A Christmas Carol

di evenstar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Il fantasma del Natale passato ***
Capitolo 3: *** Il fantasma del natale presente ***
Capitolo 4: *** Il fantasma del Natale futuro ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Ho scritto questa storia un mesetto fa ma poi ho aspettato a postarla per essere in periodo "giusto".

Non posso dire che l'argomento sia dei più originali perchè questo classico è stato usato e riusato in ogni condizione possibile e immaginabile... e quindi perchè non farne anche una versione Potteriana?

Sperando che vi piaccia eccovi una nuova storia molto natalizia.

 

Christmas’ carol

 

Remus Lupin era in piedi nella grande salone di Grimmauld Place. Sebbene il Natale fosse alle porte la sala non era stata molto addobbata: uno striminzito alberello, qualche fiocco colorato e nulla più, comunque niente in confronto con gli addobbi che si erano visti l’anno in cui Sirius, scappato da Azkaban, si era occupato di rendere l’ambiente consono all’atmosfera natalizia. Remus in generale, e quell’anno in particolare, non si sentiva in vena di festeggiare alcunché e, in quel momento, rimaneva immobile con le braccia lasciante pendere stancamente lungo i fianchi mentre lo sguardo era fisso sulla giovane che gli stava davanti, con un atteggiamento decisamente furioso, sebbene dal punto di vista del mago fosse lui quello che avrebbe dovuto essere arrabbiato e non lei. Era infatti lui quello che da mesi combatteva contro tutti per cercare di convincerli a lasciarlo in pace e accettare le sue scelte, aveva deciso che avrebbe passato quello che rimaneva della sua vita in solitudine, lo aveva deciso nel momento stesso in cui aveva visto Sirius cadere dietro al velo all’Ufficio Misteri ed era contento della sua decisione. Quando meno era sicuro che in quel modo non avrebbe più sofferto, non si sarebbe più legato a nessuno e di conseguenza non avrebbe mai più visto nessuno a cui voleva bene morire, non avrebbe mai più partecipato a un funerale di un amico, non si sarebbe mani più sentito in colpa per la morte di qualcuno, niente di niente, insomma. Certo questo avrebbe voluto dire anche condannarsi ad una vita di solitudine ma, dopo una vita passata ad essere un licantropo, a quello era decisamente abituato mentre alla perdita delle persona care non ci aveva mai fatto l’abitudine, ogni volta era come se una parte di lui se ne andasse con loro.

- Insomma, Remus, sei, sei… insopportabile, - gli urlò contro Tonks, i capelli diventati di un blu scuro che preannunciava una tempesta di proporzioni storiche in arrivo e che, in parte, si era già scatenata nella stanza. – Non puoi dire sul serio!

- Certo che dico sul serio, Tonks. Lo sai bene, te l’ho detto mille volte, non posso stare con te, - rispose il mago, per quel momento ancora tranquillo, aveva provato quella parte talmente tante volte che in pratica poteva anche estraniarsi dal discorso e lasciare che le parole gli fluissero spontaneamente dalle labbra.

- Ma perché? – continuò lei, sempre urlando.

- Lo sai perché, dannazione! – rispose il mago mentre sentiva che, al contrario delle altre volte, la sua proverbiale calma e posatezza erano in pericolo e cominciava a sua volta ad alzare il tono di voce.

- Ma, ma, - balbettò lei, presa alla sprovvista dalla reazione del mago, evidentemente Tonks non si era aspettata che lui perdesse la pazienza, non il calmo, cupo, triste ma sempre perfettamente controllato Remus J Lupin.

- Ma niente, Tonks, è così. Non cambierò idea, fattene una ragione, - le rispose telegrafico, sottolineando la sua risoluzione incrociando le braccia al petto.

- Oh, d’accordo allora, perfetto. Vuoi stare da solo con il tuo ego, va bene. Va bene! – disse la giovane girando sui tacchi e lasciando Remus da solo nella stanza.

Non appena lei se ne fu andata, sbattendo la porta con tanta forza che un quadro cadde per terra tra i mormorii di disapprovazione del suo occupante che si trovò improvvisamente con il naso sul pavimento, Remus si fece cadere sulla sua poltrona preferita. Quella poltrona era come lui, vecchia, consumata ma decisamente comoda così vicina al camino, così consunta da aver preso la forma del suo corpo, che ci si adattava alla perfezione. Il mago chiuse gli occhi mentre delle fiammelle rosse gli danzavano davanti alle palpebre, pallidi eco delle fiamme che scoppiettavano nel camino che tentava stoicamente di riscaldare la gelida stanza nella serata invernale. Fuori dalla finestra la neve cadeva lentamente ricoprendo ogni cosa e ovattando i suoni, la luce dei lampioni si rifletteva sul manto bianco colorando le strade, ormai del tutto deserte, di uno strano arancione. Remus si alzò, non senza qualche difficoltà, dal suo comodo giaciglio per andare a recuperare qualcosa da mangiare nella cucina, trovò un po’ di pasta al forno avanzata dal pranzo cucinato due giorni prima da Molly Weasley e decise che, sebbene non avesse più l’aspetto invitante di quando era stato preparato, sarebbe andato bene lo stesso. Prese il piatto e lo scaldò con un unico colpo di bacchetta, poi ritornò alla sua poltrona, ripensando a quello che Molly gli aveva chiesto solo qualche ora prima. La donna avrebbe voluto che passasse il Natale con loro ma lui non aveva voluto, neanche quando lei, con aria di rimprovero, gli aveva detto che Tonks non ci sarebbe stata e quindi non avrebbe avuto niente da temere. Meglio non correre rischi, aveva pensato argutamente il mago, così si era predisposto a passare il giorno successivo, Natale appunto, da solo, molto probabilmente seduto su quella stessa poltrona a mangiare pasta al forno al limite del commestibile; non che la cosa lo entusiasmasse molto, ma non aveva scelta.

Dopo aver mangiato la pasta prese il libro che stava leggendo, un saggio sulle abitudini natalizie Babbane, e con quello, dopo aver letto neanche due pagine, si addormentò profondamente.

Si riscosse al rumore della vecchia pendola della sala che stava suonando i rintocchi, Remus rimase ad ascoltare in silenzio contando mentalmente fino a dodici, mezzanotte, l’ora dei fantasmi. Sorrise a quel pensiero mentre faceva leva sulle braccia per alzarsi stancamente dalla sua comoda poltrona e andare a letto, onde evitare il mattino dopo di avere un mal di schiena terribile. All’improvviso vide l’aria vicino al camino tremolare leggermente, strizzò gli occhi e se li strofinò con la mano, tornando poi a guardare meglio ma, nonostante i suoi sforzi, l’aria stava davvero tremolando, come se fosse mossa da una fonte di calore. Remus ricrollò sulla poltrona, pensando che forse non era stata poi una mossa molto saggia mangiare la pasta al forno, doveva essergli decisamente rimasta sullo stomaco e adesso la vista gli stava facendo dei brutti scherzi, si augurò di non vomitare almeno.

Piano piano il fenomeno sembrò regredire per lasciare spazio a qualcosa di più solido, qualcosa che assomigliava ad una sagoma umana che Remus conosceva fin troppo bene, fu quando infine riconobbe senza ombra di dubbio quello che stava guardando che fu certo di aver fatto molto male a mangiare quella dannata pasta invece che gettarla via.

- Ciao, Remus, - gli disse il nuovo arrivato.

- Ciao, Sirius, - rispose lui senza scomporsi.

- Non ti vedo bene, amico mio, hai un aspetto orribile, - gli disse Sirius andando a sedersi sulla poltrona di fronte alla sua.

- Deve essere stata la pasta al forno di Molly che mi ha fatto male, - rispose Remus, decidendo di dare corda alla sua allucinazione,  perché era ovvio che di quello si doveva trattare, di una allucinazione data dalla pasta al forno di Molly, ma in fondo era piacevole scambiare due chiacchiere con una persona che non gli urlasse contro o non tentasse di convincerlo che stava buttando via la sua misera vita.

- Strano, in genere cucina in maniera fantastica, - ribatté perplesso la Sirius-allucinazione, a quella notizia.

- Era vecchia di due giorni, - chiarì Lupin.

- Capisco. Lo sai che sei seduto sulla mia poltrona, vero? – chiese Sirius lasciando cadere l’argomento pasta per passare ad uno più pressante.

Remus fissò accigliato il bracciolo della poltrona cercando di decidere se rimettere o meno, quando fu sicuro di riuscire a tenere a bada lo stomaco che stava facendo il possibile per rivoltarsi, tornò a rispondere. – Non lo è più, tu sei morto,- disse deciso, era chiaro che la morte aveva posto un termine alla possibilità di Sirius di rivendicare le sue proprietà, al massimo avrebbe potuto essere Harry a rivendicare la poltrona, anche se Remus non ne vedeva il motivo dato che Harry non ci si era neanche mai seduto.

- Oh ti ringrazio della delicatezza, Remus, - rispose Sirius, leggermente arrabbiato.

- Beh, è la verità no? – rispose Remus sorridendo.

- Certo che è la verità ma non è carino fare notare ad uno spettro che è defunto.

- E far notare ad un vivo che ha un aspetto orribile no?

Sirius rimase in silenzio per un attimo ponderando la questione, poi fece un sorriso anche lui. – Touche.

