Amethist

di Papillon_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Life and Death ***
Capitolo 3: *** The letter ***
Capitolo 4: *** Father ***
Capitolo 5: *** Carezze e sussurri ***
Capitolo 6: *** Justice ***
Capitolo 7: *** You will discover who you are. ***
Capitolo 8: *** L' accademia Cross ***
Capitolo 9: *** His eyes ***
Capitolo 10: *** Checkmate ***
Capitolo 11: *** Un giorno solo ***
Capitolo 12: *** Inutile mentirti ***
Capitolo 13: *** Vola ***
Capitolo 14: *** Fino in fondo ***
Capitolo 15: *** Bruciano ***
Capitolo 16: *** Sangue e Nausea ***
Capitolo 17: *** Profumo di zenzero ***
Capitolo 18: *** Semplicemente, ancora. ***
Capitolo 19: *** Mani sulla pelle ***
Capitolo 20: *** E' come non avere scelta, con te. ***
Capitolo 21: *** Come ai vecchi tempi ***
Capitolo 22: *** Respiri ***
Capitolo 23: *** Un bacio e una storia ***
Capitolo 24: *** Fragile come vetro ***
Capitolo 25: *** Come in un sogno ***
Capitolo 26: *** Perduta ***
Capitolo 27: *** Lottare ***
Capitolo 28: *** Due colori ***
Capitolo 29: *** Epilogo - Il mio cuore va altrove ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Amethist

di ZeR0_NeL_cUoRe
 

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Prologo

 

C'è chi si tiene tutto dentro,
non vuole essere un peso per nessuno.
Sono quest'ultimi a soffrire,
lo vedi da quel sorriso falso che nasconde
ciò che li uccide.
[Huga Flame, Spicchi di Luna]

 

 

Mary

 

Percorsi il lungo corridoio che avevo davanti, ignara di ciò che mi stava aspettando.
Viaggiavo nel buio lasciandomi guidare dall'istinto. Non sapevo dove sarei finita, né lo volevo sapere, ma continuavo a camminare, certa che, sì, quella era la cosa giusta.
Finalmente, dopo molto tempo, trovai una porta. Automaticamente, portai la mano alla maniglia, scoprendola insanguinata.
Vedere il sangue non mi spaventava più. Nella mia vita avevo visto di peggio, molto peggio, e sinceramente, non avevo tempo di fermarmi e pensare di chi fosse quel sangue.
Continuai a ripetermi che quello era un sogno, e che non dovevo aver paura. Non potevo farmi del male, né farne a nessuno.
Sei innocente.
Aprii la porta cercando di fare meno rumore possibile. Mi ritrovai in una stanza dove regnava il silenzio e l'inquietudine. Mi sentivo quasi schiacciata da qualcosa di più grande di me, che era oscuro e molto, molto potente.
-C'è nessuno? - chiesi, senza ricevere risposta.
Poi, all'improvviso ci fu un rapido movimento. Non capii cosa fosse, né che cosa volesse. Ebbi solo molta paura, e incertezza di riuscire ad arrivare fino alla fine. Sì, di affrontare tutto quello.
Poi lo vidi. Vidi solo i suoi occhi, color dell'ametista, specchiarsi nei miei, e mi sentii piccola piccola. La figura mi avvolse in un abbraccio sensuale ed io rimasi, ferma e rapita, a fissarlo. Non percepii tutti i suoi lineamenti ma seppi già, in cuor mio, che me lo sarei dimenticato e avrei sofferto, anche, per questo.
Eravamo vicinissimi.
I suoi occhi non volevano staccarsi dai miei, così, per ripicca, io li chiusi. Poi, impercettibilmente, sentii qualcosa sfiorarmi la tempia, e qualcuno caricò una pistola.
Sei colpevole.
Riaprii gli occhi e mi ritrovai a fissare due iridi rosse come il sangue.

 

Zero

 

Avevo riflettuto parecchio sul significato della parola vita, ma mai ero riuscito a venire a capo di quel complicato dilemma, che per ora, almeno per me, rimaneva un mistero.
Se sono riuscito a sopravvivere fino a questo punto è grazie a te, Yuuki.
Pensavo che qualsiasi essere umano dotato di normale intelligenza, e, magari, coraggio, spinto alle condizioni in cui a volte mi ero trovato io, si sarebbe detto: “facciamola finita”.
Io l'ho pensato almeno mille volte da quattro anni a questa parte.
Non potevo e, veramente, non volevo ricordarle tutte.
Qualsiasi persona al posto mio ci avrebbe messo poco ad alzare una pistola, collocarla sulla tempia, e dire: “Addio, cazzo di mondo crudele. Mi fai schifo”.
Ero uno stramaledetto vampiro. Dio, da quattro anni ero diventato la cosa che odiavo di più al mondo. Sarebbe stato meraviglioso dire: “Dai, non pensarci; doma la sete e il mostro che albergano dentro di te”. Peccato che fosse impossibile, davvero peccato.
-Sarò sempre la tua alleata, Zero.
Stai zitta.
-Io darò il mio sangue solo a te, Zero.
Zitta!
Ero un poco di buono che andava in giro con la pistola e la puntava verso qualcosa a caso, ma che si sentiva importante nel farlo. Eppure, quando lo facevo per proteggerla mi sentivo uomo.
E non mi era mai capitato, prima.
L'incidente più grande della mia vita mi aveva reso una persona cattiva. Mi rendevo conto infatti, che sorridevo molto poco. Anzi, non lo facevo mai.
-Zero... io sorrido perché spero di veder sorridere te, un giorno.
Quattro anni fa era tutto diverso. Avevo una casa, un fratello generoso, una famiglia. Era tutto perfetto, davvero.
Il mio mondo, poi, era improvvisamente crollato e si era fatto cenere, che qualcuno si era portato gelosamente via.
E fa male, fa male, cazzo.
-Posso toccarti?
Eppure, ero sopravvissuto.
Ero un uomo che non credeva quasi in nulla. Nel fato? No. Nel destino e palle varie? Assolutamente no. Eppure, avevo sempre pensato che, se quella notte ero sopravvissuto, un motivo c'era.
E quel motivo è dolce e candido come la neve. E' fragile e forte, timoroso e passionale, sfuggente e vivido.
Quel motivo si chiama Yuuki Cross, ha quindici anni, era un'umana, un tempo, ma poi un certo Kuran Kaname l'ha resa una vampira – purosangue, per di più.
...Quando si assiste alla morte dei propri genitori e al tradimento del proprio gemello, credetemi, si desidera morire.
E io ero morto.
Lei mi ha salvato. Lo ha fatto guardandomi negli occhi, quella stessa notte di quattro anni fa, dicendomi: “Io rimarrò per sempre con te”.
Ma le promesse sono difficili da mantenere.
Io e la Principessa, questo, lo sappiamo molto bene.
 
-E' questo quello che siamo sempre stati, vero? Zero. - mi sussurrò Yuuki.
Sentii i suoi canini lacerarmi la carne, le mie gambe cedettero, e il mio cuore insieme a loro.

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Capitolo 2
*** Life and Death ***


 Capitolo 1
Life and Death
Mary
 
Urlai.
Mi ritrovai in una pozza di sudore, ansante e poco convinta di avere tutte le rotelle a posto nel mio cervellino. Sentivo ancora il rumore di quella pistola, e il calore di qullo sguardo omicida.
Ero terrorizzata.
E sì che, fino a prova contraria, non ero una che si spaventava facile, anzi, spesso ero io ad allontanare gli altri da me; forse a causa del mio carattere forte e indipendente, forse, per i miei impenetrabili occhi di ghiaccio che nessuno riusciva a fissare per più di qualche istante.
Quei due occhi viola ci erano riusciti. Mi avevano...scavata dentro.
-Mary! - chiamò mia madre dal piano di sotto.
Guardai la sveglia e notai che erano le dieci e mezza di un piacevole martedì di fine agosto. Sì, era ora di alzarsi, mamma aveva ragione.
-Arrivo! - biascicai con voce ancora impestata dal sonno.
Mi alzai in fretta e furia e andai alla finestra spalancandola. Nel farlo, entrò nella stanza una piacevole brezza fresca, tipica delle estati inglesi.
Respirando a pieni polmoni, diedi il benvenuto ad un nuovo giorno, che non sapevo ancora mi avrebbe cambiato la vita.
***
 
Pochi minuti dopo mi recai in bagno e mi specchiai. Risi al solo pensiero che qualche ora prima stavo sognando una mia possibile morte, due occhi stupendi e una paura palpabile. Cominciai a pettinare i miei lunghissimi capelli neri, che per adesso arrivavano sotto il seno, ma che sognavo fin da piccola di far arrivare ai fianchi.
Tutto sommato ero una ragazza semplice; non ero né troppo magra, ma nemmeno troppo in forma; ero giusta. Adoravo mangiare, e non ero una di quelle donne che si disperavano se prendevano qualche chilo, anzi, tendevo addirittura a gioire. Avevo labbra rosse e carnose, che, pur avendo diciassette anni suonati, non avevano baciato ancora nessuno.
Risi di nuovo, ma mi sforzai subito di tornare seria. Quello era un giorno importante, lo era davvero.
Dopo essermi infilata un paio di comodi Jeans blu e una maglietta bianca aderente, andai al piano di sotto e trovai mia madre in cucina, indaffarata come sempre nella difficile preparazione di quel pasto chiamato colazione.
-Buongiorno, tesoro. Dormito bene? - mi chiese lei, senza voltarsi, continuando a lavorare.
-Sì, mamma, ho dormito bene - risposi, tralasciando il piccolo particolare del sogno. Mia madre era una donna apprensiva, che ingigantiva sempre tutto, e io non volevo farla preoccupare. Soprattutto in quanto, comunque, era sola.
Sì, mio padre non c'era più da ormai undici lunghissimi anni, e quello sarebbe stato il giorno del suo cinquantunesimo compleanno. Il trenta agosto, una data fatidica che era marchiata nel mio cuore e in quello della mia dolce mamma.
Mi sedetti al solito posto e addentai un biscotto che presi a caso; mi accorsi solo dopo che in effetti, quello una volta era il preferito di papà. Coincidenza?
-Tesoro, oggi andiamo verso le quattro, lo sai, vero? - mi chiese mamma.
-Lo so, non ti preoccupare - le risposi io. Praticamente, da undici anni a questa parte, mamma ed io eravamo solite andare a trovare papà nel cimitero in cui era sepolto, a un bel po' di distanza da noi.
Ed io abitavo nella “tranquilla” periferia di Londra. Ci eravamo trasferite poco dopo la morte di mio padre, quando io avevo solo sei anni.
-Mamma, sai che però oggi dalle due alle tre ho il corso di Giapponese.
Lei si sedette al tavolo e cominciò a mangiare il suo brunch. -Certo, me le ricordo, tesoro. Appena torni andiamo, allora.
-Ci sarà anche Hannah, probabilmente.
Hannah era la mia migliore amica, l'unica creatura vivente in quell'enorme mondo che mi capiva e che mi sopportava. Eravamo cresciute insieme, io e lei: a sette anni, lei imparava a giocare con le bambole, io a cucinare e ad aiutare la mamma perché era completamente sola. Insieme, formavamo un bel trio agguerrito; visto che infatti i genitori di Hannah erano spesso via per lavoro, lei era quasi sempre da me.
-Va bene - annuì mia madre.
Ellie Lambert, così si chiamava la mia mamma pasticciona, che non ci sapeva fare con gli uomini, proprio come me, e che non sapeva cucinare di più che un uovo fritto. Quel sacrosanto uovo fritto che si mangiava tutte le mattine.
Secondo me era bellissima, con i suoi capelli biondi e ondulati alla perfezione, come se fosse appena uscita dal parrucchiere. Aveva occhi di velluto, la mia mamma: azzurri chiari, proprio come i miei.
L'ora di andare a Giapponese arrivò in fretta; prima di incamminarmi, salutai mamma con un lieve bacio sulla fronte e controllai che in casa fosse tutto a posto, per evitare danni.
Mi accorsi che lei mi guardava ancora dalla finestra, quando Hannah arrivò con la sua bici davanti al mio garage.
-Tua madre non è ancora convinta sul Giapponese, vero Mary? - mi chiese con un sorriso enorme.
Era quello che mi piaceva di lei, sorrideva sempre. Mi rallegrava molto, e mi bastava.
-Non riesce a capire perché proprio quella lingua - ammisi.
-Beh, non l'ho mai capito neanche io. Insomma, con tutte le lingue di questo mondo, tesoro, proprio il Giapponese vai a tirare fuori?
-Dai, lo sai che mi piace - dissi con voce gentile ingranando con la bici. I miei genitori erano originari del Giappone. Io e la mamma lo avevamo lasciato solo per l'incidente di papà, ma in cuor mio sapevo che lei era ancora molto legata alle sue origini orientali.
-Ah, sì, Hannah, posso chiederti una cosa? - domandai mentre parcheggiavamo la bici davanti alla casetta della signora che ci dava le lezioni.
-Dimmi.
-Dopo la lezione io e mamma andiamo a trovare papà. Oggi avrebbe compiuto gli anni.
Il viso di Hannah si addolcì un pochino.
-Speravo potessi venire con noi, visto che solitamente dopo i corsi vieni a casa nostra.
-Certo che vengo, tesoro, non domandarlo neanche.
In quel momento, la porta della casetta si aprì, e ci accolse una signora bassotta dall'aria severa.
 
In realtà, quella piccola signora, non era altri che la signora Miura, che insisteva per farsi chiamare da noi “obaasan”, cioè nonna in Giapponese, un nome che personalmente amavo tantissimo.
-Benvenute, Mary e Hannah, vi stavo aspettando. - disse allegramente la donna, facendoci entrare nella sua bellissima e accogliente casa.
Cominciammo subito a metterci all'opera, e la lezione, almeno per me, volò. Alle tre, il Big Ben si ribellò e ci fece notare che, ormai, il tempo era scaduto.
-Hannah, Mary, complimenti per oggi. State migliorando molto, davvero.
Io e la mia migliore amica ci scambiammo un'occhiata d'intesa, per poi alzarci all'unisono dalla sedia. Ci incamminammo come il nostro solito verso l'uscita.
-Aspettate, care. Ho un favore chiedervi. Hannah, potresti andare in cantina a prendere le casse d'acqua? Io ormai sono vecchia, non riesco più a farlo.
Nel dire quelle parole, la signora Miura sorrideva come per scusarsi.
-Certo, obaasan. Vieni con me, Mary?
-Se non ti dispiace, cara, Mary dovrebbe aiutarmi a fare un'altra cosa.
E senza aggiungere altro, io seguii la signora Miura e Hannah scomparse in cantina.
-Va tutto bene, obaasan? - chiesi perplessa, mentre l'anziana mi portava in camera da lei. Non ci ero mai stata prima.
-No, mi chiedevo soltanto perché una brava come te venga fare lezioni da me...insomma, sei quasi più brava di tua madre che in Giappone ci ha vissuto il doppio dei tuoi anni!
Risi di gusto, pensando che quelle parole, Hannah e mia madre, me le avevano ripetute cento volte.
-Ma io mi trovo bene, da lei, signora Miura. Davvero.
-Se lo dici tu, piccola. Ora però basta con gli scherzi.
Obaasan si fece improvvisamente seria.
-Mary, io ho qualcosa che ti appartiene da sempre. Ho solo aspettato il momento giusto per consegnartela, e...penso sia arrivato.
Ero ancora più in dubbio di prima.
La donna tirò fuori da un cassettino un collana semplice di pelle nera; ma poi, da uno scrigno color porpora estremamente prezioso, estrasse con con delicatezza un ciondolo molto particolare, che apparentemente sembrava di metallo. Aveva mani rugose, la signora Miura, mani che sapevano di vita vissuta e di amore per i libri e la sapienza.
-Mary, cosa vedi? chiese la donna mentre infilava il ciondolo nella collana e me la mostrava.
-E'... un simbolo? Vedo due croci greche sovrapposte tra di loro, e in quella di sopra ci sono quattro pugnali...e al centro della figura c'è un quadrato.*
Nel dirlo, mi sentii molto stupida. Ma poi, osservando gli occhi della “mia” obaasan, rapiti dai miei, mi calmai subito. Era così bella per avere sessant'anni, da farmi provare un' invidia pazzesca. Sarei stata come lei, alla sua età?
Fu lei a distogliere lo sguardo, come facevano sempre tutti.
-Questo è il simbolo dei cacciatori, detti “Hunters”, tesoro.
Rimasi a fissarla a bocca aperta, incredula di aver appena udito qualcosa che non stava né in cielo, né in terra.
Di nuovo mi fissò, e i suoi occhi, normalmente di un colore ambrato, si fecero spenti, senza identità. Come gli occhi di una persona morta. La voce di quella donna poi uscì, come se provenisse da un altro mondo.
-La croce è il simbolo della vita, Mary. Rappresenta la venerazione del sole. Ma, in ogni caso, è anche il simbolo della morte. Infatti, un tempo, la croce era uno strumento di tortura...
La donna mi toccò la spalla, e io rabbrividii.
-Per te è giunta l'ora di scegliere, Mary. E scegliere chi essere è difficile quanto vivere e morire. Esatto, vivere e morire: se non sceglierai, sarai costretta ad rinunciare alla tua vita.
Stavo per avere un infarto, lì, con quella dolce vecchina che mi stava facendo dei malocchi o che so io; fui più di una volta sul punto di urlare, quando obaasan, finalmente, tornò in sé.
-Non perderlo mai - ordinò mettendomi tra le mani il talismano.
Non appena lo misi al collo, emanò una luce pallida, ma io, stranamente, mi sentii calda. Protetta.
-Obaasan, chi sono gli Hunters? - chiesi, ansante ed eccitata dal calore della collana.
-Ma Dio mio, eccovi! Obaasan, ho sistemato le casse d'acqua. Tesoro, se non ci muoviamo, non oso pensare cosa farà tua madre.
Con i discorsi della signore Miura, mi ero completamente dimenticata di mamma e della visita al cimitero.
-Oddio, andiamo, subito! - dissi prendendo la mia amica per il polso.
-A presto, obaasan! - urlai in qualche modo.
-Non dimenticare quello che ti ho detto - disse qualcuno nella mia testa, che assomigliava in maniera spaventosa alla signora Miura.
Dio mio, Dio mio.
Stavo seriamente diventando pazza.
 
Zero
 
Era sempre stato tutto così maledettamente semplice, fin dal primo istante. Eppure mi ero sempre rifiutato di ammetterlo a me stesso, accorgendomi che, in ogni caso, tutto rimane invariato, tutto può cambiare. Sempre.
Dio, piccola, sì, divorami... fallo. Ti prego.
Yuuki mi stava mordendo. Il gesto, in sé, poteva sembrare gelido e distaccato; ma non era vero. Ci stavamo fondendo, per la prima volta, io ero letteralmente lei.
La sentivo succhiare e mi piaceva, Dio se mi piaceva. Mi faceva impazzire. Io suoi piccoli gemiti mi facevano sentire uomo. Ero io, ero Zero? Non lo sapevo più. In quel momento c'era solo Yuuki, davvero, c'era solo lei.
Maledizione, sono quattro anni che ci sei solo tu, piccola.
Ci fu un attimo, solo un attimo, dove fui sul punto di cedere e lasciare che lei vagasse nei miei ricordi e nel mio cuore. Ma, visto che fino a prova contraria non ero masochista, la staccai da me.
-Basta, Yuuki, smettila di guardare dentro il mio cuore.
Mi specchiai nei suoi occhi infiniti, e desiderai prenderne un pezzetto. Vedevo in lei un'ombra di dubbio e imbarazzo. Che c'è, Yuuki, i miei sentimenti per te ti spaventano?
-Scusami, Zero.
E io mi sentii assalire da un mostro interno, al quale non avrei saputo dare su due piedi un nome di preciso. Mostro che repressi all'istante.
Che la trattassi con freddezza o no, Yuuki era sempre in grado di smascherarmi. Che la provocassi con il mio sangue o meno, rimaneva la bambina che mi chiedeva assiduamente di non abbandonarla. Avevamo sempre avuto bisogno l'uno dell'altra, ma a volte le parole buttate lì per caso distruggono ogni cosa. Proprio come quando ti scivola un bicchiere di vetro dalle mani: si frantuma in mille pezzi, come fai a raccoglierli tutti?
La mia minaccia di morte che non ti aveva fatta arrabbiare, no, ti aveva fatta piangere, quella volta, quando eravamo sul punto di spezzare ogni legame esistente e di crearne uno tutto nostro, fatto di semplicità e verità. Di speranza. In quel momento, vedendola andare via correndo, mi venne in mente il nostro bacio.
Il mio fottutissimo tentativo di allontanarti da lui.
Mi diressi verso la scuola, con passo lento ma deciso.
Dio, Yuuki, sempre nei pensieri, sei.
.
.
.
Posso immaginare la vostra faccia mentre leggete questo capitolo. ---> *Non capisco una mazza O.o*
Allora, intanto vorrei dire che questa cosina è interamente dedicata a una persona che l'ha vista nascere e crescere. Sai che sto parlando di te, vero, Anna? Aspetto con ansia che tu venga a vedere il nostro lavoretto finito.
Come potete ben notare la narrazione parte dal capitolo 74, nel quale Yuuki, per la prima volta, morde Zero. Come sapete tutti sono una Zerina, e non posso fare a meno di pensare che quel momento sia uno dei più belli che la Hino ci abbia donato.
Ecco può bastare, al resto ci penseranno gli altri capitoli.
Che aggiungere, se non che non vedevo l'ora di tornare a pubblicare? Mi mancava tanto, ragazze. E questa è la mia prima long, per cui vi aspetto in molti, ho bisogno del vostro sostegno!
Un bacio,
Vostra
Je

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Capitolo 3
*** The letter ***


Capitolo 2

The letter

 

nell'esatto momento in cui essa è in aria,
saprai improvvisamente in cosa stai sperando di più.
 
Mary
 
-Si può sapere cosa voleva obaasan? - chiese Hannah in tono scocciato.
Era da mezz'ora, ormai, che ci stavamo dirigendo verso il cimitero e la mia amica non faceva altro che tartassarmi. Ok, le volevo bene e le raccontavo sempre tutto, ma come potevo dirle quello che avevo appena visto? Mi avrebbe scambiato per una psicopatica. E, beh, non avrebbe fatto tanto male.
-Me lo dici? - insisté.
-Ok, ma parla piano - sussurrai, rannicchiandomi sul sedile per non farmi sentire da mia madre che stava guidando, davanti.
-Mi ha dato questa - dissi toccando la collana.
-Oh, è molto carina - si limitò a dire Hannah. Forse se l'era bevuta.
-Ma come mai?
O forse no.
-Dice che è sempre stata mia e che è arrivato il momento di consegnarmela. Era di mio padre - risposi.
-Oh mio Dio! - esclamò lei.
-Non urlare! - la rimproverai. -Non è per niente pazzesco. Perché mai obaasan dovrebbe avere una cosa che mi appartiene, scusa? Lei è solo una vecchietta che insegna Giapponese. Sinceramente mi turba il fatto che abbia cose mie.
-In effetti hai ragione. E perché mai, comunque, dartela ora?
Non lo sapevo.
-Obaasan ha detto solo che questo ciondolo rappresenta il simbolo degli Hunters o non lo so, che in teoria dovrebbero essere dei cacciatori...
Ovviamente, Hannah mi fissava a bocca aperta.
-Tesoro, ti voglio bene, e tu lo sai. Ed è per il tuo bene che ti dico: butta via quel ciondolo.
Un' improvvisa paura mi invase e mi percosse. -Non posso - affermai afferrandolo saldamente.
-Non posso perderlo - ripetei con ardore. -E' l'unica cosa che potrebbe ricondurmi a mio padre.
Che, mi rendevo conto, conoscevo sempre meno.
-Ragazze, siamo arrivate. Smettetela di fare le misteriose e scendete dalla macchina - ci rimproverò mia madre.
 
Zero
 
Pochi minuti dopo essere rientrato nell'accademia, incrociai Yuuki in corridoio. Vederla vestita di bianco mi confondeva e non poco, ma in ogni caso, dovevo accettarlo: era stata quella la sua scelta.
Arrivò il momento in cui le nostre spalle quasi si sfiorarono.
-Zero, ci sono ancora delle ragazze in cortile - mi avvisò Yuuki.
-Me ne occupo io - dissi stanco.
Sul suo viso, notai, si dipinse un sorriso largo e sincero. Di quelli che solo lei mi sapeva regalare.
-Io conto su di te, Zero - ammise, dandomi una leggera pacca sulla spalla. Il suo tocco, gentile e delicato, ebbe la forza di farmi sperare solo un po'.
Non era forzato, era un gesto nostro.
Punto.
E poi scappò via, lasciandomi solo, e rimanere soli, almeno per me, era la pena più grande: la sua assenza si notava ovunque.
Era vero, in cortile c'erano diverse ragazzine che urlavano. Erano insopportabili, davvero.
-Via! - le fulminai con lo sguardo. Non se lo fecero ripetere due volte.
-Bel lavoro, Kiryu - mi disse Kayen Cross, il mio “gentilissimo” tutore. Era un uomo di tante parole, e di tanti fatti, pure. Combatteva per la vita di tutti, e sarebbe stato disposto a donare la sua volentieri, pur di salvare anime innocenti, come quella di sua figlia.
Che poi tanto innocente non è.
Mi disse molte cose che mi aspettavo mi dicesse. Cose che non cambiano e con potranno mai veramente cambiare. Io, come il mio solito, ascoltai tutto in silenzio e immagazzinai le informazioni necessarie. Solo un'affermazione mi rese particolarmente partecipe.
-Tu inizialmente, avevi ignorato l'ordine di non uccidere i sangue puro. Saresti volentieri corso ad uccidere Kaname Kuran, vero?
Solo il nome di quella bestia mi faceva ribollire il sangue. Ma lui continuò.
-...usando la sua pericolosa esistenza come ragione. E adesso, ti limiti ad ubbidire come un cagnolino fedele. E' preoccupante...
Dapprima abbassai lo sguardo; non volevo guardare quell'uomo in faccia. Era il mio salvatore, colui che mi aveva dato una casa e una famiglia. Sì, ma a volte diceva cose che mi facevano piuttosto incazzare.
La rabbia mi assalì, e dissi cose che forse, in realtà non pensavo.
-Kaname Kuran ha detto che vuole uccidere tutti i sangue puro, giusto? - ghignai, beffardo. -Se è così, non ho motivo di fermarlo.
Il direttore reagì male a quelle parole. Mi sembrò...preoccupato. In quel momento, probabilmente, stava immaginando che io mi fossi riferito a proprio tutti i sangue puro; Yuuki compresa.
No, nessuna eccezione, pensai. Tutti i sangue puro, dal primo all'ultimo.
Piccola, no...
-Faccio finta di non aver sentito. In ogni caso, in quanto pacifista, non tollero quello che Kaname sta facendo. - disse il direttore, allontanandosi da me.
In quel momento, con le mie parole di ghiaccio, avrei intimorito chiunque. E infatti avevo praticamente detto a sua padre che la volevo vedere morta.
Oh, piccola, è semplice mentire a sé stessi e agli altri. Peccato che non riesca a mentire a te.
 
Mary
 
Camminammo lentamente tra le tombe del cimitero, con il capo chino e le mani strette attorno ai mazzi di fiori che tutte e tre rispettivamente portavamo.
Davanti alla tomba di mio padre, mi fu difficile concentrarmi sulla preghiera. Continuavo a pensare alla signora Miura e ai suoi occhi senza vita.
Non dimenticare quello che ti ho detto.
Non so per quale motivo, ma improvvisamente, nella mia testa si infiltrarono languidi pensieri. C'erano troppi forse, nella mia vita. Ad esempio, c'era il mistero della morte del mio papà che rimaneva un caso irrisolto. Infatti, pur avendo assistito alla sua morte – era vero, io lo avevo visto morire davanti ai miei occhi, secondo quello che mi diceva la mamma – non ricordavo nulla di quel momento. Niente.
I medici avevano detto che il mio cervello, da solo, aveva rimosso la scena perché aveva subito un trauma. Io non ci credevo. C'era qualcosa, dentro di me, che mi diceva che io avrei dovuto sapere tutto. Però non sapevo niente, ecco il punto.
-Posa i fiori, tesoro - mi ordinò mamma, distraendomi dai miei pensieri.
Appoggiai i fiori sulla tomba di mio padre, e poi, automaticamente, portai la mano al ciondolo. Ciò che vidi dopo era solo l'inizio della conoscenza di un mondo nuovo.
Fissavo la tomba di mio padre che ora aveva assunto un colore nero. Il cielo si era oscurato e tutto, intorno a noi, si era fatto buio. All'improvviso, sulla lapide, cominciarono a formarsi una serie di segni luminosi, i quali andarono a costituire il simbolo dei cacciatori di cui mi aveva parlato quel pomeriggio obaasan. Cautamente, mi avvicinai alla tomba.
Era come se il mio corpo si muovesse perché qualcuno, a mia insaputa, lo guidava. Ero una bambola, un marionetta, che si limitava a seguire il suo destino senza avere il potere, però, di sceglierlo. Avevo dimenticato chi ero e perché mi trovavo lì; c'eravamo solo io e la tomba, risucchiate in una dimensione oscura e crudele.
-Mary, è tempo – disse qualcuno. Quella voce la conoscevo. Apparteneva ad un uomo, un uomo che un tempo avevo avuto vicino...
-Tesoro! - urlò mia madre scuotendomi le spalle violentemente. -Oddio, oddio, pensavo ti avessero...posseduta! Dicono nei cimiteri succedono cose strane....
Mi madre vaneggiava come al solito. -Mamma, sto bene, ero solo distratta...scusami. Mi ripresi. Tutto era tornato normale: la tomba aveva assunto nuovamente il suo color mattone e in cielo era tornato a splendere il sole.
Perplessa, mia madre si affrettò ad aggiungere: -Non muovetevi, vado a prendere la macchina...
-Mary, che c'è? - chiese Hannah, accertandosi che fossimo completamente sole.
Sbuffai. -Niente, Dio mio, niente! Mia madre ingigantisce sempre tutto. Possibile che però quello di prima fosse stato solo frutto della mia immaginazione? Non ero mai stata una persona sognatrice. Il concreto e il reale, per quanto mi riguardava, erano alla base di ogni cosa, nella mia semplice vita. Che ormai tanto semplice non era più.
-Tesoro, Ellie sarà anche iperprotettiva, ma sinceramente i tuoi occhi li ho visti anche io - continuò Hannah.
-Eh?
-Mary, tu eri dall'altra parte, fidati di me. Sembravi morta - ammise la mia amica.
Forse, Ellie Lambert, per una volta, aveva ragione, ed io, per la seconda volta in un paio d'ore, mi sentii impazzire.
-Andiamo via di qui - ordinai.
 
***
 
La sera mia madre insisté per avere Hannah a cena e, a suo malgrado, lei accettò. Sapevo che era una ragazza che odiava essere di disturbo; purtroppo, non si rendeva conto che a me e a mia madre faceva solo che molto piacere, averla con noi.
Io e Hannah avevamo passato tutto il viaggio di ritorno a riflettere su come affrontare l'argomento “ciondolo” con mamma. Io volevo tenerlo nascosto, mentre lei era convinta che farglielo sapere fosse la cosa giusta. Davvero, non aveva ancora capito bene che persona era, la mia mamma.
Dopo l'ennesimo occhiolino da parte della mia amica, fui costretta a parlare.
-Ok, ok. Mamma, posso chiederti una cosa?
-Dimmi tutto, tesoro - rispose lei, indaffarata a riempire la lavastoviglie.
Esitai. Forza, Mary, è solo una stupida collana. Dai.
-La signora Miura oggi mi ha dato questa - le dissi sfiorando la collana. Confusa, interrompé ciò che stava facendo e mi guardò. -La collana - mormorai.
Mia madre si avvicinò guardandomi perplessa, la prese in mano e...gemette.
-Ahi, caz...ahi! Scotta! - urlò. -Ma che diamine...tesoro toglitela, toglitela! - mi ordinò cercando di riavvicinarsi a me, ma prontamente, io mi ero alzata ed ero quasi uscita dalla cucina. Hannah si limitava ad osservare la scena senza poter fare nulla, effettivamente.
Lì per lì pensai che mia madre avesse scherzato. Poi, la guardai in volto e mi ricredetti: aveva provato dolore, era vero. Ma come era possibile, se la collana era innocua?
-Mamma, stai scherzando?
-Mary, quella collana mi ha...scottata! Dio... - andò al lavandino a bagnarsi imprecando sottovoce.
Aveva parlato con un'autorità spaventosa, e io non avevo potuto fare altro che rimanere basita dalla sua reazione, così differente dalla mia.
-Se io tocco la collana non sento caldo - ammisi afferrandola di nuovo. Era come se il mio ciondolo rifiutasse la mia mamma, non la volesse e tentasse in tutti i modi di proteggersi da lei.
-Voglio che la riporti indietro - disse guardandomi negli occhi.
Osservai mia madre come non avevo mai fatto. Era una donna forte che aveva dovuto crescermi da sola, lei con quei suoi occhioni nocciola, con i suoi capelli biondi arruffati perennemente raccolti in una coda. Un corpicino esile, aveva la mia mamma: ma sapevo che era stato un corpo forte e bello quando mi aveva dato alla luce. Sì, sicuramente era stato così. Poi si era indebolito con l'età, ma rimaneva, almeno per me, sempre un corpo perfetto, da dea. Nessuna parola sarebbe bastata per contrastare l'autorità della sua voce, che si era mischiata all'ingombrante presenza dei suoi occhi che non volevano staccarsi dai miei.
Hannah mi avvolse il polso con la mano e mi strattonò via. Finimmo nella mia stanza al piano di sopra.
-Te l'avevo detto di buttarla via. Quella cosa è pericolosa, Mary - Bene, prima mi convinceva a dire tutto, dopo mi tirava il pacco. Perfetto.
-Può essere. Ma può anche darsi che sia l'unico oggetto che ho per scoprire qualcosa di più sulla morte di mio padre! -Ero infuriata. Di solito, mamma e Hannah mi capivano. Mi sentivo tradita e assecondata, perché sembrava che solo a me importasse di quel ciondolo che in ogni caso avrebbe potuto davvero essere tutto.
O niente.
-Prima entri in trance per venti secondi buoni. Poi scotti tua madre. Dio, più chiaro di così! Quella... cosa è maledetta!
Sì, era maledettamente utile. Ma Hannah non si sentiva come mi sentivo io, non poteva capire.
Mi resi conto che, dallo stress, mi ero seduta sul letto e fissavo i miei piedi con intensità, tremando. Poi, finalmente, Hannah avvolse le mie mani con le sue.
-Tesoro, io mi preoccupo per te, lo sai? Sei preziosa; lo sei troppo, e non voglio perderti per questa cazzata...perché è una cazzata, te ne rendi conto?
Oh, amica mia.
-Lo so. Ma sai anche che sono testarda e che voglio sempre arrivare fino in fondo. Io voglio sapere di più.
Hannah sbuffò.
Oh, sì. Sono una ragazza che crede nella vita e che possibilmente vuole vivere. Che si rovina sempre il finale di ogni cosa bella perché vuole conoscerla troppo in fretta. Sono dell'idea che, ognuno di noi, debba accettare ciò che gli viene donato perché, qualunque cosa sia, è comunque preziosa e unica. L'ho imparato quando ho perduto mio padre, perché in ogni caso si comprende l'importanza di una cosa solo quando la si perde per sempre.
-Se non scopro niente entro domani, la riporto indietro. Promesso.
-Ok...ma stai attenta.
-Lo sono sempre - dissi sicura.
Alle undici in punto accompagnai Hannah alla bicicletta -incredibile come quella donna non avesse paura di andare in bici col buio -, e la salutai con un leggero bacio sulla guancia.
Tornando verso casa, mi accorsi che dentro la posta c'era una busta particolarmente elegante. Era indirizzata a me.
Non mi presi la briga di leggerla; non ne avevo voglia e non ero minimamente curiosa. Mi limitai, una volta rientrata, a evitare mia madre, che sicuramente si aspettava che avessi già buttato via la collana. In quel momento non me la sentivo proprio. Quell'oggetto era mio, mio soltanto, e non mi sarei mai sognata di separamene dopo aver ammesso a me stessa che era utile. Mi aveva fatto entrare in una nuova dimensione, facendomi ascoltare la voce di quell'uomo...
In assoluto silenzio, sgattaiolai in camera mia. Riposi nel cassetto la lettera e andai a letto.
Prima di addormentarmi, quella notte, rividi chiaramente quei due occhi ametista che la sera prima mi avevano catturata, e, subito dopo, ripercorsi mentalmente il mio stato di trance di quel pomeriggio.
Mary, è tempo...
.
.
.
Eccomi qui, come al solito in ritardo...vi chiedo scusa.
A scanso di equivoci, vorrei comunicarvi che la settimana prossima comincio un periodo di stage che durerà tre settimane, quindi purtroppo non sarò molto presente. Cercherò di mantenere la costanza delle pubblicazioni (che costanza, oh!)...e beh, vi chiedo scusa già da ora.
Ringrazio coloro che mi stanno seguendo, in particolare chi, come al solito, non si perde MAI una mia pubblicazione. Grazie di cuore <3
Ci credete che è quasi un anno che sono su Efp? Io no, perché non credevo di poter trovare una grande famiglia come voi. Siete fantastiche, tutte, dico davvero.
Un bacione,
Vostra
Je

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Capitolo 4
*** Father ***


Capitolo 3
Father
Mary
 
Potevo capire che stavo sognando dal fatto che mi sentivo leggera e strana. Mi muovevo in velocità, tra le vie di un paesino che ricordavo molto bene. Era il mio paese di origine, che si trovava nei pressi di Tokio. Era piccolo, ma sapeva ospitare tanta gente, e ci si poteva trovare tutto, ma proprio tutto, nelle sue strade.
Mi fermai di fronte a una bancarella che vendeva frutta e verdura. Dio, quanti ricordi: mamma mi chiedeva sempre di andare a prendere le carote e i pomodori, lì. Un gesto quotidiano che mi piacevano un sacco e che mi mancava, pure.
All'improvviso, qualcuno avvolse la mia manina. Mi voltai di scatto.
Se fino a pochi istanti prima avevo solo creduto che quello fosse un sogno, ciò che vidi me ne diede la certezza: davanti a me, in ginocchio, bello come non mai, si trovava Kosuke Endo, mio padre.
-Piccolina, andiamo? - mi chiese lui.
-Dove, papà? - domandai io, di rimando. Papà. Papà, papà. Assaporai di nuovo il gusto di quella parola meravigliosa, e mi sentii me stessa.
-A casa - mi rispose lui alzandosi in piedi. Mi resi conto che, in realtà, ero molto più piccola di quanto mi ricordassi; mi guardai, e mi accorsi di essere tornata bimba. Portavo ancora i capelli a caschetto ed ero paffuta; indossavo un vestitino bianco e leggero. Secondo i miei calcoli, non dovevo avere più di sei anni...
Papà mi trascinò dolcemente con sé; alto com'era, per raggiungerlo dovevo tendere il braccio al massimo. Ma non avrei perso quel contatto, no: anche se era un sogno, il mio papà volevo tenermelo stretto.
Mi resi conto, poi, che ci eravamo fermati.
-Cosa c'è, papà? - chiesi io.
-Qualcuno...ci sta seguendo - sussurrò impercettibilmente. Poi, udii un fruscio alle nostre spalle.
Pericolo!
Il mio istinto da bambina cominciava a farsi sentire. Mi sembrava di aver già vissuto quei momenti...
Papà mi prese in braccio e cominciò a scappare per le strade, a me sconosciute, del paese. La nostra casa non si trovava in centro, anzi: come quella di Londra, era in periferia. Se davvero qualcosa ci stava inseguendo, ci avrebbe preso, ne avrebbe avuto tutto il tempo.
Cominciai a tremare.
Pericolo! Pericolo!
Papà imboccò per sbaglio un vicolo cieco. Dalla foga, non sapeva nemmeno lui dove andare.
Quando si voltò, sempre con me tra le braccia, non corse più. La via ci era sbarrata da una figura malandata e poco vestita, che teneva il capo chino. Sul mio viso si dipinse una smorfia, e, per la prima volta in quel sogno, ebbi seriamente paura di morire.
Papà mi appoggiò per terra ed io andai a rifugiarmi dietro di lui. Nascosi il mio visino dietro il suo ginocchio.
-Oggi sei fortunato, vampiro. Non ho le mie armi - disse papà.
Le armi? Vampiro? Pericolo! Scappa, Mary, Dio, vai via!
Mi sporsi un pochino per vedere la figura di fronte a me. Quella alzò lo sguardo, ed io ebbi voglia di urlare.
I capelli scompigliati coprivano a malapena il viso malandato e pallido, che ospitava una larga bocca, un naso appuntito e due occhi orribili. Quella non era una persona. Quella cosa, ne ero certa, era un mostro.
-Voglio la bambina - disse il mostro. Aveva la voce più terrificante che avessi mai sentito: sorda e metallica, ma al contempo senza vita.
Le sue parole erano lame affilate, per me. Perché la bambina ero io.
-Stai lontano da mia figlia. - ordinò mio padre con voce spezzata. -Non toccarla...
Quello che accadde dopo fu indecifrabile. Mio padre mi allontanò da lui, ma allo stesso tempo, venne scaraventato a sua volta dalla bestia, che lo aveva afferrato per il collo. Sentii qualcosa scricchiolare, poi, vidi che mio padre era stato sbattuto contro un muro con violenza.
Urlai.
-Dammi la bambina, cacciatore, e nulla ti sarà fatto...- disse la voce metallica.
-Mai. - fu l'ultima parola di mio padre.
 
Ora sapevo, ora ricordavo tutto.
Quella creatura tirò fuori le zanne, quella sera, e le mostrò a mio padre.
Sentii il rumore assordante del morso. Vidi il colore intenso di sangue. Udii le urla soffocate di mio padre.
Desiderai morire.
Il mostro si voltò verso di me, con il viso impregnato del sangue della persona che mi aveva messo al mondo.
Il sangue del mio papà.
-Ora è il tuo turno, dolce bambina...
Era finita, era davvero tutto finito. Non trovai nemmeno la forza di urlare, sarebbe stato inutile.
Ma poi
Sentii il rumore inconfondibile di uno sparo.
La figura dannata si accasciò ai miei piedi, ne sentii l'odore e lo confusi con quello di mio padre, che ora giaceva a terra senza vita, e di nuovo, con le lacrime che mi soffocavano e il cuore in gola, gridai.
-E' Kosuke...Endo - disse una voce maschile.
-Non è possibile - replicò qualcuno. Con gli occhi offuscati dalle lacrime, non riuscii a riconoscere colui che mi prese tra le braccia e che mi portò via con sé.
-Stai tranquilla, piccolina, andrà tutto bene - mi sussurrò all'orecchio. -Non gridare più.
Vidi solo che quell'uomo portava un paio di occhiali. Tra le sue braccia, cedetti al pianto e mi lasciai trasportare. Mi sentivo protetta e indifesa, a casa e spaesata.
Sicura ed insicura.
-Questa è la figlia di uno dei cacciatori più potenti al mondo - disse il mio salvatore.
-Sì...ma tu sai, chi è sua madre? - chiese la seconda voce, rozza e profonda.
Mi svegliai.
 
Yuuki
 
Riconoscere la felicità quando è ai tuoi piedi,
avere il coraggio e la determinazione di abbassarti
per prenderla tra le tue braccia e custodirla.
Questa è l'intelligenza del cuore.
L'intelligenza senza cuore non è altro che logica,
e non è poi un granchè!
 
Seguivo la lezione molto passivamente; di tanto in tanto mi voltavo per cercare con gli occhi Ichijo, il quale mi sorrideva, sempre molto educatamente. Ogni tanto guardavo anche Rima, che sembrava mi volesse fulminare con lo sguardo.
Amica mia, lo so vuoi che mi dia una mossa e che trovi una soluzione, ma non posso muovermi da qui, ho le mani legate. E tu lo sai.
Mi resi conto di come fossero cambiate così in fretta tante cose nella mia vita.
Per prima cosa, avevo perduto Zero. Lo avevo percepito dal suo sangue, poco prima, e dal suo tono distaccato, quando mi aveva chiesto gentilmente di non ficcare il naso nei suoi affari.
Mesi prima, avrei dato la vita per fare parte della Night Class: ero addirittura arrivata a chiedergli di trasformarmi in un vampiro, quella notte, distesa sul divano con lui appoggiato sul mio cuore, al mio petto. Ora, dubitavo di quella scelta, che poi tanto scelta non era stata.
Dio, Kaname, se solo sapessi quanto mi manchi...
-La sto annoiando, signorina Kuran? - mi chiese il professore di inglese. Quell'uomo aveva il permesso di insegnare a entrambe le classi, in quanto era un vampiro nobile.
Elegante, bellissimo...sbruffone.
Era stato buffo ritrovarmelo a parlarmi in inglese anche dopo la trasformazione. Diciamo che anche lui aveva assistito al mio totale cambiamento.
-Assolutamente no - risposi in fretta. -Riflettevo su, ehm...
-Non importa, continuiamo - affermò con vigore il professore.
-Sarà anche una sangue puro, ma non è per niente intelligente...- le voci arrivavano forti e chiare dall'angolo della classe, dove sapevo che c'erano dei vampiri nobili che non mi sopportavano neanche un pochino. Erano devoti solo a lui, e finché non fosse tornato, io sarei stata solo “un errore”, una che stava tentando di “spodestarlo”. Non per niente, alle elezioni di capo dormitorio avevo ottenuto un voto solo.
-Dovreste vergognarvi a parlare così di una sangue puro - la voce era quella di Sara Shirabuki.
Si era alzata in piedi, e con tutta la compostezza e la grazia possibile, stava tenendo testa a un largo gruppo di vampiri ribelli. Lo faceva per me? Mi stava difendendo, Dio. Non mi meritavo di essere difesa da lei; no, anzi, sinceramente non lo volevo, punto.
-Ci perdoni, nobile Sara - rispose in tono risentito uno dei ragazzi.
Sara sorrise appena. -Mi scusi per averla interrotta, professore, ma certe cose non possono essere tollerate - dicendo questo, si voltò verso di me, mi sorrise, e si tornò a sedere.
Mi sentii raggelare.
Finalmente arrivò la tanto desiderata fine delle lezioni, ed io, felice come non mai, cominciai a dirigermi al mio dormitorio. Ero...stanca, benché quella mattina avessi bevuto molto sangue.
Zero, il tuo sangue non basterebbe mai, credimi.
Mentre percorrevo la via esterna per giungere al dormitorio, Sara Shirabuki e due sue amichette mi sbarrarono la via. Era quasi l'alba, e mi chiesi cosa quelle tre ci facessero ancora in giro.
-Nobile Sara - la salutai timorosa.
-Yuuki - mi chiamò lei. -Amiche mie, lasciateci sole - disse sorridendo a quelle due giovani ragazze.
Quando furono abbastanza lontane, la vampira cominciò a parlare. -Yuuki, spero tu non ti sia offesa per il mio comportamento di prima, in classe.
Decisi di essere sincera, ma cordiale. -Non mi aspettavo mi difendessi. Fino a prova contraria non siamo amiche, noi due...
Sara accorciò la distanza tra di noi con qualche passo. Ora mi era di fronte, ed io mi sentivo completamente paralizzata da quei suoi modi di fare fluidi ed eleganti.
-Non ho mai smesso di sperare di diventare tua amica...- confessò dopo aver preso una mia ciocca di capelli tra le mani.
A chi credi, Yuuki? A Sara, o...a Kaname?
Mi scostai leggermente, evitando di essere troppo brusca, ma nel suo piccolo, il gesto fu chiaro.
A Kaname, sempre.
-Io credo in Kaname, Sara. Potrai venire a dirmi quello che vuoi. Mi fido di lui, so che sta facendo la cosa giusta.
-Uccidere il padre di Aidou la trovi una cosa...giusta? Interessante, tu e tuo fratello avete delle menti davvero affascinanti, lasciatelo dire.
Lui non è mio fratello, lui è colui che amo. C'è una bella differenza, Sara.
-Sono stanca, devo andare - dissi incamminandomi.
-A presto, mia cara. Sono sicura che avremo l'occasione di avere altre discussioni come questa...- la sentii dire.
Poco dopo, mi rinchiusi in camera mia, al secondo piano del dormitorio Luna. La mia testa era stracolma di pensieri e, ne ero sicura, sarei potuta scoppiare.
In cuor mio, sapevo che Kaname aveva sbagliato a uccidere il padre di Aidou, certo, ma sicuramente lo aveva fatto per qualcosa o era stato obbligato da qualcuno. Io credevo in lui; avevo sbagliato tanto nella vita, io; uno sbaglio suo avrei potuto perdonarglielo, no?
Ti vorrei vedere, anche solo un secondo. Ci scommetto la mia anima – impura e peccatrice - che un secondo basterebbe, anche solo per capire.
Qualcuno bussò forte facendomi sussultare. Ma chi diamine era?
Aprii e davanti ai miei occhi mi ritrovai Zero. Il mio cuore perse un battito, ma piano piano ritrovò la concentrazione.
-Il direttore ci vuole vedere - disse senza emozionarsi. Come al suo solito.
-Però, sei qui nel dormitorio Luna solo per dirmi questo? Non ci eri mai venuto - lo provocai con un sorriso amaro in bocca. Ma che diamine stavo facendo? Non era da me.
-Muoviti - disse dandomi le spalle.
Ogni volta che ero vicina tanto così nel rivedere lo Zero a cui da umana avrei dato la mia vita, lo vedevo allontanarsi da me senza poter fare nulla. Se avessi potuto avrei soppesato ogni suo respiro, ogni suo battito di ciglia, per assicurarmi che stesse bene e che credesse ancora in...un noi?
Ero una persona che credeva nel fato e nella vita. Una volta, avevo creduto anche nell'amicizia vera, quella che non poteva finire mai. In un primo momento, avevo pensato che, nonostante la trasformazione, Zero mi volesse ancora bene.
Cominciavo seriamente a dubitare che lui riuscisse a malapena a sopportarmi.
Zero non mi vuole più. Zero non mi vuole più. Zero on mi vuole più. Zero...
 
Mary
 
Ansante e con la fronte bagnata di sudore, mi alzai a sedere sul letto per riprendere fiato. Il mio petto stava avendo degli scossoni enormi, e io non sapevo davvero come calmarmi.
Inaspettatamente, cominciarono a scendere anche delle lacrime che feroci e brucianti mi rigavano il viso.
Tra i singhiozzi, mi alzai e afferrai tra le mani l'unica cosa che in quel momento poteva aiutarmi. La collana.
Sentii subito un piacevole calore invadermi, e smisi di piangere. Piano piano, nella mia mente, cominciarono ad arrivare nuove consapevolezze a cui dovevo dar voce.
Piano piano, lo ammisi a me stessa.
E finalmente realizzai.
Questa notte ho sognato la morte di mio padre.
Poi, lo dissi. Le parole uscirono dalla mia bocca in modo convulso; era come se mi stessero togliendo con una lama affilata le carni.
-Mio padre è stato ucciso da un vampiro - sussurrai. Fu utile, benché non ci fosse nessuno a dirmi: è sbagliato, non è sbagliato, sei completamente impazzita. Era la verità, la pungente e pura verità.
Mio padre era un cacciatore.
Incassai piano piano anche questo colpo. La collana simboleggiava i cacciatori, e mio padre era stato uno di loro. Ma...chi erano, questi cacciatori?
Un nuovo singhiozzo spezzò il silenzio della stanza.
Rosso, come il sangue
Avevo bisogno di risposte. Di tante risposte che non mi erano state date a tempo debito da mia madre e da chi sapeva.
Scappa, c'è il Vampiro!
Mi alzai e mi diressi verso il cassetto dove avevo riposto la lettera. L'afferrai, tornai a sedere sul letto e finalmente, trovai il coraggio di aprirla.
Morte. Non potrai più tornare indietro.
Cominciai a leggere.
.
.
.
Eccoci arrivati al capitolo 3, mie care e cari. Ho poco da dire, se non ringraziare chi recensisce sempre, chi preferisce, chi segue e ricorda, chi viene semplicemente per dare un'occhiata e va via silenziosamente.
Ci vediamo al prossimo chappy, e come al solito, spero di non venire troppo in ritardo (cosa impossibile per me XD)!
Vostra,
Je <3

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Capitolo 5
*** Carezze e sussurri ***


Capitolo 4

Carezze e sussurri

 

Rifiutarsi di amare per paura di soffrire

è come rifiutarsi di vivere per paura di morire. 
~ Jim Morrison ~

Yuuki

 

Non sapevo davvero cosa potesse volere mio padre proprio in quel momento; in ogni caso, io e Zero, all'alba di un nuovo giorno, ci recammo insieme nel suo ufficio.
Zero bussò, prima di entrare. Una volta dentro, trovammo il direttore seduto sulla sua scrivania e Toga Yagari alla finestra, che sembrava scrutare un punto indefinito del cielo, cosa che faceva molto di rado, non essendo un uomo sognatore e romantico. E nemmeno ragionevole.
-Non capisco cosa voglia. Smettila di fidarti di lui - disse Yagari.
-Non posso, amico mio. Ho le mani legate - replicò mio padre rivolgendo lo sguardo verso di noi. Mi sembrava stanco; due scure e profonde occhiaie scavavano il suo viso che sembrava invecchiato tutto in un colpo. Provai molta pena per lui, per il mio dolce tutore, che mi aveva protetta sempre e che, - io lo sapevo – mi stava proteggendo anche adesso che ero diventata una vampira.
-Yuuki, Zero, benvenuti - ci accolse con un lieve sorriso. Yagari, nel frattempo, cominciava ad abbandonare la stanza in assoluto silenzio. Poco prima di chiudere la porta, si sporse e disse con voce grave: -Cross, non abbiamo finito di parlare, io e te.
In quel momento avrei voluto sputargli in faccia quanto fosse arrogante e insensibile. Come quella volta, un anno prima, quando aveva sparato a Zero senza preavviso, con il solo scopo di ferirlo e fargliela pagare. Guardai velocemente l'Hunter, soffermandomi sui suoi occhi bellissimi, ricordando con quanta preoccupazione avevo fatto da scudo al suo corpo, quella stessa notte. Mi ricordai quanto fosse bello stringerlo a me, quanto erano perfetti e fluidi i suoi capelli, quanto erano dolci le sue labbra...
Le sue labbra? Non devo pensare alle sue labbra.
Eppure ci penso. Penso...ai suoi morsi, a quanto disperatamente lo avevo sentito mio quando mi aveva baciata...
-Perché ci ha chiamati qui? - chiese Zero, frantumando i miei pensieri su di lui.
-Beh, intanto per congratularmi con la mia bambina, che è capo-dormitorio, ora! Brava, Yuuki - mi disse mio padre in tono autorevole ma dolce, sotto sotto.
-Grazie - risposi con un sorriso forzato. -Ma a dire la verità, la classe ha preferito Sara nelle votazioni come capo dormitorio, ma lei, gentilmente, ha lasciato il posto a me...
Ripensandoci, mi resi conto che a scuola, in realtà, avevo gran pochi alleati. E se ci fosse stata una guerra?
Ma cosa andavo a pensare, una guerra, per chi? Per cosa? Eppure, per un altro sangue puro, tempo prima, ci era già stata una guerra...
Rido. Kuran.
-Yuuki ha ottenuto un solo voto - scherzò Zero, accennando un sorriso.
Lo spinsi per fargliela pagare. -Ehi! Avrò ottenuto solo un voto, ma vedrai, dimostrerò a chi non mi ha votata che sono brava e che credo nei principi pacifisti della scuola.
A mio padre vennero gli occhi lucidi. -La mia Yuuki...- disse, alzandosi dalla sedia. Poi, dolcemente, mi raggiunse e mi strinse a sé. Fu un abbraccio che non mi aspettavo, un gesto che mi colpì nel profondo, anche perché non ne conoscevo la motivazione. Ero un po' cambiata, da quando ero diventata vampira, ma rimanevo pur sempre io...
-A me queste cose fanno venire la nausea - sospirò Zero.
La nausea la fece venire lui a me con quelle parole. Quando era lui ad abbracciarmi...si sentiva nauseato? Io, quando lo sentivo vicino a me, mi sentivo completa, perfetta, sicura. Sapevo che...sì, “il mio dolce fratellino” stava bene, anche se mi odiava, un pochino.
Mi era sufficiente...
Mio padre si staccò da me e guardò Zero con sguardo truce. -Non posso dimostrare quanto bene voglio a mia figlia, Kiryu? - chiese.
Era diventato chiaro come l'acqua, che tra quei due si era spezzato qualcosa. Lo vedevo dai loro occhi, dai loro gesti.
-In ogni caso - riprese mio padre, -volevo solo dirvi che giri di ronda, come potete immaginare, devono ricominciare. Come al solito vi annuncio che ho bisogno di voi; siete gli unici di cui mi possa fidare per cui non deludetemi.
-Anche quest'anno ci dobbiamo ridurre a controllare ogni mossa di quegli individui spregevoli? - la domanda di Zero era stata uno sputo di rabbia.
-Senza giri di parole, sì - rispose mio padre.
Ah, sarei io, l'individuo spregevole. Molto bene, davvero, Yuuki, incassa anche questa. Tanto ormai ci hai fatto l'abitudine.
Per un secondo, mi parve di rivedere lo Zero che cinque anni prima era arrivato a casa mia. Spiazzato, spezzato, ricco d'odio.
-Io, con lei, non faccio la guardia - disse voltandosi e andando via. Sbatté la porta con molta rabbia ed io, come una cretina, rimasi lì a fissare il punto in cui lui se n'era andato.
Mio padre sbuffò. -Invece di andare avanti torniamo indietro...
Non ressi più. Le mie gambe cedettero e fui attraversata da violenti fremiti, prima di cominciare a piangere.
Prontamente, mio padre mi afferrò e mi cullò tra le braccia; insieme ci ritrovammo seduti sul pavimento, io accompagnata dalle lacrime, lui dal rimorso.
-Shh, piccola, shh - mi sussurrava il direttore di continuo. Come potevo rimanere in silenzio? Zero mi odiava. Nemmeno il morso di quel giorno lo aveva reso più docile; anzi, lo avevo allontanato ancora di più.
Forse avrei dovuto smettere di aspettare qualcosa che non sarebbe mai arrivato. Sì, da troppo tempo aspettavo qualche sua parola, un suo semplice tocco che avrebbero potuto mettere la parola fine a quella nostra attuale situazione.
Ma questi non arrivavano mai.
Si limitava a prendermi in giro e io, da buona attrice, rispondevo spingendolo via da me, cercando disperatamente di dirgli: Cristo, non mi vedi? Sono sempre io.
Inutile pensare; tutte quelle cose, lo sapevo bene, avrei dovuto dirgliele.
-Sono sicuro che Zero non pensa tutto quello che ti dice - esordì papà, da buon genitore.
E anche se non c'entrava niente, trovai la forza di dirlo lo stesso. Non so dove la trovai, ma lo feci.
-Papà, mi manca Kaname - dissi con la voce spezzata dal pianto. -Io...lo voglio vedere; anche se per pochi istanti. Lo voglio qui, lo voglio ora; perché non viene? Non capisce che lo perdonerei comunque? Non capisce che...Dio, io lo amo? - Le mie parole erano state cascate di acqua salata, per i miei occhi, che non riuscivano a farsi una ragione di tutto quello che mi stava succedendo. Nulla mi era chiaro; anche se la retta via era scritta davanti ai miei piedi, io continuavo a sbagliare, sempre.
-Tesoro, ti ho chiamata per dirti anche un'altra cosa.
Cercai di calmare i singhiozzi.
Forza.
-Yuuki...
Dimmelo.
-Fra poco dovrò incontrarmi con Kaname. E, te lo assicuro, non sarà...una cosa facile.
E le ombre che il mio cuore aveva celato fino a pochi istanti prima, si fecero sentire in tutta la loro potenza. Dio, mi mancava, mi mancava così tanto da sentirmi scavata dentro a causa della sua assenza, della privazione dei suoi baci, delle sue carezze, del suo sangue e delle sue parole, che erano, almeno per me, quelle giuste.
Sempre.
 
