Se non dici nulla, Leggerò quel che vuoi dirmi nei tuoi occhi.

di Lullaby Candy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Se non dici nulla... ***
Capitolo 2: *** ... leggerò quel che vuoi dirmi nei tuoi occhi. ***



Capitolo 1
*** Se non dici nulla... ***


Untitled Document Questa storia narra di un amore omosessuale tra due ragazzi, chiunque non gradisca questo genere è pregato di astenersi dal leggere e commentare negativamente, grazie! :)

 

Se non dici nulla...

 

 

 

La porta si era chiusa alle loro spalle, lasciando i due ragazzi immersi completamente nel silenzio più assoluto.

Nonostante fosse stato lui a volere quella chiacchierata, Davide, al massimo dell' imbarazzo, ora non riusciva a proferire neanche una parola. Davanti a lui un ragazzo biondo ossigenato aspettava impaziente; sbuffò un paio di volte: lui non aveva di certo tempo da perdere.

Vedendo che l'altro continuava a tacere, sbottò, tenendo lo sguardo fisso sulle proprie scarpe:

-”Allora? Cosa c'è? Cosa mi devi dire?”- in realtà sapeva perfettamente quel che l'altro voleva confessargli, per questo in quegli ultimi giorni l'aveva evitato, ma quella faccenda era andata avanti così tanto da raggiungere ormai il punto di non ritorno. Comunque a lui non importava nulla, solo non voleva venire coinvolto in situazioni spiacevoli.

-”Ehm... Cioè, io... ti volevo chiedere una cosa...”- non ebbe ancora il coraggio di alzare lo sguardo per incrociare gli occhi color nocciola dell'altro, poiché in quel momento lo terrorizzavano da morire. Fece un respiro profondo e si diede forza.

-”Penso che tu ormai abbia capito quello che io.. si insomma.. quello che io provo... per te.”-sbirciò con la coda dell'occhio. Lo vide sfoggiare a malapena un lieve sorriso, mentre annuiva. Il suo cuore aveva incominciato a battere più veloce; proseguì balbettante.

-”Volevo sapere se anche tu ... se anche tu provi … quello…”- i suoi occhioni azzurri si sollevarono e scrutarono intensamente il viso di Mattia, in piedi di fronte a lui.

Lo sguardo del biondo, però, non era indirizzato a lui, guardava un punto non preciso del pavimento.

Sbuffando e sghignazzando allo stesso tempo rispose con voce calma e decisa.

-”No, mi dispiace. Io non provo quello che tu provi per me.”-

Davide ci rimase di sasso: in fondo una risposta del genere se la sarebbe potuta aspettare, ma sentire quelle parole pronunciate proprio dalla persona che amava gli fecero un effetto completamente differente da quello a cui aveva anche solo minimamente pensato. La voce gli si bloccò in gola, gli occhi spalancati e carichi di lacrime, il respiro sempre più affannato. Ancora qualche minuto e sarebbe potuto scoppiare a piangere davanti a lui e di certo non era quello che voleva.

Mattia, evitando anche solo di striscio il suo sguardo, si voltò, dirigendosi verso la porta.

-”Vabbè ci vediamo in giro. Ciao.”- così dicendo l'aprì, chiudendola poi dietro sé.


Come se una strana forza non gli permettesse di allontanarsi da quel posto, si appoggiò al muro adiacente alla porta della stanza da dove era uscito, lasciando in lacrime l'altro ragazzo.

Non riusciva a capire quel che gli stava succedendo.

Uno strano peso gli opprimeva il petto, intralciando la normale respirazione.

Aveva fatto quel che era più giusto fare o almeno quel che secondo lui andava fatto.

Lui non era di certo una checca gay e non poteva permettere che quella stupidaggine continuasse oltre e venisse divulgata in giro, rovinandogli la reputazione. Eppure non si sentiva affatto contento dell'accaduto.

Diamine, cosa c'era di sbagliato in lui?

