Till the stars don't shine

di All my Darkness
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccola Katherine. ***
Capitolo 2: *** E' tutta colpa mia. ***
Capitolo 3: *** Mystic Falls. ***
Capitolo 4: *** Promesse. ***
Capitolo 5: *** Ora. ***
Capitolo 6: *** Due cuori. ***
Capitolo 7: *** Flashback. ***
Capitolo 8: *** Una scelta. ***
Capitolo 9: *** Solo un ricordo. ***
Capitolo 10: *** Futuro? ***
Capitolo 11: *** Domani. ***



Capitolo 1
*** Piccola Katherine. ***


ll Ciao a tutti! Eccomi quì con una nuova fan-fiction Delena che spero possa piacere! Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno, se volete fatemi capire tramite recensioni se è passabile o se devo ritirarmi già da ora.
Causa scuola dovrò aggiornare ogni due-tre giorni, a meno che non avrò un lampo di genio creativo e mi porterò avanti con i capitoli.  Se volete leggere qualcos' altro di mio, ho scritto How could  I not love you, Damon? sempre su TVD.
Comunque, un bacio e buona lettura! :)


Pov Elena


Lessi il cartello Benvenuti a Mystic Falls, trattenendo un moto di sollievo: la pioggia e il vento continuavano a sferzare l'asfalto, mentre cercavo in tutti i modi di guardare fuori dal finestrino, e non verso lo sguardo color ghiaccio che sentivo trafiggermi da molto, da quando eravamo saliti in macchina. Damon guidava in silenzio accanto a me, stringendo forte, troppo forte, il volante e Jeremy forse si era addormentato, o forse no, non mi arrischiavo a controllare. La tensione nell'abitacolo era così palpabile, che mi sembrò di tornare a respirare quando finalmente l'auto accostò davanti casa nostra: Jeremy scese sbadigliando, io esitai, ancora seduta.
- Fate pure con comodo.- disse mio fratello, piccato, mentre in un attimo percorreva il vialetto di casa e si fiondava dentro, lasciandoci inevitabilmente soli.

Arrossii, pensando di incrociare finalmente quegli occhi che per così tanto tempo mi ero così preoccupata di evitare: Damon però guardava dritto davanti a sé, immobile. Non faceva freddo, perlomeno non lì dentro, ma sentii comunque un brivido attraversarmi la schiena.
- Scendi dalla macchina e vattene, Elena.

Sussultai, nel sentire la sua voce fredda colpirmi come uno schiaffo. Sbattei le palpebre più volte, incredula.
- Che cosa?

- Ho detto scendi dalla macchina e vattene. Andare via, lasciare un luogo, prendere un'altra strada. Sparisci.

Cercai invano il suo sguardo, ma non lo trovai.
- Damon...

Non rispose: presa da un impeto improvviso poggiai la mia mano sulla sua, fermamente ancorata al volante. Si voltò di scatto, puntando i suoi occhi nei miei, e rabbrividii: una luce folle, pericolosa, furiosa li illuminava, mentre si sottraeva con rabbia al contatto, lasciandomi con la mano a mezz'aria dallo stupore.
- Hai avuto un bel viaggetto, recuperato tuo fratello sano e salvo e passato un po' di tempo con il vampiro cattivo, ora puoi andartene e lasciarmi in pace. Contenta, piccola Katherine? - sibilò, con il tono di voce più crudele che gli avessi mai sentito, perforandomi con lo sguardo.

Piccola Katherine.
Quelle due parole mi trafissero l'anima, mentre sentivo già lacrime bollenti formarsi inesorabilmente tra le ciglia. Tremai.
- Sparisci.- ribadì, avviando già la macchina.

- Damon...- sussurrai, ingoiando le lacrime.

- Sparisci!-
gridò, sporgendosi ed aprendomi seccamente la portiera con una spinta della mano.
Corsi fuori dalla macchina, mentre lo sentivo già ingranare la marcia e partire al massimo della velocità: le ruote stridettero sulla ghiaia mentre in meno di un secondo scomparve dalla mia vista appannata dalle lacrime.
Caddi seduta sullo scalino del portico, notando solo in quel momento che ero fradicia dalla testa ai piedi, ma non me ne curai: mi presi il viso tra le mani e chiusi gli occhi, lasciando che i ricordi mi inondassero la mente. Mi pareva di sentire ancora le sue mani accarezzarmi con dolcezza e bramosia crescente mentre le nostre labbra combaciavano e lo stringevo a me, per un momento beatamente incurante di tutto e di tutti: avevo dimenticato chi ero, la mia storia, sentivo solo il suo calore e il suo profumo fondersi con il mio e non volevo che finisse.
Ma era finito. Era finito tutto.

Non lo so.
Quanta sincerità, e quanta meschinità allo stesso tempo era celata in quelle tre parole?
Non toccarla! L'eco della sua voce continuava a risuonarmi nelle orecchie, mentre per l'ennesima volta mi proteggeva, nonostante tutto.
Ma era vero? Non lo sapevo, o non
volevo saperlo? Avevo paura. Paura delle conseguenze, dei giudizi degli altri, dei cambiamenti, di tutto. Non lo so.
Piccola Katherine. Un altro singhiozzo mi scosse, mentre le lacrime continuavano a cadere, lente e inesorabili. Sentivo uno squarcio irreparabile nel petto continuare a pulsare, una ferita profonda: non avevo mai pianto così, non avevo mai sentito il cuore così straziato, e me ne sorpresi. Avevo perso i miei genitori, ero stata vittima di rapimenti, sacrifici, spettatrice di innumerevoli omicidi, eppure non ero mai crollata così, e soprattutto non avevo mai sentito quella strisciante sensazione di senso di colpa e vergogna che mi attanagliava lo stomaco. Di solito era colpa degli altri se stavo male, dell'ibrido, della morte o del vampiro di turno, non mia. Questa volta era diverso.
Era tutta colpa mia.

E' finita. Non voglio vederti, non voglio stare con te. Queste erano le parole con cui Stefan mi aveva lasciata, non le avevo dimenticate, ma ciò che avevo provato in seguito non era neanche paragonabile alla sofferenza che sentivo in quel momento.
Damon mi aveva fatto dimenticare tutto.
Ma ora non avrei avuto più nessuno.
- Entra, Elena. Sei fradicia, ti prenderà qualcosa.- Jeremy esitava alla porta, guardandomi preoccupato. Mi alzai di scatto ed entrai in casa e, senza dire una parola, lo abbracciai, singhiozzando.

- E' per Damon, vero?

Non c'era irritazione o rabbia nella sua voce, solo rassegnazione e dispiacere. Mi scostai e mi asciugai le lacrime.
- Sì.- risposi, voltandogli le spalle e salendo piano le scale.



Pov Stefan


Sentii la porta di casa aprirsi e il passo lento e familiare di mio fratello varcare la soglia. Alzai lo sguardo da Moby Dick per incontrare il suo: sembrava stravolto, completamente prosciugato. In un attimo mi alzai e gli fui davanti.
- Cos'è successo?- domandai.
- Piano fallito, come al solito, viaggio tranquillo e poco traffico. Niente da evidenziare.- rispose, con il solito tono sarcastico che stonava completamente con la sua espressione afflitta. Fece per scansarmi ma lo bloccai.
- Elena?- continuai, cercando invano di catturare il suo sguardo sfuggente.
- Intendi la doppelganger di Katherine? Oh, sta bene, magari un po' stanca, ma che vuoi farci. -
In quel momento mi avvicinai, e sentii stranamente un altro profumo che conoscevo benissimo mescolato a quello secolarmente familiare di mio fratello.
Capii tutto, e in meno di un secondo lo sbattei con forza contro il muro, bloccandolo: alcuni quadri appesi alla parete caddero per l'impatto.
- Dimmi cos'è successo. Ora!- gridai, a pochi centimetri dal suo viso.
- Quello che succede sempre, solo che stranamente ha preso lei l'iniziativa. Comunque puoi stare tranquillo, il suo essere Petrova si fa avanti sempre nei momenti sbagliati. Ora è il tuo turno, immagino, non so se ha una lista. -
Si liberò dalla mia presa e mi guardò, fulminandomi.
- Non può andare avanti così.- dissi, prendendo a camminare avanti e indietro al centro del grande soggiorno.
- Chissà perchè, ho come un
deja vu.
- Sono serio, Damon.
- Anch'io.
Ci scrutammo per quella che parve un'eternità.
- Comunque, ho preso una decisione.- disse poi, ad un tratto. Si avvicinò alla vetrina e ne afferrò una bottiglia di cristallo colma di liquido ambrato: versò il contenuto in un bicchiere e se lo portò alle labbra, prima di continuare.
- Me ne vado, Stefan. Non ho più motivi per restare quì, dopo stasera.
Spalancai gli occhi. - Che cosa?- domandai, incredulo.
Bevve l'ultimo sorso e posò il bicchiere, guardandomi.
- Mi riconosci, Stefan? Puoi leggere almeno parte di quello che provo nei miei occhi? Non posso continuare a ridurmi così. E' diventato un gioco che mi sta uccidendo.
- E cosa concluderai, andandotene?
Alzò le spalle, appoggiandosi alla parete.
- Magari apprezzerà l'assenza, visto che la presenza non le piace abbastanza.
Esitai. - Non puoi andartene... sei importante per lei. Crollerebbe.- ammisi, amareggiato.
Mi trafisse con lo sguardo. - Non è questo che vuoi? Averla tutta per te e poterla riconquistare? Al posto tuo non mi lamenterei. -
Rimasi in silenzio per un po', punto nel vivo.
- Dove hai intenzione di andare?
Si concesse un altro bicchiere di bourbon prima di rispondere. - Non lo so. Lontano da quì.-
Detto questo afferrò la giacca di pelle dal divano e mi fece un cenno con la mano.
- Ci si vede, fratellino.
- Lei ti ama.
Rimase fermo alla porta.
- Non abbastanza.- rispose, la voce completamente spezzata.
- Sì, invece. E non sai quanto mi costa ammetterlo, ma è la verità. Se te ne vai ora... a cosa sarà valso tutto ciò? - fissai il fuoco che ardeva nel caminetto.
Si voltò di scatto e fu di nuovo davanti a me. - Come mai tutto questo spirito di sacrificio? Che c'è, hai pietà per il tuo povero fratello respinto?
Lo guardai negli occhi. - Mi sto solo comportando da uomo, cosa che non ho fatto nel 1864, con Katherine.-
Sembrò colpito da quella affermazione, ma non reagì come mi aspettavo.
- Mi dispiace, Stefan. Almeno tu non le farai del male.- disse, affranto, lanciandomi un ultimo sguardo, prima di sparire.







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Capitolo 2
*** E' tutta colpa mia. ***


Cap 2 Ciao! Eccomi tornata con il secondo capitolo di questa nuova fan-fic. Spero vi piaccia, ringrazio enormemente chi ha recensito e chi ricorda/segue/preferisce. Fatemi sapere se vi piace! ;)
Un bacio, e buona lettura! :)


Pov Jeremy


Bussai nuovamente, ma l'unica cosa che ricevetti fu il silenzio.
- Elena.- chiamai, accostandomi di più alla porta della sua camera: sapevo che stava piangendo.
- Jeremy, vattene, per favore.
Silenzio.
- Elena, devo dirti una cosa. E' importante. Posso entrare?
- Stai bluffando.
- No, non sto bluffando, sono tuo fratello e ho bisogno di parlare con te. Ora puoi aprire questa maledetta porta?

- Cosa devi dirmi?
- Riguarda te. E... Damon.- ammisi, sapendo che quel nome avrebbe fatto il suo effetto.

Passarono alcuni secondi, e finalmente sentii la chiave girare. Entrai esitante in quella stanza che mi era tanto familiare, e scorsi la figura di mia sorella distesa sul letto, la testa affondata nel cuscino. Mi sedetti accanto a lei, un po' a disagio da quella situazione, e le accarezzai piano i capelli.

- Puoi spiegarmi cosa sta succedendo?- domandai, cauto.
Un altro singhiozzo le fece tremare le spalle, facendomi preoccupare ancora di più: non l'avevo mai vista così. La rabbia iniziò a scorrermi nelle vene.
- E' per quel vampiro, no? Lo sapevo che sarebbe finita così, che non ci si poteva fidare di lui. Cosa ti ha fatto? Dimmelo, Elena!

- Non mi ha fatto niente!- ad un tratto si mise a sedere, puntando i suoi occhi venati dalle lacrime e dal dispiacere nei miei.
- Sono io che sbaglio, sono io la causa di tutto!- si asciugò una lacrima ribelle che era sfuggita al suo controllo e si guardò intorno, frastornata, indifesa come non l'avevo mai vista.

Sospirai, cercando di calmarmi. - Prima ti ha soggiogata, non è così? Ti ha costretta a... stare con lui e... ora è così.

- No!- scosse con forza la testa, guardandomi con decisione negli occhi. - Lui non ha fatto niente, sono stata io, io a baciarlo e a fargli male di nuovo, per l'ennesima volta...-

Non potevo crederci.

- Elena, non capisco più niente! Stefan è tornato quello di prima, no? Lui ti ama ancora, allora perchè tutto questo? -

Cercai invano il suo sguardo, e le presi la mano.

- Puoi parlare con me, Elena. Sono tuo fratello e voglio che tu sia felice, non sopporto di vederti così.- feci una pausa, e in quel momento ricordai le parole di Rose.

- Ti sei innamorata di Damon?- domandai, senza pensare ma temendo la risposta.

Finalmente incrociai i suoi occhi.

- Ho paura, Jer.- sussurrò, tremante.

Mi avvicinai di più a lei, ma non feci domande.

- Sai qual era il mio incubo peggiore?- iniziò, con una smorfia. - Diventare come Katherine. La compativo ma allo stesso tempo provavo disprezzo per quello che aveva fatto. Avevo accettato di essere la sua doppelganger, ma ero convinta che la somiglianza si fermasse al lato fisico. Invece no.- la sua voce era monocorde, flebile, venata dal senso di colpa.

- Tu non sei una vampira centenaria con manie di egocentrismo! Come puoi paragonarti a lei? - la interruppi, sconvolto.

Non rispose.

- Damon ti ama. Anche Stefan ti ama, almeno credo, ma sono due modi totalmente diversi. - iniziai, non sapendo a cosa si sarebbe spinto quel discorso. - Immagina che Klaus ti prendesse, e minacciasse di ucciderti. Stefan sarebbe capace di tutto pur di salvarti: troverebbe streghe, grimori, compromessi, patti, alleanze con il nemico pur di riuscirci. Damon si farebbe uccidere al posto tuo, nel momento esatto in cui ti guardasse negli occhi e ti vedesse soffrire.-

Parlai di getto, senza pensare, e mi resi conto di quello che avevo detto solo quando vidi i suoi occhi spalancarsi dallo stupore e dalla consapevolezza. Trattenni il respiro, mentre li vedevo tornare a luccicare di lacrime.

- E non devi temere il giudizio degli altri, se sceglierai.- continuai. - Perchè dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo tutto quello che hai passato, non c'è persona al mondo che meriti più felicità di quanta ne meriti tu. E non importa con chi.-

Ci guardammo per quella che parve un'eternità, prima che ad un tratto mi abbracciasse, singhiozzando.

- Sto male, Jer! Mi sento in colpa, mi sento in colpa e dovrei sentirmi così per tanti motivi, perchè l'ho baciato, perchè non è stato giusto nei confronti di Stefan e perchè, con tutto quello che sta succedendo, i sentimenti sono l'ultima cosa a cui dovrei pensare... ma l'unica cosa per cui mi sento in colpa stasera... - mi strinse più forte, affondando la testa sulla mia spalla. - ... è di averlo lasciato andare così.

Le diedi un colpetto affettuoso sulla spalla, sospirando. - Sai che dovrai scegliere, prima o poi, vero? -

- Lo so.- rispose, e la sua voce si fece un po' più forte. - Ma stasera ho capito che non posso tornare indietro, dopo tutto quello che è successo. E questo vuol dire solo una cosa.- in quel momento si scostò di scatto e saltò giù dal letto, lasciandomi perplesso nel guardarla mentre si spazzolava velocemente i capelli.

- Dove stai andando?- domandai, sapendo già la risposta.

Indossò la giacca e afferrò le chiavi, prima di rivolgermi un sorriso. - Grazie di tutto, Jer. Vado dal vampiro che amo.- rispose, chiudendosi la porta alle spalle e scendendo di corsa le scale.


Pov Elena


Ingranai la marcia e accelerai, lasciandomi sfuggire una lacrima, di felicità stavolta, insieme a una risata liberatoria.
Mi sentivo leggera come una piuma, e immaginavo già la faccia che avrebbe fatto quando gli avrei detto tutto, dall'inizio alla fine, non avevo paura di niente. Come avevo potuto negarmi tutta quella felicità per così tanto tempo? L'avevo davanti ogni santo giorno, e continuavo ad ignorarla, invece di andarle incontro a braccia aperte.
Parcheggiai davanti casa Salvatore e scesi, sentendo l'euforia che aveva caratterizzato il viaggio evaporare e lasciare il posto alla preoccupazione. Esitai, davanti al grande portone, incerta su cosa fare, quando la porta si spalancò, cogliendomi di sorpresa.
- Elena.- Stefan mi guardava, allibito. - Cosa ci fai in giro, alle due di notte, da sola?
Abbozzai un sorriso di scuse. - Ho bisogno... di parlare con Damon. E' in casa?- domandai, timidamente.
Stefan spalancò la porta e mi lasciò entrare, senza rispondere. Fortunatamente il fuoco era acceso e mi sedetti sul comodo divano del soggiorno, scaldandomi.
Il vampiro si sedette accanto a me e mi guardò: era da tanto che non ci trovavamo così vicini e non potei evitare di sentirmi in soggezione.
- Damon non è quì.
Rimasi sorpresa. - Non è tornato?
Stefan puntò lo sguardo oltre la mia figura, quasi volendomi evitare: una strana sensazione iniziò a farsi strada nel mio cuore.
- Dov'è?- domandai, deglutendo a fatica.
Non rispose, continuando a eludere il mio sguardo. Scattai in piedi, senza neanche sapere perchè.
- Stefan, dov'è Damon?- la voce si incrinò, alzandosi improvvisamente di due ottave.
-
Perchè non rispondi? Guardami! Stefan?- gridai, presa dal panico.
In quel momento incrociai i suoi occhi verdi, una volta capaci di leggermi dentro, e per la seconda volta quella sera persi il controllo del mio corpo, e mi ritrovai a correre, salire senza fiato le scale, mentre le lacrime iniziavano già a cadere. 
- Damon!- chiamai, con tutta la voce che avevo. Spalancai una per una le porte della grande casa, guardando affannata in ognuna per pochi attimi, abbastanza per poter scorgere la sua figura familiare venirmi incontro, abbastanza per poter sentire quegli occhi di zaffiro graffiare dentro i miei, abbastanza per vedere solo il buio. - Damon!- continuai a gridare, fermandomi di colpo davanti a quella che, lo sapevo, era la sua stanza. Per un attimo smisi di piangere, dandomi della sciocca, perchè lo avrei sicuramente trovato lì, assorto davanti la grande finestra a fissare la notte, sorseggiando l'immancabile bicchiere di bourbon: mi avrebbe guardato, sollevando un sopracciglio in quello che doveva essere un ghigno sarcastico, esclamando "Cos'hai da chiamare così?", soddisfatto di avermi fatto prendere uno spavento. Spalancai la porta, già raggiante. Come ho potuto anche solo pensare che...
- Damon se n'è andato.-
Fissai quella solitaria oscurità, voltandomi verso Stefan.
- Dov'è andato?- cercai di controllare il tremito della voce. - Tornerà, vero? Sarà al Grill... o in giro... o...-
Due braccia forti mi afferrarono per le spalle e mi costrinsero ad annegare in quel tormento.
- Damon se n'è andato e non tornerà, Elena.-
Rimasi, immobile, a fissare un punto impreciso di fronte a me, mentre in un attimo tutte le forze venivano meno.
- Cos'è successo? Stefan!- le lacrime iniziarono a cadere, mentre prendeva a bloccarmi per i polsi: mi dimenai, ma l'unica cosa che ottenni fu di sentirmi totalmente bloccata.- Dimmi che non è vero.- lo guardai negli occhi, quasi supplicandolo. 
- Dimmi che non è vero...-
Ricambiò il mio sguardo, c'erano dolcezza e rassegnazione in quegli occhi, e non potei fare a meno di scoppiare in un pianto dirotto quando mi abbracciò piano: volevo altre braccia, altre mani ed altri occhi su di me, ma non avevo neanche la forza per pensarlo.
- E' tutta colpa mia.- sussurrai.
Lui non rispose, ma si scostò per guardarmi negli occhi.
- Ti accompagno a casa.
- Non c'è bisogno.
- Sì, invece. Non puoi guidare in questo stato. -
Detto questo, lasciai che mi prendesse per mano e lo seguii condurmi verso quella che forse era casa, ma davanti a me non vedevo niente, solo due occhi di ghiaccio.