Mary
 
La calligrafia che la lettera custodiva al suo interno era elegante e ben equilibrata. Non sapevo a chi appartenesse, ma in qualche modo, il suo mittente mi piaceva già.
 
Cara Mary,
So che questa lettera ti stupirà alquanto, ma ritenevo fosse arrivato il momento giusto per fartela arrivare. Non ti spaventare, ascoltami, se ne hai voglia, e se credi in te stessa anche solo un pochino.
Intanto, io mi chiamo Kayen Cross e ho ormai quarant' anni suonati. Oddio, così tanti!
Ma non è la presentazione del sottoscritto che ti interessa, per cui, passiamo al dunque.
Sono il direttore di una scuola molto prestigiosa, qui in Giappone, la quale si chiama “Cross Academy”, che, anche quest'anno, come ormai i cinque precedenti, sta riprendendo il suo normale corso, con tutti i suoi giovani studenti che tornano e per me, nuove speranze che arrivano.
Ecco, so che ti sembrerà da pazzi, ma io sarei onorato se anche tu, quest'anno, ci raggiungessi per studiare in nostra compagnia. La scuola è strutturata in modo molto particolare, è lontana, io mi ritengo una persona folle, ma nonostante tutto questo io credo che tu possa raggiungerci. Sono convinto che, se sei arrivata alla fine di questa lettera – e qualcosa mi dice che lo hai fatto – troverai il coraggio di venire fino a qui. So che sei una persona a cui piace arrivare fino in fondo...
Conoscevo tuo padre, piccola, e ancora oggi non riesco a darmi una spiegazione della sua tragica fine, in quanto lo ritenevo una persona forte e saggia. Inutile dirti che non si meritava niente di tutto questo, che doveva rimanere accanto a sua figlia per vederla crescere, imparare ad amare e a scegliere. Di tanto in tanto, sono riuscito a contattare anche tua madre, ma ora che hai diciassette anni, credo che tu sia abbastanza grande per decidere da sola. Per questo mi rivolgo direttamente a te, stavolta. Rimanere nell'ombra non fa per me!
Allegati a questa lettera troverai, dunque, tutti i moduli che ti serviranno per l 'iscrizione. Vedi di non perderli, eh?!
Cosa dirti, io... ti aspetto. Sono vecchio, tesoro, per cui mi auguro che non mi farai attendere troppo a lungo.
Ti abbraccio,
Kayen Cross
 
Le parole di quell'uomo mi avevano riportato a piangere, ma stavolta non di dolore, no, di stupore. Riuscivo a scorgere, dietro quelle righe, un uomo intelligente e dal cuore grande, che forse, finalmente, avrebbe potuto dare una svolta decisiva alla mia vita.
Una luce debole cominciava ormai a illuminare la mia stanza: era finalmente giunta l'ora di alzarsi. Scesi le scale con cautela, e come ogni giorno, trovai mia madre intenta a preparare la colazione. Non ebbi voglia di aspettare più. Desiderai sapere, sapere tutto, perché me lo meritavo, e perché ormai, sì, ero stufa di aspettare.
-Mamma...devo dirti una cosa - cominciai, grave. Senza nemmeno irrompere nella stanzetta con un buon giorno. Servendo le solite uova, mamma mi guardò senza capire.
-Che c'è, tesoro? - chiese con tanta comprensione, quella che era solita rivolgermi per educazione, per semplice automatismo.
Forse si era dimenticata della collana. Ma non importava. No, ora, volevo solo la verità.
-Ho ricevuto questa, ieri...vorrei che la leggessi - dissi porgendole la lettera. -E voglio delle risposte.
Lei, prima la osservò, l'aprì, e piano piano cominciò a leggere.
Quando arrivò a circa metà lettera cominciò a piangere in silenzio.
 
Yuuki
 
-Voglio che tu me lo dica, papà. Dovrai uccidere Kaname? - chiesi preoccupata.
-Yuuki, non penso tu sia abbastanza pronta per affrontare questo argomento - rispose lui.
-No, no no e di nuovo no, merda, papà. - mi impuntai e mi sciolsi dal suo abbraccio. -Lo voglio sapere, ucciderai il nobile Onii–sama? - Mi si riempirono gli occhi di lacrime.
Mi ritrovo a piangere anche se mi ero promessa di non farlo più, per te. Sono una bambina stupida.
-Tesoro...io non posso ucciderlo. Diciamo solo che voglio delle informazioni da lui...e le voglio in qualità di Hunter. Non di direttore, nemmeno di amico, sia chiaro.
Assimilai piano piano ogni informazione. Papà...Hunter? Lui non voleva più essere un cacciatore di vampiri, voleva la pace. Certo, aveva sempre dato una mano all'associazione ma questo non voleva dire che fosse tornato alle origini della sua esistenza...sì, perché un tempo lui era effettivamente un cacciatore. E il pensiero, irruento e veloce, si insinuò nella mia mente.
-Tu...vuoi fermare Kaname -sussurrai. Non era una domanda. Era una certezza che faceva male, lacerava dentro.
Kaname contro Kayen.
Il mio amante contro il mio papà.
-Non lo voglio fermare, piccola... lo devo fermare. E' diverso - mi disse.
Mi alzai in piedi di scatto e andai alla finestra. Guardai fuori, cercando di sbollire la rabbia che si era accumulata in me, ma fu tutto inutile.
Kaname contro Kayen.
Papà mi sfiorò la spalla.
-Non toccarmi - lo ammonii. -Avevi promesso che non ci sarebbero state più guerre, papà. E adesso ne dichiari una tu...a Kaname? - mi voltai per guardarlo meglio negli occhi.
Avanti, reagisci! Rispondi, diamine, voi due avete creato questa scuola; ora volete distruggervi a vicenda?!
-Lui mi ha salvato la vita...- come sempre, la mia eterna devozione per quell'uomo venne fuori senza ritegno, anche quando forse non era opportuna.
Papà mi avvolse il viso con le sue mani calde e morbide. Lo percepii per quello che era, un uomo vero che aveva visto della gente morire e che, in cuor suo, sapeva cosa significava soffrire.
-Nessuno ha dichiarato guerra a nessuno. Io e Kaname dobbiamo parlare e chiarire. Vedi, Yuuki...lui ha dichiarato di voler uccidere tutti i sangue puro, ma se lo farà...-
Ma se lo farà...
Tutti i sangue puro. Tutti.
Io sono una sangue puro.
Papà aveva lasciato il discorso a metà per non ferirmi, ma io fui masochista fino in fondo. Volli sentire pronunciare quelle parole, che, lo sapevo, mi avrebbero lacerata.
-Kaname vuole uccidere anche me. - Le parole erano uscite da sole, come se non fossi stata io stessa a pronunciarle. -Perché io sono una sangue puro.
-Piccola, dubito fortemente che Kaname possa arrivare a ucciderti...
Le parole di mio padre arrivavano da lontano. Mi sembrava che nulla avesse più senso, non in quel momento.
-Yuuki - cominciò Kayen.
-Basta - dissi sorridendo. -Va bene così.
Va bene così, va bene così.
Mi incamminai verso la porta. -Papà...posso essere lasciata sola per un po'? - chiesi voltandomi verso di lui per l'ultima volta.
-Certo, piccola - rispose lui decisamente preoccupato.
Uscii sbattendo la porta. Benché la gola mi bruciasse e gli occhi mi imploravano di piangere, mi intestardii di non farlo, perché volevo imparare a essere più forte. Anche a urlare il mio dolore, questo non sarebbe mai andato via fino in fondo.
Mi mancavano, sì, mi mancavano entrambi.
Mi mancavano i sussurri di Kaname e gli occhi dolci di Zero. Due cose che, tutt'e due, avevano la straordinaria capacità di dedicare solo a me, una ragazzina sciocca e dalla mente confusa.
Debole e distrutta, mi incamminai per andare nella mia stanza. Chissà, forse avrei dormito.
.
.
.
Finalmente non mi sentirò dire più parole perché vi tenevo nascosta la lettera...(ti senti presa in causa, J.? XD)
Scherzi a parte, grazie a tutte quelle che sono arrivate fin qui. Davvero, siete tutte speciali...e se ritardo a rispondere alle recensioni, non arrabbiatevi, vi prometto di tornare costante come un tempo!
A presto,
Vostra
Je <3

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Capitolo 6
*** Justice ***


Capitolo 5
Justice
Mary
 
-Dalla tua reazione deduco che ne sapessi qualcosa - dissi secca. Mia madre sapeva, aveva sempre saputo, ma non aveva mai voluto parlare. Mi stava nascondendo qualcosa? Se fosse stato vero, la mia fiducia in lei sarebbe andata a farsi fottere in un battito di ciglio. Un po', si era già sgretolata e lo avevamo sentito entrambe.
-Piccola...sì. Sì, conoscevo Kayen Cross. Ma...credimi, credimi, tesoro, non sapevo nulla della lettera.
Era già qualcosa. Era già di per sé un buon motivo per fidarmi di quell'uomo, di Kayen, anche se in fondo non lo avevo mai visto, perché un tempo aveva conosciuto mio padre. Mi ritrovai ad essere immediatamente grata a quella persona, che mi aveva sbattuto in faccia una scelta che comunque, prima di tutto, mi avrebbe aiutato a crescere e che avrei dovuto fare.
-Mary...
-Cosa mi stai nascondendo, mamma? Kayen mi vuole dire qualcosa che tu non mi hai mai detto. E con lui, anche la signora Miura.
-Tesoro, ascoltami, ascoltami. Non partire. Sarebbe uno sbaglio, e tu lo sai.
Mi arrabbiai ancora di più. Tremavo.
-Dio, mamma...non partire? Mi hai mentito per un sacco di tempo e ora mi dici di non partire? - Avevo urlato; ed era una cosa che non mi succedeva mai, davvero.
Uno sbaglio, e tu lo sai.
Mia madre mi fece calmare un po', prima di continuare. Sapevo che quella decisione avrebbe fatto male, avrebbe sconvolto la nostra vita, ma io lo sapevo, dovevo andare. Dovevo farlo per me e per papà, soprattutto. Per lui e la sua giustizia.
-Voglio andare. So che sarà difficile, so che mi costerà caro. Ma mi aiuterà a scoprire delle cose su papà.
-Approfondire la sua morte non lo riporterà da noi, tesoro.
Sei innocente.
Era maledettamente vero. Per quanti sforzi potessi fare, papà sarebbe rimasto là dov'era andato. Non l'avrei potuto rivedere né riabbracciare.
Ma...chi mi vietava di fare giustizia? Chi mi vietava di...vendicarmi?
Sei colpevole.
-Dio, mamma, sono la sua unica figlia, ti pare che non mi senta in obbligo di sapere perché e come è morto? - dissi. -Tu non lo vuoi sapere? Non sei...stanca di vivere nel dubbio?
Poi capii. Forse mia madre sapeva, ma non poteva parlare. No, perché voleva tenermi all'oscuro da qualcosa che era più grande di me e di lei.
La collana, improvvisamente, mi riscaldò proprio come aveva fatto quella notte.
-Se ti ho nascosto qualcosa, piccola mia, è stato solo per proteggerti.
-Ti sbagli. Io ho bisogno di certezze.
Lasciai la cucina, troppo veloce per udire le parole di mia madre.
Armata di lettera e con una buona dose di coraggio, andai in garage e presi la bici che mi avrebbe condotto dalla signora Miura. Benché fossi spaventata da quella donna, che ormai ero convinta fosse una strega o qualcosa di simile, sarei dovuta andare e chiederle spiegazioni.
E lei me le avrebbe date, oh sì, che me le avrebbe date.
Una volta arrivata suonai il campanello e nel girò di pochi istanti l'anziana si presentò alla porta.
-Oh, piccola Mary, sapevo che saresti tornata. So che sei una persona a cui piace arrivare fino in fondo...
 
Yuuki
 
Un passo avanti, ancora, dai. Tutto continua ugualmente anche quando tutto, della vita, fa schifo. Me lo hanno insegnato, no? Cadi, fatti male, rialzati. Oh, sì. Lo sentirai il dolore bruciare ancora delle tue ferite ma andrai avanti, perché un motivo per vivere si trova sempre.
O no?
 
Camminavo lungo le strade che mi avrebbero dovuto riportare al dormitorio, silenziose come sempre. Non avevo certo voglia di fermarmi a fare il giro di ronda proprio in quel momento; avevo ben altro a cui pensare. Dopo le dichiarazioni di mio padre, era già tanto che mi reggessi in piedi da sola, con la sola forza delle mie gambe diventate decisamente molli, incapaci di sorreggere il peso del mio corpo. E della mia anima.
Fu un rumore di passi felpati e un risolino a farmi voltare e incontrare due occhioni furbi.
E crudeli.
-Ci rivediamo, Yuuki - mi salutò Sara accennando un inchino. Ormai il sole stava per sorgere, e vederla lì a certi orari mi parve al quanto strano. Innaturale. D'altronde, i vampiri odiavano il sole, no? Io lo ero, quindi lo potevo sapere. Lo ero e lo potevo sapere, lo ero e lo potevo sapere...
-Mi sembri stanca, piccola - continuò con la sua voce incantevole. -Dovresti andare a riposare.
-Stavo proprio andando - dissi fredda.
-Ma come siamo acide...non c'è fretta, Yuuki. Potresti venire con me, ad esempio, e dimenticare quello che hai appena saputo. Posso vedere quanto sei triste...
Davvero, si vedeva? Ero realmente così leggibile? L'unica persona che in vita mia mi aveva detto che per lei ero un libro aperto era...
Sara mi toccò le labbra col suo indice. Fu un attimo, un secondo.
-Vieni con me - disse impercettibilmente. -Dimentica Kaname.
E per un attimo fui sul punto di cederle. Sarebbe stato facile, facile come bere un bicchier d'acqua. Avrei abbandonato il dubbio della figura che avvolgeva Kaname e mi sarei legata, indelebilmente, a un' aura molto più profonda, oscura e lussuriosa. Ma ciò che è dannato ci intriga molto, molto di più di ciò che è casto...
Un fruscio. Un movimento accennato e curato, un proiettile che viene caricato troppo velocemente. E' lui, non ho dubbi a riguardo.
-Non toccarla.
Zero. Sì, era lui.
Fui svegliata da quell'incantesimo maligno e strattonata via con forza. Ora, il mio corpo aderiva a quello del guardiano, che con occhi assassini puntava la sua Bloody Rose contro Sara.
Sara Shirabuki, diamine.
-Ma dico Zero - cercai di dimenarmi, -sei impazzito?
La sua reazione fu quella di stringermi ancora di più.
-Non voglio più vedervi qui in queste ore. Il coprifuoco per la Night Class è scattato da un pezzo, dovreste essere a dormire.
-Zero Kiryu, giusto? Tolgo il disturbo. Beh, posso dirti una cosa? Hai degli occhi meravigliosi...
Ebbi una fitta allo stomaco che non seppi descrivere. Che cos'era? Di sicuro era ribrezzo. No...era, come dire...
Non avrebbe mai, mai toccato Zero. Non lo avrebbe mai fatto, no. Io lo avrei difeso, a costo della vita, era una promessa.
-Ero convinto che i vampiri soffrissero al sole - si limitò a rispondere Zero.
E come era venuta, Sara se ne andò. Zero abbassò l'arma, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di allontanarsi dall'altro. Forse solo il contatto, a me e al cacciatore, faceva bene. Mi bastava sentire la mia schiena appoggiata al suo petto per ripetermi è qui, è vivo, è vicino a me.
-Non c'è bisogno che punti la tua Bloody Rose contro di lei. Lo sai che cos'è - dissi guardando per terra.
-Diciamo che se non lo avessi fatto, ora saresti una delle sue tante marionette.
Mi girai e lo guardai negli occhi. Eravamo talmente vicini, che un semplice gesto folle ci avrebbe uniti per sempre.
Se ora mi arrampicassi sulle tue spalle e ti baciassi non so cosa potrebbe accadere. O forse lo so, ma in ogni caso non lo faccio, per lo stupido orgoglio e perché con un bacio ti sporcherei l'anima.
-Prima mi liquidi con delle parole orrende e poi mi salvi. Zero Kiryu, lasciati dire che la coerenza non è proprio il tuo forte - dissi cercando di essere più pungente possibile.
Sul suo volto si disegnò un ghigno indecifrabile. -Io non ho mai cambiato idea, Yuuki. Te la ricordi, la mia promessa? - chiese facendo scorrere la Bloody Rose velocemente di nuovo nella sua mano. Caricò il colpo ma lasciò l'arma bassa.
-Certo che me la ricordo - risposi senza paura. Non ne avevo davvero. Mi limitavo a fissare i suoi occhi e lasciarmi portare via un pezzetto di me da lui, come sempre.
-Io, tecnicamente, dovrei ucciderti. E tuo padre, da brav'uomo qual'è, mi chiede di svolgere il ruolo di guardiano con te, di nuovo. Yuuki... è inutile che le persone attorno a noi si ostinino a cercare un modo per avvicinarci, quando la nostra natura, inesorabilmente, ci costringe a respingerci.
Io non provavo repulsione, per lui. Anzi, quando avevo assaggiato il suo sangue non avevo sentito il sangue di un nemico...avevo sentito che sapeva di uomo, di segreti, di vita spezzata e di cuore infranto. La maggior parte del dolore che Zero provava glielo avevo inferto io; fatto stava che però ora ero lì, davanti a lui, perché volevo esserci e perché effettivamente credevo ancora in una parolina semplice. Noi.
Perché nulla è mai stato più bello e più semplice di quando potevamo dire di essere solo noi.
Inaspettatamente, con una mano timida andai ad afferrare la sua giaccia e la strinsi forte. Con l'altra, accarezzai il suo polso gelido, e, non vedendo alcun rifiuto, mi infiltrai nella sua mano e afferrai la pistola.
-Gettala - dissi dolcemente. Lo guardai con sguardo sicuro, in modo che potesse sapere che non lo stavo controllando. Volevo che da solo capisse che, a dividerci, non sarebbe servita un' arma. Non sarebbe servito nulla. Eravamo solo noi, solo noi, a farci del male.
Fece cadere la pistola e, al rimbombo di essa che si schiantava al suolo, le farfalle mi invasero lo stomaco. Si fidava di me. Credeva in me, nella sua piccola Yuuki.
-Oh, Yuuki - disse appoggiando la sua fronte alla mia e chiudendo gli occhi.
Qualunque cosa avesse voluto in quel momento, io gliela avrei data. Che si trattasse del mio sangue, delle mie labbra o del mio corpo...ogni cosa che potevo offrirgli sarebbe stata sua.
Avvicinò le labbra alle mie, le schiuse, e io, ormai in preda al panico e troppo inebriata per capire, chiusi gli occhi.
Non arrivò niente.
Percepii il suo alito caldo spostarsi dalla mia bocca ai miei capelli; lo sentii appoggiarsi leggermente a me e darmi un leggero bacio sul capo.
-Scusami - furono le parole che, giurai, sentii uscire dalla sua bocca.
Quando si staccò da me ebbi tanto freddo e riaprii gli occhi. Il sole era definitivamente sorto e si preannunciava un giorno molto caldo. Come caldi erano i punti di me stessa che Zero aveva toccato poco prima. Si voltò e, senza aggiungere altro andò via, lasciandomi vuota e distrutta. Ogni volta che mi toccava mi scavava dentro, ma io non scavavo mai dentro di lui. Per la seconda volta, Zero aveva tentato di baciarmi e si era tirato indietro.
Lo sai, Zero, che se quella sera mi avessi baciata, ai piedi di quel divano sudicio, il mio primo bacio sarebbe stato tuo? Ma infondo io so che il tuo primo bacio è stato mio comunque. E' arrivato più tardi, nel concludersi di una battaglia che ci ha visti separarci.
Ma non importa perché sono qui e ho freddo e ho fame di te ma tu scappi e io mi dispero...
 
Pensai a Kaname e a che cosa stesse facendo. Se magari mi aveva vista o se immaginava che lo stessi aspettando, senza agire e senza sentirmi morire dentro.
Io mi fidavo del mio Pricipe. Ma cominciavo a pensare che la fiducia, per essere concessa, dovesse anche essere guadagnata. E se Kaname Kuran voleva veramente porre fine alla mia vita...
Basta, basta. Sei tu la mia scelta e sei tu la mia vita. Ma, Kaname, posso dire
Cominciai a piangere.
...che sto morendo perché non posso più vederti, più sentirti e toccarti?
Ho bisogno di te.
 
Mary
 
-Intanto vorrei sapere chi è lei e perché aveva una cosa mia. - cominciai con un tono alto e rabbioso. La signora Miura mi afferrò per un braccio e mi costrinse a entrare. -Tesoro, dirti chi sono ora non avrebbe molto senso, non capiresti. Ti basti sapere che sono una delle poche persone di cui ti puoi fidare, e...che conoscevo tuo padre.
Mentre rimasi imbambolata a fissarla nell'ingresso della sua casa, obaasan cominciò a spegnere tutte le luci e ad chiudere tutte le finestre, impedendo ad ogni tipo di luce, naturale o artificiale che fosse, di illuminarci.
-Se ti stai chiedendo perché tua madre non ti ha mai parlato della collana, o di tuo padre, sappi che la risposta è molto semplice. Voleva nasconderti la verità; ma ora che questo non è più possibile, perché stai diventando grande, direi che è ora di infrangere il mondo di cristallo nel quale sei stata costretta a vivere e di farti sapere un po' di cose.
A mio malgrado mi condusse, silenziosamente, in camera sua.
-La verità non si può più nascondere, Mary. Finalmente l'hai scoperto - disse chiudendo la porta.
-Rammenti tutto quello che ti dicevo l'altra volta?
-Certo che me lo ricordo. Ma anche io le avevo fatto una domanda - dissi con voce ansante.
-Oh, Santo patrono. Il ciondolo ce lo avevo io perché tua madre lo aveva affidato a me. Punto.
-Ma perché? - chiesi incredula.
-Perché, santo Iddio, lei voleva proteggerti. In poche parole non voleva che il ciondolo ti arrivasse. E sai perché? Perché è l'unica cosa che può farti scoprire chi sei, tesoro mio.
C'era pochissima luce, nella stanza, e ciò mi incuteva timore. Certo, obaasan rimaneva una vecchietta, ma c'era qualcosa in lei che mi allarmava: no, non era una strega, ma doveva avere per forza qualcosa di speciale, qualcosa che la differenziasse dagli altri.
Dal momento in cui lo avevo ricevuto da obaasan, in qualche modo, sapevo già che il ciondolo potesse ricondurmi a mio padre. Mi aveva fatto già ricordare com'era morto, e mi aveva anche fatto vedere quelle cose spaventose al cimitero.
In qualche modo, mi aveva già aiutato moltissimo.
E ora...Obaasan mi aveva appena detto che mi avrebbe fatto scoprire chi ero veramente.
-Chi sono Obaasan?
-Tesoro...lo devi scoprire tu. E' per questo che ti ho dato il ciondolo.
Ero confusa, confusa e... stanca. Ma avevo capito ugualmente. Avevo capito che sì, in me qualcosa non andava.
-Mia madre...mi ha mentito per tutto questo tempo, dico bene? Nascondendomi un oggetto che mi apparteneva e che mi avrebbe potuto aiutare. - Obaasan mi lasciò riflettere. Certo, ogni mio dubbio era stato chiarito. Mamma se ne era letteralmente lavata le mani, della morte di mio padre, nascondendo l'unico oggetto che avrebbe potuto ricondurmi a lui.
-L'altra volta non mi hai creduto - disse l'anziana. -Cosa ti ha fatto cambiare idea, cara? Oltre a tutto quello che ti ho detto oggi, intendo.
-...Ieri, una volta terminata la lezione, io, Hannah e mia madre siamo andati al cimitero. E mentre osservavo la tomba di mio padre, ho visto...qualcosa. - Sul volto di obaasan si dipinse un sorriso sghembo; nonostante la poca luce lo distinsi bene.
-Cosa hai visto? - chiese lei.
-Buio. C'era tanto buio e...sulla tomba di mio padre ho visto formarsi questo simbolo - affermai prendendo tra le mani la collana. -Poi...ho sentito una voce. E mi crederai pazza, obaasan, ma credimi se ti dico che quella era la voce di mio padre.
Obaasan ascoltava senza parlare, mettendomi a mio agio. La sua tranquillità e saggezza mi permisero di raccontarle tutto quello che mi era successo da quando non la avevo più vista; dalla scottatura di mia madre, arrivai alle preoccupazioni di Hannah e le parlai del sogno.
-Mary, è chiaro che sia stato il ciondolo a farti ricordare quella notte. Mi avevi sempre detto che non ricordavi nulla.
-Infatti è vero, obaasan. Io non ho mai ricordato nulla della sua morte, benché fossi presente.- la voce mi si spezzò in gola.
I tasselli della mia vita si stanno ricomponendo e non so se sono abbastanza pronta per affrontare tutto questo. Mia madre mente, mio padre non c'è. C'è solo una anziana donna che lo conosceva e un uomo che mi aspetta dall'altra parte del pianeta.
Sento che la mia vita si sta spezzando, e non posso fare niente, niente, cavolo, per impedirlo.
 
-Ora che ricordi...per cosa è morto, tuo padre?
-Vampiro - mormorai. Era assurdo, era tutto tremendamente assurdo e rivoltante ma vero: mio padre era stato ucciso da un vampiro.
-Sì, Obaasan, ora lo ricordo distintamente. Mi ricordo i canini del mostro e il sangue di mio padre...
Cominciò a mancarmi l'aria. Le mia ginocchia cedettero, ma obaasan, prontamente, mi sorresse e mi portò in cucina. Come era solita fare quando io e Hannah andavamo là a studiare, mi preparò un tè caldo.
-Tesoro, inutile dirti che non è vero quello che mi hai detto, perché sarebbe solo una bugia.
Ed io sono stufa di vivere di bugie.
-I vampiri non possono esistere - dissi secca. Era una realtà semplicemente assurda e anche se avevo avuto la prova palese della loro esistenza, quel pensiero ripugnante si rifiutò di essere assorbito da parte mia.
Obaasan mi porse il tè e cominciai a sorseggiarlo avidamente. Avevo bisogno di brandelli di calore, volevo fondermi in loro e dimenticare chi ero. Finito di bere riaprii gli occhi, ma sfortunatamente, nulla era cambiato.
-E se invece fosse tutto vero? - chiesi piano. Non credevo ce l'avrei fatta.
-Sai che c'è, Mary? Sei una ragazza forte. Supererai tutto. E in cuor mio so che sai già come farai.
La soluzione ai miei problemi mi era stata posta su un piatto d'argento. Raccontai così alla signora Miura della lettera e di Kayen Cross.
-Oh, Mary. Io lo so, che partirai. Lo so già - disse cingendomi le spalle e sorridendomi.
-Sì, penso anche io, che lo farò.
Mi fidai di quella donna fino in fondo. -Questo Kayen Cross...secondo te può aiutarmi?
-Oh, Mary, lui e il suo mondo saranno capaci di aiutarti molto più che di me e di tua madre.
Con una lacrima che minacciava di scendermi amara, strinsi le mani di obaasan, le sorrisi e decisi, una volta per tutte, di partire.

.

.

.

Mi ostino a voler pubblicare, anche se il capitolo continua a non convincermi. Non mi ha convinta quando l'ho scritto tempo fa e penso che non lo farà mai, per cui può bastare così!
In ogni caso carissimi vi saluto, domani parto per il mare. Volevo lasciarvi un pezzettino di me prima di andare via! Mi mancherete <3 Ma appena torno ci sentiamo, promesso.
Propositi per il mare? Abbronzarmi, trovare ispirazione per nuove storie, e chi lo sa...innamorarmi! Si, Je, aspetta e spera XD
Un bacione a tutti,
Vostra
Je <3

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Capitolo 7
*** You will discover who you are. ***


Capitolo 6

You will discover who you are.

Mary
 
-Ma forse tu non ti rendi conto. In Giappone, Mary, in Giappone - mi ripeteva Hannah, ormai da mezz'ora. Mia madre l'aveva chiamata non appena si era accorta che volevo veramente partire, e, ovviamente, la mia migliore amica era accorsa senza farselo ripetere.
Ebbene sì, cazzo, signore e signori, per una volta nella sua vita Mary Endo fa sul serio.
-Devo andarci. Punto. - dissi con un tono che non ammetteva repliche.
-Ma non pensi a tua madre? Rimarrà sola...
Smisi di fare la valigia e mi sedetti sul letto, ormai stracolmo di vestiti e cianfrusaglie varie. -Hannah - cominciai, -mia mamma è una donna forte e accetterà la mia partenza. Questo...Kayen Cross conosceva mio padre e può aiutarmi a risolvere tante cose sulla sua morte...
E su me stessa.
-Di sicuro tua madre lo conosceva più di lui - mi interruppe la mia amica. Mi stava provocando?
La fissai alzando un sopracciglio. Lei non sapeva niente, ma proprio niente. E benché fosse bizzarro che mi stessi fidando di una vecchietta un po' pazza, lei avrebbe dovuto capirmi e appoggiarmi. Non potevo dirle tutto, non ora, perché l'avrei uccisa e l'avrei perduta. Entrambe le soluzioni sarebbero state impossibili, per cui parlai con cautela.
-Ho discusso con obaasan del ciondolo e della lettera, e lei mi ha confermato che le due cose non sono semplici coincidenze. Andare in quell'istituto ora, dove c'è quella persona, è l'unico modo che ho per venire fuori da questo casino. - La spiegazione del mio stato d'animo faceva piuttosto pena, ma non potevo davvero scendere nei particolari.
Mi alzai e la strinsi forte a me. Inaspettatamente, cominciai a piangere sopra la sua spalla. -Tesoro, sta succedendo tutto così in fretta che neanche io, sinceramente, ci sto capendo niente. Ma Dio mio, sento che questa è la cosa giusta e che devo partire. Lo so da quando ho letto le parole di quella maledetta lettera e ne ho avuto conferma da obaasan, oggi. Ho paura, ne ho tantissima ma devo comunque andare, perché, come ripeto a te, mio padre ha bisogno di giustizia e io ho bisogno di sapere chi sono.
Hannah mi strinse a sua volta. -C'è qualcosa che non puoi dirmi e lo capisco. Ma sappi...che io crederò sempre in te. E ora che so le tue ragioni, credo nella tua scelta.
Quello non era un addio. Lo potevo sentire chiaramente dentro di me; era un semplice arrivederci, una promessa fatta tra amiche che non si dimentica, no.
-Scrivimi - ordinò. -Raccontami tutto quello che ti succede e ti prometto che ti lascio andare.
-Lo farò - promisi.
 
***
 
Qualche ora dopo Hannah se ne andò, procurandomi qualche lacrima di troppo.
La più difficile da gestire si dimostrò mia madre, che ogni due per tre mi stava con il fiato sul collo per convincermi a rimanere a casa. Nella sua voce sentivo una vena di disperazione: stava cercando con tutta sé stessa di farmi rimanere lontana dalla verità? Appena avrei potuto sarei partita, e non sarebbe stata lei a convincermi a non farlo.
-Stai correndo troppo - disse mia madre mettendosi tra me e la valigia, la sera tardi di quel giorno che mi era sembrato infinito. -Hai deciso oggi di partire e già fai le valige.
Mi scansai da lei e infilai in valigia l'ultimo paio di jeans che mi rimaneva da mettere. Senza nemmeno badare a mia madre, ripassai mentalmente tutto il mio guardaroba per essere sicura di non aver dimenticato nulla. Ma quella donna fece talmente tanto chiasso da distrarmi.
-Tesoro, ti prego, non partire. Non so più come chiedertelo...- implorò.
Particolarmente incazzata, gettai in qualche modo un completo intimo sopra il letto. Ero su di giri e pronta ad arrabbiarmi con chiunque, per colpa sua. Per colpa di mia madre.
-Mi hai mentito per tutto questo tempo. Ora lascia che parta e che ritrovi il mio passato da sola - puntualizzai. -Hai recitato alla perfezione nel ruolo della madre iperprotettiva; ma la sottoscritta si è stufata di stare alle regole di uno sciocco copione.
Mi stupii di riuscire a trovare, in me stessa, una tale acidità, soprattutto verso mia madre. Ma mi aveva mentito, e lo aveva fatto spudoratamente per diciassette anni.
-Ho sbagliato, è vero, piccola mia - disse mia madre raccogliendo mutandine e reggiseno, stropicciati in qualche maniera. -E ti chiedo scusa.
La fissai e respirai profondamente. Adoravo quello, della mia mamma. Lei sapeva ammettere di aver sbagliato e chiedeva scusa, sempre. Non come quelle persone che vanno avanti con i para occhi, convinti della loro “onnipotenza” nell' aver sempre ragione.
-Un semplice scusa non basta - dissi sforzandomi di non sorridere. -Lasciami partire.
Sapevo che, se invece di sua figlia fossi stata una sua amica o un uomo qualsiasi, mia madre mi avrebbe detto “stronza”. Un po' lo ero stata.
-Promettimi solo che tornerai e che ci rivedremo - mi impose.
Cedetti al fascino di quella bella donna e sorrisi, un sorriso che spezzò in due la tensione che si era creata e rese l'atmosfera più leggera. -E va bene, se proprio mi tocca...
 
I giorni passarono in fretta, e la data della partenza si avvicinava, violenta. Io, mia madre e Hannah passammo una settimana di inferno per cercare un fottutissimo biglietto per Tokio, che trovammo addirittura ad un prezzo esorbitante. Mia madre voleva essere sicura, poi, che una volta arrivata in aeroporto avrei trovato il modo di dirigermi in accademia; io le avevo detto che non ci sarebbero stati problemi, visto che, fino a prova contraria, Tokio rimaneva la famosissima capitale del Giappone e che un taxi l'avrei rimediato, magari.
La sera prima di partire organizzammo una piccola cena con tutti i miei parenti. Cucinai io, e tutti mi riempirono di complimenti. Molti cercarono di persuadermi a partire, ma io rimanevo fissa sulla mia decisione. Quella sera invitammo anche Hannah e la signora Miura, che entrambe gentilmente portarono un dolce preparato da loro, che io gustai con piacere.
Avrei giurato, a un certo punto, che obaasan e mamma stessero parlando a bassa voce in cucina, indisturbate. Anche se non potevo sentire quello che si dicevano, avevo intuito che mia mamma era piuttosto arrabbiata. Era chiaro che desse a obaasan la colpa della mia decisione repentina.
Benché quella serata si dimostrò ricca di addii, mi resi conto di essermi divertita tanto. Il momento più difficile fu quando dovetti salutare Hannah, che aveva ormai cominciato a piangere da un bel po'. Le promisi nuovamente che le avrei scritto e che, in qualche modo, ci saremmo sentite. Non avevo idea di dove stavo andando e anche se avevo una paura folle, ormai indietro non sarei tornata più.
Arrivò poi il turno di obaasan che, con le sue dolci parole, mi rassicurò subito. Morivo dalla voglia di sapere perché sapesse tutte quelle cose, ma avrei dovuto aspettare molto, per chiederglielo. Con una, però, non resistetti.
-Obaasan, tu sei...una strega? - le chiesi. Mi vidi con i suoi occhi e immaginai di essere una bambina innocente, colta in fragrante mentre ruba le caramelle e le mangia di nascosto.
-Oh, no, piccola Mary. Mi piacerebbe tanto, ma no.
 
Quella notte, ovviamente, non dormii.
Il mattino dopo feci colazione con comodo e mi vestii leggera. Preparai il bagaglio a mano alla perfezione sempre non correndo, visto che l'aereo sarebbe partito a mezzogiorno. La tensione era cresciuta durante la notte e adesso non potevo più nascondere l'adrenalina che mi assaliva ogni volta che pensavo alla mia destinazione. Non capivo più se ero giusto o sbagliato, sbagliato o giusto. Comprendevo solo che dovevo andare e aspettare una risposta.
Quando salii in macchina con mia madre e vidi la mia casa farsi sempre più piccolina all'orizzonte, un'inaspettata lacrima trovò posto nei miei occhioni color del ghiaccio. Stavo per cambiare vita, lo stavo facendo davvero e mi sentivo scombussolata. Scombussolata e infinitamente giovane.
Non avrei più dovuto pensare agli orribili individui con i quali andavo a scuola. Con quegli stronzi dell'ultimo anno che volevano solo una cosa da noi ragazze, con quelle oche che ogni giorno occupavano i corridoi per prendere in giro i professori. Sapevo già, anche prima di arrivare, che il posto in cui sarei andata era diverso. Era la lettera di Kayen Cross, che ormai avevo imparato a memoria, a darmene una certezza fondata.
Se c'era qualcuno per cui potevo avere dei rimpianti, quella era Hannah, che mi era sempre stata vicina. E mia madre, benché mi avesse tradito, mi avrebbe uccisa, più avanti, perché mi sarebbe mancata da morire e io lo sapevo già.
 
-Tesoro - mi disse fermandosi all'improvviso. Avevamo appena depositato i bagagli e ora avrei dovuto dirigermi al check–in. Era arrivato il momento di andare.
Mi abbracciò forte e io mi persi in quel immenso abbraccio che sapeva essere così caldo, solo con me.
Ti sto lasciando sola.
-Scoprirai chi sei - mi sussurrò tra i capelli.
Li sentii inumidirsi e mi si strinse il cuore a pensare che, la mia adorabile e svampita mamma, stava piangendo per me. Ero sempre stata convinta che i genitori non potessero piangere; come una sorta di tabù. Sì, perché di solito eravamo noi figli, a piangere, non loro. Loro consolavano e basta.
-Ciao, mamma - dissi con una voce spezzata. Mi staccai e le sorrisi, accarezzandole di nuovo i capelli. -Ti voglio bene - E mi voltai una volta per tutte, dirigendomi a passi felpati verso quello che era l'inizio di un nuovo cammino.
Prendo il volo. E' assurdo ma sono qui.
Papà, tu che sei un angelo...stammi vicino e fammi volare insieme a te.
 
Yuuki
 
Una volta tornata in camera mia, chiusi tutte le finestre e cercai di dormire un po'. Ovviamente non mi fu possibile.
Continuavo a pensare al bacio di Zero sulla fronte, così caldo e perfetto da parermi irreale. Ma era stato così poco...così poco, in confronto a quello che volevo ricevere da lui. Io ne volevo di più, ne volevo di più...
Inaspettatamente mi ritrovai a sognare. Ero in piedi, di fronte a una stanza che mi sembrava particolarmente familiare. Mi ci volle un secondo buono, ma compresi che mi ritrovavo nella stanza di Kaname, che si trovava non molto distante dalla mia, tra l'altro.
Era buia e incuteva un certo timore. Ci ero stata pochissime volte, ma in quei pochi attimi avevo imparato tutto a memoria. L'ampia e lussuosa scrivania, la finestra che dava sul cortile principale. Tutto, ma proprio tutto, in quel luogo, mi riportava alla mente il mio Nobile Kaname. Piano piano, percorsi qualche metro e mi affacciai alla finestra. Immaginai quante volte il mio principe mi aveva guardata da lassù, senza farsi vedere da me che ancora ero umana...
-Da allora non sei cambiata molto, piccola Yuuki - disse qualcuno. E quella voce melodica, soppesata e profonda mi fece sussultare. La conoscevo bene, la avevo imparata a memoria, l'avevo sentita arrabbiarsi per una sconfitta, incrinarsi per amore e per tristezza. L'avevo fatta mia.
Mi girai e andai a scontrarmi con due magnifici occhi cremisi che mi scrutavano ammirati. Io ero la sua dea. Rivedere i suoi lineamenti perfetti mi costò un certo sforzo e mi ritrovai ansante, e con il cuore a mille.
Kaname Kuran si trovava di fronte a me e mi fissava. Il mio amante, il mio tutto mi guardava con occhi supplichevoli e dolci. Notai che però, il mio principe era triste.
Mi resi conto solo allora di quanto quell'uomo mi mancasse. E poco mi importava che aveva ucciso il padre di Hanabusa; io lo volevo, in quel momento e così.
Con una mano timida, mi carezzò il viso, e io mi lasciai toccare. Andava piano; sembrava dovesse riabituarsi a me, alle mie reazioni e ai miei sussulti. Solo quando ormai mi aveva avvolto il viso con le mani e si era praticamente fuso in me solo con lo sguardo, trovai la forza di parlare.
-Kaname, tu non hai la minima idea di quanto mi sei mancato...
Le mie parole furono interrotte dal suo indice che si fermò sulle mie labbra. Appoggiò il suo viso al mio, e, a pochi millimetri delle mie labbra, mi sussurrò: -Non parlare, Yuuki. Non parlare.
E mi baciò. E non lo fece con dolcezza, lo fece divorandomi le labbra, facendomi sentire completamente sua. Tutto ciò che molti avevano detto su di lui, cioè che era un assassino e che avrebbe voluto uccidermi, ad un tratto mi sembrò insignificante. Lì e in quel momento c'eravamo solo noi, il nostro bacio e il nostro desiderio folle di imparare di nuovo ad assaporare l'uno il gusto dell'altra.
Kaname non fece fatica a prendermi tra le braccia. Avvolsi le mie gambe alla sua vita, e mi lasciai portare sul divano che si trovava a pochi metri da noi.
Sempre baciandomi, il mio principe mi poggiò su di esso e si mise a carponi sopra di me. Potevo sentire il suo desiderio sotto le mie mani, che ora si erano posate sulla sua camicia e la stringevano forte al livello del petto.
Ad un trattò si fermò, e mi guardò con espressione indecifrabile. Mi baciò di nuovo, ma questa volta molto timidamente, e io mi sentii impazzire. Con il viso si spostò sul mio collo e cominciò a lasciarmi dei piccoli baci, che mi parvero incandescenti. Tutto di lui era caldo, mi riscaldava, mi teneva tremendamente attaccata al suo corpo e alla mia stessa vita.
-Yuuki - mi chiamò. E lo fece ancora ancora, facendo diventare liquido il mio desiderio di lui che piano piano si spostò giù, giù...e mi sentii sporca ma anche tremendamente innamorata.
Il mio principe mi osservò di nuovo, facendo oscillare lo sguardo tra i miei occhi e la mia giacca. Entrambi, decidemmo all'unisono che questa era inutile e così me la feci sfilare delicatamente. I baci di Kaname stavano diventando sempre più brucianti, e io mi sentivo ardere dentro per colpa sua. Solo per colpa sua.
-Voglio il tuo sangue adesso - disse fissandomi con occhi ormai diventati sfere rosse fuoco. Rosse solo come le fiamme dell'inferno potevano essere. Senza esitare, si avventò sul mio collo, ma prima di mordermi preferì leccarlo delicatamente. Odiavo e amavo questo suo modo di fare, perché mentre mi faceva attendere io mi dimenavo, immersa in un mondo dove gli unici padroni sono i sentimenti. Poi finalmente morse, con cautela, e bevve, e io non potei fare a meno di gemere e mordermi il labbro, per non rischiare di rovinare quel momento. Il Nobile non aveva mai bevuto così, non mi aveva mai trattata così; ed io ero schiava del nostro piacere che si era fuso e si era abbandonato nei nostri corpi per diventare unico.
Al piacere delle sue labbra che succhiavano avidamente, si aggiunse anche la sua mano che, inaspettata, arrivò ad accarezzare il mio interno coscia. Prontamente, con la mano che non era occupata a stringergli i capelli per aiutarlo a bere, lo bloccai.
Mi sentii letteralmente sciogliere quando Kaname smise di bere, e con le labbra ancora sporche del mio sangue mi baciò. Invece di rimanere intimorito dal mio gesto, strinse la mano che avrebbe dovuto fermarlo e cominciò un gioco che mi spaventava, ma che non vedevo l'ora di provare.
Aiutati dai movimenti dei fianchi e guidati da Kaname stesso, toccammo la mia pelle nel suo punto più delicato, dove c'era il l'origine di tutto il piacere, e, insieme, gememmo appagati. Avrei voluto esortarlo a continuare, avrei voluto, voluto...
Ma avevo sete. Avevo bisogno del suo sangue in modo disperato e lo volevo subito. Kaname accennò un nuovo movimento, io inarcai la schiena e mi aggrappai disperatamente a lui. Stavo per cadere, lo sentivo, stavo per cadere...
-Kaname - lo chiamai con voce spezzata da un piacere che non avevo mai provato.
-Bevi, bevi il mio sangue, amore mio - e mi aiutò a cambiare posizione. Ora ero io seduta sopra di lui, i capelli arrivavano al suo petto e le mie manine stringevano la sua camicia.
-Vorrei che tutto questo fosse vero - gli confessai.
Lui strinse le mie mani, le porto alle labbra e le baciò.
-Chi ti dice che non lo è, piccola?
Poi, come mi aveva insegnato a toccarmi, prima, mi insegnò a spogliarlo. Compimmo insieme la difficile apertura dei bottoni della sua giacca bianca, - io sorridevo sotto i baffi perché non ero per niente sensuale - e una volta completamente slacciata, mi lasciò andare. Sarebbe mancata solo la canotta nera sotto, ma io non avevo voglia di aspettare. Stupendomi di me stessa, lo baciai con passione, e, senza esitare, afferrai la maglietta pronta per tirargliela via.
Lo sentii sorridere sulle mie labbra. -Mi vuoi, piccola Yuuki? Perché anche io ti desidero con tutto me stesso. - Nella sua voce avevo distinto chiaramente desiderio ed eccitazione.
-Sì - dissi semplicemente.
Gli sfilai la canotta dal collo, staccandomi dalle sue labbra e tornando dritta a sedere su di lui.
Quello che vidi dopo mi fece rabbrividire. Kaname non c'era più.
Al suo posto, c'era Zero.
Era a petto nudo, sotto di me, ed io tenevo in mano la sua camicia, che sapeva tremendamente di lui...di lui, diamine...
-Yuuki.
Yuuki.
Non...non può essere
-Amami, Yuuki- disse afferrandomi i polsi. Mi sentivo strana e scombussolata. Niente aveva più senso, quel sogno era troppo reale, troppo mio.
Vidi i suoi occhi addolcirsi e diventare impotenti. Era forse spaventato, il mio piccolo Zero?
Amami, Yuuki.
Prendendomi il viso fra le mani, si alzò a sedere e in un attimo mi ritrovai a pochi centimetri da lui. Mi resi conto che lo volevo con tutta me stessa, con tutto l'ardore che avevo in corpo, Dio mio. Ma come avrei potuto toccarlo, o anche solo pensare di farlo mio?
Ero così combattuta, e mi sentivo spezzata a metà, divisa...
Zero...non senti quanto ti desidero?
Mi sfiorò le labbra con le sue e mi guardò, subito dopo, arrestandosi mentre stava per cedere e trascinarmi nel vuoto insieme a lui. -Dimmelo, Yuuki. Voglio sentirtelo dire, quello che pensi.
Non capivo.
-Dimmelo.
Mi svegliai urlando.
.
.
.
Toc Toc? Ma chi si rivede, finalmente, direte voi!
Ebbene sì, sono tornata. E dopo essere tornata non potevo non fare a meno di venire qui e pubblicare un nuovo capitolo, anche se in ritardo. Sto cercando il più possibile di mantenere l'uscita di un capitolo a settimana, ma a volte mi è difficile. Cercate di capirmi e di perdonarmi!
Allora allora...il sogno di Yuuki sarà vero o solo un'illusione? In realtà non lo so nemmeno io. Kaname mi chiede insistentemente - con i suoi occhi che bruciano - di dirvi che è tutto vero, ma io storgo il naso.
Sta buono, Kaname, ti prego.
Quindi decidete voi, io non mi offendo.
Grazie a tutte quelle che mi stanno seguendo. Ci siamo, la parte iniziale e “separata” sta per concludersi. Non vedevo l'ora...**
A presto,
Vostra
Je <3

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Capitolo 8
*** L' accademia Cross ***


Capitolo 7

L'Accademia Cross

 

Non posso aspettare per vivere tutta la mia vita con te.

Voglio semplicemente baciarti e farti mio, adesso.

 

Yuuki

 

Mi alzai dal letto con il cuore ancora palpitante, cercando di capire se il mio corpo era completamente pronto a svegliarsi o meno. La testa mi pulsava e in me stavano crescendo angoscia e inquietudine.
C'era qualcosa che non andava.
O no, meglio, c'era qualcosa che non andava nella scuola. Sentivo il bisogno di andare a colmare quel vuoto che c'era in me, perché, ero sicura, quel sogno un significato lo aveva avuto.
Mi diressi correndo affannosamente verso quella che era stata la stanza di Kaname. Sentivo con tutta me stessa che dovevo andare lì, era una convinzione mia, e basta.
E basta.
Quando le fui di fronte, spalancai la porta, e rimasi a bocca aperta.
Mio padre, Zero e Yagari si girarono all'unisono verso di me e io cominciai a capire. La finestra della stanza di Kaname era aperta, il vetro di essa rotto e tutto era stato messo in disordine.
-Yuuki, piccola mia - mi chiamò mio padre.
Qualcuno è stato qui.
-Lo ha percepito - disse Yagari.
-Probabile, sono entrambi vampiri purosangue e...Ahia, cavoli, Yagari, fai piano, fa male! - imprecò mio padre.
Mi accorsi solo dopo di che cosa i tre uomini stessero facendo. Zero, muto come al solito, perlustrava la stanza lanciandomi qualche occhiata preoccupata di tanto in tanto. Yagari era intento a medicare mio padre, che sembrava avere una ferita profonda al braccio...
Solo allora lo sentii, quell'odore metallico e buono che risvegliava ogni mio senso e che mi faceva stare allerta.
Molto sangue era stato perso.
-Cosa è successo? - trovai il coraggio di chiedere. Ma tutti e tre si limitarono a guardarmi e io rimasi, come al solito, senza risposta. -Ti hanno ferito, dire...ehm, papà? Ditemelo!
Cominciavo a sentirmi strana. Il sogno mi aveva stordita parecchio, e quell'odore di sangue fungeva da istigatore della mia sete, che ultimamente era ogni giorno più incontrollabile.
Poi ci fu un rumore sordo. Era stato Zero, che dalla rabbia aveva lanciato un pezzo di vetro nelle profondità della stanza.
-Diteglielo, dannazione. Diteglielo almeno si rende conto del casino in cui ci troviamo.
Aveva parlato con una voce resa roca dalla rabbia. Era così diverso dal ragazzo che nel sogno aveva tentato di...
-Penso che in effetti se lo meriti - irrompé Yagari. -Vedi, piccola purosangue, prima il tuo paparino ha avuto un incontro spiacevole con Kaname Kuran.
Tre paia di occhi si posarono su di me. Mi soffermai su quelli di Zero, che sicuramente mi avevano cercata per vedere che tipo di reazione avevo avuto al suo nome.
Odiavo il modo in cui quell'uomo mi parlava. Soprattutto quando l'argomento era il Nobile, io diventavo fragile e insicura, e lui era capace di peggiorare ulteriormente la situazione.
-E... si dà il caso che si sia fatto ferire brutalmente, da qual vecchiaccio che è.
Le voci si facevano sempre più lontane. Non stavo più ascoltando, perché qualsiasi altra parola non sarebbe servita a niente, proprio a niente. Non riuscivo a piangere né a disperami; mi sentivo solo spenta e anche un po' tradita.
Il mio principe aveva ferito il mio papà. Il mio principe aveva ferito il mio papà. Il mio principe...
Era una realtà assurda alla quale non volevo dare ascolto, un pugno allo stomaco troppo forte per una persona che in quel momento era davvero fragile.
Sentii le ginocchia cedere e il mondo farsi buio.
-Yuuki! - mi chiamò... Era lui? Lui che sempre c'era stato e che io avevo tradito tante volte. Non merito nemmeno che mi guardi, in verità, Zero.
Il guardiano mi sorresse delicatamente e mi prese, poi, in braccio. Come fanno gli sposi quando prendono le spose e le fanno attraversare la soglia della nuova casa per la prima volta.
-Va tutto bene, andrà tutto bene, Yuuki.
Non rassicurarmi, non farlo perché è inutile e non me lo merito, non so neanche perché non mi lasci andare, Zero...
-Kaname è stato qui - dissi io. In un attimo mi trovai circondata da tutti e tre gli uomini, e sentii chiaramente l'ansia di mio padre che cresceva affannosamente.
-Piccola, io sto bene. Ma a dire la verità, mi interessa che stia bene tu. Portala nella sua stanza, Zero.
E il cacciatore silenziosamente ubbidì. Ma solo quando attraversò la soglia della stanza di Kaname, proprio come aveva fatto la notte prima, mi baciò delicatamente sulla fronte. Dove nessuno avrebbe potuto vederlo e disturbarlo; dove quel fragile contatto sarebbe rimasto nostro, per sempre. Segreto, perché era bello così.

 

***

 

Poco dopo mi ritrovavo di nuovo distesa sul mio letto, ma stavolta, ai bordi di esso, si trovava un ospite dai capelli argentei e il volto preoccupato.
Non ti riconosco nemmeno, Zero. Oggi volevi uccidermi e adesso mi proteggi. Diamine, vorrei dirgliele, questa parole, ma non ne sono in grado e mi muoiono in gola.
Il cacciatore strinse la mano che era a lui più vicina.
-Pensavo che fosse inutile ogni tipo di contatto, fra di noi. Pensavo che nessuno avrebbe dovuto illuderci, perché comunque saremmo rimasti nemici - gli dissi.
Sorrise leggermente, ma poi tornò subito cupo e interruppe il contatto.
-Perché hanno duellato, Zero? - chiesi spaventata. -Perché?
-E serve chiederlo, Yuuki? Perché Kuran è ancora convinto di uccidere tutti i purosangue, te compresa.
Abbassai lo sguardo. Sembrava quasi che Zero mi volesse sgridare.
-Tuo padre ha cercato di fermarlo...e Kaname lo ha ferito - aggiunse poi. -Ma non è questa la cosa peggiore, credimi, e non andrò oltre nel racconto.
Cercò di alzarsi ma io mi imposi e lo bloccai. -Non lasciarmi così, non puoi.
-Yuuki, non lo sopporteresti.
-Ho sopportato tante cose, nella vita, Zero. Una in più può solo ferirmi ancora.
-Dio, e va bene. Kaname, oggi, davanti agli occhi di tuo padre ha ucciso Touma. O meglio, ha usato tuo padre per ucciderlo. Dopo è scomparso senza lasciare traccia. E ora, scopriamo che passa di qui, all'accademia. Yuuki...noi pensiamo che...
-Kaname vuole uccidere Sara Shirabuki - conclusi per lui. -E stasera è venuto qui per tentare di farla finita.
Era così. Niente e nessuno avrebbe potuto contraddirmi.
-Kuran è veramente convinto di fare fuori tutti voi - disse Zero senza mezze misure. In effetti, l'unica cosa di cui avevo bisogno era la verità.
-Yuuki, c'è ancora una cosa. Kaname ha detto a tuo padre di riferirti un messaggio, quindi dovrai parlare con lui, quando starà meglio.
Ci guardammo per un secondo che mi parve non finire mai.
-Tu ne sai qualcosa? - chiesi.
-Non ho voluto sapere niente - mi rispose. -Yuuki...l'unica cosa che puoi fare ora è tenere gli occhi aperti. Stai attenta a Sara Shirabuki.
Incredibile, come Zero ripetesse quelle parole all'infinito, per mantenermi all'erta, per prendersi cura di me.
Stai attenta a Maria Kurenai.
...Stai attenta a Sara Shirabuki.
In quel momento mi sentii morire. Avrei avuto solo bisogno di un suo contatto, di un suo semplice cenno. Sarebbe bastato, anche solo per farmi sentire che lui c'era e che non sarebbe andato via, no.
Zero si alzò, interrompendo bruscamente i miei pensieri.
-Zero - lo chiamai.
Si girò leggermente per potermi guardare.
-Temo il giorno in cui andrai in giro e dirai alle persone “State attente a Yuuki Kuran”.
Tornò a fissare la porta. Lo vidi toccare con la punta delle dita la sua Bloody Rose, e per un attimo, temetti fosse sul punto di minacciarmi, di nuovo.
-Non credo succederà mai, Yuuki, lo sai - disse. Mi sembrò quasi una promessa. E poi se ne andò lasciandomi sola in balia delle mie lacrime amare.
Solo più tardi, quando ormai era ora di dirigermi verso il portone della night per svolgere il ruolo di guardiana, i miei occhi si stufarono di piangere e io rimasi solo con il mio muto dolore a farmi compagnia.
Sì, perché Zero non era venuto a sorvegliare il cancello insieme a me.