Lui, che era sempre così distaccato e insensibile verso tutto quello che gli stava attorno e gli capitava, proprio in quel momento doveva mettersi a fare il sentimentale?

Il suono che raggiunse le sue orecchie lo sconvolse ancora di più: Davide era scoppiato a piangere e i suoi singhiozzi erano perfettamente udibili dall'esterno della stanza anche con la porta chiusa.

La rabbia lo invase, non gli aveva mai dato fastidio sentire qualcuno piangere per lui, ma in quel momento stava odiando profondamente quel che giungeva al suo udito.

Si scostò dal muro, borbottando a denti stretti una serie confusa di bestemmie, insulti e scuse.


Durante i giorni successivi non poteva evitare di cercare costantemente il ragazzo con lo sguardo, ovunque passasse. Talvolta il desiderio di trovare la sua figura era così forte da causargli perfino allucinazioni e ben presto si rese conto di essere già in completa balia di tutta quella situazione.

Nonostante camminasse per il corridoio adiacente alla sua classe o frequentasse i punti dell'istituto dove l'aveva visto più spesso, non era più riuscito a ritrovarsi faccia a faccia con lui, solo una serie confusa di sviste da lontano.

Dopo una buona settimana di inseguimenti realizzò che per tutto quel tempo si era comportato proprio come un pedinatore, ma questo non lo preoccupava minimamente: era diventata ormai un'abitudine per lui.


Quel che più servì a fargli aprire gli occhi sulla situazione che si era venuta a creare fu un fatto particolare che gli rese la giornata di Giovedì 10 Novembre un vero incubo.

Quella mattinata era trascorsa come al solito: lezioni noiose, qualche interrogazione svignata per un pelo e comuni chiacchierate stupide con i compagni.

Quando giunse l'intervallo, come consuetudine, incominciò a cercare Davide per tutta la scuola, andando su e giù per i tre piani dell'istituto. Lo trovò in una classe che non era la sua, seduto su un banco a parlare con altri ragazzi. Non c'era niente di strano in tutto quello, ma poi, sotto gli occhi stupefatti del biondo, Davide iniziò ad abbracciare calorosamente uno di quelli che gli erano attorno. Poi rimasero soli e pareva proprio che entrambi lo gradissero molto.

Mattia, sbirciando dalla porta, assistette a tutta la scena e, più restava fermo a guardare, più aveva voglia di andare là dentro e spingere quel tipo lontano da Davide, ma poi si rese conto che non avrebbe avuto alcun motivo per farlo.

In effetti non erano né amici né tanto meno fidanzati e ovviamente non si poteva permettere di intromettersi nella vita di un altro, eppure gli dava fastidio vederlo compiere simili atteggiamenti con quel tale.

In realtà, quella che si insinuò in lui per la prima volta nella sua vita fu pura gelosia verso una persona per lui estremamente importante, ma con la quale, in quel momento, non aveva alcun legame.

Così la mattinata scolastica proseguì con altrettante noiose lezioni, ma Mattia aveva ben altro a cui pensare. Doveva trovare un modo per cancellare dalla mente del moro quel che era successo tra loro e ricominciare tutto da capo.

Voleva instaurare un rapporto con lui, anche se non sapeva ancora bene di che genere.

Sapeva soltanto che gli interessava da ogni punto di vista.


Finalmente la giornata di scuola si era conclusa e non vedeva l'ora di poter sfogare la sua frustrazione agli allenamenti di basket, che si tenevano nella palestra del suo liceo.

Quando la campanella di fine lezioni suonò si diresse al bar del piano terra, andando contro il flusso degli studenti che si precipitavano fuori dall'edificio.

Mentre stava camminando con fare pensoso si ritrovò davanti proprio la causa delle sue innumerevoli paranoie mentali, accompagnato dal ragazzo con cui l'aveva visto all'intervallo.

Cercò uno scambio di sguardi che avvenne, imbarazzando uno ed eccitando l'altro, alzò la mano in segno di saluto e vide il moro irrigidirsi subito dopo.