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Capitolo 3
*** Mystic Falls. ***


Cap 3

Ciao! Voilà il terzo capitolo!
Grazie a chi ricorda/segue/preferisce e soprattutto a chi recensisce, vi invito a lasciarmi un commento per farmi sapere se vi piace.
Un bacio, e buona lettura! :)

Pov Katherine


Avevo sempre avuto un debole per New York: una città che non dorme mai è ottima per un vampiro particolarmente... attivo come me, e soprattutto assetato di sangue fresco. Le strade di Manhattan erano come al solito affollate di vetrine illuminate, famigliole all'apparenza felici e uomini d'affari, mentre avanzavo accompagnata da immancabili tacchi 12 e parecchi sguardi. Entrai in un bar poco affollato e mi sedetti al bancone, lanciando uno sguardo languido al barista.
- Mi porterai immediatamente un mimosa, abbondante. Magari con più sangue che champagne.- ordinai, vedendo le sue pupille restringersi ed allargarsi. Quanto adoravo il soggiogamento. Si allontanò obbediente, mentre mi ravviavo una ciocca castana dietro l'orecchio.
- Per me un bourbon, il migliore che avete. Ovviamente offre la casa. Ora. -
Mi voltai di scatto.
- Damon?- esclamai, allibita.
Per tutta risposta iniziò a sorseggiare il suo drink, guardandomi divertito.
- Certo che cammini bene su quei trampoli, facevo quasi fatica ad inseguirti. Sorpresa?-
Scossi la testa, contrariata. - Non hai una doppelganger da proteggere, tu?
Fece una smorfia e abbassò lo sguardo. - A quello basta il vecchio Stef. E poi, avevo bisogno di una pausa.-
Annuii, poco convinta, ma decisi di non infierire: poco dopo uscimmo dal bar e prendemmo a camminare insieme, mentre centinaia di persone e vite ci passavano accanto.
- Allora, novità a Mystic Falls?
- E' un modo implicito per sapere se Klaus è ancora vivo? Comunque sì, non siamo ancora riusciti a sbarazzarci di lui.
- Mi sto solo chiedendo cosa abbia potuto spingere il vampiro più temerario che conosco ad abbandonare la nave che affonda.-
Mi lanciò una breve occhiata che ricambiai, incuriosita.
- Il Damon che conosco mi avrebbe già incenerita con una delle sue battutine.
- Il Damon che conosci non esiste più.
Incassai il colpo, prima di fare un'altra domanda. - La piccola umana, invece? Ha finalmente imparato a non cacciarsi nei guai?
- A quanto pare dovresti essere molto fiera della piccola te, non fa altro che rendere onore alle sue origini Petrova.
In un attimo compresi. - Ah.- esclamai, soddisfatta.
- Non c'è niente di cui essere felici.
Avrei dovuto immaginare che ti saresti innamorato di lei.
Non rispose.
- E' tornata con Stefan?- lo stuzzicai, innocentemente.
Mi trafisse con lo sguardo. - No.
- Beh, immagino che non abbia neanche scelto te, visto che ora sei quì. Ha forse messo da parte il soprannaturale per qualcosa di più... al suo livello? Tipo quell'umano biondo dall'aria insipida... com'è che si chiamava... Matt?- feci la mia espressione più angelica. - Non si può avere tutto dalla vita.
Continuammo a camminare per un po', in silenzio.
- Perchè sei quì, Damon? Immagino che tu non sia venuto per respirare aria diversa, e il mio istinto di sopravvivenza mi sprona sempre a chiedere i motivi delle visite.
- Secondo te, perchè?- mi sfidò, anche se non potei evitare di non notare una sfumatura triste nella sua voce.
- Vuoi vedere se, stando via per un po', al tuo ritorno cadrà fra le tue braccia?- sorrisi, mentre ci spostavamo vicino la costa, sul lungomare.
- In parte sì, ma non sono così egocentrico.
- Non credo che sarà difficile. Ti trovo particolarmente...- esitai, alla ricerca dell'aggettivo giusto. 
- ... affascinante.- continuai, guardandolo: il tramonto stava appena calando e la brezza marina gli scompigliava i capelli color ebano, mentre mi rendevo conto che quell'aria malinconica lo rendeva, se possibile, ancora più intrigante.
Lui abbozzò un sorriso. - Dio mio, Katherine, stai veramente flirtando con un tuo ex? Non ti credevo capace di arrivare a tanto.-
Toccò a me sorridere, anche se un po' in imbarazzo. - Tu sei molto più di un semplice ex, Damon, dovresti saperlo. E quale sarebbe il resto delle motivazioni, a parte quello?-
Prese un respiro profondo prima di rispondermi.
- Ho un piano per uccidere Klaus, e tu sei l'unica che può aiutarmi.
All'improvviso smisi di camminare e lo guardai negli occhi.
- Non se ne parla!- sbottai. - Io a Mystic Falls non ci metto piede fino a quando...
- ... fino a quando cosa, Katherine?- mi interruppe, furioso. - Fin quando non morirà per cause naturali o un meteorite gli cadrà in testa? Devo forse ricordarti che è immortale, finchè non gli piantiamo un paletto di quercia bianca nel cuore?-
Distolsi lo sguardo, incrociando le braccia al petto, e guardai il mare dietro di me, dal colore tanto simile ai due occhi che stavo evitando, anche se mi sentivo un po' punta nel vivo. Lui sembrò notarlo e mi costrinse a voltarmi, prendendomi per un braccio.
- Non sei stanca di fuggire?- mi chiese, con il tono di voce più convincente che gli avessi mai sentito. Esitai, incerta, prima di attirarlo a me, fin quando i suoi occhi non furono così vicini da poter distinguere le venature dell'iride color ghiaccio.
- Se ci lascio la pelle, ti perseguiterò dall'altro Lato fino a quando non farai la mia stessa fine.- sussurrai, minacciosa, mentre sentivo il suo respiro freddo scontrarsi con il mio.
- Il Damon che conoscevo mi avrebbe già baciata.- continuai poi, suadente.
- Il Damon che conoscevi non era innamorato di un'altra.- rispose, sorridendo, mentre lo lasciavo andare per dirgerci verso la macchina.


Pov Damon


Guidavo per le stradine affollate di Brooklyn, seguendo le distratte indicazioni della vampira seduta accanto a me, che non faceva altro che mettere sotto-sopra la mia raccolta di cd.
- Mmm, non ti facevo per niente da ghotic metal e house.- commentò, alzando un sopracciglio e scartando un cd dopo l'altro. - Una volta impazzivi per i Notturni di Chopin, anche se questi sono molto più... vampireschi.-
- Sicura che questa strega non sia morta da qualche decennio?- sbottai, svoltando in una strada secondaria.
Sbuffò. - Sono andata a... farle visita neanche un mese fa, e ti assicuro che stava benissimo. Puoi parcheggiare quì, siamo arrivati.-
Una volta scesa dall'auto, la vampira mi prese per mano.
- E' meglio se crede che sei il mio... compagno, così non le verrà in mente di attaccarmi, se sa che siamo in due.- si giustificò, cercando qualcosa con gli occhi.
- Puoi dirlo se hai bisogno di affetto, non c'è da vergognarsi.- scherzai. - Capita anche a me.
- Spiritoso.- rispose, prima di indicare quello che doveva essere un ristorante.
- Lavora lì. Limitati ad annuire e a guardarla minaccioso.
Alzai gli occhi al cielo. - E fu così che il piano fallì miseramente.
- Ti sto solo avvisando.- rispose, prima che entrassimo.
Il ristorante era quasi vuoto, tranne che per alcuni clienti. Una donna al bancone, dai lunghi capelli ricci e la carnagione ambrata, notò Katherine e sembrò trasalire, ma la guardò coraggiosamente mentre ci avvicinavamo.
- Katherine.- salutò, lanciando una breve occhiata alle nostre mani intrecciate. - Qual buon vento?- domandò poi, controllando il tono di voce.
La vampira sorrise, tutt'altro che benevola. - Diciamo che è ora di rendere qualche favore indietro, Nathalie.
- Lui chi è, il tuo nuovo giocattolino ?- domandò la strega, alludendo a me.
- Damon Salvatore.- risposi, piccato. I suoi occhi sembrarono illuminarsi di consapevolezza, ma non obiettò.
- Venite nel retro.- esclamò, facendoci strada.
Entrammo in quella che poteva essere la via di mezzo tra un magazzino e l'antro di una stega e mi appoggiai al muro, mentre Katherine avanzava verso il centro della stanza.
- A cosa devo la vostra presenza?
- Ci serve un incantesimo di localizzazione.- risposi, controllando che non arrivasse nessuno.
- Su cosa? Persone, oggetti...?
- Un paletto. Un paletto di quercia bianca.- la interruppe Katherine.
Gli occhi della strega si spalancarono, ma conoscendo forse con chi aveva a che fare preferì non fare domande. Dispose delle candele in cerchio, aprì una vecchia cartina e si inginocchiò a terra.
- Ho bisogno di qualcosa su cui far leva.- disse, incerta della nostra reazione. In meno di un secondo Katherine si affondò i canini nel polso e fece colare il sangue sulla mappa.
- Veloce, strega, non abbiamo tempo da perdere.- la mise a tacere, ritornando alla sua postazione.
Nathalie iniziò a pronunciare delle strane parole in latino, e il sangue prese a muoversi lentamente sulla mappa, a scendere giù, sempre più giù, verso la Virginia e fermandosi su...
- Mystic Falls.- esclamai, preoccupato. - Proprio dove era meglio che non fosse.

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Capitolo 4
*** Promesse. ***


Cap 4 Ciao a tutti! Rieccomi con il quarto capitolo di questa mia seconda fan-fic Delena. Grazie a tutti quelli che leggono/ricordano/seguono/preferiscono e recensiscono e, se volete, fatemi avere un commento, anche breve, per me è molto importante.
Un bacio, e buona lettura! :)
PS: Aggiorno martedì.


Pov Stefan


Erano trascorse due settimane da quando mio fratello aveva lasciato la città: la vita, per quanto normale e tranquilla potesse essere a Mystic Falls, andava in qualche modo avanti. Bussai, come ogni sera, a casa Gilbert, aspettando che qualcuno aprisse.
- Stefan.- Jeremy mi fece entrare, per poi sprofondare sul divano. - Elena è di sopra. E non sta piangendo, credo.- mimò l'ultima frase con le labbra, per non farsi sentire. Sollevato, salii le scale e bussai alla sua porta.
- Entra, Stefan.- esclamò Elena. La camera era sempre la stessa, ma non potei non notare la sottile sfumatura di nervosisimo nella sua voce: sedeva sul letto, fissando una busta che aveva tra le mani.
- Cos'è?- domandai, sedendomi accanto a lei.
- Un invito a un ballo in stile 1920.- rispose, porgendomela.
Sulla spessa carta bianca spuntava, in rilievo, un'elegante calligrafia.
- Domani, alla Mystic High.- mi anticipò lei, stendendosi e portando una mano dietro la testa. - Per esperienza direi che non è stato organizzato solo per rispolverare la moda anni '20, basti pensare che una delle organizzatrici è Rebekah. Immagino che sia rifiutare l'invito che andarci significherebbe firmare la propria condanna a morte, visti i precedenti.-
Abbozzai un sorriso, pensieroso. - Chi andrà?
- E' stata invitata tutta Mystic Falls, almeno credo. Soprattutto vampiri, ibridi e doppleganger.- rispose, sospirando. Il suo sguardo vagò per la stanza, perso nei ricordi.- Quando andavo al liceo, i balli non erano coperture per omicidi.- continuò.
- Magari stavolta non lo è.- ipotizzai, cercando di essere ottimista. - E poi, se ci sono io, o Caroline, nessuno ti torcerà un capello.
Sorrise, guardando il soffitto. - Mi toccherà studiare un'acconciatura anni 20, allora. Non potresti suggerirmi qualcosa, visto che quell'epoca l'hai vissuta?
- Gli anni 20 non era proprio il periodo in cui facevo caso alle pettinature.- risposi, riuscendo a strapparle una risatina, cosa che non succedeva da parecchio.
Abbassai lo sguardo, prima di guardarla di nuovo, questa volta usando un tono di voce più convincente. - Ascolta, so che ti suonerà banale come cosa... ma verresti al ballo con me?-
Mi lanciò un'occhiata sorpresa, sembrò esitare: per un attimo, ne ero sicuro, le era tornato in mente Damon, e vidi i suoi occhi velarsi di tristezza, prima di piegare le labbra in un sorriso.
- Certo, Stefan. Mi farebbe molto piacere.- rispose, gentile. Ricambiai il sorriso e mi alzai, dirigendomi verso la porta.
- Per qualunque cosa... chiamami.- dissi, accennando al cellulare sul comodino.
La nostra casa era sempre sembrata, agli occhi degli altri, enorme ed inquietante, e in fondo un po' lo era, visto chi ci abitava. Mi diressi in soggiorno, diretto alla vetrina degli alcolici, quando una voce suadente mi bloccò.
- Anche tu, Stefan? Pensavo che il vampiro dipendente dal bourbon fosse solo Damon.-
Katherine sedeva elegantemente sul divano, le lunghe gambe fasciate dai jeans accavallate, rigirandosi tra le dita una ciocca color cioccolato. Permisi alla sopresa di cogliermi solo per qualche attimo, prima di ritrovarmi davanti a lei.
- Cosa ci fai quì?- ringhiai. In un attimo la spinsi contro il muro e le bloccai ogni via d'uscita.
Per tutta risposta lei sorrise, fingendosi impressionata. - Una volta eri molto più cortese con gli ospiti, Stef. Stai frequentando brutte compagnie?-
La lasciai andare, puntandole contro uno sguardo rovente.
- Ecco, adesso si ragiona.- rispose, prendendo una bottiglia di cristallo e versandosi un bicchiere, neanche fosse a casa sua.
- Affari. Nostalgia. Noia. Il solito.- disse, poi, concedendosi un lungo sorso.
- Che tipo di affari?
- E' meglio smetterla di giocare all'intervista, fratellino. Non siamo quì per perdere tempo.-
Damon spuntò dal nulla, appoggiandosi con nonchalance alla parete accanto al camino.
- Va bene, riformulo la domanda. Cosa ci fate voi quì?
- C'è un paletto di quercia bianca nascosto da qualche parte.- rispose il vampiro, prendendo a camminare nervosamente per la stanza. - E noi dobbiamo trovarlo, entro domani sera.
- Carino il tema anni 20, vero? Rebekah avrebbe preferito qualcosa di più scenografico, ma alla fine l'ho spuntata io.- intervenne Katherine.
Li guardai, allibito. - Cosa c'entrate voi con il ballo?
- Andiamo, non hai ancora imparato niente di questa città? Nessuno organizza un ballo senza secondi fini omicidi. E noi dobbiamo uccidere Klaus.- rispose Damon, versandosi anche lui un bicchiere.
- Siamo in città da due giorni, Stefan.- iniziò a spiegare Katherine, impaziente. - Dobbiamo solo trovare quel paletto e agire.
- Anche Rebekah è con noi.- continuò Damon, rispondendo alla mia occhiata interrogativa. - In teoria il ballo aveva un altro scopo per Klaus, poter rapire la doppelganger tra la folla per permettergli di andarsene con la sua sacca di sangue umano. Quindi saranno in gioco due piani domani sera, e uno vincerà sull'altro.-
Le loro spiegazioni vennero accolte dal silenzio più tombale, mentre i rintocchi del campanile in lontananza segnavano la mezzanotte.
- Cosa facciamo, adesso?- domandai, scattando in piedi.
- Si va a trovare una vecchia cripta.- rispose il vampiro, prima che tutti e tre sparissimo nel nulla.
Arrivammo contemporaneamente al cimitero, esattamente davanti la cripta, e lì trovammo Jeremy.
- Cosa c'entra lui in tutto questo?
- Chissà perchè, i vampiri non possono entrare nella grotta.- sbottò Katherine, sarcastica, mentre noi quattro ci addentravamo in profondità.
Feci una smorfia. - Li facevo più fantasiosi, in quanto a nascondigli.
- Solo perchè si chiamano Originali non vuol dire che lo siano.- rispose Damon. - L'incantesimo di localizzazione indicava il cimitero, e questo è il luogo più pensabile per nascondere qualcosa alle creature sovrannaturali.-
Jeremy entrò nella cripta brandendo una torcia, e dopo pochi minuti ne uscì, nascondendo qualcosa di filiforme e familiare sotto la giacca.
- Bene, i giochi sono fatti, signori.- esclamò Damon, avviandosi verso l'uscita. - Non mancate domani al ballo.- continuò, prima di sparire.



Pov Damon


La finestra in camera di Elena era come al solito socchiusa nel buio della notte, gesto abbastanza imprudente che le avrei dovuto rimproverare, prima o poi. Con un salto a velocità ultraterrena mi ritrovai sul grande ramo d'albero che pendeva vicino al davanzale e mi misi in ascolto, anche se dubitavo che fosse ancora sveglia.
Sentivo lo sfogliare delicato di un libro e uno strano suono in sottofondo, oltre al suo cuore martellante. Un singhiozzo, e qualcosa di leggero e liquido cadere sulle pagine: stava piangendo. Dimenticata ogni accortezza mi sporsi di più fino a quasi sporgermi dal davanzale, e la vidi, e il mio cuore morto riprese a battere. Era distesa sul letto, in un groviglio disfatto di coperte, un libro dall'aria vissuta tra le mani e l'unica cosa che sapevo era che stava piangendo, il più silenziosamente possibile, forse per non allarmare Jeremy.
Per un attimo affiorò l'idea che potesse stare male per me, e sentii un misto di soddisfazione e dispiacere sopraffarmi, che allontanai subito. In quel momento bussarono alla porta: subito fece sparire le lacrime dal viso, scacciandole con le mani, e si schiarì la voce. - Entra, Jeremy.
Il fratello fece capolino dalla porta. - Ehi, tutto bene?
Elena sorrise, e sembrava quasi sincera. - Certo, come mai ancora sveglio?
Jeremy fece spallucce. - Stavo vedendo un film ed è appena finito. Posso entrare? -
La ragazza rimase sorpresa, ma non esitò. - Vieni.- lo incitò, facendogli segno sul letto accanto a lei. Lui si sedette e la guardò per un po' pensieroso.
- Che programmi hai per domani?- chiese, un po' in imbarazzo da quella sensazione: sentivo il sangue scorrergli sulle guance.

Elena guardò il soffitto, forse per nascondere gli occhi lucidi al fratello. - Andrò al ballo con Stefan, salvo morti o improvvise
partenze.- rispose, lasciando cadere un lieve accento sull'ultima parola. Jeremy sembrò capire qualcosa e prese ad accarezzarle il braccio.
- Mi dispiace, Elena. Per quello che ti ho detto quella sera. Non lo avrei fatto, se avessi saputo che...

- Tranquillo, Jer.- lo interruppe. - Avrei dovuto ammetterlo prima o poi. Ma ironia della sorte...- non continuò la frase.

Perchè parlavano con tutti quei sottointesi?
Ero confuso.
- Cosa hai intenzione di fare, adesso?- domandò il fratello, preoccupato.

- Cosa posso fare?- rispose Elena, sarcastica. - Non lo so. Non lo so, Jer. Mi sento...- si guardò intorno, cercando di scoraggiare le lacrime, anche se la sua voce era già spezzata. - Mi sento come se mi avessero tolto... tutto quello che mi permetteva di andare avanti.- ammise, lasciando che una piccola goccia salata sfuggisse al suo controllo. - Domani andrò a quello stupido ballo e spero solo che non mi portino via qualcun'altro, perchè credo di aver superato da un pezzo il mio limite di sopportazione.-

- Potrebbe tornare.- esitò Jeremy, non sapendo la sua reazione.
Passarono alcuni secondi.

- Nel caso spero che non ci siano cose di legno in giro, perchè non rispondo delle mie azioni.- rispose, e i due scoppiarono a ridere, mentre qualcosa, non so se speranza o dispiacere, mi punzecchiava le pareti del cuore.

Jeremy scoccò un lieve bacio sulla guancia alla sorella e le augurò la buonanotte, mentre lei rideva prendendolo in giro. Rimase sola nella stanza. Passarono alcuni minuti, si alzò e si affacciò alla finestra respirando l'aria fresca, mentre io ero consapevole che mi sarebbe bastato allungare una mano per toccarla.
- Ciao.- sussurrai.

La ragazza indietreggiò dallo spavento e il suo cuore partì a mille, mentre le premevo la mano contro la bocca per non farla gridare. Rimanemmo così: io, seduto sul davanzale della sua finestra e lei dall'altro lato, mentre l'espressione di terrore nei suoi occhi tramutava e diventava qualcos'altro che non riuscii a definire. Tolsi la mano dalle sue labbra e alzai lo sguardo, mentre il silenzio e l'atmosfera si appesantivano tra noi.
- Spero che non mi chiuderai la finestra in faccia, perchè in tal caso sarò costretto a scardinare la porta d'ingresso e mi pare sconveniente.- sussurrai, cercando qualcosa nei suoi occhi che non trovai.

