I rinnegati hanno amato troppo

di Callie_05
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la nascita di un lupo ***
Capitolo 2: *** La fine è un altro inizio ***
Capitolo 3: *** Addio ***
Capitolo 4: *** Falsa testimonianza ***
Capitolo 5: *** Catene ai polsi ***
Capitolo 6: *** Alla luce della luna ***
Capitolo 7: *** Ritorno ad Hogwarts ***
Capitolo 8: *** Il richiamo del lupo ***



Capitolo 1
*** la nascita di un lupo ***


I rinnegati hanno amato troppo

Londra, 1965.

Era una notte da sogno nella Londra magica, il cielo limpido, scintillante di stelle e la luna piena creavano un' atmosfera surreale diventando motivo di poesia per molti amanti. Ma per qualcuno quella notte sarebbe stata la fine.

Un ragazzo giovane, di circa quindici anni, correva a perdifiato attraverso la buia foresta che circondava il castello di Hogwarts scansando alberi e inciampando di tanto in tanto in grosse radici di quercie secolari.

Il fiato era corto e il terrore era stampato nei suoi occhi, qualcuno o qualcosa lo stava inseguendo. Ad illuminare la scena solo la luna piena, che dal suo alto piedistallo, languida osservava il ragazzo e il suo inseguitore, o meglio la preda e il suo predatore.

Il ragazzò inciampò ruzzolando per molti metri giù da una collina, finchè un' albero fermò la folle corsa con un sordo tonfo, lasciandolo per qualche istante privo di sensi. Quando il giovane riaprì gli occhi, davanti a se vide due enormi occhi gialli, una mascella colma di denti aguzzi e poi il buio più totale.

Il sole era alto, ormai, nel cielo, e la grande Foresta oscura percepì un' altra presenza. Una ragazzina di circa tredici anni, i vestiti logori, i capelli color cenere scompigliati e occhi nocciola intrisi di lacrime. Il suo volto era segnato da una profonda ferita che andava dal sopraciglio sino al labbro inferiore sinistro. Cercava diperatamente il compagno della terribile avventura della notte prima e lo trovò in terra, ai piedi di un albero alla fine della collinetta.

« Fenrir! Fenrir svegliati! » cominciò a scuotere il ragazzo privo di sensi cercando di farlo rinvenire. Il suo collo era pieno sangue e probabilmente le sue ossa non erano del tutto intatte. Con sollievo della giovane, dopo un po', il ragazzo aprì gli occhi.

« ma...cosa?... » Rimase di sasso quando vide gli occhi del ragazzo. Erano diventati azzurri, senza alcuna sfumatura con un contorno nero che sembrava disegnato da un pennarello babbano. Erano occhi innaturali. Ma non furono solo quelli a lasciare interdetta la fanciulla, i suoi canini erano allungati e appuntiti e la sua pelle coperta da una leggera peluria.

« Callisto... » sussurò il ragazzo con un filo di voce, prima di ripiombare nell' oscurità.

 

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Capitolo 2
*** La fine è un altro inizio ***


Quando riaprì gli occhi si trovava nell' infermeria della scuola, si guardò intorno per capire cosa fosse successo, ma nella sala medica non c' era anima viva (o morta). Solo il lettino accanto al suo era occupato, e il ragazzo o la ragazza che lo occupava dormiva dandogli le spalle. Non c' era nessuno in quel posto, che puzzava di garze e pozioni strane, che potesse chiarire la sua confusione.

All' improvviso si spalancò la grossa porta, facendo largo al preside che arrivava tutto trafilato, accompagnato dal professor Lumacorno e da Madama Chips. L' infermiera si avvicinò, senza dire una parola, alla sagoma che dormiva nel letto accanto e si rivolse al preside.

« Si è addormentata, Albus ».

Il ragazzo guardò allarmato la figura accanto e capì che si trattava della compagna di casa, anche se i ricordi su cosa fosse successo la notte precedente erano sbiaditi e interrotti a tratti. Però lei la ricordava. Ricordava che erano andati insieme nella Foresta e poi... il caos. Guardò il preside con aria interrogativa e preoccupata.

« E'... è Callisto? »,

« Si, signor Greyback... le sarei grato se mi spiegasse cosa sia successo ieri notte e sopratutto vorrei che mi dia una scusa più che plausibile sul perchè lei e la signorina Collins vi trovavate, dopo il coprifuoco fuori dal vostro dormitorio e in un posto proibito al vostro accesso ».

Il ragazzo era confuso, quella raffica di parole gli fece girare la testa e il tono grave del preside lo fece sentire ancora più allarmato. Non ricordava niente su quello che era successo. L' unica cosa di cui aveva memoria era l' antefatto della vicenda, e non lo aveva nemmeno molto chiaro. Guardò l' amica nel letto di fianco con aria preoccupata e volle accertarsi delle sue condizioni.

« Cosa le è successo?... come sta? ». Ignorò completamente le domande del preside, ma gli saltarono all' occhio Madama Chips e il professor Lumacorno che confabulavano guardondolo. Lumacorno era sempre stata una persona, come dire... espressiva, così capì subito che qualcosa non andava. Il fatto che non avesse ancora capito cosa, era semplicemente a causa di assenza di specchi nella sala.

