Le cronache dei mercenari

di boreal lele
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un piano ***
Capitolo 2: *** Imprevisti ***
Capitolo 3: *** Sangue ***
Capitolo 4: *** Dolore e rabbia ***
Capitolo 5: *** non lo so ***
Capitolo 6: *** Incantesimi ***
Capitolo 7: *** Il risveglio di Mike ***
Capitolo 8: *** Amore ***
Capitolo 9: *** Lord Enderis ***
Capitolo 10: *** Riconciliazione ***
Capitolo 11: *** Il capo dei mercenari ***
Capitolo 12: *** Chef il traditore ***
Capitolo 13: *** Notte nella piana ***
Capitolo 14: *** Occhi di ghiaccio ***
Capitolo 15: *** Dividersi ***
Capitolo 16: *** Il Deserto Rosso ***
Capitolo 17: *** Il guardiano della Biblioteca Perduta ***
Capitolo 18: *** Celle oscure ***
Capitolo 19: *** Spade vermiglie e calde lacrime ***
Capitolo 20: *** Intrigo ordito nella penombra ***
Capitolo 21: *** I ribelli di Forte Antico ***
Capitolo 22: *** Divoratrice di Odio ***
Capitolo 23: *** Spedizione di salvataggio ***
Capitolo 24: *** In trappola ***
Capitolo 25: *** Il Potere dell'Odio ***



Capitolo 1
*** Un piano ***


Le cronache dei mercenari

Due guerrieri a guardia del cancello, quattro guerrieri a guardia del portone, otto guerrieri intenti nel loro giro di ronda, sedici arcieri distribuiti sulle torri di difesa che affiancavano l’ ingresso. Due ragazzi studiavano dall’ ombra di un palazzo fatiscente nei pressi di quella villa così ben sorvegliata il modo migliore per entrare. Il più alto dei due, un individuo dalla pelle abbronzata e i capelli corti color ebano fissava nervosamente il compagno, un soggetto dall’ aria poco raccomandabile, più basso del primo, abbastanza muscoloso, dai capelli rossicci. Entrambi portavano delle armature in cuoio, coperte dai dei mantelli neri. Delle spade lunghe erano allacciate alla loro schiena in modo da far sporgere dalla spalla sinistra l’elsa.
-Come pensi di entrare in quella specie di roccaforte Scott?- Chiese il più alto.
-Ci sto pensando, piantala di mettermi fretta Mike!- Sibilò il rosso visibilmente innervosito dal comportamento dell’ altro. Loro due erano compagni da sempre, erano cresciuti insieme e si consideravano ormai come fratelli. Quando Scott entrò nei guai con la legge a causa di un furto finito male per un suo complice, Mike non esitò nemmeno un istante e lo seguì nella fuga. Il moro era di famiglia nobile, figlio di Lord Enderis e di Lady Elenya, tuttavia era sempre stato contrario al suo dovere di sostituire il padre nei suoi compiti in caso di malattia o di morte di esso. Voleva essere libero. Così appena vide una via di uscita da quella stupida vita la prese al volo, seguendo il suo migliore amico di origini bastarde, che la sua famiglia aveva accolto in veste di stalliere. Erano diventati dei ladri e dei mercenari, a volte unendo entrambi i mestieri, e avevano affinato le loro tecniche di combattimento. Quando scapparono avevano solo quattordici anni, mentre ora ne avevano diciannove. Erano bravi nel loro lavoro, in quanto silenziosi e rapidi quando si trattava di rubare, forti ed efficienti quando si trattava di vendere le loro lame al servizio del miglior offerente.
Qualche giorno prima di accettare quell’ incarico un uomo incappucciato li aveva avvicinati in una locanda e aveva parlato loro dei due tesori più preziosi delle Mondo Conosciuto. Lui li avrebbe pagati profumatamente per rubarli. Non aveva detto loro di cosa si trattava. Né a loro interessava molto cosa fossero questi due tesori inestimabili. A loro bastava ricevere la ricompensa adeguata. Tre giorni dopo, in seguito ad un’ altro incontro con il misterioso uomo incappucciato avevano accettato. Lui aveva detto loro dove si trovavano i suddetti tesori e in che stanza della “fortezza” erano richiusi. La fortezza in questione era niente meno che Palazzo Madyr, sede dell’ ambasciatore degli Elfi Madyr delle foreste nordiche. Gli Elfi Madyr erano noti per la loro bellezza, la loro immunità allo scorrere del tempo e la loro bravura nel creare oggetti magici di pregevole fattura. Mike e Scott, dopo aver rubato i due tesori dovevano recarsi nella locanda dove erano avvenuti i loro incontri con l’ uomo incappucciato e dovevano consegnarli nella mani di una persona mandata da lui che avrebbero riconosciuto tramite il gesto convenuto assieme ad essa.
-Potremmo eludere la sorveglianza grazie ad un incantesimo … - Disse Scott pensieroso.
-Dovremmo ingaggiare un mago. Comunque dovremmo anche aprire quel solido portone. Come possiamo fare? Scommetto che è difeso da qualche incantesimo.- Ribatté Mike. Scott Ghignò.
-Un mago io lo conosco, si tratta di un ragazzo gracilino chiamato Cameron, molto bravo nel svolgere il suo lavoro. Mi deve un paio di favori, quindi non obbietterà quando gli dirò che ci deve aiutare in questo impiego.-
-Resta il problema del portone … - Commentò ancora Mike. Il rosso si passò una mano nei capelli pensieroso. Quell’ incarico era sicuramente il più pericoloso tra quelli che avrebbero dovuto svolgere.
-Possiamo aspettare che qualcuno passi e infilarci nel momento stesso in cui aprono il portone. –
-Potrebbero volerci ore prima che qualcuno entri.- Rispose di nuovo il moro. Passarono i due giorni successivi a preparare il colpo. La mattina del terzo giorno passarono all’azione.

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Capitolo 2
*** Imprevisti ***


Le cronache dei mercenari

Imprevisti

Il tre ragazzi si trovavano di fronte all’immensa villa, all’ ombra del solito palazzo fatiscente. Scott aveva dovuto sudare sangue per convincere Cameron ad aiutarli. Il ragazzino infatti non si era mai messo contro la legge né aveva mai anche solo pensato di farlo. Mettersi poi contro gli Elfi Madyr per lui era una completa follia. Loro avevano la memoria lunga come la loro vita effettiva, non si sarebbero dimenticati facilmente di un così grande affronto. Eppure il rosso lo aveva persuaso prima promettendogli un terzo della ricompensa, fallendo miseramente,per  poi passare alle minacce pesanti. Il ragazzo aveva ceduto e si era unito ai due compagni.
Il colpo era stato progettato nei minimi dettagli. Cameron avrebbe fatto a Mike e a Scott un’ incantesimo di invisibilità che sarebbe durato abbastanza da permetter loro di entrare e uscire da Palazzo Madyr tranquillamente. Poi il ragazzo si sarebbe camuffato da Lord Ronter Shonnis, un  Nobile del Sud venuto per stabilire rapporti commerciali con gli Elfi Madyr. Mike e Scott si sarebbero infilati dentro il palazzo assieme a lui. Una volta dentro i due ragazzi si sarebbero diretti verso la stanza dei tesori, evitando di farsi sentire da qualcuno. Intanto Il falso Lord avrebbe trattenuto l’ ambasciatore, per poi fingere di sentirsi male e recarsi nella camera del curatore, una stanza vicina a quella dove Mike e Scott avrebbero dovuto trovarsi. Dopo una breve visita dal curatore, da lui ipnotizzato, se ne sarebbe andato sostenendo di sentirsi veramente male e scusandosi di aver fatto perdere all’ ambasciatore del tempo, promettendo che sarebbe ritornato. Uscendo, anche i due ladri si sarebbero uniti a lui portando a termine l’ incarico. Questo avrebbero dovuto fare. Mike però nutriva dei dubbi riguardo all’ abilità del mago. Dall’ aspetto non si sarebbe mai detto che fosse veramente abile. Cameron era un ragazzo di colore che aveva all’ incirca la sua età, molto simpatico, ma a dispetto dei suoi coetanei era basso e gracile. Indossava sempre una tunica nera con rifiniture argentee fin troppo grande per lui. Non aveva l’aria del grande stregone. Il moro si era sempre immaginato gli stregoni come degli anziani barbuti. Lui era tutt’ altro.
-Siamo pronti?- Domandò Scott impaziente. Mike annuì sorridendo nervosamente. Si sentiva sempre molto agitato prima di un colpo. Anche Cameron fece cenno di assenso. Il mago si portò innanzi a loro e alzò le mani al cielo. Farfugliò qualcosa di incomprensibile ed i due ragazzi che aveva di fronte scomparvero. Scott e Mike si guardarono sorpresi. Entrambi continuavano a vedersi l’un l’ altro! Si voltarono verso Cameron, che intanto aveva applicato su di sé un incantesimo di trasfigurazione. Lui sorrise soddisfatto. Ora appariva come un uomo alto e muscoloso. Indossava un’ armatura scintillante dai riflessi dorati e un mantello verde. Montò a cavallo e volse lo sguardo verso i suoi amici. Loro continuavano a fissarlo in attesa di spiegazioni.
-Ho fatto in modo che noi tre possiamo continuare a vederci fra noi.- Disse come se avesse intuito la domanda che stava per affiorare dalle loro bocche. Scott ghignò all’ indirizzo di Mike.
-Te lo avevo detto che questo ragazzino sa fare bene il suo lavoro!-
Il trio si diresse verso il cancello. Il falso Lord recitò la propria parte alla perfezione. Superarono il posto di guardia e si avvicinarono al portone, che frattanto si stava aprendo. Una volta superato Mike e Scott si ritrovarono nel cortile. I due si diressero silenziosi come topi su per le scale portavano all’ interno del palazzo. Un paio di guardie in armatura li sorpassarono senza nemmeno degnarli di uno sguardo. Sia il moro che il rosso sapevano di essere invisibili, ma questo non era un buon motivo per smettere di essere prudenti, quindi si comportarono come al solito, tenendosi in diparte e scivolando silenziosi attraverso le porte. Passarono per una serie di corridoi che si snodavano nella fortezza. Quando arrivarono a quello che portava al loro obbiettivo rimasero di stucco. Il corridoio era ampio abbastanza da permettere a cinque uomini di passare a cavallo. Quattro guardie sorvegliavano l’ingresso alla stanza, e a ogni ora si davano la voce con i loro compagni all’ interno della stanza. Cameron intanto era stato condotto al cospetto dell’ ambasciatore degli Elfi Madyr, Chris McLean, un elfo stranamente dai capelli corvini, a differenza dei suoi simili che erano quasi tutti biondissimi. Il mago si accorse subito che l’elfo che aveva di fronte era parecchio vanesio, di conseguenza iniziò la loro conversazione adulandolo. Parlarono a lungo di lui. A quanto pare McLean adorava farlo. Quando il falso Lord lo ritenne opportuno disse di sentirsi male e chiese di poter essere visitato da un esperto. Una scorta lo accompagnò verso la sala del guaritore. Intanto Cameron intravide tutti quei guerrieri a guardia della porta ed i suoi amici fermi senza saper cosa fare, cominciò a elaborare un piano di riserva. Dopo esser uscito dalla stanza e aver incantato il guaritore, si volse verso i due ladri. Mandò loro un messaggio mentale, ricorrendo ad un grosso utilizzo di energia. Nel messaggio il mago spiegava loro come poter risolvere la situazione. Entrambi rimasero stupiti dal messaggio inaspettato, ma dopo essersi ripresi attuarono il nuovo piano. Cameron spalancò le braccia e farfugliò un incantesimo, e ancor prima che i due uomini della sua scorta potessero capire cosa gli era preso, si ritrovarono addormentati a terra. In quel momento l’incantesimo di invisibilità fatto ai due mercenari terminò. Nemmeno le altre guardie poterono fare molto prima che Mike e Scott mettessero fuori combattimento due di loro. I soldati rimasti estrassero le spade ma vennero trafitti dalle lame dei due ladri. La porta si spalancò e dalla stanza uscirono sei guardie, attirate dal trambusto da loro causato. Cameron ne incenerì due mentre Scott menò un paio di fendenti ai guerrieri che lo stavano per attaccare. Mike ingaggiò una lotta con quello che sembrava essere il comandante della pattuglia e con un altro soldato. Il rosso si lanciò all’interno della stanza e vagò con lo sguardo alla ricerca dei due tesori, Rimanendo esterrefatto. La stanza era una camera con due letti, arredata con ogni genere di comfort e al centro di essa vi erano due ragazze, una alta dai capelli rossi, e l’ altra bassa e magra dai capelli biondi tendenti all’ albino.
-Proteggi i due tesori Hennor!- Gridò il comandante delle guardie all’ ultimo soldato rimasto in piedi. Il guerriero si diresse verso Scott caricandolo, venendo steso dallo stesso con una ginocchiata in pieno volto. Mike disarmò il comandante e gli puntò la spada alla gola.

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Capitolo 3
*** Sangue ***


Le cronache dei mercenari

Sangue

-Dove sono i tesori?- Chiese confuso Scott. Mike premette la lama sul collo del capitano in modo da farne uscire un rivolo di sangue. Dovevano fare in fretta.
- Dove sono i tesori?- Sibilò il moro rivolto all’ uomo. Quello piantò gli occhi nei suoi mantenendo il silenzio. Intanto Scott puntò la spada verso le ragazze. Doveva ammettere che erano veramente belle. Erano vestite da Lady. La bionda si portò davanti alla rossa come se agendo in quel modo l’ avrebbe potuta difendere.
- Chi siete? Cosa volete da me e da mia sorella?- Chiese mostrando un coraggio che il rosso non si sarebbe mai immaginato di vedere in una donna così … piccola. Ad occhio e croce sia lei che la sorella avevano la sua età.
- Chi siamo io ed i miei compagni non è rilevante. Siamo qui per i due tesori. Dove sono? Il tempo stringe!- Stava perdendo la pazienza. Da un momento all’ altro sarebbero piombate loro addosso tutte le guardie del palazzo. Udì delle urla concitate di Mike e Cameron. La biondina non disse una sola parola, abbassando lo sguardo. Il rosso in quel momento capì.
- Mike! I due tesori sono loro due!- Urlò all’ indirizzo dell’ altro. Il moro arrivò nella stanza di corsa. Aveva colpito il capitano in testa per fargli perdere i sensi. Intanto Cameron aveva cominciato a respingere i primi soldati accorsi a forza di incantesimi.
- Il nostro amico incappucciato non ci aveva detto che i tesori erano due ragazze!- Urlò il rosso in preda ad un attacco isterico.
- Non era previsto un rapimento, ma un furto!- Mike digrignò i denti. Doveva scegliere velocemente cosa fare. Cercare di scappare da soli oppure portarsi dietro anche le ragazze?
- L’incarico va portato a termine!- Disse. Impugnò insieme alla spada anche un pugnale corto. Scott intimò alle due ragazze di seguirli e si pose dietro di loro, mentre Mike li precedeva. Uscirono dalla stanza. Il mago stava per cedere. Non sarebbe riuscito a trattenere tutte quelle guardie ancora a lungo. Era allo stremo. Gli fecero cenno di seguirli verso l’altro capo del corridoio. Lui non se lo fece ripetere due volte.
- Dove sono i tesori? E chi sono queste due?- I mercenari continuarono a correre senza degnarlo di una risposta. Dopo un estenuante corsa alla cieca il moro ebbe un idea.
- Cameron, crea un diversivo dando fuco a quella torre!- Disse al ragazzo indicando una torre non molto distante attraverso una finestra sbarrata da una  grata. Il mago non se lo fece ripetere. Dalle sue mani scaturì una potente fiammata che colpì in pieno la torre. Purtroppo lo sforzo fu troppo e cadde a terra esausto. Mike se lo caricò in spalla e riprese la sua corsa. In pochi istanti l’ intero palazzo venne attraversato da urla che lanciavano il nuovo allarme. In breve la confusione fu totale. L’ incantesimo che era stato applicato su Cameron svanì. Il gruppo si ritrovò su un balcone sotto il quale, alla distanza di qualche metro, vi erano le stalle. Senza indugiare Scott spinse le due ragazze sul tetto sottostante, aspettò che anche i suoi due compagni si lanciassero e poi si buttò anche lui. Sfondarono il soffitto sul quale erano atterrati e si ritrovarono fra i cavalli. Ognuno ne prese uno e li sellarono il più velocemente possibile. Uscirono al galoppo disperdendo gli altri cavalli e tagliando le altre selle. Qualche soldato tentò di fermarli ma erano troppo pochi. Scott si aprì la strada a colpi di spada. In mezzo al gruppo vi erano le due sorelle, affiancate da Cameron che cercava con le sue ultime forze di reggersi in sella. Mike, che chiudeva la fila, respingeva chi era riuscito ad acchiappare un cavallo e aveva cominciato a inseguirli. Quando furono vicino ai cancelli Scott spronò il cavallo, un maestoso stallone nero, e raggiunse il posto di guardia, eliminando l’ unica sentinella rimasta e azionando i vari meccanismi che avrebbero aperto i cancelli. Per un istante ringraziò mentalmente i nani e le loro tecnologie avanzate per quei congegni che avrebbero permesso loro di aprirli senza fermarsi a farlo manualmente. In quel momento giunsero degli arcieri che li bersagliarono di frecce. Scott riuscì ad evitarle e condusse il gruppo di  fuggitivi fin fuori città. Una volta raggiunto il bosco, dove avrebbero potuto trovar rifugio fino a quando non fossero andati a consegnare i “tesori” nella locanda della città lì vicino al tizio incappucciato, il rosso ululò per il sollievo. Erano riusciti in un impresa pressoché impossibile subendo i minimi danni. Si dovette subito ricredere. Una volta fermi Mike, che era ancora in sella, contrasse la faccia in una smorfia di dolore. Toccò con la mano destra la spalla opposta, ma la ritrasse subito portandosela davanti al viso. Su di essa vi era una chiazza di sangue.
-Mi hanno colpito- Osservò con voce piatta. Dopodiché per lui venne il buio.
 
 

 Angolo autore:

Salve a tutti. Se state leggendo questo spazio significa probabilmente che avete letto il testo fin qui. Vi ringrazio infinitamente di aver sprecato il vostro tempo con questa storia. Spero vi sia piaciuta. Ringrazio in particolare Amor31 per essersi presa la gentile briga di recensire. Volevo avvertirvi che dal prossimo capitolo in poi i personaggi diventeranno un po’ più “violenti”, grazie anche al mio periodo di inclinazione sanguinaria. Detto questo vi ringrazio ancora e vi saluto
Boreal Lele

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Capitolo 4
*** Dolore e rabbia ***


Le cronache dei mercenari

Dolore e rabbia

Scott non si era mai sentito così, prima di vedere Mike cadere di sella, svenuto. Cameron lo aveva soccorso subito come meglio poteva, in quanto anche lui stremato. Una freccia era conficcata nella spalla sinistra del suo migliore amico, ma non una freccia qualunque. All’ estremità dell’ asta vi erano delle penne d’ aquila nere. Quel tipo di dardi non era comune, né era di tipo elfico. Il rosso ne aveva già viste altre simili, appartenevano agli uomini di un Lord dell’ Ovest, della regione montana, del quale non ricordava il nome. Giurò a sé stesso che se ne avesse avuto l’ occasione l’ avrebbe fatta pagare a quel tizio e ai suoi uomini. Poi iniziarono a ronzargli in mente alcune domande: perché dei soldati di un signore del Ovest si trovavano nell’ ambasciata degli Elfi Madyr? Da quel che ne sapeva non erano esattamente in buoni rapporti, quelle popolazioni. E poi perché il loro mandante non li aveva avvertiti che i due tesori erano due ragazze? Avevano forse sbagliato stanza? No, di questo era sicuro. Avevano seguito le indicazioni dell’ uomo incappucciato alla lettera. Ma l’ imprevisto era costato a Mike molto. E adesso che il suo migliore amico stava morendo, il rosso si sentiva inutile, un inetto. Non poteva fare altro che affidarlo nelle mani di un mago stremato che a malapena riusciva a rimanere in piedi dalla stanchezza.
 Una volta che Cameron ebbe finito di medicarlo Scott lo caricò sul suo cavallo, posizionandosi dietro di lui e tenendolo ben stretto mentre si dirigevano a Melnhaar, la città dove avrebbero incontrato il loro mandante. Si fermarono in una grande locanda in pietra, diversa da quella dell’ incontro, e per prudenza avevano affittato una sola stanza per tutti. Riposero Mike su un letto. Non aveva ancora ripreso conoscenza. Dopo essersi brevemente riposato il giovane mago riprese a curare il moro con i suoi incantesimi, aiutato dalle due ragazze. Scott chiese loro i rispettivi nomi ma non gli risposero. Certo, al rosso non era sfuggito il fatto  che durante la fuga avessero fatto molta resistenza. In effetti avrebbero avuto migliaia di occasioni per fuggire, ma non l’ avevano fatto. Forse erano prigioniere anche prima, e la prospettiva di fuggire era migliore di quella di restare dov’ erano. Oppure c’ era dell’ altro. Sembrava che si fidassero solo di Cameron. Solo a lui rivolgevano qualche timida parola, e non si erano tirate indietro quando lui aveva chiesto loro di aiutarlo nel guarire il mercenario ferito, soprattutto la bionda.
Scott si trovò da solo nella stanza con Mike ancora svenuto. Ora, oltre che ferito, era anche febbricitante a causa dell’ infezione venuta alla ferita e le sue condizioni stavano peggiorando. Cameron era andato a mangiare con le due ragazze al piano di sotto, nella mensa. Il rosso avrebbe voluto urlare al suo migliore amico di continuare a combattere, di non arrendersi, ma le parole gli morirono in gola. Senza di lui si sarebbe sentito solo. Erano compagni dalla nascita. Erano cresciuti insieme, e qualunque cosa l’ avevano affrontata fianco a fianco. Quando i genitori di Scott erano morti era appena nato, la famiglia di Mike lo aveva accolto, ma lo consideravano poco più che uno stalliere. Il moro era stato l’ unico fra loro che lo aveva veramente accettato come parte integrante di essa. E una volta fuggiti era l’ unica famiglia che aveva. Si consideravano fratelli.
-Stai rovinando tutto Mike. – Sussurrò. Avevano progetti per il loro futuro. Avrebbero dovuto diventati forti e temuti in tutti i regni del mondo conosciuto. Avrebbero dovuto diventare delle leggende, di quelle che si narrano la sera accanto al fuoco, di quelle che i cantastorie raccontano nelle corti dei re, e l’eco delle loro gesta sarebbe arrivato oltre i confini del mare, fin nelle terre abitate dai demoni e dalle ninfe. Ma quei sogni si stavano infrangendo.
-Non ti puoi arrendere ora amico! Piantala di stare lì steso, alzati! Dimmi ancora una volta che sono ancora un bamboccio, un pessimista. Insultami come solo tu sai fare. Fammi qualunque cosa, un segno, un cenno. Fammi vedere che sei ancora in grado di rialzarti e combattere. Io e te dovevamo diventare delle leggende!- Esplose. La tristezza si era tramutata in disperazione, frustrazione e rabbia in rapida sequenza.
-Sei un bastardo! Lo sai che mi fai stare in pena e ti diverti a vedermi in questo stato. Mi hai detto un sacco di volte che mi mostravo freddo e distaccato, ma in fondo anche io avevo dei sentimenti. Ebbene avevi ragione. Adesso sono incazzato marcio! Con te! Perché non ti vuoi risvegliare? Non hai le palle?- Gli urlò ancora. Il mago entrò nella stanza seguito dalle ragazze.
- Scott.- Lo chiamò. Il rosso si girò lentamente nella sua direzione. Aveva le lacrime agli occhi, ma le ricacciò indietro. Nessuno lo avrebbe visto debole.
-Posso parlarti un attimo in privato?- Chiese il ragazzino. Non si preoccupava del fatto che le ragazze avrebbero sentito i loro nomi e che li avrebbero potuti riconoscere e far sì che venissero ricercati con i loro veri nomi. Si fidava di loro come loro si fidavano di lui. Il mercenario lo seguì in corridoio.
- Le due ragazze mi hanno confidato i loro nomi e la loro storia. Si chiamano Dawn, quella bionda, e Zoey, quella rossa. Sono due sorelle. I loro genitori sono i regnanti degli Elfi Madyr. L’ ambasciatore è il fratello di loro padre. Le aveva rapite. Non mi hanno svelato il perché ma suppongo che sia per la faccenda dei tesori. Non mi hanno accennato nemmeno del perchè sono chiamate così. - Disse Cameron. Poi fece una pausa.
-Mi devi dire altro o posso andare?- Chiese Scott stizzito. In quel momento di quelle cose non gliene importava nulla. Fece per andarsene ma venne bloccato ancora dal suo interlocutore.
-Aspetta. Come sai la salute di Mike sta peggiorando. Devo chiamare un curatore esperto se continua così, o altrimenti potrebbe non sopravvivere per vedere la prossima alba. – Il mercenario annuì con la testa.
-Lo pagheremo per tenere la bocca chiusa. - Disse ancora il mago. Scott ghignò.
-Potremmo invece ucciderlo. Mi farebbe un gran bene sfogarmi su qualcuno.- Disse il rosso. Cameron scosse la testa.
- Attireremmo dell’ attenzione indesiderata. Oggi ho visto dei manifesti con le nostre facce in giro. Fortunatamente non ci somigliano molto. Nessuno si è accorto di me per strada. Però abbiamo una taglia sulla testa. Ci hanno chiamato “I Fantasmi del Nord”.- Disse con un sorriso divertito sul volto.
-Tu per loro sei “Il Demone Rosso”, Mike invece è “Il Fulmine di Spade”, mentre io sono “Il Mago del Fuoco”.- Scott sbuffò. Certo che ce ne aveva di fantasia quella gente. Il rosso si avviò giù per le scale che portavano al pianterreno.
-Dove vai?- Gli chiese il ragazzino.
-A cercare una persona che ci deve qualche spiegazione.- Rispose determinato. Rimanere lì ad aspettare che Mike si risvegliasse era inutile. Non lo avrebbe aiutato in alcun modo così. Prese il mantello e si diresse per i vicoli della città. Girò a caso per un po’ per evitare di svelare ad eventuali inseguitori il suo obbiettivo. Non si sentiva per niente sicuro da quando Mike non era più lì con lui a consigliarli cosa fare. Per la prima volta si rese conto di quanto dipendesse dall’ amico. Era lui a procurare il cibo ad entrambi, lui a tenere i soldi per evitare che Scott li spendesse tutti all’ osteria o con le prostitute, uno dei vizi del rosso. E se fosse morto? Non se lo sarebbe mai perdonato. Avrebbe trovato chi aveva causato tutto ciò e gli avrebbe aperto la gola da un orecchio all’ altro, poi lo avrebbe dato in pasto a delle belve e quel che ne rimaneva se lo sarebbe legato alla spada come si fa con i trofei.
Il Demone Rosso entrò in un paio di armerie e botteghe, fingendosi interessato alle merci esposte. Poi passò attraverso la folla del mercato, si fermò in un’ osteria per sciacquarsi la gola e per mettere sotto i denti un boccone, per poi dirigersi alla locanda del luogo dell’ incontro. Una volta dentro si diresse al bancone, dietro il quale vi era una donna dai capelli biondo rossicci, grassa e bassa, o perlomeno più bassa di lui. Ordinò un bicchiere di sidro, poi si voltò verso la sala, piena di gente seduta nelle tavolate, intenta a mangiare, litigare, scherzare … Un solo uomo era seduto nell’ angolo più buio della stanza, da solo, e dal momento in cui lui era entrato non faceva che fissarlo. Scott si diresse verso di lui come se nulla fosse con il boccale di sidro ancora in mano.
-Posso?- Chiese sedendosi di fronte all’ uomo senza nemmeno aspettare l’ assenso dell’ altro. Il tizio che gli stava di fronte aveva l’ aspetto di un criminale. Teneva il cappuccio sulla testa, ma nonostante questo gli si vedeva bene la faccia e gli occhi, occhi azzurri e freddi come il ghiaccio che uccide i poveracci d’ inverno. Ora che lo vedeva bene era un ragazzo che non doveva avere molti anni in più di lui. Da sotto il cappuccio grigio spuntava un ciuffo di capelli neri. Sotto il mantello portava degli abiti da normale cittadino. Stivali, pantaloni marroni, forse un po’ larghi, e  una maglietta nera piena di toppe. La cosa bizzarra è che, abilmente nascosto dal cappuccio, un collare di cuoio nero con borchie in argento gli avvolgeva il collo. Dopo qualche attimo di silenzio il rosso decise di farsi subito riconoscere.
-I lupi della foresta stanno diventando famelici.- Esordì il Demone Rosso con finta noncuranza. La risposta dell’ altro sarebbe stata la conferma che era lui il suo contatto con il loro mandante, l’uomo incappucciato.
-Forse perché l’ inverno è alle porte *.- Rispose. Il ragazzo di fronte a lui sorrise mostrando dei denti perfettamente bianchi.
-Dove sono i tesori?-
 
*Lo so, non sono un granché come frasi di riconoscimento, ma non sapevo cosa inventarmi.
 
 
 
                   Angolo autore
Salve a tutti! Vorrei scusarmi per il capitolo un po’ troppo lungo. Non rientra nei miei standard. In questo capitolo, prima delle scene violente a cui avevo accennato la volta scorsa, volevo mettere:
il dolore e la rabbia di Scott per la quasi morte dell’ amico, fondamentale per alcune delle scene sopracitate;
 l’ inizio dell’ incontro fra Scott e il contattatore( Spero che voi l’ abbiate capito chi è lui).
Detto questo ringrazio Kaushen per la recensione ed i preziosi consigli che cercherò di mettere in atto.
Vi è piaciuta la storia o no? Per favore fatemelo sapere con una recensione e ditemi cosa ne pensate (Se ci sono errori di scrittura o di altro tipo comunicatemelo per favore). Vi ringrazio per l’attenzione e vi saluto
 
Boreal Lele

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Capitolo 5
*** non lo so ***


Le cronache dei mercenari

-05
Non lo so

Scott ghignò. Il ragazzo davanti a lui corrugò la fronte senza capire il motivo della strana reazione del suo interlocutore.
-Possiamo parlarne in un posto più tranquillo? Ho alcune domande da porti, se non ti dispiace, alle quali pretendo che tu dia una risposta.- Disse tranquillo il rosso. L’ altro fece spallucce e si alzò, dirigendosi verso le scale. Salirono di due piani, arrivando in un corridoio al quale almeno una ventina di stanze si affacciavano. Entrarono in una camera spoglia, con solamente un letto e un mobile di piccole dimensioni. Il ragazzo dagli occhi di ghiaccio si volse verso il Demone Rosso. Questo richiuse la porta alle sue spalle, e con un gesto fulmineo prese il moro per il colletto della maglia, e lo sbatté con forza contro il muro della stanza, sollevandolo da terra.
-Adesso io e te facciamo due chiacchiere, è?- Sibilò. Il cappuccio del ragazzo appeso si scostò leggermente dal capo, lasciando intravedere una cresta verde che spiccava sui capelli neri. Il poveraccio cercò in tutti i modi di divincolarsi dalla presa ferrea del suo aggressore, senza tuttavia riuscirci. Scott lo scaraventò a terra costringendolo a tenere la schiena sul pavimento facendo pressione sul suo petto con il piede.
-Perché il tuo amico incappucciato non ci ha avvertito del fatto che i tesori erano due ragazze? Poteva anche dircelo, non ti pare? E che cosa hanno di così speciale da richiederne il rapimento? Rispondi, cane!- L’ altro mugolò qualcosa di incomprensibile. Scott allentò la presa su di lui per permettergli di rispondere, ma non ottenne altro che un silenzio insopportabilmente ostinato. Allora tolse il piede dal petto del ragazzo e lo rialzò in piedi. Una volta libero quello cercò di ribellarsi, menando un destro nella sua direzione, mancandolo. Il Demone Rosso gli prese il braccio prima che potesse tentare un altro colpo e glielo torse dietro la schiena. Occhi di ghiaccio si voltarono per fissarlo, in una muta richiesta di pietà. Lasciò la presa, ma solo per assestargli un gancio che lo fece volare dall’ altro capo della stanza.
-Allora? Sto ancora aspettando una risposta per ognuna delle mie domande. Ma prima voglio sapere il tuo nome. - Riprese ancora. Il moro si rialzò dolorante, massaggiandosi la guancia colpita. Un rivolo di sangue gli scese dal labbro inferiore.
-Mi chiamo Duncan … - Borbottò l’ altro. -E non so perché il mio Lord non vi abbia detto cos’ erano i tesori. Non so nemmeno cosa abbiano di così speciale. So solo che il mio Lord le vuole per sé. - Scott ghignò una seconda volta. Dunque il loro mandante era un nobile, un Lord. Nonostante la notizia appresa non era ancora soddisfatto. Si portò di fianco a Duncan, ancora riverso a terra, e strattonandolo per il cappuccio lo fece rialzare malamente.
-Sei sicuro di sapere solo questo? Come si chiama il tuo Lord?- Chiese. Ma il moro non accennò a voler rispondere. Allora lo prese per il collo con una mano e lo sbatté nuovamente contro il muro. Le mani dell’ altro si avvinghiarono attorno alla sua cercando di allentarne la presa, ma invece che diminuire essa aumentò. Un sorriso tetro attraversò il volto del rosso, nel vederlo soffrire. Si stava sfogando alla grande. Avrebbe torturato e minacciato il ragazzo finchè non gli avesse rivelato tutto ciò che davvero sapeva. Probabilmente in seguito gli avrebbe aperto la gola da un orecchio all’ altro. Ma questo ovviamente non glielo avrebbe rivelato subito. Se cinque anni prima avesse pensato una cosa simile, avrebbe sussultato per il disgusto e i sensi di colpa lo avrebbero torturato per mesi. Ma ormai era diventato un uomo fatto, nonostante l’età dicesse che era solo un ragazzo. L’ idea di uccidere non lo spaventava più. O meglio, non gli provocava il ribrezzo di un tempo. Mike invece quando era possibile evitava di uccidere. Lo dimostrava il fatto che il capo dei soldati a guardia della camera dei tesori fosse ancora vivo. Scott lo vedeva spesso, dopo un combattimento, pregare i suoi dei di perdonarlo. Il rosso ormai non credeva più in loro da tempo. Improvvisamente si riscosse da quei pensieri. Non era quello il momento adatto ai ricordi.
-Bada bene, cane, che se non mi rispondi ti faccio sputare le budella a suon di botte.- Lo minacciò innervosito. L’altro parve notevolmente spaventato.
-Non so chi sia in realtà! Te lo giuro! So che tutti lo chiamano il Signore dell’ Ovest e che alcuni suoi piani più prossimi prevedono la guerra con gli Elfi Madyr. Non so nient’ altro, te lo giuro sulla mia testa!- Si affrettò a rispondere Duncan.
Scott lasciò la presa.
-Non sai nemmeno il suo nome. - Sibilò con disprezzo.
-Il mio Lord mi ha affidato l’ incarico di prendere i tesori e di consegnarglieli. Io non so altro!- Disse flebilmente.
-Beh, vai a dire al tuo Lord che avrà le ragazze solo quando mi avrà spigato a cosa gli servono. Fino ad allora rimarranno sotto la mia personale protezione. Inoltre pretendo un supplemento sulla paga per il rischio supplementare fattoci correre, a me ed ai miei compagni. Io tornerò qui la settimana prossima, alla stessa ora nello stesso angolo della sala di sotto. E bada bene che lui ci sia. Ti saluto Duncan.- Detto questo uscì dalla stanza entrando in corridoio. Da dietro udì il moro sputare a terra, probabilmente il suo stesso sangue misto alla saliva. Il rosso se ne andò dalla locanda mettendo insieme le informazioni. Il tizio incappucciato era un Lord, più precisamente un Lord megalomane che si faceva chiamare il Signore dell’ Ovest. La freccia piantata nella spalla di Mike era una freccia speciale, quella di un soldato di un Lord dell’ Ovest di cui non ricordava il nome. Poteva esserci qualche collegamento fra le due cose? Se così fosse stato, allora probabilmente il loro mandante non voleva che riuscissero nell’ impresa e aveva inviato alcuni suoi arcieri per assicurarsene.
Rimuginando su quel che aveva appreso da Duncan, il ragazzo si trovò a girare senza meta per la città affollata. Stava calando la sera, la gente cominciava a tornare in casa, le bancarelle venivano ritirate e i bottegai chiudevano. Solo le birrerie e le locande rimanevano aperte. Girò ancora un po’ a casaccio, poi prese la strada per la locanda dove lo attendevano i suoi compagni, facendo in modo che le vie imboccate sembrassero scelte a caso, per sviare i sospetti di eventuali inseguitori. Per essere sicuro si addentrò anche in un’ altra locanda, uscendone dal retro. Una volta arrivato si diresse verso la sua camera, ed entrandovi ci trovò solo la ragazzina bionda, Dawn. Era seduta accanto al letto, intenta a sistemare le fasciature sulla spalla di Mike. Non si voltò nemmeno. Forse non lo aveva sentito. O forse no… Ma in quel momento al rosso importava solo di come stesse il suo migliore amico. Si diresse verso il letto, arrivando alle spalle della ragazzina come un’ ombra.
-Buona sera Scott.- Sussurrò. Il Demone Rosso rimase sorpreso. Era sicuro di non aver fatto il benché minimo rumore. Eppure quella strana biondina lo aveva sentito. Il ragazzo si accostò al bordo del giaciglio e si accovacciò.
-Come sta?- Chiese senza nemmeno rispondere al saluto. Lei lo guardò e scosse la testa. Non c’ erano miglioramenti. Lui digrignò i denti e prese la mano al moro e la strinse, sperando con quel gesto di farlo risvegliare.
-Dove sono Cameron e tua sorella?- Esordì per rompere il silenzio che si era creato. Lei lo guardò, i suoi occhi azzurro grigi riflettevano tristezza.
-Sono andati in cerca di un guaritore quando voi siete uscito. Vostro fratello è forte, ma necessita di qualcuno esperto nell’ arte della medicina.- Rispose. Nella sua voce si sentiva chiara la preoccupazione. Erano passate delle ore da quando erano partiti. Riprese a parlare dopo qualche minuto.
-Involontariamente ho sentito il discorso che avete fatto a vostro fratello … So cosa state provando. Zoey qualche anno fa cadde da cavallo e rimase in coma per due mesi. Gli dei la graziarono e le permisero di risvegliarsi.- Lo guardò timidamente in cerca di una qualsiasi risposta.
-Non è mio fratello, non di sangue, ma ci consideriamo tali. Siamo cresciuti insieme io e lui … - Rispose il rosso. Non sapeva perché, ma aprirsi a qualcuno che non fosse Mike gli faceva una strana sensazione.
-E comunque questo poltrone non rimarrà in queste condizioni così a lungo. Io e lui abbiamo dei progetti da realizzare. Si sveglierà presto, ne sono sicuro.- Si voltò verso di lei osservandola bene per la prima volta. Indossava un lungo vestito verde, degno della principessa che era. I suoi capelli color biondo albino erano lisci e ben raccolti dietro la schiena, fatta eccezione per qualche ciocca che le cadeva davanti a coprirle gli occhi. Per un momento lei sollevò lo sguardo da terra e lo incrociò con il suo. Poi riprese a mettere a posto la fasciatura, leggermente imbarazzata.
-Perché vostro zio vi ha rapito?- Chiese ad un tratto Scott. Dawn non si girò e continuò a fare il suo lavoro.
-Non lo so. – Sussurrò piano.
-Perché siete chiamate i tesori degli Elfi Madyr? Forse  avete qualcosa che vi rende speciali? O è solo un soprannome datovi dai vostri genitori?- Continuò imperterrito. Voleva saperne di più su di loro. Sapere cosa si era prefissato di proteggere.
-Non lo so. – Rispose ancora Dawn. Il suo tono però questa volta si alzò. Non voleva rispondere. Lei conosceva la risposta a quelle domande ma la negava.
-Perché ci state aiutando, perché non scappate e tornate dai vostri genitori?- Chiese  per l’ ultima volta il rosso. In effetti si era posto tante volte questa domanda. Lei non si girò verso il suo interlocutore, teneva lo sguardo fisso sul pavimento in legno. La sua risposta fu un sussurro, appena udibile, che lui capì a stento.
-Non lo so. -

