli di Charlie ci avrebbe messo al massimo quindici minuti, forse sedici ma non di più.

In fondo Herm era sempre stata una grande pozionista, attenta precisa e sicura di se. Qualunque intruglio preparato dalla so-tutto-io della scuola risultava perfetto e a volte addirittura migliore di quello preparato da Lumacorno stesso.

Tornata dalla sua stanza, nella quale era salita a prendere qualche pergamena in più, la riccia si posizionò accanto a Charlie sul divanetto e cominciò a scrivere.

Come sospettato dalla mora, Hermione finì il suo tema quindici esatti minuti dopo, mettendo il punto sul tema più lungo che i due avessero mai visto.

< A che punto siete voi due? > domandò alzando lo sguardo dal suo lavoro e puntandolo su quello dei due amici.

< Ronald, hai scritto solo quelle poche righe in tutto questo tempo? > domandò infervorandosi e strappando la pergamena dalle mani del rosso.

< Beh, no… non ho voglia di fare quel tema, non è che potresti farlo tu per me? > domandò il ragazzo in un azzardo.

< Non se ne parla nemmeno, tu ora ti metterai d’impegno e lo finirai >

sbottò la riccia restituendo la pergamena al rosso < Sono stata abbastanza chiara? > domandò poi fissandolo in cagnesco.

< Cristallina > rispose l’altro sarcastico.

< E tu Charlie? > domandò poi rivolgendosi alla mora che era a buon punto. < Direi abbastanza bene, ho quasi finito > rispose quella senza staccare gli occhi dal suo tema.

< Molto bene, molto bene > mormorò l’altra estraendo dalla cartella il pesante tomo di erbologia e posandolo sul tavolino di legno davanti a loro.

< Mentre voi finite il tema io comincio con erbologia > dichiarò aprendo il libro e tuffandocisi dentro.

Quasi quarantacinque minuti e molti rimproveri dopo, i tre erano seduti al tavolo di Grifondoro nella Sala Grande ad ingozzarsi di pasticcio di carne e patate arrosto.

< Cosa pensate ci vogliano dire oggi dalla McGranitt? > domandò Ron inforcando con particolare crudeltà una patata bruciacchiata.

< Non lo so > rispose Hermione sospirando < Ma temo non sia nulla di buono > aggiunse lasciando cadere la forchetta accanto al piatto quasi intatto.

< Secondo voi è possibile che siano tornati? > domandò poi rivolgendo uno sguardo ansioso a Charlie che a sua volta alzò il suo.

< Spero di no > rispose quella perdendo improvvisamente tutta la fame che aveva.

Al tavolo Serpeverde tra le tante teste brune se ne distingueva una quasi bianca. Draco Malfoy era seduto quasi al centro del tavolo, con accanto Pansy Parkinson alla sua destra e Theodore Nott alla sua sinistra.

< E’ arrivata anche a te, vero? > domandò quest’ultimo rivolto al biondo che stava giocando un paio di patate.

< Certo che mi è arrivata > rispose il biondo con nessuna particolare inflessione nella voce.

< Cosa credi accadrà adesso? > domandò Nott in un sussurro carico d’ansia.

< Non lo so > ammise l’altro < Ma immagino che vogliano vendetta, quindi quasi sicuramente tenteranno di entrare ad Hogwarts > concluse lasciando cadere la forchetta dentro il piatto quasi intatto.

< Già, immaginavo > mormorò l’altro accasciandosi sulla panca.

< Tesoro > gracchiò Pansy accarezzando la gamba di Draco in zona inguine < Perché non mangi? > soffiò poi vicino al suo orecchio.

< Non ho fame > rispose l’altro allontanandole la mano e dedicandole un sguardo carico di disprezzo < E non ho nemmeno voglia di averti tra le palle > sputò gelido < In tutti i sensi > aggiunse prima di alzarsi e dirigersi verso l’uscita della Sala Grande.




Angolo autrice:

Bentornati, cari Potteriani! Chiedo scusa per l'immenso ritardo ma tra scuola e patente non ho nemmeno il tempo per respirare. Comunque sia, tornado a noi, direi che su questo capitolo non c'è molto da dire dato che p più un capitolo di transizione più che altro.
Non succendono grandi cose, quelle le ho riservate per il capitolo successivo che spero di riuscire a pubblicare al più presto.
Vi lascio alla lettura del capitolo, spero lo apprezziate!
Alla prossima, Sybeoil!
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Sono tornati ***


 

Capitolo 19

 

 

 

 

All’appuntamento con la McGranitt e il ministro Kingsley mancava poco più di un’ora, quando Ron, Charlie ed Hermione salirono le scale che portavano alla torre di Grifondoro.

La preside aveva fatto in modo di sospendere le loro lezioni pomeridiane per permettergli di assistere all’incontro, così adesso, si ritrovavano a non sapere che fare.

Ovviamente Hermione, da brava so-tutto-io, aveva proposto di passare quei minuti a loro disposizione studiando e portandosi avanti con l’immensa quantità di compiti che avevano.

Idea che però, era stata bocciata sul nascere. Sia il rosso, che Charlie, si erano perentoriamente e definitivamente rifiutati di dedicare anche solo un minuto di quel tempo ai compiti, preferendo ad essi il Quiddich.

Arrivati in Sala Comune i tre si separarono; Charlie ed Hermione salirono nel loro dormitorio, dove la mora prese la sua Firebolt e la riccia il libro di antiche rune, mentre Ron si arrampicò lungo la scala che portava al dormitorio maschile diretto alla stanza che divideva con Neville, Dean e Seamus.

Quando le due ragazze furono sole, la riccia chiuse cautamente la porta, come se avesse paura che qualcuno potesse spiarle o sentirle.

Prima di parlare si assicurò anche che in bagno non ci fosse nessuno, poi finalmente si decise a vuotare il sacco.

< Sono tornati Charlie > sviscerò tutto d’un fiato. La mora, che si era aspettata una cosa del genere, si lasciò cadere pesantemente sul materasso del suo letto poggiandovi sopra la sua scopa.

< Come fai ad esserne certa? > domandò Charlie dopo qualche attimo di silenzio, in cui il suo cervello fece a botte con la netta sicurezza che le parole della riccia fossero vere.

< Cos’altro potrebbe spingere Kinsgley a lasciare il Ministero e venire fino ad Hogwarts? Cosa lo avrebbe spinto, se non questo, a scriverci quella lettera e a convocarci nell’ufficio della McGranitt? > disse con tono cupo, misurando la stanza a grandi passi e fermandosi giusto qualche istante per fissare solennemente Charlie.

< So che può sembrare strano > azzardò la mora < Ma non è che ha semplicemente voglia di vederci? > domandò infine posando il suo sguardo su quello della riccia.

< Anche io vorrei che non fosse vero > tentò quella dolcemente andando a sedersi accanto a lei < Ma lo sai anche tu che è per questo che ci ha chiamati. Sono tornati e cercano vendetta, sai meglio di me quanto stupidi, ottusi e imbecilli possano essere > concluse passandosi una mano tra i capelli scompigliati.

< Si ma… > tentò debolmente Charlie abbassando lo sguardo, travolta anche lei, da quella che in fondo al cuore sapeva essere la verità.

Quei fottuti bastardi erano tornati, e se ciò che Hermione e lei sospettavano era vero, l’avrebbero di sicuro voluta vedere morta.

In fondo era per causa sua se il loro amato Signore Oscuro era morto; era per causa sua se ora, la quasi totalità di loro, si trovava rinchiusa dietro le sbarre di Azkaban; ed era sempre per causa sua se il Ministero, che con tanta fatica avevano conquistato, era crollato.

< Charlie, sai meglio di me cosa e come pensano quei mostri, perciò è meglio prepararsi al peggio > concluse la riccia senza ammettere repliche.

Notando però lo sguardo vacuo e preoccupato dell’amica tentò di calmarsi e di parlare in tono dolce; rassicurante.

< So che per te, più che per chiunque altro, questo è l’inizio di un nuovo incubo ma dobbiamo accettare la verità e prepararci > mormorò passandole un braccio intorno alle spalle che per troppi anni avevano sostenuto il peso del Mondo.

< Insomma, hai sconfitto Voldemort, cosa vuoi che sia un gruppetto di folli esaltati? > disse ancora Hermione nel tentativo di strappare un sorriso a Charlie.

Sorridendo sicura, la mora guardò la riccia nei suoi profondi occhi color caramello, ringraziandola per tutto ciò che le aveva detto.

< Hai ragione > affermò poi con determinazione < Bisogna essere forti e combattere, solo così si potrà ottenere un mondo migliore >

Vedendo la determinazione e la sicurezza tornare nell’amica, Hermione si lasciò andare ad un sorriso carico di calore e precedette Charlie lungo le scale che portavano di sotto alla Sala Comune, dove ad aspettarle c’era Ron con in mano il suo manico di scopa.

< Percy? > chiamò il Ministro dal suo ufficio. Un ragazzo nella media, smilzo, con una zazzera di capelli rosso fuoco e un paio di occhiali dalla montatura di tartaruga, sbucò da dietro la porta.

< Mi ha chiamato signore? > domandò nel suo miglior tono professionale.

< Sai, puoi anche chiamarmi Kinsgley quando siamo in privato > disse il ministro divertito < Comunque, volevo comunicarti che appena avrò terminato di leggere queste carte, potremo partire per Hogwarts >

Il ragazzo assentì e sparì nuovamente dietro la porta. Il Ministro nel frattempo era tornato a visionare quell’ammasso di inutili scartoffie.

< Oh, al diavolo > esclamò dopo qualche istante che passò leggendo sempre la stessa riga < E’ inutile che ci provi ora, non capirei niente comunque, meglio andare direttamente ad Hogwarts > aggiunse alzandosi dalla sedia e andando verso la porta.

Afferrato il suo mantello da viaggio blu notte uscì dall’ufficio per dirigersi verso la scrivania del suo assistente personale.

< Percy > disse quando fu a poco più di qualche centimetro dalla sua schiena < Ritengo che possiamo partire per Hogwarts > annunciò sorridendo.

< Oh > esclamò l’altro sorpreso e un po’ spaventato < Perfetto, prendo il mio mantello da viaggio e arrivo >

Detto questo, il giovane si alzò dalla sua postazione per andare a prendere un vecchio mantello leggermente consunto sul fondo, tornando poi dal suo superiore e seguendolo verso l’uscita.

I corridoi a quell’ora del giorno erano quasi sempre deserti: la maggior parte dei maghi e delle streghe che lavoravano al Ministero erano a pranzo. I due incontrarono solo un paio di addetti alla manutenzione che salutarono il Ministro con rispettosi inchini.

< Odio quando fanno così > commentò però l’uomo trattenendo a stento il disgusto < E’ così stupido > aggiunse senza riuscire a controllarsi.

< Già > fu il solo commento che il ragazzo fu capace di aggiungere.

Pochi minuti dopo erano arrivati al grande atrio che ospitava le ascensori; senza indugi ne scelsero una e vi si infilarono dentro, diretti al piano terra, dove avrebbero preso un camino per Hogwarts.

Certo, sarebbe stato molto più facile usare quello che si trovava nell’ufficio del Ministro, ma a Kingsley mancava terribilmente la sensazione di sentirsi… normale.

Così, contro ogni convenzione, era sceso di parecchi piani e aveva deciso di usare un camino comune; un camino che tutti avrebbero potuto usare.

Quando fu di fronte al primo della lunga fila di camini scuri, prese una manciata di metro polvere da una saccoccia che teneva legata alla vita, la gettò all’interno del camino dentro cui scaturirono grosse fiamme verdi. Il Ministro vi entrò, pronunciò a gran voce la sua destinazione, e subito svanì in un turbinio di fiamme verde smeraldo.

Il suo segretario personale, Percy Weasly, fece lo stesso e un attimo dopo di trovò a turbinare di camino in camino.

Dopo pochi minuti il Ministro si ritrovò all’interno del camino dell’ufficio che un tempo era appartenuto ad Albus Silente, fondatore dell’Ordine della Fenice e preside più amato di Hogwarts.

Per quel che poteva scorgere, l’ufficio sembrava rimasto lo stesso da allora; le stesse strane invenzioni sparse sul pavimento; carte accatastate in pile disordinate sopra i vari tavoli; una scrivania ingombra di oggetti strani e misteriosi e infine il grande armadio che aveva contenuto il pensatoio in pietra di Silente.

Scrollandosi la fuliggine dal lungo abito turchese, il Ministro, uscì dal camino salutando la nuova preside che sedeva, con rigida compostezza, sul grande scranno di legno.

< Professoressa McGranitt > salutò abbassando il capo. < Ministro > replicò lei con altrettanta cortesia.

Tra i due vi era sempre stata una certa simpatia, anche ai tempi dell’Ordine; Minerva e Kingsley erano sempre andati d’accordo e nessuno riusciva a spiegarsi bene il perché.

Dopo pochi secondi arrivò anche Percy, leggermente stordito e sporco di fuliggine sul naso e lungo le maniche del mantello, uscì dal grande camino per affiancare il suo superiore.

< Accomodatevi > disse loro la McGranitt, facendo comparire due sedie dal nulla.

I due accettarono l’invito e si sedettero.

< Sono un po’ in anticipo > ammise Kingsley con aria colpevole < Ma speravo di parlare in privato con te, prima di comunicare la notizia ai ragazzi > aggiunse cambiando tono.

Certo, sapeva che tanto prima o dopo sarebbero venuti a saperlo e che di sicuro era meglio apprendere una notizia di tale portata da una voce amica, ma era anche vero che rimanevano pur sempre dei ragazzini e lui aveva il dovere di proteggerli.

< Capisco > rispose prontamente la McGranitt mentre con un movimento fluido della bacchetta faceva comparire davanti a loro due bottiglie di burro birra. < Gradite? > chiese poi aprendone una.

< Grazie > risposero i due ospiti in coro. La professoressa, con sorprendente eleganza, versò la burro birra in tre bicchieri, due dei quali passò al Ministro e al suo segretario.

< Come stavo dicendo > riprese Kingsley dopo aver bevuto un sorso di burro birra < Vorrei prima parlare della faccenda con te, Minerva >

Un silenzio innaturale cadde sulla stanza, come se un improvviso spruzzo di freddo vento, avesse congelato i suoni.

< Come sai, sono evasi > continuò grave il Ministro. < Quasi trenta di loro sono riusciti ad evadere da Azkaban e non sappiamo ancora come abbiano fatto > aggiunse notando lo sguardo di stupore e incredulità che si era dipinto sul viso della preside nell’udire quelle parole.

< Sono pericolosi > continuò il Ministro < Forse anche più pericolosi dell’ultima volta. Cercano vendetta, vogliono Potter morta per ciò che ha fatto e per come li ha ridotti > la voce ridotta ad un sussurro carico di rabbia e disprezzo < e non si fermeranno davanti a nulla. La disperazione, la pazzia, la rabbia li rendono estremamente pericolosi >

Improvvisamente il bicchiere di burro birra che la preside teneva stretto nel pugno della mano, sembrò divenire estremamente pesante.

< Immagino allora, che tenteranno di penetrare le difese di Hogwarts > disse la professoressa con tono quasi sereno.

< E’ quello che temo, Minerva > rispose il Ministro corrucciato.

< Molto bene, molto bene > commentò la preside assorta, alzandosi dalla poltrona e prendendo a camminare in tondo nella stanza.

< Rafforzeremo le difese intorno ai confini di Hogwarts, e poi, beh potrò sempre tenere Potter sotto controllo io stessa >

Il Ministro parve sorpreso dall’audacia e dalla prontezza di spirito della donna che riuscì a strappargli una breve ma sincera risata.

< Bene, credo che per il momento sia sufficiente > accondiscese l’uomo

< Se le cose si faranno più gravi, posso sempre mandare una squadra di Auror a presidiare la scuola > aggiunse.

Un grosso orologio a pendolo posto dietro la grande scrivania di legno lucido, ingombra di carte e piume, suonò le tre e una serie di colpi scossero la porta.

< Avanti > tuonò la McGranitt. Quattro figure, tre snelle e di piccola statura e una alta e ben piazzata, varcarono la soglia dell’ufficio.

Due di loro avevano una chioma rosso fuoco che li catalogava come Weasly al 100%, le altre due invece avevano capelli castani e ricci una, e neri a lisci l’altra.

Tutti e quattro indossavano la divisa scolastica con i colori di Grifondoro, ed in fondo ai loro occhi, poteva leggersi la tensione mista alla paura.

Ciò che più saltava all’occhio però, era la cicatrice a forma di saetta che troneggiava sulla fronte della ragazza dai capelli neri e gli occhi verde giada.

Lei, Charlotte Lily Potter, era la ragione per cui il Ministro aveva deciso di far visita ad Hogwarts.

< Accomodatevi pure > mormorò la voce della professoressa facendo comparire quattro poltrone rosse e oro.

I quattro, dopo ave salutato con calorosi abbracci sia il Ministro sia il suo segretario, fratello dei due rossi, si sedettero come detto loro.

< Mi dispiace di essere stato così misterioso nella lettera > cominciò il Ministro cercando un modo per rendere la notizia un po’ meno… brutta.

< Lo sappiamo > lo precedette Charlie. < Lo… lo sapete? > balbettò il Ministro evidentemente sorpreso.

< Sì > confermò Hermione seria. < Lo abbiamo capito dal tono della tua lettera, Kingsley > aggiunse Ron muovendosi a disagio sulla poltrona.

< E abbiamo deciso di combattere > disse prontamente la mora, anticipando così, qualsiasi domanda od ordine.

< Non potete combattere > sussurrò la McGranitt da dietro la scrivania; il bicchiere di burro birra ancora stretto in mano e lo sguardo sgomento.

< Invece combatteremo, professoressa > ribatté Charlie alzandosi e andando a sistemarsi davanti al grande camino dove adesso ardeva un caldo fuocherello. < Combatteremo proprio come l’ultima volta, combatteremo perché è la cosa giusta da fare > aggiunse prima che Kingsley potesse controbattere.

< Senti Charlie > cominciò il Ministro alzandosi anche lui dalla sua sedia per raggiungere la mora < So che vuoi combattere, che non vedi l’ora di aiutare, ma questa non è più la tua guerra > concluse con tono dolce.

< Non è più la mia guerra? > domandò quella alzando la voce dentro cui si poteva scorgere una nota di incredulità.

< Questa è sempre stata la mia guerra e lo sarà fino a quando, anche solo uno di loro, minaccerà me e i miei amici > affermò con durezza.

< Perché devi mettere in pericolo la tua vita? > chiese poi il Ministro non sapendo in che altro modo controbattere. < Perché vuoi rischiare che li sforzi compiuti da coloro che ti volevano bene, e che per questa ragione hanno perso la vita, siano resi inutili? >

Fu come se una frusta uscita fuori dal nulla, l’avesse colpita in pieno petto, spezzandole il respiro e lacerandole la carne.

Quello era stato un colpo basso, lo riconoscevano anche gli altri, ma era anche vero che forse quello era l’unico modo per impedirle di combattere.

Cercando di non cedere alle lacrime, che minacciavano di caderle dagli occhi da un momento all’altro, Charlie si concentrò per calmare il respiro e il battito del cuore.

< Non hai capito che è per questo fottuto motivo che voglio combattere? Non hai capito che è perché mi sento un verme ad essere ancora viva, quando invece Fred, Tonks e Lupin sono sotto terra? >

Aveva perso il controllo, lo sentiva. Stava per esplodere; poco le importava che si trovasse nell’ufficio della preside al cospetto del Ministro; poco importava che così facendo probabilmente avrebbe svegliato tutti gli abitanti dei ritratti; sinceramente non le importava più di niente.

Sentiva la rabbia fremerle dentro come una bestia a cui è stata promessa una succulenta bistecca al sangue. Si sentiva esattamente come Voldemort, quando nonostante tutti i suoi sforzi, non riusciva a farsi obbedire dalla Bacchetta di Sambuco.

< Tu e chissà quanti altri credete che io me ne sbatta, che me ne freghi. Credete che non mi importi nulla di tutte le persone che hanno perso la vita per me, voi credete che le consideri carne da macello > urlò senza più nessun controllo < Beh, vi sbagliate! Preferirei essere morta io al posto loro, avrei preferito di gran lunga essere sotto terra, piuttosto che viva e consapevole di quanto tutto questo sia colpa mia >

Le lacrime che poco prima avevano minacciato di cadere, cominciarono a scorrerle lungo le guance, rigandole il volto segnato da cicatrici.

< Io mi odio; mi odio per quello che ho scatenato; mi odio per questa stupida cicatrice. Amavo tutti coloro che sono morti; amavo Fred, amavo Tonks, amavo Lupin, Sirius, eppure sono morti e la colpa è solo mia > biascicò tra i singhiozzi che la scuotevano come un albero in balia del vento. < Li amavo tutti e non mi è rimasto più nessuno, ho perso tutto. Per questo voglio lottare; voglio lottare perché ogni cicatrice che mi procuro lava via un po’ di senso di colpa. Ogni fottuta cicatrice che mi procuro combattendo contro quei bastardi, mi convince che in parte, li ho salvati; che in parte li ho vendicati… >

< Quindi, Ministro, non venirmi a dire di non combattere perché tanto sai che non ubbidirò. Che tu… che voi lao vogliate o no, io combatterò fino a quando avrò forze >

Appena ebbe terminato la sua sfuriata, una serie di colpi scossero la porta dell’ufficio, mentre una voce nota a tutti i presenti urlava a gran voce il nome di Charlie.

< Avanti > biascicò la preside. Bacchetta sguainata, sguardo terrorizzato e camicia sbottonata, Draco Malfoy entrò nell’ufficio come una furia.

< Cosa diavolo sta succedendo? > tuonò portandosi al centro dell’ufficio in modo da poter avere tutti sotto controllo. < Cosa le ha fatto? > domandò scorgendo il Ministro di fronte ad una più che turbata Potter.

< Niente > rispose la ragazza, asciugandosi rabbiosamente le lacrime che non era riuscita a trattenere.

< Come sarebbe niente? Sembri una a cui è appena stata inflitta la Maledizione Curciatus > replicò il biondo evidentemente sconvolto.

< Ho detto niente, Draco > insistette lei rivolgende uno sguardo più che eloquente che non si sa bene come, ma lo convinse ad abbassare la bacchetta.

< Vedo che finalmente è riuscito a raggiungerci signor Malfoy > disse il Ministro in tono gentile.

< Cosa volete da me? > chiese il biondo sulla difensiva.

< Da lei nulla, ma devo informarla di una cosa e gradirei che stesse a sentire come tutti gli altri > replicò Kingsley cortese.

I minuti che seguirono furono intervallati da attimi di totale silenzio, in cui l’unico suono era quello dei respiri sommessi degli altri presidi, e attimi di totale caos. La notizia che trenta Mnagiamorte erano evasi da Azkaban aveva suscitato reazioni diverse in ognuno dei presenti; a Ron e Gin per poco non andò di traverso la burro birra; Hermione strinse istintivamente le dita attorno alla bacchetta; Charlie emise un suono simile ad conato di vomito; mentre Malfoy si limitò a sbiancare.

< Perché avete chiamato anche me? > chiese Malfoy qualche istante dopo che il Ministro ebbe terminato di parlare.

< Perché > cominciò il Ministro in tono delicato < Crediamo che suo padre sia la mente e l’artefice di questa evasione e temiamo possa mettersi in contatto con lei > annunciò.

Se possibile il volto di Draco si fece ancora più pallido e un sottile strato di sudore andò ad imperlargli la fronte.

< Non credo si metterà in contatto con me > disse poi dopo qualche secondo in cui tutti gli sguardi, compreso quello di Charlie e della preside, si erano posati su di lui. < Mi reputa un tradito, un fallito > aggiunse in risposta agli sguardi scettici del Ministro e del suo segretario.

< In ogni caso > tentò Kingsley < Le sarei grato comunque se ci informasse nel caso tentasse di prendere contatti con lei >

< Certamente > rispose il biondo piegando leggermente la testa e rivolgendo poi uno sguardo complice a Charlie che gli rispose con un sorriso appena accennato.

< Siete decisi a combattere allora? > domandò il Ministro prima di andarsene.

< Certamente > rispose la riccia per tutti. < Vogliamo essere d’aiuto > aggiunse Gin.

< Molto bene > borbottò Kingsley riflettendo < Allora vi farò pervenire delle lettere in cui vi comunicherò i giorni e gli orari del vostro addestramento > comunicò poi arrendendosi.

< Addestramento? > chiese Ron colpito. < Certo, voglio che vi addestrate insieme agli Auror, non lascerò che combattiate impreparati > ribatté il Ministro.

< Oh, beh d’accordo allora > biascicò il rosso abbassando lo sguardo.

< Nel caso decida di combattere anche lei, signor Malfoy, basterò che me lo scriva ed io provvederò ad inserirla nel corso d’addestramento > disse rivolto al biondo che si era ritirato nell’angolo più lontano dal camino.

Un semplice cenno del capo fu la sua risposta.

Sorridendo il Ministro passò a salutare tutti gli altri con calorosi abbracci, soffermandosi qualche istante di più su Charlie alla quale chiese scusa.

Qualche minuto dopo lui e il suo segretario Percy, erano scomparsi dietro un turbinio di fiamme verdi, e l’ufficio era tornato silenzioso. Quando i ragazzi si furono congedati dalla preside, promettendole di comportarsi decorosamente e di rispettare gli impegni, soprattutto Charlie e Draco ai quali qualche giorno prima aveva affidato il compito di organizzare un grande ballo per Natale, uscirono tutti insieme dall’ufficio; spaventati all’idea di una nuova possibile guerra ma esaltati dall’idea di poter essere d’aiuto.

 

 Angolo autrice:
Bentornati Potteriani!!! Mi scuso per il ritardo ma sono stata parecchio impegnata. Ringrazio tutti coloro che seguono la mia storia in silenzio e non. Ringrazio le ragazze che recensiscono perchè mi riempono di gioia.
Passando ora al vero motivo per cui sono qui, posso dirvi che questo capitolo è leggermente più movimentato del precedente. Il neo Ministro Kingsley arriva ad Hogwarts, convinto di dover prendere con la pinze Charlie e i suoi amici, mentre questi hanno già capito tutto e sono decisi a combattere.
Contro ogni sua volontà, anche Malfoy si ritrova coinvolto in tutto questo e , per quanto tenterà di tirarsene fuori, ne verrà sempre più coinvolto. Cosa accadrà ora, che Charlie si troverà a dover affrontare il padre del ragazzo che sembra averle rapito il cuore? Riuscirà Draco a capire da quale parte stare questa volta, o sbaglierà ancora?
Se siete curiosi dovete solo rimanere con me e attendere la pubblicazione dei prossimi capitoli!
A presto, Sybeoil!



 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** La lettera ***


 

Capitolo 20

 

 

 

 

Silenziosi come la notte dopo la battaglia, tutti e cinque si avviarono verso i rispettivi dormitori. Draco, che ancora non aveva capito cosa fosse successo tra il Ministro e Charlie e perché quella stesse piangendo, rallentò il passo in modo da affiancarsi alla ragazza nella speranza di riuscire a parlarle.

Per sua sfortuna però, la Granger, continuò a voltarsi indietro per tutto il tragitto imitata anche dalla rossa che al contrario dell’amica esprimeva liberamente tutto il suo disgusto verso il biondo.

Trattenendo a stento la rabbia Draco si rivolse a Charlie in un sussurro appena udibile.

< Cosa è successo nell’ufficio della preside, prima che arrivassi? > pur mettendoci tutta la propria volontà e il proprio autocontrollo, la voce gli era uscita spezzata e rotta da una rabbia che presto avrebbe chiesto una via di fuga.

< Non ora > fu la risposta secca della ragazza che si arrischiò a lanciare al biondo uno sguardo eloquente.

< Stasera in camera tua > disse prima di accelerare il passo per raggiungere i suoi compagni di casa.

Un po’ della tensione che si era accumulata dentro al Principe durante quel breve ma intenso incontro con il Ministro, sciamò via quando il senso delle parole della Potter, lo raggiunsero colpendolo al petto come un dardo.

Quella sera sarebbe rimasto solo con lei; con il suo profumo e con la sua pelle. Quella sera avrebbe potuto amarla come mai aveva amato nessun’altra; quella sera avrebbe potuto scoprire cosa era accaduto tra lei e il Ministro.

Se solo avesse potuto dirle la verità; se solo si fosse potuto liberare di quel peso opprimente che gli schiacciava l’anima. Il Ministro aveva ragione, era stato suo padre a guidare quella folle evasione e sempre suo padre, cercava vendetta verso la ragazza che lo aveva ridotto a poco più di un mollusco.