« La sua amica sta bene signor Grayback, ha riportato una grossa ferita al volto pultroppo, ma niente di grave. Adesso mi racconti ciò che ricorda di ieri sera ». Incitò il ragazzo a parlare e si sedette su uno sgabellino accanto al letto, in modo che le sue stanche orecchie fossero più vicine all' oratore. Fenrir guardò la ragazza e poi dopo un sonoro sospiro cominciò a parlare.

« Non ricordo con esattezza cosa sia successo... Callie mi disse che doveva prendere delle erbe per il compito di pozioni, non le aveva prese perchè... Santo Salazar! non ricordo il perchè!... il punto è che l' ho accompagnata dopo il coprifuoco a prenderle e poi... ». Arrivati al punto si avvicinarono al letto anche gli altri due ascoltatori, Madama Chips aveva il volto più preoccupato del solito e Lumacorno ascoltava con un blocchetto di appunti in mano e con la faccia schifata come se stesse prendendo nota dell' autopsia di un cadavere. Silente si fece più attento alla storia e incoraggiò il ragazzo, palesemente confuso, a proseguire nel suo racconto.

« Continui... anche se non ricorda con esattezza non importa, ogni dettaglio è importante... ». La confusione regnava nella sua testa, ricordava solo dei flashback.

« Ricordo gli alberi... io e Callisto abbiamo sentito un rumore... no... un verso, lei mi ha guardato e... qualcosa stava dietro di noi. Le ho detto di scappare ma... è rimasta ferma... poi me la ricordo a terra... poi ricordo che stavo scappando e quella cosa dietro di me che mi inseguiva... aveva gli occhi gialli, sembrava un demone... i denti. Non ricordo più niente poi... ».

« Ho capito...» Disse Silente lanciando un' occhiata d' intesa ai colleghi, cosa che non sfuggì al ragazzo.

« Professor Silente... mi dica cos' è successo per favore...»

« Ecco... quella "cosa" che vi seguiva era un licantropo signor Greyback, ha dato una zampata alla signorina Collins e poi pare che abbia seguito lei... ».

« Conosco quelle creature professore... non hanno pietà... perchè ci ha risparmiati? ».

« Non lo ha fatto, Fenrir... ». Il preside non chiamava quasi mai nessuno per nome, e quando lo faceva non era mai un buon segno. D' istinto, il giovane guardò di nuovo la ragazza, era preoccupato anche se gli aveva detto che stava bene.

« No, ragazzo...», scosse la testa come se gli avesse letto nel pensiero per poi riprendere la parola.

« Madama Chips, cortesemente mi porti uno specchio », l' infermiera prese uno specchietto da un piccolo mobile e lo porse al ragazzo. La reazione fu quella aspettata, gli occhi spalancati e lo specchio che si infrangeva inesorabilmente contro il pavimento, si portò le mani al volto. Capì che la sua vita era finita. 



Salve a tutti :) volevo dire che questa è la mia prima fan fiction, spero sinceramente che vi piaccia e vi prego di criticarmela pure severamente, ogni commento che può farmi crescere è gradito. Vi confesso che non sono molto capace a usare il pc e quindi non sono riuscita a mettere questo piccolo commento nel primo capitolo. Spero possiate perdonarmi la svista.











 

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Capitolo 3
*** Addio ***


L' aria arrivava gelida sulla Torre di astronomia e la brezza tagliente dell' inverno diventava un piacievole tocco per i cuori irrequieti. Fenrir stava lì, affacciato dal balconcino, a fissare la piccola falce di luna, sognando di poter essere cullato da quella dea meravigliosa che era ormai artefice della sua vita. Erano bastate due settimane, da quella terribile notte, a far allontanare amici e spasimanti dal ragazzo che, da quando avevano scoperto cosa gli era successo, avevano preso debitamente le distanze facendo di Fenrir un ragazzo solo... o quasi. Deboli passi sentiti in lontananza diventavano sempre più vicini, non ebbe bisogno di girarsi per capire che si trattava di Callisto. I sensi di colpa fecero di lei l' unica persona ancora disposta ad avere contatti col ragazzo, ma dal giorno dell' incidente lui non era più lo stesso con lei... « Fenrir, sei qui? » disse mentre era ancora sulla scala a chiocciola. Arrivata al piano lo vide girato di spalle. Si avvicinò al ragazzo che stava ancora ammirando la luna. « Come stai? » Disse affiancandolo. Ormai parlavano poco, lui sembrava aver perso la voglia di vivere, non che quella si potesse chiamare vita. « Bene... ti ho chiesto di venire perchè devo dirti una cosa » Guardò per un' istante la ragazza negli occhi, la ferita che le segnava il volto sarebbe rimasta evidente per sempre, ma sembrava importare più a lui che a lei, poi scansò di nuovo lo sguardo. «Dimmi!» disse la ragazza incuriosita da quell' atteggiamento. Gli mise una mano sulla spalla per farlo girare, per poter guardare negli occhi quel ragazzo che era sempre stato un pezzo di cuore per lei e che, anche se la sua natura era cambiata, non avrebbe rinunciato ad averlo come amico. « Vado via Callie... volevo farlo sapere almeno a te...» A quelle parole la ragazza spalancò gli occhi incredula, il mondo le stava crollando addosso come un misero castello di carte che viene abbattuto da una debole soffiata di vento. Lei era una giovane Serpeverde con un grande difetto per i suoi compagni di casa, non aveva una goccia di sangue magico, era una sporca mezzosangue e ciò faceva di lei un' emarginata. Ma lui era stato capace di difenderla e di farsela amica, i pregiudizi erano idiozie per lui e lei lo aveva sempre ammirato per questo. « Ma che stai dicendo Fen?!... tu non puoi lasciarmi » la sua voce venne rotta dal pianto e gli occhi si innondarono di lacrime. Lo guardava fisso, lo scrutava nel profondo degli occhi cercando una ragione, ma non la trovò. Le sembrava stupido il suo gesto, non si poteva scappare dalle difficoltà era stato lui ad insegnarglielo ed ora veniva meno alle sue convinzioni. «Non posso più stare qui... » La guardò negli occhi, la sensazione fu quella di una pugnalata al cuore. Non poteva vederla piangere perchè lei col tempo era diventata la sua famiglia, non una semplice amica. «Perchè?!» La ragazza si portò le mani alla bocca per soffocare un singhiozzo. «Non hai visto, Callie? non sono più accettato qui... non ho più amici, la gente mi tiene a distanza come se fossi un appestato! » Disse con rabbia il ragazzo. Tutti quelli che considerava amici si erano rivelati ipocriti e opportunisti e la situazione non era più tollerabile dall' orgoglio del ragazzo. Vide la ragazza piangere lacrime amare, le andò vicino e l' abbracciò, sarebbe stata l' ultima volta che si sarebbero visti, la distruzione della loro famiglia. « Ti arrendi quindi...» Disse lei con un filo di voce ancora avvolta nell' abbraccio del ragazzo. Lui non rispose si limitò a sciogliere l' abbraccio e ad asciugarle una lacrima che le rigava il volto. « Addio, Callie...» Disse dandole un lieve bacio sulle labbra. Lei scappò via ancora in lacrime, era una ragazzina fragile, una piccola pianta appesantita dalle pioggie e ora sarebbe rimasta senza sostegno. Fenrir si smaterializzò verso luoghi ignoti anche a lui e nessuno lo avrebbe più rivisto per molti anni.