Angolo autore
Salve a tutti! Vi è piaciuto il capitolo? Lo confesso, la parte del pestaggio è quella che personalmente mi è piaciuta di più nello scriverla! Se volete dirmi che vi è piaciuto, o che vi ha fatto schifo, o se volete darmi consigli non esitate a recensire! Intanto ringrazio calorosamente chi mi segue, chi mi ha messo come autore preferito e chi ha messo la storia fra le preferite/ricordate/seguite e chi ha recensito. Vi saluto
Boreal Lele

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Capitolo 6
*** Incantesimi ***


Le cronache dei mercenari

-06
Incantesimi

Duncan uscì dalla locanda senza fretta. Quel babbeo del rosso era cascato nella sua recita come un pollo. Si era fatto pestare come un pivello eseguendo gli ordini del suo Lord. Il suo avversario non aveva dubitato nemmeno per un istante della sua debolezza. Con questi pensieri ancora in mente prese il suo cavallo e partì al galoppo verso Nord, attraversando la città per la via principale. Una volta entrato nella zona dei campi imboccò una stradina che portava all’ interno di essi. Seguendole, dopo ore passate al galoppo, quando la notte già era calata, il ragazzo dagli occhi di ghiaccio si ritrovò di fronte ad un maestoso maniero abbandonato. Era in rovina, distrutto sia dall’ attacco che aveva subito da parte dei nemici dei suoi padroni, che dal tempo. Era stato dimenticato da molti, e quei pochi che ne avevano memoria se ne tenevano ben lontani, sussurrando inquietanti leggende che lo riguardavano. Senza indugio il moro vi entrò oltrepassando la grata di ferro caduta da anni. Molti scheletri in armatura erano ancora lì, armi in pugno, morti nel tentativo di difendere i propri signori. V’ erano solo le ossa dei difensori del maniero. Chi aveva attaccato si era guardato bene dal tenere dissepolti i propri caduti lì, lontano dalla loro terra. Invece avevano lasciato a nutrire i corvi quei disgraziati che gli si erano opposti. Duncan si avviò su per delle scale semi diroccate, scostando i resti di chi gli intralciava la strada.
 Una volta entrato nell’ edificio principale, l’ oscurità più assoluta lo avvolse, nonostante la fiaccola accesa. Quel buio non era reale, e lui questo lo sapeva bene. Era opera delle Streghe, lui per loro era un ospite indesiderato.
Avanzò a tentoni per una decina di minuti. Improvvisamente le tenebre si dissolsero, lasciando il loro posto a una luce accecante, che scemò in pochi secondi, fino a ridursi alla semioscurità. Due donne, avvolte in neri mantelli gli si avvicinarono, i volti celati dai cappucci.
-Prode cavaliere, a cosa dobbiamo l’ onore della tua visita?- Chiese la figura più vicina con falsa cortesia, la voce evidentemente piena di scherno e di derisione. Il cappuccio si levò e da esso sbucò il volto di una ragazza, molto bella, dai capelli vaporosi, lunghi e neri, così come gli occhi. La sua pelle olivastra non aveva nemmeno un’ impurità.
-Lady Anne Maria, Strega delle Lande Desertiche, è un vero piacere rincontrarla dopo così tanti anni. Non è invecchiata di un solo giorno. Molte donne venderebbero l’ anima per essere ancora così in forma ad un’ età così avanzata. Oh, ma lei lo sa di certo, dall’ alto dei suoi tremila anni .- Rispose l’ altro con lo stesso tono, evidenziando bene con la voce le ultime due parole. Quella parve indispettita.
-Zitto, cavaliere, tu che di anni non ne hai nemmeno duecento … - Ribatté dura, abbandonando qualsiasi forma di garbo.
-Per questo sono ancora così bello, forte, ma soprattutto desiderato.- Continuò ancora il moro, per nulla intenzionato ad abbandonare il discorso. La seconda figura si pose fra i due, calmando i loro animi con un solo, stizzito cenno. Di colpo calò un gelo insopportabile.
-Lady Gwen, Strega dei Ghiacci Nordici, è un piacere rivedere anche te, naturalmente. E stavolta dico sul serio.- Esordì dopo qualche minuto Duncan. Anche il secondo cappuccio calò, lasciando in vista dei lucenti capelli neri, scuri come la notte, ornati da alcune ciocche color blu scuro. La sua pelle era di un pallido mortale ed i suoi occhi, blu come il fondo dell’ oceano, lampeggiavano d’ ira. Fece un cenno con il capo.
-Cosa vuoi da noi? Credevo di essere stata chiara. Non ti aiuteremo più, a meno che non sia Lui a comandarcelo.- Il ragazzo ghignò.
-Ma è stato proprio Lui ad avermi detto di venire da voi, per permettermi di vederlo nonostante le molte leghe che ci separano.- La Strega dei Ghiacci Nordici annuì pensierosa.
- Dov’è la mia amata, la Strega dei Tempi Oscuri? A lungo ho aspettato di rincontrarla, e finalmente posso esaudire il mio desiderio.
-Non ti sconsiglio di andare da lei. Dopo quello che le hai fatto e ci hai fatto, dubito che sopravvivresti ad uno scambio di “opinioni” con lei. Specie se le sue comprendono i tornado ed i vulcani in eruzione.- Si intromise Anne Maria sogghignando.
-Non l’ ho abbandonata, sono stato trascinato contro la mia volontà lontano da lei e … -
-Non sei rimasto al suo fianco come le avevi promesso. Avevi giurato di morire piuttosto che separarti dalla setta delle Streghe di Desolveris. Eri il nostro sommo sacerdote, ne porti ancora i segni.- Ribadì Gwen indicando la sua cresta verde.
-Rimase molti giorni con un umore simile a quello di una morte. Poi passò all’ ira funesta, e giurò di ucciderti. Ti posso assicurare che ha ancora tutta l’ intenzione di mantenere quella promessa. Scappa ora, e metti quante più leghe possibili tra te e questo posto, e non tornare mai più.-
-Non posso. Ho un compito affidatomi dal mio Lord. Inoltre ho passato troppo tempo senza poterne udire la voce. Qualunque cosa mi diciate, qualunque cosa mi facciate, io sarò sempre e comunque irremovibile. Ora portatemi da lei!- Comandò. Dietro di lui si addensò una nebbiolina scura, dalla quale prese forma una ragazza mozzafiato, dai capelli castani e gli occhi scuri, vestita di nero come le altre. A differenza di loro la sua veste era rifinita d’ oro, con dei fermagli sul petto argentati. Duncan la vide ancora più bella di quanto la ricordasse.
Lei era la più anziana delle Streghe di Desolveris, ma non lo mostrava affatto. Dalle sue fattezze si sarebbe detto che non avrebbe avuto più di diciassette anni. Al contrario, ne aveva così tanti che ne aveva perso il conto dopo i quattordicimila. Aveva iniziato all’ arte della magia sia Gwen che Anne Maria. Gwen, dopo aver perso la famiglia durante la battaglia di Desolveris, che vide l’Antica Città sconfitta, decise di entrare a fare parte della setta, per questo era fra le più giovani delle streghe, dall’ alto delle sue centinaia d’ anni. Anne Maria, anche lei della città di Desolveris, era entrata a far parte delle streghe solo per non perdere la sua bellezza col tempo, poiché tutte le streghe del loro ordine possedevano l’eterna giovinezza. Courtney era invece stata iniziata dalla Strega Fondatrice, morta anch’ essa durante la grande battaglia. Aveva preso lei il comando della setta.
-Principessa!- Sussurrò Duncan abbracciandola. La Strega dei Tempi Oscuri rimase fredda e impassibile.
-Cosa sei venuto a fare? Sei venuto a tradirci ancora? Perchè non sei rimasto con quei tuoi amici nell’ Ovest? Ti sei dimenticato che io ti posso togliere l’ immortalità così come te l’ho data?- Chiese con voce piatta. Nonostante questo, l’ odio contenuto in quelle parole era quasi palpabile.
-No, non le lo sono dimenticato. Sono tornato per te … - sussurrò di nuovo il ragazzo, senza riuscire però a terminare quel che avrebbe voluto dire a causa di un colpo invisibile scaturito dalle mani della ragazza che lo scaraventò dall’ altra parte della stanza.
-Bugiardo! Tu sei qui solo perché ti è stato comandato!- Gli inveì contro Courtney. Lui si rialzò senza fare una piega. Sembrava non provasse dolore. Si avvicinò di nuovo, lentamente, ma un’ altra volta venne colpito, volando questa volta contro il muro pieno di arazzi semidistrutti della stanza. Questa volta si alzò di scatto e veloce come un fulmine si portò dietro la strega bloccandole le braccia.
-Mi sono fatto pestare fin troppe volte per oggi. Sono qui anche per la missione, è vero, ma solo perché mi hanno promesso che sarei stato libero una volta finita. Potrei rimare con voi di nuovo, come un tempo.- Ribatté. La castana si calmò di colpo.
-Dici il vero?- Chiese incerta.
-Prova a guardare nel futuro come un tempo, e vedrai che ciò che dico corrisponde a ciò che penso. Io voglio solo tornare alla vita che qui avevo con te. – Lei scosse il capo sorridendo mestamente.
-Non mi piace guardare nel futuro queste cose, lo sai. Il dono della veggenza non si utilizza per questi futili motivi.-
-Allora ti devi fidare di me. – Tornò a sussurrarle all’ orecchio. Le altre due streghe, che nel frattempo si erano tenute in disparte, si avvicinarono loro.
-Cosa vuoi che facciamo per te, Duncan? Cosa può volere Lui da noi?- Chiese Gwen.
-Metteteci in contatto. Devo riferirgli delle novità importanti.-
Le tre streghe annuirono. Si misero in cerchio attorno al ragazzo e iniziarono a sussurrare litanie in una lingua ormai morta, e le loro voci, che un attimo prima erano quelle giovani e fresche di tre fanciulle, divennero scure e profonde, quasi appartenessero a delle anziane donne, cosa che in effetti erano loro. Il borbottio si fece sempre più forte, le loro parole si sovrapposero e si confusero, e dalle loro mani spalancate uscirono dei fili di luce azzurra. I fili si unirono, si intrecciarono, alcuni si protesero verso il ragazzo al centro, entrando nel suo corpo attraverso gli occhi, anch’ essi divenuti completamente azzurri.
Duncan non sentì nulla, né ebbe paura. Non era la prima volta che faceva una cosa simile. Dopo qualche istante il mondo intorno a lui scomparve. Le tre streghe, la stanza in rovina piena di arazzi divorati dal tempo … Rimase solo l’ azzurro che gli era entrato negli occhi. Perfino il pavimento scomparve, lasciandolo a fluttuare nel vuoto. Una figura sfocata si materializzò. Non riuscì a distinguerne i tratti, ma fu subito sicuro che colui che gli stava innanzi era Lui, il suo padrone, il suo Lord.
- Duncan … - Lo salutò una voce possente, cavernosa, modificata da un incantesimo. Il ragazzo si inchinò al cospetto dell’ uomo.
-Mio signore, ciò che tu mi hai ordinato è stato eseguito. Il giorno in cui i due mercenari sono penetrati in Palazzo Madyr io ero là assieme ai miei uomini, in visita all’ ambasciatore. Lui ti ha dato il pieno  appoggio. Non ha altro che da guadagnarci da una guerra tra il nostro popolo e il suo. Re Geoffrey II, suo fratello, cadrà sotto le tue armate. L’ ambasciatore ha voluto la totale garanzia che, una volta conquistato il regno e detronizzati suo fratello e sua moglie, lui venga nominato governatore, e le sue nipoti vengano uccise. Ho acconsentito.- La figura annuì lentamente.
- Hai eliminato il mercenario?- Domandò. Il ragazzo dagli occhi di ghiaccio fece cenno di assenso.
-Ho utilizzato le frecce dalle penne nere che voi mi hai dato, mio signore. Ho anche raccontato della tua presunta mania di farvi chiamare “Signore dell’ Ovest”. Ho detto che vuoi  la guerra, e questa è una delle poche cose vere che gli ho raccontato. Tutti i sospetti ricadranno sul tuo rivale, Lord Lightning. Mike Enderis, figlio maggiore di Lord Enderis e di Lady Elenya, è morto. Ho intriso la freccia che lo ha colpito con le Lacrime del Morto, il veleno che mi hai dato. -
-Sei sicuro che sia morto?-
-Si, mio signore. Il rosso infatti è venuto da solo. Ha voluto delle risposte e io gliele ho date, false o vere che fossero. Ho finto di non sapermi difendere, di essere solamente un emissario incaricato di prendere i tesori. Mi sono fatto pestare. Non ha avuto il minimo sospetto sulle le cose che gli ho raccontato.-
-Ti ha consegnato le due ragazze?-
- No. Ti vuole vedere la settimana prossima. Fino ad allora non si muoverà. Inoltre abbiamo un altro problema. Un mago si è unito a loro. Non ha l’ aspetto potente, ma è riuscito ad incenerire molte guardie e a dare fuoco ad una torre di Palazzo Madyr, cosa non da poco.-
-Le due ragazze vanno eliminate, usa tutti i mezzi a tua disposizione, se necessario, ma portami le loro teste prima che avvenga tu sai cosa … -
-Sarà fatto mio signore.- La comunicazione si interruppe. Lentamente le cose tornarono a riprender forma. Le streghe si trovavano ancora nella medesima posizione in Duncan cui le aveva lasciate, solo molto più sudate e con il fiatone. Il moro si volse verso Courtney e sorrise.
-Chiamate i miei confratelli della setta. Dite loro che presto scenderemo in guerra. Sono sicuro che alla notizia esulteranno di gioia.-
-I tuoi confratelli sono quasi tutti morti. Dopo che ci hai abbandonato, dei gruppi di cacciatori di streghe e stregoni ci sono piombati addosso come lupi famelici. Li abbiamo sterminati tutti, ma a caro prezzo. Siete rimasti in poco più di una dozzina.-
-Allora chiama Alejandro e ordina alle sue truppe di aiutarci. Sua moglie è una di voi, non ci negherà questo favore.- La strega annuì lentamente. Guerra. L’ ultima volta che ne aveva affrontata una era stata una strage fra le sorelle della setta. Ma non poteva negare a Duncan e al suo signore un favore. Andò a eseguire l’ ordine, con la morte nel cuore. Un cuore che batteva da migliaia di anni.

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Capitolo 7
*** Il risveglio di Mike ***


Le cronache dei mercenari
-07
Il risveglio di Mike

Quando Mike rinvenne era a cavallo di fronte alla gigantesca Piana di Oiran, una distesa spoglia così grande che quasi si perdeva all’ orizzonte. Le colline su cui si trovava delimitavano quel panorama su tutti i lati. Di fronte a sé, sulle alture che a stento intravedeva dall’ altra parte della pianura, un imponente esercito avanzava verso di lui. Dietro di sé, un eguale armata si preparava al combattimento. Al suo fianco, quattro cavalieri in armatura, fra cui una donna, osservavano il panorama.
Le loro armature gli erano familiari. Erano tutte dello stesso colore, bianche bordate di oro e argento, ma ognuna richiamava un animale diverso. Quello della donna, ad esempio,ricordava un cervo, le grosse corna che spiccavano sull’ elmo dalla celata alzata e il suo disegno inciso sul petto. Quelli degli altri che le stavano di fianco, erano rispettivamente un lupo, un leone ed un toro. Sullo stendardo gli animali erano raffigurati in campo azzurro, allineati come a dover fronteggiare qualcosa, e sopra di loro dominava una splendida aquila.
La donna con lo stemma del cervo si voltò a fissarlo, imitata subito dai suoi compagni. A guardarli si sarebbero detti tutti gemelli, Mike compreso, ma il ragazzo sapeva che erano nati con un anno di distanza l’ uno dall’ altro. Lo sapeva perché lui era il loro fratello maggiore. In ordine lui era il primo, succeduto da Chester il lupo, Vito il leone, Manitoba il toro e Svetlana la cerva. L’ aquila era stato il simbolo di Mike finchè lui non era scappato.
-Attendiamo il segnale, mio Lord .- Esordì Svetlana.
-Cosa succede, fratelli? Qualcuno mi dica cosa sta succedendo! Perché vi rivolgete a me con l’ appellativo“Lord”? Dov’ è nostro padre?- Gli altri parvero ignorarlo.
-Il tempo delle parole è finito. Ora è tempo di combattere. Attendiamo il tuo segnale mio signore.- A parlare, questa volta, fu Chester, detto il lupo solitario.
Mike si volse verso il suo esercito. Non si era ancora accorto di essere in armatura. Due grandi ali d’ aquila dorate spiccavano sull’ elmo bianco. Gli uomini che si trovò di fronte erano tutti fermi ad osservarlo, come in attesa di un segnale. Non sapeva come si era ritrovato in quella situazione, né sapeva perché tutti lo stessero trattando come se fosse lui a comandare. Lanciò uno sguardo ai suoi fratelli, anche loro volti verso di lui ad aspettare un segnale. Fu in quel momento che il moro capì come comportarsi.
In un movimento fluido estrasse la spada lunga finemente istoriata, la levò in alto e la puntò verso il nemico, sempre più vicino, e  con un grido che risuonò in tutta la piana  si lanciò al galoppo verso il nemico, imitato dai suoi soldati e dai suoi cavalieri, seguito dai suoi fratelli. Nugoli di frecce si levarono in aria.
Quel che successe in seguito fu vago per lui. Sia i suoi soldati che quelli nemici divennero solo delle ombre sfocate.
Cadaveri, teste mozzate, arti lacerati, soldati di entrambi gli schieramenti ridotti in fin di vita lasciati a terra agonizzanti. Questo trovò alla fine della battaglia.
 Su tutta la piana regnava il silenzio, interrotto solo dagli ultimi residui di combattimento che risuonavano in lontananza, inghiottiti dalla nebbia. Lame erano state abbandonate a terra. Picche un tempo lucenti ridotte a una pallida ombra di quello che erano state. Le carcasse, soprattutto quelle dei cavalli, venivano prese d’ assalto dai corvi.
 Il puzzo di sangue e di putrefazione penetrò nelle narici  del moro, in piedi al centro di quella distesa di morte. I corpi, martoriati da magie e da armi comuni, ricoprivano il terreno fin dove gli occhi riuscivano ad arrivare.
Mike vagò senza meta sui morti, incontrando a volte dei vessilli piantati nel terreno o nei cadaveri, in piedi, di sbieco o caduti. Non degnò nessuno di essi nemmeno di uno sguardo, finchè non ne intravide uno in lontananza. Il suo. Corse a perdifiato. Attorno allo stendardo vi erano ammucchiati molti cadaveri. Un solo cavaliere era ancora in sella. Indossava un armatura dorata, con una cappa nera rovinata dal combattimento. Era sporco di sangue dal capo ai piedi. La sua spada, anch’ essa insanguinata, era ancora sguainata. Aveva appena abbattuto il suo ultimo avversario. Dalla celata del suo elmo non riuscì a scorgere alcunché, come se non vi fosse nessuno dentro. L’ uomo tirò le redini alla sua cavalcatura, un inquietante cavallo nero dagli occhi bianchi come il latte, e se ne andò al galoppo, svanendo nella nebbia. Il moro raggiunse i corpi morti dei nemici del misterioso cavaliere. Scorse fra di essi sua sorella Svetlana, con una ferita mortale al petto, là dove sull’ armatura risiedeva il cervo. Poco distante vi erano anche Vito, privato del braccio destro, sepolto dai resti dei suoi uomini, e Chester, con una lancia conficcata nello stomaco. Accanto all’ asta dello stendardo giaceva il cadavere decapitato di Manitoba, la sua testa rotolata chissà dove. A Mike sembrò di impazzire. Tutti i suoi fratelli erano morti e il suo esercito era stato annientato. Avrebbe voluto urlare, ma non ne aveva la forza. Si sentiva debole e senza speranze.
Solo in quel momento avvertì una fitta di dolore alla spalla destra. Un dolore lancinante che fece scomparire ogni cosa intorno a lui. E sentì una voce familiare chiamarlo, o , per essere più precisi, insultarlo. La voce di Scott che gli urlava arrabbiato qualcosa. Più la voce si avvicinava, meglio Mike riusciva a capire le sue parole. Parole che gli ordinavano di alzarsi e non mollare, che gli ricordavano i loro progetti. Il dolore crebbe sempre più forte, ma assieme ad esso crebbe anche la voglia di rialzarsi e reagire. Le urla a volte si interrompevano, lasciandolo nel silenzio più totale per giornate intere, poi riprendevano, più forti di prima e più determinate.
Mike aprì gli occhi di scatto. Accanto a lui c’era un tizio con una tunica dalle varie tonalità di verde e la faccia da topo morto, con l’ aggiunta di una barbetta da capra, probabilmente un guaritore, una ragazzina bionda e pallida come un cadavere, una ragazza alta e formosa dai capelli rossi legati in due codini e Scott. Il rosso, che era ancora intento ad urlargli insulti ed incoraggiamenti con le lacrime agli occhi, si arrestò di colpo. Come lo vide aprire gli occhi si ricompose e fece finta di nulla.
-Ti sei risvegliato, finalmente, amico mio! Sei uno stramaledetto sfaticato.- Disse tentando di trattenere la sua felicita, riuscendoci ben poco. Un sorriso felice gli attraversò il volto. Il moro esaminò attentamente le altre facce. Le due ragazze erano esattamente come se le ricordava, belle e aggraziate, solo un po’ più allegre. Anche loro parevano liete del suo risveglio. Da dietro le ragazze sbucò Cameron, tutto contento. Il tizio dalla tunica verde si scostò dal letto e sussurrò al mago qualcosa. Allora Cameron gli porse un sacchetto pieno di qualcosa che si presumeva fossero monete d’ oro, e l’ altro se ne andò.
-Dove siamo? Non ricordo come ci siamo arrivati. Chi è il tizio verde e cosa ci fanno qui le due ragazze? Non le hai consegnate? Cosa mi è successo?- Scott fece un cenno con la mano e tutte le persone presenti eccetto loro due abbandonarono la stanza. Il Demone Rosso rispose ad ogni sua domanda. Lo mise al corrente dei fatti avvenuti durante il mese di incoscienza del moro. Gli disse che il giorno dopo avrebbe dovuto vedere l’ uomo incappucciato. Mike, seppur ancora intontito, riuscì ad ascoltarlo per tutta la durata del discorso, per questo, alla dichiarazione dell’ amico scosse la testa contrariato.
-Entro domani dobbiamo essere il più lontano possibile da qui. Ho fatto un sogno mentre ero privo di sensi. Ho sognato la guerra. Ero con i miei fratelli a capo di un esercito enorme. Sono morti tutti e quattro durante una battaglia, per mano di un cavaliere ignoto. Se il mio sogno è stato premonitore non te lo so dire, ma so che dobbiamo riportare al re degli Elfi Madyr le sue figlie. Mio padre è un suo Lord alfiere, entrerà anche lui in guerra se dovesse scoppiare. Dobbiamo impedire che ciò accada.- Scott si grattò la nuca perplesso.
-Tu non puoi viaggiare in queste condizioni. La tua ferita si sta ancora cicatrizzando e sei troppo debole per cavalcare. Potremmo nasconderci ancora per qualche giorno e … -
-No! Tu non capisci! Ci saranno addosso come lupi famelici appena non ti presenterai all’ appuntamento! Dobbiamo metterci in marcia ora.-
-Allora cavalcherai legato a me, così non cadrai.-
Il moro annuì e cercò di rialzarsi, aiutato dall’ amico. In poche ore si prepararono e verso il primo pomeriggio partirono in tutta fretta. Una volta usciti dalla città, si diressero verso Nord.
-Possiamo passare per le terre di tuo padre per cercare aiuto. Lì saremo al sicuro.- Osservò il Demone Rosso durante il viaggio. Mike, legato davanti al rosso, scosse nervoso la testa.
-Questo sarebbe il modo più veloce per finire con la testa mozzata. Lo sai che siamo fuori legge da quelle parti. La mia famiglia non mi vorrà nemmeno più vedere.-
-Innanzitutto solo io sono nei guai con la legge, tu non c’ entri, e poi sono la tua famiglia in fondo! Non credo che ti negheranno il loro aiuto.- Ribatté Scott.
-E in più siamo in missione per impedire una guerra!- Si intromise Cameron.
-Le terre degli Enderis, inoltre sono confinanti con il regno di nostro padre. Dal confine alla capitale non ci vogliono nemmeno due giorni di cavallo. Questa via è la più corta e sicura.- Approvò Zoey.
Rassegnato, il Fulmine di Spade annuì. Quando calò la sera si accamparono nel bosco, vicino ad un grosso albero dal legno rosso scuro. Non accesero il fuoco per non attirare attenzioni indesiderate. Scott e Cameron rimasero di guardia per tutta la notte alternandosi. Mike, prima di addormentarsi, avvicinò Scott.
-Perché stavi piangendo quando mi sono risvegliato?- Chiese a bassa voce. Il rosso parve imbarazzato.
-Non stavo piangendo! Mi era entrato un moscerino nell’ occhio.- Borbottò.
-In tutti e due gli occhi?- Continuò il moro. L’ ombra di un sorriso gli affiorò sulle labbra.
-Esattamente, in entrambi gli occhi. Cosa credi, che io stessi piangendo per te?- Ribatté Scott fingendosi offeso, con una nota di divertimento nella voce.
- Adesso dormi Mike. Domani ci attende una lunga cavalcata verso Città Del Sole.- Disse ancora.
Poi, quando fu certo che il suo migliore amico si fosse addormentato, sussurrò una frase, un’ unica frase che detta da lui in presenza di qualcuno gli avrebbe distrutto la sua reputazione di menefreghista.
-Sono felice che tu non sia morto, fratello.-

 
 
Angolo autore
Salve a tutti! Mi scuso per il lieve ritardo. Voglio riparare ad una dimenticanza fatta l’ ultima volta, e cioè ringraziare Kauhsen per i consigli che mi ha dato riguardo al quinto capitolo. Allora, vi è piaciuto? Fatemelo sapere! Vi ringrazio e vi saluto
Boreal Lele

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Capitolo 8
*** Amore ***


Le cronache dei mercenari

-08
Amore

Quando entrarono nella locanda il cielo era ormai buio. Delle lanterne ad olio illuminavano il grande salone della struttura in pietra. Sperando di non essere riconosciuto da nessuno, Mike passò fra i tavoli che occupavano l’ intera stanza tenendo lo sguardo basso. Dietro di lui, Dawn e Zoey lo seguivano timidamente, scortate da Scott e Cameron. Il moro, una volta arrivato al bancone, si sistemò il cappuccio in modo da coprire alla meglio il suo volto. Tutti e cinque erano completamente fradici. Un temporale improvviso li aveva colti di sorpresa durante il settimo giorno di viaggio. Il Fulmine di Spade aveva guidato il gruppo verso la Locanda dell’ Incrocio, una grande costruzione in pietra, dove lui aveva già pernottato altre volte in compagnia di suo padre, che sorgeva appunto all’ incrocio fra la Strada del Sole, la strada che portava a Città Del Sole, chiamata così per gli innumerevoli specchi sistemati sulle mura che riflettevano i raggi solari illuminandola in modo da far sembrare la città stessa il sole,  e la Via dei Contadini, la strada costruita appositamente per gli agricoltori che portava direttamente alla vasta zona dei campi coltivati delle terre degli Enderis. La ferita di Mike stava guarendo velocemente, grazie sopratutto agli incantesimi di Cameron.
-Una camera con cinque letti, buon uomo .- Disse al locandiere quando gli si avvicinò. L’ uomo, un individuo con la faccia da rospo, calvo e grassoccio, dal ventre prominente coperto da un grembiule sudicio, lo squadrò con aria da superiore.
-Non esistono camere con cinque letti da queste parti. E anche se ci fossero, non credo che voi straccioni potreste permettervele.- Rispose acido quello. In effetti, in quel momento, il moro e i suoi compagni di viaggio sembravano davvero dei poveri, infangati dalla testa ai piedi. Scott affiancò l’ amico e fece un sorriso di circostanza all’ uomo, tirando fuori un pesante sacchetto di lana grezza, da cui fece scivolare due monete d’ argento sul bancone.
-Di queste ne avrai molte altre per la camera che ti abbiamo chiesto e per un buon pasto caldo che ci servirai non appena saremo scesi per mangiare. Comprendi?- Sussurrò al suo indirizzo. Al vedere i soldi il locandiere strabuzzò gli occhi  e fece un inchino rispettoso.
-Ma certo miei signori. Mia figlia vi accompagnerà subito nelle vostre stanze. Non appena scenderete per cenare vi serviremo i nostri piatti migliori.- Dopodiché, andò a chiamare una certa Leniel, una ragazzina castana sui dodici anni, piccola di corporatura, bassa e dall’ aria sveglia che li accompagnò al piano superiore. Indubbiamente aveva ereditato ben poco dal padre. Dopo che li ebbe aiutati a mettere a posto le loro cose, Mike si chinò per arrivare alla sua altezza, rivolgendole un sorriso.
-Potresti farci avere una tinozza di acqua calda per farci fare il bagno? Naturalmente dovremo cambiare l’ acqua ogni volta, quindi avverti tuo padre di tenere in serbo acqua calda abbastanza per riempirla cinque volte. E porta anche del sapone per favore. E porgigli i miei ringraziamenti.- Il moro si era lasciato crescere una lieve barba, che al momento ancora gocciolava a causa della pioggia ricevuta. Dalla tasca prese una moneta e la pose fra le mani della bambina, ringraziandola per la gentilezza. Quella, alzando i suoi occhioni azzurri verso di lui, sorrise a sua volta, poi, sussurrando un veloce “subito” ed un altrettanto veloce “grazie signore”, corse fuori dalla porta. Ritornò qualche secondo dopo con un ragazzo, castano anche lui, alto, massiccio, probabilmente suo fratello, trasportando una tinozza in bronzo lucido ed un otre d’ acqua calda, con il sapone.
Le prime a fare il bagno furono Zoey e Dawn. Durante l’ attesa Mike, Scott e Cameron scesero al piano di sotto per sciacquarsi la gola con un boccale di birra. Mentre erano seduti ad uno dei tavoli centrali, udirono dietro di loro un gruppo di uomini parlare animatamente.
-Vi dico che è così! Per tutti noi sarebbe meglio filare all’ Est. Fra qualche settimana si scatenerà l’inferno in queste regioni. Re Geoffrey degli Elfi Madyr sta chiamando a raccolta i vessilli di guerra contro i Lord dell’ Ovest. Potete star sicuri che tra qualche giorno anche Lord Enderis si recherà con i suoi figli da lui offrendogli le sue forze. Si sta per scatenare una guerra di proporzioni immani. Quasi tutti i regni dell’ Ovest si scontreranno contro gli Elfi Madyr ed i loro alleati. E non è escluso che anche i regni dell’ Est si uniscano alla mischia a fianco di quelli dell’ Ovest. In questo caso, Lord Enderis, che controlla tutti i territori centrali, si troverà preso tra due fuochi. I Nani del Sud hanno dichiarato di dar battaglia a chiunque si avvicini ai territori centrali, ma non credo che questo fermerà i loro nemici. Fortunatamente, nonostante fra Nani ed Elfi Madyr non scorra buon sangue, entrambe le popolazioni metteranno da parte gli antichi rancori per far fronte comune contro            Ovest ed Est. Come se non bastasse, dalla parte dell’ Ovest ci saranno anche gli orchi delle Isole Rosse, schierati assieme ai giganti. Combatteranno come mercenari, ma in realtà si dice che vogliano prendere parte a questa guerra solo per soddisfare la loro sete di sangue verso gli Elfi Madyr.- Disse quello al centro della piccola folla.
-E tu come fai a saperlo? Secondo me ci stai raccontando una balla!- Disse un’ altro. Molti annuirono dando ragione a quest’ ultimo.
-Mio fratello è un messaggero a corte. Queste cose me le ha raccontate lui. E se mio fratello dice che verrà la guerra, allora significa che verrà- Ribatté l’ altro convinto.
-E perché dovrebbe scoppiare questa guerra? Le antipatie fra i popoli non mi sembrano una buona ragione per darsi battaglia.- Osservò una donna.
-A quanto pare un Lord dell’ Ovest hanno rapito le figlie di Re Geoffrey l’anno scorso. La cosa è stata tenuta segreta fin quando le spie del re non sono riuscite ad arrivare ad un certo Lord Lightning.- Il gruppo fu attraversato da un borbottio scettico, dopodiché si dispersero lasciando da solo l’ uomo al centro.
I tre ragazzi si guardarono stupiti. La guerra era già arrivata? Da quanto tempo Dawn e Zoey erano lontano da casa? Proprio in quel momento arrivarono. Pulite e profumate con addosso abiti asciutti erano molto più belle di prima.
-Ragazze, per quanto tempo siete state prigioniere di vostro zio?- Chiese Mike fingendo di fare una domanda oziosa, tanto per passare il tempo. Le, due dopo essersi sedute sulla panca, ancora avvolte nei mantelli scuri che i ragazzi avevano dato loro, si scambiarono un’ occhiata nervosa. Poi Zoey fece un sorriso tirato.
-Non molto, un mese, credo. Perché?- Rispose con la voce apparentemente calma. Mike scrollò con noncuranza le spalle, esibendosi in un sorriso privo di calore.
-Perché l’ uomo qui dietro sostiene che è dall’ anno scorso che mancate da casa. Avete idea di cosa stia per accadere a causa di ciò? Vostro padre sta per dichiarare guerra all’Ovest. Mio padre ed i miei fratelli stanno per partire per offrirgli il loro aiuto. Se questa guerra scoppia si porterà via un sacco di vite. Perché non ce lo avete detto prima? Avremmo affrettato il passo ed ora saremmo già a Città Del Sole. Invece adesso siamo bloccati in questa locanda ad aspettare che il temporale finisca.- Il suo tono divenne duro e il sorriso sparì dal volto di ognuno di loro.
-Non ve lo abbiamo detto perché non potevamo. Non possiamo fidarci di nessuno, Mike, nemmeno di voi. L’ ultima volta che ci siamo fidate di qualcuno ci hanno sbattuto in una stanza ad aspettare che i giorni passassero e che qualcuno ci tirasse fuori di lì. Cosa sarebbe successo se voi, una volta appresa la notizia, vi foste sbarazzati di  noi per non avere problemi? Noi vogliamo solo tornare a casa. Nient’ altro.- Ribatté la rossa con un fremito. Le lacrime affiorarono dai suoi occhi. Dawn la abbracciò.
-Solo tornare a casa. Solo questo.- Ripeté ancora. Questa volta le lacrime le bagnarono il viso.
-Ma dovevate dir … - Scott bloccò il moro con un cenno della mano prima che potesse continuare la frase, poi si alzò e si stiracchiò.
-Mi pare inutile piangere sul latte versato. Domani ci rimetteremo in marcia e aumenteremo l’ andatura di viaggio. Se avrai problemi con la ferita, amico, ti legherai di nuovo a me. Ora vai a lavarti che poi tocca a Cameron e a me. – Al rosso fare la parte del pacificatore faceva sempre uno strano effetto. Di solito era Mike quello calmo, che lo quietava quando lui si scaldava. Invertire le parti per una volta era stato divertente. Sopratutto rimproverare Mike. Quello sì che era stato divertente. Il moro lo guardò a metà fra il sorpreso e l’ imbarazzato per il suo comportamento. Poi si alzò e si diresse verso la loro camera.
Quando tutti si furono lavati si sedettero a tavola. Dopo giorni e giorni di cibo razionato e insapore,  finalmente consumarono un pasto degno di essere chiamato in tal modo. Il locandiere mantenne la parola riguardo alla qualità della cena. Servirono loro talmente tanti piatti gustosi che al suo termine Scott, dopo aver pagato, gli elargì anche una sostanziosa mancia. Prima di andare andando a dormire, Cameron passò un’ ora intera a pregare il rosso perchè qualcuno facesse i turni di guardia, cosa inutile a detta del Demone Rosso ma prudente. Alla fine Mike montò il primo turno, Scott il secondo e Cameron l’ ultimo.
La mattina dopo, alle prime luci dell’ alba partirono. Nessuno proferì parola per tutta la mattinata finchè, verso mezzogiorno, si fermarono per mangiare e riposarsi. Mike prese da parte Zoey e la portò dove gli altri non potevano né udirli né vederli, dietro un grosso albero che troneggiava sugli altri, non troppo distante dalla strada, e si mise una mano dietro la testa, imbarazzato.
-Scusami per ieri. Io non volevo essere scortese. Il pensiero di mio padre ed i miei fratelli che partecipano ad una guerra di tali proporzioni mi spaventava. Mi sono comportato come uno stupido dando la colpa a te e Dawn. Ti prego di perdonarmi- La rossa arrossì leggermente.
-Non devi scusarti. Avremmo dovuto dirvi subito da quanto tempo eravamo prigioniere. Avremmo dovuto aver più fiducia in voi. Sono io a dover chiedere scusa a te e agli altri, anche da parte della mia sorellina.- I due si ritrovarono con i volti vicinissimi. Gli occhi di Mike si riflessero in quelli neri di lei, due oceani di dolcezza. In quel momento gli sembrarono quanto più di meraviglioso e puro ci fosse in quel mondo. Lentamente, senza sapere perché, posò le sue labbra su quelle della ragazza. Rimasero immobili per qualche secondo, staccandosi subito dopo, ancora più imbarazzati di prima, entrambi paonazzi in volto.
-Scusami io non … -  Lei gli appoggiò un dito sulle labbra, dove poco prima erano state le sue. Lo baciò nuovamente, questa volta con più passione, e staccandosi gli sorrise. Lui ricambiò il sorriso, ancora troppo stupito per poter dire nulla. Si ricongiunsero al gruppo in tempo per mangiare. Ripartirono al galoppo dopo un’ ora. Il silenzio che aveva dominato per tutta la mattinata si sciolse come neve al sole.
Nel tardo pomeriggio, quando il sole si apprestava a tramontare, in lontananza, da Nord, un accecante bagliore attirò la loro attenzione. Avanzando, gli alberi che circondavano la strada si diradarono e il bagliore divenne sempre più forte. Fu lo fra gli spettacoli più belli della loro vita. Si stagliarono all’ orizzonte le mura imponenti di una città a dir poco gigantesca, che saliva verso l’ alto seguendo la pendenza del monte su cui era costruita, con in cima una maestosa  roccaforte costruita su più piani. La cosa però che li meravigliò di più fu la luce del tramonto che le mura riflettevano. Faceva sembrare l’ intera città, compreso il maniero, in fiamme, avvolta in quell’ arancione intenso e splendente che mozzava il fiato. Mike sorrise compiaciuto dell’ effetto che quello spettacolo aveva suscitato nei suoi compagni di viaggio.
-Ragazzi,benvenuti nella mia città natale, Città Del Sole.-
 

Angolo autore
Ehilà! Sono tornato a con un altro capitolo. Come vi è sembrato?? Non sono bravo con le scene d’ amore e robe varie, ma volevo provare a inserirne alcune nella storia. Spero che non abbia fatto pena … Ci vediamo con il prossimo capitolo. Vi saluto e vi ringrazio per l’ attenzione
Boreal Lele

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Capitolo 9
*** Lord Enderis ***