Mary

 

Durante il volo cercai di ricompormi perché a piangere mi sentivo un po' bambina. E anche se nella vita non c'era gioia più grande di sentirsi bambini, era meglio prendere un bel respiro e cercare di andare avanti.
Una volta giunta in aeroporto trovare un taxi fu la cosa più difficile che avevo dovuto fare in diciassette anni di vita. Con il giapponese me la cavavo bene, l'unica cosa è che vita di quella città, Tokio, era era completamente diversa da quella della mia.
Era ormai tardo pomeriggio, quando il guidatore, alla vista di un enorme cancello, mi disse: “siamo arrivati, signorina”. E una volta scesa dalla macchina mi sentii smarrire un po' di meno. Con me avevo tutto, bagagli, felpa e testa, ciò che più serviva. Avevo chiamato mamma e anche Hannah due volte da quando ero partita – una appena scesa e una durante il lunghissimo viaggio in auto – e ora ero finalmente lì, davanti a quello che avrebbe potuto assumere il nome di destino. Strinsi forte la collana e mi incamminai.
Mi resi conto che quella che era chiamata “Cross Academy”; un edificio in più sedi circondato da un verde prato meraviglioso. Nel cortile, oltre ad esserci tantissimi alberi, si trovava persino una fontana che mi parve decorata in stile molto particolare.
Una volta giunta davanti a quella che avrebbe potuto essere benissimo la sede principale, notai che c'era un certo trambusto. Delle ragazzine urlanti stavano cercando in tutti i modi di farsi strada tra la folla, per vedere qualcosa o qualcuno a me sconosciuto.
Una voce in particolare, si distingueva; era la voce di una donna, una donna che stava perdendo la pazienza. Solo allora la vidi bene, perché era letteralmente salita sulle mura del cancello e aveva spalancato le braccia.
-Ma quante volte ve lo devo dire? Per quelle della day è scattato il copri fuoco. Dovete tornare nei vostri dormitori!
Mi scappò un sorriso a vedere quella ragazza che ormai doveva averne abbastanza di tutto quel putiferio. Era molto bella; portava una divisa bianca che le risaltava la pelle diafana e i suoi capelli erano lunghissimi, lisci e quasi neri. Avrei potuto giurare che fosse la creatura più bella che avessi mai visto, e, per un inspiegabile motivo, sentii qualcosa di molto forte per quella ragazza. Non seppi distinguere, però, se era un qualcosa di negativo o positivo.
I cancelli si spalancarono e da essi cominciarono ad uscire, in fila, altri ragazzi e ragazze rigorosamente vestiti di bianco. Tutti, ma proprio tutti, erano stupendi e perfetti.
-Yuuki - disse una ragazzina minuta con i capelli biondi raccolti in due codine, -diciamo al professore di aspettarti finché non finisci i controlli, va bene?
Dunque quella ragazza, quella bellissima ragazza, si chiamava Yuuki.
Grazie, Rima - gridò Yuuki per sovrastare gli urletti delle ragazze impazzite. Dedussi fossero andate su di giri alla vista di tutti quei ragazzi meravigliosi, che, notai, di rimando non si interessavano a nessuna in particolare.
Quando finalmente la folla si fu dileguata, rimanemmo solo io e Yuuki, lei ancora sopra il muretto, io lì a fissarla incredula.
-Ciao - dissi sorridendole.
Si mise a sedere e mi fissò. Non sembrava divertita, ma sorrideva gentile. Educatamente, come pochi di solito facevano con me.
-Ciao. Non ti ho mai vista, sei appena arrivata? - chiese Yuuki dolcemente.
Feci segno di sì indicando la valigia.
Scese con un balzo giù dal muretto e mi venne in contro. -Benvenuta - disse, facendomi un ampio sorriso. -Mi chiamo Yuuki Kuran, e sono la guardiana della scuola, oltre che essere capo – dormitorio della classe della notte.
Le strinsi la mano non capendo praticamente nulla di quello che mi aveva appena detto. Dalla mia espressione credo si capì, e infatti Yuuki si affrettò a rimediare.
-Oddio, scusami, ho cominciato a parlare a vanvera! Comunque capirai tutto, ehm...
-Mary. Mi chiamo Mary Endo - le dissi.
-Perfetto, Mary! Io adesso ho lezione e non ti posso aiutare...però puoi andare da mio padre, che è il direttore della scuola, che ti spiegherà tutto. Lo troverai nel suo ufficio, la sede principale è da quella parte. - Yuuki mi indicò un edificio che intravedevo attraverso gli alberi non molto lontano da dove ci trovavamo noi in quel momento.
-Grazie mille, Yuuki - dissi inchinandomi in segno di riconoscimento.
-Di nulla, e di nuovo benvenuta. Ci vediamo presto! - mi salutò con la mano. Anche se l'avevo appena incontrata, quella ragazza mi aveva già stupita e rallegrata. Era stata capace di relazionarsi subito con me, era stata gentile e fu insolito, perchè ero abituata a ben altri rapporti con le ragazze della mia età. Inoltre, era la figlia del direttore, anche se si era presentata con un cognome diverso...
Yuuki...Kuran.
Come mi aveva appena indicato la guardiana, cominciai silenziosamente a percorrere la stradina che mi avrebbe portata dal direttore. Essendo quasi ora di cena, non trovai nessuno; di tanto in tanto mi imbattevo con alcuni ragazzi vestiti di blu, ma non vidi più nessuno con invece la veste bianca. Dedussi, quindi, che questi ultimi facessero parte del corso serale.
Ci misi un po' a trovare la stanza di Kayen Cross, ma quando lo feci, fui fiera di me stessa. Come al solito me l'ero dovuta cavare da sola.
D'altronde sei sola, né Hannah né tua madre sono qui con te. Sola.
Cercai di scacciare quei pensieri e bussai alla porta, attendendo una risposta che non arrivò. Aspettai così, ferma davanti alla porta per buoni minuti, poi mi stufai e la aprii senza badare alle conseguenze.
Di fronte mi si parò una stanza semplice, non diversa da quella del direttore che avevo anche a Londra, con la sua scrivania, il suo bel parquet, un finestrone enorme che dava sul cortile e una vasta libreria. Quello che mi stupì, invece, fu la vista dei due uomini che c'erano nella stanza, uno estremamente bizzarro, l'altro decisamente pauroso con una benda su un occhio. Il primo aveva degli occhiali che gli coprivano mezzo viso, e questo, almeno a me, me lo facevano apparire estremamente simpatico; il secondo mi sembrava rude e rozzo. Per di più, aveva una sigaretta in bocca, e io odiavo il fumo.
-Beh, quando avrà voglia glielo dirò. Per adesso limitiamoci a vedere quale sarà la sua mossa futura...Oh, tu devi essere Mary! - disse il biondo dagli occhiali enormi arrossendo. Non capii se era semplicemente imbarazzato o, magari, se quello era il colore naturale che gli si dipingeva sulle gote quando parlava.
-Io sono il direttore, cara, Kayen Cross! Ti ricordi di me, piccolina? Sono io che ti ho spedito la lettera - La sua voce mi suonava melodiosa e familiare. L'avevo già sentita, da qualche parte, qualche volta...
-Molto piacere, direttore - lo salutai inchinandomi, come mi aveva detto che era buona educazione fare obaasan. Fu un vero piacere vederlo, perché mi accorsi che le mie aspettative su di lui non erano infondate. Quella era davvero una persona buona, lo si poteva capire con una semplice occhiata.
-Ma che ragazza dolcissima! Questo è Toga Yagari, insegnante di etica e mio grande amico - continuò il direttore dandogli una leggera pacca sulla spalla.
-Ma ti sembra il caso, babbeo? Sì, molto piacere, signorina - disse in modo sbrigativo il fumatore, con voce roca e profonda. Non solo mi sembrava grezzo; quell'uomo era spaventoso. Di sicuro, aveva avuto esperienze che gli avevano segnato la vita e lo avevano reso oscuro, ai miei occhi, almeno.
-Dunque, alla fine sei venuta - disse il direttore in modo serio. -Sono davvero contento, sai? Certo, ormai sei diventata grande e consapevole delle tue scelte.
Mi sentii arrossire. Mi sembrava di essere così piccola in confronto ad un uomo così grande, saggio...
-Molto bene, genio, hai finito? Ora, se non ti dispiace, vorrei continuare il discorso che avevo cominciato con te - irrompé il professore con la benda scocciato.
-O Dio mio, non sarai mica geloso, Yagari?! - chiese il direttore facendomi ridere di gusto. Entrambi mi guardarono e sembrarono rapiti. C'era qualcosa che non andava?
-Piccola, dunque...questa è la tua uniforme, e questa è la chiave della tua stanza - disse il direttore porgendomi tutto l'occorrente. -Io ora sono impegnato, quindi dovresti farti accompagnare nei tuoi alloggi da qualcun altro. Ad esempio, visto che mia figlia Yuuki adesso ha lezione, potresti chiedere a...Zero Kiryu.
Quel nome rimbombò nelle mie orecchie e quando lo assorbii totalmente la mia collana emanò un senso di calore che si diffuse per tutto il corpo.
Un segno?
-Va bene - accettai.
-Lo troverai in giro qua e la. Riprenderemo i nostri discorsi molto presto, promesso...
 
Certo, che lo dobbiamo fare. Sei tu quello che conoscevi mio padre, Cross, pensi che me ne sia dimenticata?
O, beh, aspettami, perché io sto arrivando e sono un uragano.
.
 
.
 
.
Buon pomeriggio a tutti, carissimi e carissime <3 Sono contenta di essere tornata ad aggiornare, perché finalmente...Mary è arrivata a scuola. Era ora, mi direte voi.
Vi aspetto in tanti. Ah, prima che mi dimentichi, ho una novità per voi: finalmente mi trovate anche su facebook, come “Je Efp”. Un modo in più per tenerci in contatto!
Un bacione e a presto,
Vostra
Je <3

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Capitolo 9
*** His eyes ***


Capitolo 8

His eyes

Mary

 

In verità, mi resi conto che il direttore non mi aveva detto dove avrei potuto trovare questo Zero, né come esteticamente era fatto, per cui, mi ritrovai per la seconda volta a non sapere dove andare. Avrebbe potuto essere chiunque; avrei anche potuto averlo già incontrato senza saperlo.
Ragion per cui, testarda com'ero, trovai tutto quello come una sfida. Appoggiai le valigie nel corridoio dove si trovava la stanza del direttore, e cautamente cominciai a vagare per la scuola, pregando in tutte le lingue di incrociare qualcuno che potesse aiutarmi, o magari, anche di ritrovarmi a di fronte alla persona che stavo cercando.
Zero Kiryu.
Non solo non vedevo l'ora di vedere la mia stanza, ma avevo una voglia matta di conoscere gente nuova, per cui, mi sarei dovuta dare una mossa.
Tornai all'ingresso della scuola, da dove ero entrata, di fronte alla scala principale che portava alle stanze di sopra. In verità, lì non c'era proprio nessuno; sembrava che tutto l'istituto si fosse volatizzato, per chissà quale motivo, poi. La soluzione più semplice sarebbe stata quella di tornare dal direttore, ma lo avrei disturbato, e non avevo nessuna voglia di fare brutta figura con lui il primo giorno.
Così lasciai l'istituto per dirigermi verso i cortili esterni. Non avevo paura, no, era solo che cominciava a farsi buio e mi sembrava di essere l'unica ragazza che si muoveva nel raggio di tutta l'accademia, silenziosa, buia, e anche un po' sinistra.
In quel momento, desiderai rivedere Yuuki, che era una guardiana e che sicuramente mi avrebbe potuto aiutare; ma aveva lezione, per cui non l'avrei rivista sicuramente per un bel po'.
Ok, cavatela da sola. Non fermarti al primo ostacolo, Dio.
Proprio quando mi stavo dirigendo verso il punto in cui avevo incontrato la disciplinare poco prima, un gruppo di ragazzine mi venne incontro. Sembravano andare di fretta, e ridacchiavano sommessamente.
-Nemmeno volevo farlo, io - si lamentava una ragazzina bassa, dai capelli corti e castani chiari. Era carina, e aveva una voce che mi piaceva e mi rassicurava. Mi sembrò cauta, la più saggia di tutte quelle che la circondavano, per lo meno.
-Yori, ti lamenti sempre - la rimproverò una sua amichetta occhialuta. -Infondo non abbiamo fatto niente di male.
La terza ed ultima componente sbucò all'improvviso ridacchiando come una bambina che aveva appena rubato una caramella.
-Abbiamo solo scattato qualche foto, dai. Non se n'è accorto nessuno! - disse allegramente questa. Era molto bella, snella e altissima, ed aveva dei lunghi capelli biondi avvolti in una treccia. Possibile che in quell'istituto fossero tutti perfetti? O era la luce della luna a confondermi le idee?
-Adesso che avete fatto la vostra dose quotidiana di cazzate, mi fareste il piacere di andare a dormire? - chiese quella dalla voce saggia, Yori, un po' scocciata.
-Ehi, abbassa i toni, tesorino. Non puoi sgridarci solo perché sei la migliore amica della guardiana, Yuuki. Non rubarle il lavoro, lo fa già abbastanza bene lei...- replicò la bionda, aggiungendo, verso la fine della frase, una buona dose di sarcasmo.
Poi le due ragazze si avviarono dalla parte opposta di Yori, lasciando la ragazza sola, che, sulle prime, mi parve non sapere cosa fare. Solo dopo si diresse verso la mia direzione e io sbucai fuori dall'albero dietro il quale mi ero riparata.
-Oh mio Dio! - disse facendo un salto all'indietro, portandosi una mano sul cuore. -Mi hai...mi hai spaventata! Ma lo sai che a quest'ora è proibito vagare nei giardini della scuola?
Si tirò praticamente la zappa sui piedi. Alzai un sopracciglio, divertita.
-Potrei dirlo anche io, di te - dissi sorridendole. Non c'era malizia, anzi, cercavo di tenermela buona, avrebbe potuto aiutarmi.
-Beh...in effetti hai ragione - accettò rispondendo al mio sorriso. -Scusami.
-Scuse accettate.
-Sei nuova?
-Arrivata oggi. Mi chiamo Mary.
-Io Yory.
-Lo sapevo già - aggiunsi subito. -Vi ho sentite, prima.
-Oh, merda. Andrai dal direttore a digli tutto, vero? Oh, merda. Lo sapevo.
-Ehi, ehi, calma. Non andrò da nessuno a dire niente, Yori, perché dovrei farlo?
Mi guardò storta.
-Sei diversa da tutte le ragazze che ci sono qui all'accademia, allora. Loro avrebbero fatto a gara per vedermi sbattere in punizione. Sono sadiche, si divertono.
-Sono stupide, più semplicemente - puntualizzai.
Lei rise, e fui contenta di averle fatto quell'impressione. A Londra, le ragazze della mia età avevano sempre cercato di evitarmi; Hannah, dal conto suo, diceva che erano gelose.
-Mi piaci, Mary. Hai bisogno di qualcosa? No, perché mi sembra strano che vaghi per la scuola a queste ore, a parte che non si può, te lo ricordo.
-Lo terrò a mente. Stavo...solo cercando una persona, tutto qui. Magari la conosci.
Mise le mani ai fianchi e fu pronta ad ascoltarmi.
-Dimmi tutto.
-Cerco Zero Kiryu.
Spalancò gli occhi. -Beh, ecco...premesso che spero che tu abbia un buon motivo per cercarlo, a queste ore dovrebbe essere di ronda qui in cortile, o al massimo sul terrazzo laggiù, che dà sulla classe della notte.
-Ma chi è? -chiesi.
Un ombra calò sul viso della ragazza.
E' l'altro guardiano.
Memorizzai le informazioni. Premesso che tu abbia un buon motivo per cercarlo...
-Grazie mille, Yori.
-Grazie a te, è stato bello conoscerti. 'Notte.
Cercai in lungo e in largo per il cortile per almeno venti minuti buoni. Visto che comunque era grande, ma non immenso, cominciai seriamente a preoccuparmi.
Sarei mai riuscita a trovare la mia benedetta stanza?
Solo poco dopo, quando ormai la stanchezza del viaggio cominciava a farsi sentire e ogni mia speranza era andata a farsi fottere, mi ritrovai davanti ad una stalla. Era aperta, e da dentro arrivava della luce fioca, che illuminava il pagliericcio circostante l'entrata.
Entrai, e subito fui fissata da molte paia di occhi incuriositi. Ero circondata da cavalli di ogni specie, mezzosangue e purosangue, neri e bianchi, possenti e fragili, maestosi e rachitici.
Sorrisi quando ne toccai una, una giovenca perfetta dal pelo chiaro e dagli occhi penetranti, di quelle che lasciano il segno solo con lo sguardo e che chiedono solo con questo di essere cavalcate, liberate dalla loro schiavitù della stalla. Che ad una animale libero non s'addice, no.
Quel momento magico fu però interrotto da una serie sequenziale di colpi bruschi che subito mi allarmarono. Sembravano...colpi di pistola.
Abbandonai la stalla dirigendomi verso una casetta malandata, dalla quale provenivano appunto quei colpi di arma da fuoco. Cautamente, entrai dalla porticina principale.
Scoprii che, in realtà, i colpi di pistola erano leciti, in quanto mi trovavo in un poligono di tiro, che, se da fuori poteva essermi sembrato una baracca, dentro mi parve trasformarsi. Era altamente professionale, e, per questo, ritirai le mie accuse.
C'era una persona che stava sparando, la quale, per fortuna, non si accorse della mia presenza. Mi limitai a rimanerle dietro così, osservando quei suoi atteggiamenti tipicamente maschili, che un po' mi fecero sobbalzare. Mi sentii...strana.
 
Ti vedo.
Ti vedo mentre spari i colpi di pistola e non ascolti altro che loro. Sputi per terra, carichi l'arma e prendi bene la mira perché, sei sicuro, non puoi sbagliare.
Mi copro le orecchie perché un po' di paura del rumore degli spari ce l'ho; sono una bambina piccola che vuole osservare una cosa intima e proibita fino in fondo e che dopo ci rimarrà male, perché non capirà nulla.
Tu invece sei un ragazzo dai capelli argentei; vedo solo quelli perché sei voltato, ma sento che personalità ti appartiene; sei un lupo solitario che ha bisogno di stare da solo e se non fosse così, credimi, non staresti qui a sparare ad un mirino.
Lo fai per sfogarti, perché la vita ti fa schifo.
 
-Hai intenzione di rimanere lì ancora per un po'? Ti ho sentito. - disse il ragazzo. Aveva una voce calcolata; non cattiva, no, ma studiata per incutere timore. Era un po' scocciato, forse, perché non lo avevo avvertito della mia presenza. Ma come aveva fatto a sentirmi?
In ogni caso, mi prese in contropiede.
-Beh, non immaginavo di dare fastidio, scusa. - Non mi aveva nemmeno guardata in faccia, quel tipo. -Certo che avrei potuto essere chiunque. E' così che parli alla gente, tu?
-Diciamo di sì, sai, io non mi fido di nessuno.
Un colpo di pistola, un nuovo proiettile, il rombo del bersaglio preso in pieno che si frantuma.
-Sei proprio gentile, allora. Sei qui a sparare ai bersagli, una arriva e la tratti così. Geniale, per allontanare la gente - dissi sul punto di scoppiare a ridere, ma ancora piuttosto scocciata.
Lo sentii sbuffare, e dopo cominciò a girarsi piano piano. Ormai vedevo metà del suo viso.
-Non ti azzardare a guardarmi, adesso! Stai girato, voltati! - gli urlai.
Si affrettò a tornare alla sua pistola. -Che c'è, adesso vuoi giocare? - ridacchiò.
Credo di aver visto un barlume di allegria vacillare dall'unico occhio che mi hai mostrato; ne ho la conferma, sei una persona sola, come me.
Mi avvicinai alla sua schiena, e a pochi centimetri da lui ricominciai a parlare.
-No che non voglio giocare. Tu però stai girato.
-Devi essere un tipo strano - ammise lui.
-Non quanto te, caro. Non sono io quella che spara cavolate a vanvera. Chiedimi scusa e puoi voltarti.
-Ma che cosa stai dicendo?
-Chiedimi scusa. - Io non avrei mollato.
Lo sentii ridacchiare, ancora. Dallo strano suono della sua risata, mi resi conto subito che non era una persona abituata a divertirsi. Mentre rideva, sembrava lo facesse per la prima volta in vita sua.
Prese di nuovo la mira, e sparò davanti a sé, totalizzando il massimo dei punti per la terza volta consecutiva da quando io ero lì ad osservarlo.
-Oh, Dio. Scusami, ok? D'ora in poi, prima di sparare cazzate mi assicurerò che non ci sia tu - disse un po' scocciato, ma divertito.
Sul mio volto si dipinse un sorriso dovuto alla mia vittoria.
-Molto bene. Adesso, visto che non ho né voglia né tempo per stare qui a spaccarmi i timpani per colpa tua, me ne vado. Devo cercare un certo Zero Kiryu...
Mi voltai e mi diressi verso l'uscita. A metà strada, però, fui bloccata da una mano che, gelida, mi aveva afferrato il polso.
Quando mi girai, mi ritrovai di fronte a una ragazzo che, più che umano, mi sembrava un angelo.
-Non credo che dovrai andare molto lontano - disse impassibile continuando a mantenere il contatto fra di noi, che mi mandava della piccole scariche elettriche che si diffondevano in tutto il corpo, facendomi sentire strana.
 
Solo ora, ti vedo.
Vedo i tuoi occhi dei quali subito non capisco il colore, ma giurerei di distinguere un viola chiaro, al centro, che sui bordi sfuma di un tono lilla che, in un passato remoto, in non so quale epoca della mia vita, mi pare di avere già incontrato. Vedo che sei un po' più alto di me, sei magro, ma i muscoli del tuo petto si intravedono attraverso la semplice maglietta bianca che indossi e che fai sudare mentre ti alleni.
-Perchè? - chiedo con voce ansante, ricca di imbarazzo, mentre sento le mie gote diventare rosse senza poterlo evitare in alcun modo.
-Perchè sono io, Zero Kiryu - mi disse in fretta, senza pensarci, lui.
E sei bello, Dio, sei bello da impazzire. Anche con quei capelli argento che non ho mai visto su nessuno, tu sei bello, lasciatelo dire, Zero Kiryu.
E sei freddo, freddo come il ghiaccio che è stato imprigionato nei miei occhi che non riescono a staccarsi dai tuoi; ti chiedono aiuto, ma non li senti e un po' sei crudele, guardiano, ammettilo.
Osservai le nostre mani, che si sfioravano inconsciamente, e sorrisi, tra me e me.
-Ma guarda un po' te...- sussurrai.

 

***

 

Più tardi, Zero mi accompagnò dove avevo depositato i bagagli. Era incredibile quanto, entrambi, adoravamo il silenzio; per me, come per lui, probabilmente, rimanere zitti era l'unica maniera per capire, per riflettere e andare avanti.
Fu lui a spezzare il silenzio, solo quando entrammo nel corridoio che secondo Zero mi avrebbe condotta alla mia camera.
-E' orribile non sapere il tuo nome, va bene? - mi disse abbozzando un sorriso. Glielo restituii. -Mi chiamo Mary, Mary Endo.
-Sei di qui?
-Sono nata qui, ma all'età di sei anni mi sono trasferita a Londra. Motivi di famiglia.
-Capisco...e adesso sei tornata alle origini?
-Diciamo che ho sempre amato il mio paese, e il direttore di questa scuola mi ha dato l'opportunità di ritornare.
Ci ritrovammo di fronte alla mia stanza. -E' questa - annunciò Zero, aprendo la porta.
Una volta entrata, non potei trattenermi. Mi portai una mano alla bocca, stupita, e davvero molto, molto soddisfatta.
-Questa è la mia stanza? - chiesi ormai sbigottita.
-Beh, è una singola, le doppie sono finite. Piangi, se sei da sola? - chiese scherzando.
-No, tranquillo. Da sola sto benissimo - dissi facendogli la linguaccia. Poi, lo aiutai a sistemare le mie valige sul lettino, aprii le finestre per far penetrare la luce della luna e mi lasciai cadere su una poltrona che si trovava nel centro della stanza.
-Mi piace, mi piace un sacco - ammisi.
-Ci devi solo dormire e fare i compiti - disse Zero con tono annoiato.
-Ma un po' di entusiasmo no, tu, eh? - lo incalzai.
-Beh, ora devo andare, immagino che tu sappia già tutto. O no? -chiese il ragazzo quando vide la mia espressione, altamente perplessa.
-In verità, non so un bel niente.
-O Dio mio...ok, cominciamo dal principio.
-Scusa, ma da dove volevi cominciare? - risi.
-Smettila di rompere, novellina - mi provocò il guardiano.
-Muoviti che ho sonno e vorrei dormire.
Scoppiammo a ridere, all'unisono, e fu una bella sensazione. Come mi era successo con Yori e Yuuki, ero riuscita ad andare d'accordo anche con Zero, ma con lui - potevo sentirlo – ero... diversa. Ero perennemente emozionata, pronta alle sue battutine, ed incantata dai suoi occhi meravigliosi.
Che mi sembravano così tristi, però.
-Dunque, la scuola è divisa in due parti, che si chiamano day e night class. Tu fai parte...
Si fermò e – per un folle istante - mi sembrò annusare l'aria. Fu una cosa assurda, ma era stata talmente veloce, che non ebbi il tempo di chiedergli nulla.
-Della day, indubbiamente. Le tue lezioni sono regolari, iniziano alle otto e finiscono alle una; nel pomeriggio si fanno i compiti e il resto, mentre la sera si sta in camera e non si va a girare di qua e di là, interrompendo il lavoro altrui. - Finì la frase con un sguardo d'intesa, che significava: “La prossima volta che mi disturbi mentre sparo, sei fritta”.
-Ma scusa, il tuo lavoro consiste nel sparare alla gente? - chiesi.
Rise, amaro. -Non sono un assassino, tranquilla. Diciamo solo che sì...è il mio lavoro. Ma è una storia lunga, Mary, non distrarmi.
-Va bene, scusa, Dio mio - chiesi un po' spaventata. Il suo lavoro...implicava l'uso di una pistola?
-Fin dove sono arrivato, è tutto chiaro?
-Non sono un' imbranata. Continua pure.
-Bene. Non ci sono molte regole in questa scuola; quelle banali le conosci anche tu e non sto qui a ripetertele. Nei compiti in classe non si copia, bla, bla bla. Passiamo oltre, e qui, Mary, ascoltami bene.
-Sono tutta orecchi.
-Stai lontana dai ragazzi della night class e dai luoghi frequentati da loro. Vedi, è semplice.
Subito non capii. Cosa avevano di tanto strano, quei ragazzi?
-Che fanno, mordono?
Mi sembrò di vedere Zero diventare paonazzo. -Stai solo alla larga da loro. E' facile distinguerli, hanno la divisa bianca, la nostra, invece, è blu.
Immediatamente, molte consapevolezze vennero alla luce. La prima, che Yuuki, la ragazza di quella sera, faceva parte della night class. Era stata così gentile, con me, possibile che dovessi starle alla larga?
Seconda cosa, ma non meno importante, io ero in classe con Zero. E non sapevo se morire di paura o essere contenta fino ad arrivare a toccare il cielo con un dito.
-Ora devo andare. Ce la fai a non perderti? - scherzò Zero afferrando la maniglia.
-Ma tu non devi andare a sorvegliare il cortile, Dio mio? Sparisci! - dissi tirandogli contro un cuscino che avevo trovato sulla poltrona.
-Io non so in che guaio tu ti sia cacciata venendo qui, Mary.
Improvvisamente, entrambi ci facemmo seri.
-Io...devo scoprire delle cose - dissi abbassando lo sguardo.
-Contenta tu...buona notte - disse impassibile.
Non risposi.
 
Zero
 
Era assurdo, tutto molto assurdo e confuso. I suoi occhi, macchiati di un colore troppo chiaro, erano la prima cosa assurda, almeno per me.
Proprio adesso, che un nuova guerra è pronta per cominciare, l'idiota del mio padrino viene a cercare nuova gente da mettere al collegio. Quando siamo a tanto così che il nostro mondo venga completamente distrutto da un azione assurda o una parola di troppo.
Semplicemente i suoi occhi, però, mi mandavano in bestia.
Erano innocenti; lei, per prima, era innocente.
Come il suo sangue, che sapeva di ricordi di un paese piccolo, di periferia, di...buono.
Basta! Basta, davvero. Il suo sangue non ti appartiene, stalle alla larga.
E' buffo, però.
Le avevo detto di stare lontana dai vampiri quando anche io ero uno di loro. Un livello D, tra l'altro, prossimo a diventare un livello E.
Brucia, la sete, brucia. Yuuki...
Non avevo bisogno di certezze, né di illusioni. Di guerra, di pace, disperazione o perfezione. Nemmeno del sangue di quella nuova arrivata, Mary, nemmeno della cascata di ghiaccio incastonata nei suoi occhi.
Avevo bisogno di lei, e basta...
.
.
.
Come ho detto ad alcune di voi, per questo capitolo avevo l'ansia da prestazione! No, sul serio ragazze, aspetto vostri pareri. A me l'incontro tra Mary e Zero piace così, con un po' di battibecchi. Spero che possa piacere anche a voi; in ogni caso, consigli e critiche sono sempre ben accetti.
Un grazie speciale a chi c'è sempre e a chi so che arriverà.
Vostra,
Je <3

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Capitolo 10
*** Checkmate ***


Capitolo 9

Checkmate

 

...
Sara Shirabuki stava ascoltando molto distrattamente le lezioni, quella sera, sul tardi; e questo perché sapeva, nel profondo del suo cuore – impuro o dannato che fosse – che qualcosa, nella sua vita, stava per cambiare.
E lei sapeva, anche, che quel qualcosa non sarebbe cambiato solo per lei.
Si rigirava tra le mani una matita elegante, sorrideva di tanto in tanto alle sue schiave, belle come sempre, generose e cordiali.
A volte osservava Yuuki, che, impassibile, nemmeno le rispondeva con un piccolo cenno, un sorriso. Un fottuto angolo della bocca alzato le sarebbe bastato, a Sara. Perché a lei mancava tanto così, e sarebbe stato tutto suo. Per sempre.
Nella sua ampia scacchiera mancavano pochi elementi; ormai il gioco era fatto, concluso. Sara avrebbe urlato volentieri scacco matto, adesso.
Peccato che Kaname Kuran e la sua principessina Yuuki fossero ancora vivi; peccato che anche un certo Hunter di nome Zero Kiryu, fosse ancora vivo.
E allora sì, Sara pensava alla sua vita, pensava a come sarebbe stata, ma non riusciva a vedere più in là del suo naso.
Lei, quest'anima putrefatta, aveva ucciso suo marito, scaricando la colpa per avere nuovi alleati. Ma ora tutto si faceva più complicato, con Kaname pronto alla battaglia.
Un modo c'era, però, per rimediare. Un modo per rendere la vittoria più semplice, più veloce e persino indolore.
Sì, Mary è arrivata, si disse, e sarebbe stata sua. Questo, pensava, Sara Shirabuki, quella notte, invece di ascoltare il professore di etica che si sgolava per richiamare a sé l'attenzione dei presenti.
 
Mary
 
Il mattino dopo mi svegliai raggiante. Era da tanto che non dormivo così bene; durante il viaggio, ero riuscita poche volte a prendere sonno seriamente. Ora mi sentivo semplicemente rinata, e avevo voglia di salutare il nuovo giorno con serenità, se possibile.
Andai in bagno, feci una doccia veloce e mi misi, per la primissima volta, la divisa della classe del giorno. Guardandomi allo specchio, quasi ci rimasi male: il blu non mi donava molto, anzi, con me non ci azzeccava proprio. Forse sarebbe stato meglio il bianco, chi lo sa.
Stai lontana da quelli della night class.
Oh, buon giorno anche a te, Zero Kiryu, che ti sei intrufolato nella mia testa già alle sette del mattino.
Mentre raccoglievo i miei lunghi capelli neri in una coda, ripensai a tutte le informazioni che mi aveva dato Zero la notte precedente e mi fermai a riflettere.
Il direttore mi aveva avvisata che quella era una scuola particolare, certo, ma non mi aspettavo che addirittura ci fosse una divisione così netta, tra le due classi. Mi sarei informata, ma lo avrei fatto più tardi. Per il momento avevo solo fame.
Quando uscii dalla mia stanza, ebbi un sussulto nel vedere due occhi ametista posarsi su di me.
-Buongiorno - mi salutò Zero.
Respira, Mary. Respira.
-C...ciao - biascicai in quale modo. -Che ci fai tu qui?
-Ieri mi sono dimenticato di dirti dov'è la mensa, per cui, adesso ti accompagno.
-Volevi farmi morire di fame, guardiano? - ridacchiai.
Sorrise un pochino anche lui. Solo un pochino, però.
-No, tranquilla. - La dolcezza con qui aveva detto quelle parole mi disarmò. In fondo...non era così freddo come tentava di far vedere, vero?
In pochi minuti arrivammo alla mensa, che era colma di studenti della day. Era strutturata in modo che la maggior parte dei tavoli fosse all'aperto, e questo fu un particolare che mi colpì.
-E' bellissima.
Zero mi guardò, senza dire nulla.
-Ok, ok. Stai per dire: “ci devi solo mangiare, bla bla bla!”.
E stavolta, rise, rise di gusto. E io osservai il suo bel viso che si contraeva e si rilassava, a ritmo delle sue labbra che giocavano, timide. Era vero, non era proprio abituato a divertirsi. Lo sapevo perché anche io, un tempo, quando avevo perso mio padre, ero così, proprio come lui. Quando ridevo sembravo...spastica, innaturale.
Andai sul sicuro prendendo una semplice brioche e un cappuccino. Zero non prese nulla.
-Ok, io potrei fare la protagonista di un film, con tanto di colazione all'italiana, e tu non mangi niente. Scherzi? - domandai io.
-Non ho fame. Tu mangia.
-Ci puoi contare. - dissi addentando la brioche mentre con gli occhi cercavo un tavolo libero.
-Mary...
-Cosffa cffè? - chiesi, un po' impedita per colpa della brioche ancora calda.
-Maledizione, Mary, non si parla con la bocca piena - disse Zero scherzando.
-Scusa, ho fame. Dai, dimmi.
-No, non è niente. E' che stanotte ho pensato molto...a noi. Cioè, aspetta, non fraintendermi.
Lo guardai perplessa, alzando un sopracciglio. La sua improvvisa serietà mi colpì come un pugno in pieno stomaco, e giurai che sì, avrei potuto vomitare tutto ciò che avevo appena mangiato. Era davvero strano e disumano, l'effetto che quel ragazzo aveva su di me; un effetto che mai nessuno aveva avuto prima sulla impenetrabile Mary Endo.
Ma volli arrivare fino in fondo, come al solito.
-Semplicemente, Mary...Stai. Lontana. Da. Me.
Quelle parole furono macigni. Macigni sputati da una voce che oltretutto mi sembrava tremendamente falsa, che non recitava bene, insomma.
-Non capisco. - ammisi semplicemente.
-Non c'è niente da capire, è semplice. Tu...stai alla larga da me, e vivrai meglio.
Di nuovo, sentii quel disgustoso conato di vomito e fui costretta a tenermi la pancia con la mano, come a riscaldarla. Lo guardai negli occhi e mi vidi rispecchiata in essi, smarrita e spaventata, come un pulcino appena nato.
Non capivo ed era la verità.
-E' assurdo. E' assurdo, Zero, davvero. Sto bene solo io quando...siamo insieme?
Quelle parole arrivarono talmente inaspettate ma talmente giuste, che, entrambi, ne fummo spaventati. Non seppi mai dove avevo trovato il coraggio di dire una cosa che pensavo realmente, nel profondo del cuore.
-Non si tratta di questo, Mary.
-E allora che cos'è?
Mi sentivo un po' assurda anche io, ora come ora, a trovarmi a supplicare uno sconosciuto di non lasciarmi sola. Ma se lo stavo facendo, un motivo c'era. Anche se questo non era chiaro a nessuno, me per prima.
-Mary, non mi crederesti se te lo dicessi. E' troppo complicato e...Dio, non ti devo nessuna spiegazione. - disse bruscamente, lacerandomi.
Indietreggiai, piano, cercando di non piangere. Ero furiosa, con me stessa, col guardiano, per essere venuta lì, per non essermi tenuta la bocca chiusa...
-Mary...- cercò di afferrarmi una mano, Zero.
-Ok, non toccarmi, non toccarmi. - dissi scansandomi. -Io non ti conosco, Zero Kiryu, e il poco che ho scoperto è andato a farsi fottere per colpa tua. Vivi come ti pare, io almeno ci ho provato.
-Zero! - chiamò qualcuno da dietro di noi. Era il direttore. Mi resi conto, nel frattempo, che mezza classe del giorno ci aveva circondati, e di colpo, diventai rossa di vergogna.
-C'è un messaggio urgente dall'associazione, Kiryu. Devi andare. Hai il permesso di saltare le lezioni. - disse il direttore porgendogli una lettera.
Associazione? Saltare le lezioni?
Che succede?
Zero prese in mano il biglietto e lo lesse in tutta fretta; poi lo stropicciò e lo buttò per terra.
-E' proprio questo di cui ti parlavo prima, Mary. Questo.
Si voltò lasciandomi lì, a bocca aperta e con le lacrime che minacciavano di uscire. Prima di seguire tutti miei compagni in classe, raccolsi la lettera del guardiano e la misi in cartella.
 
Zero
 
Camminavo a testa basta, pensando e ripensando a parole con cui avevo lasciato la ragazza nuova. Nei suoi occhi, poco prima di andare via, avevo letto una vena di vergogna, di insicurezza.
Non ero abituato a suscitare quei sentimenti, nelle persone, per cui mi sembrò tutto irrazionale. Era proprio per quello, forse, che avevo gettato la spugna già in principio, con Mary.
Non avevo nemmeno tentato di conoscerla.
 
Mi diressi verso il bosco come mi era stato chiesto. E lì trovai Yuuki, Kaito, alcuni Hunter e infine, beh, ovviamente Yagari.
Mi sentii accerchiato. Sapevo che saremmo finiti a parare nel discorso Cross, e non ero psicologicamente pronto. Guardai Yuuki, che alzò un angolo della bocca nel tentativo di sorridermi. Che ci fai qui?, le chiesi mentalmente, senza ricevere risposta.
Mentre continuavo a fissare la Principessa, Yagari cominciò a parlare.
 
Mary
 
Primo giorno.
-Ciao, mi chiamo Mary Endo e ho diciassette anni. Vengo da Londra ma sono nata qui, in Giappone...
Odiavo presentarmi, soprattutto se dovevo farlo davanti a un numero così alto di persone. A vedere tutte quelle facce nuove mi vennero i brividi, ma riuscii in qualche modo a cavarmela, tanto che, a fine discorso, quando la professoressa di matematica chiese chi era disposto a sedersi vicino a me, si proposero in molti.
Fu difficile scegliere, finché non mi accorsi che tra i volontari c'era anche la piccola Yori.
-Ehm, vicino a lei. - dissi indicandola.
-Perfetto, ottima scelta, Mary! Wakaba, preparati a condividere i libri con lei, ti voglio attiva!
Poco dopo mi sedetti vicino alla mia nuova amica.
-Ciao, Yori - la salutai.
-Ciao. Dormito bene?- mi chiese mentre sfogliava il libro di algebra cercando la pagina giusta.
-Benissimo, grazie. A colazione però...
-Oh, Mary, se ti riferisci a Zero, guarda che lui è così.
-Non dirmi che ci hai sentiti.
-Tesoro, tutta la scuola vi ha sentiti.
-E' che non lo capisco - ammisi.
Ed era vero.
-L'unica persona che ha l'onore di poter dire di conoscere Zero, in questa scuola, e oserei dire in questa vita, è la mia migliore amica, Yuuki.
Yuuki...Yuuki Kuran!
-Praticamente, si può dire che fossero fratelli. Adesso si sono un po' allontanati...ma è una storia lunga, credimi, Mary, non saprei nemmeno da dove cominciare.
-Hey, ragazze, calme, dai. Voglio cominciare la lezione, quindi silenzio. - ci interruppe bruscamente la professoressa. E io non seppi distinguere, lì su due piedi, che cosa stava montando dentro di me. Rabbia, delusione, frustrazione.
Ed era colpa di Zero.
 
Durante le lezioni ci fu poco tempo per pensare a lui, comunque, perché ogni volta dovevo o mettermi al pari con il programma o presentarmi a un nuovo insegnante. Certo, l'avvenimento di quella mattina mi aveva scossa parecchio; infatti, verso tardo pomeriggio, stanca e un giù di morale, abbandonai il gruppo di ragazze con il quale mi ero fermata a studiare.
-Stai andando via, Mary? - mi chiese Yori con occhietti preoccupati.
-Sì, sono stanca. Vado a riposarmi.
-A domani - mi salutarono le ragazze con cui ero stata in coro, di cui già avevo dimenticato i nomi.
In realtà, c'era qualcosa che volevo fare, prima di rifugiarmi in camera mia. Mi diressi verso la stalla, e dalla mia cartella estrassi la lettera che Zero aveva stropicciato quella mattina.
La scrittura racchiusa da essa era semplice; faceva bene agli occhi.
Ma il messaggio, per quanto breve, era... forte.
 
Zero, smettila di nasconderti dietro Yuuki e assumi le tue responsabilità
Vieni al limite della fortesta, oggi. Dobbiamo decidere delle cose. La posizione ambigua di Cross ci ha fatto riflettere molto – in sintesi, non si può muovere da solo. E tu lo sai bene.
Sara e Kaname stanno...cominciando a “farsi guerra”. (Nulla è da dare per scontato, visto che stanotte Kuran è venuto in collegio). E tu sei fregato perché stai in mezzo, tra i due, insieme a Yuuki.
Dio, sei un cacciatore. Ficcatelo in quella testa da portone che ti ritrovi
A dopo - si spera. E ritieniti fortunato che hanno chiesto a me di scrivere il messaggio.
Kaito
 
Ok, il mio cervello stava letteralmente andando in pappa. Non sapevo più da che parte stare, non sapevo più a che cosa pensare.
Zero era un cacciatore, proprio come il mio papà. Era per quello che, anche solo a pronunciare il suo nome, la mia collana rispondeva con un fremito, riscaldandomi dolcemente.
Che sentisse la presenza di un alleato?
Che fossi la figlia di un cacciatore, lo sapevo già. Ma non avevo la più pallida idea di che cosa fossero, questi Hunters, e da ciò ero molto spaventata. Ora che i miei rapporti con Zero si erano frantumati, – erano mai davvero cominciati? - avrei dovuto scoprirlo da sola, e questo mi mise ancora più paura.
Per fortuna, prima o poi avrei dovuto affrontare il direttore. Solo che non avevo ancora avuto il coraggio di farlo, ovvio. Ero ancora troppo spaventata per affrontarlo, ma mi promisi che l'avrei fatto al più presto.
Mi alzai dalla palla di fieno nella quale mi ero immersa, misi via il messaggio, ed andai ad accarezzare la giovenca che mi piaceva tanto. Al contatto, gioimmo insieme; lei perché aveva bisogno di carezze, io perché volevo sentire il calore di qualcuno.
Mi sento attratta inequivocabilmente da te, perché probabilmente siamo uguali, Zero Kiryu. E' solo per questo, ma passerà, so che passerà...
-Immaginavo di trovarti qui. - mi svegliò dall'incanto una voce. Una voce che avevo già l'onore di conoscere alla perfezione.
Non potei fare a meno di sorridere, anche se fino a prova contraria, avevo giurato di essere arrabbiata con lui.
Vedo i tuoi occhi e non ne sono spaventata, ma attratta...
-Oh, guardiano, adesso mi vieni anche a cercare? Hai una bella faccia tosta.
Mi si fece più vicino e prese ad accarezzare la giovenca. Era così gentile, con lei...
-E' mia - sussurrò con intensità.
-Mmmh?
-Lei, il cavallo. E' mia.
-Adesso non cambiare discorso. E poi non è che sopra i cavalli ci sia scritto il nome del proprietario.
-Però, è mia. E' stata lei, a scegliere me.
Improvvisamente, mi sentii un po' strana, come su di giri. Zero era incantato da quel cavallo, lo osservava, e, in un certo senso, sembrava si appartenessero da sempre.
E per un momento desidero essere io la giovenca, e averlo scelto io, quel ragazzo triste e complicato.
-Si chiama Lily. Sai, di solito non è molto socievole. Ma sembra che tu le piaccia.
Risi, accarezzandola dolcemente sul muso. La guardai negli occhi, e percepii la scintilla giusta. Quella che precede il momento perfetto per il cavaliere di montare il suo cavallo.
-Posso provare a cavalcare? - chiesi guardando il ragazzo.
Ma senza che lui rispondesse, salii in un attimo su Lily. All'iniziò un po' brontolò, ma poi stette agli ordini. Era brava.
-Non fare cazzate. - disse Zero serissimo.
-Ehi, guarda che sono brava, proprio come lei. So cavalcare da quando ho dieci anni - dissi.
Zero mi avvolse con una mano gelida la caviglia, e, per un istante che mi sembrò durare troppo, ci guardammo e ci perdemmo l'una negli occhi dell'altro.
-In questo momento, potresti prendere e andare via, lasciandomi qui come hai fatto stamattina con parole che non mi meritavo. Lo potresti fare. - mormorai.
Ma non lo fa. Mi guarda, mi guarda e non stacca gli occhi dai miei, affonda in me e non sono più tanto sicura di essere spaventata da lui, da me, da quello che siamo o da quello che potremmo essere.
-Stamattina ho sbagliato. E se ti ho cercata, l'ho fatto per chiederti scusa.
Il mio stomaco fece una capriola e dovetti contare fino a tre, prima di ricominciare a respirare. Uno, due, tre, respira, Mary. Avanti.
-Potrei andare via, è vero. Ma ho più voglia di venire a fare un giro con te. - disse salendo sopra Lily e sistemandosi dietro di me.
Deglutii. -Io ho smesso di capirti da quando ti ho incontrato, Zero.
Afferrò le redini appoggiando il suo petto alla mia schiena, che piano piano prese fuoco. Mi girai e di nuovo incontrai i suoi occhi.
Voglio che il tempo si fermi. Mi va bene rimanere così, in dubbio, senza sapere cosa vuol dire essere innamorati, perché, sono sicura, io non lo sono ancora.
Ma se non sto attenta, rischio di cascarci.
-Dio, non mi guardare così. Non farlo.
Sorrisi. -Perché?
-Perché non riesco a capire che diamine sto facendo, qui, con te, Mary.
Abbassai lo sguardo mentre assorbivo ogni piccola, pungente parola.
Non tutto ha una spiegazione apparentemente logica.
Le cose belle quando arrivano fanno così male che sembrano brutte, all'inizio. Ma dopo, tutto si fa più semplice e mi rendo conto che qui, ci siamo solo tu ed io e ci bastiamo.
-E allora rimani qui. Con me. - mormorai, tornando a guardare davanti a me.
Lo sentii respirare a fondo, in balia di una battaglia contro sé stesso o non so cos'altro.
La sua risposta fu quella di scuotere le redini, e di lasciarci portare via da Lily che, a sua insaputa, mi stava strappando dalla Mary che io avevo creduto di conoscere e che ora non vedevo più.
Vedo solo una ragazza a cui si è mozzato il respiro in gola quanto lui ha detto: “...con te”.
.
 
.
 
.
Mi 'spiace di essere così in ritardo! Come al solito, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Si va avanti a piccoli passi, ma si va avanti, dai! Come potete notare la storia va' ancora abbastanza a braccetto col manga – vedi la scena di Zero nel bosco - ma presto lo abbandonerà, per prendere una piega tutta sua.
Vi lascio con un forte abbraccio, e ringrazio sempre tutti quelli che sono arrivati fino a qui. E anche chi arriverà, che sarà sempre più che benvenuto.
Vostra,
Je <3

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Capitolo 11
*** Un giorno solo ***


Capitolo 10

Un giorno solo

 

...
La vampira eterea, colei che aveva occhi solo per il potere e non conosceva altre parole se non disperazione, si voltò di scatto e li vide.
Li vide mentre, in sella a un cavallo meraviglioso, superavano insieme la radura cercando disperatamente di non toccarsi, di non guardarsi.
Alla vampira scappò un risolino isterico, il quale spezzò il silenzio della stanza buia là, al terzo piano del dormitorio luna.
Gli occhi spenti, l'espressione vuota; solo questo avrebbe potuto notare qualsiasi persona le si fosse avvicinata e che per sbaglio l'avesse guardata.
Con le dita leggere, sfiorò il vetro della finestra. Sorrise; un sorriso che non coinvolgeva minimamente gli occhi fece, la vampira; e si ripeté che sì, quella sciocca umana sarebbe stata sua.
Un vampiro, un tempo devoto al Nobile, la avvolse in un dolce abbraccio.
-Cosa guardi? - le chiese lui, con un sussurro. Poi, immerse il naso e la bocca nei capelli di lei per assaporarne il profumo, che sapeva di tentazione e rabbia.
-Osservo come finiranno inevitabilmente l'una nelle braccia dell'altro...- rispose Sara Shirabuki.
Il suo compagno fece scorrere la punta del naso sul collo della vampira, e poi, con delicatezza, lo baciò. Alzò quindi lo sguardo e vide quello che intendeva la donna che teneva tra le sue braccia.
-Ma...è solo un' umana, nobile Sara. Non è niente di più.
-E questo è quello che pensi tu, sciocco. Lei è molto, molto di più, credimi.
Sara lo sapeva bene. E chi, meglio di Mary Endo, avrebbe potuto completare il suo esercito di bambole perfette?
Lei doveva distruggerlo. Doveva distruggere Kaname Kuran.
-Non capisco. - disse il vampiro.
-Shhh - lo interruppe Sara, ponendo un candido dito sulle labbra del ragazzo. -Non dire niente, non dire niente. - mormorò.
Il pomo d'Adamo del compagno della purosangue fece su e giù più volte, prima di ritrovare la naturale regolarità.
-D'altronde, io voglio solo divertirmi, Ichijo...- concluse dolcemente Sara Shirabuki, baciando con le sue labbra luride Takuma.
Ma lui non la ferma. Si lascia baciare, la bacia a sua volta e si dimentica che un tempo, mentre abbracciava Kaname quando erano ancora piccolini, gli aveva promesso che non lo avrebbe mai tradito.
E gli fa schifo e lo sa ma non gli importa più perché ora, ciò che conta sono il sangue e labbra di lei.
 
And if this is the end
It's the best place I've ever been
It feels so good to just
Get lost sometimes
 
Mary
 
Pensai fosse il tramonto a rendere quello scenario così perfetto; in ogni caso, una volta ritornata al mio paese d'origine, quel paesino piccolo nei pressi di Tokio, i miei occhi si fecero pericolosamente lucidi.
E' colpa delle lacrime, sempre.
-Sono a casa. - sussurrai impercettibilmente ancora in sella a Lily.
Non avrei mai potuto credere che, vicino all'accademia Cross, ci fosse effettivamente il paese in cui da piccola aveva vissuto. Ed era tutto rimasto come lo ricordavo, con i suoi profumi unici, che sapevano di spezie e di dolce, e con la sua poca gente che per me era sempre stata perfetta.
-Cos'hai detto? - chiese Zero, dietro di me, rallentando.
-Qui è dove sono nata. - gli risposi. E poi ci fu il silenzio, il silenzio che Zero aveva voluto gentilmente concedermi, per farmi assaporare ogni momento del mio ritorno a casa.
Perché sì, sono a casa.
 
Arrivò il momento di lasciar perdere il nodo alla gola che mi si era creato dentro. Zero lasciò Lily da “una persona di cui si fidava” e mi fece strada tra le vie del paese.
-Ti ricordi dov'era casa tua? - chiese Zero.
-Abitavo in periferia. Non penso la saprei riconoscere, comunque, sai?
Arrivammo, come ero solita fare anche quando ero bambina, davanti al mercatino. Si poteva comprare di tutto; dagli oggetti apparentemente più inutili a il cibo che avrebbe potuto rimediare una cena.
La cena.
La mia pancia brontolò. Sentii Zero ridacchiare e lo spinsi leggermente per fargli capire che mi ero offesa.
-Oddio, scusa, Mary, scusa. E' che sei...unica, lasciatelo dire.
-Sì, dai. Falla finita, Zero.
Fui improvvisamente distratta da un banchetto che vendeva dolci e meravigliose frittelle. Il mio sguardo incrociò quello della venditrice, la quale mi sorrise, facendomi letteralmente sciogliere. Ne presi una senza badare alle calorie, che per quanto mi riguardava potevano anche andare a farsi fottere.
Una volta ritornata da Zero – che mi guardava con uno sguardo degno di un Killer – la addentai. Ne assaporai il gusto sublime che, in meno di niente, mi riportò indietro nel tempo, a quando andavo con il mio papà, a prenderle.
-E' buonissima - annunciai. -Vuoi assaggiare?
-Eh? Io, le frittelle? No - disse serio.
-Mi prendi in giro? Guardami negli occhi e dimmi che non ti piacciono.
Mi guardò, ma non disse nulla.
Gli avvicinai la cialda alla bocca, pregandolo con gli occhi più dolci che riuscii a trovare di darle un morso.
Ovviamente, cedette.
E ovviamente ne assaggiò un boccone enorme che gli riempì la bocca e lo fece sembrare ridicolo.
-Sei una disgrazia umana. - mi disse lui, quando aveva finito di masticare.
-Cosa? La disgrazia umana sei tu, che rifiuti di mangiare questo ben di Dio.
Cerca di distogliere lo sguardo per non guardarmi negli occhi e questo mi coglie impreparata, non me lo aspetto.
-Era il dolce preferito di me e mio fratello - disse con occhi spenti.
Perché era, Zero? Non riuscii a domandarglielo. E così rimasi muta come un pesce ed impalata a fissarlo. Sentii il bisogno disperato di chiedergli cosa gli fosse preso quella mattina, quando aveva tentato di abbandonarmi, e, più di ogni altra cosa, desiderai chiedergli chi erano i cacciatori. Non era il momento, però, e lo sapevo.
-Mio fratello è morto.
Quella confessione mi spezzò in due.
Fece più male di quanto pensassi. Forse, perché i suoi occhi mi sussurravano di intristirmi. No, mi urlavano, praticamente, di soffrire insieme a lui.
Mi chiesi cosa avesse potuto rendere così brutta la morte del fratello di Zero; qualcosa che, comunque, gli aveva lasciato un segno indelebile.
-Mi dispiace, io...
-Oh, ti prego. Non dire che ti dispiace. - tagliò corto lui, incominciando a camminare lontano da me.
Sentii il mio cuore indebolirsi. Zero era così triste per la morte di suo fratello. Mi era addirittura parso che si sentisse in colpa.
 
Poco dopo ci ritrovammo in sella a Lily, entrambi silenziosi e incapaci di proferire parola. Non avevo idea di come essergli utile, davvero. Mi sentivo semplicemente scavata dentro, vuota.
Era successo tutto in un giorno, un giorno soltanto. Lo avevo conosciuto, e mi ero resa conto di stare bene con lui. Avevo rischiato di perderlo e mi era sembrato di morire. Ma poi lui, complice, era tornato da me, e tutto era ricominciato.
Assomigliava un po' al cerchio della vita, quando tutto comincia, finisce, e risorge di nuovo, facendo continuare il tutto. Solo che, il mio tutto, era durato ventiquattro ore.
Possibile che nell'arco di un tempo così breve si possa anche solo pensare di essere dentro una persona? O solo pensare di entrarci?
 
So I'll just tell you know
This is our final bow
If you don't know the way to
Hold me let me show you how
 
Il cuore di ghiaccio di Zero era impenetrabile, me lo dicevano i suoi occhi viola che a me piacevano così tanto e che tentavo disperatamente di leggere.
Forse furono le stelle, in quel momento, a farmi impazzire. Sì, perché stavo impazzendo.
-Ferma il cavallo, Zero.
-Taci, taci, Mary. Fra un po' saremo a scuola.
Le lacrime mi assalirono.
-Fermalo!
Ma Zero non mi ascoltava. Dio, Dio, quella cazzo di barriera! Non la sopporto, mi impedisce di vederti. Toglila, mi uccide.
-Cerca di stare zitta.
Mi spingi via.
Mi scagliai giù dal cavallo. In un primo momento ci fu solo l'adrenalina, e fui addirittura in grado di alzarmi. Ma solo dopo, quando cominciai a correre in mezzo a un campo di quelli che mi sembravano girasoli, cominciò a bruciare il dolore. Alle ginocchia e al livello della caviglia.
In breve tempo, scorsi un laghetto e fu quella, - oh, sì, lo credo ancora adesso – la pazzia più grande. Mi ci buttai.
Ma per gioco, volevo giocare. Volevo vedere la reazione di Zero e chissà, pensai, forse le ferite mi avrebbero fatto meno male.
Solo quelle alle ginocchia, però. Il resto avrebbe continuato a bruciare...
 
And if this is the end
It's the best place I've ever been
It feels so good to just get lost sometimes
 
Zero
 
Sei uno stronzo. Uno stronzo al quale possono dare la medaglia.
Coglione. Dai, complimenti; posso continuare per tutta la vita, sai?
Io e la mia solita fottuta paura, ci siamo giocati quella ragazza con poche, concise e semplici parole.
Paura di cosa, poi? Che qualcuno sappia il tuo bel segreto? Ma a chi cazzo importa! A lei non ne gliene frega niente. E pensa che ti ha solo detto che le dispiace.
Mi dispiace, io...”.
Non dispiacerti, per una persona come me che in realtà non è una tale. E' una bestia, punto.
 
Questi erano più o meno i pensieri, quando, dietro all'ultimo fottuto girasole, la vidi buttarsi nel lago. Mi gettai nell'acqua fredda, e nuotai come uno spastico fino a vederla, là, con gli occhi chiusi e l'espressione vuota di una persona che ha rinunciato a qualcosa. La vidi e la strinsi a me, consapevole che, forse, l'avevo salvata.
 
La porto in superficie e l'appoggio dolcemente al terreno. E' fredda, non respira e io ho paura.
Che cosa ho fatto?
No voglio nemmeno pensarci. Mi rifiuto di formulare anche un semplice pensiero perché tremo, mi tremano le mani.
Non lei, penso, non Mary. Una ragazza semplice che in un giorno solo mi ha fatto ritrovare il sorriso.
Cazzo, piccola, non mi ricordavo nemmeno come si faceva, a sorridere.
E ho anche il coraggio di chiamarti piccola...mi faccio schifo.
Le scuoto le spalle e la chiamo. -Mary, svegliati. Torna, dai, dai. Svegliati.
Come ho imparato da piccolo da non so chi, Yagari probabilmente, le porto le mani sul petto e comincio a fare pressione. Dovrebbe sputare l'acqua, ma non lo fa e io mi sento il cuore in gola, lo sento distintamente mentre pulsa.
Mi tremano le mani.
-Mary, ti prego. Ti prego.
E mi tremano le mani.
Un ultima spinta. Se non va ora, non va più.
E sputa, tossisce e sputa di nuovo con tutta la forza che ha nel suo corpicino che si contrae e che è spaventato per il trauma che ha subito. Non sa nemmeno lei che cosa ha fatto ma io so per certo che è tornata, la vedo.
 
-Ma sei impazzita? - le urlai, forse troppo vicino al viso. Lei aveva gli occhi rossi non solo per il pianto, ma anche per l'acqua che l'aveva accecata.
-Che cosa stavi cercando di fare, me lo spieghi? - gli chiesi, stavolta senza urlare.
-Per un attimo avevo pensato mi lasciassi annegare...- sussurrò piano.
Non risposi più delle mie azioni. Le presi il viso tra le mani – lo avevo fatto solo un'altra volta, con lei, con Yuuki – e la osservai intensamente.
-Mary, per l'amore di Dio. Non fare mai più una cosa del genere. Sono uno stronzo, ok? Non merito nemmeno che mi ascolti. E invece che cosa fai, ti butti nell'acqua? Volevi morire? Dimmelo, dai.
Le scese una lacrima ma io la asciugai con la punta del dito.
-Ma no, idiota. Volevo solo...lascia perdere. Sei solo un maschietto e certe cose non le capisci.
Non so perché lo feci, non me lo seppi mai spiegare. Ma l'abbracciai.
Sì, la strinsi forte al mio petto e la rinchiusi tra le mie braccia, dove lì era al sicuro e lo sarebbe sempre stata.
-Non farlo mai più.
Le sue mani timide cercarono la mia schiena, e quando la trovarono strinsero forte la giacca.
-Va bene. Scusami, Zero.
 