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Capitolo 4
*** Falsa testimonianza ***


1981, dopo la caduta di Lord Voldemort.

Profumo di rosa e vapori caldi regnavano in quel piccolo bagno dalla luce soffusa. Una giovane donna era seduta davanti ad un' elegante specchiera che si sistemava i capelli in un' ordinata crocchia. Il volto era un ovale perfetto, gli occhi scuri da cerbiatta e la postura elegante, facevano trapelare la sua rara bellezza. Si alzò dalla specchiera una volta soddisfatta dell' acconciatura e tornò nella camera da letto dove un paio di eleganti decoltèè la attendevano per completare la sua figura racchiusa in un taieur scuro. Si mirò per qualche minuto davanti allo specchio, le mani le tremavano leggermente. Prese da una piccola borsa un plico di fogli, conosceva ogni singola pagina a memoria, non solo perchè le aveva scritte lei, ma perchè le aveva studiate per giorni cercando qualche cavillo, anche insignificante, che qualche avvocato avrebbe potuto scovare mandando all' aria il suo piano. Dopo aver riletto le parti più importanti richiuse il fascicolo soffermandosi sul titolo "Difesa dell' imputato Fenrir Greyback". Una marea di falsità. Era ciò che pensava su quello che aveva scritto, ma d' altronde dire falsità per vincere le cause era il mestiere di ogni avvocato, anche se questo caso era diverso. Dopo la caduta di Voldemort, tutti i mangiamorte ricercati vennero catturati, messi sotto interrogatorio e successivamente spediti ad Azkaban in attesa di un processo . Tra questi mangiamorte era famoso il licantropo Greyback. Aveva la fama di mordere i bambini per far crescere di numero la sua razza e queste non erano falsità. Sapeva che se qualcuno avesse scoperto che la sua difesa era basata su invenzioni sarebbe finita lei con le catene ai polsi, ma ormai non si tornava indietro.

Fuori dalle porte del Ministero della Magia il delirio regnava sovrano. I giornalisti assediavano ogni singola persona che tentava di varcare la soglia degli uffici di giustizia. Prese un gran respiro e si buttò anche lei nella folla, contò almeno due gomitate nella schiena prima di riuscire ad arrivare di fronte alle guardie alle quali mostrò il pass. Quando entrò nell' aula gli imputati non erano ancora arrivati così si affrettò a cercare il giudice che avrebbe tenuto il processo. Lo trovò già con la toga addosso, sul suo cippo intento a studiare qualche altro particolare degli imputati o delle varie difese. Si avvicinò e si schiarì la voce per attirare l' attenzione dell' uomo.

« Oh! La mia alunna preferita! » Esclamò il giudice, evidentemente contento di vedere la donna.

« Salve Giudice, sono venuta a ricordarle di mantenere il massimo riserbo sul mio conto quest' oggi in aula. Non voglio che si sappia che difendo un mangiamorte... » Disse cordialmente la ragazza cercando di mantenere un tono moderato per evitare che orecchie indiscrete sentissero.

« Certo, certo. Molti avvocati mi hanno chiesto il riserbo della loro identità, ma se sei tanto convinta dell' innocenza di quel... quell' essere, perchè rimanere nascosta? » chiese curioso alla giovane donna.

« Beh per il motivo per cui lo fanno gli altri avvocati. Sappiamo tutti che si scatenerà un polverone dopo l' assoluzione di alcuni mangiamorte e io non voglio essere tirata in mezzo al processo mediatico. » Disse sorridendo. In realtà dentro di lei la paura stava prendendo il sopravvento. Si congedò dal giudice e si mise nella parte dell' aula più nascosta.