- E poi tu sei una mia allucinazione, posso dirti quello che voglio, - ribatté Remus.

- Qui ti sbagli, amico mio. Non sono un’allucinazione. Ne tua né di nessun altro.

- Ah no? – chiese Remus improvvisamente interessato alla questione. – Avrei giurato di sì.

Sirius scosse la testa.

- Allora che cosa sei? Non puoi essere un fantasma…- si interruppe un attimo per cercare le parole adatte, poi fece un gesto con la mano, sventolandola in aria. -… Normale.

Tutti sapevano infatti che i fantasmi erano “ombre” di persone che non avevano voluto lasciare del tutto il mondo al momento della morte e Remus era certo che Sirius non avesse fatto quella scelta, se non altro perché da quando era morto non si era più fatto vedere in giro.

- Infatti non lo sono. Sono momentaneamente tornato su questa triste terra, - rispose in modo teatrale. - Ma solo per qualche ora e con lo scopo di aiutarti.

- Oh no, no, per favore! Non dirmi che anche tu stai per dirmi…

-…che sei un idiota, Remus. Ma che cosa ti ha preso in questo ultimo periodo si può sapere? Sembra che ti sia bevuto il cervello, e dire che eri tu quello intelligente del gruppo, - gli disse Sirius adesso agitato, alzandosi dalla poltrona su cui era seduto fino a pochi istanti prima e cominciando a passeggiare per la stanza.

- E tu come fai a sapere come mi comporto? – chiese Remus, educatamente interessato al fatto che anche gli spiriti adesso tornassero da paradiso, dall’eden, da ovunque fossero per dirgli come doveva comportarsi, come se non bastassero tutti i vivi che aveva intorno a dirglielo.

- Sai quelle scemenze che si dicono sui morti che ti guardano?

Lupin annuì deciso, certo che lo sapeva ne avevano riso un sacco ai tempi della scuola.

- Non erano poi tutte scemenze. Tu devi smetterla di comportarti come… come… come, - balbettò Sirius non sapendo come classificare il comportamento dell’amico.

- Ma si può sapere perché volete tutti dirmi come vivere la mia vita? – rispose secco Remus, alzandosi a sua volta e piazzandosi davanti a Sirius con le braccia incrociate sul petto.

- Merlino, Moony non credevo che fossi diventato così stupido negli ultimi anni. Perché ti vogliamo bene, sacco di pulci lunatico!

Remus rimase qualche attimo interdetto fissando Sirius che gli stava di fronte accigliato, con una ruga che gli increspava la fronte, gli occhi neri in cui si riflettevano le fiamme del fuoco e i capelli che gli ricadevano scomposti sul volto. Poi iniziò a sorridere, il sorriso divenne una risata e questa si tramutò ben presto in un accesso quasi isterico: sacco di pulci lunatico, quella era bella, soprattutto considerando che era stata inventata da un’allucinazione causata da pasta al forno andata a male che adesso era a sua volta piegata in due dal ridere di fronte a lui. Entrambi ricaddero sulle rispettive poltrone cercando di arginare il fiume di risate che li stava scuotendo.

- Ecco, - ansimò Sirius tra gli ultimi scoppi di risa. – Non ci voleva molto, no?

- A fare cosa? – chiese Remus, asciugandosi gli occhi lacrimanti per il troppo ridere con la manica della veste.

- A ridere.

Quello fece passare a Remus di colpo la voglia di sghignazzare. – Allora adesso te ne andrai? – chiese serio.

- Oh, per niente, non ho neanche iniziato con te. Ascoltami bene, zuccone…

- Non…- cercò di dire Remus, ma venne zittito quasi subito.

- Zitto ho detto! Tra meno di un’ora, cioè all’una precisa di questa notte, verrà da te un altro fantasma…

- Devo essere impazzito, tutto questo non può essere solo dovuto alla pasta, non può essere che un primo segno della pazzia imminente, è ovvio, - bofonchiò Remus.

- Ti ho detto di stare zitto, Moony, - disse bonariamente Sirius che si doveva essere reso conto delle difficoltà di Remus ad accettare la situazione attuale. – Dicevo, verrà da te un fantasma, chiamalo il “ fantasma del Natale passato “, - disse sventolando una mano, anche lui quasi incredulo di quel nome.

- Perfetto, sono finito nella trama di un libro Babbano sul Natale, fantastico, - disse Remus mettendosi una mano sul volto e strofinando vigorosamente, nella speranza di schiarirsi le idee.

- Poi…- riprese Sirius imperterrito, ignorando i commenti dell’amico.

- Poi, - sbuffò Remus.

- Poi alle due di questa notte verrà da te un altro fantasma, quello del “ Natale presente “ e infine alle tre…

- Fammi indovinare, verrà da me il “ Fantasma del Natale futuro? “ – rispose lui sconsolato.

- Esatto, Remus! Lo sapevo che eri sempre il ragazzo intelligente che conoscevo a scuola, - rise Sirius.

- E questi… fantasmi…

- Ti mostreranno delle cose e sarà meglio per te stare molto, molto, molto attento a quello che vedrai, mio lupesco amico. Per il tuo bene. Ora ti devo lasciare, - disse alzandosi dalla poltrona.

- Di già? – mormorò Lupin che si stava divertendo, tutto sommato, a parlare alla sua allucinazione, per quanto stramba potesse essere quella conversazione.

- Sì, ma non temere, ci rivedremo prima di quanto tu non creda, - rispose Sirius, scomparendo in un tremolio così come era apparso.

- Aspetta, Padfoot! – urlò Remus, ma troppo tardi, l’amico era già sparito lasciandolo solo.

Remus rimase qualche altro minuto seduto sulla poltrona per essere sicuro che Sirius fosse realmente sparito e per essere sicuro di essere sveglio, poi, dato che niente e nessuno era tornato a disturbare la quiete domestica, decise di andarsene a letto, cercando di dimenticare quello che aveva visto e ripromettendosi di non mangiare più cose che avevano un aspetto poco rassicurante. Fece qualche passo incerto, poi si stabilizzò e si arrampicò su per le scale cigolanti, fino alla sua camera da letto. Si buttò ancora vestito sopra le coperte, tirandosi addosso il copriletto e si cadde quasi subito in un sonno senza sogni.

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Capitolo 2
*** Il fantasma del Natale passato ***


Il fantasma del Natale passato.

 

Fu svegliato da un cigolio sospetto che proveniva dalle scale, era come se qualcuno stesse cercando di salire silenziosamente ma, non conoscendo la casa, non sapesse dove mettere i piedi per non fare rumore. Remus si tirò a sedere, strofinandosi gli occhi e arruffandosi i capelli, cercando di capire che ore fossero, proprio quando stava per rimettersi a dormire, convinto di aver sognato tutto, la pendola in salotto suonò una volta e sulla porta della camera da letto apparve la sagoma di una persona. Ad una prima occhiata gli sembrò di riconoscere in quella sagoma Harry, quella era in fondo casa sua avrebbe quindi anche potuto decidere di passare lì una notte, anche se in realtà non avrebbe avuto nessun motivo valido per farlo, dato che odiava quella casa con lo stesso odio con cui l’aveva odiata Sirius.

Remus fissò il ragazzo sulla porta: i capelli erano decisamente quelli di Harry, tutti spettinati e arruffati, anche la corporatura era quella di Harry anche se, a ben vedere, quello sulla porta era un po’ più alto e muscoloso, quando si fece più avanti Remus fu in grado di vedere che portava gli un paio di occhiali rotondi che avevano l’aria di avere passato molte turbolente avventure.

- Harry? – chiese alzandosi faticosamente dal letto e andandogli incontro, avendo deciso che, visto che il nuovo arrivato sembrava proprio Harry, era decisamente probabile che fosse lui. – Che cosa ci fai qui? Ti serve qualcosa? Stai bene? – continuò cominciando a preoccuparsi per il ragazzo.

- Mi fa piacere vedere che ti interessi tanto a lui ma ti devo correggere, io non sono Harry, - rispose il giovane con tono allegro.

Remus corrugò la fronte, no, quella non era la voce di Harry, piuttosto sembrava quella di…

- Lumos, - disse illuminando la stanza con una debole luce che proveniva dalla punta della sua bacchetta. – Non ci credo!

- Andiamo, Moony, Sirius ti aveva avvertito del mio arrivo, no? – chiese il ragazzo sorridendo.

- No! – sbottò Remus arrabbiato.

- No? – chiese l’altro sorpreso.

- No, cioè sì… ma no! Lui non era Sirius, era una mia allucinazione e tu non puoi essere…- mormorò crollando di nuovo a sedere sul materasso.

- Sono James, Remus, lo sai che sono io, come sai che quello di prima era Sirius, - rispose pazientemente James, rivolgendosi all’amico come un padre che spiega al suo bambino di tre anni che non deve toccare il pus di Bobotubero.

- Sono impazzito, - tornò a dire Remus, ora decisamente convinto di essere uscito di senno, una allucinazione andava bene, tutto sommato era la giusta punizione per aver mangiato pensante di sera, ma addirittura due nella stessa notte? No, quello era decisamente troppo perché fosse solo una intossicazione, lì si trattava di vera follia incipiente.

