Till the stars don't shine di All my Darkness (/viewuser.php?uid=175976)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piccola Katherine. ***
Capitolo 2: *** E' tutta colpa mia. ***
Capitolo 3: *** Mystic Falls. ***
Capitolo 4: *** Promesse. ***
Capitolo 5: *** Ora. ***
Capitolo 6: *** Due cuori. ***
Capitolo 7: *** Flashback. ***
Capitolo 8: *** Una scelta. ***
Capitolo 9: *** Solo un ricordo. ***
Capitolo 10: *** Futuro? ***
Capitolo 11: *** Domani. ***
Capitolo 1 *** Piccola Katherine. ***
ll
Ciao
a tutti! Eccomi quì con una nuova fan-fiction Delena che
spero possa piacere! Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno,
se volete fatemi capire tramite recensioni se è passabile o
se devo ritirarmi già da ora.
Causa
scuola dovrò aggiornare ogni due-tre giorni, a meno che non
avrò un lampo di genio creativo e mi porterò
avanti con i capitoli. Se volete leggere qualcos' altro di
mio, ho scritto How
could I not love you, Damon? sempre su TVD.
Comunque,
un bacio e buona lettura! :)
Pov
Elena
Lessi
il cartello Benvenuti a Mystic Falls,
trattenendo un moto di sollievo: la pioggia e il vento continuavano a
sferzare l'asfalto, mentre cercavo in tutti i modi di guardare fuori
dal finestrino, e non verso
lo sguardo
color ghiaccio che
sentivo trafiggermi da molto, da quando eravamo saliti in macchina.
Damon guidava in silenzio accanto a me, stringendo forte, troppo
forte, il volante e Jeremy forse si era addormentato, o forse no, non
mi arrischiavo a controllare. La tensione nell'abitacolo era
così
palpabile, che mi sembrò di tornare a respirare quando
finalmente
l'auto accostò davanti casa nostra: Jeremy scese
sbadigliando, io
esitai, ancora seduta.
- Fate pure con comodo.- disse mio fratello, piccato, mentre in un
attimo percorreva il vialetto di casa e si fiondava dentro, lasciandoci
inevitabilmente soli.
Arrossii,
pensando di incrociare finalmente quegli occhi che per così
tanto
tempo mi ero così preoccupata di evitare: Damon
però guardava
dritto davanti a sé, immobile. Non faceva freddo, perlomeno
non lì
dentro, ma sentii comunque un brivido attraversarmi la schiena.
- Scendi dalla macchina e vattene, Elena.
Sussultai,
nel sentire la sua voce fredda colpirmi come uno schiaffo. Sbattei le
palpebre più volte, incredula.
- Che cosa?
- Ho detto scendi dalla macchina e vattene. Andare via,
lasciare un luogo, prendere un'altra strada. Sparisci.
Cercai
invano il suo sguardo, ma non lo trovai.
- Damon...
Non
rispose: presa da un impeto improvviso poggiai la mia mano sulla sua,
fermamente ancorata al volante. Si voltò di scatto, puntando
i suoi
occhi nei miei, e rabbrividii: una luce folle, pericolosa, furiosa li
illuminava, mentre si sottraeva con rabbia al contatto, lasciandomi
con la mano a mezz'aria dallo stupore.
- Hai avuto un bel viaggetto, recuperato tuo fratello sano e salvo e
passato un po' di tempo con il vampiro cattivo, ora puoi andartene e
lasciarmi in pace. Contenta, piccola
Katherine? - sibilò, con il tono di voce
più crudele che gli avessi mai sentito, perforandomi con lo
sguardo.
Piccola
Katherine. Quelle
due parole mi
trafissero l'anima, mentre sentivo già lacrime bollenti
formarsi
inesorabilmente tra le ciglia. Tremai.
- Sparisci.- ribadì, avviando già la macchina.
- Damon...- sussurrai, ingoiando le lacrime.
- Sparisci!- gridò,
sporgendosi ed aprendomi seccamente la portiera con una spinta della
mano.
Corsi
fuori dalla macchina, mentre lo sentivo già ingranare la
marcia e
partire al massimo della velocità: le ruote stridettero
sulla ghiaia
mentre in meno di un secondo scomparve dalla mia vista appannata
dalle lacrime.
Caddi
seduta sullo scalino del portico, notando solo in quel momento che
ero fradicia dalla testa ai piedi, ma non me ne curai: mi presi il
viso tra le mani e chiusi gli occhi, lasciando che i ricordi mi
inondassero la mente. Mi pareva di sentire ancora le sue mani
accarezzarmi con dolcezza e bramosia crescente mentre le nostre
labbra combaciavano e lo stringevo a me, per un momento beatamente
incurante di tutto e di tutti: avevo dimenticato chi ero, la mia
storia, sentivo solo il suo calore e il suo profumo fondersi con il
mio e non volevo che finisse.
Ma
era finito. Era finito tutto.
Non
lo so.
Quanta
sincerità, e quanta meschinità allo stesso tempo
era celata in
quelle tre parole?
Non
toccarla! L'eco
della sua voce
continuava a risuonarmi nelle orecchie, mentre per l'ennesima volta
mi proteggeva, nonostante tutto.
Ma
era vero? Non lo sapevo, o non volevo saperlo?
Avevo paura. Paura delle conseguenze, dei giudizi degli altri, dei
cambiamenti, di tutto. Non lo so.
Piccola
Katherine. Un
altro singhiozzo
mi scosse, mentre le lacrime continuavano a cadere, lente e
inesorabili. Sentivo uno squarcio irreparabile nel petto continuare a
pulsare, una ferita profonda: non avevo mai pianto così, non
avevo
mai sentito il cuore così straziato, e me ne sorpresi. Avevo
perso i
miei genitori, ero stata vittima di rapimenti, sacrifici, spettatrice
di innumerevoli omicidi, eppure non ero mai crollata così, e
soprattutto non avevo mai sentito quella strisciante sensazione di
senso di colpa e vergogna che
mi attanagliava lo stomaco. Di solito era colpa degli altri se stavo
male, dell'ibrido, della morte o del vampiro di turno, non mia.
Questa volta era diverso.
Era
tutta colpa mia.
E'
finita. Non voglio vederti, non voglio stare con te. Queste
erano le parole con cui Stefan mi aveva lasciata, non le avevo
dimenticate, ma ciò che avevo provato in seguito non era
neanche
paragonabile alla sofferenza che sentivo in quel momento.
Damon
mi aveva fatto dimenticare tutto.
Ma
ora non avrei avuto più nessuno.
- Entra, Elena. Sei fradicia, ti prenderà qualcosa.- Jeremy
esitava alla porta, guardandomi preoccupato. Mi alzai di scatto ed
entrai in casa e, senza dire una parola, lo abbracciai, singhiozzando.
- E' per Damon, vero?
Non
c'era irritazione o rabbia nella sua voce, solo rassegnazione e
dispiacere. Mi scostai e mi asciugai le lacrime.
-
Sì.- risposi, voltandogli le spalle e salendo
piano le scale.
Pov
Stefan
Sentii
la porta di casa aprirsi e il passo lento e familiare di mio fratello
varcare la soglia. Alzai lo sguardo da Moby Dick per
incontrare il suo: sembrava stravolto, completamente prosciugato. In
un attimo mi alzai e gli fui davanti.
- Cos'è successo?- domandai.
- Piano fallito, come al solito, viaggio tranquillo e poco traffico.
Niente da evidenziare.- rispose, con il solito tono sarcastico che
stonava completamente con la sua espressione afflitta. Fece per
scansarmi ma lo bloccai.
- Elena?- continuai, cercando invano di catturare il suo sguardo
sfuggente.
- Intendi la doppelganger di Katherine? Oh, sta
bene, magari un po' stanca, ma che vuoi farci. -
In
quel momento mi avvicinai, e sentii stranamente un altro profumo che
conoscevo benissimo mescolato a quello secolarmente familiare di mio
fratello.
Capii
tutto, e in meno di un secondo lo sbattei con forza contro il muro,
bloccandolo: alcuni quadri appesi alla parete caddero per l'impatto.
- Dimmi cos'è successo. Ora!- gridai, a pochi centimetri dal
suo viso.
- Quello che succede sempre, solo che stranamente ha preso lei
l'iniziativa. Comunque puoi stare tranquillo, il suo essere Petrova si
fa avanti sempre nei momenti sbagliati. Ora è il tuo turno,
immagino, non so se ha una lista. -
Si
liberò dalla mia presa e mi guardò, fulminandomi.
- Non può andare avanti così.- dissi, prendendo a
camminare avanti e indietro al centro del grande soggiorno.
- Chissà perchè, ho come un deja
vu.
- Sono serio, Damon.
- Anch'io.
Ci
scrutammo per quella che parve un'eternità.
- Comunque, ho preso una decisione.- disse poi, ad un tratto. Si
avvicinò alla vetrina e ne afferrò una bottiglia
di cristallo colma di liquido ambrato: versò il
contenuto in un bicchiere e se lo portò alle labbra, prima
di continuare.
- Me ne vado, Stefan. Non ho più motivi per restare
quì, dopo stasera.
Spalancai
gli occhi. - Che cosa?- domandai, incredulo.
Bevve
l'ultimo sorso e posò il bicchiere, guardandomi.
- Mi riconosci, Stefan? Puoi leggere almeno parte di quello che provo
nei miei occhi? Non posso continuare a ridurmi così. E'
diventato un gioco che mi sta uccidendo.
- E cosa concluderai, andandotene?
Alzò
le spalle, appoggiandosi alla parete.
- Magari apprezzerà l'assenza, visto che la presenza non le
piace abbastanza.
Esitai.
- Non puoi andartene... sei importante per lei. Crollerebbe.- ammisi,
amareggiato.
Mi
trafisse con lo sguardo. - Non è questo che vuoi? Averla
tutta per
te e poterla riconquistare? Al posto tuo non mi
lamenterei. -
Rimasi
in silenzio per un po', punto nel vivo.
- Dove hai intenzione di andare?
Si
concesse un altro bicchiere di bourbon prima di rispondere. - Non lo
so. Lontano da quì.-
Detto
questo afferrò la giacca di pelle dal divano e mi fece un
cenno con
la mano.
- Ci si vede, fratellino.
- Lei ti ama.
Rimase fermo alla porta.
- Non abbastanza.- rispose, la voce completamente spezzata.
- Sì, invece. E non sai quanto mi costa ammetterlo, ma
è la verità. Se te ne vai ora... a cosa
sarà valso tutto ciò? - fissai il fuoco che
ardeva nel caminetto.
Si voltò di scatto e fu di nuovo davanti a me. - Come mai
tutto questo spirito di sacrificio? Che c'è, hai
pietà per il tuo povero fratello respinto?
Lo
guardai negli occhi. - Mi sto solo comportando da uomo, cosa che non
ho fatto nel 1864, con Katherine.-
Sembrò
colpito da quella affermazione, ma non reagì come mi
aspettavo.
-
Mi dispiace, Stefan. Almeno tu
non le farai del male.- disse,
affranto, lanciandomi un ultimo sguardo, prima di sparire.
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Capitolo 2 *** E' tutta colpa mia. ***
Cap 2
Ciao!
Eccomi tornata con il secondo capitolo di questa nuova fan-fic. Spero
vi piaccia, ringrazio enormemente chi ha recensito e chi
ricorda/segue/preferisce. Fatemi sapere se vi piace! ;)
Un
bacio, e buona lettura! :)
Pov
Jeremy
Bussai
nuovamente, ma l'unica cosa che ricevetti fu il silenzio.
- Elena.- chiamai, accostandomi di più alla porta della sua
camera: sapevo che stava piangendo.
- Jeremy, vattene, per favore.
Silenzio.
- Elena, devo dirti una cosa. E' importante. Posso entrare?
- Stai bluffando.
- No, non sto bluffando, sono tuo fratello e ho bisogno di parlare con
te. Ora puoi aprire questa maledetta porta?
- Cosa devi
dirmi?
- Riguarda te. E... Damon.- ammisi, sapendo che quel nome avrebbe fatto
il suo effetto.
Passarono
alcuni secondi, e finalmente sentii la chiave girare. Entrai esitante
in quella stanza che mi era tanto familiare, e scorsi la figura di
mia sorella distesa sul letto, la testa affondata nel cuscino. Mi
sedetti accanto a lei, un po' a disagio da quella situazione, e le
accarezzai piano i capelli.
- Puoi spiegarmi cosa sta succedendo?- domandai, cauto. Un
altro singhiozzo le fece tremare le spalle, facendomi preoccupare
ancora di più: non l'avevo mai vista così. La
rabbia iniziò a
scorrermi nelle vene.
- E' per quel vampiro, no? Lo sapevo che sarebbe finita
così, che non ci si poteva fidare di lui. Cosa ti ha fatto?
Dimmelo, Elena!
- Non mi ha fatto niente!- ad un tratto si mise a sedere, puntando i
suoi occhi venati dalle lacrime e dal dispiacere nei miei.
- Sono io che sbaglio, sono io la causa di tutto!- si
asciugò una lacrima ribelle che era sfuggita al suo
controllo e si guardò intorno, frastornata, indifesa come
non l'avevo mai vista.
Sospirai,
cercando di calmarmi. - Prima ti ha soggiogata, non è
così? Ti ha
costretta a... stare con lui e... ora è
così.
- No!- scosse con forza la testa, guardandomi con decisione negli
occhi. - Lui non ha fatto niente, sono stata io, io a baciarlo e a
fargli male di nuovo, per l'ennesima volta...-
Non potevo crederci.
- Elena, non capisco più niente! Stefan è tornato
quello di prima, no? Lui ti ama ancora, allora perchè tutto
questo? -
Cercai
invano il suo sguardo, e le presi la mano.
- Puoi parlare con me, Elena. Sono tuo fratello e voglio che tu sia
felice, non sopporto di vederti così.- feci una pausa, e in
quel momento ricordai le parole di Rose.
- Ti sei innamorata di Damon?- domandai, senza pensare ma temendo la
risposta.
Finalmente
incrociai i suoi occhi.
- Ho paura, Jer.- sussurrò, tremante.
Mi
avvicinai di più a lei, ma non feci domande.
- Sai qual era il mio incubo peggiore?- iniziò, con una
smorfia. - Diventare come Katherine. La compativo ma allo stesso tempo
provavo disprezzo per quello che aveva fatto. Avevo accettato di essere
la sua doppelganger, ma ero convinta che la somiglianza si fermasse al
lato fisico. Invece no.- la sua voce era monocorde, flebile, venata dal
senso di colpa.
- Tu non sei una vampira centenaria con manie di egocentrismo! Come
puoi paragonarti a lei? - la interruppi, sconvolto.
Non
rispose.
- Damon ti ama. Anche Stefan ti ama, almeno credo, ma sono due modi
totalmente diversi. - iniziai, non sapendo a cosa si sarebbe spinto
quel discorso. - Immagina che Klaus ti prendesse, e minacciasse di
ucciderti. Stefan sarebbe capace di tutto pur di salvarti: troverebbe
streghe, grimori, compromessi, patti, alleanze con il nemico pur di
riuscirci. Damon
si farebbe uccidere al posto tuo, nel momento esatto in cui ti
guardasse negli occhi e ti vedesse soffrire.-
Parlai
di getto, senza pensare, e mi resi conto di quello che avevo detto
solo quando vidi i suoi occhi spalancarsi dallo stupore e dalla
consapevolezza. Trattenni il respiro, mentre li vedevo tornare a
luccicare di lacrime.
- E non devi temere il giudizio degli altri, se sceglierai.- continuai.
- Perchè dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo tutto
quello che hai passato, non c'è persona
al mondo che meriti più felicità di quanta ne
meriti tu. E non importa con chi.-
Ci
guardammo per quella che parve un'eternità, prima che ad un
tratto
mi abbracciasse, singhiozzando.
- Sto male, Jer! Mi sento in colpa, mi sento in colpa e dovrei sentirmi
così per tanti motivi, perchè l'ho baciato,
perchè non è stato giusto nei confronti di Stefan
e perchè, con tutto quello che sta succedendo, i sentimenti
sono l'ultima cosa a cui dovrei pensare... ma l'unica cosa per cui mi
sento in colpa stasera... - mi strinse più forte, affondando
la testa sulla mia spalla. - ... è di averlo lasciato andare
così.
Le
diedi un colpetto affettuoso sulla spalla, sospirando. - Sai che
dovrai scegliere, prima o poi, vero? -
- Lo so.- rispose, e la sua voce si fece un po' più forte. -
Ma stasera ho capito che non posso tornare indietro, dopo tutto quello
che è successo. E questo vuol dire solo una cosa.- in quel
momento si scostò di scatto e saltò
giù dal letto, lasciandomi perplesso nel guardarla mentre si
spazzolava velocemente i capelli.
- Dove stai andando?- domandai, sapendo già la risposta.
Indossò
la giacca e afferrò le chiavi, prima di rivolgermi un
sorriso. -
Grazie di tutto, Jer. Vado dal vampiro che amo.- rispose, chiudendosi
la porta alle spalle e scendendo di corsa le scale.
Pov
Elena
Ingranai
la marcia e accelerai, lasciandomi sfuggire una lacrima, di
felicità
stavolta, insieme a una risata liberatoria.
Mi
sentivo leggera come una piuma, e immaginavo già la faccia
che
avrebbe fatto quando gli avrei detto tutto, dall'inizio alla fine,
non avevo paura di niente. Come avevo potuto negarmi tutta quella
felicità per così tanto tempo? L'avevo davanti
ogni santo giorno, e
continuavo ad ignorarla, invece di andarle incontro a braccia aperte.
Parcheggiai
davanti casa Salvatore e scesi, sentendo l'euforia che aveva
caratterizzato il viaggio evaporare e lasciare il posto alla
preoccupazione. Esitai, davanti al grande portone, incerta su cosa
fare, quando la porta si spalancò, cogliendomi di sorpresa.
- Elena.- Stefan mi guardava, allibito. - Cosa ci fai in giro, alle due
di notte, da sola?
Abbozzai
un sorriso di scuse. - Ho bisogno... di parlare con Damon. E' in
casa?- domandai, timidamente.
Stefan
spalancò la porta e mi lasciò entrare, senza
rispondere.
Fortunatamente il fuoco era acceso e mi sedetti sul comodo divano del
soggiorno, scaldandomi.
Il
vampiro si sedette accanto a me e mi guardò: era da tanto
che non ci
trovavamo così vicini e non potei evitare di sentirmi in
soggezione.
- Damon non è quì.
Rimasi
sorpresa. - Non è tornato?
Stefan
puntò lo sguardo oltre la mia figura, quasi volendomi
evitare: una
strana sensazione iniziò a farsi strada nel mio cuore.
- Dov'è?- domandai, deglutendo a fatica.
Non
rispose, continuando a eludere il mio sguardo. Scattai in piedi,
senza neanche sapere perchè.
- Stefan, dov'è Damon?- la
voce si incrinò, alzandosi improvvisamente di due ottave.
- Perchè non rispondi? Guardami!
Stefan?- gridai, presa dal panico.
In
quel momento incrociai i suoi occhi verdi, una volta capaci di
leggermi dentro, e per la seconda volta quella sera persi il
controllo del mio corpo, e mi ritrovai a correre, salire senza fiato
le scale, mentre le lacrime iniziavano già a
cadere.
- Damon!-
chiamai, con tutta la voce che avevo. Spalancai una per una
le
porte della grande casa, guardando affannata in ognuna per pochi
attimi, abbastanza per poter scorgere la sua figura familiare venirmi
incontro, abbastanza per poter sentire quegli occhi di zaffiro
graffiare dentro i miei, abbastanza per vedere solo il buio. -
Damon!- continuai a gridare, fermandomi di colpo davanti a quella che,
lo sapevo, era la sua stanza. Per un attimo smisi di piangere,
dandomi della sciocca, perchè lo avrei sicuramente trovato
lì,
assorto davanti la grande finestra a fissare la notte, sorseggiando
l'immancabile bicchiere di bourbon: mi avrebbe guardato, sollevando
un sopracciglio in quello che doveva essere un ghigno sarcastico,
esclamando "Cos'hai da chiamare così?", soddisfatto
di avermi fatto prendere uno spavento. Spalancai la porta,
già
raggiante. Come ho potuto anche solo pensare che...
- Damon
se n'è andato.-
Fissai
quella solitaria oscurità, voltandomi verso Stefan.
- Dov'è andato?- cercai di controllare il tremito della
voce. - Tornerà, vero? Sarà al Grill... o in
giro... o...-
Due
braccia forti mi afferrarono per le spalle e mi costrinsero ad
annegare in quel tormento.
- Damon se n'è andato e non tornerà, Elena.-
Rimasi,
immobile, a fissare un punto impreciso di fronte a me, mentre in un
attimo tutte le forze venivano meno.
- Cos'è successo? Stefan!- le lacrime iniziarono a cadere,
mentre prendeva a bloccarmi per i polsi: mi dimenai, ma l'unica cosa
che ottenni fu di sentirmi totalmente bloccata.- Dimmi che non
è vero.- lo guardai negli occhi, quasi
supplicandolo.
- Dimmi che non è vero...-
Ricambiò
il mio sguardo, c'erano dolcezza e rassegnazione in quegli occhi, e
non potei fare a meno di scoppiare in un pianto dirotto quando mi
abbracciò piano: volevo altre braccia, altre mani ed altri
occhi su
di me, ma non avevo neanche la forza per pensarlo.
- E' tutta colpa mia.- sussurrai.
Lui
non rispose, ma si scostò per guardarmi negli occhi.
- Ti accompagno a casa.
- Non c'è bisogno.
- Sì, invece. Non puoi guidare in questo stato. -
Detto
questo, lasciai che mi prendesse per mano e lo seguii condurmi verso
quella che forse era casa, ma davanti a me non vedevo niente, solo
due occhi di ghiaccio.