Una scia.
E' il suo maledetto profumo che è così intenso...
No, tra le mie braccia non è al sicuro. E' tra le braccia del mostro...
Sangue.
-Merda. Tu sei ferita. - dissi staccandomi da lei.
Mary si osservò il ginocchio e sorrise, come per scusarsi.
-Non pensavo di perdere così tanto sangue...ma sto bene, davvero.
Arrancai. E, peggio ancora, mi accorsi che stavo per soffocare. Se le fossi stato vicino ancora un po', avrei rischiato di rivelarle chi ero in realtà...
-Zero, va tutto bene? Sei pallido.
Respirai a fondo. Forza, ce la potevo fare. Ce la dovevo fare.
Mi tolsi la giacca e la avvolsi attorno al suo corpo.
-E' tutto a posto, tranquilla. Però copriti.
-Ehm, grazie, Zero.
-Andiamo all'accademia - proposi io. Ci alzammo insieme, ma lei, malridotta com'era, cadde in avanti e prontamente, la presi tra le braccia.
-Ehi - le sussurrai all'orecchio -vedi cosa significa non pensare a quello che si fa?
-E va bene, e va bene. Hai ragione tu.
-Mi vuoi dire perché l'hai fatto? - chiesi, e la guardai dritta negli occhi. Oh no, non mi sfuggi, pensai. Lei arrossì violentemente e distolse lo sguardo.
-Zero...io, io...io volevo vedere se mi avresti salvata.
Mi fermai di colpo. -Vuoi dire che hai messo a repentaglio la tua vita per una cosa del genere?
-Zero, sono stata una stupida. Lo ammetto, ok? Ma ti prego, non essere arrabbiato con me...e mettimi giù, voglio camminare da sola.
-Ti porto io - dissi impassibile. -Non c'è problema. E comunque sei matta, Mary.
-Lo so.- mi confessò mentre ritrovavo Lily, a pochi metri da dove eravamo noi. Ci aveva raggiunti. Ci aveva trovati, la mia dolce Lily.
 
Only the horses
Can find us tonight
Only the horses
Can bring us back home
Our tracks they will follow
They`ll hear us calling
And save us by morning light
Only the horses
Can bring us back home
Tonight
 
-Alla fine mi hai salvata. - mormorò. -Direi che posso fidarmi di te, adesso.
-Non dovresti - le risposi aiutandola a salire sul cavallo, mentre ricordavo il suo profumo che mi avvolgeva, poco prima, e mi stordiva, crudele. Una volta sopra, cercai di far andare Lily più piano possibile malgrado volesse correre. Avevo paura che Mary potesse sentirsi male, o, non so, svenire da un momento all'altro. Stava perdendo molto sangue...
Non devo pensarci, maledizione.
-Zero, voglio dirti una cosa.
La lasciai parlare.
-So come ci si sente, quando si perde una persona importante. Io ho perso mio papà, quando avevo sette anni.
Le sue parole mi trafissero e mi riportarono alla realtà. Ero stato in grado di ferire quella ragazza non pensando alle conseguenze, dicendole che non poteva capire, o peggio, che non doveva dispiacersi. Anche lei, come me, aveva avuto un grande dolore, lo aveva assaporato ed ora lo stava condividendo con me.
-Oh, Mary. Mary. - dissi piano.
-Che c'è?
-Ricordi quando ti ho detto che sono uno stronzo...
-Oh, Zero, taci, fammi il piacere. - Mi riservo un sorriso dolce. -Non importa. Volevo solo che tu lo sapessi. Sai, non lo avevo mai detto a nessuno.
Ma a me importava, invece.
-Io...io ho visto morire davanti ai miei occhi la mia famiglia. Il dolore è atroce. Forse è per quello che sono così, Mary.
Si era irrigidita sotto le mie braccia che guidavano, ferme. Avvicinai il viso ai suoi capelli fino ad arrivare a toccarli con il mento.
-Siamo così simili, Zero.
Era vero. E non avevo mai trovato una persona che mi assomigliasse così, che mi entrasse dentro così facilmente. Si poteva dire che l'unica amica che avessi avuto era stata Yuuki.
Ora non so più che cosa sei, per me, vampira.
-Tu non sei come me, Mary. Non lo sei.
-Facciamo a gara a chi soffre di più noi due...- cominciò.
Arrivammo alla scuola e diressi Lily verso la stalla. Prendendola di nuovo in braccio, fissai Mary negli occhi e fui sincero come non lo ero stato mai. -Sono stufo di soffrire, però, io.
 
Yuuki
 
Non amavo svolgere le commissioni per i professori. No, non mi piaceva proprio. Erano soliti ordinarmi – ricordandomi che ero una guardiana e, persino, il capo dormitorio – di andare a prendere delle cose che si erano dimenticati, o semplicemente, di fare un giro di ronda per vedere se era tutto a posto.
Più volte mi ero impuntata dicendo che il giro di ronda notturno spettava all'altro guardiano, Zero, ma senza successo.
I professori cercavano di farmi perdere le lezioni, ormai lo sapevo. Non si fidavano di me, o meglio, si fidavano più di Kaname. E si concentrava il fulcro del problema, l'origine del mio dispiacere e della mia assurda vita.
Fu quando arrivai davanti alla stalla che ebbi la certezza che qualcuno mi volesse male. Male davvero.
Zero, proprio come un soldatino, camminava guardando avanti con...la ragazza nuova, Mary, tra le braccia. Se lui avesse avuto un vestitino blu e un mantello rosso, avrei potuto scambiarlo addirittura per Superman, mentre salvava la sua Lois Lane.
Non so che tipo di mostro mi attanagliò lo stomaco, ma in ogni caso cercai di non badarci. Il mio compito era quello di sorvegliare e basta. Dovevo limitarmi a quello e tacere, rimanere buona, e forse aspettare.
Aspettare cosa, poi?
Il mio sguardo e quello di Zero si incrociarono inesorabilmente. Ebbi un fremito, e sperai con tutta me stessa che lui non se ne fosse accorto. Visto che nessuno dei due aveva abbastanza palle per parlare, cominciai io, da perfetta guardiana.
-Ciao, Zero. Ciao...Mary, giusto? Sei quella nuova.
Lei annuì e il mostro si fece sentire più forte di prima.
-Vedo che svolgi il tuo ruolo di guardiano come si deve, Zero - mi rivolsi al cacciatore sorridendo. -Mary, non si può girare di notte, qui.
-Penso sia l'unica cosa che ho imparato da quando sono qui. - disse in tono distaccato.
Poi, leggero e fresco, arrivò l'odore del sangue. Non apparteneva a Zero, per cui dedussi che, quella ferita, doveva essere Mary. Mi avvicinai subito ai due.
-Mary, sei ferita?
-Oh, ehm...
Troppo, davvero troppo tempo per rispondere.
-E' caduta da cavallo mentre facevamo un giro, in paese. Niente di che, ok? - disse Zero in tono scocciato. -Ora vado in infermeria.
Non me la bevvi.
Quando mi passò di fianco, gli afferrai un braccio.
-Ti accompagno.
Mi sentivo gli occhi di Mary addosso. Invece, il guardiano continuò a guardare avanti, impassibile.
-Non ce n'è bisogno.
Oh, sì, invece.
-Col cavolo, ho detto che vengo - gli dissi lanciandogli un'occhiataccia, che stava a significare: Ehi, sei tu quello che davanti alla vista del sangue impazzisce.
Con me davanti e Zero con in braccio Mary dietro, ci incamminammo verso l'infermeria. Una volta arrivati, trovammo mio padre seduto su un lettino.
-Ragazzi miei, va tutto bene. L' infermiera ha insistito per controllare il braccio, che va molto meglio. E voi? Non ditemi che vi siete cacciati nei guai.
Fu Mary, a parlare, mentre Zero la adagiava su un altro lettino.
-No, no direttore, è tutto a posto, davvero. Sono caduta da cavallo e basta. Ma è un graffio, passa subito.
Papà fece scorrere lo sguardo tra me e Zero, preoccupato delle nostre reazioni. Stranamente, eravamo entrambi tranquilli. Io sapevo perché il sangue di Mary non mi faceva eccitare, era semplice. Non era quello del nobile Kaname.
O quello di Zero, per fare un esempio.
Mi sentii avvampare.
-Molto bene, cara Mary. Ora noi ti lasciamo riposare. Quando ti senti pronta, vorrei affrontare con te il discorso che avevamo cominciato.
Non capii e guardai mio padre con sguardo perplesso. Uscimmo tutti dalla stanza, rimanendo in corridoio, ma Zero, invece, si fermò sulla soglia. Per le mie orecchie da vampiro, non fu difficile distinguere un “Buonanotte, Mary”.
E il mostro mi divorò completamente.
.
.
.
La canzone che accompagna il capitolo è “Only the Horses”, dei Scissor Sisters. E' attualmente la mia canzone preferita e quando l'ascolto non posso fare a meno di pensare alla scena di Zero e Mary su Lily. *Me sorride timidamente* La scena del cavallo, sì, è così che la chiamo.
Come al solito, scusate il ritardo (sono imperdonabile, lo so!) e grazie per esserci.
Un abbraccio stretto,
Vostra
Je <3

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Capitolo 12
*** Inutile mentirti ***


Capitolo 11

Inutile mentirti

Yuuki
 
-Dovrei bocciarti, piccola mia. Hai lezione, no? - mi chiese mio padre distraendomi.
-A dire la verità, è stata la professoressa di giapponese a mandarmi a fare un giro di ronda. Non è stata una mia iniziativa.
-Yuuki, ci caschi sempre. In quanto guardiana ho chiesto io ai professori di mandarti ogni tanto a fare un giro di ronda...non sono mica arrabbiato.
-Ma la sera c'è Zero, io al massimo sono di ronda la mattina...- cercai di dire un po' sulla difensiva.
-Non ti fidi di me. - Quelle parole mi parvero rame affilate. Erano arrivate dalle labbra di Zero, rivolte a mio padre.
-Non sono io a non fidarmi di te, piccolo Zero. Siete voi a non fidarvi di me.
La tranquillità con cui Kayen Cross rispose mi fece gelare il sangue.
Lo aveva capito. Aveva capito che l'associazione non si fidava più di lui.
Negli ultimi tempi io e Zero eravamo stati convocati spesso in riunioni dove si discuteva del problema di Kaien, problema che in poche parole era riassumibile nel fatto che l'associazione non credeva più possibile fidarsi di lui...per motivi ovvi. Perché era mio padre. Perché si fidava di Kaname. E soprattutto perché aveva coperto i nostri sentimenti e li aveva incoraggiati, un po' come quando si soffia su una fiamma per incrementarne la grandezza.
Io e Zero ci guardammo per un assurdo istante, nel quale entrambi cercammo rifugio.
-Siamo tutti nella stessa barca, direttore. Tutti. E io non ho mai detto che non mi fido di te...
-Parla piano, Zero.
-Perché? Lei non può sapere? Oh, si, cazzo. E' sua sorella. Potrebbe spifferare tutto.
Mi sentii morire. Zero prendeva ogni occasione gli si presentava davanti per deridere me e Kaname.
Per lui, non sono niente.
-Zero, non qui. Per favore, per favore. - mormorai io.
Mi guardò e mi trafisse.
Mi ricordo di quella volta, Zero, quella volta in cui tu mi avevi preso il polso e avevi bevuto il sangue da lì, senza badare al perché o a dove eravamo, o al fatto che Hanabusa potesse vederci perché era nella stanza accanto. No, tu volevi provare e basta.
Io ti avevo guardato e avevo giurato che non mi sarei mai dimenticata dei tuoi occhi, perché era impossibile sottrarmene. E anche adesso non riesco a fuggire da te, perché credo di essere dentro di te, se questo mi è possibile.
-Ragazzi, basta. - irrompé mio padre. -Andiamo nel mio ufficio e cerchiamo di parlare lì, qui non ha senso.
Basta, guardarmi. Basta perché mi fai male, vorrei dirtelo, ma cammino vedendoti le spalle, spalle nelle quali un tempo, quando ero innocente e ingenua, mi ero immersa volentieri.
Il mostro che sento dentro di me piange, adesso. E' una bestia diversa da quella di prima e fa anche più male.
Mi manchi da morire, Zero.
 
Zero
 
-Guarda che io non voglio litigare, Zero. Il discorso lo hai tirato fuori tu.
Ero stanco, stanco e basta. Un po' per Mary, un po' per quello che era successo in corridoio con Yuuki. Ma dovevo stare lì comunque, a sorbirmi la ramanzina del mio santo paparino che non la piantava mai, mai di essere onnipresente. La purosangue, in un angolo della stanza, ascoltava senza parlare, probabilmente perché l'avevo ferita abbastanza.
Il messaggio era arrivato.
-Io non posso dirti niente. - mormorai, passandomi distrattamente una mano tra i capelli. Un gesto che per me era sinonimo di esasperazione, stanchezza, e forse anche un po' di frustrazione. Quelli erano stati giorni pesanti.
Il direttore mi guardò con aria perplessa.
-Ah, Dio! - sbottai. -Non posso parlare, ok? Mi stai mettendo in una posizione scomoda, Cross. E non è tanto per...lei. - continuai, indicando Yuuki.
-Ho capito, ho capito. Non chiederò altro. Però...
-Però che, Cross?
-Chiedile scusa, Kyriu.
-Mmmh? -subito non capii. O forse non volli capire.
In realtà, sia Cross che Yuuki sapevano com'ero fatto, a volte parlavo a vanvera. E così era successo poco prima. Avevo rovinato tutto, come al solito.
Guardai Yuuki, raccolsi il coraggio e feci un passo indietro, per prendere la rincorsa. Avrei potuto dire che non volevo, avrei potuto deriderla come era facile fare. Ma lei avrebbe letto l'ingiustizia e la bugia nelle mie parole, false come Satana.
-Scusami, Yuuki - biascicai. E per fortuna, lei non rispose.
-Posso andare, adesso?
Avevo i vestiti ancora umidi e avevo bisogno di una doccia, di una doccia calda.
Guardai Yuuki, che si era alzata e si era avvicinata a noi.
Non ti avvicinare troppo, piccola. Perché se fossi furbo, ti porterei in quella fottuta doccia con me. E...sai cosa ti farei, Dio.
-Aspettate un attimo, tutti e due. Non vi ho fatto venire qui per niente.
Sbuffai sonoramente.
-Beh, ormai l'anno è cominciato e tutto sta procedendo bene. Ma come sapete, come tutti gli anni, è necessario fare una festa, per celebrare l'inizio delle lezioni.
Misi le mani sui fianchi e sbarrai gli occhi. Dopo tutte le vicende che avevano contornato la scuola, dopo tutto quello che stava succedendo, Cross chiedeva...una festa?
Davvero, non capivo.
 
Yuuki
 
Scusa, Yuuki.
Non fu tanto il tono in cui lo disse, ma gli occhi che usò per arrivarmi in fondo all'anima. Mi aveva scavata dentro, come al solito, sciogliendo anche quel briciolo di odio che avrei potuto provare nei suoi confronti. Perché ogni volta che pensavo non ci fosse più niente da fare, lui, con le sue parole che forse erano bugie, ricostruiva tutto, illudendomi, ancora e ancora.
 
-...per celebrare l'inizio delle lezioni.
Subito mi sembrò un'idea inutile. Con tutto quello che stavamo attraversando, dubitavo fortemente che riuscissimo a trovare il tempo per fare una festa, per il divertimento.
Poi, però, pensai a Kaname. Lui aveva sempre lottato per permettere che la festa di inizio anno fosse bellissima, l'aveva sempre resa particolare e unica. Io ero colei che lo sostituiva, e in quanto tale, mi sarei dovuta impegnare al massimo.
Lo faccio per te, sia chiaro.
-E'...che sono un tantino stufo di fare sempre il solito banchetto al quale partecipano sia la day, che la night. Vorrei cambiare. - continuò mio padre, con aria assorta. Dietro i quegli occhiali, quei fondi di bottiglia enorme che ormai avevo imparato ad amare, scorsi il mio dolce direttore preoccupato di non riuscire a trovare un' idea carina per cominciare al meglio le lezioni anche di quell'anno.
Ed ebbi un'idea.
-Potremmo fare...un ballo.
-Un ballo?
-Un ballo, sì. Di quelli dove le donne ballano con gli uomini, papà. Non so se hai presente. - ridacchiai, strappando un sorriso anche a Zero. Un momento che credo non avrei mai dimenticato.
-Beh, tesoro, è un'idea a dir poco favolosa...
-Voi due siete matti. - irrompé Zero, tornando serio. I suoi sbalzi d'umore mi facevano venire il mal di testa. -Vi siete dimenticati che cosa è successo all'ultimo ballo al quale hanno partecipato Vampiri, umani e Hunter?
Era ovvio che si riferisse all'omicidio del compagno di Sara Shirabuki, Ouri. Infatti, all'ultimo ballo al quale avevano partecipato i membri appartenenti alla società dei vampiri, – tra le altre cose, il ballo in cui io ero stata presentata come vampira purosangue davanti a tutti - ci era scappato un omicidio. L'omicidio che ancora adesso macchiava la figura di Kaname e la rendeva colpevole agli occhi di tutti.
Nessuno avrebbe potuto dimenticare l'accaduto, era ovvio, trasparente. Ma non potevamo di certo continuare a ignorare la convivenza tra umani e vampiri così, come se fosse un impiccio, una cosa imposta e dovuta.
-Zero. Siamo tutti sconvolti, per quello che è successo a quel ballo. Ma nella scuola ci saranno i controlli, ci saremo io e il direttore...
-Chissà perché, non mi sento molto sollevato. Davvero Yuuki, sei convinta di poter salvare il nostro mondo? Il nostro mondo sta morendo. Sta crollando in qualcosa di corrotto e oscuro, e tu non puoi farci nulla. Non puoi salvarci, Yuuki.
Un momento di pausa, nel quale ci guardammo con intensità.
-E non lo vedrai mai tornare da te. Lui non tornerà più.
-Zero... - sussurrai impercettibilmente. Mi sentii male; quasi privata di una parte di me stessa.
-Così mi uccidi, Zero.
E assaggiai il sapore di una lacrima amara.
Fu in quel momento che mio padre arrivò, silenzioso, e mi mise una mano sulla spalla.
-Il ballo si farà domani sera, Yuuki. Stai tranquilla. E, Zero...tu lo sorveglierai. Dimmi pure che ti faccio schifo e che non ti fidi più di me...non m'importa. Lo sorveglierai.
Non volli sentire una parola in più, né da mio padre, né da Zero. Mi recai silenziosamente in classe e presi posto tra i miei compagni.
Ebbi il coraggio di sentirmi sola, anche se ero effettivamente circondata da un gruppo numeroso di vampiri.
Non solo. Ebbi la certezza che qualcosa di folle ed indefinito si fosse spezzato definitivamente tra me e Zero. Più tardi, solo quando sarei stata raggomitolata sotto le coperte, avrei trovato la forza di piangere e disperarmi, lo sapevo.
Per il momento, mi limitai ad ascoltare la lezione, tenendo gli occhi bassi e immaginando di trovarmi tra le braccia del mio Principe, l'unico che in quel momento avrebbe potuto capirmi e consolarmi, semplicemente.
 
Mary
 
Il mattino seguente, fui svegliata dai leggeri raggi si sole che mi colpirono in pieno volto. Fu un risveglio caldo e piacevole, accompagnato dal profumo di una colazione calda, che arrivava da un vassoio sul comodino alla mia destra.
Ovviamente, starnutii. Era la punizione per essermi gettata in acqua senza pensarci, lo sapevo. Per cui non mi lamentai.
E, in un batter d'occhio, mi resi conto che avevo voglia di vederlo.
Avevo voglia di vederlo.
Mangiai poco e di malavoglia, e poi, cautamente, cercai l'infermiera e le dissi che potevo benissimo andare a lezione. Da buona lavoratrice qual'era, mi disse di stare attenta sulla via del ritorno.
Fu circa a metà strada, che incontrai Yori.
-Mary, buongiorno. Dormito bene?
-Benissimo, anche se, non ci crederai, ho passato la notte in infermeria.
Le raccontai cosa avevo combinato la sera prima, tralasciando il particolare del lago e del quasi annegamento. Alla fine del resoconto, la mia nuova amica era convinta che io fossi caduta da cavallo perché ero maldestra.
-Oh mio Dio. Non ci posso credere. Zero ti ha portata in infermeria?
-Sì, perché? Non è così male come cerca di far credere.
Yori si fermò a riflettere sulle mie parole. -In fondo, è vero, Mary. - disse infine. -Ma di solito è difficile vederlo così aperto, credimi.
Su due piedi, fui convinta che il mio fosse un piccolo miracolo. Ma era vero: ero davvero convinta che Zero cercasse di nascondere chi era veramente, innalzando una barriera impenetrabile che sì, mi spaventava, ma che lo rendeva fragile e intrigante al tempo stesso.
Ero letteralmente stregata da lui.
 
La mattina passò in fretta, tra lezioni e recuperi; finita scuola, avevo avuto un po' di tempo per stare con Yori in biblioteca, e fu lì, che lo rividi.
-Ciao, Zero. - salutò Yori.
Con un buon ritardo, captai che lui si era seduto vicino a me. Non potei fare a meno di incontrare i suoi occhi e di arrossire, un pochino.
-Yori. - disse fissandomi intensamente.
-Ciao, Mary. - mi salutò poi.
Dio mio, Dio mio.
-C-ciao.
-Non ti ho visto stamattina, a lezione - cominciò Yori, rivolta a Zero.
-Solite commissioni, niente di che.
-Capisco. Beh, io ho delle cose da fare. Zero, te la lascio.
Fu così che Yori mi lasciò sola con la creatura più affascinante e spaventosa della terra.
Mi incantai a fissarlo, notando che sì, c'era qualcosa che non andava, in lui. In un attimo, folle ma giusto – almeno da quanto sentivo dentro di me – gli strinsi una mano tra le mie. Era gelida.
-Va tutto bene?
Accennò un sorriso.
-Non proprio. Ma dovrei essere io a chiedere se stai bene tu.
-Beh...sto meglio. Dai, non mi è successo nulla, e lo sai anche tu. Anzi...grazie ancora, Zero.
-Che sia chiaro, non farlo mai più.
-Tranquillo. Non amo fare pazzie. E adesso dimmi cos'hai.
Era molto a disagio, lo potevo notare. Respirò e inspirò a fondo almeno tre volte, prima di cominciare.
-E' stato indetto un ballo, Mary. Domani sera.
Quasi gli scoppiai a ridere in faccia.
-E tu...tu sei preoccupato per questo. Dio mio, Zero.
-Credimi, Mary. Credimi se ti dico che non sai niente e che non puoi parlare. Non puoi capire.
Sottrasse la sua mano, e lo sentii allontanarsi da me.
Di nuovo, mi sentii quasi male, a dover sostenere il suo sguardo. Ogni sua parola, ogni suo gesto, mi uccidevano. Possibile che fosse così...cattivo?
-E' questo, il problema, Zero. Io non capisco. E se continui ad alzare una barriera tra di noi, non capirò mai. Mai.
Mi alzai in piedi, continuando a lottare con le lacrime, che minacciavano di uscire.
-Aiutami a capire, Zero. - mormorai.
-Oh, Mary. Se solo potessi...se solo potessi dirti tutto, sì tutto. Ma non posso.
Ebbi la sensazione che quel tutto si riferisse a ciò che avevo trovato scritto nel suo biglietto. Alla storia assurda dei cacciatori che sì, in qualche modo era legata alla morte di mio padre. Certo, Zero faceva parte di qualcosa di grande, di molto grande. Più grande di me, e di lui stesso.
-Non mi importa, davvero. Va già meglio così. Vorrei solo, Zero, che non continuassi a...spingermi via. Perché fa male.
-Lo so. Scusami, Mary. Davvero.
E così si riavvicinò a me e, stavolta, fu lui a prendere la mia mano tra le sue.
 
Avevamo cominciato a camminare verso quello che era il corridoio della mia stanza, dopo aver parlato delle lezioni, dei compiti e anche di quello che era successo il giorno prima. Zero sembrava essersi rilassato, e non mi chiedeva più come mi sentivo. Perché a dirla tutta stavo bene.
Tenevo al petto i libri che avevo usato quella mattina, e stavo attenta a fissarli molto intensamente, in modo da non cedere alla tentazione di guardare i suoi occhi.
-Odio i balli. L'unico a cui ho partecipato, è stato un disastro, di là, a casa mia. - borbottai, più a me stessa che al ragazzo che passeggiava al mio fianco
-Per via di balli, non so chi di noi due sia messo peggio, Mary. Li odio anche io.
In un mondo ideale, avrei dovuto trovare il coraggio di chiedergli di venirci con me. Ma visto che coraggiosa non ero, - normale nemmeno – mi cucii la bocca.
-Quanto tempo ho per trovare il vestito adatto?
-Domani pomeriggio il direttore sospende ogni attività, per lasciare che i ragazzi si preparino al meglio.
-Bene. Spero che Lily mi voglia ancora, perché penso di usare lei per andare in paese.
-Vedi di non cadere nel lago.
-Sei uno stronzo, lo sai, Zero?
Mi mise una mano sulla testa e mi accarezzò leggermente. Mi sentii quasi una bambina, dolce, protetta, incantata dal suo sguardo e dalla sua figura.
-Dico sul serio. Quando sei caduta, ieri, mi sono sentito...
Morire, Zero? Ti sei sentito morire? Probabilmente è come mi sento io, adesso.
-Starò attenta, ti basta? Buona serata. E...grazie.
Non ebbe il tempo di rispondermi, che gli sbattei praticamente la porta della mia camera in faccia.
 
Come aveva anticipato Zero, il pomeriggio seguente ci fu lasciato libero, in preparazione al ballo. Non ero nata per essere una stella, nelle serate di gala: ciò che avevo detto al guardiano era vero, odiavo i balli. A quello a cui avevo partecipato a Londra ero andata solo per fare un piacere a Hannah, la mia migliore amica. Ricordo ragazzi ubriachi e gente che manco conoscevo farmi la corte e trascinarmi in pista da ballo come se fossi stata un burattino. Uno schifo, insomma. Beh, avevo promesso a me stessa e a Hannah che non sarei andata a nessunissimo altro ballo di gala.
Ma, in cuor mio, sentivo che questo sarebbe stato diverso.
Fu Yori ad accompagnarmi in un negozio molto semplice, dentro il quale, secondo lei, avrei trovato di tutto. Optai per un vestito poco elaborato, di colore rosa, che rispecchiava il mio carattere, in tutto e per tutto. Privo di fronzoli ed eccessivi ricami, ma romantico e leggero al punto giusto.
Non capii il perché e non volli mai saperlo, ma, mentre provavo il vestito che era stata la mia scelta, desideravo con tutta me stessa che piacesse a Zero.
Mi sarebbe bastato, credo di sì.
.
 
.
 
.
Finalmente cominciano a vedersi le crepe nell'animo tranquillo di Yuuki. Il mostro che la divora e che poi piange...il suo bisogno di tornare a essere quella di una volta con Zero. Insomma, questo per dirvi che la storia sta arrivando a un punto di svolta. Piano piano...ma ci sta arrivando.
A sì! Vorrei chiedervi un favore enorme. Io non sono in grado di creare banner, ma vorrei tanto che la mia storia ne avesse uno. Qualcuna di voi li sa creare? Se sì, basta che me lo dite e possiamo discuterne privatamente. Vi prego aiutatemi, io e la tecnologia proprio penso che non ci piaceremo mai!
Un bacio,
Vostra
Je <3

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Capitolo 13
*** Vola ***


Capitolo 12
Vola
 
...
Muoveva e orchestrava attentamente i suoi scacchi il Vampiro. Ma cosa dico? Il Vampiro?
Lui è ben altro, davvero. Lui è il Nobile, il principe di tutti i vampiri.
Stava attento ad ogni mossa, perché sì, non poteva permettersi di sbagliare. Se lo avesse fatto, avrebbero pagato tutti, lui compreso.
Ma Dio...lui, quel Kiryu. Non lo lasciava vivere.
Non passava istante in cui Kaname Kuran non pensasse alla sua bella, che in quel momento era molto lontana da lui. Sfuggente, come una foglia appassita che cade da un albero in pieno inverno. Tu la raccogli e lei ti si sgretola tra le mani.
E quindi Kaname se ne stava lì, a osservare Yuuki che finiva nelle braccia di quel Kiryu, troppo stupido e troppo orgoglioso per capirlo o anche solo per sperarci. Quel giorno, quel giorno, sì, in cui il Nobile era tornato a scuola, lo aveva visto chiaramente. Aveva visto chiaramente lei nelle braccia di lui.
E aveva avuto paura.
Kaname... un vampiro non ha mai, mai paura. E tu lo sai.
Eppure, l'aveva vista scivolare via da lui molte volte. Perderla di nuovo l'avrebbe ucciso, stavolta, e lo avrebbe fatto fatalmente.
Ma Kuran non voleva morire. Non ora, non ora che amava.
Perché? Forse perché voleva soffrire ancora un po'.
Sì, voleva vedere la sua principessa ancora un po' legata a Kiryu, mentre lui, il Nobile, ogni giorno moriva dentro sempre più, non potendo fare niente.
Niente.
 
Mary
 
Sarebbe stato bello dire che quella sera ero pronta per il ballo; peccato che non lo fossi nemmeno un pochino. Ero rimasta in giro con Yori fino a tardi perché tutto -ma proprio tutto, Dio mio- fosse perfetto, e non avevo avuto il tempo materiale per prepararmi psicologicamente a ciò che avrei dovuto affrontare.
Peggio ancora: non ci sarebbe stata Hannah, a sostenermi. E lei c'era sempre, quando c'erano i balli. Quindi, punto primo, aveva un grosso problema.
I nervi.
Alle sette e mezza precise, Yori bussò alla mia porta e si presentò davanti a me già pronta e sistemata. Ammisi che era perfetta, mentre praticamente mi stavo infilando il vestito.
Furono le sue dolcissime parole (non oso ripetere quali) a farmi svegliare fuori, perché, ecco, ero leggermente in ritardo.
E' solo uno stupido ballo, mi ripetei.
Uno. Stupido. Ballo.
Provavo a vederla sotto questo punto di vista, ma mi era impossibile non pensare continuamente a una cosa, una cosa inevitabile. Al ballo c'era Zero. E non andava bene, no.
Circa venti minuti dopo l'arrivo di Yori, potevo considerarmi quasi pronta. Quasi, perché ero ancora in un completo stato di trance.
-Sei bellissima - disse la mia amica, convinta.
-Non è quello il punto. E' che sono nervosa, non ce la faccio.
-Dio mio, Mary. Non andiamo al patibolo, andiamo a divertirci. E ti assicuro che in questa scuola, eventi come questi succedono raramente.
Grazie a Dio.
Al mio vestito, al quale ormai mi ero abituata, avevo abbinato delle scarpe non troppo alte di colore nero, e, sotto il consiglio di Yori, portavo un copri spalle dello stesso colore. La borsa non serviva, per cui viaggiavo leggera.
Ah, sì, solo una cosa. Il medaglione lo avevo tenuto.
Cominciammo a scorgere diversi ragazzi poco prima della zona in cui il ballo avrebbe preso luogo. Il rinfresco e la pista erano all'aperto, di fronte a quella che era la sede principale della scuola stessa.
Quella sera mi sembrò tutto più semplice, almeno per quanto riguardava le relazioni fra gli studenti. Non c'erano più stupide divise che ci separavano; c'eravamo solo noi, solo noi con i nostri vestiti bellissimi.
Alla festa era già arrivata molta gente. Cercai immediatamente i suoi occhi, ma non li trovai, per cui in un primo momento fui addirittura capace di rabbuiarmi.
Yori probabilmente se ne accorse.
-Va tutto bene?
-Benissimo. A parte il fatto che non mi sento proprio a mio agio e, sì, vorrei scappare.
-Dio, che scortesia - intervenne una voce roca ma meravigliosa, soppesata al punto giusto. Mi voltai e ebbi un forte impatto con due occhi oceano bellissimi, un po' più scuri dei miei.
Dovevo aver fatto una faccia piuttosto sconvolta, perché il biondino si affrettò a scusarsi.
-E' solo che, piccola, devi avere un po' di pazienza. Con calma ti abituerai.
Era incredibile come quel ragazzo si sentisse a suo agio mentre parlava con me, cordiale ed estremamente ponderato. Ma il piccola un po' stonava.
-Comunque, mi chiamo Hanabusa Aidoh. Sei nuova?
Annuii. E lui sembrò non capire.
-Hai perso la lingua, piccola?
-Piantala di chiamarmi piccola. Ce l'ho un nome, mi chiamo Mary. Usa quello.
Yori, al mio fianco, soffocò una risata.
-Ti è andata male, Hanabusa. Come vedi, Mary è una forza. - lo provocò lei.
-Puoi dirlo forte, Wakaba! Mi piaci, Mary. Sei una forza, davvero.
Fummo raggiunti anche da un una coppia di ragazzi, entrambi perfetti, proprio come Aidoh. Il ragazzo era alto e portava i capelli a spazzola, di un colore rosso scuro. I suoi occhi assomigliavano molto ai miei, con l'iride che a fatica si distingueva dalla cornea. Lei, la ragazza-bimba, era piccola e adorabile con il suo vestitino lilla, e con due codine bionde che brillavano nel buio.
-Ciao - disse neutra la ragazza. -Devi essere quella nuova. Io sono Rima, e questo è Shiki.
Cominciai a ripassare in testa i nomi che mi erano appena stati detti. Mi limitai a salutarli a mia volta.
Entrambi sembravano annoiarsi, ma bastava guardarli insieme, per capire che si completavano a vicenda. Forse, però, nessuno dei due aveva abbastanza coraggio di dirlo all'altro. Non mi pareva, infatti, che stessero insieme.
-Ehi, la musica! - esclamò Aidoh, mentre partiva un lento piuttosto conosciuto anche a Londra.
E così, il biondo si dileguò, seguito da Shiki e Rima, che già si tenevano per mano dirigendosi verso la pista, dove poco dopo volteggiarono insieme.
-Non balli, Mary? Penso che un sacco di ragazzi non vedrebbero l'ora di danzare con ...la ragazza nuova.
-Per ora no. Tu?
-Io sono un tipo che preferisce osservare. E poi, aspetto Yuuki.
Oh, merda. La guardiana. L'unica che fosse in grado di capire Zero.
Mi chiesi in che modo lo capisse.
Fui distratta dai miei languidi pensieri, quando molta gente di fronte a me cominciò a mormorare una serie di “Shhh” fastidiosi. Non capii perché ci fosse tutto quel trambusto.
Poi, avvicinandomi all'entrata principale della scuola insieme a Yori, notai che da essa stavano uscendo Yuuki, il direttore e...
Zero.
 
Tutti e tre, nessuno escluso, erano semplicemente perfetti. Anzi, questa parola li avrebbe offesi. Il direttore era davvero molto elegante nel suo abito da sera; quasi giurai di dargli dieci anni di meno.
Yuuki pareva una dea, nel suo abito blu a palloncino, con i guanti in pizzo bianchi, perfettamente abbinati alla rosa che portava tra i capelli lunghi e lasciati liberi.
Era bella da impazzire.
Ma c'era qualcuno, dal quale non riuscivo a distogliere lo sguardo. Che, a quanto pareva, mi stava osservando a sua volta, in silenzio, accennando un sorriso.
Dio mio, sei bellissimo, sei bellissimo, Zero Kiryu.
-Ecco i guardiani. - disse qualcuno.
Ma io mi ero già persa nell'infinito mondo che erano i suoi occhi.
Perfetto, Mary. Sei nei guai. Ti ricordo che sei venuta qui per trovare il tuo passato, e non per...
Per cosa, poi?
Mi girai di scatto e cercai di allontanarmi dalla folla. Volevo aria, aria fresca, ossigeno puro che mi avrebbe riempito i polmoni e fatta respirare, per quanto bastava.
Era incredibile come quel ragazzo fosse capace di incatenarmi semplicemente con uno sguardo. Ma almeno, mi aveva vista? O in mezzo a quella folla io ero solo una delle tante? A quel pensiero mi raggelai.
Avrei giurato che mi avesse addirittura sorriso. Quel suo sorriso raggiante che voleva dire tanto, che a Yuuki non riservava mai, e io me ne ero già accorta.
Ovviamente, Yori venne subito a cercarmi.
-Mary! Dio mio, non ti vedevo più. Di là iniziano a ballare, non vieni?
Magari potessi venire e...ballare con lui.
Sì, Mary, sogna.
-Vengo, Yori, vengo.
Mi prese per mano e mi trascinò in mezzo alla pista da ballo. Intorno a noi volteggiavano coppie fantastiche, e immaginai, senza però dirlo ad alta voce, che molte di queste erano formate da persone appartenenti a classi diverse. D'altronde, se non a un ballo, quando day e night class avrebbero potuto condividere qualcosa insieme?
Da non so dove, spuntò nuovamente Aidoh. Mi sorrise, ma il suo fu un sorriso malinconico. Ebbi la brutta impressione che qualcosa, in lui, non stesse andando per il meglio. E ne fui spaventata.
-Mary, ti andrebbe di ballare? Sarebbe un onore avere la possibilità di avere il tuo primo ballo, qui.
Prima mi era sembrato un ragazzo strafottente e impulsivo, ma ora, ora che vedevo i suoi occhi tristi molto meglio, mi sembrava addirittura...una creatura da proteggere. Tuttavia, spesso le prime impressioni sono quelle che valgono sempre.
-Grazie ma no, Aidoh. Però...potresti invitare Yori.
Il ragazzo biondo la scrutò da capo a piedi. Fece un gesto di consenso –nel suo piccolo Yori era uno schianto, secondo me - e poi parlò con il tono più altezzoso che avessi mai sentito.
-Wakaba, ehm, balli? O mi dai buca anche tu?
Yori ridacchiò, ma poi prese la mano di Aidoh.
-Un ballo solo, però, Hanabusa. Credo che possa bastare.
Lei si girò, mi fece l'occhiolino, e poi si lasciò portare dal suo cavaliere in un mondo ben lontano dal mio. Io rimanevo al centro della pista, osservando tutti che a loro volta mi guardavano e sussurravano cose. Probabilmente si chiedevano da dove venissi, quanti anni avessi, come mi chiamassi e magari da chi avessi ereditato i miei occhi spaventosi.
Eppure...da quando ero lì avevo incontrato molte persone, e nessuna di loro si era dimostrata particolarmente fredda, nei miei confronti. Erano tutti così gentili, così...perfetti, dannazione, da farmi desiderare di rimanere lì per sempre.
-Pensavo di aver sbagliato persona. Invece...eccoti qui.
Quella voce...un sussurro, un peccato nella luce.
Dio, non può essere.
Mi voltai e me lo ritrovai di fronte, e, stavolta, quasi non svenni veramente.
-Mi prendi in giro, guardiano?
Zero rise, e io non mi sentii più lo stomaco.
-No, non è quello, Mary. E'...che sei diversa. Come dire...sei bellissima.
Come dire...sei bellissima.
Avrei potuto scappare. Avrei fatto in tempo, davvero. Peccato che non ne trovassi la forza.
E allora rimani ferma lì come un pesce, idiota, mentre lui
-Grazie. Ma non mi convinci.
-Mmmh?
-Mi avevi detto che i balli non ti piacevano, vero? Bene. Quindi...ti lascio annoiare.
Vorrei chiedergli di ballare, Dio mio. Stasera sarebbe perfetto e avrebbe senso. Ma sono codarda, troppo, e non trovo il coraggio di farlo. E come al solito, spreco ogni occasione.
Zero mi afferrò un polso, costringendomi a guardarlo.
-Zero, cosa c'è?
 
Cosa c'è? Dimmelo. Dimmelo.
-Niente, scusami. E...comunque, stasera sto lavorando. Altrimenti non sprecherei di certo le mie serate qui.
Certo, non le sprecherebbe mica insieme a te, Mary. Non so nemmeno se ci avevi sperato. Però un po' ti fa male, lo senti?
Tolsi la mano e smisi di guardarlo.
La musica smette, tutti ci guardano. Mi sento piccola e indifesa in un mondo troppo grande, troppo...importante.
Io non sono nulla.
-Divertiti, stasera. - dice lui. Con quel tono monotono che appartiene a chi non crede più in nulla, in nulla, Dio mio.
Ma stavolta sono io a guardare lui, e a costringerlo a distogliere lo sguardo. Ma non va via, no, il guardiano. Rimane lì perché aspetta qualcosa. E, come al solito, sono le donne che si devono dare una mossa al posto dei maschietti.
 
Tesi la mano verso di lui. Avrebbe dovuto solo afferrarla e accettare. O anche mandarmi via e lasciarmi vuota. A lui l'ardua sentenza, insomma.
-Zero.
Lo vedo sussultare.
-Balla con me, Zero.
La folla improvvisamente sembra essersi fermata. Il tempo non scorre più, persino la musica ha perso valore. Ora, solo lui e solo il suo verdetto hanno senso, per me.
Sorride in modo sghembo e maldestro. Che c'è, Zero, la mia domanda ti imbarazza?
-Non so ballare. - mormora.
-Non ci credo - dissi ancora a mano tesa.
Uno, due, tre, quattro. Mi sembra di svenire mentre conto i momenti che ci mette a rispondermi. Uno, due, tre, quattro.
Esattamente quando cominciò un nuovo ballo lento -sì, potrei scommetterci, è stato in quel momento, come nei film- mi afferrò la mano dolcemente. E, tra gli sguardi stupiti degli spettatori, il mio cavaliere cominciò a farmi sentire la sua principessa.
Non ero molto esperta di ballo: del walzer, sapevo solo che la mano sinistra andava appoggiata sulla spalla dell'uomo e, invece, la destra andava intrecciata alla sua, di mano. Sai che roba, lo sapeva anche una bambina.
Ma, come doveva essere, fu lui a guidarmi. E io mi lasciai guidare, imparando a danzare in pochissimo tempo. E un po' mi arrabbiai.
-Mi hai mentito -dissi circa a metà canzone.
-Cosa?
-Dai, Zero. Balli benissimo. Tra i due, la novellina sono io.
-Non sei così male. Guarda.
Mi prese per i fianchi e mi fece volteggiare a mezz'aria. Fu una bellissima sensazione, anche se a piroetta finita, stavo quasi per cadere. Per fortuna il mio cavaliere non mi lasciava mai.
-Dio, Zero! E' stato bellissimo! Lo rifacciamo?
-Oh, Mary. Sei unica. Comunque, se salti mentre ti tiro su, vedrai che vai molto più in alto.
-Mi stavi proprio prendendo per i fondelli, cinque minuti fa. Sei un ballerino nato.
Distolse lo sguardo, improvvisamente triste. E io volli rimangiarmi le parole.
-Tutto bene, Zero?
-Va tutto bene, Mary. Ma...devo andare, ora.
-Andare? Andare dove?
-Non posso spiegarti. E'...stato bello, ballare con te, Mary.
Per un attimo mi rifiutai di capire cosa mi aveva appena detto. Poi scattai, circondandogli il viso con le mani.
-Sei sicuro che vada tutto bene, Zero?
Ero davvero preoccupata. Lui chiuse gli occhi e mi afferrò le mie manine con le sue.
-Sì, piccola. Davvero.
E poi se andò. Se ne andò veramente.
 
Yuuki
 
I polmoni non rispondono più. La testa, non risponde più. E tutto sembra assurdamente inutile, ogni cosa, ogni maledetta cosa che ti circonda non ha più senso. Ti chiedi chi sei e che cosa cavolo ci fai qui, a sperare che qualcosa avvenga.
Ma non accade mai nulla, mai.
E intanto dentro muori, ogni volta.
Ecco, questo era ciò che stava più o meno succedendo a me.
 
Quei due, insieme, erano un pugno nell'occhio per chiunque. E non avrei osato dire che la mia era gelosia. No.
E' semplicemente il fatto di rendersi conto di quanto siamo facilmente sostituibili.
Cominciavo a sentirmi schiacciata da un peso troppo grande. Vidi Zero prendere la sua mano, e poi il nulla. Tutto si fece stranamente offuscato, inutile, e, in modo quasi spastico, cominciai ad indietreggiare per sfuggire a quel panorama. Il vestito blu, quel maledetto e bellissimo vestito blu, non era servito a niente. Che fossi in pigiama, che fossi una principessa o che fossi vestita di stracci, per Zero non cambiava niente.
Invece, una perfetta sconosciuta, per lui, era bellissima. Bellissima, Dio. E glielo aveva detto, che era bellissima, pure.
Mi sentii vuota e straziata. Mi stavo incamminando lontana dalla festa, sfuggendo a sguardi indiscreti, senza però avere una meta precisa. Volevo solo stare sola, dimenticare.
Ma mi era impossibile.
La loro immagine mi riempiva la mente. Era orribile. Ma, allo stesso tempo, era una droga indispensabile. Mi resi conto che volevo vederli, volevo vedere le sue mani che cercavano quelle di lei.
Forse perché desideravo con tutta me stessa che quelle mani fossero le mie.
Respiravo a fatica, così mi appoggiai a un albero. Stavo rovinando il lavoro di Rima, che per tutto il pomeriggio mi era rimasta vicina per rendermi presentabile.
Che sciocca, che sciocca, che ero.
Mi resi conto che stavo piangendo. Con la mano avvolta dal guanto bianco, raccolsi la piccola lacrima e la contemplai.
E' a questo, che siamo giunti, piccolo Zero? Ci stiamo uccidendo a vicenda.
Sentii improvvisamente un fruscio venire a poca distanza. Alzai lo sguardo, e davanti a me, sì, a pochissimi metri da me...c'ero io.
Io in forma umana, con la divisa blu e i capelli corti che amavo tanto.
-Yuuki? -mi chiamò l'altra me. Ma io ero davvero troppo spaventata per risponderle.
Lei -cioè io- era circondata da un aura bellissima e familiare. Mi resi conto che non avevo motivo di aver paura, no.
-Yuuki, sono io. Siamo noi. Di cosa hai paura?
Ora più di niente, perché ho capito.
-Cosa stai facendo, Yuuki? - continuò l'altra me.
-Io? Io sto...non si vede che cosa sto facendo? Piango, diamine.
-Scema. Cosa stai facendo della tua vita, intendo.
Mi presi un attimo di respiro, prima di risponderle. Certo, l'altra me era davvero invadente. Cosa voleva? Tanto lo sapevo, era solo un sogno che mi stavo costruendo nella mia testa.
-Non lo so. Davvero, non lo so.
Si avvicinò leggermente. Abbassai lo sguardo perché non riuscivo più a sorreggere il suo.
-Era tutto più semplice quando ero umana. - mormorai.
L'altra me mi prese le mani fra le sue.
-E adesso che sei un vampiro...pensi che sia tutto più difficile?
-No, non difficile. E' solo che tutto...tutto è più amplificato. Non posso più far finta di non capire, o provare a scappare...perchè sarebbe inutile.
-Ti ricordo che hai voluto tu far luce sul tuo passato.
-Tecnicamente, siamo state noi.
-Oh, Yuuki...vuoi dirmi che se tornassi indietro, non rifaresti tutto questo? Non lo rifaresti?
No, no, no no e ancora no.
-...Sì. Cioè, ecco...
-E allora sei una codarda.
La mia parte umana mi lasciò andare bruscamente le mani.
-Yuuki, Dio mio, la vita non è una cosa facile. E' difficile, e per le cose che ami devi lottare. Dimmi, se tutto fosse facile e indolore, mi dici che gusto ci sarebbe a vivere? Dai, dimmelo.
-...sto perdendo tutti quelli a cui volevo bene.
-Ti sei chiesta di chi è la colpa? E se fosse tua?
Certo che è mia, e mia per forza.
-Zero...Zero non ci odia, Yuuki. - sussurrò l'altra me, con voce estremamente dolce. -Odia i vampiri, certo, per cui odia quello che c'è in te, proprio come odia quello che c'è in lui. Ma non odia te.
-Mi manca.
-Lo so. Lo posso sentire.
-Ma...
-Ma cosa?
-Ora avrei bisogno di...lui. Come l'aria da respirare. Voglio vederlo...voglio vederlo.
-Dillo, il suo nome. Così sembra che tu abbia paura di lui.
-Ok, ok. Voglio vedere Kaname Kuran. Voglio vedere Kaname Kuran. Voglio vedere...
-E allora va', Yuuki. Va' e trovalo. Nessuno te lo impedisce.
Improvvisamente sentii uno strano formicolio alle spalle. Mi voltai e, con mio grande stupore, trovai un paio di meravigliose ali nere pronte a farmi spiccare il volo. Quasi non urlai.
-Oh mio Dio. Cosa...cosa sono? -chiesi.
-Vola, Yuuki.
-Che cosa?
-Yuuki, io ti voglio bene. Non ce l'ho con te perché mi hai cancellata. E' solo che...cerca solo non dimenticarmi, ok?
Ad un tratto, la Yuuki umana sparì. E io rimasi lì, impalata, con un paio di ali enormi e le lacrime che mi rigavano il viso.
Solo un pensiero, squarciava la mia mente. Mi aggrappai ad esso con tutta la forza che avevo e chiusi gli occhi.
Kaname
Kaname
Kaname...
Voglio vederti, ora.
Quando riaprii gli occhi, mi trovavo già molto lontana dall'accademia Cross e molto più vicina al cielo.
Sto volando.

.

.

.
Non ho molte cose da dire, se non che sospenderò la storia per un po'. Niente di grave, eh? Ho visto solo che vi siete un po' smarrite. Mi mancate tanto, perchè ognuna, a suo modo, con le sue parole mi faceva crescere. So che comunque tornerete, alcune di voi me lo hanno già detto. Vi ringrazio comunque, perchè so che qualcuna di voi non ha il tempo di fermarsi a scrivere cosa pensa, però legge lo stesso. 
Spero vivamente di sentirvi molto, molto presto!
Vostra,
Je <3

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Capitolo 14
*** Fino in fondo ***


Capitolo 13

Fino in fondo

 

l'angelo scese, come ogni sera,
ad insegnarmi una nuova preghiera:
poi, d'improvviso, mi sciolse le mani
e le mie braccia divennero ali ,
quando mi chiese "conosci l’estate"
io, per un giorno, per un momento,
corsi a vedere il colore del vento.
Volammo davvero sopra le case
oltre i cancelli, gli orti le strade: (...)

 

Yuuki
 
Mi ero chiesta tante volte, durante la mia vita, come fosse volare. Avevo immaginato che fosse la cosa più difficile del mondo.
Invece ora ero lì, a osservare il mondo dall'alto, a credere di poterci riuscire, anche solo per un pochino, a sentirmi viva nuovamente.
No, non dovevo smettere di credere.
Da lassù, il mondo è diverso. Quasi perfetto. Da lontano, i difetti non si notano e tutto sembra immacolato: non c'è nulla, c'è solo la pace. La pace, sì, e il vento che ti scompiglia i capelli.
Stranamente – anche se non me lo seppi mai spiegare – sapevo già dove dovevo andare. Le ali facevano tutto da sole e mi guidavano tra le nuvole, che quella notte sembravano avere un nuovo tipo di compagnia. Io, una specie di angelo smarrito.
In cuor mio, sapevo già dove mi avrebbero portata. Ma non osai pensarlo ad alta voce, no, perché sennò avrei cercato di tornare indietro ma davvero, non potevo. Stavolta dovevo trovare la forza di arrivare fino in fondo, fino in fondo.
Così, fino in fondo, le piume sul mio corpo mi avvolsero e mi trascinarono in un mondo che in parte già conoscevo. O almeno, mi pareva di esserci appartenuta, nella mia vita precedente. Quando tutto aveva senso perché tutto, sì, era limpido e chiaro come la neve.
E la neve è candida.
Avrei creduto di riconoscere subito quella che era stata la mia primissima abitazione, quando semmai un giorno ci sarei tornata. Invece dovetti osservare più a fondo ogni cosa, imprimermela perfettamente nella mente, prima di sentirmi veramente a casa.
Era tutto come mi ricordavo. I divani marroni in pelle, quelli che a mamma piacevano tanto. La poltrona bianca di papà, quella su cui il mio Principe sedeva insieme a me, in braccio a lui. E insieme facevamo finta di essere grandi, di poter sentirci tutto e niente, a nostro piacimento.
Il mio enorme vestito occupava da solo l'entrata, sempre piccolina, sempre però perfetta. E poi avanzai, ritrovandomi nel salone sul quale si affacciavano le scale, quelle che da piccola mi spaventavano, perché non volevo andare su da sola.
Fino in fondo.
Era impossibile ignorare la valanga di ricordi che cercava di intromettersi bruscamente nella mia testa. Fui brava a non cedere alla tentazione di farmi sfuggire qualche lacrima, quando notai a quanto le cose della mia famiglia fossero state rovinate dai cani dell'associazione, che si erano permessi di arrivare fino lì. Fin li, dannazione. La casa di Haruka e Yuri Kuran.
Un rumore brusco mi spaventò di colpo. Veniva dal piano di sopra. Possibile che quando si è in pace con il mondo, si deve per forza essere interrotti?
Ma sapevo benissimo chi potesse essere stato a fare quel rumore. Era il motivo per cui ero lì.
Cominciai a salire le scale, una ad una, piano piano. E ogni passo era sempre più pesante, sempre più difficile.
Fino in fondo.
Mi ricordavo benissimo anche il piano di sopra. Un lungo corridoio, sì, che conduceva alle varie stanze. E io sapevo benissimo in quale dovevo andare. Nella mia!
Ma...aspetta, aspetta.
Io e Kaname da piccoli dormivamo insieme. Certo, certo. Come dimenticarlo...io e lui già ci completavamo da piccoli.
Promettimelo, Yuuki. Promettimi che non mi lascerai mai.
Arrivai davanti alla porta della mia stanza e girai la maniglia. I destini che mi attendevano erano semplici: o avrei incontrato lui, o sarei rimasta senza risposta.
Rimasi in dubbio su quale ipotesi fosse meglio finché la mia mano toccò il ferro ghiacciato che penetrava e mi toccava attraverso i guanti. Quando aprii la porta, non pensai più a niente.
E non vidi più niente.
Possibile? Possibile che fossi arrivata fino a lì per niente?
Un rumore sordo.
-Chi sei?
 
Un lampo di luce che mi si avvicina bruscamente. Riesco a scansarmi per miracolo solo perché da umana sono stata guardiana e sono diventata agile col tempo, ma stavolta lo ammetto: ho rischiato, e tanto.
Il Potere si schianta contro il muro e lo graffia. E io a questo punto mi nascondo sotto il tavolo su cui un tempo mio padre mi aveva insegnato a scrivere il mio nome. Non lo vedo, non lo vedo ancora anche se giurerei di avere sentito la sua voce.
-Vattene via.
Sì, ed è meravigliosa. Ma perché vuoi che vada via, Principe? Sono qui.
Sono qui.
Spaventata come non lo sono mai stata, piego leggermente la testa per vedere dov'è. Certo, io so, dov'è. E' nascosto dietro l'armadio, dove anche da piccoli ci nascondevamo sempre io e lui. Quando non ascoltavamo. Quando non avevamo voglia di ascoltare, solo.
-Lo sai, lo sai, che devo ucciderti. Mi hai trovato e ora devo ucciderti.
La tua voce è così spenta e vuota, così brutale, che quasi giurerei che non sei tu, Kaname. Eppure lo sento, lo sento nel cuore e nello stomaco che già pulsano impazienti, che sei tu. Sì che sei tu.
Lo sento muoversi, il cacciatore ha lasciato la sua tana. Io sono la preda, allora.
 
-Non saresti dovuto venire qui. - mi disse, avanzando.
Questo lo decideremo insieme, dopo.
Lo sentii avvicinarsi sempre di più, fino a quando le mie narici furono in grado di percepire addirittura il suo profumo. Il profumo del Nobile, del Principe.
Lo osservai da sotto il tavolo e quasi non fui travolta da tanta bellezza. Fa talmente bene che fa quasi male.
Lui non mi guardava, rimaneva con lo sguardo fisso davanti a sé. E poi, improvvisamente, si preparò a colpire, si preparò a uccidermi.
Tu non sei così, non sei così.
-Mi dispiace. Ma se ti lascio andare dirai a tutti dove sono e non...non devi. Non devi.
Chiuse gli occhi. Un momento di lucidità prima dell'agonia.
No.
-NO! - gridai.
I suoi occhi cremisi tornarono a brillare. Mi sembrò quasi fosse tornato a respirare.
 