- No, non lo sei… almeno non dal tuo punto di vista, dal mio sì.

- Che cosa vuoi dire? – chiese il mago, ci mancava solo che anche l’allucinazione gli desse del pazzo.

- Che per comportarti come ti stai comportando devi essere decisamente diventato pazzo in questi ultimi vent’anni.

- Oh no, anche tu no! – rispose Remus, facendosi cadere sdraiato sul letto e coprendosi il volto con una mano, quella decisamente non era la sua giornata: prima Tonks, poi la Sirius-allucinazione e adesso anche la James-allucinazione, tutti che credevano di sapere meglio di lui come doveva vivere la sua stramaledetta ( nel senso letterale data la sua condizione) vita.

- Oh sì anche io, siamo tutti sconvolti…- iniziò a dire James ma poi si bloccò, passandosi una mano tra i capelli. – Ho detto troppo, adesso preparati che andiamo.

- Come? Dove? Perché? – chiese Remus tirandosi però su in modo da poterlo vedere in volto.

- Come, - iniziò a spiegare James facendosi da parte. - Vieni con me, ti guido io. Dove: lo vedrai. Perché: per cercare di farti entrare un po’ di sale in quella zucca, - rispose James girandosi per uscire dalla stanza.

- Ma, ma…

- Niente ma, vieni con me e basta.

James prese il polso di Remus, trascinandolo oltre la porta della camera nonostante le proteste piuttosto intense dell’altro che stava cercando in tutti i modi di aggrapparsi allo stipite della porta per evitare di essere portato chissà dove dal suo sonnambulismo. Perché, sperando ancora di aver conservato una piccola quota di sanità mentale, di quello si doveva trattare se non dell’ennesima allucinazione, no? Prima Sirius, ora il sonnambulismo e il sogno di James, tutto normale. Quasi.

- La vuoi smettere, Remus, ti stai comportando come un bambino, - disse James dando uno strattone in modo che l’altro si staccasse dallo stipite scorticandosi un’unghia e lo seguisse nel corridoio. Quando si guardò bene intorno, però, Remus si rese conto che non era più il “suo” corridoio lungo e tetro ma uno diverso, molto più luminoso e decisamente più addobbato per il Natale imminente con ghirlande di vischio che pendevano dal soffitto, globi argentei che scintillavano e fatine che ogni tanto svolazzavano davanti a loro, creando scie luminose. Da lontano si udivano delle risate e nell’aria si sentiva un odore dolce di cannella e cioccolata.

- Ma dove siamo finiti? Questa non è Grimmauld Place, vero? – chiese Remus guardandosi intorno ora incuriosito da quella situazione, si era infatti deciso che fosse tutto un sogno per cui aveva deciso di smetterla di preoccuparsi e di cercare di scoprire quello che stava succedendo.

- No, decisamente questa non è Grimmauld Place, - rise James arrivando alla fine del corridoio che si apriva su una sala abbastanza grande, illuminata da decine di candele magiche, alcune poste su candelieri, altre invece sospese nell’aria che galleggiavano quiete, illuminando con una luce calda l’ambiente. C’era anche un camino acceso con un fuoco scoppiettante su cui era stato posto un calderone che ribolliva di continuo, era da quello che arrivava l’odore di cannella, non c’erano dubbi. Gli addobbi di Natale erano sparsi ovunque, in un angolo svettava un grosso abete ricolmo di ghirlande, palline colorate e fatine che brillavano in modo che la loro luce si riflettesse sulle gocce di resina dell’abete, creando dei giochi di luce su tutto l’albero; ghirlande di vischio erano sospese qua e là mentre grappoli di agrifoglio erano attaccati alle finestre. Vicino al fuoco c’erano cinque figure sedute che stavano parlando e ridendo allegramente, dando l’impressione di divertirsi molto.

- Eh, ragazzi, avete visto dove siete seduti? – chiese uno dei ragazzi fissandone altri due.

Remus trattenne il fiato quando lo sentì parlare e si avvicinò di più a James per poter vedere meglio, seduti nella stanza c’erano… loro, i Malandrini, in quello che poteva essere un Natale di almeno 20 anni prima.

- Oh, hai ragione Sirius! – esclamò il giovane James fissando sopra la sua testa, mentre la ragazza di fronte a lui arrossiva guardando nello stesso punto.

- Beh? Allora cosa aspetti? Non dirmi che non sai quello che devi fare, - chiese Sirius ridendo mentre Peter, seduto di fianco a lui, saltellava frenetico sulla sedia.

- Certo che lo so, - rispose il ragazzo osservando Lily.

- Non è stupenda? – Remus sentì il James che lo aveva portato lì sussurrargli piano quelle parole, mentre si avvicinava sempre di più al quintetto.

- Aspetta, e se ci vedono? – chiese Remus preoccupato, afferrando la manica dell’amico.

- No, non possono vederci, stai tranquillo, - gli rispose James avvicinandosi a se stesso giovane, in quel momento molto occupato a baciare Lily sotto il vischio.

- Basta, basta, voi due, ci sono delle anime candide qui! – Remus si sentì strano a sentire se stesso parlare rivolto a James e Lily, ancora avvinghiati, indicando Peter.

- Fa una impressione strana, - mormorò il vecchio Remus a James.

- Cosa? Rivedersi così giovani? – chiese James.

- No, rivedersi così felici, - rispose Remus tristemente.

James annuì piano.

- Ragazzi, volete qualcosa da bere? – chiese Lily staccandosi malvolentieri da James e fissando gli altri ragazzi, ricominciando a fare gli onori di casa.

- No grazie, Lily, va bene così, - le rispose Remus.

- No, grazie, ma se vuoi dare un bacio anche a me sono disponibile, - rispose ridendo anche Sirius, scatenando un accesso di risa anche in Peter.

- Non ti conviene scherzare troppo nella tua condizione, Sirius, - rispose sorridendo la ragazza.

- Che cosa intendi?

- Sei seduto anche tu sotto il vischio, vecchio mio, - rispose Peter, alzando gli occhi.

- Per forza, avete sparso quella pianta ovunque, non sapete che può anche essere pericolosa se mangiata? – chiese il giovane Remus guardando tutti i grappoli di vischio che pendevano nella stanza e assumendo un tono compito, lo stesso tono che usava nel presente per rimproverare Tonks quando combinava qualche disastro.

- Che cosa c’è, professore? Non mi dire che non ti piace il modo come ho addobbato la sala? – chiese Lily, sorridendo maligna.

- Sembra di stare in una foresta, ma se ti piace la natura è perfetto, - rispose ridendo Remus.

- Allora, visto che anche tu sei sotto lo stesso rametto di Sirius, non avrai niente in contrario a seguire la tradizione, immagino, - rispose James con espressione altrettanto maligna della ragazza, pregustandosi la scena.

- Che cos…? - cominciò a dire Remus prima che Sirius lo interrompesse.

- Ma sì, mio lunatico compagno di avventure, vieni qui, - gli disse il ragazzo tirandolo verso di sé  e stampandogli con uno schiocco un bacio sulle labbra serrate sotto l’espressione sorpresa di Remus, quella attonita di James e Lily, che non si aspettavano una cosa simile neanche da Sirius, e le risate di Peter.

- Merlino, - disse il vecchio Remus nascondendo il volto tra le mani. – Questo me lo ero scordato, - riprese mentre i ragazzi scoppiavano tutti a ridere e insieme a loro anche il vecchio James.

- Ci divertivamo vero? – chiese James.

- Sì, ci divertivamo un sacco, - rispose Remus tornando a fissare i cinque amici.

- E perché tu hai smesso di divertirti? – gli chiese James.

- Perché senza di voi non è più la stessa cosa.

James scosse la testa sorridendo tristemente, poi gli riprese il polso e lo tirò via.

- No aspetta, James, fermiamoci ancora qualche momento qui, - chiese Remus. – E’ bello stare qui.

- Non possiamo, Remus, abbiamo ancora delle cose da vedere e poco tempo a nostra disposizione.

- Ma non voglio andare via, ti prego…

James scosse la testa e lo tirò via, ignorando le altre proteste. Si diressero di nuovo verso il corridoio e mentre lo percorrevano Remus si rese conto che stava cambiando, le decorazioni, seppur sempre presenti, erano diverse: non c’erano più i rametti di vischio, sostituiti con candele magiche con fiammelle colorate che spandevano la loro luce sulle pareti, si vedevano delle statuine Babbane che rappresentavano Babbo Natale, pupazzi di neve e renne posti sulla mobilia e si sentivano le inconfondibili risate di una ragazzina.

- Dove siamo, James? – chiese Remus, non riconoscendo il luogo.

- Aspetta e vedrai, è una sorpresa.

Entrarono alla fine in una stanza, sul divano erano sedute due persone adulte che ridevano fissando dalla parte opposta della stanza dove c’era un abete enorme in cui le decorazioni Babbane si mescolavano con quelle magiche, creando un effetto bizzarro. Ai piedi dell’albero c’era una ragazzina in pigiama giallo limone che fissava con occhi luccicanti tutti i pacchetti, i capelli di un rosa acceso corti e spettinati; la bimba saltellava da una parte all’altra, passando di pacco in pacco, scuotendoli un po’ per poi riporli al loro posto.