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Capitolo 3 *** Mystic Falls. ***
Cap 3
Ciao! Voilà il terzo capitolo!
Grazie a chi ricorda/segue/preferisce e soprattutto a chi recensisce,
vi invito a lasciarmi un commento per farmi sapere se vi piace.
Un bacio, e buona lettura! :)
Pov
Katherine
Avevo
sempre avuto un debole per New York: una città che non dorme
mai è
ottima per un vampiro particolarmente... attivo come
me, e
soprattutto assetato di sangue fresco. Le strade di Manhattan erano
come al solito affollate di vetrine illuminate, famigliole
all'apparenza felici e uomini d'affari, mentre avanzavo accompagnata
da immancabili tacchi 12 e parecchi sguardi. Entrai in un bar poco
affollato e mi sedetti al bancone, lanciando uno sguardo languido al
barista.
- Mi porterai immediatamente un mimosa, abbondante. Magari con
più sangue che champagne.- ordinai,
vedendo le sue pupille restringersi ed allargarsi. Quanto
adoravo il soggiogamento. Si allontanò
obbediente, mentre mi ravviavo una ciocca castana dietro l'orecchio.
- Per me un bourbon, il migliore che avete. Ovviamente offre la casa.
Ora. -
Mi
voltai di scatto.
- Damon?- esclamai, allibita.
Per
tutta risposta iniziò a sorseggiare il suo drink,
guardandomi divertito.
- Certo che cammini bene su quei trampoli, facevo quasi fatica ad
inseguirti. Sorpresa?-
Scossi
la testa, contrariata. - Non hai una doppelganger da proteggere, tu?
Fece
una smorfia e abbassò lo sguardo. - A quello basta il
vecchio Stef.
E poi, avevo bisogno di una pausa.-
Annuii,
poco convinta, ma decisi di non infierire: poco dopo uscimmo dal bar
e prendemmo a camminare insieme, mentre centinaia di persone e vite
ci passavano accanto.
- Allora, novità a Mystic Falls?
- E' un modo implicito per sapere se Klaus è ancora vivo?
Comunque sì, non siamo ancora riusciti a sbarazzarci di lui.
- Mi sto solo chiedendo cosa abbia potuto spingere il vampiro
più temerario che conosco ad abbandonare la nave che
affonda.-
Mi
lanciò una breve occhiata che ricambiai, incuriosita.
- Il Damon che conosco mi avrebbe già incenerita con una
delle sue battutine.
- Il Damon che conosci non esiste più.
Incassai
il colpo, prima di fare un'altra domanda. - La piccola umana, invece?
Ha finalmente imparato a non cacciarsi nei guai?
- A quanto pare dovresti essere molto fiera della piccola te,
non fa altro che rendere onore alle sue origini Petrova.
In
un attimo compresi. - Ah.- esclamai, soddisfatta.
- Non c'è niente di cui essere felici.
Avrei dovuto immaginare che ti saresti innamorato di lei.
Non
rispose.
- E' tornata con Stefan?- lo stuzzicai, innocentemente.
Mi
trafisse con lo sguardo. - No.
- Beh, immagino che non abbia neanche scelto te, visto che ora sei
quì. Ha forse messo da parte il soprannaturale per qualcosa
di più... al suo livello? Tipo quell'umano biondo dall'aria
insipida... com'è che si chiamava... Matt?- feci la mia
espressione più angelica. - Non si può avere
tutto dalla vita.
Continuammo
a camminare per un po', in silenzio.
- Perchè sei quì, Damon? Immagino che tu non sia
venuto per respirare aria diversa, e il mio istinto di sopravvivenza mi
sprona sempre a chiedere i motivi delle visite.
- Secondo te, perchè?- mi sfidò, anche se non
potei evitare di non notare una sfumatura triste nella sua voce.
- Vuoi vedere se, stando via per un po', al tuo ritorno
cadrà fra le tue braccia?- sorrisi, mentre ci spostavamo
vicino la costa, sul lungomare.
- In parte sì, ma non sono così egocentrico.
- Non credo che sarà difficile. Ti trovo particolarmente...-
esitai, alla ricerca dell'aggettivo giusto.
- ... affascinante.- continuai, guardandolo: il
tramonto stava appena calando e la brezza marina gli scompigliava i
capelli color ebano, mentre mi rendevo conto che quell'aria malinconica
lo rendeva, se possibile, ancora più intrigante.
Lui
abbozzò un sorriso. - Dio mio, Katherine, stai veramente
flirtando
con un tuo ex? Non ti credevo capace di arrivare a tanto.-
Toccò
a me sorridere, anche se un po' in imbarazzo. - Tu sei molto
più di
un semplice ex, Damon, dovresti saperlo. E quale sarebbe il resto
delle motivazioni, a parte quello?-
Prese
un respiro profondo prima di rispondermi.
- Ho un piano per uccidere Klaus, e tu sei l'unica che può
aiutarmi.
All'improvviso
smisi di camminare e lo guardai negli occhi.
- Non se ne parla!- sbottai. - Io a Mystic Falls non ci metto piede
fino a quando...
- ... fino a quando cosa, Katherine?- mi interruppe, furioso. - Fin
quando non morirà per cause naturali o un meteorite gli
cadrà in testa? Devo forse ricordarti che è
immortale, finchè non gli piantiamo un paletto di quercia
bianca nel cuore?-
Distolsi
lo sguardo, incrociando le braccia al petto, e guardai il mare dietro
di me, dal colore tanto simile ai due occhi che stavo evitando, anche
se mi sentivo un po' punta nel vivo. Lui sembrò notarlo e mi
costrinse a voltarmi, prendendomi per un braccio.
- Non sei stanca di fuggire?- mi chiese, con il tono di voce
più convincente che gli avessi mai sentito. Esitai, incerta,
prima di attirarlo a me, fin quando i suoi occhi non furono
così vicini da poter distinguere le venature dell'iride
color ghiaccio.
- Se ci lascio la pelle, ti perseguiterò dall'altro Lato
fino a quando non farai la mia stessa fine.- sussurrai, minacciosa,
mentre sentivo il suo respiro freddo scontrarsi con il mio.
- Il Damon che conoscevo mi avrebbe già baciata.- continuai
poi, suadente.
- Il
Damon che conoscevi non era innamorato di un'altra.-
rispose, sorridendo, mentre lo lasciavo andare per dirgerci verso la
macchina.
Pov
Damon
Guidavo
per le stradine affollate di Brooklyn, seguendo le distratte
indicazioni della vampira seduta accanto a me, che non faceva altro
che mettere sotto-sopra la mia raccolta di cd.
- Mmm, non ti facevo per niente da ghotic metal e house.-
commentò, alzando un sopracciglio e scartando un cd dopo
l'altro. - Una volta impazzivi per i Notturni di Chopin, anche se
questi sono molto più... vampireschi.-
- Sicura che questa strega non sia morta da qualche decennio?- sbottai,
svoltando in una strada secondaria.
Sbuffò. - Sono andata a... farle visita neanche
un mese fa, e ti assicuro che stava benissimo. Puoi parcheggiare
quì, siamo arrivati.-
Una volta scesa dall'auto, la vampira mi prese per mano.
- E' meglio se crede che sei il mio... compagno, così non le
verrà in mente di attaccarmi, se sa che siamo in due.- si
giustificò, cercando qualcosa con gli occhi.
- Puoi dirlo se hai bisogno di affetto, non c'è da
vergognarsi.- scherzai. - Capita anche a me.
- Spiritoso.- rispose, prima di indicare quello che doveva essere un
ristorante.
- Lavora lì. Limitati ad annuire e a guardarla minaccioso.
Alzai
gli occhi al cielo. - E fu così che il piano
fallì miseramente.
- Ti sto solo avvisando.- rispose, prima che entrassimo.
Il
ristorante era quasi vuoto, tranne che per alcuni clienti. Una donna
al bancone, dai lunghi capelli ricci e la carnagione ambrata,
notò
Katherine e sembrò trasalire, ma la guardò
coraggiosamente mentre
ci avvicinavamo.
- Katherine.- salutò, lanciando una breve occhiata alle
nostre mani intrecciate. - Qual buon vento?- domandò poi,
controllando il tono di voce.
La
vampira sorrise, tutt'altro che benevola. - Diciamo che è
ora di
rendere qualche favore indietro, Nathalie.
- Lui chi è, il tuo nuovo giocattolino ?- domandò
la strega, alludendo a me.
- Damon Salvatore.- risposi, piccato. I suoi occhi sembrarono
illuminarsi di consapevolezza, ma non obiettò.
- Venite nel retro.- esclamò, facendoci strada.
Entrammo
in quella che poteva essere la via di mezzo tra un magazzino e
l'antro di una stega e mi appoggiai al muro, mentre Katherine
avanzava verso il centro della stanza.
- A cosa devo la vostra presenza?
- Ci serve un incantesimo di localizzazione.- risposi, controllando che
non arrivasse nessuno.
- Su cosa? Persone, oggetti...?
- Un paletto. Un paletto di quercia bianca.- la interruppe Katherine.
Gli
occhi della strega si spalancarono, ma conoscendo forse con chi aveva
a che fare preferì non fare domande. Dispose delle candele
in
cerchio, aprì una vecchia cartina e si
inginocchiò a terra.
- Ho bisogno di qualcosa su cui far leva.- disse, incerta della nostra
reazione. In meno di un secondo Katherine si affondò i
canini nel polso e fece colare il sangue sulla mappa.
- Veloce, strega, non abbiamo tempo da perdere.- la mise a tacere,
ritornando alla sua postazione.
Nathalie
iniziò a pronunciare delle strane parole in latino, e il
sangue
prese a muoversi lentamente sulla mappa, a scendere giù,
sempre più
giù, verso la Virginia e fermandosi su...
- Mystic
Falls.- esclamai, preoccupato. - Proprio dove era meglio
che non fosse.
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Capitolo 4 *** Promesse. ***
Cap 4
Ciao
a tutti! Rieccomi con il quarto capitolo di questa mia seconda fan-fic
Delena. Grazie a tutti quelli che
leggono/ricordano/seguono/preferiscono e recensiscono e, se volete,
fatemi avere un commento, anche breve, per me è molto
importante.
Un
bacio, e buona lettura! :)
PS: Aggiorno martedì.
Pov
Stefan
Erano
trascorse due settimane da quando mio fratello aveva lasciato la
città: la vita, per quanto normale e tranquilla potesse
essere a
Mystic Falls, andava in qualche modo avanti. Bussai, come ogni sera,
a casa Gilbert, aspettando che qualcuno aprisse.
- Stefan.- Jeremy mi fece entrare, per poi sprofondare sul divano. -
Elena è di sopra. E non sta piangendo, credo.-
mimò l'ultima frase con le labbra, per non farsi sentire.
Sollevato,
salii le scale e bussai alla sua porta.
- Entra, Stefan.- esclamò Elena. La camera era sempre la
stessa, ma non potei non notare la sottile sfumatura di nervosisimo
nella sua voce: sedeva sul letto, fissando una busta che aveva tra le
mani.
- Cos'è?- domandai, sedendomi accanto a lei.
- Un invito a un ballo in stile 1920.- rispose, porgendomela.
Sulla
spessa carta bianca spuntava, in rilievo, un'elegante calligrafia.
- Domani, alla Mystic High.- mi anticipò lei, stendendosi e
portando una mano dietro la testa. - Per esperienza direi che non
è stato organizzato solo per rispolverare la moda anni '20,
basti pensare che una delle organizzatrici è Rebekah.
Immagino che sia rifiutare l'invito che andarci significherebbe firmare
la propria condanna a morte, visti i precedenti.-
Abbozzai
un sorriso, pensieroso. - Chi andrà?
- E' stata invitata tutta Mystic Falls, almeno credo. Soprattutto
vampiri, ibridi e doppleganger.- rispose, sospirando. Il suo sguardo
vagò per la stanza, perso nei ricordi.- Quando andavo al
liceo, i balli non erano coperture per omicidi.- continuò.
- Magari stavolta non lo è.- ipotizzai, cercando di essere
ottimista. - E poi, se ci sono io, o Caroline, nessuno ti
torcerà un capello.
Sorrise,
guardando il soffitto. - Mi toccherà studiare
un'acconciatura anni
20, allora. Non potresti suggerirmi qualcosa, visto che quell'epoca
l'hai vissuta?
- Gli anni 20 non era proprio il periodo in cui facevo caso alle
pettinature.- risposi, riuscendo a strapparle una risatina, cosa che
non succedeva da parecchio.
Abbassai
lo sguardo, prima di guardarla di nuovo, questa volta usando un tono
di voce più convincente. - Ascolta, so che ti
suonerà banale come
cosa... ma verresti al ballo con me?-
Mi
lanciò un'occhiata sorpresa, sembrò esitare: per
un attimo, ne ero
sicuro, le era tornato in mente Damon, e vidi i suoi occhi velarsi di
tristezza, prima di piegare le labbra in un sorriso.
- Certo, Stefan. Mi farebbe molto piacere.- rispose, gentile. Ricambiai
il sorriso e mi alzai, dirigendomi verso la porta.
- Per qualunque cosa... chiamami.- dissi, accennando al cellulare sul
comodino.
La
nostra casa era sempre sembrata, agli occhi degli altri, enorme ed
inquietante, e in fondo un po' lo era, visto chi ci abitava. Mi
diressi in soggiorno, diretto alla vetrina degli alcolici, quando una
voce suadente mi bloccò.
- Anche tu, Stefan? Pensavo che il vampiro dipendente dal bourbon fosse
solo Damon.-
Katherine
sedeva elegantemente sul divano, le lunghe gambe fasciate dai jeans
accavallate, rigirandosi tra le dita una ciocca color cioccolato.
Permisi alla sopresa di cogliermi solo per qualche attimo, prima di
ritrovarmi davanti a lei.
- Cosa ci fai quì?- ringhiai. In un attimo la spinsi contro
il muro e le bloccai ogni via d'uscita.
Per
tutta risposta lei sorrise, fingendosi impressionata. - Una volta eri
molto più cortese con gli ospiti, Stef. Stai frequentando
brutte
compagnie?-
La
lasciai andare, puntandole contro uno sguardo rovente.
- Ecco, adesso si ragiona.- rispose, prendendo una bottiglia di
cristallo e versandosi un bicchiere, neanche fosse a casa sua.
- Affari. Nostalgia. Noia. Il solito.- disse, poi, concedendosi un
lungo sorso.
- Che tipo di affari?
- E' meglio smetterla di giocare all'intervista, fratellino. Non siamo
quì per perdere tempo.-
Damon
spuntò dal nulla, appoggiandosi con nonchalance alla parete
accanto
al camino.
- Va bene, riformulo la domanda. Cosa ci fate voi quì?
- C'è un paletto di quercia bianca nascosto da qualche
parte.- rispose il vampiro, prendendo a camminare nervosamente per la
stanza. - E noi dobbiamo trovarlo, entro domani sera.
- Carino il tema anni 20, vero? Rebekah avrebbe preferito qualcosa di
più scenografico, ma alla fine l'ho spuntata io.- intervenne
Katherine.
Li
guardai, allibito. - Cosa c'entrate voi con il ballo?
- Andiamo, non hai ancora imparato niente di questa città?
Nessuno organizza un ballo senza secondi fini omicidi. E noi dobbiamo
uccidere Klaus.- rispose Damon, versandosi anche lui un bicchiere.
- Siamo in città da due giorni, Stefan.- iniziò a
spiegare Katherine, impaziente. - Dobbiamo solo trovare quel paletto e
agire.
- Anche Rebekah è con noi.- continuò Damon,
rispondendo alla mia occhiata interrogativa. - In teoria il ballo aveva
un altro scopo per Klaus, poter rapire la doppelganger tra la folla per
permettergli di andarsene con la sua sacca di sangue umano. Quindi
saranno in gioco due piani domani sera, e uno vincerà
sull'altro.-
Le
loro spiegazioni vennero accolte dal silenzio più tombale,
mentre i
rintocchi del campanile in lontananza segnavano la mezzanotte.
- Cosa facciamo, adesso?- domandai, scattando in piedi.
- Si va a trovare una vecchia cripta.- rispose il vampiro, prima che
tutti e tre sparissimo nel nulla.
Arrivammo
contemporaneamente al cimitero, esattamente davanti la cripta, e
lì
trovammo Jeremy.
- Cosa c'entra lui in tutto questo?
- Chissà perchè, i vampiri non possono entrare
nella grotta.- sbottò Katherine, sarcastica, mentre noi
quattro ci addentravamo in profondità.
Feci
una smorfia. - Li facevo più fantasiosi, in quanto a
nascondigli.
- Solo perchè si chiamano Originali non vuol dire che lo
siano.- rispose Damon. - L'incantesimo di localizzazione indicava il
cimitero, e questo è il luogo più pensabile per
nascondere qualcosa alle creature sovrannaturali.-
Jeremy
entrò nella cripta brandendo una torcia, e dopo pochi minuti
ne
uscì, nascondendo qualcosa di filiforme e familiare sotto la
giacca.
- Bene, i giochi sono fatti, signori.- esclamò Damon,
avviandosi verso l'uscita. - Non mancate domani al ballo.-
continuò, prima di sparire.
Pov
Damon
La
finestra in camera di Elena era come al solito socchiusa nel buio
della notte, gesto abbastanza imprudente che le avrei dovuto
rimproverare, prima o poi. Con un salto a velocità
ultraterrena mi
ritrovai sul grande ramo d'albero che pendeva vicino al davanzale e
mi misi in ascolto, anche se dubitavo che fosse ancora sveglia.
Sentivo
lo sfogliare delicato di un libro e uno strano suono in sottofondo,
oltre al suo cuore martellante. Un singhiozzo, e qualcosa di leggero
e liquido cadere sulle pagine: stava piangendo. Dimenticata ogni
accortezza mi sporsi di più fino a quasi sporgermi dal
davanzale, e
la vidi, e
il mio cuore morto riprese a battere. Era distesa sul
letto, in un groviglio disfatto di coperte, un libro dall'aria
vissuta tra le mani e l'unica cosa che sapevo era che stava
piangendo, il più silenziosamente possibile, forse per non
allarmare
Jeremy.
Per
un attimo affiorò l'idea che potesse stare male per me, e
sentii un
misto di soddisfazione e dispiacere sopraffarmi, che allontanai
subito. In quel momento bussarono alla porta: subito fece sparire le
lacrime dal viso, scacciandole con le mani, e si schiarì la
voce. -
Entra, Jeremy.
Il
fratello fece capolino dalla porta. - Ehi, tutto bene?
Elena
sorrise, e sembrava quasi sincera. - Certo, come mai ancora sveglio?
Jeremy
fece spallucce. - Stavo vedendo un film ed è appena finito.
Posso
entrare? -
La
ragazza rimase sorpresa, ma non esitò. - Vieni.- lo
incitò,
facendogli segno sul letto accanto a lei. Lui si sedette e la
guardò
per un po' pensieroso.
- Che programmi hai per domani?- chiese, un po' in imbarazzo da quella
sensazione: sentivo il sangue scorrergli sulle guance.
Elena
guardò il soffitto, forse per nascondere gli occhi lucidi al
fratello. - Andrò al ballo con Stefan, salvo morti o
improvvise
partenze.- rispose,
lasciando cadere un lieve accento sull'ultima parola. Jeremy
sembrò
capire qualcosa e prese ad accarezzarle il braccio.
- Mi dispiace, Elena. Per quello che ti ho detto quella sera. Non lo
avrei fatto, se avessi saputo che...
- Tranquillo, Jer.- lo interruppe. - Avrei dovuto ammetterlo prima o
poi. Ma ironia della sorte...- non continuò la frase.
Perchè
parlavano con tutti quei sottointesi? Ero
confuso.
- Cosa hai intenzione di fare, adesso?- domandò il fratello,
preoccupato.
- Cosa posso fare?- rispose Elena, sarcastica. - Non lo so. Non lo so,
Jer. Mi sento...- si guardò intorno, cercando di scoraggiare
le lacrime, anche se la sua voce era già spezzata. - Mi
sento come se mi avessero tolto... tutto quello
che mi permetteva di andare avanti.- ammise, lasciando che
una piccola goccia salata sfuggisse al suo controllo. - Domani
andrò a quello stupido ballo e spero solo che non mi portino
via qualcun'altro, perchè credo di aver superato da un pezzo
il mio limite di sopportazione.-
- Potrebbe tornare.- esitò Jeremy, non sapendo la sua
reazione.
Passarono alcuni secondi.
- Nel caso spero che non ci siano cose di legno in giro,
perchè non rispondo delle mie azioni.- rispose, e i due
scoppiarono a ridere, mentre qualcosa, non so se speranza o dispiacere,
mi punzecchiava le pareti del cuore.
Jeremy
scoccò un lieve bacio sulla guancia alla sorella e le
augurò la
buonanotte, mentre lei rideva prendendolo in giro. Rimase sola nella
stanza. Passarono alcuni minuti, si alzò e si
affacciò alla
finestra respirando l'aria fresca, mentre io ero consapevole che mi
sarebbe bastato allungare una mano per toccarla.
- Ciao.- sussurrai.
La
ragazza indietreggiò dallo spavento e il suo cuore
partì a mille,
mentre le premevo la mano contro la bocca per non farla gridare.
Rimanemmo così: io, seduto sul davanzale della sua finestra
e lei
dall'altro lato, mentre l'espressione di terrore nei suoi occhi
tramutava e diventava qualcos'altro che non riuscii a definire. Tolsi
la mano dalle sue labbra e alzai lo sguardo, mentre il silenzio e
l'atmosfera si appesantivano tra noi.