Le cronache dei mercenari

-09
Lord Enderis

Mike si gustò la vista della sua città nel pieno del suo splendore. Erano passati cinque lunghi anni da quando era scappato da quel posto. All’ epoca era un ragazzino inesperto che non aveva ancora visto il mondo e le sue meraviglie. Ora invece si sentiva un uomo. Un uomo che aveva passato l’ adolescenza vagando di città in città alla ricerca di gloria e potere. Quando era partito si era ripromesso di tornare a Città Del Sole, un giorno, quando si fosse sentito pronto. Ora che era di fronte alle sue splendide mura, non si sentiva più tanto sicuro, tanto uomo. Si sentiva di nuovo un ragazzino timoroso. Aldilà di là di quel portale che stava oltrepassando avrebbe ritrovato suo padre, Lord delle Terre Centrali, i suoi fratelli e sua madre. Sarebbe riuscito a sopportare i loro sguardi? Sarebbe riuscito a sopportare il loro giudizio? Avrebbe avuto di nuovo il coraggio di guardare in faccia la sua famiglia, dopo averla abbandonata? Mike si arrestò, come paralizzato da quei pensieri. Zoey lo affiancò e gli mise una mano sulla spalla, rivolgendogli un sorriso incoraggiante. Anche lei sapeva la sua storia. Tutti quelli del loro gruppo la sapevano. Il moro le sorrise di rimando. Poi volse lo sguardo indietro, alla ricerca di quello di Scott. Il rosso annuì col capo, rispondendo ad alla muta domanda dell’ amico.
 Il quintetto cominciò ad avanzare. Superate le porte della città, il Fulmine di Spade li condusse fra i vicoli che si snodavano all’ interno di essa. Le strade si stavano svuotando, la gente cominciava a ritirarsi nelle case. Molte cose erano cambiate dall’ ultima volta. Allo tempo stesso, però, molte cose erano rimaste invariate. Arrivarono ad una locanda nelle vicinanze del castello che dominava su tutta la città. Adottarono l’ identico sistema utilizzato il giorno prima. Pagarono profumatamente il locandiere, affittarono una stanza con cinque letti, si fecero il bagno e mangiarono, naturalmente di meno che alla locanda precedente. Mike si fece anche la barba.
Il giorno dopo la ferita alla spalla gli pulsava in modo terribile. Non lo disse a nessuno. Non doveva lasciarsi distrarre da nulla. Dawn e Zoey si vestirono con i migliori abiti che la moglie del locandiere riuscì a trovare, un abito lungo e semplice, senza spalle, di colore verde per la bionda, ed uno identico, rosso come il fuoco per la sorella. Legarono i capelli in una coda di cavallo, in modo che le loro orecchie appuntite fossero ben visibili. Mike e Scott decisero invece di non vestirsi eleganti come le due principesse. Usarono gli stessi abiti che avevano avuto indosso fino ad allora, per quanto fossero sporchi e ormai logorati, e si avvolsero nelle loro cappe nere, sopra le quali avevano assicurarono le loro spade lunghe, legate alla schiena di traverso, in modo che l’ impugnatura sporgesse dalla spalla sinistra. Volevano apparire esattamente come erano, come avevano scelto di essere: ladri e mercenari. Cameron con un incantesimo pulì la sua veste nera dalle rifiniture argentee, troppo larga per lui, a cui era decisamente troppo affezionato per poterla sostituire.
Il gruppo si diresse verso i portoni del castello. La sommità del colle dove esso si ergeva era stata spianata, in modo che l’ immane struttura potesse essere circondata da un fossato largo e profondo che terminava direttamente contro le sue mura difensive. Il fossato, inoltre, era pieno di possenti travi in acciaio completamente occupate da degli spuntoni appena sotto il pelo dell’ acqua. Dietro di esse sorgeva una gigantesca costruzione quadrangolare in marmo bianco venato di rosso, che si innalzava per centinaia e centinaia di metri. Qualunque assediante si sarebbe trovato in serie difficoltà ad avvicinarsi, in quanto ,entro una notevole distanza, si poteva essere colpiti dalle frecce, dall’ olio bollente e dalle pietre che gli assediati potevano tranquillamente scaraventare giù, sicuri di poter colpire l’ intero colle grazie alle catapulte e ai trabocchi posizionati sulle mura e sulle balconate del castello stesso. Salendo, la struttura si restringeva, dividendosi in otto torri, distribuite in modo ordinato, arroccate le une sulle altre, lasciando spazio al centro per un’ ultima, enorme torre, la cosiddetta “Nido dei Draghi”, alta più molto più delle altre, dominatrice indiscussa dell’ intera struttura.
I portoni si spalancarono non appena ne furono in prossimità. Una donna bassa e grassoccia vestita da gran dama lì salutò con un inchino rispettoso.
-Miei signori, vi prego di seguirmi. Vi abbiamo riconosciuto subito. Lord Enderis vi attende al Nido dei Draghi, nella sala del trono. Siamo lieti di che lei sia tornato signore.- Disse all’ indirizzo di Mike con voce melliflua dall’ accento straniero.
-Meno benvenuto è il suo amico.- Scoccò un’ occhiata gelida a Scott, che intanto ghignava divertito dalla sua figura.
-Posso dire di provare lo stesso nel rivederla anch’ io, Lady Stacy.- Rispose il rosso con una palese finta cortesia. Lei si voltò facendo fluttuare i suoi capelli castani nell’ aria. Dawn si girò verso il Demone Rosso e corrugò la fronte.
-Chi è quella donna?- Gli sussurrò mentre la seguivano.
-Sono l’ informatrice personale di Lord Enderis, mia Lady. In termini poco cortesi sono chiamata spia. Naturalmente sono lieta di constatare che lei e sua sorella state bene, dopo così tanto tempo di assenza da casa. - Rispose l’altra tranquillamente al posto del ragazzo, continuando a camminare verso le stalle. La bionda rimase basita. Come aveva fatto quella donna a sentirla? Come le aveva riconosciute? Scott la osservò allargando ancora di più il ghigno, sussurrandole:
-Lady Stacy è una gran chiacchierona dall’ ottimo udito. La chiamano “uccellino del Lord”, in riferimento alla frase “me lo ha detto un’ uccellino”. Lei sa quasi tutto di tutti. E quel che non sa, se lo fa dire dai diretti interessati con la sua parlantina logorroica.- Lady Stacy gli scoccò un’ altra occhiata gelida che non fece altro che aumentare l’ ilarità del rosso.
-Da quanto tempo ci avevate riconosciuto?- Domandò curioso Cameron. L’ informatrice portò loro i cavalli fingendo di pensarci su.
- All’ incirca da quando avete varcato le mura di Città Del Sole, più o meno.- Rispose con noncuranza.
Zoey cercò di salire a cavallo, ma la gonna le impedì i movimenti, rischiando di farla cadere all’ indietro. Le forti braccia di Mike le impedirono di perdere l’ equilibrio frenando la caduta, poi la issarono su prendendola per i fianchi. Lei arrossì e lo ringraziò, regalandogli un timido sorriso.
-Dovere, mia Lady, dovere. – Disse lui in tono scherzoso fingendo di arricciarsi dei baffi inesistenti in quello che sarebbe dovuto essere un gesto da nobile. La risata cristallina di lei lo riempì di gioia.
-Perché prendiamo i cavalli?- Chiese di nuovo Dawn a Scott, entrambi già in sella. Lui indicò un’ apertura nella parete del  castello.
-Perché salire a piedi sarebbe troppo lungo e faticoso, quindi l’ avo di Mike, quello che fece costruire il maniero, ordinò che venissero costruiti una serie di cunicoli adatti al passaggio dei cavalli che si snodassero all’ interno di tutto il castello. Naturalmente, per chi vuole, ci sono le scale.- Le rispose il rosso. Lei lo osservò attentamente. Il suo volto era teso e ogni singolo muscolo del suo corpo era pronto a scattare. Si domandò perché fosse così nervoso. Nessuno lì sembrava avercela con loro, anzi.
La salita non era molto ripida. I cavalli potevano galoppare tranquillamente senza il rischio di scivolare verso il basso. La cavalcata si rivelò più lunga di quanto avessero pensato. Arrivarono alle stalle sotto il piano occupato dalla sala del trono nel pomeriggio. Ad ogni piano che avevano superato, Mike si era irrigidito sempre di più. La spalla, che da quando erano entrati nel castello non gli aveva più causato dolore, riprese a dolere ancora più forte di prima. Salendo le scale si ritrovarono in una specie di anticamera. Il massiccio portone metallico si aprì. Dietro una moltitudine di nobiluomini e nobildonne si voltò ad osservarli. All’ estremità opposta vi era uno scranno interamente in marmo bianco venato di rosso. Era uno scranno semplice, senza particolari ornamenti, scavato direttamente nel marmo del castello. Le uniche figure scolpite ai suoi lati erano un’ aquila in volo, un leone che ruggiva,un lupo che ringhiava, un toro in procinto di caricare e un cervo che spiccava un salto, i simboli dei figli dei Lord. La tradizione voleva che ogni Lord avesse cinque figli, che in ordine di nascita ereditavano il primo l’ aquila, il secondo il leone, il terzo il lupo, il quarto il toro e il quinto il cervo. Era così ormai da generazioni, ancora da prima che il castello venisse eretto.
I nobili presenti si aprirono in due ali, lasciando una via libera che portava dall’ ingresso della sala al trono. Molti di loro avevano facce sorprese, altri erano felici, altri ancora digrignavano i denti in una smorfia di disapprovazione. Un borbottio percorse la sala. Un uomo seduto sullo scranno, con accanto una donna vestita elegantemente, seduta su un trono simile ma in legno alla sua destra, levò la mano. Il borbottio si interruppe di colpo, lasciando un silenzio di tomba. Un banditore si fece avanti e a gran voce annunciò:
- Ser Mike Enderis, figlio primogenito di Lord Enderis, Lord delle Terre Centrali. Lady Dawn e Lady Zoey Wire, figlie di Re Geoffrey, secondo nel suo nome, re degli Elfi Madyr e delle Terre del Nord. Cameron Kreghart, mago esperto eletto presso l’accademia dei maghi nei Regni Nanici. Scott Redtower, ladro, assassino, mercenario, ricercato nelle Terre Centrali e nelle Terre del Nord, dell’ Ovest, dell’ Est e nelle Isole Rosse.- Scott si esibì in un inchino teatrale, sorridendo, nascondendo la tensione. Anche Mike ghignò di sottecchi girando la testa verso di lui.
-Quanta gente che ti vuole bene, è amico?- Gli sussurrò. L’ altro annuì soffocando una risata nervosa. Il moro si girò poi verso il trono. Su di esso vi era un uomo alto e possente. Era in un’ armatura semplicemente sfarzosa, decorata di oro e di argento, costellata di topazi, rubini e zaffiri sull’ elmo a forma d’ aquila. Anche lui era stato il primogenito di suo padre, quindi anche a lui apparteneva il simbolo dell’ aquila. Tutti i suoi fratelli erano morti in una battaglia combattuta da lui stesso in gioventù, quando si schierarono contro i Lord dell’ Ovest che avevano invaso le terre centrali. Effettivamente, il moro constatò che era tutto dannatamente simile ai fatti successi più di trent’ anni prima.
Il Lord si alzò e si incamminò verso Mike. Immediatamente, ogni singola persona presente nella sala s’ inginocchiò, abbassando il capo. Anche il Fulmine di Spade imitò la folla, senza però chinare la testa. Non aveva intenzione di piegarsi del tutto innanzi a nessuno, nemmeno davanti a suo padre. Questi fece un cenno stizzito verso i nobili, che in pochi istanti li lasciarono soli.
-Figlio - Lo salutò gelidamente  Lord Enderis. La sua voce era scura e profonda. Si levò l’ elmo e se lo mise sotto il braccio sinistro. Era esattamente come Mike se lo ricordava, come guardare il proprio riflesso sull’ acqua. Aveva gli stessi capelli bruni, gli stessi tratti facciali, solo resi più duri dagli anni … nella famiglia degli Enderis si somigliavano terribilmente tutti. Solo una cosa il moro non aveva ereditato da lui. Gli occhi. Mentre quelli del Lord erano azzurri, Mike e i suoi fratelli avevano gli occhi marroni di Lady Elenya, loro madre.
-Padre- Ricambiò il saluto con altrettanto calore. Si accorse solo in quel momento che, vicino alla donna sullo scranno di legno erano in piedi tre ragazzi ed una ragazza. Li riconobbe immediatamente. Chester, Vito, Manitoba e Svetlana.
-Cosa ti porta da queste parti? Ti sei stancato di fare l’ idiota in giro per il mondo? Ti rendi conto che con le tue azioni hai disonorato la tua famiglia?- Lo rimproverò subito severo. Il moro prese tutto il suo coraggio e si alzò, cercando di sorridere.
-Sono contento anch’ io di rivederti.- Il suo tono era ironico, ma la smorfia del suo interlocutore lo fece sentire di nuovo come un bambino piccolo di fronte ai suoi genitori che lo sgridavano.
-Anche se, volendo, avrei del disappunto da esprimere. Vorrei ricordarti che ho rinunciato ad ogni titolo nobiliare quando me ne sono andato, e che quindi non sono un “ser”, come mi ha chiamato il banditore, anche perchè in realtà non lo sono mai stato. Inoltre, sono ladro, assassino e mercenario tanto quanto Scott.- L’ espressione del Lord rimase granitica. Non un sorriso, non un’ altra smorfia. Solo un manrovescio talmente potente da far barcollare il ragazzo. Mike si asciugò il sangue che era colato dal labbro spaccato. “Meglio questo schiaffo che la sua indifferenza”, si disse mentre si massaggiava la mascella. Quando se ne era andato nemmeno gli aveva rivolto la parola.
-Ne abbiamo già parlato. Non metterti a fare il ragazzino, ormai non lo sei più. Ora ti ripeto la domanda, a cui tu risponderai come si addice ad un’ Enderis. Cosa ti porta da queste parti?- Chiese di nuovo con un tono calmo.
-Il mio cavallo.- Rispose sarcasticamente il moro, suscitando qualche risata dai ragazzi in fondo alla stanza, di fianco al trono. Un’ altro ceffone, sulla guancia opposta, ancora più forte del primo, lo fece quasi cadere. L’ unica cosa che lo tenne in piedi fu il suo orgoglio. Non si sarebbe dimostrato debole davanti a suo padre.
-Sto cominciando a perdere la pazienza, Mike. Dimmi cosa sei venuto a fare, poi vai a salutare tua madre e i tuoi fratelli, in seguito tu e i tuoi amici andate a riposare e questa sera parleremo seriamente, in privato.- Sibilò il Lord sempre in tono freddo.
-Le cose che ho da dirti sono molto serie, e vanno dette solo in privato. Quindi, mio Lord, con la tua licenza vado a salutare e poi riposare, come tu mi hai ordinato.- Disse Mike imitando il tono del padre. Si allontanò da lui oltrepassandolo, recandosi dalla donna sullo scranno di legno e dai ragazzi in piedi. La donna si alzò e lo abbracciò affettuosamente.
-Quanto tempo, bambino mio. Mi sei mancato- Lo salutò commossa.
-Non sono più un bambino, madre. Lo ero quando me ne sono andato, forse, ma ora sono un uomo.- Replicò lui abbracciandola. Sua madre sorrise. Era molto più bassa di lui, a dispetto di suo padre, che lo sovrastava.
-Per me, tu ed i tuoi fratelli rimarrete sempre i miei bambini. Non te lo scordare.- Gli sussurrò affettuosamente asciugandosi una lacrima. l I ragazzi gli si fecero attorno, e uno di loro gli diede una pacca sulla spalla ferita. Sussultò per il dolore, non senza farsi sfuggire un gemito. Il Lord, intanto, andò a fare conoscenza degli altri ospiti. Lanciò un’ occhiataccia a Scott, fece il baciamano a Dawn e Zoey e strinse la mano a Cameron.
-Comunque so perché sei qui, figlio.- Riprese Lord Enderis quando ebbe finito di porre i suoi omaggi agli altri.
-E ti avverto che è tempo sprecato. Ho mandato dei messaggeri ad assicurare a Re Geoffrey che io lo appoggerò in battaglia, non sono andato di persona. La guerra è già praticamente incominciata. Dei predoni dell’ Ovest mandati dai Lord del posto hanno depredato dei villaggi sul confine in questi giorni, passando a fil di spada gli uomini che li abitavano, perfino i bambini, e stuprando le loro donne. La reazione è stata inevitabile da parte di Re Geoffrey. Il fatto che tu abbia salvato le sue figlie è indubbiamente un bene, ma non basterà per impedire la guerra. Ormai è troppo tardi.- La sua voce fu un sussurro ed i suoi occhi furono percorsi da un lampo di tristezza. Mike si voltò verso di lui e lo fissò dritto negli occhi.
-Dovrete guardarvi le spalle, allora, sia dai nemici, sia dagli amici. Il fratello di Re Geoffrey aveva rapito le sue figlie. Un tizio ha commissionato a me e Scott di rubare due tesori nell’ ambasciata, e al loro posto abbiamo trovato Zoey e Dawn. Noi le abbiamo portate via, ma nella fuga mi hanno colpito alla spalla. Quando mi sono rimesso ci siamo subito diretti qui, per fare in modo che ritornassero a casa sane e salve per evitare la guerra, ma siccome è troppo tardi … - Non seppe come continuare la frase. Suo padre, per la prima volta da quando Mike era tornato, fece un sorriso, un sorriso stanco.
-Ben fatto, figliolo. Ma purtroppo non sei riuscito nel tuo intento. Tra qualche giorno partirò per il fronte, ma prima però voglio parlarti a quattr’ occhi. Ho cose importanti da dirti. Và a riposare ora. Domani parleremo.-

Angolo autore

Ciao! Ecco un’ altro capitolo. Lo so, è u po’ lunghetto, ma mi dispiaceva tagliarlo. Come vi è sembrato? Fatemelo sapere! In tanto ringrazio blue melody per aver recensito. Naturalmente ringrazio anche chiunque stia seguendo la mia storia. Vi saluto
Boreal Lele

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Capitolo 10
*** Riconciliazione ***


Le cronache dei mercenari

-10
Riconciliazione

Mike entrò nel grande solarium del padre. Là lo attendeva Lord Enderis. Il solarium era vasto, pieno di quadri raffiguranti combattimenti epici, grandi Lord del passato, leggiadre Lady sorridenti … Nella penombra della stanza, tutti quei volti, nonostante la loro innegabile bellezza, apparivano sinistri. C’ era un tavolo al centro del solarium, al cui capotavola era seduto un uomo. I suoi capelli bruni ricadevano lucenti sulle spalle. Gli occhi azzurri dell’ uomo si voltarono verso di Mike, fermo sulla soglia.
-Figlio. - Lo salutò il Lord dopo qualche secondo di silenzio. Un sorriso non poté fare a meno di affiorare sulle labbra di Mike.
-I tuoi saluti sono sempre così calorosi, padre?- Chiese in tono ironicamente gelido il ragazzo. Lord Enderis gli fece cenno di sedersi.
-Ieri dicevi di volermi parlare. Ora siamo qua, da soli. Di cosa vuoi parlare con tuo figlio? Di quanto sia un reietto? Di quanto sia imbecille? Di quanto abbia disonorato la tua famiglia?- Le domande uscirono dalla bocca da sole, senza nemmeno che Mike si sforzasse di pensarle, tante erano le volte che se le era fatte durante la notte. Quel giorno il moro era stranamente di pessimo umore, probabilmente a causa dal dolore alla spalla che continuava a crescere e non gli dava un attimo di tregua.
-Lascia perdere l’ ironia e togliti la casacca. Voglio vedere la tua ferita.- Disse senza giri di parole il Lord delle Terre Centrali. Mike, stupito dalla richiesta, si levò la casacca in cuoio nero che aveva indosso, levandosi la maglia in seta e rimanendo a petto nudo. Delle bende avvolgevano la sua spalla sinistra. Si tolse anche quelle. Prima di andare a dormire, il giorno prima si era recato da un guaritore del castello, un uomo sulla trentina appartenente all’ Ordine dei Pietosi, una congrega di maghi e di persone esperte nelle arti curative di ogni razza, che giuravano di aiutare ogni singolo essere vivente bisognoso del loro soccorso, senza discriminazioni, a dispetto della razza, della lingua, della religione, delle idee politiche e dello schieramento in battaglia. Detto in parole povere, non erano di parte. L’ uomo gli aveva spalmato sulla ferita un impasto rosso come il fuoco e gli aveva cambiato le bende. Il dolore sulle prime era passato, ma la mattina dopo era tornato più forte di prima. La ferita aveva un aspetto ripugnante: era incrostata di sangue, a tratti era giallognola, quando le bende venivano tolte puzzava in modo incredibile e sembrava infetta da chissà quale malattia. Il curatore aveva affermato che tutto ciò fosse normale, e che il dolore fosse un segno di guarigione. Mike aveva ribattuto sbottando che preferiva rimanere malato, piuttosto che doverlo sopportare.
Diede la schiena a suo padre, in modo che potesse osservare meglio. Lord Enderis mugugnò qualcosa di incomprensibile fra sé e sé.
- La conservi ancora la freccia che ti ha colpito? Voglio esaminarla.- Mike si grattò la testa chiedendosi a cosa gli sarebbe dovuta servire. Mandò un servo a chiederla a Cameron.
-Mi stai facendo una visita medica? Non dovevamo parlare?- Chiese stizzito. Lord Enderis lo zittì con un cenno seccato. Il servo arrivò dopo   qualche secondo con la freccia dalle piume nere. Non era stata mai lavata, perciò era ancora incrostata del sangue di Mike. Il Lord la analizzò per bene, grattando via il sangue incrostato dalla punta e studiandola attentamente. Quando finì di esaminarla la posò sul tavolo e si massaggiò gli occhi con fare stanco. Doveva aver avuto una giornata difficile.
-Il guaritore aveva visto giusto. Mi è stato riferito che sulla tua ferita sono state trovate delle tracce di veleno. Lacrime del Morto, più precisamente. Si tratta di un intruglio molto potente, poche gocce di esso bastano per eliminare un uomo robusto. La freccia che ti ha colpito era intrisa di questo liquido.- Mike guardò la freccia con un misto di sorpresa e preoccupazione.
-Sono vivo per miracolo, dunque. Come sarei riuscito a evitare la morte altrimenti?- Nessuno dei due seppe cosa rispondere a quella domanda. Lord Enderis interruppe il silenzio che era calato con tono acido, liberando i pensieri che ormai lo tormentavano da quando suo figlio era scappato.
-Se tu non ti fossi messo a fare lo stupido andando in giro per il mondo, non avresti corso questi pericoli! Non dovevi andartene! Tua madre è quasi morta di crepacuore quando ha saputo che eri fuggito. Sei un dannato irresponsabile! Come ti è saltato in mente di andartene, eh?- Mike rivolse al padre un’ espressione infastidita.
-Me lo chiedi anche? Quando ero qua al castello, tutto ciò che facevo, per te non era mai abbastanza! Per quanto mi sforzassi di fare ciò che mi dicevi, per quanto mi impegnassi ad essere come mi volevi, tutto ciò che ottenevo da te erano sguardi gelidi. Hai sempre e solo fatto così. Per te io ero un incarico da portare a termine, niente di più!- La sua rabbia si liberò come un fiume in piena. In quel momento, i pensieri di una vita si tramutarono in parole piene di risentimento.
-Quando ero un bambino tu per me eri un eroe, un modello da seguire. Avrei fatto di tutto per renderti orgoglioso di me, papà. Un solo sorriso da parte tua, per me sarebbe valso più di mille ricompense. Il mio unico obbiettivo era accontentarti in tutto e per tutto. Ma tu questo non lo hai mai capito. Non hai fatto altro che farmi notare i miei errori senza mai complimentarti per le cose giuste. A lungo andare diventa frustrante questo, lo sai?- Stava urlando, ma poco importava in quel momento. Mike voleva solo sfogarsi. Aveva cercato, cinque anni prima, di fare un discorso del genere, ma non ne aveva avuto la forza. Ora, invece, quel coraggio che non aveva avuto allora lo spinse a farlo. Chiarirsi con suo padre, qualunque fossero state le conseguenze, per lui sarebbe stato come levarsi un macigno dallo stomaco.
-Crescendo ho imparato che non avrei mai ottenuto nulla da te. I miei interessi diventarono ben altri. Non volevo più di diventare il Lord al posto tuo. Non volevo più essere il figlio servizievole pronto a tutto per renderti orgoglioso. Volevo essere libero, vagare senza meta per il mondo ed esplorarlo in tutta la sua grandezza. Ma i miei sogni non si sarebbero mai realizzati da dietro le mura di Città Del Sole. Questo mi ha spinto a scappare. Mi dispiace aver fatto soffrire mia madre con le mie azioni, ma era una cosa che andava fatta. Là fuori sono diventato più uomo vivendo stretto contatto con la gente comune e con i suoi problemi di quanto lo potessi diventare qua dentro.- L’ ira di Mike si placò velocemente come velocemente  era scoppiata. Ora rimaneva solo da osservare la reazione di suo padre. Se lo avesse colpito non avrebbe fatto una piega. L’ importante era avergli detto in faccia cosa pensava. Il Lord delle Terre Centrali abbassò i suoi occhi azzurri come il cielo. La sua espressione, quando tornò a fissare Mike, era incredula, quasi mortificata. Poi pronunciò una frase che il moro non si sarebbe mai aspettato di sentirgli dire.
-Ammetto di essermi sbagliato, ti chiedo scusa.- Su padre e figlio calò un silenzio opprimente. Nessuno dei due sapeva cosa dire. Lord Enderis tornò a parlare, la voce che tremava leggermente.
-Ho fatto molti sbagli con te, Mike, ma ti giuro che tutto ciò che ho fatto, lo ho fatto con le migliori intenzioni. Non ho mai visto oltre la punta del mio naso, e solo ora mi rendo conto che hai avuto tutte le ragioni di andartene. Ero talmente accecato dall’ odio che nemmeno per un secondo mi è passato per la mente che potevo essere io la causa della tua fuga. Mi dispiace figlio mio. Io volevo solo il tuo bene. Volevo che tu fossi un mio degno successore, ma evidentemente eri già allora molto più saggio di me.- Il possente Lord delle Terre Centrali, che raramente aveva dimostrato una qualsiasi emozione, ora appariva come un uomo pieno di sensi di colpa, mantenendo comunque il suo contegno. Mike lo abbracciò. Dopo cinque anni, finalmente si era riappacificato con suo padre.
-Ora è acqua passata. Sono tornato, ma non per restare. Ho svolto il mio dovere portando le due principesse in un luogo sicuro. Domani io e gli altri riprenderemo la marcia e le accompagnerò nella capitale degli Elfi Madyr, poi continueremo per la nostra strada.-
-Per te, qui ci sarà sempre posto. Se mai vorrai tornare, sarò ben lieto di accoglierti. Tu e i tuoi amici sarete sempre i benvenuti a Città Del Sole. Ti chiedo solo di stare molto attento. A mio avviso, quella freccia era destinata proprio a te. Chiunque l’ abbia scoccata sapeva chi eri e voleva essere sicuro di ucciderti. Il mese scorso due uomini hanno attentato alla mia vita. Naturalmente hanno fallito e li abbiamo impiccati. Prima di morire, però, hanno detto che li avevano pagati, e che io e i miei discendenti saremmo morti tutti assassinati. Guardati le spalle figlio.- Mike annuì, nascondendo la sua felicità. Rimise a posto la fasciatura alla ferita e uscì, senza nemmeno rimettersi la maglia in seta. Il dolore alla spalla era svanito. Si avviò per i corridoi, vagando per il castello senza una meta ben precisa. C’ era molta gente di ogni razza in giro.
Arrivò in un ampio giardino a cielo aperto circondato da dei portici scavati nelle mura della torre Nido dei Draghi. Era uno dei parchi d’ addestramento del castello. Le persone vi si riunivano sia per svago, sia per addestrarsi nel tiro con l’arco, nel combattimento corpo a corpo, nel combattimento a cavallo … Per ogni parco si esercitavano due discipline. Mike era capitato in quello del combattimento corpo a corpo e del tiro con l’arco. In quel momento si stava concludendo una competizione di quest’ ultima disciplina. Una piccola folla di soldati, arcieri, cavalieri e scudieri si era radunata attorno ai due finalisti. Il moro si avvicinò per sapere chi fossero. Dovevano avere una mira incredibile per colpire i bersagli, posizionati in alto sulle mura. Riuscì a intravedere uno degli sfidanti, un uomo alto e magro, i cui muscoli parevano essere le uniche parti del corpo che non fossero composte solo da pelle, pelato, dagli gli occhi bianchi e rossi. Due grosse orecchie appuntite lo identificavano come Elfo. Tendeva un arco alto quasi quanto lui, in legno rosso. La freccia che scoccò mancò di poco l’ obbiettivo, colpendo un corvo che svolazzava su di esso. L’ altro sfidante non si riusciva a scorgere, tanta era la folla che lo circondava. Mike riuscì a cogliere il lampo della freccia che si librava in aria. Si fissò esattamente nel centro del bersaglio, trapassandolo da parte a parte e uscendone, perdendosi nel cielo. La folla esultò, inneggiando al vincitore. Un uomo grande e grosso si portò sulle spalle arco e arciere. Fu allora, una volta che fu ben visibile, che il moro riuscì a vedere: Una ragazza sorridente, gli occhi neri che sprizzavano di gioia, e una cascata di capelli rosso fuoco che svolazzavano al vento.

Angolo autore
Ciao a tutti! Dopo giorni di assenza sono tornato! Mi scuso per il ritardo, ma la mia connessione ultimamente fa veramente pena, e non riuscivo ad entrare nel mio account. Vi è piaciuto il capitolo? Purtroppo, il prossimo arriverà probabilmente solo dopo la prima metà di Luglio, poiché dove vado in vacanza internet non ce l’ ho, quindi ora vi saluto, ci vediamo quando torno!
Boreal Lele

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Capitolo 11
*** Il capo dei mercenari ***


Le cronache dei mercenari

-11
Il capo dei mercenari

Mike si avvicinò strabiliato. Zoey si voltò verso di lui, e il suo volto si illuminò di felicità.
-Mike! Che sorpresa vederti qui! Hai visto il mio tiro? Li ho battuti tutti!- Era avvolta in una tunica rossa, stretta alla vita da una cintura di cuoio, che metteva in risalto le forme del suo corpo. Il vestito le arrivava a stento alle ginocchia, dove terminavano i suoi stivali in cuoio nero. La faretra appesa alla schiena era vuota. I suoi lunghi capelli sciolti incorniciavano le orecchie appuntite. Aveva uno strano diadema fatto in cuoio sulla fronte, ornata da simboli elfici in un materiale che sembrava ferro. Anche le sue spalliere e la sua cintura avevano gli stessi simboli, in oro e argento. Il suo arco lungo in legno la superava in altezza di qualche centimetro, e anch’ esso era ornato da delle rune, rosse come il sangue. Mike portò di nuovo lo sguardo sul bersaglio appena colpito dalla rossa, per poi posarlo di nuovo su di lei. Fece per dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola. Non sapeva cosa dire: un colpo simile era degno di un arciere scelto!
-C-complimenti!- Balbettò ancora stupito.
-Ti sei esibita in un tiro eccezionale! Chi ti ha insegnato a mirare così bene?- Chiese riassumendo un minimo di contegno. Lei gli sorrise stringendosi nelle spalle, arrossendo lievemente.
-Mi è sempre piaciuto esercitarmi nel tiro con l’ arco e nella lotta. Mio padre aveva acconsentito a farmi dare alcune lezioni dai suoi maestri migliori.- Lui le sorrise di rimando, per poi voltarsi verso l’ arena da combattimento. Il parco si stava lentamente svuotando, e la folla che fino a poco prima aveva circondato l’ elfa si era dispersa.
-Quindi sei brava anche nella lotta? Te la sentiresti di combattere a mani nude contro un mercenario?- Le rivolse un sorrisetto di sfida. Lei, senza dire una parola, corse all’ interno di uno degli ampi cerchi tracciati in rosso nel terreno, posizionando i pugni davanti al viso e mettendosi di tre quarti rispetto al ragazzo, esponendo la minima superficie del suo corpo ai suoi colpi.
-Fatti sotto, mercenario.- Scherzò la rossa. Mike entrò a sua volta nell’ arena ridendo, per poi assumere goffamente la posizione da combattimento. Zoey si lanciò all’ attacco con dei rapidi quanto leggeri pugni. Il moro li bloccò facilmente senza nemmeno muovere il corpo dal busto in giù. La rossa gli girò intorno, abbassandosi e tentando di colpire le sue gambe con un calcio per farlo cadere. Mike balzò in avanti evitando il colpo, rotolando verso il bordo del cerchio con agilità. Zoey tornò all’ attacco sferrando un pugno con forza verso il volto del moro, che si scostò afferrando il braccio della ragazza e piegandoglielo dietro la schiena, evitando di farle del male. Lei si sbilanciò, mettendo un piede fuori dalla linea. Lui immerse il volto nei suoi capelli, assaporandone loro profumo. Nessuno dei due aveva smesso di sorridere per tutta la durata del confronto. Rimasero immobili per alcuni secondi, poi il moro ruppe il silenzio.
-Hai perso.- Le sussurrò all’ orecchio con tono dolce. Lei con uno scatto felino si liberò dalla presa del ragazzo e gli andò dietro, colpendo con la gamba dietro il suo ginocchio e facendolo cadere con la schiena nuda a terra. Subito gli bloccò le mani sopra testa e si mise cavalcioni sul petto di lui.
-Io dico che invece è il contrario.- Gli sussurrò lei di rimando, con un sorriso malizioso sul volto. Entrambi risero spensierati. Zoey si tolse dal suo petto e gli si sedette in parte. Mike si mise a sedere a sua volta, tastandosi la spalla ferita. Quando era da solo con lei il dolore svaniva. Il parco orami era vuoto, fatta eccezione per loro due. Il moro tornò a stendersi, imitato dalla compagna. Si misero a guardare il cielo. Appariva così lontano, oltre gli alti muri che li circondavano. Zoey si voltò verso di lui. Si era fatta improvvisamente seria. I suoi grandi occhi scuri lo scrutarono con un espressione indecifrabile in volto. Mike ricambiò lo sguardo corrugando la fronte.
-Qualcosa non va?- Le chiese facendosi serio a sua volta. Lei rimase in silenzio, continuando a fissarlo. Dopo qualche secondo interruppe il suo silenzio, scuotendo la testa leggermente.
-Stavo solo pensando che questi giorni felici a breve finiranno. La guerra è iniziata, e si porterà via le vite di tutti noi. Quando sarà finita, non ci sarà più tempo per ridere e scherzare.- Abbassò leggermente gli occhi, percorsi da un lampo di tristezza. Mike si rialzò e la aiutò a fare altrettanto.
-Quei giorni arriveranno per tutti, non serve farsi il sangue cattivo prima del tempo. Finchè non sono arrivati, preferisco godermi il tempo che mi rimane, piuttosto che andare in paranoia attendendoli.- Lei annuì, tornando a sorridere.
-Allora, vuoi la rivincita o ti decreto ufficialmente sconfitto?- Gli chiese sfoderando di nuovo un sorrisetto furbo.
-Voglio la rivincita qui, ora, subito. E stavolta non avrò misericordia!- Replicò lui scherzando. Senza attendere che lei si preparasse alla lotta, la prese per i fianchi, sollevandola in aria, e roteando su se stesso più e più volte. Lei, capelli al vento, rise di gusto.
-Pietà, pietà!- Urlò ridendo sempre più. Lui la posò a terra dopo qualche secondo, mantenendo le mani sui suoi fianchi.
-Allora, ti arrendi?- Le chiese col fiato corto. Lei annuì, con un’ espressione raggiante in viso.
-Adesso mi spetta un premio, non credi anche tu?- La rossa, senza una parola, posò le labbra su quelle di Mike, assaporando quel momento fino in fondo.

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Duncan si mosse all’ interno dell’ accampamento con estrema calma, nonostante intorno a lui regnasse il caos più assoluto. Soldati di ogni razza si apprestavano a ripartire e a lasciare il luogo. Fino al giorno prima in quel posto sorgeva un villaggio di confine delle Terre Centrali. Erano piombati loro addosso massacrandone gli abitanti. Non avevano risparmiato nessuno. Donne, uomini, bambini, vecchi, ricchi, poveri … Uccisi tutti, senza distinzione alcuna. Gli assalitori non si erano comportati da soldati. Si erano comportati come bestie selvagge desiderose solo di sangue e morte. A strage compiuta, dopo aver razziato il razziabile,avevano dato fuco alle case e alle carcasse degli sconfitti. In seguito avevano stabilito il loro accampamento proprio sopra le macerie.
Il moro entrò in una tenda più grande, trattenendo a stento la rabbia e il suo disgusto. La sua cresta verde scintillante brillò alla luce delle torce che illuminavano il posto. Su una moltitudine di cuscini sgargianti sedeva un uomo aitante, dalla pelle bronzea e dai lunghi capelli castani, legati in un codino dietro la nuca. Portava ancora l’ armatura argentea intrisa di sangue. Ai suoi piedi giaceva un’ elmo senza celata, con il paranaso staccato di netto.
-Chi ti ha rotto l’ elmo, Al?- Chiese Duncan ironicamente, conscio del fatto che quel soprannome irritasse l’ uomo di fronte a lui. Infatti quello distorse il naso, esibendosi in una smorfia di fastidio.
-Un uomo morto. E tu farai la sua stessa fine, se non la pianti di chiamarmi così, Duncan. I miei soldati, a un mio minimo cenno, ti farebbero a pezzi ancora prima che tu te ne possa rendere conto.- Rispose Alejandro mantenendo una calma distaccata.
-Quali soldati? Oh, intendi le belve sanguinarie che ti porti dietro? Non farmi ridere! E poi dovresti riuscire a farlo, quel gesto. Tu sai quanto io sia veloce con il coltello, amico mio … - Disse ghignando il moro. Alejandro lo imitò, facendo segno al suo interlocutore di sedersi sui cuscini con lui. Duncan si accomodò, tornando serio.
-La strage di questo villaggio non era necessaria. Perché li abbiamo massacrati, questi straccioni? Potevamo tirare dritto ignorandoli, stuprando qualche donna magari, e divertendoci un po’. Non capisco perché ad ogni centro abitato che incontriamo dobbiamo per forza radere al suolo tutto. Stiamo solo perdendo tempo, e questi non erano gli accordi. Il mio padrone ti paga per prendere il mercenario e le principesse che protegge, non per uccidere la povera gente.-Il moro era riuscito a rimanere freddo e controllato. Nonostante ciò, comunque, doveva ammettere che l’ inutile assassinio di tutta quella gente gli dava un leggero fastidio. Alejandro si fece portare del vino, per poi tracannarlo avidamente. Pulendosi la bocca, non poté fare a meno di ridere del suo compagno.
-Da quando ti sta a cuore la gente povera? Non ti starai rammollendo, vero?- Detto questo liberò un’ altra risata cupa. Si fece di nuovo portare il vino e di nuovo lo tracannò. Era visibilmente ubriaco.
-Comunque, come tu hai accennato poco fa, mi porto dietro delle belve sanguinarie, smaniose di menar le mani. Per mantenerne il controllo devo pur dar loro dei contentini, no? E che contentino migliore di un massacro tutto per loro? Il tuo mercenario si è sicuramente rintanato a Città Del Sole, in attesa di rimettersi in marcia verso la capitale degli Elfi Madyr con le principesse e una scorta. Conto di intercettarli durante il loro viaggio.- Poi si fece scuro in volto. Rimase a guardare il suo bicchiere vuoto per qualche istante, rimuginando fra sé e sé, poi gettò lo gettò a terra, frantumandolo.
-Se non li avessimo uccisi noi, questi straccioni, li avrebbe uccisi sicuramente qualcun altro. Non ho fatto altro che anticipare la loro fine.- Duncan scosse la testa, rassegnato al fatto che il mercenario non capisse. Non poteva discutere con un uomo ubriaco, rischiava solo di farlo arrabbiare. Si alzò dalla montagna di cuscini e pianto il suo sguardo gelido negli occhi Alejandro.
-Spero per te che la missione vada a buon fine. Se così non dovesse essere le conseguenze saranno terribili.- Detto questo si voltò ed uscì dalla tenda a passo spedito.
Intanto, all’ interno della tenda, da dietro la montagna di cuscini uscì una donna alta e aggraziata, dagli occhi a mandorla e dai lunghi capelli neri e lisci che le arrivavano fin quasi alla vita. Era avvolta in una veste nera, che per qualche strana ragione sprigionava riflessi rossi ogni volta che la luce la colpiva. Si avvicinò ad Alejandro silenziosa come un’ ombra e posò le mani sulle sue spalle muscolose.
-Duncan ha ragione, Al. Dobbiamo eliminare quel dannato mercenario prima che si risvegli e venga a sapere che abbiamo sterminato … - Alejandro la zittì con un cenno secco.
-Lo so, Heather. Prima della prossima luna le sue ossa riposeranno sotto due metri di terra, questa è una promessa. Adesso lasciami da solo, ho bisogno di pensare. Avverti il campo che domani all’ alba ci metteremo in marcia.-  La donna tornò silenziosamente nell’ ombra così com’ era arrivata. La luce delle torce scemò fino a scomparire definitivamente, gettando nell’ oscurità la tenda. Alejandro tornò completamente lucido per pensare meglio. Questo era un suo pregio: riusciva a riprendersi dalla sbornia senza difficoltà in pochi secondi. Rifletté meglio sul da farsi. Gli tornarono alla memoria le immagini del massacro compiuto una ventina di anni addietro. Con i suoi compagni aveva spazzato via un intera razza, o quasi. Un esemplare di quel popolo era rimasto in inspiegabilmente in vita. Ma non ci sarebbe voluto molto perché anche lui raggiungesse i suoi simili, di questo era sicuro. Questa volta non avrebbe lasciato il lavoro a metà. Era una promessa a sé stesso.