Lei non rispose, continuò a fissarmi.
- Ho sentito che vuoi uccidermi. Beh, sono quì. Occasione perfetta.- continuai a stuzzicarla, ma la sua freddezza mi dava i brividi.

- Cosa vuoi, Damon?- la sua voce tremava, glaciale.

Feci spallucce. - Fammi entrare.
- No.

La guardai, sorpreso. - Ah, bene, facciamo gli offesi, adesso? E io che mi aspettavo un'accoglienza lacrimevole, devo proprio ricredermi. Sentiamo, per cosa devo chiederti scusa?
- Vattene.- sibilò.

- Fammi entrare.

Mi guardò, pensierosa. - Dove sei stato?- mi chiese, abbandonando l'aria da cubetto di ghiaccio e lasciando trasparire la preoccupazione.
- A cercare... aiuto.

- C'entra con il ballo di domani?

- Che ragazza perspicace. Devo restare quì tutta la notte o mi fai entrare?

- Per me puoi anche andartene.

- Insomma, quello che ti permetteva di andare avanti è tornato e tu lo tratti così?- ribattei, offeso, citando le parole che aveva detto prima. Lei arrossì di colpo, lanciandomi un'occhiata assassina.

- Non mi riferivo a te.- si difese, orgogliosamente.

- Ah, no?

- No!

Non capivo il suo comportamento.
- Scusami per quello che ho detto quella sera.- ammisi, sinceramente.

- Va bene.

- Perchè fai così?- la implorai, frustrato.
- Ho fatto una promessa a me stessa, Damon. E in quanto a promesse, forse qualcuno dovrebbe cercarne il significato sul vocabolario.- sbottò, tutto d'un fiato, prima di chiudere con forza la finestra.


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Capitolo 5
*** Ora. ***


Cap 5 Buonasera ragazze! Eccovi il quinto capitolo, spero che non deluda le vostre aspettative. Fatemi avere una vostra recensione, anche due parole, mi renderebbe molto felice. Grazie a chi ricorda/segue/preferisce e un bacio enorme a chi recensisce. Senza di voi butterei carta e penna - si fa per dire- nel cestino.
Aggiorno venerdì.
Un bacio, e buona lettura! :)


Pov Elena 


Erano quasi le otto e Stefan non era ancora arrivato: diedi un ultimo ritocco all'elaborata acconciatura raccolta e mi guardai allo specchio. Avevo scelto, su consiglio di Caroline, un corto abito color champagne impreziosito da strass e perline, e il risultato mi sembrava accettabile. Il suono del campanello mi distrasse da quei pensieri e corsi ad aprire la porta, trovando uno Stefan impeccabile e, senza dubbio, molto elegante, ad aspettarmi. Mi sforzai di sorridere, cosa che ormai facevo da più di due settimane, e appuntai al petto la rosa bianca che mi aveva portato, lasciandomi prendere sottobraccio e guidare verso la macchina. La palestra della Mystic High era irriconoscibile, tirata a lucido e addobbata a festa, e decine di coppie in abiti d'epoca si dimenavano in pista, a ritmo della musica retrò; ma non ebbi il tempo di dare un'occhiata più approfondita, che Stefan mi trascinò letteralmente in un corridoio, verso un'aula vuota dall'aria malandata.
- Oh, finalmente.- sbottò la mia gemella vampira, nel momento esatto in cui Stefan accese la luce: indossava i miei identici vestiti e scarpe, anche la pettinatura era la stessa, praticamente indistinguibile da me.

- Devo ammettere che hai bei gusti in fatto di vestiti, l'avrei scelto anch'io.- mi disse, con un sorriso complice, mentre si avvicinava a Stefan.

- E ora?- domandai, nervosamente.
- Resti quì fin quando non risolviamo la situazione. - il vampiro alluse a noi due.

- Nessuno è a conoscenza di questa parte del piano, tranne noi e Rebekah, quindi non uscire per nessun motivo al mondo e cerca di fare meno rumore possibile. Mi dispiace.- aggiunse poi, prendendo Katherine per mano e chiudendo a chiave la porta dell'aula, lasciandomi sola e completamente frastornata.

Mi nascosi sotto l'intercapedine della finestra, in ombra, in modo che nessuno potesse vedermi, e mi strinsi le ginocchia al petto, forse per cammuffare il battito impazzito del mio cuore, sentendomi completamente impotente.


Pov Katherine


Mi lasciai guidare da Stefan al centro della pista, sorridendo.
- Era da tanto che non andavo a un ballo.- dissi, mentre lo abbracciavo e lui mi cingeva i fianchi con le mani, attraendomi a sé: la musica era lenta e l'atmosfera soffusa, romantica. L'attrazione che provavo verso Damon non era
niente in confronto a quello che sentivo in quel momento, tra le braccia di Stefan, incurante di tutto intorno a noi.
- Beh, sono contento che tu riesca a goderti l'atmosfera, nonostante il contesto.-

Ridacchiai. - Sono pur sempre una donna, caro Stef.- risposi, strappandogli un bellissimo sorriso.
In quel momento notai, con la coda dell'occhio, una figura inconfondibile entrare nella sala, guardarsi intorno e dirgersi senza esitazioni verso il piano bar: come al solito, Damon aveva deciso di fare l'anticonformista e ignorare le direttive del ballo, presentandosi con il solito completo total-black e come unica nota di colore le onde tormentate nei suoi occhi.
Lo vidi soggiogare il barman e poco dopo bere un bicchiere di alcol ambrato, percorrendo con lo sguardo la pista. Incontrai i suoi occhi per un istante e vidi i suoi allargarsi dalla sorpresa, o forse da qualcos'altro, ignaro della mia vera identità, visto com'ero stretta al suo fratello minore. Gli voltai lo spalle e dedicai la mia attenzione a Stefan, stringendomi ancora di più al suo corpo marmoreo e sussurrandogli sensuale qualcosa all'orecchio, facendo in modo che Damon avesse una buona visuale di noi due.
- Shh. Permettiti di sentire ciò che provi.-  lo zittii, suadente, consapevole che due occhi di ghiaccio ci stavano praticamente perforando. Ignaro delle mie vere intenzioni, Stefan prese ad accarezzarmi la schiena e i fianchi, indugiando sui pochi lembi di pelle scoperta che sembrarono ardere al suo contatto.
Gli presi dolcemente il viso tra le mani e lo guardai, facendo scontrare i miei occhi color cioccolato con i suoi, verdi e bellissimi. Premetti le mie labbra contro le sue e lasciai che le nostre lingue si incontrassero, impazienti e desiderose l'una dell'altra, mentre il dolce sapore di lui e della tacita vendetta si fondevano nella mia mente. Il bacio crebbe piano d'intensità, proprio come sarebbe successo con un'umana come Elena, di certo non irruente e impaziente come me, e mi abbandonai completamente a Stefan; ci separammo dopo quella che parve un'eternità, entrambi senza fiato.
Arrischiai un'occhiata verso Damon, ma notai con soddisfazione che non era più lì.
Mi schiarii la voce: era arrivato il momento di attuare il piano.
Stefan si scostò da me, ammiccando.- Vado a prendere qualcosa da bere.
- Certo.- risposi, sorridendo. - Ti aspetto vicino ai tavoli.

Mi allontanai verso un angolo poco affollato, aspettando con fare innocente l'arrivo del mio cavaliere, o forse di un rapitore che non si fece attendere.
- Elena.- mi salutò Rebekah, elegantissima in un abito rosso fuoco.

- Rebekah.- trasalii, fingendomi spaventata.

- Seguimi e non gli succederà niente.- mi assicurò, sorridendo angelicamente. Mi fece strada tra i corridoi bui della scuola, assicurandosi ogni pochi secondi che stessi calcando i suoi passi.

- Sta' attenta.- mi intimò. Uscimmo all'aperto, e ci dirigemmo verso un SUV nero parcheggiato lì vicino, dai vetri oscurati. Salii ai sedili posteriori, sentendo le serrature bloccarsi dall'interno nel momento esatto in cui Rebekah chiuse con forza la portiera. Percepii il ticchettìo dei suoi passi fare il giro della vettura e affacciarsi al finestrino del guidatore.

- Vi raggiungo appena finisce il ballo.- disse, rivolta alla figura al volante.

- Sempre la solita.- rispose Klaus, contrariato. - Salutami i fratelli Salvatore.- continuò, prima di avviare con un rombo l'auto e ingranare la marcia. In pochi secondi prendemmo velocità e ci allontanammo. Passarono alcuni minuti, durante i quali feci in modo che il mio respiro sembrasse affannato.

- Allora, doppelganger? Contenta del viaggetto?

- Lasciami andare, Klaus.- lo implorai, piangendo.
Per tutta risposta scoppiò a ridere. - Credi veramente che lo farei? Povera umana. Quando esaurirai la verbena in circolo, con il soggiogamento sarà tutto più facile. A proposito, come ti senti? Non che mi preoccupi per te, ma ho bisogno di sangue sano per i miei ibridi.-

Occasione perfetta. Mi portai una mano allo stomaco. - Devo vomitare.- borbottai.
Klaus spalancò gli occhi. - Adesso?
- Sì... ho bevuto troppo...

- Non potresti trattenerti? Arriveremo tra poche ore.-

Finsi un conato e mi portai una mano alla bocca, tossendo e rantolando.
In pochi secondi l'auto accostò mentre Klaus, furioso, usciva dalla macchina e mi apriva la portiera. Arrancai fuori e mi allontanai di poco, cadendo per terra.
Avvenne tutto in un attimo.
Nel momento esatto in cui un barlume di preoccupazione faceva capolino nei suoi occhi, forse a causa della ferrea educazione, radicata nei secoli, nel vedere le donne come creature fragili e da proteggere, tirai fuori il paletto di legno dal corpetto del vestito e glielo affondai nel cuore, con tutta la forza che avevo in corpo, e ne avevo tanta, insieme alla rabbia e al desiderio di vendetta.
- Sei un ibrido, non posso morire se ti uccido. Addio, Klaus. E' stato un piacere. - sussurrai, sorridente, mentre i suoi occhi diventavano di pietra.



Parcheggiai il SUV vicino l'entrata della scuola e rientrai al ballo: era passata solo mezz'ora e Stefan mi aspettava lì vicino.
- Com'è andata?- chiese, anche se sapeva già la risposta.
Lo presi sottobraccio e lo trascinai in pista. 
- Diciamo che non abbiamo più problemi.- gli risposi all'orecchio, mentre ci concedevamo un altro lunghissimo e passionale bacio.
Mi separai da lui malvolentieri, ma avevo ancora qualcosa da voler fare sotto le spoglie di Elena, e non me ne sarei lasciata sfuggire occasione.
- Vado a bere qualcosa.- dissi, sorridendo. - Qualcosa di serio.- continuai, alludendo alle persone intorno.

- Non combinare guai.- mi ammonì lui.
Mi allontanai, trionfante: non sapevo neanche perchè lo stavo facendo, a volte gli impulsi di una Petrova come me non si potevano controllare. Uscii dalla scuola e ne percorsi il perimetro, cercandolo, ma come sarebbe successo con Elena, fu lui a trovare me.
In meno di un secondo mi prese per la vita e sentii la terra mancarmi da sotto i piedi, rendendomi conto che ci trovavamo sul tetto. Si allontanò, voltandomi le spalle, e si appoggiò alla pesante ringhiera, guardando le stelle che splendevano su di noi.
- Damon.

Non rispose. La luna illuminava debolmente la sua figura, rendendogli un'aria ancora più spettrale.
- Hai visto.- non era una domanda, volevo solo una conferma.

Lui rise, ma non c'era niente di allegro in quella risata. - Visto cosa, Elena? Te e mio fratello sbaciucchiarvi appassionatamente in mezzo alla pista da ballo? Ah, quello non ho potuto perdermelo. Poi se avete fatto altro non lo so.-
Feci un passo verso di lui, che non si mosse.
- Hai scelto. - questa volta fu lui a parlare. Non era una domanda.
- Sì.- sussurrai, stringendomi nelle spalle.

- Perchè?- la voce gli uscì flebile ma senza alcuna inflessione.

- Non posso cancellare quello che provo per lui, Damon.- iniziai, avvicinandomi di più. - Sono stati due anni... terribili, sotto certi aspetti, ma anche... i più belli, tra dolore e amore, ma pur sempre amore...- esitai, ma ripresi, cercando di rendere il tono di voce più dolce. - Quando lui non c'era, ero sola, ma avevo te. Sarò sincera... ti ho usato. Sapevo che provavi qualcosa per me, e ho fatto leva su quello, ma mentirei se dicessi che non ho provato niente. Mi hai fatto stare bene e ti sei preso cura di me. E proprio per questo non posso continuare a mentirti. Io amo Stefan. -

Passò un'eternità di silenzio.
- Perchè mi hai baciato, quella sera, al motel? Sapevi che mi sarei illuso.- la sua voce si spezzò sull'ultima parola, ma continuava a darmi le spalle.

Un bacio al motel? Questa non la sapevo. Erano andati più avanti di quanto pensassi
.
- E' stato... non lo so neanch'io. Ma devi... dimenticarlo.-
In un attimo sentii una folata di vento e le spalle premere contro la parete fredda, mentre con le braccia mi bloccava ogni via d'uscita.

- Dimenticare?- sibilò, il viso a pochi centimetri dal mio. - Per l'amor del cielo, l'hai detto veramente? Ma hai visto con chi stai parlando? Sono un vampiro, Elena! Ogni singolo momento, ogni singolo istante...- scosse la testa, per poi ripuntare il suo sguardo di ghiaccio nel mio. - ... ogni singolo istante è impresso a fuoco nella mia mente, ogni emozione, ogni respiro, come puoi anche solo pensare che io possa dimenticare? Ricordo come se fosse ieri il momento in cui quella pallottola mi ha perforato lo sterno e sono caduto a terra, ricordo ogni singolo giorno che ho vissuto da vampiro con il maledetto desiderio di dimenticare e tu pretendi che io dimentichi l'unica cosa, l'unico ricordo che varrebbe la pena conservare della mia inutile vita?-

Ma non ebbi il tempo di pensare a come affondare di più la lama, perchè le sue mani cercarono il mio volto e le sue labbra le mie, con un moto di urgenza e devastazione che mi graffiò dentro mentre ricambiavo quel bacio e affondavo le dita nei suoi capelli di seta.
Si scostò un attimo per guardarmi negli occhi, il respiro freddo spezzato e irregolare.
- Lo so che provi qualcosa per me.- sussurrò, senza fiato e una strana luce negli occhi. - Lo so che non sarà mai quello che provi per Stefan, ma il tuo cuore batte più forte quando sei con me, mi basta questo...
Sii mia, Elena.
Solo questa notte. Te lo farò dimenticare, se vorrai, ti farò dimenticare tutto e me ne andrò, o resterò e farò finta di niente ma sarò solo io a soffrire, e avrò qualcos'altro a cui aggrapparmi. Un ricordo per sempre. Ma solo un ricordo.-

Mi sarei veramente spinta a ciò?
Per un attimo io, Katherine Pierce, o Katherina Petrova, esitai. Ma se c'è qualcosa che ho imparato di me in tutti questi secoli, è che Katherine Piece, Katherina Petrova o semplicemente la vampira egocentrica con manie di protagonismo non si sente mai in colpa.
Perciò lasciai che le nostre labbra si trovassero di nuovo e le lingue entrassero in contatto, nel bacio più intriso di desiderio che avessi mai ricevuto.
In un attimo Damon mi prese in braccio e saltò giù dal tetto, provocandomi un brivido di eccitazione quando toccò a terra, ammortizzando perfettamente l'urto, e riprese a baciarmi. In pochi secondi arrivammo in quella che riconobbi come la sua stanza, riconoscevo il suo profumo e l'odore dei libri, vedevo perfettamente nel buio della notte, ma lui non poteva saperlo: accecato dalla gelosia, o semplicemente dall'amore represso, non vedeva nient'altro che me, Elena nella sua mente, e nel suo cuore. Mi persi in quegli occhi, e per un attimo mi sentii invidiosa di lei, per quanto quell'uomo – perchè ormai non era più un vampiro, non dentro, non con tutto quell'amore e quel dolore negli occhi – continuava ad amarla, nonostante tutto. Nonostante quello che avessi appena detto e fatto. Presa da un impeto di passione gli tolsi di dosso la giacca e iniziai a sbottonargli la camica, baciando ogni centimetro di pelle che riuscivo a liberare: era estremamente frustrante dovermi fingere umana eppure, in quell' intero secolo in cui non avevo fatto altro che soggiogare e far dimenticare l'ennesima notte all'umano di turno, nessuno mi aveva mai fatta sentire così... desiderata. Amata. Continuava a voler prolungare quei momenti, ad assaporare le mie labbra come se fossero il sangue più prelibato, mordermi e accarezzarmi con bramosia crescente; impaziente di farlo mio, lo attirai sul letto, sopra di me. Quel gesto sembrò turbarlo profondamente per qualche istante, forse Elena non avrebbe fatto così, si era accorto che...?
- So che per te sarà una tortura vedere me al posto di Stefan...- disse, amaramente, puntando i suoi occhi color ghiaccio nei miei. - ... e che forse vorresti velocizzare le cose per tornare fra le sue braccia, ma visto che questa sarà la prima e l'ultima volta e solo uno dei due dovrà ricordarla...- premette con forza le labbra sulle mie, senza finire la frase, prima che diventassimo una cosa sola.

Appoggiai la testa sulla sua spalla e lui mi strinse, con un fare protettivo che mi strappò un sorriso: noi vampiri non sentivamo mai il bisogno fisico di dormire, anche se potevamo farlo, perciò alzai il viso e contemplai il suo profilo perfetto, illuminato debolmente dalla luce della stanza. Percepivo il vago bagliore dei suoi occhi, fissava un punto imprecisato del soffitto e non riuscivo a decifrare la sua espressione. In un attimo, come se avesse vinto una battaglia interiore, si voltò verso di me e mi prese il viso tra le mani. Passarono alcuni istanti, occhi negli occhi, di puro silenzio.
- Quando ti sveglierai.- iniziò, la voce completamente rotta. -... sarai nel tuo letto e dimenticherai tutto quello che è successo stasera, ricorderai solo di esserti presa una brutta sbronza al ballo.- continuò, scavandomi dentro con gli occhi, mentre i suoi si facevano lucidi. - Dimenticherai il bacio al motel e quello sotto il portico di casa tua e quando stavo per morire, e ciò che ti ho detto riguardo alla scelta. Hai già scelto. Me ne andrò da Mystic Falls per sempre e tu mi ricorderai semplicemente come il fratello maggiore di Stefan andato chissà dove. Non sono mai stato niente per te, solo una semplice comparsa.- fece una pausa, e una lacrima gli scese sulla guancia. - Ora.-

Sorrisi, mentre il suo sguardo si faceva turbato. - Mio Dio, Damon, nel 1864 non eri così dolce, mi sto letteralmente sciogliendo. Sicuro che ad Elena piaccia tutto questo romanticismo?- lo canzonai,
maliziosamente. Rimase sotto shock per alcuni secondi, prima di scaraventarmi sul pavimento.
- Dov'è?

- Aula di chimica, Stefan ha la chiave. Klaus è morto.
Ma non feci in tempo a finire, che alla parola "Stefan" era già sparito.

Pov Elena


Sentii la chiave girare nella serratura e in un attimo scattai in piedi: una figura entrò nell'aula in cui ero stata prigioniera, senza parlare.
- Damon?- chiesi, speranzosa. Ero lì da ore, e la musica del ballo era finita da un pezzo.

- Mmm, mi dispiace, ma per quanto ho visto era impegnato a fare altro.- rispose una voce maschile, vagamente familiare, prima che qualcosa di leggero e affilato mi perforasse il braccio.

- Kol Mikaelson.- si presentò, sorridente, prima che perdessi conoscenza.




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Capitolo 6
*** Due cuori. ***


Cap 6 Ciao a tutti. Sono leggermente frastornata dalla puntata che ho appena visto, quindi non credo che riuscirò a scrivere dei ringraziamenti decenti a chi ricorda/segue/preferisce e recensisce.
Sono sotto shock, e non ho ancora metabolizzato se positivamente o negativamente. Voi cosa ne pensate?
Comunque, un bacio, e buona lettura! :)
PS: Aggiorno lunedì.

Pov Elena


Vedevo solo buio. Silenzio. Un silenzio opprimente, secondo solo a quello della morte.
- Elena.- sussurrò una voce roca vicino al mio orecchio. Spalancai gli occhi e sussultai, rendendomi conto che avevo il busto e le braccia immobilizzate su una sedia, in una stanza sconosciuta e rischiarata dalla debole luce del crepuscolo. Kol prese a camminare lentamente intorno a me, come un felino intorno alla debole preda.