Mi alzo e lo guardo negli occhi, dopo aver urlato. Dopo un tempo che si chiama vita, un tempo troppo lungo sia per me che per lui, di nuovo mi rispecchio nei suoi occhi infiniti che, lo giuro, sono indelebili, non si dimenticano. Eppure, non mi sono mai sembrati così belli.
-Tu.
E' una parola troppo semplice. Non dirmi solo questo, ti prego, Kaname. Non mi basta.
-Yuuki, sei proprio tu.
E' ovvio che cedo anche se è solo l'inizio. Comincio a piangere in silenzio, mentre lui, per Dio, non stacca gli occhi dai miei.
Anche io sono in balia del suo sguardo, il suo sguardo che ora mi sembra di non avere mai lasciato, perché sì, l'ho sempre avuto qui, davanti a me. Solo che dovevo essere assurdamente cieca per non accorgermene.
E allora entrambi non smettiamo di scavarci dentro l'anima anche quando effettivamente non rimane più nulla.
Siamo solo noi e nient'altro, Kaname.
Il suo corpo cede pesante e lui si lascia cadere sulle ginocchia. Il mio Principe non è più in piedi, ora, si è chinato dinanzi a una forza più grande di lui, che lo travolge e un po' lo spaventa e io questo lo posso capire.
Io rimango in piedi non perché sono più forte, no, ma perché voglio avere il suo viso al mio stesso livello, così lo posso guardare meglio.
Non importa quello che è, non mi importa ciò che deve essere. Mi avvicino a lui e lo avvolgo, per quanto basta a rimanere travolta dal suo tocco che è dolce e famelico allo stesso tempo e io, il mio Principe, lo voglio proprio così.
Sussulta tra le mie braccia quello che un tempo era stato mio fratello, sussulta perché accoglie il pianto di un uomo a cui manca la sua donna come aria da respirare. E posso dire che anche a me, manca. Manca da morire. Ma il mondo ci vuole vedere separati e in guerra e io questo l'ho capito, per cui ammetto che siamo fregati nella trappola che noi stessi ci siamo costruiti.
-Uccidimi, Yuuki. Uccidimi adesso.
Non posso averlo sentito davvero. Mi prende in giro? Io non sono qui per ucciderlo. E lui lo sa, lo deve sapere.
I singhiozzi mi impediscono di parlare per cui mi limito a stringerlo ancora più forte. Come fosse un'ancora, come fosse il mio bambino da proteggere.
-Dio mio, Kaname. Non...dire così.
Alza lo sguardo impotente, il Nobile, per guardarmi da laggiù con gli occhi colmi di lacrime e di incertezza. Non l'ho mai visto così, no, il mio Kaname non hai mai pianto per me. Non ha mai pianto per nessuno, nessuno, Dio mio.
-Vieni qui.
Le parole escono dalla mia bocca e sono assurde. Ho proprio detto “vieni qui”, ma l'ho detto mentre mi abbasso e mi faccio piccola nel suo petto che perfetto mi avvolge e mi fa sentire sicura. In realtà sono io che vado da lui, è la preda che va dal predatore e si lascia catturare. Ormai non ho scampo.
-Mi sei mancato da morire.
Mi stringe più forte a sé.
-Oh, piccola. Non sai quanto mi sei mancata tu...ma
Mi stacco e smette subito di parlare. Eh no, Kaname, la parola ma in momenti come questi non esiste e tu lo dovresti sapere.
-Ma...cosa?
-Non dovresti essere qui, Yuuki. Ma tu sei sempre stata assurdamente avventata...
-Ehi, aspetta un momento. Ma mi hai vista? Mi sono spuntate le ali! E poi...e poi, Dio mio, mi sono ritrovata qui da te. E poi non dirmi che è solo una coincidenza perché ti uccido.
-Tu dovresti.
Non capii. Mi rifiutai di capire e lo afferrai come uno scherzo, subito.
-Stai scherzando.
-Non scherzo affatto, Yuuki. Sono serio. E...so che c'è stato un attimo – folle, certo, ma c'è stato – in cui hai desiderato fermare tutto questo con le tue stesse mani.
Certo. Avevo promesso a me stessa che lo avrei fermato a tutti costi, senza badare alle conseguenze.
-Non arriverei mai ad ucciderti.
Sogghigna, e gira il volto per non guardarmi negli occhi. Così è più facile.
-E come pensi di fermarmi, allora, Yuuki? Parlandomi? La tua ingenuità a volte mi spezza in due.
-Beh, Principe, ora sei tu, a spezzarmi in due.
I suoi occhi tornano su di me.
-Come puoi pensare che...possa ucciderti, Kaname? Io ti ho amato. Ti ho amato con tutta me stessa e tu questo lo sai.
-Non è stato abbastanza, Yuuki.
E questa cosa mi uccide.
-Kaname...
-No, non parlare, piccola. Io non ti ho semplicemente amato con tutto me stesso, no. Io ti amo con tutta l'anima. La mia anima, se ne ho una Yuuki, è tua. Puoi prendertela.
-Ma...ma allora perché te ne sei andato? Kaname, non capisco. Davvero, rischio di impazzire...
-Non ho ucciso il padre di Aidoh a sproposito, piccola. Non ho ucciso Towa, o...Shizuka, di nuovo a sproposito. E non ucciderò Sarah Shirabuki per nulla, credimi.
-Ma così ti farai odiare.
Mi prende il viso tra le mani, il mio Principe.
-Tu mi odi, amore mio?
Certo che no.
-Kaname, i discorsi sulla tua anima, sul destino e sulle scelte...li capisco benissimo. Perché credimi se ti dico che io sapevo già che non eri una persona cattiva. Ma questo è ciò che penso io...il consiglio non la vede proprio come me.
-E tu da che parte stai?
Prendo un bel respiro e decido di buttarmi. Lo so, lo so che farà male a entrambi.
-Sarebbe troppo facile dirti che sto dalla tua parte, Kaname. Ma...in quanto guardiana, non posso tollerare quello che stai facendo. E...per Dio, tu lo sai, lo sai, che mi dispiace da morire...
-Ho capito, piccola. Non sei venuta qui per uccidermi. Almeno, non lo fai con la tua Arthemis. Ma con le parole lo hai già fatto.
Comincio a piangere ancora più forte tra le sue mani, e mi sento ridicola e inutile.
-Yuuki. Oh, Yuuki.
Dimmi che non mi stai dicendo addio, ti supplico. Ti supplico.
-Vorrei poterti prendere e scappare via. Ma non possiamo.
-Ti amo, Kaname. Ti amo davvero.
Mi bacia. E per un attimo desidero che il tempo si fermi e che finisca tutto qui, perché il resto non conta più.
-Dimenticami, Yuuki. E' meglio per entrambi, credimi. Non sono più il tuo dolce fratellino o il tuo amante devoto. Sono un assassino che deve ancora finire il suo lavoro. E tu lo sai, lo sai, la prossima chi sarà.
-Ho paura.
-Io non arriverò mai a farti del male
Gli sfioro le labbra per farlo tacere.
-Ho paura perché quando tornerò indietro tu non ci sarai più e avrò freddo.
Per ironia della sorte mi stringe per l'ultima volta, in cui rimango a occhi spalancati nel suo petto. Cerco di imprimermi il suo tocco e il suo profumo, ma so che, fra poco, niente sarà più come prima. E tutto ciò che sento adesso non potrà più tornare.
Si alza in piedi e mi lascia a terra, distrutta, spezzata. Mi fa male dappertutto.
-Torna a casa, piccola.
La stanza comincia a muoversi e vedo tutto offuscato.
-Kaname...
-Ti prego, lascia almeno che Kiryu ti protegga.
L'ultima frase dovevo essermela immaginata per forza. Il mio stomaco si contorse, la schiena tornò a bruciare proprio come quando erano comparse le ali. Chiusi gli occhi e mi lasciai cadere di lato.
Quando li riaprii, mi ritrovai proprio nel posto da dove ero partita.
Nel parco della scuola, con un braccio appoggiato a un albero, svuotata e sola come ero da ormai un mese a questa parte.
Almeno ero andata fino in fondo, però.
.
 
.
 
.
* la canzone che apre il capitolo è “Il sogno di Maria”, di De Andrè. Ringrazio Jakefan che me l'ha dedicata e che me l'ha fatta scoprire. Grazie infinite come sempre, tesoro mio!
Sono davvero, ma davvero contenta di essere tornata. Questa storia mi mancava...e sono riuscita a riprenderla in mano prima del previsto. E mi siete mancati voi.
Mi 'spiace davvero tanto per le Kanamine che mi stavano seguendo...ma la storia non è a sfondo Yume e prima o poi questo addio doveva venir fuori. La cosa più strana è che dispiace infinitivamente anche a me, perchè a me Kaname piace...Uff, 'sti uomini!
Spero di sentirvi in tante. Il viaggio ricomincia! :)
Tanti baci, 
Je <3 <3

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Capitolo 15
*** Bruciano ***


Capitolo 14

Bruciano


Mary
 
La festa, da quando Zero se n'era andato, aveva assunto un' altra piega, almeno per me. Non mi sentivo più brillante come prima, no: ora ero semplicemente una delle tante ragazze che si limitavano a stare fuori dalla scena a osservare tutto. Di tanto in tanto qualche ragazzo mi chiedeva se volevo ballare ma io, impassibile come il ghiaccio che risedeva nei miei occhi, dicevo semplicemente di no.
Cominciavo a sentirmi stanca e intorpidita. Così, mentre l'orchestra suonava un tango passionale che nessuno si accingeva a ballare, mi allontanai dal padiglione.
Mentre camminavo pensai a tutto quello che era successo quella sera. Certo, avevo visto Yuuki, bella e perfetta. Ma poteva, la sua perfezione, eguagliare in qualche modo la mano di Zero che si posava sul mio fianco? Yori aveva detto che quei due, un tempo, si capivano alla perfezione. Io avrei giurato che il ragazzo dagli occhi color dell'ametista, invece, odiasse la principessa dai capelli lunghi con tutto sé stesso.
Era pura immaginazione?
Maledetto, Zero, maledetto. Tu e i tuoi occhi e il tuo bel faccino, maledetti.
Una cosa, quella sera, l'avevo guadagnata. Un ballo con Zero.
Un ballo con Zero...
Non seppi come, ma ad un certo punto mi ritrovai nella terrazza della scuola. Da quella posizione potevo vedere benissimo quella che era la classe della notte, ovviamente vuota quella sera. Poi feci scorrere lo sguardo, finché incontrai due occhi ambra che mi osservavano rapiti.
Non ero sola. Sul terrazzo, a pochi metri da me, si ergeva un'alta figura magra. Era un ragazzo vestito bene, dai capelli color cenere e dal viso minuto. Non lo avevo mai visto nella mia classe, perciò dedussi che appartenesse alla night class.
-Ciao. Non ti ho mai vista qui, sei nuova?
La sua voce era un incanto. Una melodia. Sembrava che il suo scopo fosse quello di ipnotizzarmi...
Stai lontana da quelli della night.
-Ehm...sì. Sono nuova.
-Ti sei persa?
Di nuovo, quella sua voce perfetta. Di nuovo, mi sembrò tutto troppo strano.
-...No.
Mi girai di scatto e feci per andare via. In un primo momento ebbi paura che in qualche modo si fosse offeso, ma poi mi ricordai le parole di Zero e continuai a camminare.
Non parlava più. Nemmeno aveva cercato di fermarmi. Strano.
Mi voltai di scatto, cedendo alla tentazione. Ma non c'era più nessuno.
Mi sembrò quasi una presa in giro. Quasi non mi misi a ridere lì, da sola, senza un motivo apparente. Dov'era finito quel ragazzo? Non potevo essermi immaginata tutto. E davvero, non ero pazza.
Non ero pazza.
Tornai a guardare avanti e quasi non urlai.
Era davanti a me. Quel ragazzo, sì. Era davanti a me.
-Che c'è, piccola, hai paura?
Mi afferrò un braccio.
-Non mi toccare. Non. Mi. Toccare.
-Ma come siamo rudi. Stai ferma. Stai ferma.
Mi avvicinava pericolosamente a lui. Dio, avevo paura. Non sapevo dove volesse arrivare, non capivo più nulla. Ed eravamo maledettamente soli, nessuno avrebbe potuto salvarmi.
-Lasciami!
Per un attimo, per un folle e fottutissimo attimo, mi parve di vedere i suoi occhi diventare rossi. Poi, grazie ad una stella che è là in cielo e che mi ha sempre protetta, qualcuno ci interruppe.
Sparando.
Poi mi sentii strattonare e chiusi gli occhi. Non volevo vedere nulla, volevo rimanere cieca.
-Che cazzo stavi facendo? Eh?
La sua voce. Dio mio, dio mio. Era la sua voce. E sentivo il suo profumo.
Ero immersa nel suo petto.
-Kiryu...eddai, stavo solo scherzando. Ti prego...abbassa la pistola. Ti prego.
-Vaffanculo. Non ti permettere mai più, hai capito? Lo dico al direttore. Spero proprio che ti mandi a casa, Haru. Me lo auguro con tutto il cuore.
-Senti, non le avrei fatto niente.
-Vattene via. E non farti più vedere.
Non sentii più nulla. C'erano solo i nostri respiri, il mio e quello del mio salvatore, che si ostinavano a non regolarizzarsi.
-Ehy, Mary? Dimmi che va tutto bene.
Ero ancora lì, immersa in lui, e non mi muovevo. Rimanevo ferma, tremante e zitta ad aspettare di calmarmi ma davvero, mi era impossibile. Il fatto era che non sapevo cosa avevo appena visto.
Vampiro.
-Mary, guardami.
Piano piano, sollevai lo sguardo e le nostre iridi si incrociarono. Per fortuna mi teneva stretta, altrimenti sarei caduta e lo sapevo.
-Sto bene, sto bene, guardiano. Non rompere le palle.
-Dovresti ringraziarmi.
-Ok, ok. Grazie per avermi salvato. Ora sei contento?
-Non c'è di che, piccola.
Mi staccai da lui per rompere il contatto. Avrei voluto rimanere lì per sempre, ma non sarei resistita un momento di più.
-Che...che cosa voleva da me, Zero?
-Mary, era solo un maniaco. - disse accennando un sorriso.
-Non raccontarmi palle, Zero. Io so che cosa ho visto.
-E che cosa hai visto?
Cercai di riportare alla mente le immagini di ciò che era appena successo. E poi parlai.
-Quella cosa era più veloce della luce. E...io te lo giuro, Zero Kiryu, quel ragazzo, a un certo punto, ha cambiato il colore degli occhi.
-Mary...
-Voglio la verità. E la voglio subito.
Respirò a fondo, prima di parlare e farmi tremare di paura per la prima volta in cui mi trovavo in quell'accademia.
-Mary, penso che sia questo il motivo per cui ti ho detto di stare lontana dai ragazzi della night class. Loro...sono diversi. - disse piano piano il guardiano, con sguardo deciso ed estremamente serio.
-Diversi. - ripetei.
Mi prese per mano e cominciò a camminare, almeno così pensai io, diretto alla mia camera da letto. Avevo paura, e ne avevo davvero: forse, perché finalmente Zero si era deciso di dichiarare una piccola parte di verità.
E io non sapevo cosa dire.
Se davvero quelle persone erano diverse, allora...io che cos'ero? Ero arrivata in accademia per scoprire il mio passato, per farmi dare delle risposte. Ma in questo modo, in mezzo a un mondo di persone differenti, avrei saputo trovare una via d'uscita o avrei solo incrementato i miei dubbi?
Anche io sono diversa, Zero.
Come avevo immaginato, il guardiano mi lasciò ai piedi della mia camera. Ed io ero ancora spaventata e tremante.
-Mi spiace per stasera. Dimentica, se puoi.
-Davvero, non posso. – dissi senza tanti mezzi termini. Quegli occhi, dannazione, quei terribili occhi rossi...
O forse non voglio dimenticare.
-Comunque non hai ancora finito, guardiano. Stavolta voglio andare fino in fondo.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso amaro e rassegnato.
-Ne sei davvero sicura, Endo?
Non mi aveva mai chiamata così, Zero. Ma non mi era mai sembrato nemmeno così determinato. Mai.
-Sì.
Davvero, sì.
-Allora vieni con me, domani mattina. Voglio mostrarti una cosa.
Ascoltò il mio silenzio che era molto meglio di qualsiasi parola. In cuor suo aveva già capito: sarei venuta.
Poi fece una cosa che mi rabbrividì. Non era da lui, ma sarei pronta a giurare che non era nemmeno da me restare al gioco.
Mi alzò il mento con una mano e poi, piano, dolce da far male, mi accarezzò una guancia.
-A domani, Mary.
Guardai la sua figura perfetta scomparire mentre si allontanava da me.
Lo sai che ci sarò.
 
Yuuki
 
Mi guardai allo specchio. Ok, ok, sicuramente non ero un bel vedere: pesanti occhiaie, capelli arruffati, il vestito magnifico rovinato e sporco nella parte finale della gonna.
-Sono un vero disastro. – dissi ad alta voce.
Mi spogliai e poi, con una calma lancinante, cominciai a pettinarmi cercando di districare i nodi che si erano creati tra i miei capelli.
Avevo una gran voglio di tagliarli, Dio.
Non avevo nemmeno ballato, alla festa. Ero scomparsa e mi ero limitata a nascondermi, dopo il “viaggio”. E poi, quando ormai non rimaneva nulla da fare, avevo ceduto ed ero tornata in camera.
Mi ripetei di non pensare a niente. Non dovevo, non potevo permettermelo. Perciò mi occupai del vestito, del mio corpo, del mio viso. Mi assicurai di tornare perfetta.
Poi, con una semplice canottiera lunga, mi infilai a letto.
E solo qui mi misi a piangere, di nuovo.
Eppure ero convinta che avremmo ballato insieme, Zero.
Sprofondo nell'oblio, quasi desidero scomparire. E ora, e ora, non posso nemmeno contare su di te, mio principe. Dimmelo, Kaname. Mi hai lasciato da sola e ora...che cosa devo fare, me lo spieghi?
Dimmelo.
 
Zero
 
Sono sicuro che è un sogno da subito, per quel tepore, perfetto ma sudicio al contempo, che si insinua nella mente e le fa credere di essere sveglia, quando in realtà non lo è. E poi ne sono sicuro perché non sono più nel mio corpo normale, mi ritrovo a dominare un me stesso molto più piccolo.
C'è buio, ma appena compare la luce capisco dove sono. Mi trovo nella casa del direttore, dove sono arrivato almeno cinque anni fa solo e ferito. Sono nella mia stanza, ed è ovvio, perché la maggior parte dei miei ricordi è legata ad essa.
Lunghi pomeriggi a ferirmi e a chiedermi perché la vampira mi aveva risparmiato. Questo, questo, è il mio ricordo più vivido di quando avevo tredici anni.
Qualcuno bussa e io, che sono seduto sul mio lettino in un angolo, alzo la testa senza parlare. Tutto questo l'ho già vissuto: è uno di quei ricordi che ti fanno rivivere dei momenti del tuo passato.
In silenzio e con la testa basta, entra Yuuki. E in un lampo di dolore la rivedo com'era una volta: una fragile, piccola umana dai capelli corti.
Quanto mi piacevano i tuoi capelli corti, piccola.
Mi ripeto che è un sogno per cui non sono costretto ad essere gentile o brusco, o che altro. Devo semplicemente essere me stesso ma con lei, con lei, è impossibile ed io lo so.
-Zero...
-Che c'è? - la interrompo con una voce che nemmeno è la mia, no, è quella di un bambino. E mi rendo conto di quanto entrambi siamo cresciuti.
-Papà non è ancora tornato.
La guardo senza parlare, perplesso.
-Ho paura, Zero.
Se fossi grande e se fossi furbo, ti farei tacere con un bacio. Tanto è un sogno, mi dico, posso fare quello che voglio.
Poi la vedo, si abbraccia con le sue manine mentre fuori il vento ulula, stringe gli occhi, è spaventata.
E la desidero così com'è.
Mi alzo e le vado vicino. Non oso toccarla, però: è troppo fragile, è troppo diversa da come la vedo di solito. Trema, cerca di non sentire la tempesta, la mia Yuuki.
E io cedo e la stringo forte.
-Mi manchi, Yuuki. Mi manchi.
-Zero, cosa dici?
Certo, piccola. Scambiami per matto, dimmi che sono imperfetto: tanto non mi importa. Anche se ti posso avere attraverso un sogno mi basta così. A te no?
-Shhh, piccola. Ora ci sono io.
Si lascia cullare, finché non mi rendo conto che fatica a reggersi in piedi.
-Andiamo a dormire giù sul divano, Yuuki. Vuoi?
Mi ricordo che lo facevamo sempre, quando dovevamo aspettare il direttore. Lei veniva in camera mia, mi svegliava – a volte urlando e facendomi impazzire – e poi mi portava sul divano. Al mattino, ci ritrovavamo sempre distesi l'una sull'altro con una copertina che ci metteva Cross, quell'idiota che tornava alle tre del mattino.
Non c'era cosa più bella di trovare i suoi occhi appena sveglio.
Così, aiutandola per non farla cadere, la porto sul divano e lascio che poggi la testa sulle mie gambe. Le accarezzo i capelli, mentre cerco alla TV una qualsiasi cavolata che mi tenga sveglio. Non ho voglia di dormire: primo, perché dormire nei sogni mi sa di assurdo; secondo, perché finché siamo qui, voglio godermi ogni singolo istante.
Con lei.
Esattamente alle tre in punto, Yuuki si dimena sotto la mia mano e si sveglia. Si guarda attorno disorientata e io la osservo rapito, col cuore che ormai scoppia.
-Non è ancora tornato, Yuuki.
-Non importa, non mi sono svegliata per quello. La senti anche tu?
-...Cosa?
-Dio, la canzone!
Ascolto e in effetti la sento, una canzone dolce e melodica che assomiglia a quella del carillon di Yuuki, quello che tiene sulla mensola dove ha tutti i suoi tesori più preziosi. Dove, tra le altre cose, qualche anno dopo avrebbe messo anche la nostra foto.
-Sì, Yuuki.
Mi prende le mani e mi costringe a scendere dal divano. Con una grazia che da lei solitamente non mi aspetto, conduce le mie braccia dove devono stare. E in poco, la stringo come un cavaliere fa con la sua ballerina.
Si avvicina. Forse anche troppo e io, codardo e assurdo, distolgo lo sguardo.
-Ora guidami, Zero.
Subito ci pestiamo i piedi e io sono il solito imbranato totale che rovina sempre tutto. Ma poi, con calma, assumo sicurezza e la faccio mia. Imparò a ballare così, insieme a lei, insieme...alla donna che
Si ferma.
 
Di quella notte ricordo tutto. E in un attimo mi sento morire dentro: è vero, è Yuuki che mi ha insegnato a ballare.
Ora non siamo più nel salotto di casa, ma siamo circondati dal buio, dal buio più totale. Di nuovo, guardo Yuuki che è il mio unico appiglio ma non è più lei, non è più umana. E' la vampira di sempre. E io di nuovo mi sento uomo, sono cresciuto, mi ritrovo nel mio vero corpo.
E' vestita com'era vestita quella sera al ballo e nel vederla la testa mi scoppia, perché lo ammetto, è bellissima. E glielo voglio dire.
Una lacrima le riga il viso.
-Perché non possiamo essere quello che eravamo una volta, Zero?
Le nostre dita sono ancora intrecciate. Se volessi, quindi, potrei continuare a ballare e farla mia. Ma decido di farlo in modo diverso.
Le prendo il viso tra le mani e la bacio. E' assurdo e fa male, è assurdo e fa male. Fa malissimo. Cazzo, mi rendo conto che la desidero da morire.
Però sono talmente bravo a mascherare ciò che provo, che ormai mi è più facile mentire che essere me stesso, davanti a te, piccola.
Amami, adesso. Sì, Yuuki, adesso ti darei me stesso e ti giuro sulla mia anima che non me ne pentirei.
Perciò amami.
Perdo conoscenza e il sogno si offusca, il suo fascino si allontana. Non sento più me, non sento più lei. Sento solo il vuoto nel mio petto che mi uccide, ma davvero, non posso farci nulla.
L'ho persa di nuovo.
Ed è così, che mi sveglio. Madido di sudore e ansante, con le labbra che bruciano, perché sentono ancora la voglia e l'amore di quelle di lei.
.

 
.

 
.
Scusate il ritardo tesori miei, ma tra scuola e altri impegni ho potuto pubblicare solo oggi. Come al solito ringrazio chi segue e soprattutto chi mi lascia qualche parolina <3 Grazie, sempre e davvero.
Un bacione,
Vostra
Je <3

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Capitolo 16
*** Sangue e Nausea ***


Capitolo 15

Sangue e nausea

Mary
 
Il sole, questa mattina, sembra quasi più caldo del solito. Mi acceca mentre mi vesto, ma non con la mia solita divisa da alunna della day. Oggi mi vesto in modo normale, come piace a me: un paio di jeans attillati con la vita bassa, di quelli che vanno oggi e che però alla mamma non piacciono, e una semplice t-shirt azzurrina, che mi ricorda il colore dei miei occhi. Non so cosa sto per andare a fare e mi rifiuto di saperlo, so solo che sarò con lui e questo, almeno credo, mi basta.
 
Lo stavo aspettando davanti alla fontana, come mi aveva chiesto lui. Era un po' in ritardo ma per me era meglio così: davvero, mi sentivo molto nervosa. E non era da me.
Non che non mi fidassi di lui, certo. Zero era l'unica persona che in quella scuola mi desse fiducia, una fiducia rara che apprezzavo molto. E poi...e poi beh, ormai non si parlava solo di fiducia.
Quel ragazzo mi era entrato dentro in troppo poco tempo. Ma era così bello, e così unico, Dio, che sinceramente poco mi importava di quanto ci avessi messo a farmelo piacere.
Va bene così, va bene così.
Fu allora che arrivò. Nemmeno lui aveva la divisa, come immaginavo. Aveva un paio di pantaloni neri attillati, che gli esaltavano le gambe lunghe, e poi, in netto contrasto, una maglietta bianca che gli aderiva perfettamente. I suoi muscoli perfetti si notavano benissimo e io...e io beh, come al solito, ne rimasi rapita.
Mi chiedo che razza di effetto tu abbia su di me, guardiano.
-Scusa il ritardo.
-Oh, non ti preoccupare.
-Credi anche minimamente di essere pronta?
Ci pensai su prima di rispondere. A quanto pareva, dovevo affrontare una pesante verità, quel giorno. Probabilmente mi avrebbe cambiata, e lo avrebbe fatto per sempre.
Ma ero stanca, stanca, delle bugie. Anche se la verità mi avesse sconvolta, sarebbe comunque stata meglio di un'ennesima menzogna. Per cui risposi senza rimpianti.
-Assolutamente sì.
Fu il momento di incamminarci verso il villaggio. Nessuno di noi due osò proferire parola, e io mi rifiutai persino di chiedere quale fosse esattamente l'obbiettivo di Zero. Mi limitavo a seguirlo in silenzio, guardandogli le spalle, osservando i suoi movimenti, e a chiedermi se davvero faceva tutto quello per me.
Alla fine, però, la curiosità ebbe la meglio e cedetti.
-Scusa, Zero, ma...quale sarebbe il tuo piano?
-Niente piani, novellina. Tu mi segui, io ti mostro una cosa. Ma devi essere veloce. E forte.
Veloce e forte, veloce e forte. Veloce e forte...
-Credo che sia tutto chiaro.
Ci fermammo davanti a una via deserta. Mi chiesi se magari il signor “so tutto io” non avesse sbagliato strada, ma visto che non parlò, dedussi che non ci eravamo sbagliati. Il sole ormai era alto nel cielo e, a giudicare dal mio stomaco che brontolava affannosamente, doveva per forza essere mezzogiorno.
-Cerca di concentrarti, Mary. Il tuo stomaco si sente a stare qui.
-Non rompere le palle, non ho nemmeno mangiato.
E fu allora, che vidi un ombra passarci davanti. E al minimo rumore, Zero tirò fuori la pistola e io rabbrividii. Senza farlo apposta, mi avvicinai a lui.
-Che cos'era? - sussurrai.
-La cosa che ti devo mostrare.
Continuammo a camminare per cercare di seguire quella cosa. Cercavo di non avvicinarmi troppo al guardiano, ma ogni volta che mi sembrava di sentire un rumore, mi aggrappavo con tutte le mie forze al sua maglietta. E lui, stranamente, mi stringeva a sua volta le mani e diceva: “Va tutto bene, piccola. Va tutto bene”.
Quando arrivammo alla fine della via, ormai la fame era scomparsa. Ora ci trovavamo di fronte a una chiesetta malandata, con i muri rovinati e le finestre rotte.
-E' lì dentro per forza, quel bastardo.
-Zero...ma che cos'è?
-Vorrei che lo vedessi bene, prima di sapere che cos'è. Voglio che tu lo guardi negli occhi.
Mi prese per mano, e nell'altra, inesorabile, riposava la sua arma. Era pronto a sparare ed io lo sapevo. Aprì la porta e io inspirai.
Avrei potuto giurare che quello fosse il posto più tranquillo che avessi mai visitato in tutta la mia vita. Puzzava di chiuso e di umido, ma davvero, non c'era alcun rumore che tradisse la presenza di qualcuno. E, ovviamente, codarda com'ero, ne fui sollevata.
-Zero, qui non c'è. Andiamo via.
-No, è qui. Lo sento. Dobbiamo solo cercarlo.
Cominciò a camminare lasciandomi la mano. Lo osservai mentre, con lo sguardo, cercava ogni minimo particolare che potesse sfuggire a me. Poi mi diede le spalle e si avvicinò a quello che un tempo doveva essere stato l'altare della chiesa.
L'odore insopportabile mi stava facendo venire la nausea. Se non fossi uscita subito, mi sarei sentita male, e non era una gran bella cosa, visto che non avevo nemmeno mangiato.
Fu allora che sentii avvolgermi il ventre e il collo da due braccia fredde. Non capivo di chi fossero: sapevo solo che ora, l'odore orribile si era intensificato e non sapevo più che cosa aggrapparmi per poter stare meglio.
Improvvisamente, i lacci strinsero la presa e mi sentii soffocare.
-Ze...ro
Non mi sentiva. Era voltato e troppo lontano da me. E io...io stavo per svenire. Stavo per cedere, Dio...stavo per cedere.
-Zero!
Urlai con tutta la forza che riuscii a trovare. Quel grido mi è rimasto nella pelle, e a volte, lo sento chiaramente ancora oggi.
Il guardiano si voltò e non esitò a caricare il colpo. In un attimo, un proiettile colpì il braccio che mi stringeva la pancia e in quel punto sentii la presa farsi lieve.
Qualcuno imprecò.
E giuro, quello stesso qualcuno mi strinse a sé i mi mise il viso tra i capelli, da dietro.
-Ferma. Stai ferma, altrimenti finisce male.
Mi chiesi che cos'era, dannazione. Mi chiesi che razza di persona avesse una forza così enorme da potermi immobilizzare e farmi quasi soffocare.
-Lasciala andare subito, mostro.
Il tono di Zero non ammetteva repliche.
Mi accorsi che avevo cominciato a tremare. Avevo paura, ne avevo troppa e a fatica riuscivo a ragionare. E se mi avesse uccisa...
-Vieni a prendertela, cacciatore.
Ad un tratto, il mostro ed io ci sollevammo in aria. Non potei fare a meno di urlare.
Ora ci trovavamo appesi alle travi della chiesa, e guardavamo Zero dall'alto.
-Lei è mia. L'ho trovata io.
-Mi 'spiace, ma temo che dovrò rovinare il tuo pasto, mostro. Lasciala o sei morto.
-Mmmh. Vediamo se riusciamo a fare a modo mio. Se provi anche solo a spararmi, lei muore.
Il viso di Zero si contrasse.
-'Fanculo.
-Lo faccio. Tu sparami e lei muore.
-Zero!
Mi guardò con due occhi indecifrabili. Dio, Zero, non pensavo finisse così in fretta. Avrei voluto, voluto...
Sentii un dolore lancinante provenire dal collo. Gemetti di puro dolore, di angoscia. Avevo freddo e mi sentivo squallida, orrenda.
Era come se...
Mi stava mordendo.
Il mostro mi stava mordendo.
E nella mente il ricordo di mio padre che moriva davanti ai miei occhi.
Uno sparo. Poi due, e ancora, tre. E quindi caddi in avanti, nel vuoto.
L'ultima cosa che vidi furono gli occhi di Zero. Sentii le sue braccia, che forti e protettive mi tenevano stretta.
-Piccola, guardami. Andrà tutto bene, tutto bene. Te lo prometto.
 
Più che altro mi faceva male la testa, quando riaprii gli occhi. Per fortuna, come al solito, qualcuno si prendeva cura di me mentre non ero cosciente. Ultimamente, quel qualcuno, era una persona troppo strana, troppo diversa dalle altre. Ma a dire la verità cominciavo a pensare che tutto il mondo, a modo suo, fosse diverso.
Eravamo fuori dalla chiesa, e quella strana creatura era scomparsa chissà dove. Mentre mi mettevo a sedere, le braccia di Zero mi lasciarono piano piano. Gemetti, lo fissai, per poi decidere di parlare per prima.
-Quello era un vampiro.
La mia voce era risultata perfettamente calma. Nemmeno quando avevo pronunciato la fatidica parola si era incrinata.
Ero davvero brava a mascherare ciò che provavo.
-Sì, Mary. Quello era un vampiro. Ma non un vampiro comune, un...livello E.
-Un livello-cosa?
-Un livello E. I vampiri che hanno quel nome sono coloro che hanno perso la condizione della vita e che hanno un unico scopo: nutrirsi. Devono sopravvivere a tutti i costi, e l'unico modo per farlo è attaccare. Non ragionano più, sono...sono dei mostri in libertà. E...Dio, mi 'spiace che sia andata a finire così. Non volevo che ti...
-Quel coso mi ha morsa. - mi tastai la piccola ferita che avevo sul collo. -Ora...cosa mi accadrà? Diventerò una di loro?
Non potei fare a meno di notare che accennò un sorriso.
-No, piccola. I vampiri di livello E non hanno la capacità di trasformare le persone.
-E allora, chi lo può fare?
Vidi che il suo splendido viso perfetto si contraeva.
-I vampiri che hanno più potere. Coloro che chiamiamo “Purosangue”.
-Un po' come i cavalli?
-Mettila come vuoi. I Purosangue sono vampiro di livello A, i re, possiamo dire, di tutta la loro razza. Possono trasformare gli umani in vampiri, e li distinguiamo dagli altri perché hanno poteri unici. E pericolosi, piccola.
A questo punto incontrai i suoi occhi. Non ero spaventata, ero solo scossa dal piccolo incidente. Ormai la verità mi era stata buttata in faccia e certo non potevo fare nulla per cambiarla.
-Mio padre, tanto tempo fa, è stato ucciso da uno di loro. E'...stato ucciso da un vampiro.
Intrecciò le dita alle mie.
-Non me lo avevi detto.
-In verità, non ne avevo mai parlato con nessuno. Mi è difficile farlo.
-Mary...
-E' che, fino a poco tempo fa, non ricordavo niente. Nero assoluto. Poi, grazie all'aiuto di...questo ciondolo, ho cominciato a ricordare l'incidente di mio padre e ora so per certo che sia stato un vampiro, a ucciderlo.
Forse fu la prima volta che Zero notò la mia collana. Cominciò a guardarla con grande intensità, poi provo a toccarla. L'ultima volta che qualcuno ci aveva provato era rimasto scottato, e quel qualcuno era mia madre. Non avrei mai voluto che anche Zero finisse come lei.
-Però c'è una cosa. - dissi, cercando di distrarlo.
-Cosa?
-Mio padre...era un cacciatore.
Lo vidi spalancare gli occhi.
-Un cacciatore?
-Qualcosa mi dice che tu ne sai più di me. Ecco...sì, mio padre era un Hunter. Ma non so quale potesse essere il suo scopo, la sua missione, ecco.
-Mary, tuo padre era un cacciatore, certo. Ma un cacciatore di vampiri.
-Ecco, lo sapevo, lo sapevo, Cristo. Mio padre sterminava i vampiri!
Mi sfiorò la guancia, ma mi scansai. Non intendevo cedere al suo tocco, non finchè non mi avesse dato delle risposte.
-E tu sei uno di loro. Sei un Hunter – lo attaccai.
Si irrigidì.
-Come lo sai?
-Ecco...ho letto il biglietto che avevi fatto cadere due giorni fa davanti a me. Diceva chiaramente che eri un cacciatore...e beh, non ho capito molto altro.
Io mi sentii decisamente imbarazzata. Lui, invece, non sembrava per niente arrabbiato e per questo mi sentivo molto in colpa. La mia curiosità morbosa nei confronti degli Hunter mi avrebbe cacciata nei guai, prima o poi, lo sentivo.
-Mary...queste cose sono molto più grandi di te. Molto più di quanto immagini.
-Stai cercando di dirmi di starne fuori?
-Molto gentilmente, ma sì.
Cercai di non dare peso alle lacrime che minacciavano di uscire. Ero stanca e frustrata. Zero mi aveva rivelato delle realtà pesanti e ora pretendeva che ne stessi fuori?
-Come puoi anche solo pensare che me ne rimarrò con le mani in mano? Mio padre è morto. Io cerco giustizia.
-Il vampiro che l'ha ucciso sarà ormai polvere.
Lo schiaffeggiai con tutta la forza che trovai nel mio corpo, ma la verità fu che mi feci molto più male io di lui.
Imprecai a bassa voce e mi alzai, lasciando che le lacrime bagnassero il mio viso. Ormai avevo ben poco da guadagnare, o anche ben poco da perdere.
-Sei solo un bambino, Zero. Non capisci niente. Sono qui per dare giustizia a mio padre, certo! Tu non lo vorresti? Non vorresti la vendetta? Dai, dimmelo.
-Non venire a parlare a me di vendetta, Mary.
-Rimani un bambino, ricordalo.
-Oh, mio Dio. Se non ti riporto a casa mi diventi pazza.
Mi cercò con le braccia, ma di nuovo, mi allontanai.
-Io voglio sapere chi sono e tu certo non mi aiuti. -cominciai, incrociando le braccia.
-Sei la figlia di un cacciatore. E lo sono anche io, se questo ti soddisfa.
-I figli dei cacciatori diventano Hunter automaticamente?
-Che domanda è?
-Rispondi, guardiano.
Lo sentii imprecare. -Sì e no. Io sono il figlio di due cacciatori molto potenti e in quanto tali, hanno trasmesso il loro potere a me. Ma...
Vidi un lampo di disgusto attraversargli il volto.
-Non sempre va così.
-Zero...sii sincero, per favore. Io potrei essere una cacciatrice di vampiri?
-Potrebbe essere molto probabile che tu sia una cacciatrice, certo. Dipende anche dalle origini di tua madre, però.
E per me divenne buio totale. Mia madre sapeva, in qualche modo, dell'esistenza dei vampiri? Era a conoscenza del compito di mio padre?
-Ecco...lei mi ha sempre tenuto nascoste queste cose...
-Ha fatto bene, Mary. Più avanti di così non posso andare nemmeno io.
Mi aggrappai alla sua maglietta. -Non ci pensare nemmeno. Voglio sapere tutto. Tutto!
-Non oggi, piccola.
-E allora quando?
-Quando sarai più lucida. Ora voglio portarti via di qui, al sicuro.
 
Tornammo all'accademia quando ormai le lezioni della day erano terminate da un pezzo. Zero volle assicurarsi che mangiassi qualcosa, prima di lasciarmi sola in camera mia.
-Riposati, per favore.
-Non dormirò, Zero. Lo so già.
-Fallo per me.
Si voltò ma prontamente gli afferrai un polso.
-Zero...domani vorrei andare a parlare con il direttore. Mi aveva detto che quando sarei stata pronta mi avrebbe detto tutto su di me...basta aspettare, voglio sapere.
Fui travolta dall'intensità delle mie stesse parole.
-Devi essere davvero pronta, Mary.
-Lo sono. Ma...vorrei che tu venissi con me.
A quel punto accadde qualcosa di molto strano, che non mi so spiegare nemmeno oggi.
Il guardiano riempì lo spazio che ci divideva con un semplice gesto. Si avvicinò alle mie labbra con violenza, ma rimase lì, sfiorandole appena. Non poteva essere un bacio, ma nemmeno qualcosa che si poteva dimenticare. Chiusi gli occhi, per lasciarmi andare, per fare una cosa davvero impensabile e imperdonabile...
Il cuore mi stava scoppiando.
Di colpo, come era venuto, Zero si staccò.
-Scusami, Mary. Ci vediamo domani. Riposa, ne hai bisogno.
Quando trovai il coraggio di riaprire gli occhi lui non c'era più.
.
 
.
 
.
Perdonate l'immenso ritardo! Davvero, non ho scusanti: ogni giorno mi dicevo di venire a pubblicare e dopo finivo col fare un'altra cosa. Sper che questo capitolo mi faccia perdonare <3
Un bacione,
Je <3

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Capitolo 17
*** Profumo di zenzero ***


Capitolo 16

Profumo di zenzero

...
Zero Kiryu, ti vedo mentre il rimorso e il desiderio insieme ti assalgono e ti vogliono divorare. Dillo, dillo ora, e io ti crederò.
Sei confuso, non è vero?
Ed è tutta colpa di questa nuova arrivata, questa ragazza dagli occhi bizzarri color del cielo che nascondono la vita, la morte, la bellezza. Il peccato.
E tu ci sei dentro fino al collo.
Ti sei mai chiesto, piccolo Zero, se nella vita dovessi essere tu, quello che è costretto a scegliere? Alla fine dei giochi, ora, sei tu quello che deve schiarirsi le idee. Provi lo stesso dolore che ha provato la Vampira, Zero?
Dillo, dillo ora.
Mi sembri perso mentre imprecando a bassa voce dai un pugno alla parete, sussurrando il nome della Vampira perché pensi di averla tradita. Perché quello che hai dato all'umana era un bacio, Zero? Dillo.
Dillo ora.
Sangue, rabbia e rimpianto. Questo è ciò che ti rimane.
Hai assaggiato le sue labbra, e, se lo farai ancora...sì, allora dovrai scegliere, non avrai scampo. E scegliere è una parola grossa, Zero.
Ma almeno, alla fine, potrai dire di aver vissuto davvero.
 
Zero
 
La luce del sole acceca appena svegli e si sa, per cui mi porto una mano agli occhi e li copro. Mamma diceva sempre che sono chiari e per cui soffrono molto di più, quando c'è troppa luce, appunto.
Non che stanotte abbia dormito benissimo, eh, ma comunque, sempre fastidio dà.
Vado nella camera del direttore, quell'idiota, infatti, tiene una cucina e io sono affamato. Appena entro lui mi saluta e io gli rispondo per pura cortesia, solo perché non voglio sembrare maleducato.
Yuuki s'offenderebbe.
Sento nell'aria un profumo di zenzero e thè al limone, come quello che sentivo da piccolo appena sveglio, a casa mia. Biscotti allo zenzero con il thè al limone è la mia colazione ideale da quando so masticare, e nessuno me la toglie, punto.
E' quando esco dalla cucina e la vedo, seduta sulla poltrona del “padre” - a quell'idiota piace farsi chiamare così - che quasi non mi va di traverso tutto. Tutto.
Perché, perché, Yuuki, sei così dannatamente ...bella?
 
-Che ci fai qui? - le chiesi in tono sbrigativo. Cercai di non guardarla troppo, perché altrimenti lo sapevo, mi avrebbe fottuto.
-Papà mi ha chiesto di venire. Ti disturba?
-Molto. Devi sempre impicciarti?
Sapevo esattamente come comportarmi con lei. Bastavano due frasi mirate e fredde, e lei si chiudeva a riccio. Costruiva una barriera per proteggersi da me, dal mostro.
-Credo che la sua storia non ti riguardi – ripresi. Conciso e cattivo, come ero nato per essere.
-Se è per questo, potrei dire a te la stessa cosa.
Mi avvicinai di scatto alla poltrona, ne afferrai saldamente i manici e avvicinai il mio viso al suo.
-Yuuki, tu non sai niente. Niente, di lei.
-Non che tu la conosca da molto più tempo di me, in verità.
-Sei solo una bambina. Io la sto aiutando.
-Siamo qui per la stessa cosa, allora.
Dio, Yuuki. Che fai? Ti metti a fare la gelosa...adesso? Non puoi. Non puoi, dannazione.
-Bambina mia, la colazione è pronta. Oh, Zero, buongiorno, non ti avevo visto! Sei proprio un cacciatore, ti muovi veloce e silenzioso.
Il direttore fece il suo caloroso ingresso nella sala, facendo finta, molto probabilmente, di non notare quanto io e Yuuki fossimo vicini. Secondo lui, che diamine stavamo facendo?
-Non ho fame, papà. - disse Yuuki abbassando lo sguardo.
-Mi hai appena detto che volevi un biscottino allo zenzero, tesoro!
-Ho cambiato idea, ma va tutto bene. Davvero.
Non capivo...
Mi alzai lentamente e cercai gli occhi di Yuuki. Per fortuna capì al volo che volevo, ecco, scavarle dentro.
-Non ti sono mai piaciuti, i biscotti allo zenzero. - mormorai.
-Lo so, piacevano a te.
-E perché li volevi?
-...Ho pensato che era bello mangiare una cosa che piaceva a te.
Un angolino delle labbra mi si alzò imprevedibile, creando un sorriso. Imprevedibile, sì, come la pioggia d'estate.
-Oh, Yuuki...
In quel momento, si spalancò la porta ed entrò Mary. Distolsi lo sguardo dalla Principessa, e cercai di tornare in me. Cercai di dimenticare che effetto mi facesse.
Ma non ero mai stato bravo a dimenticarmi di lei...
 
Notai immediatamente Mary che guardava torva Yuuki. Probabilmente, come me, si stava chiedendo cosa ci facesse lì, quando comunque aveva chiesto solo a me e al direttore di esserci. Cercò me e io la rassicurai con un sorriso, che rimaneva pur sempre inadatto alla situazione.
D'altronde, quando si parla di vampiri...
-Mary, siediti, siediti cara. – chiese il direttore indicando con ampi gesti la sedia di fronte alla poltrona di Yuuki. Quando Mary si sedette, le due erano divise semplicemente da una scrivania. Sentii il cuore perdere un battito.
Non so cosa sto facendo in questo istante, so solo che davanti a me, vedo il mio passato e il mio presente. E sono entrambe...bellissime.
E' possibile?
-Ciao, Mary – iniziò Yuuki.
-Non mi sembrava di averti chiesto di venire – rispose Mary. La sua voce era ferma ed educata, ma sentivo che si stava cercando in tutti i modi di controllarsi.
-Oh, lei è qui per aiutarti, Mary. Vedrai che ci sarà utile.
Mary si limitò ad annuire. Io mi avvicinai al tavolo, Yuuki lasciò il posto al direttore e si sedette sulla scrivania. Di sicuro non era un gesto molto educato, ma essendo la figlia del direttore, le era concesso quello ed altro.
Si sentì immediatamente l'atmosfera farsi più tesa.
-Mio padre era un cacciatore di vampiri. Ora lo so – fu Mary, a cominciare.
-Esatto, piccolina. Uno dei cacciatori più potenti al mondo, tra le altre cose.
Ascoltavamo tutti con attenzione. Proprio come quando, da piccoli, quell'impiastro ci raccontava le favole. Solo che ora quelle non erano favolette, erano storie vere, di quelle che ti fanno rizzare i peli sulla nuca e sudare freddo.
-La famiglia Endo è sempre stata formata da soli Hunter. Ha sempre lottato contro i vampiri, e di generazione in generazione si è rafforzata. Tuo padre era un cacciatore molto potente, nel senso che in lui scorreva solo il sangue dei cacciatori di vampiri. Un esempio pratico e banale, è che anche Zero è proprio come lui.
Io e Mary ci guardammo. Potei percepire la sua paura, e se fossimo stati soli, giuro che le avrei detto: calmati, piccola.
-Anche i Kiryu sono sempre stati così. Zero è un cacciatore, e molto potente e pericoloso, oserei dire.
Alla parola “pericoloso”, Yuuki si abbracciò con le braccia esili e guardò in basso, come a isolarsi.
-Quindi...anche io sono una cacciatrice? - chiese Mary. La vidi determinata a vedere la verità, ma non spaventata. Avrebbe accettato qualsiasi cosa.
-Diciamo che in te scorre il sangue di un cacciatore, sì.
-...ma mia madre non mi ha mai detto niente...no. No. Aspetta un attimo.
Subito non capii. Il direttore accennò un sorriso e il mio sguardo saettò da lui a Mary, ma continuava a rimanere il buio totale. A meno che...
-Vedo che hai già capito, piccolina.
-Mia madre non è cacciatrice. E' un' umana.
-Sì – rispondemmo io e il direttore all'unisono. Doveva per forza essere così.
-Non sono...pura, quindi?
Al direttore scappò un risolino. -Piccolina, diciamo solo che di solito, un cacciatore così potente non si accoppierebbe mai con un'umana, ma ai tuoi genitori è successo. E sei nata tu. Non sei uno scherzo della natura, sei solo...ecco, divisa a metà. Tua madre, per proteggerti, ti ha fatto vivere da umana per diciassette anni. Ma ora che la guerra tra vampiri e Hunter incombe di nuovo, ecco, io...mi sentivo in dovere di farti sapere chi eri. Perché tu non sei un umana, Mary. Sei molto di più, molto di più.
Molto di più.
Nessuno si azzardò a parlare. Rimanemmo in silenzio per un po', ognuno immerso nei suoi pensieri.
-Penso che per oggi possa bastare – annunciò il direttore, mettendo una mano sulla spalla a Yuuki. Lei si alzò immediatamente e prese Mary per un braccio, per aiutarla ad alzarsi.
-Voglio sapere solo un'ultima cosa, per favore.
Tutti e tre respirammo a fondo.
-Qui, nella scuola...ci sono dei vampiri, vero?
Fu la volta di Yuuki.
-Sì, Mary. Tutti i membri della night class sono in realtà vampiri.
Mary si staccò di colpo e squadrò Yuuki.
-Che...?
-Se ti stai chiedendo se sono un vampiro, Mary, la risposta è sì. Sono una vampira purosangue, e non sono nemmeno l'unica ad essere così, in questa scuola.
-Zero mi ha spiegato cosa siete in grado di fare.
-Mary, ho un autocontrollo di ferro, io. Nessuno di noi vampiri si sogna di mordere qualcuno qui, comunque. È proibito.
-Volete dirmi che in questa scuola vampiri, cacciatori e umani convivono?
La domanda di Mary era pura come la neve, e proprio per quello, provocò una risata generale. Spezzò un po' la tensione, facendoci sentire meglio.
-Suona strano ma è così, Mary. La Cross Accademy è nata proprio per questo – rispose Yuuki, dopo aver recuperato un po' di serietà.
Sentii la mano di Mary, dolce e estremamente calda, infilarsi nella mia. La strinsi un pochino e desiderai scappare con lei, anche solo per chiederle cosa pensasse in quel preciso istante.
Mi faceva strano ammetterlo ma sì, ero spaventato a morte per lei. E mi dispiaceva a morte, per lei. Era stata catapultata in un mondo troppo grande ed estremamente pericoloso.
-Bene – concluse Mary, trascinandomi fuori sempre tenendomi la mano.
Non ebbi il tempo di guardarmi indietro; Mary era davvero troppo veloce. Mi trascinava per i corridoi della scuola senza parlare ed io, come un bambino, mi lasciavo guidare, troppo codardo per chiederle di fermarsi.
Avevamo entrambi il fiato corto quando ci fermammo sotto il portico del primo piano, quello che dava sul giardino. Guardai lei, le gocce di sudore perlaceo che nascevano sulla fronte per via della corsa e le sua mani che si aggrappavano alla mia camicia bianca, tremanti. Non avevo mai visto nulla del genere.
-Mary, va tutto bene. Va tutto bene.
-Per favore, Zero, smettila. Lasciami...respirare. Solo un attimo.
E così ascoltammo insieme i battiti dei nostri cuori che, incredibilmente piano, riprendevano il regolare andamento.
-Ho paura, Zero.
Dio, se sapessi cosa sono, Mary...ma non posso dirtelo, cazzo! Non posso proprio. Ma cosa devo fare, me lo spieghi? Sei talmente pura...
-A cosa pensi? - mi chiese lei.
-Che mi dispiace.
Sbatté nervosamente le palpebre mentre distoglieva lo sguardo. - Oh, quello. Beh, ne ho viste di molto peggio, nella mia vita, in ogni caso.
-Non devi cercare sempre di mascherare ciò che provi, Mary. Almeno non con me.
La sua bocca formò un ghigno rassegnato, che in principio forse doveva essere un sorriso. Si staccò da me e si appoggiò a una delle colonne del portico, con le braccia incrociate al petto, la testa rivolta in alto e gli occhi chiusi.
-Zero...io voglio che tu mi insegni.
Non capii. -Insegnarti cosa?
-Insegnarmi ad essere come te. Voglio...voglio diventare una cacciatrice, Zero.
Tornò a guardarmi, e, nei suoi occhi, che ovviamente non potevano nascondermi niente, lessi rabbia, disperazione e desiderio. Desiderio di riscossa.
-Mary...
-Ti prego, Zero. Sono venuta qui per scoprire chi ero e ora lo so. Sembrerò uno di quei cosi, un...un pulcino bagnato e spaventato, tipo, ma la verità...la verità, è che voglio vendicare mio padre. E tu sei l'unica persona che può aiutarmi.
Senza dire una parola, mi avvicinai a lei, continuando a guardarla negli occhi. Non si muoveva, no. Era rimasta lì, incatenata a me, incatenata all'ametista.
Dio, era davvero bella. Non c'era molto da dire, non c'era un motivo da trovare. C'ero io, c'era lei. Perché mai non la prendevo tra le braccia e la facevo mia? Non sarebbe stato difficile, per niente.
La verità era che quella creatura, quella ragazza fragile e dal passato triste, mi apparteneva. Sentivo troppo di me in lei e ormai era davvero tardi per tirarmi indietro, o tardi anche solo per pensare di fermarmi. Ero già andato troppo oltre e lo avevamo capito bene tutti e due.
Le accarezzai la guancia fermandomi sul collo. Lei, per l'ennesima volta, distolse lo sguardo.
-I tuoi occhi mi mandano in palla, guardiano.
Feci finta di non aver sentito.
-Lo farò, Mary.
-Mmmh? -disse lei, riaprendo gli occhi ma fissando il pavimento, lontano da me.
-Ti insegnerò tutto.
E davvero, è una promessa.
.
 
 
.

 
.

Ehm...*avanza evitando le scarpe che le lanciano* So di essere in ritardo clamoroso e mi dispiace da morire. Il prossimo capitolo, comunque, non arriverà così tardi, e questa è una promessa che intendo mantenere.
Grazie a chi segue, chi ricorda...chi preferisce, addirittura ** E che mi lascia sempre qualche parolina di conforto <3
Vostra,
Je <3

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Capitolo 18
*** Semplicemente, ancora. ***


Capitolo 17

Semplicemente, ancora.


Mary
 
Oh, beh, io ci ho provato a stargli lontano. La colpa, a conti fatti, non è mica solo mia.
 
-Cerca di sollevarla di più. E di non fartela scappare dalle mani, possibilmente. – mormorò Zero al mio orecchio, con voce roca, bassa ma decisa.
Sbuffai con tutta la forza che avevo in corpo.
Era dalle sei di quella mattina che mi ero chiusa con il guardiano dentro il poligono di tiro, ad allenarmi, ovvio. Mi ero ripromessa che al massimo in un paio d'ore sarei stata in grado di tenere in mano una pistola e saperla per lo meno tenere dritta, ma evidentemente, il ragazzo di fianco a me era l'unico tra i due che si poteva vantare di saper maneggiare quella cosa alle, vediamo, due del pomeriggio. Ottimo!
Di nuovo, mi misi in posizione, alzai le braccia e mirai il bersaglio. La pistola nelle mie mani - Zero la chiamava Bloody Rose - era talmente pesante da farmele tremare.
-Tieni tutti e due gli occhi aperti, Mary. Vedi due volte meglio, fidati.
Lo ascoltai e respirai a fondo.
-Ora premi il grilletto, piano.
Eseguii e ci fu un rumore assordante, orribile. Odiavo il tonfo degli spari, ora era un dato di fatto.
Fui sul punto di perdere l'equilibrio, ma con l'aiuto di Zero tornai in posizione. Guardai che zona del bersaglio avevo colpito, notando che ero stata piuttosto brava.
-La spalla destra. Non male, non male davvero, Mary.
-E' molto lontano dal cuore, però.
-Un colpo del genere ferirebbe mortalmente un livello E e stordirebbe un vampiro purosangue. Direi che siamo a buon punto.
Tirai un sospiro di sollievo. -Mi promuovi, guardiano?
-Dopo otto ore che siamo qui mi sembra il minimo.
-Ok, allora facciamo l'ultimo.
Mi rimisi in posizione per l'ennesima volta, mirando con tutti e due gli occhi aperti. Proprio mentre stavo per premere il grilletto, una mano calda si posò sul mio fianco. Poi, lentamente - troppo lentamente, per il mio cervello che stava andando in pappa - Zero percorse le mie braccia con le sue, impugnando con le mani la pistola, insieme a me.
Avevo il fiato corto.
-Ecco, così, piccola. - mi sussurrò all'orecchio, sollevandomi le mani e facendomi indietreggiare con la schiena.
Il cuore scoppia.
-Tre, due, uno...spara.
Premetti il grilletto, rimanendo stavolta in perfetto equilibrio.
-Oh, mio Dio. Oh, mio Dio! - esclamai.
Aveva appena centrato il bersaglio in pieno petto.
-Hai visto? - chiese Zero, con quel tipico tono che significa: era davvero così difficile?
-Grazie, grazie, Zero! - gli dissi abbracciandolo delicatamente. -Ce l'ho fatta.
Mi diede una leggera carezza sulla schiena. -Sei stata brava, piccola.
Probabilmente avevo ereditato la bravura da mio padre. Fino a prova contraria, nel mio corpo scorreva il sangue di un cacciatore, e probabilmente, quindi, ero già predisposta a imparare a sparare e cavarmela coi vampiri. Anche se tutto questo era venuto fuori dopo otto ore di estenuante allenamento.
-Non sarò mai brava come te. - dissi a un certo punto, sedendomi su una panchina. Zero mi raggiunse, sedendosi talmente vicino da potermi toccare. Afferrò una mia mano e cominciò a giocherellare con le dita.
-Ora non cominciare a dire cavolate. Guarda che non sono nato con una pistola in mano, ho imparato col tempo.
-Ti ha insegnato tuo padre?
-Non solo. Il mio maestro mi ha insegnato davvero tutto, e devo ammettere che è il cacciatore più bravo che abbia mai visto. E' Yagari, il professore di etica, quello con la benda sull'occhio.
-Oh, mio Dio. Quello è un cacciatore?
-Sì, Mary. Ti stupisce?
-Sì e no. Non avrei mai immaginato che nella nostra scuola ci fossero così tanti cacciatori. - E che per di più fosse concesso loro insegnare. Ma andava bene così, almeno saremmo stati al sicuro.
-Mary, posso farti una domanda? - chiese Zero a un certo punto.
Annuii.
-Questa collana era di tuo padre, vero?
La toccai, istintivamente. Mi ricordai di come mi aveva riscaldata, settimane prima, a casa, quando avevo avuto paura di partire. E ora eccomi lì, in Giappone, a scoprire chi potevo diventare.
-Come puoi saperlo?
-La possedeva anche mio padre. E' una sorta di ciondolo che viene dato alle famiglie di Hunter più potenti. Dicono che abbia dei poteri magici, persino, tipo far sentire meglio le persone o allontanare i nemici emanando fuoco.
Forse non avevo capito bene le ultime parole.
-Fuoco?
-E' solo una leggenda, piccola.
-Cavolate, è tutto vero. Da quando ce l'ho ho ricordato la morte di mio padre. E in più mi ha fatta sentire meglio molte volte, credimi. E...
Avevo quasi paura a dirlo.
-Una volta ha scottato la mia mamma.
Zero stavolta fu più veloce, e riuscì ad afferrare la collana.
-E' strano, Mary. Non dovrebbe farle del male, è solo un'umana. Se fosse un vampiro sarebbe un altro discorso, ma...
-Ti giuro, Zero, l'ha scottata.
-Forse può succedere. Non lo so, Mary, non sono espertissimo di queste cose. Basta pesantezza, comunque. Devo andare in città a comprare delle cose, vuoi venire?
Gli sorrisi.
 