Poco dopo l' inizio del processo vennero fatti entrare gli imputati, tutti rigorosamente ammanettati e controllati a vista, erano stati perfino sguinzagliati i dissennatori fuori dal Ministero per garantire la massima protezione. Tra loro, la giovane donna vide il suo assistito, Fenrir Greyback. Chiunque lo aveva visto nel periodo del dominio di Voldemort, non era vissuto abbastanza per raccontare come fosse cambiato dai tempi di Hogwarts. Il processo a tutti gli imputati durò più di cinque ore e non mancarono i colpi di scena, come Bellatrìx Lestrange che urlava la sua fedeltà all' Oscuro Signore e i Malfoy che venivano, insieme a molti altri mangiamorte, assolti da ogni accusa dichiarando che le misfatte da mangiamorte erano state fatte sotto la maledizione "Imperio". Quando arrivò il turno del suo imputato alla donna cominciò a battere forte il cuore, il momento della verità era giunto. Il giudice lesse i punti principali della sua difesa omettendo, come richiesto, il nome dell' avvocato.

« Fenrir Grayback, si alzi in piedi. In base agli atti della sua difesa, lei ha dichiarato di aver compiuto quindici omicidi, torture mediante la maledizione Cruciatus e trasformazioni di bambini in licantropi, sotto il controllo della maledizione Imperio. In base alle prove consegnatemi io la dichiaro INNOCENTE. Lei è assolto da ogni accusa... ». Il giudice diede il verdetto per niente contento, ma si fidava della sua alunna e sapeva, sperava che non si fosse sbagliata.

Come sentì la fatidica parola, la donna tirò un sospiro di sollievo. Guardò il mangiamorte sorridere beffardo mentre gli toglievano le catene dai polsi e si chiese se non fosse stato un enorme sbaglio tutto quello che aveva fatto. Ormai non si poteva più tornare indietro, si alzò dal suo posto e abbandonò l' aula.

 

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Capitolo 5
*** Catene ai polsi ***


Fenrir stava sdraiato sulla fredda branda di pietra, lo sguardo rivolto verso le poche stelle che si intravedevano dalla piccola inferiata della sua cella. Dopo la caduta di Voldemort i mangiamorte erano stati catturati in massa e anche lui era finito nella tetra e infinita prigione di Azkaban. La lunga catena che gli legava i polsi cigolava ad ogni suo minimo muovimento e ormai dopo più di un mese di reclusione era diventato un suono amico. I primi giorni passarono lenti e struggenti pensando che la sua vita sarebbe finita in quel tugurio sporco e fetido, d' altronde un lupo mannaro non poteva aspettarsi di meglio. Una stella più brillante delle altre gli fece tornare in mente vecchi ricordi, memorie che credeva ormai perdute e che invece erano ancora lì, a tenergli compagnia nel silenzio di quei cinque metri per cinque.

Una persona in particolare gli ritorno in mente, Callisto. Si ritrovò a chiedersi come fosse diventata dopo tutto quel tempo, che strada avesse intrapreso durante la sua vita e sperò che le sue scelte fossero state migliori. L' ultima memoria che aveva della ragazza era l' addio sulla Torre di Astronomia e quel bacio dolce e disperato al contempo. Poteva ancora sentire il suo sapore sulle labbra. Un fremito di irritazione lo colse alla sprovvista al pensiero che, ormai donna, il suo corpo possa essere stato toccato da qualche altro uomo, ma erano passati più di quindici anni e probabilmente lei si era già costruita una vita, una vita vera.

Con le prime luci dell' alba il suo sonno fu interrotto dallo scatto della chiave nel nottolino della cella. Fenrir si mise seduto con aria interrogativa, chiedendosi chi fosse e cosa volesse, probabilmente un altro interrogatorio. I suoi pensieri vennero riscossi dall' entrata nella stanza di un uomo basso e grasso, il capo quasi del tutto calvo e la testa completamente insaccata nelle spalle. La brezza del mattino si percepiva eppure quell' uomo sembava sudato come nel pieno di una giornata di mezz' estate. Guardò l' uomo seduto con una lettera stretta tra le mani.

« Signor Grayback, questa è la sua difesa ». Senza troppe parole gli consegnò la busta, gli voltò le spalle e se ne andò. Fenrir rimase attonito con la busta tra le mani, non aveva un avvocato e aveva rifiutato quello d' ufficio, allora di chi poteva essere quella lettera? di sicuro nessuno si sarebbe sprecato di far uscire da Azkaban uno come lui, non dopo la fama che si era creato. Strappò l' estremità della busta tirando fuori con le dita il piccolo foglio piegato all' interno e cominciò a leggere attentamente.

" In difesa dell' imputato Fenrir Grayback.

L' imputato accusato di quindici omicidi, torture mediante la maledizione "Cruciatus" e la trasformazione di persone di tenera età in licantropi, ha confessato di aver compiuto tali reati ma incantato dalla maledizione "Imperio". Come ormai è noto all' accusa, colui che non dev' essere nominato ha costretto molti maghi a fare cose terribili mediante la maledizione sopracitata, per appagare la sua sete di sangue e i suoi giochi di potere. L' imputato ha confidato e descritto accuratamente al suo stesso avvocato, che per ragioni professionali ci tiene a rimanere aninimo, tutti i dettagli di uno stato mentale influenzato dalla maledizione e non si può ritenere meno attendibile degli altri mangiamorte assolti dalle accuse.

in fede,

 

il seguente documento è riservato all' uso dell' imputato ".