- Se ti stai chiedendo dove ci troviamo, rispondo subito.-

Si affacciò alla finestra: ancora sconvolta, non riuscivo a focalizzare la sua immagine.
- Eri mai stata a Seattle? Non ho avuto molto tempo per viaggare, essendo stato chiuso in una bara per quasi mille anni, ma devo ammettere che è affascinante, come città. Una piccola New York. Ora, non so se in geografia eri molto ferrata...- la sua figura si avvicinò a quello che sembrava uno scaffale, o forse una vetrina, e sentii il tintinnìo cristallino di un bicchiere contro una bottiglia. - ... ma Mystic Falls si trova dal lato opposto dello Stato.

- Cosa vuoi...?- rantolai, senza forze.

Scoppiò a ridere. - Sai, è il colmo vederti così.- si appoggiò alla parete, le braccia incrociate. - La temeraria doppelganger, dilettante cacciatrice e rubacuori di vampiri centenari, completamente persa nel suo destino, senza nessun Salvatore pronto a sacrificarsi per lei. E scusami la battuta.-
Mi guardai: avevo percepito le corde stringere sui polsi e sul torace, ma solo in quel momento mi resi conto del tubicino rosso che tramite un ago mi perforava l'avambraccio destro, finendo chissà dove. Rabbrividii, rendendomi conto che il rosso era dato dal mio sangue.
- Rispondi. Cosa vuoi da me? Perchè... questo?- riuscii ad articolare, le palpebre sempre più pesanti.

Fece una smorfia, facendo vagare lo sguardo sulla stanza: mi resi conto che all'apparenza poteva essere una camera d'albergo, sicuramente di un certo lusso visto l'arredamento, anche se non sentivo neanche l'eco di una macchina provenire dalla finestra aperta.
- Sai.- iniziò, con naturalezza, fissando un punto imprecisato sopra di sé. - Klaus è sempre stato temuto, per secoli. Ma nessuno sa che già mille anni fa...- fece una pausa, perso nei ricordi. -... non esitava ad oscurare gli altri, pur di mettere in luce il suo... come possiamo definirlo? Carisma? Fascino tentatore? Nostra madre lo venerava.- sorrise, amaramente.

- Si è sempre stati convinti che nostro padre lo odiasse da sempre, ma non è la verità. Mikael temeva suo figlio. Aveva riconosciuto in lui un carattere che poteva dargli guai. In tutti i sensi. Ti starai chiedendo perchè io ti stia dicendo queste cose. Beh, il motivo è semplice. Dopo avermi ucciso, Klaus mi ha ridato la possibilità di vivere. Ora che posso, voglio avere il mio riscatto.- concluse, sorridendo.

Non sapevo se fosse la mancanza di sangue a rendermi così confusa, ma non capii dove volesse andare a parare. Tuttavia, non ebbi il tempo di pensare a una domanda coerente che riprese a parlare.
- Esther in questo momento ci sta guardando dall'altro Lato. E' quì. Voglio dimostrarle che Klaus non aveva motivo di essere il prescelto. Che si era sbagliata, fin dall'inizio.- si guardò intorno. - Esther?- chiamò, allargando le braccia. - Allora, come la mettiamo? Il tuo amato Klaus è morto, Elijah si è dato alla fuga e Finn è lì con te. Chi ha vinto?- gridò, trionfante.

- Tu sei... completamente pazzo.- sussurrai, dopo qualche istante.

Spalancò gli occhi. - Io pazzo?- esclamò, fingendosi sorpreso. - Oh no, non sono pazzo. Anzi, forse un po' sì. Tutti i migliori sono matti, lo sapevi? Sto solo reclamando il potere che mi spetta da secoli, la svolta che cambierà il destino di tutti. - si voltò, incurante della mia espressione completamente sotto shock. - Come procedono le ricerche, Abby cara? Sai che non possiamo perdere troppo tempo prezioso.-
In quel momento notai, in un angolo della stanza, seduta sul pavimento, in mezzo a decine di libri dall'aria antica e centinaia di fogli sparsi, la madre di Bonnie.
- Bene. Credo di esserci quasi.- rispose, monocorde, puntando il suo sguardo su di me: trattenni un gemito, nel vedere i suoi occhi opachi e spenti.

- L'hai soggiogata.- rantolai, mentre l'ago sembrava penetrare più a fondo nell'arteria.
- No, è solo terrorizzata. Le mie minacce fanno effetto.

- Lei non è più una strega.- esclamai, allibita.

Kol fece un sorriso sghembo. - Non lo era, infatti, prima che costringessi una strega di New York a... donarle il suo potere, nonostante ciò avrebbe alterato l'equilibrio della natura. Una strega-vampiro, lo immagini? Ha dovuto pagare con la vita. Evidentemente aveva finito da troppo tempo le scorte di tisana alla verbena, povera Nathalie. Si chiamava così?- domandò, rivolto alla madre di Bonnie, che non rispose, persa nella lettura.
Passarono alcuni minuti, durante i quali le domande iniziarono ad affollarsi nella mia mente.
- Quale incantesimo? Cos'hai intenzione di fare adesso? Vuoi uccidermi?- la voce si spezzò sull'ultima parola, e guardai nuovamente il mio sangue fluire lento dal mio braccio verso l'esterno.

- Non ora.- si sedette sul divano. - Ci saranno modi e luoghi. Spiega tu, Abby.
- Kol ha intenzione di diventare un ibrido. Come Klaus.- la voce di Abby ruppe il silenzio, fredda e impersonale, mentre sollevava gli occhi dalle sue ricerche.

- La maledizione del Sole e della Luna era stata spezzata per la sua trasformazione. Ma Klaus è morto. Le streghe hanno reclamato indietro il dono, e non cederanno facilmente questa volta.-

Rimasi, sotto shock, a fissare la finestra davanti a me: il sole era tramontato, mi sentivo persa, debole. Il dolore in tutto il corpo si fece più acuto, era come se mille aghi mi trafiggessero la pelle, e inevitabilmente le lacrime iniziarono a solcarmi il viso.
- Tu... stai fecendo tutto questo...- rantolai -... per dimostrare a tua madre morta che tu vali di più di tuo fratello morto?-

Fece spallucce: da lì vedevo solo il suo profilo. - Dipende dai punti di vista. Comunque continua a piangere, ti disidraterai prima e finalmente potrò soggiogarti. Bella trovata.-
Per tutta risposta singhiozzai ancora. - Perchè?- gridai, tra le lacrime. Non sentivo più niente, solo dolore. Abby non sembrava far caso a me. - Klaus era morto, io...- trasalii, le spalle mi tremavano. - ... io potevo avere la mia vita indietro, noi tutti potevamo, dopo tutto questo tempo... Perchè?- la voce mi morì in gola e deglutii a fatica, sentendo le forze abbandonarmi sempre di più. 
In quel momento il pensiero di Damon si fece spazio nella mia mente, chissà dov'era, se mi stava cercando... altre lacrime caddero, bollenti.
Kol scoppiò a ridere di nuovo, e il sorriso perfetto luccicò nella penombra. - La tua vita indietro? Non avrai mai la tua vita indietro, Elena! Ammesso che ti lasciassi andare, come sarebbe? Non hai più nessuno!- sorrise, crudele.
- Non è vero!- gridai, senza fiato. Il petto mi si alzava ed abbassava velocemente e il cuore batteva lento, stremato. La vista si appannò e per un attimo mi sentii svenire.

- Damon...- sussurrai, semi-cosciente.
- Damon?- Kol mi riportò alla realtà. - Oh, stai tranquilla. L'ultima volta che l'ho visto si stava dando alla pazza gioia con Katherine, sul tetto della tua scuola. Mmm, dovevi sentire che parole...- si voltò verso di me. - Ma se vuoi ti faccio vedere con i tuoi occhi, ormai sei abbastanza debole per permettermi di entrare nella tua mente.-

- No.- rantolai, ma era troppo tardi.
In un attimo si trovò di fronte a me, il viso a pochi centimetri dal mio: annegai nel suo sguardo, impotente, sentendo l'anima lasciare il corpo.

Era buio, la luna splendeva sopra di me: mi trovavo stranamente sul tetto della mia scuola, sentivo la musica in lontananza giungere ovattata fino a lì. Mi guardai intorno, non sapendo in che razza di sogno mi fossi cacciata, quando le figure di Damon e Katherine apparvero dal nulla. Inizialmente vicini, il vampiro si allontanò, puntando lo sguardo verso la luna.
- Perchè?- domandò Katherine, suadente, avvicinandosi di un passo. - Non devi sentirti in colpa per quello che senti.- in un attimo gli fu accanto e posò una mano sulla sua spalla.
- Le ho detto che l'amavo.- iniziò lui, incerto.

Katherine scosse la testa. - Lo sappiamo entrambi che non è la verità.- rispose: gli accarezzò il viso e lo fece voltare.
- Mi hai amato per quasi 150 anni, Damon. Hai amato me. Poi hai incontrato la mia doppelganger. Chiunque, davanti alla perfetta copia della propria anima gemella si sarebbe sentito attratto. Ma ammettilo.- gli prese il viso con entrambe le mani e avvicinò i loro corpi. - Quello che provi per lei non è niente in confonto a quello che provi in questo momento.-

Damon la guardò, e vidi l'incertezza attraversare i suoi occhi.
- Ce ne andremo. Io, tu, e il nostro amore, per sempre. Devi solo dirmi...- si avvicinò alle sue labbra. - ... che lo vuoi.- sussurrò, accarezzandolo con le ciglia.

- Damon.- nessuno parve sentirmi, era come se non ci fossi. Anche in sogno, le lacrime iniziarono a rigarmi le guance, mentre qualcosa di affilato mi torturava le pareti del cuore. - Damon, no!- esclamai, più forte. 
Mi sentivo come se fossi incatenata lì, non riuscivo a muovermi.

- Ti amo. Ti farò felice.- sussurrò Katherine, percorrendogli il profilo dello zigomo e del mento con un dito.
Damon sembrò esitare ma non si mosse, sorpreso da quel contatto.

La vampira si avvicinò ancora di più, incatenandolo con lo sguardo.
- Non ti rifiuterò mai. Non sarai la seconda scelta di nessuno, mai più. Mi hai sentita, Damon? Ti amo, ti ho sempre amato. E lo so che per te è lo stesso.- abbassò lo sguardo sulle sue labbra, prima di ripuntarlo nel suo. Volevo muovermi, volevo correre e dividerli, mettere centinaia di chilometri di distanza tra loro, ma non riuscivo a fare un passo. Esitante, Damon prese ad accarezzarle la schiena e i capelli, e chinò il viso verso lei: in quel momento sentii la forza nelle gambe e presi a correre, verso di loro, li avrei divisi...
Mi bloccai, a pochi centimetri da loro, mentre si guardavano negli occhi per pochi istanti, prima di baciarsi. 
Le lacrime smisero di cadere dalla sorpresa e il mio cuore balbettò un ultimo battito, prima di fermarsi. Non poteva essere. Vidi le loro labbra schiudersi e muoversi in una danza sconosciuta, cercandosi, bramandosi, riuscivo quasi a sentire i loro respiri spezzati fondersi, mentre Damon, il
mio Damon la abbracciava per i fianchi, la attraeva a sé mentre lei gli accarezzava il collo, vicino i capelli corvini mossi dal vento, bellissimo nella notte. Crollai sulle ginocchia, lì davanti a loro, ma nessuno sembrò vedermi.

Tornai alla realtà, troppo sconvolta per articolare parola.
- Era... era...- deglutii, ma mi sembrò di mandare giù solo aria.
Kol mi sorrise e si appoggiò alla parete, concedendosi un altro bicchiere di alcol sconosciuto.

- Esattamente quello che ho visto.

Passarono alcuni secondi: ormai non sentivo neanche più il corpo.
- Quando avverrà il sacrificio?- domandai, ingoiando le lacrime.

- Fra tre giorni. Appena la luna piena salirà in cielo.- rispose, compiaciuto, vuotando il bicchiere con un sorso. Seduto di fronte a me, continuò a guardarmi, le lacrime scendevano silenziosamente, respiravo appena, mentre quelle maledette immagini continuavano a passarmi davanti agli occhi.

- Fa male?- domandò, dipingendosi sul viso quella che doveva essere un'espressione compassionevole.
Abbassai la testa, fissando la pelle ormai cerea delle mie braccia.

Lui afferrò un libro dal comodino lì accanto e prese a leggere, completamente rilassato.
- Cosa ti aspettavi da Damon Salvatore, Elena?- continuò, affondando la lama nel mio cuore. - Ma d'altra parte non posso biasimarti, sei umana, il cuore ti batte ancora. E non c'è niente di più volutamente cieco di una ragazza innamorata.

- Cosa ne sai tu dell'amore?- ebbi il coraggio di rispondere: pronunciare quelle poche parole mi portò al limite del dolore, ma dovevo farlo.
- Oh, io niente.- rispose, tranquillo. Voltò pagina. - Ma andiamo, Elena, non ti è mai venuto il dubbio del perchè stesse con te? Non per offenderti, ma cosa ne trarrebbe lui da un'umana? -

- Gli credevo...- sussurrai, distrutta.

Passarono alcuni secondi. - Beh, sono contento che tu abbia usato il passato. Visto che fra tre giorni morirai, non credo sia conveniente sprecarli struggendosi per amore.
- Quanto sangue...?- cercai di chiedere, ma non riuscii a finire la frase.

- In teoria ne basterebbe un sorso, una volta che ti avrei uccisa. Ma meglio abbondare, chissà che quello di una doppelganger abbia un sapore migliore.

- Mi sta... prosciugando...- ansimai.

- Ottimo segno.- commentò, indifferente.

In quel momento lo squillo di un cellulare ruppe il silenzio. Il vampiro sbuffò, prendendolo dalla tasca, ma un sorriso soddisfatto gli comparve in volto, guardando lo schermo.
- Damon Salvatore, quale onore! Non pensavo mi avessi in rubrica.- salutò. Il cuore mi balzò in gola. 
- Damon!- gridai, incurante delle fitte lancinanti al braccio.
- Damon!- provai a gridare di nuovo, ma non avevo più forze: mi accasciai allo schienale freddo della sedia, ansimando dal dolore.
- La senti?- commentò Kol, sorridente. - In questo momento è completamente immobilizzata su una sedia, con un bell'ago conficcato nel braccio e una decina di sacche di sangue da mezzo litro piene ai piedi, e ne avrà ancora per molto.-

Passarono alcuni secondi. - Oh, perchè non te lo fai dire da lei? Così nel frattempo vado a recuperare un altro ago, dobbiamo velocizzare il processo.- il vampiro si alzò e mi incastrò un auricolare all'orecchio, prima di sparire nella stanza accanto.
- Elena? Elena!- la voce di Damon lasciò un eco nelle mie orecchie, mentre il mio cuore in fin di vita si rianimava ed atterriva nello stesso istante. Presi fiato per rispondere, ma non ci riuscii. 
- Seattle.- ansimai. - Sembra un hotel... non sento macchine, e tramontava il sole... non so dirti altro...- 
In quel momento sentii dall'altro lato del telefono il rombo di un motore che veniva acceso e lo stridere delle ruote. Kol riapparve, e iniziò ad armeggiare con il mio braccio sinistro.

- Continua pure a parlare.- mi incitò, compiaciuto.

- Elena, mi senti? Elena...?- la voce di Damon si fece preoccupata. - Dì qualcosa, qualunque cosa, ti prego...

- Damon...- sussurrai.

- Sto arrivando. Mi senti, Elena? Sto arrivando, non ti lascerò morire, non ti lascerò mai più, tieni duro, ti prego...-
In quel preciso istante un'altro ago mi penetrò la pelle, dritto nella vena. Trattenni un gemito, non volevo allarmare Damon più di quanto non lo fosse già, ma quando un terzo ago mi perforò il polso, non riuscii più a trattenermi.

- No!- ansimai, piangendo.
- Cosa ti sta facendo? Elena...- la sua voce si incrinò. - Elena, rispondi, sto impazzendo...

- Sto bene, Damon, sto bene...-

Kol mi strappò l'auricolare dall'orecchio.
- Veramente le ho appena conficcato un terzo ago in un arteria piuttosto importante, ma ovviamente, non vuole farti
preoccupare.- commentò, staccando una sacca già piena per sostituirla con una vuota. Il sangue iniziò a fluire, colorandone le pareti di rosso.
- Fammi parlare con lui. Ti prego.- lo supplicai. Kol mi ignorò.

- Bene, Damon, direi che è arrivato il momento di salutarci. Ti aspettiamo a braccia aperte.- detto questo, il vampiro chiuse la chiamata, allontanandosi da me.

Abby, di cui avevo completamente dimenticato la presenza, si alzò di scatto, brandendo in mano un foglio ingiallito dall'aria consumata.
- E' quì.- disse, la voce tremante.

Kol le strappò il foglio di mano, leggendo avidamente.
- Proprio come speravo.- disse, pensieroso.

- Cosa...?- iniziai.

- Oh, te lo dico subito. Sai cosa c'è scritto quì?- in un attimo fu di fronte a me. - Tutto ciò che serve per spezzare la maledizione. E proprio come la mia geniale mente aveva intuito... la presenza di Damon è proprio ciò che stavamo cercando.

- Spezzare una maledizione millenaria è la più grande dimostrazione di odio e disprezzo in natura. Le streghe chiedono di ristabilire l'equilibrio per mezzo di due sacrifici.- continuò Abby, facendo un passo verso di me.

- Due sacrifici vincolati da una sola anima.- riprese Kol, mentre un ghigno trionfante si formava sul suo viso. 
- Due cuori innamorati.




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Capitolo 7
*** Flashback. ***


Cap 7 Buonasera! Eccovi il settimo capitolo! Ringrazio tutti coloro che leggono/ricordano/seguono/preferiscono e soprattutto recensiscono, come farei senza di voi? Vi invito a lasciarmi un commentino, pure breve, giusto per capire se devo ritirarmi xD Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio, e buona lettura! :)
PS: aggiorno giovedì.

Pov Damon 


Erano più di 16 ore che viaggiavo senza sosta, ma non me ne curavo: essere un vampiro e non sentire la stanchezza non mi era mai stato tanto utile, mentre bruciavo un chilometro dopo l'altro. Arrivato nei pressi di Seattle, Bonnie mi inviò un messaggio con il nome di un albergo e una strada: l'incantesimo di localizzazione, ora che ero così vicino, aveva finalmente dato i suoi risultati. Svoltai per le strade di quella immensa città, incurante di qualsiasi limite di velocità, mentre le immagini di Elena, la mia Elena, prigioniera di un Antico e torturata in quel modo mi passavano davanti agli occhi, portandomi al limite del dolore fisico. Come avevo potuto farmi prendere così in giro da Katherine, senza accorgermi di niente, mentre la donna che amavo veniva rapita da un vampiro millenario? Accelerai, furioso con me stesso e quella vampira psicopatica; la voce di Elena che chiamava il mio nome, disperata, continuava ad echeggiarmi nella mente, senza sosta.
Scesi dalla macchina, davanti ad un palazzo dall'aria signorile: presi la rincorsa e mi ritrovai sul davanzale di una finestra del secondo piano. Non sento macchine... le parole di Elena mi tornarono in mente, e in un attimo mi ritrovai all'ultimo piano, vicino una grande vetrata ad ovest. Tramontava il sole... doveva essere quello, per forza.
Guardai dentro, attento a non farmi vedere, e ciò che vidi mi pietrificò.
Al centro dell'elegante soggiorno un' Elena esanime, immobilizzata per il busto, era imprigionata su una sedia: quattro tubicini collegati ad altrettante sacche le perforavano entrambe le braccia, colorandosi di rosso; ai suoi piedi, decine di esse piene e sigillate. Da lì riuscivo a vedere il colorito ormai cereo della sua pelle e delle labbra, e i diversi ematomi violacei che le ricoprivano i punti in cui gli aghi, molti, le erano entrati sotto la pelle. Sembrava il set di un film horror, solo che vedere tutto con i propri occhi, e con protagonista la donna per cui si avrebbe data la vita, era tutta un'altra cosa.
Affinai l'ascolto, alla ricerca di qualche presenza, ma tutto era silenzioso e immobile, l'unico rumore era il respiro flebile di Elena e il battere lento e regolare del suo cuore: con un colpo secco mandai in frantumi quella barriera di vetro e saltai dentro. Silenzio totale. Bruciai in pochi attimi la distanza che ci divideva e mi inginocchiai accanto a lei, liberandola delicatamente da quella tortura.
- Damon...

Incrociai i suoi occhi venati di lacrime e stanchezza, mi persi in contemplazione di quel viso, e la sua bellezza mi colpì come un pugno allo stomaco: la lontananza non aveva fatto altro che accrescere l'amore e il desiderio di proteggerla che provavo per lei.
- Va tutto bene, ti porto via di quì, va tutto bene...- le accarezzai il viso, mentre una brillante goccia di sangue scivolava fuori da un ago, ma non la guardai neanche, perso com'ero a non farle male.