La lettera inviatogli dalla madre quella mattina stessa, scottava a contatto con la pelle, come se al suo posto fosse stato messo un ferro rovente.

Quelle stupide parole rimbombavano nei pensieri di Draco come un eco lontano eppure terribile. Proprio come due anni prima si trovava costretto a fare qualcosa che non voleva e non capiva; proprio come quando il Signore Oscuro lo aveva scelto, si ritrovava immerso fino al collo, in qualcosa di più grande di lui.

Questa volta avrebbe potuto scegliere da che parte stare, ne era consapevole anche lui, ma come poteva dire a suo padre che si stava innamorando della Potter? Come poteva dirgli che mai e poi mai, avrebbe combattuto con lui?

Rimaneva pur sempre suo padre e, per quanto cercasse di allontanarlo, il senso di colpa per il fatto che Lucius fosse rinchiuso ad Azkaban mentre lui era libero di girovagare per Hogwarts lo tormentava come un incubo.

La situazione era decisamente più complicata di quanto si sarebbe mai aspettato: non poteva tradire suo padre ma non voleva nemmeno far del male all’unica persona alla quale sembrasse importare davvero di lui.

Imprecando a bassa voce, il biondo, si riscosse dai suoi pensieri avviandosi a grandi passi verso il suo dormitorio dove avrebbe atteso l’arrivo della Potter.

< Charlie posso parlarti un attimo? > La Granger si era fermata a metà del corridoio del quarto piano per aspettare l’amica e poterle parlare. Gli altri aveva proseguito dritto, diretti alla Torre di Grifondoro.

< Certo > rispose la mora arrestandosi accanto all’amica.

< Cosa c’è tra te e Malfoy? > chiese l’altra senza altri giri di parole.

Presa in contropiede, Charlie, non riuscì a dissimulare la sua sorpresa nell’apprendere che l’amica sapeva o comunque aveva intuito qualcosa.

Ovviamente aveva sempre saputo di non poter tenere nascosta la cosa molto a lungo, non a lei comunque, ma sperava sempre che con tutti i corsi che seguiva, Ron e i suoi doveri da caposcuola, non avesse tempo per badare anche alla sua vita amorosa.

< Io cos… niente > ribatté con tono falsamente scandalizzato.

< Oh, andiamo > disse quella alzando le mani al cielo e roteando gli occhi caramello < Vuoi davvero fare questo gioco con me? > chiese poi fissandola scettica.

< Io… ho dette che non c’è niente > insistette, questa volta molto più decisa.

< Senti > cominciò la riccia posandole le piccole mani sulle spalle e spingendola verso il muro dove si lasciò cadere < So che non è un periodo facile e so che Malfoy forse, può sembrare l’unico in grado di capirti, ma non devi cedere. Charlie lui è stato marchiato, ha cercato di uccidere Silente, ha lasciato che sua zia mi torturasse >

L’immagine di lei stesa sul pavimento di Villa Malfoy, con le braccia scoperte e Bellatrix Lastrange che si divertiva a marchiarla come Mezzosangue, le balenò davanti agli occhi.

Non sapeva cosa ribattere: quando si era imbarcata in quella assurda storia con il biondo, aveva come dimenticato tutto ciò che era accaduto prima della fine della guerra; aveva dimenticato che lo stesso ragazzo con il quale ora andava a letto e del quale sembrava aver sviluppato una sorta di dipendenza, aveva cercato di uccidere Silente. Aveva dimenticato che lo stesso ragazzo del quale molto probabilmente si stava innamorando, aveva lasciato che la sua cara zietta torturasse la sua migliore amica. Aveva quasi dimenticato, che era un ex Mangiamorte.

< I…io > Fu tutto ciò che riuscì a dire. La voce sembrava essersi persa in chissà quale cavità dell’anima. La mente era affollata di immagini in bianco e nero che ripercorrevano la storia di Malfoy. Il cuore le martellava nel petto come impazzito, mentre con gli occhi colmi di sgomento e consapevolezza, fissava la sua migliore amica.

< Charlie, Malfoy ti farà solo del male, proprio come fa con tutte > continuò la riccia < Ti userà e una volta che si sarà stancato di te, ti butterà via come un giocattolo usato. Non lasciare che si prenda gioco del tuo cuore >

Charlie sapeva che Hermione aveva ragione, sapeva che sicuramente Malfoy alla fine l’avrebbe mollata, eppure come poteva credere a tutto ciò se dentro di lei sentiva che lui era cambiato?

Come poteva dar retta a quelle stupide parole partorite dalla sua parte razionale, quando stando con lui sotto le coperte nel dormitorio di Serpeverde, si sentiva completa?

< Herm > tentò poi < Cre… credo di essermene innamorata > confessò alla fine con le lacrime prossime a sgorgarle via dagli occhi.

Un lampo di incredulità attraversò lo sguardo della riccia che abbracciando l’amica le sussurrò le uniche parole che sembrò trovare adatte per quel momento.

< E’ una tua scelta > mormorò quando ancora era stretta nell’abbraccio

< Spero solo che tu scelga bene > aggiunse staccandosi dall’amica e dirigendosi verso la fine del corridoio.

Ormai sola, Charlie, si lasciò andare ad un pianto liberatorio, lasciando che tutte le paure, le insicurezze, i tormenti e i ricordi, le scivolassero via insieme a quelle gocce d’acqua salata.

Quando si fu sfogata, si alzò da terra e correndo salì fino al settimo piano arrestandosi davanti ad una arazzo che ritraeva il fallito tentativo da parte di una mago di insegnare la danza ai troll.

Camminò per tre volte davanti alla parete di nuda pietra, pensando a ciò di cui in quel momento aveva più bisogno.

Mi serve un posto per capire, mi serve un posto per capire, mi serve un posto capire.

Alla fine del terzo passaggio, dove prima stava solo pietra, si delineò il contorno di un imponente portone di legno.

Smaniosa di rimanere del tutto sola, isolata dal mondo e possibilmente anche da se stessa, lo aprì scomparendo dietro di esso.

Come sempre la Stanza delle Necessità aveva tutto ciò di cui la persona che la evocava aveva bisogno, ma in quel caso, aveva davvero superato se stessa.

Le pareti di pietra erano rivestite con vecchie foto in bianco e nero, di quasi tutti i momenti della sua vita. C’erano foto del suo primo anno ad Hogwarts; foto di quando aveva sconfitto il Basilisco; foto del Torneo Tre Maghi e poi c’erano le sue foto: le foto del Principe.

Un’ intera parete era tappezzata con le foto di Draco al loro sesto anno. L’anno in cui era stata marchiato.

La prima cosa a cui pensò osservando le immagini fu a quanto fosse bello; a come la sua pelle sembrasse fatta di delicata neve; a come i suoi occhi sembrassero il frutto di un qualche incantesimo; a come il suo corpo sembrava chiamarla a se.

Solo dopo, quando finalmente si fu saziata della sua immagine, si rese conto di cosa avrebbe davvero dovuto provare.

Un improvviso ribrezzo si riversò in lei come un fiume in piena. Non sapeva spiegarsi da dove veniva, sapeva solo che c’era e che non se ne sarebbe andato molto facilmente.

Il Marchio Nero che portava tatuato sull’avambraccio sinistro faceva bella mostra di se sulla più grande di tutte le foto; l’immagine di lui che la fissava con l’odio dipinto negli occhi la fece trasalire.

Chissà perché non ricordava quasi nessuno di quei pezzetti di vita, che pure erano stati fondamentali per la stesura della storia.

Scorgendo un divanetto rosso e oro al centro della stanza, la ragazza vi si lasciò cadere, desiderando solo di sprofondare nel più oscuro oblio.

Erano quasi le nove e di Charlie, nei sotterranei, non si era vista nemmeno l’ombra. Draco cominciava a preoccuparsi; che le fosse successo qualcosa? Che qualcuno avesse di nuovo tentato di farle del male?

Senza riuscire a rimanere fermo dov’era un attimo di più, afferrò la sua bacchetta da sopra il comodino e si precipitò fuori dalla stanza. Salì le scale che portavano alla Sala Comune battendola con lo sguardo alla ricerca di Cole.

Vedendolo seduto su un divanetto davanti al fuoco alle prese con una del quinto anno, si rilassò un po’, scartando almeno per ora l’ipotesi dello stupro.

Temendo ancora che le potesse essere successo qualcosa di grave, attraversò il buco nella parete di pietra, sbucando nel corridoio deserto.

Muovendosi silenziosamente, percorse quasi tutti i sotterranei aprendo le porte delle aule per sbirciare al loro interno e sorprendendo così una coppia di tasso rosso in atteggiamenti piuttosto intimi. Frustato per non averla ancora trovata tolse loro ben venti punti, ordinando loro di tornare immediatamente nella loro Sala Comune, mentre lui si precipitava al primo piano.

Arrivò fino al terzo piano, aprendo le porte di tutte le aule e togliendo punti a tutti coloro che erano fuori dalle loro sale, fino a quando un intuizione, si fece largo tra i suoi pensieri.

Dove andava sempre lui quando voleva rimanere solo? Dove andavano tutti coloro che cercavano qualcosa?

La Stanza delle Necessità era la risposta alle sue domande. Se conosceva la Potter abbastanza bene, di sicuro l’avrebbe trovata lì.

Arrivò al settimo piano quasi di corsa, con il fiato corto e la camicia sgualcita per la corsa, passò tre volte davanti alla parete di pietra su cui andò delineandosi il contorno di un grosso portone.

Tentando di calmare il respiro lo aprì e con somma gioia dentro vi trovò Charlie, accoccolata su un divanetto oro e rosso, che dormiva beata.

Cercando di non fare troppo rumore le si avvicinò sedendosi nel poco spazio libero lasciato dal suo corpo.

Le ginocchia strette al petto facevano capire che cercava protezione; righe scure le solcavano le guance facendo intuire che aveva pianto.

Posandole una mano sulla guancia le accarezzò la pelle con quanta più dolcezza riuscisse, passando poi a baciarla.

Riconoscendo quel tocco, che tante notti l’aveva fatta fremere, Charlie aprì gli occhi trovandosi davanti il Principe delle Serpi.

< Cosa ci fai qui? > chiese con la voce ancora un po’ impastata.

< Ti cercavo > rispose quello posando la bacchetta sul pavimento e pensando intensamente ad un immenso letto matrimoniale.

Poco più avanti, dal nulla comparve ciò che Malfoy aveva chiesto; un enorme letto matrimoniale con la struttura in ferro battuto e morbide coperte dei colori della sua casa se ne stava pigro sul pavimento ricoperto di moquet.

< Andiamo sul letto > disse aiutando la ragazza a sollevarsi e guidandola verso l’immensa struttura.

< Posso chiederti una cosa? > domandò la ragazza rivolta al principe che nel frattempo stava scostando le coperte dal materasso per farle posto.

< Dimmi > rispose quello senza alzare lo sguardo.

< Fai l’amore con me > sussurrò Charlie avvicinandosi al biondo < Per favore > aggiunse sbottonandosi la camicia e cominciando a baciare Malfoy sulle guancie, sul collo, sul mento ed infine sulle labbra che tanto si bramavano.

La mattina dopo i due si svegliarono nel letto che il biondo aveva fatto comparire, nudi e abbracciati l’uno all’altra.

< Buongiorno Principessa > soffiò il biondo immergendo il viso nei capelli di Charlie per assaporarne il profumo.

< Buongiorno > rispose quella sollevando il viso fino ad incontrare lo sguardo del Principe.

< Che ne dici di una doccia? > propose il ragazzo con tanta di quella malizia nello sguardo, da scandalizzare anche un’attrice porno.

< Vai prima tu, io resto ancora un po’ sotto queste meravigliose coperte > rispose la ragazza scoccandogli un delicato bacio sulle labbra e voltandosi poi dall’altra parte.

Sorridendo il ragazzo scese dal letto e filò dietro la porticina di legno che era appena apparsa alla sua destra.

Una volta sola Charlie, chiuse gli occhi sperando di riuscire a riaddormentarsi, ma un foglio di pergamena accuratamente sigillato dentro una busta da lettere caduta sul pavimento, catturò la sua attenzione.

Sopra sembrava esserci inciso una specie di sigillo in ceralacca che pochi istanti dopo riconobbe come lo stemma dei Malfoy.

Spinta dalla curiosità scese dal letto e la raccolse, rigirandosela per un paio di volte tra le mani, prima di aprirla.

Il sigillo di ceralacca era già stato spezzato, evidentemente Draco doveva averla già letta. Uno strano presentimento si fece strada dentro la Potter, che con mani tremati, estrasse il foglio di pergamena dalla busta.

Scritte in una calligrafia sobria ed elegante, erano vergate poche righe; al fondo della lettera, un nome svettava solitario.

Narcissa Malfoy aveva spedito al figlio una lettera. Fin qui nulla di strano, certo, in fondo si tratta di una madre che scrive al figlio; ma il contenuto di quella lettera, beh, è leggermente diverso dai soliti discorsi madre-figlio.

Arrivata alla fine dell’ultima riga, Charlie, lasciò andare il foglio che cadde sul liscio pavimento di pietra disegnando piccole volute circolari.

Un improvviso gelo si impossessò di lei, penetrandole nella carne fin dentro le ossa. Non riusciva a credere a ciò che aveva appena letto; non era possibile che lui sapesse e che non le avesse detto niente.

Non poteva aver finto anche durante il colloquio con il Ministro; non poteva aver finto durante quella notte d’amore, non con lei.

Lentamente, quasi con dolore, lo shock fece largo ad un rabbia cieca e malata che la riscosse bruscamente.

Afferrando la bacchetta che giaceva immobile sul pavimento, si rivestì alla velocità della luce, per dirigersi poi a passo di marcia verso il piccolo bagno dentro il quale stava il suo amore traditore.

Spalancò la porta con quanta più forza poté; i capelli sembravano danzarle intorno al viso come mossi da fili invisibili, un’improvvisa scossa di elettricità attraversò l’intera stanza che cadde nel buio totale.

Solo una misera lampadina brillava solitaria all’interno del bagno.

< Charlie, che succede? > chiese il biondo sporgendo la testa fuori dal box doccia.

< Tu lo sapevi > tuonò la ragazza puntandogli la bacchetta alla gola; il volto deformato dalla rabbia e gli occhi iniettati di sangue.

< Io… cosa? > chiese il ragazzo una volta superato lo shock.

< Tu sapevi che erano evasi, sapevi che mi vogliono > ripeté questa volta in un sussurro carico di disprezzo < Il tuo paparino ti ha scritto, ti ha detto che mi vuole morta >

La dirompente, sbagliata e tremendamente ingiusta consapevolezza che Charlie avesse letto la lettera che sua madre gli aveva inviato quella mattina, colpì Draco Malfoy come un mattone.

< Charlie, posso spiegarti > disse nel tentativo, inutile, di calmarla.

< Certo > rispose l’altra sarcastica aumentando la pressione della bacchetta sul collo del ragazzo < Puoi spiegarmi perché hai finto? Puoi spiegarmi come hai fatto a fingere così bene questa notte e tutte le altre notti? >

La voce della Potter era distorta dalla rabbia, dal dolore, dalla frustrazione di essere stata così stupida da credere ad uno come il Furetto.

< Io non stavo fingendo > ribatté Malfoy ormai quasi in collera come lei.

Come poteva credere che avesse finto? Come poteva pensare, che ogni suo tocco, ogni sua carezza, fosse stata tutta una finzione?

Non si erano forse amati più e più volte?

< Oh, certo > strillò quella sarcastica < Non azzardarti mai più ad avvicinarti a me > sibilò minacciosa.

< Non osare rivolgermi mai più la parola, né a me né ai miei amici. E visto che ci sei, ti conviene allenarti parecchio nei duelli, perché con te sarò tutto tranne che gentile >

Detto questo la ragazza staccò la punta della sua bacchetta dal collo di Malfoy, per voltarsi e allontanarsi a grandi passi, fino a scomparire dietro la porta di legno.

Il rumore dei suoi passi echeggiò ancora per qualche istante, prima di svanire del tutto, lasciando Draco solo e furioso.



 

Angolo autrice:
Oh, beh buongiorno a tutti voi Potteriani! Ho cercato di scrivere il più in fretta possibile questo capitolo, per non lasciarvi troppo sulle spine. Spero di aver fatto un buon lavoro! Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, le preferite o le ricordate e ovviamente, chi recensisce!
In questo capitolo, che spero vi piaccia, Charlie scopre finalmente la lettera che Cissy ha inviato al suo caro figliolo e in cui, da come avrete capito, gli comuncia l'evasione del padre e le sue future intenzioni.
Ovviamente la Potter non la prende per niente bene, del resto come biasimarla!
In ogni caso, per scoprire come si evolveranno le cose e come Malfoy cercherà di rimediare a tutto ciò, dovrete aspettare temo almeno una settimana!
Vi lasciò in compagnia di Charlie e Draco, augurandovi buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Una strana alleanza ***


 

Capitolo 21

 

 

 

 

La fine di Ottobre arrivò rapida e glaciale almeno quanto lo era stata la chiusura della pseudo storia tra il bel Principe delle Serpi e la bella Principessa dei Grifoni.

Novembre allungava le sue mani sui giardini ormai secchi di Hogwarts, tra i cui corridoi, andava spandendosi l’alito freddo dell’inverno ormai imminente. Se già ottobre si era dimostrato ostile e al quanto impervio, l’entrata in scena di suo fratello novembre, non fu da meno.

Dopo solo una settimana dall’inizio del mese, candidi fiocchi di un bianco accecante, cominciarono a cadere dal cielo plumbeo posandosi soffici sui terreni ghiacciati della scuola.

In lontananza si udiva, di quando in quando, lo sciabordio delle acque del Lago Nero, sotto la cui superficie dimorava il popolo contro il quale Charlie si era dovuta scontrare durante una delle prove del Torneo Tre Maghi.

Persino il Platano Picchiatore, implacabile sterminatore di piccoli passerotti e insetti, se ne stava pigramente immobile a proteggere quella che pochi sapevano essere l’entrata segreta della Stanberga Strillante.

Osservando quel tetro quanto patetico paesaggio, Charlotte, provò uno strano senso di triste malinconia. Ancora non riusciva a capacitarsi del modo in cui Malfoy le aveva mentito, fingendo per tutto quel tempo sensazioni ed emozioni, che evidentemente non provava.

Alla fine dei giochi, proprio come previsto da Hermione, l’unica a rimetterci un pezzetto di cuore era stata lei; lei che si era messa in gioco rischiando la sua reputazione; lei che aveva deciso di seguire il cuore per una volta e non l’orgoglio o la ragione; lei che da vera stupida, si stava innamorando di un tronfio parassita.

< Basta Charlie > sussurrò a se stessa fingendo un tono perentorio che pareva assomigliare molto più ad un flebile canto < E’ finita, lui ti ha mentito e tu lo hai lasciato. E’ ora di andare avanti > continuò sollevandosi dal davanzale sul quale si era appollaiata qualche ora prima per osservare il mondo fuori dalla Torre del settimo piano.

Se voleva che le cose tornassero alla normalità, lei per prima sarebbe dovuta tornare ad essere normale, e per la cronaca con normale si intende tornare ad essere cazzuta, sorridente e fottutamente unica.

Un tramestio di passi fuori dalla porta della stanza che condivideva con Ginny ed Hermione, l’avvisò della presenza di qualcuno. Sperando con tutta se stessa che non si trattasse delle sue due migliori amiche, Charlie si avvicinò al piccolo letto al baldacchino, sollevò le coperte rosse e vi ci si infilò sotto pregando Merlino, Morgana, Allah o chiunque ci fosse là sopra che fuori dalla porta non ci fosse chi credeva.

Pochi secondi e molti shh dopo, la porta si aprì cigolando rivelando la presenza di tre sagome. Due di loro erano sicuramente donne, la loro corporatura minuta ed elegante e la loro altezza non eccessiva le rendevano riconoscibili. La terza ed ultima sagoma invece apparteneva sicuramente ad uomo. Alto e dinoccolato con una zazzera di capelli scompigliati era impossibile non riconoscerlo.

< Secondo voi sta dormendo sul serio? > chiese il rosso sporgendo la testa leggermente avanti.

< Secondo me finge > rispose diretta una delle due donne permettendo che Charlie identificò come Ginny.

< Già > convenne l’altra che non poteva che essere Hermione < Non è mai stata un gran ché come attrice > aggiunse prima di prendere la rincorsa e gettarsi sul corpo anchilosato dell’amica mozzandole il respiro.

< Herm > mormorò quella debolmente nel tentativo di prendere quanta più aria possibile < Così mi soffochi >

La riccia, sorridendo complice alla rossa, si sistemò meglio sul letto adagiando le sue natiche al centro esatto del busto dell’amica ed invitando anche Ginny a fare lo stesso.

Senza farselo ripetere due volte, la più piccola di casa Weasly, si lanciò verso il letto atterrando pesantemente proprio sulla vescica della mora che dovette fare un grandissimo sforzo per non farla lì.

< Così mi uccidete > mormorò tra un respiro e l’altro.

< Non sento > fece eco la riccia portandosi la mano ad un orecchio per sentire meglio < Cosa dice? Va bene la smetto di fare la depressa? > aggiunse poi sorridendo con aria malandrina.

< Mmmm > fece la rossa corrugando la fronte < No non mi sembra > concluse incrociando le braccia e passando ad esaminarsi le unghia.

< Ok, ok > si arrese alla fine Charlie, il cui diaframma doveva essersi ormai spappolato sotto il peso delle due piume che si ritrovava come amiche < La smetto di fare la depressa > aggiunse subito dopo.

< Così va meglio > concesse la riccia scendendo dallo stomaco della mora e volando fino al fianco del suo ragazzo.

< Si può sapere che ti prende? > chiese poi dedicandole uno di quegli sguardi severi e senza scampo.

< Io…niente > disse Charlie sollevandosi a sedere e scendendo anche lei dal letto.

< Oh, avanti Charlie! > la rimproverò la rossa esasperata da quell’inutile e insensato vittimismo < Pensi davvero che ci crediamo? > domandò poi seriamente dubbiosa.

< No > rispose l’altra abbassando la testa < E’ solo che mi sento tanto stupida a dirvelo > ammise alla fine.

< Beh, noi siamo qui per esserti amiche anche quando sei stupida, cosa che insomma, fai più o meno da sette anni a questa parte > scherzò la rossa passandole un braccio dietro le spalle.

< D’accordo, ma non arrabbiatevi > disse lei < E promettetemi che qualunque cosa dica, voi non cercherete vendetta, ne farete del male a nessuno e né tantomeno organizzerete chissà quale piano malvagio. Va bene? >

Messi in gabbia dalle parole dell’amica ma soprattutto dal suo sguardo supplicante, i tre annuirono decisi, anche se Ron si riservò di incrociare un paio di dita nel caso si fosse reso necessario un cambio di programma dell’ultimo minuto

< Dunque > cominciò titubante la mora torcendosi nervosa le dita < Mi sono… mi sono mollata con Malfoy > sputò tutto d’un fiato serrando gli occhi.

Credeva che dopo quelle parole come minimo le sue amiche sarebbero saltate su tutte le furie. Credeva che l’avrebbero legata al letto con delle corde e l’avessero torturata fino a quando tutto il veleno della serpe non fosse uscito dal suo corpo ormai profanato. Credeva che il rosso, che odiava Malfoy più di ogni altra cosa al Mondo, l’avrebbe come minimo uccisa, riportata in vita e di nuovo uccisa.

Ciò che invece accadde la lasciò senza parole; lentamente aprì prima un occhio e poi l’altro, passando ad osservare i suoi tre amici uno dopo l’altro. Se ne stavano immobili al centro della stanza con espressione sconvolta, le bocche spalancate e le mani sollevate a mezz’aria, come se volessero dire qualcosa ma non trovassero le parole.

< Non… non siete arrabbiati vero? > chiese prendendo coraggio.

< Tu cosa?!! > proruppe il rosso avvicinandosi al letto con aria minacciosa e brandendo la bacchetta.

La mora impaurita dall’espressione indiavolata del rosso si ritrasse verso la testiera del letto accartocciandosi su se stessa.

< Ron per favore, avevate promesso che non vi arrabbiavate > mugolò cercando di trattenere le lacrime.

< Questo era prima che sapessi il perché di questa tua depressione > sibilò il ragazzo voltando la testa dall’altra parte < E poi da quando in qua stai con quella serpe? > domandò tornando a rivolgere la sua attenzione alla ragazza.

< Io… ecco a dire il vero > L’imbarazzante balbettio della mora si interruppe quando la voce della riccia riempì la stanza.

< Non stavano insieme, era solo… era solo sesso > disse sforzandosi di non far trapelare il ribrezzo che provava verso quell’essere viscido che aveva fatto del male alla sua amica.

< Tu… tu lo sapevi? > chiese il ragazzo indirizzando la sua rabbia verso la sua ragazza.

< Io… si > ammise chinando la testa.

Gli occhi del rosso si riempirono di lacrime, mentre con le mani che gli tremavano dalla rabbia si allontanò a grandi passi verso la porta. Prima di spalancarla e uscire però di volse ancora una volta verso le tre ragazze ferme vicino al letto.

< Tu sei una stupida > tuonò rivolto alla mora < Tu sei degna amica sua > aggiunse indicando la sorella < E tu mi hai deluso > sussurrò rivolgendosi ad Hermione.

Detto questo, il ragazzo aprì la porta e uscì dalla stanza, lasciando Charlie, Gin ed Herm sole e sconvolte.

< Herm io… mi dispiace > disse la mora alzandosi dal letto e avvicinandosi alla riccia ancora impietrita da ciò che il rosse le aveva detto.

< Non è colpa tua > fece asciugandosi le lacrime. < Scusa ma devo andare > aggiunse e voltandosi dall’altra parte lasciò la camera.

I sotterranei che portavano ai dormitori delle serpi erano ancora più freddi di quanto Hermione ricordava. Le torce appese alle pareti di pietra illuminavano a mala pena il pavimento costringendola a dover guardare per terra più di quanto volesse.

Poco prima di raggiungere il grande arazzo con dipinto su un grosso serpente incontrò un paio di primini che liquidò con un gesto della mano micciandoli di sottrarre dei punti alla loro casa se non se ne fossero andati subito.

I due, impauriti dallo sguardo minaccioso della ragazza, avevano ubbidito e se ne erano andati correndo.

< Brava Hermione > si disse una volta raggiunto l’arazzo < Adesso come farai ad entrare se non conosci la parola l’ordine? >

Per sua fortuna una decina di minuti dopo, in cui per la prima volta in tutta la sua vita Herm aveva osato dire parolacce, Blaise Zabini sbucò da dietro una colonna.

Aveva l’aria leggermente trasognata come uno che ha appena finito di fare… < Non può essere > sussurrò la riccia alzando gli occhi al cielo.

< Zabini > chiamò la ragazza.

< Che ci fai qui? > chiese il ragazzo sulla difensiva, per quanto ammirasse quella Granger rimaneva una mezzosangue amica di San Potter.

< Mi serve la porla d’ordine > ordinò secca la ragazza stringendo la bacchetta nel pugno della mano destra.

< Impossibile > rispose il ragazzo avvicinandosi all’arazzo.

< Allora chiamami Malfoy, digli che devo parlargli > cedette sconsolata

< E’ importante > aggiunse notando l’espressione del moro.

Ghignando divertito il moro sussurrò la parola d’ordine e una volta che l’arazzo si fu aperto, entrò nel tunnel di pietra che conduceva alla sala comune di Serpeverde.

Malfpy era spalmato sul divano mentre una moinosa Pansy Parkinson, gli accarezzava dolcemente, il petto nudo.

< Draco, fuori c’è la mezzosangue > disse Blaise accomodandosi su una poltroncina lì accanto.

< Può rimanere fuori > rispose il biondo con voce ostile strappando un sorrisetto alla ragazza spalmata sul suo fianco.

< Dice che è importante > insistette l’amico lanciandogli uno sguardo esortativo.

Capendo di cosa si trattava, il biondo si tirò su da divano e con passo aggraziato uscì dalla Sala Comune.

Fuori dall’accogliente sala dei Serpeverde faceva freddo e Draco se ne accorse presto.

< Cosa vuoi Mezzosangue? > domandò burbero appoggiando la schiena al muro.

Una sola parola uscì dalle labbra della riccia < Charlie > disse in un sussurro.

< Non sono affari tuoi > tuonò il biondo staccandosi dal muro.

< Oh, sì invece che lo sono > lo contraddisse la ragazza < Si da il caso che da quando la vostra non-so-cosa-fosse è finita lei sta male come una dannato cane >

Per un attimo, un attimo solo, il biondo lasciò che il dolore che provava nel sentire quelle parole affiorasse da un punto indefinito del petto e si riversasse negli occhi tempesta.