- Per favore, mamma, posso? Dai posso? Possopossopossoposso? – chiese la bimba schizzando in piedi e volando sul divano tra i due genitori.

- Per tutti gli stregoni, ma quella è Ninfadora! – esclamò Remus sorridendo e andando avanti fino a portarsi vicino alla bambina, studiandola affascinato come se non avesse mai visto una ragazzina in vita sua.

- Sapevo che ti sarebbe piaciuto, - gli disse James avvicinandosi a lui.

- Ma guardala… è piccolissima…avrà quanti? Dieci anni?

- Unidici.

- Incredibile, - mormorò il mago mentre la piccola continuava a ripetere i suoi “posso?”. – Era una rompiscatole già a quell’età, - disse ridendo il mago.

- No, Ninfadora, ti ho detto che i regali si aprono il 25 dicembre, non prima, - le rispose la mamma, accarezzandole i capelli e fissandoli con aria incerta. – Non ti piacerebbe tenerli, che so, magari neri, o castani, anche biondi se proprio vuoi, almeno per le feste, sai che alla nonna fa un po’ impressione quando ti vede in rosa, - chiese Andromeda.

- No, mi piacciono rosa, - affermò la piccola pensandoci un po’ su, ma poi aggiunse seria. – Ma domani dalla nonna li faccio neri, lo so che il rosa non le piace.

- Non è che non le piaccia, piccola, solo non è abituata, - le rispose il papà. – Lo sai che la nonna non è una strega e non ha molta famigliarità con queste cose.

- Lo so papà, - rispose seria Ninfadora.

- Brava la mia patatina, - disse Ted fissando la bimba che scendeva dal divano andando di nuovo ad osservare la pila di regali con sguardo adorante. Ted sospirò, era inulte non riusciva a resistere a quel suo piccolo tornado in rosa. - Se proprio vuoi puoi aprire un regalo, - capitolò alla fine.

- Ted! – esclamò la moglie.

- Andiamo, Andromeda, è Natale, - rise lui.

- E va bene, se vuoi apri un regalo, - si arrese anche Andormeda che aveva capito che anche Ted, nonostante l’età, non vedeva l’ora di mettersi a giocare con i regali della figlia.

- Come fa? – chiese Remus a James.

- A fare cosa?

- Ad ottenere sempre quello che vuole dalle persone, le… ammalia, non so.

- Perché chiede quello che sa che le persone in realtà vogliono, - rispose semplicemente James.

- E tu come lo sai? Non la conosci neanche, - rise Remus.

- Uffa, Remus, Sirius te lo ha detto no? La storia che noi sappiamo tutto, eccetera, eccetera.

- Per quello sapevi di lei e di me?

- Certo, - rispose James sicuro.

- Mi stavi spiando! Tu, Sirius, Lily, chissà che risate vi siete fatti alle mie spalle, in tutti questi anni, - sbottò Remus.

- Ma che cosa dici? – gli chiese James improvvisamente arrabbiato.

- Voi tre lì insieme e io qui da solo a cercare di tirare avanti.

- Remus, noi tre siamo morti! – sbottò James fissando negli occhi Remus che tolse rapidamente lo sguardo tornando a guardare la giovane Ninfadora che stava spacchettando un grosso regalo, strappando la carta colorata con movimenti rapidi.

- Sempre così, non riesce mai a fare qualcosa con calma, deve sempre fare tutto di furia, - sbottò Remus, cambiando improvvisamente argomento e riversando la sua frustrazione sulla bambina.

- E tu è come se fossi morto con noi, - bofonchiò James sottovoce.

- Oh, mamma, guarda! – gridò Ninfadora distraendoli dai loro pensieri e correndo dai suoi genitori con una scopa in mano. – La mia prima scopa, peccato che a Hogwarts non ce la facciano tenere, - disse tristemente. 

- Solo per quest’anno, l’anno prossimo potrai portarla, intanto la puoi usare a casa, ma…- le disse il padre ridendo e muovendo l’indice in alto con fare ammonitore.

- Senza farmi notare dai Babbani, lo so, papà, - disse la piccola salendo sulla scopa e svolazzando per la stanza, travolgendo metà dei soprammobili.

- Attenta Ninfadora! – le urlò dietro la madre, riparando i danni che aveva combinato. – Non in casa! – la riproverò.

- Sì, mamma, - disse buona Ninafadora, scendendo dalla scopa con un sorriso malandrino sul volto.

- E’ più simile a noi di quanto pensassi, però, - disse James sorridendo. – Adesso capisco perché ti sei preso una cotta per lei. Vieni, ti mostro ancora una cosa prima di andare via.

- Non mi sono preso una cotta, non sono più un adolescente, - bofonchiò Remus, sapendo che stava dicendo una balla, si era preso proprio una cotta, e anche bella grossa, era innegabile. - D’accordo andiamo, - rispose poi voltandosi per lanciare un ultimo sguardo alla sala dove le risate della famiglia risuonavano ancora. – Allora dove andiamo adesso?

James non rispose ma condusse Remus lungo il corridoio e questa volta andando avanti le decorazioni mano a mano scomparvero per non essere sostituite. L’ambiente era decisamente oscuro e tetro, non una luce né una decorazione indicavano che il Natale fosse alle porte, Remus riconobbe anche troppo bene il suo piccolo appartamento.

- Andiamo, James, non voglio vedere.

- No, dobbiamo fermarci anche qui.

- Lo conosco questo posto, mi ricordo di questo Natale, è stato identico a quello degli ultimi 15 anni, non ho bisogno di vederlo, - piagnucolò Remus tirando indietro James. Ormai però erano arrivati alla stanzina: un Remus di circa 30 anni sedeva triste ad una sedia, davanti ad un bicchiere di Whishy Incendiario, da solo.

- E ti piace quello che vedi? – chiese James.

- Certo che no? Come potrebbe piacermi?

- E allora perché ti ostini a voler finire in quel modo i tuoi giorni? Maledizione!, - sbottò James fissando severo l’amico che non rispose ma chinò il capo e chiuse gli occhi, quando li riaprì si trovava di nuovo nella sua camera da letto, da solo.

Remus si guardò intorno improvvisamente consapevole della solitudine che regnava in quella enorme casa silenziosa. Era convinto di essersi addormentato e di aver sognato ma, se questo spiegava la sua fugace visione dei suoi Natali passati, non faceva capire come avesse potuto vedere così chiaramente quello di Ninfadora. Era sicuro di non aver mai parlato con lei di quell’argomento e, d’altra parte, era sicuro che quello che aveva visto era vero: se le avesse chiesto era sicuro che lei avrebbe detto di aver ricevuto una scopa nel Natale del suo undicesimo anno e che con quella stessa scopa aveva distrutto il salotto prima che sua mamma le intimasse di smetterla di svolazzare in giro per casa.

Lupin si lasciò scivolare nel letto, fissando il soffitto scuro alla tenue luce che filtrava dalla strada, aspettando di riaddormentarsi, o di sentire suonare due rintocchi in attesa del secondo fantasma.

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Capitolo 3
*** Il fantasma del natale presente ***


Ed eccoci di ritorno dal passato.

Siete pronti a fare un giro nel presente?

Sì?

Perfetto, allora copritevi bene perchè questa volta si vola.

 

Il fantasma del Natale presente.

 

Le due vennero e passarono senza che nessuno si facesse vivo ma quando Remus stava già riscivolando nel dormiveglia che precede una sana dormita vide la porta della camera aprirsi leggermente. Non un rumore aveva preannunciato l’arrivo dell’ospite segno che lui o era stato molto fortunato oppure conosceva le scale di quella casa molto bene.

- Te l’avevo detto che ci saremmo rivisti in poco tempo,- disse il nuovo arrivato, avvicinandosi al letto. – Questa era la mia camera, - disse poi con un tono malinconico, guardandosi intorno. – Lo è stata almeno per il poco tempo che ho passato in questa casa.

- Sirius, - non era una domanda, Remus aveva preso atto che quella sarebbe stata una lunga e densa notte, una notte in cui avrebbe dovuto di nuovo fare i conti con i Malandrini, i veri fantasmi del suo passato.

- Remus, - gli rispose con lo stesso tono il giovane. – Hai visto James?

- E’ appena andato via, senza neanche salutare, - rispose Remus, rendendosi conto in quel momento che non aveva di nuovo avuto tempo di dire addio al suo amico, sogno, allucinazione o vero fantasma che fosse.

- E’ nel suo stile.

- No, non è vero, era più nel tuo, - rispose Remus fissandolo stancamente.

- Sì, hai ragione, ma il mio stile, il suo stile, il tuo stile, non erano poi tutti uguali alla fine? – chiese Sirius sedendosi a fianco a lui nel letto.

- Credo di sì, alla fine almeno.

- Ti ha mostrato il passato? – chiese più per amore della conversazione che per avere una notizia, la risposta la conosceva già.

- Sì.

- E hai imparato la prima lezione?

- Non ho imparato niente che già non sapessi, Sirius, ho solo riportato alla luce vecchi ricordi dolorosi, - rispose Lupin fissandosi le ciabatte.

- Dolorosi? Io credevo che i saresti fatto due risate in onore dei vecchi tempi… pazienza. Ora è tempo di dare un’occhiata al presente, mio caro amico.