Un ghigno divertito si stampò sul suo volto, si sentiva compiaciuto nel vedere di essere ancora la causa di qualche suo turbamento. Il tipo di fianco a lui cercava di comprendere quel che stava capitando, ovviamente senza riuscirci. Allora Mattia, passandogli esattamente di fianco, lo fulminò con lo sguardo: con occhi talmente penetranti che qualcuno avrebbe potuto leggerci una vera e propria minaccia di morte.

Prima degli allenamenti si trattenne un po' a fare qualche giro per i corridoi deserti della scuola, rimuginando sulle circostanze in cui si trovava.

Doveva parlargli, voleva avere la conferma che fosse ancora innamorato di lui e nessun altro. Voleva mettere le carte in tavola prima che fosse tardi e perdesse la possibilità di avvicinarsi a quel ragazzo.

Immerso com'era nei suoi pensieri non si accorse che l'ora dell'inizio dell'allenamento era già passata. Fortunatamente una bidella che passava di lì attirò la sua attenzione e realizzò di essere in ritardo; incominciò a correre.


Quando raggiunse lo spogliatoio i suoi compagni di squadra lo stavano ancora aspettando, alcuni preoccupati, altri desiderosi soltanto di tendergli qualche scherzo e farlo irritare come al solito.

Si cambiò velocemente, mentre alcuni ragazzi lo interrogavano sulla ragione del suo ritardo, finché non saltò fuori l'argomento che più di tutti odiava trattare, quello del suo adulatore maschio.

Quel pettegolezzo si era diffuso così tanto che ormai la dichiarazione di Davide era diventata famosa, passando di bocca in bocca, come se riceverne una da una persona dello stesso sesso fosse così strano ed inconsueto.

Possibile che a tutti interessasse così tanto della sua vita? Eppure non gli pareva proprio che quando aveva avuto problemi in passato quelli se ne fossero curati molto, in realtà si erano sempre limitati a far finta che non esistesse, a quel tempo. Perché proprio per questa questione era diventato tanto popolare?

Era assolutamente normale imbattersi qualche volta in fatti come quello, dato che ormai si era affermata l'esistenza di persone omosessuali e avevano tutto il diritto di innamorarsi anche loro.

Il punto stava nel fatto che quelli usassero questa scusa per tormentarlo maggiormente e prenderlo in giro, come se ci fosse stato qualcosa di sbagliato nell'essere gay.

Qualche settimana o mese addietro, quando lo scherzavano a quel modo non ne aveva dato molto peso, anzi si divertiva anche lui a sentire come quelli sfottessero Davide, ma adesso non riusciva proprio a restare calmo.

Il sangue gli ribolliva nelle vene e continuava a ribattere a qualsiasi affermazione o domanda proposta, con parole acide e violente, finché non raggiunse il punto di non ritorno.

Stava sbraitando già da parecchi minuti, quando il ragazzo che lo aveva canzonato pesantemente, come se si sentisse in pericolo o solo debole, in segno di difesa ad un attacco verbale, alzò le mani e così si scatenò il putiferio.

Urla, imprecazioni, pugni e calci, a quel litigio non mancava proprio niente, tranne una vera ragione razionale.

Tra i ragazzi attorno c'era chi cercava di dividere i due al centro, chi faceva scommesse su chi avrebbe vinto, chi, incurante di tutto, continuava tranquillamente a vestirsi, chi correva a chiedere aiuto a chiunque capitasse a tiro.

Così, quando il loro coach arrivò e li separò, su due piedi mandò entrambi dal vice preside, accuratamente scortati onde evitare che si scannassero anche durante il tragitto per gli uffici della presidenza.


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Capitolo 2
*** ... leggerò quel che vuoi dirmi nei tuoi occhi. ***


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Questa storia narra di un amore omosessuale tra due ragazzi, chiunque non gradisca questo genere è pregato di astenersi dal leggere e commentare negativamente, grazie! :)

 

 

 

Ecco qui il secondo ed ultimo capitolo, avviso che è un po' più lungo del primo, allora Buona Lettura:

 

 

...leggerò quel che vuoi dirmi nei tuoi Occhi.