Un attimo che bastò alla riccia per farle capire che in fondo, lui a Charlie, ci teneva realmente.

< Devi riprendertela > gli disse < Siete due stupidi se credete di poter stare separati e non soffrire > aggiunse prima che il biondo potesse avanzare un qualunque dubbio.

< Tu sei pazza Mezzosangue > constatò il Principe mentre un ghigno perverso gli illuminava il viso.

< No, tu sei pazzo di poter sopravvivere senza lei. Sei tu pazzo se credi che fingendoti insensibile possa nasconderti dall’amore, possa nasconderti da lei > disse la ragazza punta dogli il dito contro e spingendolo verso il muro.

< Ora tu mi ascolterai e farai di tutto per riprendertela > aggiunse poi sorridendo in modo malandrino < Ma prima dovrai dirmi il perché vi siete lasciati >

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:
Bentornati cari Potteriani! Mi scuso per l'immenso ritardo e spero,c on questo capitolo, di riuscire a rimediare! Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, le preferite o le ricordate; coloro che recensiscono e coloro che leggono in silenzio; ringrazio tutti!
Iin questo capitolo di forma una nuova incredibile, quanto inaspettata alleanza. Due menti brillanti e due caratteri così diversi da sembrare simili, si uniranno per cercare di far scoprire a uno di loro l'amore.
Non sarà facile, uno vorrà prevale sull'altra e viceversa ma questo non impedirà alla riccia di cercare di fare del bene alla sua amica, e non impedirà al biondo di riprendersi l'unica ragazza capace di fargli battere il cuore.
Se volete sapere come continua la storia, rimanete con me!
Alla prossima, Sybeoil!

P.S chiedo scusa per eventuali errori grammaticali o di punteggiatura, non l'ho riletto! Le critiche sono molto gradite!

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Un nuovo arrivo ***


 

Capitolo 22

 

 

 

 

Erano passati circa quindici giorni da quando, come un vero idiota, si era lasciato scappare la Potter. Quindici fottuti giorni che i suoi sogni erano popolati dall’immagine di lei che lo baciava, che lo guardava, che gli sorrideva. Quindici infiniti giorni, che non ci faceva più l’amore; sì, di amore si trattava, lo aveva capito tardi ma ci era arrivato.

Tutta quella storia degli amici di letto, del fare sesso senza sentimenti, era una grandissima, enorme balla. Ora, dopo essersene innamorato e averla persa, se ne accorgeva e con grande rammarico se ne pentiva.

< Serpe, devi ascoltarmi quando parlo > sussurrò un voce dolce al suo fianco.

< Tanto è inutile, Mezzosangue > sbuffò il ragazzo bloccandosi a metà del corridoio e voltandosi verso la ragazza che trottava al fianco.

< La vuoi smettere con questo tuo pessimismo? > chiese esausta la ragazza alzando le braccia al cielo per quanto i libri glielo permettessero.

< Non è pessimismo, si chiama realismo > precisò il biondo ghignando.

< Oh Malfoy, smettila > sibilò la riccia < Devi impegnarti o non la riavrai mai > aggiunse scoccandogli un’occhiata severa.

< Non tornerà mai con me > disse il ragazzo sconsolato < Non dopo quello che le ho fatto > aggiunse in un sospiro.

< Ok, tra un po’ dovrete organizzare il ballo di Natale vero? > chiese la ragazza improvvisamente allegra.

< Si, perché? > domandò cautamente il biondo.

< Perché in quei momenti sarete soli e allora potrai chiederle scusa > spiegò la riccia aprendosi in un meraviglioso sorriso.

< Come vuoi > l’assecondò il ragazzo voltando il capo e tornando dalla direzione in cui era arrivato.

La Sala Grande, come ogni sera, era gremita di studenti affamati che si abbuffavano come maiali. Uno in particolare sembrava non vedere cibo da mesi, anni addirittura. Ronald Weasleay, meglio noto come il Re, era seduto quasi al centro del tavolo di Grifondoro tra la sua fidanzata e la sua migliore amica, mentre addentava una coscia di pollo.

< Dio Ron, sembra che non vedi cibo da settimane > commentò la sorella disgustata dallo spettacolo che il rosso stava offrendo.

< Fono affavato > disse il ragazzo in un alzata di spalle.

< Almeno non parlare con la bocca piena > lo pregò la sua ragazza tirandogli una piccola pacca sulla nuca e rischiando di fargli sputare le patate che aveva in bocca.

Intanto dall’altra parte del grande tavolo, la Principessa dei Grifoni, si divertiva a punzecchiare delle povere zucchine del tutto inermi di fronte alla sua forchetta.

< Charlie va tutto bene? > chiese Gin in sussurro.

La mora alzò gli occhi dal piatto e li puntò in quelli castani dell’amica, poi costringendosi a sorridere come se nulla fosse, rispose.

< Certo, certo > annuì con vigore < Stavo solo pensando > aggiunse prima che qualcuno di loro potesse ribattere.

< Come vuoi > fece la rossa tuffandosi sul suo piatto di carote bollite.

Nel frattempo, sul palco rialzato dei professori, la preside McGranitt si era fatta largo tra i suoi colleghi per raggiungere l’immenso leggio d’oro che troneggiava al centro.

Un leggero colpo di tosse, uno sguardo severo che correva dal tavolo delle serpi a quello dei grifoni e l’intera Sala Grande, piombò nel silenzio.

< Ragazzi > cominciò congiungendo le mani davanti al petto < Questa sera ho un annuncio da fare. So che siamo già a semestre inoltrato e che presto ci saranno le vacanza natalizie, ma non ho potuto rifiutare la richiesta che solo pochi giorni fa, mi è giunta. >

Un pallido sorriso appena accennato, increspò le labbra rigide e sottili della preside che con un semplice movimento della bacchetta, aprì il grande portone in legno della sala.

Ferma sulla soglia, immersa nella luce che le due torce lì accanto proiettavano, c’era una delle più belle ragazza che Charlie avesse mai visto.

Lunghi capelli di un lucente biondo miele, le ricadevano scompostamente sulle esili spalle fino a sfiorarle i seni prosperosi su cui la camicia bianca della divisa stringeva. Un paio di occhi nocciola tanto profondi da rischiare di perdercisi, scivolavano curiosi da un angolo all’altro della stanza, soffermandosi qualche istante in più sui ragazzi delle varie case, e su Malfoy in particolare.

Due labbra finemente illuminate da un leggero strato di gloss, si sollevarono istintivamente verso l’alto, donando al suo viso un aspetto quasi angelico.

Lentamente, come se stesse imitando una di quelle modelle babbane, portò il suo piede destro davanti a quello sinistro , e un passo dopo l’altro si addentrò nella sala.

I volti di tutti i presenti, in particolare dei maschietti, si girarono nella sua direzione seguendone attentamente ogni movimento fino a quando, arrestandosi ai piedi del palco, furono costretti a distogliere l’attenzione per calamitarla sulla preside.

< Ragazzi > tuonò la McGranitt quasi felice < Questa è Chantal Sophia Salvatore, una nuova studentessa di Hogwarts >

Prima ancora che la preside potesse terminare il suo discorso e cominciare con la cerimonia dello smistamento, l’intera sala, corvi, tassi, serpi e grifoni esplose in un fragoroso quanto sentito applauso.

Dal tavolo verde-argento, si levarono fischi e commenti che portarono il colorito pallido della preside dal rosa al porpora in poco meno di cinque secondi.

< Silenzio! > tuonò dopo qualche istante sollevando la bacchetta a mezz’aria. Gli applausi, i fischi e i commenti tacquero all’istante e il silenzio, tornò a riempire le mura della Sala Grande.

< Chantal è italiana e fino ad ora ha studiato presso l’unica scuola di magia del paese. Per quanto mi è stato riferito, pare che il livello scolastico da lei raggiunto, sia pari al vostro e che il suo inglese sia più che perfetto. Ad ogni modo, vi chiedo di essere cordiali e gentili, e di aiutarla dove possibile > rivolse un sorriso gentile alla ragazza che, con ancora il sorriso stampato sul viso, fissava un punto indefinito del tavolo verde-argento.

< Direi che possiamo passare alla cerimonia dello smistamento > esclamò la preside voltandosi verso il professor Paciok che con un sorriso accennato, le passò il Cappello Parlante.

Pochi istanti dopo, la ragazza era seduta sullo sgabello che quasi otto anni prima, aveva ospitato Charlie e tutti i suoi amici.

Le gambe erano accavallate in una posizione tanto seducente da far gonfiare la bottega di tutti ragazzi, eppure così delicata, da far fugare qualsiasi malevolenza dalla mente delle ragazze.

Quando il cuoio consunto del cappello, sfiorò quella perfetta chioma lucente, Chantal ebbe un leggero sussulto che però mascherò allargando ancora di più il suo fantastico sorriso.

< Mmm, vediamo un po’ qui cosa mi hanno portato > sussurrò il cappello contento di avere qualcosa di diverso da fare, che starsene poggiato tutto il giorno su una mensola polverosa < Vedo astuzia in te, voglia di vincere, desiderio di protagonismo e molta intelligenza > aggiunse quasi in un ghigno.

< Ad ogni modo > sussurrò subito dopo < Non posso che metterti in… >

Il silenzio che riempiva la stanza, era tanto teso, che si sarebbe potuto tagliare con un coltello.

< Serpeverde! > tuonò il cappello quando ormai metà dei ragazzi presenti nella sala era ormai con la testa praticamente sul palco.

L’applauso più fragoroso, sentito e sincero di sempre, si levò dal tavolo selle serpi echeggiando sui muri e sul soffitto della sala e trapassando le orecchie di Charlie come un trapano.

< Quella ragazza non mi piace > sussurrò la riccia avvicinandosi alla rossa e alla mora e parlando con fare cospiratore.

< Magari non è così male > la difese la mora alzando le spalle.

< E’ una serpe > le ricordò prontamente la rossa stringendo le palpebre fino a ridurre gli occhi a due fessure.

< Già, hai ragione > convenne Charlie abbassando lo sguardo e portandolo al suo piatto su cui troneggiava una gigantesca fetta di torta alle meringhe.

Dall’altra parte della sala un paio di occhi grigi come il più plumbeo cielo di metà novembre, scrutavano il palco dei professori, soffermandosi sulla figura esile ed elegante della nuova arrivata.

Raramente Malfoy, aveva visto tanta bellezza racchiusa in una sola persona; a pensarci bene non l’aveva mai vista in nessuno.

Nemmeno Daphne Greengrass, la cui bellezza era leggenda ad Hogwarts, riusciva ad eguagliare la meraviglia che stava seduta sullo sgabello al centro del palco dei professori.

I suoi capelli sembravano catturare tutta la luce delle centinaia di candele sospese a mezz’aria per rifletterla poi in uno scintillio di boccoli dorati. Le labbra piene erano stirate in un sorriso capace di conquistare anche il più gelido dei cuori, per non parlare poi del suo fisico.

Era semplicemente perfetta, eppure c’era qualcosa che le impediva di offuscare del tutto i pensieri di Draco: lei non era la Potter.

Non aveva quei suoi meravigliosi, lucenti e incredibili occhi verde giada; lei non aveva quella cascata di capelli neri come la notte così scompigliati da sembrare buffi; lei non aveva quelle mani sottili, eleganti e terribilmente morbide, capaci di provocargli brividi al solo guardarle.

Lei non aveva quelle labbra sottili, un po’ screpolate, che Draco amava tanto baciare e ribaciare.

In sostanza, lei non era Charlotte Lily Potter.

Quando finalmente la preside parlò e pregò la ragazza di accomodarsi al proprio tavolo, Draco fu strappato da quei pensieri troppo melensi perché ci rimuginasse su. Quasi con dolore tornò alla realtà, accorgendosi appena dello sguardo carico di malizia, che la nuova arrivata gli lanciò mentre con passo elegante si accingeva ad accomodarsi all’estremità del tavolo.

< Mmm, prevedo guai! > ghignò Zabini seduto al suo fianco.

< Già > convenne Malfoy massaggiandosi le tempie doloranti < E io prevedo che se non la pianti finirai con la testa nel piatto > aggiunse scoccando un sorriso fintamente innocente all’amico.

< Come sei suscettibile > fece l’altro dandosi da fare per spazzolare tutta la torta rimasta nel suo piatto.

< Ad ogni modo > continuò quando ebbe finito < Credo che la signorina porterà una ventata d’aria fresca giù nei sotterranei >

In effetti, ora che ci pensava, avrebbe anche potuto dimenticare la Potter e per farlo avrebbe sempre potuto usare lei.

Era bella, quasi sicuramente Purosangue e per di più sembrava piuttosto focosa, cos’altro poteva desiderare?

Si, avrebbe fatto così. Al diavolo la mezzosangue e tutti i suoi discorsi su come lui non avrebbe potuto vivere senza la Potter. Al diavolo quel continuo fastidio alla bocca dello stomaco ogni volta che il suo sguardo incontrava quello della Potter. Al diavolo anche il fatto che molto probabilmente tra poco meno di un mese Charlie sarebbe partita per combattere contro suo padre e che, quasi con certezza, anche lui sarebbe stato costretto a combattere. Al diavolo il fatto che temesse più per la vita della Potter che per la sua, lui l’avrebbe dimenticata e lo avrebbe fatto ad ogni costo.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:
Bentornati cari Potteriani! Dopo un bel po' di attesa sono tornata con il ventiduesimo capitolo. So che non è un gran ché, e anzi, è piuttosto breve ma era necessario per portare avanti la storia. Come avete potuto notare, dopo varie peripizie, si ha l'arrivo di un personaggio che promette di portare aria fresca e non pochi guai. Cosa rappresenterà per i nostri eroi, l'arrivo di questa nuova studentessa italia il cui carattere sembra essere molto serpe?
Quali guai creerà a Charlie? E a Draco?
Se siete curiosi di scoprire come si evolverà la storia, ora che le cose sembrano farsi più intricate, rimante con me e aspettate il prossimo capitolo.
Alla prossima, Sybeoil!
P.S ringrazio tutti coloro che leggono e recensicono la storia, siete straordinari! Il vostro sostegno mi aiuta a continuare a scrivere.

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Incubo di una notte di metà inverno ***


 

Capitolo 23

 

 

 

 

 

Era buio, la notte correva rapida sopra la testa di Charlie, la Luna brillava estranea nel cielo gettando strane ombre evanescenti sulle creste degli alberi. La foresta proibita, solitamente calma e silenziosa, era la rappresentazione vivente del caos. Lampi di luce verde e rossa si sprigionavano dalle bacchette dei maghi e delle streghe coinvolti nello scontro. Fuoco e fumo divoravano un pezzo dopo l’altro dell’immensa foresta scura; corpi ormai privi di vita giacevano immobili al suolo, le bocche storte in un muto grido d’aiuto, gli arti scompostamente ripiegati sotto il corpo molle. Gli occhi freddi e privi di vita ancora spalancati su una scena di guerra che non sarebbe stato facile lavare via.

Insegnati e studenti combattevano uno al fianco dell’altro aiutandosi e guardandosi le spalle a vicenda. Accanto a lei Hermione, Ron e Ginny, combattevano sino allo stremo delle forze; urlavano un incantesimo dopo l’altro con l’intenzione di stordire, schiantare o disarmare il proprio avversario. Dall’altra parte del campo, uomini vestiti di nero con bianche maschere sul volto, scagliavano anatemi mortali contro gli abitanti del castello.

I Mangiamorte, folli nella loro sconfitta, combattevano prede della follia più pura; quella follia fatta di rivincita e vendetta; una follia in grado di uccidere.

Tra quel mare di nero ciò che catturò l’attenzione di Charlie fu una testa bionda di cui lei conosceva ogni centimetro.

Quei capelli li aveva accarezzati per molto tempo. Per molto tempo vi aveva immerso le dita nel tentativo di non urlare.

Un lampo di luce rossa e la maschera dell’uomo cadde sul terreno umido della foresta confermando i sospetti della ragazza, che istintivamente, si portò una mano alla bocca.

Sotto la maschera bianca si nascondeva il volto distorto e crudele di Draco Malfoy.

Il respiro rimastole bloccato in gola uscì di getto quando un lampo di luce verde le passò accanto andando a colpire il petto del rosso dietro di lei. Anche la riccia, accorsa dal suo ragazzo, cadde al suolo colpita da un anatema che uccide.

I due ragazzi giacevano supini, le mani protese uno verso l’altra nel tentativo di toccarsi un’ultima volta e lo sguardo sgomento di chi ha trovato la morte troppo presto.

Dall’altra parte del campo di battaglia si levò un urlo tanto acuto da fare gelare il sangue nelle vene a Charlie. Ginny Weasleay, sorella minore del rosso e migliore amica della riccia, aveva assistito a tutta la scena senza poter far niente impegnata com’era a combattere contro uno di loro.

Con un rapido colpo di bacchetta di liberò dell’avversario slanciandosi poi verso la zona in cui giacevano i corpo immobili dei due ragazzi.

Quando gli fu accanto, gli occhi le si riempirono di lacrime amare che andarono a bagnare la terra su cui scorreva il sangue di troppi innocenti.

< E’ colpa tua > sussurrò alzando appena lo sguardo < E’ tutta colpa tua. Se tu non fossi nata tutto questo non sarebbe mai successo! > urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Gli occhi rossi, dilatati a dismisura, si puntarono febbrilmente in quelli terrorizzati di Charlie che indietreggiò alla vista del trio ai suoi piedi.

< Io… io non volevo > balbettò mentre lacrime di frustrazione le rigavano il viso sporco di terra e sangue.

< Io ti odio > sibilò maligna la ragazza prima di essere colpita alla schiena da un altro lampo di luce verde e cadere priva di sensi sul corpo del fratello.

Privata ormai anche dell’ultimo briciolo di forza che le era rimasto in corpo, Charlie si lasciò cadere sulle ginocchia, atterrando sul terremo umido della foresta.

Intorno a lei ormai c’era solo morte e distruzione. I Mangiamorte avevano vinto e lei stava per morire, di nuovo, solo che questa volta sarebbe stato per sempre.

Mentre urla eccitate si spandevano nell’aria ancora carica del dolore che l’aveva prosciugata, ripensò alla sua vita; agli attimi felici che aveva condiviso con i suoi amici a scuola; ripensò alla signora Weasleay e alla sua gentilezza; ripensò al suo padrino, a Tonks e a Remus ed infine ripensò a loro: ai suoi genitori.

Se li immaginò seduti su un divano rosso intenti a ridere e scherzare, immaginò che fossero felici e che presto li avrebbe raggiunti, poi una voce fredda la richiamò alla realtà.

< Sei uno spettacolo patetico > sibilò il ragazzo, curvando le labbra che poco tempo prima si era ritrovata a baciare con passione, in un ghigno malefico.

< Malfoy… > balbettò Charlie incapace di alzarsi.

< Taci! > tuonò secco il biondo puntando la bacchetta contro il viso della ragazza < Non sei nemmeno degna di pronunciare il mio nome > aggiunse in un sussurro.

Un attimo dopo un fiotto di luce verde fuoriuscì dalla punta della bacchetta che il biondo stringeva in mano colpendo la ragazza che morì con un sussurrò tra le labbra.

< Ti amo >

Charlie si svegliò di soprassalto ritrovandosi sudata e tremante nel suo letto. Tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento era stato solo un sogno, un terribile sogno nel quale perdeva tutto e tutti, ma pur sempre un sogno.

Ancora tremante si portò una mano al petto per scoprire come il suo cuore corresse rapido verso una meta sconosciuta.

Lentamente cercò di riprendere il controllo di se stessa riportando il respiro ad un ritmo regolare e cercando, per quanto possibile, di tranquillizzare il battito cardiaco.

Dalla tenda lasciata leggermente aperta entrò un pigro raggio di sole si arrampicò sul pavimento in pietra della stanza fino a giungere ai piedi del letto di Charlie che non aveva idea di che ora fosse.

Cercando di fare il meno rumore possibile scostò le coperte dal corpo e scese dal letto, atterrando sul pavimento di pietra.

Il contatto con la superficie fredda l’aiutò a riprendersi, così dopo essersi infilata un paio di ciabatte e una vestaglia, lasciò la camera per andare a sedersi un po’ in sala comune.

Proprio come aveva sperato, la sala comune dei Grifoni, era deserta. Un allegro fuocherello scoppiettava nel camino davanti cui erano sistemati un paio di divanetti.

Stringendosi ancora di più nella vestaglia azzurra che la signora Weasleay le aveva regalato il natale precedente, Charlie si avvicinò al fuoco accomodandosi su uno dei due divani.

Quello era sempre stato il suo posto preferito; era appartato, caldo e confortevole, tutto ciò che a lei era sempre stato negato.

Senza che nemmeno se ne accorgesse, senza che nemmeno le avesse chiamate o desiderate, grosse lacrime di liberazione cominciarono a colarle lungo il profilo della guancia fino a quando, contro ogni aspettativa si ritrovò a piangere come una fontana.

Quello era il suo primo, vero pianto liberatorio. Da che avesse memoria, non aveva mai permesso alle lacrime di lasciare i suoi occhi. Certo, le aveva conosciute e per un po’ anche desiderate, ma non le aveva mai lasciate uscire. Si era sempre imposta di mantenere una sorte di finta apparenza in modo da sembrare sempre forte e decisa.

Aveva sempre voluto essere un punto di riferimento, qualcuno in cui credere e in cui riporre la propria fiducia, non qualcuno da consolare.

Ora invece le sembrava giusto lasciarsi andare, in fondo ne aveva tutto il diritto. Aveva patito la fame, il freddo e più dolori di chiunque altro a questo mondo. Aveva perso tutte le persone che amava una dopo l’altra, era cresciuta in una casa che a malapena meritava quel nome. Era stata inseguita, braccata e cacciata come una bestia, era stata uccisa due volte e due volte era sopravvissuta. Si era innamorata una volta ed era stata delusa ed ora, ora stava accadendo la stessa cosa. Si era innamorata ed era stata ingannata.

Si era lasciata avvelenare senza far nulla, anzi, aveva fomentato quella follia da cui le sue amiche l’avevano messa in guardia.

Aveva permesso che la ferissero ancora una volta, aveva permesso al suo cuore di battere ancora per qualcuno da cui invece, sarebbe dovuta scappare.

Odiava sentirsi debole, indifesa e stupida come invece si era rivelata.

Odiava che la gente potesse ancora avere un tale potere su di lei, che lui potesse avere un tale potere su di lei.

Dannazione, odiava anche starsene seduta sui divanetti della sala comune, all’alba di un mercoledì mattina a piangere come una cretina.

No! Charlotte Lily Potter, non era né una codarda né una debole, lei era la Principessa dei Grifoni e costi quel che costi, si sarebbe ripresa la sua vita.

Avrebbe ripreso ad allenarsi e sarebbe diventata più forte, avrebbe studiato più duramente per passare al meglio gli esami e avrebbe spaccato il culo a quel biondo ossigenato del cazzo.

Malfoy non aveva nessun diritto di ridurla in quello stato, nessun fottuto motivo perché lei dovesse piangere per lui.

Carica di questa nuova convinzione, la mora si alzò dal divanetto e camminando come se dovesse picchiare qualcuno, tornò in camera sua.

Ci aveva pensato tutta la notte e più se lo ripeteva, più si convinceva che quella era un’idea grandiosa. Dimenticare la Potter era l’unica cosa che potesse fare, dato che riprendersela era fuori discussione.

Lui era un Malfoy, e un Malfoy non chiede mai scusa a nessuno, tantomeno ad una come la Potter.

Di sicuro quella sensazione che provava quando era con lei doveva avere a che fare con il sesso e non con l’amore come invece sosteneva quella stupida della Mezzosangue. Lui non si era mai innamorato di nessuno, quindi era impossibile che proprio Charlie gli avesse rubato il cuore.

Stanco di rimanere a letto si alzò e si diresse verso il piccolo bagno che condivideva con i suoi compagni stanza per farsi una doccia.

Quella mattina sarebbe scattato il suo piano per dimenticare quell’inutile ragazza e per farlo gli sarebbero occorsi tutto il suo fascino e il suo charme.

Quella ragazza nuova, quella Chantal, sarebbe stata perfetta. Era bella, ricca, di sangue puro e per giunta italiana. In oltre, da quanto gli aveva fatto notare Zabini la sera prima, sembrava averlo già notato perciò la cosa, sarebbe stata molto più semplice.

Dopotutto come avrebbe potuto non notarlo? Era o no il ragazzo più bello di tutta Hogwarts?

Certo che lo era, dannazione! Lui era Draco Lucius Malfoy, figlio del più famigerato mangiamorte ed erede di una delle più ricche famiglie purosangue del paese.

Tutti un giorno, lo avrebbe rispettato e temuto, e tutti lo avrebbe venerato.

Mentre con la mente si proiettava verso un futuro in cui lui sarebbe stato ricco e potente, l’acqua calda gli bagnò il corpo, lavando via gli ultimi residui del suo profumo.

Nonostante fossero a mala pena le sette la Sala Grande era già piuttosto affollata. Passando accanto al tavolo di Corvonero, Charlie si rese conto che l’argomento di discussione preferito quella mattina, era l’arrivo della nuova studentessa. Tutti non facevano altro che parlare di quanto fosse bella e di come la sua entrata fosse stata teatrale. A Charlie era solo parsa finta e costruita, ma quella beh, era solo la sua opinione.

Proprio mentre stava per sedersi qualcuno la urtò tanto forte da rischiare di farle perdere l’equilibrio e finire così con il sedere a terra. Già nervosa, la ragazza si girò di scatto per trovarsi faccia a faccia proprio con la nuova arrivata, che dopo averle rivolto un ghigno molto serpentesco, mimò la parola scusa con le labbra e se ne andò sculettando verso il suo tavolo.

Eh no, quello era troppo. Non bastavano i problemi che aveva con il biondo, non bastava il fatto che quegli stronzi fossero tornati a romperle le palle ora ci si metteva pure quella sgualdrinella da due soldi!

< Ehi stronza! > gridò in direzione della ragazza che udite quelle parole si arrestò di colpo.

< Scusa dici a me? > domandò in un perfetto inglese, voltandosi verso la mora che già stringeva la bacchetta nella mano destra.

< Sì dico a te > replicò furiosa < Chiedimi scusa come si deve > disse poi in un ringhio.

< Altrimenti? > la provocò la bionda sfoderando un sorrisetto strafottente.

< Altrimenti ti ritroverai quel bel faccino appiccicato al muro > rispose sarcastica la mora sorridendo a sua volta.

< Oh, io non credo proprio > commentò dolcemente la ragazza avvicinandosi alla mora.

< Ah, sì? E cosa te lo fa pensare che non ne sia capace? > chiese la mora cominciando a divertirsi.

< Il fatto che sei troppo stupida per riuscire a battermi > rispose la bionda in un alzata di spalle.

< Forse hai ragione > convenne sarasticamente la mora < Ma in ogni caso tu saresti troppo lenta per difenderti > aggiunse.

< Vogliamo provare? > la provocò ancora la nuova arrivata estraendo la sua bacchetta dalla borsetta.

Prima ancora che Chantal potesse posizionare la bacchetta davanti al corpo un fiotto di luce rossa si liberò da quella della mora andandola a colpire in pieno petto.

Proprio come aveva predetto Charlie, la ragazza si ritrovò con il suo bel faccino schiacciato contro la parete opposta della sala su cui era calato il silenzio.

< La prossima volta > urlò Charlie < Chiedimi scusa senza discutere >

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Buonasera cari Potteriani! Sono tornata! So che vi mancavo ma purtroppo la scuola sembra abbia deciso di uccidermi così sono dovuta quasi fuggire dallo studio per riuscire a scivere questo capitolo! Dunque, a quanto pare la nuova arrivata non ha portato altro che guai, almeno per ora. La nostra Charlie si è finalmente ripresa dalla rottura con il bel biondino e ha deciso di lottare alla vecchia maniera. Insomma, è tornata la solita cazzuta di sempre! Anche il nostro biondo però a quanto pare, ha deciso di soffocare il cuore in favore del peccato.
Sarà stata una buona scelta o questo potrebbe avere delle ripercussioni sugli altri personaggi? Che ruolo avrà Chantal in tutta la faccenda?
Se siete curiosi di scoprire come continua la storia e di scoprire come il cuore di una Fenice si sia potuto lasciare intossicare dal veleno di una Serpe, restate con me e aspettate il prossimo capitolo.
Per ora vi saluto, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Practise ***


 

Capitolo 24

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con ancora la Sala Grande completamente immersa nel silenzio, Charlie si accomodò al tavolo dei Grifoni cominciando a servirsi salsiccia e uova strapazzate come se nulla fosse. Dall’altra parte della sala, esattamente dietro il tavolo delle serpi, una chioma bionda si agitava forsennatamente nel tentativo di rimettersi in piedi e conservare così, quel poco di dignità che le era rimasta.