Angolo autore
Ciao a tutti, sono tornato! Dopo giornate intere passate all’ aria aperta a giocare a beach volley ci voleva proprio una “sana” seduta di qualche ora davanti al mio adorato PC, lasciato a impolverarsi a casa. Come vi è sembrato il capitolo, vi è piaciuto? Spero che i lettori che seguivano la storia non si siano estinti mentre ero via! Naturalmente ringrazio chi ancora mi segue legge sta roba. Spero al più presto di aggiornare. Intanto ringrazio di cuore Raggio di Gioia e blue melody per le loro magnifiche recensioni. Sayonara!
Boreal Lele

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Capitolo 12
*** Chef il traditore ***


Le cronache dei mercenari

-12
Chef il traditore

Dawn si risvegliò di soprassalto con il fiatone. La sua camera era avvolta nell’ oscurità più totale. Si sentiva strana, in quel momento. Provò ad alzarsi per aprire la finestra del balcone, ma le forze le mancarono. Cadde dal letto di faccia. Provò a chiamare aiuto ma non riuscì ad emettere che un flebile suono strozzato. Il malessere aumentò. Non riusciva quasi più a respirare, le sembrava che l’ oscurità cercasse di soffocarla e un forte mal di testa le impediva di ragionare. Si trascinò alla ricerca della porta per tentare di nuovo a chiamare aiuto ma in breve perse l’ orientamento e si ritrovò dispersa nel bel mezzo di quell’ enorme camera da letto. Allora si abbandonò a terra, in preda al panico più assoluto. Un forte senso di oppressione le gravava sul petto.
D’ un tratto ogni malessere scomparve, lasciando dentro di lei un vuoto quasi irreale. Non provò alcuna emozione né sensazione di sorta. Si rialzò barcollando. Il mal di testa l’ aveva abbandonata ma i pensieri non erano tornati. Le sembrava di vedere attraverso occhi non suoi. La stessa stanza che fino a qualche attimo prima le era sembrata avvolta da un’ oscurità impenetrabile ora era illuminata come lo sarebbe stata di giorno. Riusciva a distinguere ogni oggetto presente in quella camera senza difficoltà. Improvvisamente la ragazza avvertì una presenza nella stanza di fianco alla sua. Zoey. Sentiva con chiarezza sua sorella aldilà del muro dormire fra le coperte. Praticamente riusciva a vederla, o almeno riusciva a percepirne la sagoma, distesa nel letto. La cosa che più incuriosì la bionda però fu che proprio quella sagoma era avvolta da uno strato di nebbiolina.” Aura gialla, felicità”  le suggerì una voce nella sua testa.
La vista dell’ elfa si annebbiò di colpo, la stanza tornò oscura come avrebbe dovuto essere e lei cadde di nuovo in avanti. I suoi pensieri ritornarono come un fiume in piena, inarrestabili. Questa volta però seppe dove andare. Avanzò a gattoni finchè non avvertì il materasso sotto le sue dita. Si issò con un certo sforzo finchè non fu al sicuro in mezzo al letto, fra le lenzuola. Un pensiero più insistente degli altri le continuava a ronzare in mente. Cosa le era successo?

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Mike venne svegliato la mattina presto da uno dei suoi servitori. Mancavano poche ore alla partenza. Aveva dato ordine che gli uomini della scorta che li avrebbe accompagnati, quindici soldati più il capitano, di farsi trovare nel cortile principale all’ alba. Si vestì in fretta e furia per arrivare per poter arrivare prima di loro. Non voleva dare l’ impressione di essere un ragazzino viziato che se la prendeva comoda sempre e comunque senza rispetto per gli altri. Indossò direttamente il suo mantello grigio e  la sua armatura preferita, quella che usava quando svolgeva la sua “professione”, una sobria corazza argentata senza rifiniture che dava l’ impressione che chi la indossasse fosse più grosso del normale. Nonostante le apparenze era leggera e non lo impacciava nei movimenti. Prima di indossarla diede un’ altra occhiata alla sua ferita nella spalla, ormai quasi cicatrizzata del tutto, decidendo che le bende ormai erano inutili. Si aggirò per i corridoi della fortezza con passo veloce. Tutto lì dentro gli ricordava la sua infanzia.
Quando sbucò nel cortile principale era ancora impegnato a ricordare, tanto che non si accorse dell’ uomo nell’ ombra innanzi a lui. Si diresse fino alla fontana che risiedeva al centro dello spazio, sedendosi sul bordo di essa e attendendo che i suoi soldati si facessero vivi. L’ uomo nell’ ombra avanzò silenzioso portandosi alle sue spalle.
-Mike Enderis?- Chiese una voce profonda e scura con fare deciso. Il moro sobbalzò, voltandosi di scatto verso la direzione da cui veniva la voce. Si trovò davanti un omone a dir poco imponente, ben più alto di lui, dalla pelle scura, ricoperto da un’ armatura dai bagliori verdi con il simbolo degli Enderis inciso sul petto. Era pelato e aveva dei baffetti neri. Mostrava un ghigno irrisorio, probabilmente causato dalla reazione del ragazzo. Mike si accorse che gli mancava un dente. L’ omone gli tese la mano destra. Il moro non poté far altro che ricambiare la stretta.
-Sono Chef Hatchet, capitano della scorta che vi accompagnerà fino alla capitale degli Elfi Madyr. I miei uomini arriveranno tra pochi minuti.- Esordì con fare militare.
-Piacere, capitano. Vedo che mi conoscete già, quindi, non perderò tempo in inutili presentazioni. Volevo parlarle, è una fortuna averla trovata subito.- Disse Mike riassumendo un minimo di contegno. Quell’ uomo lo aveva messo in soggezione fin da subito. Il capitano Liberò accennò un sorriso.
-Non mi dia del lei, signore. Mi fa sentire più vecchio di quel che sono.- Lo interruppe. Mike ricambiò il sorriso.
-Lei deve fare lo stesso con me allora. In fondo sono solo un ragazzo.- Ribatté il moro. Chef gli diede una pacca sulla spalla e liberò una risata  fragorosa, che si addiceva benissimo alla sua figura.
-Affare fatto, allora. Cosa mi volevi chiedere?- Chiese ricomponendosi.
-Volevo sapere se è vero che mi hanno detto su di te. Un tempo eri il capitano delle guardie dell’ ambasciatore Chris McLean degli Elfi Madyr?- L’ omone si fece serio e annuì.
-Sono stato un suo compagno d’ armi, ai miei tempi, e ti assicuro che un combattente come lui è raro da trovare. Era intelligente, forte, onesto e giusto, e agiva sempre per il bene del suo popolo, appoggiando suo fratello maggiore Geoffrey in ogni situazione. Eravamo grandi amici a quel tempo- Rispose.
-E perché hai deciso di andartene per venire a prestar servizio qui?- Chiese di nuovo il ragazzo. Lo sguardo di Chef fu percorso da un lampo di tristezza.
-Perché tanti anni passati nel lusso e nella ricchezza lo hanno rovinato, e l’ elfo che un tempo consideravo mio amico è morto e sepolto. Il suo posto è stato preso da un individuo vanesio ed egocentrico, troppo impegnato a pensare a sé per amministrare la regione assegnatali dal re suo fratello. Non gli interessa nulla all’ infuori dei suoi interessi, si è rammollito tanto da faticar persino a reggere una spada ed è diventato crudele e spietato. Ho preferito andarmene con il ricordo dell’ eroe che era piuttosto che con quello dell’ incapace che è adesso.-
-Come l’ ha presa lui quando glielo hai  detto?-
-Semplicemente non gliel’ ho detto, ho disertato e sono venuto qui. In pratica sono un traditore. Sono Chef il traditore.- Rispose con un ghigno Chef.  L’ omone si voltò verso l’ entrata al cortile, accorgendosi che i suoi uomini stavano arrivando.
-Bene, adesso che sai quello che dovevi sapere, ricomponiamoci. E torniamo a darci del lei in loro presenza, i miei uomini non devono sapere che ho un lato buono. Perderei la loro stima e il loro rispetto, oltre alla mia reputazione.- Disse tornando serio e assumendo un’ aria da duro.
-Per comandare i forti bisogna innanzitutto essere i più forti di loro.- Aggiunse sottovoce a Mike prima che i suoi soldati li raggiungessero facendogli l’ occhiolino. Il moro annuì e si fece a sua volta serio.
Mike dovette ammettere che gli uomini selezionati per la scorta erano davvero impressionanti. Appena arrivati si schierano in fila. Il moro li squadrò da capo a piedi. Nessuno di loro eguagliava fisicamente Chef, ma lo stesso si capiva che erano uomini duri, soldati fino al midollo. Sette di loro erano arcieri e otto erano spadaccini. Chef gli garantì che erano tutti ottimi cavalieri e che ognuno di loro era fedele fino alla morte a chi avevano prestato giuramento. Li aveva selezionati personalmente fra tutti i soldati della città. Sui loro volti non vi era alcuna traccia di qualsiasi sentimento. Li avevano chiamati “uomini di pietra.
Mike e Chef discussero sulla strada da prendere per una buona mezz’ ora. Quando finirono il moro fece un involontario confronto mentale fra il capitano delle guardie e suo padre. Sotto certi aspetti erano simili. Entrambi erano uomini duri e seri, ma in fondo avevano un lato buono. La sera prima aveva salutato i suoi fratelli e i suoi genitori a cena. Non li aveva più rivisti.
Dopo due ore arrivarono anche i suoi compagni di viaggio. Scott indossava la stessa armatura dell’ amico, Cameron portava come al solito la sua tunica nera. Zoey aveva indosso lo stesso vestito rosso che portava nel campo di allenamento quando Mike l’ aveva vista tirare con l’ arco, che attualmente portava a tracolla. Dawn si poteva definire lo sputo della sorella, con gli stessi identici vestiti di color verde foglia. Aveva persino la stessa pettinatura.
In breve giunsero nelle scuderie di quel piano e incominciarono la discesa, che si rivelò molto più veloce della salita. Si lanciarono al galoppo giù per i cunicoli, arrivando al piano terra in meno di due ore. Una volta usciti dalla città seguirono una stradina che si inoltrava nella foresta. Si fermarono solo per mangiare e per far riposare i cavalli. Gli uomini della scorta non erano poi così freddi come volevano far credere. Ogni tanto si scambiavano delle battute tra loro, ridevano e sorridevano proprio come persone normali. Il giorno dopo la partenza arrivarono al limitare della foresta, oltre la quale si ergevano delle colline. Una volta saliti, si trovarono di fronte ad un’ immensa pianura, il cui limitare, delineato da altre colline, si intravedeva a malapena all’ orizzonte. Mike ebbe un brivido, ricordando il suo sogno. Chef sorrise e si volse verso il gruppo.
-Signori, benvenuti nella Piana di Oiran.-

Angolo autore
Salve a tutti! Sono tornato con il nuovo capitolo, come promesso. Vi è piaciuto? Ho fatto errori? Devo migliorare qualcosa? Devo accorciare i capitoli? Fatemelo sapere!Ringrazio e saluto chi continua a seguire la mia storia. Naturalmente ringrazio anche Mike Alterego totaldrama per la bella recensione. Al prossimo capitolo
Boreal Lele

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Capitolo 13
*** Notte nella piana ***


Le cronache dei mercenari

-13
Notte nella piana

Passarono l’ intera giornata marciando nella piana. Quando si accamparono alla sera non ne erano arrivati nemmeno al centro. Non tenevano un passo svelto, non ne avevano il motivo. Mentre marciavano avevano parlato di tutto, dalla guerra appena scoppiata ad episodi personali di vita curiosamente inquietanti. Non avevano un discorso fisso, le loro erano chiacchiere pronunciate per noia.
Alla sera accesero un fuoco, nonostante le proteste di Mike, che appariva nervoso e preoccupato da quando avevano messo piede in quel territorio. Consumarono un pasto frugale, continuando a parlare allegramente. Fecero considerazioni su quanto fossero stati fortunati riguardo al non aver incontrato nemmeno un ostacolo fino a quel momento. Solo Mike e Cameron non si unirono alle risate spensierate degli altri.
Quando venne il momento di andare a dormire stabilirono i turni di guardia. Il primo turno fu assegnato proprio al mago e al mercenario, cosa voluta da loro. Nessuno dei due aveva minimamente sonno. In breve sull’ accampamento calò un silenzio di tomba. Gli unici suoni percepibili erano lo scoppiettare allegro del fuoco e il lieve russare di chi ormai si era assopito. Cameron si sedette di fianco a Mike innanzi al fuoco cercando di ravvivarlo.
-Si può sapere che hai?- Chiese improvvisamente a bassa voce il mago spezzando il silenzio che si era creato. Il moro si voltò verso di lui con un’ espressione stupita.
-Mi hai capito bene, voglio sapere perché da quando siamo in questa piana del cavolo tu sei diventato così teso. Il terreno qui è piatto, senza nemmeno un riparo dove eventuali nemici potrebbero nascondersi in attesa di farci un’ agguato. In queste condizioni potremmo avvistarli a chilometri di distanza e prepararci allo scontro. Però tu sei comunque inquieto.- Mike scosse la testa esibendosi in un sorriso tirato.
-Non sono i nemici che mi preoccupano. La piana stessa mi mette a disagio. Sento che fra poco, non so quando, forse domani o forse nei prossimi giorni, accadranno degli episodi terribili questo luogo. È solo questione di tempo. Questa maledetta distesa di nulla sarà presto teatro di un evento che segnerà la storia del mondo conosciuto.- Questa volta fu Cameron a forzare un sorriso.
-Ehi, così mi metti paura!- Poi chinò il capo e il sorriso scomparve.
-A me non sembra poi così brutto questo posto, anzi. Alla mia morte credo che vorrei essere sepolto. C’ è una gran pace, e il vento mantiene costantemente un clima mite. Mi sembra quasi un piccolo paradiso.- Rimase a fissare il fuoco per qualche secondo, poi volse gli occhi al cielo.
-Mio padre è morto qui. Apparteneva alla razza dei nani. Durante la rivoluzione di vent’ anni fa che portò il re degli Elfi Madyr al potere, alcune truppe del regno dei nani erano state mandate in soccorso delle Terre Centrali, che intanto soccombevano sotto gli attacchi del nemico. Mio padre era lo scudiero di un generale. Durante una battaglia, avvenuta proprio in questi luoghi, perse la vita salvando quella del suo comandante. Il suo corpo fu sepolto al centro della piana insieme a quelli degli altri caduti, una volta vinta la battaglia.- Mike lo guardò stupito. Non aveva mai sospettato che il suo amico fosse un per metà nano. I nani erano tutti bassi, nerboruti e barbuti. Lui era certamente basso, ma anche gracile e senza un filo di barba.
-Scusa amico, non volevo farti ricordare queste cose.- Balbettò sentendosi in colpa per avergli fatto rievocare un evento spiacevole di spiacevole. Il mago fece spallucce e sorrise. Un sorriso sincero, non tirato come i precedenti.
-Non importa. In fondo sono orgoglioso di aver avuto un padre coraggioso. Mamma me ne parlava sempre come un eroe.- Rispose.
-Tua madre quindi ti ha cresciuto da solo?- Chiese il moro, incuriosito dalla storia di Cameron.
-Si. È sempre stata iperprotettiva nei miei confronti per paura di perdermi come mio padre. Morì quando avevo quindici anni, mentre ero in accademia a studiare per diventare mago. Dei predoni avevano raso al suolo il villaggio dove abitava. Due anni dopo ho concluso gli studi e ora, per raccattare soldi, accetto lavori come quello che mi ha proposto Scott quando mi sono unito a voi.- Il silenzio tornò a far da padrone fra i due. Il fuoco si stava lentamente spegnendo del tutto.
-Sai, ho pensato molto in questi giorni. Una domanda mi ronza in testa con insistenza: cosa ci faccio io fra di voi? Non che io non voglia aiutarvi in questa impresa, ma insomma, guardami! Sono pavido e gracile, e la mia magia vi ha aiutato ben poco fino ad adesso. Non ho il tuo coraggio e la tua forza, né ho la grinta e la bravura di Scott. Non sono un eroe come voi … - Mike lo interruppe prima che potesse aggiungere altro.
-Questo non è vero! Senza di te non saremmo mai entrati nell’ ambasciata degli Elfi Madyr, e a dirla tutta non ne saremo mai nemmeno usciti. Tu mi hai curato con la tua magia mentre stavo morendo. Sei importante per il nostro gruppo, perché ormai ne fai parte.- Disse mettendogli una mano sulla spalla.
-Sei un nostro compagno, e lo sarai per sempre.- Concluse arruffandogli i capelli cortissimi.
Il turno di guardia giunse al termine. Svegliarono due soldati per farsi dare il cambio e tirarono fuori delle coperte dalla sella dei cavalli.
-Mike- Lo chiamò il mago prima di coricarsi. -Grazie.- Sussurrò.  Poi si stesse sul suo giaciglio appena approntato e si assopì.
Il giorno dopo si misero in marcia all’ alba. Gli uomini che avevano montato l’ ultimo turno di guardia erano inquieti. Il viaggio fu insolitamente silenzioso. Nessuno aprì bocca finchè, nel tardo pomeriggio, Scott non si rizzò sulla sua sella e scrutò l’ orizzonte dietro di loro. Dapprima scorse solo qualche puntino nero in lontananza, ma man mano che quei puntini si avvicinavano diventavano sempre più grossi.
-Un gruppo di guerrieri si sta avvicinando, e non mi sembrano amichevoli.- Sussurrò il rosso a Mike . Il moro si voltò a sua volta e aguzzò la vista. Quelli che scorse non erano semplici soldati, erano ben di peggio. Erano predoni.

Angolo autore
Salve a tutti! Ok, mi scuso per il ritardo, ma ho avuto un nove giorni piuttosto impegnativi, e aggiornare era pressoché impossibile. Vi è piaciuto il capitolo? Non mi è uscito molto bene perchè è stato scritto di fretta, durante gli intervalli fra una cosa e l' altra. Lasciatemi una recensione per farmi sapere se ho sbagliato qualcosa e cosa ne pensate! Ne approfitto per ringraziare ancora Raggio di Gioia ed Emanuele Dago per le loro magnifiche recensioni, e naturalmente anche chiunque segua questa storia. Al prossimo capitolo

Boreal Lele

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Capitolo 14
*** Occhi di ghiaccio ***


Le cronache dei mercenari

-14
Occhi di ghiaccio

I predoni non erano in molti, probabilmente quello che li stavano inseguendo erano semplicemente un piccolo gruppo in avanscoperta. Dovevano essere all’ incirca una cinquantina. Troppi per loro, che erano a malapena in venti. Chef sibilò un’ imprecazione a denti stretti.
-Uomini, in formazione! Preparatevi allo scontro!- Urlò ai soldati della scorta scendendo da cavallo. Mike lo guardò come si guardano i dementi più totali.
-Hai intenzione di attenderli qui ad aspettarli? Hanno da fare ancora un sacco di strada per raggiungerci, se avanzano a quell’ andatura dovranno metterci almeno mezza giornata! Muovendoci in fretta forse riusciremmo a- Chef lo interruppe con cenno secco della mano.
-Non sai quello che dici, ragazzo! Sono predoni delle terre dell’ Ovest, le loro cavalcature sono di tipo demoniaco, non si stancano mai e sono più veloci del vento. Nel giro di due ore saranno già qui. Prendi le principesse e i tuoi due compagni, raccogli un po’ di cibo e fila il più lontano possibile! A Nord, dopo le colline che delimitano la piana, troverete un fiume. Lì sarà facile far perdere le vostre tracce. Io e i miei uomini tenteremo di fermarli, o perlomeno di rallentarli. Andate, veloci!- Urlò.
Mike annuì tristemente, sapendo che sarebbe stata l’ ultima volta che avrebbe rivisto il capitano. Cameron scese di sella e provò a dirgli qualcosa, ma il clangore dei soldati che di mettevano in posizione per respingere l’ attacco nemico coprì le sue parole. Il moro corrugò la fronte e gli fece cenno di ripetere.
-Ho detto che io resto qui!- Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo il mago.
-Cosa? Non se ne parla Cam! Vieni con noi, non lascerò anche te qui.- Gli gridò in risposta Mike. Cameron scosse la testa.
-No! Chef e gli altri verranno spazzati subito via se non li aiuto. Io servo qui, la mia magia serve qui. Per uccidermi ci metteranno un bel po’ quei dannati, te lo prometto. Quando sarò morto voi sarete già lontani.- Il moro tentò di ribattere, ma l’ espressione mago non ammetteva repliche. Chinò il capo e fece girare il cavallo.
-Addio, amico mio. Grazie.- Mormorò, poi spronò il cavallo e raggiunse Scott, Dawn e Zoey. Si scambiarono qualche frase veloce, che Cameron non riuscì a sentire. Scott si voltò a guardarlo. Il mago lesse nei suoi occhi la stessa tristezza che lo aveva aggredito quando Mike era in fin di vita. I due si rivolsero un breve cenno di saluto con la mano, poi il gruppetto di ragazzi si allontanò al galoppo.
 In breve il silenzio scese su tutti loro. Nessuno muoveva più  nemmeno un muscolo. I soldati di Chef si erano disposti a formare un muro si scudi, con le lance che uscivano da ogni fessura disponibile. Dietro di essi, i sette arcieri attendevano con gli archi tesi. Avrebbero venduto cara la pelle. Ogni sguardo era fisso su quel polverone che si avvicinava a gran velocità. Chef si avvicinò a Cameron, mantenendo gli occhi puntati verso l’ orizzonte.
-Potevi salvarti. Perché non sei andato anche tu con i tuoi amici?- Chiese senza preavviso. Il suo tono era calmo, come se si fosse trovato in una situazione simile già altre volte.
-Potevo anche evitare di venire con voi, eppure eccomi qui. Lo sapevo da quando siamo partiti che sarebbe successo. Sapevo che sarei morto durante questo viaggio. Sono rimasto perché so che così contribuirò a salvare i miei compagni. Ora vorrei solo un po’ più di coraggio per affrontare le conseguenze della mia decisione.- La sua voce, al contrario di quella del capitano delle guardie, tremava. Chef liberò una risata sommessa, rivolgendo a Cameron uno sguardo paterno.
-Non temere, il coraggio è l’ ultima cosa che ti manca.-
-Non è vero,sono terrorizzato.- Si lamentò il giovane.
-Il vero coraggio è quello che nasce dalla paura. Ogni vero eroe prova paura prima di affrontare un pericolo, ed è proprio per questo lo si ammira. Gli eroi sconfiggono la loro paura e la dominano. Chi non la prova è un misero folle.- Le parole dell’ uomo confortarono il mago.
Le ore passarono velocemente. Quando il nemico fu abbastanza vicino da udire le sue grida concitate, Chef si rivolse ai suoi soldati.
-Uomini, voglio che voi sappiate che è un onore per me combattere la mia ultima battaglia al vostro fianco! Sono sicuro che un giorno ci rincontreremo. In questa vita o nell’ aldilà.- Concluse il discorso con un urlo poderoso, imitato da tutti i suoi compagni.
-Serrare i ranghi! Frecce pronte!- Ordinò il capitano. Al segnale, le frecce si abbatterono sulla prima fila del nemico, ormai vicinissima. Cameron spalancò le mani e recitò una formula a bassa voce. Una fiammata incenerì cinque cavalieri senza lasciar loro scampo. I loro occhi riflettevano odio puro, i loro volti erano contratti in smorfie terrificanti.
In breve il campo di battaglia si tramutò in accozzaglia di corpi pressati gli uni contro gli altri, vivi e non. Arti mutilati caddero a terra, lame insanguinate si infransero su scudi rovinati, lance vennero spezzate e archi furono utilizzati come armi da corpo a corpo. Cameron formulava incantesimi a ripetizione, ma i nemici sembravano non finire mai. Eppure non potevano essere poi così tanti. Nel caos della lotta, riuscì a intravedere Chef che si batteva da solo contro cinque soldati. Si fece strada attraverso i combattenti a suon di fiammate per correre in suo aiuto.
Quando si trovò vicino alla meta, due figuri lo intercettarono. Uno indossava un’ armatura argentea sporca di sangue secco, aveva la pelle bronzea e lunghi capelli castani raccolti dietro la nuca in un codino, che incorniciavano due occhi di un color verde intenso e un ghigno trionfante. L’ altro invece portava una semplice tunica nera, stranamente pulita nonostante la situazione in cui si trovavano tutti loro, priva di fregi o simboli di sorta. Una cresta verde spiccava al di sopra dei suoi corti capelli corvini. I suoi occhi però erano la cosa più inquietante che avesse mai visto. Non erano occhi normali. Erano azzurrissimi, freddi come l’ inverno del Nord. Avevano un che di mistico, di antico e crudele.
-Il famoso “Mago del Fuoco”. Sarà un onore per noi ucciderti.- Disse quello nell’ armatura.
Cameron non ebbe nemmeno il tempo di pensare ad un incantesimo. L’ individuo dagli occhi di ghiaccio gli scagliò un sortilegio molto potente, che lo scaraventò di nuovo in mezzo alla mischia. Il mago, dopo un attimo di confusione, si rialzò e si rimise in guardia. Quegli occhi lo avevano distratto mettendolo in soggezione, ma non sarebbe successo di nuovo. I suoi avversari arrivarono di corsa, pronti a sferrare un nuovo attacco. Sibilò la formula più potente che gli venne in mente. Due torri di fuoco gigantesche sbucarono dal terreno avvolsero i due. Il mago sorrise fra sé e sé compiaciuto. Non mi chiamano “Mago del fuoco” per nulla. Improvvisamente le torri di fuoco esplosero. Dal fumo emersero indenni i suoi due avversari, lasciandolo sbalordito. Evidentemente “occhi di ghiaccio” aveva eretto una barriera.
-Sei forte, mago, ma non quanto il mio amico. Stai per essere eliminato!- Urlò di nuovo pelle di bronzo. Cameron ghignò al suo indirizzo.
-Credo che tu debba imparare a star zitto. Parli troppo!- Detto questo due raggi violacei saettarono senza preavviso dalle sue mani verso i suoi avversari. Occhi di ghiaccio eresse di nuovo una barriera di energia, che lo difese dall’ attacco del mago. Pelle di bronzo invece venne colpito nella parte destra del volto. Il Mago del Fuoco non ebbe nemmeno il tempo di compiacersi di sé stesso che occhi di ghiaccio aveva già iniziato a incalzarlo con un’ altra serie di incantesimi terribilmente potenti. La battaglia intanto stava volgendo al termine. Gli uomini della scorta, nonostante il valore dimostrato fino a quel momento, stavano soccombendo sotto la superiorità numerica del nemico. Un ultimo incantesimo di occhi di ghiaccio più forte dei precedenti sollevò Cameron in aria, facendolo poi cadere rovinosamente parecchi metri più in là, procurandogli un’ infinità di lividi, tagli ed ossa rotte. Il mago era ormai allo stremo. Non aveva più nemmeno la forza di rialzarsi. Non tentò di difendersi quando vide occhi di ghiaccio avvicinarsi e preparare l’ incantesimo che lo avrebbe finito. Non implorò una pietà con comunque non avrebbe ottenuto. Sorrise semplicemente. Un sorriso amaro, di chi sa che la sua ora è giunta e non può farci niente. Occhi di ghiaccio rimase impassibile, freddo come i suoi occhi.
-Sei stato un degno avversario, Mago del Fuoco.- Non disse altro. Sollevò la mano sinistra, percorsa da bagliori azzurrini e argentei.
- Qual’ è il tuo nome, stregone dagli occhi di ghiaccio? Voglio saperlo prima di morire.- Sussurrò Cameron poco prima che il colpo calasse.
-Quando sarai al cospetto dei tuoi avi, dì loro che ti ha mandato Duncan, Sommo sacerdote delle Streghe di Desolveris.- E sul mago calò il buio.

Angolo autore
Ehilà, ben ritrovati! Infine sono riuscito nel mio intento, arrivare alla tragica morte di uno dei protagonisti! Ok, può sembrare strano, ma questa scena l’ avevo in mente fin da quando ho iniziato la storia.
 Come vi è sembrato il capitolo? Bello? Brutto? Vomitevole? Potevo scriverlo meglio? Fatemelo sapere!
In attesa di sentire il mio parere ringrazio chi continua a seguire questo delirio scritto. Ci sentiamo al prossimo capitolo!
Boreal Lele

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Capitolo 15
*** Dividersi ***


Le cronache dei mercenari

-15
Dividersi

Sui quattro ragazzi aleggiava la paura. Stavano spronando i loro cavalli al massimo. Dovevano arrivare al ruscello, dovevano confondere le loro tracce, dovevano mettersi al sicuro. Eppure i confini della piana sembravano così distanti … Galopparono per ore, cercando disperatamente di avvicinarsi a quelle colline che rappresentavano la loro salvezza. Ogni tanto lanciavano sguardi carichi di timore alle loro spalle, chiedendosi se i predoni avrebbero ripreso la caccia subito, ma non si vedeva nulla.
Quando finalmente riuscirono a raggiungere le colline e a superarle era ormai notte. Si fermarono qualche minuto per far riposare i cavalli e abbeverarli al torrente, poi ripresero la loro fuga. Fecero correre i cavalli in mezzo al fiume, dato che non era molto profondo.      In questo modo sperarono di confondere gli inseguitori. Galopparono per un miglio all’ incirca, poi dovettero fermarsi. Il fiume si divideva in due corsi d’ acqua, uno che portava a Nord e l’ altro che deviava a Nord-Est.
-Quale seguiamo?- Chiese Scott a Mike. Il moro fece mente locale della sua conoscenza geografica. Se la sua memoria non lo ingannava, quello che andava a Nord-Est portava verso il Deserto Rosso, un  luogo su cui circolavano inquietanti voci. Dopo averlo attraversato, il che richiedeva almeno due settimane, a un giorno o due di cavallo, si arrivava direttamente alle foreste elfiche, nelle quali si trovava la capitale degli Elfi Madyr. Era certamente la via più rischiosa, ma anche la più breve. L’ altro corso d’ acqua invece portava verso i Campi del Popolo, l’ immensa distesa collinosa di campi coltivati che si estendeva tra la Piana di Oiran e la capitale degli Elfi Madyr. Quel percorso era molto più lungo dell’ altro, ma anche più sicuro. Ci rifletté ancora un attimo poi alzò le spalle.
-Non ne ho la minima idea.- Rispose all’ amico. Capì immediatamente che anche il rosso era giunto alle sue stesse conclusioni. Un percorso era corto ma pericoloso, l’ altro era sicuro ma lungo.
-Potremmo dividerci.- Propose Zoey dietro di loro. Sua sorella le lanciò un’ occhiata spaventata.
-Dividersi è pericoloso, non voglio.- Sussurrò la biondina. La rossa le accarezzò i capelli affettuosamente.
-Non è pericoloso, sorellina. Ci ritroveremo a casa, te lo prometto.- Poi la abbracciò con fare materno.
-Te lo prometto.- Le sussurrò di nuovo.
-Allora ci dividiamo, è deciso. Zoey verrà con me a Nord, Scott e Dawn invece andranno a Nord-Est. Ci vediamo alla capitale tra un mese. Se entro una settimana dalla scadenza dell’ appuntamento uno di noi non si presenta, gli altri partiranno alla sua ricerca, intesi?- Scott, Dawn e Zoey annuirono all’ unisono. Mike, prima di prendere con sé la sua compagna, si affiancò al suo migliore amico.
-Fai attenzione, nel deserto. Circolano strane voci su quel luogo.- Scott sogghignò alzando la mano in segno di noncuranza.
-Se è per questo anche su di me circolano strane voci, o mi sbaglio?- Domandò ironicamente. Poi assunse un’ espressione seria.
-Stai tranquillo, non ho alcuna intenzione di crepare. Tu piuttosto, stai attento. Dalle ultime notizie nella tua zona ci sono altri predoni, oltre a quelli che ci stanno inseguendo. In più l’ esercito nemico potrebbe essere già arrivato da quelle parti.- Mike annuì. Ne era consapevole, Chef lo aveva informato prima di partire da Città Del Sole.
-E non divertirti troppo con la rossa, Ok?- Gli sussurrò il rosso ghignando per la seconda volta, dando all’ amico un pugno leggero sulla spalla. Il moro arrossì violentemente, cosa che fece aumentare l’ ilarità di Scott.
-Ci vediamo, Rubacuori. E ricordati di non morire, di amici ne ho persi fin troppi, ultimamente.-
-Lo terrò a mente, vecchi mio.- Scott si avvicinò a Dawn, che stava ancora abbracciata alla sorella.
-Vieni, è ora di andare.- Disse ponendole una mano sulla spalla. Lei, senza proferire parola, si sciolse dall’ abbraccio. Stava piangendo.
-Sii forte. Quando arriveremo a casa mi racconterai com’ è andata, va bene?- Le chiese Zoey sorridendole. Dawn  annuì, fece voltare il cavallo e seguì il suo compagno, tornando al centro del fiume e scomparendo al galoppo poco dopo. Anche Mike e Zoey tornarono nel fiume.
-Sei pronta?- Zoey annuì, spronando il cavallo.

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Due settimane dopo la separazione dai loro compagni, Mike e Zoey si trovavano in mezzo ai Campi del Popolo. O meglio, in mezzo a quel che ne restava. Ovunque voltassero lo sguardo non scorgevano altro che cadaveri e raccolti bruciati. All’ inizio dell’ inverno, perdere così tanto cibo poteva voler dire solo la morte per un sacco di gente. Si mossero tra quelle distese di morte in silenzio religioso. La gran parte dei corpi erano di soldati elfici e di contadini. Le capanne in cui dovevano abitare erano ridotte in macerie. Torri di fumo grigio si sollevavano da quello scempio.
Il giorno dopo raggiunsero i resti di un villaggio abbandonato. Era circondato da una cinta muraria semi diroccata che ai suoi tempi avrebbe dovuto difendere gli abitanti. Era servita a ben poco, evidentemente. Al suo interno, una dozzina di case in pietra era stata rasa al suolo, in piedi rimaneva solo qualche muro. Il tempio, che una volta doveva essere stato bianco, aveva assunto un colore grigio sporco, chiazzato di rosso in alcuni punti. Sangue. Il tetto era rovinato a terra, insieme ad una delle pareti, facendo assomigliare ciò che restava della struttura ad un enorme cassone vuoto e rotto. I cadaveri cospargevano il terreno. A differenza delle altre volte, però, oltre a quelli dei soldati elfici e dei contadini, a terra giacevano anche molti predoni e soldati dell’ Ovest. Zoey dovette trattenere un conato di vomito quando trovarono anche un gigante con la testa mozzata.
Vagarono fra quei resti alla ricerca di un riparo sicuro, di un tetto possibilmente non pericolante. Il cavallo di Mike sbuffò nervosamente, cercando di avvertire i suoi padroni del pericolo che incombeva. Il suo cavaliere se ne accorse troppo tardi. Una freccia trafisse il collo dell’ equino. Mezzo secondo dopo, un altro dardo trafisse anche il collo del cavallo di Zoey. Entrambi caddero a terra, cercando goffamente di rialzarsi. Una decina di guerrieri sbucò fuori dal nulla, accerchiandoli. Mike estrasse la spada, nel tentativo di difendersi, solo per essere disarmato prontamente da uno di quegli individui. Il più grosso di essi si avvicinò loro con la spada in pugno. Zoey chiuse gli occhi e si tappò e orecchie, rannicchiandosi a terra. Un pensiero le attraversò la mente. Era la fine.

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Capitolo 16
*** Il Deserto Rosso ***


Le cronache dei mercenari

-16
Il Deserto Rosso

Scott si stropicciò gli occhi, contemplando l’ alba del Deserto Rosso. Doveva ammettere che era uno spettacolo magnifico, che mozzava il fiato. Peccato che fosse già la quinta volta che la osservava nascere. La quinta volta in due ore. Accanto a lui Dawn dormiva beatamente. Non aveva avuto la forza di continuare il viaggio. Si era accasciata sulla sabbia rossa quando l’ ennesima notte gelata era calata.
Giorno e notte si alternavano senza un’ ordine logico, dentro quell’ immensa distesa di sabbia rossa. A volte, dopo l’ alba, tornava di nuovo la notte, oppure compariva direttamente un tramonto lunghissimo. Spesso, di notte, il sole si sostituiva alla luna di colpo, lasciando, i due viaggiatori spiazzati. “Aveva ragione Mike, questo posto è veramente maledetto.” pensò dandosi dello stupido per non aver creduto all’ amico.
Un’ urlo riscosse Scott dai suoi pensieri. Si voltò di scatto verso Dawn. Era in posizione fetale, con gli occhi grigi sbarrati, le mani sulle orecchie e la bocca spalancata. Alcune ciocche dei suoi lunghi capelli biondissimi le ricadevano sul volto, tramutato in una maschera di terrore. Lui la strinse a sé senza dire una parola, accarezzandole la testa. Lei ricambiò l’ abbraccio, singhiozzando.
-Di nuovo, è tornato di nuovo.- sussurrò in preda alla disperazione mentre le lacrime cominciavano a rigarle le guance. Il rosso non dovette nemmeno chiedere cosa fosse tornato. Ormai quella situazione si ripeteva ogni volta che la ragazza si addormentava. Durante il sonno una sensazione di soffocamento e di debolezza la aggredivano. Dopo qualche attimo però scompariva, lasciando il posto a una voce che le sussurrava frasi senza senso e mostrandole del fumo colorato che aleggiava intorno alle persone. A volte, invece della voce e del fumo, comparivano o scene di guerra, oppure scene di eventi apparentemente importanti, di festa, che finivano in bagni di sangue. Per farsi raccontare tutto ciò Scott aveva dovuto supplicarla.
-Ho paura.- Ripeté Dawn ossessivamente. Scott le diede una scrollata.
-Smettila Dawn, è finito. Non devi avere più paura, ora sei sveglia.- Le disse cercando di essere il meno rude possibile. La guardò negli occhi, costringendola a fare lo stesso. Lei si calmò, annuendo debolmente. I due si sciolsero dall’ abbraccio, rialzandosi in piedi.
-Dobbiamo metterci alla ricerca di un’ oasi, o tra qualche giorno non avremo più nulla né da mangiare né da bere.- Scott si caricò in spalla le loro poche cose, incamminandosi verso una direzione imprecisa. Durante la permanenza in quel deserto, a volte avevano trovato delle piccole oasi in cui avevano trovato riparo. Purtroppo erano ormai molti giorni che non ne trovavano una. I cavalli erano stati i primi a morire. Scott si era rifiutato di dar loro la poca acqua che era rimasta.