 

 

 

Tutto si risolse nel giro di lunghi minuti, che passarono lenti e fastidiosi, pieni di rimproveri e minacce a chiamare i genitori se fosse capitato ancora.

Finita la noiosa ramanzina, Mattia si diresse nella palestra, ormai vuota. Per colpa di quel deficiente aveva saltato l'allenamento, al quale era già mancato parecchie volte in quel mese, troppo perso nei suoi pensieri da dimenticarsene o solo stremato mentalmente da non avere minimamente la forza per andarci.

Il coach gli aveva dato il permesso di allenarsi un po' da solo, a patto che, finito tutto, chiudesse accuratamente la palestra e sistemasse l'attrezzatura. E così poté finalmente rimettersi in gioco.

Prese una palla dal cestone in fondo al campo ed incominciò a palleggiare.

Immaginando che ci fossero gli avversari a marcarlo, sostava un attimo per poi ripartire, cambiando traiettoria.

Così si ritrovò nell'area dei tre secondi, un salto possente e la palla finì dritta nel canestro.


Il respiro ansimante, un sorriso caloroso si dipinse sul suo viso. Si sentiva davvero bene mentre giocava, quello era l'unico momento in cui poteva liberare la sua mente e non avere alcuna preoccupazione ad occupargli la testa.

Si girò per recuperare la palla e qualcosa attirò la sua attenzione.

Sugli spalti una figura cercava di nascondersi per non essere vista, era vicina alle scale d'uscita così da avere una fuga facile non appena qualcuno si fosse accorto della sua presenza.

Mattia rise divertito, non gli sarebbe servito altro indizio per indovinare di chi si trattasse: Davide. Come il più delle volte il ragazzo lo stava ammirando di nascosto dalla platea.

Non riusciva a ricordare da quanto tempo il moro avesse iniziato a guardarlo durante gli allenamenti o da quanto lui si fosse fatto coinvolgere a tal punto da aspettarsi sempre di vederlo lì, sugli spalti per lui.

Gli fece piacere vedere che, nonostante l'avesse respinto e fatto soffrire qualche settimana addietro, continuasse a volerlo guardare.

Così, facendo finta di non essersi accorto di lui, proseguì a giocare, dirigendosi come per caso proprio davanti ai gradoni dove si trovava l'altro.

Quando il moro si accorse di esser stato scoperto era ormai troppo tardi.

-”Hey tu! Se proprio vuoi, vieni qui e giochiamo!”- Mattia lanciò la palla che, superando le recinzioni in ferro, raggiunse l'altro, che l'afferrò con presa fiacca e lenta.

-”Scusami... Non volevo disturbarti, me ne stavo andando...”- così dicendo si voltò. Fu sorpreso dalle urla dell'altro, che lo incitavano a raggiungerlo, e così fece.

Ormai solo qualche passo di distanza li divideva.

Il moro rilanciò la palla, scusandosi ancora.

-”Perché diamine ti stai scusando? Adesso lo vorrei proprio sapere!”- una nota accigliata comparve in quelle parole.

-”Perché ti do sempre fastidio e io non voglio… l'ultima cosa che voglio al mondo è infastidirti…”- l'imbarazzo s'impossessò di lui, colorando di rosso le sue guance pallide.

Mattia non poté far a meno di pensare che fosse estremamente adorabile.

-”Capisco… Vabbè dai, adesso giochiamo!”-

-”Ehm… io non so per niente giocare, negli sport sono negato al massimo..”-

-”Mmh… palleggia un po', vediamo.”- gli ripassò la palla.

Davide ci mise tutto se stesso per fare almeno un palleggio decente, ma quello che ne uscì fuori fu tutto tranne che un buon palleggio; una persona normale, solo se si fosse messa d'impegno, sarebbe riuscita a farlo così male.

-”Beh in effetti è vero… sei goffo e molto scoordinato!”- il biondo sarebbe scoppiato a ridere immediatamente, senza ulteriori indugi, ma non voleva che l'altro ci restasse troppo male, quindi si trattenne, soffocando la risata.