- Non voglio vedere il presente, lo conosco già, così come il passato, - disse Remus che cominciava a stufarsi un po’ di quella situazione e non vedeva l’ora di potersi mettere a dormire, per riuscire a digerire la pasta al forno e sfuggire ai suoi incubi.

- Oh, ma io non ti mostrerò il tuo presente. Ho di meglio per quest’ora, e poi ho voglia di rivedere Harry per cui alza le tue chiappe dal letto e vieni con me, - disse Sirius alzandosi dal letto e tendendo la mano perché anche Remus si alzasse con lui. Il mago lo fissò per qualche minuto, ponderando seriamente se mandarlo al diavolo e rimettersi a dormire o seguirlo. - Vieni, Remus, non è dato a tutti di poter spiare le persone impunemente, tu ne hai la possibilità, approfittane! – disse come a leggergli nella mente.

- E va bene, allora, - rispose Remus alzandosi e andando verso la porta della camera, diretto al corridoio.

- Dove vai?

- In corridoio, con James abbiamo fatto così, - rispose indicando con l’indice il corridoio buio.

- Perché con lui dovevi andare nel passato, con me viaggi nel presente, useremo questa, - disse Sirius facendo apparire una scopa sotto il naso di Remus.

- Lo sai che non amo volare.

- Non ci metteremo molto, sali dai, - disse Sirius salendo sulla scopa e facendogli un cenno perché salisse dietro di lui. – Reggiti, si vola.

Remus si aggrappò ai fianchi di Sirius mentre questo prendeva quota e usciva dalla finestra della stanza, diretto verso est.

- Dove stiamo andando? – chiese Remus rabbrividendo nella notte, non aveva fatto in tempo a prendere un mantello e adesso rischiava di rimanere congelato su quel trabiccolo sebbene, in effetti, sentisse molto meno freddo di quanto si sarebbe aspettato di provare volando in una notte d’inverno in pigiama.

- Alla Tana, - rispose Sirius.

- Ma è lontanissima, ci congeleremo e non ci arriveremo mai in un’ora! – protestò Remus, voltandosi per guardare Grimmauld place diventare un puntino indistinto nella notte, inglobata da una nebbiolina fine e gelida.

- Ma no, guarda, siamo quasi arrivati, è lì, - rispose Sirius indicando a terra una costruzione sbilenca, che sembrava dovesse crollare da un momento all’altro. All’esterno il giardino era innevato e un grosse pupazzo di neve faceva la guardia davanti alla porta di casa, passeggiando avanti e indietro di traverso al vialetto di casa.

- Ma non è… - Remus stava per dire che non era possibile, ma poi si fermò. Nulla di quello che stava succedendo in quella notte era possibile in teoria, quindi se ammetteva possibile viaggiare con l’amico morto su una scopa e in pigiama, senza morire assiderato, allora doveva anche accettare di arrivare alla Tana in breve tempo.

- Scendo, - annunciò Sirius, distogliendolo dai suoi pensieri.

- Ci possono vedere?

- No, ma staremo fuori, la casa sarà affollata.

Scesero nel giardino e Remus si fece scivolare giù dalla scopa, massaggiandosi il fondoschiena dolorante e sfregandosi le mani contro il vento gelido.

- Com’è possibile che non stia tremando? Sento freddo ma non come dovrei, - chiese a Sirius che stava già spiando dalla finestra che dava sul salotto.

- Magia, - gli rispose quello mettendosi le mani ai lati del viso, per limitare il riflesso. – Vieni a vedere, questa io la chiamo una vera festa di Natale, - gli disse poi allegro, con un sorrisone stampato in faccia.

All’interno della stanza si vedeva un gran affollarsi di chiome rosse che si aggiravano allegre per la casa, guardando bene Remus vide che nessun Weasley mancava all’appello, in più aveva chiaramente distinto la testa inconfondibile di Hermione e anche i capelli neri di Harry, che si aggiravano con gli altri. Tutti avevano in mano un bicchiere di zabaione, qualcuno stava mangiando a quattro palmenti i manicaretti di Molly mentre Fred stava in quel momento cercando di attivare, senza che la donna se ne rendesse conto, uno dei suoi fuochi di artificio freddi, ideali per interni!

- Perché non sei voluto venire qui questa sera? – chiese Sirius fissando Remus.

- E’ la loro famiglia, non la mia, - rispose Remus. E quello era realmente quello che aveva pensato il giorno prima, che diritto aveva lui di intrufolarsi nel Natale di altri?

- Neanche Hermione, Harry e, a quanto pare anche Minerva, Moody, Kinglsey e chissà chi altro ci sfugge, fanno parte della famiglia, ma sono tutti qui, senza farsi problemi. Anche perché, siamo sinceri, vecchio mio, sono una famiglia e tu ne fai parte che ti piaccia o meno, come eravamo una famiglia noi.

- Da quando sei diventato un filosofo, Paddy?

- Da quando sono morto, Moony, - rispose lui sorridendo. – Sta bene, vero? – chiese poi indicando Harry che stava scherzando con Ron e George.

- Per quando possa stare bene in questa situazione, sì sta bene.

- Ne sono felice.

- Ninfadora non sembra esserci, - asserì Remus, aguzzando gli occhi per vedere meglio.

- No, non c’è, non ti sforzare a guardare. Molly ti aveva avvisato che non ci sarebbe stata.

- Sarà con i suoi genitori, - disse Remus ma intanto aveva notato che Sirius stava scuotendo la testa.

- Non posso metterli in pericolo, Sirius, perché non capisci? – riprese Remus ritornando a fissare dentro la stanza, sorridendo quando vide Molly che teneva Fred per un orecchio e George dall’altro, mentre Harry, Ron e Ginny stavano ridendo a crepapelle.

- Sei tu che non capisci, non sei tu quello che sta minacciando le loro vite. E non puoi costringere le persone a escluderti dalla loro vita, Remus. Hanno il diritto di scegliere.

Remus non rispose combattuto tra la voglia di entrare nella casa a vivere la vigilia di Natale con loro, come una persona normale, e la paura di poter un giorno fare loro del male.

- Vieni, ti devo mostrare ancora una cosa, - disse Sirius cominciando a tirare la manica di Remus.

- No, aspetta, già James mi ha tirato via prima, voglio vedere ancora un po’.

- Se volevi essere con loro dovevi pensarci prima, amico mio, non puoi stare fuori a vedere gli altri vivere.

- Sbaglio o oggi ti sei svegliato dal sonno eterno particolarmente bastardo? - rispose Remus, colpito dalla durezza delle parole di Sirius.

- Lo faccio per te, amico, ci voleva qualcuno che ti sbattesse in faccia la realtà e chi meglio dei tuoi vecchi amici per farlo?

- Grazie, apprezzo che tu sia tornato dall’inferno per deprimermi ancora di più, - disse ironico Lupin.

- Primo, - sorrise malignamente Sirius, riuscendo nel frattempo a fare allontanare Remus dalla finestra. – Un santarellino come me all’inferno? Andiamo Moony, mi deludi, dovresti aver immaginato che me ne sarei andato a passare l’eternità in paradiso, il tempo è decisamente migliore lassù. Secondo: non sono io che ti deprimo ma quello che ti mostro, ossia quello che tu stesso hai scelto, pensaci.

- Va bene, va bene, adesso dove andiamo? – chiese Remus che stava cominciando ad innervosirsi con quella conversazione e che, d’altra parte, cominciava anche a  prenderci gusto a girare a spiare i natali degli altri.

- Devo mostrarti una persona ancora, poi il mio tempo sarà finito, - rispose Sirius trascinando l’amico alla scopa e salendoci poi per primo.

Remus lo seguì ma poi decise di fermarsi prima di risalire, in modo da poter fissare Sirius negli occhi. – Tutto questo è un sogno, vero? – chiese in un tono triste, se non lo fosse stato la mattina dopo avrebbe dovuto correre molto, molto velocemente al San Mungo, e in realtà anche se lo fosse stato.

- Tu credi che lo sia? – gli rispose enigmatico Sirius, sorridendo.

- Bah, non lo so, non sto capendo nulla di tutta questa storia, - rispose l’amico sventolando la mano nell’aria gelida. – Ma se non lo è significa che, dopo questa notte, non ti rivedrò di nuovo più e che potrei raggiungervi, tu, James, Lily, lì dove state, stare con voi, di nuovo insieme.

- Remus, stai dicendo un sacco di scemenze, - gli rispose Sirius scuotendo la testa. – Noi siamo morti, credi davvero di passartela peggio di noi? Credi che uno qualsiasi di noi non darebbe qualunque cosa per poter avere una seconda possibilità? Per poter tornare…

- Ma voi siete insieme, io qui sono rimasto… solo, - borbottò Remus, incrociando le braccia al petto e assumendo l’aria di un bambino offeso.

Sirius scosse la testa e tornò a fissare davanti a sé. – Monta, non abbiamo più molto tempo e quello che dovevi imparare non lo hai ancora appreso.

Remus salì sulla scopa, reggendosi a Sirius mentre questo riprendeva quota. – Cosa? Che cos’è che dovrei imparare? – chiese, ma le sue parole si persero nel vento e Sirius non le udì, o quanto meno decise di non rispondere.