Quando sulla soglia del grande portone di legno comparve la figura slanciata di Draco Malfoy, Charlie non poté fare a meno di sorridere. Era un qualcosa che le sorgeva spontaneo ogni volta che i suoi occhi incontravano la figura del ragazzo, così come sorgeva spontaneo al ragazzo, cercare tra quella marea di teste una nera e spettinata.

Quando però, vagando per la sala alla ricerca della ragazza che solo poche ore prima si era ripromesso di dimenticare i suoi occhi incrociarono quelli assassini di Chantal, la sua attenzione fu tutta calamitata da quella parte della sala.

Senza badare al fatto che in sala ci fossero circa altri cento studenti e che tutti tenevano lo sguardo fisso sulla sua figura, si precipitò verso il tavolo verde-argento con l’intento di soccorrere e aiutare la nuova arrivata. Dopotutto quella ragazza costituiva la sua ancora di salvezza; solo così avrebbe potuto dimenticare quella Potter.

Dal canto suo Chantal, se fino ad un attimo prima si era dibattuta come un animale in trappola nel tentativo di non essere aiutata da nessuno per conservare intatta la sua dignità, appena i suoi occhi color miele scorsero il bel biondo avvicinarsi, si lasciò cadere a terra fingendo uno svenimento.

< Cosa diavolo le è successo? > domandò il biondo accovacciandosi accanto al corpo della ragazza.

< E’ stata la Potter > rispose un ragazzino del secondo anno superando i corpi ammassati intorno alla bionda.

< Cosa? > sbraitò incredulo il biondo.

Il ragazzino, intimidito dalla reazione del biondo, indietreggiò di qualche passo fino a cozzare con la schiena contro il petto di Tiger che lo spinse nuovamente in avanti.

< E’…è stata la Potter > spiegò nuovamente in ragazzo con una voce tanto flebile da essere a mala pena udibile < Le ha scagliato contro un incantesimo di disarmo tanto forte da farla volare per tutta la sala > aggiunse notando lo sguardo insoddisfatto del Principe.

Senza nemmeno degnare di uno sguardo il piccolo, il biondo si alzò e con passo militare, si diresse verso il tavolo dei Grifoni.

< Cosa diavolo avevi intenzione di fare? > urlò una volta arrivato alle spalle della mora che con tutta tranquillità continuava a mangiare le sue uova strapazzate senza degnarlo di una risposta.

Furioso per trovare quel comportamento dannatamente eccitante e per il fatto di essere completamente ignorato, il Principe mise mano alla bacchetta puntandola alla schiena della ragazza.

< Ho detto cosa diavolo avevi intenzione di fare? > ribadì in un roco sussurrò carico di rabbia.

< Mmm, sai Malfoy? > disse la ragazza voltandosi < Credo proprio che non siano affari tuoi > aggiunse in un sorriso carico di sarcasmo.

< Non sono affari miei? > ripeté incredulo il biondo < E’ di una Serpeverde che stiamo parlando, si da il caso che siano affari miei eccome >

Alzando gli occhi al cielo per la stupidità del biondo, Charlie si voltò ancora una volta.

< Quelli erano affari miei e di quella sgualdrinella > disse in tono serio

< O forse sei preoccupato che possa avertela rotta? > insinuò velenosa.

< Come diavolo osi? > sbottò il biondo aumentando la stretta alla bacchetta.

< Oso perché tu, Malfoy, sei uno stupido, arrogante, borioso e inutile idiota che non sa distinguere la differenza tra bene e male nemmeno avendocela sotto il naso > spiegò Charlie alzandosi in piedi e fronteggiando il ragazza da vera Grifondoro < Tu, sei solo un codardo che non è nemmeno stato in grado di salvare se stesso > aggiunse fissandolo dritto negli occhi per cogliere lo sgomento che sapeva, avrebbe attraversato quelle iridi color tempesta.

Quelle parole, lasciarono il ragazzo e il resto della sala completamente sbigottito.

Certo, sapeva che quasi tutti ad Hogwarts pensavano che fosse un codardi priva di spina dorsale, ma nessuno e dico nessuno, si era mai permesso di dirglielo in faccia.

Il fatto poi, che proprio la Potter avesse osato urlarlo di fronte a quasi l’intera scuola, era qualcosa di estremamente insopportabile.

In quel momento Draco avrebbe solo voluto prendere la bacchetta e farle più male possibile, avrebbe voluto che lei e tutti gli altri si rimangiassero ciò che avevano detto o anche solo pensato.

Poi però si ricordò il perché gli piaceva tanto trascorrere del tempo con quella ragazza un po’ strana; il perché amasse così tanto quei suoi occhi verde giada.

Lui amava la Potter e non solo perché era brava a letto come aveva pensato fino a quel momento, lui l’amava perché era diversa dalle altre.

Amava Charlie Potter perché a lei non interessava cosa gli altri potessero pensare o cosa poteva accadere se esprimeva liberamente le sue idee, lei era libera. Charlie non si faceva problemi e lo trattava esattamente come uno qualunque, lei era forte e coraggiosa; leale e sicura di sé.

Lei era tutto ciò che lui non sarebbe mai potuto essere.

Poteva leggergli il dolore negli occhi, lo si poteva sentire nel respiro accelerato e nelle pupille dilatate. Draco Malfoy era stato messo K.O da delle semplici parole pronunciate con tutto il più puro odio che si possa provare verso una persona.

Charlie Pottere sapeva bene che pronunciando quelle frasi lo avrebbe ferito e forse così allontanato definitivamente da lei, ma non poteva farci niente, se le era cercate e lei di certo non lo avrebbe risparmiato.

Ora però, a disastro compiuto, si rendeva conto del tragico effetto che quelle parole avevano avuto sul bel Principe che tante notti si era ritrovata ad amare, capendo che in fondo le dispiaceva essere stata così crudele.

Lei amava quella sottospecie di mago, ne amava ogni dettaglio, anche il più insignificante, ma se stargli accanto voleva dire soffrire allora lo avrebbe allontanato.

Il dolore era sempre stata una costante nella sua vita, ma da ora in poi avrebbe detto basta, non si sarebbe mai più lasciata ferire da nessuno.

Quasi in contemporanei gli sguardi dei due ragazzi toccarono il freddo pavimento di pietra della sala perdendosi poi lungo le immense finestre e tornando poi ad immergersi uno dentro l’altro.

Quella sarebbe stata l’ultima volta che i loro occhi si sarebbe incontrati ed amati. Era una promessa, e due nobili, non rompono mai una promessa.

Dopo gli scontri di quella mattina in Sala Grande, quel mercoledì proseguì senza intoppi. Le lezione si susseguirono uno dopo l’altra, lente e noiose come sempre, fino a quando non suonò anche l’ultima campanella.

Mentre Charlie usciva dall’aula di divinazione, venne intercettata da un ragazzino del secondo anno che chiedeva se quel pomeriggio gli allenamenti fossero comfermati.

< Quali allenamenti? > domandò Charlie presa alla sporvvista.

Non si ricordava affatto di aver fissato degli allenamenti, ne tanto meno che quel ragazzino fosse in squadra.

< Quelli che Ginny ah fissato la settimana scorsa > spiegò il ragazzo parlando come se avesse a che fare con un Troll mezzo scemo.

< Oh > fece la mora assottigliando lo sguardo nel tentativo di recuperare la conversazione in cui Gin le comunicava di aver fissato gli allenamenti.

< Oh, certo certo, sono confermati > mentì illuminandosi all’improvviso e regalando al piccoletto un gran sorriso.

< Perfetto > replicò quello sorridendo a sua volte e scomparendo poi in mezzo alla calca di studenti che si affrettava a tornare verso le proprie sale comuni.

Rassegnata all’idea di dover trascorrere le restanti tre ore a cavallo di una scopa, con il vento freddo a sferzarle il viso e, a giudicare dall’ammasso di nuvole soprastanti il castello anche dalla pioggia, si diresse verso la torre al settimo piano.

Arrivata in sala comune, dopo aver dovuto evitare Pix e i suoi stupidi scherzi e tentato di rifiutare un paio di inviti per Hogsmade, si lasciò cadere esausta sul divanetto accanto al fuoco chiudendo gli occhi e concentrandosi sul rilassante rumore del legno che scoppietta.

< Che ci fai ancora così? > le urlò Ron nell’orecchio.

< Sono appena arrivata, fammi respirare > replicò la ragazza fingendo indignazione.

< Non c’è tempo > ribadì il ragazzo afferrandola per il braccio e obbligandola ad alzarsi < Tra due settimane c’è la partita contro Corvonero, dobbiamo allenarci se vogliamo vincere >

< Hai ragione > convenne la mora sospirando < Immagino debba andare a cambiarmi > disse poi sorridendo divertita.

< Ecco brava > convenne il rosso < E sbrigati >

Cinque minuti dopo Charlie era pronta e sorridente con indosso la tuta da allenamento dei Grifoni e il suo manico di scopa in spalla.

Insieme al rosso e ad una piccola folla di tifosi uscì dalla sala comune e si diresse verso il campo da Quiddich dove svolazzavano già da dieci minuti gli altri componenti della squadra.

Inforcata la sua scopa, la mora si diede lo slancio con i piedi e si sollevò da terra portandosi sempre più su, fino a raggiungere gli anelli posti a quindici metri.

Stava giusto raggiungendo Gin quando un tuono scosse la terra, preannunciando ciò che lei aveva già sospettato al termine delle lezioni.

< Allora Gin > cominciò la mora < Direi di farli iniziare con dei giri di riscaldamento e poi di passare a dei tiri liberi. Voglio che riprendano la mano con queste cose prima di provare schemi di volo e di gioco >

La rossa, contenta che la sua amica sembrasse essersi ripresa del tutto, annuì vigorosamente fischiando con tutto il fiato che possedeva in un piccolo fischietto argentato.

In un secondo l’intera squadra di Grifondoro era sospesa attorno a loro in attesa degli ordini.

< Dunque > cominciò Charlie a cui i discorsi pubblici non erano mai piaciuti < Cominceremo con tre giri del campo aumentando la velocità ad ogni giro e arrivando al massimo solo agli ultimi metri >

Una serie di assensi e sorrisi di levò dai giocatore che a causa del rumore provocato dai tuoni, avvicinò le teste a quella di Charlie.

< Voglio che impariate a frenare di colpo, perciò al termine del terzo giro vi lancerete in picchiata frenando a circa due metri dal suolo >

Questa volta i brusii che si levarono dalla squadra non furono di apprezzamento ma di sgomento. Non era facile frenare a una così piccola distanza dal suolo e c’era il rischio che qualcuno finisse sfracellato sull’erba, ma Charlie era il capitano nonché miglior giocatrice della scuola, perciò ciò che diceva era legge.

< Finiti i giri, passeremo ai tiri liberi. Voglio che impariate a prendere bene la mira per cui faremo cinque tiri a testa da fermi senza disturbi e cinque tiri in movimento con disturbatori. Ron, tu dovrai parare > disse rivolgendosi al rosso che le rispose con un gran sorriso.

< Ora possiamo cominciare >

In pochi secondi l’intera squadra di Grifondoro sfrecciava nel cielo grigio da cui cominciarono anche a cadere le prime gocce di pioggia.

Charlie, sospesa al centro del campo, osservava il mondo intorno a lei ritrovando finalmente quel senso di libertà che solo il volo aveva saputo darle.



Angolo autrice:

Un grandissimo bentornato a tutti! Chiedo immensamente scusa per il ritardo con cui pubblico questo ventiquattresimo capitolo, ma la scuola, le guide e il resto in generale mi tiene impegnatissima. Ringrazio tantissimo tutti coloro che hanno commentato il capitolo precedenti e chi di voi, seppure in silenzio, ha speso del tempo prezioso per leggerlo.
Passando alle cose veramente importanti, in questo nuovo capitolo la nostra Charlie e il nostro Draco portano il loro amore ad un altro livello. Si feriscono a vicenda, convinte che questo sia l'unico modo per non soffrire ma presto capiranno che così facendo non fanno altro che alimentare i loro sentimenti.
La nuova arrivata, proprio come sospettato, non fa che portare guai nella vita dei due anche se io aspetterei ad odiarla del tutto, in fondo potrebbe rivelarsi molto più importante di quel che sembra.
Ad ongi modo, spero che il capitolo vi piaccia e che siate così generosi da perdonare il mio ritardo e magari lasciare un piccolo commento!
Vi aspetto al prossimo capitolo, Sybeoil!











 

 





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Arriva Dicembre, arrivano i guai! ***


 

Capitolo 25

 

 

 

 

 

Finalmente dopo tanta attesa arrivò Dicembre e con lui anche il Natale. Lentamente il castello andò colorandosi di verde e rosso, di bianco ed oro, d’argento e blu. Ad ogni angolo potevano scorgersi graziose ghirlande incantate che al passaggio di ogni studente intonavano una dolce melodia rassicurante. Sopra le teste di professori e alunni penzolavano mazzi di vischio sotto cui molti ragazzi evitavano di passare per paura di essere intercettati e colpiti da una qualche ragazza. Le aule erano tutte un luccichio e il parco era ricoperto da quasi cinquanta centimetri di fresca neve, candida come le zanne di un elefante.

Tutto ad Hogwarts sapeva di Natale, di feste e di vacanze. Quest’anno però era stato annunciato dalla stessa preside che ci sarebbe stata una novità, quale essa fosse il corpo studentesco ancora lo ignorava, ma di sicuro doveva essere qualcosa di estremamente noioso se a suggerirlo era stata la McGranitt.

Quasi nessuno, a parte coloro che erano stati designati organizzatori e i loro aiutanti, sapeva che la novità di cui tanto animatamente si discuteva nei corridoi e durante i pasti era in realtà l’evento più mondano di Hogwarts dopo il ballo del ceppo di circa quattro anni prima.

La preside aveva deciso che avrebbe comunicato di cosa si trattava solo una settimana prima della vigilia in quanto voleva essere sicura che tutto procedesse secondo i piani.

Piani che al momento erano parecchio indietro data la situazione che si era venuta a creare tra i responsabili dell’organizzazione.

Dopo la loro ultima discussione in Sala Grande, Charlie e Draco, si erano rivolti a stento la parola se non, quando quasi a farlo a posta, i professori li accoppiavano durante le lezioni pratiche.

Ed anche in quel caso comunque le uniche parole che pronunciavano erano dei distaccati < grazie > o dei congelati < prego >.

Quando ormai mancavano meno di dieci giorni alla data decisa per il Gran Ballo , e cioè la vigilia di Natale, la preside pensò bene di convocare i due “generali” e i loro “sottoposti” nel suo ufficio per verificare di persona l’andamento dei lavori.

Erano le cinque di un venerdì pomeriggio cupo dove il cielo sembrava minacciare neve e vento e dove il grigiore della giornata andava spandendosi lungo tutti i corridoi del castello, quando nella torre del settimo piano e nei freddi sotterranei, risuonò la voce autoritaria della preside che chiamava a raccolta nel suo ufficio Potter, Malfoy, Granger, Parkinson, Weasley, Zabini, Weasley, Nott.

I Grifoni, per nulla spaventati di cosa la preside potesse volere da loro si avviarono verso il suo ufficio, mentre le Serpi, leggermente sorpresi della chiamata, si misero subito in allarme chiedendosi cosa avessero potuto fare di così tremendo da essere richiamati dalla preside.

Quando entrambe le fazioni, quella rosso e oro proveniente dall’alto e quella verde e argento proveniente dal basso, furono davanti al gargoyle che costituiva la porta d’ingresso dell’ufficio, l’aria si riempì quasi inspiegabilmente di elettricità.

Tra una parte e l’altra volarono sguardi carichi di disprezzo e risentimento che si conclusero quando la Potter, chinatasi a metà per sussurrare la parola d’ordine al gargoyle di pietra, fece scattare il meccanismo grazie al quale al posto del freddo palo di legno comparve una scala mobile a chiocciola.

Uno ad uno gli otto ragazzi salirono su uno dei gradini che andavano salendo a ritmo costante fino a trovarsi tutti quanti di fronte ad una massiccia porta di antico legno di quercia.

Delicatamente, quasi temesse di poterla rompere, Hermione bussò attendendo che la voce leggermente gracchiante della McGranitt rispondesse invitandoli ad entrare.

La riccia aprì la porta e si accomodò all’interno dell’ufficio che ormai tutti loro conoscevano quasi a memoria per prima, seguita poi dalle facce sconvolte delle Serpi e da quelle raggianti dei suoi Grifoni.

< Buongiorno preside > salutò Hermione educata facendosi strada fino all’immensa scrivania di legno di noce posta sul piano rialzato dell’ufficio, proprio accanto all’enorme camino.

< Buongiorno a voi > rispose stranamente affabile la preside alzando gli occhi da una pergamena ricca di numeri.

< Ci ha fatto chiamare? > chiese Pansy Parkinson con quel suo tono tra l’arrogante e l’altezzoso.

< Si Pansy, vi ho fatti chiamare > confermò la preside < Anzi, vi ho chiamati > precisò poi affilando lo sguardo.

La McGranitt non aveva mai sopportato quella ragazza nemmeno quando era una professoressa. Riteneva il suo comportamento irritante e poco adatto alle regole del vivere comune, in oltre credeva davvero che assomigliasse ad un povero Carlino perennemente arrabbiato.

Questo però lo sapevano solo i quattro Grifoni presenti e di certo, dato che ancora ci tenevano alla loro incolumità ma soprattutto a superare l’anno, non ne avrebbero mai fatto parola con nessuno.

Ad ogni modo il suddetto Carlino abbassò lo sguardo sul pavimento, colpita a morte dalla precisazione glaciale e tagliente della preside che lei tanto detestava.

< Vi ho fatto chiamare per sapere come procedono i preparativi per il ballo della Vigilia > comunicò la donna staccando definitivamente gli occhi dalle sue carte e aggiustandosi gli occhiali sul naso adunco.

Subito la stanza si riempì di un coro disordinato di < Oh >, < Ah, sì > ed

< Ehm, certo i preparativi > che di sicuro diedero alla preside una chiara idea della situazione.

< Immagino che siate ancora molto indietro > disse congiungendo le mani sotto il mento e mettendo a tacere i balbettii dei ragazzi.

< Mi dispiace molto > intervenne a quel punto Charlie < E’ colpa mia se le cose sono arrivate a questo punto, mi sono lasciata prendere troppo dal Quiddich e dal resto dimenticandomi del ballo >

Stette paia di occhi, otto se si contano quelli della preside, si posarono sulla figura minuta della giovane Potter che a tutta quell’attenzione reagì arrossendo fino alla punta delle orecchie.

Le sguardi dei suoi compagni erano un misto tra sorpresa, indignazione, incredulità e ammirazione, nonostante tutto le espressioni più buffe e divertenti si ebbero tra le file delle Serpi.

Pansy Parkinson era rimasta talmente sorpresa dalle parole della Potter che la bocca le si era involontariamente aperta di qualche centimetro e dal lato del labbro le era cominciata a colare qualche goccia di saliva.

Nott, figlio di un noto Mangiamorte, aveva inarcato talmente tanto le sopraciglia che sembra avesse un paio di pinze a sostenergliele.

Malfoy e Zabini si limitarono a fare facce sorprese accennando un piccolo ghigno molto serpentesco.

I suoi compagni di casata invece rimasero del tutto sbigottiti, era vero che si era dimenticata del ballo però era anche vero che non era stata l’unica.

Malfoy se ne era dimenticato tanto quanto lei e perciò meritava anche lui la punizione che, sicuramente, la McGranitt le avrebbe inflitto.

A sorpresa di tutti invece la preside si limitò ad accennare un piccolo si con la testa e a socchiudere gli occhi.

< Capisco > disse poi nel suo miglior tono da nonna < Non fa niente Charlie, potrete rifarvi in questi ultimi giorni > aggiunse poi accennando un sorriso.

< Siamo sicuri che non sia impazzita? > bisbigliò Ron all’orecchio di sua sorella.

< Non lo so > rispose la piccola di casa Weasley < Ma spero proprio di no oppure quei bastardi avranno vita facile qui >

Il fratello le rivolse un’occhiata di assenso e poi tornò a giocherellare con un lembo della sua camicia.

< Ma il ballo e fra dieci giorni! > protestò la mora < Non ce la faremo mai ad organizzarlo come si deve e poi io non ne sono capace. Non potrebbe affidare l’incarico a qualcun altro? > domandò sfoderando tutto il fascino della sua modalità “ cucciolo indifeso”.

< Mi dispiace ma voglia che siate proprio voi ad organizzare questo ballo, quindi datevi da fare e mettetevi a lavoro > dichiarò la donna usando un tono che non ammetteva repliche.

< Vi do il permesso di utilizzare la Sala Grande e badate bene che l’orario di chiusura dei festeggiamenti sarà a mezzanotte precisa, anche se nel castello posso succedere cose al di fuori del mio controllo >

< Sbaglio o la tizia ci ha appena dato il permesso di organizzare un dopo-party illegale all’interno del castello? > domandò il rosso sulla cui faccia poteva leggersi un immenso punto interrogativo.

< Non sbagli > rispose la sorella abbassando il tono della voce fino a portarla ad un sussurro < Sembra proprio che le feste le abbiano fatto bene > aggiunse in un sorriso.

< Più che bene > sogghignò la riccia al loro fianco strappandogli dei sommessi risolini.

< E come dovremmo addobbare la sala? > domandò Zabini dal fondo del gruppo.

< Come più preferite signor Zabini > rispose la preside cordiale < Basta che non siano cose troppo eccessive > aggiunse subito dopo accompagnando le parole con un’occhiata di fuoco.

< E sono proibiti tutti gli alcolici > disse ancora prima di aggiustarsi gli occhiali sul naso.

Un sonoro sbuffo provenne dalla direzione in cui si era accomodato il Principe che fino a quel momento era rimasto nel più totale silenzio.

< Bene, è tutto? > domandò senza emozioni nella voce.

< Sì, signor Malfoy > rispose la preside < Potete andare, ma esigo che lei e la signorina Potter mi aggiorniate tra quattro giorni > aggiunse prima di tornare con gli occhi alle sue indaffarate carte.

La mattina dopo a colazione, i quattro Grifoni si erano seduti nell’angolo più lontano del tavolo per parlare in santa pace del ballo.

Gin ci aveva pensato su tutta la notte e aveva avuto qualche idea per le decorazioni. Secondo il suo punto di vista doveva essere tutto un luccicare di ghiaccio e cristallo.

< Credo sarebbe fantastico intagliare lo stemma di ogni casata nel ghiaccio e poi incantarlo perché diventi tipo una sfera che emana i colori della rispettiva casa >

Tutti e tre la seguivano con molto interesse, anche se a Ron interessava decisamente di più il piatto di uova e bacon che aveva davanti.

< Potremmo anche chiedere a delle fate di farci un piccolo favore e aprire le danze spuntando da ogni parte della stanza per poi posarsi sul bancone del bar ed inchinarsi > aggiunse con un sorriso entusiasta.

< Direi che sono ottime idee, Gin > disse la riccia molto dolcemente grattandosi la testa con la punta di una piuma.

< Già, purtroppo però dobbiamo collaborare con degli idioti > aggiunse Charlie accompagnando l’esclamazione con un sospiro d’arte.

Proprio in quel momento varcarono la soglia della sala quella sgualdrinella della Parkinson e quell’oca della nuova arrivata la cui gonna si era già accorciata di dieci centimetri buoni.

< Oh, io quella non la sopporto > esclamò la riccia posando la piuma sul tavolo prima che la spezzasse.

< Non sapevo potessi provare disprezzo per qualcuno > disse Ron tra un boccone l’altro.

< Anche io sono umana, Ronald > rispose secca la riccia.

< Ok, scusa > replicò il rosso alzando le mano in segno di resa.

< Scusate ma devo andare a parlare con quel cretino di Malfoy > comunicò Charlie alzandosi dal suo posto.

Con la tracolla di pelle in spalla la mora si avviò al tavolo delle Serpi cercando di ignorare tutti gli sguardi avidi di sapere che sembravano seguirla come un’ombra.

< Malfoy > chiamò una volta raggiunto il tavolo.

< Che diavolo vuoi Potter? > rispose il biondo alzando la testa dal suo piatto e puntando il suo sguardo di ghiaccio sul viso stanco della ragazza.

< Oggi pomeriggio alle cinque qui in Sala Grande, dobbiamo cominciare a decidere cosa fare > comunicò senza troppi giri di parole.

< Ehi Malfoy > lo chiamò un tizio del quarto anno < Te la fai ancora con la Potter? > chiese urlando con tutto il fiato che aveva in gola.

< Ehi, Just > urlò a sua volta il biondo < Perché non chiudi quella fogna che ti ritrovi al posto della bocca? >

Il ragazzo, intimidito abbassò lo sguardo, lasciando che il suo vicino lo prendesse allegramente in giro.

< Allora? > chiese ancora la Potter.

< Ci sarò Potter > rispose il biondo usando un tono di voce molto più simile ad una lastra piatta di ghiaccio.

< Molto bene > disse risoluta la ragazza prima di voltarsi con strana eleganza e dirigersi a passo svelto verso il grande portone della Sala Grande. 



 

Angolo autrice:

Bentornatiiiiii!! Mi scuso per il ritardo e ringrazio le dolci meraviglie che commentano ogni mio capitolo riempiendomi di complimenti che non merito! Siete eccezionali! Mi scuso anche per il capitolo forse leggermente troppo corto e privo di contenuto ma doveva scruverlo per aggianciarlo al prossimo nel quale finalmente si vedrà il ballo.
Ballo che ovviamente provocherà guai ma non solo, potrebbe anche rivelarsi utile per la nostra coppia!
Spero che il capitolo vi piacci e che qualcuno, molto gentilmente, lascia qualche piccolo commento!
Alla prossima, Sybeoil!
 





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** La guerra è iniziata ***


 

Capitolo 25

 

 

 

 

 

Erano le cinque passate, quasi le sei a dire la verità, e di Malfoy non si era vista nemmeno l’ombra. Se solo avesse potuto, se solo avesse voluto, se ne sarebbe andata da un pezzo, purtroppo però l’impegno preso con la preside e quel suo stupido, incosciente e rincoglionito cuore glielo impedivano.

Cosa diavolo ci ho visto in quel fesso?

Si domandò lasciandosi cadere su una delle immense panche.

Più ci ripensava e più si convinceva che era una cosa assurda, impossibile, inimmaginabile! Lei, la Principessa dei Grifoni, innamorata di una Serpe; sicuramente era solo una specie di cotta. Era bravo a letto, le piaceva farci l’amore tutto qui! Tra lei e Malfoy non c’era mai stato e mai ci sarebbe stato altro che sesso. Straordinario sesso certo, ma sempre e solo quello.

E proprio mentre lasciava che la sua mente vagasse indisturbata ripescando i ricordi di mille momenti che sarebbero stati vietati anche ai maggiori di trent’anni, ecco che le porte dell’immensa Sala Grande appositamente sgombrata, si spalancarono lasciando entrare la figura slanciata del più idiota Principe di sempre.

< Alla buon’ora! > esclamò Charlie quando si fu accorta della presenza del biondo.

< Ho avuto da fare > rispose quello alzando le spalle in vago tentativo di scuse.

< Immagino > bofonchiò la mora alzandosi < Ad ogni modo ci conviene sbrigarci se vogliamo finire per cena > aggiunse lanciando uno sguardo di rimprovero al ragazzo che delicatamente lasciò cadere la sua tracolla sul bancone lì vicino.

< Bene > disse lui < Cominciamo! >

Pochi minuti dopo, messi da parti i vari sentimenti contrastanti, l’odio e la tremenda voglia di saltarsi reciprocamente addosso, i due cominciarono a lavorare sfornando idee su idee.

Charlie fece come le aveva suggerito Hermione quella mattina e per prima cosa sottopose all’attenzione del suo collega le, a sua detta strabilianti, idee di Ginny.

< Credo che sarebbe grandioso > concluse dopo quello che a Malfoy parve un monologo infinito dove la mora spiegava nei dettagli il modo in cui sarebbero dovuti essere modellati i cristalli e roba del genere.

< Non se ne parla nemmeno! > esclamò deciso il ragazzo enfatizzando il tutto con decisi movimenti della testa.