-”Scusami se non sono il playmaker della scuola come te!”-

-”Non ho detto questo! Dai passami la palla che ti faccio vedere come si fa!”- ancora un ghigno divertito era stampato sul suo volto, lo stava trattando come un bambino.

-”No! Tu mi hai preso in giro e adesso non ti ridò il pallone, così impari!”- lui aveva osato trattarlo come un bambino e adesso Davide lo stava facendo davvero, così imparava a prendersi la responsabilità delle proprie azioni e parole.

-”Davvero? Allora adesso vengo e me lo riprendo io il pallone!”- così dicendo fece due passi in avanti, le braccia allungate come per afferrare qualcosa lontano.

Davide appena lo vide scattò subito in posizione di difesa, la palla accuratamente cinta con le braccia e portata in grembo, si piegò leggermente in avanti così da proteggerla meglio.

Con gli occhi puntati nei suoi, lo sfidava con lo sguardo e Mattia, che si stava sempre più avvicinando, non poté far a meno di ridere ancora divertito, aumentando l'irritazione dell'altro.

Il biondo gli fu accanto, si protese e lo cinse alle spalle, i loro visi a pochi centimetri di distanza.

Il cuore di Davide sussultò ed iniziò a martellargli nelle orecchie, si sentiva sempre più agitato.

-”Sei sicuro di volermi sfidare? Se me la lasci adesso ti prometto che non ti faccio niente, ma se vuoi continuare così, beh… allora non ti posso assicurare alcuna incolumità.”- un lieve sussurro che conquistò completamente le orecchie, il corpo e il cuore del moro, che aveva perso completamente la forza di rispondere e si limitò a fare un cenno col capo, in segno di non resa.

-”Come vuoi tu allora…”- una risata accompagnò quelle parole. Mattia, appena finì di pronunciarle, si lanciò all'attacco sulla sua povera vittima.

Cercava in tutti i modi di togliergli la palla dalle mani, ma quello teneva duro, sembrava essersi attaccato come una tellina ad uno scoglio.

E così cominciò un innocente gioco di dominio, farcito con attacchi bassi di solletico e spinte, dapprima lievi fino a diventare forti ed alcune perfino pericolose, difatti l'ultima, compiuta dal biondo, aveva atterrato completamente l'altro, ora disteso sotto di lui.

Nonostante fosse palese che avesse perso, non mollò la presa sul pallone, come se ciò simboleggiasse un qualcosa di importante e profondo per lui.

In realtà lui sapeva che se quel gioco infantile fosse finito probabilmente anche tutta la loro vicenda si sarebbe conclusa allo stesso modo; quel pallone arancione, così pesante, rappresentava tutti i sentimenti che provava verso l'altro, per questo vi era così attaccato.

Anche se, a dirla tutta, gli avrebbe fatto davvero piacere che l'altro li prendesse, si sentiva completamente spaesato solo al pensiero di perderli e non averceli più lì, a portata di mano.

A lui stava bene così, perché ogni dannatissimo giorno andava avanti solo con la forza che nasceva da quei sentimenti; nonostante fosse già stato rifiutato, non poteva evitare di esserne ancora totalmente innamorato e coinvolto. Il fatto che fosse stato respinto di certo non cambiava il suo amore per lui, l'unico ancora che lo rendeva sicuro e gli dava rassicurazione, perché ormai quelle uniche e poche certezze che aveva erano solo gli infiniti sentimenti che Mattia faceva nascere in lui.

Il biondo si stava lentamente perdendo negli occhi azzurri di quel viso da cucciolo che gli era ora solo a qualche centimetro di distanza.

Davide, al contrario, pareva non essersi accorto della strana posizione che avevano preso i loro corpi, ora così vicini; guardava fisso il pallone e lo copriva il più possibile con le mani.

Quando le dita dell'altro entrarono in contatto con la sua pelle candida, il moro sussultò ed alzò lo sguardo, finalmente realizzando la situazione.