Pochi minuti dopo stavano di nuovo scendendo, questa volta erano ai piedi di un condominio che Remus riconobbe, nonostante ci fosse stato solo qualche rara volta. Seguì malvolentieri l’amico dentro l’androne e poi su per la rampa di scale sentendo che non aveva nessuna voglia di vedere quello che stava per mostrargli. Aveva immaginato che Tonks avrebbe passato le feste con i suoi genitori, il fatto che fosse rimasta nel suo appartamento a Londra gli faceva credere che stesse festeggiando per i fatti suoi  con qualcun altro e, per questo, non avesse accettato l’invito di Molly. E se il mago era disposto ad allontanarla da sé per proteggerla, non era altrettanto pronto a vederla stare con qualcun altro, in particolare se il qualcuno in questione fosse stato di sesso maschile e piuttosto piacente di aspetto. Ma Sirius non parve accorgersi delle sue reticenze, o forse se ne accorse ma le ignorò di proposito, e lo spinse dentro l’appartamento, passando, e facendo passare anche Remus, attraverso la porta di ingresso, chiusa e sprangata dall’interno.

- Ma com’ è possibile? Forse tu sei incorporeo, - disse toccando Sirius, che però sembrava essere decisamente in carne. – Ma io no, come abbiamo potuto…- riprese indicando dietro di sè la porta.

Sirius lo guardò e rise cominciando a parlare, ma fu interrotto dall’amico. – No, non me lo dire, lo so. Magia? – chiese.

- Esatto, magia, - adesso guarda, gli rispose indicando il salottino dell’appartamento con aria di rimprovero.

Inizialmente Remus non capì perché Sirius sembrava avercela con lui, dette uno sguardo in giro e si rese conto che quella casa era quasi più tetra di Grimmaul Place. Lui si era sforzato, sebbene si sentisse molto poco natalizio, e aveva acquistato almeno uno striminzito alberello di Natale che aveva decorato con qualche sobria decorazione recuperata nel solaio, in quella casa invece non si vedeva una luce, non c’era traccia della festività imminente.

- Che strano, - gli sfuggì dalle labbra, prima che riuscisse a bloccare il commento.

- Che cosa ti stupisce tanto? – chiese Sirius sempre con tono di rimprovero.

- Io credevo che… - ma Sirius non seppe mai cosa credeva Remus perché questi si interruppe quando vide Tonks. Non c’era più traccia della ragazzina che aveva visto solo qualche minuto prima, era seduta sul divano sfogliando svogliatamente una rivista, i capelli le ricadevano scomposti sul volto e non erano più di quel rosa acceso che così spesso le aveva visto addosso, ma di un colore spento, triste, stopposo. Gli occhi erano lucidi come se avesse pianto da poco ed erano cerchiati da delle occhiaie piuttosto profonde.

- Credevo che passasse il Natale con i suoi parenti, - disse solo Remus.

- No, ha detto a Molly che non sarebbe andata da lei per paura che tu non ci andassi per causa sua, - chiarì Sirius.

- Mi dispiace che sia sola.

- Meno male.

- Come?

- Mi sembra il minimo dato che è colpa tua, - rispose Sirius girandosi verso di lui e cominciando ad uscire.

- Aspetta, andiamo via così? Non possiamo, che so… farle sapere che non sono andato da Molly, convincerla ad andare. Non mi va che stia da sola.

- Dovevi pensarci prima, amico, non possiamo intervenire adesso. E’ troppo tardi per lei, - rispose Sirius con un tono molto più melodrammatico di quanto non fosse necessario. Voleva che Remus si sentisse in colpa e più stava male, meglio era, secondo lui.

Ovviamente Remus interpretò in maniera più catastrofica di quanto non fosse in realtà l’affermazione dell’amico, lui intendeva che fosse troppo tardi per quella sera, Tonks si sarebbe dovuta rassegnare a passare la serata da sola, cercando di farsi passare il brutto raffreddore che l’aveva colpita quel pomeriggio, come un fulmine a ciel sereno, e che le aveva impedito di mettersi in viaggio per andare a trovare i suoi genitori, anche se questo Remus non lo sapeva e Sirius non aveva la minima intenzione di farne parola. Il giorno dopo probabilmente sarebbe stata bene e avrebbe potuto andare dalla madre per un sontuoso pranzo a base di tacchino e altre leccornie.

- Non può essere troppo tardi, Sirius, dobbiamo fare qualcosa per lei, non possiamo condannarla ad una vita in solitudine, - mormorò Remus, sinceramente addolorato per la triste sorte toccata alla giovane, un tempo così serena e gioviale.

- Non possiamo fare nulla adesso, non c’è tempo, ti devo riportare a casa per le tre.

- Piantiamola con questa storia dei fantasmi, sono stufo di andare in giro di notte, in pigiama, voglio solo…

Già cosa voleva? Andare a casa e rimettersi a dormire tranquillo sapendo che aveva lasciato la giovane Ninfadora sola soletta proprio nella notte della vigilia? Ci sarebbe riuscito realmente? Amava quella ragazza, su questo non aveva più dubbi, anche se in realtà non li aveva mai avuti, ma l’aveva allontanata per proteggerla, per non farla soffrire a causa sua. Cosa che però sembrava stare già facendo al momento. In poche parole il suo piano sembrava essere…

- … Una vera idiozia, - concluse Sirius.

- Sirius, la vuoi smettere, stai fuori dalla mia testa, - sbottò Remus, arrabbiato.

- Ma non stavo facendo nulla di male, ti ho solo osservato, sei come un libro aperto, andiamo, - disse tirando la manica della veste di Remus e passando per primo attraverso la porta, quando questi provò ad imitarlo però si trovò a cozzare violentemente contro una parete solida. Venne sbalzato indietro e finì steso sul pavimento, quando riaprì gli occhi, massaggiandosi il naso contuso si rese conto di essere tornato nella sua camera, di Sirius non c’era più traccia. 

- Maledizione, brutto cagnaccio, almeno questa volta avresti potuto salutare, - urlò Remus frustrato e arrabbiato al nulla della sua camera. Sentiva gli occhi bruciare e un nodo che gli premeva sulla gola, batté un pugno sul muro, procurandosi solo un gran male alla mano e non riuscendo a sfogare l’indignazione che gli stava montando dentro. Non aveva salutato James e adesso anche Sirius era scomparso senza dirgli addio, possibile che entrambi avessero tutta questa fretta?

 

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Capitolo 4
*** Il fantasma del Natale futuro ***


Grazie infinite a tutti per i commenti, mi fa davvero piacere sapere che la storia vi piace.

Per quanto riguarda il commento di blacksmile: sono andata a rivedermi la spiegazione per AU e non mi sembra che la storia possa essere classificata così; potete considerarla come ambientata nel Natale del 7 anno (chissà, magari al funerale si tenevano per mano e il giorno dopo Lupin è tornato alla carica con le sue scuse...).

Chiariti i dubbi temporali passiamo al capitolo: dopo aver rivissuto il passato, aver visto il presente, è tempo per Remus di dare una sbirciatina al futuro.

Siete pronti per l'ultimo viaggio (nonchè penultimo capitolo)?

Sì?

Perfetto allora.

Si parte.

 

 

Il fantasma del Natale futuro.

 

Remus era così impegnato a urlare insulti al nulla che non si rese conto dei tre rintocchi della pendola in salotto, né tanto meno dei passi che si stavano avvicinando lungo il corridoio e neanche della figura che sostava sulla soglia della camera, con le braccia incrociate al petto e una espressione decisamente accigliata sul volto.

- Voglio sperare che tu non faccia uso di quel linguaggio anche davanti a mio figlio, Remus, - disse una voce severa di donna, distraendolo dai suoi pensieri.

Remus si girò di scatto, riconoscendo all’istante quella voce, prima ancora di vedere i lunghi capelli e il fisico snello. – Lily, - disse solo, smettendo all’istante di urlare e rimanendo fermo a fissare la ragazza.

- Remus, è bello rivederti da vicino, - lo salutò lei abbandonando il suo posto all’ingresso della camera per avvicinarsi a lui e abbracciarlo.

- Lily, - ripeté Remus stringendola e convincendosi finalmente che quelli che aveva visto non fossero né sogni né tantomeno allucinazioni. La persona che stava stringendo, a cui stava accarezzando lentamente i capelli, non era un frutto della sua mente malata, e neanche della pasta al forno andata a male.

Lei si allontanò da lui e si sedette sul letto, tirandolo giù per una manica in modo che Remus si sedesse vicino a lei. – Che cosa combini, Remus? – gli chiese.

- Non lo so, - per quella domanda poteva prendersela con i Malandrini, con Molly e anche con Tonks forse, ma mai con Lily. – Non lo so, - ripetè fissando il vuoto.

- Mi hai sorpreso, oggi, Remus, - disse lei. – Non ti avevo mai visto perdere la pazienza come hai fatto con quella ragazza.

- Mi sono comportato male con lei, vero? – chiese Remus abbassando lo sguardo e sentendosi improvvisamente molto in colpa per aver perso le staffe.

- Sì, cercava solo di starti vicino, - lo rimproverò lei. - Non si meritava di essere trattata in quel modo.

- Ed è quello che cercavo di evitare io, invece, - rispose lui, cercando di difendersi in qualche modo anche se sapeva che Lily aveva perfettamente ragione.