< Come sarebbe a dire non se ne parla nemmeno? > ripeté la Potter sconvolta. Era sicura che il biondo avrebbe accettato senza protestare, in fondo lo conosceva abbastanza bene da sapere quanto quelle cose lo infastidissero.

< Che non faremo nulla di tutto ciò > spiegò il ragazzo con più calma come se stesse parlando ad una bambina e non ad una diciottenne che aveva salvato il mondo.

< Oh, invece si che lo faremo Malfoy > disse allora lei sorridendo sorniona.

< Se ne sei convinta tu, Potter > commentò il biondo camminando lungo le quattro tavolate.

La ragazza, notando l’aria di sicurezza con cui il biondo rispondeva decise di cambiare tattica.

< Tu cosa avevi in mente? > domandò avvicinandoglisi impercettibilmente.

< Di sicuro nulla di così sdolcinato > rispose lui arrestandosi di colpo

< Pensavo a qualcosa di più trasgressivo > azzardò sorridendo malandrino.

< Ti ricordo che assisteranno anche i professori > gli ricordò la ragazza in un sospiro.

< Benissimo > sospirò a sua volta il biondo < Ho un’idea > disse poi illuminandosi in un sorriso che prometteva tutto tranne che qualcosa di buono.

Rassegnata all’idea di dover come minimo ascoltare l’idea del ragazzo, la mora si lasciò cadere nuovamente sulla panca emettendo un sospiro di rassegnazione e accavallando in modo tanto sexy da rischiare di far impazzire quel pover’ uomo di Malfoy.

< Sentiamola > esclamò alzando le braccia al cielo.

< Tu ti occupi di questo stupido ballo facendo tutto ciò che più ti piace, mentre io mi occupo della vera festa >

Certo, quella sarebbe anche stata una bella idea, se solo Charlie non fosse mai stata ad una festa organizzata dalle Serpi e non conoscesse la loro idea di divertimento.

< Certo! > esclamò la ragazza sarcastica < Così mi ritroverò immersa in una calca di gente mezza nuda che balla come un ossesso >

Il biondo ammiccò uno sguardo entusiasta a quelle parole che però fu subito messo a tacere da ciò che la ragazza aggiunse dopo.

< Non se ne parla nemmeno > sbraitò secca.

Non avrebbe lasciato a Malfoy tutto il merito di aver organizzato la più grandiosa festa di sempre. Mai e poi avrebbe permesso una cosa simile.

< Senti > cominciò il biondo < Io non ho voglia di stare qui e di sicuro tu non hai voglia di stare in mia compagnia. Tu vuoi fare bella figura con la preside a me non me ne fotte un cazzo, quindi tu occupati di questo schifo di festa che io mi occupo di quella vera >

< Ti piacerebbe > lo sfidò Charlie assottigliando gli occhi verdi < Ma non lascerò che una serpe come te si prenda il merito di aver organizzato la più grande festa del secolo >

< Staremo a vedere > disse il ragazzo sicuro che presto o tardi la Potter avrebbe ceduto e per farla cedere avrebbe usato l’unica arma che sapeva l’avrebbe spinta in quella direzione: la gelosia.

< Molto bene Malfoy, molto bene > disse la ragazza furiosa afferrando il suo mantello e la sua borsa e sfilando accanto al ragazzo diretta verso il portone di legno.

Il giorno dopo Malfoy mise in atto il suo piano. Per prima cosa bisognava conquistare Chantal, secondo bisognava fare in modo che la Potter li vedesse assieme il più possibile e terzo, bisognava sperare che ne fosse gelosa.

Quella mattina il biondo ci mise più del previsto a prepararsi, di solito gli bastavano dieci minuti, mentre quella mattina ne impiegò più di trenta.

Tra una doccia di quasi un quarto d’ora, una pettinatura accuratamente spettinata costata dieci minuti di fatica immensa il biondo rimase chiuso nel bagno più di trenta minuti.

< Era ora principessina > lo sbeffeggiò Zabini una volta uscito dalla piccola stanza.

< Oh, sta zitto Blaise > ringhiò il biondo ghignando divertito.

< Incontro romantico? > domandò l’amico incapace di perdere l’occasione per prendere in giro il biondo.

< No > rispose il ragazzo < Solo una battuta di caccia > ghignò.

< Non fare troppe stragi o mi toccherà rimettere insieme i pezzi dei cuori che tu infrangi > scherzò l’amico anticipandolo fuori dalla porta della stanza.

Mentre i due scendevano le scale del dormitorio dirette in sala comune incontrarono Chantal e Pansy che, ferme sulla soglia, discutevano di chissà quale ragazzo.

Malfoy decise che quello era il momento migliore per mettere in atto il suo piano. Passando accanto alla bionda lasciò che la sua mano sfiorasse la gamba scoperta della ragazza facendola trasalire.

Quasi sicuramente entro la fine della giornata se la sarebbe portata a letto. Dopotutto lui era il Principe, quale ragazza poteva resistergli?

I quattro ragazzi erano scesi a colazione da poco quando dalle grandi vetrate della Sala Grande entrarono una serie di gufi e civette con stretta nel becco la posta dei ragazzi.

Un vecchio barbagianni planò davanti alla riccia rischiando di finire nella ciotola di porridge. Stretto nel becco adunco aveva una copia della Gazzetta del Profeta a cui Hermione era abbonata da quasi più di tre anni.

La ragazza pescò dalla tasca della divisa due monetine e le infilò nel sacchettino in cuoio attaccato alla zampa dell’animale, che ripreso fiato dopo un volo che per lui doveva essere stato tutt’altro che rilassante, sbatté le ali liberando il tavolo.

Sulla prima pagina del giornale di quella mattina svettava un titolo che lasciò tutti e quattro e, a giudicare dal silenzio che improvvisamente calò sulla sala, anche gli altri ragazzi senza parole.

Una semplice frase scritta a caratteri cubitali catturarò l’attenzione dei Salvatori del Mondo Magico.

Sotto al titolo una foto animata di un quartiere babbano di Londra dato alle fiamme non faceva altro che raddoppiare il senso di nausea e paura che già serpeggiava tra i ragazzi come nebbia.

Oramai era ufficiale, i Mangiamorte erano tornati e a saperlo non erano più solo Gin, Herm, Ron, Charlie e Draco, ma anche il resto del Mondo.

La riccia fu la prima a parlare dando sfogo così alla domanda che tutti avevano scritta negli occhi. < Com’è possibile? > domandò aprendo il giornale per leggere l’intero articolo.

Dai tre seduti accanto a lei non giunse risposta, se non un vago sospiro di rassegnazione.

< Qui dice che durante la notte, dieci figure incappucciate a cavallo di alcune scope, sono state avvistate sui cieli di Londra, precisamente nel quartiere di Highgate > continuò la ragazza leggendo il lungo articolo < Poche ore dopo alcune case del quartiere sono state date alle fiamme provocando ingenti danni e mettendo a serio rischio la vita di circa cinque babbani. Secondo le testimonianze di uno di loro, si direbbe che è opera dei Mangiamorte > concluse.

< Maledetti bastardi > sussurrò il rosso seduto accanto a lei stringendo la forchetta che teneva nella mano destra.

La riccia, che sapeva bene quanto quella notizia potesse avere un impatto disastroso su Charlie, si voltò alla sua sinistra per cercare lo sguardo dell’amica che però scoprì essere rivolto altrove.

La mora infatti, appena letta la notizia, aveva cercato tra la folla una testa bionda, come a volere conferma che lui con tutto quello non c’entrasse nulla.

Quando finalmente la trovò, seduta accanto ad un’altra testa bionda, rimase un po’ delusa. Sul suo volto aveva sperato di trovare incredulità per il folle gesto compiuto da suo padre e i suoi amichetti, mentre tutto quello che vi lesse fu rassegnazione e un pizzico di fastidio.

Sarebbe tanto voluta andare lì e urlargli in faccia di essere coraggioso, di prendere una decisione e denunciare suo padre. Avrebbe voluto che lui non sapesse niente, che fosse all’oscuro di tutto, così sarebbe stato più facile perdonarlo e non soffrire; invece lui sapeva, lo si capiva dalla sua espressione rassegnata, lo sapeva e non aveva fatto niente.

Come se il ragazzo le avesse letto nel pensiero, sollevò lo sguardo fino ad incrociare quello ragazza che colta di sorpresa, rimase interdetta non sapendo cosa fare.

Pochi istanti dopo, sul volto di Malfoy si andò delineandosi una smorfia di rabbia e frustrazione, che in fondo il muto rimprovero della Potter lo avesse infastidito?

< Charlie? > chiamò la riccia notando che l’amica sembrava essersi incantata.

La mora, sentendo la voce della riccia che la chiamava, distolse lo sguardo dal biondo per posarlo sulla ragazza accanto a lei.

< Si? > domandò con aria smarrita.

< Tutto bene? > domandò Hermione lanciando uno sguardo veloce al tavolo delle serpi e notando uno strano movimento.

< Credo che tu debba andare > disse dopo qualche istante, accennando con la testa in direzione del tavolo verde-argento e facendo l’occhiolino a Charlie che ringraziandola sgusciò fuori dal tavolo.

Una volta fuori dalla Sala Grande salì le scale che portavano al primo piano e lì vi trovò il ragazzo fermo con la schiena poggiata al muro. Il viso era leggermente piegato verso il basso, come a volerlo nascondere, le braccia erano abbandonate inermi contro il corpo e gli occhi erano puntati sul pavimento freddo.

Avvicinandosi la ragazza fece attenzione e non fare troppo rumore, trattenendosi dal dire tutto ciò che in quel momento le passava per la mente in modo da evitare inutili litigi. Arrivata vicino al ragazzo l’unica cosa che riuscì a dire prima che le labbra del biondo si posassero sulle sue fu < Malfoy! >

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Buonasera Potteriani!! Mi scuso per il ritardo con cui pubblico questo venticinquesimo ( siamo già a venticinque? xD ) capitolo, ma la scuola mi ha tenuto parecchio impegnata. In ogni caso voglio ringraziare con tutta me stessa, le tre fantastiche ragazze che recensiscono ogni capitolo, dedicando di volta in volta, parole sempre più dolci! Siete fantastiche!
Tornando alla storia e quindi al capitolo, beh che posso dire... pare che che la bella mora e il bel biondo scatti di nuovo qualcosa, finalmente direte voi e invece io freno subito i vostri entusiasmi. Ciò che avete appena letto non è affatto ciò che credete, tuttò è più complicato e difficile e presto ve ne rendereto conto. Ci sono ancora un sacco di prove che Charlie e Draco devono superare e non tutte saranno facili o piacevoli. Per ora vi lascio così, immersi nel dubbio fino al midollo! xD ( Sono cattiva lo so!! )
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Ancora profezie ***


 

Capitolo 26

 

 

 

 

 

Le labbra del principe premevano sulle sue forti, fameliche, rabbiose. Premevano disperate ed eccitate e per quanto lei volesse sottrarsi a quel bacio dettato dalla pura necessità più che dalla voglia, le possenti braccia del ragazzo strette attorno alla sua vita, glielo impedirono.

Era incastrata tra un paio di labbra che desiderava ma non voleva e un paio di braccia tanto forti da toglierle il respiro.

Per la prima volta dopo tanto tempo, Charlotte Lily Potter, era in trappola.

< Malfoy > riuscì a sussurrare quando il ragazzo lasciò le sue labbra per prendere fiato.

< Shhh > sussurrò lui tornando a tormentarla con baci roventi e carezze lascive. Il biondo sapeva che quello non era ciò che lei voleva, che non era ciò che avrebbe dovuto fare ma la notizia dell’assalto a quel quartiere babbano di Londra, lo sguardo di disapprovazione e tristezza che aveva letto negli occhi della ragazza, l’avevano gettato nel baratro oscuro della disperazione.

Nessuno più di lui si odiava in quel momento, nemmeno Voldemort in persona avrebbe potuto disprezzarlo più di quanto non stesse facendo lui stesso, eppure doveva continuare a vivere e fingere che tutto andasse bene. I pettegolezzi che presto sarebbero circolati tra gli studenti del castello avrebbe potuto sopportarli, avrebbe potuto sopportare anche le occhiate di disapprovazione provenienti dal corpo docenti ma c’era una cosa che il cuore non avrebbe mai sopportato e quella era lo sguardo con cui poco prima lo aveva guardato la Potter.

Una sguardo che sapeva di aspettative deluse, di speranze infrante e di amore distrutto. Uno sguardo che gli avrebbe lacerato l’anima se gli avesse lasciato attraversare il confine del cuore. Era per quel motivo che prima ancora di finire di leggere l’articolo si era alzato ed era uscito dalla Sala Grande senza proferir parola, ignorando i richiami di Blaise e gli sguardi di Chantal.

Sapeva che se fosse scappato da quella sala troppo affollata la Potter lo avrebbe seguito, dopotutto loro si appartenevano, lo aveva capito tardi ma ci era arrivato.

Solo adesso si rendeva conto di quanto tenesse a quella ragazza che stringeva tra le braccia come a volerle impedire di scappare ancora. Solo ora capiva quanto stupido fosse stato a tenerle nascosta la lettera di sua madre, se ne accorgeva solo adesso quando ormai, era troppo tardi per qualunque cosa.

< Malfoy > ripeté la ragazza prima che il ragazzo potesse tornare a torturarle le labbra.

< Fermati > lo implorò poggiando i palmi della mani sul petto caldo del giovane e spingendo affinché si allontanasse da lei.

Il biondo, capendo le intenzioni della ragazza, non oppose resistenza scivolando via da quel corpo caldo e vibrante di energia.

< Cosa ti è saltato in mente? > lo aggredì la Potter scostandosi un ciuffo di capelli che le si era posato sopra gli occhi.

< Mi dispiace > sussurrò il Principe chinando la testa per evitare lo sguardo disgustato della mora. Non poteva sopportare di vedere quell’espressione dipinta anche nei suoi di occhi.

< Perché sei scappato? > chiese la ragazza abbandonando il tono di accusa per assumerne uno gentile.

Una risata amara sgorgò dalle labbra dischiuse del Principe che, abbandonata ogni riserva, esplose.

< Perché sono scappato? > ripeté urlando < Sono scappato perché è quello che faccio sempre, io scappo Charlie! Scappo da tutto, scappo da tutti. Sono scappato dalla mia famiglia, dal Signore Oscuro, sono scappato da te > Quelle ultime parole le pronunciò quasi con sofferenza, cosa che lasciò la ragazza senza parole.

Mai si sarebbe aspettata una tale sincerità da Malfoy, mai avrebbe creduto di vederlo così solo e vulnerabile.

< Io sono così Charlie > continuò il ragazzo ormai fuori controllo < Sono un codardo e tu ti meriti molto di più > concluse in un sospiro amaro.

Quelle ultime parole avevano del tutto spiazzato la ragazza, facendola precipitare in uno stato di shock tale che dovette appoggiarsi al muro per non scivolare a terra.

Malfoy l’amava, anche se lo faceva a modo suo, lei lo amava e lui amava lei. Stava quasi per confessarglielo, stava per sbandierare ai quattro venti quella sua stupida infatuazione quando la vocina saggia del suo cervello le ricordò chi era lui.

Le ricordò quanto l’avesse fatta soffrire, quanto stronzo fosse stato in quegli anni e quanto sicuramente l’avrebbe ancora fatta soffrire.

Quella vocina insistente, le ricordò che una Fenice non potrà mai innamorasi di una Serpe senza che il suo veleno la intossichi.

< Mi… mi dispiace Malfoy > balbettò allontanandosi da lui e dal suo viso, lasciandolo solo e disperato in un corridoio deserto.

***

Chantal aveva assistito a tutta la scena con quei suoi finti occhi da cerbiatta seguendo, momento per momento il Principe e la sua presunta Principessa.

Sapeva, grazie alla bocca troppo larga di Pansy, che i due avevano avuto una sorta di storia ma che ora era finita per cui quando vide la Potter alzarsi dal suo tavolo e seguire il suo Malfoy fuori dalla Sala Grande, decise di seguirli.

Non che fosse una di quelle tipe che si mettono a spiare i ragazzi che le piacciono, però quando voleva una cosa faceva di tutto per ottenerla e se ottenere Malfoy voleva dire seguirlo per tutto il castello, allora lo avrebbe fatto.

Quando i due si arrestarono a metà del corridoio del primo piano la ragazza si nascose dietro un arazzo di medie dimensioni affacciandosi quel tanto che le consentisse di seguire le dinamiche dell’incontro.

Per un istante pensò che non sarebbe successo nulla e che Malfoy le avrebbe semplicemente risposto male e poi se ne sarebbe andato lasciandola lì sola e ferita, ma quando le labbra del ragazzo si posarono su quelle della Potter fameliche, bramose come mai erano state quelle di uno dei suoi tanti ragazzi, le montò la rabbia.

Com’era possibile che una simile sgualdrinella da quattro soldi con orrendi capelli neri e un fisico decisamente poco attraente, scatenasse una reazione così pronunciata nel Principe delle Serpi?

Non era forse più attraente, interessante e favolosa lei? Certo che lo era, era stata cresciuta per esserlo. Ma allora perché il Principe non se ne era ancora accorto? Perché non l’aveva ancora fatta sua?

Questo non se lo spiegava.

Ad un certo punto poi la ragazza aveva parlato, era stato solo un flebile sussurro, un accenno ma abbastanza forte da giungere fino alle sue orecchie e innervosirla ancora di più. In quella voce, in quella parola sussurrata a mezza voce c’era tutto un mondo di passione e desideri celati, di amore e bisogno, necessità e bramosia.

In quel sussurro c’era tutto quello che lei non era mai stata capace di provare per nessuno.

Era forse questo ciò che rendeva la Potter tanto interessante agli occhi del Principe? L’essere incline a sentimenti stupidi e capricciosi?

Se così fosse stato ci sarebbe potuta riuscire anche lei, in fondo era una brava attrice, lo era sempre stata.

Mentre lasciava che la rabbia le si espandesse nel sangue come veleno, intaccando cellula dopo cellula e rendendola una mina pronta ad esplodere, la scena cambiò.

Il tutto si fece lento, come se il tempo fosse cristallizzato. La voce della Potter abbandonò il tono di rimprovero con cui poco prima si era rivolta al biondo per assumerne uno gentile, quasi da mamma.

Pochi secondi dopo la risata roca che sgorgò dalle labbra del ragazzo fece capire alla bionda ancora segretamente nascosta dietro l’arazzo che il biondo era pronto per litigare.

Ciò che invece fece il biondo fu semplicemente di alzare la voce e dare sfogo ai suoi dubbi, alle sue paure. Semplicemente si lasciò andare esponendosi più del dovuto.

Questo non fece altro che innervosire ancora di più la bionda che, stizzita e arrabbiata, lasciò il corridoio in un furioso sbattere di capelli e tacchi.

***

L’aveva baciata. Malfoy l’aveva baciata. L’aveva baciata come mai aveva fatto prima e lei aveva risposto. Aveva risposto a quel bacio carico di ansie, paure e necessità. Pieno di desideri repressi, sogni infrante e speranze disilluse. Aveva risposto perché era ciò di cui aveva bisogno, ciò a cui mai sarebbe riuscita a rinunciare.

Ad un certo punto però si era fermata. Aveva staccato le sue labbra da quelle calde ed eccitanti del suo Principe. Ci era riuscita, aveva resistito all’impulso di sciogliersi tra quelle braccia possenti. Era stata più forte del suo stupido cuore riuscendo a tenere sotto controllo quella sua insana voglia di farsi del male da sola.

Nonostante tutto però lo sguardo e le parole che il Principe le aveva rivolto dopo quegli attimi che a lei parvero infiniti, l’aveva scossa e segnata nel profondo. Per quanto tempo avesse trascorso con Malfoy nel suo letto e non, il ragazzo si era sempre rifiutato di parlarle dei suoi problemi o dei suoi stati d’animo. Aveva sempre preferito chiudersi a bozzolo dentro di se e macinare quintali di dolore, indossando quella che per sette lunghi anni, era stata la perfetta maschera dell’arroganza.

Charlie però sapeva, sapeva che sotto quegli strati di trucco abilmente modellati, si nascondeva il vero Draco, quello che sapeva regalare sorrisi sinceri e parole dolci, quello che non aveva paura di ammettere i propri difetti. E adesso che finalmente era riuscito ad esporsi, a denudarsi, lei era scappata con le lacrime agli occhi lasciandolo solo e disperato.

Come poteva considerarsi migliore se, quando un suo compagno ferito le chiedeva aiuto aprendosi con lei come ami aveva fatto prima, scappava?

Lei non era migliore, era semplicemente uguale a tutte quelle persone che per anni aveva detestato e condannato. Lei era come loro, incapace di ascoltare e consigliare, ma capace solo di scappare.

Vagando distrattamente per il corridoio deserto del primo piano rifletté che ormai doveva mancare poco tempo all’inizio delle lezioni e che se voleva arrivare in orario alla lezione di divinazione, doveva sbrigarsi.

Asciugandosi le lacrime che nel frattempo le era sfuggite dagli occhi chiari, macchiando il pavimento in pietra, deviò verso una rampa di scale che l’avrebbe condotta direttamente al terzo piano. Da lì in poi avrebbe attraversato metà corridoio, imboccato una scorciatoia che aveva scoperto tre anni prima grazie alla Mappa del Malandrino e finalmente sarebbe arrivata all’aula della signorina Cooman.

Con il fiatone per la corsa appena sostenuta, aprì l’oblò di legno che faceva da porta per l’aula di divinazione e spinse. L’uscio cigolò leggermente mentre i vapori di centinaia di incensi le ostruivano le vie respiratori.

Immersa in una nebbiolina rosa, dovuta sicuramente a tutti i profumi e incensi sparsi per la stanza, c’era la sua insegnante. I grandi occhi chiari nascosti dietro un paio di lenti troppo spesse, erano chiusi. La bocca sembrava distorta in una smorfia di terrore e piccole gocce di sudore le colavano lungo le tempie.

L’ultima e unica volta in cui Charlie aveva visto la signorina Cooman in quello stato, era stato quando le aveva rivelato la profezia su Voldemort.

Che anche adesso stesse succedendo la stessa cosa?

Come a voler rispondere alla domanda di Charlie, la professoressa prese un profondo respiro e poi, con voce quasi baritonale enunciò quella che sembrava una vera e propria profezia.

< E’ di colui che porta in dono una rosa che la Prescelta deve diffidare. La morte è scaltra, si nasconde in chi ama. Come al principio così è ora, lottare ancora dovrà per aver salva la vita, che con coraggio difese >







Angolo autrice:
Bentornati Potteriani!! Sono strafelice di aver finito questo capitolo così presto e di potervelo postare. E' uno dei capitoli a cui tengo di più e nemmeno so il perchè!! xD Va beh, torniamo alle cose serie....ringrazio le ragazze che hanno commentato il capitolo precedente e tutti quelli che leggono e seguono in silenzio! Siete straordinari.
Dunque, in questo capitolo si ha una caratterizzazione psicologica dei personaggi molto spiccata che ci permette di conoscere meglio anche la nostra nuova arrivata! Credo che non starà simpatica a molti di voi...
Ad ogni modo, le cose si complicano ancora di più, soprattutto nell'ultima parte e pare che Charlie dovrà affrontare un altro grossissimo problema!
Vi do appuntamento alla prossima, Sybeoil!


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Ballo a rischio ***


 

Capitolo 27

 

 

 

 

 

Mancavano pochissimi giorni al tanto atteso ballo di Natale, ore se proprio si voleva fare i fiscali, e Charlie ancora non aveva risolto il problema addobbi. Certo, quando era stata chiamata dalla preside nel suo ufficio per gli ultimi aggiornamenti aveva sostenuto con tutte le sue forze che praticamente fosse tutto pronto, ma adesso che si ritrovava sola nella Sala Grande deserta doveva arrendersi all’evidenza. Come organizzatrice di feste faceva schifo!

Sperava solo che nelle prossime trenta ore le venisse in mente una qualche idea o altrimenti si sarebbe ritrovata nei guai fino al collo. La situazione che si era venuta a creare con Malfoy di certo non semplificava le cose, anzi, non aveva fatto altro che peggiorarle dato che dal giorno del loro ultimo bacio rubato non si erano più rivolti la parola ignorandosi ogni volta che si incrociavano per i corridoi o a lezione.

No, la situazione era tutt’altro che facile.

Sconsolata per la situazione tragica e a tratti grottesca in cui si era cacciata con le sue stesse mani, si lasciò cadere pesantemente sulla panca di uno dei quattro immensi tavoli che riempivano la sala.

Stava giusto per arrendersi alla tragicità della situazione lasciando che il destino facesse il suo corso quando con un sonoro crac il suo Elfo Domestico le si materializzò davanti agli occhi.

< Padroncina > sussurrò con quella sua voce roca avvicinandosi alle gambe della ragazza.

< Kreacher > esclamò lei sorpresa di vederselo lì davanti < Cosa ci fai qui? > chiese cercando di sembrare gentile.

< Kreacher pensava che lei aveva bisogno di aiuto > rispose l’elfo chinando la grossa testa calva e facendo vibrare la pelle del collo.

< Oh, no ma ti ringrazio comunque > disse gentilmente la ragazza prima di tornare a concentrarsi sull’immensa stanza e sul modo in cui avrebbe potuto renderla speciale.

< Kreacher allora va via padroncina > disse ancora l’elfo prima di scomparire con un altro sonoro crac.

Charlie rimase così nuovamente sola in quell’immensa sala che a sua grande sorpresa sapeva essere tanto silenziosa da riportare a galla vecchi fantasmi del passato.

Fantasmi che avrebbe tanto voluto lasciare nel dimenticatoio, magari chiusi a chiave dietro una porta blindata stile Gringott e con una serie di incantesimi di protezione per impedire alla sua mente di soffermarcisi.

Invece eccoli lì, pronti ad attaccarla, a morderla e lacerarla solo per dimostrare di essere più forti del tempo e dei sorrisi. Fantasmi di morti e parole stroncate, di amori e vite spezzate, di gioie e dolori che nessuno, nemmeno il tempo, avrebbe lavato via.

Pensare a ciò che aveva amato e irrimediabilmente perso le metteva sempre una tristezza assurda. Era come se tutta la felicità del mondo sparisse e lei non potesse fare altro che ricordare le atrocità del suo passato.

Era un po’ come trovarsi in un sottoscale con un centinaio di Dissennatori affamati e desiderosi di succhiarti via l’anima.

Era qualcosa da cui chiunque sano di mente sarebbe scappato, ma non lei, non Charlie Potter che con il dolore ci era cresciuta.

Non colei che aveva accolto la morte come se fosse una vecchia amica andando incontro al suo destino in una foresta buia sola, senza amici a sostenerla e senza più le persone a cui teneva di più al suo fianco.

Lei era forte, lei poteva resistere a quei fantasmi famelici di lacrime. Avrebbe potuto sconfiggerli e con loro la colpa, il dolore, gli incubi e la sensazione di sentirsi sbagliati.

Fu per questo che chiuse gli occhi e lasciò che la sua mente tornasse a quei giorni di giugno di un anno prima, per affrontarli una volta per tutte e potersi finalmente dichiarare vincitrice.

Rivide i corpi stravolti dalla battaglia appena sostenuta, i sorrisi di chi si ritrovava dopo attimi di terrore e la lacrime di chi in quella follia aveva perso un amico, un parente, un fratello.

Rivide se stessa sporca e sanguinante, sudata e stremata. Si rivide fiera e coraggiosa come mai si era sentita e sorrise.

Poi vide loro, i suoi amici, gli unici che l’avessero sempre sostenuta. Gli unici che erano rimasti con lei fino alla fine.

Rivide il volto di Ron straziato per la morte del fratello ma sollevato di vederla ancora viva e quello orgoglioso di Hermione. Rivide gli occhi di Ginny posarsi su di lei fieri come quelli di un leone, vide Neville parlare a Luna con dolcezza.

Vide la signora Weasley e il signor Weasley piangere il loro figlio perduto, la preside e tutti gli altri professori.

In loro rivide tutto ciò per cui aveva lottato durante tutti i suoi diciotto anni di vita e ciò per cui avrebbe lottato fino al giorno della sua morte.

In loro vide il coraggio che in quel momento sembrava averla abbandonata. Per loro avrebbe combattuto, per loro avrebbe sconfitto quei pazzi ancora un volta.

Lo avrebbe fatto per loro e loro soltanto.

Riaprì gli occhi e li puntò su una delle enormi vetrate che riempivano la sala decidendo che era inutile sprecare un pomeriggio intero a cercare di farsi venire in mente idee che non sarebbero mai arrivate.