Arrossì per l'imbarazzo, il cuore incominciò a battergli più forte, la testa gli girava; perso in quella confusione emotiva, allentò la presa.

Mattia colse al volo l'occasione: approfittando dello strano stato dell'altro gli rubò la palla, lasciandola poi rotolare via, libera.

L'altro, come destato dal sonno, la guardò allontanarsi sempre di più da loro, non aveva il coraggio di alzare lo sguardo.

-”H-hai vinto… Hai vinto la palla…”- la voce uscì da quelle dolci labbra addolorata e triste.

Quelle parole infransero la mente del biondo, aprendogli porte che mai avrebbe pensato di avere e finalmente capì.

Capì qual era la vera forza che lo spingeva a comportarsi in modo tanto distaccato e freddo, ad arrabbiarsi per le faccende che riguardavano Davide e la strana ansia che da qualche settimana lo stava opprimendo.

Realizzò anche ciò che probabilmente l'altro in quel momento stava pensando e come era importante per lui quel gioco che avevano fatto.

Non doveva avere paura, non se lui gli era accanto.

Un sorrisetto compiaciuto gli rapì le labbra.

Si chinò sull'altro, ancora con la testa girata di lato, i capelli biondi gli calarono sul volto.

Con una mano gli accarezzò la guancia, provocandogli un estremo sussulto di sorpresa, poi la fece scivolare sul mento, alzandoglielo.

Davide lo guardava con occhi spalancati dalla sorpresa, ma non faceva nulla per ribellarsi, non l'avrebbe mai fatto.

S'abbassò maggiormente, ora i loro visi erano a pochissimi millimetri di distanza, le punte dei nasi si sfioravano.

Mattia non indugiò oltre: fece combaciare le loro labbra. Il moro trattenne così tanto il respiro per l'agitazione, che sarebbe potuto svenire da un momento all'altro per mancanza d'ossigeno.

I suoi grandi occhi azzurri non ne volevano sapere di chiudersi, per paura che potesse scomparire tutto una volta serrate le palpebre.

Al contrario, quelli color nocciola del biondo si erano già lasciati trasportare da quel bacio e da tutte le fantasie ed emozioni che nascevano da esso.

Fu un bacio non troppo breve, ma neanche esageratamente lungo, giusto il tempo di permettere ai loro respiri di mischiarsi e alle bocche di assaporare leggermente un gusto del tutto nuovo e inebriante.

Dopo pochi minuti, quando si interruppe quel contatto, Mattia riaprì gli occhi, stupendosi di trovarsi quelli dell'altro fissi nei suoi e s'imbarazzò, nonostante fosse stato lui a prendere l'iniziativa.

Nessuno dei due parlava, troppo a disagio per comprendere anche solo i propri pensieri.

D'istinto il biondo s'alzò, andando a recuperare la palla, finita ben lontano da loro.

Quando si girò indietro per ritornare dall'altro, lo trovò ancora in terra, però adesso seduto. In quel mentre non avrebbe indugiato a saltargli ancora addosso, completamente preso dal suo istinto, ma non voleva farsi vedere troppo coinvolto in quella storia.

Gli allungò una mano e l'altro, apparentemente molto felice del gesto, l'afferrò per poi tirarsi su.

Si scambiarono un paio di sorrisetti colpevoli e qualche sguardo provocatorio. Mattia fu il primo a rompere quella silenziosa comunicazione.

-”Giochiamo ancora?”- fece un cenno col capo per indicare la palla che teneva alzata in mano e un ghigno divertito si stampò sul suo volto.

Davide avrebbe preferito continuare il gioco che stavano facendo da sdraiati, ma forse era chiedere un po' troppo, almeno per adesso.

Fece un lieve cenno col capo acconsentendo, ma non molto convinto e l'altro se ne accorse.

In un primo momento ebbe paura che si stesse comportando in quel modo per il bacio che gli aveva dato, ma subito questa ipotesi cadde e allora si ricordò dell'incapacità del moro nel giocare e si convinse fosse quella la vera ragione.