- Damon... vattene... va' via...

Scossi la testa, contrariato da quella sua estenuante inclinazione nel fare la martire; feci per prenderla in braccio, ma mi allontanò, gli occhi spalancati dal panico.
- Devi ascoltarmi, va' via, ti uccideranno!

Trattenni una risata. - Deve ancora nascere quello che mi ucciderà, Elena.
Non sembrò apprezzare l'ironia, anzi, il suo volto si fece ancora più pallido. - Damon devi andartene, ti prego...
- Che scena commovente.- una voce femminile irruppe nella stanza, e sentii un dolore lancinante, simile ad una fiamma viva, espandersi in tutto il mio corpo. Gridai e mi accasciai a terra, tremante.

- No! - Elena gridò con tutta la forza che aveva in gola e si alzò, mettendosi debolmente in mezzo tra me e quella che, avevo riconosciuto, era la madre di Bonnie.

- Fermati, Abby, fermati! Fermati!

Abby sorrise, sprezzante. - Non hai sentito quello che ti ho detto ieri sera, doppelganger? - disse, freddamente.
- Lascialo andare!- gridò Elena di nuovo, mentre il dolore cresceva e sentivo le ossa incrinarsi lentamente, una dopo l'altra.

- Elena...- il suo nome mi uscì come un gemito, mentre ormai vedevo solo sprazzi di luce.

- Abby...- ormai la sua voce era rotta dal pianto. - Ti supplico... ti prego...-

La strega rise, crudele. - Non è forse lui l'uomo che ami? Colui per il quale il tuo cuore batte? Tu dissanguata, lui avvelenato dalla verbena. Cosa c'è di più romantico che morire insieme?
- No! No, Abby, no... se prendete lui... la maledizione non si spezzerà! -

Il dolore si fece più forte e gridai di nuovo: era come se mille frecce alla verbena mi stessero trafiggendo.
- La maledizione non si spezzerà... mi hai sentito, Abby? Non si spezzerà!- continuò Elena, cercando di attirare l'attenzione della strega, concentrata nel canalizzare tutte le sue energie per torturarmi.

- La maledizione non si spezzerà perchè non è lui che amo!

La sua voce sembrò lasciare un eco impalpabile nell'aria, continuando ad echeggiare nella mia mente: il dolore diminuì di colpo, mentre i miei occhi cercavano invano qualcosa che non avrebbero trovato.
- Lo stai dicendo per salvarlo.- rispose la strega, anche se un barlume di incertezza attraversava i suoi occhi. 
- Perchè io lo lasci andare.

- No!
E' la verità...- Elena fece un passo verso di lei. - Io amo Stefan... suo fratello.

Il dolore cessò, mentre qualcosa di antico, antico e doloroso si risvegliava nel mio cuore.

Non poteva essere, non di nuovo..
.


17 marzo 1864, casa Salvatore


Il ballo era cominciato da poco: sentivo l'eco dei violini e del pianoforte, e i passi delle persone nell'atrio. Ogni anno, il fiore della società di Mystic Falls partecipava al ballo indetto dalla mia famiglia, ma questa volta sarebbe stato diverso: io, Damon Salvatore, non avrei dovuto accompagnare la solita nobildonna sceltami da mio padre nelle danze, ma Katherine, colei che dal primo giorno mi aveva stregato, e rubato il cuore.
Uscii dalla stanza e percorsi il grande e sfarzoso corridoio illuminato a giorno, diretto verso la lussuosa camera che avevamo riservato alla nostra ospite; in imbarazzo, mi schiarii piano la voce e feci per bussare alla porta, quando percepii dei sussurri concitati provenire dall'interno.
- Ne è proprio sicuro, signor Salvatore? Potremmo dare... scandalo...- la voce di Katherine tintinnava, in una risata cristallina.

- E come, mia Katherine?- quella di Stefan, mio fratello, risuonava dolce e suadente, come mai l'avevo sentita prima. - A meno che le modeste mura di questa stanza non facciano da spia, nessuno ne verrà a conoscenza.-

Sentii Katherine ridere di nuovo, maliziosamente. - Le danze sono cominciate, non vorrei perdermi il valzer di benvenuto. Mi accompagnerebbe, signor Salvatore?
Percepii dei passi. - Ma certo, signorina Pierce. Le concederò tutti i balli che vorrà.-
Preso da un impeto improvviso, e dimentico di ogni cortesia, guardai dalla serratura, e ciò che vidi mi pugnalò al cuore: erano vicini, così vicini da scambiarsi un bacio.
- Non teme la... reazione di suo fratello Damon?- nel sentire il mio nome trasalii. - Il mio infallibile istinto femminile mi porta pensare che abbia una certa... simpatia, nei miei confronti.- sussurrò la donna: la stanza era illuminata da poche candele, ma riuscivo a vedere l'espressione adorabilmente corrucciata del suo volto.

Stefan le accarezzò la guancia, sorridendo in modo rassicurante. - Mio fratello non ha che da scegliere tra le nobildonne di Mystic Falls che sospirano per lui. Non vedo perchè dovrebbe... nutrire false speranze per la futura signora Salvatore.-
Katherine fece una risatina. - Volete che diventi vostra moglie? Ne siete proprio sicuro?- domandò, candidamente.
- Non lo direi, altrimenti.

I due si scambiarono un lungo sguardo. - Se la memoria non mi inganna, questi sono i trilli che annunciano il primo valzer. Mi darebbe l'onore di accompagnarla?
- Con molto piacere.

Feci appena in tempo a nascondermi nella stanza accanto, prima che uscissero, tenendosi per mano.



Guardai Elena per quella che mi sembrò un'eternità, o forse un attimo, mentre quelle immagini intrise dal dolore continuavano a frapporsi con il presente.
- E' vero?- sussurrai, angosciato. Scattai in piedi per poter incrociare i suoi occhi, lucidi dalle lacrime. Abby continuava a controllare ogni nostra mossa, ma non mi importava: vedevo solo Elena, e quella ardente verità che avevo sempre temuto.

- Va' via, Damon.- ribadì, tremante.

- Non posso lasciarti morire.

Si portò una mano ai capelli e distolse lo sguardo. - Sono la doppelganger, Damon. La mia vita è sempre stata destinata a morire in questo modo. Non possiamo farci niente.
- Elena...
Annullò le distanze e si trovò di fronte a me, occhi negli occhi.

- Tieni lontano Stefan e chiunque altro da quì.
Non posso essere salvata stavolta.-

Lessi verità e rassegnazione in quegli occhi, mentre il dolore nei miei si tramutava in una lacrima.
- Io resto. So che la mia presenza, a questo punto, non è utile al sacrificio.- mi rivolsi ad Abby. - Ma non ho più ragioni per vivere. Non più.

- No... Damon...
Ignorai Elena. - Puoi uccidermi anche ora.

- No! - la ragazza mi prese per un braccio, ma feci finta di niente. Non percepivo più niente.

- Deciderà Kol cosa farne di te.- rispose la strega, prima che d'un tratto sentissi le forze mancarmi, e poi solo il buio.

Pov Elena 


La luna era illuminata per tre quarti: mancava solo un giorno al plenilunio, un solo giorno prima che la mia vita, e per colpa mia anche quella di Damon, trovassero la loro fine.
Damon.
Non avevo più niente che scorresse nel mio corpo, niente a giudicare da quanto sangue mi era stato sottratto, ma abbastanza perchè una lacrima si formasse e cadesse, un'altra lacrima, perchè non ero riuscita a salvarlo. Eppure avrei dovuto capirlo prima, che lui non se ne sarebbe andato senza di me, neanche se gli avessi volutamente spezzato il cuore nel modo più crudele, pur di farlo andare via. Io, Elena Gilbert, avevo fallito di nuovo: saremmo morti entrambi, la maledizione si sarebbe spezzata, un nuovo ibrido a piede libero avrebbe creato un suo esercito e minacciato chiunque, forse l'intero pianeta, ma non mi importava. 
Era tutta colpa mia.
Cosa sarebbe rimasto di quell'amore che non aveva mai visto la luce? Ero sempre stata così presa dagli altri per annullare le distanze: pochi giorni prima, pochi giorni che mi sembravano un'eternità, gli avevo sbattuto in faccia le sue scuse e la finestra della mia camera, in nome del mio stupido orgoglio. Se avessi saputo quello che ci attendeva, non me ne sarebbe importato niente di qualunque promessa, non gli avrei chiesto dov'era stato e perchè, sapevo solo che sarei corsa tra le sue braccia e non me ne sarei andata più, mai più.
Trattenni un singhiozzo, nel vederlo riverso sul pavimento, immobile come lo era da ore, all'apparenza senza vita: dopo averlo costretto a terra, in preda agli spasmi, avevo visto con i miei occhi Abby iniettargli estratto di pura verbena nel collo, e Dio solo sa quanto avevo gridato, nel vederlo cedere al dolore, completamente inerme.
- Se non è lui che ami, perchè soffri tanto? Dovresti essere felice. Al posto tuo lo sarei.-

- Liberalo, Kol.
- Da quanto mi è stato riferito, è stato lui ad implorare la morte. Lo accontenterò presto. -

Nell'oscurità, la figura del vampiro sembrava dotata di una luminosità perlacea.
- Puoi ingannare una stupida strega accecata dal terrore, ma non un vampiro millenario, Elena. Domani mi vedrai ucciderlo con i tuoi occhi, prima che io ti dissangui. Bel tentativo, molto furbo, comunque. Non abbastanza.- disse, prima di uscire dalla stanza.

Chiusi gli occhi, lasciandomi trasportare nell'oblio del mio ultimo sonno: perchè voleva continuare a salvarmi, se aveva ammesso di amare Katherine? Senso di colpa? Istinto di protezione? Nel mio cuore non potevo più permettermi di sperare che lo avesse fatto per amore. Lui era troppo per me. E io sarei stata troppo poco per lui.


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Capitolo 8
*** Una scelta. ***


Cap 8 Buonasera! Ringrazio sentitamente tutti coloro che sprecano il loro tempo leggendo questo abbozzo di storia, spero che ne valga almeno in parte la pena... 
Vi mando un bacio grande come l'amore di Damon per Elena, buona lettura! :)
PS: aggiorno domenica.

Pov Elena

Il sole era tramontato di nuovo, nulla era cambiato in quella stanza, tranne il numero crescente di sacche di sangue ai miei piedi: non avevo neanche più la forza di sbattere le palpebre.
- E' ora di morire, piccola Elena.- la voce di Kol mi risvegliò da quel torpore, suadente. In un attimo mi strappò tutti gli aghi dalle braccia, provocandomi un dolore lancinante, e mi sollevò.

- Fallo svegliare e portalo al cimitero.- disse, rivolta ad Abby, onnipresente quanto invisibile nella stanza.

In pochi secondi mi ritrovai scaraventata nel retro di un'enorme automobile dai vetri oscurati: non sentivo più le braccia, nè le gambe, solo il dolore lancinante espandersi in ogni parte del corpo.


Pov Damon


- Io mi arruolerò nell'esercito, da grande, padre.
La cena in casa Salvatore era sempre stato un momento di pura tortura: Giuseppe, nostro padre, non aveva mai nascosto la predilizione per Stefan e non perdeva occasione per dimostrarlo, nonostante fosse stata proprio la sua nascita a portarci via nostra madre.
Diede un buffetto sulla guancia al mio fratello minore, mentre Elisabeth, l'inserviente, serviva la seconda portata: osservai distrattamente ciò che mi veniva dato nel piatto.
- Tu sì che sei un vero Salvatore, Stefan. Già da piccolo, un valoroso combattente.- la voce profonda di Giuseppe era velata di affetto, mentre mi lanciava un'occhiata in tralice.
 
- Lui ha solo nove anni, ed già ha capito cosa vuole fare della sua vita. E tu, Damon? La situazione è paradossale. Il tuo fratello minore che deve darti da esempio.

- Sceglierò a tempo debito cosa fare della mia vita, padre.- risposi, nel mio tono più cortese, anche se la rabbia mi ribolliva nelle vene, come sempre.

Giuseppe fece una smorfia, versandosi del vino. - Tale e quale alla madre.- borbottò, con disprezzo: Stefan mi lanciò un'occhiata interrogativa, ingenuo. Non avevo che pochissimi ricordi di quella donna dagli occhi color mare, così simili ai miei, a cui piaceva rimboccarmi le coperte prima di dormire. Non avevo mai capito cosa avesse contro la donna che avrebbe dovuto amare, nostro padre.
In uno scatto di rabbia mi alzai, senza permesso, e corsi fuori: la notte era limpida e fresca, quasi estiva, e finalmente quella sensazione di soffocamento mi abbandonò. Mi arrampicai su un albero, incurante dei graffi, e mi sedetti su un ramo, guardando le stelle sopra di me.
Il disonore della nostra famiglia aveva ringhiato Giuseppe, pochi giorni prima, solo perchè mi aveva trovato a leggere un libro, mentre mio fratello giocava ai soldatini.
Scostante nell'impegno quanto irrispettoso delle regole
giudicava il mio maestro, dopo essersi prodigato in mille lodi per l'intelligenza precoce e il modo di porsi degno di un giovane uomo di mio fratello.
Puoi continuare a giocare dai Salvatore, ma non avvicinare il fratello di Stefan. Sai cosa dicono di lui.

La madre di un amico d'infanzia di Stefan aveva detto così a suo figlio, perentoria, prima di bussare alla porta di casa nostra, ignara della mia presenza nascosta nel sottoscala.
Fissai quella che riconobbi come la costellazione di Cassiopea, proprio sopra di me, chiedendomi perchè fossi così diverso: tutto ciò che Stefan faceva veniva visto come normale o addirittura precoce per un bambino della sua età, mentre io sbagliavo e basta. Avevo solo tredici anni, ma per la società, mio padre e tutta Mystic Falls avrei dovuto già avere le idee chiare sul mio futuro, parlare di guerra e politica con gli uomini che facevano visita a mio padre, dei perfetti sconosciuti, e lasciare il passo alle donne prima di passare: questo lo facevo volentieri, anche se nei migliori dei casi venivo ricompensato da
un' occhiataccia dall'alto verso il basso.
- Damon, scendete da lì. Vostro padre è molto adirato e intende punirvi.

Elisabeth mi fissava dai piedi dell'albero, un'espressione compassionevole sul volto. Quante volte mi ero sentito dire quella frase? Avevo perso il conto, ormai.
- Dite a Giuseppe di andare all'inferno.- risposi, mettendomi più comodo.

La donna abbozzò un sorriso, che fece subito sparire. 
- Riferirò le vostre scuse e che scenderete al più presto.- disse, prima di lasciarmi solo.


Perchè Elena aveva ammesso in quel modo di non amarmi? Cosa c'entrava con lo spezzarsi della maledizione? Mi sarei fatto uccidere, non avevo più motivi per andare avanti, non più. 
Lei era diventata tutto per me, l'unico pensiero che mi dava la speranza di vivere, il desiderio di far riemergere l'umanità che avevo perso, il primo sguardo che avrei voluto incrociare al mio risveglio e l'ultimo prima di addormentarmi, avrei fatto qualunque cosa pur di farmi amare, ma non questo: non continuare a vivere, non dopo che tutto era crollato.
Il frenare improvviso di quella che riconobbi una macchina mi riportò alla realtà: spalancai gli occhi, rendendomi conto che ciò che fino a poco prima era stato in movimento, si era fermato.
- Damon.

Alzai lo sguardo, sconvolto, e scattai a sedere. - Elena...
Lei alzò gli occhi al cielo, seccata. Era in piedi, davanti la portiera aperta. 
- Sono Katherine, Damon, Katherine. Devo girare con un cartello? Salta fuori, abbiamo poco tempo.-

Pov Elena 


Arrivammo in quello che riconobbi come un cimitero: il luogo era tetro e completamente solitario, sferzato da una forte corrente d'aria gelida, le lapidi marmoree sembravano brillare nella notte, sotto la luna. Kol mi trascinava per un braccio, incurante del dolore che mi stava affliggendo.
- Dovrebbero essere già arrivati, maledizione! La luna sarà al culmine tra ventuno minuti.- borbottò tra i denti, contrariato. Giunti davanti una cappella dall'aria antica, in una zona remota del cimitero, mi spinse a terra con un gesto della mano.

- Siamo quì.- la voce di Abby sembrò uscire dalla notte: avanzò a passo lento verso di noi, seguita da Damon. Nel momento esatto in cui incrociai i suoi occhi segnati dal dolore, scattai in piedi e brancolai verso di lui, ma una barriera di fuoco, alta più di un metro e mezzo, si frappose tra noi, creando due cerchi. La terra riarsa ardeva dalle fiamme, mentre rimanevo bloccata a guardarlo, così vicini ma così lontani, quel tormento sciolto dall'azzurro dei suoi occhi.

- Non è giusto! Io ho due Barbie senza testa e tu una nuovissima, voglio anche io Ken per fare il matrimonio!- Caroline tirò su col naso, imbronciata, incrociando le braccia al petto. Ci trovavamo nel giardino di casa Forbes, all'ombra di una grande quercia: l'estate scoppiava intorno a noi di fiori e colori sgargianti, vivaci come i codini biondi della mia migliore amica. Non avevamo più di sei anni.
- Dai, Car, non fare così. Ti presto Ken, va bene? Non piangere.- la supplicai, porgendole il "marito" della sua Barbie. L'aria corrucciata sparì, lasciando il posto a un bellissimo sorriso.
- Io non piango. Io non piango mai!- ribattè, fieramente, aggiustando l'abito da sposa alla bambola.

Giocammo in silenzio per un po', ognuna persa nelle proprie storie immaginarie.

- El, tu pensi che da grandi lo troveremo il principe azzurro?- mi domandò, sognante.
Alzai le spalle, continuando a giocare. - Come Ken?

- No! Molto più bello. Un vero principe. Quello con il cavallo bianco e il mantello azzurro che ti viene a salvare dai cattivi!

Alzai lo sguardo al cielo, scettica, ammirando le nuvole bianche come cotone nel cielo sereno.
- Non lo so. Ma se sono tutti così i principi, poi non è noioso?

Caroline sembrò rifletterci su. - Ogni principessa ha il suo principe! Il mio sarà bellissimo, ricchissimo e abiteremo insieme in una
graaande corte e ogni mezz'ora avrò un nuovo abito da indossare. Poi il tuo non lo so, dipende da come lo vuoi.-
- Secondo me non esiste.

La mia migliore amica mi tirò una bambola, ridendo. - Ma possibile che sei fai sempre così? E'
ovvio che esiste! Mamma me lo dice sempre.-
Annuii, poco convinta. - Come vuoi tu. Andiamo a fare merenda?
- Va bene. Ma lascia quì le bambole, che dopo torniamo.


Quei ricordi mi tornarono in mente all'improvviso, fatti di voci e risate ingenue, mentre guardavo Damon. Mi venne da ridere e subito dopo da piangere, perchè l'amore della mia vita alla fine lo avevo trovato, e non era un principe, bensì un vampiro di quasi centocinquant'anni dagli occhi di ghiaccio, che adesso stava per morire per me, con me, guardandomi, forse per il senso di colpa o il rimorso di non essere riuscito a proteggermi. Nient'altro.
La voce profonda di Abby mi scosse da quei pensieri: le sue parole, in una lingua incomprensibile che sembrava latino, sembrarono animare la natura intorno a noi. Le fiamme guizzarono e il vento si fece più forte, violento, portando via con sé ogni mia speranza di vita, e ad un tratto la luce aumentò. Alzai gli occhi al cielo per notare che la luna, fino a pochi attimi prima in plenilunio, era completamente oscurata: un disco nero nella notte nera, quasi impossibile da distinguere.
Avvenne tutto in un attimo.
Nel momento esatto in cui la luna tornò al suo posto, un fascio di luce argentea colpì Damon: lo vidi gridare e cadere a terra, mentre la sua pelle si frammentava in decine di cicatrici bianche. Indifferente alle sue grida di dolore, Kol gli si avvicinò a passo felpato.
- Sapevi che la luna splende perchè illuminata dal sole? E' una luce debole, in sostanza innocua per noi vampiri. Ma come ogni forma di energia...- Damon si portò una mano alla gola e si piegò in due, in preda agli spasmi, mentre io non potevo far altro che assistere, inorridita. -... può essere canalizzata.-

La luce aumentò, illuminando a giorno il cerchio di fuoco in cui era imprigionato: un ultimo grido, poi cadde riverso a terra, le cicatrici roventi che risalivano sul suo viso.
- Abby, fermati!
Fermati... - gridai, rivolta alla strega che, come in trance, continuava a declamare e a invocare la natura. Le lacrime iniziarono a cadere, mentre nel vedere il suo dolore il mio cuore si spezzava per la centesima volta. - Ti prego...-

- Non abbiamo fretta. Puoi chiedermi di ucciderti, e conservare quella poca dignità che ti è rimasta, o lasciarti morire lentamente, prolungando la tortura della tua doppelganger. Come vedi, la vita si riduce a questo.- Kol sorrise, godendo di quella sofferenza e insensibile alle mie grida. 
- Una
scelta. Una semplice scelta.

