The Best Kick I've Ever Had

di carrotlouis
(/viewuser.php?uid=192897)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                                                                                             






                                               Image and video hosting by TinyPic                                                                                                Prologo
 
Il professor Court entrò in classe, appoggiando la sua valigetta di pelle sul tavolo e tirandone fuori molti fogli. Maneggiò per circa cinque minuti col telefono, che decise poi di spegnere e infilare in tasca. Mi guardai intorno scuotendo la testa con veemenza. Il professor Court era una delle tante persone in quella scuola che non aveva capito niente né della vita, né di me. Lanciai un’occhiata rapida all’orologio appeso alla parete della classe e aggrottai le sopracciglia appoggiando la testa al muro, sbattendola più volte. Aprii il libro di geografia ad una pagina a caso e mi arrotolai una ciocca di capelli castani a un dito osservandola distrattamente.
«Come compito vi avevo dato per casa da leggere un articolo sull’eutanasia. Qualcuno vuole esporre un proprio commento personale? » chiese cominciando a camminare avanti e indietro per l’aula.
Cercai di alzare la mano venendo completamente ignorata dal professore.
«Daniel? » disse poi osservando un ragazzo riccio.
«Eh?» il giovanotto in fondo alla stanza, che si stava nascondendo con un astuccio cercando di leggere un libro a fumetti, si indicò con la mano. Il professore mosse su e giù la testa grattandosi la fronte.
«Lei? Che ne pensa?» domandò.
«Ehm si. Io penso che i medici credano di fare del bene, non di uccidere?» disse lui insicuro, giocando nervosamente con la matita. Scossi per l’ennesima volta il capo. Come poteva credere questo?
«Esatto. – l’insegnante annuì rassegnato incrociando le braccia- Aiutare un paziente a morire è un gesto immorale sia dal punto di vista epico che dal punto di vista medico, va contro ogni legge.»
«Io non sono d’accordo.- sbottai lasciando i capelli cadermi lungo le spalle –Se un dottore aiuta una persona a morire con dignità è ingiusto ritenerlo colpevole.»
«Signorina questo non è un dibattito libero.» disse il professor Court sistemandosi gli occhiali sul naso, avvicinandosi al mio banco.
«Mi scusi.» lui abbassò la testa infilando una mano in tasca.
«Così lei non è d’accordo.» continuò squadrandomi irritato.
«Si, io non sono d’accordo. Secondo me esiste un limite oltre il quale non vale più la pena di vivere.»
«La vita è il dono più prezioso del cielo e spetta solo a Dio decidere quando è giunta la nostra fine.» disse lui alzando leggermente il tono di voce.
«Io credo che…»
«No nessuna obbiezioni.» mi fermò con un gesto rapido della mano.
«Mah…»
«No, è sbagliato.»
«Ah andiamo, per un malato terminale la vita non è un dono, ma una merda.- urlai alzandomi dalla sedia e appoggiando le mani sul banco. Suscitai dei risolini fra tutti i compagni e distolsi lo sguardo imbarazzato da quello del professore.- mi scusi, io non intendevo.»
«Signorina Weister siamo a scuola, noi qui non usiamo questo linguaggio.- disse  muovendo velocemente il capo -lei si è appena meritata una sospensione di un giorno.»
«Che cosa? Mi sembra che ognuno sia libero di esprimere la propria opinione.» ribattei nervosa, risedendomi.
«Lei ha ragione, ma come le ho già detto è la forma quella sbagliata.»
«Oh la prego.» lo supplicai sistemandomi i capelli dietro le orecchie, tirandomi leggermente gli orecchini.
«Poteva pensarci prima, signorina. Domani, si faccia trovare in biblioteca alle otto.» continuò lui sedendosi alla cattedra e scarabocchiando qualcosa su un foglio.
Sbuffai, poggiando la testa sul tavolo. «Cazzo. Non è possibile.» mugugnai grattandomi i capelli. Sentii il ticchettio dell’orologio, l’aria farsi pesante e io diventare rossa.
«Mi scusi? »dissi agitando in alto la mano.
«Si signorina Weister?» domandò lui abbassandosi gli occhiali e guardandomi dritta negli occhi.
«Posso uscire?» chiesi pentendomi subito dopo della domanda.
«Faccia come vuole. – rispose indicando la porta con lo sguardo – ormai la lezione è finita.»
Raccolsi velocemente i libri e riposi le penne nell’astuccio. Spostai la sedia creando parecchio rumore e mi alzai guardando i miei compagni uno a uno.
«Grazie.» sussurrai col pensiero a ognuno di loro.
Aprii lentamente la porta.
«Ah signorina Weister. » disse dolcemente il professore.
«Si?» chiesi guardando fissa la porta.
«Comunque se le può far piacere la legge, oggi, dà ragione a lei.» sorrise e tornò a spiegare.
 