- Spero che non mi chiuderai la finestra in faccia, perchè
in tal caso sarò costretto a scardinare la porta d'ingresso
e mi pare sconveniente.- sussurrai, cercando qualcosa nei suoi occhi
che non trovai.
Lei
non rispose, continuò a fissarmi.
- Ho sentito che vuoi uccidermi. Beh, sono quì. Occasione
perfetta.- continuai a stuzzicarla, ma la sua freddezza mi dava i
brividi.
- Cosa vuoi, Damon?- la sua voce tremava, glaciale.
Feci
spallucce. - Fammi entrare.
- No.
La
guardai, sorpreso. - Ah, bene, facciamo gli offesi, adesso? E io che
mi aspettavo un'accoglienza lacrimevole, devo proprio ricredermi.
Sentiamo, per cosa devo chiederti scusa?
- Vattene.- sibilò.
- Fammi entrare.
Mi
guardò, pensierosa. - Dove sei stato?- mi chiese,
abbandonando
l'aria da cubetto di ghiaccio e lasciando trasparire la
preoccupazione.
- A cercare... aiuto.
- C'entra con il ballo di domani?
- Che ragazza perspicace. Devo restare quì tutta la notte o
mi fai entrare?
- Per me puoi anche andartene.
- Insomma, quello che ti permetteva di andare avanti è
tornato e tu lo tratti così?- ribattei, offeso, citando le
parole che aveva detto prima. Lei arrossì di colpo,
lanciandomi un'occhiata assassina.
- Non mi riferivo a te.- si difese, orgogliosamente.
- Ah, no?
- No!
Non
capivo il suo comportamento.
- Scusami per quello che ho detto quella sera.- ammisi, sinceramente.
- Va bene.
- Perchè fai così?- la implorai, frustrato.
- Ho fatto una promessa
a me stessa, Damon. E in quanto a promesse,
forse qualcuno dovrebbe cercarne il significato sul vocabolario.-
sbottò, tutto d'un fiato, prima di chiudere con forza la
finestra.
PPS: sono da poco
amministratrice di una pagina Defan su FB, ancora piuttosto piccola, vi
andrebbe di mettere mi piace? Ricambio, se volete.
https://www.facebook.com/DefanTheTrueEpicStoryOfTheShow
Questo invece è
il mio profilo FB, se volete mandarmi l'amicizia accetto senza problemi
;)
https://www.facebook.com/#!/anna.deprisco.9
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Capitolo 5 *** Ora. ***
Cap 5
Buonasera ragazze!
Eccovi il quinto capitolo, spero che non deluda le vostre aspettative.
Fatemi avere una vostra recensione, anche due parole, mi renderebbe
molto felice. Grazie a chi ricorda/segue/preferisce e un bacio enorme a
chi recensisce. Senza di voi butterei carta e penna - si fa per dire-
nel cestino.
Aggiorno
venerdì.
Un bacio, e
buona lettura! :)
Pov
Elena
Erano
quasi le otto e Stefan non era ancora arrivato: diedi un ultimo
ritocco all'elaborata acconciatura raccolta e mi guardai allo
specchio. Avevo scelto, su consiglio di Caroline, un corto abito
color champagne impreziosito da strass e perline, e il risultato mi
sembrava accettabile. Il suono del campanello mi distrasse da quei
pensieri e corsi ad aprire la porta, trovando uno Stefan impeccabile
e, senza dubbio, molto elegante, ad aspettarmi. Mi sforzai di
sorridere, cosa che ormai facevo da più di due settimane, e
appuntai
al petto la rosa bianca che mi aveva portato, lasciandomi prendere
sottobraccio e guidare verso la macchina. La palestra della Mystic
High era irriconoscibile, tirata a lucido e addobbata a festa, e
decine di coppie in abiti d'epoca si dimenavano in pista, a ritmo
della musica retrò; ma non ebbi il tempo di dare un'occhiata
più
approfondita, che Stefan mi trascinò letteralmente in un
corridoio,
verso un'aula vuota dall'aria malandata.
- Oh, finalmente.- sbottò la mia gemella vampira, nel
momento esatto in cui Stefan accese la luce: indossava i miei identici
vestiti e scarpe, anche la pettinatura era la stessa, praticamente
indistinguibile da me.
- Devo ammettere che hai bei gusti in fatto di vestiti, l'avrei scelto
anch'io.- mi disse, con un sorriso complice, mentre si avvicinava a
Stefan.
- E ora?- domandai, nervosamente.
- Resti quì fin quando non risolviamo la situazione. - il
vampiro alluse a noi due.
- Nessuno è a conoscenza di questa parte del piano, tranne
noi e Rebekah, quindi non uscire per nessun motivo al mondo e cerca di
fare meno rumore possibile. Mi dispiace.- aggiunse poi, prendendo
Katherine per mano e chiudendo a chiave la porta dell'aula, lasciandomi
sola e completamente frastornata.
Mi
nascosi sotto l'intercapedine della finestra, in ombra, in modo che
nessuno potesse vedermi, e mi strinsi le ginocchia al petto, forse
per cammuffare il battito impazzito del mio cuore, sentendomi
completamente impotente.
Pov
Katherine
Mi
lasciai guidare da Stefan al centro della pista, sorridendo.
- Era da tanto che non andavo a un ballo.- dissi, mentre lo abbracciavo
e lui mi cingeva i fianchi con le mani, attraendomi a sé: la
musica era lenta e l'atmosfera soffusa, romantica. L'attrazione che
provavo verso Damon non era niente
in confronto a
quello che sentivo in quel momento, tra le braccia di Stefan, incurante
di tutto intorno a noi.
- Beh, sono contento che tu riesca a goderti l'atmosfera, nonostante il
contesto.-
Ridacchiai.
- Sono pur sempre una donna, caro Stef.- risposi, strappandogli un
bellissimo sorriso.
In
quel momento notai, con la coda dell'occhio, una figura
inconfondibile entrare nella sala, guardarsi intorno e dirgersi senza
esitazioni verso il piano bar: come al solito, Damon aveva deciso di
fare l'anticonformista e ignorare le direttive del ballo,
presentandosi con il solito completo total-black e come unica nota di
colore le onde tormentate nei suoi occhi.
Lo
vidi soggiogare il barman e poco dopo bere un bicchiere di alcol
ambrato, percorrendo con lo sguardo la pista. Incontrai i suoi occhi
per un istante e vidi i suoi allargarsi dalla sorpresa, o forse da
qualcos'altro, ignaro della mia vera identità, visto com'ero
stretta
al suo fratello minore. Gli voltai lo spalle e dedicai la mia
attenzione a Stefan, stringendomi ancora di più al suo corpo
marmoreo e sussurrandogli sensuale qualcosa all'orecchio, facendo in
modo che Damon avesse una buona visuale di noi due.
-
Shh. Permettiti di sentire ciò che provi.- lo
zittii, suadente, consapevole che due
occhi di ghiaccio ci stavano praticamente perforando. Ignaro delle
mie vere intenzioni, Stefan prese ad accarezzarmi la schiena e i
fianchi, indugiando sui pochi lembi di pelle scoperta che sembrarono
ardere al suo contatto.
Gli
presi dolcemente il viso tra le mani e lo guardai, facendo scontrare
i miei occhi color cioccolato con i suoi, verdi e bellissimi.
Premetti le mie labbra contro le sue e lasciai che le nostre lingue
si incontrassero, impazienti e desiderose l'una dell'altra, mentre il
dolce sapore di lui e della tacita vendetta si fondevano nella mia
mente. Il bacio crebbe piano d'intensità, proprio come
sarebbe
successo con un'umana come Elena, di certo non irruente e impaziente
come me, e mi abbandonai completamente a Stefan; ci separammo dopo
quella che parve un'eternità, entrambi senza fiato.
Arrischiai
un'occhiata verso Damon, ma notai con soddisfazione che non era
più
lì.
Mi
schiarii la voce: era arrivato il momento di attuare il piano.
Stefan
si scostò da me, ammiccando.- Vado a prendere qualcosa da
bere.
- Certo.- risposi, sorridendo. - Ti aspetto vicino ai tavoli.
Mi
allontanai verso un angolo poco affollato, aspettando con fare
innocente l'arrivo del mio cavaliere, o forse di un rapitore che non
si fece attendere.
- Elena.- mi salutò Rebekah, elegantissima in un abito rosso
fuoco.
- Rebekah.- trasalii, fingendomi spaventata.
- Seguimi e non gli succederà niente.- mi
assicurò, sorridendo angelicamente. Mi fece strada tra i
corridoi bui della scuola, assicurandosi ogni pochi secondi che stessi
calcando i suoi passi.
- Sta' attenta.- mi intimò. Uscimmo all'aperto, e ci
dirigemmo verso un SUV nero parcheggiato lì vicino, dai
vetri oscurati. Salii ai sedili posteriori, sentendo le serrature
bloccarsi dall'interno nel momento esatto in cui Rebekah chiuse con
forza la portiera. Percepii il ticchettìo dei suoi passi
fare il giro della vettura e affacciarsi al finestrino del guidatore.
- Vi raggiungo appena finisce il ballo.- disse, rivolta alla figura al
volante.
- Sempre la solita.- rispose Klaus, contrariato. - Salutami i fratelli
Salvatore.- continuò, prima di avviare con un rombo l'auto e
ingranare la marcia. In pochi secondi prendemmo velocità e
ci allontanammo. Passarono alcuni minuti, durante i quali feci in modo
che il mio respiro sembrasse affannato.
- Allora, doppelganger? Contenta del viaggetto?
- Lasciami andare, Klaus.- lo implorai, piangendo.
Per
tutta risposta scoppiò a ridere. - Credi veramente che lo
farei?
Povera umana. Quando esaurirai la verbena in circolo, con il
soggiogamento sarà tutto più facile. A proposito,
come ti senti?
Non che mi preoccupi per te, ma ho bisogno di sangue sano per i miei
ibridi.-
Occasione
perfetta. Mi portai una mano allo stomaco. - Devo vomitare.-
borbottai.
Klaus
spalancò gli occhi. - Adesso?
- Sì... ho bevuto troppo...
- Non potresti trattenerti? Arriveremo tra poche ore.-
Finsi
un conato e mi portai una mano alla bocca, tossendo e rantolando.
In
pochi secondi l'auto accostò mentre Klaus, furioso, usciva
dalla
macchina e mi apriva la portiera. Arrancai fuori e mi allontanai di
poco, cadendo per terra.
Avvenne
tutto in un attimo.
Nel
momento esatto in cui un barlume di preoccupazione faceva capolino
nei suoi occhi, forse a causa della ferrea educazione, radicata nei
secoli, nel vedere le donne come creature fragili e da proteggere,
tirai fuori il paletto di legno dal corpetto del vestito e glielo
affondai nel cuore, con tutta la forza che avevo in corpo, e ne avevo
tanta, insieme alla rabbia e al desiderio di vendetta.
- Sei un ibrido, non posso morire se ti uccido. Addio, Klaus. E' stato un
piacere. - sussurrai, sorridente, mentre i suoi occhi
diventavano di pietra.
Parcheggiai
il SUV vicino l'entrata della scuola e rientrai al ballo: era passata
solo mezz'ora e Stefan mi aspettava lì vicino.
- Com'è andata?- chiese, anche se sapeva già la
risposta. Lo
presi sottobraccio e lo trascinai in pista.
- Diciamo che non abbiamo
più problemi.- gli risposi all'orecchio, mentre ci
concedevamo un
altro lunghissimo e passionale bacio.
Mi
separai da lui malvolentieri, ma avevo ancora qualcosa da voler fare
sotto le spoglie di Elena, e non me ne sarei lasciata sfuggire
occasione.
- Vado a bere qualcosa.- dissi, sorridendo. - Qualcosa di serio.-
continuai, alludendo alle persone intorno.
- Non combinare guai.- mi ammonì lui.
Mi
allontanai, trionfante: non sapevo neanche perchè lo stavo
facendo,
a volte gli impulsi di una Petrova come me non si potevano
controllare. Uscii dalla scuola e ne percorsi il perimetro,
cercandolo, ma come sarebbe successo con Elena, fu lui a trovare me. In
meno di un secondo mi prese per la vita e sentii la terra mancarmi da
sotto i piedi, rendendomi conto che ci trovavamo sul tetto. Si
allontanò, voltandomi le spalle, e si appoggiò
alla pesante
ringhiera, guardando le stelle che splendevano su di noi.
- Damon.
Non
rispose. La luna illuminava debolmente la sua figura, rendendogli
un'aria ancora più spettrale.
- Hai visto.- non era una domanda, volevo solo una conferma.
Lui
rise, ma non c'era niente di allegro in quella risata. - Visto cosa,
Elena? Te e mio fratello sbaciucchiarvi appassionatamente in mezzo
alla pista da ballo? Ah, quello non ho potuto perdermelo. Poi se
avete fatto altro non lo so.-
Feci
un passo verso di lui, che non si mosse.
- Hai scelto. - questa volta fu lui a parlare. Non era una domanda.
- Sì.- sussurrai, stringendomi nelle spalle.
- Perchè?- la voce gli uscì flebile ma senza
alcuna inflessione.
- Non posso cancellare quello che provo per lui, Damon.- iniziai,
avvicinandomi di più. - Sono stati due anni... terribili,
sotto certi aspetti, ma anche... i più belli, tra dolore e
amore, ma pur sempre amore...- esitai, ma ripresi, cercando di rendere
il tono di voce più dolce. - Quando lui non c'era, ero sola,
ma avevo te. Sarò sincera... ti ho usato. Sapevo che provavi
qualcosa per me, e ho fatto leva su quello, ma mentirei se dicessi che
non ho provato niente. Mi hai fatto stare bene e ti sei preso cura di
me. E proprio per questo non posso continuare a mentirti. Io amo
Stefan. -
Passò
un'eternità di silenzio.
- Perchè mi hai baciato, quella sera, al motel? Sapevi che
mi sarei illuso.- la sua voce si spezzò sull'ultima parola,
ma continuava a darmi le spalle.
Un
bacio al motel? Questa non la sapevo. Erano andati più
avanti di
quanto pensassi.
- E' stato... non lo so neanch'io. Ma devi... dimenticarlo.-
In un attimo sentii una folata di vento e le spalle premere contro la
parete fredda, mentre con le braccia mi bloccava ogni via d'uscita.
- Dimenticare?- sibilò, il viso a pochi centimetri dal mio.
- Per l'amor del cielo, l'hai detto veramente? Ma hai visto con chi
stai parlando? Sono un vampiro, Elena! Ogni singolo
momento, ogni singolo istante...- scosse la testa, per poi ripuntare il
suo sguardo di ghiaccio nel mio. - ... ogni singolo istante
è impresso a fuoco nella mia mente,
ogni emozione, ogni respiro, come puoi anche solo pensare che io possa
dimenticare? Ricordo come se fosse ieri il momento in cui quella
pallottola mi ha perforato lo sterno e sono caduto a terra, ricordo
ogni singolo giorno che ho vissuto da vampiro con il maledetto
desiderio di dimenticare e tu pretendi
che io dimentichi l'unica cosa, l'unico
ricordo che varrebbe la pena conservare della mia inutile vita?-
Ma
non ebbi il tempo di pensare a come affondare di più la
lama, perchè
le sue mani cercarono il mio volto e le sue labbra le mie, con un
moto di urgenza e devastazione che mi graffiò dentro mentre
ricambiavo quel bacio e affondavo le dita nei suoi capelli di seta.
Si
scostò un attimo per guardarmi negli occhi, il respiro
freddo
spezzato e irregolare.
- Lo so che provi qualcosa per me.- sussurrò, senza fiato e
una strana luce negli occhi. - Lo so che non sarà mai quello
che provi per Stefan, ma il tuo cuore batte più forte quando
sei con me, mi basta questo...
Sii mia, Elena.
Solo questa notte. Te lo farò
dimenticare, se vorrai, ti farò dimenticare tutto e me ne
andrò, o resterò e farò finta di
niente ma sarò solo io a soffrire, e avrò
qualcos'altro a cui aggrapparmi. Un ricordo per sempre. Ma solo un
ricordo.-
Mi
sarei veramente spinta a ciò? Per
un attimo io, Katherine Pierce, o Katherina Petrova, esitai. Ma se
c'è qualcosa che ho imparato di me in tutti questi secoli,
è che
Katherine Piece, Katherina Petrova o semplicemente la vampira
egocentrica con manie di protagonismo non si sente mai in colpa.
Perciò
lasciai che le nostre labbra si trovassero di nuovo e le lingue
entrassero in contatto, nel bacio più intriso di desiderio
che
avessi mai ricevuto.
In
un attimo Damon mi prese in braccio e saltò giù
dal tetto,
provocandomi un brivido di eccitazione quando toccò a terra,
ammortizzando perfettamente l'urto, e riprese a baciarmi. In pochi
secondi arrivammo in quella che riconobbi come la sua stanza,
riconoscevo il suo profumo e l'odore dei libri, vedevo perfettamente
nel buio della notte, ma lui non poteva saperlo: accecato dalla
gelosia, o semplicemente dall'amore represso, non vedeva nient'altro
che me, Elena nella sua mente, e nel suo cuore. Mi persi in quegli
occhi, e per un attimo mi sentii invidiosa di lei,
per quanto
quell'uomo – perchè
ormai non era più un vampiro, non dentro, non
con tutto quell'amore e quel dolore negli occhi
– continuava ad amarla, nonostante tutto. Nonostante quello
che
avessi appena detto e fatto. Presa da un impeto di passione gli tolsi
di dosso la giacca e iniziai a sbottonargli la camica, baciando ogni
centimetro di pelle che riuscivo a liberare: era estremamente
frustrante dovermi fingere umana eppure, in quell' intero secolo in
cui non avevo fatto altro che soggiogare e far dimenticare l'ennesima
notte all'umano di turno, nessuno mi aveva mai fatta sentire
così...
desiderata. Amata. Continuava a voler prolungare
quei momenti,
ad assaporare le mie labbra come se fossero il sangue più
prelibato,
mordermi e accarezzarmi con bramosia crescente; impaziente di farlo
mio, lo attirai sul letto, sopra di me. Quel gesto sembrò
turbarlo
profondamente per qualche istante, forse Elena non avrebbe
fatto
così, si era accorto che...?
- So che per te sarà una tortura vedere me al posto di
Stefan...- disse, amaramente, puntando i suoi occhi color ghiaccio nei
miei. - ... e che forse vorresti velocizzare le cose per tornare fra le
sue braccia, ma visto che questa sarà la prima e l'ultima
volta e solo uno dei due dovrà ricordarla...- premette con
forza le labbra sulle mie, senza finire la frase, prima che
diventassimo una cosa sola.
Appoggiai
la testa sulla sua spalla e lui mi strinse, con un fare protettivo
che mi strappò un sorriso: noi vampiri non sentivamo mai il
bisogno
fisico di dormire, anche se potevamo farlo, perciò alzai il
viso e
contemplai il suo profilo perfetto, illuminato debolmente dalla luce
della stanza. Percepivo il vago bagliore dei suoi occhi, fissava un
punto imprecisato del soffitto e non riuscivo a decifrare la sua
espressione. In un attimo, come se avesse vinto una battaglia
interiore, si voltò verso di me e mi prese il viso tra le
mani.
Passarono alcuni istanti, occhi negli occhi, di puro silenzio.
- Quando ti sveglierai.- iniziò, la voce completamente
rotta. -... sarai nel tuo letto e dimenticherai tutto quello che
è successo stasera, ricorderai solo di esserti presa una
brutta sbronza al ballo.- continuò, scavandomi dentro con
gli occhi, mentre i suoi si facevano lucidi. - Dimenticherai il bacio
al motel e quello sotto il portico di casa tua e quando stavo per
morire, e ciò che ti ho detto riguardo alla scelta. Hai
già scelto. Me ne andrò da Mystic Falls per
sempre e tu mi ricorderai semplicemente come il fratello maggiore di
Stefan andato chissà dove. Non sono mai stato niente per te,
solo una semplice comparsa.- fece una pausa, e una lacrima gli scese
sulla guancia. - Ora.-
Sorrisi,
mentre il suo sguardo si faceva turbato. - Mio Dio, Damon, nel 1864
non eri così dolce, mi sto letteralmente sciogliendo. Sicuro
che ad
Elena piaccia tutto questo romanticismo?- lo canzonai,
maliziosamente.
Rimase sotto shock per alcuni secondi, prima di scaraventarmi sul
pavimento.
- Dov'è?
- Aula di chimica, Stefan ha la chiave. Klaus è morto.
Ma
non feci in tempo a finire, che alla parola "Stefan" era
già sparito.
Pov
Elena
Sentii
la chiave girare nella serratura e in un attimo scattai in piedi: una
figura entrò nell'aula in cui ero stata prigioniera, senza
parlare.
- Damon?- chiesi, speranzosa. Ero lì da ore, e la musica del
ballo era finita da un pezzo.
- Mmm, mi dispiace, ma per quanto ho visto era impegnato a fare altro.-
rispose una voce maschile, vagamente familiare, prima che qualcosa di
leggero e affilato mi perforasse il braccio.
- Kol Mikaelson.- si presentò, sorridente, prima che
perdessi conoscenza.
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Capitolo 6 *** Due cuori. ***
Cap 6
Ciao
a tutti. Sono leggermente frastornata dalla puntata che ho appena
visto, quindi non credo che riuscirò a scrivere dei
ringraziamenti decenti a chi ricorda/segue/preferisce e recensisce.
Sono sotto
shock, e non ho ancora metabolizzato se positivamente o negativamente.
Voi cosa ne pensate?
Comunque, un
bacio, e buona lettura! :)
PS: Aggiorno
lunedì.
Pov
Elena
Vedevo
solo buio. Silenzio. Un silenzio opprimente, secondo solo a quello
della morte.