- Lo so quello che hai cercato di fare ma spero che adesso tu abbia cominciato a capire. Non abbiamo più molto tempo, Remus.

- Molto tempo per fare cosa? – chiese lui, cominciando ad essere stanco di quella storia del tempo a disposizione. – Che cos’è che devo capire? E’ tutta la sera che mi dite le stesse cose ma ancora nessuno di voi mi ha spiegato cosa sta succedendo.

- Non abbiamo più molto tempo per cercare di cambiare le cose, - rispose Lily non risolvendo nessuno dei dubbi che affollavano la mente del mago.

- Come sarebbe?

- Lo vedrai. Sono qui per mostrarti delle cose e spero che, dopo averle viste, tu abbia compreso la lezione.

- Andiamo allora, sono curioso di vedere come andrà a finire questa storia, - rispose Remus, alzandosi dal letto pronto per uscire di nuovo nella notte.

- No, non andremo fuori, quello che ti sto per mostrare è il futuro, non il passato, né il presente, non lo puoi raggiungere, se non con la mente, - e dicendo questo Lily si avvicinò ad un grosso specchio antico, con la cornice di legno scuro ornata da intarsi a forma di fiori, appeso alla parete di fronte al letto, lo toccò con l’indice e la sua superficie iniziò a tremolare. Le figure di Lily e Remus, che fino a quel momento vi si stavano riflettendo, scomparvero e iniziarono a comparire altre immagini sullo specchio: si vedeva una stanza abbastanza grande che ospitava un certo numero di chiome rosse che vi si muovevano dentro. Remus riconobbe subito l’ambiente, quella era la sala della Tana, addobbata in modo molto simile a come l’aveva vista solo qualche minuto prima anche se sembrava mancare qualcosa nel quadro generale. Si concentrò e notò che le persone erano meno numerose, aveva visto passare Molly e uno dei gemelli, guardando meglio vide in un angolo due bimbetti con i capelli biondi molto chiari che stavano giocando con Hermione, dovevano essere figli di Fleur che infatti era seduta poco distante da loro, parlando con Charlie mentre lanciava occhiate continue verso i bimbi, come se pensasse che da un momento all’altro potessero sparire avvolti dalle tenebre. Ron comparve dalla cucina portando un vassoio di dolci, lo posò sul tavolo e poi andò vicino ad Hermione, prendendo in braccio il più piccolo dei due bambini e facendogli fare un paio di capriole in aria, sorridendo alle sue risa, mentre la ragazza bruna li fissava con un misto di preoccupazione e allegria. Come l’ultima volta c’era l’albero di Natale ma le decorazioni erano più modeste, era come se il suo autore si fosse stufato sul più bello lasciando il lavoro a metà e il numero di pacchi sotto i suoi rami era decisamente minore. Remus stava osservando già da qualche minuto, cercando altre differenze rispetto al solito, ad esempio una era che la serata scorreva troppo tranquilla per una cena in casa Weasley: non si sentivano le grida di Molly contro i gemelli, non c’erano piatti che si infrangevano cadendo a terra e le uniche vere risate erano quelle dei due bimbi.

- Dove sono gli altri? – chiese Remus trattenendo il respiro, avendo paura della risposta.

- Arthur è morto, anche due dei suoi figli, Perce e Bill…

Remus scosse la testa sconsolato, osservando i due bambini e Fleur, adesso comprendeva come mai la donna continuava a lanciare loro occhiate guardinghe, era spaventata da quello che avrebbe potuto succedergli, sebbene si trovassero in un ambiente sicuro.

- Fred invece è al San Mungo, è stato ferito gravemente ma adesso sembra che stia meglio e forse se la caverà. Sono stati tutti colpiti in battaglie contro i Mangiamorte, - rispose Lily continuando ad osservare dentro la casa.

- Maledizione! – sbottò il mago tirando un pugno contro il muro vicino allo specchio, facendo tremolare l’immagine. Poi si voltò con un’espressione angosciata sul volto. – Harry e Tonks?

L’immagine cambiò lentamente e si spostò in un campo buio, dal terreno spuntavano delle ombre scure contro il cielo stellato, tutto era tetro e silenzioso. L’immagine si mosse permettendo a Remus di riconoscere il cimitero di Godric Hallow e si avvicinò ad una delle lapidi mentre Lily si allontanava leggermente, tremando. Quando furono abbastanza vicini Remus lesse le prime lettere della lapide più vicina: James Potter.

- Non capisco, - mormorò, ma Lily gli fece segno di aspettare mentre l’immagine si spostava di nuovo sulla destra, di fianco alla lapide di James ce n’erano altre due, la prima recava la scritta Lily Evans, sulla seconda c’era scritto Harry Potter. Remus trattenne bruscamente il fiato, allontanandosi dallo specchio con una espressione di orrore dipinta sul volto. – Non è possibile, Lily, non è possibile che sia…

- Remus, pensavi davvero che Harry potesse farcela senza il tuo aiuto? Tu eri l’unica persona adulta che gli rimanesse per guidarlo.

- E’ stata colpa mia, - disse Remus accasciandosi per terra, questa volta la sua non era stata una domanda, ma un’affermazione

- Non ti sto accusando di niente, tu hai fatto delle scelte nella tua vita, io sono qui per mostrarti dove potrebbero portare, - gli disse Lily mettendogli una mano sul braccio e stringendolo per qualche momento.

- Potrebbero? – chiese il mago con un moto di speranza, forse non tutto era perduto, allora.

- Il futuro non è scritto, dipende dalle scelte di ognuno, si può ancora cambiare, - rispose Lily mentre Remus si alzava lentamente per guardarla negli occhi.

- Mostrami lei, Lily. Voglio vedere Tonks.

Lily puntò di nuovo il dito sullo specchio e l’immagine ritornò al San Mungo, all’inizio Remus lanciò un respiro di sollievo, aveva temuto che anche Tonks fosse morta, ma mano a mano che i reparti dell’ospedale passavano lo sconforto lo riprese, vide l’entrata del reparto per ferite permanenti e poi vide i letti scorrere lentamente sotto il suo sguardo attento, nell’ultimo della fila giaceva una figura magra, profondamente addormentata. I capelli di Tonks erano dello stesso color sabbia che Remus le aveva visto quella mattina ma più lunghi, il volto era pallido e smunto e una brutta cicatrice le attraversava il lato destro dalla fronte fino al mento. Il reparto era buio e silenzioso anche se qualche rara decorazione natalizia era stata posta sui davanzali delle finestre per tentare di rallegrare un po’ l’ambiente.

- No! Che cosa le è successo? Dimmelo, Lily! – urlò Remus dopo aver riconosciuto la giovane strega, avvicinandosi talmente allo specchio da sfiorarlo con la punta del naso.

- Era con Harry quando è morto, ha cercato di aiutarlo, ma non c’è riuscita. Non si è mai più svegliata da allora, - rispose piano la giovane fissando anche lei la ragazza stesa nel letto con sguardo colmo di tristezza e gratitudine.

Di fianco al letto della giovane, avvolto dalle tenebre, era seduto un uomo, inizialmente Remus non lo riconobbe ma aguzzando la vista e concentrandosi vide se stesso: i suoi capelli erano ormai quasi del tutto ingrigiti, il volto era pallido e vi risaltavano impietose tutte le cicatrici, vecchie e nuove. Aveva l’aria distrutta di chi non ha più nulla a cui credere o in cui sperare. Remus vedendo quella sua immagine fece una smorfia di disgusto. – Come ho fatto a ridurmi in quello stato? – chiese più a se stesso che alla strega che aveva di fianco.

- Hai fatto le tue scelte. Quando è successo tutto tu non c’eri, - raccontò Lily, ma nel suo tono c’era solo una grande disperazione, non accusa. – Da quel momento passi quasi tutto il tempo in ospedale.

- Non ero con loro, - prese atto Remus. - Volevo solo proteggerli, Lily, - mormorò.

- Lo so, credevi di agire per il meglio, - rispose lei pianissimo.

- Se… se adesso cambio, se decidessi di fare altre scelte, potrei cambiare il futuro? – mormorò Remus fissando la giovane strega stesa nel letto e il lento alzarsi e abbassarsi del lenzuolo, al ritmo del suo respiro regolare.

- Non lo so, - rispose lei guardandolo fisso negli occhi.

- Ma allora perché mi avete mostrato tutto questo? – le urlò il mago, si era aspettato una risposta affermativa ed entusiasta, non quel laconico forse.

- Per cercare di farti capire, - disse solo lei, enigmatica.

- Cosa, dannazione, cos’era così importante che capissi se neanche voi siete sicuri che con altre scelte io possa evitare tutto questo? – disse Remus cominciando ad andare su e giù per la camera a grandi falcate.

Lily scosse la testa. – Noi possiamo solo mostrarti delle cose, portarti davanti ad una porta, sei tu quello che la deve aprire, Remus, non io, né nessuno di noi.

- Ma se non posso proteggere le persone che amo con le mie azioni… - poi si interruppe riflettendo sulle sue stesse parole mentre Lily iniziava timidamente a sorridere, sperando che alla fine lui stesse iniziando a capire. - Ci sei arrivato, vero? – chiese.