- Damon, no! Damon...-  sussurravo il suo nome come una preghiera, mentre qualcosa moriva dentro di me.

- Uccidimi.
-

Lo shock fermò le mie lacrime mentre sentivo quel gemito soffocato, strappato al dolore, uscire dalle sua labbra. No.
No.
Non poteva essere.

- No...- rantolai, incredula.

- Kol Mikaelson.- Damon mi ignorò, puntando lo sguardo in quello dell'Antico. - Ti ho chiesto... di uccidermi.-

- Damon... Damon, no...

Kol fece una smorfia compiaciuta, avvicinandosi a passi lenti, fino ad arrivare di fronte a lui, e si inginocchiò, per poterlo guardare negli occhi: lui, dall'alto della sua vita immortale, e Damon, dall'abisso del suo dolore. No.
- Hai un ultimo desiderio, Damon Salvatore? Non so, magari qualcosa di strappa-lacrime come nei film, un bacio... fai tu.

- Damon...

Il vampiro alzò lo sguardo, velato dalla sofferenza e dalle lacrime stroncate sul nascere, verso l'altro, freddo e trepidante di vittoria.
- Non voglio... non voglio che veda...- tossì, portandosi una mano alla gola. - Non voglio che mi veda... morire così.

- Damon!- gridai, con tutta la voce che avevo. - Damon, no! Damon! Damon!-

- Sarai accontentato.
- Damon! Damon... guardami! Damon!-

Kol si passò lentamente una mano sotto la giacca, tirandone fuori un fine paletto di ciliegio, affusolato e finemente lavorato, rigirandoselo piano tra le mani.
- Provvedi, Abby.

Una benda nera calò sui miei occhi, oscurandomi la vista: completamente cieca, arrivai comunque al limite della barriera che ci divideva, incurante del fuoco, piangendo. Percepivo il soffio impetuoso del vento scuotere tutto dalle fondamenta, il calore delle fiamme, l'odore di bruciato dell'erba ai miei piedi, mentre istanti di puro silenzio continuavano a susseguirsi. Anche Abby era ammutolita, al cospetto di tanta attesa.

- Tutto questo per un'umana. Avresti avuto l'eternità davanti a te. -

- Damon...- non vedevo niente, ma era molto peggio.

- Piantami quel paletto nel cuore e facciamola finita.

- Temerario da parte tua. Oh, Elena, visto che hai così voglia di intervenire, sai forse cosa si dice in questi casi? Non so... salutami qualcuno laggiù all'inferno...

- Non ucciderlo. Ti prego. - rantolai, in ginocchio, la voce tremante dalle lacrime.

Un rumore.
Il rumore umido di qualcosa di affilato che trapassava la pelle, un gemito soffocato che riconobbi come il mio nome.

No.

Spalancai gli occhi, in tempo per vedere quelli del vampiro che amavo diventare opachi e pietrificarsi, mentre cadeva a terra.

No.

Damon non può morire.

No.
Le fiamme che ci dividevano si spensero con la stessa velocità con cui erano apparse: mi alzai e barcollai verso di lui, cadendo in ginocchio accanto alla sua figura esanime. Non poteva essere.


Tu morirai, Elena.
E poi ritornerò in vita.
Non è un rischio che sono disposto a correre.
Ma io si. E' la mia vita, Damon, e scelgo io.
Non posso perderti.
Non lo farai.


Strappai il paletto dal suo cuore e lo gettai con forza il più lontano possibile, incurante di Kol che sogghignava lì accanto e di Abby, che fissava la scena, in silenzio. Sapevo che non sarebbe servito a niente, ma non me ne curai.


Dov'eri, Damon?

Lo so. Non sarei dovuto andare via. Ti prometto che non ti lascerò mai più.

Abbracciai quel corpo marmoreo e appoggiai la testa sul suo petto, immaginando il battito del suo cuore al posto di quel silenzio, quel silenzio che mi trapassava l'anima, mentre le lacrime, lente e inesorabili, cadevano.


Noi sopravviviamo sempre.


Mi scostai per guardare quel viso perfetto, così dolce anche nella morte, e premetti le labbra contro le sue, fredde e immobili, come mai avrei immaginato di trovare.
- Ti amo, Damon. Ti ho sempre amato. Ti amerò per sempre. Scusami se non te l'ho detto. - sussurrai, tra le lacrime.

In quel momento qualcosa mi oscurò la vista, dei ricordi che non erano i miei.


Due occhi di ghiaccio mi stavano fissando. Leggevo tutto l'amore, tutto il desiderio di questo mondo in quello sguardo, a pochi centimetri dal mio. Riuscivo quasi a sentire il suo respiro freddo sulla mia pelle.
- La cosa che sto per dirti.- la sua voce era incrinata come mai l'avevo sentita fino a quel momento. Vulnerabile. Sincera. - E' probabilmente la cosa più... egoista... che abbia mai detto in vita mia.
- Damon... non farlo...- sussurrai, sentendo i battiti del mio cuore accelerare improvvisamente.
Per tutta risposta il suo sguardo si fece ancora più tormentato. - No, almeno una volta devo dirlo. E tu devi sentirtelo dire.
Passarono pochi attimi di puro silenzio.

- Io ti amo, Elena.

Il mio cuore perse un battito. O due. Forse tre, mentre, con gli occhi spalancati dalla sorpresa, vedevo i suoi diventare lucidi.
- E proprio perchè ti amo... che non posso fare l'egoista con te. Per questo non puoi saperlo.- sembrò scuotere la testa, impercettibilmente, mentre si faceva ancora più vicino a me. - Io non ti merito...- sembrò ammetterlo a sé stesso più che a me, quasi come per convincersene. - ...ma mio fratello sì.

In quel momento notai che aveva ancora il mio ciondolo alla verbena in mano.
- Dio, quanto vorrei che non lo dovessi dimenticare. - sussurrò. Il mio cuore gridava "Parla! Fermalo! Elena, dì qualcosa!". Ma persi completamente ogni percezione di me stessa quando le sue labbra sfiorarono la mia fronte, in una carezza che aveva in sé il rimpianto e il rimorso, puro dolore.

- Ma devi.

I suoi occhi incatenarono i miei, prima che in un attimo mi ritrovassi il ciondolo al collo, di lui solo una leggera folata di vento nella stanza.

Pov Katherine

Stefan era immobile, pietrificato quanto me da quello che avevamo appena visto. Il ricordo di ciò che era successo solo pochi minuti prima ardeva tra noi, affondando la lama.


- Sono Katherine, Damon, Katherine. Devo girare con un cartello? Salta fuori, abbiamo poco tempo.-
Uscì dalla macchina, incredulo: ci trovavamo ai limiti di una foresta, a lato della strada. Stefan e Abby stavano parlando concitatamente, ma ammutolirono nel vederlo
- Voi...- iniziò, sempre più sorpreso.
- Sì, sì, avremo tempo per le spiegazioni e i ringraziamenti. Ora tira fuori la pozione, strega. Abbiamo poco tempo.- lo interruppi, pragmatica.
Abby mi guardò storto, porgendogli una piccola ambolla piena di liquido rosso. - E' un distillato di morte apparente al limite della magia nera, non una pozione, stupida vampira.-
- Sì, come vuoi. Damon...- puntai lo sguardo verso di lui - Il piano: tu adesso bevi questo, Kol ti ucciderà ma tu morirai solo per poco. Io e Stefan ci occuperemo che qualcuno pianti questo...- e tirai fuori un paletto di quercia bianca. -... nel suo cuore e salvare Elena, va bene?

- Un altro paletto? Dove...?- fece per domandare, ma lo avevo già spinto dentro la macchina e chiuso la portiera.
- Sbrigati, Abby. Non deve sospettare niente.- la incitò Stefan, avvicinandosi. I due fratelli lanciarono una lunga occhiata, prima che l'auto prendesse velocità.

- Sicura che ci si possa fidare di quella strega?- sussurrò Stefan, accarezzandomi piano il braccio. 
Gli sorrisi: si preoccupava per me.
- La smettete di flirtare? Mia sorella è in preda a un vampiro millenario che vuole ucciderla!- Jeremy, nascosto dietro un albero lì accanto, strinse più forte il paletto di quercia bianca: era una lunga scheggia del cartello Wickery Bridge, recuperata da me con un incursione a casa Salvatore, qualche tempo prima.

- E' quasi il momento.- disse Stefan, guardando Elena piangere sul corpo senza vita di Damon. - La luna è alta nel cielo, senza più influenze. Ora, o mai più.- si rivolse al ragazzo.

- Stai attento, Jeremy.

- Devo esserlo.- rispose, fieramente.

Vedemmo Kol chinarsi accanto ad Elena e scoprirle piano il collo, lasciando che le dita accarezzassero i capelli: lei allontanò la sua mano con uno schiaffo, senza alzare gli occhi vivi di lacrime da Damon.
- Non intendevo consolarti in alcun modo, doppelganger. Volevo solo vedere... quella bellissima arteria... immagino già il sapore...-

Elena si scoprì completamente il collo, quasi offrendoglielo. - Fa' quello che vuoi.- mormorò, inerme. Gli occhi del vampiro si inettarono di rosso.
- Ora.

Jeremy Gilbert, l'umano fratello minore di Elena, la doppelganger, che avevo sempre visto come uno stupido ragazzino alle prese con l'adolescenza. Jeremy Gilbert, innamorato di un fantasma, anello debole, presenza insignificante.
Lo stesso Jeremy Gilbert che in quel momento correva, correva, correva mentre Abby tendeva le mani in un incantesimo, correva mentre affondava il paletto nella schiena dell'Antico, correva per schivare la forza della natura ribellarsi contro colui che aveva cercato, un'altra volta, di spezzarne l'equilibrio. Corse e si fermò a fissare la scena, incredulo, mentre tutto, ad un tratto, si faceva silenzioso.
Stefan ed io uscimmo allo scoperto: Abby congiunse le mani e un fuoco divampò sul corpo dell'Antico, rendendolo lentamente cenere, mentre ci avvicinavamo verso Elena.
Mi inginocchiai accanto a lei e le passai un braccio attorno alle spalle.
- Damon non è morto veramente, Elena. Ha bevuto un distillato di morte apparente, ritornerà presto in vita.- le sussurrai all'orecchio, cercando di confortarla.

Si voltò di scatto: era pallida come un cadavere e segnata dalle sofferenze, ma una luce illuminò i suoi occhi. - Lui...- balbettò, incredula.
- Sì.- risposi, semplicemente.

Elena mi abbracciò.
Elena Gilbert, la mia doppelganger, colei che avrebbe dovuto odiarmi più di ogni altra persona al mondo, mi stava stringendo a sé, lasciandosi andare ad un pianto liberatorio.
Ricambiai l'abbraccio, comprensiva, mentre Stefan ci lanciava un'occhiata stranita, ma non fece commenti, guardando il fratello.
- Quando...?- iniziò Elena, ma Abby la precedette.

- Potrebbero volerci pochi minuti, come qualche giorno.

Passarono alcuni secondi di silenzio.
- Direi che è ora di tornare a... casa.- Stefan esitò nel pronunciare l'ultima parola, prendendo in braccio il fratello. Jeremy ed io sostenemmo Elena e l'aiutammo a salire in macchina, posizionandoci accanto a lei.

L'auto partì, con Stefan alla guida. Dopo pochi minuti Elena si addormentò, poggiando la testa sulla spalla del fratello, che la strinse a sé, protettivo, prima di addormentarsi a sua volta. 
Mi stiracchiai sul sedile, per mettermi più comoda: avrei voluto anch'io riposare un po' la mente, ma preferivo ammirare Stefan, che ogni tanto mi lanciava qualche occhiata, sorridente. Quanto lo amavo. Gliel'avrei detto presto, a meno che non lo avesse già capito.
Mi guardai i piedi, calzati da un semplice tacco 8, molto al di sotto dei miei standard: la fibbia di strass argento si era leggermente spostata. Mi chinai, per raddrizzarla, quando notai qualcosa, sotto il sedile. Guardai meglio, e se il mio cuore avesse potuto battere ancora, sicuramente si sarebbe fermato.
Una boccetta di vetro.
Una boccetta di vetro colma di sangue.
Esattamente nelle stesse condizioni di quando l'avevo consegnata a Damon.

Sigillata.









PPS: Ho messo tutta me stessa in questo capitolo, mi farebbe piacere sapere se vi è 'arrivato' qualcosa in termine di emozioni.




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Capitolo 9
*** Solo un ricordo. ***


Cap 9 Ciao a tutti! Vi presento il nono capitolo! ;)
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno recensito, veramente, stavo per commuovermi io! :')
Comunque, sto avendo diversi problemi con il computer, spero di riuscire ad aggiornare mercoledì.
Un bacio, e buona lettura!
PS: alcune frasi sono prese dal mio personalissimo diario segreto ormai pubblico, quindi ci terrei molto a leggere dei vostri commenti!


Pov Elena


Sentii il calore del sole scaldarmi il viso: la mia camera era rivolta ad ovest, come era possibile... avevo dormito fino a pomeriggio inoltrato? Aprii gli occhi, per capire di ritrovarmi in una delle tante stanze riservate agli ospiti di casa Salvatore, che avevo adocchiato di sfuggita quella sera, la sera in cui Damon se n'era andato.
In un attimo tutti i ricordi della giornata precedente mi passarono davanti agli occhi, e scattai in piedi: si era svegliato? Presa dall'emozione spalancai seccamente la porta e feci per scendere le scale, ma un capogiro violentissimo mi colse e mi dovetti appoggiare al muro, senza fiato.
Sentivo delle voci familiari provenire dal pianterreno: scesi lentamente qualche scalino e mi sedetti, cercando di capire chi fossero.
- Non possiamo fare niente, Katherine. - la voce di Stefan sembrava provenire dall'Oltretomba, spenta e priva di qualunque inflessione. Il tintinnìo di una bottiglia di cristallo, pochi secondi di silenzio.

- Non è possibile, Stefan... non può andare così...- un singhiozzo: Katherine. Katherine stava piangendo. Cos'era successo? La preoccupazione mi fece tremare.

- Bonnie Bennett! La figlia della strega, lei...- la voce della vampira si fece concitata, prima di essere interrotta da Stefan.

- Le ho parlato ieri sera stessa. Non può fare niente.
Un altro singhiozzo, più forte. - Non è possibile... perchè lo ha fatto?- la voce di Katherine si spezzò. - Sarebbe andato tutto bene... Elena non avrebbe corso alcun pericolo...- nel sentire il mio nome trasalii. Dov'era Damon?

- Cosa le diremo?- proseguì, nello stesso tono.
Stefan sospirò. - Le cancellerò la memoria riguardo al sacrificio, la soggiogherò dicendole che è partito e lo accetterà, senza soffrire.

- Come potrà non soffrire, Stefan?- la voce della vampira si alzò di un'ottava, sarcastica.- Lei lo amava, lo ama adesso! Neanche il soggiogamento di un Antico le impedirebbe di aspettarlo ogni giorno, continuare a sperare che torni!

- E cosa proponi, allora?- anche lui alzò la voce, perentorio. - Dirle la verità e spingerla al suicidio? Non credi che abbia già sofferto abbastanza?

- Vuoi farla vivere di bugie? Credi che non farà mai domande, soggiogamento a parte? Credi che non ricorderà? O vuoi cancellarle tutto ciò che riguarda Damon? Lui è andato a morire per lei! Essere ricordato è il minimo che possa avere in cambio!

- Va bene! Allora, visto che la fai tanto facile, va' sopra, svegliala e diglielo tu! Elena, Damon è morto! Si è rifiutato di bere ciò che lo avrebbe salvato e si è lasciato uccidere! Forza!-

Caddi.
Sentii le ginocchia cedere e trovarmi a terra.
- Mi dispiace così tanto, Elena.
Feci appena in tempo a scorgere il viso rigato di lacrime di Katherine davanti a me, prima di alzarmi e correre via da lì, ovunque ma non quel luogo.


La mia corsa disperata rallentò prograssivamente una volta lontana da quella casa, fino a diventare una lenta processione: era molto presto, l'aria era fredda e mi strinsi nella leggera vestaglia che mi ero ritrovata addosso, forse l'aveva recuperata Stefan a casa mia, visto che la sera prima ero crollata durante il viaggio. Le lacrime sul mio viso, da calde, erano diventate ghiacciate, scavandomi solchi profondi nella pelle. Mi sentivo distrutta dentro. Come se nel mio cuore fossero avvenute tutte le rivolte del 48 ed ora se ne stesse frantumato, tra le macerie, gemendo in silenzio, aspettando qualcuno che lo aiuti.
Non sarebbe arrivato mai nessuno a farlo. Tra le rovine dei miei ricordi, c'erano solo aria e spazio. Tanto spazio.
Troppo.
Nonostante camminassi ormai da ore, non avevo smesso un secondo di pensare a lui: tutti gli sguardi, le frasi, le battutine, i litigi, le incomprensioni, tutto mi si presentava davanti agli occhi a ritmo martellante, senza pietà. Il modo di incedere, così spavaldo e sicuro di sé, la freddezza e il sarcasmo di quando voleva ferire, il coraggio, la voce che anche nei ricordi mi dava i brividi, il profumo fresco e dolce allo stesso tempo, le linee perfette del viso e quegli occhi, quei due specchi color ghiaccio della sua anima, che non era fredda, non era sarcastica nè insensibile, ma tutto il contrario.
Damon era l'anima più bella che avessi mai conosciuto.
- Elena.

Mi voltai: Katherine era pochi passi da me.
- Cosa vuoi, ancora?- sbottai, irritata.

- La sera del ballo, ho sedotto Damon.- annunciò, senza alcuna incertezza. - Gli ho fatto credere che fossi tu, e che avessi scelto Stefan.-
Rimasi spiazzata da quell'affermazione. - Kol mi ha mostrato ciò che è successo. Lui ti ha detto che ti amava, ed era consapevole che non ero io.

- No.- rispose, perentoria. - Kol è entrato nella tua mente ed ha manipolato ciò che ha visto per farti soffrire. Lo spezzarsi della maledizione comprendeva due cuori innamorati, con ogni sfaccettatura possibile dell'amore, tra cui il dolore. Lo ha fatto per questo. Damon ti amava, ti amava più di quanto avesse mai amato me e mi dispiace di essermi messa in mezzo, anche se non farlo non avrebbe cambiato gli eventi. Ci tenevo solo a dirti questo.-

Rimasi a guardare quegli occhi così simili ai miei ma che avevano visto e vissuto secoli in più di me, prima di farle un breve cenno di assenso e voltarle le spalle, proseguendo a camminare. Ero arrivata al limitare della foresta, vicino la radura in cui si trovava la casa delle streghe. Quel luogo era impresso a fuoco nella mia mente, intriso di dolore: mi diressi, senza neanche sapere perchè, verso l'antica e cadente costruzione, facendomi strada tra la polvere secolare e i calcinacci, fino ad arrivare nel sotterraneo.
Reduce forse dell'ultimo incantesimo di Bonnie, la stanza era cosparsa di candele di cera bianca, per metà consumate: la luce proveniva da una piccola finestra in alto, priva di alcun vetro.
Mi sedetti a terra e mi raccolsi le ginocchia al petto, lasciando finalmente che le lacrime, fino a quel momento silenziose, sfociassero in un vero pianto, straziante, infinitamente doloroso, ma confortante con quel silenzio e quella solitudine.
Ad un tratto, le candele intorno a me si accesero di deboli fiammelle, sferzando l'aria gelida della stanza.
Mi asciugai le lacrime, per niente sorpresa.
- Siete contente, adesso?- dissi, rivolta alle anime delle streghe che assistevano al mio dolore. - Vi prendete gioco di me? Voi lo avete sempre odiato... - tossii, stremata, mentre le fiamme prendevano ad oscillare.
 