Il paese era molto più bello e movimentato di quanto non ricordassi. Immenso, per così dire, perché ogni persona che vi trovavo dava un tocco in più.
Svolgemmo le commissioni che dovevamo fare, senza mai fermarci un secondo. A fine giornata ci ritroveremo sfiniti, ci ripetevamo, ma andava bene così.
A un certo punto Zero propose di fare pausa e io accettai volentieri. Ci fermammo sul marciapiede di una strada deserta, a quell'ora, probabilmente perché vi erano pochi negozi. L'atmosfera era gradevole e addirittura rilassante. E poi c'era Zero, e questo diceva tutto già da sé.
-Ho una cosa per te. - disse Zero, dopo aver bevuto un sorso d'acqua.
-Che c'è, è un regalo?
Mi fissò con uno sguardo ammonitore, che mi fece subito tornare estremamente seria.
-Che c'è? - sussurrai.
Con velocità assurda, mi mise tra le mani una pistola molto più leggera della sua. -Non è la Bloody rose, ma è pur sempre una pistola anti-vampiro. Ti prego, tieni gli occhi aperti.
Poi ci fu un rumore sordo sopra di noi. Ci voltammo di scatto, e notammo entrambi una figura orribile che ci fissava con un ghigno malefico. Era come se il suo corpo fosse stato privato di ogni bellezza: gli occhi erano spenti, i capelli lunghi e spettinati, le ossa sporgevano da ogni angolo. Giurai che quella fosse una donna, anche se ormai delle sue forme non rimaneva nulla.
-Ma chi abbiamo qui? - disse quella bestia con voce metallica. Non potei fare a meno di tapparmi le orecchie.
E poi rise. Rise e rise ancora facendomi venire i brividi, facendomi ricordare che anche il vampiro che aveva ucciso mio padre aveva una voce come la sua. Orribile. Spenta.
Senza alcun preavviso, Zero sparò ma la vampira fu più veloce e schivò il colpo.
La mia prima battaglia stava per cominciare.
 
Era davvero tutto troppo veloce e troppo impossibile, ma stava accadendo proprio davanti ai miei occhi. Io e Zero correvamo come mai in vita nostra, cercando di schivare i colpi del mostro; lei ci stava alle calcagna senza mai darci un attimo di respiro. Lo scopo del vampiro era quello di farci scappare in un luogo isolato, così facendo, ci avrebbe attaccato senza problemi e senza possibili interruzioni. Io e il guardiano facevamo di tutto per toglierla di mezzo, ma era davvero troppo crudele e troppo...furba?
Sembrava quasi spinta da un moto di rabbia. Era come se...dovesse ucciderci.
Fu quando sia io che Zero ci voltammo che mi si gelò il sangue. La bestia, quel mostro assettato di sangue, rimaneva in piedi a stento, con le gambe piegate e la schiena ingobbita in una posizione disumana.
-Io...sono la compagna del vampiro che avete ucciso l'altro giorno.
Sentii come una lama lacerarmi il cuore. Mille brividi mi percorsero il petto, e per un attimo temetti di cedere e di svenire.
Quella donna cercava e voleva noi perché ambiva la vendetta. Ma come poteva quell'essere anche solo pensare di avere dei sentimenti?
E poi fu tutto troppo veloce.
Il vampiro mi si scagliò contro, attorcigliando le mani alla mia gola. Cercai disperata di prendere in mano la pistola che mi aveva dato Zero, ma la stretta era troppo forte. Non vedevo più, non sentivo più nessun rumore. Il dolore era l'unica cosa che era diventata per me onnipresente, troppo lacerante per essere accantonata.
Ho paura.
Sentii però dei rumori di graffi. Un grido, forse. Il mio nome lasciato per aria, sì, quello avevo sentito.
Le mie mani e le mie braccia tremavano ancora in modo spasmodico, quando il corpo che giaceva sopra di me fu scaraventato lontano. Udii di nuovo il mio nome, e qualcosa di caldo che mi afferrava il polso.
-Respira, Mary. Respira.
Non è così semplice, risposi mentalmente.
Seppi con certezza, anche se non riuscivo ancora a guardare, che si stava consumando una lotta dal momento in cui il tepore al polso mi abbandonò. La testa e la gola pulsavano ancora. Tremavo, ancora.
C'era qualcuno lì con me, che mi aveva salvato la vita. Di nuovo. Mi aveva salvata...di nuovo.
Respira, Mary. Respira.
Era un momento assurdo per capirlo, lo sapevo bene. Ma proprio lì, e proprio in quell'istante, seppi con certezza che quella persona, quella persona alla quale apparteneva il tepore, mi era entrata nel cuore, indelebile, e non ne sarebbe uscita mai più. Mai più.
Con tutti i muscoli che dolevano e che gridavano di fermarmi, mi alzai in piedi ed afferrai la pistola. Mirai la bestia che stava attaccando Zero, che dalla foga e probabilmente dalla preoccupazione, aveva quasi perso la Bloody Rose.
Uno, due, tre. Spara.
Premetti il grilletto e guardai la vampira afflosciarsi a terra, ormai morta. Presto, osservai le sue ceneri grige che silenziose venivano portate via dal vento.
Sei colpevole.
 
Il sole stava già calando quando io e Zero, silenziosi come non mai, ci dirigemmo verso la scuola. Circa a metà percorso, però, senza preavviso (e fu quello a spaventarmi) le mie gambe cedettero e io mi trovai a terra.
-Mary! Ehy, piccola, va tutto bene? -chiese il guardiano, afferrandomi prontamente e scrutandomi per capire cosa avessi.
-No, no...sto bene. Ho solo la testa vuota. Credo...credo che abbia bisogno di riposare.
-Allora ci fermiamo qui – disse Zero, con me in braccio, svoltando in una via dove l'unica cosa che si distingueva era un piccolo ostello per giovani.
-Eh? - chiesi sbigottita non appena capii cosa intendesse. -Non voglio, Zero. Mettimi giù, dai, è stato solo un piccolo capogiro!
Quelle erano parole inutili, visto che il guardiano era già entrato nel piccolo rifugio. Ovviamente, avevamo tutti gli occhi di quella città puntati addosso. Insomma, un ragazzo inquietante che tiene tra le braccia una ragazza dagli occhi impenetrabili...non si vede tutti i giorni.
Una ragazzina dall'aspetto gentile, probabilmente la figlia del proprietario, ci accompagnò nella nostra stanza. Poi, come se avesse visto un fantasma, ci salutò e scappò via.
Notai subito che nella stanza c'era solo un letto matrimoniale. E, con mio grande stupore, non seppi decifrare subito se quella cosa mi desse fastidio o se mi facesse piacere.
Dio, sono una causa persa.
Zero mi adagiò piano piano sul letto. Ringraziai il cielo che fosse buio, nella stanza, così almeno potevo arrossire quanto mi pareva.
Si sedette accanto a me e io, come risposta, mi raggomitolai con le ginocchia al petto, abbracciandomi.
-Stai bene? - mormorò.
-Ora sì. - scandii. -Ora che non c'è più nulla da temere.
-Mary, non sei mai al sicuro, ricordalo – disse lui con una leggera amarezza nella voce.
-Stavo pensando...grazie, Zero.
-Mmmmh?
-Grazie per avermi insegnato tutto. Grazie...di essere qui con me adesso. E per avermi salvata prima.
-Quello che ti deve ringraziare sono io, piccola. Hai sparato al momento giusto. Stavo...stavo per perdere la Bloody Rose.
-E allora dimmelo.
Mi guardò con occhi curiosi. Non capiva davvero?
-Dimmelo, che sono brava.
Gli scappò un risolino.
-Lo sei, Mary. Ma adesso riposa, ne hai bisogno.
-Va bene...ah!
Il modo in cui gemetti allarmò entrambi. Dal mio braccio destro arrivava un dolore bruciante che evidentemente non potevo più ignorare.
Alzai la manica della felpa e notai un taglio al livello del polso. Perdevo parecchio sangue, e ringraziai il cielo per la seconda volta di non essere una di quelle persone che svengono quando lo vedono.
-Oddio...ma non me ne ero nemmeno accorta!
Zero, accanto a me, sembrava quasi strano. Il suo respiro si era fatto convulso, come quello di un maratoneta quando finisce una gara. Pensai che avesse paura per me.
-Va tutto bene, Zero. E' solo un graffio, ora mi passa. Devo solo...
Mi afferrò il braccio senza dire nulla, ancora. E respirava, ancora, in modo troppo affannoso.
-Zero, stai bene?
Nessuna risposta. Solo il suo cuore con il battito accelerato, i respiri irregolari.
-Zero, così mi spaventi. Che cos'hai? Ti da fastidio il sangue?
Quella fu la prima volta che mi guardò da quando aveva cominciato a comportarsi così. I suoi occhi erano attenti, spaventosi. Dannatamente belli come al solito, ma con un non so che di inquietante.
-Mary...
Quando parlò, la sua voce era talmente bassa e sensuale da parermi finta. Era lui, lo sapevo che era lui, che era Zero. Eppure era come se...
Respirava talmente forte da sembrare impegnato in una tosse orribile, che gli toglieva il respiro. Tremava assurdamente, mentre con un gesto spasmodico mi afferrò il polso sporco di sangue, fatale.
E gli attimi che seguirono furono i più strani della mia vita.
Non tanto per il dolore che percepii. Non tanto per quello che vidi, quello che sentii o mi parve di aver visto o sentito.
Fu strano perché fu bello.
Rabbrividii quando vidi i canini di Zero allungarsi per poi conficcarsi nella mia carne. Gemetti di dolore, quando sentii come succhiava avido dal mio polso.
Il cuore mi si fermò letteralmente quando vidi i suoi occhi diventare fuoco.
 
Cosa faccio? Devo dirgli di fermarsi, di smetterla? Che diamine devo fare?
Stringo i denti per dimenticare il dolore al polso. Riduco gli occhi a una fessura, anche se mi assicuro di poterlo ancora vedere.
Non sono così stupita di scoprire che Zero sia un vampiro. La cosa che mi fa rimanere veramente basita è che io ora sia qui, a donargli il mio sangue, a permettergli di fare quello che vuole, nonostante sia un cacciatore. E nonostante un cacciatore lo sia anche lui.
E' incredibile perché ora mi accorgo che non fa quasi più male. All'inizio avevo cercato di ribellarmi, per cui un po' dava fastidio; ma ora, ora che mi sto praticamente dando a lui, mi sento quasi sollevata.
Mi chiedo a cosa stia pensando, cosa provi ora, qui, con me al buio di una stanza d'albergo mentre mi priva di una parte del mio essere umana.
Quando vedo i suoi muscoli che si contraggono e si dilatano per bere, mi sento bene perché so il sangue che sta bevendo è il mio.
E allora bevi, Zero. Non ti fermo ora, né ti fermerò mai. Bevi e vivi, per me.
 
...
Si stacca di colpo, il guardiano: è sazio o forse, si è stancato di essere un mostro. Si è accorto di aver sbagliato miseramente, ha ceduto di fronte alla ragazza dal passato triste. La ragazza che si fidava di lui, la ragazza che, almeno così a lui era sembrato, gli aveva sorriso mentre succhiava il sangue, avido.
Basta, dannazione!
Vorrebbe chiederle scusa, abbracciarla, farla sua, dirle una bugia. Tutto pur di non avere il suo sangue nelle vene, che però lo fanno vivere.
Era da tanto che non beveva, e a questo pensiero gli si stringe lo stomaco.
Si pulisce maldestramente col dorso della mano la bocca, ancora impregnata della linfa vitale di lei, rossa, perfetta, dolce. Aveva un sapore buono, il suo sangue.
Quello di Yuuki era sempre così amaro, al confronto...così inutile, per la sua sete...
Mary stavolta non distoglie lo sguardo. Continua a vederlo, vederlo come lo aveva visto la prima volta. E lo vede sempre uguale: un ragazzo solo e smarrito, che ha bisogno di essere amato.
E lei, quell'amore, glielo darebbe così volentieri...
-Zero? - lo chiamò lei, con voce timida, ma sincera. -Sei ancora tu, Zero?
Ma il guardiano non risponde. Ha paura, ha paura che con le parole se la farebbe scivolare via e non vuole. No, non lei, si ripete.
E così, con le labbra ancora sporche del suo sangue, la bacia. E' un bacio assurdo, che sa di paura, rimpianto ed errori.
E, se fosse più coraggioso, si metterebbe a piangere, quando sente che lei, non più timida ma donna, risponde al bacio mentre cerca di stringerlo, di farlo suo.
Semplicemente.
.

 
.

 
.

Non ci posso credere nemmeno io, ma sono riuscita  mantenere la promessa. Eccomi qui :) Questo è un capitolo importante, un capitolo di svolta, soprattutto per il finale. Chi di vi tifa per Mary sarà sicuramente felice...ma amanti dello Zeki, non disperate, la vera storia comincia adesso, e di acqua sotto i ponti ne deve passare ancora tanta!
Grazie a chi mi segue sempre...vi adoro <3
Un bacione
Vostra,
Je <3

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Capitolo 19
*** Mani sulla pelle ***


Capitolo 18

Mani sulla pelle

Mary

 

Vorrei saper descrivere le emozioni che si stanno liberando dentro di me, ora, in quest'istante in cui non so bene dove comincio io e finisce lui. Ma non ci riesco, e...credevo che non sarei mai arrivata a questo punto. Arrivata a credere di aver corso troppo, arrivata a pentirmi di aver lasciato la mia mamma, il mio paese, tutto ciò che era mio e che quindi mi appartiene.
Perché alla fine tutto sta nelle decisioni che una persona prende. E io ho preso la mia, solo che ora ho paura che sia dannatamente sbagliata.
 
Non volevo che quel bacio finisse. Anzi, avrei giurato che io, quel bacio, lo desideravo da molto tempo.
Gli afferrai convulsamente i capelli, e lo avvicinai ancora di più a me. Probabilmente mi aveva baciata solo per farmi stare zitta, oppure – e questo pensiero mi uccideva – lo aveva fatto solo perché non era in sé. Semplicemente trascinato dal desiderio del sangue, semplicemente vinto da un sentimento molto più profondo e forte di lui. Semplicemente, in quel momento, non era lui.
Ma io invece ero io, e la verità era che lo stavo baciando. Con tutta la forza che avevo in corpo, con tutto l'amore che riuscivo a trovare. Era come se con quel gesto volessi difenderlo, volessi proteggerlo dal mostro temporaneo che mi aveva mostrato.
Era ovvio che quel mostro non mi facesse paura. Certo, mi intimoriva, ma per un altro motivo. Non per le zanne o per la sete, no: perché avevo paura che il mostro cancellasse il vero Zero, quello di cui mi ero innamorata, e ora lo sapevo.
Era così normale che ora si fosse disteso su di me? Era così normale che glielo lasciassi fare senza oppormi minimamente?
Non trovavo le parole.
-Mary...no.
Aprii gli occhi e mi ritrovai riflessa nei suoi. Infiniti, bellissimi.
Fa così bene da far male.
-Non posso.
Per fortuna le trovò lui, le parole. E trovò anche la forza di tornare in sé e fermarmi.
Mi bagnai le labbra con la lingua, e le sentii ancora gonfie di baci.
-Scusami. – fu tutto quello che riuscii a dire.
Si sollevò per allontanarsi da me. Si mise in un angolino del letto, con la testa tra le mani. E mi sembrò distrutto.
-Zero...
-Non merito di vivere.
Anche io mi alzai lentamente, e cercai di raggiungerlo nel suo angolino privato. Ma dovevo stare attenta, perché in quel momento il guardiano era impenetrabile.
-Zero, ti prego...non mi hai fatto male. Dico davvero.
-Non cercare di farmi sentire meglio dopo aver fatto una cosa del genere. Io...
-Te lo ripeto, vedo che non capisci. Non mi hai fatto niente. Sono ancora viva...pensavi che mi lamentassi per così poco?
Continuava a non guardarmi, ma dalla voce immaginai la sua espressione, contratta dal dolore. -Dovresti lasciarmi morire...qui. Adesso. Ne avresti la possibilità.
-Ma ti senti quando parli? Sei ridicolo.
-Avrei voluto farti scoprire cos'ero in un'altra maniera. Parlandoti, raccontandoti la mia storia...
-Zero, non m' importa.
Appoggiai il mio viso alla sua schiena. Mi aggrappai forte alle sua spalle, e quello fu un gesto che mi ricordò tanto quando giocavo con il mio papà, da piccola. Solo che quello non era mio padre, ma l'uomo che avevo appena baciato, e che desideravo con tutta me stessa.
-Non mi importa cosa sei, davvero. Mi importa di te, Dio, che continui a vaneggiare cose inutili e senza senso.
Lo sentii soffocare una risata.
-Grazie, Mary.
-Sono qui apposta. Certo che mi aspettavo fossi più, ecco, maschio. Ti lamenti per un nonnulla.
-Sei ti avessi fatto del male, non me lo sarei mai perdonato.
Lo lasciai andare e lui tornò a guardarmi. Avrei voluto chiedergli del bacio, ma...
Ridacchiò.
-Che c'è?
-Pensavo al tuo sangue.
-Il mio sangue ti fa ridere, guardiano?
-Al contrario, sa proprio di te. E' buono.
Non che me ne intendessi tanto di sangue, ma quando sentii quelle parole, non potei fare a meno di arrossire.
Fu allora che Zero si grattò nella parte destra del collo, e io notai per la prima volta il suo tatuaggio. E aveva una forma così familiare...
-Zero?
-Mmmh?
-Quel...tatuaggio è
-Un marchio, piccola. Diciamo che è una cosa che mi hanno fatto per tenermi a bada, visto che sono un vampiro.
-Posso toccarlo?
-Mary...
Il mio nome fu l'ultima cosa che sentii, e la mia mano sulla sua pelle, l'ultima che vidi.
 
Mi trovai catapultata in un mondo diverso, freddo e silenzioso. C'era tanta neve e, davanti ai miei occhi, solo una casetta piccola e bianca, in legno. Non avevo idea di che cosa ci facessi lì.
Di certo, ero sicura di aver toccato il tatuaggio di Zero. Era qualcosa di talmente conosciuto...avevo la sensazione di aver già visto quel simbolo da qualche parte, eppure, non ricordavo dove.
Come se mi muovessi in un sogno, mi diressi verso la casa, l'unica destinazione che per me aveva senso. Nel buio della notte e nel silenzio che mi avvolgeva, non potei fare a meno di sentire dei rumori strani che provenivano da quella dimora.
Confidando nel fatto che fossi solo un fantasma che vagava in ricordi lontani e immutabili, aprii la porta e davanti a me si fece largo uno spettacolo devastante.
Quasi non caddi indietro, stravolta dallo stupore che mi aveva provocato ciò che avevo visto.
Ciò che vedevo era morte.
C'erano un uomo e una donna distesi a terra, feriti, avvolti da una macchia vermiglia e densa. Mi portai una mano alla bocca.
Quando feci qualche passo avanti sentii che qualcosa non andava in me, se veramente volevo continuare a guardare uno spettacolo simile.
Ma era come se fossi spinta a vedere, spinta a immergermi sempre di più in quella casa degli orrori.
E poi, davanti a me, un bambino. Non doveva avere più di dodici anni: era fragile, ferito, indifeso. E aveva appena perso la sua famiglia.
Quando alzò lo sguardo, guardò nella mia direzione, e fui travolta dai suoi occhi.
E seppi dove mi trovavo.
-Zero! - lo chiamai, ma chiaramente non mi poteva sentire. Io...stavo vagando nei suoi ricordi.
-Scappa, Ichiru. - disse lui con voce spezzata dal dolore. E io rabbrividii, quando vidi un altro piccolo Zero avvicinarsi proprio al punto in cui ero io, accompagnato da una donna bellissima dai capelli chiari.
-Ti prego, scappa...- furono le ultime parole di Zero.
Non potei più limitarmi a guardare. Mi diressi verso di lui, cercando di sollevarlo e aiutarlo in qualche modo, ma era davvero tutto inutile. Quando cercavo di toccarlo, come un fantasma, la mia mano passava attraverso le sue membra.
Non mi ero mai sentita più impotente di così.
-Andiamo via, mia Signora. Stanno arrivando, se ti fai trovare qui, ti faranno del male. - disse il ragazzino che era uguale a Zero.
Ichiru, così lo aveva chiamato.
Come poteva abbandonarlo? Era suo fratello, dannazione! Il suo gemello, per di più...
Nell'aria ci fu il suono di un campanellino, e quando alzai gli occhi, mi accorsi che io e Zero eravamo rimasti soli. Quando guardai i corpi di quelli che dovevano essere i suoi genitori, sentii subito una lacrima amara rigarmi il volto.
-Forza, Zero, andrà tutto bene – mi ritrovai a parlare anche se sapevo benissimo che quel bambino non poteva sentirmi.
Mi accovacciai vicino a lui, continuando a guardarlo, nella sua perfezione di un ragazzino. Respirava a fatica e piangeva in silenzio.
Non lo avevo davvero mai visto così devastato.
Fu quando sentii delle voci provenire dall'esterno della casa, che mi alzai subito in piedi. Era tornata quella donna? Voleva...controllare che Zero fosse morto?
Quando la porta si spalancò, entrarono due uomini con il fiato corto. Entrambi gemettero quando videro tutto, ma solo uno cadde in ginocchio a terra, stremato e vinto.
-Siamo arrivati tardi. – mormorò Kayen Cross, mentre a gattoni si trascinava verso la madre di Zero. Poi guardai Yagari, che con il piede calciò un pezzo di legno che era per terra. Poi urlò.
-Mi dispiace...- sussurrarono entrambi, anche se nessuno, tranne me, li poteva sentire.
-Ichiru...
Una voce, in quella notte spezzata, travolse il vento, la neve, e i due uomini che erano entrati in quella casa. La voce del bambino dai capelli argento, che era ancora vivo.
Kayen si precipitò da Zero e lo prese tra le braccia, e giurai che quasi non si mettesse a piangere. - Toga, Toga, è vivo! Respira, Toga, sta respirando! Portiamolo via, presto!
L'ultima cosa che vidi fu Kayen che baciava il bimbo sulla fronte, gli sussurrava di non mollare, gli pregava di rimanere con loro.
-Ci sono io, piccolo Zero. Rimani qui, rimani qui.
 
Era stato Zero, quello vero, quello che in quel momento era seduto sul letto accanto a me, a togliere la mia mano dal suo collo. Mi guardava con aria stupita, quasi spaventata.
-Che cosa hai visto?
-Pensavo lo dicessi tu a me.
-Non so che cosa tu abbia appena fatto, Mary, ma nel momento in cui hai toccato il mio tatuaggio, sei entrata in una specie di trans. E non capisco cosa significhi.
Tornai a osservare quel simbolo, e finalmente, capii a cosa assomigliava.
-Mi è già successo, una volta. Avevo toccato la tomba di mio padre e avevo sentito delle voci. Ora ho toccato te, e credo di aver visto il tuo passato, Zero.
-Ci dev'essere per forza un motivo per cui riesci a farlo.
-Penso che sia per questa, Zero.
Ancora una volta, fui costretta a tirare in ballo la collana di papà. Quel ciondolo era la prova palese di che cosa fossi. E, inoltre, mi aveva dato la straordinaria capacità di scavare nel passato delle persone.
-Certo, Mary. Certo! Ora capisco. Dev'essere per forza, per quella.
-...non capisco – ammisi.
Zero quasi non sbuffò. -Queste collane hanno dei poteri, me l'hai detto tu stessa. Pensavo fosse una legenda, e invece no. E' incredibile, Mary, grazie alla tua collana sei riuscita a vedere molte cose.
Già, ma continuavo a chiedermi cosa avessi visto.
-Che cosa hai visto, Mary? Quando hai toccato il mio tatuaggio.
Non trovavo né le parole, né il coraggio.
-Dimmelo.
-Zero, io...credo di aver visto il tuo passato.
Mi afferrò le spalle e mi scosse con violenza. -Che cosa? Voglio sapere di più. Che cosa hai visto, esattamente?
-Zero, mi fai male!
Cercai di sottrarmi alla sua presa. Non si era mai, mai comportato così, e questa novità mi spaventava e non poco.
Zero mi accarezzò una guancia. -Scusami, Mary. Non volevo essere così brutale. E'...che quando si parla del mio passato è sempre così.
-Me ne vuoi parlare?
-Speravo ne parlassi tu a me, visto che ci sei praticamente entrata dentro.
Mentre raccontavo abbassai lo sguardo. Non potevo assolutamente permettermi di guardarlo negli occhi, mentre dicevo ciò che avevo visto.
Perché io avevo visto morte.
 
Alle cinque e mezza del mattino, i nostri racconti erano terminati e potevo finalmente dormire sonni tranquilli.
Mi raggomitolai nella coperta, sperando di sentirmi più protetta.
Quante volte avevo pensato che quel ragazzo avesse bisogno di aiuto, perché si sentiva troppo solo? Beh, avevo ragione. Zero era una persona sola, troppo sola.
E mi chiedevo perché tutti quelli che lo avessero anche solo guardato negli occhi una volta nella vita, non avessero lottato contro il mondo intero, dopo, per stargli vicino, per fargli sentire un po' di calore.
 
La sua famiglia era stata sterminata da una vampira purosangue di nome Shizuka Hiou. Dio solo sa quanto autocontrollo ha dovuto dimostrarmi nel momento in cui, schifato, ha pronunciato il suo nome tra i denti.
Shizuka. Hiou.
Il suo gemello, Ichiru, ingannato dalla strega, aveva deciso di seguirla e alla fine si era innamorato di lei. Era riuscito a guardare Zero negli occhi mentre prendeva per mano la vampira e diceva di andarsene.
Mentre scommetto che sentiva l'odore del sangue dei suoi genitori lì, a un passo da lui.
Secondo una leggenda, due gemelli cacciatori non sono destinati a vivere entrambi. Mentre sono ancora nella pancia della mamma, uno dei due, il più forte, mangia l'altro, il più debole, e perciò nasce rafforzato.
Rafforzato, ma solo.
Per Zero e Ichiru non era andata così, erano nati entrambi. Solo che Zero era normale e sano, Ichiru di salute cagionevole, sempre costretto a rimanere a guardare.
Zero ha stretto i denti mentre mi diceva che era quello il motivo per cui Ichiru lo aveva tradito e abbandonato.
Le azioni di Shizuka non erano comunque rimaste impunite per sempre. Era stata uccisa da un altro Purosangue – con mio grande stupore, dal fratello di Yuuki, un certo Kaname Kuran – con l'aiuto di Zero. Una vendetta che a parere mio il guardiano si meritava tutta.
Zero e Ichiru si erano riappacificati poco prima che quest'ultimo morisse. Entrambi si amavano ancora come quando vivevano insieme, ma secondo Zero, la gelosia portava a brutti scherzi. E anche l'amore.
Perché Ichiru amava davvero Shizuka.
Ora Ichiru riposa nel corpo di Zero. Il guardiano mi ha detto che è come si fossero fusi, come se fossero una persona sola.
E infatti ritorniamo alla leggenda: il più forte ha mangiato il più debole e ora ne è rafforzato.
Perché da quando Ichuru è dentro Zero, Zero è più forte. E più sereno, anche.
 
-Zero? - lo chiamai, immersa ancora dalle coperte.
-Dimmi, piccola. - mormorò lui, facendomi rabbrividire.
-Ma non dormi?
-Non ho sonno. Dormi tu.
-Zero?
-Mmmmh?
-Dirti che mi dispiace non ha molto senso. Forse perché non ci crederesti e perché ti sembrerei falsa, inopportuna. Ma voglio che tu sappia che io ci sono, ci sono sempre, e non ti tradirò mai. Ehm, suona come una cosa poetica! Dio...
-Mary?
-Che c'è?
-Grazie. Grazie di cuore, davvero. Però adesso dormi, per favore, piccola.
.

 
.

 
.
Salve a tutti! :) Come al solito perdonate il mio tremendo, catastrofico ritardo. Vi chiedo di lasciarmi scritto cosa ne pensate, di questi capitoli, anche solo qualche parola per farmi capire se ci siete, se sto andando bene o se mi buttereste giù da qualche ponte - ok, dai, andiamoci piano che sono ancora giovane XD Ve lo chiedo col cuore in mano. 
Ah! Prima che mi dimentichi, questa meraviglia qui sotto è praticamente identica alla Mary che immagino io. Voi che ne pensate? ;)
Un abbraccio stretto e un ringraziamento speciale ad Heart. Sei un angelo, cara, dico sul serio!
Vostra 
Je <3


 
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Capitolo 20
*** E' come non avere scelta, con te. ***


Capitolo 19

E' come non avere scelta, con te.

 

Mary
 
Quando riaprii gli occhi, il mattino dopo, un suono familiare mi riempiva le orecchie; un suono che era rimasto con me tutta la notte e mi aveva cullata, facendomi sentire protetta.
Il respiro di Zero.
Non avevo voglia di pensare a quello che era successo la sera prima, per cui, mi limitai ad accantonare per benino il pensiero del bacio – il più ingombrante di tutti – e anche le fatidiche verità svelate.
Però cavoli, Zero era un vampiro.
Difficile a credersi, comunque, visto che fino a quel momento, almeno con me, aveva dimostrato un autocontrollo di ferro.
Mi chiesi se stesse bene, se stesse sognando, se fosse sveglio e che facesse solo finta di non essere cosciente, per osservarmi di nascosto.
Mi limitai ad alzarmi dal letto e ad infilarmi le scarpe, continuando a fissare il guardiano, stando attenta a non fare rumore.
Ammisi che era davvero bello più di una volta, dannazione.
Infilandomi la felpa, scesi le scale dell'ostello in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Avevo bisogno di mangiare, ormai; mi resi conto che non lo facevo da un bel po'.
Quando arrivai nella sala dove servivano da mangiare, un uomo alto e grosso mi guardò torvo, come se volesse fulminarmi solo con lo sguardo.
-Ehi, tu, che ci fai qui? -sputò.
-Beh...stavo cercando qualcosa da mangiare.
Mi sembrava ovvio, visto che ero lì; ma evidentemente, mi sbagliavo. Il signore mi afferrò per un braccio e mi trascinò fuori dalla sala.
-Torna più tardi – si limitò a gracchiare.
In effetti, erano appena le sei del mattino, e probabilmente era troppo presto. Ma io avevo davvero fame.
Decisi così di lasciare quell'ostello e fare una passeggiata in paese, così, per distrarmi: senza pensieri, un po' come per Simba nel re Leone. Hacuna Matata, dicevano loro, come si chiamavano...Timon e Pumba? Ecco, avrei preso atto dei loro consigli.
L'aria era così pulita e buona, da essere in grado di farmi dimenticare i miei problemi. Il sole era debole, la luce fioca: un piccolo paradiso per una persona che dentro di sé aveva l'inferno.
Non che il passato di Zero mi avesse in qualche modo spaventata. Più che altro mi aveva scossa. Quel ragazzo aveva patito così tante pene...
Desideravo con tutta me stessa di trovare in qualche modo un metodo per salvarlo, salvarlo da se stesso e dai suoi problemi.
Il punto era che a malapena mi tiravo fuori dai miei, di problemi, Dio.
I miei piedi mi avevano portata in una zona deserta della città, dove non c'erano negozi in via di apertura, o persone che camminavano per puro piacere di farlo, di prima mattina.
Ero completamente sola.
Non avevo mai pensato, almeno fino a quel momento, al pericolo dei vampiri. Certo, mi sembrava assurdo trovarne uno di mattina, visto che non era il momento ideale, per loro, di farsi vedere. Ma...
-A cosa stai pensando, piccola?
Fu la voce suadente di una donna, a risvegliarmi dai miei pensieri. Quando mi voltai, mi trovai di fronte a una donna incappucciata, vestita di nero, dai capelli lunghi e biondi, così chiari che potevano sembrare bianchi.
Il cappuccio le copriva gli occhi, ma le labbra, incurvate elegantemente, si notavano lo stesso.
Era bellissima.
Tuttavia non la conoscevo, e questo bastava a insospettirmi.
-Non devi avere paura di me.
Usai il tono più convincente che riuscii a trovare.
-Nemmeno ti conosco.
-Certo, certo. Ma non ti serve conoscermi, credimi.
Avanzò verso di me. Io continuavo a osservare le sue labbra sottili e perfette, tremendamente rapita da quella bellezza...
-Mary, non è vero? Ti aspetto da tempo.
-Non so davvero chi tu possa essere. - sussurrai.
Mi prese un polso con la mano, mentre con l'altra mi sfiorava il collo, stando ben attenta a non toccare la collana. Se l'avesse anche solo sfiorata si darebbe fatta del male? Io credevo di sì, visto che per me quello era un nemico. E il ciondolo mi avrebbe protetta. Per ora, però, si limitava a emanare delle piccole scosse elettriche che, lo sapevo, volevano tenermi all'erta.
-Che...che cosa vuoi da me?
Alzò la testa, e finalmente vidi i suoi occhi. Azzurri come l'oceano, insani, prepotenti, passionali.
-Chiudi gli occhi, Mary.
Cercai di divincolarmi, ma cedetti al suo sguardo penetrante. Era come se mi stesse ipnotizzando.
-Fallo. Ora, Mary, chiudi li occhi.
E io ubbidii.
 
Zero
 
Non seppi esattamente per quale motivo avessi sentito il bisogno di svegliarmi: fatto stava che quando lo feci, in camera ero completamente solo.
Sulle prime nemmeno mi allarmai. Insomma: Mary poteva essere in bagno. O che ne so, giù a fare colazione.
Le cose si fecero più preoccupanti quando dal bagno non uscì nessuno, e il proprietario dell'ostello mi assicurò di averla vista lasciare il locale.
Non sapevo bene che cosa fare. Insomma, Mary rimaneva una ragazza adulta, in grado di pensare a sé stessa: probabilmente era già tornata all'Accademia.
Perché, allora, sentivo come un mostro che mi attanagliava lo stomaco? E perché non mi aveva detto niente? Non che volessi fare la fidanzatina gelosa, ma la cosa mi preoccupava alquanto.
Non ci misi molto a fare una cosa che poteva apparire semplice per gli altri, ma quasi impossibile per me. Entrai in una cabina telefonica, infilai le monete nell'apposito spazio e attesi.
Composi il numero.
All'inizio sperai che non mi rispondesse, insomma, di norma, a quell'ora dormiva.
Ma invece sentii la sua voce.
-Pronto?
Persi un battito.
-Pronto? - ripeté la voce.
-Yuu...Yuuki. Ciao, sono Zero. Ti prego, non riattaccare.
-Zero? Ma che diamine...
-Dimmi solo se hai visto Mary.
-Qui a scuola? Sinceramente no.
-Guarda meglio. Devo essere sicuro.
Dopo diversi minuti, sentii Yuuki riafferrare il telefono e rispondermi con convinzione.
-No, Zero. Nessuno l'ha vista, stamattina è segnata assente.
Imprecai.
-Che cosa c'è? - chiese la voce ingenua di Yuuki.
-Non so dove possa essere andata. Era con me... - mi fermai, al pensiero di doverle dire che a tutti gli effetti, avevo passato la notte con Mary, con un'altra.
E dire un'altra mi fece venire i brividi, cazzo.
-Senti. Adesso ti raggiungo. Dove sei?
Alzai lo sguardo, smettendo di guardare la tastiera del telefono. Pregai mentalmente che Mary non si fosse persa, o si trovasse nei guai, o...
-Di fronte alla pasticceria Menny's. Quella che...ci piaceva tanto.
-O-ok. Arrivo, Zero. Aspettami.
Aspettami.
 
Non dovetti aspettare molto, in verità.
Yuuki arrivò correndo, con una semplice tracolla in spalla, e con quei suoi soliti capelli lunghi che le facevano da mantello bellissimo.
Quando fummo una di fronte all'altro, non ci fu nulla da dire. Non erano le parole quelle che ci volevano, anche se, lo dovevo ammettere, morivo dalla voglia di chiederle perché non mi avesse sbattuto il telefono in faccia, visto le nostre ultime discussioni.
-Cos'hai nella borsa?
Mi guardò perplessa.
-Davvero non lo immagini? Artemis.
La presi per mano e cominciai a camminare tra la gente.
C'era chi andava al mercato, chi comprava le provviste, chi teneva in braccio il proprio bambino facendolo giocare: in giorno come tanti, per molti.
Era chiaro come l'acqua che per me non era lo stesso.
Yuuki ed io ci dividemmo dopo meno di venti minuti di ricerca insieme. Continuavo a ripetermi: non può essere andata lontano, non può essere andata lontano, non può
Eppure, non la trovavo da nessuna parte.
Ed era tutta colpa mia, dannazione.
Il sole era alto nel cielo, quando io e Yuuki ci incontrammo al posto pattuito, dopo aver perlustrato zone diverse.
-Ancora niente? - chiese lei.
-No.
-Non potrebbe essere semplicemente tornata in albergo?
-Ci sono già passato, non la vedono da stamattina, come mi avevano già detto.
-Forse è tornata a scuola e nessuno l'ha vista, forse mi è sfuggita...
-No, Yuuki. Ho chiesto a Kaito di cercarla, ma non la trova nemmeno lui.
Silenzio assoluto. Yuuki prese posto su una panchina vicino a me.
-Ma dov'è, allora? - domandò più a sé stessa che a me.
Non ce la feci più. Mi presi il viso tra le mani, crollai a terra e cominciai a recitare in modo spasmodico una parte che solitamente non mi veniva granché bene. Quella dell'uomo disperato.
-Yuuki...oh, Yuuki...lei sa che cosa sono. Lo ha scoperto ieri sera, perché...ho bevuto il suo sangue, mio Dio! Senza pensarci, senza...fermarmi, cazzo!
Con la punta delle dita stringevo i miei capelli, coprendomi gli occhi, scoppiando.
-Dev'essere per forza scappata da me, aveva paura, si vedeva...io, io sono un mostro Yuuki, sono
Qualcuno mi afferrò le spalle. Poi, lentamente, salì, piano, maledettamente piano, fino ad arrivare al collo, poi al viso.
Posò le mani sulle mie.
E fa male fa male fa male
-Zero, guardami – disse Yuuki.
Alzai gli occhi e cercai disperatamente i suoi. Ed eccoli lì, in tutta la loro bellezza, pronti ad accogliermi e a farmi spazio in loro, come sempre, come è sempre stato.
Oh, Yuuki. Oh, Yuuki. Oh, Yuuki...
-Andrà tutto bene. Vedrai. La troveremo.
La presi tra le mie braccia, e lei si lasciò abbracciare. Desideravo da tempo averla con me e sentire il suo viso immerso nel mio petto.
Fu una sensazione bellissima, oltre che profondamente appagante, tanto che quasi gemetti di dolore quando fui costretto a lasciarla andare. Poi lei mi prese per mano e ricominciammo la nostra ricerca, in quel piccolo villaggio nel quale più di una volta mi ero ritrovato smarrito, con lo scopo di trovare qualcuno.
Gli odori non mi aiutavano un granché. O meglio, conoscevo perfettamente l'odore di Mary, anche se, in presenza di Yuuki, tutti gli altri profumi perdevano importanza e consistenza. Come entrare in una profumeria, capire quale profumo vuoi acquistare e poi rifiutare senza dubbio qualsiasi altra fragranza perché lo sai, vuoi solo quella e non c'è niente da fare.
-Mi sono chiesto perché non mi hai sbattuto il telefono in faccia, Yuuki.
Continuando a procedere con il viso puntato per terra, mi accorsi comunque che lei aveva accennato un sorriso debolissimo. Quasi rassegnato.
-Come avrei potuto non ascoltarti?
-Avresti potuto benissimo, credimi.
-Eri spaventato...si sentiva dalla voce, e...beh, Zero, lo sai che ti aiuterei sempre. Sei tu che ultimamente ti sei un po' smarrito.
Stavolta fui io ad accennare un sorriso.
-Ci sono tante cose che non riesco ancora a capire, Yuuki. Ad esempio...il punto di domanda Kuran.
Cercò di non farmi notare che al sentire quel nome, le era nato un fremito. Ma possibile che fosse un chiodo fisso? Che non...potesse dimenticarsi di lui?
O forse era proprio quello il punto. Lei non voleva dimenticarsi di lui.
-Sono giunta a una conclusione, Zero.
Mi limitai a fissarla.
-Io lo devo fermare.
Non seppi se sentirmi sollevato o terribilmente deluso. Sì, perché nel profondo del mio cuore sapevo che lei era ancora innamorata di lui, e che probabilmente lo sarebbe stata sempre. Ma il fatto che lo volesse fermare, forse...forse avrebbe portato la parola fine a tutto questo? Non seppi il perché, ma mi venne voglia di fidarmi di lei. Proprio come facevo da bambino.
Ci guardammo per un istante che sembrava non finire mai. Quei momenti in cui ci si guarda le labbra vicenda, poi si incrociano gli occhi, labbra occhi labbra occhi...un gioco che faceva male e bene allo stesso tempo.
Poi un rumore, un fottuto rumore, ed eravamo entrambi al punto di partenza.
-Viene da di là – indicò Yuuki staccandosi dalla mia mano e cominciando a correre. Io la seguii, fidandomi dei suoi sensi che erano decisamente più sviluppati dei miei.
E poi
E poi la vidi.
Distesa a terra, immobile.
Sbarrai gli occhi.
-Mary? - chiamò Yuuki.
-No...- sussurrai io. Mi accovacciai accanto a lei e la strinsi un pochino.
-Mary? - chiamarla era inutile. Inutile inutile...inutile!
-Zero, sta respirando! E' ancora viva, portiamola da mio padre.
-No, Yuuki. Voglio...voglio che stia lontana dalla scuola. Ha già sofferto abbastanza a causa dei vampiri.
-Ma cosa dici, Zero?
-Guarda tu stessa!
Le sollevai piano piano la testa, e il collo scoprì un leggero morso, ancora sporco di sangue fresco. Ringraziai il cielo che mi ero praticamente nutrito la sera prima, per cui non avevo un grande bisogno di bere. Però...
-Portiamola via da qui. - disse velocemente Yuuki.
La presi in braccio e incominciai a camminare.
-Ma dove la portiamo? - si corresse quasi subito Yuuki.
-...A casa di Kaito, è l'unica soluzione. Prestami il telefono, Yuuki, per favore.
.


 
.


 
.
Scusate, scusate scusate (continuerei all'infinito) il tremendo ritardo. Ormai mi odiate, lo so! XD No dai, lo sapete che ci tengo tantissimo a questa storia e non vi nascondo che ormai non dovrebbe mancare tantissimo alla fine (salvo imprevisti). Quindi mi impegnerò tanto per essere più costante.
Domanda che non centra nulla (in parte)...che ne pensate di ciò che sta succedendo nel manga? Io sono troppo felice da un lato, disperata dall'altro. Vabbè, mi direte in privato cosa ne pensate, care,
Un bacione,
Vostra
Je <3

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Capitolo 21
*** Come ai vecchi tempi ***


Capitolo 20

Come ai vecchi tempi
 

Yuuki
 
Era passata esattamente una settimana da quando Zero mi aveva chiamata, quel pomeriggio caldo, per aiutarlo a trovare Mary, - la ragazza nuova della day - che era improvvisamente sparita nel nulla.
Beh...l'avevamo ritrovata.
E non avevo mai visto Zero più preoccupato, in tutta la mia vita.
E di anni ne abbiamo passati tanti, insieme. Ma ormai credo che Zero viva in un'altra vita, troppo, troppo distante dalla mia. E' un passo avanti a me, e credo fermamente che ci rimarrà, se continuerà a non fidarsi di me.
Il fatto era che, da quando aveva portato Mary a casa di Kaito, non si era fatto più sentire. Non una telefonata, un minuscolo messaggio, un fottuto biglietto.
Kaito si era trasferito nella sua stanza, di là, al dormitorio maschile della day: anche lui sapeva veramente poco. Anzi, sapeva solo che aveva perso la casa a causa di Zero e di una sconosciuta, praticamente.
E io, beh, io continuavo a chiedermi cosa ci fosse tra Zero e Mary.
Era inutile pensare che tra di loro non ci fosse nulla, perché avevo visto con i miei stessi occhi come Zero l'aveva trattata, la sera della festa. Avevano ballato insieme, le aveva sfiorato un braccio. Le aveva detto che era bellissima.
Mi viene da vomitare.
E così io mi ritrovavo in classe, quella sera, sul tardi, a riflettere sulle stesse cose per il settimo giorno di fila. Non era normale, stavo diventando matta, era chiaro. E Kaito con me.
Finite le lezioni, quella sera, per tornare in camera mia fui costretta a indossare una mantellina, perché c'era freddo. Ottobre era alle porte e stava portando con se una brezza poco piacevole, per una ragazza come me che odiava il freddo.
Chiusa nel mio drappo di stoffa, non feci nemmeno caso al ragazzo dai capelli bruni che mi rincorreva con le braccia alzate, come disperato.
-Yuuki, oh, Yuuki. Ti ho trovata – disse Kaito affannato per la corsa. Incredibile quanto fosse strano quel ragazzo, ma anche quanto fosse adorabile, a prendersi cura di me - e di Zero. Almeno da quando avevamo smesso noi due di prenderci cura l'uno dell'altra.
Un ultimo forte respiro, e poi ricominciò a parlare.
-Mi ha chiamato Zero. Dice...che possiamo andare a trovarlo, ora.
Mi chiedevo cosa avesse impedito lui di parlarci i giorni prima.
-Sai qualcosa che io non so?
-No, Yuuki. Sono ignorante quanto te. Ma quello là mi sente, oh sì, che mi sente. Non può stare in casa mia quanto gli pare, Dio.
-Spero abbia avuto un buon motivo per farlo. Mary...mi sembrava strana.
Strana nel senso che, per tutto il tempo che le ero stata vicina, non si era più risvegliata, pur continuando a respirare normalmente. Era come se stesse dormendo, solo che era pallida, ed immobile, fatta eccezione per i movimenti del petto.
Come se fosse stata incantata da una strega, insomma.
 
Così, il mattino dopo, una me stanca e irriconoscibile – ero dovuta addirittura ricorrere a una coda per i miei capelli ingovernabili – si incamminò insieme a Kaito verso la casa di quest'ultimo, che poi, tanto vicina alla scuola non era.
La casetta di Kaito era isolata rispetto al paese: un privilegio di pochi, perché per una cittadina come quella, era davvero impensabile vivere lontano dagli altri. Ma Kaito era un cacciatore, e tale professione gli impediva di avere paura.
Non ero mai stata a casa sua, ma a vederla da fuori, mi sembrò una di quelle abitazioni piccole ma confortevoli, di quelle che si comprano i ragazzi giovani che vivono da soli. Non troppo grande, certo, ma nemmeno troppo piccola.
Nessuno venne ad accoglierci quando varcammo la soglia dell'entrata. Kaito chiamò più volte il nome del suo collega – amavano chiamarsi così, tra di loro, quei due – ma l'unica risposta che ricevette fu lo strano cinguettio dei volatili che circondavano l'abitazione.
Pensai che Zero ci avesse preso in giro. Forse lo pensò anche Kaito, ma in ogni caso decidemmo di andare avanti: non era da Zero dare un falso allarme.
Così cominciammo a girare per la casa in cerca di quei due dispersi che, ormai, non vedevamo da più di una settimana. In un certo senso potevo dire che Zero mi mancasse; d'altronde, da quando ero tornata a scuola, lo vedevo tutti i giorni.
Ma la mia paura più grande era quella di poterlo trovare insieme a Mary, che ne so, in atteggiamenti...poco consoni. E al solo pensiero il mio stomaco si contorse, e scommisi che, se fossi stata umana, avrei vomitato la mia cena.
Fu Kaito a gridare il mio nome: li aveva trovati per primo. La sua voce proveniva da un corridoio stretto, che portava a un'unica porta. Immaginai fosse la camera del ragazzo che, in quel momento, aveva perso ogni interesse per me: Kaito era completamente rapito da qualcosa di troppo lontano per essere capito.
Fu tutto più chiaro quando anche io entrai nella stanza e vidi ciò che ancora oggi stento a spiegarmi.
Zero era seduto sul letto di Kaito, e i suoi occhi erano stanchi e contornati da occhiaie che a lui proprio no, non s'addicevano. Era la prima volta che lo vedevo così: distrutto da qualcosa che era evidentemente troppo grande per lui.
Nemmeno guardava più la cosa che invece rapiva l'attenzione mia e di Kaito.
Mary era a gambe incrociate al centro della stanza. Certo, sarebbe stato tutto normale se, a gambe incrociate, avesse anche solo minimamente toccato il pavimento. Ma no: lei era sospesa a mezz'aria, con gli occhi chiusi, con le mani che le avvolgevano lo stomaco.
O lei stava volando, o io stavo impazzendo.
-Che cazzo...? - biascicò Kaito.
-Vorrei tanto saperlo anche io, credetemi. - si limitò a rispondere Zero. E notai che mi guardò di sfuggita: un attimo nel quale mi chiedeva aiuto. Ma io non avevo mai visto una cosa del genere in tutta la mia vita.
-E' da quando si è svegliata che è così. Nel senso: vola. E non parla. E non mangia. Non sembra più...che viva. Ma vive, per forza: respira, dorme, a volte mi osserva. E' come se fosse tornata bambina.
Ascoltai con cura ciò che Zero aveva spiegato. Effettivamente, il comportamento di Mary era davvero strano. Ma c'era qualcosa di remoto, in me, e lontano soprattutto, che mi gridava che dietro a tutto questo c'era una risposta.
E io la sapevo, la sapevo per forza. Ma non mi veniva in mente. Più cercavo di tirarla fuori, più lei si allontanava e si faceva buia.
-Vuoi dirmi che non sa più parlare? - chiese Kaito, spezzando il silenzio.
-Ogni volta che tento di parlarle...lei non dice nulla.
Ma dovevo farcela.
-Mary? - la chiamai.
E istantaneamente, lei aprì gli occhi e guardò me. Sembrava essersi accorta solo all'ora che si erano aggiunte due persone alla stanza, e così, proprio come fa una bambina con gli occhi di un cerbiatto, squadrò me e Kaito da capo a piedi. Poi scese, piano piano, finchè allungò un piede e toccò il suolo. In un battito di ciglia, ci ritrovammo davanti alla Mary di sempre.
Il mio cuore sussultò, quando vidi che fece un passo verso di me. Poi un altro, e un altro ancora. E me la ritrovai di fronte, vicina, davvero vicina.
-Mary? - la richiamai, di nuovo. Sentivo gli occhi di Kaito e Zero puntati su di noi. La tensione era a mille, ma era chiaro come la neve che Mary non avrebbe mai parlato. Infatti, si limitò a sbattere le ciglia e mostrarmi più che mai i suoi occhioni color del ghiaccio.
Avrei voluto chiederle chi le aveva fatto questo. Come stava, cosa provava. Tutte cose che Zero le aveva probabilmente chiesto e richiesto, ma a cui lei non poteva rispondere.
Mary pose fine i miei conflitti interiori con un bacio.
Fu una cosa talmente improvvisa, talmente veloce e incredibile, che non ebbi nemmeno la forza di provare a spostarmi. Nessuna delle due schiuse le labbra, ci limitammo solo ad appoggiarci l'una sull'altra.
E benchè, fino a quel momento avrei creduto che baciare una donna mi facesse schifo, nel momento in cui le mie labbra e quelle di Mary si toccarono, sentii che c'era qualcosa di estremamente casto e disperato in quel gesto. Quel bacio non c'entrava nulla con l'amore, con l'affetto, con la ricerca di qualcuno: Mary non aveva in mente niente del genere, con me. Stava cercando di dirmi qualcosa e, evidentemente, io ero l'unica a poterla cogliere.
Il baciò durò meno di un attimo, ma mi sembrò durare una vita intera.
Mary si voltò timidamente e raggiunse Kaito. E con lui fece la stessa cosa: lo baciò. Il loro bacio fu decisamente diverso dal nostro, perché in un primo momento, il cacciatore si era tirato indietro, ma poi aveva chiuso gli occhi e si era lasciato trasportare da – almeno spero – le stesse sensazioni che avevo provato io. Castità. Purezza. Disperazione.
 
Poi
E poi
Beh e poi, benchè avessi desiderato con tutta me stessa che non accadesse, fu la volta di Zero.
Fu uno strazio vedere il modo in cui la guardava, il modo in cui le aveva detto con gli occhi so che cosa stai per fare, fallo e basta perché lo voglio.
Fu uno strazio vedere che Zero quel bacio lo voleva, lo cercava.
E fu ancora peggio vedere come le linee perfette delle sue labbra si incurvavano per incontrare quelle di lei, in una danza perfetta che mi mangiava di gelosia e rabbia e che, lo sapevo, prima o poi mi avrebbe fatta piangere.
Fu incredibile notare quante volte ci devi sbattere addosso, alle cose, per capirle a pieno.
Da quando in qua ero gelosa di Zero? Zero era...
Zero
la mia vita per lui
il mio sangue, per lui
Non erano serviti a niente, perché ora...ora era arrivata lei. Lei, un'altra.
Un'altra che forse era migliore di me. Un'altra che forse avrebbe potuto amarlo, dargli quello che io mi ero sempre rifiutata di donargli per orgoglio, forse, o per stupidità.
Un'altra alla quale, lo dovevo ammettere, Zero teneva molto.
E allora basta, stronzo! Piantala di baciarla, Cristo. Toglile le mani dai capelli, non stringere i suoi. Stringi i miei. Accarezza me, prendi me, fa di me ciò che vuoi ma ti prego, smettila di toccarla. Mi fa male, fa male da morire
 
Li vidi staccarsi, entrambi con il fiato corto. Ci volle tempo, perché si ricordassero che nella stanza c'erano altre persone. Tra cui io.
-Perchè? Perché Mary...
Ma lei mise sulla bocca di Zero il dito indice. Poi si allontanò e si sedette in un angolino della stanza, stavolta toccando terra, raggomitolandosi come per proteggersi.
E fu solo allora che Zero mi guardò. Ma non seppi decifrare il suo sguardo. Proprio no.
Forse è la tua vendetta. D'altronde, tu mi hai visto tante volte baciare Kaname, mi hai visto amarlo, mi hai visto desiderarlo. Ma poi, perché mai dovrei pensare che a te...io interessi? E' completamente assurdo. In ogni caso sei e rimani un bastardo, Zero Kyriu, perché baciare un'altra davanti a me non si fa. Non si fa, cazzo, e stavolta mi arrabbio, uso parole brusche perché te le meriti, bastardo bastardo bastardo
 
-Credo di aver capito cosa le è successo.
Stupii tutti, persino me stessa. Ora, finalmente, ricordavo. Non avrei mai pensato che avrei trovato la forza di reagire e parlare di nuovo.
-Ho sentito parlare di lei in alcune storie che Kaname e i miei genitori mi raccontavano da bambina. Lei è...uno spirito bambino, uno Seishin no ko, come lo chiamano dalle nostre parti.
Sia Kaito che Zero mi guardavano a bocca aperta, probabilmente senza capire una parola di quello che dicevo.
-Davvero non avete mai sentito parlare degli spiriti bambini? - chiesi io. Non parlarono, e quindi lo presi come un sì.
-Oh, Dio mio, bisogna insegnarvi sempre tutto! Molte leggende dei vampiri e degli Hunter ne parlano. Sono persone che a un certo punto della vita muoiono e rinascono sotto questo tipo di forma. E' come se tornassero bambini, perché non sanno parlare, non mangiano e nemmeno camminano, a volte. Si spostano volando, e infatti non mi stupisco che Mary ora ne sia capace.
-Vuoi dire – mi interruppe Kaito – che Mary è morta?
-...è difficile da spiegare. Si può dire di sì, ma che poi è tornata in vita sotto forma di spirito bambino. Adesso ha dei poteri straordinari. Uno ce lo ha appena dimostrato: il bacio che ci ha dato è il modo per gli spiriti bambini di capire che tipo di anima hanno di fronte. Non ha niente a che fare con l'attrazione o altro; loro lo usano per...guardare dentro di noi.
Sperai con tutta me stessa che Zero si sentisse stupido per aver enfatizzato un bacio che per lei non aveva alcun significato, se non quello di capire che tipo di persona fosse il cacciatore. Ma, a mio malgrado, sapevo che gli spiriti bambini potevano innamorarsi, seguendo un istinto che era più forte di loro, più forte della loro costretta ingenuità.
E quindi, lo spirito bambino dentro Mary poteva liberamente innamorarsi di Zero, che io lo volessi o no. A maggior ragione, se Mary prima della trasformazione provava qualcosa per Zero era molto probabile che i suoi sentimenti fossero rimasti invariati.
Zero si sedette accanto a lei e premurosamente la strinse a sé un pochino. Lei appoggiò la testina sulla sua spalla e chiuse gli occhi.
-In questa settimana è sempre stata in un angolino della stanza, con la testa bassa e gli occhi chiusi. Due giorni fa, dopo essere tornato dal paese, l'ho trovata al centro della stanza e...volava. Oggi è la prima volta che fa qualcosa di diverso.
-Dovremo abituarci.
-Vuoi dire che rimarrà così per sempre?
-No, Zero. Tornerà in sé, prima o poi. Ma potrebbe succedere domani, come tra un mese, o un anno. Nessuno lo può dire con certezza, perché sta in Mary tornare in sé.
Zero appoggiò il suo mento a quello della ragazza. Insieme erano così perfetti...da far male.
-Dobbiamo scoprire chi l'ha... uccisa. - intervenne Kaito.
Immaginai che per loro fosse difficile immaginare Mary come una persona morta, quando comunque si trovava in quella stanza e respirava, respirava davvero.
Papà, se fosse stato vivo, sicuramente mi avrebbe tolto un'infinità di dubbi riguardo a quegli individui. Perché Mary era diventata uno spirito bambino? Di solito, le leggende dicevano che diventavano spiriti bambini solo i “figli dannati”, cioè i figli nati dalle due razze supreme, gli Hunter e i Vampiri. Ma quelle unioni non accadevano mai, perché erano proibite e impensabili. Non avevo mai sentito parlare di un'umana qualunque diventarlo. Certo, il padre di Mary era stato un cacciatore importante, ma non era una giustificazione sufficiente, contando che invece la madre della ragazza era una semplice umana.
A meno che...a meno che non si verificasse una clausola talmente lontana dalla realtà da essere impensabile. E, ne ero sicura, non era il caso di Mary, non poteva essere.
-A cosa pensi, Yuuki Kuran?
Le parole di Kaito mi risvegliarono come una sberla in pieno viso.
-Devo saperne di più su questi spiriti. Avviserò Kaien che salterò la scuola.
-Io devo continuare a prendermi cura di Mary, invece. - disse Zero.
-Bene, facciamo così – esordì Kaito. -Voi due rimarrete qui, così potrete muovervi a vostro piacimento per il paese. Io rimarrò a scuola, cercando di documentarmi e sostituirvi nel vostro lavoro di guardiani.
Non potei fare a meno di guardare Zero. Per un periodo di tempo indeterminato saremmo rimasti soli, soli davvero. Sentii addirittura di arrossire e me ne pentii, visto che dovevo pensare a Mary e alla sua sicurezza, punto.
-Ci sto – mormorò Zero.
-Va bene anche per me, grazie, Kaito.
-Poi dite che sono inutile, ma guardate che piani che tiro fuori! Yuuki, vieni con me, ti faccio vedere dove puoi dormire. La stanza è piccola, tipo, ma sono sicuro che andrà bene...
Le parole di Kaito si fecero insignificanti. Stare da sola con Zero era la cosa che mi premeva di più; una consapevolezza che mi era entrata nel corpo e circolava nel sangue veloce come droga, dandomi speranza e adrenalina. Come ai vecchi tempi, pensai. Io e te.
Io e te.
.
 


 
.