- Elena.- sussurrò una voce roca vicino al mio orecchio.
Spalancai gli occhi e sussultai, rendendomi conto che avevo il busto e
le braccia immobilizzate su una sedia, in una stanza sconosciuta e
rischiarata dalla debole luce del crepuscolo. Kol prese a camminare
lentamente intorno a me, come un felino intorno alla debole preda.
- Se ti stai chiedendo dove ci troviamo, rispondo subito.-
Si
affacciò alla finestra: ancora sconvolta, non riuscivo a
focalizzare
la sua immagine.
- Eri mai stata a Seattle? Non ho avuto molto tempo per viaggare,
essendo stato chiuso in una bara per quasi mille anni, ma devo
ammettere che è affascinante, come città. Una
piccola New York. Ora, non so se in geografia eri molto ferrata...- la
sua figura si avvicinò a quello che sembrava uno scaffale, o
forse una vetrina, e sentii il tintinnìo cristallino di un
bicchiere contro una bottiglia. - ... ma Mystic Falls si trova dal lato
opposto dello Stato.
- Cosa vuoi...?- rantolai, senza forze.
Scoppiò
a ridere. - Sai, è il colmo vederti così.- si
appoggiò alla
parete, le braccia incrociate. - La temeraria doppelganger,
dilettante
cacciatrice e rubacuori di vampiri centenari,
completamente persa nel suo destino, senza nessun Salvatore
pronto a sacrificarsi per lei. E scusami la battuta.-
Mi
guardai: avevo percepito le corde stringere sui polsi e sul torace,
ma solo in quel momento mi resi conto del tubicino rosso che tramite
un ago mi perforava l'avambraccio destro, finendo chissà
dove.
Rabbrividii, rendendomi conto che il rosso era dato dal mio sangue.
- Rispondi. Cosa vuoi da me? Perchè... questo?- riuscii ad
articolare, le palpebre sempre più pesanti.
Fece
una smorfia, facendo vagare lo sguardo sulla stanza: mi resi conto
che all'apparenza poteva essere una camera d'albergo, sicuramente di
un certo lusso visto l'arredamento, anche se non sentivo neanche
l'eco di una macchina provenire dalla finestra aperta.
- Sai.- iniziò, con naturalezza, fissando un punto
imprecisato sopra di sé. - Klaus è sempre stato
temuto, per secoli. Ma nessuno sa che già mille anni fa...-
fece una pausa, perso nei ricordi. -... non esitava ad oscurare
gli altri, pur di mettere in luce il suo... come possiamo
definirlo? Carisma? Fascino tentatore? Nostra madre lo venerava.-
sorrise, amaramente.
- Si è sempre stati convinti che nostro padre lo odiasse da
sempre, ma non è la verità. Mikael
temeva suo figlio. Aveva riconosciuto in lui un carattere che
poteva dargli guai. In tutti i sensi. Ti starai chiedendo
perchè io ti stia dicendo queste cose. Beh, il motivo
è semplice. Dopo avermi ucciso, Klaus mi ha ridato la
possibilità di vivere. Ora che posso, voglio avere
il mio riscatto.- concluse, sorridendo.
Non
sapevo se fosse la mancanza di sangue a rendermi così
confusa, ma
non capii dove volesse andare a parare. Tuttavia, non ebbi il tempo
di pensare a una domanda coerente che riprese a parlare.
- Esther in questo momento ci sta guardando dall'altro Lato. E'
quì. Voglio dimostrarle che Klaus non aveva motivo di essere
il prescelto. Che si era sbagliata, fin
dall'inizio.- si guardò intorno. - Esther?-
chiamò, allargando le braccia. - Allora, come la mettiamo?
Il tuo amato Klaus è morto, Elijah si è dato alla
fuga e Finn è lì con te. Chi ha vinto?-
gridò, trionfante.
- Tu sei... completamente pazzo.- sussurrai, dopo qualche istante.
Spalancò
gli occhi. - Io pazzo?- esclamò, fingendosi sorpreso. - Oh
no, non
sono pazzo. Anzi, forse un po' sì. Tutti i migliori sono
matti, lo
sapevi? Sto solo reclamando il potere che mi spetta da secoli, la
svolta che cambierà il destino di tutti. - si
voltò, incurante
della mia espressione completamente sotto shock. - Come procedono le
ricerche, Abby cara? Sai che non possiamo perdere troppo tempo
prezioso.-
In
quel momento notai, in un angolo della stanza, seduta sul pavimento,
in mezzo a decine di libri dall'aria antica e centinaia di fogli
sparsi, la madre di Bonnie.
- Bene. Credo di esserci quasi.- rispose, monocorde, puntando il suo
sguardo su di me: trattenni un gemito, nel vedere i suoi occhi opachi e
spenti.
- L'hai soggiogata.- rantolai, mentre l'ago sembrava penetrare
più a fondo nell'arteria.
- No, è solo terrorizzata. Le mie minacce fanno effetto.
- Lei non è più una strega.- esclamai, allibita.
Kol
fece un sorriso sghembo. - Non lo era, infatti, prima che
costringessi una strega di New York a... donarle il
suo
potere, nonostante ciò avrebbe alterato l'equilibrio della
natura.
Una strega-vampiro, lo immagini? Ha dovuto pagare con la vita.
Evidentemente aveva finito da troppo tempo le scorte di tisana alla
verbena, povera Nathalie.
Si chiamava così?- domandò, rivolto alla
madre di Bonnie, che non rispose, persa nella lettura.
Passarono
alcuni minuti, durante i quali le domande iniziarono ad affollarsi
nella mia mente.
- Quale incantesimo? Cos'hai intenzione di fare adesso? Vuoi
uccidermi?- la voce si spezzò sull'ultima parola, e guardai
nuovamente il mio sangue fluire lento dal mio braccio verso l'esterno.
- Non ora.- si sedette sul divano. - Ci saranno modi e luoghi. Spiega
tu, Abby.
- Kol ha intenzione di diventare un ibrido. Come Klaus.- la voce di
Abby ruppe il silenzio, fredda e impersonale, mentre sollevava gli
occhi dalle sue ricerche.
- La maledizione del Sole e della Luna era stata spezzata per la sua
trasformazione. Ma Klaus è morto. Le streghe hanno reclamato
indietro il dono, e non cederanno facilmente questa volta.-
Rimasi,
sotto shock, a fissare la finestra davanti a me: il sole era
tramontato, mi sentivo persa, debole. Il dolore in tutto il corpo si
fece più acuto, era come se mille aghi mi trafiggessero la
pelle, e
inevitabilmente le lacrime iniziarono a solcarmi il viso.
- Tu... stai fecendo tutto questo...- rantolai -... per dimostrare a
tua madre morta che tu vali di più di
tuo fratello morto?-
Fece
spallucce: da lì vedevo solo il suo profilo. - Dipende dai
punti di
vista. Comunque continua a piangere, ti disidraterai prima e
finalmente potrò soggiogarti. Bella trovata.-
Per
tutta risposta singhiozzai ancora. - Perchè?- gridai, tra le
lacrime. Non sentivo più niente, solo dolore. Abby non
sembrava far
caso a me. - Klaus era morto, io...- trasalii, le spalle mi
tremavano. - ... io potevo avere la mia vita indietro, noi tutti
potevamo, dopo tutto questo tempo... Perchè?- la voce mi
morì in
gola e deglutii a fatica, sentendo le forze abbandonarmi sempre di
più.
In quel momento il pensiero di Damon si fece spazio nella mia
mente, chissà dov'era, se mi stava cercando... altre lacrime
caddero, bollenti.
Kol
scoppiò a ridere di nuovo, e il sorriso perfetto
luccicò nella
penombra. - La tua vita indietro? Non avrai mai la tua vita
indietro, Elena! Ammesso che ti lasciassi andare, come
sarebbe? Non
hai più nessuno!- sorrise, crudele.
- Non è vero!- gridai, senza fiato. Il petto mi si alzava ed
abbassava velocemente e il cuore batteva lento, stremato. La vista si
appannò e per un attimo mi sentii svenire.
- Damon...- sussurrai, semi-cosciente.
- Damon?- Kol mi riportò alla realtà. - Oh, stai
tranquilla. L'ultima volta che l'ho visto si stava dando alla pazza
gioia con Katherine, sul tetto della tua scuola. Mmm, dovevi sentire
che parole...- si voltò verso di me. - Ma se vuoi ti faccio
vedere con i tuoi occhi, ormai sei abbastanza debole per permettermi di
entrare nella tua mente.-
- No.- rantolai, ma era troppo tardi.
In un attimo si trovò di fronte a me, il viso a pochi
centimetri dal mio: annegai nel suo sguardo, impotente, sentendo
l'anima lasciare il corpo.
Era
buio, la luna splendeva sopra di me: mi trovavo stranamente sul tetto
della mia scuola, sentivo la musica in lontananza giungere ovattata
fino a lì. Mi guardai intorno, non sapendo in che razza di
sogno mi
fossi cacciata, quando le figure di Damon e Katherine apparvero dal
nulla. Inizialmente vicini, il vampiro si allontanò,
puntando lo
sguardo verso la luna.
- Perchè?- domandò Katherine, suadente,
avvicinandosi di un passo. - Non devi sentirti in colpa per quello che
senti.- in un attimo gli fu accanto e posò una mano sulla
sua spalla.
- Le ho detto che l'amavo.- iniziò lui, incerto.
Katherine
scosse la testa. - Lo sappiamo entrambi che non è la
verità.-
rispose: gli accarezzò il viso e lo fece voltare.
- Mi hai amato per quasi 150 anni, Damon. Hai amato me.
Poi hai incontrato la mia doppelganger. Chiunque, davanti alla perfetta
copia della propria anima gemella si sarebbe sentito attratto. Ma
ammettilo.- gli prese il viso con entrambe le mani e
avvicinò i loro corpi. - Quello che provi per lei non
è niente in confonto a quello che provi
in questo momento.-
Damon
la guardò, e vidi l'incertezza attraversare i suoi occhi.
- Ce ne andremo.
Io, tu, e il nostro amore, per sempre. Devi solo dirmi...-
si avvicinò alle sue labbra. - ... che lo vuoi.-
sussurrò, accarezzandolo con le ciglia.
- Damon.- nessuno parve sentirmi, era come se non ci fossi. Anche in
sogno, le lacrime iniziarono a rigarmi le guance, mentre qualcosa di
affilato mi torturava le pareti del cuore. - Damon, no!- esclamai,
più forte.
Mi sentivo come se fossi incatenata lì, non riuscivo a
muovermi.
- Ti amo. Ti farò felice.- sussurrò Katherine,
percorrendogli il profilo dello zigomo e del mento con un dito.
Damon
sembrò esitare ma non si mosse, sorpreso da quel contatto.
La
vampira si avvicinò ancora di più, incatenandolo
con lo sguardo.
- Non ti rifiuterò mai. Non sarai la seconda scelta di
nessuno, mai più. Mi hai sentita, Damon? Ti amo, ti ho
sempre amato. E lo so che per te è lo stesso.-
abbassò lo sguardo sulle sue labbra, prima di ripuntarlo nel
suo. Volevo muovermi, volevo correre e dividerli, mettere centinaia di
chilometri di distanza tra loro, ma non riuscivo a fare un passo.
Esitante, Damon prese ad accarezzarle la schiena e i capelli, e
chinò il viso verso lei: in quel momento sentii la forza
nelle gambe e presi a correre, verso di loro, li avrei divisi...
Mi bloccai, a pochi centimetri da loro, mentre si guardavano negli
occhi per pochi istanti, prima di baciarsi.
Le lacrime smisero di cadere dalla sorpresa e il mio cuore
balbettò un ultimo battito, prima di fermarsi. Non poteva
essere. Vidi le loro labbra schiudersi e muoversi in una danza
sconosciuta, cercandosi, bramandosi, riuscivo quasi a sentire i loro
respiri spezzati fondersi, mentre Damon, il mio Damon
la abbracciava per i fianchi, la attraeva a sé mentre lei
gli accarezzava il collo, vicino i capelli corvini mossi dal vento,
bellissimo nella notte. Crollai sulle ginocchia, lì davanti
a loro, ma nessuno sembrò vedermi.
Tornai
alla realtà, troppo sconvolta per articolare parola.
- Era... era...- deglutii, ma mi sembrò di mandare
giù solo aria.
Kol
mi sorrise e si appoggiò alla parete, concedendosi un altro
bicchiere di alcol sconosciuto.
- Esattamente quello che ho visto.
Passarono
alcuni secondi: ormai non sentivo neanche più il corpo.
- Quando avverrà il sacrificio?- domandai, ingoiando le
lacrime.
- Fra tre giorni. Appena la luna piena salirà in cielo.-
rispose, compiaciuto, vuotando il bicchiere con un sorso. Seduto di
fronte a me, continuò a guardarmi, le lacrime scendevano
silenziosamente, respiravo appena, mentre quelle maledette immagini
continuavano a passarmi davanti agli occhi.
- Fa male?- domandò, dipingendosi sul viso quella che doveva
essere un'espressione compassionevole.
Abbassai
la testa, fissando la pelle ormai cerea delle mie braccia.
Lui
afferrò un libro dal comodino lì accanto e prese
a leggere,
completamente rilassato.
- Cosa ti aspettavi da Damon Salvatore, Elena?- continuò,
affondando la lama nel mio cuore. - Ma d'altra parte non posso
biasimarti, sei umana, il cuore ti batte ancora. E non
c'è niente di più volutamente cieco di una
ragazza innamorata.
- Cosa ne sai tu dell'amore?- ebbi il coraggio di rispondere:
pronunciare quelle poche parole mi portò al limite del
dolore, ma dovevo farlo.
- Oh, io niente.- rispose, tranquillo. Voltò pagina. - Ma
andiamo, Elena, non ti è mai venuto il dubbio del
perchè stesse con te? Non per offenderti, ma cosa ne
trarrebbe lui da un'umana? -
- Gli credevo...- sussurrai, distrutta.
Passarono
alcuni secondi. - Beh, sono contento che tu abbia usato il passato.
Visto che fra tre giorni morirai, non credo sia conveniente sprecarli
struggendosi per amore.
- Quanto sangue...?- cercai di chiedere, ma non riuscii a finire la
frase.
- In teoria ne basterebbe un sorso, una volta che ti avrei uccisa. Ma
meglio abbondare, chissà che quello di una doppelganger
abbia un sapore migliore.
- Mi sta... prosciugando...- ansimai.
- Ottimo segno.- commentò, indifferente.
In
quel momento lo squillo di un cellulare ruppe il silenzio. Il vampiro
sbuffò, prendendolo dalla tasca, ma un sorriso soddisfatto
gli
comparve in volto, guardando lo schermo.
- Damon Salvatore,
quale onore! Non pensavo mi avessi in rubrica.- salutò. Il
cuore mi balzò in gola.
- Damon!- gridai, incurante delle fitte lancinanti al braccio. - Damon!- provai a gridare di nuovo, ma non avevo
più forze: mi accasciai allo schienale freddo della sedia,
ansimando dal dolore.
- La senti?- commentò Kol, sorridente. - In questo momento
è completamente immobilizzata su una sedia, con un bell'ago
conficcato nel braccio e una decina di sacche di sangue da mezzo litro
piene ai piedi, e ne avrà ancora per molto.-
Passarono
alcuni secondi. - Oh, perchè non te lo fai dire da lei?
Così nel
frattempo vado a recuperare un altro ago, dobbiamo velocizzare il
processo.- il vampiro si alzò e mi incastrò un
auricolare
all'orecchio, prima di sparire nella stanza accanto.
- Elena? Elena!- la voce di Damon lasciò un eco nelle mie
orecchie, mentre il mio cuore in fin di vita si rianimava ed atterriva
nello stesso istante. Presi fiato per rispondere, ma non ci
riuscii.
- Seattle.- ansimai. - Sembra un hotel... non sento macchine, e
tramontava il sole... non so dirti altro...-
In quel momento sentii dall'altro lato del telefono il rombo di un
motore che veniva acceso e lo stridere delle ruote. Kol riapparve, e
iniziò ad armeggiare con il mio braccio sinistro.
- Continua pure a parlare.- mi incitò, compiaciuto.
- Elena, mi senti? Elena...?- la voce di Damon si fece preoccupata. -
Dì qualcosa, qualunque cosa, ti prego...
- Damon...- sussurrai.
- Sto arrivando. Mi senti, Elena? Sto arrivando, non ti
lascerò morire, non ti lascerò mai
più, tieni duro, ti prego...-
In quel preciso istante un'altro ago mi penetrò la pelle,
dritto nella vena. Trattenni un gemito, non volevo allarmare Damon
più di quanto non lo fosse già, ma quando un
terzo ago mi perforò il polso, non riuscii più a
trattenermi.
- No!- ansimai, piangendo.
- Cosa ti sta facendo? Elena...- la sua voce si incrinò. -
Elena, rispondi, sto impazzendo...
- Sto bene, Damon, sto bene...-
Kol
mi strappò l'auricolare dall'orecchio.
- Veramente le ho appena
conficcato un terzo ago in un arteria piuttosto importante, ma
ovviamente, non vuole farti preoccupare.- commentò,
staccando una sacca già piena per sostituirla con una vuota.
Il sangue iniziò a fluire, colorandone le pareti di rosso.
- Fammi parlare con lui. Ti prego.- lo supplicai. Kol mi
ignorò.
- Bene, Damon, direi che è arrivato il momento di salutarci.
Ti aspettiamo a braccia aperte.- detto questo, il vampiro chiuse la
chiamata, allontanandosi da me.
Abby,
di cui avevo completamente dimenticato la presenza, si alzò
di
scatto, brandendo in mano un foglio ingiallito dall'aria consumata.
- E' quì.- disse, la voce tremante.
Kol
le strappò il foglio di mano, leggendo avidamente.
- Proprio come speravo.- disse, pensieroso.
- Cosa...?- iniziai.
- Oh, te lo dico subito. Sai cosa c'è scritto
quì?- in un attimo fu di fronte a me. - Tutto ciò
che serve per spezzare la maledizione. E proprio come la mia geniale
mente aveva intuito... la presenza di Damon è proprio
ciò che stavamo cercando.
- Spezzare una maledizione millenaria è la più
grande dimostrazione di odio e disprezzo in natura. Le streghe chiedono
di ristabilire l'equilibrio per mezzo di due sacrifici.-
continuò Abby, facendo un passo verso di me.
- Due sacrifici vincolati da una sola anima.- riprese Kol, mentre un
ghigno trionfante si formava sul suo viso.
- Due
cuori innamorati.
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Capitolo 7 *** Flashback. ***
Cap 7
Buonasera! Eccovi il
settimo capitolo! Ringrazio tutti coloro che
leggono/ricordano/seguono/preferiscono e soprattutto recensiscono, come
farei senza di voi? Vi invito a lasciarmi un commentino, pure breve,
giusto per capire se devo ritirarmi xD Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio, e
buona lettura! :)
PS: aggiorno
giovedì.
Pov
Damon
Erano
più di 16 ore che viaggiavo senza sosta, ma non me ne
curavo: essere
un vampiro e non sentire la stanchezza non mi era mai stato tanto
utile, mentre bruciavo un chilometro dopo l'altro. Arrivato nei
pressi di Seattle, Bonnie mi inviò un messaggio con il nome
di un
albergo e una strada: l'incantesimo di localizzazione, ora che ero
così vicino, aveva finalmente dato i suoi risultati. Svoltai
per le
strade di quella immensa città, incurante di qualsiasi
limite di
velocità, mentre le immagini di Elena, la mia Elena,
prigioniera di un Antico e torturata in quel modo mi passavano
davanti agli occhi, portandomi al limite del dolore fisico. Come
avevo potuto farmi prendere così in giro da Katherine, senza
accorgermi di niente, mentre la donna che amavo veniva rapita da un
vampiro millenario? Accelerai, furioso con me stesso e quella vampira
psicopatica; la voce di Elena che chiamava il mio nome, disperata,
continuava ad echeggiarmi nella mente, senza sosta.
Scesi
dalla macchina, davanti ad un palazzo dall'aria signorile: presi la
rincorsa e mi ritrovai sul davanzale di una finestra del secondo
piano. Non sento macchine... le parole di Elena mi
tornarono
in mente, e in un attimo mi ritrovai all'ultimo piano, vicino una
grande vetrata ad ovest. Tramontava il sole...
doveva essere
quello, per forza.
Guardai
dentro, attento a non farmi vedere, e ciò che vidi mi
pietrificò.
Al
centro dell'elegante soggiorno un' Elena esanime, immobilizzata per
il busto, era imprigionata su una sedia: quattro tubicini
collegati ad altrettante sacche le perforavano entrambe le braccia,
colorandosi di rosso; ai suoi piedi, decine di esse piene e
sigillate. Da lì riuscivo a vedere il colorito ormai cereo
della sua
pelle e delle labbra, e i diversi ematomi violacei che le ricoprivano
i punti in cui gli aghi, molti, le erano entrati sotto la pelle.
Sembrava il set di un film horror, solo che vedere tutto con i propri
occhi, e con protagonista la donna per cui si avrebbe data la vita,
era tutta un'altra cosa.
Affinai
l'ascolto, alla ricerca di qualche presenza, ma tutto era silenzioso
e immobile, l'unico rumore era il respiro flebile di Elena e il
battere lento e regolare del suo cuore: con un colpo secco mandai in
frantumi quella barriera di vetro e saltai dentro. Silenzio totale.
Bruciai in pochi attimi la distanza che ci divideva e mi inginocchiai
accanto a lei, liberandola delicatamente da quella tortura.
- Damon...
Incrociai
i suoi occhi venati di lacrime e stanchezza, mi persi in
contemplazione di quel viso, e la sua bellezza mi colpì come
un
pugno allo stomaco: la lontananza non aveva fatto altro che
accrescere l'amore e il desiderio di proteggerla che provavo per lei.