 
 
 
 
 
Okay è abbastanza corto. Ma è un prologo. Comunque prima che mi dimentichi devo ringraziare xletitshine per il banner che è stupendo…Grazie!
E basta ciaoooo:)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


                                               Image and video hosting by TinyPic    
 

                                
                                                                                                Capitolo 1.
 
 
«Sono tornata.» urlai appena chiusa la porta d’ingresso.
«Tesoro sei tu? »la voce di mia madre risuonò nel soggiorno, mentre si avvicinava a passo veloce. Tirai fuori dalla borsa della spesa il test di gravidanza, con cui pochi minuti prima avevo fatto una figuraccia andando a sbattere contro un ragazzo e facendoglielo finire nella tasca dei pantaloni, e  lo nascosi nel giubbino.
«Si mamma. »risposi appoggiando la spesa sul tavolo della cucina.
«Claire.- disse sfiorandomi lentamente la spalla, al che io sussultai un po’ facendo cadere il pacchetto di pasta che avevo fra le mani e stavo riponendo negli scaffali.- Tutto bene? »
«Certo.- risposi toccandomi leggermente la tasca, dove avevo riposto il test, per assicurarmi che fosse ancora al suo posto.- ho preso solo paura. » mi buttai indietro i capelli raccogliendoli poi con un codino e le sorrisi aprendo un sacchetto di patatine cominciando a mangiarle.
«Vuoi che Richard ti accompagni al lavoro?» mi chiese affiancandosi a me e sistemandomi una ciocca di capelli ribelle. Scossi la testa e mi liberai dal suo abbraccio.
«No. Vado a piedi.» risposi dopo aver aperto il frigo e bevuto dell’acqua.
«Non capisco perché ti stia così antipatico. Amore, in fin dei conti, è come se fosse tuo padre.» disse accarezzandomi dolcemente la guancia.
«Ah no, mi dispiace- puntualizzai togliendomi la sua mano dal viso- lui è tuo marito e Liam è solamente il mio fratellastro. Non ci sono legami di sangue. »
«Ma perché non provi ad essere almeno un po’ più gentile con loro?»  sbuffò portandosi le dita sulle tempie e massaggiandosele insistentemente.
«Per il semplice fatto che loro non sono gentili con me.- dissi  tornando all’ingresso- comunque adesso devo andare.»
Mi infilai un paio di scarpe da ginnastica senza slacciarle e presi una delle tante borse appese all’attaccapanni prima di aprire la porta e uscire.
«Ne riparliamo più tardi Claire.» sentii dirle, ma ormai ero già troppo lontano per risponderle. Io non volevo sprecare il mio tempo a parlare di una famiglia in cui non volevo vivere. Fra poco avrei compiuto diciotto anni e sarei stata libera di fare quello che più avrei voluto. Sarei scappata da quella casa, senza più voltarmi indietro. Senza rimpianti, dritta per la mia strada. A seguire il mio futuro, qualunque esso sia.
 