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-Come fai a sapere che stiamo andando a Nord?- Gli chiese Dawn dopo qualche ora di marcia. L’ alba sorta al loro risveglio non era ancora finita.
-Ovvio, il sole sorge sempre ad Est, e siccome alla nostra destra sta albeggiando, allora il Nord è da quella parte.- Disse indicando davanti a sé con fare saccente, spiegandoglielo come se lei fosse una demente.
-Ma ieri il sole è sorto dove poco prima tramontava. Quello potrebbe anche essere il Sud, per quel che ne sappiamo.- Sbottò la biondina. Lui le rivolse uno sguardo truce. Non avrebbe permesso ad una ragazzina di contraddirlo. Era già nervoso a causa di quella situazione assurda.
-Ascoltami bene, io sono il capo, quindi io decido da che parte è il Nord, capito?- Lei sbuffò innervosita.
-Ma certo, prendiamo una direzione senza riflettere nemmeno per un secondo, tanto peggio di così non potrebbe andare, giusto?- Ironizzò storcendo il naso e alzando la voce.
-Se non ti va bene la direzione puoi anche andare da sola, non ti pare? Non mi serve il tuo aiuto! Inoltre che differenza vuoi che faccia se quello è il Nord o il Sud? A me basta uscire da questo inferno!- Urlò sull’ orlo di una crisi isterica. Lei cambiò immediatamente direzione, scendendo dalla duna che stavano scalando, allontanandosi a grandi passi con fare furente. Il rosso si infilò una mano fra i capelli, stupito dalla testardaggine di quella ragazzina che fino a poche ore prima era timida e tremante, e si accovacciò cercando di riprendersi. Una volta calmo si rialzò e rincorse la sua compagna, raggiungendola e afferrandola per un braccio. Lei cercò di divincolarsi ma lui mantenne saldamente la presa, afferrandole anche l’ altro braccio. Solo allora si accorse che stava cercando di trattenere le lacrime. Sbuffò e scosse la testa. L’ ultima cosa che gli serviva era una ragazzina in lacrime.
-Cosa vuoi? Non sei te che mi hai detto di andarmene? Per te sono solo una stupida senza cervello.- Gli urlò contro lei.
-Non ho mai detto nulla di tutto questo.- Si difese Scott.
-No, ma me lo hai fatto intendere!- Una lacrima cadde sulla sabbia, seguita da molte altre. Si asciugò gli occhi con il dorso della mano con furia, cercando di ricacciare indietro la sua debolezza.
-Ascolta, così non risolviamo niente.- Cercò di calmarla. Si passò una mano sul volto, cercando in cuor suo di calmarsi il più possibile prima di riprendere a parlare.
-Questo deserto ci sta facendo impazzire, dobbiamo mantenere la calma. Non intendevo offenderti. Vuoi fermarti a pensare a una direzione? Va bene, facciamo come vuoi te, ma calmati per favore.- Cercò di convincerla. Lei chiuse gli occhi e tirò un lungo sospiro. Sapeva che Scott aveva ragione.
Rimasero a discutere della direzione da prendere per una buna mezz’ ora. L’ alba e il tramonto in quei giorni erano comparsi in direzioni anomale, il Nord era impossibile da trovare. Decisero di salire su una duna, in modo da farsi una mezza idea della loro posizione. Albeggiava ancora.
Una volta saliti, scrutarono in ogni direzione, non scorgendo altro che la stessa medesima cosa: sabbia rossa, solo sabbia rossa, sabbia rossa fino all’ orizzonte.
-Siamo al punto di partenza.- Scott sbuffò dando un calcio alla sabbia sulla cima della duna, come se in quel modo avesse potuto spazzarla via tutta. La sua espressione mutò dal rassegnato al sorpreso. Sotto di lui una piccola crepa si aprì, facendo scivolare la sabbia verso il basso. Lentamente, la crepa si allargò sempre più dividendo in due la duna.
-Oh mer… - Un boato interruppe Scott, seguito dal sinistro rumore di qualcosa che si rompe. Il terreno si sbriciolò sotto i piedi dei due viaggiatori, facendoli precipitare nel vuoto.
 

 
Angolo autore
Ehilà! Beh, che dire? So di essere in ritardo mega galattico, vi chiedo perdono. Ho avuto davvero poco tempo ultimamente, ma vi prometto che aggiornerò più di frequente da ora in poi (o almeno cercherò di farlo).
Spero che il  capitolo vi sia piaciuto. Vi saluto
Boreal Lele

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Capitolo 17
*** Il guardiano della Biblioteca Perduta ***


Le cronache dei mercenari

-17
Il guardiano delle Biblioteca Perduta

Una caduta senza fine. Dawn chiuse gli occhi, sperando che fosse tutto un butto sogno. Quando li riaprì stava ancora cadendo. In alto intravide il cielo che si allontanava, sempre più lontano, sempre più irraggiungibile. Improvvisamente sentì uno strano calore avvolgerla. Ali di pipistrello rosse e gigantesche si chiusero su di lei. Avvertì un tonfo sordo, come di qualcosa di grosso che si schianta a terra, un mugolio dolorante,  poi fu il buio.
Quando riprese i sensi, era sdraiata a terra. Sotto di lei giaceva Scott. Aveva gli occhi chiusi e i lineamenti distesi, e la avvolgeva con le sue braccia muscolose. Per un momento temette fosse morto, ma il battito del suo cuore che avvertiva nel petto la rassicurò. Era ancora vivo. Lei lo scosse leggermente per svegliarlo, per chiedergli cosa fosse successo, ma lui non fece cenno di riaprire gli occhi.
- Scott? Scott, svegliati.- Gli sussurrò all’ orecchio.
- Risparmiati la fatica, prima di qualche ora non si sveglierà.- Una voce tranquilla, fredda e distaccata, le fece alzare lo sguardo. Un uomo incappucciato, avvolto in un saio grigio sedeva ad una scrivania strapiena di libri, illuminata dalla luce di una candela rossa. Le dava le spalle, mentre leggeva un tomo particolarmente voluminoso.
-Dove siamo? Chi sei tu?- Chiese inaspettatamente intimorita da quella figura.
-Ti hanno mai detto che sei banale, ragazzina?- Domandò a sua volta l’ uomo.
-Chi sei, cosa vuoi, dove sono … domande inutili ed evitabili, tediose oserei dire. Piuttosto, guardati intorno così potrai rispondere da sola alla tua prima domanda.- Continuò con noncuranza la figura. Lei obbedì e fece scorrere lo sguardo attorno a sé. Si trovava su una piattaforma in marmo sospesa nel vuoto, da cui partivano quattro ponti, anch’ essi in marmo. Ogni ponte passava tra due scaffali immani, che sprofondavano nell’ oscurità e che si ergevano in tutta la loro grandezza fino a quello che sembrava essere un soffitto, migliaia di metri più in alto. Gli scaffali erano stracolmi di libri di ogni tipo, forma e dimensione.
-Una biblioteca.- Mormorò Dawn, stupita dalle dimensioni e dalla stranezza del luogo.
-Brillante deduzione, principessa.- Commentò sarcasticamente l’ uomo incappucciato. Lei sgranò gli occhi dalla sorpresa.
-Come sai chi sono?- In risposta ricevette una risata secca, simile ad un colpo di tosse.
-Ho il dono della preveggenza, io so tutto. Da tempo immemore attendo questo giorno.- Si voltò verso la ragazza. Nonostante l’ ombra coprisse il suo volto, Dawn intuì che stava sorridendo.
-Scritto? In che senso “scritto”?-
-È un segreto.-
-Non mi hai ancora detto chi sei, o come ti chiami. E vorrei anche sapere come siamo arrivati in questa biblioteca.- Lui sollevò il braccio destro indicando una piccola luce in alto.
-Siete arrivati da là sopra, dalla guglia. Pensandoci bene, usare le scale che vi erano in fianco forse sarebbe stato meglio che gettarsi nel vuoto, o sbaglio?- Nonostante la frase suonasse irrisoria, Dawn non percepì alcun cambiamento nel tono dello sconosciuto.
-Vuoi dire che sotto il Deserto Rosso si estende una biblioteca?-
-Sotto il Deserto Rosso e oltre, migliaia di metri sotto la superficie, in modo che nemmeno i nani e le loro miniere la raggiungano. I suoi pochi ingressi sono sorvegliati da maledizioni terribili, che inducono alla pazzia.-
-Perché è nascosta?- Un sospiro amaro provenne dall’ interlocutore.
-Il sapere non sempre è un bene per tutti. Ciò che è racchiuso in questo luogo è qui per un preciso motivo.-
-Tu ne sei il guardiano.- Dedusse Dawn.
-Uno dei tre Guardiani del Sapere.- Confermò l’ altro laconicamente.
-Dove sono i tuoi compagni?- L’ uomo non rispose.
-Sono morti?-
-Noi non possiamo morire.-
-Se non sono morti perché non sono qui?-
-Non ritenevano importante custodire un luogo nascosto la cui memoria si era persa da millenni. Mi abbandonarono senza rimorsi per godersi la loro eternità da qualche altra parte. E dire che un tempo li consideravo miei amici.- Del risentimento si fece spazio nel tono gelido del guardiano.
-Mi dispiace.-
-Non ne hai motivo, non eri ancora nata quando ciò è successo.- Ribatté tornando freddo.
-Ci hai salvati tu?- Domandò di punto in bianco la bionda.
- No. -
-Come ci siamo salvati allora? Non è possibile sopravvivere ad una caduta simile.- Affermò fermamente.
-Ci sono molte cose che non sai del tuo accompagnatore, ragazzina.- La sua voce si ridusse a poco più di un mormorio sibillino.
-Che genere di cose?- Insistette Dawn. In risposta ricevette un silenzio gelido. Solo dopo molti minuti l’ uomo rispose.
-Colui che ti cammina al fianco, che ti ha accompagnato fino ad adesso è  uno degli ultimi rappresentanti della sua razza. Appartiene al passato, come la sua gente.- La bionda avvertì un brivido gelido scenderle per la schiena.
- Di che razza stai parlando?- Ripassò mentalmente le razze scomparse che conosceva, domandandosi a quale di esse Scott potesse appartenere.
-Era una razza un tempo potente, scomparsa una ventina di anni fa durante la ribellione che portò tuo padre al trono, sterminata dagli uomini dell’ Ovest e dai loro mercenari. Nessuno se ne ricorda, e chi ne ha sentito parlare crede che sia solo una leggenda. Sto parlando della razza dei draghi.- Dawn sgranò gli occhi, visibilmente stupita.
-Non è possibile, i draghi erano dei lucertoloni giganti con le ali.-
-Ti confondi con i dragoni, principessa. I draghi erano simili ad umani, ma sputavano fiamme e avevano grandi ali “retrattili” sulla schiena.-
-Scott non sputa fiamme e di certo non ha … - si bloccò di colpo, ricordandosi di colpo di cosa aveva visto durante la caduta nel vuoto. Ali rosse che la avvolgevano.
-No, non può essere, Scott non è un drago.- Tentò di aggrapparsi a una qualsiasi speranza che l’ uomo che aveva di fronte le stesse raccontando un mucchio di fandonie. Perché se Scott fosse stato davvero un drago … beh, ogni singola storia che parlava di draghi li descriveva come mostri crudeli e sanguinari.
-Spiacente di doverti deludere, principessa, ma è così.-
-Scott non è un mostro.- Ribatté lei ostinatamente.
-Non ho mai detto nulla di simile. Le storie che li ricordano o sono inventate oppure sono modificate in modo che loro risultino come cattivi. Il popolo del tuo accompagnatore era colto e onorevole, ma purtroppo si era schierato contro tuo padre, durante la ribellione. Re Geoffrey II dovette sudare le classiche sette camice per sconfiggerli. Quando si arresero promise loro la libertà, in cambio della loro fedeltà. Ovviamente accettarono, ma purtroppo l’ odio si era radicato nel popolo del re. In breve ex soldati sbandati in cerca di gloria e mercenari al soldo di signorotti boriosi del’ Ovest cominciarono a perseguitarli. Li sterminarono tutti, senza alcuna distinzione, nonostante i ripetuti appelli del re, che li invitava a fermarsi. In tre si salvarono. Una donna incinta e suo marito, più un soldato che nasconde tutt’ ora la sua vera identità. La donna diede alla luce un piccolo, Scott, morendo di parto. Il padre di Scott fece appena in tempo ad abbandonarlo alle porte di Città Del Sole, prima di essere catturato e ucciso a sua volta. Il resto della storia lo conosci.- L’ uomo sospirò, chinando il capo di nuovo sul libro.
-Quindi sono descritti come esseri maligni solo a causa dell’ odio cresciuto durante la guerra che provavano i popoli verso di loro? I popoli che erano loro alleati non smentirono nulla?- L’ amarezza nella voce della bionda fecero sospirare nuovamente il guardiano.
-Sei troppo giovane per conoscere la crudeltà delle razze che popolano questo mondo, principessa. Ricordati che quegli stessi popoli furono perseguitati, dopo la guerra. La paura era troppa, anche solo per smentire delle fandonie palesi. E sappi che la storia la scrivono i vincitori, non i vinti. I primi possono raccontare qualsiasi bugia sulla guerra appena vinta. Ai secondi, se sono stati risparmiati, non rimane altro che chinare il capo e tacere.-
-Scott sa di essere un drago?- Il guardiano annuì.
-Lord Enderis sapeva chi aveva ospitato, per questo lo tenne con sé. Lo mise al corrente delle sue origini quando lo ritenne necessario, facendogli giurare di non dirlo ad anima viva, nemmeno a Mike.-
-Che fine fece il soldato dei draghi che sopravvisse alle persecuzioni?- Chiese nuovamente l’ elfa dopo qualche attimo di silenzio. In risposta ricevette una specie di risata strozzata.
-Ti sembrerà paradossale, ma fu proprio lui a guidare i mercenari allo sterminio del suo stesso popolo. Ed era fra coloro che vi inseguiva nella Piana di Oiran.-
-Per finire il suo lavoro … - Sussurrò incredula la ragazza.
-Sterminare i suoi simili.- Annuì di nuovo il guardiano.
-Per questo quei mercenari vi inseguivano, per questo e per te e tua sorella. Hanno sempre saputo dove e quando vi trovavate. E Scott sapeva dove era lui, non è vero, drago?- Chiese rivolto al ragazzo, che ancora giaceva ad occhi chiusi alle spalle della ragazza. Lei si voltò di scatto, domandandosi se si fosse svegliato. Lui infatti aprì gli occhi, si mise a sedere e si volse verso il guardiano.
-Da quanto sai che sono sveglio?- Chiese senza rispondere alla domanda postagli dall’ altro.
-Più o meno da quando ho sentito il tuo respiro diventare più leggero, mentre la tua protetta chiedeva per la seconda volta chi ero.-
-In che senso lui sapeva della posizione dell’ altro drago?- Si intromise Dawn spazientita rivolgendosi al guardiano.
-Un drago avverte la presenza un suo simile a miglia e miglia di distanza.- Rispose al suo posto il rosso.
-E perché non ci hai avvertito subito?-
-Perché avrei dovuto giustificarmi, in qualche modo, di poter sentire la sua presenza, e inoltre non immaginavo che si potesse spostare a quella velocità.- La bionda era sul punto di ribattere, ma il guardiano la fermò prima che potesse spiccare parola.
-Mi permetto di informarvi che dovete tornare in superficie, prima che sia troppo tardi.-
-Tardi per cosa?- Chiese stizzito Scott, infastidito dall’ interruzione dell’ uomo.
-Devi sapere che qui sotto, come nel Deserto Rosso, il tempo scorre in modo del tutto differente dal resto del mondo. Il suo scorrere è irregolare e illogico. Voi, per quelli di sopra, siete qua da almeno sei mesi, mentre in realtà siete arrivati solo un paio di giorni fa.-
-Sei mesi?- Ripeterono sbigottiti i due ragazzi.
-Già, sei mesi. E dovete ancora rifocillarvi. Appena avrete finito ci incammineremo verso l’ uscita.-
-Dovremo tornare nel deserto?- Fece esasperato Scott, che all’ idea di tornare in quell’ inferno venne percorso da un brivido. Il guardiano diede loro dell’ acqua e una forma di pane, assieme a della carne secca, comparsa misteriosamente dalle ampie maniche del saio grigio.
-No, vi condannerei a morte se vi facessi uscire nel centro del deserto. Sbucherete a poche miglia di distanza dalla capitale degli elfi, attraverso uno dei passaggi che evocherò sul momento.-
-Perché non in un passaggio regolare?- Chiese Scott addentando il pane, accorgendosi di quanto fosse affamato in quel momento.
-L’ ho già detto, quelli sono maledetti, esattamente come il Deserto Rosso. Inoltre sono tutti lontanissimi dalle foreste elfiche, in posti sperduti e pericolosi. Invece quello che evocherò si aprirà dove vorrò e si chiuderà quando lo deciderò io, in modo che nessuno possa ritrovarlo, nemmeno voi.-
-Tu verrai con noi?- La domanda la pose Dawn, ma la stessa cosa l’ avrebbe chieste anche il suo compagno.
-Si, in fondo potrebbe farci comodo un essere “onnisciente”.- Si aggiunse Scott.
-No, ho fatto un giuramento al quale non posso voltare le spalle.- Ribatté il guardiano.
-Ma i tuoi compagni lo hanno fatto, perché tu non dovresti fare come loro?- Domandò il rosso.
-Perché io ho una parola sola, e quando la do, puoi star sicuro che la manterrò. Migliaia di anni fa mi offrì di nascondere e custodire il sapere che è racchiuso qui sotto, e nonostante sia passato tanto tempo voglio mantenere la mia promessa. Se i miei compagni hanno infranto il loro giuramento non mi riguarda.- Replicò duramente il guardiano. Scott bevve un’ ultimo sorso d’ acqua, poi, pulendosi la bocca con il dorso della mano, si rimise in piedi.
-Se non vuoi venire con noi allora mostraci almeno la strada, noi siamo pronti.-
Camminarono per ore, passando fra file di scaffali immensi illuminati fiocamente da torce che si accendevano al loro passaggio e si spegnevano una volta passati oltre, lasciando l’ oscurità più completa. Dawn si era immaginata una traversata di giorni per coprire la distanza che dovevano percorrere. Invece, verso quelle che credette fosse la sera, arrivarono in prossimità di una lunga e stretta scala, che portava proprio sotto il soffitto a botte della biblioteca.
La scalata non occupò nemmeno un paio d’ore. Il guardiano si avvicinò alla parete, poggiandovi la mano e sussurrando una litania in una lingua sconosciuta, che Dawn riuscì a malapena ad udire. Lentamente la parete si ritirò, lasciando un tunnel stretto e buio al suo posto.
-Quanto tempo è passato da quando siamo caduti, per quelli di sopra?- Domandò Scott, fissando il tunnel.
-Dodici mesi.-
-Ma se in due giorni ne sono passati sei di mesi, com’ è possibile che in poche ore ne siano passati altrettanti?-
-Vi avevo avvertito dell’ irregolarità del tempo, nella biblioteca. State attenti, una volta usciti. In un anno capitano parecchie cose, il mondo come lo conoscevate può essere cambiato.-
-In che senso?-
-Lo scoprirete presto. Ora andate.-
-Un momento. Prima hai affermato di saper tutto. Se è vero allora sai perché danno la caccia a me e a mia sorella.- Dawn sperò con tutto il cuore che il guardiano lo sapesse. Necessitava di sapere il perché della caccia che le stavano dando. Lui annuì.
-Sei sicura di voler sapere il perché? Certe verità fanno più male di quanto ci si aspetti.-
-Sono sicura.- Disse la bionda fermamente.
-Beh, sappi che non sei te che cercano, né tua sorella, o almeno non direttamente. Cercano qualcosa che avete fin dalla nascita, una maledizione che i vostri stessi genitori nascosero dentro di voi.- Dawn parve non capire, così il guardiano si spiegò meglio.
-Vostro padre, quando, a causa della tenacia dei draghi, la sua ribellione volse al peggio per le sue truppe, chiese l’intervento di una divinità elfica, alla quale promise in sacrificio qualunque cosa, pur di ottenere la vittoria. La divinità accettò e gli affidò due pietre magiche, una per prevedere le possibilità offerte dal futuro e per intuire i pensieri dei suoi avversari, l’altra per avere l’ invincibilità in combattimento. Grazie ad esse vinse, sbaragliando i draghi e conquistando la capitale. Purtroppo, a guerra finita, quando tua madre rimase incinta di te e tua sorella, la divinità venne a riscuotere il sacrificio. A dispetto di ciò che si era immaginato re Geoffrey, non chiese per sé nulla di materiale. Chiese semplicemente che le bambine che sarebbero nate dal ventre della regina fossero consacrate al suo culto, e che, tramite un sigillo, le pietre venissero poste nei cuori delle neonate, in modo che nessun’altro a parte loro potessero farne utilizzo, finché fossero rimaste in vita. Vostro padre eseguì le sua volontà, e in gran segreto ordinò ad un anziano mago di imporre il sigillo sulle due bambine.
-L’anziano morì per lo sforzo, ma l’ incantesimo riuscì comunque. Gli uomini che vi danno la caccia cercano quelle pietre che voi inconsapevolmente custodite. La pietra che custodisci te, mia principessa, è quella della predizione del futuro e dell’intuizione del pensiero altrui, per questo fai quei sogni che tanto ti spaventano e che non ti sai spiegare.- Dawn rimase di pietra di fronte a quelle affermazioni così assurde, ma allo stesso tempo così verosimili.
-Ma se vogliono le pietre perché non hanno direttamente effettuato un incantesimo che le separasse dal cuore delle principesse mentre loro erano prigioniere del loro zio?- Chiese Scott corrugando la fronte. Il guardiano rise con la sua solita risata simile ad un colpo di tosse.
-Evidentemente di magia non sai nulla, se fai una domanda del genere, drago. Un sigillo può essere annullato solo dal mago che l’ha evocato, proprio come il tunnel che ho creato poco fa. L’ unico modo che avevano per ottenere le pietre era strappare il cuore alle principesse, ma per fortuna loro zio ebbe degli scrupoli, che gli impedirono di permettere un atto simile. Purtroppo ora quegli scrupoli sono dissipati. Una volta che vi avrà catturato entrambe, non esiterà a uccidervi barbaramente, pur di compiacere la sua padrona.-
-Padrona?- Ripeterono all’ unisono i due ragazzi.
-Lo scoprirete in futuro. Ora che vi ho detto ciò che volevate potete andare.- Dawn gli pose una mano sul braccio, sorridendo.
-Grazie per tutto ciò che hai fatto per noi. Senza di te saremmo morti. Come possiamo ringraziarti?-L’ uomo fece un gesto di noncuranza con la mano.
-Non fraintendete, ho fatto ciò che ho fatto solo perché era mio dovere, ma se proprio ci tenete a fare qualcosa per me, una volta arrivati alla capitale, nel caso incontraste un uomo e una donna chiamati Owen il Possente e Izzy Tre Volti, dite loro che qui c’ è ancora bisogno di loro, e che Noah non ha smesso di aspettarli.- Concluse laconicamente.
-Lo faremo.- Affermò Scott annuendo. Poi  il guardiano riassunse il suo contegno e col suo solito tono freddo li invitò a oltrepassare il tunnel.
-Forza, il viaggio è lungo, e voi avete ancora molto da fare in superficie.- Dawn entrò per prima, poi si volse verso Scott e gli fece cenno di seguirla. Poco prima che il drago entrasse, il guardiano lo prese per un braccio e gli si avvicinò all’ orecchio.
-Se un giorno non molto lontano dovessi scegliere fra una spada ed uno scudo, scegli lo scudo, ragazzo.- Sussurrò. Poi lo lasciò andare, lasciandolo visibilmente confuso. Scott si inoltrò nel tunnel raggiungendo la sua compagna. Il tunnel, poco dopo la loro entrata, si richiuse alle loro spalle.
Camminarono per almeno un’ora dentro quello stretto cunicolo, seguendo la sua inclinazione leggermente verticale. Proprio quando i due ragazzi cominciarono a credere che non avrebbero mai visto l’ estremità opposta del tunnel, una luce in lontananza attirò la loro attenzione. La luce del sole.

Angolo autore
Buon salve a tutti! Ebbene si, sono ritornato (per l’ennesima volta in ritardo, cosa di cui mi scuso umilmente)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ci ho messo un bel po’ a scriverlo (causa mancanza ispirazione e dubbi sul contenuto)
Se avete qualcosa da farmi notare (errori, suggerimenti, pareri o cose del genere) non esitate a farmele notare.
Spero di riuscire ad aggiornare presto (scuola permettendo), dal momento che il diciottesimo capitolo l’ho già scritto a metà.
Beh, che altro dire? Vi ringrazio per l’ attenzione e vi saluto
Boreal Lele

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Capitolo 18
*** Celle oscure ***


Le cronache dei mercenari

-18
Cella oscura

Duncan si riscosse dal lieve torpore che lo aveva assalito. Si trovava nella taverna dove la notte prima si era ubriacato assieme ai suoi compagni. Velocemente si rialzò dalla panca di legno su cui era seduto ed uscì all’ aria aperta. Il cambio di temperatura lo fece rabbrividire, nonostante indossasse un tunica nera di lana grezza. La neve ricopriva interamente la capitale degli Elfi Madyr. I suoi abitanti, nonostante la guerra fosse quasi finita, aveva ancora paura di uscire per strada. Mentre attraversava la via del mercato, quella che portava a palazzo, il moro non scorse altro che finestre e porte sbarrate sulle case. Da un anno avevano conquistato la città, ma ancora la gente non si fidava degli uomini dell’ Ovest, e di conseguenza li rifiutava. Solo poche, povere botteghe osavano rimanere aperte. La guerra aveva portato solo morte e povertà in mezzo a quella gente. In fondo, però, a Duncan non importava più di tanto. A lui importava solo una cosa, e l’avrebbe ottenuta, a qualsiasi costo.
Arrivato a palazzo si diresse verso le segrete, dove, come ogni mattina, si recava a interrogare la solita persona, nella solita umida, sporca, cella oscura. La fioca luce delle lanterne rischiarava gli stretti corridoi che lo avrebbero portato a destinazione, illuminando le porte dei prigionieri piantonate ognuna da due guardie. Contò i passi che lo separavano dal suo quotidiano incontro. Si fermò davanti ad una porta in mogano massiccio, con pesanti borchie in acciaio e una stretta fessura attraverso la quale si poteva sbirciare all’ interno della cella. Vide Alejandro, ricoperto come al solito dalla sua armatura, con la sua benda sull’ occhio destro attraversato verticalmente da una grossa cicatrice, seduto ad un tavolo posto in fianco alla porta. Un boccale di birra gli faceva compagnia.
-Ehi, Duncan, vuoi unirti a me?- Chiese l’ uomo sollevando il boccale. Duncan scosse la testa in cenno di diniego.
-Il prigioniero come sta?- Domandò ghignando. Alejandro scosse i suoi capelli castani in un cenno stizzito.
-E come vuoi che stia? Mezzo morto come il giorno che l’ hanno portato qui, e depresso per la sua lunga permanenza.- Dopo un’ attimo di pausa si alzò dalla sedia e mise una mano sulla spalla di Duncan.
-Io dico di liberarcene. Non parlerà mai, nemmeno se lo continuassimo a torturare per cent’ anni ancora. Non ti aiuterà a trovare chiunque tu stia cercando. Inoltre sono stufo di fargli da balia.- Concluse incrociando le braccia e sbuffando sonoramente.
-Quello che faccio io non ti riguarda, Alejandro. Sono molto vicino al mio obbiettivo, e non intendo rinunciarvi per un tuo capriccio. Se non vuoi più fare da balia al prigioniero, allora puoi benissimo fare richiesta di essere trasferito a Città Del Sole, dove sono sicuro che non ti annoierai tra lo sterminio dei tuoi uomini e una capatina fino al campo per farti ricucire i buchi nella pelle. Ringrazia i tuoi dei, se ne hai, di non essere là a combattere in questo momento.- Detto questo lo fulminò con i suoi occhi di ghiaccio ed aprì il pesante portone.
All’interno della cella regnava la penombra. Duncan ci mise un attimo ad abituare i suoi occhi alla scarsa quantità di luce. In un angolo scorse una figura rannicchiata su sé stessa. Era immobile, quasi come se fosse senza vita. Un lieve cigolio delle catene a cui era legata spezzò il silenzio che si era creato.
-Sei tu?- Una domanda posta da una voce sussurrante, roca. Una voce che un tempo era stata ferma e sicura, ma che ora era flebile e distante.
-Sono io, Lord dell’ aquila. Come sempre.- La freddezza nelle sue parole fece in qualche modo ridere la figura.
-Sai che sei l’ unico che mi parla da quando sono qui?- Chiese con tono innocente.
-Ho dato io stesso disposizione che nessuno di rivolgesse la parola.- Rispose il moro.
-Che gentile, hai voluto che nessuno mi infastidisse.-
-Veramente cercavo di farti impazzire, e a quel che vedo ci sono quasi riuscito.-
-Già, impazzito, proprio così.- Ripeté distrattamente la figura. Duncan fece scaturire dalla mano una fiammella azzurra grazie alla sua magia, e, accovacciandosi, avvicinò il tenue bagliore al viso dell’incatenato, illuminandone i tratti. Era un ragazzo sui vent’ anni, nudo dalla vita in su, con il corpo cosparso dalle più svariate cicatrici. Persino la faccia non era stata risparmiata, piena di lividi com’ era, scheletrica, ricoperta di sangue raggrumato e sporcizia. A stento Duncan avrebbe riconosciuto il fiero ragazzo  che era quando gli era stato portato. Lunghi capelli corvini anch’essi sporchi ricoprivano in parte i segni della tortura.
-Ti ammiro ragazzo, lo devo ammettere. Difficilmente avrei pensato che tu fossi talmente resistente da durare un anno intero sotto quotidiana tortura, e invece eccoti qua, capace ancora di rispondere in modo sensato alle domande. Credimi, durante la mia lunga vita ho conosciuto migliaia di esseri, di ogni razza, cultura e provenienza, ma solo pochi di loro sarebbero resistiti come hai fatto te. Qual’ è il tuo segreto?- In risposta ricevette solo silenzio. Un bagliore della fiamma più forte degli altri illuminò per un breve istante la faccia dell’ incatenato. Duncan fu quasi certo di aver scorto un sogghigno sulle sue labbra.
-La tua tenacia mi colpisce, ma è inutile che tu resista, te l’ ho detto. Sei come il pesante portone di un castello. Per quanto tu possa essere possente, per quanto tu possa essere ben difeso, cederai comunque sotto i colpi di un ariete. Non rendere la tua vita ulteriormente difficile, dammi le informazioni che voglio e ti lascerò andare. Altrimenti sarò costretto a continuare con i miei metodi.- Ancora un’ ostinato silenzio calò sulla stanza.
-Immagino che ormai le minacce siano inutili vero? Hai già sofferto troppo per aver paura di soffrire ancora.- Duncan si raddrizzò, dando le spalle al ragazzo.
-Per cinque anni della tua vita hai fatto il mercenario, giusto? E cosa sono i mercenari, se non degli uomini che venderebbero la loro famiglia per i soldi? Se c’è una cosa che imparato dalla vita è che ogni uomo ha il suo prezzo, e sono sicuro che anche tu ne hai uno. Dimmi quale. Oro? Gioielli? Donne? Potere? Immortalità? Io posso darti tutto ciò, basta che tu mi dica dove si trova la principessa Dawn e il tuo amico.- Ancora nulla.
-Rispondi!- Urlò in preda ad uno scatto d’ira Duncan, tirandogli un calcio nello stomaco. Un gemito soffocato fu l’unica cosa che uscì dalle labbra del ragazzo.
-Sei un miserabile! Sai quanta gente avrebbe voluto avere la tua opportunità? Potresti porre fine alle tue sofferenze, ma invece te ne stai zitto e continui a subire passivamente. Cosa fai quando ti torturano? Pensi a qualcosa di felice per non sentire il dolore? Beh, ti avverto che spazzerò via persino quei tuoi pensieri felici, distruggerò tutto ciò a cui tieni se non parli, capito? Alla tua amata principessa verrà strappato il cuore tra non molto, dobbiamo solo attendere di avere fra le mani anche sua sorella.- Il ragazzo alzò lentamente la testa. I suoi occhi color nocciola si illuminarono di una luce inquietante.
-Come osi darmi del miserabile? Sono forse io quello che ogni giorno picchia un uomo incatenato, quello che lo fa torturare, quello che tenta di farlo impazzire? Sono forse io quello che riversa la sua frustrazione su chi non si può difendere? Non mi pare che mi si possa chiamare miserabile perché sto difendendo chi amo. Sono un mercenario, è vero, ma sono anche un mercenario abbastanza ricco da potermi permettere una clientela selezionata da me. A differenza di qualcun altro, se non sbaglio.- Le parole cariche del disprezzo del ragazzo rimbombarono nella mente dello stregone. Duncan non lasciò che nessuna emozione trasparisse sul suo volto. Si limitò a tirare un’ altro calcio, questa volta in direzione del volto del ragazzo. Lui si rannicchiò ancora di più, ma riuscì comunque a dare sfogo ad una risata minacciosa.
-Si, bravo, colpiscimi ancora, forza. Ti consiglio di ammazzarmi immediatamente, perché se un giorno dovessi rincontrarmi senza queste catene ai polsi … beh, quello sarà il tuo ultimo giorno, te lo giuro.-
-Ti dovrei far strappare la lingua.-
-In tal caso la speranza di sapere la tua preziosa informazione andrà in pezzi per sempre.-
-Potrei ottenerla dalla tua amichetta, magari le si scioglierà la lingua mentre la stupro.-
-Provaci e ti strapperà a morsi la tua virilità, ammesso che un senza palle come te ce l’abbia.-
-Vogliamo scommettere che invece le piacerà?- Un ringhio sommesso fu la risposta del ragazzo, prima che cercasse di avventarsi contro lo stregone. Le catene alle braccia e al collo lo bloccarono poco centimetri prima che le sue mani riuscissero ad artigliargli il volto. Nonostante fosse impossibilitato a raggiungerlo continuò a spingere verso di lui, rischiando pericolosamente si strangolarsi. Duncan rise crudelmente avvicinandosi al suo viso.
-Questa guerra non la puoi vincere, ragazzo.- Gli sussurrò malignamente. L’altro smise di cercare di colpirlo, rimanendo comunque in piedi. Sulle prime sembrò che stesse tornando nel suo angolino, sconfitto, ma con uno scatto felino si riportò vicino allo stregone e gli sputò nell’ occhio sinistro.
-Io scommetto il contrario.- Sibilò. Un ghignò di sadica soddisfazione si delineò sulle sue labbra quando vide l’espressione schifata del suo interlocutore.
-Me la pagherai!- Rabbiosamente Duncan gli diede le spalle, pulendosi il volto con una manica della sua veste. Si avviò a passo svelto verso il pesante portone della cella, serrando i pugni fino allo spasmo per cercare di calmarsi.
-Ci vediamo domani, Mike.- Sbatté la porta alle sue spalle. Alejandro era ancora seduto al tavolo, che sorrideva tra sé e sé.
-Dì al torturatore di non risparmiarsi oggi, con questo insolente.- Con queste parole lapidarie se ne andò, sapendo che il giorno seguente sarebbe comunque ritornato in quella umida, sporca, cella oscura.