- Non posso proteggere gli altri, è questo il punto. Finora ho agito condannando me stesso alla solitudine per salvare gli altri ma in questo modo non ero al loro fianco, non ho impedito loro di soffrire, ho solo evitato che soffrissero con me.

- Una cosa del genere, - sorrise Lily. – Non ti posso assicurare che godendoti la felicità che ti spetta di diritto, vivendo la tua vita, tutto fili liscio, ma ti posso assicurare che non facendolo condannerai te stesso e chi ti vuole bene alla solitudine e alla tristezza.

- Grazie, Lily, - mormorò Remus.

- Non ti preoccupare del futuro, pensa a vivere il presente, Remus.

Dal piano di sotto sentirono la pendola battere quattro rintocchi, Remus si girò con uno sguardo triste e allarmato verso la strega. – Adesso anche tu te ne andrai, vero?

- Sì, non posso fare altro, devo tornare a casa. Ma ti lascio in buone mani, - sorrise lei, indicando per l’ultima volta l’immagine di Tonks che stava svanendo man mano che questo tornava ad essere un semplice e banale specchio. La figura di Lily cominciò a impallidire, come se stesse progressivamente perdendo consistenza, tremolò e infine sparì lasciando Remus da solo nella stanza. Si sedette sul letto, pensando a quello che aveva visto in quelle ore e a quello che gli era stato detto dai suoi vecchi amici e con quelle idee e immagini che gli vorticavano nella mente infine si addormentò.

 

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


Buon Natale a tutti!!

Siamo alla fine ritornati dai nostri viaggi nel tempo, il resto della notte scorre normalmente e al risveglio il nostro lupacchiotto dovrà fare i conti con le sue decisioni.

Siete pronti ad accompagnarlo per il suo ultimo viaggio di questo racconto?

Perfetto allora, si parte.

 

Epilogo

 

La mattina dopo Remus fu svegliato dalla luce che entrava dalla finestra della camera, lasciata aperta quando era uscito con la scopa insieme a Sirius, si affacciò e vide che un manto fresco di neve era caduto nelle ultime ore della notte, imbiancando il paesaggio londinese. In giro c’erano pochissime persone, qualche raro passante infreddolito che si affrettava verso casa, i primi bambini che si catapultavano in cortile per giocare con la neve fresca e ancora intonsa, prima che il passaggio della folla la rendesse grigia. Remus si sentiva diverso, sapeva che quello che aveva appreso nella notte gli avrebbe cambiato la vita ma fino a quando non aveva messo la testa fuori, nell’aria gelida del mattino, non aveva avuto un’idea chiara di cosa fare. Adesso lo sapeva, lo sapeva bene. Si vestì in fretta e uscì di casa, diretto in centro; non incontrò quasi nessuno in giro per la città e in poco tempo raggiunse la sua metà. Ebbe fortuna di incontrare una vecchietta che stava uscendo dal condominio in cui lui doveva entrare proprio mentre stava per suonare il campanello, l’anziana signora gli lanciò uno sguardo truce e poi passò oltre così Remus approfittò della porta aperta per arrivare fino all’appartamento di Tonks. Lì si fermò e iniziò a bussare, prima tranquillamente, poi sempre più forte finché non si ritrovò a martellare la porta di colpi.

- Si può sapere chi è che fa tutto questo casino? – chiese da dentro una voce lontana, seguita subito dopo da un tonfo. – Ahi.

- Tonks? – chiese Lupin. Era ovvio che fosse lei, dato che quella era casa sua, ma lo stesso la chiamò, tanto per sicurezza.

- Remus? – disse una voce sbalordita dall’interno, prima che la porta si aprisse di uno spiraglio. – Che cosa ci fai qui il giorno di Natale alle otto del mattino?

- Devo parlarti, subito, - disse lui cercando di farle aprire di più la porta per poter entrare.

- No, - rispose lei opponendosi alla sua forza e riuscendo a tenerlo fuori.

- Per favore, Tonks, ho bisogno di parlarti, subito.

- Abbiamo detto tutto quello che c’era da dire ieri, mi sembra.

- Ti ho detto un sacco di scemenze ieri, ero fuori di me…

- Veramente a me sembra che oggi tu sia fuori di te, ieri mi sembravi come tutti gli altri giorni, - rispose candidamente lei.

- Fammi entrare e ti spiego tutto.

- No, - si impuntò Tonks.

- Andiamo, Tonks, - implorò lui. – Dammi una seconda possibilità, per favore.

- Devi prima promettermi che non ti comporterai di nuovo da pazzo, come ieri, - sorrise lei, incrociando le braccia al petto. Lui non ne aveva idea ma la giovane strega adorava sentirlo chiedere “ per favore ” e vederlo stare di fronte a lei con lo sguardo implorante. La cosa la stupiva e non poco, dato che Remus non si era mai comportato in quel modo, ma lo stesso le faceva un gran piacere e quindi si stava godendo la scena quanto più a lungo possibile..

Anche Remus sorrise e annuì lentamente mentre lei apriva la porta e lo faceva entrare nella stanza. – Sono pazzo, - affermò Remus chiudendosi la porta alle spalle. – Ma pazzo di te, - disse chinandosi su di lei e appoggiando le labbra sulle sue, prima lentamente, quasi aspettandosi di essere allontanato, poi con sempre più passione, quando Remus si rese conto che Tonks non solo non aveva alcuna intenzione di fermarlo ma, anzi, rispondeva con notevole entusiasmo. Rimasero avvinghiati per qualche minuto, finché non si dovettero separare, a malincuore, in cerca di aria.

- Oh, - riuscì solo a mormorare inizialmente Tonks. – Posso sapere a cosa è dovuto questo inatteso, improvviso ma benvenuto cambiamento di idee? – chiese riavvicinandosi a lui e baciandolo a sua volta, lasciando che la pelle ruvida del suo viso le solleticasse le guance.

- E’ una storia lunga, - mormorò Lupin che l’aveva abbracciata, appoggiandole le labbra sul collo e non aveva nessuna voglia di staccarsi da lei per raccontare quello che era successo: primo perché stava troppo bene dove si trovava, secondo perché aveva paura che dopo il racconto lei lo considerasse davvero un pazzo.

- Abbiamo tempo, almeno fino a mezzogiorno, poi dobbiamo andare da Molly, le ho promesso che avrei passato il Natale con loro se mi fossi ripresa abbastanza da uscire di casa.

- Se ti fossi ripresa?

- Ieri pomeriggio mi è venuto un raffreddore formidabile, la sera ero proprio stesa, stavo malissimo.

- Avevi il raffreddore? E per quello stavi così? Per quello avevi gli occhi arrossati? Non stavi piangendo? – chiese allibito Remus.

- Sì, cioè no, perché avrei dovuto piangere? E poi scusa ma tu come sai queste cose?

- Pensavo che dopo quello che ti ho detto ci fossi rimasta male, - spiegò il mago che, nonostante tutto, si sentiva quasi offeso che la ragazza non fosse stata in casa a struggersi per lui.

- Sono stata male, per un’ora ho anche pianto e dato i numeri, ma poi mi è passata. Remus, è un anno che andiamo avanti così io e te, dovessi tentare il suicidio tutte le volte che mi hai scaricato, sarei morta almeno un centinaio di volte, - rispose lei ridendo della sua espressione attonita.

- Non fosse già morto ucciderei Sirius, vecchio cagnaccio.

- Sirius? Che cosa c’entra adesso, Sirius? – chiese Tonks. - Tu mi devi raccontare un sacco di cose, - gli disse puntandogli l’indice contro il petto. Remus prese la mano di Tonks nella sua e insieme si diressero verso il divano del salotto dove si sedettero vicini e dove Remus passò la mattina di Natale a raccontare la sua stramba avventura a Tonks. Quando ebbe finito la ragazza lo stava fissando come se si trovasse davanti ad un potenziale pazzo psicopatico.

- Tu quindi dici che James, Sirius e Lily sono venuti a trovarti per mostrarti il tuo futuro se avessi continuato a comportarti come stavi facendo? – chiese infine, per fare un riassunto ed essere sicura di aver capito bene quello che stava succedendo.

- Il nostro futuro, ma sì, per il resto ci siamo.

- E qual era il mio futuro? – chiese Tonks, curiosa di sapere che cosa le sarebbe successo.

- Il futuro non è fisso, viene influenzato dalle nostre scelte, - Remus ripeté quello che gli aveva detto Lily non avendo nessuna intenzione di raccontare alla ragazza di averla vista in coma in una stanza del San Mungo. – Io ho avuto la fortuna di poter vedere il mio, e non mi è piaciuto per niente quello che ho visto.

- E quindi lo cambierai?

- Questo dipende da te, vuoi veramente passare la tua vita con un vecchio, povero e decisamente squinternato licantropo? – chiese Lupin.

- Decisamente sì, - gli rispose Tonks spingendolo a sdraiarsi sul divano e coricandoglisi addosso, tornando a baciarlo.

- Allora direi che siamo già sulla buona strada, - sorrise lui. – Non so cosa capiterà nel futuro, ma so che qualunque cosa avverrà saremo insieme.

 

Fine

 

 

Finita.

Che cosa ne dite? Vi è piaciuta? Spero di sì, a me è piaciuta molto come storia.

Grazie infinite per i vostri commenti e per avere continuato a leggere fino qui!

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