Le mani mi tremavano mentre mi fissavo allo specchio, pensierosa e agitata. Alcune lacrime mi rigarono il viso andando a cadere e a bagnare il test che tenevo stretto con le dita. Ero incinta. Lo sapevo già. Avevo saltato un mese, il test era positivo. Lo buttai nel cestino e mi lavai velocemente il viso con l’acqua fredda del rubinetto del lavandino. Strinsi al petto la collanina di mio padre e appoggiai il corpo al muro, scivolando lentamente lungo la parete finché le mie mani non toccarono terra.
«Claire tutto bene?» domandò Rea bussando alla porta.
«Certo arrivo subito.» dissi alzandomi dal pavimento. Aprii la porta del bagno e gettando un ultimo sguardo allo specchio uscii. Infilai la chiave nel taschino  del grembiule che mi riannodai per bene dietro la schiena e tornai al mio lavoro.
«Harry, a che tavolo vanno questi? » chiesi prendendo una tazza di caffè e un bicchiere di cola. Il ragazzo mi guardò per poi osservare il block notes che aveva tra le mani.
«Al tavolo cinque. Là infondo. »rispose poi, sorridendomi e indicando con la matita sfilatasi da sopra un orecchio un tavolino.
Risposi al suo sorriso e mi avviai verso un tavolo vicino a una delle tante finestre del locale.
«Ecco a voi. » dissi appoggiando il tutto sopra la tovaglia bianca davanti a una ragazza.
«Oh no. Io avevo ordinato una brioches. » sorrise dolcemente gesticolando leggermente con le mani.
«Ah, mi scusi. Arriva subito. »dissi battendomi una mano sulla fronte e riprendendo le bevande.
Mi rigirai per tornare al bancone del bar e andai a sbattere addosso al ragazzo dagli occhi azzurri del supermercato, versandogli sul maglione il caffè e la cola. Un’altra figuraccia insomma.
«Guarda cosa hai fatto! » mi urlò contro.
«Mi dispiace. »
Presi un tovagliolino e cominciai ad asciugarli la maglia.
«Lascia stare così peggiori solo le cose. » disse allontanandosi verso il bagno.
«Mi dispiace. »gli ribadii.
Sospirai inchinandomi a raccogliere i bicchieri caduti sul pavimento quando Harry mi porse una mano.
«Facciamo una pausa eh? »chiese poi, il riccio poggiandomi una mano sulla spalla.
Annuii piano e lo seguii all’esterno.
«Ne vuoi una? » disse una volta fuori porgendomi una scatola di sigarette.
«Da quando è che fumi Harry? » corrugai la fronte e mi sedetti sulle gradinate incrociando le braccia al petto.
Harry abbassò lo sguardo sorridendo e coprendosi gli occhi con alcuni ciuffi ribelli.
«Le ho fregate a Zayn. »rispose buttandole in un cestino.
Feci un cenno con la testa, posandomi involontariamente le mani sulla pancia.
«Tutto apposto? Ti fa male? » si scompigliò i ricci e mi circondò una spalla con un braccio attraendomi a sé.
«Harry? »
«Si?»
Presi un sassolino e lo lanciai in una pozzanghera lì vicino.
«Niente.- mi alzai dagli scalini- Torno dentro.»
Lui mi afferrò per il braccio costringendomi a girarmi «Claire…»lo guardai negli occhi verdi mordicchiandomi freneticamente  le labbra.
«Harry…- le lacrime cominciarono a scendere e me le andai ad asciugare velocemente con il dorso della mano – Ecco io, io sono…» continuai prendendo respiri profondi.
«Claire dimmi.»
No non potevo. Non ancora almeno. Lui mi avrebbe chiesto chi fosse il padre e una volta scoperto, l’equilibrio della mia famiglia si sarebbe distrutto. Dissolvendosi in breve tempo.
«Io sono in punizione.» sbottai in fine.
«Tutto qua?» chiese squadrandomi.
«Si – gli diedi un leggero buffetto sul naso e gli circondai un braccio con le mani.- tutto qua. » risposi cercando di essere il più convincente possibile.
«E sentiamo. Che hai combinato?»  mi domandò poggiandomi la testa su una spalla.
«Ho detto una parolaccia in classe.» sbuffai accarezzandogli i capelli.
«Beh allora ci vedremo domani in biblioteca suppongo.» disse cominciando a ridere.
Sorrisi chissà che aveva combinato il mio Harry. Non feci in tempo a chiederglielo che Rea ci stava spingendo dentro per tornare al lavoro.
 
 
 
 
Ciaoooo!!!
Allora è un po’ orripilante, però vabbè…insomma no non va bè però chissene.
No dai sul serio spero vi sia piaciuto ciao belle!!!
 

 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1081948