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Capitolo 19
*** Spade vermiglie e calde lacrime ***


Le cronache dei mercenari

-19
Spade vermiglie e calde lacrime

Quando Dawn e Scott uscirono dallo stretto tunnel era quasi il tramonto. Si trovavano alle porte di un piccolo villaggio, ai margini della Foresta Elfica. Il guardiano aveva detto il vero, il passaggio li aveva portati nelle vicinanze della capitale. In lontananza  riuscirono a intravedere la sagoma degli edifici della città. Il villaggio era piccolo e sobrio. Aveva una sola locanda e un solo tempio. Una dozzina di case in pietra era disposta ordinatamente attorno ad una piccola piazza, al centro della quale vi era una statua di un eroe. Solo pochi poveri mercanti cercavano di vendere i loro prodotti, in piazza, e ancor meno persone erano uscite per comprarli. Ogni passante teneva lo sguardo basso, timoroso, come se ci fosse stato un enorme pericolo pronto in agguato.
L’attenzione di Dawn venne colpita proprio da quelle case. Erano tutte annerite, come se un incendio le avesse avvolte non molto tempo prima. Sulle pareti di alcune case vi erano delle macchie scure. Quando l’elfa, incuriosita, vi si avvicinò, rimase come pietrificata. Le macchie erano sangue rappreso.
-Scott … - Mormorò portandosi una mano alla bocca, indicando con l’altra la macchia.
-Ho visto, e non mi piace affatto.- La circondò con un braccio e la portò via. Si diressero verso la locanda, magari per mangiare qualcosa e per trovare un riparo per la notte, dal momento che il sole stava tramontando.
-Calati il cappuccio sul capo e tieni la testa bassa. Non voglio che qualcuno ti riconosca fin quando non saremo arrivati alla capitale, va bene? Se qualcuno ti riconosce, nega di essere una principessa, anche davanti all’evidenza.- Le sistemò il cappuccio con cura, come avrebbe fatto con una bambina.
-Perché non vuoi che mi si riconosca? Se dicessi chi sono delle guardie mi scorterebbero fino a palazzo, non correremmo più pericoli.- Il rosso si voltò accennando con la testa ad uno stendardo appeso ad una costruzione leggermente più grossa delle altre che doveva essere una gendarmeria. Sullo stendardo era raffigurata una folgore d’oro in campo blu.
-Non è uno stemma comune da queste parti, è dell’Ovest.-
-Dici che la capitale è … - Il rosso annuì tetramente.
-Dico che la capitale degli elfi è stata conquistata. Il guardiano ci aveva avvertito: Il nostro mondo è cambiato mentre eravamo via. Per questo non voglio che ti si riconosca. Potrebbero darti la caccia. È meglio non correre rischi, finchè non sappiamo come stanno le cose.- Dawn lo guardò negli occhi cercando i suoi.
-E se è come dici tu? Se la capitale è stata conquistata dove ci rifugeremo?- Scott si strinse nelle spalle.
-Non ne ho idea. Aspettiamo di capire com’è la situazione, poi si vedrà. Tu intanto fa come ti ho detto.- Lei obbedì, riluttante.
Entrarono nella locanda, trovandosi davanti una vasta sala rumorosa e allegra. Seduti alle lunghe tavolate che occupavano la gran parte dello spazio si trovavano una decina di soldati ubriachi fradici che ridevano sguaiatamente. Curiosamente erano gli unici avventori. Dietro il bancone risiedeva l’individuo più grosso e grasso che i due avessero mai visto. Aveva un volto bonario, una arruffata zazzera di capelli biondi e due occhi neri come la pece. Sorrideva nervosamente, con un’aria tesa come una corda di violino. Probabilmente era intimorito dalla presenza dei soldati.
 Assieme a lui si trovava una donna dai lunghi capelli ricci e rossi come il fuoco, presumibilmente sua moglie. I suoi occhi, di un verde vivace, saettarono immediatamente verso i nuovi arrivati. Si rivolse al marito, sussurrandogli qualcosa di impossibile da udire, ma che l’uomo comprese alla perfezione. Anche lui si voltò verso di loro e annuì, facendosi subito serio.
Scott si avviò a passo sicuro verso i due, seguito da una Dawn sempre più intimidita.
-Del cibo e una camera, per favore.- Esordì il rosso in tono freddo. Pose sul bancone due monete d’oro, le ultime che gli erano rimaste. L’oste gli si avvicinò, chinandosi per arrivare alla sua altezza.
-Fareste meglio a non stare qui in questo momento, ragazzi. Andatevene, prima che … - Sussurrò loro, prima di essere interrotto bruscamente da uno dei soldati.
-Ehi oste! Porta altra birra!- Urlò barcollando per il troppo alcool. L’uomo fece in tempo a sussurrare un altro “andatevene” prima di fiondarsi a servire il soldato al tavolo, riassumendo quel sorriso teso di poco prima. Dawn e Scott si lanciarono una breve occhiata, prima di cercare di chiedere spiegazione alla moglie del’oste. Da lei ricevettero solo uno sguardo allarmato rivolto alle loro spalle, che compresero solo quando la bionda venne afferrata per un braccio da uno dei soldati.
-Ehi, voi due chi siete?- Chiese l’uomo. Il suo alito puzzava terribilmente di birra.
-Siamo due contadini venuti dalle Terre Centrali. Siamo diretti alla capitale per andare a trovare la madre di mia moglie.- Mentì prontamente Scott, che andò a frapporsi tra l’uomo e Dawn. La biondina venne portata via dalla moglie dell’ oste, che la circondò con le braccia con fare protettivo.
-Oh, quindi siete marito e moglie, eh? Un vero peccato che una così bella ragazza sia sprecata con un “pel di carota”, giusto amici?- Urlò ai suoi compagni in tono sprezzante. Loro risposero sghignazzando. Scott portò una mano all’elsa della spada legata di traverso alla schiena.
-Beh, dubito che starebbe meglio con un sacco di merda e i suoi degni compari, o sbaglio?- Rispose in tono di sfida il rosso. Il soldato rimase di stucco per la risposta. Quando si riprese portò anche lui una mano all’elsa della sua spada.
-Come ti permetti, pezzente? Stai parlando con il grande capitano ser Justin Arthur Wennerton e i suoi uomini! Ti ordino di strisciare ai miei piedi implorando pietà e leccarmi gli stivali, miserabile!- Sbraitò barcollando di nuovo. Lentamente i suoi uomini si fecero intorno a loro, estraendo le armi con fare minaccioso.
-Vi prego, miei signori, non facciamo sciocchezze! C’è stato un malinteso, quest’uomo non voleva offendervi, e … - Cercò di calmarli l’oste. Uno dei soldati gli assestò un pugno sul volto, facendolo cadere all’indietro.
-Zitto, sacco di lardo! “Pel di carota” mi ha offeso, e non intendo fargliela passare liscia.- Urlò ancora l’uomo.
-Non credo proprio che mi inginocchierò mai davanti ad un abominio in forma umana come te, messer imbecille!- Scott ghignò crudelmente, sputando ai suoi piedi. Un buon combattimento era proprio quello che ci voleva per saziare l’improvvisa voglia di uccidere che gli era venuta. La sola faccia abbronzata di quell’ idiota aggiunta a quello sguardo sprezzante gli faceva venire voglia di pestarlo a sangue.
Allora stuprerò tua moglie proprio sotto i tuoi occhi, prima di tagliarti la gola.- Ringhiò l’altro snudando la spada e menando un fendente nella sua direzione. Era talmente scoordinato e lento che Scott lo evitò facilmente scartando di lato. Snudò a sua volta la spada, incrociandola con quella del suo avversario. Le lame lampeggiarono alla luce delle torce che illuminavano la stanza, provocando una miriade di scintille cozzando. Gli uomini di ser Justin si disposero a cerchio intorno ai due, urlando e incitando il loro capitano.
Scott si abbassò per evitare un altro fendente dell’avversario, poi gli girò intorno fulmineamente fino a trovarsi alle sue spalle. Lo tempestò di colpi, rompendo in più punti la sua armatura luccicante. Voleva divertirsi prima di ucciderlo.
L’altro caracollò in ginocchio, tentando di difendersi agitando la sua spada a destra e a manca. Il rosso lo atterrò definitivamente con un fendente al volto.
In un secondo i soldati gli si avventarono contro, nove contro uno. Scott ebbe facilmente ragione su tre di loro, incrociando le lame e assestando colpi mirati alla gola, evitando i loro fendenti. Un uomo tentò di atterrarlo sbattendogli contro il suo scudo e tirandogli addosso la spada. Il rosso riuscì ad evitarli, avventandosi contro di lui e trafiggendolo al petto. Le due armi rimbalzarono lontano, tra le tavolate. Cinque soldati lo costrinsero ad arretrare attaccandolo simultaneamente, il sesto gli andò alle spalle e lo colpì alla nuca, stordendolo.
Scott fu disarmato perdendo la spada, che andò a cadere lontano, dietro i suoi nemici. Tentò di indietreggiare ulteriormente, ma gli riuscì solo di cadere di nuovo sulla schiena. L’uomo che lo aveva colpito alle spalle agitò la sua mazza da guerra nella sua direzione. Se non si fosse spostato prontamente di lato il suo cranio sarebbe diventato una gelatina vermiglia.
A stento riuscì a rialzarsi e a correre fino alle tavolate, dove erano rimbalzate le armi che gli erano state tirate contro poco prima. Dietro di lui udì il clangore di una nuova lotta. L’oste aveva impugnato una spada a due mani e aveva ingaggiato un duello con i soldati. Solo il guerriero con la mazza da guerra, il più pericoloso di tutti, lo aveva inseguito. Scott inciampò di nuovo, stavolta cadendo di faccia. Rialzando lo sguardo notò che la spada e lo scudo che stava cercando erano poco lontano, sotto uno dei tavoli, a una distanza uguale l’una dall’altro. Si trovò a dover scegliere tra la spada e lo scudo.
Improvvisamente gli tornarono alla mente le parole del guardiano della Biblioteca Perduta. “Se un giorno non molto lontano dovessi scegliere fra una spada ed uno scudo, scegli lo scudo, ragazzo” aveva detto. Decise di fidarsi di quelle parole. Si gettò verso lo scudo, giusto in tempo per evitare un altro colpo mortale. Vi si riparò sotto. Era un massiccio scudo di quercia, pesante e grosso, adatto a sopportare i brutali colpi di una mazza da guerra. Sentì sopra di lui l’avversario mandare in pezzi il tavolo sotto il quale si era riparato. Il clangore dell’altro combattimento era quasi cessato del tutto, e con tutto il cuore sperò che fosse stato l’oste a uscirne vincitore.
Non fece in tempo nemmeno a controllare che un secondo colpo di mazza da guerra si abbatté verso di lui, questa volta sul suo scudo. Lo spesso legno di quercia resistette a stento, cosa che invece non riuscì alla spalla destra di Scott. Il contraccolpo gli mozzò il fiato dal dolore. Un’altra mazzata, e poi un’altra ancora si abbatterono sullo scudo prima di mandarlo in frantumi.
Il rosso si ritrovò sdraiato sulla schiena e senza nemmeno una difesa davanti al gigantesco uomo che si apprestava a fendere l’ultimo colpo. Il soldato alzò l’arma sopra la testa. Scott portò davanti al volto l’unico braccio che riusciva a muovere in un vano tentativo di ripararsi. Attese il colpo finale ad occhi chiusi. Rimase in quella posizione per qualche secondo, poi, accorgendosi che il colpo non arrivava, provò a sbirciare da dietro le fessure tra le dita. Il gigantesco soldato era ancora nella medesima posizione di poco prima, solo che il suo ventre era trapassato da una lama resa vermiglia dal sangue. Sospirò di sollievo quando lo vide lasciar la presa sulla mazza da guerra e accasciarsi al suolo.
Il rosso si era aspettato di vedere la grossa sagoma dell’oste dietro il suo corpo, invece vi trovò una Dawn terrorizzata, con la spada insanguinata ancora stretta in pugno. L’ultima immagine che gli rimase impressa nella mente prima di svenire fu proprio l’elfa con il volto sporco di sangue e una calda lacrima che le stava sgorgando dagli occhi.
Poi per lui si fece tutto confuso, finchè non perse conoscenza.

 

Angolo autore

Ehilà, è un bel po’ che non mi faccio sentire, eh? Beh, vi chiedo scusa, la mia ispirazione mi aveva abbandonato e i compiti di scuola hanno completato l’opera. Quando avevo un minimo di tempo libero non sapevo come continuare la storia, finchè oggi pomeriggio sono stato illuminato e ho ricominciato a scrivere.
Ne approfitto per avvertirvi che non so se prima di Natale avrò altro tempo per scrivere. Cercherò comunque di abbozzare comunque qualcosa e di ritagliarmi qualche ora di tempo per scrivere.
Tornando alla storia, vi è piaciuto il combattimento? Mi sono divertito a scriverlo, soprattutto la parte in cui tirano dietro le armi a Scott. Eheheheheh!
Bene, smetto di tediarvi. Vi saluto e vi ringrazio per aver letto il capitolo
Saluti
Boreal Lele

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Capitolo 20
*** Intrigo ordito nella penombra ***


Le cronache dei mercenari

-19
Spade vermiglie e calde lacrime

Quando gli venne riferito che era atteso nella sala del trono, Duncan era appena uscito dalla cella di Mike Enderis, il cui sangue fresco lordava ancora le sue mani. Era incredibile la resistenza sotto tortura di quel ragazzo. Ormai cominciava a credere che frustarlo non servisse più. Non urlava, non mugolava di dolore, non implorava pietà. Si limitava a fissare il vuoto con occhi spenti. Le minacce non lo sfioravano neppure. Le poche volte che sembrava prestare un po’ più di attenzione erano quando Duncan nominava Zoey. Allora lo guardava con uno sguardo minaccioso. Ma questo solo per pochi istanti, poi tornava a chinare il capo e a subire i colpi in silenzio. Duncan lo odiava con tutto il cuore. Lo odiava perché era diventato debole, lo odiava perché non reagiva. Lo odiava perché si era rassegnato.
Rimuginava ancora su un espediente per farlo parlare quando arrivò al cospetto del trono che un tempo era appartenuto al re degli elfi, re Geoffrey II. Era un enorme scranno dorato finemente intarsiato, ricco di una moltitudine di splendidi rilievi, posto innanzi a due vetrate alte fino al soffitto della sala che davano su un cielo in tempesta. Seduto sullo scranno, nella penombra della sala, dietro un velo che lo copriva completamente impedendo di distinguerne i tratti, vi era la figura del suo signore. Duncan Si inginocchiò chinando io capo.
-Mi hai mandato a chiamare, mio signore?- Esordì l’ex-Gran sacerdote delle Streghe di Desolveris.
-Duncan, mio servo. Ho bisogno di te.- L’uomo dietro il velo tacque per qualche secondo. La sua voce, seppur modificata in modo che sembrasse profonda e scura, risuonava vecchia e stanca. Non era la voce che Duncan era abituato a sentire.
-Mio signore, c’è qualcosa che non va?- Chiese Duncan, non avvertendo più alcun suono da dietro il velo. Un improvviso ansimo gli fece venir voglia di aprire il velo e controllare che il suo padrone non stesse morendo. Si fermò quando gli tornò alla mente che il suo signore gliel’aveva proibito tassativamente. Nessuno doveva vederlo in volto per nessuna ragione.
-Duncan, io mi sto indebolendo sempre più ogni giorno che passa. Cerco di assorbire tutta l’energia vitale possibile ogni volta che posso, ma questo ormai non mi basta più. Solo una cosa può aiutarmi: il potere delle figlie del Re.- Duncan si agitò, sentendosi a disagio.
-Mio signore, sto facendo il possibile per far parlare Lord Mike, ma a nulla sembrano servire le torture. Ormai è da un anno che ogni giorno lo sottopongo ai miei “interrogatori”. Credo che non sia più sensibile al dolore.- Alzò il capo cercando con gli occhi un movimento che gli facesse capire cosa stesse pensando il suo padrone, ma la sua figura non si mosse nemmeno di una virgola.
-È dello stesso stampo di suo padre. Fedele fino all’ultimo e incapace di tradire i suoi compagni. Da lui non saprai niente su dove erano diretti il suo compagno e la principessa Dawn.-
-Suo padre è morto di orrendi dolori.- Rilevò Duncan. Era stato il mese prima che Lord Enderis era morto di febbri addominali. Ora a Città Del Sole al posto del loro fratello prigioniero comandavano i suoi quattro figli minori, cercando di resistere ai loro assalti.
Una città di ribelli che da sola teneva in scacco le forze congiunte dell’Ovest, dei loro alleati dell’Est e degli Elfi Madyr, sottomessi da quasi un anno. Anche le Terre Centrali erano state conquistate, e non ci avevano messo nemmeno molto, gli uomini dell’Ovest, grazie alla guerra lampo. In poche settimane erano piombati sui loro nemici sterminandoli. Ma arrivati alle soglie di Città Del Sole l’esercito dell’Ovest era stato sbaragliato. Dalle alte, fulgide mura della città un solo soldato bene armato poteva tranquillamente tenere a bada cento dei suoi avversari. E man mano che la guerra contro Città Del Sole si prolungava nel tempo, la gente dei paesi sottomessi cominciava a unirsi a gruppi di ribelli sempre più forti, ingrossando le loro fila. A nulla era valso il tentativo di massacrare ferocemente i ribelli catturati come monito per gli altri, anzi, se possibile i ribelli erano aumentati, così come l’odio che cresceva ogni giorno verso l’Ovest.
-Forse, per sentirti meglio, potresti assorbire il potere di quella che abbiamo prigioniera, la principessa Zoey.- Propose per l’ennesima volta Duncan. Aveva più volte cercato di convincerlo, ma era sempre rimasto irremovibile. La reazione del suo signore fu quanto mai furiosa.
-Quante volte ti devo ripetere che lo farò solo quando avrò in mano mia anche sua sorella? Il giorno in cui questo avverrà mostrerò a tutti la mia vera natura, ma non prima di allora. Voglio eliminarle insieme, davanti a tutto il popolo, in modo che tutti vedano la mia crudeltà.- Anche se non poteva vederlo, Duncan sapeva che il suo signore stava ghignando crudelmente. Scosse il capo rassegnato, per poi tornare a chinarlo.
-Come posso servirti, mio signore? Vuoi che io mi rechi a cercarla di persona?-
-Questo incarico lo ho appena affidato ad Alejandro e a sua moglie, Heather. Saranno loro a cercare la principessa e il suo protettore. Tu devi seguirli di nascosto, in incognito, confondendoti tra i loro uomini, senza però partecipare attivamente alla missione, tenendoti nell’oscurità. L’incarico che ti sto per affidare è molto importante, non mi deludere una seconda volta. Tieni d’occhio quel mercenario, non mi fido di lui, ho il sospetto che mi tenga nascosto qualcosa. Se necessario uccidilo senza esitazione. Ma soprattutto tieni d’occhio sua moglie. È una strega ambiziosa e infida. Non esiterà neppure lei ad ucciderti e a tradirci, se ciò può essere utile ai suoi fini. Adesso vai, vi metterete in marcia domattina. Che la buona sorte ti segua e che la tua spada sia sempre pronta. Confido in te.-
Duncan si rialzò senza proferire parola incamminandosi verso la porta della sala del trono. Aveva il ginocchio indolenzito e la mente affollata dai dubbi. Solo un boccale di birra avrebbe potuto dargli sollievo, e per un secondo fu tentato di andare a procurarselo, ma dovette rinunciarvi. Aveva bisogno di essere lucido in quel momento. Il suo signore gli stava ordinando di entrare a far parte di un intrigo pericoloso, un tipo di intrigo che lui odiava. Un intrigo ordito nella penombra. E lui, come sempre avrebbe obbedito.

Angolo dell’autore
Ehilà, come potete vedere sono tornato in anticipo! Vi sono mancato? (Silenzio, non sono sicuro di voler conoscere la risposta!)
A parte gli scherzi, come vi è sembrato il capitolo? Siamo finalmente giunti al Ventesimo Capitolo! Non avrei mai pensato di riuscirci, eppure è così. Il prossimo capitolo sarà incentrato soprattutto su Scott e Dawn. D’ora in avanti i capitoli si alterneranno principalmente su di loro e su Duncan, alternandosi (badate, ho detto che saranno principalmente su di loro, che non significa che saranno tutti su di loro!).
Beh, spero con tutto il cuore che il mio sia stato un buon lavoro e che vi sia piaciuto. Non mi resta che salutarvi e ringraziarvi per aver scelto anche questa volta di leggere la mia fic., augurandovi anche buone feste!
Vi porgo i miei saluti
Boreal Lele

Post scriptum : se dovessero esserci errori di vario tipo nella storia, sia grammaticali che strutturali, vi prego di avvertirmi. Grazie e ciao!
Post, post scriptum : Non sono sicuro di riuscire a scrivere il prossimo capitolo in tempi brevi. Sicuramente posterò qualcosa durante le vacanze invernali. Ri-grazie e ri-ciao!

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Capitolo 21
*** I ribelli di Forte Antico ***


Le cronache dei mercenari

-21
I ribelli di Forte Antico

Aprire gli occhi gli risultò terribilmente faticoso. Da quanto tempo stava dormendo? Non riusciva a ricordare nulla di ciò che era accaduto nei momenti antecedenti alla sua perdita di sensi, se non l’ultima cosa che aveva visto, o meglio, l’ultima persona che aveva visto. Dawn. Dawn con il volto sporco di sangue, i  capelli scarmigliati, il terrore negli occhi e una spada insanguinata stretta in pugno. Si, almeno quello se lo ricordava perfettamente. Ma cosa era successo esattamente invece no. Ammiccò alla luce di una torcia. Si trovava in una piccola stanza scavata nella roccia. L’unica fonte di luce presente era del tutto insufficiente a illuminare l’intera stanza. Il suo corpo era rigido, qualcosa lo bloccava all’altezza del busto. Accanto a lui due donne stavano discutendo animatamente. La prima era alta e dai capelli rossi, con occhi verdi come l’erba d’estate. L’altra era bassa e dai capelli color biondo platinato, avvolta in un mantello di lana grezza grigio. Scott tentò di chiamarle ma la voce gli morì in gola. Non riusciva nemmeno a capire le loro parole. Nello sforzo di cercar di distinguerle, Scott ebbe un capogiro. Le due voci si confusero, si amalgamarono e infine si dissolsero. Scott perse di nuovo i sensi.
La puzza di fumo fu la prima cosa che tornò a sentire dopo il suo nuovo risveglio. Il corpo ora non era più rigido come la prima volta che aveva riacquistato conoscenza, ma in compenso ora gli formicolava in maniera incredibile. Aprire gli occhi fu più facile del precedente tentativo. Squadrò l’ambiente nel quale si trovava. Trovò la stessa piccola stanza con la stessa luce fioca a rischiararla. Alla sua destra trovò Dawn, addormentata su una sedia accanto al giaciglio dove era seduto. Provò a scuoterla per svegliarla, ma una mano lo bloccò prima che potesse toccarla. Si voltò di scatto, chiedendosi chi fosse stato a fermarlo, e davanti si trovò il viso grasso e bonario dell’oste della locanda del villaggio appena fuori dalla capitale degli Elfi Madyr. L’uomo sorrideva allegramente, premendosi l’indice sulle labbra con un’espressione complice.
-Sono due settimane che lei veglia su di te quasi senza sosta. Ha dormito solo due volte, e tutte e due le volte ha avuto degli incubi spaventosi. Lasciala riposare per un po’, in fondo se lo merita.- Gli bisbigliò all’orecchio. I ricordi tornarono di colpo. La biblioteca, la locanda, il combattimento, il tizio che lo stava per accoppare, Dawn che lo salvava … Scott annuì, sollevato dal fatto che anche lei stesse bene. Si voltò di nuovo verso la sua figura minuta, verso i suoi capelli color biondo pallido, e sentì un inspiegabile moto di affetto nel guardarla. Represse a forza la tentazione di stringerla a sé, dandosi dello stupido per quell’istinto da perfetto idiota.
-Dormo da tanto tempo?- Domandò a bassa voce all’oste per distrarsi da pensieri sgraditi. Lui sorrise di nuovo, ridacchiando sommessamente.
-Te l’ho detto, ragazzo, dormi da due settimane. Sinceramente trovo ancora incredibile dormire per così tanto tempo, ma evidentemente voi draghi siete più propensi a queste cose rispetto ad umani, nani ed elfi.- Scott rise a sua volta sommessamente annuendo, bloccandosi una volta realizzato ciò che l’oste aveva appena detto.
-Che cosa intendi per “voi draghi”?- Il rosso deglutì sonoramente, mentre l’oste si apprestava a rispondere.
-Oh, lo sai benissimo cosa intendo, è del tutto inutile fingere.- L’oste ridacchiò di nuovo. Scott, al contrario, divenne ancor più teso. Si tirò su mettendosi a sedere, appoggiando la schiena al muro. Dal petto al braccio destro, fin sulla spalla era completamente bendato.
-Te l’ ha raccontato Dawn? Solo lei lo sapeva chi sono in realtà.- La sua voce si era fatta più alta. L’oste si premette nuovamente l’indice sulle labbra.
-Ragazzo, sono venuto a sapere del tuo segreto fin dal momento in cui tu hai messo piede nella mia locanda. La principessa non mi ha rivelato nulla.-
-Sai tutto dunque?- Più che una domanda, quella di Scott fu un’affermazione.
-Più o meno tutto ciò che c’è da sapere.-
-Come fai? Non è poss… - Il rosso si interruppe, colto da un pensiero improvviso.
-Tu sei uno dei due guardiani che ha abbandonato la Biblioteca Perduta, vero?- Chiese tranquillizzandosi immediatamente.
-Owen il Possente al tuo sevizio, ser. Come sai chi sono?- Questa volta fu il turno di Scott di ghignare.
-Anche io ho i miei segreti. Ma tu non dovresti sapere come sono venuto a saperlo, dato che sei onnisciente?-
-Tutte le visioni riguardanti la Biblioteca Perduta mi sono state negate quando me ne sono andato con la mia compagna. Inoltre il mio potere diminuisce sempre più a ogni millennio che passa.- Sussurrò cupamente.
-Ma certo, la donna con i capelli rossi. Avrei dovuto capirlo subito. Izzy Tre Volti, sbaglio?-
-No, non sbagli. Ma perché indugiamo ancora? Lasciamo riposare la principessa. inoltre ti devo far conoscere delle persone importanti che necessitano di vederti e di conoscerti. Abbiamo bisogno di tipi come te, da queste parti.- Scott si rimise in piedi con estrema facilità, nonostante le fasciature, rimanendo perplesso sulla loro utilità effettiva. L’ex guardiano estrasse un pugnale e con un unico, fulmineo colpo le recise.
-Queste non servono più, la tua guarigione è completa ormai.- Commentò tranquillo davanti ad un Scott spiazzato dalla velocità dell’uomo. Se quel pugnale fosse stato diretto al suo cuore, Scott non avrebbe avuto nemmeno il tempo di accorgersene. Uscirono dalla stanza di soppiatto, facendo attenzione a non svegliare Dawn.
-Dovevo essere ferito in modo molto lieve per essere già guarito.- Constatò Scott una volta fuori, togliendosi le bende recise di dosso, rimanendo a torso nudo. L’ex guardiano ridacchiò per l’ennesima volta.
-Ti sbagli, quando ti abbiamo portato al nostro rifugio eri messo in condizioni piuttosto gravi, ma devi sapere che è proprio per questo che voi draghi dormite così tanto. Il “lungo sonno”, chiamavano questo periodo i nani. È un lasso di tempo durante il quale i draghi ricaricano i loro poteri e il loro corpo completamente. Il sonno può durare fino ad un anno intero se le ferite sono estremamente gravi. Notevolmente minore è la sua durata quando invece le ferite più lievi, come nel tuo caso con la rottura della spalla e di altre ossa circostanti. Quando invece le ferite sono solo dei tagli superficiali, non cadete nemmeno nel “lungo sonno”, ma semplicemente rimarginate il livido in pochissimo tempo.- Scott annuì pensando a tutte le sue ferite da battaglia: effettivamente nessuna di esse era durata più di un paio di giorni. E lui che nemmeno se ne era mai accorto!
Percorsero un paio di corridoi leggermente pendenti verso l’alto, scavati nella roccia come la stanza nella quale si trovavano in precedenza, arrivando davanti ad un mastodontico portone di quercia, con pesanti cardini in acciaio nero e borchie rinforzate.
-Dove ci troviamo esattamente?- Chiese il rosso. L’ex guardiano batté con forza contro il legno scuro del portone. Questo si aprì immediatamente, lasciando che i raggi di luce inondassero il corridoio. Scott rimase visibilmente stupito di ciò che trovò davanti: un accampamento innevato nascosto in una vallata, protetto su tre lati da alte montagne, e sull’ultimo, quello dell’entrata della vallata, da spesse mura in pietra. Era popolato da miglia di guerrieri di quasi ogni razza, per la maggior parte intenti ad addestrarsi nei vari metodi di combattimento.
-Benvenuto a Forte Antico, ragazzo, Quartier Generale della Resistenza. Qui sono congiunte le forze di tutti i ribelli che si sono opposti alla forza devastatrice degli uomini dell’Ovest.- Scott non proferì parola, contemplando con lo sguardo quello spettacolo. Un fiocco di neve si depositò sulla sua guancia, sciogliendosi al contatto della pelle. L’intero accampamento era ricoperto di un finissima coltre bianca.
-L’inverno è in anticipo quest’anno.- Constatò con noncuranza l’ex guardiano, incamminandosi verso una delle prime tende del capo, più alta e spaziosa rispetto alle altre.
-Hai freddo? Vuoi un mantello per coprirti?- Domandò al rosso accennando al fatto che lui fosse a torso nudo. Scott scosse la testa.
-No, io non ho mai freddo.-
Nella tenda trovarono la donna dai capelli rossi e gli occhi verdi che Scott aveva visto anche nella locanda. Lei corse da Owen, avvinghiandosi a lui in un bacio appassionato.
-Com’è andata la missione, tesoro?- Chiese senza accorgersi del rosso alle spalle dell’uomo. L’ex guardiano rispose con calore al bacio.
-Abbiamo scoperto che la maggior parte della guarnigione di uomini dell’Ovest che occupa la capitale degli elfi sta per andarsene. Lo scopo di tale missione non siamo riusciti a scoprirlo, ma suppongo che stiano andando a cercare di nuovo la principessa Dawn. Fortunatamente lei è qui con noi al sicuro.- Poi l’uomo si voltò, prendendo sottobraccio Scott, sorridendo contento.
-Prima di venire da te ho controllato la stanza del ragazzo, e l’ho trovato sveglio, così l’ho portato qui. Come avevi previsto è già guarito totalmente.- Lei sorrise a sua volta all’indirizzo del rosso, abbracciandolo sotto lo sguardo confuso del drago.
- Ah! Ti sei svegliato, finalmente, bell’addormentato!- Diede sfogo ad una risata apparentemente insensata, saltellando sul posto. I suoi occhi verdi, visti da vicino, diedero a Scott il presentimento che la donna fosse vagamente folle.
-Sai cosa, Izzy? Il ragazzo sapeva già come ci chiamiamo, e sapeva anche chi siamo e cosa abbiamo fatto. Per un momento ho temuto che fosse Noah sotto mentite spoglie.- A Scott tornò in mente la promessa fatta al guardiano.
- A proposito del vostro amico, mi ha detto che vi sta ancora aspettando, nonostante tutto questo tempo. Ha bisogno di voi, ha bisogno dei suoi compagni.- Entrambi si incupirono immediatamente, chinando il capo.
-Torneremo da lui solo quando avremo finito la nostra missione su questa terra.-
-E che missione dovete portare a termine? Non me ne ha parlato.-
- Probabilmente non te ne ha parlato perché non l’approva. Per lui dovremmo rimanere rintanati laggiù, abbandonando il mondo a sé stesso, disinteressandoci di tutto ciò che avviene qua sopra, dimenticandoci di essere appartenuti a nostra volta ad esso, un tempo.- Borbottò Owen.
-Ma che missione è?- Insistette Scott. Entrambi gli ex-guardiani ammiccarono tra loro con aria complice.
-Anche questo, purtroppo per te, è un segreto.- Ridacchiarono. Scott sbuffò, stufo di tutta quell’aria di mistero che aleggiava intorno ai due ex-guardiani.
-Dov’è la principessa Dawn?- Cambiò discorso Izzy, cercandola con lo sguardo.
-L’abbiamo lasciata nella camera di Scott. Si era addormentata, e dopo tutto quello che ha passato non ho avuto cuore di svegliarla.- Rispose Owen.
-Un bel tipetto quell’elfa, lo sai, ragazzo? Per essere così giovane è una gran testa dura. Nonostante io in questi ultimi tempi abbia costantemente cercato di farla riposare o di farla uscire per un po’, lei non ha voluto sentire ragioni. Ha voluto assolutamente rimanerti accanto per tutto il tempo. Alcune volte ho persino alzato la voce, ma nulla l’ha smossa. Credo che tu ti fossi addirittura svegliato, una volta, mentre litigavamo.- Scott annuì, tornando con la memoria al suo primo risveglio. La donna si sedette su una delle tante sedie accanto al tavolo al centro della tenda, facendo cenno ai suoi due compagni di imitarla.
Vestiva come un maschio, notò Scott, fatta eccezione per la generosa scollatura della camicia bianca che aveva indosso, che lasciava ben poco spazio all’immaginazione. Oltre ad essa portava un paio di stivali in pelle conciata e tinta di verde, dei pantaloni di lana, anch’essi tinti del medesimo colore, stretti in vita da un cinturone al quale era assicurato un pugnale da caccia. Doveva essere appena tornata da un allenamento, dati i parecchi lividi leggeri che la ricoprivano e dal suo sudore. Non era stupito dell’amore che Owen provava per lei. Era innegabilmente una bella donna.
In quel momento entrò nella tenda anche Dawn, con un’aria preoccupata. Tirò il fiato quando vide Scott, quindi corse ad abbracciarlo.
-Sei sveglio! Scott, avevo paura che tu fossi condannato a dormire per sempre!- Urlò con le lacrime agli occhi.
-Perché mi dovete abbracciare tutti? Non sono mica morto!- Sbuffò il rosso, fingendosi stizzito. In realtà era contento anche lui, doveva ammetterlo. Non sapeva, però, esattamente per cosa lo era di più, se  per il fatto di essere ancora vivo o se per l’aver rivisto Dawn.
-Abbiamo cercato di dirle che era normale il tuo dormire, ma lei non ha voluto darci ascolto.- Sbuffò Owen.
-Perché non torni a riposare, principessa? Adesso puoi farlo, Scott sta bene.- Propose Izzy. Dawn chinò il capo.
-Ho avuto un altro incubo. Si stanno facendo sempre più frequenti, ormai. Non ce la faccio più.- Mormorò l’elfa esasperata.
-Te l’abbiamo già spiegato cosa sta succedendo: i tuoi poteri si stanno risvegliando. È normale che tu abbia quelle visioni: siccome non le puoi controllare da sveglia, allora si sfogano di notte. Rappresentano le ombre di ciò che è stato e ciò che potrebbe avvenire. Anche noi abbiamo avuto i tuoi stessi problemi, un tempo, ma dopo un po’ ci si abitua, imparando a controllarle.- Tentò debolmente di tranquillizzarla Owen.
-Ma io non le voglio! Sono solo un tormento, non voglio dar loro ascolto! Mi svegliano di notte, mi fanno sentire male e mi stordiscono! Io non le voglio! Non ho chiesto di averle!- La ragazza si rannicchiò su sé stessa singhiozzando. Izzy la raggiunse, prendendola per un braccio con delicatezza.
-Vieni, ti accompagno nella tua tenda.- La donna si voltò verso Owen.
-Gli altri stanno per arrivare. Aspettateli qui, sarò di ritorno tra non molto.-
-Povera ragazza, non vorrei essere nei suoi panni.- Commentò Owen mentre le due si allontanavano insieme. Scott preferì cambiare discorso. Chissà perché gli faceva male parlare delle sofferenze della principessa.
-Dimmi Owen, in questo accampamento sarete perlomeno centomila, a occhio e croce.-
-Sì- confermò Owen. -Siamo novantasettemila ottocentocinquantatre di stanza, per l’esattezza, più gli altri campi minori e le varie truppe-sentinella dislocate un po’ dappertutto. Perché me lo chiedi?-
-Beh, con un simile spiegamento di forze perché non avete ancora fatto nulla? Perlomeno avreste potuto riconquistare la capitale degli Elfi Madyr, no? L’esercito nemico è davvero così forte e numeroso da farvi ancora paura nonostante tutte le truppe che avete?-
-Il problema non sono i nemici, ragazzo, ma piuttosto i nostri stessi sha-alleati.- Si intromise una voce alle loro spalle dal forte accento dell’Ovest. Scott e Owen si voltarono verso l’entrata della tenda, trovandovi tre uomini, tutti e tre dalla carnagione scura. Quello che aveva parlato era in testa al gruppetto, un uomo slanciato e muscoloso, dai capelli neri corti e lanosi. Aveva un’arrogante aria boriosa e un portamento impettito. Era ricoperto totalmente da un’armatura blu talmente lucida che Scott avrebbe potuto tranquillamente a contare tutte le sue lentiggini anche da una certa distanza. Sopra di essa era in rilievo una folgore d’oro.
-Scott, questo è Lord Lightning, un Lord dell’Ovest nostro alleato. Colui che adesso comanda gli uomini dell’Ovest lo ha derubato delle sue terre, del suo titolo di Lord e del suo vessillo, prendendo per un breve periodo la sua stessa identità e spacciandosi per lui stesso. I suoi compagni invece sono lo stratega Beverly e il generale delle armate degli Elfi Madyr, Devon Joseph. O meglio, generale delle armate prima che gli Elfi Madyr venissero conquistati.- Li presentò Owen.
-Chiamami pure DJ, ragazzo.- Il generale gli strinse la mano con vigore, regalandogli un caloroso sorriso. Lo stratega lo imitò, senza però emettere alcun suono. I due erano parecchio diversi l’uno dall’altro. Dj, infatti, di corporatura assomigliava di più a Lord Lightningh, anche se il generale era notevolmente più alto e muscoloso, senza però avere lo stesso portamento tronfio. Beverly, al contrario, era di statura media, massiccio quanto Owen il Possente, anzi, forse di più.
-Non badare a Beverly, non ti saluta a parole perché è muto.- Scott provò subito simpatia per il generale, a differenza dello stratega. Insomma, provava un’inspiegabile sentimento odio verso di lui, del tutto privo di giustificazione. Decise semplicemente di salutare con un accenno del capo astenendosi dal rivolgergli la parola.
-Le nostre alleanze e il nostro stesso esercito hanno i piedi d’argilla. Non siamo un gruppo sha-omogeneo, come vorrebbe il Grande Lord Lightning. Ogni volta che scoppia una piccola scaramuccia tra i gruppi di ribelli, si rischia di dover far fronte a una guerra interna. Inoltre i nostri alleati sono incerti, pronti a passare al nemico al primo soffio di sha-vento.- Continuò il suo discorso Lord Lightning, ignorando bellamente i discorsi degli altri presenti.
-Lord Lightning ha ragione. Non abbiamo un unico capo che ci tenga uniti, dalla morte di Lord Enderis.- Confermò Il generale DJ.
-Ci serve un nuovo capo Scott, e
qui giungiamo al motivo per il quale tu sei qui.- Concluse Owen.
-Abbiamo bisogno dei tuoi servigi.-

Angolo Autore
Buon salve a tutti! Vi avevo promesso che sarei tornato per le vacanze di Natale e così infatti è stato! Mi scuso per l’eccessiva lunghezza del capitolo, ma quello originario, quello scritto durante la stesura delle idee, prima che lo spezzettassi, era anche più lungo … Comunque, voglio ringraziarvi ancora una volta per aver letto anche questo capitolo e avermi seguito fino a questo punto. Un saluto e un ringraziamento speciale va a kiara097 che ha recensito gli ultimi venti capitoli in un’unica fantastica recensione. Grazie! Se notate qualche errore, di qualunque tipo, vi prego di farmelo notare, in modo da poter migliorare ogni volta il mio stile. Vi ringrazio e vi auguro buone feste!
Boreal Lele

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Capitolo 22
*** Divoratrice di Odio ***