 
 
.
Salve a tutti, carissimi! Prima che mi arrivi qualche pomodoro, cerco di chiarire ciò che avete appena letto. Gli spiriti bambini sono menzionati nel saga “Il diario del Vampiro” - per cui non sono una mia invenzione - e sono creature che rinascono sotto forma di bambini con straordinari poteri e che, con il tempo, riacquistano la loro forma umana. Dovete immaginare quindi che ora Mary sia una bambina (un po' speciale), quindi non prendete troppo sul serio il suo bacio con Yuuki. Anche io, quando nel libro che vi ho citato sopra avevo letto che la protagonista baciava le sue amiche mi ero spaventata O.o Ma poi ho capito che era un modo, per gli spiriti bambini, di capire che tipo di persona avevano di fronte. Quindi...ecco, non vi preoccupate ;) La storia che invece ci ho costruito sopra che parla di mescolanza tra Hunter e Vampiri e il nome “Seishin no ko” è una mia invenzione.
Ce la metterò tutta per aggiornare al più presto. Mi raccomando, se passate, lasciate sempre qualche parolina che per me è sempre molto utile e mi riempie il cuore di gioia <3 Grazie in anticipo.
Vostra,
Je <3

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Capitolo 22
*** Respiri ***


Capitolo 21

Respiri

 

Yuuki
 
Mi sono fermata davanti alla porta della loro stanza, stanotte; fermata ad ascoltare i fiochi rumori del loro respiro, un respiro regolare, sano, di chi ha veramente sonno e vuole recuperare le forze.
Anche io sono molto stanca, oggi. Il mio corpo di vampira non dovrebbe mai sentire questo tipo di stanchezza; eppure, oggi lo sento, è in me e lo porto dietro come un fardello pesante.
E' il terzo giorno, oggi. Il terzo giorno di ricerche e ipotesi che non trovano risposta.
Maledetto quel giorno in cui, qualcuno, ha ucciso Mary. Maledetto.
 
Non c'erano risposte a ciò che cercavamo, al fatto che Mary fosse diventata uno spirito bambino. Né libri, né esperti potevano aiutarci: tutto a un tratto quello strano avvenimento era diventato un incubo per tutti noi.
Il punto era che non vedevo al di là del mio naso. Non c'era una soluzione, e benchè fossi quella che di vampiri se ne intendeva di più, non riuscivo a trovare nulla che potesse aiutare quella ragazza. E ogni giorno era un punto a favore del nemico, colui che voleva Mary morta.
Morta.
Così mi fermo un attimo e ascolto i vostri respiri. Prego Dio che siate lontani abbastanza, non voglio nemmeno immaginare che siate nello stesso letto, o che vi siate addormentati mano nella mano. Non lo sopporterei.
Così mi appoggio al muro freddo e rimango ad ascoltare, perché sono certa che il silenzio è tutto ciò che mi è rimasto. Incrocio le braccia e chiudo gli occhi.
E va bene così.
 
-Hey. Che ci fai qui?
Dovevo essermi addormentata, per non sentire i passi di un improbabile Zero in soli pantaloni della tuta avvicinarsi a me nel corridoio. A mia insaputa, infatti – probabilmente stanca come non lo ero mai stata – mi ero lasciata scivolare sulla parete, avevo appoggiato la testa alle ginocchia e sì...mi ero addormentata. Proprio come una bambina.
Mi stropicciai gli occhi e tornai a guardare il ragazzo in piedi di fronte a me.
-Beh...non riuscivo a dormire. Probabilmente volevo fare una passeggiata per ritrovare la stanchezza.
Che gran bugiarda, che ero.
-Stavo andando in cucina a prepararmi qualcosa da mangiare. Vuoi venire?
Sarebbe stato semplice dire di no e tornare in camera mia. Ma Zero era così...dannatamente bello, e talmente invitante, da rendermi la vita dolcemente complicata.
Senza proferire parola, mi alzai in piedi e lo seguii al piano di sotto, verso la minuscola cucina di Kaito, nella quale al centro si trovava un piccolo tavolo con tre sedie -per Kaito e per chi? Mah! - ai lati un frigorifero, una lavastoviglie e un forno malandato. Avevo intuito che la maggior parte dei pasti, il cacciatore li doveva consumare fuori casa.
Occupai una delle sedie e tenni la testa bassa, mentre Zero si preparava il più grande panino che la storia avesse mai visto. Non sapevo da quanto tempo non mangiasse, ehm, almeno cibo umano.
Ma la mia paura più grande era scoprire da quanto tempo non si nutriva di sangue. E io era la prima a sapere quanto Zero ne avesse bisogno.
Prese posto di fronte a me quando azzannò il panino. La sua bocca era evidentemente troppo piccola per la quantità di cibo assaggiata, e lo spettacolo di Zero che si sbrodolava mi fece ridere di gusto.
-Ne vuoi uno anche tu? - esordì lui, indicando il panino.
Ancora con un lieve sorriso, dissi di no. Mi limitai ad osservarlo mangiare, boccone dopo boccone.
Era così dannatamente evidente che avesse fame. Ma non quel tipo di fame. Lui aveva sete e fame insieme, di una cosa che non riceveva da molto tempo.
-Zero...
-Hai voglia di un pezzo di torta?
La sua domanda mi distrasse.
-Sai, a stare in casa a far niente ci si annoia da morire. Per cui oggi ho deciso di fare una torta. Volevo farla assaggiare anche a Kaito, quell'idiota a cui l'avevo promessa almeno un anno fa ma prima mi serve il tuo parere.
-Perché il mio? - chiesi alzandomi e raggiungendolo dall'altra parte della cucina. Dovevo avere l'espressione più perplessa del mondo.
-Mi pare di ricordare che questa è la tua torta preferita. - mormorò lui.
Tolse da una pentola la carta da forno, scoprendo una torta dalla pasta morbida e bianca ricoperta di zucchero a velo. Dal profumo intuii che era torta allo yogurt, la mia preferita da quando praticamente ero una nanerottola.
-Beh...grazie. No davvero, grazie, Zero.
-Non è nulla. Prendo il coltello.
Intanto feci quello che facevo sempre da bambina: dal bordo ne staccai un pezzo piccolissimo e lo assaggiai.
-Sei quasi migliorato, Zero.
-Sì, beh...ahi, merda!
Un'altra serie di imprecazioni lunghe e inutili arrivarono dal ragazzo dai capelli argentei. E dall'odore di sangue che invase la stanza, non ci misi molto a capire che si era ferito.
-Zero...vuoi una mano? - dissi afferrandogli il polso con le mie manine esili. Si era tagliato al centro della mano.
-Lascia stare, Yuuki. Davvero.
Cercò di chiudere le dita, ma io le riaprii. C'era qualcosa che non andava. Un taglio così piccolo avrebbe dovuto cicatrizzarsi in pochissimo tempo su un vampiro. Quello di Zero ci metteva troppo, troppo tempo.
-Zero...da quanto tempo non ti nutri?
-Yuuki...ho appena mangiato
-Non prendermi in giro. Da quanto tempo non bevi del sangue?
Cercò di evitare il mio sguardo. E quando rispose, continuò a non guardarmi.
-Credo da più di una settimana.
-Zero...ma sei matto? Hai...tu hai bisogno di sangue. Lo sappiamo tutti e due! Vuoi morire? Dimmelo, hai deciso di
Non mi diede nemmeno il tempo di finire la frase. In un attimo mi sollevò dai fianchi e mi sedette con la forza sul tavolo. Io a gambe aperte, lui fra di esse, a petto nudo.
Se solo avessi un po' più di coraggio, Zero...
Gli occhi erano sempre i suoi, ma avevano assunto delle striature rosse. Le conoscevo bene: precedevano il momento in cui Zero si trasformava nel predatore che io un tempo avevo temuto con tutta me stessa.
-Chi mi darebbe del sangue, Yuuki? Dai, dimmelo.
Le sue mani stringevano ancora i miei fianchi. Ma era un dolore accettabile, un dolore che faceva quasi bene. Lo cercavo da così tanto tempo...
Presi fra le mani il suo viso. E i nostri occhi si incontrarono in un momento bellissimo, che mai e poi avrei dimenticato, lo sapevo già.
-Te lo darei io, Zero.
Strinse la presa e io gemetti.
-Non voglio la tua compassione, vampiro.
Ancora quella stupida barriera. Zero, dopo tutti questi anni credi ancora che non abbia imparato a conoscerti? Lo fai per spezzarmi in due, è chiaro. Ma ormai sono talmente abituata che non fa quasi più male.
-Smettila di chiamarmi così, Zero. Sono io, sono Yuuki. Sembra che siamo tornati al punto di partenza, no? Io, che ingenuamente, ti offro il mio sangue. Solo che ora non sono più una bambina, so quello che faccio.
Si avvicina ancora di più a me. Ormai, se allungasse il viso mi potrebbe baciare. Ma ovvio che non lo fa, rovinerebbe tutto.
O rovinerebbe tutto se non lo facesse?
-Credevo che non mi sarei mai ritrovato al punto di chiederti di nuovo un favore così grande.
La sua fronte che tocca la mia. Il mio respiro, il suo respiro, insieme.
-Sono pronta e mi fido di te. Fallo e basta.
Mi morse sopra la spalla destra, così dolcemente da far male. Bevve avidamente, solo dopo aver afferrato i miei capelli, come aveva sempre fatto. Anche io afferrai i suoi, così morbidi e perfetti. Mi ero dimenticata della loro consistenza. Mi ero dimenticata di quanto fosse buono il profumo della pelle di Zero, di quanto fossero avvolgenti e calde le sue mani.
Mi ero dimenticata di quanto lo volessi, di quanto lo amassi.
Amassi? Ma questa...da dove viene fuori?
Quando finì di bere, spostò la bocca dal collo alla spalla. Poi tornò su, e leccò la ferita, cercando di rimediare al danno. Mi scappò un dolce risolino, perché Zero mi fece il solletico.
-Che c'è? - chiese lui senza guardarmi, con la fronte appoggiata alla mia spalla. Prima di rispondergli lo strinsi forte.
-Mi hai fatto il solletico, Zero.
A quel punto mi avvolse anche lui, saldamente, facendomi sentire a casa e protetta.
-Grazie, Yuuki.
Credo che rimanemmo così per un bel po', quella notte. Quella notte iniziata con la paura di un respiro.
Potevo giurare però, che ora erano i nostri respiri a essere sincronizzati perfettamente.
Ed è una certezza.
Zero, io e te ci bastiamo così.
 
Fu un colpo sordo a farci staccare, almeno un'eternità più tardi. E poi un altro, e un altro ancora, provenire dalla porta d'ingresso. Benchè qualcuno stesse bussando alla porta, né io né Zero volevamo abbandonare quel piccolo angolo di paradiso tutto nostro.
Ma quei colpi forse servivano da lezione: non dovevamo spingerci oltre.
Così, a malincuore, scesi dal tavolo e insieme a Zero mi diressi verso la porta. Andavamo piano, forse troppo piano. Eravamo forse spaventati? Questo non me lo so dire ancora oggi.
Fu Zero ad aprire la porta, scoprendo davanti a noi una figura più alta di me e incappucciata. Il fatto che non gli vedessi il viso, mi portavano automaticamente a non fidarmi di lui.
In un battito di ciglia, udii il rumore famigliare della Bloody Rose che veniva puntata con grazie ma forza allo stesso tempo verso l'estraneo. Mi morsi il labbro per non ridere, notando che l'hunter andasse in giro senza maglietta, ma non senza la sua pistola...
E poi Zero parlò.
-Chi sei?
Dal cappuccio si vide solo l'angolo della bocca di quella figura alzarsi. Era così, dunque. Quell'individuo non aveva per niente paura di noi.
Zero mi afferrò il braccio, portandomi poco delicatamente al suo petto, in modo da proteggermi quanto bastava. Immersa in lui, vedevo la scena con un solo occhio.
-Fatti vedere! - ordinò Zero, caricando un colpo.
-Non c'è bisogno di tutto questo, Kiryu. Davvero.
La sua voce mi era famigliare. Dolce, soave: quasi soporifera, ma al contempo bella da morire, come una melodia.
Due mani esili e bianchissime alzarono il cappuccio, per scoprire un ragazzo biondo dagli occhi verdi come i prati in primavera.
-Takuma? - chiesi io, tra lo stupito e l'imbarazzato. Dopo tutto, come avevo potuto non riconoscere il migliore amico di Kaname? O beh, l'ex migliore amico di Kaname. Sapevano tutti, ormai, da che parte stesse quel ragazzo. E cioè dalla parte di Sara Shirabuki, quella insana e maledetta donna purosangue.
Cosa avrei dovuto fare? Scappare, tirarmi indietro e non combattere? Oppure ascoltarlo, come il cuore mi suggeriva di fare? Dopotutto, mi fidavo ancora di lui. Avevo sempre voluto bene, a Takuma. Un bene che, almeno speravo, fosse almeno in parte ricambiato dal ragazzo dai capelli dorati.
-Non volevo piombare qui all'improvviso, oltretutto conciato così, ma...lo sapete, sono in una posizione scomoda. Posso entrare?
Zero non mi aveva lasciata andare, ma a dirla tutta, non aveva nemmeno lasciato cadere la pistola.
-Tu...tu – disse il cacciatore, con un tono di sfida – stai dalla sua parte. Come possiamo fidarci?
-Sono qui per aiutarvi, Kiryu. Lo giuro su ciò che ho di più caro.
Mi sottrassi dalla presa di Zero e presi Ichijo per un braccio, invitandolo ad entrare. Evitai l'occhiataccia di Zero, che notai solo con la coda dell'occhio.
-Spero di non aver interrotto niente – mormorò Takuma.
Merda.
Alludeva al fatto che Zero fosse senza maglietta, forse? Dio mio, cosa stava pensando, che io e Zero...no, non dovevo permettergli di pensarlo, perché non era vero, non lo era assolutamente.
-No, ecco, no, noi...
-Se ti da così fastidio vedermi così, posso andare a prendere una maglietta. - disse in tono pesante Zero, quasi facendomi rabbrividire.
-No, per favore, non è necessario. Sto qui solo per qualche istante. Devo parlarvi di Mary, riguardo a voi sapete cosa.
-Come fai a conoscerla? - esordì Zero in tono grave.
-Beh, ho molti motivi, per farlo. In verità sono venuto qui proprio per parlarvi di ciò che le è successo, e di come potete fare per rimediare.
Non ci fu una parola, un respiro, un sussurro, che spezzò il silenzio.
-E' stata Sara a ucciderla.
Sentii Zero imprecare, ma non osai ascoltare oltre. Preferii chiudermi a riccio, a pensare a quale motivo avesse spinto quella strega a fare una cosa del genere. La realtà era che un motivo non c'era, non c'era davvero.
-Sapeva perfettamente che si sarebbe trasformata in uno Seishin no ko. Ma la verità è che l'ha resa tale perché la vuole nel suo esercito. Mary...è un tassello importante.
-Perché? - chiedemmo io e Zero all'unisono.
-Dovete cercare la risposta nel suo passato. Io non posso dirvi altro, se non che a breve tornerà se stessa e che, a quel punto, dovrà fare una scelta più che fondamentale.
La conversazione stava diventando un macigno pesante per tutti noi. Certo, eravamo forti, ma non così tanto da poter sopportare una verità troppo profonda, e che avrebbe cambiato il destino di tutti noi.
Mary...un tassello importante.
Sentii Zero sedersi sulla sedia. Si prese il viso tra mani e lo tenne nascosto, probabilmente per non far vedere come realmente aveva voglia di reagire, di fronte a quelle parole che ci avevano spezzato.
-Quando si risveglierà?
-Forse domani – rispose Takuma. -Dipende. Quando lo farà, sarà necessario che voi la portiate via di qui. Questa casa è troppo vicina alla scuola, Zero.
-E dove cazzo la porto, me lo dici?
-A casa mia – risposi io, fissando un punto indistinto davanti a me. - La portiamo a casa mia, Zero.
-Sarà in ogni caso il secondo posto in cui la verranno a cercare.
-Yuuki ha avuto una buona idea. E' abbastanza lontana, e se Sara cercherebbe di raggiungervi io o qualcuno a voi fedele vi avviserebbe per tempo. Rimane solo una cosa.
-Cioè? - domandò Zero, in tono ormai rassegnato.
-Mary vorrà sapere il motivo della sua trasformazione. E l'unico che può darle delle risposte è vostro padre.
Certo, mio padre sapeva tutto di Mary. Era stato lui a volerla nella scuola, e solo lui, ora, avrebbe potuto aiutarla. Perché non ci avevo pensato prima?
-Avviserò che lo state aspettando qui. Ora devo andare.
-Takuma? - lo fermai io. -Tu...lo sai che dopo quello che hai fatto, Sara potrebbe ucciderti?
-Oh, Yuuki. Sei sempre tu, la ragazzina che Kaname tanto amava. Lo so che corro seri rischi, ma non avrei mai potuto tradirvi. Buonanotte.
E com'era venuta, la dolce figura alta e incappucciata si allontanò nella notte, verso una luna di colore ambrato che in quel momento brillava come non mai.
.

 
.

 
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Maa ciao a tutte, mie care ^^
Spero di non aver deluso nessuno con questo nuovo capitolo. Sarò monotona, ma come voi sapete io adoro Yuuki e Zero e in particolare il modo strano che hanno di dimostrarsi che, nonostante tutto, ci tengono molto l'uno all'altra. Sempre. Ecco perché c'è stato questo morso.
Niente, il resto lo lascio dire e dedurre a voi. Non so se mai passerà da qui, ma mi sento in dovere di dare un caloroso bentornato a Lilith of the Thirsty, che dopo una lunga assenza è tornata su EFP ed è venuta subito a salutarmi. E' bello riaverti tra noi, cara <3
Un bacione a tutte,
Vostra,
Je <3

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Capitolo 23
*** Un bacio e una storia ***


Capitolo 22

Un bacio e una storia

 

Mary
 
Quella notte feci un sogno bellissimo.
Quei sogni bellissimi che ti fanno alzare con il sorriso sulle labbra, ma di cui purtroppo non ti ricordi nulla, anche se ti sforzi con tutto te stesso.
Quando aprii gli occhi vidi Zero, e il mistero del sogno si sciolse troppo velocemente, come neve al sole.
-Zero?
Dormiva a pochi metri da me, sul pavimento, e aveva delle terribili occhiaie che gli segnavano il volto perfetto. Io invece ero sul letto di una casa che non avevo mai visto in vita mia, ma non ne fui spaventata. Ero lì con Zero, in fin dei conti.
Era come se la notte prima avessi bevuto tantissimo. Mi sentivo la testa vuota e la pancia scombussolata, uno schifo. E più cercavo di ricordare cosa mi avesse condotto in quella casa insieme a Zero, più non riuscivo a ricordare nulla. Ed era straziante, Dio.
Mi misi a sedere piano piano, continuando ad osservare il cacciatore. Non so esattamente quanto tempo passò, ma dopo un po' lo vidi aprire gli occhi. Non osai parlare.
Il cacciatore si limitò a fissarmi, ma nemmeno lui mi parò. Era strano: mi osservava con una vena inquietante di puro disinteresse. Era come se si fosse rassegnato a vedermi, come se non ci fosse più niente da fare.
E allora mi fu tutto più chiaro.
Improvvisamente mi tornarono alla mente le immagini di me stessa che volava, che atterrava, che non dormiva e che
non mangiava
C'è anche un bacio, credo
In quelle condizioni avevo baciato Zero, me lo ricordavo bene. Ed ero piuttosto preoccupata di cosa potesse pensare, dire e fare dal momento in cui comunque, lo avevo fatto davanti a Yuuki.
E lui non faceva altro che osservarmi con un viso straziato; il viso di una persona che ha perso la speranza. A quel punto sbottai, perché non potevo più farcela, no.
-Potresti anche smetterla di guardarmi con quella faccia, guardiano.
Gli occhi di Zero, da spenti e privi di emozioni, si trasformarono. Diventarono subito più accesi e brillanti, come se avesse, tutto a un tratto, riacquistato voglia di vivere, o anche solo di credere.
-Mary? Tu, tu...puoi parlare?
Mi alzai in piedi e misi le braccia sui fianchi. -Certo, Zero. Ma per chi mi hai preso?
-Oh, mio Dio. - Zero in un attimo mi prese fra le sue braccia. -Puoi parlare di nuovo, Mary. Insomma, non sei più...lascia stare.
Sapevo benissimo di cosa stava parlando. Durante tutti quei giorni non avevo mai parlato, per cui immaginavo che ora tornare a farlo fosse una bella sorpresa per tutti, oltre che per me.
-Credo di essere stata un bel problema per voi, negli ultimi tempi – dissi immersa nel suo abbraccio.
-Tu lo sei sempre, un problema – sussurrò lui. Ma il suo tono era così dolce che non riuscii proprio ad arrabbiarmi.
-Idiota.
Lo sentii ridere piano piano.
-Dobbiamo farci vedere da Yuuki – disse Zero un minuto dopo. Mi ero già completamente dimenticata della vampira.
Come se Yuuki ci avesse già sentito – e non c'era da stupirsi, visto che aveva un udito sviluppatissimo – la trovammo ad aspettarci in cucina, in piedi, con tre piatti di pasta apparecchiati, anziché due, come avrebbe dovuto essere.
-Sono molto contenta che tu ti sia risvegliata, Mary. Ciao.
-Lo sono anche io, Yuuki. E ciao anche a te.
Quei saluti mi sembrarono falsi, come mi sembrò falso il suo sorriso mentre pronunciava quelle insulse parole. Yuuki non mi sopportava ed era evidente, come io forse, sarei mai riuscita a vedere di buon occhio lei. Il motivo? Ce lo avevo di fianco, che mi teneva ancora per mano.
Divorai il piatto di spaghetti che Yuuki aveva preparato. Era una pessima cuoca, ma avevo talmente tanta fame da non fare caso a ciò che avevo nel piatto. Avrei mangiato qualsiasi cosa avessi trovato davanti.
-Ehm...ricordi qualcosa di quando eri uno Seishin no ko, Mary? - chiese Yuuki, mentre si alzava per sparecchiare il suo piatto praticamente lasciato intatto.
-Non ho idea di che cosa sia uno Seishin no ko, comunque sì, ricordo tutto. E mi ricordo perfettamente di tutti i vostri discorsi.
-Quindi sai perché sei diventata così?
-Sì, una vampira del cazzo mi voleva morta. Perfetto. Ma ora sono, tipo, resuscitata, vero?
-Non si può parlare di vera resurrezione, Mary. – spiegò Yuuki, più simile a una maestra che a un'amica. - Sei tornata in vita dopo essere morta, certo...ma non per volere religioso o che so io. E poi, ora possiedi dei poteri.
-Ho visto cosa sono stata in grado di fare. Potevo volare, giusto?
-Sì – rispose Zero.
-E...ho utilizzato quel tipo di bacio per conoscervi, e sapete? E' come se vi avessi visto dentro. E' una cosa inspiegabile.
Zero abbassò la testa e Yuuki lo guardò delusa e triste. Credevo di capire come si potesse sentire: i suoi sentimenti per Zero erano palesi, e il ricordo del mio bacio con lui la ferivano e non poco. Ma se volevano sapere tutto su di me non dovevo tralasciare alcun particolare.
-Io lo sapevo – mormorò Yuuki.
-Ehm...c'è solo un problema. Io non sono niente. Perché mi sono trasformata in quel coso e non sono morta come un comune mortale?
-Questo è il problema che dobbiamo risolvere – disse Yuuki.
-E come abbiamo intenzione di risolverlo?
-A breve verrà mio padre, Mary. Lui...è l'unico che può aiutarti.
E solo in quel momento una frustata di consapevolezza mi colpì. Troppo violenta per essere fermata, penetrò in me e mi ferì, inesorabilmente. In me c'era qualcosa che non andava. Ero diversa, forse, abbastanza da sopravvivere a un vampiro che mi voleva morta.
E avevo paura.
Ero sempre stata convinta di essere Mary Endo, una semplice umana dagli impenetrabili occhi di ghiaccio che non riusciva a stringere amicizia con nessuno. Ero sempre stata sulle mie e faticavo a donare qualcosa di me agli altri.
Ma ora, qualcosa sarebbe cambiato, e lo sentivo forte e chiaro. Novità e paura, ecco cosa cominciava a percepire il mio corpo, pulsati da un sangue che un tempo era stato mio ma che ora non mi apparteneva.
Non mi riconoscevo più.
 
Il mio comportamento quando vidi il padre di Yuuki? Mi gettai fra le sue braccia e lo abbracciai più forte che potevo. Quell'uomo aveva un cattivo ascendente su di me e il motivo era che mi ricordava mio padre.
Continuava a sussurrarmi che sarebbe andato tutto bene, ma io cominciavo a non crederci più. Erano successe troppe cose che mi avevano cambiata troppo in fretta.
-Mary, Zero e Yuuki possono rimanere ad ascoltare? Vuoi?
Mi asciugai le lacrime e mi separai da Kayen. -Certo che possono. - dissi vergognandomi della mia voce rotta dal pianto.
-Ascolta, piccola mia. Non voglio girare attorno al discorso per cui andrò dritto al punto. Mi dispiace, ma dovrai essere forte.
Mi limitai ad annuire.
-Nel corso della storia vampiri e Hunters si sono sempre dati battaglia. I loro corpi sono stati costruiti in modo che non possano combaciare, come il loro sangue.
Tutto quello lo sapevo già. Zero mi aveva fatto capire quanto fosse difficile per lui sopportare i vampiri...sopportare sé stesso.
-Ma questa sorta di legge della natura non è valsa sempre su tutto, Mary. E, per uno strano scherzo del destino, un giorno un vampiro e un cacciatore si sono uniti e hanno dato alla luce una bambina.
Con le mani stringevo un lembo della gonna che portavo. Le mie nocche erano bianche, proprio come la neve che cadeva in inverno e trasformava le campagne della periferia di Londra in un panorama magico e bellissimo.
-Quella bambina sei tu, Mary.
 
Ero sicura che quelle parole fossero rivolte a me. Ero sicura che avrei dovuto reagire, in qualche modo; eppure il mio corpo non rispondeva. Si rifiutava di capire. Persino le lacrime si erano fermate, e insieme a loro i miei pensieri.
-Mia madre non è un vampiro. - dissi per automatismo, quasi per difendermi.
-Lo era, piccola. Ma ha rinunciato all'immortalità per darti al mondo.
-E non me l'ha mai detto – conclusi in tono stanco. Non riuscivo nemmeno ad arrabbiarmi. Ormai la mia vita stava andando avanti senza di me.
-Mary, mi dispiace tanto...
-Non importa, Kayen. Voglio solo sapere che cosa sono.
-Prima di andare avanti, Mary, vorrei tanto dirti di non prendertela con tua madre. Ti vuole bene, e se non ti ha detto nulla lo ha fatto solo per proteggerti.
Alzai lo sguardo e lo guardai attraverso la frangetta. Sentivo di essere arrabbiata più che mai, ma allo stesso tempo ero tranquilla, perché finalmente avevo scoperto che cos'era mia madre.
-Voglio. Sapere. Cosa. Sono.
-Da piccola mi raccontavano anche leggende su di te, Mary – intervenne Yuuki. -Ed erano rimaste tali, perché nessuno di noi era convinto che potesse esistere un incrocio.
La ragazza dai capelli lunghi, per la prima volta, mi sembrava stupita. Cercava però di mantenere la calma ed era evidente, forse perché non voleva spaventarmi.
Vuoi aiutarmi, vampira?
-Un incrocio, se non viene risvegliato, vive tutta la vita come un semplice umano.
-Ma io sono stata risvegliata, vero? Da quella vampira, Sara. Sono un incrocio, ecco perché non sono morta.
-Esattamente. - gli occhi di Yuuki si fecero improvvisamente tristi.
-Che c'è? Non vuoi dirmi cosa succederà? Diventerò un mostro?
-No, Mary. E' solo che...la leggenda narra che un incrocio, dopo il suo risveglio dallo stato di spirito bambino, ha sette giorni di tempo per scegliere che cosa diventare.
-Scegliere...cosa diventare?
-Se entro sette giorni bevi il sangue di un vampiro diventi vampiro. Se invece bevi quello di un cacciatore...
-Basta!
Uscii dalla stanza correndo e mi diressi fuori dalla casa, lontano da tutto ciò che avevo sentito. Ero stufa, stufa e di nuovo stufa e non era possibile, non potevo credere a nemmeno una parola. Forse ora capivo cosa intendeva mia madre, quando mi voleva chiedere di non partire: voleva evitare che mi accadesse questo. Ma come potevo immaginarlo? Rimpiansi le giornate di sole che trascorrevo con Hannah, nella mia bellissima Londra, che ora era tanto lontana. Forse non ci sarei mai potuta tornare.
Avevo quasi voglia di farla finita. Sarebbe stato molto più semplice.
 
Zero
 
Pregavo con tutto me stesso di raggiungerla prima che facesse qualche cazzata.
Ero scattato quasi subito e ce l'avevo lì, a pochi metri di distanza. Non potevo ancora credere a tutto quello che avevo sentito, in ogni caso era vero: Mary era l'unico incrocio che fosse mai esistito.
Vorrei proteggerti.
Mi sentivo fottuto dalle leggi della natura e terribilmente impotente. Avevo paura e mi sentivo in imbarazzo. Paura, perché anche se l'avessi raggiunta avrei fatto una figura barbina perché tanto probabilmente non mi voleva tra i piedi. In imbarazzo, perché anche se mi avesse voluto, non avrei saputo cosa dirle.
E che cazzo dici in casi come questi?
Quando riuscii ad afferrarla eravamo in un parco di ciliegi. I fiori cadevano aiutati dal vento che li trascinava di qua e di là, e noi venivamo avvolti dai petali rosa delicati. Proprio come quella volta, quando io e mio fratello Ichiru avevamo incontrato la principessa della fioritura impazzita, Shizuka Hiou.
-Non mi servi, guardiano. - disse cercando di non guardarmi.
-Ti prego, Mary. Torna dentro.
-Non cercare di far sembrare tutto semplice. L'hai sentita, no? Sono un mostro, un incrocio abominevole di due razze che non si sono mai potute vedere.
-Ti prego.
-Allontanati da me.
L'abbracciai. Una delle poche cose che avevo capito delle donne era che quando ti dicono di andare via, in realtà, sta a significare che hanno bisogno di te più che mai e che vogliono che le stringi fino a fare loro del male.
La lasciai piangere e poco mi importava di sporcare la maglietta. L'avrei tenuta lì con me anche tutta la vita se ne avesse avuto bisogno, lei lo sapeva.
-Zero, ti prego...voglio finirla qui. Adesso.
-Smettila.
-Sono stanca...
-Ho bisogno di te – dissi senza pensarci, con le labbra sulla sua spalla. -Quindi smettila di dire cazzate.
-Non sono pronta, Zero. Non voglio diventare né un vampiro né un cacciatore, va bene? Voglio essere me stessa.
-Mary...se non ti nutri di nessuna delle due linee di sangue, morirai.
-Perfetto, abbiamo trovato una soluzione.
Le afferrai le spalle, e non so perché, non me lo so spiegare nemmeno ora, la baciai. Fu un bacio assurdo, violento e disperato, e potei sentire sulle sue labbra il sapore del sale delle lacrime, che si mischiavano al suo profumo e a quello della sua pelle.
-Non ti lascio morire, ok? - dissi non appena mi fui staccato da lei. -Ti giuro su Dio che troverò una soluzione, va bene? Tu fidati di me, ti prego.
E tornammo ad essere un tutt'uno in un abbraccio.
 
In quel momento capii che mi stavo spezzando a metà. Mentre un tempo in tutte le donne che vedevo cercavo disperatamente di trovare Yuuki, per la prima volta dopo sempre, praticamente, baciavo una donna sentendo che era lei e nessun'altra.
Se avessi deciso di fare Mary mia, la mia vita sarebbe stata più semplice. Col tempo avrei dimenticato Yuuki. Certo, che l'avrei dimenticata.
Non potevo rimanere come un coglione tutta la vita ad aspettarla.
Eppure mi ero fermato, e, ancora una volta, l'avevo messa in mezzo. Forse con un po' di pratica l'avrei accantonata per sempre.
O forse mi stavo semplicemente prendendo in giro.
 
...
Mi capita, a volte, ancora, di prendere tra le mani delle vecchie foto in cui rivedo parte della mia giovinezza. Certo, oggi sono vecchia e sola: ma questo non potrà mai cancellare i momenti più belli della mia vita, quelli che ho passato insieme alle donne, così le chiamavo.
Loro due erano come mie figlie. Le amavo come fossero tali, almeno, e amavo gli uomini con i quali la domenica mi venivano a trovare all'ora della merenda.
Sono rimasta vedova giovane, io. Ma non ho mai avuto voglia di risposarmi: insomma, far su famiglia una volta e dopo gettare tutto per ricominciare da capo non è una cosa da me. Il primo matrimonio è durato fino al “finché morte non vi separi”; insomma, una prova ulteriore che le favole non esistono.
La mia storia è molto triste, ma c'è chi ha avuto la possibilità di farne parte e di sicuro non se n'è mai lamentato.
La prima che ho conosciuto, delle donne, è stata Yuri Kuran. Era ancora prima che mi trasferissi qui a Londra; quando vivevo in Giappone con mio marito, che era già malato. Yuri era arrivata come una sorpresa, e io l'avevo accolta come si fa con una figlia. Le avevo dato cuore e anima, e lei mia aveva ricambiato raccontandomi il suo segreto più grande.
Quando ero giovane, le storie sui vampiri erano molto ricorrenti. Ma si sa, un conto è sentire una storia e un conto è viverla in prima persona. Perché in quel caso sì, il vampiro era Yuri, e di sicuro non era un pezzo di carta disegnato su un foglio ingiallito.
Qualche anno più tardi, Yuri mi presentò anche Ellie. E lei divenne subito la mia preferita.
Certo, si vocifera che tra figli non si dovrebbero avere le preferenze ma per me era impossibile. Ellie mi assomigliava tantissimo ed era dolce, educata e piena di vita: mi ricordava troppo la donna che ero un tempo, almeno prima che mio marito si ammalasse.
Tre inverni dopo l'arrivo di Ellie, restai vedova. Furono le donne a starmi vicina, ma ormai penso fosse già arrivato Kayen, che usciva con Yuri, e Kosuke Endo, che invece stava sempre con la mia Ellie. E così le ragazze non potevano più venire a trovarmi come un tempo.
Mi ricordo anche quando Ellie era corsa verso di me e mi aveva urlato, tra le lacrime, che si era innamorata di Kosuke ma che non poteva sposarlo, perché lui era un cacciatore e lei, invece... era un vampiro.
Nel frattempo, mi pare di ricordare che Yuri era rimasta incinta. Ma non di Kayen, no; di un vampiro importante come lei, di suo fratello, un certo purosangue che una volta avevo visto da lontano. Bellissimo, certo, ma preferivo Kayen, con quella sua aria da uomo sempre pronto alla battuta. A volte, quando ci scriviamo, gli parlo ancora di lei e lui cerca di evitare l'argomento: credo che la ami ancora, nonostante sia morta da tempo.
Fu il periodo più bello, quello, però: un periodo di donne con pancioni enormi che ingombravano la mia cucina. Sì, perché nello stesso periodo anche Ellie rimase incinta, e si sposò con Kosuke, nonostante per loro fosse proibito.
Ero davvero felice per le mie bambine, lo ricordo bene. Lo rimasi anche quando tenni la mano ad Ellie mentre nasceva Mary, un incrocio fra due razze così distinte e perennemente in guerra. E la sostenni, quando rinunciò all'immortalità per proteggere sua figlia.
Ma come in ogni racconto che si rispetti, arrivano le parti brutte, quelle che ti intristiscono e che ti fanno versare una lacrima di troppo ogni volta.
Quando venni a sapere della morte di Yuri e di suo marito, mi trasferii qui, a Londra, in una piccola casa di periferia dove vado avanti dando lezioni di giapponese a chi ancora ha voglia di impararlo. Kayen era disperato e distrutto, ma almeno a lui era rimasta una piccola parte del suo grande amore: la figlia. Non l'avevo mai vista, ma l'avevo sempre immaginata uguale a Yuri. Yuuki, mi pare l'avessero chiamata, ma non so altro.
La mia Ellie perse il marito quando la figlioletta aveva appena sette anni. E il dolore in questi casi è talmente forte che è impossibile descriverlo anche per una vecchia come me, che nella vita di cose ne ha viste tante.
Ora che guardo la foto in cui la mia Ellie mi abbraccia mentre tengo in braccio Mary, seduta sulla poltrona della mia cucina, mi rendo conto che non potrò tornare indietro e riavere le mie bambine. Il tempo è passato inesorabilmente e ho avuto modo di veder andare via anche quella che chiamavo la mia “terza figlia”, Mary.
Ogni notte mi addormento pregando Dio che stia bene, e che torni casa sana e salva per sua madre che ogni giorno, a ora di merenda come faceva da ragazza, mi viene a trovare e piange, piange per sua figlia di cui sa ben poco perché è lontana.
So che Mary arriverà a odiare sua madre per averle tenuto nascosto che un tempo era una vampira, ma quando passerà, e sono certa, che passerà, tornerà tutto come prima, e Mary verrà di nuovo a trovarmi e chiedermi il significato di alcune parole in giapponese che non conosce.
Nel frattempo mi preparo il thè e magari prego un altro pochino, non si sa mai che, domani, quando aprirò la porta ci sarà la mia Mary ad aspettarmi, come ogni notte sogno da quando lei se n'è andata via.
.


 
.


 
.
 
Salve a tutti splendori miei <3
Finalmente sono tornata (sono stata più veloce del solito, però, bisogna dirlo!) con questo nuovo capitolo semplice semplice che però mi piace tanto, perché Mary si sveglia e deve prendere atto di ciò che è successo. Piccolo chiarimento: gli incroci nel manga e nell'anime non esistono, sono una mia invenzione. Non so se la Hino li avrebbe mai fatti esistere, ma comunque io ho sempre pensato che siano molto interessanti, a prescindere dalla storia di cui fanno parte.
Grazie a tutte voi per esserci sempre, in particolare a chi mi lascia sempre qualche parolina. Vi adoro :P
Vostra,
Je <3

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Capitolo 24
*** Fragile come vetro ***


Capitolo 23

Fragile come vetro

 

Yuuki
 
Quella fu la settimana più difficile della mia vita.
Cominciò con la fretta e la pressione di Zero, che poco mi aiutavano. Non che non ne avessi anche io, di fretta: sapevo benissimo che Sara ci era alle calcagna. Ma a volte il ragazzo dai capelli argentei esagerava; e lo vedevo che poi, dopo avermi insultata, magari, guardava per terra come per chiedermi scusa e ammettere che aveva superato il limite.
Il primo giorno avevamo lasciato la casa di Kaito e avevamo cominciato il viaggio che ci avrebbe portato alla mia vecchia casa sui monti. Quando l'avevo raggiunta tempo prima, volando, non avevo fatto caso che in realtà la strada da percorrere era così lunga.
Avevamo raggiunto la nostra nuova casa il giorno dopo, ormai stanchi di camminare e di trascinare le cose che ci eravamo portati, che in realtà non erano nemmeno tantissime. Non ci fu molto tempo per ragionare, quella sera: andammo tutti subito a letto.
I giorni scorrevano lenti ma inesorabili, e per Mary si avvicinava sempre di più il momento di scegliere.
Eravamo tutti molto frustrati. Durante la notte, spesso, rimanevo sveglia ad ascoltare Mary che piangeva. Zero dormiva sul divano, giù vicino alla cucina, e mi auguravo non sentisse niente. Io, la prima notte che l'avevo sentita, ero corsa giù a chiederle se voleva qualcosa. Lei mi aveva risposto: puoi ridarmi la mia vita?
Quella notte piansi anche io.
Spesso io e Zero ci ritrovavamo a litigare. Negli ultimi giorni, eravamo persino arrivati a criticarci per quello che era meglio mangiare a cena. In realtà, Zero era intrattabile perché non riusciva a convincere Mary che essere trasformata in Hunter era la scelta più ovvia, nonché la più semplice.
-Non sono pronta a diventare cacciatrice, Zero. No no e ancora no, vattene – aveva risposto Mary la sera del sesto giorno. E poi si era chiusa in camera.
Quella notte nessuno di noi si era deciso convincersi che, in qualche modo, doveva dormire. Avremmo dovuto farlo, perché il giorno dopo sarebbe stato quello fatale, e dovevamo mantenerci in forze.
Ma niente da fare.
Mi ostinavo a guardare il soffitto di camera mia. Stranamente, Mary non piangeva. Probabilmente era talmente stanca da non averne più la forza.
Decisi di andare in cucina. Mi aspettai di trovare Zero sul divano ma, come uno scherzo del destino, anche lui era in cucina e anche lui non riusciva a dormire.
-Fa silenzio – ordinò lui.
-Non ho nemmeno parlato! - dissi in tono scocciato. Andava sempre peggio, Dio.
Non osai guardarlo e, anzi, cercai di trovare qualcosa da fare. Salii così, come un piccolo gatto, su una delle mensole e mi affacciai alla finestra che dava sul tetto.
In effetti, quella era la nostra seconda cucina, quella che mamma usava, ancora quand'ero piccola, quando venivano ospiti. Potevo ancora sentire la sua risata, e sentivo me ridere con lei.
-Che cosa fai, Yuuki?
-Vado a fare un giro sul tetto. Vuoi venire?
-...Sei matta.
Sorrisi. -Dai, non mi succede niente. Lo facevo sempre da piccola.
Uscii e mi sedetti sulle tegole di un colore che, a malincuore, mi ricordava il cremisi degli occhi di Kaname. Mi chiesi cosa stesse facendo in quel momento; probabilmente non aveva la più pallida idea di quello che stava succedendo a me. Se fosse stato lì, forse...se fosse stato lì
Ma non c'era.
-E così vieni qui quando devi pensare? - chiese Zero sedendosi accanto a me.
-Forse. O forse no. Qui si sta bene....mi piaceva venirci da piccola.
-...Con lui?
La domanda mi spiazzò. Ci fu un lungo silenzio, che non riuscii a colmare nemmeno col respiro.
-Zero...ho dichiarato guerra a Kaname. Quello che facevamo da piccoli non mi appartiene più.
-Non prendermi per il
-No, Zero, non capisci! L'ho guardato negli occhi e gli ho detto che un giorno lo ucciderò. E' stata una promessa, Zero. E non ho intenzione di tornare indietro.
-Tu pensi davvero di esserne capace?
-...E' la cosa giusta.
-Rispondi alla domanda, Yuuki. - disse lui in tono freddo e autoritario, spaventandomi.
-...Se continuerà a fare quello che sta facendo manterrò la promessa. Non posso permettere che vada avanti così.
Zero mise una mano sopra la mia. Non mi guardò negli occhi, ma guardò le dita, invece. Che si intrecciarono.
-Nel mio cuore ho sempre pensato che lui non ti avrebbe mai lasciata andare. Invece, alla fine lo ha fatto, ti ha perduta.
Continuavo a guardare i suoi occhi bellissimi.
-Ha distrutto la mia famiglia, Yuuki. - mormorò.
-Lo so – dissi, consapevole del fatto che mi stavo letteralmente spaccando a metà.
-...E ti ha portata via da me.
 
E ti ha portata via da me.
Ero certa di aver sentito male. Sì, quelle parole erano state a malapena sussurrate; per forza non avevo capito.
Ma non ci fu il tempo, per capire.
Zero si stava avvicinando al mio viso. Guardava le mie labbra, e poi i miei occhi. Labbra occhi labbra occhi
E poi, un rumore.
Ci voltammo entrambi di scatto. La prima ad alzarmi fui io; entrai in cucina, ma non c'era nessuno.
-Eppure c'è il pentolino per terra. - sussurrai.
-Dev'essere stato il vento – disse Zero. -Ora vado a dormire. Credi che Mary si deciderà, domani?
-Berrà il tuo sangue, Zero. Sono sicura che lo farà.
Mi guardò come se volesse scrutarmi l'animo. Mi augurai davvero che Mary scegliesse di fare la cosa giusta per lei e per tutti noi, perché altrimenti avrebbe rischiato di spezzare Zero più di quanto già non fosse. Lui si voltò e fece per andare via.
-Zero? - lo chiamai. -...Buonanotte.
Per un dolcissimo istante, anche se fu impercettibile, mi sorrise. E fu un sorriso sincero.
-'Notte, Yuuki.

 
Mary

 
L'ultima volta che mi ero ritrovata a piangere in quella maniera era probabilmente quando era morto mio padre. Quelle lacrime che lasciano una scia che lacera la pelle e il petto che fa male a ogni singhiozzo; una sensazione orribile, ma al contempo liberatoria: e mi sentivo stupida perché mi ripetevo almeno adesso lo sai, cogliona.
Sapevo che era inutile vivere di illusioni, e che prima o poi ci si deve svegliare altrimenti si viene fottuti tutta la vita stessa. Vita che va avanti senza di te.
Non doveva stupirmi così tanto il fatto che Zero amasse Yuuki, o che tentasse di baciarla proprio sotto il mio naso, no. O non doveva farmi andare in bestia il fatto che guardasse lei nello stesso modo in cui guardava me o peggio, le parlava con lo stesso schifosissimo tono.
Zero Kiryu era uno stronzo, ma proprio forte, ed io c'ero cascata in pieno proprio come una novellina. Sì, perché prima di lui dell'amore non sapevo proprio nulla.
Amore? E questa da dove salta fuori?
Dovevo darmi una calmata, e il fatto che praticamente stessi malissimo non mi aiutava nemmeno un po'. Il giorno dopo sarebbe stato importante e...
Tutte palle. Mi ero anche rotta!
Nessuno se ne sarebbe accorto se fossi scappata. Forse si sarebbero dispiaciuti all'inizio, ma poi sarei diventata solo un ricordo e tanti saluti. Bene, benissimo.
Forse Zero avrebbe finalmente dichiarato i suoi fottuti sentimenti a Yuuki e la principessa del nulla lo avrebbe accolto a braccia aperte; bene, benissimo.
E io avrei continuato a vivere come se quell'episodio della mia vita fosse stato una piccola e insignificante parentesi. Peccato che, se non mi fossi nutrita di una di quelle due linee di sangue sarei morta.
Bene, benissimo.
Qualcuno bussò.
Mi asciugai gli occhi più veloce che potei, senza badare alle sbavature del mascara. Aprii e incontrai gli occhi di Zero. Mi venne voglia di vomitare.
-Vattene. - feci per chiudergli la porta in faccia ma lui mise un piede per bloccarla e così mi fermò.
-Cosa c'è, Mary?
-Ho detto vattene. Non sono stata abbastanza chiara, Zero?
-Mary...non capisco.
-Lavati le orecchie, allora. Lasciami sola.
-Mi vuoi dire cos'è successo? Credevo stessi dormendo...
-Sono molto più sveglia di te e della tua cara amichetta, guardiano. - la mia coscienza, là da qualche parte nella mia testa, mi stava gridando di smetterla e di comportarmi come-Dio-comanda, ma non c'era verso.
Zero allargò impercettibilmente gli occhi, come se avesse intuito un passaggio fondamentale – e doloroso – che prima gli era sfuggito.
-...Ci hai visti.
-Vaffanculo, Zero. - biascicai.
Cercò di entrare ma gli spinsi la porta contro con tutta la forza che avevo.
-Mary, ti prego
-Vai via!
Misi un muro tra me e lui e chiusi la porta a chiave. Gli occhi si erano asciugati, ma solo perché mi rifiutavo che mi sentisse piangere. Quando sarebbe andato via – e sapevo che sarebbe andato via – forse avrei ricominciato.
Passarono una ventina di minuti. Mi ero seduta vicino alla porta tenendo la maniglia tra le mani; non mi muovevo, non riuscivo proprio a farlo.
E fu solo quando ormai non sentivo alcun rumore, che percepii una brezza fresca provenire dalla finestra. Mi chiesi se qualcuno fosse riuscito ad entrare.
Sentii un passo, poi un altro ancora.
Non seppi perché, ma sperai fosse Zero. O forse era davvero lui, sì!
Sembravo una bambina ridicola. Ma ero una donna, e le donne sono fragili: dopo aver litigato con l'uomo che amano sognano tutte di poterlo abbracciare, di sentirsi in loro; e poco importa se ha fatto una cazzata. Davvero, poco importa.
Novità dell'ultimo momento? Lo amavo. Amavo Zero Kiryu con tutta me stessa. Ed era assurdo capirlo in quell'istante, proprio quando avevo capito che ero arrivata troppo tardi per pretendere che mi ricambiasse.
Ti amo.
Ti amo davvero. Mi senti?
 
-Mi spiace deluderti, piccolina, ma non sono lui.
Nell'udire quella voce mi voltai di scatto. L'avevo già vista, quella donna. E avevo già temuto la sua voce.
-Sara?
-Hai una buonissima memoria, cara. Credevo dovessi partire dalle presentazioni ma vedo che non ce n'è bisogno.
-Beh, certo. Sei quella che mi ha tolto la vita.
La figura minuta si allontanò un pochino dalla finestra per avvicinarsi a me. Sembrava che volesse, ad ogni sguardo, scoprirmi sempre di più.
-Non avercela con me: io ti ho fatto un piacere.
-Non prendermi in giro, per favore. Sono stanca di farmi prendere in giro.
La cosa pazzesca è che non provavo alcun timore. Nemmeno un po' di paura. E' questo che può farti l'amore? Scavare così a fondo nel tuo petto a tal punto da non farti sentire più niente, se ti ha fatto soffrire?
-Lo so. E infatti sono qui per questo, piccolina. Lo sai che domani dovrai scegliere.
-Non sono affari tuoi. - sussurrai a denti stretti.
-Oh, piccolina, e invece sì. Sennò perché mai ti avrei risvegliata?
-E' quello che ci chiediamo tutti, credimi.
Si avvicinò pericolosamente e prese una ciocca dei miei capelli neri nelle mani. Ci giocò e io li vidi aggrovigliarsi, ma non riuscivo a sottrarmi al suo tocco. Era una vera e propria strega.
-Io ti voglio, Mary.
Feci un passo indietro ma mi afferrò per le braccia.
-Mi metto a urlare.
-Nessuno dei due arriverà in tempo per vedermi. Ti crederanno matta, Mary.
Mi venne voglia di sputarle in faccia.
-Sei sola, in tutto questo. Non lo capisci? Nessuno ti può aiutare.
Eccole, le lacrime tornarono a bruciare. Sara aveva semplicemente detto ad alta voce quello a cui pensavo da una settimana, praticamente. Ero sola, e dovevo scegliere da sola. Punto.
-Ma io posso renderti felice.
Scoppiai quasi a ridere. -E come puoi farlo?
-Puoi venire con me, Mary. Puoi seguirmi e dimenticare tutto quello che ti è successo.
Abbassai lo sguardo. Non riuscivo più a guardare i suoi occhi, perché sembrava che volessero mangiarmi, farmi del male. -Fai sembrare tutto così facile...
-Ma lo è, piccolina, lo è. Vieni a scuola domani, prima che il sole sorga.
-...Mi stai chiedendo di diventare vampira?
-Ti sto chiedendo di diventare mia alleata. Vedi, Mary: quello che i tuoi cari amici ti hanno omesso è che siamo in guerra. E questa guerra la sto conducendo io, e ho bisogno di persone di cui fidarmi. Ho bisogno di te, perché tu sei un tassello importante.
In un attimo vidi la vita che avrei potuto avere. Sarei stata più forte, immortale. Niente e nessuno avrebbe potuto fermarmi, e sarei stata vicina all'unica persona che sembrava davvero interessarsi a me.
E la parte migliore? Che avrei dimenticato Zero.
Senza di me sarebbe stato meglio, lo sapevo. E forse, se io avessi accettato di andare via con Sara, lei avrebbe lasciato stare per sempre lui e Yuuki. In un certo senso, lo facevo anche per salvarli. Credo.
-Domani verrò – dissi con un nodo alla gola.
Un sorriso sornione le si dipinse sulle labbra.
-Come posso essere sicura che tu non menta? E che poi domani ti trasformai in cacciatore e verrai ad uccidermi?
-Hai la mia parola che non lo farò. - dissi, tornando a guardarla.
-Bene. Se non verrai come mi hai appena promesso, manderò il mio esercito alla ricerca del cacciatore e della vampira purosangue. Verranno uccisi senza alcuno scrupolo, Mary.
-Ma...non c'è bisogno di tutto questo! Verrò! Ti ho detto che verrò.
-Voglio esserne sicura, piccolina. Sono stata ingannata molte volte in passato, sono stanca proprio come te. Vedi, vedi, Mary, quante cose abbiamo in comune?
Era una delle cose più vere e ad al contempo inquietanti che mi avessero mai detto in tutta la mia vita.
-Vattene, adesso. Voglio dormire. - mormorai con voce resa roca dal pianto.
-Certo, dormi, piccolina, ci vediamo domani.
E sparì com'era venuta, lanciandomi una rapida occhiata che mi fece rabbrividire.
Mi gettai sul letto guardando il soffitto. Non avevo idea di cosa stesse per accadere; sapevo solo che sarei diventata un vampiro e che presto sarebbe andato tutto per il meglio.
E, anche se non sapevo il perché, mi misi a piangere. Anzi, lo sapevo: ero perduta, sola e fragile come vetro, ma avevo scelto la mia strada, e non potevo più pentirmene.
.


 
.


 
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Salve a tutte ragazze ed eccoci qui con il nuovo capitolo. Vi confesso che non mi convince molto...non ho idea del perché, magari voi che siete più brave riuscirete a dirmi cosa ne pensate. Siate critiche perché ho ancora tantissime cose da imparare e lo scopro ogni giorno sempre di più!
Altra piccola cosa...non prendetevela con Mary. Sappiamo tutti quanto i vampiri possano essere persuasivi e infatti nell'ultima parte del capitolo volevo proprio far arrivare questo aspetto, con Sara, che agisce quasi ipnotizzando la nostra povera Mary. Mi direte cosa ne pensate...
Come sempre grazie a tutte :) Vi adoro e non so mai come ringraziarvi abbastanza <3
Vostra
Je <3

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Capitolo 25
*** Come in un sogno ***


Capitolo 24

Come in un sogno


 

<< Saranno gli occhi di ghiaccio che si sciolgono a contatto con un altro pazzo. >>

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Mary

 

Come aveva promesso la strega, al mio risveglio una macchina nera dai vetri oscurati mi stava aspettando.
Il sole doveva ancora sorgere. Ero contenta perché c'era ancora buio: avevo i capelli arruffati, le guance pallide e gli occhi lucidi. Avevo pianto per tutto il tempo.
Continuavo a ripetermi che non andavo al patibolo, che lo facevo per me, e per loro, sopratutto. Non era una buona causa, questa?
Il finestrino dell'automobile si aprì. Si sporse un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi verdi, dalla bellezza semplice e pura. Mi sembrava di averlo già visto, ma ero davvero troppo stanca per provare a ricordare dove, anche se la mia testa mi sussurrava un possibile collegamento con la scuola.
-Sei Mary? - chiese in tono gentile.
Mi limitai ad annuire.
-Sali pure.
Obbedii.
Mentre viaggiavamo, avevo gli occhi incollati alla finestra. Vidi il paese che Zero mi aveva fatto conoscere, la chiesa dove avevamo incontrato il vampiro.
I campi dove eravamo scappati con Lily e il lago nel quale mi ero gettata per vedere se a Zero interessavo almeno un pochino.
Ripercorsi con il cuore in gola tutti i momenti della mia nuova vita, ma poi sopraggiunsero anche quelli di quella vecchia. La mia mamma, Hannah, obasaan: persone che non avrei mai rivisto e che amavo con tutta me stessa.
Quando arrivammo una mano gelida sfiorò la mia. Mi ero addormentata piangendo.
-Asciugati le lacrime – ordinò il ragazzo con voce molto dolce. -Sara ti sta aspettando.
Nel frattempo, i primi raggi di sole cominciavano a farsi vedere.
Era la l'inizio della mia fine.
 
Yuuki
 
Non erano nemmeno le otto quando sentii il bisogno di abbandonare il letto; ormai ero stanca di dormire a intermittenza e il caldo soffocante di quella giornata non mi aiutava per niente.
Ero così sveglia e vigile: mi pareva quasi surreale. Yuuki Cross aveva sempre sonno, e dormiva durante le lezioni.
Che ne avevo fatto di lei?
Decisi di dirigermi in cucina per fare colazione, anche se avevo una strana stretta allo stomaco che mi impediva di aver fame. Optai per un succo all'arancia e una manciata di cereali con caffè e latte caldi.
Una volta finito di mangiare mi misi al lavello per risciacquare il bicchiere.
-Nemmeno tu riesci più a dormire?
Nella cucina era entrato Zero, già vestito con abiti quotidiani. Gli sorrisi, confermandogli il fatto che come lui non avevo più sonno. Poi, col piede nudo, pestai qualcosa di duro. Mi morsi la lingua per non imprecare. Mi chinai leggermente, e afferrai quella strana cosa che avevo pestato. Zero mi fissava senza parlare.
Mi ritrovai con un ciondolo in mano. Era una collana davvero molto familiare, raffigurante il simbolo che aveva Zero sul collo.
Oh, Dio.
Oh, Dio.
Quello era il ciondolo di Mary.
E se si trovava sotto la finestra...
-Yuuki, avevo pensato di non dirtelo ma non ne vale la pena. Mary ieri sera ha sentito tutto.
Probabilmente era l'oggetto che io e Zero avevamo sentito cadere, mentre eravamo sul tetto quella notte. Dio, lei aveva sentito tutto.
Tutto.
-...Mi dispiace – mormorai. Non capivo cosa intendesse per “tutto”, però. Per Zero la notte prima su quel tetto aveva significato davvero qualcosa? O come al solito avrebbe continuato a far finta di niente, come se non fosse successo niente tra di noi?
Mi fece segno di no con la testa. Stava a significare di non preoccuparmi? Mi sentii male per lui. Se stai male tu, Zero, come faccio a stare bene io, me lo spieghi?
-Andiamo a svegliarla. Vuoi? Ormai è ora.
Zero mi afferrò la mano e mi portò di fronte a camera sua. Bussammo più volte e urlammo il suo nome, senza ottenere alcuna risposta. Possibile che dormisse così pesantemente?
-Forse vuole semplicemente stare sola. - arrivai a dirgli.
Lui guardò per terra.
-Mary...apri, ti prego. Dobbiamo parlare. - disse rivolto alla porta.
Ma niente. Cominciai a sentirmi in modo strano, quasi...attanagliata dalla paura. Non volevo che Mary soffrisse a causa nostra. E in un attimo pensai a quanto anche io ero stata male nel vedere lei tra le sue braccia, alla festa, e la capii.
Forse, per la prima volta dopo quasi tutta una vita, fui in grado di capire anche Zero. Si sentiva così quando ero tra le braccia di Kaname? O non gli importava niente? Davvero, non riuscivo a capirlo.
-E va bene. Mi hai costretto a farlo.
Zero prese un paio di passi di rincorsa e sfondò la porta, senza nemmeno chiedermi se potesse darmi fastidio. I miei mi avrebbero maledetto, se fossero stati in vita, ne ero certa.
C'era buio pesto, ma in un attimo trovai l'interruttore.
E il letto era vuoto.
La finestra chiusa.
tutti i suoi vestiti gettati a terra...
-Mary...
Merda.
Merda!
Zero si precipitò in salotto per chiamare Kaito. Io cercavo di stargli dietro, ma ero ancora sconvolta.
-Zero...aspetta!
-Aspetta che, Yuuki? Dio, non sappiamo dov'è! La devo trovare...mi capisci?
Afferrai le sue mani. -Ok, ok, Zero, calmati, per favore.
Tremava.
-Ti prego, Zero...
Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
-La troveremo, Zero.
 