Fenrir lesse la lettera incredulo, un avvocato stava cercando di scagionarlo mediante false testimonianze. Lui non aveva parlato con nessuno e non aveva mai detto di essere stato influenzato da nessun tipo di maledizione o tortura, in più il fatto dell' anonimato e l' assenza di una firma che identificasse l' autore del breve manoscritto lo rendeva perplesso. Eppure quello non era un contesto scherzoso, ci doveva essere altro sotto. Il processo sarebbe stato due giorni dopo e solo allora avrebbe scoperto se la sua vita sarebbe finita tra quelle mura.

Il tempo passò velocemente, e si ritrovò alla sbarra prima di quanto credesse. Si guardò intorno e quello che vide furono solo volti nemici, duri e ostili. La paura non mancava negli occhi della gente che popolava l' aula, ma con i dissennatori e le manette si sentivano al sicuro. Attese più di cinque ore prima di sentir pronunciare il suo nome e per tutto quel tempo, rimase completamente estraneo a tutto ciò che gli succedeva attorno. All' ordine del giudice si alzò in piedi, sul suo volto il solito piglio strafottente e maligno, anche se stanco. Ascoltò in silenzio prima l' accusa e poi il giudice che leggeva la sua difesa. Le stesse parole che gli erano state scritte sulla lettera. Coninciò a strofinarsi nevroticamente le mani quando il giudice arrivò al verdetto finale. "ASSOLTO". Quelle parole rieccheggiarono nella sua testa come trombe durante le fiere di Diagon Alley, un ghigno trinfante gli si dipinse in volto quando i carcerieri gli tolsero le manette, si strofinò i polsi e fece un grosso respiro per assaporare la sua nuova libertà. La sua attenzione fu attirata da una figura che si alzò poco dopo la sentenza. Una figura femminile molto elegante, alta e snella. A Fenrir prese un colpo quando questa si voltò e i loro occhi si incatenarono per un breve istante. Una cicatrice percorreva il volto della donna, la riconobbe subito. Possibile che fosse stata proprio lei a farlo risalire dall' inferno? Callisto.

 

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Capitolo 6
*** Alla luce della luna ***


Era una notte magnificamente limpida a Godric's Allow, gli argentei raggi lunari entravano nella camera da letto di Callisto, setacciati dagli alberi davanti casa creando un caleidoscopio di luci e di ombre. La giovane donna sembrava non risentire della piacevolezza di quella nottata e, agitandosi nel letto, tentava di divincolarsi da incubi terrificanti. Le coperte le caddero sulla moquette panna, lasciando che l' aria fredda l' accarezzasse attraverso le lenzuola. Il piccolo bastoncino di incenso rilassante emanava ancora fumi danzanti accanto alla finestra e l' incandescenza creava piccoli bagliori caldi. Tutto era piacevolmente in equilibrio in quella stanza, un equilibrio che Callisto tentava di trasmettere a se stessa invano.

Pesanti passi facevano scricchiolare le scale di quella piccola casetta di periferia, nell' opaca ombra della notte solo una grossa ombra proiettata sul muro pareva muoversi. Il lungo corridoio spoglio dava a quella casa una connotazione di rifugio temporaneo privo di qualsiasi affetto. Una grossa mano dotata di grandi artigli afferrò la maniglia di ferro laccata d' oro e la fece scattare silenziosamente. L' uomo percorse la stanza silenziosamente, mantenendosi nel buio. I suoi occhi azzurri erano inchiodati alla figura che si agitava nel letto, vide cadere le coperte e si godette la vista di quel corpo magnifico rimanendo senza fiato. Il suo sguardo cadde poi sul piccolo comò di fianco al letto, sopra era poggiata una piccola foto accuratamente incorniciata. Callisto sembrava infinitamente felice nell' abito bianco, accanto a quell' uomo che la stringeva e, mano nella mano, era in evidenza il piccolo anulare cerchiato di una fedina d' oro bianco. Come pensava, Callisto si era rifatta una vita. Una vita nella quale non c' era più posto per lui, dopotutto non poteva biasimarla, era stato lui ad abbandonarla ma nonostante ciò Fenrir, a vedere quell' immagine, sentiva una strana fitta alla bocca dello stomaco e un pizziochio agli occhi che divenivano pian piano sempre più velati di lacrime, lacrime che mai versò in vita sua, lacrime che derivavano dall' impossibilità di poter regalare alla donna un sorriso come quello nella foto.

Il sonno leggero di Callisto le permise di percepire gli strani movimenti nella sua camera così aprì lentamente gli occhi ma non si mosse. Un brivido le percorse il corpo quando sentì l' odore muschiato fin troppo familiare, si morse il labbro.

« Sapevo che saresti venuto, Fenrir... » disse con un filo di voce, senza muoversi.

Fenrir sobbalzò appena sentendo la voce vellutata e malinconica della donna. Uscì dall' oscurità avvicinandosi al letto. Lei si mise seduta invitandolo a prendere una piccola sedia in pelle che stava accanto al comodino. Per la prima volta, dopo tanto tempo, si ritrovarono faccia a faccia.

« Per quello non riuscivi a dormire? » La sua voce era bassa e grutturale e i suoi piedi presero a tamburellare nervosamente a terra.