Le cronache dei mercenari

-22
  Divoratrice di Odio

In breve la tenda pullulò di uomini, elfi e addirittura alcuni nani. Tutti i presenti valevano molto all’interno dell’accampamento di Forte Antico. Ogni individuo aveva un’espressione cupa in volto, e un brusio di frasi sussurrate a mezza voce simile al ronzare di uno sciame di calabroni dominava su tutto l’ambiente. Scott era ancora confuso per la richiesta fattagli da Owen pochi secondi prima.
- P-puoi ripetere per favore?- Chiese con la voce strozzata. Owen gli mise una mano sulla spalla ignorando bellamente la sua domanda, accompagnandolo verso il centro della tavola attorno alla quale si erano raccolti tutti. Quando prese parola l’ex guardiano della Biblioteca Perduta, le voci si zittirono e l’attenzione si rivolse su di lui. La sua voce profonda tuonò arrivando ad ogni angolo della tenda.
-Signori, immagino sappiate tutti perché siamo riuniti qua questa sera.- Esordì con fare solenne.
-Dobbiamo decidere chi sarà il nostro prossimo comandante!- Urlò un uomo seduto sul fondo della tavolata.
-Esatto - Concordò Owen - ma ognuno di voi vorrebbe esserlo, e come avete fatto intendere in questi ultimi mesi, non accettate nessuno dei candidati propostivi. Finora non siamo riusciti ad arrivare ad una soluzione definitiva. Se il nemico dovesse scoprirci e attaccarci, senza un unico comandante che ci tenga uniti, ora come ora ci disperderemmo e verremmo massacrati.- Il silenzio si fece ancora più pesante, gli sguardi ancora più cupi. Delle serve entrarono nella tenda e, facendo attenzione a non fare il minimo rumore, cominciarono a distribuire boccali di birra lungo la tavolata. Questo però non migliorò di molto lo stato d’animo dei presenti. Owen per un attimo temette che la proposta che era in procinto di fare venisse rifiutata.
-Ma c’è una soluzione. Come tutti voi sapete, alla sua morte, il nostro precedente comandante, Lord Enderis, lasciò degli eredi. Tutti noi gli avevamo prestato fedeltà e avevamo giurato di combattere per lui, quindi io ora dico a voi: perché non fare la stessa cosa con suo figlio?- La reazione fu ancora peggio di quello che si era aspettato. Il brusio esplose furiosamente non appena finì la frase. Volarono insulti, gli uomini sia alzarono in piedi imprecando. Qualcuno in fondo alla tavolata urlò:
-A noi andrebbe anche bene, ma i figli di Lord Enderis sono morti o sotto assedio a Città Del Sole, Lord trippone! Non ci hai pensato a questo? Come vuoi che ci arriviamo da loro? Mettendo in fuga l’esercito che li presidia mostrandogli il tuo lardo ballonzolante?- Alcuni risero alla battuta, altri imprecarono ancora più forte, aumentando ulteriormente la confusione.
-No, ma forse potremmo mostrargli la tua faccia da totale imbecille, questo di sicuro li spaventerebbe!- Lo schernì una donna. Nonostante la frase non fosse stata detta ad alta voce, tutti la udirono. Il silenzio tornò a regnare sovrano. Decine di paia di occhi si voltarono all’unisono verso l’entrata, sulla quale stazionava Izzy. La rossa sorrideva ironicamente, facendosi beffe dei presenti.
-Sapete, almeno la metà di voi non si meriterebbe di sedere a questo tavolo a discutere delle sorti della nostra resistenza, tanta è la sua idiozia. Vi faccio presente che finora nessuno dei figli di Lord Enderis è ancora morto, e che uno di essi, il primogenito, non si trova a Città Del Sole, ma ad alcune leghe di distanza da qui, a Nord Ovest, tenuto prigioniero in una città momentaneamente sguarnita di soldati. Scommetto che le vostre teste bacate stanno ancora assimilando l’informazione che vi ho appena fornito, quindi vi renderò le cose più semplici spiegandovi cosa intendo dire: il nostro possibile futuro comandante può essere facilmente liberato riconquistando la capitale degli Elfi Madyr, cosa che riuscirebbe facile persino al più idiota tra voi. Allora, avete capito?- Gli uomini mormorarono qualcosa di imbarazzato, prima di assentire.
-Ma un grande esercito che si sposta non passerebbe di certo inosservato. Cosa facciamo se ci intercettano prima di arrivare a destinazione?- Obbiettò un nano.
-Non è necessario un grosso esercito.- Riprese parola Owen.
-Per questo è qui Scott.- Disse battendogli una mano sulla schiena, facendolo barcollare.
-Basta un manipolo di uomini formato dai migliori elementi presenti nell’accampamento, capitanati da un guerriero formidabile.- Alluse al rosso.
-Con tutto il rispetto dovuto, Owen, ma quello è solo un ragazzo, non è un “guerriero formidabile”.- Fece presente un elfo.
-Qui ti sbagli! Ogni elfo, uomo e nano che combatté durante la ribellione di Re Geoff II può testimoniare che al mondo non ci fu razza di guerrieri più potente e valorosa di quella dei draghi.-
-I draghi sono morti tutti.- Owen spinse in avanti Scott, incitandolo con lo sguardo. Il rosso, dopo qualche attimo di esitazione, capì cosa l’ex guardiano voleva da lui. Si fece spazio e, sotto lo sguardo attonito di tutti i presenti, dispiegò le ali.
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Fendente, parata, affondo, schivata di lato, elusione dell’assalto aereo. Scott si mosse meccanicamente sulla sabbia dell’arena da combattimento, alla luce di un freddo tramonto invernale, rotolando il più lontano possibile da Izzy, che lo stava mettendo sempre più in difficoltà ad ogni colpo sferrato. Un pugnale da lanciò lo mancò di pochi millimetri. Un dito più in là e gli avrebbe portato via l’orecchio sinistro. Lei gli atterrò davanti menando un ennesimo fendente diretto al volto. Aveva preso davvero sul serio l’allenamento. Ogni suo gesto era perfettamente calcolato, mirato a mettere fuori combattimento il rosso. Entrambi grondavano di sudore, nonostante il freddo pungente avesse serrato in una morsa gelida l’accampamento da un paio giorni. Sugli spalti, una marea vociante di curiosi era venuta a guardare il drago battersi contro la donna più letale del regno degli elfi. I corpi dei due sfidanti si  intrecciavano in una danza fluida e mortale, fatta di parate e affondi, assalti corretti e non, colpi alle spalle e lanci di coltelli, sgambetti più o meno regolari e pugni mirati alle parti più sensibili del corpo. Le loro chiome fulve schioccavano a ogni colpo di vento come stendardi da battaglia.
Scott indietreggiò nuovamente, spiegando le ali e librandosi in aria, come già una decina di volte aveva fatto dall’inizio del combattimento. Izzy si preparò a ricevere la prossima carica del drago. Gli assalti che assestava lei erano semplicemente dei colpi sferrati balzando verso l’alto per disorientare l’avversario, ma quelli di Scott erano veri e propri assalti aerei, nel senso letterale della parola. Il rosso, al contrario delle sue aspettative, le scagliò una fiammata contro, costringendola a gettarsi a terra prima che il rovente colpo la raggiungesse. Il rosso atterrò a pochi metri da lei, che intanto si era rialzata barcollando, incalzandola senza pietà. Gettando a terra il proprio scudo e impugnando la spada a due mani colpì lo scudo dell’avversaria con tutta la forza che aveva nelle braccia, spezzandolo di netto e scaraventandola così al suolo. Scott ruggì soddisfatto, godendosi la vittoria sulla micidiale Izzy.
La folla si disperse rapidamente dopo almeno un quarto d’ora di ovazioni in direzione del vincitore e della sua avversaria. Il drago era diventato una vera e propria celebrità all’interno dell’accampamento, da un mese a quella parte. Izzy si rialzò da terra, si sfilò  gambali e  bracciali e si slegò i capelli dietro la nuca. Sorrideva felice come non mai, con le pupille che brillavano di eccitazione. Scott aveva già visto quella luce negli occhi della donna. In quel momento non era esattamente lei, ma Caleidoscopio, o Caleido, a dir si voglia. Era dovuto proprio a questo cambio di personalità, il suo soprannome “Izzy Tre Volti”. La donna era posseduta da altre due entità, oltre a Izzy, cioè quella principale. Scott aveva imparato a riconoscerle e a conviverci, durante la sua permanenza al campo. La prima personalità era Caleido, una pazza scatenata con una passione smodata per il sangue, specializzata nel combattimento corpo a corpo. L’altra era Genialoide, una fredda, saccente stratega che sapeva leggere il pensiero delle persone e che pareva avere una risposta per ogni quesito postole. E infine c’era Izzy, che pareva un misto tra le altre sue personalità, con le rispettive abilità di ognuna, solo aumentate di molto. Se Scott si fosse scontrato contro di lei non avrebbe avuto speranze di vittoria, e questo lui lo sapeva bene. Era brava nella lotta e sapeva leggere il pensiero, era pazza e allo stesso tempo fredda e calcolatrice. Inoltre al di fuori del campo di battaglia era anche una perfetta donna di casa e un’amorevole moglie con Owen, dimostrando che nonostante tutto possedeva anche lei il suo lato dolce. Senza dubbio era una donna straordinaria.
La luce negli occhi della rossa svanì in un lampo, non appena si fu liberata dell’armatura e delle armi. In quel momento Scott capì che era tornata Izzy. La donna gli andò incontro sorridendo contenta.
-Ottimo lavoro, pel di carota! Sei riuscito a battermi anche stavolta!- Si complimentò con lui, schernendolo per il colore di capelli che condividevano. Scott ghignò.
-Si, ma per alcuni momenti ho creduto che tu volessi seriamente farmi fuori. Ci sei andata veramente vicino, con il coltello, lo sai? Ancora un po’ e mi tagliavi barba e capelli.- Scherzò ironicamente lui accarezzandosi il mento ricoperto da una folta peluria rossastra. Durante la sua permanenza al campo si era fatto crescere sia barba che capelli, perché, a detta sua, gli davano più un aspetto da uomo fatto.
Mentre entrambi si stavano avviando verso le tribune commentando lo scontro appena concluso, venne loro incontro Dawn, con un sorriso raggiante sulle labbra. Subito abbracciò Scott, che ricambiò l’abbraccio accarezzandole la testolina biondo platinata.
-Allora, come … - Esordì il rosso in direzione della ragazza.
-Siete stati? Spettacolari!- Completò per lui la domanda la biondina, entusiasta del combattimento appena finito.
-Non avevo mai assistito un combattimento così avvincente. Siete stati entrambi bravissimi.- Si complimentò con loro. Scott sorrise, felice di vederla serena, una volta tanto.
-Tu come stai, piuttosto? I dolori alla testa sono più tornati?- Domandò Izzy a Dawn.
-Solo a volte, ma sempre meno spesso. L’ultimo che mi è venuto è stato un’oretta fa, ma mi è passato quasi subito. Gli esercizi di meditazione che mi hai insegnato mi sono molto utili per contrastarli, e … - Guardò Scott imbronciandosi.
-No Scott, non ci penso nemmeno a tornare nella mia stanza a riposarmi. Soffoco là dentro, mi sento molto meglio all’aria aperta, anche se fa freddo.- Scott la fissò basito, poi sospiro rassegnato.
-Quando la smetterai di leggermi nel pensiero? Mi dà fastidio non poter tener segreto nemmeno ciò che mi passa per la testa, lo sai.- Lei si strinse nelle spalle, sorridendo furbescamente.
-Smetterò quando avrò il pieno controllo dei miei poteri. Fintanto che non riesco ad utilizzarli a comando, li tengo a briglia sciolta.- Poi si fece seria, e guardò dritto negli occhi Scott.
-E comunque non sono venuta per parlarti di questo.- Il rosso sospirò, sapendo già cosa stava per dirgli la ragazza. Avevano affrontato quel discorso già migliaia di volte, negli ultimi tempi, e sapeva che lei non si sarebbe arresa tanto facilmente. Avrebbe continuato a riaffrontarlo all’infinito, se possibile, pur di convincerlo. Izzy rimase ad osservarli per qualche istante, poi, grattandosi la nuca con fare imbarazzato, prese parola.
-Io vado a cambiarmi. Ci si vede dopo.- Detto questo sparì in un battibaleno. Trovarsi di nuovo in mezzo ad una discussione fra quei due era l’ultima cosa che avrebbe voluto.
Scott e Dawn si recarono nella tenda del rosso, per stare più tranquilli e parlare liberamente. Quando la biondina chiuse dietro di sé l’entrata della tenda, lo fulminò con lo sguardo.
-Sentiamo, di cosa vuoi parlami?- Chiese Scott fingendo di non sapere di cosa stava per parlare Dawn.
-Lo sai benissimo cosa voglio. Voglio che tu non parta. Voglio che tu resti qui con me, voglio che tu la smetta di andare in giro a rischiare la vita. Voglio che … - Scott la interruppe con un bacio sulle labbra.
-Ti prego, ne abbiamo già parlato … - La supplicò lui non appena ebbe terminato il baciarla. Lo avevano già fatto altre volte, per cui Dawn non si stupì di quel gesto. Il loro rapporto era migliorato parecchio da quando si erano conosciuti. Non si erano mai confessati i rispettivi sentimenti, ma non ce n’era stato bisogno. Sapevano entrambi di amarsi, senza il bisogno di alcuna parola. All’inizio Scott non aveva fatto veramente sul serio, era un modo come un altro per distoglierla dai dolori mentali che provava. In seguito era diventata davvero una faccenda importante per lui come per lei.
Lei non distolse il broncio.
-E ogni volta non siamo arrivati a una conclusione soddisfacente, almeno per me. Sai benissimo perché non voglio che tu vada.- Scott sospirò, domandandosi se non si fosse rammollito. Fino a qualche anno prima non avrebbe permesso ad una ragazzina di costringerlo a fare qualcosa. Poi si ricredette. Quella non era una semplice ragazzina. Quella era Dawn, e a lei avrebbe permesso qualsiasi cosa.
-Non mi succederà nulla, te l’assicuro.-
-Anche Zoey e Mike avevano detto che non sarebbe successo loro nulla, eppure adesso sono entrambi prigionieri.- Fece una pausa, abbassando lo sguardo.
-Inoltre ho sognato che la battaglia andrà male e ho paura che … - Una calda lacrima le bagnò la guancia, andando a bagnare il terreno.
-C’è la probabilità che il tuo sogno possa rivelarsi vero, come c’è la possibilità che non si avvicini nemmeno un po’ alla realtà.- La portò a sedere sul letto, la avvolse con un braccio e le prese il viso in una  mano, avvicinandolo al proprio.
-Senti, tornerò da te il prima possibile, va bene?-
-È una promessa?- Scott assentì, baciandola nuovamente.
-È una promessa. E poi non voglio discutere con te anche oggi che è il mio ultimo girono di permanenza qua al campo. Avevo progetti ben diversi per noi due, e sono tuttora deciso ad attuarli.- Dawn assentì sorridendogli dolcemente, intuendo che tipo di progetti aveva in mente Scott. Si sdraiarono sul letto, abbracciati, e cominciarono a far l’amore.
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Quando il sole sorse la mattina dopo, erano ancora abbracciati, nudi come il girono nel quale erano venuti al mondo. Scott fu il primo a svegliarsi, e muovendosi silenzioso come un gatto, si vestì velocemente e si infilò l’armatura. Quella non era la sua solita armatura da mercenario, che lo aveva protetto in decine di combattimenti, ma una che Owen aveva fatto forgiare su misura appositamente per lui. Era d’acciaio nero lucido, e vista alla luce del sole era percorsa da venature rosse come il fuoco. L’unico decoro che la caratterizzava erano delle rune magiche a forma di spirali contorte e di lettere elfiche di cui Scott ignorava il significato, dislocate in prossimità di gambe, spalle e cuore. Nel complesso risultava piuttosto semplice, senza spuntoni né borchie. In prossimità delle scapole, il metallo si apriva in due fessure quasi invisibili, di modo che le ali, una volta spuntate, si potessero spiegare al vento. Dall’elmo spuntava una riproduzione d’ali di drago d’acciaio rosso, e sulla fronte, poco al di sopra della celata, altre rune magiche.
Scott uscì dalla tenda, dopo aver dato un ultimo dolce bacio a Dawn, che ancora dormiva beatamente, con i capelli biondi che le coprivano in parte il volto, rendendola ancora più attraente. L’alba non era ancora terminata, quando entrò nella tenda di Owen. L’ex guardiano era chino su un grosso baule vecchio e polveroso, e tra le mani teneva un oggetto stretto e allungato, avvolto in un panno vecchio e polveroso quanto e più del baule. Lo stringeva come se fosse stato un bambino appena nato, e nel guardarlo gli erano venuti gli occhi lucidi. Non appena si rese conto che il rosso era alle sue spalle, si riscosse e gli sorrise.
-Ciao Scott.- Scott ricambiò il saluto, avvicinandosi all’uomo.
-Mi hai chiesto di venire all’alba e io sono venuto. Cos’hai lì?- Domandò indicando l’oggetto avvolto nel panno. Owen parve di accorgersi solo in quel momento di stringerlo ancora tra le mani.
-Questa?- Diede sfogo ad una risatina nervosa. -Beh, è una lunga storia. Devi sapere che prima di diventare un guardiano, anch’io, come te, ero un mercenario. Non vado particolarmente fiero di quei tempi, a causa di alcune azioni non “strettamente oneste” che compii, ma devo dire che ero piuttosto potente, per essere un semplice umano. In poco tempo divenni una leggenda, la mia fama mi precedeva ovunque. Per essere sincero, il mio successo era dovuto oltre alla mia bravura anche alla mia armatura, che era protetta da degli incantesimi molto antichi e potenti, e alla mia spada, anch’essa sottoposta a trattamenti magici. Erano quasi indistruttibili grazie all’acciaio nel quale erano state forgiate, e le magie le proteggevano dai sortilegi dalle maledizioni varie scagliate dai miei nemici.- Fece una pausa, sospirando.
-Prima di diventare guardiano, affidai le armi che mi resero una leggenda ad un mio amico, facendogli giurare che le avrebbe custodite per sempre. A distanza di millenni, quando me ne andai dalla Biblioteca Perduta assieme ad Izzy, sfruttai i miei poteri di guardiano ancora freschi per recuperarle. Figurati che le rinvenni in una cantina polverosa, abbandonate da incoscienti che ignoravano il loro valore. Purtroppo, mi accorsi che ero diventato … beh, mi ero irrobustito troppo, per così dire. In poche parole, nell’armatura non c’entravo più dentro.- Si fermò di nuovo per qualche secondo, andando a sedersi su una sedia che risultava minuscola sotto di lui, invitando Scott ad accomodarsi su un’altra lì vicino.
-Sapevo di dover conservarla, perché in futuro avrei potuto trovare qualcuno degno di portarla come io stesso feci da giovane. Quel qualcuno sei tu Scott. L’armatura l’ho fatta fondere e rimodellare su tua misura, facendo incidere da un mio amico mago le stesse rune che aveva la mia vecchia armatura, ma non ho avuto cuore di far la stessa cosa con la spada. Nessun armaiolo, nemmeno il migliore nano di questi tempi, potrebbe eguagliare l’abilità del fabbro che me la donò.- Fu allora che tolse il panno dall’oggetto, riportandolo alla luce. La spada era molto simile all’armatura di Scott, dello stesso color nero venato di rosso. Era lucida e affilata come appena uscita dalla forgia, sottile e leggera come una foglia e solida come una roccia. L’impugnatura era semplice, ricoperta da un panno logoro di cuoio. Un teschio incredibilmente realistico era inciso sulla sua parte superiore, le orbite vuote sembravano fissare costantemente chi impugnava la spada. Da esso nasceva la lama, che andava a ristringersi verso la sua metà e a riallargarsi sulla punta. Scott non ne aveva mai vista una più bella.
-Abbine cura Scott. Non sai quanto mi costa separarmene, nonostante io sappia che a te sarà più utile che a me. Come ogni grande spada anche lei ha un nome. Si chiama Divoratrice di Odio.- Si alzò, porgendola a Scott con fare solenne. Il rosso la prese e la soppesò, valutandone il bilanciamento. Menò qualche fendente al vuoto, tagliando l’aria. Non aveva mai avuto una spada così … perfetta. Non c’era altro modo per descriverla.
-Ti sono debitore, Owen.- Disse Scott, sinceramente riconoscente all’uomo. Owen si fece ancora più serio.
-Bada bene, ragazzo. Il suo nome non è stato dato a caso, né per impressionare semplicemente gli avversari. Anche lei è magica, e il suo potere è ben diverso da quello dell’armatura. Quando la usi, tanto più è l’odio e il rancore che è in te, tanto più lei sarà incontrastabile. Fai attenzione però: lei divora davvero il tuo odio, nel senso letterale della parola, e se la userai per troppo tempo dando sfogo a tutto il tuo furore, lei consumerà il tuo animo, rendendoti un suo succube. Alle lunghe non saprai più provare altro che odio, e una volta consumato del tutto morirai.- Scott sospirò, rassegnato alla consapevolezza che ogni magia che sulle prime sembrava fantastica, dietro nascondeva un’immensa fregatura.
-La vedrai opaca quando non ci sarà collera nelle tue azioni, rifulgerà tra le tue mani come un astro quando sarai nel pieno della tua furia. Ricordati però di non lasciare mai che sia lei a guidarti, o non ti renderai migliore del drago che sterminò il tuo popolo. Anche lui si fece guidare dall’odio, e adesso ne paga le conseguenze vivendo nel timore di esser scoperto.-
-Sai cosa successe, allora. Sai cosa ha fatto e sai cosa ho intenzione di fare io a lui.- Owen annuì mestamente.
-Ahimè, si, ne sono cosciente, e non sono favorevole a tali propositi. Tuttavia, io stesso faticherei ad astenermi da una vendetta, dopo le sue azioni. Sono sicuro che farai ciò che è giusto al momento giusto.- Poi si rasserenò in volto e gli diede una pacca sulla spalla.
-Forza, adesso andiamo. Ci aspetta una lunga giornata, e prima della fine di essa tutto dovrà essere pronto per la partenza di domani.-
Passarono la giornata a organizzare la partenza della spedizione di salvataggio. Owen presentò a Scott i capitani che lo avrebbero accompagnato nella missione, tra i quali vi erano l’ex generale DJ, Lord Lightning e un mago esperto chiamato Trent Pentoir. Quest’ultimo rievocò nella mente del rosso il ricordo del precedente mago che lo aveva accompagnato in un viaggio, il suo amico Cameron. Era tempo che non pensava più a lui, e si accorse di esser stato ingiusto nel dimenticarlo. Lui, il capitano Chef Hatchet e i suoi “uomini di pietra” aveva dato la vita perché Scott e i suoi compagni si potessero salvare. Si riscosse qualche secondo dopo, dicendosi che avrebbe avuto tempo per fare il nostalgico durante il viaggio. Ora bisognava andare avanti. Le truppe erano già pronte e schierate quando, alla sera, si apprestarono a partire.
Mille uomini valorosi partirono alla volta della capitale degli Elfi Madyr, verso quella che per molti di essi sarebbe stata l’ultima spedizione.

Angolo autore
Buon salve! Sono tornato, contenti? Non rispondete, non sono sicuro di voler conoscere la risposta … Prima di tutto mi devo scusare umilmente per il ritardo stratosferico, ma sono stato davvero impegnato in quest’ultimo periodo, perciò non sono riuscito a scrivere fino a qualche giorno fa. Non prevedo di scrivere nient’altro fino a … non ne ho idea! Sinceramente non so quando riuscirò a scrivere un altro capitolo, per questo posto direttamente anche il N°23 (si, ho pronto anche quello) oltre a questo. Li posterò l’uno a un giorno dall’altro, per darvi la possibilità di leggerli più tranquillamente.
In secondo luogo vorrei invitarvi a recensire per farmi sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo(e anche del prossimo, se non è troppo chiedere!). È troppo lungo? Ci sono troppi errori? C’è qualcosa che non va nella storia? Come vi è sembrato nel complesso? Vi prego di farmi sapere.
In ultimo ma non per importanza, vorrei ringraziarvi tutti per la vostra infinita pazienza (chiedo ancora perdono per il ritardo). Vi ringrazio perché mi seguite ancora nonostante tutto, perché mi avete sopportato fino ad adesso, perché a volte recensite e ogni volta per me è festa grande (un grazie speciale va naturalmente a Kiara097, per la sua ultima recensione graditissima! Grazie, sei fantastica!). Vi ringrazio perché mi aiutate a migliorare e ad andare avanti. Vi ringrazio ancora sentitamente di tutto, davvero, perché senza di voi avrei smesso di scrivere da tempo.
Adesso che ho finito ti scrivere questo “papiro” vi saluto
Boreal Lele

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Capitolo 23
*** Spedizione di salvataggio ***


Le cronache dei mercenari

-23
 Spedizione di salvataggio

Scott scrutò il paesaggio che lo circondava, cercando di tenere gli occhi aperti, nonostante il vento gelido gli mordesse il volto. Tutto era ricoperto da una soffice, mortale coltre bianca: I radi alberi che caratterizzavano quelle terre, le rocce, le irregolarità del terreno... Tutto ormai era stato reso quasi irriconoscibile e confuso. Ormai i cavalli arrancavano a stento in mezzo a tutta quella neve. Sputò a terra, maledicendosi mentalmente per aver accettato l’incarico che gli era stato proposto da Owen. DJ lo affiancò, ponendogli una mano sulla spalla.
-Forse è meglio accamparsi qui, sperando che la tormenta finisca presto.- Scott annuì mestamente.. Comunicò all’attendente che gli era stato assegnato di far passare l’ordine a tutti gli uomini dell’esercito. In pochi minuti tutti e mille i soldati cominciarono ad erigere un campo militare in mezzo al nulla più assoluto. I fuochi da accampamento vennero accesi, le tende furono erette e i turni di guardia vennero stabiliti, tutto nel silenzio più assoluto. Nessuno aveva più la forza nemmeno di parlare, se non per motivi estremamente necessari. Anche Scott e DJ si rannicchiarono davanti ai falò approntati dai loro uomini, mangiando la propria razione di cibo assieme al mago Trent Pentoir. Non che il rosso ne avesse particolarmente bisogno. Probabilmente lui era l’unico a non aver freddo, in quel momento, grazie alle fiamme vive che gli ardevano all’interno del corpo.
Lord Lightning li raggiunse poco dopo, ingurgitò la sua razione di cibo silenziosamente, poi si volse verso Scott, scuro in volto.
-Se andiamo avanti così, rischiamo davvero di rimanere sha-sepolti. Bisogna fare qualcosa, o non arriveremo mai alla sha-capitale! Gli uomini sono stremati e la neve copre tutte le insidie che nasconde il terreno. Rischiamo di azzoppare i cavalli e perdere sha-soldati, lungo il cammino.- Scott fece una smorfia di seccatura.
-E cosa vuoi che faccia? Non posso ordinare alla neve di ritirarsi, e nemmeno il nostro mago qui presente può fare nulla contro questa bufera.-  Ringhiò stizzito il rosso, rimpiangendo mentalmente l’amico Cameron, che sicuramente in qualche modo sarebbe riuscito ad aiutarli. Il Lord non replicò, storcendo il naso, conscio della ragione del ragazzo.
-Un tempo avevo un amico che aveva studiato all’accademia magica dei nani che sicuramente avrebbe trovato un incantesimo che avrebbe potuto aiutarci, ma è stato ammazzato, quindi mettiti il cuore in pace e soffri in silenzio.- Trent alzò gli occhi verde smeraldo su Scott, esibendo un’espressione palesemente basita.
-Il tuo amico mago è morto ammazzato? Ma non è possibile!- Esclamò stupito.
-Cosa ne sai tu? Nemmeno lo conoscevi.- Sbottò il rosso. Trent si alzò in piedi, scrollandosi di dosso la neve accumulatasi sulle sue spalle. Si passò una mano sulla lunga tunica verde che indossava, pulendo accuratamente la mano nera spalancata ricamata sul petto.
-Hai detto che il tua amico era un mago, no? E da quanto ho capito aveva studiato all’accademia  magica dei nani, giusto? Beh, sappi che una mago proveniente da quel posto non si accoppa così facilmente. In quella scuola la prima magia che si insegna è quella del Dono dell’Anima, cioè un incantesimo che relega l’ anima di chi lo ha evocato in un oggetto. Il mago, una volta terminata la magia, nasconde l’oggetto con dentro la sua anima in un posto sicuro, che solo lui possa ritrovare. Finché tale oggetto non è totalmente distrutto, il mago non può morire in alcun modo. Certo, ha bisogno di tempo per rigenerare il proprio corpo a seconda della ferita subita, ma rimane comunque in vita. Queste cose le so perché provengo anch’io da quella accademia.- Concluse lo stregone. Scott rimase turbato dall’informazione fornitagli da Trent, e continuò a rimuginarci sopra anche dopo essersi ritirato nella propria tenda finché, stremato, non si assopì.
La mattina dopo il sole batteva alto nel cielo. Non riscaldava, ma era meglio che le opprimenti nuvole che li avevano accompagnati fin dal primo giorno di viaggio. Il riverbero creato dai suoi raggi riflessi dalla neve comunque non dava meno fastidio.
Verso il pomeriggio si trovarono a costeggiare la lunga catena montuosa che, prolungandosi, delimitava il lato Sud del regno degli Elfi Madyr, dividendolo dalle Terre Centrali. I pochi pini che fino a quel momento li avevano protetti dall’avvistamento di eventuali nemici cominciarono ad aumentare a mano a mano che avanzavano, cosa che rese inquieto Scott. DJ avvicinò il rosso, indicando la strada innanzi a loro.
-Ci stiamo inoltrando nel cuore della foresta, nella macchia di vegetazione più folta. La via che stiamo prendendo è la meno trafficata, ma anche la più pericolosa. Ci porterà direttamente ai Campi del Popolo senza essere visti, ma il pericolo di agguati aumenta ad ogni passo che facciamo. Quando ci troveremo a dover passare nella gola che divide in due i monti che abbiamo al fianco, dovremo esser più che certi che nessuno tenti farci uno scherzo poco carino come una scatenarci contro una frana mentre passiamo o tenderci un’imboscata. In tal caso saremmo decisamente in svantaggio: anche pochi tiratori mediocri, piazzati nei punti strategici e ben muniti di frecce, da lassù possono tenere a bada un intero esercito.- Scott annuì con fare pensieroso davanti alle informazioni di DJ.
-Andrò io stesso lassù assieme a Lord Lightning e ad una squadra di esploratori esperti ad assicurarmi che la via sia sgombra. Comunque sia manterremo degli uomini sul crinale anche durante l’avanzata del grosso delle truppe, giusto per essere più prudenti. Per quanto riguarda il percorso che dobbiamo intraprendere, ho già predisposto un gruppo di uomini che vada in avanguardia non appena saremo entrati nella zona più folta della foresta.- Il rosso si ravvivò i capelli con un colpo secco di mano. Sarebbe stata dura, la marcia per passare dall’altra parte dei monti.
L’indomani arrivarono ai piedi delle montagne, dove stabilirono l’accampamento. La neve aveva ricominciato a cadere, anche se in quantità minore rispetto ai giorni scorsi. Scott si avvicinò a DJ, che stava assistendo ai preparativi del piccolo drappello di uomini.
-Ti lascio il comando, DJ. Se entro domani a mezzogiorno nessuno di noi dovesse tornare, dirigi l’esercito verso un passo più sicuro, anche se questo dovesse allungare di parecchi giorni la marcia.- L’ex generale assentì , poi strinse la mano al rosso e a Lord Lightning, augurando loro buona fortuna. In breve il piccolo gruppo di uomini fu rasente alla parete destra della gola. Scott si rivolse allora a Lord Lightning.
-Prendi la metà dei nostri uomini e scala questa parete. Noi ci dirigeremo sul fronte opposto. Dobbiamo continuare a tenerci in contatto visivo. Se dovessero esserci problemi, avvertici, e manderemo due uomini ad avvertire DJ. Dovrai fare la stessa cosa nel caso ciò dovesse capitare a noi. Se ne hai l’occasione, stermina tutti i nemici che trovi sul tracciato, possibilmente cercando di catturarne qualcuno vivo per interrogarlo e chiedergli quanti altri nemici ci sono.- Il Lord annuì, dando subito dopo l’ordine ai suoi uomini di cominciare la scalata. Poco più di un’ora ed entrambi i gruppi di esploratori si trovavano sulla cima delle due pareti della gola.
Il percorso si rivelò sgombro da entrambi i lati fino alla sua metà. Il vento e la neve erano notevolmente più forti, all’altezza alla quale si trovavano, e ululavano al punto che solo gridando gli esploratori sarebbero riusciti a sentirsi. Nonostante questo, la visibilità non era diminuita di molto, cosa che permise loro di comunicare a gesti e a rimanere in contatto visivo con il gruppo della parete opposta. Scott stava avanzando innanzi ai suoi soldati cercando di non mettere i piedi in fallo, quando si accorse che dietro a uno sperone di roccia si trovava uno spiazzo orizzontale, sul quale erano appostate due sentinelle che guardavano verso l’imboccatura settentrionale della gola. A giudicare dai loro vestiti, prevalentemente costituiti da pellicce e strani paraocchi che coprivano loro il viso, non parevano uomini dell’Ovest, ma il rosso giudicò più prudente toglierli di mezzo comunque. Fece cenno ai suoi uomini di tenersi pronti, e prima ancora che essi potessero estrarre le spade e tendere gli archi, si avviò di soppiatto verso le due sentinelle. Giunto alle loro spalle sguainò Divoratrice di Odio, puntandogliela contro con tale velocità da lasciarli spiazzati e impotenti. Con il dito fece loro cenno di stare zitti per aver salva la vita. Uno dei due provò ad allungare la mano fino alla propria spada, un pezzo di ferro arrugginito, ma la comparsa degli uomini armati di tutto punto di Scott lo convinse a desistere nel suo intento.
Gli uomini di Lord Lightning vennero avvertiti subito del piccolo imprevisto, e due di loro partirono immediatamente in direzione del accampamento, per comunicare che Scott avrebbe provato a parlamentare con il capo di quegli uomini per ottenere una sorta di accordo che permettesse loro di passare senza ulteriori disturbi nella gola.
Scott e i suoi uomini vennero condotti dalle due sentinelle fino ad un villaggio nascosto appena dietro il crinale della montagna che stavano percorrendo. Era composto da case in pietra scavate nella montagna sparpagliate su per la parete, collegate da ponti in roccia e in legno, sospesi ad una altezza notevole. La parete da quella parte della montagna era quasi verticale.
Scott aveva indovinato quando aveva dedotto che quelli non erano uomini dell’Ovest. Erano infatti i componenti di una delle numerose tribù civilizzate che popolavano le montagne. “Uomini duri per ambienti duri”, aveva detto una volta Lord Enderis a lui e Mike riguardo alle tribù di montagna. I due guerrieri andarono ad annunciare al loro capo i soldati che li avevano catturati. In breve vennero condotti nella casa posta più in alto di tutte. Dentro vi trovarono una donna nerboruta, dai capelli corvini lunghi e lucidi e lo sguardo truce. Era assisa su un trono ricoperto di pellicce, che si confondevano con quelle che indossava lei. I due guerrieri catturati si tolsero i bizzarri paraocchi dal volto, rivelando il loro aspetto: il primo era una donna bionda e dagli occhi viola, l’altro era un uomo che pareva la versione maschile della donna seduta sullo scranno, solo con i capelli molto più corti e lo sguardo molto meno truce.
Nonostante fosse sorpreso dal fatto che il capo di una tribù della montagna fosse una donna, Scott mantenne il sangue freddo, sfoderando il sorriso più smagliante che sapesse esibire e rispolverando il linguaggio forbito che aveva appreso da bambino, poi si esibì in un profondo inchino.
-Mi inchino davanti al capo di questa tribù.- Esordì, con la testa ancora chinata. Aveva assolutamente bisogno che gli uomini della tribù li lascassero passare, e non avrebbe esitato a supplicare, se fosse stato necessario. Già la missione era abbastanza difficile con soli mille uomini a disposizione, ma sarebbe diventata addirittura impossibile, se avesse anche dovuto scontrarsi contro le tribù della montagna, perdendo di sicuro molti uomini. La donna lo interruppe con un gesto secco.
-Bando ai convenevoli, rosso. Cosa ci fate qui tu e i tuoi uomini?- Scott sorrise di nuovo e spiegò la situazione alla donna.
-E così vorreste passare nella gola con un esercito senza essere disturbati. A noi cosa ne viene se vi lasciamo passare? Avete preso in ostaggio mio figlio e sua moglie, e per questo potrei farvela pagare cara.- Disse lei aumentando la durezza del suo sguardo. Scott decise allora di fingersi sicuro delle sue possibilità e di cominciare a forzare la mano.
-Sappi che ho mille uomini appostati ai piedi della montagna, tutti esperti di questo territorio e tutti già pronti ad attaccarvi. In uno scontro voi avreste sicuramente la peggio. Sei sicura di voler rischiare la vita dei tuoi uomini per una guerra già persa in partenza?- L’esitazione della donna fece venire a Scott un’idea che gli parve addirittura geniale.
-Anzi, sai che dico? Perché tu e il tuo popolo non vi unite a noi nella vostra spedizione? Ho visto come siete equipaggiati male. Beh, se ci aiutate, io vi fornirò armi talmente belle e resistenti che tutti i vostri alleati ve le invidieranno e i vostri nemici le temeranno. Inoltre prometto anche molte scorte di cibo te e la tua tribù. È un’offerta alla quale sono sicuro non darai un calcio mandandola alla malora. Un po’ di cibo in più fa sempre comodo, soprattutto in tempi di guerra, no?- Il lampo di brama di potere che si accese negli occhi della donna fece comprendere a Scott che aveva fatto centro. Grazie a quella mossa non avrebbe dovuto contare solo sulle forze affidategli da Forte Antico per combattere la battaglia che lo attendeva.
Dopo ore e ore di trattativa giunsero ad un accordo. Tutte le tribù della montagna, comandate dalla donna chiamata Eva, suo figlio, Brik, e sua moglie, Jo, avrebbero combattuto al fianco dei ribelli finché gli uomini dell’Ovest non sarebbero stati sconfitti definitivamente. In cambio avrebbero ottenuto armi, cibo, e alcune terre ai piedi della montagne, inutili dal punto di vista degli Elfi, superflue dal punto di vista delle Terre Centrali. Scott aveva scoperto, durante le trattative, che le tribù di montagna, un tempo in pace con gli elfi, dalla venuta degli uomini dell’Ovest erano stai scacciati dalle loro terre, venendo costretti a rifugiarsi sulle montagne più alte. Tale avvenimento aveva acceso in quelle tribù un odio rabbioso verso di ogni singolo uomo dell’Ovest.
Tre giorni dopo l’esercito dei ribelli e quello delle tribù di montagna si incontrarono all’uscita della gola.
In meno di una settimana di marcia forzata sotto un cielo perennemente nuvoloso, giunsero in vista della capitale degli elfi. L’esercito, in tutto, contava ormai all’incirca millecinquecento uomini, cinquecento dei quali erano spietati guerrieri decisi a far scorrere fiumi di sangue dei loro nemici. Scott comandò che l’esercito si dividesse in tre squadroni,  i primi due composti unicamente da uomini dell’esercito regolare di ribelli e comandati rispettivamente da DJ e da Scott stesso, il terzo composto dai barbari delle montagne e da alcune squadre di ribelli, comandato da Eva e suo figlio. I tre gruppi si separarono non appena il terreno cominciò a diventare montuoso. Lo squadrone di barbari rimase fermo al centro tra due colline non lontane dalle mura della città rimanendo ben visibili, gli altri due squadroni si diressero dietro le rispettive colline. DJ prese in disparte Scott, guardandosi intorno con circospezione per assicurarsi che nessuno li stesse ascoltando.
-Scott, non metto in dubbio il fatto che cinquecento uomini in più fanno sempre comodo, ma questi non sono soldati, sono belve da battaglia. Non hanno regole nel combattimento e non sono minimamente organizzati: si faranno massacrare non appena la confusione della battaglia li avrà dispersi. Inoltre, perché non li hai fatti nascondere come con i nostri squadroni? La guarnigione all’interno delle mura ci avrà già individuati e starà venendo a darci la caccia, impedendoci di arrivare fino alle mura per scalarle. Il piano che avevamo accordato non era questo.- Lo rimproverò il generale. Scott si esibì in un ghigno maligno.
-Ma io voglio che vengano a darci la caccia. Guada bene cosa vedranno, DJ: Un pugno di guerrieri male armati, disorganizzati e caotici. Tu ci penseresti anche un solo attimo, prima di gettarti all’attacco su di loro?- DJ ammutolì, confuso.
-Quando avranno ingaggiato battaglia salteremo fuori noi, li accerchieremo e li stermineremo. Dopodiché sarà molto più semplice dare l’assalto alla capitale, rimasta sguarnita di uomini. Adesso hai capito il mio piano?- L’ex generale annuì.
-I barbari sanno dei tuoi progetti?- Chiese di nuovo l’uomo. Scott rise divertito della domanda.
- È qui il bello. Credi che se avessero saputo di essere le esche dell’imboscata sarebbe rimasti davvero lì come degli allocchi? Ovviamente sono del tutto ignari di ciò che gli sta per capitare.-
-Ma fra loro ci sono anche dei nostri uomini.- Scott scrollò le spalle.
-Li ho messi lì per formare un minimo di resistenza al vero e proprio attacco del nemico. Non mi preoccupo per loro, se la caveranno egregiamente.-
-E se qualche barbaro dovesse sopravvivere?-
-Manterrò gli accordi che ho stretto con loro. In effetti non mi aspetto nemmeno che ci siano troppi morti  tra le loro fila. Sono abituati al combattimento, per loro sarà un giochetto sbaragliare gli uomini dell’Ovest.- Scott preferì mantenersi ottimista, ma da quando aveva messo piede in quelle terre, un senso di disagio immotivato lo aveva tormentato senza sosta. Sorrise nuovamente, per meglio mascherare quella strana sensazione che, crescente, lo stava divorando.
DJ rimuginò un attimo, poi convenne che il rosso aveva avuto un piano veramente geniale. Diabolico, sì, ma geniale.
In breve le previsioni di Scott si avverarono. Una pattuglia composta da un centinaio di cavalieri uscì dalle porte della città e rapidamente si avventò contro la squadra di barbari che fungeva da esca. Nel volgere di qualche minuto tutti quegli uomini caddero a terra morti, sopraffatti dal nemico decisamente superiore sia di numero che di forza.
-Perdite?- Domandò Scott a Trent, che stava controllando il bilancio delle breve battaglia appena affrontata.
-Solo una decina, quasi tutte tra i barbari, e qualche ferito. È stato sorprendentemente facile.- Fece notare il mago. Il rosso annuì. Il senso di disagio che lo aveva accompagnato fino a quel momento aumentò, nonostante non avesse un motivo vero e proprio per essere preoccupato. Era semplicemente una sensazione.
-Adesso tocca alla città.- Urlò ai suoi uomini, cercando di concentrarsi sulla missione.
- All’assalto!-. I soldati, sia suoi che delle tribù di montagna, lo seguirono alla volta delle mura, tra urla di guerra bellicose e terrificanti. L’assalto era cominciato.