Agguantò la cartella e si precipitò fuori dall’enorme stanza fiondandosi sulle scale che conducevano alla torre del settimo piano. Arrivata in sala comune lasciò cadere la cartella e corse a perdifiato verso la sua stanza stravolgendo lungo il tragitto, una povera ragazzina del secondo anno e mandandole per aria tutti i libri.

Qualche secondo dopo stava di nuovo correndo, questa volta in direzione contraria, con il suo manico di scopa in spalla e un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Senza curarsi degli sguardi stupiti che la seguirono fino fuori la porta della sala comune, scese i sette piani di scale arrivando nel giardino di Hogwarts col fiato corto per la corsa.

Ancora sorridente si mise a cavalcioni della sua scopa e con un poderoso colpo si staccò da terra guadagnando altezza. Ben presto si ritrovò sospesa a più di quindici metri dal suolo con il forte vento gelido di Dicembre che le scompigliava i capelli lasciati sciolti e la sensazione di essere finalmente libera.

Estremamente grata a chiunque fosse lassù di averle donato la magia chiuse gli occhi e partì zigzagando tra una torre e l’altra del castello, planando poi verso il campo da Quiddich per tornare poi a prendere quota a dirigersi verso i cancelli della scuola.

Volare era qualcosa che aveva nel sangue, qualcosa che suo padre le aveva lasciato e che lei avrebbe sempre apprezzato.

Presto però il vento aumentò d’intensità facendosi tanto freddo da graffiarle il viso secco, un banco di nubi grigie si addensarono proprio sopra i confini della scuola e in mene che non si dica, una pioggia leggera ma fitte cominciò a cadere bagnandola dalla testa ai piedi.

Si sarebbe sicuramente presa un malanno ma non le importava, adorava la pioggia, adorava il volo ma soprattutto adorava volare con la pioggia fredda che le picchiettava in testa.

Amava sentirsi i vestiti zuppi appiccicati alla pelle candida, sentirne la consistenza e la pesantezza. Le ricordava di essere umana, di essere una persona qualunque che ancora è capace di apprezzare quel poco che la vita è in grado di donare.

Quando finalmente si decise che era meglio rientrare e farsi una doccia prima di cena, il cielo stava cominciando a schiarire lasciando posto ad un tremulo raggio di sole che tutto fece tranne riscaldarla.

Gettò un’ultima occhiata all’orizzonte dietro cui si perdeva il resto dell’Inghilterra e poi virò bruscamente a destra dirigendosi verso la finestra della torre del settimo piano.

Sperando con tutto il cuore che in sala comune ci fosse qualcuno bussò alla piccola finestra accorgendosi solo ora di stare tremando per il freddo.

Pochi istanti dopo un ragazzo allampanato del quinto anno andò ad aprirle rimanendo leggermente sorpreso nel vedere lo stato pietoso in cui si trovava.

In effetti non doveva essere un bello spettacolo. Era bagnata dalla testa ai piedi, il trucco doveva sicuramente essersi sbavato e i capelli dovevano essere un tale disastro da sembrare finti.

< Grazie > disse scrollandosi buona parte dell’acqua come fosse un cane randagio.

< Figurati > fece il ragazzo alzando le spalle e tornando alla sua occupazione.

< Charlie! > L’urlo della riccia le perforò i timpani facendola sussultare tanto da rischiare di farla scivolare sulla pozza d’acqua che nel frattempo le si era formata ai piedi.

< Cosa diavolo è successo? > domandò poi sembrando ancora più sconvolta.

< Ho fatto un giretto > rispose lei sorridendo divertita dall’espressione dell’amica.

< Sei pazza? > la rimproverò < Così ti ammalerai e tra poco più di un giorno c’è il ballo > le ricordò puntandole il suo famoso dito accusatore al petto.

< Oh, dai Herm non mi ammalerò > rispose lei sicura che fosse la verità, peccato che dovette ricredersi.

Dopo cena infatti cominciò a non sentirsi bene, dapprima era solo una sensazione di sgradevole debolezza, poi però si trasformò in acuto dolore alle ossa e infine in febbre.

< Visto? > le disse la riccia < Che ti avevo detto? > la rimbottò andandole ad aggiungere un’altra coperta in modo che stesse al caldo.

< Ok > si arrese la ragazza troppo debole anche solo per controbattere i rimproveri dell’amica < Avevi ragione > ammise tra un colpo di tosse e l’altro.

< Vado da Madama Chips a prenderti qualcosa tu nel frattempo cerca di riposarti > le diede un bacio sulla fronte e poi lasciò la stanza.

La ragazza si ritrovò sola a ripensare, ancora una volta, a quanto potesse essere stupida. Tra poco più di un giorno ci sarebbe stato il ballo e lei era bloccata a letto con l’influenza, incapace di muoversi o di fare qualunque altra cosa, solo perché non era capace di resistere alle tentazioni.

Certo, quello era stato un volo davvero straordinario, però se quelli dovevano essere i risultati, ne avrebbe fatto volentieri a meno.

Ben presto però la stanchezza e lo stresso bussarono alla sua porta accompagnati dal sonno che in pochi secondi la trascinò nelle sue ombre scure placando i tormenti e i dolori.

***

La mattina della Vigilia passò rapida come un battito di ciglia e in men che non si dica Malfoy si ritrovò a dover assicurasi che tutti i dettagli per la festa di quella sera fossero pronti.

A colazione non aveva visto la Potter ma sperava vivamente che avesse risolto quei suoi problemi di addobbo oppure la preside avrebbe fatto il culo anche a lui e di sentirsi una ramanzina da quella vecchia megera, proprio non ne aveva voglia.

Ormai però era mezzogiorno passato e ancora non aveva ricevuto notizie da Charlie ne da nessuno che con lei si stava occupando dei preparativi, quindi decise di chiedere lui stesso a che punto fossero.

< Ehi, Mezzosangue > chiamò il biondo dal corridoio del terzo piano nel quale si era fermato ad aspettare la ragazza consapevole che sarebbe passata di li per andare a pranzo.

< Si, Malfoy? > domandò la riccia arrestandosi a pochi passi dal ragazzo e sfidandolo con lo sguardo.

< Che fine ha fatto la Potter? > domandò prima che potesse cambiare idea.

< E’ malata > rispose la riccia alzando le spalle < E’ in camera sua da ieri sera, non so se stasera potrà venire al ballo > aggiunse come leggendo nel pensiero del ragazzo.

< Non mi interessa quello > chiarì lui sprezzante < Voglio solo sapere a che punto è con i preparativi >

La riccia allora corrugò la fronte, era sicura che di quello se ne stesse occupando lui.

< Non te ne stavi occupando tu? > domandò infatti.

< Assolutamente no > rispose il ragazzo inarcando un sopraciglio < ero convinto lo stesse facendo lei > aggiunse poi come se fosse ovvio.

< Beh, non so magari ha incaricato qualcuno > ipotizzò la ragazza con espressione scettica.

< OK, va bene > si limitò a dire il biondo prima di voltare le spalle ad Hermione e scomparire lungo il corridoio.

Dannazione, ci mancava solo questa! Ora doveva anche occuparsi di quegli stupidi preparativi, la Potter non poteva ammalarsi in un altro momento?

Certo, come se fosse stato lei a volerlo!

Lo riprese la sua vocina interiore, quella saggia e realistica.

Magari dovresti mandarle un bigliettino, un invito per l’altro party…

disse ancora la voce.

Malfoy sapeva che quella era la cosa giusta da fare, per quello sbuffando si girò e tornò indietro.

Arrivò nella guferia una decina di minuti dopo, chiamò a se il suo Gufo Reale a cui affidò una busta dentro cui era contenuto l’invito per la Potter.

< Charlotte Potter, Grifondoro torre del settimo piano > sussurrò prima di liberare l’animale e osservarlo volare via diretto dall’unica ragazza che era riuscita a fargli battere il cuore.

***

Quella mattina Hermione le aveva portato una boccetta contenente uno strano liquido ambra che l’aveva obbligata a trangugiare in solo sorso affermando che con quello si sarebbe sentita come nuova.

In effetti si sentiva decisamente meglio, ma non così tanto da considerarsi rinata. Insomma sentiva ancora quel fastidioso dolore alle ossa e credeva ancora di avere qualche linea di febbre, ma quello non lo avrebbe detto alla riccia.

Voleva andare al ballo, anche se sapeva che sarebbe stato un fiasco totale data la sua mancata capacità di organizzazione.

Consapevole di non poter lasciare la sala così com’era ma dovendola rendere un minimo apprezzabile chiamò il suo elfo che con un sonoro crac le si materializzò accanto al viso.

< Mi ha chiamato? > gracchiò Kreacher profondendosi in un rispettoso inchino.

< Sì > trillò la ragazza tirandosi su a sedere < Mi serve che addobbi la Sala Grande per il ballo di stasera > spiegò perdendosi nelle sue fantasie riguardo gli addobbi < Deve essere qualcosa di delicato ma non troppo sofisticato. Capito? > chiese prima di congedare l’elfo.

< Sì, signorina > rispose l’esserino inchinandosi ancora una volta < Kreacher però ha ricevuto ordine di non fare niente > disse poi prima di scomparire.

< Come sarebbe a dire? > chiese la ragazza incredula. Chi mai avrebbe osato dare ordini ad un elfo di proprietà di qualcun altro?

< Kreahcer non può dire chi, Kreacher dispiaciuto ma non può dire chi è stato > sussurrò l’elfo afferrandosi le grandi orecchie e tirandole verso il basso.

< Va bene, va bene > fece la ragazza rassegnata a vedere il proprio ballo rovinato < Ora però smettila > ordinò notando le mani dell’elfo ancora strette intorno alle orecchie.

< Puoi andare > comunicò poi tornando a stendersi.

Quello sarebbe stato il ballo più brutta di tutta la storia di Hogwarts e sarebbe stata solo colpa sua. Bene, non poteva andare meglio.

***

Mancavano poche ore al ballo e l’eccitazione nell’aria era palpabile. Le ragazze era tutte un coro di “oh che bello” e “oh, non vedo l’ora”, mentre i ragazzi non vedevano l’ora che quelle ore passassero.

Gli addobbi natalizi sparsi per il castello quella sera sembravano risplendere di luce propria e i piccoli fiocchi di neve che cadevano fuori rendevano l’atmosfera ancora più romantica.

Dietro le porte chiuse della Sala Grande Malfoy si dava da fare per far si che tutto fosse perfetto, era da più di quattro ore che non faceva altro che incantare oggetti, intagliare ghiaccio e diamanti e distribuire ordini ai piccoli elfi che aveva costretto ad aiutarlo.

Voleva che tutto fosse perfetto, che lo fosse per lei. Mancavano ancora pochi dettagli e poi finalmente sarebbe potuto tornare nei sotterrai a prepararsi quando una delle ante dell’immenso portone della sala si aprì leggermente.

Avvolta nel suo solito mantello verdone scuro entrò la preside McGranitt che squadrò il biondo e il lavoro da lui svolto con la massima criticità per aprirsi poi in un sorriso sincero e soddisfatto.

< Ottimo lavoro, Malfoy > disse avvicinandosi alle grandi sculture di cristalli che ritraevano gli stemmi delle quattro casate.

< Sono venuta a dirti che voglio che tu e i tuoi amici apriate le danze insieme a Charli e i suoi amici > disse accarezzando con tocco delicato una piccola scultura di ghiaccio.

< Ma preside… > tentò di opporsi il biondo senza però avere molto successo.

< Non voglio sentire ma, Malfoy > esclamò perentoria la preside sorridendogli per poi voltarsi e lasciare la stanza in silenzio.

Il biondo, consapevole del fatto che non potesse stringere la Potter tra le braccia senza rimanerne ferito e soprattutto senza ferire lei, cercò un qualcosa che potesse impedirlo senza però trovare nulla.

Per un attimo aveva pensato di lasciarla a Blaise e di prendersi la Mezzosangue, ma poi capì che non avrebbe mai potuto sopportare l’idea di due braccia che non fossero le sue avvolte intorno al suo corpo esile.

Avrebbe fatto quello sforzo, sperando che tutto filasse liscio.

Il ballo era praticamente alle porte, tra poco meno di un’ora i ragazzi sarebbero venuti a bussare alla loro porta e loro erano ancora in ritardissimo.

Ginny era alle prese con la lampo del suo abito da sera blu, lungo fino alle caviglie che si era fatta spedire da chissà dove.

Il tessuto leggero l’avvolgeva dal petto alle gambe come una seconda pelle mettendo in risalto le sue generose curve. Appena sotto al seno si apriva una sottile cintura di paillettes argentee che le circondavano la vita sottile.

< Maledetta lampo > imprecò a mezza voce cercando di raggiungere il punto più alto della cerniera.

< Lascia faccio io > disse Charlie andandole in aiuto e chiudendo quei pochi centimetri di lampo rimasti aperti.

I lunghi capelli rosso fuoco erano stati elegantemente acconciati in un elaborata acconciatura che sembrava averli gonfiati a dismisura. Piccoli fiori di un bianco candido e delicato spuntavano tra un ciuffo e l’altro rendendola molto più simile ad un Dea che ad una semplice ragazza.

Il viso era un tripudio di bellezza, le guance rosa erano messe in risalto da un trucco leggero appena accennato mentre gli occhi castani erano stati accuratamente illuminati da uno spruzzo di ombretto grigio-argento.

Guardandola Charlie non poté non pensare che fosse bellissima, chi non lo avrebbe pensato vedendola quella sera?

Voltandosi dall’altra parte della stanza però si trovò costretta ad ammettere che anche Hermione quella sera aveva fatto un salto di qualità, trasformandosi da ragazza acqua e sapone a meravigliosa donna.

Il delicato vestito panna senza spalline che aveva scelto per l’occasione metteva in risalto il colorito pallido della sua pelle e il castano ramato dei suoi capelli che per l’occasione aveva trasformato in delicati boccoli.

Un ciondolo che sua madre le aveva regalato quando ricevette la sua lettera da Hogwarts era comodamente poggiato nell’incavo del petto su cui potevano intravedersi piccoli brillantini dorati che la rossa l’aveva obbligata ad usare.

Ai piedi un paio di sandali con un tacco vertiginosamente alto la rendevano slanciata ed elegante come mai era stata.

Il viso piccolo e delicato era messo in risalto da un trucco delicato e leggero volto soprattutto a risaltare la splendida tonalità dei suoi occhi.

Un caldo color caramello esaltato da un sottile strato di ombretto grigio scuro mischiato ad un oro cupo e profondo.

Nel complesso era bellissima, proprio come Ginny che Charlie ancora guardava ipnotizzata.

< Ehi, ti muovi? > le domandò la riccia schioccandole due dita davanti agli occhi per svegliarla dal torpore in cui era caduta.

< Io non vengo ragazze > disse la mora sedendosi sul letto < Non mi sento ancora bene > mentì.

< Oh, tu invece verrai > esclamò la rossa andandole vicino e obbligandola ad alzarsi < Oppure giuro che non sarò più tua amica > la minacciò afferrando la bacchetta per compiere la sua magia.

Una quarantina di minuti dopo Charlie era pronta.

Le due l’avevano obbligata ad indossare un lungo abito da sera nero come i suoi capelli che le andava rampicandosi su una spalla per ricadere poi morbido sotto la spalla opposta.

Sia l’orlo superiore che quello inferiore del vestito erano ricoperti da piccole paillettes argentee. Ai piedi un paio di decolté nere con la punta aperta la rendevano più alta di almeno quindici centimetri.

C’era da chiedersi come avrebbe fatto a camminarci sopra.

Il viso piccolo e orgoglioso era stato reso ancora più luminoso da un leggero strato di cipria rosa appena più accennato sugli zigomi e da uno strato di ombretto argento sugli occhi verde giada.

Fissandosi allo specchio davanti cui poco prima si erano fermate le altre due, stentò a riconoscersi. Quella che vedeva nello specchio non poteva essere lei, lei non era così bella e di certo non era così femminile.

Ginny ed Hermione aveva fatto un vero miracolo trasformandola da maschiaccio combattivo a seducente fanciulla.

< Grazie > sussurrò voltandosi verso le due ragazze con le lacrime agli occhi pronta per quell’assurda avventura.

< Figurati > rispose la riccia abbracciandola e conducendola poi verso la stanza e gli altri ragazzi.

***

Quando le tre ragazze uscirono dal dormitorio femminile Ron, Neville, Dean e Seamus rimasero letteralmente senza fiato.

Non le avevano mai viste in quel modo, non le avevano mai viste tanto belle. Ginny sembrava una ninfa delle acque con quei suoi capelli rosso fuoco inframmezzati da fiorellini bianchi e quel suo sorriso così sensuale. Hermione sembrava un angelo tanto era bella e delicata e Charlie, Charlie semplicemente sembrava essere uscita da un sogno.

Era elegante, bella e semplicemente meravigliosa in quel quo abito nero e argento che vestiva con un eleganza innata.

Anche i ragazzi però erano niente male nei loro smoking comprati apposta per l’occasione.

< Sei bellissima > disse il rosso lasciando un morbido bacio sulla guancia della riccia e cingendole la vita con fare possessivo.

< Grazie > rispose lei arrossendo leggermente. La emozionava sempre ricevere complimenti da colui che era sempre stato il suo migliore amico.

< Che ne dite se andiamo? > propose la rossa afferrando il braccio di Dean < La preside vuole che apriamo le danze > aggiunse in una smorfia.

< Cosa? > domandò Charlie che nel frattempo di era appesa al braccio di Neville.

< Già, la preside vuole che balliamo con le serpi > intervenne il rosso riprendendo a camminare < Su, andrà tutto bene > le sussurrò la riccia.

La mora prese un grosso respiro e poi si lasciò condurre da Neville verso la Sala Grande.

***

Draco la riconobbe subito. Come avrebbe potuto non farlo? Era così bella in quel suo vestito nero che ricordava tanto il colore dei capelli. Così dannatamente perfetta accanto a quell’idiota di Paciock.

Sto sognando,

pensò muovendo un passo nella sue direzione come a volerla strappare da quelle braccia che non erano le sue e stringerla invece al suo petto caldo. Perché lei era sua.

< Alla buon’ora > disse invece fingendo arroganza.

< Non rompere Malfoy > lo riprese la riccia staccandosi dal rosso per andare a posizionarsi accanto a Zabini che, seppur con riluttanza, le offrì il braccio.

Poco dopo erano tutti accoppiati, Zabini con Hermione, Pansy con Ron, Ginny con Nott… mancavano solo la Potter e Malfoy che per qualche strana ragione erano ancora fermi, distanti l’uno dall’altra di almeno un paio di metri.

< Vi volete muore voi due? > li incalzò Pansy stufa di dover toccare quel taccagno di Lenticchia.

< Certo > rispose in imbarazzo il biondo prima di offrire il braccio alla mora e portarsi in testa al gruppo.

In fila indiana gli otto ragazzi varcarono la soglia della Sala Grande rimanendo incantati dallo spettacolo che si trovarono davanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Bentornatiiiiiiiii!! Ringrazio chi ha commentato il capitolo precedente e chi invece segue in silenzio! So che questo capitolo è lunghissimo ma non ho potuto fare a meno di raccontare ogni singolo dettaglio! Bene, il ballo ormai è alle porte e sia Draco che Charlie sono piuttosto agitati... cosa accadrà quando le danze si apriranno e loro si ritroveranno a volteggiare al centro della pista? Restate con me e scopriretelo!
Alla prossima, Sybeoil!

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** < La vita è breve, Charlie > ***


 

Capitolo 28

 

 

 

 

 

Malfoy sapeva di aver fatto un buon lavoro con gli addobbi e tutti il resto, ma non pensava di aver fatto un così buon lavoro.

La Sala Grande quella sera sembrava uscita da una di quelle fiabe che tanto amavano i bambini babbani. Una di quelle favole che raccontavano di principi e principesse, di balli di gala e matrimoni da sogno.

Insomma sembrava ancora più magica di quanto già non fosse.

Immersi nella luce accecante di centinaia di candele sospese a mezz’aria volteggiavano un numero improponibile di coppie.

Le dame, avvolte in vestiti sontuosi ed eleganti, stringevano delicatamente la mano del loro cavaliere mentre, con charme incredibile, scivolavano leggere sul pavimento in pietra.

Charlie si chiese dove avessero imparato a ballare in quel modo dato che la maggior parte di quei ragazzi era goffa e rigida di natura.

Ben presto il bagliore delle luci sospese sulla sala si attenuò e la musica diminuì di volume sino a cessare del tutto.

Le coppie di ballerini improvvisati si arrestarono al centro della pista e tutta l’attenzione si concentrò sugli otto ragazzi che avevano appena varcato la soglia della sala.

Fermi davanti all’enormi porte della stanza, gli otto ragazzi sembravano una visione celestiale.

La luce soffusa delle candele illuminava i loro volti leggermente tesi donando alla pelle delle ragazze un riflesso quasi perlato, mentre le figure dei ragazzi, apparvero ancora più imponenti e atletiche.

In quel momento gli otto, costituivano l’attrazione principale dell’intera serata.

Gli occhi degli invitati erano febbrilmente puntati sulla prima coppia, quella formata dal Principe delle Serpi, stupendo nel suo smoking, e dalla Principessa dei Grifoni, divina nel suo vestito nero.

Ormai quasi tutti all’interno della scuola sapevano della loro storia passata e quasi tutti avevano deciso di farla diventare il gossip più succulento.

Il fatto poi che fossero bellissimi e una sotto braccio dell’altro, non aiutava certo a facilitare la scomparsa di certe malelingue e commenti malevoli.

Dopo minuti che agli otto ragazzi parvero interminabili, la preside McGranitt si fece largo tra la folla incantata di studenti per raggiungere il palco sul quale salì con estrema agilità e dal quale cominciò a fissare la sala.

Dopo aver ringraziato la cantante prese il microfono e parlò.

Stranamente la sua voce risultò molto più gradevole amplificata dal microfono piuttosto che dall’incantesimo sonorus.

< Studenti e studentesse di Hogwarts, benvenuti > il tono era soave e divertito, a tratti sembrava anche estasiato. < Come potete vedere, sulla soglia della sala, vi sono gli otto fantastici studenti che hanno reso possibile tutto ciò. Per ringraziarli vorrei che tutti noi gli facessimo un applauso >

A quelle parole l’intera sala si riempì di clap clap, fischi e altri urletti eccitati. Quello era il modo del corpo studenti di ringraziare gli otto ragazzi che avevano organizzato quell’incredibile e meraviglioso evento scolastico.

Gli otto ragazzi, sentendosi improvvisamente oggetto di tanta attenzione, arrossirono leggermente cercando di nascondere l’imbarazzo che provavano.

< Vorrei che vi avvicinaste al centro della sala e che ballaste per noi > aggiunse la professoressa prima di abbandonare il microfono e scendere dal piccolo palco allestito per l’occasione. Gli otto, che immaginavano una cosa del genere dal momento in cui la preside gli aveva incaricati di occuparsi del ballo, si mossero come un sol uomo, passando tra le due ali di studenti che si erano aperte al loro passaggio.

Una volta che ebbero guadagnato il centro della pista da ballo, le luci cambiarono d’intensità e di colore sfumando dal giallo chiaro all’azzurro mare, la musica si diffuse in tutta la sala come l’eco di un secolo passato e l’emozione si spanse nell’aria.

< Lo sai vero che per ballare dovrai darmi la mano? > disse il biondo notando la staticità nella quale era caduta la ragazza.

< Sì, Malfoy > rispose lei seccata < Lo so > aggiunse afferrandogli la mano sinistra.

Bastò un semplice tocco da parte della ragazza perché nel biondo si scatenasse una reazione ormonale di proporzioni galattiche.

Ogni poro sembrò dilatarsi per assorbire meglio la sua presenza, gli occhi sembrarono escludere tutto ciò che non era Charlie e le mani strinsero avide quel corpo esile.

Una nota più acuta delle altre risuonò per la stanza ricordando agli otto ragazzi che quello era il momento in cui avrebbero dovuto cominciare a danzare.

Contemporaneamente le quattro ragazzi indietreggiarono di un passo conducendo con se stessi le loro dame che invece avanzarono di un passo ondeggiando leggere in quei loro vestiti da gala.

Ben presto tutte e quattro le coppie riuscirono a trovare il giusto ritmo, avanzando, indietreggiando, ruotando su se stesse per poi tornare ad avanzare e indietreggiare in un ciclo infinto.

Il valzer che era stato scelto durò un paio di minuti circa; i minuti più belli che Malfoy avesse mai vissuto.

Fissare quegli occhi così verdi da far pensare ali campi inglesi in piena estate, stringere quel corpo caldo tra le braccia e osservarne i movimenti leggeri, era qualcosa che raramente avrebbe dimenticato.

Era come nutrirsi dalla bocca di un Dio, era come essere un Dio. Tremendamente potente, tremendamente fortunato ad avere accanto una creatura tanto perfetta.

Quanto era stato stupido a lasciarla fuggire, quanto era stato stupido a pensare di poterla allontanare e non impazzire.

Lui la voleva, voleva tornare a stringerla di notte con il velo leggero del lenzuolo a separarne i corpi. Voleva tornare a baciare quelle labbra calde nel pieno del piacere. Voleva tornare a sentire il suo nome pronunciato da quella bocca così piena di meraviglia da condurre chiunque in paradiso.

***

Si stava facendo del male. Altroché se si stava facendo del male. Ballare con il Principe non era stata una grande idea. Ritrovarselo a pochi centimetri dal viso, con quegli occhi grigi e il sorriso sghembo dipinto in faccia, faceva tremendamente male.

Faceva male il pensiero di averlo lì, petto contro petto, e non poterne sentire il profumo, o non poterne gustare le labbra. Faceva male il pensiero che le avesse mentito ma che nonostante tutto lei continuasse ad amarlo.

Era doloroso sentirsi così sicure tra le sue braccia ma sapere di non potersi fidare. Era terribile sapere di essere innamorati dell’unica persona per la quale si dovrebbe provare solo odio.

Eppure Charlie non ci riusciva, non riusciva a credere che potesse odiare Malfoy. Per quanto male le avesse potuto fare, lei avrebbe continuato ad amarlo. Forse un giorno avrebbe dimenticato il suo viso, i suoi occhi e persino le sue parole, ma non avrebbe mai dimenticato le farfalle nello stomaco e le capriole del suo cuore.

Socchiuse gli occhi per impedirsi di piangere, mentre l’ultima struggente nota del valzer, si spegneva sui muri della sala.

< Sei bellissima > le sussurrò il biondo prima che chiunque potesse avvicinarsi.

< Scusami > balbettò la ragazza nascondendo il viso e scappando dalle braccia del ragazzo.

***

Faceva freddo quella sera, molto più freddo degli altri giorni. A Charlie però non importava anzi, le piaceva il freddo, le impediva di pensare e congelava le lacrime.

Con gli occhi velati d’acqua salata fissò l’orizzonte dietro cui si perdeva la luna solitaria ripensando agli amori perduti.

Agli amici persi e le occasioni sprecate. Pensò a se stessa e a tutto il tempo che aveva perduto. Pensò a lui, a quei suoi occhi privi di scintilla, a quelle sue labbra fredde come il marmo ma morbide come seta. Pensò alle sue mani che l’accarezzavano i capelli la mattina appena svegli.

Pensò a loro due che facevano l’amore e uno strano, ingombrante groppo le salì dallo stomaco fin su nella gola, incastrandosi tra il respiro e il battito. Rimase lì, sospeso a godere della sofferenza di Charlie fino a quando non si sciolse, rovinando in grosse gocce d’acqua che le inondarono il viso.

Finalmente piangeva. Finalmente lasciava che il flusso infinito di ricordi, dolori e rimpianti, sgorgasse fuori.

< Ehi >

La voce del rosso comparso improvvisamente dietro le sue spalle, con un fazzoletto di stoffa pronto in mano, la fece sussultare.

< Grazie > disse prendendo il fazzoletto e asciugandosi le lacrime.

Odiava che qualcuno la vedesse piangere, lei non era una i quelle ragazze che piangono e si lamentano perché il ragazzo che le piace non le considera, lei era la ragazza forte e audace che andava incontro alla morte.

Lei era quella che consolava, non quella che veniva consolata.

< Grazie > balbettò tra le lacrime stringendosi le braccia al petto nel tentativo di ripararsi dal freddo pungente.

< Tieni > disse Ronald porgendola la giacca del suo smoking < Così non ti prenderai un’altra influenza > aggiunse notando il suo sguardo colpevole.

< Vuoi dirmi cosa succede? > chiese dopo qualche minuto di pausa in cui insieme, guardarono la luna sospesa a migliaia di chilometri sopra le loro teste.

< Succede che mi sono innamorata Ron > rispose la mora mandando a quel paese le precauzioni e i timori.