- Va tutto bene, ti porto via di quì, va tutto bene...- le
accarezzai il viso, mentre una brillante goccia di sangue scivolava
fuori da un ago, ma non la guardai neanche, perso com'ero a non farle
male.
- Damon... vattene... va' via...
Scossi
la testa, contrariato da quella sua estenuante inclinazione nel fare
la martire; feci per prenderla in braccio, ma mi allontanò,
gli
occhi spalancati dal panico.
- Devi ascoltarmi, va' via, ti uccideranno!
Trattenni
una risata. - Deve ancora nascere quello che mi ucciderà,
Elena.
Non
sembrò apprezzare l'ironia, anzi, il suo volto si fece
ancora più
pallido. - Damon devi andartene, ti prego...
- Che scena commovente.- una voce femminile irruppe nella stanza, e
sentii un dolore lancinante, simile ad una fiamma viva, espandersi in
tutto il mio corpo. Gridai e mi accasciai a terra, tremante.
- No! - Elena gridò con tutta la forza che aveva in gola e
si alzò, mettendosi debolmente in mezzo tra me e quella che,
avevo riconosciuto, era la madre di Bonnie.
- Fermati, Abby, fermati! Fermati!
Abby
sorrise, sprezzante. - Non hai sentito quello che ti ho detto ieri
sera, doppelganger? - disse, freddamente.
- Lascialo andare!- gridò Elena di nuovo, mentre il dolore
cresceva e sentivo le ossa incrinarsi lentamente, una dopo l'altra.
- Elena...- il suo nome mi uscì come un gemito, mentre ormai
vedevo solo sprazzi di luce.
- Abby...- ormai la sua voce era rotta dal pianto. - Ti supplico... ti
prego...-
La
strega rise, crudele. - Non è forse lui l'uomo che ami?
Colui per il
quale il tuo cuore batte? Tu dissanguata, lui avvelenato dalla
verbena. Cosa c'è di più romantico che morire
insieme?
- No! No, Abby, no... se prendete lui... la
maledizione non si spezzerà! -
Il
dolore si fece più forte e gridai di nuovo: era come se
mille frecce
alla verbena mi stessero trafiggendo.
- La maledizione non si spezzerà... mi hai sentito, Abby? Non
si spezzerà!- continuò Elena, cercando
di attirare l'attenzione della strega, concentrata nel canalizzare
tutte le sue energie per torturarmi.
- La
maledizione non si spezzerà perchè non
è lui che amo!
La
sua voce sembrò lasciare un eco impalpabile nell'aria,
continuando
ad echeggiare nella mia mente: il dolore diminuì di colpo,
mentre i
miei occhi cercavano invano qualcosa che non avrebbero trovato.
- Lo stai dicendo per salvarlo.- rispose la strega, anche se un barlume
di incertezza attraversava i suoi occhi.
- Perchè io lo lasci andare.
- No! E' la
verità...- Elena fece un passo verso di lei. -
Io amo Stefan... suo fratello.
Il
dolore cessò, mentre qualcosa di antico, antico e doloroso
si
risvegliava nel mio cuore.
Non poteva essere, non di
nuovo...
17
marzo 1864, casa Salvatore
Il
ballo era cominciato da poco: sentivo l'eco dei violini e del
pianoforte, e i passi delle persone nell'atrio. Ogni anno, il fiore
della società di Mystic Falls partecipava al ballo indetto
dalla mia
famiglia, ma questa volta sarebbe stato diverso: io, Damon Salvatore,
non avrei dovuto accompagnare la solita nobildonna sceltami da mio
padre nelle danze, ma Katherine, colei che dal primo giorno mi aveva
stregato, e rubato il cuore.
Uscii
dalla stanza e percorsi il grande e sfarzoso corridoio illuminato a
giorno, diretto verso la lussuosa camera che avevamo riservato alla
nostra ospite; in imbarazzo, mi schiarii piano la voce e feci per
bussare alla porta, quando percepii dei sussurri concitati provenire
dall'interno.
- Ne è proprio sicuro, signor Salvatore? Potremmo dare...
scandalo...- la voce di Katherine tintinnava, in una risata cristallina.
- E come, mia Katherine?- quella di Stefan, mio fratello, risuonava
dolce e suadente, come mai l'avevo sentita prima. - A meno che le
modeste mura di questa stanza non facciano da spia, nessuno ne
verrà a conoscenza.-
Sentii
Katherine ridere di nuovo, maliziosamente. - Le danze sono
cominciate, non vorrei perdermi il valzer di benvenuto. Mi
accompagnerebbe, signor Salvatore?
Percepii
dei passi. - Ma certo, signorina Pierce. Le concederò tutti
i balli
che vorrà.-
Preso
da un impeto improvviso, e dimentico di ogni cortesia, guardai dalla
serratura, e ciò che vidi mi pugnalò al cuore:
erano vicini, così
vicini da scambiarsi un bacio.
- Non teme la... reazione di suo fratello Damon?- nel sentire il mio
nome trasalii. - Il mio infallibile istinto femminile mi porta pensare
che abbia una certa... simpatia, nei miei
confronti.- sussurrò la donna: la stanza era illuminata da
poche candele, ma riuscivo a vedere l'espressione adorabilmente
corrucciata del suo volto.
Stefan
le accarezzò la guancia, sorridendo in modo rassicurante. -
Mio
fratello non ha che da scegliere tra le nobildonne di Mystic Falls
che sospirano per lui. Non vedo perchè dovrebbe... nutrire
false
speranze per la futura signora Salvatore.-
Katherine
fece una risatina. - Volete che diventi vostra moglie? Ne siete
proprio sicuro?- domandò, candidamente.
- Non lo direi, altrimenti.
I
due si scambiarono un lungo sguardo. - Se la memoria non mi inganna,
questi sono i trilli che annunciano il primo valzer. Mi darebbe
l'onore di accompagnarla?
- Con molto piacere.
Feci
appena in tempo a nascondermi nella stanza accanto, prima che
uscissero, tenendosi per mano.
Guardai
Elena per quella che mi sembrò un'eternità, o
forse un attimo,
mentre quelle immagini intrise dal dolore continuavano a frapporsi
con il presente.
- E' vero?- sussurrai, angosciato. Scattai in piedi per poter
incrociare i suoi occhi, lucidi dalle lacrime. Abby continuava a
controllare ogni nostra mossa, ma non mi importava: vedevo solo Elena,
e quella ardente verità che avevo sempre temuto.
- Va' via, Damon.- ribadì, tremante.
- Non posso lasciarti morire.
Si
portò una mano ai capelli e distolse lo sguardo. - Sono la
doppelganger, Damon. La mia vita è sempre stata destinata a
morire
in questo modo. Non possiamo farci niente.
- Elena...
Annullò le distanze e si trovò di fronte a me,
occhi negli occhi.
- Tieni lontano Stefan e chiunque altro da quì. Non posso
essere salvata stavolta.-
Lessi
verità e rassegnazione in quegli occhi, mentre il dolore nei
miei si
tramutava in una lacrima.
- Io resto. So che la mia presenza, a questo
punto, non è utile al sacrificio.- mi rivolsi ad Abby. - Ma
non ho più ragioni per vivere. Non più.
- No... Damon...
Ignorai Elena. - Puoi uccidermi anche ora.
- No! - la ragazza mi prese per un braccio, ma feci finta di niente.
Non percepivo più niente.
- Deciderà Kol cosa farne di te.- rispose la strega, prima
che d'un tratto sentissi le forze mancarmi, e poi solo il buio.
Pov
Elena
La
luna era illuminata per tre quarti: mancava solo un giorno al
plenilunio, un solo giorno prima che la mia vita, e per colpa mia
anche quella di Damon, trovassero la loro fine.
Damon.
Non
avevo più niente che scorresse nel mio corpo, niente a
giudicare da
quanto sangue mi era stato sottratto, ma abbastanza perchè
una
lacrima si formasse e cadesse, un'altra lacrima, perchè non
ero
riuscita a salvarlo. Eppure avrei dovuto capirlo prima, che lui non
se ne sarebbe andato senza di me, neanche se gli avessi volutamente
spezzato il cuore nel modo più crudele, pur di farlo andare
via. Io,
Elena Gilbert, avevo fallito di nuovo: saremmo morti entrambi, la
maledizione si sarebbe spezzata, un nuovo ibrido a piede libero
avrebbe creato un suo esercito e minacciato chiunque, forse l'intero
pianeta, ma non mi importava.
Era tutta colpa mia.
Cosa
sarebbe rimasto di quell'amore che non aveva mai visto la luce?
Ero
sempre stata così presa dagli altri per annullare le
distanze: pochi
giorni prima, pochi giorni che mi sembravano un'eternità,
gli avevo
sbattuto in faccia le sue scuse e la finestra della mia camera, in
nome del mio stupido orgoglio. Se avessi saputo quello che ci
attendeva, non me ne sarebbe importato niente di qualunque promessa,
non gli avrei chiesto dov'era stato e perchè, sapevo solo
che sarei
corsa tra le sue braccia e non me ne sarei andata più, mai
più.
Trattenni
un singhiozzo, nel vederlo riverso sul pavimento, immobile come lo
era da ore, all'apparenza senza vita: dopo averlo costretto a terra,
in preda agli spasmi, avevo visto con i miei occhi Abby iniettargli
estratto di pura verbena nel collo, e Dio solo sa quanto avevo
gridato, nel vederlo cedere al dolore, completamente inerme.
- Se non è lui che ami, perchè soffri tanto?
Dovresti essere felice. Al posto tuo lo sarei.-
- Liberalo, Kol.
- Da quanto mi è stato riferito, è stato lui ad
implorare la morte. Lo accontenterò presto. -
Nell'oscurità,
la figura del vampiro sembrava dotata di una luminosità
perlacea.
- Puoi ingannare una stupida strega accecata dal terrore, ma non un
vampiro millenario, Elena. Domani mi vedrai ucciderlo con i tuoi occhi,
prima che io ti dissangui. Bel tentativo, molto furbo, comunque. Non
abbastanza.- disse, prima di uscire dalla stanza.
Chiusi
gli occhi, lasciandomi trasportare nell'oblio del mio ultimo sonno:
perchè voleva continuare a salvarmi, se aveva ammesso di
amare
Katherine? Senso di colpa? Istinto di protezione? Nel mio cuore non
potevo più permettermi di sperare che lo avesse fatto per
amore. Lui
era troppo per me. E io sarei stata troppo poco per lui.
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Capitolo 8 *** Una scelta. ***
Cap 8
Buonasera!
Ringrazio sentitamente tutti coloro che sprecano il loro tempo leggendo
questo abbozzo di storia, spero che ne valga almeno in parte la
pena...
Vi mando un
bacio grande come l'amore di Damon per Elena, buona lettura! :)
PS: aggiorno
domenica.
Pov Elena
Il
sole era tramontato di nuovo, nulla era cambiato in quella stanza,
tranne il numero crescente di sacche di sangue ai miei piedi: non
avevo neanche più la forza di sbattere le palpebre.
- E' ora di morire, piccola Elena.- la voce di Kol mi
risvegliò da quel torpore, suadente. In un attimo mi
strappò tutti gli aghi dalle braccia, provocandomi un dolore
lancinante, e mi sollevò.
- Fallo svegliare e portalo al cimitero.- disse, rivolta ad Abby,
onnipresente quanto invisibile nella stanza.
In
pochi secondi mi ritrovai scaraventata nel retro di un'enorme
automobile dai vetri oscurati: non sentivo più le braccia,
nè le
gambe, solo il dolore lancinante espandersi in ogni parte del corpo.
Pov
Damon
- Io mi arruolerò
nell'esercito, da grande, padre.
La
cena in casa Salvatore era sempre stato un momento di pura tortura:
Giuseppe, nostro padre, non aveva mai nascosto la predilizione per
Stefan e non perdeva occasione per dimostrarlo, nonostante fosse
stata proprio la sua nascita a portarci via nostra madre.
Diede
un buffetto sulla guancia al mio fratello minore, mentre Elisabeth,
l'inserviente, serviva la seconda portata: osservai distrattamente
ciò che mi veniva dato nel piatto.
- Tu sì che sei un vero Salvatore, Stefan. Già da
piccolo, un valoroso combattente.- la voce profonda di Giuseppe era
velata di affetto, mentre mi lanciava un'occhiata in tralice.
- Lui ha solo nove anni, ed già ha capito cosa vuole fare
della sua vita. E tu, Damon? La situazione è paradossale. Il
tuo fratello minore che deve darti da esempio.
- Sceglierò a tempo debito cosa fare della mia vita, padre.-
risposi, nel mio tono più cortese, anche se la rabbia mi
ribolliva nelle vene, come sempre.
Giuseppe
fece una smorfia, versandosi del vino. - Tale e quale alla madre.-
borbottò, con disprezzo: Stefan mi lanciò
un'occhiata
interrogativa, ingenuo. Non avevo che pochissimi ricordi di quella
donna dagli occhi color mare, così simili ai miei, a cui
piaceva
rimboccarmi le coperte prima di dormire. Non avevo mai capito cosa
avesse contro la donna che avrebbe dovuto amare, nostro padre.
In
uno scatto di rabbia mi alzai, senza permesso, e corsi fuori: la
notte era limpida e fresca, quasi estiva, e finalmente quella
sensazione di soffocamento mi abbandonò. Mi arrampicai su un
albero,
incurante dei graffi, e mi sedetti su un ramo, guardando le stelle
sopra di me.
Il
disonore della nostra famiglia aveva ringhiato
Giuseppe, pochi
giorni prima, solo perchè mi aveva trovato a leggere un
libro,
mentre mio fratello giocava ai soldatini.
Scostante nell'impegno
quanto irrispettoso delle regole giudicava il mio maestro,
dopo
essersi prodigato in mille lodi per l'intelligenza precoce e
il
modo di porsi degno di un giovane uomo di mio fratello.
Puoi
continuare a giocare dai Salvatore, ma non avvicinare il fratello di
Stefan. Sai cosa dicono di lui.
La madre di un amico d'infanzia
di Stefan aveva detto così a suo figlio, perentoria, prima
di
bussare alla porta di casa nostra, ignara della mia presenza nascosta
nel sottoscala.
Fissai
quella che riconobbi come la costellazione di Cassiopea, proprio
sopra di me, chiedendomi perchè fossi così
diverso: tutto ciò che
Stefan faceva veniva visto come normale o addirittura precoce per un
bambino della sua età, mentre io sbagliavo e basta. Avevo
solo
tredici anni, ma per la società, mio padre e tutta Mystic
Falls
avrei dovuto già avere le idee chiare sul mio futuro,
parlare di
guerra e politica con gli uomini che facevano visita a mio padre, dei
perfetti sconosciuti, e lasciare il passo alle donne prima di
passare: questo lo facevo volentieri, anche se nei migliori dei casi
venivo ricompensato da
un'
occhiataccia dall'alto verso il basso.
- Damon, scendete da lì. Vostro padre è molto
adirato e intende punirvi.
Elisabeth
mi fissava dai piedi dell'albero, un'espressione compassionevole sul
volto. Quante volte mi ero sentito dire quella frase? Avevo perso il
conto, ormai.
- Dite a Giuseppe di andare all'inferno.- risposi, mettendomi
più comodo.
La
donna abbozzò un sorriso, che fece subito sparire.
- Riferirò le
vostre scuse e che scenderete al più presto.- disse, prima
di
lasciarmi solo.
Perchè
Elena aveva ammesso in quel modo di non amarmi? Cosa c'entrava con lo
spezzarsi della maledizione? Mi sarei fatto uccidere, non avevo
più motivi per andare avanti, non più.
Lei era diventata tutto per
me, l'unico pensiero che mi dava la speranza di vivere, il desiderio di
far riemergere l'umanità che avevo perso, il primo sguardo
che
avrei voluto incrociare al mio risveglio e l'ultimo prima di
addormentarmi, avrei fatto qualunque cosa pur di farmi amare, ma non
questo: non continuare a vivere, non dopo che tutto era crollato.
Il
frenare improvviso di quella che riconobbi una macchina mi
riportò
alla realtà: spalancai gli occhi, rendendomi conto che
ciò che fino
a poco prima era stato in movimento, si era fermato.
- Damon.
Alzai
lo sguardo, sconvolto, e scattai a sedere. - Elena...
Lei
alzò gli occhi al cielo, seccata. Era in piedi, davanti la
portiera
aperta.
- Sono
Katherine, Damon, Katherine. Devo
girare con un
cartello? Salta fuori, abbiamo poco tempo.-
Pov
Elena
Arrivammo
in quello che riconobbi come un cimitero: il luogo era tetro e
completamente solitario, sferzato da una forte corrente d'aria
gelida, le lapidi marmoree sembravano brillare nella notte, sotto la
luna. Kol mi trascinava per un braccio, incurante del dolore che mi
stava affliggendo.
- Dovrebbero essere già arrivati, maledizione! La luna
sarà al culmine tra ventuno minuti.- borbottò tra
i denti, contrariato. Giunti davanti una cappella dall'aria antica, in
una zona remota del cimitero, mi spinse a terra con un gesto della mano.
- Siamo quì.- la voce di Abby sembrò uscire dalla
notte: avanzò a passo lento verso di noi, seguita da Damon.
Nel momento esatto in cui incrociai i suoi occhi segnati dal dolore,
scattai in piedi e brancolai verso di lui, ma una barriera di fuoco,
alta più di un metro e mezzo, si frappose tra noi, creando
due cerchi. La terra riarsa ardeva dalle fiamme, mentre rimanevo
bloccata a guardarlo, così vicini ma così
lontani, quel tormento sciolto dall'azzurro dei suoi occhi.
- Non è giusto! Io ho due Barbie senza testa e
tu una nuovissima, voglio anche io Ken per fare il matrimonio!-
Caroline tirò su col naso, imbronciata, incrociando le
braccia al petto. Ci trovavamo nel giardino di casa Forbes, all'ombra
di una grande quercia: l'estate scoppiava intorno a noi di fiori e
colori sgargianti, vivaci come i codini biondi della mia migliore
amica. Non avevamo più di sei anni.
- Dai, Car, non fare così. Ti presto Ken, va bene? Non
piangere.- la supplicai, porgendole il "marito" della sua Barbie.
L'aria corrucciata sparì, lasciando il posto a un bellissimo
sorriso.
- Io non piango. Io non piango mai!- ribattè, fieramente,
aggiustando l'abito da sposa alla bambola.
Giocammo in silenzio per un po', ognuna persa nelle proprie storie
immaginarie.
- El, tu pensi che da grandi lo troveremo il principe azzurro?- mi
domandò, sognante.
Alzai le spalle, continuando a giocare. - Come Ken?
- No! Molto più bello. Un vero principe. Quello con il
cavallo bianco e il mantello azzurro che ti viene a salvare dai cattivi!
Alzai
lo sguardo al cielo, scettica, ammirando le nuvole bianche come cotone
nel
cielo sereno.
- Non lo so. Ma se sono tutti così i principi, poi non
è noioso?
Caroline
sembrò rifletterci su. - Ogni principessa ha il suo
principe! Il
mio sarà bellissimo, ricchissimo e abiteremo insieme in
una graaande corte e
ogni mezz'ora avrò un nuovo abito da indossare. Poi il tuo
non lo
so, dipende da come lo vuoi.-
- Secondo me non esiste.
La
mia migliore amica mi tirò una bambola, ridendo. - Ma
possibile che
sei fai sempre così? E' ovvio che
esiste! Mamma me lo dice sempre.-
Annuii,
poco convinta. - Come vuoi tu. Andiamo a fare merenda?
-
Va bene. Ma lascia quì le bambole, che dopo torniamo.
Quei
ricordi mi tornarono in mente all'improvviso, fatti di voci e risate
ingenue, mentre guardavo Damon. Mi venne da ridere e subito dopo da
piangere, perchè l'amore della mia vita alla fine lo avevo
trovato,
e non era un principe, bensì un vampiro di quasi
centocinquant'anni
dagli occhi di ghiaccio, che adesso stava per morire per me, con me,
guardandomi, forse per il senso di colpa o il rimorso di non essere
riuscito a proteggermi. Nient'altro.
La
voce profonda di Abby mi scosse da quei pensieri: le sue parole, in
una lingua incomprensibile che sembrava latino, sembrarono animare la
natura intorno a noi. Le fiamme guizzarono e il vento si fece
più
forte, violento, portando via con sé ogni mia speranza di
vita, e ad
un tratto la luce aumentò. Alzai gli occhi al cielo per
notare che
la luna, fino a pochi attimi prima in plenilunio, era completamente
oscurata: un disco
nero nella notte nera, quasi impossibile da distinguere.
Avvenne
tutto in un attimo.
Nel
momento esatto in cui la luna tornò al suo posto, un fascio
di luce
argentea colpì Damon: lo vidi gridare e cadere a terra,
mentre la
sua pelle si frammentava in decine di cicatrici bianche. Indifferente
alle sue grida di dolore, Kol gli si avvicinò a passo
felpato.
- Sapevi che la luna
splende perchè illuminata dal sole? E' una luce debole, in
sostanza innocua per noi vampiri. Ma come ogni forma di energia...-
Damon si portò una mano alla gola e si piegò in
due, in preda agli spasmi, mentre io non potevo far altro che
assistere, inorridita. -... può essere canalizzata.-
La
luce aumentò, illuminando a giorno il cerchio di fuoco in
cui era
imprigionato: un ultimo grido, poi cadde riverso a terra, le
cicatrici roventi che risalivano sul suo viso.