Callisto raccolse i lunghi capelli biondi in una coda disordinata e lo guardò. Era cambiato molto, il suo volto non aveva più la connotazione di un uomo ma quella di una bestia, eppure riusciva ancora a scorgere quel barlume di luce che ricordava degli anni passati insieme, quell' umanità che le permise di essergli amica nonostante la sua natura di mezzosangue.

« I miei sonni sono raramente tranquilli ma non credo che tu sia venuto fin qua per questo ».

« No infatti...» rispose Fenrir. « Sono venuto fin qua per ringraziarti, per avermi fatto scagionare ».

Callisto scansò lo sguardo da quello dell' uomo. Si vergognava terribilmente di aver fatto scagionare un pericoloso assassino, eppure aveva trascorso molti anni preparandosi a quello, ma ora che erano lì insieme sembrava tutto più difficile.

« Meritavi di marcire ad Azkaban... » Disse con un briciolo di paura, riportando i suoi occhi all' uomo.

« Lo so... ». Fenrir capiva la rabbia nella sua voce, lei stava rischiando tutto eppure non si capacitava del suo gesto. « Perchè lo hai fatto? »

« Potrei farti la stessa domanda, Fen ».

Non si sentiva chiamare più così da moltissimo tempo e quella sola parola lo riportò indietro nel tempo, quando era lui a togliere lei dai guai quando, anche se a miglia di distanza, potevano sentire se l' altro stava bene o meno e ora erano a pochi centimetri l' uno dall' altra e si sentivano due perfetti estranei.

« Non è facile da spiegare...» scosse leggermente la testa.

« Beh non lo è nemmeno per me...»

« Ti sembrerò pazzo, lo so... ma ero solo e ho cercato di crearmi un habitat in cui stare bene...»

La donna scoppiò a ridere amaramente appena sentì le parole dell' uomo.

« E come te lo sei creato questo Habitat?! distruggendo la vita di bambini innocenti?! Tu non eri solo Fenrir, io ho cercato di tenerti con me, ho cercato di farti restare...» La risata si trasformò presto in un fiume di lacrime di rabbia e risentimento. Fenrir non riuscì a proferire altra parola vedendola così.

« Non potevo restare Callisto, tu lo sai... »

« Già... perchè i tuoi "amici" ti voltarono tutti le spalle e avevi paura di perdere la tua popolarità! l' unica persona che ti è stata vicina te la sei allontanata... io ci sarei stata per te...» Callisto si interruppe cercando di soffocare un singhiozzo, proprio come quella notte sulla Torre di Astronomia.

« Tu mi hai abbandonata...»

« Allora perchè hai fatto tutto questo per scagionarmi?! solo per venirmi a sputare in faccia tutto il veleno che hai nei miei confronti? » Un sonoro schiaffo colpì l' uomo in pieno volto lasciandolo di sasso.

« Mi sono sposata Fenrir, con un uomo fantastico che non mi faceva mancare niente, che mi amava e che mi rispettava. Poi un bel giorno mettono al bando un nuovo mangiamorte, da trovarsi vivo o morto in cambio di una grossa ricompensa e indovina chi era... Eri tu! Quello stesso giorno ho lasciato mio marito e ho cominciato a studiare avvocatura solo perchè sapevo che un giorno ti sarebbe servito un buon avvocato con le giuste amicizie, sperando che non ti avessero ammazzato prima e vuoi sapere perchè ho fatto tutto questo? Perchè ti amo... » Parlò così velocemente da farsi venire il fiatone.

Ci fu un interminabile momento di silenzio, si potevano sentire solo le cicale che cantavano allegre alla luce della luna.

« Guarda fuori Callisto...la luna è piena »

Per un attimo la ragazza fu colta dal panico pensando che l' uomo potesse andare fuori controllo, ma poi lui le prese la mano e lei lo guardò.

« Ho imparato a controllare lamia condanna, non voglio far del male alle persone che amo... »

« Tu non hai nessuno da amare Fenrir »

« Tu ci sei sempre stata...»

La giovane abbassò la testa non sapendo se essere felice o meno di sentire quelle parole che sognò per anni. Le loro mani erano ancora una dentro l' altra immobili. Fenrir le prese il mento tra due dita e la guardò intensemente prima di unire le loro labbra in un bacio dolce e atteso.

Fu sotto la luce della luna che molti anni prima le loro strade si divisero e sotto la luce della luna si riunivano nuovamente.

 

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Capitolo 7
*** Ritorno ad Hogwarts ***


1991: King's Cross

Callisto camminava a passo svelto, tenendo il grosso pancione con una mano e nell' altra stringeva forte il bambino che tentava di starle dietro col fiato corto, dietro di lei la seguiva a ruota suo marito, Fenrir, che non sembrava per niente agitato e pur avendo il passo sostenuto e il grosso baule del bambino in mano, non ostentava nemmeno un minimo di affaticamento.

« Mamma, mamma! vai più piano, non riesco a seguirti! » Il bambino tirava la madre tentando di farla rallentare invano, mentre sballottava la piccola gabbia con il gufetto nero appena comperato a Diagon Alley.

« Forza Esterion che è già tardi, dobbiamo ancora trovarti un posto dove sistemarti per il viaggio. » Callisto rispose al figlio con voce severa e premurosa. Senza rallentare arrivarono in poco tempo al binario nove e trequarti, Callisto sentiva il cuore in gola, emozionata dal fatto che il suo bambino partisse per la prima volta per Hogwarts e, per evitare di mettersi a piangere, non lo degnava nemmeno di uno sguardo.