< Capisco > commentò il rosso infilando le mani nelle tasche dei pantaloni < Il vecchio Lucius non ne sarà contento > scherzò poi per alleggerire la situazione e riuscendo a strappare un sorriso alla ragazza.

< Oh, per quello non c’è da preoccuparsi > disse Charlie stringendosi ancora di più nella giacca < E’ una cosa impossibile >

Il rosso la prese per le spalle e la costrinse a voltarsi per fissarlo negli occhi e poi con tutta serietà, le disse qualcosa che Charlie non si sarebbe mai aspettata di sentire uscire dalle sue labbra.

< Non è vero > disse socchiudendo appena gli occhi < Nulla è impossibile se lo si desidera veramente. Tu ami Malfoy? > domandò in una smorfia di disgusto che divertì la mora.

< Sì > rispose lei non sapendo dove volesse andare a parare < E allora devi andare lì e dirglielo. Devi lasciare che il tuo cuore ragioni per te. La vita è troppo breve Charlie, l’ho capito quando è morto Fred. Non lasciare che qualche piccola paura ti impedisca di vivere, di amare o di ridere. Sii te stessa e vedrai che tutto ti sarà restituito >

Il rosso aveva parlato senza prendere fiato, senza interrompersi e senza titubare, una cosa che non era mai successa.

Ronald Weasley non era di certo famoso per i suoi discorsi intelligenti o la sua visione filosofica della vita. Lui era il Re, il tontolone del gruppo, il migliore amico di due ragazze diverse come il Sole e la Luna.

Eppure, quelle parole, quella sicurezza nella sua voce mentre le pronunciava fissandola negli occhi, avevano convinto Charlie che tutto ciò che diceva doveva essere vero.

La vita era davvero troppo breve per potersi lasciar scappare l’occasione di essere felici, di amare ed essere amati.

La vita era troppo breve per permettersi di avere dei rimpianti. Doveva cogliere le occasioni quando le si presentavano senza pensare ai “se” e ai “ma”. Doveva agire.

< Grazie Ron > sussurrò fiondandosi tra le braccia del ragazzo che prontamente l’accolse al suo petto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:
 

 

 

Bentornatiiiiii!! Chiedo scusa per il ritardo e vorrei ringraziare tutte le fantastiche ragazze che commentano ongi capitolo...ringrazio anche tutti coloro che seguono la storia in silenzio, siete importantissimi!
Tornando alla cosa importante, la storia si evolve e con essa anche i sentimenti dei nostri protagonisti. A quanto pare Charlie si è decisa ad ammettere a se stessa e ad altri il suo amore verso il biondo e sembra addirittura disposta a confessarglielo.
Sarà però pronto il biondo per accogliere una tale confessione? Lascerà che sia il cuore o il cervello a comandare?
Per scoprirlo dovrete aspettare il prossimo capitolo!!!
Alla prossima, Sybeoil! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Tra alcool e confessioni ***


 

Capitolo 29

 

 

 

 

 

Il ballo si protrasse ancora per un paio di ore prima che la preside annunciasse la fine dell’evento più babbano che Hogwarts avesse mai ospitato. Ragazzi e ragazze, delusi per la fine precoce della festa, uscirono scompostamente dalla sala cominciando a rincasare ognuno nei propri dormitori.

Perfino Charlie, che sapeva bene dell’esistenza di una festa fuori orario organizzata dalle serpi, si diresse verso la torre del settimo piano con le scarpe strette in mano e un peso enorme sul cuore.

Le parole che il rosso le aveva quasi urlato contro durante il ballo le rimbombavano nella mente amplificandosi e incastrandosi nelle vene, nel cuore, nell’anima.

Ronald aveva ragione! La vita, soprattutto la sua, era troppo breve per potersi permettere tentennamenti o anche solo ripensamenti.

Se voleva essere felice doveva farsi coraggio e andare a parlare con quel biondo che volente o nolente, le era entrato dentro e di andarsene non ne aveva proprio voglia.

Era praticamente di fronte al quadro della Signora Grassa che faceva da ingresso alla sala comune dei Grifoni, quando da dentro la stanza provenne un urlo, tanto acuto da rischiare di rompere le finestre dell’interno castello.

Pensando al peggio disse velocemente la parola d’ordine alla signora del quadro e con la bacchetta già stretta tra le dita entrò di corsa nella sala.

< Che succede? > domandò una volta dentro.

Una ragazzina del quarto anno con un’impalcatura al posto dei capelli chiari, le si avvicinò sorridente per mostrarle quello che aveva tutta l’aria di essere un biglietto.

Solo ora, fissando quella ragazzina ancora avvolta nel suo abito da ballo, la mora si accorse della pioggia infuocata che cadeva sopra le teste dei grifoni. Una serie di piccole palle infuocate che appena toccavano terra si tramutavano in piccoli biglietti d’invito a quella che si preannunciava la festa del secolo, erano sparsi sul pavimento della stanza su cui nemmeno a dirlo, erano piegati la metà dei presenti.

Doveva ammetterlo, Malfoy aveva avuto davvero una buona idea!

Sorridendo senza farsi vedere cominciò a farsi largo tra i vari grifoni che ancora intasavano la sala diretta verso la porta del dormitorio femminile.

Mentre tornava dalla Sala Grande non aveva visto né Hermione né Ginny, molto probabilmente erano già andate alla festa.

Meglio,

pensò cominciando a salire i gradini che portavano alle stanze da letto delle ragazze, avrò modo per riflettere.

Con la lentezza di un bradipo addormentato aprì la porta della stanza che divideva con le sue migliori amiche rimanendo sconvolta dallo spettacolo che le si parò davanti.

Piegata all’interno del suo armadio, con indosso solo la biancheria intima, c’era Gin. Dall’altra parte della stanza seduta compostamente sul suo letto c’era la riccia che fissava l’amica preoccupata ma divertita al contempo.

< Che succede? > domandò la mora notando solo in quel momento il caos che sembrava essersi impossessato della sua tanto amata camera.

< Oh, ciao Charlie > salutò la rossa riemergendo dall’armadio con un top stretto in mano che poi gettò accanto ad una pila di vestiti sparsi sul pavimento.

< Sta cercando qualcosa da mettersi per la festa > spiegò la riccia facendo spazio all’amica affinché anche lei potesse godere dello spettacolo offerto dalla rossa.

< E c’era bisogno di fare tutto sto casino? > domandò Charlie ricevendo in faccia una gonna di pelle nera.

< Lo sai com’è fatta > si limitò a dire la riccia alzando le spalle.

< Certo certo > cominciò la rossa in questione < Intanto quando io sarò una strafiga e voi invece sarete “normali” non voglio sentire lamentele. Sono stata chiara? > disse emergendo di nuovo dall’armadio sorridente e vittoriosa.

Finalmente, dopo estenuanti minuti di forsennata ricerca, aveva trovato ciò che voleva.

Un vestito tanto corto che avrebbe fatto prima andare in mutande sulle tinte del porpora, troneggiava splendente tra le sue mani.

< Non avrai intenzione di metterti quello? > domandò la riccia strabuzzando gli occhi alla vista di quello che di certo non era un vestito.

< Certo che sì > assentì la rossa cominciando ad infilarselo.

< Tuo fratello ti ammazzerà > mormorò Charlie sconsolata.

< Mio fratello può anche non venire > rispose la rossa litigando con la zip < Qualcuno mi da una mano? > chiese disperata dopo una serie di tentativi non troppo fortunati.

La riccia si alzò dal letto sbuffando e andò ad aiutare la rossa la quale ringraziò con un sorriso cominciando a vagare per la stanza alla ricerca di un paio adatto di scarpe da abbinarci.

< Charlie te che metti? > domandò afferrando un paio di semplici decolté nere da sotto il suo letto.

< Oh, io non vengo > spiegò la mora muovendosi a disagio sul letto.

< Oh, invece verrai > ammiccò l’amica fiondandosi nuovamente nel suo armadio appositamente incantato per farci entrare tutta quella montagna di vestiti.

< Tieni! > disse riemergendone con un vestito ancora più striminzito del suo in pelle opaca nera.

< Spero tu stia scherzando? > blaterò la mora strabuzzando gli occhi davanti a quell’orrore.

< Niente affatto > rispose seria la ragazza avvicinandosi minacciosa.

< Io non indosserò quel coso > chiarì la mora prima che la rossa potesse placcarla e costringerla ad indossarlo.

Dopo una quindicina di minuti di intensa lotta tra Ginny e Charlie, quest’ultima fu costretta ad arrendersi e ad indossare quella specie di coso.

Spaventata per cosa avrebbe visto allo specchio una volta aperti gli occhi la mora fece un gran respiro e poi si decise.

I suoi occhi verde giada ne incontrarono un paio identici che le restituirono l’espressione di puro stupore che sicuramente doveva aver dipinta in volto.

La rossa aveva avuto ragione. In quel vestito era semplicemente fenomenale.

La pelle nera dell’abito l’avvolgeva come se le fosse stato cucito addosso risaltando tutte, e intendo proprio tutte, le sue curve.

< Ed ora prova questi > annunciò trillante la rossa passandole un paio di sandali neri elaboratissimi al cui tacco, di almeno tredici centimetri, erano state aggiunte delle borchie davvero fighe.

La mora se li infilò e poi tornò a guardarsi allo specchio rimanendo ancora più impressionata.

Fosse stata un ragazzo ci avrebbe provato con se stessa.

Anche la riccia nel frattempo aveva fatto un cambio d’abito optando per la gonna a vita alta in pelle nera che la rossa aveva tirato in faccia a Charlie e una canotta bianca aderente da infilare dentro la gonna.

Al tutto aveva coordinato un paio di scarpe blu mare e si era raccolta i capelli in un disordinata ma bellissima coda.

La rossa e la mora invece avevano deciso di lasciare i capelli sciolti, liberi di ondeggiare a tempo di musica con i loro bacini.

Quando tutte e tre furono vestite, truccate e agghindate alla perfezione, lasciarono la stanza immersa nel caos di quando erano entrate e scesero in sala comune.

Le persone rimaste ormai erano poche e per lo più ragazzini del primo, secondo e terzo anno che nemmeno a dirlo quando videro le tre ragazze comparire in sala comune ne rimasero incantati.

Un ragazzetto dai capelli castano ramati e gli occhi color nocciola ebbe anche la faccia tosta di avvicinarsi alla mora e chiederle di sposarlo, affermando che non avrebbe mai incontrato ragazza più bella.

Charlie, per quanto lusingata da quell’offerte bizzarra e decisamente precoce per l’età del ragazzo, fu costretta a rifiutare sorridendo dolcemente.

< Possiamo andare? > domandò Neville calamitando l’attenzione di tutti sulla sua figura già prossima alla porta della sala.

Guardandolo Charlie si ritrovò a pensare all’enorme cambiamento che aveva fatto. Lei lo aveva conosciuto quando ancora era un bambino in sovrappeso con una nube di sfortuna a perseguitarlo, mentre adesso era diventato alto, atletico e decisamente carino.

La barba lasciata crescere in modo disordinato ma non eccessivamente lunga, gli donava un’aria matura che si sposava alla perfezione con il paio pantaloni neri a vita bassa ai quali aveva abbinato una camicia da boscaiolo verde e un paio di vans dello stesso colore.

Sì, Neville era decisamente cambiato. Luna era fortunata ad averlo al suo fianco.

< Certo > sorrise la riccia precedendo il suo ragazzo fuori dalla sala.

I corridoi della scuola erano deserti e freddi a quell’ora della sera, soprattutto dopo che tutta l’eccitazione e l’adrenalina prodotta dal ballo si era spenta.

La festa, come scritto nell’originale invito, si sarebbe tenuta nella stanza delle necessità al settimo piano, in modo da non ricevere visite poco gradite.

Arrivati nel corridoio della stanza delle necessità, passarono davanti al muro opposto al quadro dei troll che cercavano di imparare la danza classica tre volte, fino a quando dal nulla gli si manifestò l’imponente portone che faceva da ingresso alla stanza più magica dell’intero castello

Da dentro si sentiva provenire il rumore assordante della musica pompata dal dj.

< Sarà la miglior festa dell’anno! > esultò la rossa facendo un saltello e battendo le mani come una bambina a cui il padre ha appena promesso la bambola che tanto desiderava.

Io sospirai affranta e varcai la porta che Neville aveva aperto per me. Quella sarebbe stata la peggior festa di sempre!!

***

Come avevo sospettato fin dall’inizio, più che una festa, quella sembrava la replica di uno squallido night club babbano.

Sparsi per l’intera stanza c’erano una decina di cubi illuminati su cui danzavano inibite un numero pari di ragazze.

Indossavano tutte la medesima cosa: degli shorts di pelle tanto corti da sembrare mutande e un top a fascia che arrivava giusto sotto il seno. Al collo avevano una cravatta con i colori della casata di Salazar e sulle braccia un bracciale a forma di serpente che si arrampicava fin sopra alle spalle.

Sembravano davvero delle prostitute, eppure lei sembrava l’unica a pensarlo dato che quasi tutti le guardavano estasiati.

La popolazione maschile presente le fissava perché avrebbe voluto farsele e quella femminile, molto probabilmente, perché avrebbe voluto assomigliarci.

Che squallore,

pensò facendosi largo tra la calca diretta verso il suo angolo di salvezza: il bar.

< Un whisky incendiario > urlò al barista sperando di essere riuscita a farsi sentire.

Pochi minuti dopo il ragazzo dietro al banco al quale aveva ordinato il suo drink ricomparve stringendo in mano un bicchiere colmo di liquido ambrato che prometteva inibizione e divertimento.

< Alla tua Charlie > sussurrò alzando il bicchiere in aria e poi calandoselo in gola in un sorso solo.

< Altri tre > urlò al barista voltandosi per osservare quella marea di gente che si dimenava in pista.

Il ragazzo tornò dopo poco con tre shottini e una bottiglia in mano pronto per servire la sua cliente.

< Facciamo che mi tengo la bottiglia? > disse la mora cambiando idea e pensando che forse avrebbe fatto prima a tenersi l’intera scorta di whisky.

< Ma… > tentò di ribattere il barista. < Bravo ragazzo > gli sorrise la mora dandogli una pacca sulla spalla e girandosi verso la pista da ballo.

Arrivata a metà bottiglia, aveva la testa che le girava e la vista leggermente annebbiata ma si sentiva felice come non mai. Quello era davvero il nettare degli Dei.

Un ragazzo comparso dal nulla, con occhi color del ghiaccio e capelli nero pece, la invitò a ballare afferrandola saldamente per la vita.

Non molto consapevole di quello che faceva la mora accettò volentieri l’invito di quel ragazzo tanto carino buttandosi in mezzo alla mischia fino a guadagnare il centro della pista.

Con ancora la bottiglia stretta tra le mani iniziò a muoversi sinuosa e provocante davanti al suo nuovo “amico” ridendo e bevendo ogni volta che il ritmo cambiava.

Con la canzone finì anche la bottiglia di whisky e la mora si ritrovò intontita e confusa ma libera e felice.

Senza che lei se ne fosse accorta il ritmo era cambiato passando da rapido e frenetico a lento e misurato. Il DJ aveva cambiato canzone.

Il moretto che prima l’aveva invitata a ballare l’afferrò dalla vita e la spinse contro il suo petto ampio.

Con movimenti lenti ed esperti cominciò ad accarezzarle la pancia piatta risalendo lungo l’addome, il petto fino a giungere al collo su cui cominciò a lasciare umidi baci.

La ragazza si inarcò ancora di più contro il ragazzo in modo da farne aderire meglio i corpi e sentire così il calore dell’altro sulla pelle accaldata.

Pochi secondi dopo i due si ritrovarono impegnati in un poco casto bacio, in cui distinguere la lingua dell’uno da quella dell’altra, era davvero un’ardua impresa.

Il ritmo della musica cambiò nuovamente e così anche i movimenti dei due che si fecero più rapidi e sensuali.

Mancava poco e l’avrebbero fatto lì al centro della pista da ballo.

***

Era da un po’ che teneva d’occhio quei due. L’idea che qualcun altro ballasse, toccasse e accarezzasse la Potter non gli andava a genio ma non poteva certo andare lì e rovinarle la festa. Dopo tutto lui l’aveva avuto, l’aveva fatto soffrire e l’aveva persa. Era giusto che lei si rifacesse una vita lontana da lui e dai suoi casini familiari.

Però quello che vedeva in quel momento superava di gran lungo la sua idea di rifarsi una vita. Quello voleva dire approfittarsi di una ragazza ubriaca fradicia.

Forse fu per quello o per l’alcool che aveva in circolo che si alzò e, abbandonato il bicchiere di whisky incendiario che aveva in mano, si diresse verso la coppia di ragazzi al centro della pista.

Il punto della sala la musica era davvero assordante e faceva un caldo pazzesco, resistere era quasi impossibile.

Dopo essersi aperto la strada a gomitate e calci raggiunse la mora e l’afferrò per il polso cominciando a trascinarla via da quel porco.

< Ehi! > protestò il ragazzo afferrando l’altro polso di Charlie tanto ubriaca da non capire cose le stesse accadendo.

< Lasciala andare > urlò in direzione del biondo < Ci stavamo divertendo… > aggiunse strattonando più forte la ragazza.

< Forse tu ti stavi divertendo > sibilò il biondo a pochi centimetri dalla sua faccia < Lei di sicuro no > aggiunse prima di voltarsi e riprendere a camminare.

< Ho detto di lasciarla stronzo > urlò il ragazza inseguendo il biondo e afferrando Charlie per la vita.

A quella scena il biondo non ci vide più e, prima ancora che potesse capire costa stava per fare, si ritrovò a fare a botte con il moretto uscendone poi vincitore.

< Vieni andiamo > disse rivolto alla mora prendendola per mano e conducendola fuori da quella gabbia di matti.

La ragazza, troppo ubriaca per fare una qualunque cosa, si lasciò condurre dal biondo fuori dalla mischia fino a raggiungere i corridoi freddi e silenziosi.

La differenza di temperatura tra l’interno e l’esterno la fece rabbrividire e Malfoy, molto cavallerescamente, le diede la sua giacca.

< Andiamo da me > le sussurrò poi all’orecchio < Hai bisogno di dormire >

La ragazza lo seguì obbediente rischiando di inciampare una decina di volte lungo il cammino ma arrivando nei sotterranei tutta intera.

La stanza del biondo era calda e accogliente e subito a Charlie fece venire in mente casa. Quasi fosse cosciente andò a sdraiarsi sul letto che apparteneva al ragazzo socchiudendo gli occhi.

Il biondo le si avvicinò, sollevò le coperte e ce la infilò sotto coprendola fino alle spalle.

< Stai con me Malfoy > sussurrò la ragazza riaprendo gli occhi e fissandoli in quelli tempesta del ragazzo.

< Non mi lasciare, non farlo anche tu > aggiunse mentre una lacrima solitaria e ribelle le solcava il viso.

< Non ti lascerò mai più > le sussurrò il ragazzo dopo essersi steso accanto a lei < Te lo prometto > aggiunse avvicinando il viso a quello della more e aspirandone il profumo fruttato.

< Ti amo Malfoy > soffiò la ragazza prima che le sue labbra andassero ad incastrarsi su quelle del biondo.

< Ti amo anche io Potter > rispose il ragazzo staccandosi da lei per riprendere fiato.

Quella notte fu solo loro. Al mondo non esisteva niente e nessuno che non fossero i loro corpi stesi uno sopra l’altro nudi e bellissimi alla luce soffusa delle candele.

Fecero ciò per cui tutti avevano combattuto. Fecero l’amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Premetto che per scrivere questo capitolo ho fatto una fatica immensa ma finalmente, dopo tentativi e tentativi, ci sono riuscita! Prima di continuare con la discussione del capitolo però vorrei ringraziare le ragazze che ogni volta lasciano un piccolo ma meraviglioso commento alla storia e, naturalmente, tutti coloro che invece seguono in silenzio dandomi la forza per continuare.
Ora, passando a qualcosa di molto più serio ed interessante che i miei smielosi ringraziamenti, voglio parlarvi della fine di questo capitolo.
A quanto pare l'alcool ha mandato talmente tanto su di giri la nostra Charlie da farle dimenticare qualsiasi inibizione o paura. Insomma, prima balla appiccicata ad un tipo che manco conosce imitando le scene di un film porno e poi subito dopo, si fionda in camera con il bel biondino a cui tra le altre cose confessa di amare.
Insomma è un vero e proprio disastro... Rimane da chiedersi come si avolveranno le cose a questo punto dato che anche Malfoy ha confessato i suoi sentimenti.
Riusciranno finalmente ad abbattere le barriere dei pregiudizi e delle paure per vivere sereni un sentimento che nessuno dei due aveva programmato? Oppure faranno finta di niente e proseguiranno nelle loro vite?
Se siete curiosi continuate a seguire la storia in attesa del prossimo aggiornamento!
Alla prossima, Sybeoil!!
P.S se qualcuno di voi è affascinato dal genere fantasy, sulla mia pagina potrà trovare una nuova storia fantasy che sto scrivendo, si intitola I segreti d'Inverno. Passate a leggerla se ne avete voglia e magari lasciateci anche un piccolo commento, le critiche fanno sempre bene!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Goodbye, Malfoy! ***


Capitolo 30

 

 

 

Il risveglio di Charlie non fu esattamente quello che aveva immaginato. Della sera prima ricordava ben poco e quel poco che riusciva a ricordare, era confuso e sfocato, come se in testa avesse nebbia anziché materia grigia.

L’urlo acuto di una voce stridula e fastidiosa le giunse alle orecchie costringendola ad aprire gli occhi ancora assonnati. Ferma in piedi davanti al letto nel quale lei si era addormentata nuda ( nuda? ), c’era quella serpeverde psicopatica con le fiamme al posto degli occhi. 

Coprendosi alla bene meglio si sollevò a sedere toccandosi le tempie doloranti e domandando al vuoto dove si trovasse e perché quella tizia stesse urlando.

< Ti ho detto di piantarla! > latrò secca la voce di un ragazzo che la mora conosceva bene e con il quale aveva passato molte notti bollenti.

< Piantarla un cazzo > gli rispose la bionda aumentando il tono di un’ottava buona < Io a quella troia l’ammazzo > aggiunse puntando l’indice teso come una corda di violino, contro la povera malcapitata.

< Tu non ammazzi proprio nessuno > rispose il ragazzo tentando di trattenere la ragazza che si era sporta verso il letto sfatto e caldo.

La ragazza in questione nel frattempo raccattò i suoi indumenti sparsi sul pavimento della camera e si vestì in silenzio, poi con tutta la calma del mondo si rivolse alla bionda starnazzante e paonazza.

< Chi è che vorresti uccidere tu? > disse ammiccando un sorriso provocatorio e malandrino.

< Charlie, lascia stare > la pregò il ragazzo avvicinandosi e mettendole una mano sulla spalla.

< Non voglio fare casini > chiarì la ragazza rivolgendosi al biondo mezzo nudo < Voglio solo chiarire una volta per tutte le cose, quindi razza di oca uscita male ascoltami bene. Quando ti rivolgerai a me dovrai farlo con rispetto e scordati di minacciarmi o ti ritroverai con il culo incollato al pavimento. Sono stata chiara? > sibilò avvicinandosi al viso livido dalla rabbia di Chantal.

< Malfoy io e te dobbiamo parlare, ma forse è meglio che prima calmi la cagnetta qui presente > aggiunse in un ghigno serpentesco che dedicò proprio al ragazzo, prima di voltarsi e abbandonare la stanza con classe ed eleganza.

Una volta fuori dai sotterranei brulicanti di viscide serpi fece un gran respiro e si diresse direttamente in Sala Grande. 

Il suo stomaco reclamava cibo!

 

***

< Qualcuno sa che fine ha fatto Charlie ieri sera? > domandò un Neville stranamente sconvolto.

< No, anche se credo che si sia divertita > rispose la riccia con malizia nella voce.

< Lo credo anche io  > le diede corda la rossa scambiandosi uno sguardo complice che diceva tutto. 

In realtà entrambe sapevano dove si trovasse Charlie e cosa avesse fatto quella notte, la sera prima l’avevano vista andare via dalla festa con il biondo, quindi era presumibile avesse dormito con lui.

Come al suo solito Ronald si stava abbuffando come un maiale a dieta mentre Herm tentava di insegnargli le buone maniere, quando dall’enorme portone della Sala Grande, entrò una Charlie più sconvolta della sera precedente.

< Che è successo? > le domandò Gin prima ancora che poggiasse il sedere sulla panca.

< Fammi almeno sedere > esclamò la mora stanca. Non ne poteva più di quel fastidioso mal di testa che sembrava non volerle dare tregua. Tutti i rumori erano amplificati e per di più si sentiva tutta indolenzita.

< Dai muoviti > la incitò Herm posando sul tavolo un grosso volume di aritmanzia che teneva sulle ginocchia. 

< Ho dormito con Malfoy > confessò poi in un sussurro stremato.

< Tu cosa? > sbottò Neville sputando il succo di zucca che aveva in bocca direttamente sulla faccia di Gin.

< Neville ma che caz… > disse passandosi un tovagliolo sul viso per asciugarselo.

< Scusa, scusa, scusa > la implorò il ragazzo cercando di aiutarla a pulirsi la faccia e facendo solo più danno.

< Ok, lascia stare! Faccio da sola > disse seccata la rossa allontanando le mani del ragazzo dal viso.

< Torniamo piuttosto all’argomento principale > aggiunse ammiccando un sorriso malizioso in direzione dell’amica < Come è stato? >

Quella domanda rischiò di far soffocare la mora che posò il suo succo di zucca sul tavolo e con sguardo rassegnato si voltò verso la ragazza cominciando a parlare di quel poco che ricordava della sera precedente.

 

***

Così come era arrivato, il Natale volò via, portando con se l’atmosfera di magia e divertimento. Ben presto le vacanze terminarono e i giorni ripresero a susseguirsi noiosi e monotoni come sempre.

Per gli studenti del quinto e del settimo anno cominciò a farsi sentire l’ansia per gli esami, oltre che la tensione per i compiti sempre più consistenti.

Charlie era sicura che non sarebbe riuscita a sopravvivere un secondo di più con quel ritmo. Insomma era costretta ad alternare eterni pomeriggi di studio con estenuanti pomeriggi di allenamento.

Dopotutto lei era il capitano della squadra di Quiddich di Grifondoro ed era suo dovere allenare i ragazzi affinché potessero assicurarsi la coppa delle case.

E poi ovviamente, come se tutte le altre cose non bastassero, come se la scuola, il peso di essere la Salvatrice del Mondo Magico, la celebrità della scuola, e il Quiddich ci si mettevano anche i problemi di cuore.

Se solo quella sera non fosse finita nel letto di Malfoy, molto probabilmente a quest’ora, non si starebbe facendo tante pippe mentali come invece stava accadendo.

< Charlie! > la richiamò Hermione alzando il naso dal suo libro di pozioni.

< Uhm? > grugnì la ragazza risvegliandosi dai suoi pensieri.

< Concentrati! > le ordinò lo riccia cacciandole la testa all’interno dell’immenso volume.

< Ok, ok > si arrese la ragazza cercando di concentrarsi sulle parole scritte sul libro e non su ciò che quella notte aveva significato.

Ora che ci pensava era da quella sera che non vedeva Malfoy, era quasi come se entrambi cercassero di evitarsi.

Quello che però non immaginava era che, seppure il biondo si fosse prefissato di dimenticarla a tutti i costi, non facesse altro che pensare a lei a quell’ultima notte d’amore che avevano condiviso.

Stava giusto pensando a quanto grandioso era stato il ragazzo quando una bimbetta del primo anno spalancò le porte della biblioteca provocando un gran chiasso e le si avvicinò stremata e tremante.

< Cosa succede? > le domandò la ragazza che ne frattempo aveva già afferrato la sua bacchetta.

< La preside vi vuole tutti nel suo ufficio > mormorò tra un affanno e l’altro < Subito > aggiunse notando gli sguardi vacui e confusi dei tre.

< Grazie > le disse la riccia alzandosi dallo sgabello e dirigendosi verso le porte ancora spalancate della biblioteca.

Lei, Ron e Charlie fecero le scale che portavano all’ufficio della preside quasi volando. Sicuramente doveva essere successo qualcosa, la McGranitt non li avrebbe mai convocati con tanto poco preavviso per un nonnulla.

Arrivati davanti al gargoyle di pietra che presiedeva l’entrata dell’ufficio, la mora sussurrò la parola d’ordine e poi entrò seguita dai due amici.