- Abby, fermati! Fermati... - gridai, rivolta alla strega
che, come in trance, continuava a declamare e a invocare la natura. Le
lacrime iniziarono a cadere, mentre nel vedere il suo dolore il mio
cuore si spezzava per la centesima volta. - Ti prego...-
- Non abbiamo fretta. Puoi chiedermi di ucciderti, e conservare quella
poca dignità che ti è rimasta, o lasciarti morire
lentamente, prolungando la tortura della tua doppelganger. Come vedi,
la vita si riduce a questo.- Kol sorrise, godendo di quella sofferenza
e insensibile alle mie grida.
- Una
scelta.
Una semplice
scelta.
- Damon, no! Damon...- sussurravo il suo nome come una
preghiera, mentre qualcosa moriva dentro di me.
- Uccidimi.-
Lo
shock fermò le mie lacrime mentre sentivo quel gemito
soffocato,
strappato al dolore, uscire dalle sua labbra. No.
No.
Non
poteva essere.
- No...- rantolai, incredula.
- Kol Mikaelson.- Damon mi ignorò, puntando lo sguardo in
quello dell'Antico. - Ti ho chiesto... di uccidermi.-
- Damon... Damon, no...
Kol
fece una smorfia compiaciuta, avvicinandosi a passi lenti, fino ad
arrivare di fronte a lui, e si inginocchiò, per poterlo
guardare
negli occhi: lui, dall'alto della sua vita immortale, e Damon,
dall'abisso del suo dolore. No.
- Hai un ultimo desiderio, Damon Salvatore? Non so, magari qualcosa di
strappa-lacrime come nei film, un bacio... fai tu.
- Damon...
Il
vampiro alzò lo sguardo, velato dalla sofferenza e dalle
lacrime
stroncate sul nascere, verso l'altro, freddo e trepidante di
vittoria.
- Non voglio... non voglio che veda...- tossì, portandosi
una mano alla gola. - Non voglio che mi veda... morire così.
- Damon!- gridai, con tutta la voce che avevo. - Damon, no! Damon! Damon!-
- Sarai accontentato.
- Damon! Damon... guardami! Damon!-
Kol
si passò lentamente una mano sotto la giacca, tirandone
fuori un
fine paletto di ciliegio, affusolato e finemente lavorato,
rigirandoselo piano tra le mani.
- Provvedi, Abby.
Una
benda nera calò sui miei occhi, oscurandomi la vista:
completamente
cieca, arrivai comunque al limite della barriera che ci divideva,
incurante del fuoco, piangendo. Percepivo
il soffio impetuoso del vento scuotere tutto dalle fondamenta, il
calore delle fiamme, l'odore di bruciato dell'erba ai miei piedi,
mentre istanti di puro silenzio continuavano a susseguirsi. Anche
Abby era ammutolita, al cospetto di tanta attesa.
- Tutto questo per un'umana. Avresti avuto l'eternità
davanti a te. -
- Damon...- non vedevo niente, ma era molto peggio.
- Piantami quel paletto nel cuore e facciamola finita.
- Temerario da parte tua. Oh, Elena, visto che hai così
voglia di intervenire, sai forse cosa si dice in questi casi? Non so...
salutami qualcuno laggiù all'inferno...
- Non ucciderlo. Ti prego. - rantolai, in ginocchio, la voce tremante
dalle lacrime.
Un
rumore.
Il
rumore umido di qualcosa di affilato che trapassava la pelle, un
gemito soffocato che riconobbi come il mio nome.
No.
Spalancai
gli occhi, in tempo per vedere quelli del vampiro che amavo diventare
opachi e pietrificarsi, mentre cadeva a terra.
No.
Damon
non può morire.
No.
Le
fiamme che ci dividevano si spensero con la stessa velocità
con cui
erano apparse: mi alzai e barcollai verso di lui, cadendo in
ginocchio accanto alla sua figura esanime. Non poteva essere.
Tu
morirai, Elena.
E poi ritornerò in vita.
Non è un rischio che
sono disposto a correre.
Ma io si. E' la mia vita, Damon, e scelgo
io.
Non posso perderti.
Non lo farai.
Strappai
il paletto dal suo cuore e lo gettai con forza il più
lontano
possibile, incurante di Kol che sogghignava lì accanto e di
Abby,
che fissava la scena, in silenzio. Sapevo che non sarebbe servito a
niente, ma non me ne curai.
Dov'eri,
Damon?
Lo so.
Non sarei dovuto andare via. Ti prometto che non ti
lascerò mai più.
Abbracciai
quel corpo marmoreo e appoggiai la testa sul suo petto, immaginando
il battito del suo cuore al posto di quel silenzio, quel silenzio che
mi trapassava l'anima, mentre le lacrime, lente e inesorabili,
cadevano.
Noi sopravviviamo sempre.
Mi
scostai per guardare quel viso perfetto, così dolce anche
nella
morte, e premetti le labbra contro le sue, fredde e immobili, come
mai avrei immaginato di trovare.
- Ti
amo, Damon. Ti ho sempre amato. Ti amerò per
sempre. Scusami se non te l'ho detto. - sussurrai, tra le lacrime.
In
quel momento qualcosa mi oscurò la vista, dei ricordi che
non erano
i miei.
Due
occhi di ghiaccio mi stavano fissando. Leggevo tutto l'amore, tutto
il desiderio di questo mondo in quello sguardo, a pochi centimetri
dal mio. Riuscivo quasi a sentire il suo respiro freddo sulla mia
pelle.
- La cosa che sto per dirti.- la sua voce era incrinata come
mai l'avevo sentita fino a quel momento. Vulnerabile. Sincera. - E'
probabilmente la cosa più... egoista... che abbia mai detto
in vita mia.
- Damon... non farlo...-
sussurrai, sentendo i battiti del mio cuore accelerare improvvisamente.
Per tutta risposta il suo sguardo si fece ancora
più tormentato. - No, almeno una volta devo dirlo. E tu devi
sentirtelo dire.
Passarono pochi attimi di puro silenzio.
- Io ti amo, Elena.
Il mio cuore
perse un battito. O due. Forse tre, mentre, con gli occhi spalancati
dalla sorpresa, vedevo i suoi diventare lucidi.
- E proprio perchè ti amo... che non posso fare l'egoista
con te. Per questo non puoi saperlo.- sembrò scuotere la
testa, impercettibilmente, mentre si faceva ancora più
vicino a me. - Io non ti merito...- sembrò ammetterlo a
sé stesso più che a me, quasi come per
convincersene. - ...ma mio fratello sì.
In quel
momento notai che aveva ancora il mio ciondolo alla verbena in mano.
- Dio, quanto vorrei che non lo dovessi dimenticare. -
sussurrò. Il mio cuore gridava "Parla! Fermalo! Elena,
dì qualcosa!". Ma persi completamente ogni percezione di me
stessa quando le sue labbra sfiorarono la mia fronte, in una carezza
che aveva in sé il rimpianto e il rimorso, puro dolore.
- Ma devi.
I suoi occhi
incatenarono i miei, prima che in un attimo mi ritrovassi il ciondolo
al collo, di lui solo una leggera folata di vento nella stanza.
Pov
Katherine
Stefan
era immobile, pietrificato quanto me da quello che avevamo appena
visto. Il ricordo di ciò che era successo solo pochi minuti
prima
ardeva tra noi, affondando la lama.
- Sono Katherine, Damon, Katherine.
Devo girare con un cartello? Salta fuori, abbiamo poco tempo.-
Uscì
dalla macchina, incredulo: ci trovavamo ai limiti di una foresta, a
lato della strada. Stefan e Abby stavano parlando concitatamente, ma
ammutolirono nel vederlo
-
Voi...- iniziò, sempre più sorpreso.
-
Sì, sì, avremo tempo per le spiegazioni e i
ringraziamenti. Ora
tira fuori la pozione, strega. Abbiamo poco tempo.- lo interruppi,
pragmatica.
Abby
mi guardò storto, porgendogli una piccola ambolla piena di
liquido
rosso. - E' un distillato di morte apparente al limite della magia
nera, non una pozione, stupida vampira.-
- Sì, come vuoi. Damon...- puntai lo sguardo verso di lui -
Il piano: tu adesso bevi questo, Kol ti ucciderà ma tu
morirai solo per poco. Io e Stefan ci occuperemo che qualcuno pianti
questo...- e tirai fuori un paletto di quercia bianca. -... nel suo
cuore e salvare Elena, va bene?
-
Un altro paletto? Dove...?- fece per domandare, ma lo avevo
già
spinto dentro la macchina e chiuso la portiera.
- Sbrigati, Abby. Non deve sospettare niente.- la incitò
Stefan, avvicinandosi. I due fratelli lanciarono una lunga occhiata,
prima che l'auto prendesse velocità.
-
Sicura che ci si possa fidare di quella strega?- sussurrò
Stefan,
accarezzandomi piano il braccio.
Gli sorrisi: si preoccupava per
me.
- La smettete di flirtare? Mia sorella è in preda a un
vampiro millenario che vuole ucciderla!- Jeremy, nascosto dietro un
albero lì accanto, strinse più forte il paletto
di quercia bianca: era una lunga scheggia del cartello Wickery Bridge,
recuperata da me con un incursione a casa Salvatore, qualche tempo
prima.
- E' quasi il momento.- disse Stefan, guardando Elena piangere sul
corpo senza vita di Damon. - La luna è alta nel cielo, senza
più influenze. Ora, o mai più.- si rivolse al
ragazzo.
- Stai attento, Jeremy.
- Devo esserlo.- rispose, fieramente.
Vedemmo
Kol chinarsi accanto ad Elena e scoprirle piano il collo, lasciando
che le dita accarezzassero i capelli: lei allontanò la sua
mano con
uno schiaffo, senza alzare gli occhi vivi di lacrime da Damon.
- Non intendevo consolarti in alcun modo, doppelganger. Volevo solo
vedere... quella bellissima arteria... immagino già il
sapore...-
Elena
si scoprì completamente il collo, quasi offrendoglielo. -
Fa' quello
che vuoi.- mormorò, inerme. Gli occhi del vampiro si
inettarono di
rosso.
- Ora.
Jeremy
Gilbert, l'umano fratello minore di Elena, la doppelganger, che avevo
sempre visto come uno stupido ragazzino alle prese con l'adolescenza.
Jeremy Gilbert, innamorato di un fantasma, anello debole, presenza
insignificante.
Lo
stesso Jeremy Gilbert che in quel momento correva, correva, correva
mentre Abby tendeva le mani in un incantesimo, correva mentre
affondava il paletto nella schiena dell'Antico, correva per schivare
la forza della natura ribellarsi contro colui che aveva cercato,
un'altra volta, di spezzarne l'equilibrio. Corse e si fermò
a
fissare la scena, incredulo, mentre tutto, ad un tratto, si faceva
silenzioso.
Stefan
ed io uscimmo allo scoperto: Abby congiunse le mani e un fuoco
divampò sul corpo dell'Antico, rendendolo lentamente cenere,
mentre
ci avvicinavamo verso Elena.
Mi
inginocchiai accanto a lei e le passai un braccio attorno alle
spalle.
- Damon non è morto veramente, Elena. Ha bevuto un
distillato di morte apparente, ritornerà presto in vita.- le
sussurrai all'orecchio, cercando di confortarla.
Si
voltò di scatto: era pallida come un cadavere e segnata
dalle
sofferenze, ma una luce illuminò i suoi occhi. - Lui...-
balbettò,
incredula.
- Sì.- risposi, semplicemente.
Elena
mi abbracciò.
Elena
Gilbert, la mia doppelganger, colei che avrebbe dovuto odiarmi
più
di ogni altra persona al mondo, mi stava stringendo a sé,
lasciandosi andare ad un pianto liberatorio.
Ricambiai
l'abbraccio, comprensiva, mentre Stefan ci lanciava un'occhiata
stranita, ma non fece commenti, guardando il fratello.
- Quando...?- iniziò Elena, ma Abby la precedette.
- Potrebbero volerci pochi minuti, come qualche giorno.
Passarono
alcuni secondi di silenzio.
- Direi che è ora di tornare a... casa.- Stefan
esitò nel pronunciare l'ultima parola, prendendo in braccio
il fratello. Jeremy ed io sostenemmo Elena e l'aiutammo a salire in
macchina, posizionandoci accanto a lei.
L'auto
partì, con Stefan alla guida. Dopo pochi minuti Elena si
addormentò,
poggiando la testa sulla spalla del fratello, che la strinse a
sé,
protettivo, prima di addormentarsi a sua volta.
Mi stiracchiai sul
sedile, per mettermi più comoda: avrei voluto anch'io
riposare un
po' la mente, ma preferivo ammirare Stefan, che ogni tanto mi
lanciava qualche occhiata, sorridente. Quanto lo amavo. Gliel'avrei
detto presto, a meno che non lo avesse già capito.
Mi
guardai i piedi, calzati da un semplice tacco 8, molto al di sotto
dei miei standard: la fibbia di strass argento si era leggermente
spostata. Mi chinai, per raddrizzarla, quando notai qualcosa, sotto
il sedile. Guardai meglio, e se il mio cuore avesse potuto battere
ancora, sicuramente si sarebbe fermato.
Una
boccetta di vetro.
Una
boccetta di vetro colma di sangue.
Esattamente
nelle stesse condizioni di quando l'avevo consegnata a Damon.
Sigillata.
PPS: Ho messo tutta me stessa in questo
capitolo, mi farebbe piacere sapere se vi è 'arrivato' qualcosa in termine di
emozioni.
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Capitolo 9 *** Solo un ricordo. ***
Cap 9
Ciao a tutti! Vi presento
il nono capitolo! ;)
Ringrazio
di cuore tutti quelli che hanno recensito, veramente, stavo per
commuovermi io! :')
Comunque, sto
avendo diversi problemi con il computer, spero di riuscire ad
aggiornare mercoledì.
Un bacio, e buona
lettura!
PS: alcune frasi sono prese dal mio personalissimo diario segreto ormai
pubblico, quindi ci terrei molto a leggere dei vostri commenti!
Pov
Elena
Sentii
il calore del sole scaldarmi il viso: la mia camera era rivolta ad
ovest, come era possibile... avevo dormito fino a pomeriggio
inoltrato? Aprii gli occhi, per capire di ritrovarmi in una delle
tante stanze riservate agli ospiti di casa Salvatore, che avevo
adocchiato di sfuggita quella sera, la sera in cui Damon se n'era
andato.
In
un attimo tutti i ricordi della giornata precedente mi passarono
davanti agli occhi, e scattai in piedi: si era svegliato? Presa
dall'emozione spalancai seccamente la porta e feci per scendere le
scale, ma un capogiro violentissimo mi colse e mi dovetti appoggiare
al muro, senza fiato.
Sentivo
delle voci familiari provenire dal pianterreno: scesi lentamente
qualche scalino e mi sedetti, cercando di capire chi fossero.
- Non possiamo fare niente, Katherine. - la voce di Stefan sembrava
provenire dall'Oltretomba, spenta e priva di qualunque inflessione. Il
tintinnìo di una bottiglia di cristallo, pochi secondi di
silenzio.
- Non è possibile, Stefan... non può andare
così...- un singhiozzo: Katherine. Katherine stava piangendo.
Cos'era successo? La preoccupazione mi fece tremare.
- Bonnie Bennett! La figlia della strega, lei...- la voce
della vampira si fece concitata, prima di essere interrotta da Stefan.
- Le ho parlato ieri sera stessa. Non può fare
niente.
Un altro singhiozzo, più forte. - Non
è possibile... perchè lo ha fatto?- la voce di
Katherine si spezzò. - Sarebbe andato tutto bene... Elena
non avrebbe corso alcun pericolo...- nel sentire il mio nome trasalii. Dov'era
Damon?
- Cosa le diremo?- proseguì, nello stesso tono.
Stefan sospirò. - Le cancellerò la memoria
riguardo al sacrificio, la soggiogherò dicendole che
è partito e lo accetterà, senza soffrire.
- Come potrà non soffrire, Stefan?- la voce
della vampira si alzò di un'ottava, sarcastica.- Lei lo amava,
lo ama adesso! Neanche il soggiogamento di un Antico le
impedirebbe di aspettarlo ogni giorno, continuare a sperare che torni!
- E cosa proponi, allora?- anche lui alzò la
voce, perentorio. - Dirle la verità e spingerla al suicidio?
Non credi che abbia già sofferto abbastanza?
- Vuoi farla vivere di bugie? Credi che non
farà mai domande, soggiogamento a parte? Credi che non
ricorderà? O vuoi cancellarle tutto ciò che
riguarda Damon? Lui è andato a morire per lei! Essere
ricordato è il minimo che possa avere in cambio!
- Va bene! Allora, visto che la fai tanto facile, va'
sopra, svegliala e diglielo tu! Elena, Damon
è morto! Si è rifiutato
di bere ciò che lo avrebbe salvato e si è
lasciato uccidere! Forza!-
Caddi.
Sentii
le ginocchia cedere e trovarmi a terra.
-
Mi dispiace così tanto, Elena.
Feci
appena in tempo a scorgere il viso rigato di lacrime di Katherine
davanti a me, prima di alzarmi e correre via da lì, ovunque
ma non
quel luogo.
La
mia corsa disperata rallentò prograssivamente una volta
lontana da
quella casa, fino a diventare una lenta processione: era molto
presto, l'aria era fredda e mi strinsi nella leggera vestaglia che mi
ero ritrovata addosso, forse l'aveva recuperata Stefan a casa mia,
visto che la sera prima ero crollata durante il viaggio. Le lacrime
sul mio viso, da calde, erano diventate ghiacciate, scavandomi solchi
profondi nella pelle. Mi sentivo distrutta dentro. Come se nel mio
cuore fossero avvenute tutte le rivolte del 48 ed ora se ne stesse
frantumato, tra le macerie, gemendo in silenzio, aspettando qualcuno
che lo aiuti.
Non sarebbe arrivato mai nessuno a farlo. Tra le rovine dei miei
ricordi,
c'erano solo aria e spazio. Tanto spazio.
Troppo.
Nonostante
camminassi ormai da ore, non avevo smesso un secondo di pensare a
lui: tutti gli sguardi, le frasi, le battutine, i litigi, le
incomprensioni, tutto mi si presentava davanti agli occhi a ritmo
martellante, senza pietà. Il modo di incedere,
così spavaldo e
sicuro di sé, la freddezza e il sarcasmo di quando voleva
ferire, il
coraggio, la voce che anche nei ricordi mi dava i brividi, il profumo
fresco e dolce allo stesso tempo, le linee perfette del viso e quegli
occhi, quei due specchi color ghiaccio della sua anima, che non era
fredda, non era sarcastica nè insensibile, ma tutto il
contrario.
Damon
era l'anima più bella che avessi mai conosciuto.
- Elena.
Mi
voltai: Katherine era pochi passi da me.
- Cosa vuoi, ancora?- sbottai, irritata.
- La sera del ballo, ho sedotto Damon.- annunciò, senza
alcuna incertezza. - Gli ho fatto credere che fossi tu, e che avessi
scelto Stefan.-
Rimasi spiazzata da quell'affermazione. - Kol mi ha mostrato
ciò che è successo. Lui ti ha detto che ti amava,
ed era consapevole che non ero io.
- No.- rispose, perentoria. - Kol è entrato nella tua mente
ed ha manipolato ciò che ha visto per farti
soffrire. Lo spezzarsi della maledizione comprendeva due
cuori innamorati, con ogni sfaccettatura possibile dell'amore, tra cui
il dolore. Lo ha fatto per questo. Damon ti amava, ti amava
più di quanto avesse mai amato me e mi dispiace di essermi
messa in mezzo, anche se non farlo non avrebbe cambiato gli eventi. Ci
tenevo solo a dirti questo.-
Rimasi
a guardare quegli occhi così simili ai miei ma che avevano
visto e
vissuto secoli in più di me, prima di farle un breve cenno
di
assenso e voltarle le spalle, proseguendo a camminare. Ero arrivata
al limitare della foresta, vicino la radura in cui si trovava la casa
delle streghe. Quel luogo era impresso a fuoco nella mia mente,
intriso di dolore: mi diressi, senza neanche sapere perchè,
verso
l'antica e cadente costruzione, facendomi strada tra la polvere
secolare e i calcinacci, fino ad arrivare nel sotterraneo.
Reduce
forse dell'ultimo incantesimo di Bonnie, la stanza era cosparsa di
candele di cera bianca, per metà consumate: la luce
proveniva da una
piccola finestra in alto, priva di alcun vetro.
Mi
sedetti a terra e mi raccolsi le ginocchia al petto, lasciando
finalmente che le lacrime, fino a quel momento silenziose,
sfociassero in un vero pianto, straziante, infinitamente doloroso, ma
confortante con quel silenzio e quella solitudine.
Ad
un tratto, le candele intorno a me si accesero di deboli fiammelle,
sferzando l'aria gelida della stanza.
Mi
asciugai le lacrime, per niente sorpresa.
- Siete contente, adesso?- dissi, rivolta alle anime delle streghe che
assistevano al mio dolore. - Vi prendete gioco di me? Voi lo avete
sempre odiato... - tossii, stremata, mentre le fiamme prendevano ad
oscillare.
- Cosa mi è rimasto, ormai?- ripresi – I miei
genitori sono morti. Mia zia è morta. Io sarei dovuta
morire, ma sono ancora quì, a piangere. Pensavo che mi fosse
stato tolto tutto, che avessi sofferto tutto il dolore possibile della
mia vita e pianto tutte le mie lacrime, ma non è stato
così. Mi ero rifugiata nella sicurezza di quello che credevo
amore per Stefan, perchè avevo bisogno di sentirmi protetta.