« Vediamo se c'è un posto libero... » disse tra se e se, sbirciando nei vari vagoni attraverso i finestrini, si voltò verso il bambino e lo vide immobile con l' aria spaventata. Sorrise quando vide suo marito che lo affiancava mettendogli due mani sulle spalle e una lacrima di commozione le uscì dall' angolo dell'occhio. Esterion somigliava sorprendentemente a suo padre, gli stessi occhi azzurri e gli stessi capelli neri che caratterizzavano Fenrir sin da quando era ancora una giovane matricola serpeverde e gli stessi tratti decisi che facevano sembrare quel bambino più grande di quello che in realtà era.

Fenrir guardava suo figlio negli occhi rispecchiandosi completamente, poteva leggerci tutta l' ansia che provava per quello che sarebbe stato il viaggio più importante della sua vita. Sin da quando era venuto alla luce aveva amato quella creatura che, in qualche modo, lo aveva riscattato di tutto il male che aveva fatto, almeno a Callisto, ed ora amava anche l' altro bambino che la donna portava in grembo. Gli mise due mani sulle spalle scuotendolo appena per fargli forza, un gesto che faceva sempre quando lo vedeva indeciso.

« Sei agitato? » Gli chiese col suo classico tono grutturale.

« Temo che la mamma mi abbia trasmesso un po' della sua ansia, dopotutto Hogwarts è come casa giusto? così avete sempre detto voi...»

« Infatti è così, vedrai ti troverai bene devi solo impegnarti e non dare retta alle brutte compagnie » Fenrir faceva quella raccomandazione al figlio sin da quando gli arrivò la lettera di ammissione alla scuola di magia, ricordare che le cattive amicizie gli fecero quasi perdere Callisto e lo fecero diventare un assassino, lo faceva star male ancora ora dopo molto tempo e non poteva permettere che anche suo figlio patisse le sue stesse sofferenze.

« Si lo so, Papà... vi manderò una lettera appena saprò in che casa verrò messo e come ha detto la mamma, per qualsiasi cosa vi mando un gufo ».

Callisto che intanto si era avvicinata ai suoi due uomini, sorrise alle parole del figlio e lo abbracciò.

« Buona fortuna tesoro... » Disse con gli occhi lucidi, vedendo poi salire il figlio nella carrozza. Il fischio del treno fece partire la locomotiva che mise tra loro molte miglia di distanza.

Fenrir teneva Callisto sottobraccio, mentre lei tentava, con un candido fazzoletto, di non farsi sbavare il trucco dalle lacrime e insieme tornarono a casa.

Quella stessa sera, davanti al camino scoppiettante, aprirono la prima lettera che il piccolo Esterion gli mandò da Hogwarts. Sopra c' era solo una parola che li riempì di orgoglio: " Serpeverde".

 

 

 

 

 

 Scusate il ritardo, ma come avevo già avvisato ho avuto il pc rotto e non sono  riuscita a scrivere, questo capitolo infatti è un po' frettoloso però spero che sia un buon collegamento a quello che succederà dopo... non anticipo niente ;)

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Capitolo 8
*** Il richiamo del lupo ***


1996: Casa Greyback.

In quei giorni le strade del mondo magico erano spettralmente silenziose e le case parevano quasi totalmente abbandonate se non per qualche flebile bagliore emanato da candele accese al crepuscolo, che si spegnevano non appena giungeva la notte. La morte di Albus Silente, uno tra i maghi più amati e più potenti, non solo aveva portato tremenda tristezza e sconforto, ma anche l' attanagliante paura che colui che non dev' essere nominato era realmente tornato e si stava muovendo portando, come l' ultima volta, morte e distruzione.

Dopo la morte di Silente anche Hogwarts era caduta in mano ai mangiamorte e Severus Piton, era divenuto il nuovo preside tra la rabbia di tutti gli studenti che lo ritenevano un traditore ed un assassino.

Fenrir sapeva che non era così, lo aveva scovato molte volte a Nocturne Alley, dopo la sua assoluzione, a parlare con Silente e a scambiarsi informazioni con i membri dell' Ordine della Fenice. Era una talpa e doveva fare la parte del cattivo per salvare il mondo magico da colui che lo aveva portato nelle tenebre, da colui che portava tutti nelle tenebre. Nonostante tutto Fenrir pensava ancora che Hogwarts fosse il luogo più sicuro per suo figlio maggiore Esterion e con la disapprovazione di una Callisto sempre più silenziosa e preoccupata, lo accompagnò alla stazione di King's cross anche quell' anno.

Seduto sul divano dinnanzi al fuoco, Fenrir rimuginava su ciò che sarebbe successo ora che l' Oscuro Signore era tornato e sia lui che Callisto sapevano che prima o poi avrebbe fatto la sua comparsa nella loro casa richiamando a se il suo sottoposto e portandosi via, probabilmente, anche il figlio ormai diciasettenne. I due coniugi comunque non avevano ancora affrontato il discorso anzi, da quando la notizia della presa di Hogwarts era giunta alle loro orecchie, cominciarono a parlarsi sempre meno ed il silenzio cominciò ad avere la meglio nella loro famiglia. L' unica che portava un barlume di gioia in quelle situazioni era Soana, la figlia più piccola della coppia, che nei suoi soli sei anni di vita, innocente ed incosciente, aveva sempre un sorriso stampato sul piccolo viso paffuto che portava speranza ai due genitori già in ansia per la lontananza del loro primogenito.