- Cosa mi è rimasto, ormai?- ripresi – I miei genitori sono morti. Mia zia è morta. Io sarei dovuta morire, ma sono ancora quì, a piangere. Pensavo che mi fosse stato tolto tutto, che avessi sofferto tutto il dolore possibile della mia vita e pianto tutte le mie lacrime, ma non è stato così. Mi ero rifugiata nella sicurezza di quello che credevo amore per Stefan, perchè avevo bisogno di sentirmi protetta. E quando Stefan mi ha abbandonata, avevo lui. Avevo Damon, nonostante tutto, nonostante ogni difficoltà c'era sempre, e non importava quanto male gli facessi...- alzai gli occhi al soffitto, cercando di impedire le lacrime -... sapevo che se avessi avuto bisogno di qualunque cosa, lui ci sarebbe stato. Ed ora è morto. Si è lasciato uccidere. Se n'è andato della mia vita e non ritornerà indietro, e la colpa è solo mia. Si è completamente vulnerabili quando si mette il proprio cuore nelle mani di una persona. Come mi è stato sempre restituito? Spezzato, ridotto in mille pezzi, ma avevo deciso di permettermi di rischiare ancora. Con Damon sarebbe stato diverso, ne sono certa, non mi avrebbe mai fatto del male, al contrario di ciò che ho fatto io... - la mia voce, da sussurro, scomparve piano.
Le candele si spensero una alla volta e, presa da un moto di solitudine, mi alzai, tornando lentamente verso casa. Quel vialetto così familiare non mi era mai sembrato tanto vuoto. Trovai Jeremy ad aspettarmi sotto il portico, seduto sulla piccola panchina di legno che si trovava lì praticamente da una vita.

Fece per parlare, ma lo bloccai. - Non ho intenzione di ascoltare "non sai quanto mi dispiace" e domande varie su come sto, so che il tuo interesse è sincero ma... devo ancora realizzarlo. Non mi sembra vero.
- Non pensavo che sarebbe potuto succedere, lui sembrava... praticamente indistruttibile.- disse, tristemente.
Mi limitai ad annuire, sentendomi debole. Mi resi conto che erano quasi quattro giorni che non mangiavo, e che forse sarei dovuta stare a riposo invece di macinarmi una decina di chilometri a piedi, essendo praticamente in anemia, ma non me ne curavo più di tanto, non sentivo nè la fame, nè la stanchezza.
- Domani ci saranno i funerali, a casa Salvatore. La versione ufficiale è che ha avuto un incidente. So che è paradossale... ma è il modo più innocuo a Mystic Falls con cui se ne poteva andare.

Un incidente. - Magari proprio a Wickery Bridge, eh? Sai, giusto per completare l'ironia...- dissi, sentendo le lacrime iniziare a pungermi gli occhi.
- Certo che no.- rispose, serio.

Entrai in casa, diretta verso la mia camera: gli abiti neri ormai non mancavano, nel mio armadio. Il mio sguardo vagò per la stanza e si soffermò sulla finestra. 
Nessun vampiro sarebbe più entrato a vegliare il mio sonno.


La mattina seguente scivolai giù dal letto: quasi in accordo con ciò che succedeva nel mio cuore, fuori il cielo era cupo e cosparso di nuvole grigie, sferzate dal vento che sentivo contro la finestra chiusa. Dopo una breve doccia aprii l'armadio e indossai un semplice abito nero, come unica nota particolare il lungo coprispalle ricamato, che ondeggiava ad ogni mio movimento. Mi guardai distrattamente allo specchio e pettinai i capelli, lasciandoli sciolti, leggendo il messaggio di Caroline che mi ricordava l'orario. Scesi in cucina, Jeremy era già pronto, impeccabile e con un'espressione seria sul volto: lasciai che guidasse lui, persa nei miei pensieri.
Una volta arrivati, ci accolsero Stefan e Caroline: la funzione era stata allestita all'aperto, c'erano alcune panche di legno disposte una dietro l'altra e un piccolo altare dove un sacerdote, sicuramente soggiogato, stava sfogliando un libro sacro. Non c'era nessun feretro in vista. Rabbrividii.
- La nostra famiglia era cattolica, anche se Damon non è mai sembrato tanto interessato alla religione.- disse Stefan, rispondendo ad una mia occhiata interrogativa. Tra i presenti vi erano Bonnie, Matt, Tyler e Alaric, in disparte, preso nel bere un bicchiere di alcol sconosciuto, fissando il vuoto. 
Damon era il suo migliore amico
.

Katherine si avvicinò.
- Quello...- fece segno al sacerdote -... è a posto. Ci siamo tutti?-

Lei e Jeremy si sedettero accanto a me, affiancati da Stefan e Bonnie. Per un attimo mi sentii meglio, nel sentire le loro presenze così vicine e protettive.
Il sacerdote iniziò a parlare, ma le sue parole scivolavano nelle mie orecchie, inconsistenti: delle piccole candele accese illuminavano l'altare, le fiamme oscillanti a causa del debole vento. 
Ad un tratto Katherine si alzò e si diresse verso l'altare.
- So che forse non sono la persona più adatta per parlare.- prese parola, guardandoci uno per uno. - E che in questi casi ciò che viene detto è sempre scontato e superfluo ma... voglio solo dire che... Damon non meritava di morire.- 
La sua voce, da impostata e sicura, si fece più incerta, mossa dalla sincerità.
-Meritava di vivere senza l'ombra del passato che lo tormentava, con il cuore più leggero. Damon è morto da eroe. E lo resterà.- le sue parole suscitarono un applauso spontaneo, mentre tornava lentamente accanto a me, gli occhi lucidi.
- Non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrei dovuto dire questo... - Stefan prese il suo posto, visibilmente commosso, un silenzio tombale intorno a lui. - ... ma la mia esistenza senza Damon è incolore, già da adesso. Lui era... sarcastico, impulsivo...

- ... arrogante e sfacciato. - continuò Alaric - E beveva troppo bourbon.- aggiunse, scatenando una lieve risatina generale. - Ma era come un fratello per me.-

Stefan abbassò lo sguardo. - Non avrei mai immaginato di dire questo, non per orgoglio... ma perchè, semplicemente, credevo che la sua morte... sarebbe arrivata lo stesso giorno della mia. - un altro applauso.
- Aveva tutti i difetti del mondo ma...- iniziò Caroline, asciugandosi una lacrima.

- ... senza di lui molti di noi non sarebbero quì, vivi, adesso. - ripreseTyler: continuavano a succedersi nel parlare all'altare, una processione di dolore e affetto.

- Il nostro rapporto non era dei migliori...- esordì Bonnie - ... ma senza di lui è vero, tutto sarebbe stato diverso. In peggio.

- Il Grill risentirà molto della sua mancanza al piano bar.- disse Matt, suscitandoci un sorriso. - Ma soprattutto ne risentiranno molto le nostre vite.-

Tutti ritornarono ai loro posti: mi alzai, le gambe tremanti, e presi posto all'altare, sentendo tutti i loro sguardi su di me.
- Damon...- esordii, controllando la voce. - ... è morto nel tentativo di salvarmi. Si è lasciato morire e solo ora capisco che lo ha fatto a causa mia, a causa delle mie parole che volevano aiutarlo, dargli la possibilità di salvarsi... ma hanno ottenuto l'effetto contrario. La verità è che...- abbassai lo sguardo, anche se ormai avevo iniziato a piangere. - ... questo dolore è molto diverso da ciò che ho subito in passato, perchè porterò dentro, per sempre... il rimorso di ciò che ho fatto.
Per sempre
.-

Mi portai una mano al viso. - Chiedo scusa. - mormorai. Senza neanche rendermene conto presi a correre verso la casa, incurante degli sguardi apprensivi e compassionevoli che mi seguivano: spalancai il grande portone, lo richiusi alle mie spalle e salii al piano di sopra, fermandomi davanti la seconda porta a destra.
Entrai nella camera di Damon, scossa da violenti spasmi. 
Era una stanza molto spaziosa, quasi tutta in legno di ciliegio, dallo scrittoio, alla libreria, alla grande testiera del letto: mi stesi su di esso e chiusi gli occhi, e la prima cosa che percepii fu una debole scia del suo profumo, quasi svanito, con cui mi addormentai.
Quando riaprii gli occhi una timida luce rosata, che proveniva dalla grande vetrata, mi illuminò: la notte prima non avevo chiuso occhio, ed ora mi sentivo molto meglio. Mi alzai e guardai fuori, non c'era nessuno, e il tramonto aveva spazzato via le nuvole, imponente all'orizzonte. Sullo scrittoio c'era un libro, Romeo e Giulietta, Shakespeare. Lo aprii, incuriosita, notando che una pagina era stata contrassegnata. Atto II- Scena II. Era la scena del balcone: una parte era stata sottolineata a matita, lievemente.


Romeo: Ho superato quelle mura con l'ali leggere dell'amore,
poichè non v'è ostacolo di pietra che possa arrestare il passo dell'amore,
e tutto quello che amore può fare, amore tenta.


Giulietta. Se ti vedono quì, ti uccideranno.


Romeo: Ahimè! Il pericolo, è più nei tuoi occhi che non in venti delle loro spade: se mi guardi con dolcezza, sarò forte contro il loro odio.


Giulietta. Non vorrei che ti vedessero quì, per tutto il mondo.


Romeo: Il manto della notte mi nasconde, ma se non mi ami lascia che mi trovino: meglio che il loro odio tolga la mia vita, che non la morte tardi senza il tuo amore.


Le lacrime iniziarono a cadere, una dopo l'altra.
- Oh, Damon...- sussurrai, accarezzando la pagina ormai umida.

- Santo cielo, prima tutta Mystic Falls mi odia, poi quando finalmente passo a miglior vita tutti a piangere e a dire "povero ragazzo", che ipocriti. Incidente d'auto? Seriamente? Credono veramente che Damon Salvatore possa morire in un incidente d'auto? Centocinquant'anni di reputazione andati in fumo, grazie mille. Potevate scegliere vittima di un attacco terroristico, in missione con l'esercito, come infiltrato della polizia durante una gara di contrabbando... perchè incidente d'auto? Fantasia zero? Mah. Comunque stai molto bene in nero, elegante e sexy come me, almeno se giriamo insieme d'ora in poi sembriamo una vera coppia dark, già mi immagino le vecchiette al Grill " Ma quello è Damon Salvatore! Ma non era morto? E' resuscitato!"-

Mi voltai.
Il libro mi cadde dalle mani.


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Capitolo 10
*** Futuro? ***


Cap 10 Buonasera! Eccovi il decimo, e forse penultimo capitolo di questa f-f. Ringrazio enormemente tutti coloro che hanno recensito, davvero, è una gioia per me leggere ciò che ne pensate! E anche grazie a chi legge/ricorda/segue/preferisce.
Un bacio, e buona lettura! :)
PS: aggiorno sabato.

Pov Elena


Non poteva essere.
Non era possibile.
Ero impazzita.
Fissai la figura che avevo davanti, completamente sotto shock.
- Ho notato che ultimamente fai fatica a pronunciare il mio nome. Dislessia?-

Due occhi di ghiaccio, una voce sarcastica che tremava, quella voce, quegli occhi...
Istintivamente arretrai di un passo, spaventata.
- Sei un fantasma.- sussurrai, senza fiato: incontrai la barriera fredda della vetrata dietro di me, e mi sentii senza scampo.

Con uno scatto veloce prese il libro da terra e lo poggiò sulla scrivania.
- Mmm, cos'è, Jeremy ti ha insegnato a vedere le impronte delle anime dipartite come hobby o è una cosa di famiglia? Perchè, nel caso, non sei per niente ferrata.- scosse la testa, contrariato.

- Ti sembro un fantasma?- esclamò, poi, piegando le labbra in un sorriso - Non so che esperienza tu abbia con le creature sovrannaturali, e direi parecchia visto che stai parlando con un vampiro, ma ti posso assicurare che non sono un fantasma.-

Fece una smorfia: era identico a lui, lo stesso modo di incedere, lo stesso, caratteristico giubbino di pelle nera in cui teneva, distrattamente, le mani affondate nelle tasche, la stessa bellezza inconsapevole che, illuminata da una strana emozione negli occhi e dalla luce del tramonto morente dietro di noi, mi inchiodava lì, paralizzata, sperando che la mia salute mentale non fosse andata in esilio volontario, seguendo l'esempio del mio sedicente amore per Stefan, tanto tempo prima.
Non riuscivo a muovermi.
Fece un passo verso di me: terrorizzata e con il cuore a mille, mi appiattii ancora di più contro la parete di vetro, impotente.
Qualcosa attraversò i suoi occhi, oscurandoli.
- Hai paura di me, Elena?- disse, ferito. - Pensavo che quella fase l'avessimo superata da un pezzo.-

Con un altro passo annullò le distanze.
Il suo respiro si scontrò con il mio.
Quel profumo.
Quegli occhi.
Era lui.
- Io... non posso crederci...- lo fissai per qualche istante, incredula, prima di gettargli le braccia al collo. Affondai la testa nell'incavo della sua spalla e lo strinsi, piangendo dalla felicità.
Lui non ricambiò l'abbraccio: si scostò e mi bloccò le mani, lasciandomi completamente spiazzata.
- Non ce l'hai più con me, adesso?- mi chiese, risentito.

- Non ce l'ho mai avuta con te...- dissi, prendendogli una mano: avevo un disperato bisogno di sentire la sua presenza sulla pelle. -... non troverò mai un modo per farmi perdonare tutto il male che ti ho fatto... scusami... scusami...- lo abbracciai di nuovo, aggrappandomi alle sue spalle.

- E a cosa devo questa accoglienza? Che c'è, ti sono
mancato?- pronunciò l'ultima parola con un tono di voce cattivo.
Mi scostai, sorpresa da quella reazione. - Certo che mi sei mancato, io... sono stata malissimo... credevo fossi morto, morto per davvero...
- Come va con gli occhi?- mi interruppe, freddo.

- Che cosa?

- Ti ho chiesto come va con gli occhi.- ripetè, seccato. - Non so se hai problemi di presbiopia già alla tua giovane età, ma ci tengo a precisare che non sono Stefan.

- Lo so.- mi venne da sorridere - Sei Damon, credi che sia impazzita?

- Allora forse hai subito qualche trauma cerebrale o a livello psicologico.

Ero allibita. - Damon, puoi spiegarti per favore? So benissimo chi sei!
- Ah, ho capito, amnesia. Ti rinfresco la memoria, allora.
La maledizione non si spezzerà perchè non è lui che amo! Io amo Stefan, suo fratello! Va' via, Damon!-
Passarono alcuni secondi; feci per parlare, ma mi precedette.
- So che forse ti sentirai confusa... - il suo sguardo si fece più serio - ...fino a tre minuti fa mi credevi morto, e non ti biasimo... ma io non posso dimenticare quello che hai detto. E se fai così... mi... illudi... alquanto...-
Ero senza parole.
- Perchè mi hai fatto tornare in vita, Elena? Sai, non si stava poi tanto male dall'altro Lato, e non credo che tu non abbia fatto niente. E poi, non so se l'avevi capito, ma ho scelto io di farmi uccidere. Perchè dovrei continuare a vivere una vita che non ha niente da darmi?-
Sentimmo la porta aprirsi, e Stefan comparve nella stanza, visibilmente in imbarazzo.
La sua espressione mutò di colpo nel vedere il fratello.
- Damon...

- Sì, lo so come mi chiamo, cosa c'è?- lo freddò lui, subito.

- Mi dispiace...- si schiarì la voce -... ma c'è una persona di sotto.


Pov Damon


Lanciai un'occhiata di fuoco a mio fratello, prima di scostarmi a malincuore da Elena per lasciarla passare. Lei si avviò a testa china, evitando il mio sguardo.
In pochi secondi arrivammo di sotto nel giardino. Katherine rimase sotto shock nel vedermi, ma non fiatò.
- Elijah.-
Sentii la presenza di Elena dietro di me e in un attimo mi piazzai davanti a lei, fermando i suoi passi con un braccio. - Non. Muoverti.- le intimai, perentorio.

- Non sono quì per fare del male a nessuno, Damon Salvatore, tanto meno ad Elena.- Elijah avanzò di un passo verso di noi, spavaldo, lasciando cadere un accento lieve sul nome della ragazza - Ero semplicemente venuto per portare le mie... condoglianze, ma dato quello che vedo non ce n'è più bisogno.-

- Infatti.- sibilai. L'attrazione che quell'uomo provava per Elena e il modo in cui la guardava mi davano alla testa.

Ci scrutammo per alcuni istanti.
- Ehi ehi ehi, calma.- Katherine si frappose nella battaglia di sguardi – Il fatto che tu sia ancora quì implica che tu debba fare altro.

Elijah posò lo sguardo su Elena. - Ho bisogno di parlare con te.
- Con me?- domandò lei, sorpresa.

- Sì.

- Non se ne parla.- ringhiai, mettendomi ancora di più davanti a lei, come uno scudo.

- Damon...

- Non intendo nè rapirla nè procurarle fastidio in alcun modo, solo avere una semplice conversazione... magari d'addio.- continuò l'Antico, concludendo con nonchalance la frase, sapendo che avrebbe avuto il suo effetto.

- Fammi parlare con lui, Damon.

Infatti.
- Devo forse ricordarti cosa ti ha fatto un Antico, tra l'altro suo fratello, neanche una settimana fa?- dissi, sarcastico.

- Non è Kol. Mi fido di lui.

Passarono alcuni secondi. - Ah. Bene.- sbottai, lasciandola passare. - Però poi non mi chiamare in lacrime quando ti ritroverai mezza morta, aspettando il mio arrivo per salvarti!-
Lei mi lanciò un'occhiata profondamente offesa. - Sta' tranquillo, il pensiero di chiamare te non mi passa neanche per la testa!- rispose, voltandomi le spalle e avvicinandosi al vampiro, che assisteva alla scena, soddisfatto.
Si allontanarono verso gli alberi, camminando paralleli, e tutta la rabbia che avevo improvvisamente provato svanì, lasciando il posto alla preoccupazione.
Feci il giro della casa e, attento a non farmi vedere, mi inoltrai tra gli alberi e li seguii a distanza.

Pov Elena


Continuammo a camminare per un po', mentre mi domandavo cosa volesse dirmi di così importante e segreto da allontanarci così tanto. Si fermò nei pressi di una piccola radura e si voltò, il volto dai lineamenti marcati rischiarato dal poco sole rimasto.
- Non amo i giri di parole. Mi è sempre piaciuto dire le cose come stanno, nonostante sia difficile.- iniziò, la voce bassa e profonda, avvicinandosi di un passo.

- La prima volta in cui ti ho vista, credevo fossi Tatia, la prima doppelganger, il mio amore. Ma non lo sei. Mi rendo conto che tra... noi...- esitò nel pronunciare quella parola - ... non c'è mai potuto essere molto contatto, per via di quello che sono... ma non ti farei mai del male. Il mio primo istinto, quando ti vedo, è proteggerti.
Vorrei proteggerti perchè vorrei che fossi solo mia, Elena.-

Rimasi, completamente spiazzata, a fissare la sua figura immobile davanti a me.
Lui si avvicinò ancora di più, e riuscii a percepire il suo profumo speziato, che sembrò annebbiarmi la mente.
- So che Damon Salvatore prova qualcosa per te.- continuò, con una smorfia – Ma lui ti vede solo come la doppelganger di Katherine, un ripiego al suo essere sempre stato rifiutato. Cos'ha lui da darti? Niente, a parte della semplice protezione che potresti avere con qualunque vampiro.-
Feci per parlare, ma lui mi bloccò, prendendomi il viso tra le mani e guardandomi negli occhi.

- Posso renderti felice, Elena, per l'eternità, se lo vorrai. Viaggeremo intorno al mondo e vivremo nella ricchezza e nella spensieratezza, nessun problema potrà mai toccarci.- iniziò, suadente - Saremo immortali e felici, non ci sarà niente che non potrai avere. Diventerai la mia regina e dimenticheremo insieme ogni dolore del passato. Una nuova vita, Elena. -

Sentivo il suo respiro freddo e il suo sguardo ammaliante su di me, della stessa sfumatura del miele, non riuscivo a distaccarmene, come se mi stesse ipnotizzando...

Faceva caldo, lo sentivo entrarmi fin nelle ossa, ma non mi dava fastidio, era piacevole.
- Me e la mia voglia di vedere le piramidi. Potevamo restarcene a Parigi, è così piacevole quella città...- mi raccolsi i capelli in una coda alta e lanciai uno sguardo malizioso ad Elijah, che camminava accanto a me, tenendomi per mano.

Lui si voltò e mi diede un leggero bacio sulle labbra. - Tra poche ore saremo di nuovo nella tua amata Francia, sta' tranquilla.-
Camminavamo vicini per le vie di un colorato mercatino di Sharm el Sheikh, come dei semplici turisti.
- Hanno aperto un nuovo centro commerciale di alta moda a Tokyo, ieri sera, ed è un bel po' che non facciamo un salto in Oriente.- dissi, distrattamente, prendendo tra le mani un lungo pareo tessuto a mano, dai motivi egiziani. Lui rise, cingendomi la vita con un braccio.

- Sto dilapidando tutto il mio millenario patrimonio in Haute Couture italiana e francese e poi ti soffermi a guardare queste cianfrusaglie? Non meritano neanche il tuo sguardo!-

Scoppiai a ridere, prendendo in mano una miniatura dorata di una piramide.
- Che carina.- dissi, rapita.

- Non c'è bisogno che fai la nostalgica con i souvenir, torneremo quì appena lo vorrai o, se vuoi, non ce ne andremo affatto.