E quando Stefan mi ha abbandonata, avevo lui. Avevo
Damon, nonostante tutto, nonostante ogni difficoltà c'era
sempre, e non importava quanto male gli facessi...- alzai gli occhi al
soffitto, cercando di impedire le lacrime -... sapevo che se avessi
avuto bisogno di qualunque cosa, lui ci sarebbe stato. Ed ora
è morto. Si è lasciato uccidere. Se
n'è andato della mia vita e non ritornerà
indietro, e la colpa è solo mia. Si
è completamente vulnerabili quando si mette il proprio cuore
nelle mani di una persona. Come mi è stato
sempre restituito? Spezzato, ridotto in mille pezzi, ma avevo deciso di
permettermi di rischiare ancora. Con Damon sarebbe stato diverso, ne
sono certa, non mi avrebbe mai fatto del male, al contrario di
ciò che ho fatto io... - la mia voce, da sussurro, scomparve
piano.
Le candele si spensero una alla volta e, presa da un moto di
solitudine, mi alzai, tornando lentamente verso casa. Quel vialetto
così familiare non mi era mai sembrato tanto vuoto. Trovai
Jeremy ad aspettarmi sotto il portico, seduto sulla piccola panchina di
legno che si trovava lì praticamente da una vita.
Fece
per parlare, ma lo bloccai. - Non ho intenzione di ascoltare "non
sai quanto mi dispiace" e domande varie su come sto, so che il
tuo interesse è sincero ma... devo ancora realizzarlo. Non
mi sembra
vero.
-
Non pensavo che sarebbe potuto succedere, lui sembrava...
praticamente indistruttibile.- disse, tristemente.
Mi
limitai ad annuire, sentendomi debole. Mi resi conto che erano quasi
quattro giorni che non mangiavo, e che forse sarei dovuta stare a
riposo invece di macinarmi una decina di chilometri a piedi, essendo
praticamente in anemia, ma non me ne curavo più di tanto,
non
sentivo nè la fame, nè la stanchezza.
- Domani ci saranno i funerali, a casa Salvatore. La versione ufficiale
è che ha avuto un incidente. So che è
paradossale... ma è il modo più innocuo a Mystic
Falls con cui se ne poteva andare.
Un
incidente. - Magari proprio a Wickery Bridge, eh?
Sai, giusto per completare l'ironia...- dissi, sentendo le lacrime
iniziare a pungermi gli occhi.
- Certo che no.- rispose, serio.
Entrai
in casa, diretta verso la mia camera: gli abiti neri ormai non
mancavano, nel mio armadio. Il mio sguardo vagò per la
stanza e si soffermò sulla finestra.
Nessun vampiro sarebbe più entrato a vegliare il mio sonno.
La
mattina seguente scivolai giù dal letto: quasi in accordo
con ciò
che succedeva nel mio cuore, fuori il cielo era cupo e cosparso di
nuvole grigie, sferzate dal vento che sentivo contro la finestra
chiusa. Dopo una breve doccia aprii l'armadio e indossai un semplice
abito nero, come unica nota particolare il lungo coprispalle
ricamato, che ondeggiava ad ogni mio movimento. Mi guardai
distrattamente allo specchio e pettinai i capelli, lasciandoli
sciolti, leggendo il messaggio di Caroline che mi ricordava l'orario.
Scesi in cucina, Jeremy era già pronto, impeccabile e con
un'espressione seria sul volto: lasciai che guidasse lui, persa nei
miei pensieri.
Una
volta arrivati, ci accolsero Stefan e Caroline: la funzione era stata
allestita all'aperto, c'erano alcune panche di legno disposte una
dietro l'altra e un piccolo altare dove un sacerdote, sicuramente
soggiogato, stava sfogliando un libro sacro. Non c'era nessun feretro
in vista. Rabbrividii.
- La nostra famiglia era cattolica, anche se Damon non è mai
sembrato tanto interessato alla religione.- disse Stefan, rispondendo
ad una mia occhiata interrogativa. Tra i presenti vi erano Bonnie,
Matt, Tyler e Alaric, in disparte, preso nel bere un bicchiere di alcol
sconosciuto, fissando il vuoto.
Damon era il suo migliore amico.
Katherine
si avvicinò.
- Quello...- fece segno al sacerdote -... è a posto. Ci
siamo tutti?-
Lei
e Jeremy si sedettero accanto a me, affiancati da Stefan e
Bonnie.
Per un attimo mi sentii meglio, nel sentire le loro presenze
così
vicine e protettive.
Il
sacerdote iniziò a parlare, ma le sue parole scivolavano
nelle mie
orecchie, inconsistenti: delle piccole candele accese illuminavano
l'altare, le fiamme oscillanti a causa del debole vento.
Ad un
tratto Katherine si alzò e si diresse verso l'altare.
- So che forse non sono la persona più adatta per parlare.-
prese parola, guardandoci uno per uno. - E che in questi casi
ciò che viene detto è sempre scontato e superfluo
ma... voglio solo dire che... Damon non meritava di morire.-
La sua voce, da impostata e sicura, si fece più incerta,
mossa dalla sincerità.
-Meritava di vivere senza l'ombra del passato che lo tormentava, con il
cuore più leggero. Damon è morto da eroe. E lo
resterà.- le sue parole suscitarono un applauso spontaneo,
mentre tornava lentamente accanto a me, gli occhi lucidi.
- Non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrei
dovuto dire questo... - Stefan prese il suo posto, visibilmente
commosso, un silenzio tombale intorno a lui. - ... ma la mia esistenza
senza Damon è incolore, già da adesso. Lui era...
sarcastico, impulsivo...
- ... arrogante e sfacciato. - continuò Alaric - E beveva
troppo bourbon.- aggiunse, scatenando una lieve risatina generale. - Ma
era come un fratello per me.-
Stefan
abbassò lo sguardo. - Non avrei mai immaginato di dire
questo, non
per orgoglio... ma perchè, semplicemente, credevo che la sua
morte... sarebbe
arrivata lo stesso giorno della mia. - un altro
applauso.
- Aveva tutti i difetti del mondo ma...- iniziò Caroline,
asciugandosi una lacrima.
- ... senza di lui molti di noi non sarebbero quì, vivi,
adesso. - ripreseTyler: continuavano a succedersi nel parlare
all'altare, una processione di dolore e affetto.
- Il nostro rapporto non era dei migliori...- esordì Bonnie
- ... ma senza di lui è vero, tutto sarebbe stato diverso.
In peggio.
- Il Grill risentirà molto della sua mancanza al piano bar.-
disse Matt, suscitandoci un sorriso. - Ma soprattutto ne risentiranno
molto le nostre vite.-
Tutti
ritornarono ai loro posti: mi alzai, le gambe tremanti, e presi posto
all'altare, sentendo tutti i loro sguardi su di me.
- Damon...- esordii, controllando la voce. - ... è morto nel
tentativo di salvarmi. Si è lasciato morire e solo ora
capisco che lo ha fatto a causa mia, a causa delle mie parole che
volevano aiutarlo, dargli la possibilità di salvarsi... ma
hanno ottenuto l'effetto contrario. La verità è
che...- abbassai lo sguardo, anche se ormai avevo iniziato a piangere.
- ... questo dolore è molto diverso da ciò che ho
subito in passato, perchè porterò dentro, per
sempre... il rimorso di ciò che ho fatto.
Per sempre.-
Mi
portai una mano al viso. - Chiedo scusa. - mormorai. Senza neanche
rendermene conto presi a correre verso la casa, incurante degli
sguardi apprensivi e compassionevoli che mi seguivano: spalancai il
grande portone, lo richiusi alle mie spalle e salii al piano di
sopra, fermandomi davanti la seconda porta a destra.
Entrai
nella camera di Damon, scossa da violenti spasmi.
Era una stanza
molto spaziosa, quasi tutta in legno di ciliegio, dallo scrittoio,
alla libreria, alla grande testiera del letto: mi stesi su di esso e
chiusi gli occhi, e la prima cosa che percepii fu una debole scia del
suo profumo, quasi svanito, con cui mi addormentai.
Quando
riaprii gli occhi una timida luce rosata, che proveniva dalla grande
vetrata, mi illuminò: la notte prima non avevo chiuso
occhio, ed
ora
mi sentivo molto meglio. Mi alzai e guardai fuori, non c'era nessuno, e
il tramonto aveva spazzato via le nuvole, imponente all'orizzonte.
Sullo scrittoio c'era un libro, Romeo e Giulietta,
Shakespeare. Lo
aprii, incuriosita, notando che una pagina era stata contrassegnata.
Atto II- Scena II. Era la scena del balcone: una
parte era
stata sottolineata a matita, lievemente.
Romeo:
Ho superato quelle mura con l'ali leggere dell'amore,
poichè
non v'è ostacolo di pietra che possa arrestare il passo
dell'amore,
e
tutto quello che amore può fare, amore tenta.
Giulietta.
Se
ti vedono quì, ti uccideranno.
Romeo:
Ahimè! Il pericolo, è più nei tuoi
occhi che non in venti delle
loro spade: se mi guardi con dolcezza, sarò forte contro il
loro
odio.
Giulietta.
Non vorrei che ti vedessero quì, per tutto il mondo.
Romeo: Il manto della notte mi
nasconde, ma se non mi ami lascia
che mi trovino: meglio
che il loro odio tolga la mia vita, che non la morte tardi senza il
tuo amore.
Le lacrime
iniziarono a cadere, una dopo l'altra.
- Oh, Damon...- sussurrai, accarezzando la pagina ormai umida.
- Santo cielo, prima tutta Mystic Falls mi odia, poi quando finalmente
passo a miglior vita tutti a piangere e a dire "povero ragazzo", che
ipocriti. Incidente d'auto? Seriamente? Credono veramente che Damon
Salvatore possa morire in un incidente d'auto? Centocinquant'anni di
reputazione andati in fumo, grazie mille. Potevate scegliere vittima di
un attacco terroristico, in missione con l'esercito, come infiltrato
della polizia durante una gara di contrabbando...
perchè incidente d'auto? Fantasia zero? Mah.
Comunque stai
molto bene in nero, elegante e sexy come me, almeno se giriamo insieme
d'ora in poi sembriamo una vera coppia dark, già mi immagino
le
vecchiette al Grill " Ma quello è Damon Salvatore! Ma non
era
morto? E' resuscitato!"-
Mi voltai.
Il libro mi cadde
dalle mani.
|
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Capitolo 10 *** Futuro? ***
Cap 10
Buonasera!
Eccovi il decimo, e forse penultimo capitolo di questa f-f. Ringrazio
enormemente tutti coloro che hanno recensito, davvero, è una
gioia per me leggere ciò che ne pensate! E anche grazie a
chi
legge/ricorda/segue/preferisce.
Un bacio, e
buona lettura! :)
PS: aggiorno
sabato.
Pov
Elena
Non poteva essere.
Non era possibile.
Ero impazzita.
Fissai la figura che
avevo davanti, completamente sotto shock.
- Ho notato che ultimamente fai fatica a pronunciare il mio nome.
Dislessia?-
Due occhi di
ghiaccio, una voce sarcastica che tremava, quella voce, quegli
occhi...
Istintivamente
arretrai di un passo, spaventata.
- Sei un fantasma.- sussurrai, senza fiato: incontrai la barriera
fredda della vetrata dietro di me, e mi sentii senza scampo.
Con uno scatto
veloce prese il libro da terra e lo poggiò sulla scrivania.
- Mmm, cos'è, Jeremy ti ha insegnato a vedere le impronte
delle anime dipartite come hobby o è una cosa di famiglia?
Perchè, nel caso, non sei per niente ferrata.- scosse la
testa, contrariato.
- Ti sembro un fantasma?- esclamò, poi, piegando le labbra
in un sorriso - Non so che esperienza tu abbia con le creature
sovrannaturali, e direi parecchia visto che stai parlando con un
vampiro, ma ti posso assicurare che non sono un fantasma.-
Fece una smorfia:
era identico a lui, lo stesso modo di incedere, lo stesso,
caratteristico giubbino di pelle nera in cui teneva, distrattamente,
le mani affondate nelle tasche, la stessa bellezza inconsapevole che,
illuminata da una strana emozione negli occhi e dalla luce del
tramonto morente dietro di noi, mi inchiodava lì,
paralizzata,
sperando che la mia salute mentale non fosse andata in esilio
volontario, seguendo l'esempio del mio sedicente amore per Stefan,
tanto tempo prima.
Non riuscivo a
muovermi.
Fece un passo verso
di me: terrorizzata e con il cuore a mille, mi appiattii ancora di
più contro la parete di vetro, impotente.
Qualcosa attraversò
i suoi occhi, oscurandoli.
- Hai paura di me, Elena?- disse, ferito. - Pensavo che quella fase
l'avessimo superata da un pezzo.-
Con un altro passo
annullò le distanze.
Il suo respiro si
scontrò con il mio.
Quel profumo.
Quegli occhi.
Era
lui.
- Io... non posso
crederci...- lo fissai per qualche istante, incredula, prima di
gettargli le braccia al collo. Affondai la testa nell'incavo della
sua spalla e lo strinsi, piangendo dalla felicità.
Lui non ricambiò
l'abbraccio: si scostò e mi bloccò le mani,
lasciandomi
completamente spiazzata.
- Non ce l'hai più con me, adesso?- mi chiese, risentito.
- Non ce l'ho mai avuta con te...- dissi, prendendogli una mano: avevo
un disperato bisogno di sentire la sua presenza sulla pelle. -... non
troverò mai un modo per farmi perdonare tutto il male che ti
ho fatto... scusami... scusami...- lo abbracciai di nuovo,
aggrappandomi alle sue spalle.
- E a cosa devo questa accoglienza? Che c'è, ti sono mancato?- pronunciò l'ultima parola con un tono
di voce cattivo.
Mi scostai, sorpresa
da quella reazione. - Certo che mi sei mancato, io... sono stata
malissimo... credevo fossi morto, morto per davvero...
- Come va con gli occhi?- mi interruppe, freddo.
- Che cosa?
- Ti ho chiesto come va con gli occhi.- ripetè, seccato. -
Non so se hai problemi di presbiopia già alla tua giovane
età, ma ci tengo a precisare che non sono Stefan.
- Lo so.- mi venne da sorridere - Sei Damon, credi che sia impazzita?
- Allora forse hai subito qualche trauma cerebrale o a livello
psicologico.
Ero allibita. -
Damon, puoi spiegarti per favore? So benissimo chi sei!
- Ah, ho capito, amnesia. Ti rinfresco la memoria, allora. La maledizione non si spezzerà
perchè non è lui che amo! Io amo Stefan, suo
fratello! Va' via, Damon!-
Passarono alcuni
secondi; feci per parlare, ma mi precedette.
-
So che forse ti sentirai confusa... - il suo sguardo si fece
più
serio - ...fino a tre minuti fa mi credevi morto, e non ti biasimo...
ma io non posso dimenticare quello che hai detto. E se fai
così...
mi... illudi...
alquanto...-
Ero senza parole.
- Perchè mi hai
fatto tornare in vita, Elena? Sai, non si stava poi tanto male
dall'altro Lato, e non credo che tu non abbia fatto niente. E poi,
non so se l'avevi capito, ma ho scelto io di farmi uccidere.
Perchè
dovrei continuare a vivere una vita che non ha niente da darmi?-
Sentimmo la porta
aprirsi, e Stefan comparve nella stanza, visibilmente in imbarazzo.
La sua espressione
mutò di colpo nel vedere il fratello.
- Damon...
- Sì, lo so come mi chiamo, cosa c'è?- lo
freddò lui, subito.
- Mi dispiace...- si schiarì la voce -... ma c'è
una persona di sotto.
Pov
Damon
Lanciai un'occhiata
di fuoco a mio fratello, prima di scostarmi a malincuore da Elena per
lasciarla passare. Lei si avviò a testa china, evitando il
mio
sguardo.
In pochi secondi
arrivammo di sotto nel giardino. Katherine rimase sotto shock nel
vedermi, ma non fiatò.
- Elijah.-
Sentii la presenza di Elena dietro di me e in un attimo mi piazzai
davanti a lei, fermando i suoi passi con un braccio. - Non. Muoverti.-
le intimai, perentorio.
- Non sono quì per fare del male a nessuno, Damon Salvatore,
tanto meno ad Elena.- Elijah avanzò di un passo verso di
noi, spavaldo, lasciando cadere un accento lieve sul nome della ragazza
- Ero semplicemente venuto per portare le mie... condoglianze, ma dato
quello che vedo non ce n'è più bisogno.-
- Infatti.- sibilai. L'attrazione che quell'uomo provava per Elena e il
modo in cui la guardava mi davano alla testa.
Ci scrutammo per
alcuni istanti.
- Ehi ehi ehi, calma.- Katherine si frappose nella battaglia di sguardi
– Il fatto che tu sia ancora quì implica che tu
debba fare altro.
Elijah posò lo
sguardo su Elena. - Ho bisogno di parlare con te.
- Con me?- domandò lei, sorpresa.
- Sì.
- Non se ne parla.- ringhiai, mettendomi ancora di più
davanti a lei, come uno scudo.
- Damon...
- Non intendo nè rapirla nè procurarle fastidio
in alcun modo, solo avere una semplice conversazione... magari
d'addio.- continuò l'Antico, concludendo con nonchalance la
frase, sapendo che avrebbe avuto il suo effetto.
- Fammi parlare con lui, Damon.
Infatti.
- Devo forse ricordarti cosa ti ha fatto un Antico, tra l'altro suo
fratello, neanche una settimana fa?- dissi, sarcastico.
- Non è Kol. Mi fido di lui.
Passarono alcuni
secondi. - Ah. Bene.- sbottai, lasciandola passare. - Però
poi non
mi chiamare in lacrime quando ti ritroverai mezza morta, aspettando
il mio arrivo per salvarti!-
Lei mi lanciò
un'occhiata profondamente offesa. - Sta' tranquillo, il pensiero di
chiamare te non mi passa neanche per la testa!-
rispose,
voltandomi le spalle e avvicinandosi al vampiro, che assisteva alla
scena, soddisfatto.
Si allontanarono
verso gli alberi, camminando paralleli, e tutta la rabbia che avevo
improvvisamente provato svanì, lasciando il posto alla
preoccupazione.
Feci il giro della
casa e, attento a non farmi vedere, mi inoltrai tra gli alberi e li
seguii a distanza.
Pov
Elena
Continuammo a
camminare per un po', mentre mi domandavo cosa volesse dirmi di
così
importante e segreto da allontanarci così tanto. Si
fermò nei
pressi di una piccola radura e si voltò, il volto dai
lineamenti
marcati rischiarato dal poco sole rimasto.
- Non amo i giri di parole. Mi è sempre piaciuto dire le
cose come stanno, nonostante sia difficile.- iniziò, la voce
bassa e profonda, avvicinandosi di un passo.
- La prima volta in cui ti ho vista, credevo fossi Tatia, la prima
doppelganger, il mio amore. Ma non lo sei. Mi rendo conto che tra...
noi...- esitò nel pronunciare quella parola - ... non
c'è mai potuto essere molto contatto, per via di quello che
sono... ma non ti farei mai del male. Il mio primo istinto, quando ti
vedo, è proteggerti.
Vorrei proteggerti perchè vorrei che
fossi solo mia, Elena.-
Rimasi,
completamente spiazzata, a fissare la sua figura immobile davanti a
me.
Lui si avvicinò
ancora di più, e riuscii a percepire il suo profumo
speziato, che
sembrò annebbiarmi la mente.
- So che Damon Salvatore prova qualcosa per te.- continuò,
con una smorfia – Ma lui ti vede solo come la doppelganger di
Katherine, un ripiego al suo essere sempre stato rifiutato. Cos'ha lui
da darti? Niente, a parte della semplice protezione che potresti avere
con qualunque vampiro.-
Feci per parlare, ma lui mi bloccò, prendendomi il viso tra
le mani e guardandomi negli occhi.
- Posso renderti felice, Elena, per l'eternità, se lo
vorrai. Viaggeremo intorno al mondo e vivremo nella ricchezza e nella
spensieratezza, nessun problema potrà mai toccarci.-
iniziò, suadente - Saremo immortali e felici, non ci
sarà niente che non potrai avere. Diventerai la mia regina e
dimenticheremo insieme ogni dolore del passato. Una nuova vita, Elena. -
Sentivo il suo
respiro freddo e il suo sguardo ammaliante su di me, della stessa
sfumatura del miele, non riuscivo a distaccarmene, come se mi stesse
ipnotizzando...
Faceva caldo, lo
sentivo entrarmi fin nelle ossa, ma non mi dava fastidio, era
piacevole.
- Me e la mia voglia di vedere le piramidi. Potevamo restarcene a
Parigi, è così piacevole quella
città...- mi raccolsi i capelli in una coda alta e lanciai
uno sguardo malizioso ad Elijah, che camminava accanto a me, tenendomi
per mano.
Lui si voltò e mi
diede un leggero bacio sulle labbra. - Tra poche ore saremo di nuovo
nella tua amata Francia, sta' tranquilla.-
Camminavamo vicini
per le vie di un colorato mercatino di Sharm el Sheikh, come dei
semplici turisti.
- Hanno aperto un nuovo centro commerciale di alta moda a Tokyo, ieri
sera, ed è un bel po' che non facciamo un salto in Oriente.-
dissi, distrattamente, prendendo tra le mani un lungo pareo tessuto a
mano, dai motivi egiziani. Lui rise, cingendomi la vita con un braccio.
- Sto dilapidando tutto il mio millenario patrimonio in Haute Couture
italiana e francese e poi ti soffermi a guardare queste cianfrusaglie?
Non meritano neanche il tuo sguardo!-
Scoppiai a ridere,
prendendo in mano una miniatura dorata di una piramide.
- Che carina.- dissi, rapita.
- Non c'è bisogno che fai la nostalgica con i souvenir,
torneremo quì appena lo vorrai o, se vuoi, non ce ne andremo
affatto.