All’interno dell’ufficio c’erano già Gin, Zabini e Psrkinson. Tutti e tre avevano la stessa espressione tesa della ragazzina che era andata a chiamarli ma soprattutto, tutti e tre, erano seduti in silenzio.

< Cosa succede? > chiese la mora allertata da quell’insolito comportamento < Sono tornati? > domandò aumentando il tono di voce.

Quell’attesa, quel comportamento, la faceva uscire di testa.

L’unico che si degnò di risponderle fu Zabini, che con un cenno della testa confermò i suoi timori.

< Signorina Potter > intervenne la preside comparsa all’improvvisa dietro l’immensa scrivania < Si accomodi prego > disse poi indicando una sedia libera.

< Cosa succede? > ripeté Charlie ignorando l’invito dell’anziana donna.

< E’ una questione delicata > tentò la donna sedendosi dietro il tavolo di legno colmo di carte.

< Voglio sapere cosa sta succedendo > sibilò la ragazza a denti stretti.

Non sopportava le venissero taciute cose di fondamentale importanza, quasi vitale avrebbe detto, soprattutto se queste avevano a che fare con lei.

< I Mangiamorte hanno rapito il signor Malfoy questa notte > sputò la preside abbassando lo sguardo e congiungendo le mani.

Quella fu per Charlie una doccia fredda. Sapeva sarebbe successo prima o poi, sapeva che il padre sarebbe venuto a reclamarlo un giorno all’altro, solo che vederlo avverarsi era più doloroso che immaginarlo.

Per quanto avesse provato ad opporsi a quello stupido, insensato e sbagliato sentimento, alla fine l’amore aveva fregato anche lei. 

Ma il peggio, era che il suo non era un amore come tutti gli altri, il suo era un amore malsano ma necessario come l’ossigeno alla vita.

Era qualcosa che andava l’umana comprensione, qualcosa di cui non poteva fare a meno.

< Cosa succederà adesso? > chiese dopo essersi ripresa un poco dalla notizia.

< Non lo so > ammise la preside caduta preda dello sconforto < Non lo so > ripeté poco convinta.


 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:


Bentornatiiiii...vi chiedo scusa per l'immenso ritardo ma la scuola mi sta letteralmente uccidendo! Ringrazio chi di voi ha commentato il capitolo recedente, chi commenta dall'inizio e chi segue in silenzio. Ringrazio chi di voi ha inserito la storia tra le sueguite, le ricordate o le preferite. 

Scrivere questo capitolo è stato più difficile di quanto pensassi ma alla fine ce l'ho fatta! Charlie si sveglia nel letto del bel biondo senza ben ricordarsi come ci è finita e alla fine si scopre davvero innamorata del suo nemico giurato. Ora che i Mangiamorte sono tornati a riscuotere il loro prezzo, cosa succederà al Mondo Magico e a Charlie? Combatterà per ciò che ama o lascerà che sia il destino a scegliere per lei? E i bel biondo? Lascerà che il peso di un cognome offuschi il suo cuore e renda cieca la sua anima?                                                                                                 

Se siete curiosi restate con me in attesa del prossimo capitolo! Alla prossima, Sybeoil!


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** L'amore basterà questa volta? ***


Capitolo 30

 

 

 

 

Il risveglio di Charlie non fu esattamente quello che aveva immaginato. Della sera prima ricordava ben poco e quel poco che riusciva a ricordare, era confuso e sfocato, come se in testa avesse nebbia anziché materia grigia.

L’urlo acuto di una voce stridula e fastidiosa le giunse alle orecchie costringendola ad aprire gli occhi ancora assonnati. Ferma in piedi davanti al letto nel quale lei si era addormentata nuda ( nuda? ), c’era quella serpeverde psicopatica con le fiamme al posto degli occhi. 

Coprendosi alla bene meglio si sollevò a sedere toccandosi le tempie doloranti e domandando al vuoto dove si trovasse e perché quella tizia stesse urlando.

< Ti ho detto di piantarla! > latrò secca la voce di un ragazzo che la mora conosceva bene e con il quale aveva passato molte notti bollenti.

< Piantarla un cazzo > gli rispose la bionda aumentando il tono di un’ottava buona < Io a quella troia l’ammazzo > aggiunse puntando l’indice teso come una corda di violino, contro la povera malcapitata.

< Tu non ammazzi proprio nessuno > rispose il ragazzo tentando di trattenere la ragazza che si era sporta verso il letto sfatto e caldo.

La ragazza in questione nel frattempo raccattò i suoi indumenti sparsi sul pavimento della camera e si vestì in silenzio, poi con tutta la calma del mondo si rivolse alla bionda starnazzante e paonazza.

< Chi è che vorresti uccidere tu? > disse ammiccando un sorriso provocatorio e malandrino.

< Charlie, lascia stare > la pregò il ragazzo avvicinandosi e mettendole una mano sulla spalla.

< Non voglio fare casini > chiarì la ragazza rivolgendosi al biondo mezzo nudo < Voglio solo chiarire una volta per tutte le cose, quindi razza di oca uscita male ascoltami bene. Quando ti rivolgerai a me dovrai farlo con rispetto e scordati di minacciarmi o ti ritroverai con il culo incollato al pavimento. Sono stata chiara? > sibilò avvicinandosi al viso livido dalla rabbia di Chantal.

< Malfoy io e te dobbiamo parlare, ma forse è meglio che prima calmi la cagnetta qui presente > aggiunse in un ghigno serpentesco che dedicò proprio al ragazzo, prima di voltarsi e abbandonare la stanza con classe ed eleganza.

Una volta fuori dai sotterranei brulicanti di viscide serpi fece un gran respiro e si diresse direttamente in Sala Grande. 

Il suo stomaco reclamava cibo!

 

***

< Qualcuno sa che fine ha fatto Charlie ieri sera? > domandò un Neville stranamente sconvolto.

< No, anche se credo che si sia divertita > rispose la riccia con malizia nella voce.

< Lo credo anche io  > le diede corda la rossa scambiandosi uno sguardo complice che diceva tutto. 

In realtà entrambe sapevano dove si trovasse Charlie e cosa avesse fatto quella notte, la sera prima l’avevano vista andare via dalla festa con il biondo, quindi era presumibile avesse dormito con lui.

Come al suo solito Ronald si stava abbuffando come un maiale a dieta mentre Herm tentava di insegnargli le buone maniere, quando dall’enorme portone della Sala Grande, entrò una Charlie più sconvolta della sera precedente.

< Che è successo? > le domandò Gin prima ancora che poggiasse il sedere sulla panca.

< Fammi almeno sedere > esclamò la mora stanca. Non ne poteva più di quel fastidioso mal di testa che sembrava non volerle dare tregua. Tutti i rumori erano amplificati e per di più si sentiva tutta indolenzita.

< Dai muoviti > la incitò Herm posando sul tavolo un grosso volume di aritmanzia che teneva sulle ginocchia. 

< Ho dormito con Malfoy > confessò poi in un sussurro stremato.

< Tu cosa? > sbottò Neville sputando il succo di zucca che aveva in bocca direttamente sulla faccia di Gin.

< Neville ma che caz… > disse passandosi un tovagliolo sul viso per asciugarselo.

< Scusa, scusa, scusa > la implorò il ragazzo cercando di aiutarla a pulirsi la faccia e facendo solo più danno.

< Ok, lascia stare! Faccio da sola > disse seccata la rossa allontanando le mani del ragazzo dal viso.

< Torniamo piuttosto all’argomento principale > aggiunse ammiccando un sorriso malizioso in direzione dell’amica < Come è stato? >

Quella domanda rischiò di far soffocare la mora che posò il suo succo di zucca sul tavolo e con sguardo rassegnato si voltò verso la ragazza cominciando a parlare di quel poco che ricordava della sera precedente.

 

***

Così come era arrivato, il Natale volò via, portando con se l’atmosfera di magia e divertimento. Ben presto le vacanze terminarono e i giorni ripresero a susseguirsi noiosi e monotoni come sempre.

Per gli studenti del quinto e del settimo anno cominciò a farsi sentire l’ansia per gli esami, oltre che la tensione per i compiti sempre più consistenti.

Charlie era sicura che non sarebbe riuscita a sopravvivere un secondo di più con quel ritmo. Insomma era costretta ad alternare eterni pomeriggi di studio con estenuanti pomeriggi di allenamento.

Dopotutto lei era il capitano della squadra di Quiddich di Grifondoro ed era suo dovere allenare i ragazzi affinché potessero assicurarsi la coppa delle case.

E poi ovviamente, come se tutte le altre cose non bastassero, come se la scuola, il peso di essere la Salvatrice del Mondo Magico, la celebrità della scuola, e il Quiddich ci si mettevano anche i problemi di cuore.

Se solo quella sera non fosse finita nel letto di Malfoy, molto probabilmente a quest’ora, non si starebbe facendo tante pippe mentali come invece stava accadendo.

< Charlie! > la richiamò Hermione alzando il naso dal suo libro di pozioni.

< Uhm? > grugnì la ragazza risvegliandosi dai suoi pensieri.

< Concentrati! > le ordinò lo riccia cacciandole la testa all’interno dell’immenso volume.

< Ok, ok > si arrese la ragazza cercando di concentrarsi sulle parole scritte sul libro e non su ciò che quella notte aveva significato.

Ora che ci pensava era da quella sera che non vedeva Malfoy, era quasi come se entrambi cercassero di evitarsi.

Quello che però non immaginava era che, seppure il biondo si fosse prefissato di dimenticarla a tutti i costi, non facesse altro che pensare a lei e a quell’ultima notte d’amore che avevano condiviso.

Stava giusto pensando a quanto grandioso era stato il ragazzo quando una bimbetta del primo anno spalancò le porte della biblioteca provocando un gran chiasso e le si avvicinò stremata e ansante.

< Cosa succede? > le domandò la ragazza che nel frattempo aveva già afferrato la sua bacchetta.

< La preside vi vuole tutti nel suo ufficio > mormorò tra un affanno e l’altro < Subito > aggiunse notando gli sguardi vacui e confusi dei tre.

< Grazie > le disse la riccia alzandosi dallo sgabello e dirigendosi verso le porte ancora spalancate della biblioteca.

Lei, Ron e Charlie fecero le scale che portavano all’ufficio della preside quasi volando. Sicuramente doveva essere successo qualcosa, la McGranitt non li avrebbe mai convocati con tanto poco preavviso per un nonnulla.

Arrivati davanti al gargoyle di pietra che presiedeva l’entrata dell’ufficio, la mora sussurrò la parola d’ordine e poi entrò seguita dai due amici.

All’interno dell’ufficio c’erano già Gin, Zabini e la Parkinson. Tutti e tre avevano la stessa espressione tesa della ragazzina che era andata a chiamarli ma soprattutto, tutti e tre, erano seduti in silenzio.

< Cosa succede? > chiese la mora allertata da quell’insolito comportamento < Sono tornati? > domandò aumentando il tono di voce.

Quell’attesa, quel comportamento, la faceva uscire di testa.

L’unico che si degnò di risponderle fu Zabini, che con un cenno della testa confermò i suoi timori.

< Signorina Potter > intervenne la preside comparsa all’improvvisa dietro l’immensa scrivania < Si accomodi prego > disse poi indicando una sedia libera.

< Cosa succede? > ripeté Charlie ignorando l’invito dell’anziana donna.

< E’ una questione delicata > tentò la donna sedendosi dietro il tavolo di legno colmo di carte.

< Voglio sapere cosa sta succedendo > sibilò la ragazza a denti stretti.

Non sopportava le venissero taciute cose di fondamentale importanza, quasi vitale avrebbe detto, soprattutto se queste avevano a che fare con lei.

< I Mangiamorte hanno rapito il signor Malfoy questa notte > sputò la preside abbassando lo sguardo e congiungendo le mani.

Quella fu per Charlie una doccia fredda. Sapeva sarebbe successo prima o poi, sapeva che il padre sarebbe venuto a reclamarlo un giorno all’altro, solo che vederlo avverarsi era più doloroso che immaginarlo.

Per quanto avesse provato ad opporsi a quello stupido, insensato e sbagliato sentimento, alla fine l’amore aveva fregato anche lei. 

Ma il peggio, era che il suo non era un amore come tutti gli altri, il suo era un amore malsano ma necessario come l’ossigeno alla vita.

Era qualcosa che andava oltre l’umana comprensione, qualcosa di cui non poteva fare a meno.

< Cosa succederà adesso? > chiese dopo essersi ripresa un poco dalla notizia.

< Non lo so > ammise la preside caduta preda dello sconforto < Non lo so > ripeté poco convinta.

 

***

< Innanzitutto direi di mantenere la calma > intervenne la riccia con il suo solito tono composto ma allo stesso tempo autoritario < Secondo: ci sono prove che sia stato rapito o è possibile che sia andato di suo spontanea volontà? > domandò rivolta più che altro ai compagni di casa del biondo.

I due ragazzi e la Parkinson, compresa Charlie, si voltarono in direzione di Hermione trafiggendola con uno sguardo sconvolto e incredulo.

Di sicuro non avevano pensato all’eventualità che lui, il ragazzo che solo un paio di giorni prima aveva confessato a Zabini di temere per il suo futuro ma soprattutto per quello della mora, potesse essere andato con loro di sua spontanea volontà.

< Non credo > rispose infatti il ragazzo sollevandosi dalla poltrona sulla quale di era accomodato e prendendo a camminare lungo il grande ufficio circolare < Non sarebbe andato con loro > aggiunge fissando Charlie con negli occhi e sperando che almeno lei capisse che quella era la verità.

La ragazza comprese il messaggio e annuì lentamente. Sapeva bene che il biondo non sarebbe andato con loro di sua spontanea volontà. Lo aveva capito quando l’aveva baciata nel corridoio. Lui non voleva essere un Mangiamorte, il destino lo aveva incastrato tra le sue fitte trame, proprio come aveva fatto con lei.

< Quindi c’è la possibilità che sia stato rapito > disse allora riccia strizzando gli occhi caramello.

< E’ stato sicuramente rapito > sussurrò la Parkinson con un filo di voce e le lacrime agli occhi < Non mi avrebbe mai lasciato sola > aggiunse sfidando la mora a contraddirla.

Charlie, per quanto detestasse quella sottospecie di carlino, non ribatté e lasciò che quella frase aleggiasse sulle teste di tutti loro.

< Dobbiamo trovarlo > disse poi andando in contro al ritratto dormiente di Silente.

< Cara bambina > la salutò lui con quel suo solito sorriso dolce < Cosa posso fare per te? > domandò dedicandole un altro sorriso.

< Hanno rapito Malfoy > spiegò velocemente la mora < Voglio ritrovarlo, devo ritrovarlo > aggiunse in un soffio di sincerità.

< Oh, lo so che devi ritrovarlo > ridacchiò il vecchio preside < Ma pensa un po’, lui vuole essere ritrovato? > 

< In che senso? > chiese la ragazza confusa da quelle parole enigmatiche come il suo sguardo.

< Malfoy è un signorino intelligente, capace e molto astuto. Se vorrà essere ritrovato, farà in modo che accada > spiegò l’uomo tornando a sedersi sulla sua poltroncina in pelle marrone.

< Ma, io devo ritrovarlo > urlò disperata Charlie < Potrebbero fargli del male > aggiunse in un ultimo tentativo di ricevere aiuto.

< Non lo faranno > disse conciliante l’uomo < Gli serve e comunque ricorda, l’amore è più forte di qualunque magia > 

L’amore, l’amore sempre la solita storia. L’amore è più forte di qualsiasi magia. Se lo sentiva ripetere dal giorno in cui aveva messo piede in quella scuola, lo aveva sentito talmente tante volte che ormai ne aveva la nausea. 

Certo, l’anno prima con Voldemort l’amore aveva funzionato, ma questa volta?

Questa volta il suo amore sarebbe bastato a salvare entrambi?

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Buongiornooooooo!! Faccio ammenda per il mio immenso ritardo!!! *si inginocchia sui ceci per chiedervi perdono* 
Se non fosse per questa maledetta maturità del cavolo pubblicherei un capitolo a settimana. Comunque torniamo a noi e alla storia. In questo capitolo si ha un enormissimooooo colpo di scena. Malfoy, il bel Malfoy, viene presumibilmente rapito dai Mangiamorte e la nostra Charlie? Beh, lei è pronta per salvarlo! Che i ruoli di principe senza macchia e senza paura e fanciulla in pericolo si siano scambiati? Lo staremo a vedere!
In ogni caso la nostra piccola moretta chiede consiglio al vecchio e saggio Silente, che come sempre, le dona una delle sue perle di saggezza un po' incasinate.
La domanda da farsi ora però è: basterà il loro amore a salvare entrambi? O peggiorerà solo la situazione?
Se siete curiosi restate con me! I commenti sono graditisssssssiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiii....
Alla prossima, Sybeoil!
 
 
 
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Combatterò ora come allora ***


ANGOLO AUTRICE:

Bentornatiiiiiiiiiiiiiiiii, chiedo immensamente scusa per il ritardo. Mi prostro ai vostri piedi, imploro la vostra pietà ed il vostro perdono! Avviso che molto probabilmente questo sarà l'ultimo capitolo per un bel po' di tempo, gli esami di maturità si avvicinano e bisogna darci dentro più che mai. Ad ogni modo, per parlare di cose più interessanti che il mio imminente ed atroce destino, passiamo a commentare il capitolo che segue. Parto dicendondvi che so perfettamente che non è neè il migliore che abbia mai scritto nè tanto meno il più interessante o lungo, ma serviva per far proseguire la storia. Chantal torna alla carica più convinta che mai e devo dire che questa volta, riesce, almeno in parte, nel suo intento. La mora invece, che abbiamo sempre visto combattiva e fiera, sembra aver perso quel suo spirito battagliero che ne ha fatto la portavoce di Grifondoro più audace degli ultimi vent'anni. 
Le notizie riguardo al bel biondo scomparso invece scarseggiano. Nessuno sa dove sia, con chi sia o cosa stia facendo. Le spie del Ministero sono comunque sulle sue tracce e presto si avranno notevoli colpi di scena che vedranno coinvolta l'intera famiglia Malfoy.
Se siete curiosi vi prego di non abbandonare questa storia ma conservarla nelle vostre liste in attesa che la scuola mia dia pace ed io possa tornare ad occuparmi dei miei amati piccoli personaggi *.*
Alla prossima, Sybeoil!





Capitolo 31

 

 

 

 

 

 

Ormai Dicembre era passato ed anche Gennaio si preparava alla fine. Consistenti quantità di candida neve bianca continuavano ad innaffiare i contorni del castello, i giardini e le acque scure del lago nero.

Il freddo pungente di quelle terre a nord del Regno Unito non lasciava un solo giorno di tregua agli studenti di Hogwarts che, avvolti nei loro mantelli, si aggiravano per i vari corridoio bui.

La notizia della scomparsa del biondo era presto circolata tra le varie casate con conseguente scandalo e spavento di molti degli studenti.

Una nuova minaccia da parte di quei pazzi era l’ultima cosa di quei ragazzi, già provati dalle tragedie della guerra precedente, avevano bisogno.

Se prima gli sguardi che andavano posandosi sulla figura minuta di Charlie erano di ammirazione, adesso si erano trasformati in qualcosa di più freddo e doloroso.

Gli sguardi che la seguivano giorno e notte, nei sogni e negli incubi, nelle lezioni e nelle pause, erano sguardi di chi teme la verità.

Erano gli sguardi di ragazzi impacciati, intimiditi e impauriti da ciò che sarebbe potuto accadere, da come lei si sarebbe potuta comportare ma soprattutto, impauriti dal ruolo che lei aveva potuto avere nella scomparsa del Principe.

Quasi l’intera casata di Salazaar, esclusi i pochi a conoscenza del segreto, la ritenevano responsabile della scomparsa del biondo, affibbiando a lei ogni colpa ed ogni vergogna.

Persino la Parkinson, che sapeva benissimo il vero motivo della scomparsa del biondo e il desiderio della mora di ritrovarlo sano e salvo per mettere finalmente fine a quella pazzia, concordava sul fatto che in fondo fosse colpa sua.

< Charlie non devi ascoltarli, sono solo dei deficienti > gli sussurrò la rossa una mattina a colazione mentre la mora si divertiva a giocare con il suo porridge senza toccarlo.

< Lo so > rispose automaticamente. Lo aveva detto talmente tante volte, agli altri e a se stessa, che ormai se ne era quasi convinta.

Poi però tornavano a galla i ricordi, quelle parole incise a fuoco nella sua memoria e con l’inchiostro sulla carta, e le sue convinzioni andavano a farsi benedire.

Sapeva che in fondo, era un po’ anche colpa sua se Malfoy era stato rapito da quel folle del  padre. Se lei e il biondo non avessero mai cominciato quella stupida, insensata e dolorosamente ingiusta relazione, tutto quello non sarebbe successo.

Lucius forse si sarebbe anche dimenticato di avere un figlio o per lo meno, lo avrebbe ritenuto tanto incapace quanto rammollito, da non volerlo mai più al suo fianco. Si sarebbe vergognato di lui quel tanto che bastava a concedere a Malfoy almeno l’apparenza di una vita normale.

Invece no! Loro due avevano dovuto innamorarsi, avevano dovuto iniziare quell’assurda relazione.

Un improvviso boato echeggiò per l’intera Sala Grande catturando l’attenzione di tutti meno quella di Charlie che, imperterrita, continuò a giocare con la sua ciotola di porridge.

Poco dopo una testa tanto bionda quanto vuota le si accosto al viso sorridendo perversa.

< Sai moretta > cominciò a dire < Non sembri più tanto combattiva > disse estraendo la bacchetta dalla tasca della divisa striminzita che indossava e puntandola al petto della ragazza.

< Chantal > si limitò a sussurrare la mora prima di alzare gli occhi e incontrare quelli della serpe < Non è il momento, smamma > aggiunse tornando a concentrarsi sul cibo ancora intatto.

< Hai sentito? > intervenne la riccia sperando non succedessero casini ma tenendosi comunque pronta < Vattene > aggiunse assottigliando lo sguardo.

< Non mi fai paura riccia > sputò la bionda spostandosi i capelli da una spalla all’altra < Potrai anche essere intelligente quanto vuoi, ma scommetto che non sei altrettanto brava con la bacchetta > ghignò tornando a concentrarsi su Charlie che sospirò affranta.

< Ho una vendetta in sospeso > sussurrò la bionda all’orecchio della mora < E intendo portarla a termine oggi >

Detto questo la ragazza sollevò la bacchetta e pronunciò un incantesimo di disarmo che colpì Charlie in pieno petto sbalzandola via dalla panca e facendole cozzare la schiena contro la dura pietra della parete dietro di lei.

< Ma sei impazzita > urlò la riccia accorrendo dall’amica rimasta a terra con gli occhi spalancati per la sorpresa.

< Niente affatto > rispose quella andando verso le due sotto gli sguardi stupiti degli studenti < Sto solo portando a termine la mia vendetta >

Un fiotto di luce rosso scarlatto investì la ragazza che, sbalzata via dal suo posto, si ritrovò stesa a pancia in su sul tavolo Grifondoro.

< Un’altra mossa e giuro che ti spezzo le gambe > sussurrò il rosso a pochi centimetri dal suo orecchio < Sono stato chiaro? > domandò rinfoderando la sua bacchetta e voltandole le spalle.

Purtroppo per lui, non tutti in quella scuola erano leali come i Grifondoro o corretti come i Tassorosso, in quella scuola c’era anche gente scorretta e codarda che preferiva attaccare alle spalle.

Un incantesimo Elettro infatti colpì il rosso alle spalle facendolo accasciare al suolo. 

< Mi spiace Rosso > disse la bionda avvicinandosi nuovamente a Charlie e ad Hermione < Ma la vendetta non può attendere >

Fu allora che in Sala Grande si scatenò il caos. Neville, Seamus, Dean, Gin ed Hermione si pararono davanti alla mora ancora bloccata a terra con le bacchetta sguainate pronti a dar battaglia a quella specie di Barbie senza cervello.

Hermione stava giusto per pronunciare la formula di un incantesimo che avrebbe fatto tacere quell’oca un volte per tutte quando l’urlo di richiamo della preside la bloccò.

< Cosa sta succedendo qui? > domandò avvicinandosi al tavolo rosso-oro dove erano riuniti i ragazzi.

< Niente > disse Charlie prima che gli altri potessero parlare e spiegare la situazione < Un piccolo inconveniente > aggiunse abbozzando un sorriso e alzandosi a fatica da terra. 

Le sarebbero sicuramente usciti dei grossi lividi.

< Ad ogni modo > borbottò la preside scuotendo la testa < Nel mio ufficio Potter. Porta anche Weasley, Wesley e Granger > 

La preside si allontanò di qualche passo prima di voltarsi nuovamente e fissarli tutti negli occhi < Ripulite questo schifo > disse rivolgendosi in particolar modo alla bionda e agli altri.

Tutti annuirono tranne Chantal che, dopo aver lanciato un sorriso di vittoria e soddisfazione a Charlie ed ai suoi amici, si allontanò dal tavolo rosso-oro sculettando.

< Io quella l’ammazzo > sibilò Dean tra i denti < Sarà anche bella ma giuro che l’ammazzo > aggiunse scatenando una risata collettiva che, almeno in parte, restituì un minimo di serenità.

 

***

L’ufficio della preside non era mai sembrato tanto accogliente come in quel momento. Dopo il breve duello avuto con la bionda in sala grande, dove si era lasciata “pestare a sangue”, Charlie sentiva un lancinante dolore a tutta la colonna vertebrale. 

< Tutto bene, Charlie? > le domandò la riccia notando le smorfie di dolore che le incupivano il viso ad ogni movimento.

< Si sto bene > rispose abbozzando un sorriso di circostanza < Non preoccuparti >

La riccia annuì per niente convinta lasciando nuovamente sola l’amica per tornare accanto al suo ragazzo.

Nonostante fossero stati convocati dalla McGranitt, con particolare urgenza, della vecchia preside non vi era traccia.

La grande scrivania in legno scuro era, come sempre, ricolma di carte e documenti, mentre le stramberie collezionate da Silente nel corso degli anni in cui era stato a capo della direzione della scuola di magia e stregoneria più famosa, facevano bella mostra di se dagli scaffali.

Un flebile fischio si spanse per la stanza annunciando l’arrivo di qualcuno  via camino. 

< Mi spiace avervi dovuto far attendere > cominciò la McGranitt una volta completamente dentro la stanza < Ma avevo questioni importanti da discutere con il Primo Ministro > aggiunse lanciando una suggestiva occhiata a Charlie.

< Di cosa si tratta? > chiese infatti quella capendo che in qualche modo, loro quattro ne facevano parte.

< Io e il Ministro abbiamo discusso a lungo riguardo una decisione che all’inizio ci sembrava esagerata ma che, visto il progredire delle cose, sembra essere quella più adatta per tenervi al sicuro > esordì la preside accomodandosi alla poltrona dietro la scrivania e servendosi del tè caldo.

< E di cosa si tratterebbe? > domandò questa volta Ron con la curiosità dipinta negli occhi chiari.

< Abbiamo deciso di farvi seguire un corso da Auror > esclamò la vecchia preside esalando un sospiro che sapeva di preoccupazione e di notti insonni.

< Che cosa? > sbottarono all’unisono la rossa e la mora sollevandosi dalle rispettive sedie e avvicinandosi impercettibilmente alla scrivania.

< Ma è impossibile > disse d’un tratto la riccia < Bisogna essere diplomati per accedere al corso di Auror ed inoltre bisogna superare alcuni test pratici e teorici > spiegò molto velocemente.

< Lei ha ragione signorina Granger > acconsentì la preside < Ma la situazione straordinaria nella quale ci troviamo, richiede misure straordinarie e questo era l’unico modo per essere sicuri che voi foste pronti >

< Quando cominciamo? > chiese Charlie con tono mesto, pensando a chissà che cosa.

< Domani pomeriggio arriverà dal Ministero uno dei migliori Auror di sempre. Si occuperà lui dei vostri allenamenti > spiegò la preside posando la tazzina sul piattino di fronte a lei < Ovviamente siete esonerati da tutte le attività extrascolastiche come il Quiddich > aggiunse socchiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie rugose.

In risposta giunsero solo quattro sospiri sommessi e dei passi che si allontanavano. Charlie aveva saputo ciò che le interessava e adesso era pronta ad andarsene, qualcuno le avrebbe insegnato come difendersi (come se non lo sapesse) e lei certo, gliene era grata, ma adesso doveva pensare a cosa fare di concreto per ritrovare il biondino.

 

Quella sera il dormitorio delle ragazze di Grifondoro era tanto buio quanto silenzioso, tanto silenzioso che persino i pensieri cominciavano a farsi sentire. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=811068