- C'è ancora molto da vedere, tra qualche secolo magari penseremo a dove stabilirci.

- Fammici pensare, stai già pensando a Parigi?- scherzò lui, affettuosamente.

- Ho un debole per quella città, accettalo!- risposi, sorridendo. In quegli anni avevamo viaggiato molto, condiviso tutto, eppure sentivo qualcosa di vuoto dentro di me: avevo acconsentito nel farmi trasformare in vampiro da lui pochi decenni prima, ma ad un tratto non ricordavo più niente del mio passato. Sapevo dentro di me di essere stata, da umana, una semplice adolescente, di aver incontrato Elijah per caso e accettato la sua natura, senza lasciarci più. Mi ero chiesta tante volte se mi avesse soggiogata, ma ogni volta scartavo l'ipotesi a priori: ci amavamo, non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere.
In quel momento qualcosa catturò il mio sguardo: senza rendermene conto, avevo preso in mano un monile dall'aria antica, un semplice nastro di raso blu, da cui pendeva un ciondolo ovale, azzurro come non ne avevo mai visto, il cielo dopo la pioggia, il mare dopo la tempesta, dove il grigio sembrava combattere per predominare il turchese.

Un lampo accecante, e ritornai alla realtà: spalancai gli occhi, in tempo per vedere due occhi lucidi di tristezza dello stesso colore scomparire nel buio.

- Solo un breve accenno del nostro splendido futuro, se lo vorrai. Imparerai ad amarmi tanto quanto io amo te adesso, con il tempo.- la voce di Elijah mi giungeva ovattata, lontana, mentre quegli occhi di ghiaccio ormai lontani continuavano ad entrarmi dentro, sempre più in profondità...


- Mamma, è pronta la torta? E' pronta? E' pronta?
Finii di insaponare il piatto e lo passai sotto l'acqua, prima di porgerlo alla piccola me dagli occhi verdi munita di strofinaccio.
- Ancora no, ma manca poco. Un po' di pazienza.- risposi, con calma, ridendo della sua impazienza.

Caroline sorrise, asciugando il piatto con le piccole manine accurate, per poi alzarsi sulle punte e riporlo, facendo ondeggiare i lunghi boccoli color cioccolato.
Diede uno sguardo all'orologio appeso alla parete della grande cucina e sospirò, contrariata. - Se trovano la torta fredda o non la trovano proprio peggio per loro, io li avevo avvisati che se facevano tardi me la mangiavo tutta io!
- Sai come sono tuo padre e tuo fratello. Se poi si ci mette anche lo zio Stef...

- ... per non parlare della zia Kath! - Katherine entrò sorridendo in cucina e si sedette al tavolo, prendendo Caroline sulle ginocchia.

Tolsi la torta dal forno e la sistemai su un vassoio rialzato, scuotendo la testa.
- Due bambine impazienti, ecco cosa mi sembrate. Mi vergogno per te, Kath, e dire che ne hai di secoli alle spalle!- la stuzzicai, mentre preparavo la tavola. Caroline saltò giù e iniziò ad apparecchiare, mentre la vampira la osservava, intenerita.

- Novellina!- rispose, lanciandomi una forchetta: l'afferrai al volo, ricambiando con un'occhiataccia. - C'è Caroline!- la rimproverai, contrariata dalla sua imprudenza.

- Ma la mia piccina è praticamente indistruttibile!- commentò lei, dando un buffetto sulla guancia alla bambina.
- E' vero! - continuò lei - Non ho mai preso il raffreddore! Metto io lo zucchero a velo!- strillò poi, con entusiasmo.

In quel momento due paia di occhi color ghiaccio fecero la loro entrata in cucina: Damon mi fu accanto in un attimo e mi posò un bacio sulla guancia. - Cos'ha preparato di buono la mia mogliettina, stasera?- mi sussurrò all'orecchio, sorridendo.
- L'ha fatta Caroline, io ho solo assistito!- risposi, facendo l'occhiolino alla bambina.

- Ma come si danno da fare le mie donne di casa! Scommetto che l'unica a non fare niente è stata zia Katherine!

- Non è vero, io sono l'assaggiatrice ufficiale!- ribattè lei, fingendosi offesa.

Christian, il vivace gemello dai capelli corvini, nonchè completamente diverso dalla dolce Caroline e versione in minatura di Damon si arrampicò su una sedia e prese una fetta del dolce - Mmm... che buona!- e neanche avesse dato il via ad una maratona, quattro mani lo imitarono, depredando l'eterea perfezione della mia torta.
- Non pensavo di essere così brava!- dissi, sedendomi di fronte a Stefan, che era appena entrato.

- Non so se te ne sei resa conto, ma ultimamente io e Stef restiamo in zona solo per questo!- rispose Katherine, prendendo il bis.

- Simpatici!- commentò Damon, offrendomi galantemente la sua fetta. - Lo sappiamo benissimo che vi piace da morire stare quì!

- L'Italia ha il suo fascino!- riprese Stefan, allegramente. - E poi, avete fatto proprio bene a costruirvi per le vacanze una casa a due passi dal mare. Potessimo averla noi una vista del genere! Quando mi affaccio dalla finestra vedo solo taxi gialli e uomini d'affari con la ventiquattr'ore!-

- La Fifth Avenue è la Fifth Avenue, caro. Vuoi negare il suo fascino?- ammiccò Katherine.

Incrociai lo sguardo di Damon, e ci venne da sorridere automaticamente. Sentii la sua mano prendere la mia da sotto il tavolo, e stringere piano le dita, con amore.
Mi sentivo a casa.
La nostra famiglia.


Ritornai frastornata al presente, sentendo lo sguardo di Elijah scrutarmi, preoccupato.
- Cosa c'è, Elena?

Mi risvegliai da quel torpore, guardandomi intorno.
Quegli occhi erano scomparsi.
- Io non ti amo.- affermai, senza esitazioni. Passarono alcuni istanti.

- Non si può... imparare... ad amare una persona, Elijah! Ci si innamora e basta!- mi allontanai da lui a grandi passi, ad un tratto arrabbiata con me stessa e con la mia debolezza mentale nel farmi ammaliare da lui.

- Dici così perchè sei
presa da lui, ma con il tempo...
- Io lo amo
, Elijah! Il tempo non cambierà niente!
Rivolsi lo sguardo verso di lui, sentendomi vagamente in colpa per quella sfuriata priva di alcun tatto.
- Mi dispiace che dobbiamo salutarci così.- disse, dopo un po', cupo.

- Anche a me. Ma ho tutta la mia vita da vivere. - feci una pausa - Ed ora so benissimo con chi.
Lui annuì, senza guardarmi.

- Addio, Elena.

Non feci in tempo a vederlo sparire, che gli avevo già voltato le spalle.

PPS: i personaggi di Christian e Caroline sono presi dalla mia precedente fan-fiction, mi dispiaceva cambiarli! :)


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Capitolo 11
*** Domani. ***


Cap 11 E siamo giunti alla fine! Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno recensito, ricordato, seguito, preferito o semplicemente perso un po' del loro tempo leggendo questa storia. Spero di avervi lasciato qualche ricordo piacevole :)
Credo che tornerò abbastanza presto con qualche altra f-fic, purtroppo gli esami si avvicinano e mi tocca studiare, anche se vorrei scrivere tutto il tempo :/
Comunque, un bacio grande, e alla prossima! :)

Pov Elena

Vagai nel cortile della grande casa per un po', incurante del freddo e della notte. Le immagini di ciò che avevo visto non mi davano tregua, continuavano a comparire davanti ai miei occhi.

Mamma.

Quella parola, pronunciata con tanto amore da quella vocetta sottile, aveva lasciato un eco persistente, un grido nel silenzio che mi aveva scossa dall'interno. Era veramente un pezzo del mio futuro, quello?
Ero diventata una vampira, ma dal modo in cui mi aveva apostrofata Katherine -Novellina-, avevo intuito che non lo fossi da molto, sicuramente da dopo che avessi avuto dei figli, visto che il corpo di una creatura della notte non poteva mutare per una gravidanza.
I miei figli.
I nostri figli.

Sorrisi tra me e me, scalciando un sassolino dal viottolo alberato. A parte i farneticamenti di Matt ai tempi del liceo, non ci avevo mai pensato seriamente: diventare madre mi sembrava una cosa astratta, bella, ma fuori dalla mia vita, futura.
Avevo seppellito nel profondo del mio cuore quello strano quanto naturale desiderio dal momento in cui il sovrannaturale era entrato nella mia vita. Ogni tanto mi soffermavo a guardare le madri che portavano nel passeggino i loro bambini, chiedevo quanti mesi avessero e facevo loro i complimenti per quanto fossero belli, mentre i ricordi e il rimpianto prematuro mi divoravano.
Ma ora che quelle immagini così vivide, quei due bambini, quella casa, quella giornata così semplice ma dannatamente perfetta non mi abbandonavano, desideravo con tutto il cuore avere tra le braccia quei due visi d'angelo e confortarli, ascoltarli, insegnargli a crescere, perchè ero la loro madre.
Damon è un vampiro, non potremmo avere figli, in ogni caso. Tutto quello che ho visto era frutto della mia fantasia.
Continuai a ripetermi questo, affranta nel profondo, entrando nella grande casa vuota, salii piano le scale e aprii la porta della sua stanza: cercai la sua figura, ma trovai solo la notte.
- Oh, devo commuovermi? Sei venuto a salutare il povero vampiro che non ha niente da darti? Per favore, risparmiati, ho visto abbastanza.-

 - Dove sei?
- Accanto a te. Come sempre.

Mi voltai, trovandomi il suo viso a pochi centimetri dal mio.
- Allora?- continuò, sarcastico, trafiggendomi con lo sguardo.

Damon mi fissava, senza dire una parola.
- ... è stato un incubo vederti soffrire un'altra volta a causa mia, ma avrei fatto di tutto... di tutto pur di non perderti, anche morire io stessa, e fingere di non amarti era il minimo che potessi tentare...- trattenni il respiro - ... per salvarti. Dovevano essere sacrificate due persone innamorate l'una dell'altra... per questo ti ho detto che amavo Stefan...- abbassai lo sguardo, sentendo il suo perforarmi dentro -... perchè se avesse preso te... - esitai.

- ... se avesse preso me
cosa, Elena?- si avvicinò ancora di più a me, costringendomi a guardarlo.
- Se Kol avesse fatto in tempo a bere il mio sangue, dopo averti ucciso, a quest'ora avremmo un nuovo ibrido a piede libero! Kol era convinto che ti amassi, e se avesse preso te, la maledizione si sarebbe spezzata, avrebbe funzionato! Ho cercato di farti andare via ma tu sei rimasto...-

Il tempo sembrò fermarsi.
- Ti rendi conto che questa tua brillante idea mi ha fatto finire all'altro mondo?
- Ti rendi conto che sei stato un completo idiota a non bere quella pozione?
Tacque, sorpreso dalla mia prontezza.
- Che vuol dire questo? Non hai delle valigie da preparare, tu?-

Lo guardai negli occhi per quella che sembrò un'eternità. Non mi importava più di niente: delle conseguenze, del giudizio degli altri, niente. Volevo essere felice e basta, mi sentivo forte, più forte di tutto.
Più forte delle ingiustizie, dell'amore platonico, delle difficoltà, delle parole non dette, degli sguardi non compresi, di tutto.
Si dice che per capire una cosa si debba andare a sbatterci contro: su questo la vita non mi aveva mai fatto sconti. C'è chi beve per dimenticare, chi fuma, chi si butta da una finestra in nome della libertà.
Io volevo amare. Volevo amare Damon Salvatore e dimenticare tutto il dolore del mio passato.
E annullai le distanze.
Lo colsi di sorpresa, non se lo aspettava. Assaporai le sue labbra morbide, straordinariamente calde, sentendole modellarsi sulle mie, combaciando perfettamente, ci scambiammo i respiri. Lo percepii chiudere gli occhi, le sue ciglia mi sfiorarono, e in quel momento le sue mani mi cercarono avide, lasciando che le nostre lingue si incontrassero, all'inizio esitanti, poi sempre più sicure, mentre, ad ogni contatto, sentivo a pelle tutto l'amore e la passione che avevo represso, affiorare dalla prigione in cui li avevo rinchiusi.
- Dimmelo.- il suo sguardo era lucido di emozione, e di qualcosa di nuovo, che raramente avevo visto nei suoi occhi: un barlume di speranza, appena accennato, ma che conferiva al suo viso una luminosità diversa.
- Ti amo.
Fu poco più che un sussurro perso nel nascere della notte, due parole tremanti che sembrarono svanire nell'aria, nient'altro.
- Damon...
Lui mi premette un indice sulle labbra. - Non voglio mai più vederti piangere a causa mia. Mai più. Intesi?- la sua voce si ridusse ad un sussurro, mentre mi accarezzava via una lacrima dimenticata dalle guance. Ripresi a baciarlo e le sue mani scesero sulla mia schiena e sui fianchi, lasciandosi dietro una scia di brividi: gli circondai il collo con le braccia e gli accarezzai piano i capelli, con una naturalezza così palese da sembrare che stessimo insieme da sempre, mentre mi stringeva a sé e percepivo che stava sorridendo: non credevo ci fosse cosa più bella al mondo. Le sue labbra si fermarono prima delle mie, lasciandomi interdetta, ma in un attimo mi ritrovai sul letto, la sua figura imponente sopra di me.
- Lo sai che arrivato a questo punto mi sarà molto difficile fermarmi?

Lo spinsi di lato e capovolsi la situazione. - Vedi qualcuno intenzionato a fermarti in questa stanza?- sussurrai, percorrendogli il collo con le labbra e lasciando dei piccoli morsi – Io no di certo.- ripresi, trionfante, sentendolo cedere e chiudere gli occhi. Ma proprio quando pensavo avesse abbassato la guardia ritornò sopra di me, con un ghigno beffardo.
- Non ho ancora finito con te, piccola umana. Tra l'altro, non ho nemmeno iniziato.- disse, sensuale, e in un attimo mi ritrovai senza maglietta, sentendo le sue labbra torturarmi di lenti baci ogni centimetro di pelle, fino ad arrivare al limite con i jeans, che mi sfilò in neanche un secondo.

Ribaltai di nuovo la situazione, sbottonandogli lentamente la camicia per ammirare gli addominali scolpiti, impressi nella pelle diafana. Lo baciai di nuovo, possessivamente, affondando le dita nei capelli di seta nera, sentendolo ansimare di piacere, data la vicinanza ormai insostenibile dei nostri corpi, che reclamavano ormai da troppo tempo la loro unione. Non servirono parole: abbandonammo il resto dei vestiti e ci unimmo per quella che sembrò un'eternità, una meravigliosa eternità fatta di amore, passione, sentimento, felicità.
Perchè era ciò che avevo visto nei suoi occhi.
Damon era, per una volta, veramente felice. E sorrisi mentre lo baciavo, sorrisi mentre il piacere si faceva più forte per entrambi, sorrisi perchè mi sentivo completa ed orgogliosa di essere io la ragione di quella gioia, il motivo per cui, almeno per qualche momento, avrebbe dimenticato tutto il dolore che aveva ricevuto dalla sua esistenza.

Ero accoccolata tra le sue braccia. - Ti amo, non so se te l'ho già detto.
Lui fece una risatina, stringendomi un po' più forte. - Si, ma non mi stancherò mai di sentirtelo dire...- rispose, dolcemente.
- Posso chiederti una cosa?- disse, poi.

- Certo.

- Come ho fatto a tornare in vita? Prima mi ritrovo a vagare per Mystic Falls come fantasma e poi, ad un tratto, eccomi vivo e vegeto. Si fa per dire, ovviamente,

Ci pensai un po' su. - Ieri ho fatto un discorso abbastanza convincente alle streghe... magari è stato quello.
- Che tipo di discorsetto?

Arrossii di colpo.
- Ahi ahi ahi, sento del sangue affluire sotto la candida pelle delle sue guance! Cosa avrà mai detto la signorina Gilbert di così scandaloso?- declamò, teatralmente, fingendosi preoccupato.

- Solo che senza di te mi era stato tolto veramente tutto.- ammisi, sincera.

Rimase in silenzio. - Accidenti, mi sento così importante!- disse, dopo un po', e per tutta risposta gli diedi un leggero schiaffo sulla spalla.
- Non cominciare a montarti la testa!- lo ammonii, e lui imitò la mia voce, guadagnandosi un altro schiaffo e una cuscinata.

Combattemmo per un po' fin quando, stremata, sbadigliai e mi misi più comoda tra le sue braccia.
- Buonanotte, amore mio, e cerca di non sbavare troppo se mi sogni, sai com'è, dopo stasera...-

- Smettila.

Sentivo il suo tocco leggero tra i miei capelli, mentre il silenzio e la tranquillità della notte facevano ritornare regolare il battito ormai scomposto del mio cuore.
- Solo una cosa, e poi ti lascio dormire. Cosa ti ha mostrato Elijah, prima?

- Un ipotetico futuro con lui, fatto di viaggi ed alta moda francese.

Passarono alcuni secondi. - Ah. Bello. Ammettilo, per un po' ti è venuta la tentazione, eh?- il suo tono di voce scherzoso tradiva però una certa tensione.
Scossi la testa già da prima che finisse di parlare. - Neanche un po', e poi ho avuto più di una "visione".
- Sì? Domani mi racconti, così ci facciamo quattro risate, alla faccia del vampiro "Diventerai la mia regina!". Certo, come no, dopo essere passato sul mio cadavere!-

Trattenni una risata, affondando la testa nella sua spalla – E giusto per curiosità... ti piacciono i nomi Christian e Caroline?-
Ci pensò un po' su. - Suonano bene insieme. Perchè?
Sorrisi tra me e me. - Ti racconto domani.

Epilogo


- Caroline, vieni!

La bambina saltò giù dal letto, dove era presa a fantasticare, e in meno di un attimo si ritrovò in cucina: era la stanza che più le piaceva della casa, luminosa ed ampia, arredata semplicemente ma con gusto, ma soprattutto si sentiva protetta, con la figura della mamma ai fornelli, pronta a sfornare qualche delizia. Sapeva benissimo di non poterla spaventare, perchè con i suoi "sensi da supereroe" poteva sentirla camminare dal piano di sopra, ma ci provò lo stesso.
- Bu!- esclamò, comparendole alle spalle.

Elena fece finta di trasalire, teatralmente, portandosi una mano al cuore. - Che spavento che mi hai fatto prendere!- esclamò, prendendo un grembiule a fiori da un cassetto e annodandolo in meno di un attimo dietro la vita sottile della bambina, che rise di gusto.
Trascorsero l'ora seguente a pesare ingredienti, mescolare ed assaggiare, prima di infornare quella che sarebbe diventata una squisita torta al cioccolato, di quelle che riuscivano ad addolcire anche la zia Kath, nonostante la presenza di Stefan e l'essere diventata zia l'avessero resa già più paziente e disponibile, a volte dolce, con gli anni.
E proprio con dolcezza la vampira si accomodò in cucina e sorrise, scherzando con la sua doppelganger che ormai considerava una sorella, e con la bambina, che con i boccoli castani e i grandi occhi verdi le sembrava un po' figlia sua e di Stefan. Un moto di tristezza velò il suo sguardo, subito sostituito da un lampo di felicità nel vedere i tre uomini di casa, Stefan, Damon, e quell'altro piccolo Damon con cui le piaceva sfidarsi a carte, Christian, entrare in cucina e accomodarsi, adocchiando con desiderio l'enorme torta che troneggiava sulla tavola imbandita.
- Cos'ha preparato di buono la mia mogliettina, stasera?
- L'ha fatta Caroline, io ho solo assistito!

- Ma come si danno da fare le mie donne di casa! Scommetto che l'unica a non fare niente è stata zia Katherine!

- Non è vero, io sono l'assaggiatrice ufficiale!

Scherzarono e condivisero quel momento così semplice quanto unico, mentre l'amore e l'affetto famigliare sembravano irradiare la stanza per mezzo dei loro sguardi, carichi di felicità e spensieratezza.

- Ricordi quando mi raccontavi di quella visione sul nostro futuro?
- Certo che mi ricordo, sono un vampiro!

- Quel giorno che avevi visto era oggi. Sono passati quasi otto anni.

I due rimasero in silenzio, contemplandosi l'un l'altro.
- Già...- Elena fissò davanti a sé, pensierosa. - Sai... credevo che non sarei mai diventata madre... insomma, con tutto quello che succedeva, era già tanto se arrivavo viva alla fine della giornata... poi con il fatto che tu sei un vampiro...

- Mi chiedo anch'io come abbiamo fatto. Tutto merito mio!

Elena gli tirò uno schiaffetto sul braccio, fingendosi offesa, per poi rispondergli con un sorriso. - Seriamente, non hai qualche teoria?
Damon ci pensò su. - Forse perchè hai fatto emergere il lato umano di me.
- La penso anch'io così.- si sporse per dargli un bacio – Dove c'è amore si può fare tutto.

















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