 

Callisto stava seduta al tavolo di mogano intenta a scrivere un biglietto di condoglianze ad una famiglia che abitava non molto lontano da loro e che, nella nuova guerra, aveva già perso degli affetti. La candida piuma però era ferma sulla pergamena ingiallita, producendo solo una grossa macchia d' inchiostro, mentre la donna con una mano tra i capelli e il bagliore della candela sul volto, si chiedeva quali fossero le giuste parole da scrivere ad una famiglia che era appena stata distrutta. Si ridestò da quella stanca posizione sospirando ed il suo sguardo si posò sulla figura curva e pensante del marito che con una piccola asta di ferro cercava di ravvivare il fuoco del camino, con lo sguardo perso nel vuoto. Sapeva che presto o tardi avrebbe dovuto lasciarli e, guardando il foglio di pergamena che aveva davanti, sperava che un dì non avrebbe dovuto cercare le parole giuste per dire ai propri figli che il loro padre non sarebbe più tornato. Mentre il suo sguardo sondava i filamenti che formavano il foglio, una piccola mano si aggrappò alla sua veste facendola voltare.

« Mamma, non riesco a dormire » La piccola bambina dai lunghi capelli corvini e gli occhi azzurri la guardava assonnata, sperando che la madre trovasse un modo per farla addormentare al più presto.

« come mai non riesci a dormire, tesoro? » La donna la guardava amorevole scostandole i ciuffi ribelli dal volto.

«ci sono degli strani rumori fuori...» disse la creatura indicando con il piccolo dito la direzione della sua cameretta.

Fenrir e Callisto si guardarono allarmati e l' uomo portò subito mano alla bacchetta, pronto ad attaccare se qualsiasi cosa fosse entrato nel suo rifugio familiare. Callisto prese la piccola in braccio e senza dare a vedere la sua agitazione andò subito nella camera da letto e vi si chiuse dentro, mentre il marito ispezionava la casa. Callisto si sedette sul pavimento e il suo respiro cominciò a farsi corto mentre con un braccio stringeva la bambina e con la mano libera impugnava la bacchetta, qualcosa stava per accadere in casa Greyback.

«mamma...ho paura...» disse la bambina stringendosi al petto della sua mamma e portandosi un pugnetto vicino alla bocca.

« tranquilla Soana, papà sta controllando che sia tutto apposto ».

In un istante bagliori verdi cominciarono a vedersi dal sottile spazio sotto la porta della camera e Callisto capì che i loro timori si erano avverati. Da fuori la porta, secchi tonfi si alternavano a grugniti soffocati che facevano ben intendere che dall' altra parte di quell' uscio si stava combattendo, poi d' improvviso più niente. Dopo qualche istante la porta si aprì e d' istinto la donna si incurvò di lato per proteggere la figlia da qualiasi possibile attacco, pronunciando a gran voce una formula proibita:

« CRUCIO! » ma il bagliore verde che scaturì dalla sua bacchetta venne rimbalzato dall' uomo che si stava avvicinando a loro.

« Callisto fermati! sono Fenrir! » L' uomo, con un gesto della mano, fece scaturire dalla bacchetta un bagliore azzurrino che illuminò la stanza rendendo finalmente visibile la sua figura.

Callisto si alzò di scatto e, con la bambina ancora tra le braccia, andò a baciare il suo uomo che, per un attimo, pensò di aver perso.

« Stai bene?, cos'è successo? » Callisto conosceva troppo bene Fenrir e sapeva che quella luce sinistra che abbagliava i suoi occhi in quel momento non era data dalle ferite della lotta.

« Un mandante di Voldemort... mi ha richiamato a se » la voce dell' uomo era più bassa del solito, strozzata da una rabbia che non poteva uscire, non in quel momento. Sapeva che non si sarebbe potuto tirare indietro perchè l' Oscuro sapeva che ora aveva una famiglia e non si sarebbe fatto alcuno scrupolo a trucidarli non appena avesse disobbidito a qualche ordine.

Callisto scoppiò in lacrime, sapendo che suo marito non avrebbe avuto alternativa e che in qualunque caso quella sarebbe stata l' ultima volta che lo avrebbe visto. In caso di vincita di Voldemort, Fenrir sarebbe rimasto per sempre soggiogato al suo volere mentre in caso di sconfitta, sarebbe finito ad Azkaban questa volta, e in entrambi i casi il rischio più alto era quello della morte in battaglia. Lo guardava prepararsi, mentre una Soana sempre più confusa non riusciva a trattenere i lacrimoni. Callisto, seduta sul letto con gli occhi puntati su Fenrir, si sentì come Pandora, che aveva rinchiuso nel vaso maledetto la speranza lasciando uscire solo la rabbia e la tristezza.

Fenrir indossò lentamente i suoi abiti di pelle e guardandosi allo specchio giurò a se stesso che non avrebbe fatto riemergere il mostro che per molti, troppi anni aveva oscurato il suo cuore, sarebbe tornato a combattere e ad uccidere se fosse stato strettamente necessario ma solo per loro, per Callisto e per i suoi figli, Esterion e Soana. Sarebbe anche morto pur di salvare le stelle che illuminavano le sue tenebre. 

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