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Capitolo 24
*** In trappola ***


Le cronache dei mercenari

-24
 In trappola

Prima di dare spazio al capitolo di oggi, mi sento in dovere di scrivervi un paio di cose, per rispetto nei vostri confronti, per questo vi chiedo di avere un attimo di pazienza e di leggere fino in fondo questo messaggio che io ho scritto per tutti voi:
1-    Mi sento un morto che cammina, anzi, che scrive. È passato tanto di quel tempo dall’ultima volta che ho aggiornato che quasi mi sono dimenticato la trama della storia che avevo in corso. E di questo purtroppo fatto posso solo incolpare me stesso.
2-   Vi chiedo scusa. Non avete idea di quanto dispiacere io stia provando per avervi fatto attendere così a lungo. Avevo in progetto di aggiornare agli inizi di Giugno, come avevo promesso a molti di voi, e invece mi sono ritrovato a postare il testo quasi a metà di Agosto. Imploro il vostro perdono e vi prometto che d’ora in avanti aggiornerò con più regolarità e più spesso. Almeno finché ne avrò la possibilità.
3-   Non è che ho aggiornato così tardi perché ero pigro o perché non ne avevo voglia. Ho dovuto far fronte a una marea di problemi interni, esterni e famigliari, uno tsunami di imprevisti seccanti che mi ha tolto tempo, forze e energia. Sono stato assorbito da impegni e vicende delle quali avrei voluto fare a meno volentieri, ma che ho dovuto comunque affrontare.
4-   Ora sono qui, tornato dalle sventure per rimanere in pianta stabile al mio posto. Magari sono cambiato, magari ho peggiorato il mio stile, o forse l’ho migliorato. Non so se siete arrabbiati con me, se siete felici, oppure se siete disperati per il mio ritorno. So solo che adesso vedrò di sistemare tutto. Porterò all’epilogo “Le cronache dei mercenari”, dato che la trascino agonizzante da più di un anno, e poi, chissà, mi fionderò su nuove storie. Storie che non mancherò di farvi leggere.
5-   Vi ringrazio. Per esserci stati, per non avermi fatto mancare il vostro appoggio, almeno fino ad oggi. Per i vostri aiuti e i vostri incoraggiamenti. Per aver recensito, o magari per aver spedito un messaggio privato grazie al quale ho fatto la vostra conoscenza, o ancora anche solo per aver letto quei testi che io amo chiamare “i miei scleri mentali”. Non vi ho dimenticato. Per questo, se state leggendo anche questo “papiro egizio” del quale mi sono reso autore, vi ringrazio.

Sono tornato
Boreal Lele


Scott guidò l’assalto alle mura della città alla testa delle sue truppe. La sua armatura scintillava di una luce color rosso cupo sotto il sole appena spuntato dalle nuvole che fino a qualche istante prima ricoprivano il cielo in tutta la sua grandezza.
Quelle della capitale degli Elfi Madyr non erano mura alte come quelle di Forte Antico, e nemmeno spesse e inespugnabili come quelle di Città Del Sole, che da sola resisteva ancora alle forze degli Uomini dell’Ovest. I difensori rimasti a guardia del portale principale, in minoranza schiacciante rispetto agli attaccanti, si arresero immediatamente lasciandosi imprigionare senza neppure opporre resistenza.
DJ e Trent raggiunsero Scott sotto le mura subito dopo l’assalto, entrambi all’apparenza piuttosto turbati.
-Cosa c’è che non va? Abbiamo conquistato le mura esterne piuttosto facilmente, no?- Domandò interrogativo il drago. I loro volti si incupirono ulteriormente.
-Appunto, Scott. Li abbiamo schiacciati con fin troppa facilità, come se avessero voluto che noi riuscissimo a prendere la città. Non ti pare sospetto?- Scott si strinse nelle spalle come se nulla fosse, evitando di mostrare ai suoi uomini l’inquietudine che a sua volta provava.
-Se questa è davvero una trappola lo scopriremo presto, non vale a nulla fasciarsi la testa prima del tempo. Ora pensiamo a espugnare il castello principale e a liberare Mike, poi potremo leveremo le tende senza pensarci due volte e tornarcene a Forte Antico.- Lord Lightning sopraggiunse in quel momento con fare pomposo, rivolgendosi direttamente a Scott e ignorando gli altri presenti. Nella sua sfarzosa armatura argentata appariva ancora più arrogante del solito.
-Gli uomini di Lord Lightning sono sha-pronti, capitano Scott. Muoviamoci e andiamo a liberare Lord Mike!- Il rosso annuì, dando subito disposizione alla pattuglia di Lord Lightning di seguirli.
-DJ, Trent, venite anche voi. Che tutti gli altri nostri soldati presidino le mura fino al nostro ritorno.- L’ex generale e il mago annuirono, seppur ancora dubbiosi.
-Dagli Elfi residenti nella città non dobbiamo temere nulla, anzi,ci aiuteranno a tenerla contro eventuali attacchi da parte dei nemici. Sono stanchi di subire vessazioni da parte degli Uomini dell’Ovest, e non hanno nessuna intenzione di tornare sotto il loro dominio.- Scott se ne compiacque. Avevano ulteriori alleati, dunque.
Il gruppo di uomini capitanato da Scott, composto da quasi un centinaio di uomini si lanciò alla carica del castello principale, situato perfettamente al centro della città.
Gli Elfi Madyr applicavano un bizzarro metodo di costruzione alle loro città. Tutte le strade seguivano linee tondeggianti, disposte in un ordine che visto con occhio distratto pareva caotico, ma che, in realtà, seguiva regole ben precise e note solo ai loro costruttori. Inoltre le loro case erano interamente ricavate da alberi alti e robusti, o almeno quelle private. Le uniche costruzioni in pietra erano gli edifici pubblici, che dovevano essere accessibili anche per le altre razze in visita alla città, e la cinta muraria, che doveva sempre essere perfettamente circolare e larga abbastanza da poter avvolgere l’intera città in tutta la sua grandezza, nessuna struttura esclusa. Al centro di ciascuna di esse, infine, vi era un castello o un fortino principale, a seconda dell’importanza della città nella quale era stato costruito, e nei quali tutti i cittadini si potevano riparare in caso di assedio. Nessun fossato, per motivi ignoti a tutti gli umani, era mai stato scavato per ottenere una difesa più efficace.
Il gruppo di uomini giunse ai pesanti battenti del castello in capo a un quarto d’ora, travolgendo gli Uomini dell’Ovest e gli Elfi Madyr che parteggiavano per loro che vi erano rimasti di guardia. Sfondarono senza troppi problemi il pesante portone in legno che dava l’accesso alla struttura e si riversarono al suo interno come un fiume in piena, travolgendo ogni tentativo di difesa con violenza indicibile. Lasciarono all’entrata solo due loro lancieri, dando loro l’ordine di non muoversi fino al loro ritorno e di correre ad avvertirli nel caso qualcosa di importante fosse successo in città durante la loro assenza. Si diressero compattamente fino alle segrete, dove venivano gettati i prigionieri, e liberarono ogni detenuto, invitandolo a fuggire.
Dopo aver esaminato più della metà delle anguste celle presenti nelle segrete, Scott aveva quasi perso la speranza di trovare Mike. Mentre correva per i corridoi ai quali si affacciavano le celle gridando il nome dell’amico, notò una porta più grande e spessa delle altre. D’istinto prese una torcia appesa alla parete e, sfondando con un poderoso calcio il pesante battente ricoperto di borchie massicce, vi entrò.
All’interno l’oscurità era quasi palpabile. La torcia stranamente non riusciva ad illuminare nemmeno i passi del drago, motivo per il quale decise di liberarsene, in quanto inutile. Soffiò invece una delle sue fiammate, per riuscire a capire quanto fosse grande la cella.
Non era spaziosa quanto se l’era immaginata al buio, anzi, se possibile era anche più stretta e sporca di quelle che aveva ispezionato in precedenza. In un angolo notò un vasino per gli escrementi e una brocca  vuota, come del resto lo era il vassoio sul quale era appoggiata. Un ratto sgusciò nell’oscurità, spaventato a morte dall’improvviso lampo di luce che per un secondo aveva invaso la stanza.
Il rosso stava già per andarsene quando si bloccò improvvisamente, notando, grazie ai suoi occhi ormai abituati all’ombra, una figura rannicchiata nell’angolo più buio e nascosto della stanza. Era la figura di un uomo, o, almeno, un tempo doveva esserlo stata. Presentava una quantità di ferite da tortura incredibile su quasi tutta la superficie del corpo, molte delle quali erano infette e putrescenti. Inoltre era anche incredibilmente magra, sudicia oltre ogni dire, ed emanava un fetore che avrebbe fatto concorrenza ad una montagna di letame lasciata a marcire sotto il sole cocente d’estate.
Il drago, di fronte a quello spettacolo disgustoso, si ritrasse, cercando di trattenere un conato di vomito che prepotentemente gli stava salendo su per la gola, ma nel movimento improvviso inciampò sulle sue stesse gambe, cadendo a carponi e causando un clangore metallico piuttosto violento. L’improvviso rumore sembrò ridestare dal suo stato di dormiveglia il relitto umano che era nell’angolo della cella. Fu allora che Scott incrociò il suo sguardo, riconoscendo sotto la barba incolta che gli ricopriva il viso il suo amico d’infanzia Mike.
-Mike? Sei tu, fratello?- Lo chiamò incredulo, con un leggero tremolio nella voce. L’unica risposta che ricevette fu un lento mugolio impastato, come se la figura che aveva davanti si fosse appena svegliata da un lungo sonno.
Scott si alzò di scattò, correndo alla porta e richiamando a gran voce i suoi uomini e ordinando a Trent di venire ad aiutarlo. In pochi secondi il mago fu al suo fianco.
Tappandosi il naso i due si avvicinarono alla figura rannicchiata nell’angolo, che li osservava con occhi vuoti, accorgendosi che oltre ad essere in pessime condizioni era anche incatenata al muro.
-Quanto è messo male?- Trent si strinse nelle spalle.
-Nonostante le apparenze non mi sembra ridotto in fin di vita, ma lo devono aver torturato per mesi. Gli ci vorrà un bel po’ di tempo per ristabilirsi, e non sono sicuro che mentalmente ne uscirà indenne.- Poi il mago si ritrasse storcendo il naso.
-E naturalmente bisognerà pulirlo, non solo per l’odore nauseabondo, ma anche perché se non lo facciamo in tempo queste infezioni potrebbero ucciderlo.-
Gli prestarono immediatamente le prime cure mediche, poi, una volta caricato su una barella improvvisata sul posto, Scott ordinò di portarlo in un ambiente più pulito. Mentre marciava al fianco della barella che portava il suo amico, improvvisata sul posto con le assi di una delle porte divelte da loro stessi, il rosso provò a parlargli un paio di volte, ma Mike non diede alcun segno di coscienza. Se non fosse stato per il fatto che aveva gli occhi aperti si sarebbe detto addormentato. Scott, frustrato, lanciò un’imprecazione stizzita.
-Dannazione, fratello! È già la seconda volta che sono costretto ad aspettare che tu ti rimetta, e non è affatto piacevole! Perché non vuoi reagire, almeno stavolta?- Mike voltò verso di lui la testa, alzando la mano destra come per chiamarlo, e con occhi spenti biascicò qualcosa che Scott non riuscì a comprendere. Il rosso allora si avvicinò al volto dell’amico, che ripeté a bassa voce:
-Dov’è Zoey?- Scott fu colto da un improvviso senso di vuoto. La principessa Zoey. Dovevano liberare anche lei, se le condizioni lo permettevano, e questo significava dover rimanere in quel castello per altro tempo. Mantenendo lo sguardo fisso negli occhi dell’amico si mise una mano sul petto, assumendo una parvenza di determinazione che in realtà non possedeva.
-Farò il possibile per riportarti la tua Zoey, amico. Ora riposa, ti farò scortare fuori dai miei soldati.- Poi, rivolgendosi ai portatori della barella, ordinò che fosse trasportato fuori dal castello, dal miglior curatore della capitale. Assegnò loro anche una scorta di dieci uomini, giusto per essere sicuri che durante il tragitto non succedesse nulla di spiacevole.
Lord Lightning, una volta rimessa in marcia tutta la colonna di uomini, affiancò Scott con un espressione evidentemente più che contrariata.
-A Lord Lightning non piace questo posto, Scott. Lord Lightning credeva che una volta liberato Lord Mike ce ne saremmo andati, e invece siamo ancora costretti a rimanere in questo stramaledetto maniero.- Sul volto del Lord si delineò una smorfia di insofferenza mista a tensione.
-Nemmeno a me piace l’idea di dovermi trattenere, ma non possiamo fare altro. Dobbiamo ancora liberare la principessa Zoey, e non ce ne andremo finché non sarà al sicuro. Ma se hai troppa paura te ne puoi andare … - La provocazione di Scott sortì l’effetto sperato. Il Lord, sentendosi deriso, si arrestò di colpo, e sollevando la sua mazza da guerra sopra la testa esclamò furente
 -Bada a te, ragazzo! Se c’è una cosa che devi ancora imparare è che Lord Lightning non ha paura di niente e non si tira mai indietro di fronte a nulla, nemmeno davanti alla sha-morte! E ora andiamo, prima che Lord Lightning decida che sei troppo pavido per i suoi gusti e che ti lasci indietro.-Detto questo lo superò con passo deciso. Ogni ombra di timore era svanita definitivamente dal suo volto, lasciando spazio a quella irritante boria che lo aveva sempre contraddistinto.
Il gruppo di armati proseguì per i corridoi vagando alla cieca alla ricerca della principessa Zoey, frugando in ogni stanza che trovavano sul loro cammino. Il castello appariva totalmente deserto al loro passaggio, il che risultava piuttosto strano. Sembrava che tutta la servitù si fosse volatilizzata nel nulla, assieme alle poche guardie che avrebbero dovuto rimanere di guardia degli ambienti più importanti.
Giunsero in capo a quindici minuti innanzi agli sfarzosi battenti incustoditi che davano l’accesso a quella che doveva essere stata la sala del trono di Re Geoffrey II prima che venisse spodestato. Le porte erano aperte e la stanza dietro di esse era completamente immersa nel buio. Cautamente Scott e i suoi uomini vi si addentrarono, sfoderando silenziosamente le armi.
Dentro di lui Scott poté udire chiaramente una voce che, disperata, gli gridò di andarsene finché ne era in grado. Il senso di disagio aumentò vertiginosamente, tanto da spezzargli il fiato, ma lui lo ignorò per l’ennesima volta, proseguendo imperterrito.
Una volta che tutti i suoi soldati furono all’interno della sala, i battenti si richiusero di scatto. Le poche torce che alcuni uomini tenevano strette in pugno si spensero a causa di una corrente d’aria gelida che aveva causato l’improvvisa chiusura delle porte.
Lord Lightning, al fianco di Scott, DJ e Trent, si agitò ulteriormente, brandendo la sua mazza da guerra davanti a sé e cercando di penetrare l’oscurità con lo sguardo, alla ricerca di un qualunque segnale di allarme che lo avrebbe fatto scattare come un laccio teso.
Una luce, non troppo lontana dal gruppo di uomini, si accese, spezzando l’opprimente oscurità che li avvolgeva. Era una fiammella azzurra e solitaria, posta al centro della sala, proprio sotto gli scalini che portavano al trono.
Era un fuoco fatuo, gelido ed etereo, che fluttuava in aria muovendosi traiettorie circolari lente e pigramente ipnotiche. Una voce profonda e cavernosa li fece raggelare, inchiodandoli al loro posto.
-Benvenuto nella mia umile dimora, Scott il Drago, e che siano i benvenuti anche i tuoi compagni, Trent il Mago, Lord Lightning e Devon Joseph.- La voce fece una breve pausa, lasciando in sospeso la falsa cordialità con la quale li aveva accolti.
-Spero che questo posto sia di vostro gradimento, signori miei, perché da qui nessuno di voi uscirà mai più.- In quello stesso istante migliaia e migliaia di fuochi fatui simili a quello comparso poco prima presero vita, rischiarando per intero la sala del trono e rivelando che sulle pareti, inseriti in nicchie ricavate dalle mura stesse, centinaia di arcieri tendevano il loro arco contro il gruppo di invasori.
Il proprietario della voce cavernosa era assiso sul trono del Re, protetto da un velo viola scuro che oscillava lentamente, dividendo lo scranno dal resto della sala. La sua risata echeggiò tra le mura scuotendo i presenti con lo stesso effetto di una doccia fredda.
Scott impugnò Divoratrice di Odio e con uno scatto fulmineo portò il suo scudo sulla testa, incitando i propri uomini a fare lo stesso.
-Al riparo! Ci stanno attaccando! È una trappola!- Una moltitudine di frecce si abbatté su di loro, eliminando e ferendo quei soldati che non si erano ancora messi in salvo. Alcuni guerrieri, non più di una decina, usciti fuori letteralmente dal nulla si gettarono nella mischia senza emettere il benché minimo rumore, come una schiera di fantasmi, dando inizio allo scontro.
Dopo qualche istante di sorpresa anche i soldati di Scott reagirono, cercando di raggrupparsi per formare una difesa efficace contro i nuovi nemici, ma le frecce che grandinavano dall’alto rendevano il tutto più difficile.
Scott e Lightning, fianco a fianco, ingaggiarono un feroce combattimento con tutti i guerrieri che gli capitavano a tiro. I primi che trafissero non caddero a terra come invece avrebbero dovuto fare, e dagli squarci che si erano aperti nelle loro armature non fuoriuscì nemmeno un goccio di sangue. Li colpirono più e più volte in diverse parti del corpo vitali, ma i loro avversari non diedero cenno di voler morire, continuando a combattere imperturbabili e immersi nel loro silenzio spettrale. Lo scontro continuò finché con un secco colpo di spada Scott non riuscì a decapitarne uno, che stramazzò a terra di colpo. Fu allora che il rosso si accorse che né  nell’elmo che aveva fatto rotolare via, né nell’armatura a terra vi era traccia di un nemico. Solo allora capì contro chi stavano duellando.
-Sono fantasmi rievocati con la magia nera! L’unico modo per sbarazzarsene è decapitarli!-
Urlò a squarciagola per farsi sentire dai suoi uomini, ma ben pochi di quelli che erano sopravvissuti lo udirono.
Il rosso, constatando che di lì a poco sarebbero morti tutti, decise di tentare il tutto per tutto. Spalancò la bocca di scatto, spargendo fiammate devastanti contro i suoi nemici e gettandone al suolo quattro. Poi, mentre essi stavano cercando di rialzarsi con le giunture di cuoio ancora avvolte dalle fiamme, si diresse di corsa verso il telo dove risiedeva il loro padrone, fendendo la spada a destra e a manca e atterrando tutti coloro che si erano avvicinati troppo al suo cammino.
-A noi due, maledetto. Siamo alla resa dei conti!- Gridò con quanto più fiato aveva in corpo, squarciando con un secco fendente il telo viola che lo divideva dal suo misterioso nemico. Quando, però, scorse la figura assisa sul trono rimase di stucco, esitando qualche secondo con la spada ancora alzata e pronta a colpire. Il suo avversario sfruttò il momento di confusione del rosso colpendolo al petto con una cosa simile ad un dardo magico, solo molto più grosso e potente. Scott venne scaraventato dall’impatto contro una delle pareti della sala come se fosse stato un bambolotto di pezza, rovinando poi rumorosamente a terra con uno schianto assordante.
Lo scontro vero e proprio era appena cominciato.

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Capitolo 25
*** Il Potere dell'Odio ***


Le cronache dei mercenari

-25
 Il Potere dell'Odio

La donna assisa sul trono posò lo sguardo su Scott con fare sprezzante, con la mano destra ancora spalancata verso di lui e la sinistra impegnata ad arricciarle una ciocca bionda dei suoi lunghi capelli. Il drago era lontano da lei, accasciato contro il muro verso il quale lei lo aveva scaraventato. Era sopravvissuto nonostante il suo dardo magico lo avesse colpito in pieno petto. Le parve strano rivederlo in piedi dopo appena pochi secondi. Su di lui non avrebbe scommesso una moneta di rame bucata dopo averlo visto fare quel volo. Invece era resistito. Peccato, sarebbe morto lo stesso a breve.
Scott, da parte sua, non si era aspettato nulla di ciò che era avvenuto. Non si era aspettato di vedere una donna sul trono oltre il velo viola, non si era aspettato che lei lo guardasse indifferente, come se lui non stesse stringendo in pugno un’arma che avrebbe potuto tranquillamente aprirle il cranio in due, e non si era aspettato nemmeno che lei spalancasse la mano e da quella ne scaturisse un dardo magico abnorme. Non aveva previsto che gli eventi avrebbero potuto prendere una piega del genere.
Si rialzò gemente e barcollante, ancora stordito dalla potenza della magia, e raccolse da terra Divoratrice di Odio, protendendola davanti a sé, non senza una certa difficoltà a causa del dolore sparso su tutto il corpo, dovuto all’attacco appena subìto. Gli incantesimi di protezione che Owen aveva fatto incidere sulla superficie della sua armatura lo avevano riparato dall’influsso magico, ma non dal violento impatto che ne era seguito.
La donna assisa sul trono si alzò in piedi e avanzò con passo calmo, come se l’inferno della battaglia che si era creato nella sala la lasciasse del tutto indifferente. Indossava con grazia estrema una tunica di tessuto nero come l’inchiostro che le cadeva perfettamente sul corpo, risaltando le sue curve mozzafiato come se le fosse stato cucito addosso. Portava il colletto alzato in modo che nemmeno un centimetro della carne del collo rimanesse scoperto. L’unica zona visibile del suo corpo era il volto, il volto di una donna bellissima e glaciale. Persino le mani erano state nascoste da un paio di guanti di velluto nero. Le uniche rifiniture presenti erano sul petto, ed erano formate da due linee bianche e parallele che le scendevano fino ai piedi seguendo le sue forme.
Scott riconobbe fin dal primo sguardo il suo abbigliamento. Era sicuramente una strega di Desolveris. Aveva incontrato alcune adepte di quella setta molti anni prima, quando, durante una missione, aveva ingaggiato un breve ma cruento scontro contro di loro. In quell’occasione aveva dovuto darsi alla fuga per riuscire a raggiungere i suoi compagni, ma non aveva dimenticato l’abilità che avevano dimostrato.
-E tu chi diavolo sei? Io voglio il tuo padrone, non una semplice strega. Levati dai piedi!- Le intimò. Lei come risposta spalancò nuovamente la mano, e in breve un secondo dardo magico si abbatté sul drago. Le sue labbra si erano piegate in un ghigno spaventoso.
Scott si scansò appena in tempo per evitare l’attacco. Divoratrice di Odio, ormai sfavillante fra le sue mani, saettò in direzione della donna ancora prima lei che se ne potesse rendere conto, tagliandole una ciocca di capelli di netto e tracciando sulla sua guancia destra un sottilissimo taglio.
Lei si ritrasse, aggredendolo verbalmente con una moltitudine di feroci insulti, come se il gesto dell’avversario le fosse costato un arto.
-La pagherai bastardo! Morirai nel peggiore dei modi!- La sua furia si sfogò con una raffica di incantesimi terribilmente violenti, solo due dei quali andarono a segno, risultando poco efficaci grazie alle protezioni magiche dell’armatura. Scott si alzò in volo, spiegando le sue ali di drago e tentando un assalto aereo. La strega eluse il tentativo erigendo una barriera di roccia attorno a sé con un semplice cenno della mano.
-Riconosco il tuo potere, strega, ma ti ripeto che non sei te che voglio. Portami dal tuo padrone!- Le ordinò digrignando i denti mentre sorvolava la sua barriera.
-Davvero non hai ancora capito, pel di carota?- Il tono irrisorio dell’avversaria lo fece imbestialire oltre ogni dire. La luminosità di Divoratrice di Odio aumentò enormemente, spiazzando il suo stesso padrone, che la mulinò impetuosamente contro la barriera di roccia che li divideva, sbriciolandola con un unico, sordo boato.
-Cos’è che avrei dovuto capire, fattucchiera da due soldi?- Esclamò trionfante, fermandosi a mezz’aria per contemplare la distruzione causata dal terribile potere della sua spada.
La strega però era già alle sue spalle, anche lei in volo grazie ad un incantesimo. Spalancò entrambe le mani sulle sue ali e due nugoli di nebbia nera le avvolsero completamente, costringendole a ritirarsi, facendolo precipitare al suolo.
-Avresti dovuto capire che la persona che stai cercando in realtà sono io, stupido idiota!- I due nugoli neri che poco prima avevano fatto cadere il drago avvilupparono le sue mani, trasformandosi in un paio di lucenti guanti ferrati completamente neri. Non appena ebbero completato la mutazione, la donna cadde in picchiata su Scott, atterrando sulle nocche metalliche dei guanti, che frantumarono i lastroni di granito del pavimento e del muro, abbattendolo in parte. Aveva mancato di parecchio il suo avversario, ma nonostante ciò l’onda d’urto lo spazzò via comunque.
Scott si rialzò subito, pronto a riprendere lo scontro. L’ultimo attacco della sua avversaria lo aveva gettato nuovamente nella mischia della battaglia. Fu allora che si accorse che DJ, Lord Lightning e gli altri suoi uomini erano riusciti a resistere egregiamente ai loro nemici fantasma. Ormai il combattimento contro quei dannati guerrieri spettrali stava volgendo al termine a loro favore, soprattutto grazie alla difesa che avevano approntato, disponendosi a testuggine e affrontando un nemico per volta tutti in gruppo, eliminandolo senza dargli speranza di salvezza. Fu però anche costretto a constatare che il loro numero si era dimezzato. Quelli in grado di combattere erano sì e no una quarantina, e continuavano a cadere nonostante la loro eccezionale strategia a causa della grandinata delle frecce che continuava ad abbattersi su di loro.
Fu proprio una freccia che per poco non lo trafisse alla gola a destarlo dai suoi pensieri. Con la coda dell’occhio si accorse che la strega lo stava caricando di nuovo, pronta a devastarlo con i suoi guanti infernali. Provò a spiegare di nuovo le ali, ma, come previsto, non ci riuscì. Quella dannata fattucchiera gliele aveva bloccate con una delle sue stramaledette stregonerie. Invece di scappare per evitare il suo attacco, Scott le corse incontro, stringendo Divoratrice di Odio con entrambe le mani. Quando le fu vicino, fece cozzare la lama sfavillante contro i suoi guanti ferrati, spezzandoli e riducendoli di nuovo a due nugoli di fumo, che in pochi istanti si diradarono.
-E così sei tu il famigerato“Signore dell’Ovest”. O forse sarebbe meglio dire “Signorina” … Sai, dalla tua voce e dall’ombra che proiettavi contro il velo, credevo tu fossi un uomo grande e grosso. Ma immagino che tu lo facessi apposta per evitare che qualcuno scoprisse la tua vera identità … Sono pochi gli uomini che si fanno comandare dal gentil sesso, o sbaglio?- La schernì crudelmente, ormai certo di averla in pugno. Lei gli sorrise tranquilla, creando fra le sue mani una spada nera simile a Divoratrice di Odio. La sua copia però mancava sia dei bagliori prodotti dall’originale, sia delle sue venature rosse.
 -Hai ragione, mi fingevo un uomo proprio per questo motivo. Ma non t’illudere che io sia da meno di qualsiasi altro comandante!- La strega si lanciò all’assalto, incrociando la sua lama con quella di Scott. Lui rispose prontamente all’offensiva intercettandola e respingendola con forza. Evitò di nuovo una freccia che lo stava per trafiggere alla spalla destra, poi lanciò la sua controffensiva. Menando fendenti a destra e a manca costrinse la sua avversaria contro il muro, chiudendole ogni via di fuga via terra.
-Mi era giunta voce che tu non ti sentissi troppo bene negli ultimi tempi. Da dove l’hai trovata tutta questa energia per combattere?- Le domandò mentre lei gli scagliava addosso uno dei suoi dardi magici, che evitò prontamente rotolando di lato. A quella domanda la strega sghignazzò sadicamente, posando su di lui i suoi occhi color azzurro ghiaccio.
-A questa domanda potrebbe benissimo rispondere l’amichetta di tuo fratello Mike, caro mio. E immagino tu sappia cosa intendo … - Scott si bloccò di colpo, sgranando gli occhi inorridito.
-Non avrai osato … - Lei rise ancora più forte, deridendolo deliberatamente. Approfittò del suo stupore per lanciarsi nuovamente in una raffica di fendenti e affondi ai quali lui riuscì a malapena a sottrarsi.
-Avrei voluto organizzare una cerimonia in grande stile, con presenti entrambe le principesse, alle quali avrei strappato il cuore. Avrei voluto dimostrare la mia crudeltà e superiorità davanti a tutta la popolazione elfica. Ma purtroppo il tempo stringeva e la sorellina minore non si trovava. In più il tuo assalto alla mia nuova residenza ha accelerato i tempi, quindi ho dovuto accontentarmi di una sola delle due sorelle. Certo, il suo potere mi ha in parte ristabilito, ma voglio essere al pieno delle mie forze quando finalmente riuscirò a conquistare tutto il mondo conosciuto. Perciò non temere, anche la fragile principessa Dawn presto raggiungerà la sorella.- Scott cadde in ginocchio, stremato dal combattimento. I colpi e le magie della strega erano aumentati d’intensità man mano che lo scontro si protendeva nel tempo. Non voleva credere alle parole della strega, si rifiutava categoricamente. Il timore che però stesse dicendo il vero si fece strada comunque nella sua mente. Lei parve leggergli in volto la sua incredulità e decise di dare il colpo di grazia alla sua sicurezza.
-Se non mi credi, nella stanza qua a fianco c’è la prova di quanto dico.-Disse indicando alle spalle di Scott una porta laterale seminascosta dal trono.
-Entra, io non ti attaccherò nel frattempo. Non ho motivo di tenderti un’altra trappola, è più divertente vederti soffrire mentre comprendi la verità.- Scott, riluttante, indietreggiò fino ad arrivare in prossimità della porta, sempre evitando di dare le spalle alla sua pericolosa avversaria. Spalancò la porta e con un balzo fulmineo fu dentro. Era una stanza piuttosto piccola, immersa nella penombra, completamente spoglia, fatta eccezione per un letto a baldacchino al centro della stanza, sul quale giaceva compostamente il corpo di una ragazza, coperto da una leggera coperta bianca. Scott le si avvicinò, incredulo, fin quando non fu abbastanza vicino da poter distinguerne i tratti. I capelli lisci e rossi come fiamme erano sciolti sule spalle e alcune ciocche le coprivano gli occhi chiusi.
Era proprio Zoey. Somigliava quasi a un angelo. Un angelo morto. Era chiaramente visibile, in prossimità del cuore, un esteso alone rosso color sangue rappreso che macchiava il lenzuolo. Scott le corse accanto, chiamando il suo nome con tono angosciato, ma lei non diede cenno di risveglio. Provò a toccarla ma ritrasse la mano quando avvertì sotto le dita il gelo della sua carne. Era morta, e lui non aveva potuto fare nulla per salvarla. Il suo pensiero andò immediatamente a Mike e Dawn. Come avrebbe fatto a metterli al corrente della sua morte? Aveva promesso loro che l’avrebbe riportata indietro sana e salva, e invece aveva miseramente fallito. Anzi, probabilmente aveva anticipato la sua morte.
Cadde in ginocchio per la seconda volta, con la bocca e gli occhi spalancati dall’orrore. Lasciò cadere a terra la spada, mentre le lacrime cominciavano a farsi stata prepotentemente nei suoi occhi. Riuscì a stento a trattenerle. Avrebbe voluto urlare e strepitare per il dolore, ma la voce gli era morta in gola non appena aveva constatato la morte di una delle ragazze che aveva giurato di proteggere.
Rimase lì immobile per alcuni minuti, come pietrificato nel suo muto urlo di disperazione. Poi la raggelante risata della strega di Desolveris lo raggiunse, scuotendolo nell’animo come fosse stata una secchiata di acqua ghiacciata.
-Visto che dicevo la verità, stupido rettile che non sei altro? Le ho strappato dal petto il cuore che era ancora viva e poi ne ho assorbito il potere. Le modalità di assorbimento dovrebbero esserti abbastanza chiare.- Scoppiò di nuovo a ridere leccandosi le labbra, mentre Scott si voltava verso di lei in un movimento rigido del busto, gli occhi ancora sbarrati dall’orrore.
Il drago sentì dentro sé una furia disumana crescere e invaderlo come un fiume in piena. Quel mostro di strega doveva morire ad ogni costo, doveva pagare per ciò che aveva fatto. Afferrò Divoratrice di Odio, stringendola in pugno con tutte le sue forze. La lama splendette come mai aveva fatto fra le sue mani, tanto da poter illuminare a giorno l’intera sala del trono e le stanze adiacenti. Avvertì una voce proveniente dalla spada ordinargli di nutrirla con tutto se stesso. E lui, in preda al dolore e alla collera, le obbedì.
Gettò un ruggito terrificante che scosse l’intero castello dalle fondamenta, poi si alzò di scatto, fiondandosi contro la strega, interrompendone la risata. La spada lo guidò come un maestro guida un bambino. Lo spinse a impegnarsi al massimo nel combattimento e a desiderare ardentemente la morte della sua avversaria. Le scatenò contro tutta la sua ira, esibendosi in una raffica micidiale di fiammate e di fendenti mortali. Lei, presa alla sprovvista, continuò a indietreggiare, cercando disperatamente di difendersi dall’improvvisa offensiva del drago. Ogni colpo che subiva la feriva in parti diverse del corpo. In breve, sulle braccia, sulle gambe e perfino sul volto, si delinearono tagli più o meno rilevanti, dai quali fuoriusciva a fiotti il suo sangue, nero come la pece.
Il potere dell’Odio prese il controllo di Scott, spingendolo a battersi come una belva ferita. Ogni suo movimento era mirato a uccidere nel peggior modo possibile la strega di Desolveris che aveva ammazzato così  barbaramente la principessa Zoey. Non ragionava più ormai, i suoi gesti erano diventati completamente meccanici. La spada gridava vittoriosa riempiendogli la mente, impedendogli di pensare. Il suo furore la stava nutrendo come quello di nessun altro prima di lui.
La strega si librò in volo per sfuggirgli, ma lui riuscì a liberare le sue ali e a inseguirla. Mai prima di quel momento Scott aveva sperimentato un potere simile. Si sentiva invincibile, capace di frantumare il mondo a mani nude. Lo inebriava, e più ne provava, più ne voleva, come con una droga irresistibile. E così continuò ad alimentare la spada, la fonte della sua forza. Raggiunse la strega e la scaraventò al suolo con un’unica fiammata. Lei eresse una nuova barriera di granito, che però non resistette all’impatto con la spada di Scott. Finì in frantumi ancora prima di essere completata, rovinando addosso alla sua creatrice, che vi rimase sepolta sotto.
Il drago, insoddisfatto, ritrasse le ali e si precipitò sulle macerie, scavando come un forsennato alla ricerca della sua nemica, del tutto intenzionato a farla fuori con le proprie mani. Fu proprio quell’azione sconsiderata a capovolgere le sorti del combattimento. La strega si teletrasportò alle sue spalle e, prima che lui potesse accorgersene, lo colpì a bruciapelo alle spalle con un potentissimo dardo magico, sollevandolo in aria. L’esplosione sollevò un polverone che avvolse tutti i presenti, lasciandoli storditi. Le risa sguaiate della donna spezzarono il silenzio che era seguito all’esplosione.
-Credevi davvero di potermi battere? Illuso! Nessuno può nulla contro di me! Nessuno!- Fra le sue mani si formò un pugnale, che lei sollevò subito sopra la testa, pronta a fenderlo non appena avesse intravisto il corpo del drago.
Lui era più in là, frastornato dalla detonazione ma ancora vivo. Il potere dell’Odio lo aveva abbandonato, facendolo tornare quasi lucido. Dopo esser stato colpito aveva perso Divoratrice di Odio, che gli era scivolata di mano non appena era crollato a terra. La strega lo raggiunse ancora prima che lui riuscisse a rialzarsi.
-Riconosco il tuo potere, rosso. Purtroppo per te sei troppo stupido per un potere del genere. Terrò io la tua spada dopo averti eliminato.-Disse torreggiando sul nemico, ormai stremato e impotente. Al drago tornarono alla mente le parole di Dawn riguardo all’esito di quella battaglia, e si diede dello stupido per non averle creduto a tempo debito. Lei lo aveva avvertito e supplicato di non andare, ma lui da perfetto idiota aveva ignorato i suoi timori. E ora pagava con la vita il suo errore. Lo rammaricò sopratutto il pensiero di non poterla vedere più.
La strega calò il pugnale, ormai sicura della propria vittoria. Quando, però, arrivò a un soffio dal suo volto, una potentissima torre di fuoco scaturita dal terreno la travolse, separandola dalla sua preda.
Scott rimase sbigottito da quell’imprevisto aiuto che gli aveva salvato la vita. Cercò con lo sguardo Trent Pentoir, che era l’unico presente oltre a lui e alla strega a poter effettuare un incantesimo del genere. Trent però era lontano da lui, impegnato come gli altri in combattimento. Non poteva esser stato lui il suo salvatore, non si era nemmeno accorto di ciò che stava accadendo al drago.
-Va tutto bene, amico?- Scott si girò verso la voce che gli aveva rivolto la domanda, trovandosi davanti una mano tesa in cenno di saluto. Il suo proprietario era basso e magro, somigliava quasi ad un ragazzino dalla pelle color ebano, e portava un paio di occhiali troppo grossi per la sua testa. Scott sgranò gli occhi alla sua vista, sussultando.
- Cameron?- Sussurrò incredulo. L’amico si esibì in un sorriso divertito, facendo involontariamente risaltare la cicatrice biancastra che divideva il suo volto a metà.
-Sei sorpreso, eh? Dopo ti spiegherò tutto, però ora concentriamoci sul nemico.- Gli porse Divoratrice di Odio, che evidentemente aveva trovato e raccolto prima di soccorrerlo, indicando la strega che stava tornando alla carica, più furiosa che mai. Quando però lei si accorse di non potercela fare da sola e in quelle condizioni contro due avversari di quel livello, arrestò la sua corsa, esibendo una smorfia di fastidio.
-Un giorno ci rincontreremo, drago! E allora non sarai così fortunato da ricevere l’aiuto di un tuo alleato!- Dopodiché si dissolse in una nuvola di fumo, portando con sé i guerrieri fantasma rimasti, lasciando a terra le loro armature vuote.
Urla di vittoria si levarono dai sopravvissuti, una trentina di guerrieri in tutto, che si spensero subito non appena videro entrare nella sala del trono ormai semidistrutta uno dei soldati che erano stati lasciati di guardia all’entrata del castello. L’uomo raggiunse trafelato Scott, e ancora prima di poter riprendere fiato, gli urlò una notizia che lasciò tutti i presenti basiti:
-Gli Uomini dell’Ovest! L’intero esercito nemico è a meno di mezza giornata di marcia dalla capitale!-.

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