- C'è ancora molto da vedere, tra qualche secolo magari
penseremo a dove stabilirci.
- Fammici pensare, stai già pensando a Parigi?-
scherzò lui, affettuosamente.
- Ho un debole per quella città, accettalo!- risposi,
sorridendo. In quegli anni avevamo viaggiato molto, condiviso tutto,
eppure sentivo qualcosa di vuoto dentro di me: avevo acconsentito nel
farmi trasformare in vampiro da lui pochi decenni prima, ma ad un
tratto non ricordavo più niente del mio passato. Sapevo
dentro di me di essere stata, da umana, una semplice adolescente, di
aver incontrato Elijah per caso e accettato la sua natura, senza
lasciarci più. Mi ero chiesta tante volte se mi avesse
soggiogata, ma ogni volta scartavo l'ipotesi a priori: ci amavamo, non
mi avrebbe mai fatto una cosa del genere.
In quel momento qualcosa catturò il mio sguardo: senza
rendermene conto, avevo preso in mano un monile dall'aria antica, un
semplice nastro di raso blu, da cui pendeva un ciondolo ovale, azzurro
come non ne avevo mai visto, il cielo dopo la pioggia, il mare dopo la
tempesta, dove il grigio sembrava combattere per predominare il
turchese.
Un lampo accecante,
e ritornai alla realtà: spalancai gli occhi, in tempo per
vedere due
occhi lucidi di tristezza dello stesso colore scomparire nel buio.
- Solo un breve accenno del nostro splendido
futuro, se lo vorrai. Imparerai ad amarmi tanto quanto io amo te
adesso, con il tempo.- la voce di Elijah mi giungeva ovattata, lontana,
mentre quegli occhi di ghiaccio ormai lontani continuavano ad entrarmi
dentro, sempre più in profondità...
- Mamma,
è pronta la torta? E' pronta? E' pronta?
Finii di insaponare
il piatto e lo passai sotto l'acqua, prima di porgerlo alla piccola
me dagli occhi verdi munita di strofinaccio.
- Ancora no, ma manca poco. Un po' di pazienza.- risposi, con calma,
ridendo della sua impazienza.
Caroline sorrise,
asciugando il piatto con le piccole manine accurate, per poi alzarsi
sulle punte e riporlo, facendo ondeggiare i lunghi boccoli color
cioccolato.
Diede uno sguardo
all'orologio appeso alla parete della grande cucina e
sospirò,
contrariata. - Se trovano la torta fredda o non la trovano proprio
peggio per loro, io li avevo avvisati che se facevano tardi me la
mangiavo tutta io!
- Sai come sono tuo padre e tuo fratello. Se poi si ci mette anche lo
zio Stef...
- ... per non parlare della zia Kath! - Katherine entrò
sorridendo in cucina e si sedette al tavolo, prendendo Caroline sulle
ginocchia.
Tolsi la torta dal
forno e la sistemai su un vassoio rialzato, scuotendo la testa.
- Due bambine impazienti, ecco cosa mi sembrate. Mi vergogno per te,
Kath, e dire che ne hai di secoli alle spalle!- la stuzzicai, mentre
preparavo la tavola. Caroline saltò giù e
iniziò ad apparecchiare, mentre la vampira la osservava,
intenerita.
- Novellina!- rispose, lanciandomi una forchetta: l'afferrai al volo,
ricambiando con un'occhiataccia. - C'è Caroline!- la
rimproverai, contrariata dalla sua imprudenza.
- Ma la mia piccina è praticamente indistruttibile!-
commentò lei, dando un buffetto sulla guancia alla bambina.
- E' vero! - continuò lei - Non ho mai preso il raffreddore!
Metto io lo zucchero a velo!- strillò poi, con entusiasmo.
In quel momento due
paia di occhi color ghiaccio fecero la loro entrata in cucina: Damon
mi fu accanto in un attimo e mi posò un bacio sulla guancia.
-
Cos'ha preparato di buono la mia mogliettina, stasera?- mi
sussurrò
all'orecchio, sorridendo.
- L'ha fatta Caroline, io ho solo assistito!- risposi, facendo
l'occhiolino alla bambina.
- Ma come si danno da fare le mie donne di casa! Scommetto che l'unica
a non fare niente è stata zia Katherine!
- Non è vero, io sono l'assaggiatrice ufficiale!-
ribattè lei, fingendosi offesa.
Christian, il vivace
gemello dai capelli corvini, nonchè completamente diverso
dalla dolce
Caroline e versione in minatura di Damon si arrampicò su una
sedia e prese una fetta del dolce -
Mmm... che buona!- e neanche avesse dato il via ad una maratona,
quattro mani lo imitarono, depredando l'eterea perfezione della mia
torta.
- Non pensavo di essere così brava!- dissi, sedendomi di
fronte a Stefan, che era appena entrato.
- Non so se te ne sei resa conto, ma ultimamente io e Stef restiamo in
zona solo per questo!- rispose Katherine, prendendo il bis.
- Simpatici!- commentò Damon, offrendomi galantemente la sua
fetta. - Lo sappiamo benissimo che vi piace da morire stare
quì!
- L'Italia ha il suo fascino!- riprese Stefan, allegramente. - E poi,
avete fatto proprio bene a costruirvi per le vacanze una casa a due
passi dal mare. Potessimo averla noi una vista del genere! Quando mi
affaccio dalla finestra vedo solo taxi gialli e uomini d'affari con la
ventiquattr'ore!-
- La Fifth Avenue è la Fifth Avenue, caro. Vuoi negare il
suo fascino?- ammiccò Katherine.
Incrociai lo sguardo
di Damon, e ci venne da sorridere automaticamente. Sentii la sua mano
prendere la mia da sotto il tavolo, e stringere piano le dita, con
amore.
Mi sentivo a casa.
La
nostra famiglia.
Ritornai frastornata
al presente, sentendo lo sguardo di Elijah scrutarmi, preoccupato.
- Cosa c'è, Elena?
Mi risvegliai da
quel torpore, guardandomi intorno.
Quegli occhi erano
scomparsi.
- Io non ti amo.- affermai, senza esitazioni. Passarono alcuni istanti.
- Non si può... imparare... ad amare una
persona, Elijah! Ci si
innamora e basta!- mi allontanai da lui a grandi passi, ad
un tratto arrabbiata con me stessa e con la mia debolezza mentale nel
farmi ammaliare da lui.
- Dici così perchè sei presa da lui, ma con il tempo...
- Io lo amo, Elijah! Il tempo non
cambierà niente!
Rivolsi lo sguardo
verso di lui, sentendomi vagamente in colpa per quella sfuriata priva
di alcun tatto.
- Mi dispiace che dobbiamo salutarci così.- disse, dopo un
po', cupo.
- Anche a me. Ma ho tutta la mia vita da vivere. - feci una pausa - Ed
ora so benissimo con chi.
Lui annuì, senza
guardarmi.
- Addio, Elena.
Non feci in tempo a
vederlo sparire, che gli avevo già voltato le spalle.
PPS:
i personaggi di Christian e Caroline sono presi dalla mia precedente
fan-fiction, mi dispiaceva cambiarli! :)
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Capitolo 11 *** Domani. ***
Cap 11
E
siamo giunti alla fine! Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno
recensito, ricordato, seguito, preferito o semplicemente perso un po'
del loro tempo leggendo questa storia. Spero di avervi lasciato qualche
ricordo piacevole :)
Credo che
tornerò
abbastanza presto con qualche altra f-fic, purtroppo gli esami si
avvicinano e mi tocca studiare, anche se vorrei scrivere tutto il tempo
:/
Comunque, un
bacio grande, e alla prossima! :)
Pov Elena
Vagai nel cortile
della grande casa per un po', incurante del freddo e della notte. Le
immagini di ciò che avevo visto non mi davano tregua,
continuavano a
comparire davanti ai miei occhi.
Mamma.
Quella parola,
pronunciata con tanto amore da quella vocetta sottile, aveva lasciato
un eco persistente, un grido nel silenzio che mi aveva scossa
dall'interno. Era veramente un
pezzo del mio futuro, quello?
Ero
diventata una vampira, ma dal modo in cui mi aveva apostrofata
Katherine -Novellina-, avevo
intuito che non lo fossi da molto, sicuramente da dopo che avessi
avuto dei figli, visto che il corpo di una creatura della notte non
poteva mutare per una gravidanza.
I miei figli.
I nostri
figli.
Sorrisi tra me e me,
scalciando un sassolino dal viottolo alberato. A parte i
farneticamenti di Matt ai tempi del liceo, non ci avevo mai pensato
seriamente: diventare madre mi sembrava una cosa astratta, bella, ma
fuori dalla mia vita, futura.
Avevo seppellito nel
profondo del mio cuore quello strano quanto naturale desiderio dal
momento in cui il sovrannaturale era entrato nella mia vita. Ogni
tanto mi soffermavo a guardare le madri che portavano nel passeggino
i loro bambini, chiedevo quanti mesi avessero e facevo loro i
complimenti per quanto fossero belli, mentre i ricordi e il rimpianto
prematuro mi divoravano.
Ma ora che quelle
immagini così vivide, quei due bambini, quella casa, quella
giornata
così semplice ma dannatamente perfetta non mi abbandonavano,
desideravo con tutto il cuore avere tra le braccia quei due visi
d'angelo e confortarli, ascoltarli, insegnargli a crescere,
perchè
ero la loro madre.
Damon è un
vampiro, non potremmo avere figli, in ogni caso. Tutto quello che
ho visto era frutto della mia fantasia.
Continuai
a ripetermi questo, affranta nel profondo, entrando nella grande casa
vuota, salii piano le scale e aprii la porta della sua
stanza: cercai la sua figura,
ma trovai solo la notte.
- Oh, devo commuovermi? Sei venuto a salutare il povero vampiro che non
ha niente da darti? Per favore, risparmiati, ho visto abbastanza.-
-
Dove sei?
- Accanto
a te. Come sempre.
Mi voltai,
trovandomi il suo viso a pochi centimetri dal mio.
- Allora?- continuò, sarcastico, trafiggendomi con lo
sguardo.
Damon mi fissava,
senza dire una parola.
- ... è stato un incubo vederti soffrire
un'altra volta a causa mia, ma avrei fatto di tutto... di tutto pur di
non
perderti, anche morire io stessa, e fingere di non amarti era il
minimo che potessi tentare...- trattenni il respiro - ... per
salvarti. Dovevano essere sacrificate due persone innamorate l'una
dell'altra... per questo ti ho detto che amavo Stefan...- abbassai lo
sguardo, sentendo il suo perforarmi dentro -... perchè se
avesse preso te... - esitai.
- ... se avesse preso me cosa, Elena?- si
avvicinò ancora di più a me, costringendomi a
guardarlo.
- Se Kol avesse fatto in tempo a bere il mio sangue, dopo averti
ucciso, a quest'ora avremmo un nuovo ibrido a piede libero! Kol era
convinto che ti amassi, e se avesse preso te, la maledizione si sarebbe
spezzata, avrebbe funzionato! Ho cercato di farti andare via ma tu sei
rimasto...-
Il tempo sembrò
fermarsi.
- Ti rendi conto che
questa tua brillante idea mi ha fatto finire all'altro mondo?
- Ti rendi conto che
sei stato un completo idiota a non bere quella pozione?
Tacque, sorpreso
dalla mia prontezza.
- Che vuol dire questo? Non hai delle valigie da preparare, tu?-
Lo guardai negli
occhi per quella che sembrò un'eternità. Non mi
importava più di
niente: delle conseguenze, del giudizio degli altri, niente. Volevo
essere felice e basta, mi sentivo forte, più forte di tutto.
Più forte delle
ingiustizie, dell'amore platonico, delle difficoltà, delle
parole
non dette, degli sguardi non compresi, di tutto.
Si dice che per
capire una cosa si debba andare a sbatterci contro: su questo la vita
non mi aveva mai fatto sconti. C'è chi beve per dimenticare,
chi
fuma, chi si butta da una finestra in nome della libertà.
Io volevo amare.
Volevo amare Damon Salvatore e dimenticare tutto il dolore del mio
passato.
E annullai le
distanze.
Lo colsi di
sorpresa, non se lo aspettava. Assaporai le sue labbra morbide,
straordinariamente calde, sentendole modellarsi sulle mie,
combaciando perfettamente, ci scambiammo i respiri. Lo percepii
chiudere gli occhi, le sue ciglia mi sfiorarono, e in quel momento le
sue mani mi cercarono avide, lasciando che le nostre lingue si
incontrassero, all'inizio esitanti, poi sempre più sicure,
mentre,
ad ogni contatto, sentivo a pelle tutto l'amore e la passione che
avevo represso, affiorare dalla prigione in cui li avevo rinchiusi.
- Dimmelo.- il suo
sguardo era lucido di emozione, e di qualcosa di nuovo, che raramente
avevo visto nei suoi occhi: un barlume di speranza, appena accennato,
ma che conferiva al suo viso una luminosità diversa.
- Ti amo.
Fu poco più che un
sussurro perso nel nascere della notte, due parole tremanti che
sembrarono svanire nell'aria, nient'altro.
- Damon...
Lui mi premette un
indice sulle labbra. - Non voglio mai più vederti piangere a
causa
mia. Mai più. Intesi?- la sua voce si ridusse ad un
sussurro, mentre
mi accarezzava via una lacrima dimenticata dalle guance. Ripresi a
baciarlo e le sue mani scesero sulla mia schiena e sui fianchi,
lasciandosi dietro una scia di brividi: gli circondai il collo con le
braccia e gli accarezzai piano i capelli, con una naturalezza
così
palese da sembrare che stessimo insieme da sempre, mentre mi
stringeva a sé e percepivo che stava sorridendo: non credevo
ci
fosse cosa più bella al mondo. Le sue labbra si fermarono
prima
delle mie, lasciandomi interdetta, ma in un attimo mi ritrovai sul
letto, la sua figura imponente sopra di me.
- Lo sai che arrivato a questo punto mi sarà molto
difficile fermarmi?
Lo spinsi di lato e
capovolsi la situazione. - Vedi qualcuno intenzionato a fermarti in
questa stanza?- sussurrai, percorrendogli il collo con le labbra e
lasciando dei piccoli morsi – Io no di certo.- ripresi,
trionfante,
sentendolo cedere e chiudere gli occhi. Ma proprio quando pensavo
avesse abbassato la guardia ritornò sopra di me, con un
ghigno
beffardo.
- Non ho ancora finito con te, piccola umana. Tra l'altro, non ho
nemmeno iniziato.- disse, sensuale, e in un attimo mi ritrovai senza
maglietta, sentendo le sue labbra torturarmi di lenti baci ogni
centimetro di pelle, fino ad arrivare al limite con i jeans, che mi
sfilò in neanche un secondo.
Ribaltai di nuovo la
situazione, sbottonandogli lentamente la camicia per ammirare gli
addominali scolpiti, impressi nella pelle diafana. Lo baciai di
nuovo, possessivamente, affondando le dita nei capelli di seta nera,
sentendolo ansimare di piacere, data la vicinanza ormai insostenibile
dei nostri corpi, che reclamavano ormai da troppo tempo la loro
unione. Non servirono parole: abbandonammo il resto dei vestiti e ci
unimmo per quella che sembrò un'eternità, una
meravigliosa eternità
fatta di amore, passione, sentimento, felicità.
Perchè era ciò che
avevo visto nei suoi occhi.
Damon era, per una
volta, veramente
felice. E sorrisi mentre lo baciavo, sorrisi mentre
il piacere si faceva più forte per entrambi, sorrisi
perchè mi
sentivo completa ed orgogliosa di essere io la ragione di quella
gioia, il motivo per cui, almeno per qualche momento, avrebbe
dimenticato tutto il dolore che aveva ricevuto dalla sua esistenza.
Ero accoccolata tra
le sue braccia. - Ti amo, non so se te l'ho già detto.
Lui fece una
risatina, stringendomi un po' più forte. - Si, ma non mi
stancherò
mai di sentirtelo dire...- rispose, dolcemente.
- Posso chiederti una cosa?- disse, poi.
- Certo.
- Come ho fatto a tornare in vita? Prima mi ritrovo a vagare per Mystic
Falls come fantasma e poi, ad un tratto, eccomi vivo e vegeto. Si fa
per dire, ovviamente,
Ci pensai un po' su.
- Ieri ho fatto un discorso abbastanza convincente alle streghe...
magari è stato quello.
- Che tipo di discorsetto?
Arrossii di colpo.
- Ahi ahi ahi, sento del sangue affluire sotto la candida pelle delle
sue guance! Cosa avrà mai detto la signorina Gilbert di
così scandaloso?- declamò, teatralmente,
fingendosi preoccupato.
- Solo che senza di te mi era stato tolto veramente tutto.- ammisi,
sincera.
Rimase in silenzio.
- Accidenti, mi sento così importante!- disse, dopo un po',
e per
tutta risposta gli diedi un leggero schiaffo sulla spalla.
- Non cominciare a montarti la testa!- lo ammonii, e lui
imitò la mia voce, guadagnandosi un altro schiaffo e una
cuscinata.
Combattemmo per un
po' fin quando, stremata, sbadigliai e mi misi più comoda
tra le sue
braccia.
- Buonanotte, amore mio, e cerca di non sbavare troppo se mi sogni, sai
com'è, dopo stasera...-
- Smettila.
Sentivo il suo tocco
leggero tra i miei capelli, mentre il silenzio e la
tranquillità
della notte facevano ritornare regolare il battito ormai scomposto
del mio cuore.
- Solo una cosa, e poi ti lascio dormire. Cosa ti ha mostrato Elijah,
prima?
- Un ipotetico futuro con lui, fatto di viaggi ed alta moda francese.
Passarono alcuni
secondi. - Ah. Bello. Ammettilo, per un po' ti è venuta la
tentazione, eh?- il suo tono di voce scherzoso tradiva però
una
certa tensione.
Scossi la testa già
da prima che finisse di parlare. - Neanche un po', e poi ho avuto
più
di una "visione".
- Sì? Domani mi racconti, così ci facciamo
quattro risate, alla faccia del vampiro "Diventerai la mia regina!".
Certo, come no, dopo essere passato sul mio cadavere!-
Trattenni una
risata, affondando la testa nella sua spalla – E giusto per
curiosità... ti piacciono i nomi Christian e Caroline?-
Ci pensò un po' su.
- Suonano bene insieme. Perchè?
Sorrisi tra me e me.
- Ti
racconto domani.
Epilogo
- Caroline, vieni!
La bambina saltò
giù dal letto, dove era presa a fantasticare, e in meno di
un attimo
si ritrovò in cucina: era la stanza che più le
piaceva della casa,
luminosa ed ampia, arredata semplicemente ma con gusto, ma
soprattutto si sentiva protetta, con la figura della mamma ai
fornelli, pronta a sfornare qualche delizia. Sapeva benissimo di non
poterla spaventare, perchè con i suoi "sensi da supereroe"
poteva sentirla camminare dal piano di sopra, ma ci provò lo
stesso.
- Bu!- esclamò, comparendole alle spalle.
Elena fece finta di
trasalire, teatralmente, portandosi una mano al cuore. - Che spavento
che mi hai fatto prendere!- esclamò, prendendo un grembiule
a fiori
da un cassetto e annodandolo in meno di un attimo dietro la vita
sottile della bambina, che rise di gusto.
Trascorsero l'ora
seguente a pesare ingredienti, mescolare ed assaggiare, prima di
infornare quella che sarebbe diventata una squisita torta al
cioccolato, di quelle che riuscivano ad addolcire anche la zia Kath,
nonostante la presenza di Stefan e l'essere diventata zia l'avessero
resa già più paziente e disponibile, a volte
dolce, con gli anni.
E proprio con
dolcezza la vampira si accomodò in cucina e sorrise,
scherzando con
la sua doppelganger che ormai considerava una sorella, e con la
bambina, che con i boccoli castani e i grandi occhi verdi le sembrava
un po' figlia sua e di Stefan. Un moto di tristezza velò il
suo
sguardo, subito sostituito da un lampo di felicità nel
vedere i tre
uomini di casa, Stefan, Damon, e quell'altro piccolo Damon con cui le
piaceva sfidarsi a carte, Christian, entrare in cucina e accomodarsi,
adocchiando con desiderio l'enorme torta che troneggiava sulla tavola
imbandita.
- Cos'ha preparato
di buono la mia mogliettina, stasera?
- L'ha fatta Caroline, io ho solo assistito!
- Ma come si danno da fare le mie donne di casa! Scommetto che l'unica
a non fare niente è stata zia Katherine!
- Non è vero, io sono l'assaggiatrice ufficiale!
Scherzarono e
condivisero quel momento così semplice quanto unico, mentre
l'amore
e l'affetto famigliare sembravano irradiare la stanza per mezzo dei
loro sguardi, carichi di felicità e spensieratezza.
- Ricordi quando mi raccontavi di quella visione
sul nostro futuro?
- Certo che mi ricordo, sono un vampiro!
- Quel giorno che avevi visto era oggi. Sono passati quasi
otto anni.
I due rimasero in
silenzio, contemplandosi l'un l'altro.
- Già...- Elena fissò davanti a sé,
pensierosa. - Sai... credevo che non sarei mai diventata madre...
insomma, con tutto quello che succedeva, era già tanto se
arrivavo viva alla fine della giornata... poi con il fatto che tu sei
un vampiro...
- Mi chiedo anch'io come abbiamo fatto. Tutto merito mio!
Elena gli tirò uno
schiaffetto sul braccio, fingendosi offesa, per poi rispondergli con
un sorriso. - Seriamente, non hai qualche teoria?
Damon ci pensò su.
- Forse perchè hai fatto emergere il lato umano di me.
- La penso anch'io
così.- si sporse per dargli un bacio – Dove c'è amore si
può
fare tutto.
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