Allora lo condusse per mano sulla linea del tiro libero e fece posizionare il ragazzo proprio di fronte al canestro. Gli fece vedere la giusta postura per fare un bel tiro e lanciò la palla, che entrò dritta nel cestino.

Dopo averla recuperata gliela passò, aspettando che si preparasse adeguatamente.

Più restava a guardarlo più gli veniva da ridere, era completamente impedito anche solo nel sistemarsi col corpo, come poteva minimamente pensare di riuscire a fare canestro?

Il moro, sotto la soggezione di quello sguardo scherzoso, sbottò.

-”Cosa c'è da ridere? Non posso farci niente se sono una schiappa…”- l'altro rimase di sasso nel sentire, nascosta dietro quelle parole, una lieve nota di tristezza e avrebbe perfino scommesso che quel ragazzo si sarebbe potuto mettere a piangere di lì a poco. Si sentì malissimo, non voleva per niente metterlo in imbarazzo, anzi, al contrario, voleva aiutarlo in ogni modo possibile, ma senza rendersene conto l'aveva ferito con il suo naturale comportamento.

Gli si avvicinò, posizionandosi alle sue spalle.

-”Hai ragione, scusa. Non volevo prenderti in giro. Il fatto è che sei… ehm, come dire… sei adorabile da guardare…”- si vergognò lui stesso delle strane parole che aveva pronunciato; non riuscì minimamente a comprendere da dove fossero potute sbucare fuori, ma almeno adesso l'altro non aveva più alcun motivo per piangere, o forse no, perché poteva benissimo scoppiare in lacrime per la felicità. Arrossirono entrambi e non osarono guardarsi negli occhi, prima che qualche altro istinto passionale nascesse da un semplice scambio di sguardi.

-”Ehm… Dai... Allora mi puoi far rivedere come facevi?”- il biondo sfoggiò il suo miglior sorriso per incorniciare quelle parole e vide che con la coda dell'occhio l'altro l'aveva visto, così il moro si era fatto coraggio e aveva alzato il braccio, che per il peso del pallone tremava leggermente, lo tirò indietro pronto per il lancio.

-”No, aspetta. Qui il gomito, allargalo, così bene… e le dita separale, non devi tenerla con il palmo…”- la sua mano calda scorreva lungo tutto il braccio candido dell'altro e non s'accorgeva di provocargli piccole scariche febbricitanti.

La sua bocca era a pochi centimetri dal suo orecchio destro e gli sussurrava quelle dolci parole con ingenua sensualità, ma il moro non riusciva a sentire nulla, l'unico suono che rimbombava nella sua testa era il battito accelerato del suo cuore. Mattia continuava a dargli suggerimenti, toccandolo. Ad un tratto la palla, in equilibrio su una mano quasi inanimata, cadde. Subito Davide si voltò ed incrociò gli occhi nocciola che tanto amava, s'allungò di qualche centimetro e gli diede un bacio a fior di labbra.

Il biondo, totalmente spaesato per lo stupore, in un primo momento sembrò paralizzato, poi si fece coinvolgere e gli strinse la mano ancora a mezz'aria, intrecciando le loro dita.

Il bacio fu veloce e lieve, il moro di staccò immediatamente restando girato per tre quarti, senza interrompere quello scambio di sguardi.

Il biondo alzò leggermente la mano libera fino a raggiungere il dolce viso dell'altro e gli accarezzò una guancia, sorridendo. In risposta l'altro arrossì, ma non abbassò lo sguardo e continuò a guardarlo fisso.

Quegli occhi si erano cercati per così tanto tempo e non c'era bisogno che nessuno dei due parlasse, essi dicevano di più di interi discorsi che i ragazzi avrebbero potuto fare.

Ogni secondo che passava Davide acquistava sempre più coraggio, forse perché tra i due era il più bravo a leggere nelle iridi delle persone o forse non lo era affatto ed era stato solo l'Amore a donargli questa dote. Giunse il momento in cui non poteva più tacere, doveva e voleva sapere quello che l'altro veramente pensasse di lui e se quella che c'era tra loro si poteva ora definire relazione.