Il guardiano mise il telefono in viva voce, così che anche io potessi ascoltare la voce di Kaito.
-Come, scappata? Date i numeri?
-Non c'è più, qui, ti dico. Kaito aiutami, ti prego. Ti prego, deve esserci un modo per...
-Ok, ok, mi sto alzando. Faccio quello che posso, fra cinque minuti ti chiamo.
Furono i cinque minuti più lunghi della nostra vita, credo.
A chiamarci non fu Kaito però.
-Pronto? - rispose Zero.
-Zero sono io, Aidoh. Kaito mi ha spiegato tutto.
-E perché dovresti servirmi, Hanabusa?
-Perchè l'ho vista, coglione. E' qui a scuola. Ma, francamente, penso che sia in pericolo.
In un istante di silenzio assoluto Zero mi guardò come per chiedermi aiuto. Sapevamo cosa dovevamo fare.
-Arrivo subito, Aidoh. Riesci a radunare un po' di vampiri?
-Che cazzo vuoi fare, guardiano, scusa?
-...Vedrai.
Non avevo mai visto Zero più determinato di così.
 
Mary
 
A venirmi a prendere furono delle ragazze molto strane. Mi sembravano tutte troppo belle per essere vere, e non facevano altro che chiedermi se andava tutto bene.
Io mi rifiutavo di parlare.
Non andava tutto bene, no, cazzo.
Forse avevo paura che, se avessi parlato, la mia voce si sarebbe rotta, spezzata dal dolore di una certezza di aver già perso in partenza.
Non fu difficile arrivare al dormitorio luna. Non ci ero mai stata, ma orientarmi in quella scuola era diventato come orientarmi in casa mia. Anche al buio, sapevo sempre dove andare.
Le ragazze che mi avevano scortata fin lì mi abbandonarono all'inizio di un lungo corridoio. Mi avevano detto che avrei dovuto percorrerlo fino ad arrivare all'ultima stanza a destra, e così, finalmente, lì l'avrei trovata.
 
Mi stava aspettando.
Percorsi il corridoio che si ergeva davanti a me.
Il tutto mi sembrò molto simile al sogno che avevo fatto tempo prima, quando ero ancora a Londra, la notte in cui era cominciato tutto. Un momento prima di cominciare a capire chi ero veramente, quel giorno a casa di obaasan.
Davanti alla porta esitai. Mi guardai le mani, e mi accorsi di averle sporche di sangue.
Era un'allucinazione, ma non mi sforzai di mandarla via. Forse un po' mi stava bene: era la punizione per essere venuta lì, in quel posto sudicio, senza nient'altro che me stessa.
Sei colpevole.
Aprendo quella porta non avrei trovato gli occhi color dell'ametista che avevo visto in sogno quella notte. E, straordinario: mi ero appena resa conto che sì, quelli erano i suoi occhi, non poteva essere altrimenti.
Lo avevo sognato anche prima di conoscerlo.
Forse ero destinata ad incontrarlo, a perdermi in lui, a innamorarmi di lui.
Perché sì, lo amavo, e lo stavo anche perdendo. Mi augurai almeno di avere il suo perdono, una volta che avesse scoperto tutto.
Non avrei trovato gli occhi di Zero, comunque, no. Avrei percepito solo morte.
Toccai la maniglia e la girai.
Era arrivato il momento di accettare le conseguenze della mia scelta.
.


 
.


 
.
ù.ù Sono in ritardo come sempre e vi chiedo scusa! Spero di farmi perdonare con questo capitolo. Ormai manca davvero poco alla fine, ragazzi, e devo dire che più si va avanti più mi date soddisfazione! Vi adoro, e come sempre vi ringrazio tanto per tutto quello che fate.
Un bacio grande grande,
Vostra
Je <3

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Capitolo 26
*** Perduta ***


Capitolo 25

Perduta

 

Yuuki
 
Arrivammo davanti a scuola non molto più tardi, spaventati e con il fiato corto. Zero aveva caricato la pistola con il massimo numero di colpi, ed io non avevo esitato a portare con me Arthemis, che era riposta sotto la gonna, come sempre.
Aidoh ci aspettava all'ingresso della porta, con aria spaventata. Con lui c'era anche Kaito e un gruppo di Hunters, di cui membri non ne conoscevo nemmeno uno.
Zero fece subito per entrare nella scuola, ma Kaito lo fermò con una mano sul petto.
-Aspetta, Zero.
-Perché mi fermi?
-Dentro la scuola si sono radunati dei gruppi di ragazze. Sono le sue serve, Zero, e non esiteranno a farci del male non appena capiranno le nostre intenzioni.
Zero si guardò attorno, e capii subito a che cosa stava pensando.
-Siamo in troppo pochi. Dove sono gli altri?
-Si sono rifiutati di aiutarmi – rispose Aidoh. A parte Rima e Shiki che sono all'interno della scuola, e che stanno controllando la situazione lì.
-Merda. - sputò Zero. -Non ce la faremo mai.
-Non vorrete gettare la spugna così in fretta, spero.
Riconobbi quasi subito quella voce. Era Takuma, ancora incappucciato, che stava arrivando dal cortile. Ci superò e si fermò sulla soglia, dove poteva osservarci tutti.
-E' nella stanza di Sara. Avete tempo, credetemi, vi basta solo distrarre le ragazze.
Aveva ragione. Ichijo c'era stato davvero di grande aiuto. E quindi mi venne lecito pensare al perché servisse ancora Sara, quando era chiaro che cercasse in tutti i modi di ostacolarla. Era sempre lui, il ragazzo dolcissimo che per tanto tempo era stato il migliore amico di Kaname, e che per tanti anni era venuto a trovarmi da lontano, rimanendo nell'ombra di quell'auto spaziosa, osservando il Nobile che giocava con me.
Lo vidi sparire nei corridoi. Provai pena per quel ragazzo, costretto a servire una purosangue così strana e diversa.
-Ok. Io vado nella stanza di Sara. Voi cercate di distrarre le sue serve. - decise Zero.
-Sta' attento, amico mio, ti prego – disse Kaito.
-Bene, Kiryu. Buona fortuna, mentre tu salvi una donzella in difficoltà noi ti pariamo le chiappe. O almeno mi pare di aver capito così. - aggiunse Aidoh in tono sarcastico.
Zero accennò un sorriso, poi si voltò.
-Ah sì – disse, ancora voltato. -Yuuki, io vorrei che tu rimanessi qui.
Non mi aveva nemmeno guardato.
Tutti scelsero una direzione. Alcuni seguirono quella di Zero, molti percorsero altri corridoi, per cercare di capire la situazione.
Io rimasi ferma immobile.
Possibile che Zero non si fidasse di me? O che non mi volesse tra i piedi?
Quella era la nostra battaglia, non solo la sua. Avrei salvato Mary, era una promessa.
Mi misi a correre più forte che potevo, finché scorsi la chioma argentata del guardiano, che camminava a testa alta, quasi come se dovesse andare in guerra.
-Zero!
Al mio urlo si voltò, ma non fece in tempo a parlarmi, perché venni travolta da una figura sinistra e orribile, che mi scaraventò a terra. La vidi sopra di me, a carponi: una ragazzina che aveva denti aguzzi e occhi enormi, che cercava in tutti modi di farmi del male. Mi dimenavo come potevo, ma era davvero troppo forte.
Sentii il suo fiato caldo sul collo, i suoi capelli che mi accarezzavano le guance.
Pensai che quella fosse la fine.
Poi udii un colpo di pistola, e sopra di me rimase solo sabbia, che se ne andò col vento.
-Che ci fai qui, Dio?! - gridò Zero abbassandosi e mettendosi vicino a me. Mi afferrò i polsi e mi alzò in ginocchio. Il suo viso era davvero vicinissimo al mio, mi guardava con aria di rimprovero e io giuro di aver avuto una paura immensa. Di lui, del mio cuore che stava scoppiando dalle troppe emozioni.
Mi lasciò andare i polsi e guardò per terra, forse dopo essersi accorto di aver esagerato.
-Questa non è la tua guerra, Yuuki.
Mi strinsi nelle mie stesse braccia, come per abbracciarmi.
-Le battaglie dove ci sono i miei amici sono anche le mie guerre, Zero.
Non lo guardai nemmeno una volta quando pronunciai quelle parole.
Poi, insieme, ci alzammo da terra.
-Mettiti in salvo – mi ordinò lui, facendo per andarsene.
No. No, no!
-Zero... – lo chiamai impercettibilmente.
Si voltò giusto in tempo per rivedere i miei occhi, prima che mi arrampicassi su di lui e che cercassi disperatamente la sua bocca con la mia.
Lo baciai.
 
Non avevo mai baciato nessuno così, e ne fui sicura dall'istante in cui lasciai che con la lingua esplorasse la mia bocca. Lo percepii dai nostri corpi, che si avvicinarono da soli, senza essere guidati da nessun comando. La sua reazione, poi, mi fece eccitare ancora di più. Mi strinse in un abbraccio intimo per agevolarmi, in questo modo ogni piccola parte dei nostri corpi si toccava e fremeva. In quel momento c'eravamo solo noi, il nostro bacio, le nostre lingue, la nostra passione.
Lo spinsi delicatamente contro il muro e lui fece passare una mano tra i miei capelli, stringendoli forte.
Sono il tuo appiglio, Zero, prendimi, avanti.
Inspiegabilmente, passai la lingua tra i suoi canini e così facendo uscì un fiotto violento di sangue, che inondò le nostre bocche assettate. Zero accettò il gesto con un gemito di puro piacere; mi strinse a sé con più vigore ed io, per la prima volta dopo tanto tempo, mi sentii parte di lui.
Sì, ero parte di quell'uomo. Un uomo che per troppo tempo aveva fatto finta che non esistesse niente di più dell'amicizia e che adesso stava cedendo alla forza dei suoi – dei nostri – sentimenti.
La rabbia di Zero era un vecchio ricordo, perché mano a mano stava dando spazio alla purezza travolgente di un nuovo io. Zero era una persona nuova. Inebriati dal momento, ormai ci eravamo dimenticati dell'imminente guerra.
Ogni piccola parte del nostro corpo si cercava disperata; anche solo un minimo contatto ci avrebbe garantito la sicurezza dell'essere vivi insieme, di essere parte l'uno dell'altra, finalmente.
Fu Zero a staccarsi per primo. Mi guardò come per chiedermi il permesso, e poi, con le labbra, percorse il profilo del mio collo.
-Fermami. – ringhiò.
Mai.
-Dio, fermami, Yuuki.
Era così sensuale. Cristo, mi piaceva quel lato di Zero che ero riuscita a fare mio.
-Bevimi. - fu tutto quello che riuscii a dire.
Sentii solo i nostri reciproci gemiti di piacere che non lasciavano spazio né al rimorso, né al dolore. Il sangue abbandonava lentamente il mio corpo nutrendo il ragazzo che mi ero ostinata a salvare per tutti quegli anni; il cacciatore che avevo temuto e rispettato. Sangue chi gli dava vita, e che finalmente, e questo io lo sapevo, non era più amaro. Era dolce, perché rispecchiava la dolcezza di ciò che provavo, racchiudeva tutti gli sforzi che avevo compiuto per far si che il nostro rapporto non si sgretolasse, non si sciogliesse come neve al sole.
Quando la sua sete si placò, capii dai suoi occhi rossi che era venuto il mio turno. Lo leccai al livello della scapola, dove lo avevo morso la primissima volta.
-Cos'è questo profumo nostalgico? - chiesi. Fu un mormorio accompagnato da un sorriso.
-Cosa...? - chiese lui, con voce spezzata.
Lo morsi e bevvi, bevvi con famelica avidità. Mi mancava bere il suo sangue...quanto tempo era passato?
Ero certa di una cosa: io e Zero eravamo complici di uno scambio di sangue a tutti gli effetti, ma non mi importava di essere colpevole. In quel momento ero solo sua. Quando tutto finì, lo abbracciai. Sentivo il suo profumo perfetto, e mi sentii la Yuuki bambina, quella che da piccola aveva paura della neve e si rifugiava tra le braccia del nuovo arrivato.
Oh, il mio Zero.
-Possiamo rimanere così per un po'? - chiesi io.
Non parlò, ma forse per me era meglio così. Mi bastava il suo respiro, il mio respiro, e la consapevolezza che finalmente ci eravamo ritrovati. Mi chiesi perché, perché, Dio, avessi cercato di nascondere a me stessa quanto ci tenessi a lui, quando era chiaro come il sole.
-Promettimi che tornerai. – dissi io. Volevo una sua conferma.
-Non vado a morire, piccola Yuuki. Tornerò. Ma tu...aspettami.
-Ti ho aspettato tutta la vita, Zero. Penso che non mi cambi niente aspettarti ancora un po'...
Chiuse la mia bocca con la sua in un piccolo bacio dolcissimo e di nuovo, mi sentii perduta.
Sai che c'è? C'è che ti amo, Zero. E scusami se sembra che me ne ricordi solo quando cerchi di baciarmi.
 
Zero
 
Non avevo nemmeno fatto caso a quanto fosse facile ricadere nella trappola e così, ero stato suo per l'ennesima volta. Certo era che sentivo ancora il suo sapore sulle labbra e i suoi capelli tra le dita, ma la cosa più semplice rimaneva sempre quella di lasciarla andare. Ed era quello che stavo facendo, la stavo lasciando andare.
Quando mi diressi verso il corridoio non mi voltai più per guardarla, anche se sapevo di avere i suoi occhi addosso. Li sentivo come se potessero in qualche modo bruciarmi la schiena.
Dovevo rimanere concentrato.
Salva Mary. Portala fuori dalla scuola. Vendicati di Sara.
Continuavo a ripetermi un ritornello cantilenante, per essere sicuro che, una volta arrivato nella stanza dove c'era Mary, avrei saputo immediatamente cosa fare.
Salva Mary, portala fuori dalla scuola. Vendicati di Sara.
I brividi mi percorrevano la schiena; ero ancora scosso dal sangue che avevo bevuto.
Yuuki, oh, Yuuki.
Sarebbe stata l'occasione perfetta per dirle quello che provavo...
Un urlo, dall'ultima stanza del lungo corridoio.
Era Mary.
Cominciai a correre senza preoccuparmi di quello che avrei trovato.
L'avrei salvata, era una promessa che stavo facendo a me stesso.
.




 
.




 
.
...Coff coff! >.<
Mi ritiro in attesa di vostri commenti, per ora non dico nulla.
Grazie a tutte quelle che continuano a seguirmi,
Vostra
Je <3

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Capitolo 27
*** Lottare ***


Capitolo 26

Lottare
 

Mary
 
Il buio mi avvolse.
Ma non avevo paura.
Continuai a camminare, in attesa che lei, la grande Vampira, mi venisse a prendere per condurmi verso un futuro macchiato di menzogne e sangue.
-Sei venuta. – la sentii dire.
I miei occhi cominciavano ad abituarsi al buio, e così la scorsi, seduta su un immensa poltrona a pochi metri da me, vicina a un enorme finestra. Una ragazza giovane, con gli occhi spenti e lucidi le stava pettinando i capelli, mentre un' altra le stava massaggiando i piedi.
Sarei diventata anche io la sua schiava?
-Meg cara, apri la finestra e tira le tende, su. La nostra ospite non vede nulla, altrimenti.
La ragazza che le stava pettinando i capelli andò alla finestra e la aprì, poi tirò le tende, per far sì che la luce del sole colpisse la povera Purosangue.
-Bene, lasciateci sole, ora.
Le due giovani si inchinarono prima di uscire, e io, nel vedermi specchiare nei loro occhi, non potei fare a meno di pensare che nel giro di qualche ora sarei dovuta diventare come loro.
-Mary, la tua testa è così piena di pensieri che non riesco a coglierne nemmeno uno...dimmi, piccola, hai paura?
Nel sentir pronunciare la parola paura, non potei frenare una lacrima imminente. Non potevo più far finta che andasse tutto bene. E non volli nemmeno asciugarla.
-Facciamo questa cosa in fretta, ok? - mi limitai a dire.
-Oh, piccola mia, con me puoi aprirti. Mi sarai devota per tutta la vita...per cerca di essere sincera con me fin da subito.
Guardai per terra. Non avevo voglia di guardarla negli occhi, perché se l'avessi fatto mi avrebbe ipnotizzata, e lei era molto brava nelle pratiche oscure. La vidi alzarsi dalla sedia.
-Sei stata molto coraggiosa. – disse avvicinandosi sempre di più. Mi prese il volto tra le mani, e stavolta cominciai seriamente a piangere, però silenziosamente.
-Non sentirai niente.
Zero.
Sento una fitta allo stomaco, vorrei averti qui...voglio vederti un'ultima volta, un'ultima volta, Dio
non lasciarmi
Sentii le sue labbra sull'orecchio.
-Così non salverai nessuno, Mary.
Spalancai gli occhi.
-Verrai sottomessa a me, e farai tutto quello che ti dirò. Se ti dirò di uccidere Zero lo farai. Se ti dirò di fare del male a Yuuki lo farai...
I suoi mormorii erano simili a vermi che si insinuavano nella mia mente.
Aveva dannatamente ragione, Dio! Sottomettendomi a lei non avrei salvato nessuno. Nessuno. Mi aveva ingannata, e io ci avevo creduto con tutta me stessa. Che stupida ero stata!
-E la sai un'altra cosa, piccola?
Non volevo sentire più niente.
-Io ho mandato quel vampiro a uccidere tuo padre, perché volevo arrivare a te. Sei un'importante pedina per la mia scacchiera. Ci ho messo dieci anni a riaverti, ora non mi scapperai più.
No, no no no, no!
Cercai di dimenarmi, ma lei mi fece cadere per terra e mi avvolse la gola con le mani.
Urlai per far venir fuori tutta la paura che avevo nel corpo, nel cuore, nell'anima.
Vidi i suoi occhi diventare rossi.
Ti amo, Zero.
Si chinò su di me e mi leccò il collo. Non ci sono parole per descrivere cosa provavo in quel momento.
 
Zero
 
Ebbi il tempo a malapena di capire com'erano messe, quando entrai nella stanza. Poi sparai, puntando alla spalla di Sara, coperta dai suoi capelli biondi.
La sentii urlare, ma si staccò da Mary, che rimase a terra, immobile.
Tenevo la pistola puntata sulla vampira, mentre nella mia testa un mostro cercava di venire fuori per uccidere con le sue stesse mani quella creatura ripugnante. Non avevo mai visto Sara così. Gli occhi spalancati, rossi per la rabbia e per la sete e una mano che stringeva forte dove le avevo sparato. Era piegata, quasi non riuscisse a reggersi in piedi.
Non penso fosse mai stata ferita con un' arma anti-vampiro. Era come se fosse la prima volta nella sua vita che provasse un dolore così forte; insomma, un dolore molto vicino alla morte, ma ancora troppo lontano per renderla sicura.
-Lei ha promesso. - disse con voce spezzata. Non sembrava nemmeno la sua.
Mi misi davanti a Mary, ancora distesa per terra.
-Toccala un'altra volta e ti uccido.
Vidi la bocca della vampira contrarsi dal dolore: la ferita era molto fastidiosa. E gliene avrei procurate molte altre, se si fosse mossa.
Cominciò a muoversi. Nel suo modo di comportarsi mi ricordò molto Shizuka, ma non ne ebbi paura. Anzi: sarebbe stata un' ulteriore vendetta nei confronti di quelle orribili creature, tutte uguali, tutte pronte a conquistare il mondo.
-Nemmeno la ami, guardiano. Perché la difendi?
Sparai un altro colpo, stavolta alla gamba, e lei urlò. Sapevo benissimo che non la potevo uccidere, ma l'avrei fatta soffrire. Finchè potevo, l'avrei fatta soffrire.
Era arrivata a mettersi davanti alla finestra coperta da lunghe tende color pesca. Non lo vedevo un colore adatto a lei.
Lei era morte, distruzione, male.
Lei era insana e maledetta.
-Va' all'inferno, Kiryu, proprio come i tuoi genitori.
Sorrisi, amaro.
-Dopo di te.
Sparai il terzo colpo mirando allo stomaco, e Sara, cadendo, ruppe i vetri della finestra. Sentii il suo corpo sbattere al suolo, poi più nulla.
Mi voltai di scatto e raccolsi Mary.
-E' tutto finito. – mormorai. Era immersa nella mia spalla. Non si muoveva, non parlava. Si limitava a stringermi la maglietta e a respirare affannosamente.
-Va tutto bene, Mary.
-Mi dispiace... – sussurrò con voce spezzata dal pianto. -Mi dispiace, Zero, io non volevo, lei mi aveva detto che avrei potuto salvarvi e che vi avrebbe risparmiato! Ti giuro che non
-Shhh, shhh, piccola, va bene. Va bene così, adesso ti porto via.
E poi vidi il sole. Era terribilmente tardi, Dio, dovevo farle bere il mio sangue.
-Mary, devi bere il mio sangue, altrimenti morirai.
-No, Zero, non... non voglio. - rispose lei, dimenandosi tra le mie braccia.
La scrollai. -Non ti lascerò morire! Mi hai capito?
Mi morsi un polso e lo misi vicino alle sue labbra. Lei l'osservava, ma non osava muoversi. Lo sapevo che aveva paura, e ne avevo tanta anche io. Ma avevo fatto una promessa, e intendevo mantenerla.
-Ti prego, Mary. Ti prego.
Avvicinò le labbra e ne bevve una goccia. Sperai che bastasse, e, più di ogni altra cosa, che questo la salvasse.
-E' molto meglio essere un Hunter, che un mostro, Mary. Credimi.
La presi in braccio e mi alzai. Non smetteva di guardarmi.
-Zero, io...
Ebbi l'impressione che volesse dirmi qualcosa di importante. Mi persi nei suoi occhi dal colore bellissimo, inimitabile, quel colore freddo ma che riusciva a trasmettermi così tanto calore.
E poi qualcuno ci scaraventò per terra.
Mary era finita lontano da me, e quando la trovai, vidi che sopra di lei c'era un vampiro. Stava lottando contro di lui con tutte le sue forze, ma lui aveva fatto in tempo a prenderle il polso e
-No! Lasciami, lasciami...
Un colpo di lama agile e deciso, e il vampiro finì in mille pezzi. A pochi centimetri da Mary era comparsa Yuuki, con la sua Arthemis, maestosa e imponente come sempre.
-Yuuki. – mormorai.
Strappò un pezzo della gonna, e vi avvolse il polso di Mary.
-Dobbiamo portarla via di qui – dissi.
-Quest'area brulica di vampiri, Zero. Sara li ha radunati prima di scappare.
-E' scappata?
-Sì, l'abbiamo lasciata andare, ci era sembrata piuttosto malconcia. Zero...
Raccolsi la mia Bloody Rose, che avevo perso durante la caduta.
-Il suo esercito è rimasto qui. Sono tantissimi, e non si daranno pace finché non l'avranno uccisa.
Guardammo entrambi Mary.
-Credono sia lei la causa per cui Sara se n'è andata.
-Portala fuori dalla scuola, Yuuki.
-Cosa? Non...non ci penso nemmeno a lasciarti da solo a combattere con tutti questi mostri
Le presi il viso fra le mai. Fu una cosa naturale, venuta così e basta, e mi fece sentire così uomo, così...
 
Ero me stesso, e amavo Yuuki, quella graziosa principessa ingenua e forte allo stesso tempo, che ora, testarda come non mai, voleva proteggermi a tutti i costi. Sì, me ne resi conto in quell'istante.
-Fallo per me, Yuuki. Portala via.
I miei occhi nei suoi, i suoi nei miei.
Ti amo ti amo ti amo
Non mi senti? Te lo sto urlando.
Le sue mani avvolsero le mie.
-Sii prudente. - sussurrò.
Vidi loro due alzarsi, Mary che mi osservava con gli occhi stanchi. Era come se avesse capito una cosa fondamentale, e non potesse fare nulla per cambiarla.
-Mary. - la chiamai.
Lei si limitò a sorridere.
-Cosa volevi dirmi prima?
Abbassò lo sguardo.
-Nulla di importante, Zero.
Vidi la mano di Yuuki avvolgere la sua. Poi si voltarono e sparirono nell'ombra.
Caricai il grilletto e attesi.
Sono pronto.
 
Yuuki
 
Sul mio percorso trovai solo sei vampiri. Avevo fatto una strada che conoscevano in pochissimi, per cui la cosa mi sembrò, in un secondo momento, davvero molto allarmante. Se nelle vie secondarie c'erano così tanti vampiri, quanti ne avrebbe dovuti uccidere Zero?
Ma lui era bravo, e mi aveva promesso che non sarebbe andato a morire. E io lo avrei aspettato.
Quando vidi la luce del sole che proveniva dal cortile ringraziai i miei genitori. Sapevo che in quello che avevo fatto non mi avevano mai lasciata: sapevo, per certo, che stavano vegliando su di me. Per cui grazie.
Quando mi vide, Aidoh aprì le braccia e mi accolse. Mi accarezzò i capelli, mentre mi stringeva.
-Sei stata bravissima.
Mary stava bene, anche se mi sembrava estremamente triste. Abbracciai anche lei, e le dissi che andava tutto bene.
In pochi minuti arrivarono quattro Hunter. Stavano tutti bene. L'attesa di coloro che mancavano fu un'agonia.
Il sole picchiava forte, quando all'orizzonte scorsi Kaito insieme ad altri due suoi compagni, Shiki e Rima. Ci corse incontro e abbracciò me, e poi Mary.
C'eravamo tutti.
Tutti...
Tranne Zero.
 
-Dov'è Zero? - chiese Kaito cercandolo e non vedendolo.
-E' rimasto dentro – rispose Aidoh.
Non facevo altro che osservare la scuola. Volevo vederlo arrivare, volevo corrergli incontro e sentirmi parte di lui, sentire che io ero viva e che lui era vivo.
I minuti passavano, ma di Zero non c'era traccia.
-Voglio andare a vedere dov'è – dissi.
Hanabusa mi bloccò, afferrandomi un braccio.
-No, Yuuki. Se la caverà, lo sai.
Mi tolsi dalla presa e lo guardai dritto negli occhi.
-Aidoh, mi ha fatto una promessa. Lui deve tornare.
-E tornerà.
-Voglio andare a vedere.
-Yuuki...
-Ti prego, Aidoh, io...ho bisogno di sapere se è vivo.
Vidi qualcosa cedere in lui. -Oh, e va bene! La solita testarda, tu. Sta' attenta.
Presi un bel respiro, poi mi voltai e corsi dentro la scuola.
 
C'era un silenzio inquietante, innaturale. Nessuno sparo, nessun verso o grido che potessero tradire né i vampiri e né il mio guardiano. Mi augurai di non essere arrivata tardi.
Per terra c'erano corpi di vampiri ormai morti, la maggior parte di essi femmine, probabilmente di quelle che servivano Sara così fedelmente. Provai pena per quelle ragazze, che erano state semplicemente usate come pedine da quella donna.
Riconobbi in molte di loro la paura, l'angoscia e l'incapacità di capire perché stessero facendo tutto quello.
Per devozione?
No, per inganno.
Ero arrivata all'ala est del dormitorio luna. Era particolarmente buia, quella parte: c'erano pochissime finestre che venivano illuminate solo la mattina presto, al sorgere del sole.
Non vedevo quasi nulla, ma mi affidai all'udito. E sentii dei passi.
Cercai di raggiungerli. Avevo il cuore in gola, ed era un'emozione bellissima. Doveva essere Zero, Dio, doveva essere lui.
Vidi una strana luce, poi udii una pistola venire caricata. Mi voltai e incontrai gli occhi del guardiano. Quasi urlai, ma lui mi mise una mano sulla bocca.
-Sei vivo. - mormorai.
Sentii il cuore scoppiare dalla gioia. Ora era davvero tutto perfetto. Ora potevamo uscire da quella scuola e credere che fosse tutto finito. Potevamo dimenticare i momenti orribili che avevamo vissuto, e, finalmente, solo allora, ci saremmo amati, com'era giusto che fosse. Era sempre stato tutto così semplice. E ora ci bastava solo viverlo.
-Dovevi aspettarmi. - mormorò lui.
-Volevo solo assicurarmi che stessi bene...
Si stava avvicinando per baciarmi, di nuovo. E io ero pronta per baciarlo, di nuovo. Il modo in cui mi guardava era, era
Chiusi gli occhi per lasciarmi andare.
Ma non sentii il calore delle sue labbra. Sentii il mio corpo quasi spezzarsi contro un muro, poi due labbra ghiacciate mi lacerarono il collo.
-Yuuki!
Era la voce di Zero. Sì, ero sicura che fosse la voce di Zero. Mi stava chiamando...ma io ero debole.
Mi faceva male tutto, ovunque
-Lasciala, mostro!
Volevo le sue calde braccia,
-Zero...
e le sue labbra sulle mie
ma stavo per spegnermi...
Riaprii gli occhi. Ero per terra, poggiata su un fianco. Vedevo Zero lottare con quella figura, ma...aveva perso la Bloody Rose. Cercai di strisciare per raggiungerlo, ma non ne avevo le forze. Volevo con tutta me stessa alzarmi da terra, arrivare a lui e salvarlo, ma non ci riuscivo. Ed era orribile.
Il vampiro stava avendo la meglio. Zero era contro il muro, immobilizzato. Il livello E aveva preso la sua Bloody Rose e gliela stava puntando contro. Dubitavo che sapesse come usare l'arma, ma...
-Mettila giù, nemmeno la sai usare. - ringhiò Zero.
-Muori, Hunter.
Mi alzai. Tutte le mie ossa gridarono all'unisono, e una vampata di dolore quasi non mi portò via il respiro.
Il vampiro caricò la pistola.
Mi gettai tra le braccia di Zero, coprendo il suo corpo con il mio.
L'ultima cosa che udii fu un colpo di pistola.
 
Poi...
Poi il buio.
Una lacrima, delle urla.
Sono certa che Zero piangesse.
-Non morire, Yuuki. Non...non lasciarmi! - sentii dire. -Non adesso...
E in quell'istante, cominciò la mia lotta.
.



.



.

Ma ciao mie belle donzelle!
Allora, in questo capitolo succedono tante cose. Non so nemmeno da dove cominciare...quindi inizio dalle recensioni che mi sono arrivate l'altra volta. Vi ringrazio tutte, dalla prima all'ultima, in particolare le nuove arrivate che sono numerosissime! Poi un altro particolare che non voglio dimenticarmi: so che alcune di voi erano convinte di trovarsi di fronte a una storia diversa, insomma, una storia che non fosse una Zeki. Non voglio deludere nessuno, ma credo che capiate che non posso far si che Zero si metta con due persone! Alla fine ci sarà una scelta, e so che ad alcune farà male mentre ad altre piacerà. E' così, non ci si può fare nulla! E credetemi quando vi dico che questi capitoli sono stati i più combattuti anche per me, perchè anche io, proprio come Zero, ho dovuto scegliere. Vi chiedo solo di capire l'Hunter, di non criticarlo, ecco. Ricordiamoci che sì, Mary rappresenta una novità, è forte e sicura, lo ama davvero, ma...Yuuki gli ha salvato la vita. E non dico che lo ha fatto prendendosi il proiettile...ma in un altro milione di maniere.
A un'altra cosa! Spero che si noti che la mia Yuuki è pensata per essere diversa da quella del manga, pur mantenendo degli aspetti IC. Per cui se "odiate" la Yuuki del manga, non è detto che dobbiate farlo di conseguenza anche con la mia, visto che io per prima cerco di darle qualcosa in più. Altrimenti, soprattutto dopo i recenti avvenimenti, dovrei farla apparire di conseguenza come un
povero pesce lesso...
Ok, direi basta. Scusate lo "sfogo", ma ci voleva. Potete lanciarmi pomodori a gogo, non mi offendo! E chiedo scusa anche per il ritardo. Avrei voluto pubblicare ieri, ma non ce l'ho proprio fatta.
Un bacio enorme,
Vostra,
Je <3

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Capitolo 28
*** Due colori ***


Capitolo 27

Due colori


 

L’amore nasce involontariamente.

Può aumentare, diminuire, fino a dissolversi del tutto ma non si può imporre.

A volte ci piacerebbe amare una certa persona,

possiamo addirittura dire che quella persona ha tutte le qualità

perché ci innamoriamo di lei ma questo non accade.

Con uno sforzo più o meno grande ci si abitua a chiunque

ma abituarsi non è amare.

 

(E. M. Reyes)

.

.

.

Mary
 
Vedevo quanto ero stata crudele. Era tutto così chiaro e al contempo così distruttivo, ed era tutta colpa mia, solo mia, ed era inutile versare lacrime, perché le fottute lacrime non avrebbero cambiato niente.
Lo vedevo chiaramente negli occhi delle persone che uscivano dalla stanza dove Yuuki era ricoverata.
Certo, ero sopravvissuta. Solo perché era una purosangue, da quello che avevo sentito mormorare. Che coraggiosa, Yuuki. Aveva parato col suo corpo quello di Zero. Se il proiettile lo avesse preso lui, il mio cacciatore sarebbe morto. Morto.
Non mi sentivo molto diversa da prima, ma, secondo ciò che aveva detto Zero, ora io ero un Hunter. Proprio come mio padre. Proprio come Zero.
Ma mi sentivo così vuota. Avevo praticamente causato la scomparsa di Sara, ma, dall'altra parte, avevo anche assicurato a Yuuki un letto d'ospedale. E mi sentivo così male, così assurdamente male...
E Zero? Cosa avevo fatto a Zero? Se lui avesse perso Yuuki, credo che mi avrebbe uccisa con le sue stesse mani. E avrebbe fatto bene.
Mi portai le mani sugli occhi. Non potevo credere di essere arrivata a tanto, e mi vergognavo da morire per non essere stata capace di trovare una soluzione migliore alla minaccia di Sara.
A un certo punto udii la porta dell'infermeria della scuola aprirsi e chiudersi. Davanti a me, Zero, pallido come un fantasma, appoggiò la testa alla porta e chiuse gli occhi.
Dovevo affrontarlo. Perché le cose o si affrontano o si lasciano andare, ma Zero era troppo importante, e di sicuro non volevo aggravare ancora di più la situazione.
-Mi dispiace da morire, Zero. - dissi alzandomi. La mia voce mi suonava estranea, sembrava quasi non mi appartenesse. Sembrava appartenere a una vecchia stanca.
-Non fa niente. - mormorò lui.
Non fa niente?
-Ho sbagliato tutto, Zero. Credevo che avrei potuto salvarvi, invece...guarda cosa ho fatto a Yuuki. Dio, mi spiace, Zero, da morire, io vorrei che non fosse mai accaduto...
-Hai fatto quello che ritenevi giusto. - si limitò a dirmi, senza mai guardarmi negli occhi.
Fece per andarsene, ma io mi mossi con lui.
-Zero, ti giuro su Dio che mi dispiace. - mormorai con un filo di voce.
-Mary, va bene così, davvero. Yuuki si sta riprendendo. I purosangue non si possono uccidere, a meno che un altro purosangue non strappi loro il cuore.
Rimasi sbalordita. I purosangue erano la prova dell'esistenza dell'immortalità, quindi. Chissà com'era vivere per sempre, chissà come si sentiva Yuuki...
-E' solo che quando l'ho vista lì, ferita e impotente...ho avuto paura. Mi è difficile pensare a Yuuki come immortale. - sorrise, un sorriso timido, ma pieno...
Pieno di qualcosa a cui non sapevo dare un nome.
Avevo visto dei frammenti della vita di Yuuki tramite il bacio che le avevo dato, quando ancora ero uno spirito bambino. Era stata umana, ma poi si era trasformata in purosangue grazie a suo fratello, che lei amava. O non avevo capito bene che sentimento provasse. Quando avevo viaggiato nei suoi ricordi, avevo visto distintamente due colori. Da una parte c'era il rosso, un rosso bellissimo che Yuuki amava e al quale era terribilmente devota. Ma del quale a volte era anche spaventata.
Poi c'era l'ametista. Dio solo sa come durante la visione mi ero sentita quando era comparso, nei ricordi di Yuuki, l'ametista. Yuuki ne era attratta, ma era come se quell'attrazione fosse proibita. Ma poi voleva anche proteggere quel colore, farlo suo, solo suo, in modo che nessuno gli potesse fare del male.
Adesso ci sono io. Nessuno ti farà del male, continuava a ripetere, quando ripensava all'ametista.
Presi una mano di Zero e gliela strinsi forte.
-Tu la ami, Zero.
Non si mosse, e né parlò. Ma non mi serviva una conferma: io lo avevo già capito da tempo, ma solo ora ero pronta per ammetterlo a me stessa.
-Vedo come la guardi... e non solo. Sembra quasi che tu le appartenga, che tu le sia sotto la pelle. Che tu sia lei, che lei sia tu. Non lo so, ma è comunque una cosa bellissima.
Avevo cominciato a piangere. Era incredibile: stavo solo ammettendo una cosa che era chiara come la neve. Non dovevo piangere, dovevo essere forte.
-Mary...
-Io torno a casa mia, Zero. Ho deciso. Ero venuta qui per far luce sul mio passato e ce l'ho fatta. Può bastare, direi.
Gli lasciai andare la mano.
-Incontrarti è stata la cosa più bella che mi sia capitata in questo viaggio, Zero. Sei una persona bellissima, dico sul serio. Che sa amare e farsi amare.
-Come lo sai? - chiese lui.
Sorrisi, e una calda lacrima mi rigò il volto. Mi ero illusa che potesse ricambiarmi, mi ero illusa per troppo tempo di poter significare qualcosa, per lui, per quel guardiano dagli occhi impenetrabili. Ma mi sbagliavo.
-Perché ti amo, Zero, ecco perché lo so.
Mi voltai senza nemmeno guardarlo un ultima volta. Devo andare, devo andare, Dio, devo dimenticarmi di lui.
Non eri nei piani, ma sei arrivato e mi hai sconvolto la vita. Dì un po', guardiano, chi ti credi di essere?
Sentii due braccia forti avvolgermi da dietro. Poi la sua voce, sussurrata calda vicino all'orecchio, mi fece piangere come una bambina, lì, nel corridoio della scuola.
-Non ti dimenticherò mai, Mary. Mi hai capito? Mai.
 
***
 
Aspettavo. Aspettare di tornare a casa seduta sulla fontanella del cortile della scuola mi sembrava una cosa piuttosto accettabile. Non che le lacrime cessassero di uscire, non che il mio umore fosse migliorato, sia chiaro; ma in ogni caso, aspettare, in quel momento, era la cosa più giusta. Sì, perché se mi fossi lasciata andare sarei tornata all'accademia e avrei combinato chissà quale disastro, e strappandomi di dosso ogni buon senso, avrei rivisto Zero. E non potevo permettermi una cosa del genere, perché lui aveva messo la parola fine a ciò che era successo, per cui, di conseguenza, avrei dovuto fare la stessa cosa anche io. Non subito, forse domani, forse fra un sacco di tempo, ma l'avrei dovuta fare anche io.
Giocherellavo con l'acqua e muovevo i piedi avanti e indietro per distrarmi. Se fosse passato qualcuno non avrebbe notato la mia tristezza. Al pensiero mi venne da sorridere: certo, da fuori potevano pensare quello che volevano. Ma se si fossero avvicinati, se avessero provato a capirmi...credevo sarebbero stati schiacciati dall'ingombrante presenza della mia tristezza.
-Sei già pronta per partire?
Oh, quella voce. Alzai lo sguardo non curandomi del mio volto arrossato e probabilmente della mia faccia sconvolta. Potevo mentire a Zero, potevo farlo con Yuuki. Ma perché farlo con lui? Insomma, lui era colui che aveva svelato il mistero del mio passato. Senza di lui non sarei stata lì, lo sapevamo tutti.
-Kayen...- mormorai, incapace di formulare una risposta coerente. La cosa mi dette parecchio fastidio, perché quei momenti sarebbero stati gli ultimi che avrei potuto condividere con lui.
-Posso sedermi? - domandò, quasi timidamente, in verità, e io feci segno di sì con la testa. Con poca grazia e un sorriso tirato, asciugai col dorso della mano le lacrime che ancora bagnavano il mio viso. Kayen mi prese una mano tra le sue.
-Mi 'spiace, piccolina. Non avrei mai voluto questo. - disse a bassa voce, riferendosi...a che cosa? A Zero? Al fatto che avessi dovuto partecipare a una guerra? Non capivo.
-Io...- presi un bel respiro. Poi un altro, e un altro ancora. Dovevo cercare di calmarmi, altrimenti non sarei riuscita a parlare. -Sono così dispiaciuta per sua figlia, Kaien...è arrabbiato con me?
Strinse gli occhi a una fessura. -No, piccolina. Hai fatto la scelta che ritenevi più giusta. Perché credi che sia arrabbiato?
-Ecco...Yuuki...l'ho vista così in percolo, vulnerabile...ed è stata colpa mia! - riuscii ad affermare molto lentamente, in modo che ogni parola penetri come una forte pugnalata.
-Non voglio che credi che sia stata colpa tua. Sara è un'incantatrice e ti ha stregata, e tu hai fatto ciò che hai fatto perché credevi di salvarli. - mi accarezzò una guancia, raccogliendo con la punta del dito una lacrima calda. -Mia figlia e mio figlio sanno bene che tu non hai colpa, Mary.
Il modo in cui aveva parlato dei suoi figli mi fece venire i brividi. Anche se non erano suoi figli di sangue, lui era così dolce e così protettivo...all'improvviso, sentii una familiare stretta al cuore ricordarmi che invece mio padre non c'era più e che non poteva comportarsi con me nello stesso modo in cui Kaien si comportava con Yuuki e Zero.
-Pensi a tuo padre? - mi chiese Kaien, tornando a stringere la mia mano.
Annuii. -Lei me lo ricorda tanto. - ammisi.
-Ne sono felice. Tuo padre era un gran uomo, piccolina. Amava sua moglie con tutto sé stesso e ha dato la sua vita per proteggerti. Un gran cacciatore, un gran marito...un grande padre.
Ero sicura fosse l'ammirazione a traboccare dagli occhi di Kaien. Ma il punto è che quella non era semplice ammirazione. Kaien voleva un bene dell'anima a mio padre, e lo si poteva capire dal modo in cui ne parlava, il modo in cui voleva entrare nelle sue stesse parole per farmi credere che fosse tutto vero. No, non era semplice ammirazione. Era molto, molto di più.
-E' stato lei a trovarmi, vero? Quel giorno, quando mio padre è morto. Lei e Yagari. - sussurrai. E lui annuì. Ma non serviva, perché io lo sapevo. Lo avevo sempre saputo. Solo che non avevo mai avuto il coraggio di ammetterlo a me stessa. Quei due uomini mi avevano salvato la vita, e io mi vergognavo a morte per non essere in grado di ringraziare loro abbastanza.
-Non potrò mai ringraziarla come si deve, Kaien, lo sa, vero?
Lui sorrise e guardò la sua scuola. Mi accarezzò la mano, mentre mi diceva quelle cose. -No, Mary. Sono io a ringraziare te. Per essere venuta e per aver salvato i miei figli. Forse tu non lo sai, o non te ne sei accorta...ma li hai salvati. Prima che arrivassi tu, Zero era così...diverso. Ora guardalo, ti prego. Per un padre vedere i propri figli felici non è la cosa più bella? Beh, io li guardo e finalmente li vedo sereni e sento di essere l'uomo più fortunato del pianeta.
Lui che ringraziava me? Oh, Kaien. Se ti portassi a casa la mia mamma si innamorasse di te...sei un uomo così dolce. E ami i tuoi figli così tanto...e so per certo che anche loro ti amano.
E tutte queste cose, credetemi, avrei voluto dirgliele. Invece lo abbracciai e scoppiai a piangere, e lui mi strinse per delle ore che mi parvero giorni. Quando ci staccammo era buio ed era ora di andare.
 
Ricordo la mia mano che saluta la sua con un cenno. Ricordo il profumo del giardino della scuola, della mia scuola. Ricordo il viaggio in auto, l'attesa della partenza, i sorrisi della gente. E il volo. Il lungo volo che mi avrebbe riportata a casa.
Ricordo il taxi rosso che mi ha riportato a casa di campagna e le strade della mia città che mi salutano dimostrandosi affollate come sempre. Ricordo il viale che precede l'entrata in casa mia, Hannah che mi corre in contro e piange e mi abbraccia e ride. L'abbraccio anche io.
Poi la mamma.
-Dov'è il ciondolo, tesoro?
-Credo di averlo dimenticato là, mamma.
Ricordo obasaan. Anche lei piange. Piange e indica la tazza di thè perché non riesce a parlare ma io dico di no, mi limito a sorriderle e a dirle quanto mi è mancata.
Ricordo tutto, del mio ritorno. Ricordo ogni cosa e la tengo gelosamente nel cuore.
Apro la valigia ed ecco, il mio cuore sprofonda. C'è un cavallino di legno colorato di lilla in cima ai miei vestiti. Lo guardo incredula, perché non posso crederci. Il mio cavallino color dell'ametista.
Certo che ricordo ogni cosa. E ricordo che durante il mio ritorno non ci sono state lacrime.
Almeno fino a quel momento.
.



 
.



 
.
Mi scuso tanto per il ritardo donzelle! Prima che mi dimentichi vi auguro buona Pasqua e per chi è studente  buone vacanze! Mi raccomando, rilassatevi ;)
Avviso che il prossimo capitolo sarà l'epilogo. Non posso credere che sia già arrivato il momento di salutarci...*me versa una lacrima*
Un bacione tesori,
Vostra
Je <3

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Capitolo 29
*** Epilogo - Il mio cuore va altrove ***


Epilogo
Il mio cuore va altrove

Zero
 
Mary partì la mattina dopo che mi aveva detto che mi amava.
Non aveva lasciato biglietti, così non sapevo nemmeno a che ora guardare il cielo per poter dire: ma guardati, su quell'areo ci sei tu.
Era stata forte come un uragano, la mia Mary.
Penso che non me la sarei mai tolta di dosso. Mi sarei sempre portato via un pezzetto di lei, e in cuor mio, mi auguravo che anche lei si sarebbe portata tutta la vita un pezzetto di me.
Con lei mi ero aperto, ero stato un altro uomo. In modo diverso da come lo facevo con Yuuki, ed era proprio questo che la rendeva speciale.
Le auguravo il meglio. Avrà una famiglia fantastica, lo so. Un marito che la renderà felice e dei figli che le sussurreranno prima di andare a dormire che la amano, che l'hanno amata, e che l'ameranno per sempre. Perché non la dovrebbero amare? Oh, Mary, tu sei dolcissima, sei forte, coraggiosa, protettiva, e...te le ho mai dette queste cose? E ora che che te ne sei andata come faccio a dirtele, io?
Nel profondo del mio cuore sapevo che non potevo sfuggire al fatto che, in fondo e inaspettatamente, l'amavo. L'amavo in un modo che non avevo mai sperimentato. Amavo il suo modo di essere, la sua energia. E per un attimo mi ero illuso che questo potesse bastare, che potesse rendermi felice, l'uomo che non ero mai riuscito ad essere.
Ma il fatto che l'amassi non poteva togliere nulla alla mia Donna. Al mio angelo, alla mia ragione di vita, alla mia ancora di salvezza.
Il motivo della mia esistenza. E quel motivo è dolce e candido come la neve. E' fragile e forte, timoroso e passionale, sfuggente e vivido.
Quel motivo si chiama Yuuki Cross, ed è la donna che amo, anche se è un vampiro, anche se per anni ho pensato di odiarla in realtà ho capito che si può odiare qualcuno solo se lo si ama, se lo si ama davvero col cuore. E se il mio cuore ancora batte lo devo a lei. Se al mattino mi sveglio e ho voglia di vivere lo devo a lei. Se piango, se rido, se scherzo, se mangio e grido e poi dormo, lo devo a lei.
Se amo lo devo a lei. Se sono quello che sono, ancora e per sempre, lo devo a lei.
E la voglio vedere e glielo voglio dire. Cristo, mentre esco dalla mia stanza sto versando una lacrima. Eccola, la raccolgo con l'indice e la fisso. Questo è quello che mi fai, Yuuki. Oh Yuuki amore mio, quanto ti amo, quanto ti voglio, e Dio solo sa quanto mi dispiace per non essermi liberato prima di questo bellissimo peso.
 
Il cuore picchiava all'impazzata. Mi trovavo di fronte all'infermeria, ed era la prima volta che potevo vedere Yuuki sveglia dopo il suo ricovero. Sorrisi al pensiero di aver parlato a Kaien dei miei sentimenti il giorno prima, avergli detto finalmente che ora era tutto chiaro, che lo era sempre stato. Ma credo fosse stata Mary a farmi rendere conto che senza Yuuki non potevo vivere. Sarò sempre in debito con lei.
-Mi spiace, Mary. - le avevo detto. -Il mio cuore va altrove.
Il mio cuore va altrove.
Va lì, dove ci sei tu. Non posso amare nessun'altra.
E non è una certezza, è di più: è qualcosa che qualcuno ha scritto molto, moltissimo tempo fa, ancor prima che il mio cuore cominciasse a battere e che i miei occhi si aprissero per la prima volta per osservare questo bellissimo mondo.
 
Yuuki
 
Quel mattino mi svegliai con il profumo di caffè che mi faceva compagnia e i raggi del sole che mi sfioravano i capelli. Non stavo più così male, il colpo di pistola era solo un brutto ricordo e la ferita era guarita.
Mi misi a sedere e osservai il comodino. Vidi ciò che cercavo, una fumante tazza di caffè che mi stava aspettando e una brioche che veniva dritta dritta dalla miglior pasticceria del paese. La riconoscevo, era quella che prendevo sempre quando andavo a fare colazione con Zero.
Sorseggiai il caffè con calma, poi, quando feci per riporre la tazza, mi accorsi di una busta che prima non avevo notato.
La presi e la aprii.
Non avevo mai visto quella scrittura. Ma quando capii sorrisi con tristezza.
 

Quando leggerai questa lettera probabilmente sarò già partita.
Tornare a casa adesso forse non ha senso, mi dico, ma in ogni caso lo sto facendo lo stesso e non posso più tornare indietro.
Volevo solo chiederti scusa e ringraziarti. Chiederti scusa per quello che ti ho fatto passare e ringraziarti per avermi salvato la vita.
Quando ero arrivata, Yuuki, e ti avevo visto la prima volta su quella muretta, avevo pensato che fossi la più bella creatura che avessi mai visto. Non avevi niente di sbagliato.
Poi ti ho conosciuta più affondo. Forse tu non te ne sei accorta perché comunque non ci siamo mai parlate davvero, ma io ormai so chi sei e questa cosa non cambia. Ti ho vista attraverso i suoi occhi e grazie a lui ho imparato a conoscerti, e ho capito che sei ancora meglio di come ti avevo immaginata.
Ti sono sempre sembrata fredda, immagino. Infondo essere associale è la cosa che mi viene meglio. Ma se fosse stato per la vera me, magari saremmo potute anche diventare amiche, credimi. Solo che ero accecata, accecata da un mostro che non avevo mai conosciuto prima di aver visto i tuoi occhi incontrare quelli di Zero.
Siete un pugno nell'occhio. Forse non ve ne rendete conto, non ci fate caso, ma quando vi osservate vi scavate dentro, vi conoscete, vi spogliate del vostro essere e io...io, quando mi sento immersa in una sensazione così grande, vivo realmente.
Potrò dire dire di essere amata davvero solo quando una persona mi guarderà come Zero guarda te. Probabilmente non lo noti, ma credimi, Yuuki, è questo, l'amore. Che Dio mi fulmini proprio adesso se quello che dico non è reale.
Forse un giorno tornerò. O non ne ho idea, perdonami. Ho lasciato troppo di me in questa storia e ora che torno a casa non mi sembra nemmeno più di chiamarmi Mary Endo.
Non voglio piangere, ma è esattamente quello che sto facendo. Per cui cerco di chiudere in bellezza, cara Yuuki, magari non dicendoti addio perché non mi piace, ma chiedendoti di custodire quest'avventura nel cuore, perché lo so, un pochino deve aver cambiato anche te.
 
Non posso più restare, ma ho capito qual' è il mio posto.
Prenditi cura di Zero, Yuuki. Anzi, amalo, amalo come io non ho potuto fare.
Ti auguro il meglio dalla vita.
 
Mary
 
P.s.
Ti prego, salutami tuo padre. E digli che se non fosse stato per lui, probabilmente ora non sarei la persona che sento di essere.
 

Erano le parole più belle che avessi mai letto. Anche se erano poche, mi arrivarono dritte al cuore.
Dalla busta scivolò poi fuori un ciondolo. Lo avevo già visto: Mary lo portava sempre. Aveva la stessa forma del tatuaggio di Zero. Probabilmente desiderava che glielo dessi.
In quel momento, il guardiano aprì la porta. Rivederlo mi fece perdere un battito, e sentii subito il cuore in gola. Era incredibile ciò che mi fosse successo in così poco tempo. E ancora di più lo era il fatto che una ragazza qualunque mi facesse aprire gli occhi sui miei sentimenti. Forse avrei dovuto ringraziare Mary, perché era solo grazie a lei se ora il mio cuore batteva all'impazzata per quell'uomo. O meglio, non era la prima volta che lo faceva, ma era la prima volta che non provavo a mascherarlo o a far finta di non sentirlo. Zero è qui, è qui per me, non lo lascio più andare. Perché mai dovrei farlo?
-Ciao. - mormorò lui con voce roca. -Come stai?
-Al solito, sono abituata a prendere colpi di pistola. - gli sorrisi, un sorriso che faceva male a me, al mio cuore, per quanto sincero fosse. Dio, quanto mi sei mancato.
Prese le mie mani. Si accorse dopo della lettera, ma non la lesse.
-Penso che questo sia per te. - gli porsi il ciondolo.
-Lo custodirò con cura.
Lo mise in tasca, e io ebbi il tempo di rivedere i suoi occhi ametista ancora una volta, prima di gettare lo sguardo sulle nostre mani. Non riuscivo più a guardarlo, mi uccideva.
-Perchè mi hai salvato la vita, Yuuki? Sono morto un sacco di volte, ieri. Quando ti ho vista lì, ferita, gelida...
Gli accarezzai il volto. Il suo bellissimo volto. Avevo voglia di baciarlo, chiedergli scusa, abbracciarlo, farlo mio...e lo volevo fare tutte quelle cose in una volta. Un sacco di sensazioni che mi tolsero il respiro. Ma non c'era fretta: avevamo tutto il tempo del mondo. Dovevo solo portare pazienza.
-Mi dispiace. - mormorai. -Mi dispiace.
-Se ti avessi persa...- cominciò.
-Non è successo. - dissi, continuando la carezza. Arrivai al collo e lo sentii irrigidirsi sotto il mio tocco.
-Tu mi hai salvato la vita. - scandì, accarezzando ogni parola con voce sensuale. Era così bello...era magnifico, Oh Cristo mi scoppia il cuore ed era mio. Tutto mio. E ora che lo avevo capito, niente e nessuno avrebbe cambiato tutto ciò.
C'era solo una cosa che mi spaventava. Anzi, ce n'erano due. Kaname era quella che mi sembrava più urgente. I miei sentimenti per lui non mi avrebbero mai abbandonata...ma a ripensarci, e pensandoci dopo essere stata sul punto di perdere Zero, li vedevo come qualcosa di lontano e oscuro. Per tutta la vita ero stata combattuta tra il suo amore e quello del mio guardiano, ed ero sempre stata convinta di amarli entrambi allo stesso modo. Ma non era vero. Ogni rapporto ha le sue sfumature e due persone così diverse non si possono amare allo stesso modo, e mi resi conto che averci messo così tanto a capirlo era orribile, sia per me, che per loro. Non si trattava di scegliere, di scoprire chi amavo di più. Si trattava di mettere in luce ciò che ero in relazione alle scelte che avevo preso e a ciò che avevo provato da tutta una vita. Sarei sempre stata grata a Kaname per avermi insegnato a capire che cos'è l'amore. Ma tutto l'amore che ero in grado di dare, ora lo sapevo, lo avrei dato a Zero. Il ragazzo smarrito al quale avevo salvato la vita. L'uomo dagli occhi color dell'ametista che mi era entrato sotto la pelle. Che era diventato me.
E con sguardo pieno di amore gli avrei fatto una confessione che mi dilaniava, la mia seconda grande preoccupazione.
-Non capisco perché non l'hai amata, Zero. Lei era perfetta per te.
Mi sollevò il viso e mi sfiorò le labbra con le sue. Fu estremamente dolce, timido.
-Il mio cuore va altrove. - mormorò.
Invece, ora mi baciò con passione. Feci passare una mano tra i suoi capelli, cercando di stringerlo a me ancora di più.
Quel momento era nostro, e volevo imprimerlo sulla mia pelle. Non se ne sarebbe mai andato. Era il nostro per sempre, e sapevo che lo sentiva anche lui.
-Il mio cuore è tuo. - disse infine.
 
The end
 
.




 
.




 
.
Tesori miei,
Oggi si conclude così il nostro viaggio.
Ci sono tante cose che vorrei dire, ma molte sono già state dette dalla mia storia, quindi, forse, è meglio che tenga tutto così. Aggiungo solo che scrivere Amethist è stata un'esperienza bellissima che mi ha fatto crescere moltissimo e che mi ha dato l'opportunità di conoscere tante nuove lettrici e di ritrovare altre persone che mi seguivano da più tempo che mi hanno dato davvero tanto. Dirvi grazie non è abbastanza e voglio che lo sappiate.
Ringrazio dal profondo del cuore tutti coloro che hanno avuto fiducia in me e che non mi hanno mai abbandonata, chi segue, chi preferisce, chi ricorda. Un doppio grazie ha chi ha recensito dandomi quella forza necessaria per credere che ce l'avrei fatta ad andare avanti.
 
Questo - purtroppo per voi – non è un addio! XD Sto già architettando una nuova long sempre su VK che sarà davvero molto diversa dalle solite fic che rispecchiano il mio genere, anche se è difficile da spiegare. Credo che lo scoprirete quando uscirà, anche se non posso darvi nessuna data precisa, se non che quasi sicuramente aspetterò l'estate per pubblicare. Dipende un po' dagli esami. Mi mancherete tantissimo, tutte voi! E spero davvero di non aver deluso nessuno con questo finale. Ricordate che al cuor non si comanda...
Un abbraccio stretto, (ecco che cominciano le lacrime)
Vostra,
Je <3

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