-”Senti… Ma… Cos'è che ti passa per la testa? Cioè tutta questa storia… Tu mi avevi respinto e adesso sembra che ti interesso, non riesco davvero a capire. Dimmelo perché per quanto io possa essere bravo non posso leggere tutto nei tuoi occhi…”- una dolce risata incorniciò quelle parole che sorpresero l'altro, non aspettandosi un tale cambiamento nel carattere di quel bel ragazzo che gli stava di fronte.

Mattia gli lasciò la mano per permettergli di voltarsi completamente e ora erano uno di fronte all'altro, petto contro petto. Fece un respiro profondo e ordinò le parole nella sua testa, non voleva causare fraintendimenti, portatori solo di inutili sofferenze. Dopo qualche minuto incominciò a parlare, l'altro pendeva dalle sue labbra.

-”Sì, hai ragione a voler sapere. Per prima cosa ti devo dire che io non sono gay.”- la luce si spense negli occhi azzurri dell'altro, che si stava girando come per andarsene. A Mattia venne una stretta al cuore, doveva finire la frase, che il tempo permettesse o meno.

-”Aspetta…”- l'afferrò per il braccio. -”È vero, io non sono gay, ma mi sento comunque attratto da te, cioè da quando ti sei dichiarato non ho fatto altro che pensare a te e stavo male all'idea di averti ferito, poi quando ti ho visto con quel tipo là, non ci ho visto più dalla gelosia, pensavo ti fossi dimenticato di me… e quindi volevo accettarmi che fossi ancora innamorato di me… e beh adesso penso di averlo fatto.”- i suoi occhi azzurri erano carichi di lacrime, ma stava sorridendo. Grazie al cielo era riuscito a fermarlo prima che fosse troppo tardi e a dirgli finalmente tutto quello che sentiva dentro.

Davide scoppiò a ridere, una risata nata da quello shock emotivo disastroso, un susseguirsi di emozioni felici e altre sconfortanti, un mix perfetto per chi avesse voluto lacerare la propria anima radicalmente.

Si stava scaricando da tutta la tensione che aveva dovuto sopportare per tantissimo tempo e si sentiva davvero meglio, quasi potesse volare per la sensazione di leggerezza che ora provava.

Quando ebbe riacquistato la lucidità mentale, ritornò a fissarlo, ma non poteva smettere di sorridere in un modo così solare che sembrava sull'orlo di esplodere in un'altra risata isterica in qualsiasi istante.

-”Allora va bene se sono innamorato di te?”-

Le mani calde e ampie del biondo si avvicinarono ancora al suo viso, sfiorandone ogni tratto delicato e intrecciandosi anche con qualche nera ciocca ribelle.

Così appoggiò la propria fronte sulla sua.

-”Certo che va bene. Comunque puoi vederla in un altro modo… Come se questa per te fosse una sfida…”- Davide arricciò le labbra incuriosito.

-”Devi essere così bravo da farmi innamorare perdutamente di te…”- il respiro caldo contro la propria bocca, il moro era letteralmente in estasi.

-”Accetto! ... molto volentieri.”- così dicendo fece passare le proprie braccia intorno al collo dell'altro, stringendolo più a sé.

S'alzò in punta di piedi e lo guardò, in quel momento scoppiarono a ridere entrambi, mentre pian piano si stavano avvicinando. Le loro bocche entrarono in un lieve contatto, soffocando dentro di sé il rumore di quella dolce risata confusa.

 

 

 

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Salve gente!! ^^ grazie mille per aver letto questa mia storia... spero davvero vi sia piaciuta e se invece non è così beh allora fatemi sapere quello che ne pensate, se ci sono suggerimenti o critiche sono ben accette per eventuali lavori futuri ^^

comunque grazie mille ancora per aver letto!!! ^.^ alla prossima!!! un bacio ^^

by LullabyCandy:_


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